Introduzione - Università degli studi di Pavia

UNIVERSITA’ di PAVIA
F l à di I
Facoltà di Ingegneria
i
C
Corso
di MACCHINE
CC
P f STEFANO FARNE’
Prof.
Introduzione al corso
Introduzione allo studio delle macchine
La presente dispensa è redatta ad esclusivo uso didattico per gli allievi dei corsi di studi universitari dell’Università di Pavia – Facoltà di Ingegneria.
L’autore se ne riserva tutti i diritti. La presente dispensa può essere riprodotta solo al fine summenzionato.
È espressamente vietata ogni divulgazione, cessione di contenuto a terzi o vendita.
L’autore sarà grato a chiunque gli segnali errori, inesattezze o possibili miglioramenti.
Denominazione del corso: Macchine
Docente: Stefano Farné
Codice del corso: 502468
Corso di laurea: Ingegneria Elettrica, Ingegneria Industriale
Sede: Pavia
S
Settore scientifico disciplinare: ING-IND/08
L'insegnamento è affine per: Ingegneria Elettrica, Ingegneria Industriale
Crediti formativi: CFU 6
Tipologia delle attività formative:
Lezioni+Esercitazioni (ore/anno in aula): 45
Potrebbe essere organizzata una visita didattica presso una centrale
Obiettivi formativi specifici:
Scopo del corso di Macchine è quello di illustrare le principali
caratteristiche
tt i ti h costruttive
t tti ed
d operative
ti delle
d ll macchine
hi operatrici
t i ia
Fluido di maggior interesse industriale. Particolare attenzione è
dedicata ai criteri di scelta delle macchine, ai criteri di regolazione
e all'interazione macchina-impianto, al fine del loro utilizzo
ottimale. Sono, inoltre, sinteticamente analizzate le caratteristiche
dei p
principali
p impianti
p
di p
produzione dell'energia,
g , i loro campi
p
d'applicazione, prestazioni e condizioni operative.
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2
Programma del corso di MACCHINE
1. Introduzione al corso e allo studio delle macchine
2. Elementi di idraulica
Idrostatica. Idrodinamica. Canali e tubazioni
3. Macchine idrauliche operatrici
Concetti fondamentali, classificazione, campi di funzionamento e criteri di scelta delle
pompe. Pompe alternative. Pompe centrifughe. Altre macchine operatrici
4. Macchine idrauliche motrici
Utilizzazione dell’energia idraulica. Generalità sugli impianti idroelettrici e sugli impianti
ad accumulo. Turbine idrauliche. Turbine ad azione. Turbine a reazione. Altre macchine
motrici
5. Macchine termiche
Elementi di termodinamica. Cicli termodinamici
6. Turbine a vapore
Impianti a vapore. Turbine ad azione. Turbine a reazione
7 Turbine
7.
T bi a gas
8. Macchine operatrici
Compressori alternativi. Compressori rotativi
9. Impianti di cogenerazione e a cicli combinati
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3
Materiale didattico consigliato
p
del docente
- Il testo di riferimento è costituito dalle dispense
- Per eventuali approfondimenti: G. Cornetti. Macchine a fluido.
Ed. Il Capitello
Orario di ricevimento: venerdì, su appuntamento
Modalità di verifica dell'apprendimento
- L'esame
L'
è costituito
tit it da
d una prova scritta,
itt suddivisa
ddi i
i due
in
d
parti: teoria ed esercizi.
- Per il superamento dell
dell’esame
esame, è necessario ottenere una
valutazione sufficiente in entrambe le parti.
- Il voto finale è la media dei voti conseguiti nelle due parti
(entrambe sufficienti)
- Non sono previste prove orali “di recupero” né suddivisione
della prova d
d’esame
esame tra teoria ed esercizi in appelli diversi
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Premessa
Definita “l’energia”
l energia come ll’attitudine
attitudine di un corpo (o di una
sostanza) a compiere un lavoro, il lavoro stesso può essere
realmente prodotto – e quindi più o meno integralmente
utilizzato – disponendo di una opportuna “macchina”
macchina atta a
convertire in lavoro meccanico l’energia disponibile, sfruttandola
nella forma in cui essa si presenta.
E’ noto infatti che l’energia può manifestarsi sotto forme
molteplici (idraulica, termica, elettrica, meccanica, nucleare
ecc.)) alcune delle q
quali ((in p
particolare idraulica,, termica e
nucleare) possono essere definite “primarie” in quanto
direttamente presenti in natura, ed altre chiamate “secondarie”
(o artificiali) essendo prodotte dall
dall’uomo
uomo trasformando quelle
naturali mediante macchine adatte.
Il principio di conservazione dell’energia consente infatti di
affermare che quest
quest’ultima
ultima è convertibile da una qualsiasi delle
sue forme ad un’altra e che in tale trasformazione (se il sistema
è isolato) rimane costante la quantità di energia messa in gioco.
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5
Questa affermazione appare, a prima vista, in contrasto con i
risultati pratici,
pratici dai quali si rileva,
rileva al termine di ogni processo di
trasformazione, un quantitativo di energia “utile” minore di quella
inizialmente disponibile; il contrasto è però solo apparente se si
tiene conto che l’energia mancante non è andata “distrutta” ma
solo convertita in altre forme di energia secondaria
(deformazione per urto,
urto sviluppo di calore conseguente ad attriti
ecc.) che non è possibile utilizzare industrialmente.
Peraltro, il principio della conservazione dell’energia, espresso
sotto altra forma, afferma che “nulla si crea e nulla si distrugge”.
Dal punto di vista esclusivamente pratico, si conclude pertanto
che è possibile – pur prevedendo una perdita più o meno
sensibile – ottenere energia meccanica sfruttando sia le energie
primarie sia q
p
quelle secondarie, oppure
pp
utilizzare l’energia
g
meccanica sia per produrre altre energie secondarie, sia per
compiere un determinato lavoro.
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Per chiarire le idee, basta riferirsi alla produzione di energia
idroelettrica, generata da dinamo per la corrente continua o da
alternatori
lt
t i per la
l corrente
t alternata,
lt
t azionati
i
ti da
d motrici
t i i idrauliche
id li h
(turbine Pelton, Francis, Kaplan ed elicoidali) o motrici termiche
(turbine a vapore, a gas, motori alternativi). Tale energia elettrica
potrà essere utilizzata per azionare dei motori elettrici con
successiva produzione di energia meccanica, o di lavoro se i
motori suddetti sono direttamente o indirettamente collegati a
macchine operatrici qualsiasi (pompe,
(pompe compressori,
compressori macchine
utensili ecc.)
Queste
Q
t
b i considerazioni
brevi
id
i i consentono
t
di classificare
l
ifi
l
le
macchine in due grandi categorie:
- macchine motrici; atte a produrre energia meccanica - (sotto
f
forma
di moto
t di rotazione)
t i
) utilizzando
tili
d energia
i primaria;
i
i
i
in
relazione al tipo di questa, si può ulteriormente suddividerle in
“motrici idrauliche” e “motrici termiche”;
- macchine
hi operatrici
i i che
h utilizzano
ili
l’
l’energia
i meccanica,
i
prodotta
d
da altre macchine motrici, per compiere un determinato lavoro; in
questa categoria rientrano le pompe, i compressori, gli impianti
frigoriferi ecc.
ecc
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Introduzione allo studio delle macchine idrauliche
Un corso d’acqua fornisce energia idraulica che può
estrinsecarsi in un lavoro facendo ruotare le ruote
idrauliche, per esempio quelle dei mulini dell’Adorata a
Pombia (fig. A) e a Bellinzago (fig. B) (Novara). Le ruote
idrauliche sono certamente le macchine motrici più antiche
che si conoscano; le macine ed i dispositivi che
trasformano il moto rotatorio con asse orizzontale della
ruota idraulica in moto rotatorio della macina con asse
verticale (manovellismi) sono le relative macchine
operatrici.
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Fi A
Fig. A
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Fig. B
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Inoltre, dalla Roggia Molinara di Oleggio (Novara) (fig. C)
ha preso ll’avvio
avvio un impianto realizzato agli inizi
dell’Ottocento per trasformare l’energia idraulica in
energia
g meccanica p
per l’azionamento del setificio Mylius
y
per la lavorazione in sito del prodotto del baco da seta,
coltivazione allora molto sviluppata in zona. L’installazione
consisteva in una serie di piloni che sostenevano ruote di
legno a doppia gola del diametro di 4 m (fig. D); le ruote,
sulle quali si avvolgevano corde di canapa,
canapa ruotavano
trasmettendo l’energia di rotazione della turbina all’albero
primario del setificio da cui p
p
prendevano energia
g
le
apparecchiature per la lavorazione della seta.
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Fig. D
Fig. C
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Si ricorda ora l’impianto definito “elevatore idraulico” in località Rocca
di Villareggia (Torino) (fig. E). A metà quota tra il piano di campagna
dell’altopiano e la Dora Baltea scorre il Naviglio d’Ivrea e ancora più in
basso verso la valle della Dora Baltea,
basso,
Baltea scorre il Canale Depretis
(anticamente chiamato Naviglio di Cigliano). Nel 1882 per irrigare i
terreni dell’arido altopiano di Cigliano, si prelevava l’acqua dal
g
di Ivrea azionando le p
pompe
p con l’acqua
q
del Canale
Naviglio
Depretis.
Si prelevava, quindi una parte dell’acqua del Naviglio d’Ivrea,
mediante una condotta tubolare forzata del diametro di 1,20 m che,
precipitando
i it d a valle
ll con un salto
lt di 22 m sino
i all’altezza
ll’ lt
d ll centrale
della
t l
sul Canale Depretis, risaliva, in una condotta tubolare forzata parallela
alla prima, allo stesso livello di partenza per il principio dei vasi
comunicanti.
comunicanti
La spinta ulteriore, per far salire di 20 m l’acqua, dalla quota del
Naviglio d’Ivrea alla quota dell’altopiano, era fornita nell’edificio sul
p
, da 4 ruote idrauliche collegate
g
ognuna,
g
, con un
Canale Depretis,
sistema di leverismi biella-manovella a due pompe a stantuffo (in
totale 8 pompe a stantuffo). L’energia meccanica alle 4 ruote
idrauliche era fornita da una portata d’acqua di circa 8 m3/sec,
prelevata dal Canale Depretis e scaricata nel sottostante Canale del
Rotto, che utilizzava un salto di circa 6,5 m. In definitiva questo
ingegnoso sistema consentiva di sollevare di 42 m sopra il Canale
p
una p
portata di 1300 litri/secondo facendola p
pervenire al
Depretis
canale principale di distribuzione sull’altopiano da cui si derivava una
rete di canaletti di distribuzione.
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Fig. E
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Dagli esempi sopra riportati, emerge che le opere
necessarie per il funzionamento di tali impianti erano
condizionate dalla vicinanza di corsi d’acqua e solo con
l’arrivo del “vapore”,
p
, cioè dell’energia
g
termica,, fu
possibile localizzare gli impianti degli opifici nelle località
che meglio si prestavano per il reclutamento della mano
d’opera occorrente (inizio delle valli) e per lo
smistamento dei materiali e dei prodotti finiti (stazioni
ferroviarie).
ferroviarie)
La macchina a vapore di Watt, segnò, nei primi decenni
dell’Ottocento
dell
Ottocento, il primo esempio di macchina mossa da
energia inanimata che non fosse derivata da un corso
d’acqua: si è in presenza della prima rivoluzione
industriale e nascono le prime centrali termoelettriche.
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A Milano, il 28 giugno 1883 entra in funzione la centrale
termoelettrica di via Santa Radegonda, all’angolo con piazza
Duomo: era la prima d
d’Europa,
Europa, la seconda al mondo dopo
quella di New York realizzata da Thomas Alva Edison in Pearl
Street con il sistema da lui inventato (caldaia per la produzione
del vapore,
p
manovellismi p
per ottenere dal vapore
p
il moto
rotatorio necessario all’asse della dinamo); alla prima della
Scala del 1883, il teatro venne illuminato con lampade
elettriche. Pochi mesi dopo Giuseppe Colombo, che era stato il
promotore
t
d ll’i i t italiano,
dell’impianto
it li
f d
fondava
l Società
la
S i tà Edison
Edi
(1884) assieme ad un gruppo di banchieri ed imprenditori. La
ciminiera della centrale termoelettrica di Santa Radegonda della
potenza di 400 kW (fig.
(fig F),
F) così vicina al Duomo,
Duomo fu causa di
dure polemiche con l’arcidiocesi milanese. L’interno della
centrale termoelettrica, installata nei locali di un ex teatro, è
riportato nella incisione di fig.
fig G.
G Con ll’impianto
impianto di Santa
Radegonda, la rete di illuminazione non poteva essere molto
estesa a causa delle difficoltà di trasporto che presenta la
corrente elettrica continua. Si doveva aspettare il giugno 1885
per avere il motore elettrico a corrente alternata: lo si deve agli
studi di Galileo Ferraris che ottenne da un dispositivo immobile
un campo
p magnetico
g
rotante, immettendo in due circuiti correnti
alterne di uguale frequenza, ma di fase diversa e orientando i
circuiti in modo corrispondente alla differenza di fase.
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Fig. G
g
Fi F
Fig. F
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L’energia elettrica in corrente alternata era anch’essa ottenuta a
spese
p
d’energia
g
meccanica ((una motrice a vapore
p
o una
cascata d’acqua) e accoppiando la turbina con l’alternatore
(macchina elettrica generatrice di corrente alternata, costruito
da Gramme nel 1875); il grande impulso a favore della corrente
alternata e della costruzione degli alternatori è stato dato
dall’invenzione del trasformatore da parte di Gaulard e Gibbs
(1883) che ha permesso il trasporto economico dell
(1883),
dell’energia
energia
elettrica a corrente alternata a grande distanza; Ferraris fece
anche esperienze di trasporto a distanza dell’energia elettrica a
corrente alternata: con il trasformatore,
trasformatore ll’energia
energia elettrica a
corrente alternata poteva essere elevata di tensione e quindi
trasmessa a distanza con perdite estremamente ridotte;
t
trasportata,
t t questa
t energia
i doveva
d
però
ò essere convertita
tit in
i
energia meccanica; Ferraris risolse il problema nel 1885 con il
motore a campo magnetico rotante.
La trasmissione anche a grande distanza dell’energia elettrica a
corrente alternata ha consentito di localizzare gli stabilimenti nei
luoghi più idonei per le lavorazioni , per il trasporto dei materiali
e per lo smistamento dei prodotti finiti.
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Per l’energia elettrica prodotta da un impianto idroelettrico, si
ricorda la centrale di S.
S Massenza (1953) il cui salto idraulico netto,
netto
variabile da un massimo di 590 m ad un minimo di 450 m a
seconda della quota di invaso del lago di Molveno (Trento) e delle
perdite di carico nelle condotte forzate, fa classificare l’impianto fra
quelli ad alta caduta ed ha portato di conseguenza a scegliere
turbine di tipo Pelton (fig. H), ciascuna costituita da due ruote
montate simmetricamente alle due estremità dell’albero
dell’alternatore (fig. I). Qualora, il salto netto fosse risultato
i f i
inferiore,
anziché
i hé ruote
t Pelton
P lt
sii sarebbero
bb
utilizzate
tili
t turbine
t bi
Francis (fig. L) o turbine Kaplan (fig. M).
Per ll’energia
energia elettrica prodotta da un impianto termoelettrico,
termoelettrico si
ricorda la centrale termoelettrica di Turbigo (Milano): è uno
stabilimento di produzione dell’energia elettrica che utilizza
l’
l’energia
i termica
i dei
d i combustibili
b ibili (1) o dei
d i carburanti
b
i (2) in
i motrici
i i
termiche accoppiate alle macchine elettro-generatrici (fig. N).
1) Un combustibile è una sostanza chimica che viene ossidata nel processo di combustione, una reazione chimica di ossidazione, producendo energia termica.
2) Carburante indica il combustibile utilizzato per ll'alimentazione
alimentazione di alcuni motori a combustione interna,
interna più precisamente quelli ad accensione comandata (es.
(es a ciclo Otto)
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Fig. I
Fig. H
g
Fig. M
Fig. L
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Fig. N
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