SULLA VARIABILITÀ DEI RISULTATI DELLA PROVA MARSHALL P. COLONNA UNIVERSITÀ DI BARI – ITALIA SOMMARIO La prova Marshall è, come è noto, ancora oggi la più diffusa metodologia di laboratorio per la valutazione sintetica della qualità di un conglomerato bituminoso. In effetti nel tempo molto critiche sono state rivolte a questo tip di sperimentazione, a partire dalla mancanza di sufficiente corrispondenza tra la sollecitazione effettivamante sopportata dal conglomerato in sito e quelle simulate nei provini, fino a giungere a considerare la non trascurabile dispersione dei risultati determinata dall’operatore di laboratorio (fattore umano) e dalla maggiore o minore definizione degli standards di prove (fattore normativo). Questa situazione ha portato, come conseguenze, da un lato alla diversificazione delle normative nazionali ciascuna tesa a migliorare l’affidabilità dei risultati, e dall’altro a ricercare nuove metodologie di prova, nell’intento sia di ottenere una migliore garanzia di ripetibilità che di simulare con minori difformità il comportamento del conglomerato sotto i carichi stradali. Nella ricerca sperimentale svolta presso il Laboratorio dell’Istituto di Strade della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bari si è voluta verificare, in attesa di una definitiva sentenza di assoluzione o di condanna della prova, l’entità degli effetti indotti nei risultati dai seguenti fattori: - tempo di maturazione; - temperatura di prova (anche al variare del tipo di bitume); - temperatura di confezionamento degli impasti; - tempo intercorrente tra la estrazione dei provini dalla vasca termostatica e lo schiacciamento; - energia di compattazione. Si è voluto inoltre verificare la variabilità dei risultati qualora i provini siano sottoposti a cicli successivi di variazione di temperatura. L’elaborazione dei dati, effettuata anche con un approccio statistico, ha confermato (fatte le opportune riserve a causa della limitata numerosità delle prove effettuate) alcuni dubbi sulla validità di certi standards previsti dalle varie normative. 1. PREMESSE La prova Marshall ha avuto , appena proposta, una larghissima ed immediata diffusione a causa della sua relativa semplicità, della sinteticità ed immediatezza di interpretazione dei risultati e , come del resto avvenuto per altre prove che hanno avuto origine negli Stati Uniti, a causa della grande quantità di termini di paragone molto presto resi disponibili da i primi sperimentatori. Dopo un iniziale periodo di verifica degli standards di prova, gli studi si sono piuttosto orientati verso l’interpretazione teorica degli sforzi indotti nei provini Marshall, cercando di superare così la indubitabile differenza che esiste con le tensioni generate dai carichi stradali in un generico strato di pavimentazione flessibile. Con il passare del tempo si sono verificati i seguenti fenomeni: 1) da un lato la prova ha continuato a diffondersi sempre più, assumendo universalmente il ruolo di test di qualità per un conglomerato bituminoso; 2) dall’altro l’affronto critico e l’esperienza hanno messo in evidenza, in più riprese, i punti deboli della prova: a) la simulazione degli sforzi indotti dai carichi stradali nella pavimentazione è approssimativa e non facilmente definibile; b) i risultati relativi ad uno stesso conglomerato presentano scarti troppo spesso elevati. Per ovviare al primo inconveniente si sono proposte e si vanno proponendo da più parti nuovi tipi di prova, che partano dai risultati presupposti di avere un semplice supporto teorico e di presentare una facile esecuzione. Riguardo alla seconda difficoltà (esplicitamente affrontata nel 1979 al XVI Congresso Mondiale della Strada a Vienna), diversi studiosi hanno tentato di approcciare il problema, giungendo a conclusioni molto spesso interessanti. In quest’ultimo filone di ricerca si è inserito anche questo lavoro, con l’obiettivo di fornire un ulteriore contributo per un aggiornamento normativo della prova. 2. NORMATIVE E CAPITOLATI DI RIFERIMENTO Nel corso della sperimentazione si sono tenute presenti le normative A.S.T.M. e C.N.R., che mentre per l’accettazione dei materiali e dei conglomerati si è fatto riferimento ai capitolati della Azienda Nazionale Autonoma delle Strade e del Ministero dei Trasporti e dell’Aviazione Civile. 3. MATERIALI UTILIZZATI Per la composizione della miscela per strato di usura sono stati utilizzati dei buoni inerti di frantumazione provenienti dal fiume Bradano (con peso specifico assoluto = 2,68 g/cmc) integrati da una sabbia calcarea di frantumazione ( = 2,60 g/cmc). Le singole curve granulometriche sono indicate in fig. 1, mentre in fig. 2 è evidenziato l’andamento della percentuale di passante della miscela, che ha la seguente composizione: 20% pietrischetto Bradano 25% graniglia Bradano 24% sabbia Bradano 31% sabbia calcarea. 2 Come si può notare, sono soddisfatti entrambi i fusi di prescrizione. Altre caratteristiche di resistenza della miscela sono definite da: - % Los Angeles: 20, - Coefficiente di frantumazione: 135. Il contenuto ottimo di bitume è risultato essere il 5,7 %. I leganti utilizzati sono stati tre, definiti dai valori di penetrazione in dmm alle diverse temperature indicate nella tabella 1. Temperatura 25 °C 12 °C 0 °C Tipi di bitume 43,8 10,5 4,3 40 / 60 80,0 15,8 4,8 80 / 100 169,7 47,7 11,5 180 / 200 Tabella 1. Penetrazione (dmm) alle diverse temperature dei bitumi usati 4. PARAMETRI INDAGATI Si sono voluti esaminare, singolarmente, gli effetti che hanno sui risultati della prova Marshall i seguenti fattori: 1) la temperatura di mescolazione T.M.; 2) il tipo di mescolazione M/A (manuale/automatico); 3) la temperatura di costipamento T.C.; 4) il tipo di costipamento M/A (manuale/automatico); 5) l’energia di costipamento (n° di colpi); 6) il tempo di maturazione dei provini, t.m.; 7) i cicli termici a cui i provini sono sottoposti prima della rottura; 8) la temperatura del bagno termostatico prima della rottura, T.R.; 9) il tempo intercorrente tra l’estrazione del provino di laboratorio dal bagno e la rottura, t.a.; 10) il tipo di bitume. Di questi il 3) è una diretta conseguenza del 1) (in quanto la temperatura di costipamento è strettamente correlata a quella di mescolamento), il 4) è stato oggetto di un recente studio di Bocci e Mancini e non si è voluto ulteriormente approfondire, mentre il 5), il 7) ed il 10), che non mettono in gioco la validità di alcun range prefissato dalla normativa, sono stati indagati a puro titolo speculativo. 5. PROVE SPERIMENTALI Per ogni fattore preso in esame (esclusi, come si è spiegato, il 3) ed il 4)) sono state confezionate diverse serie Marshall, ciascuna costituita da n° 4 provini. I dati sperimentali rilevati costantemente sono stati: a) stabilità; b) scorrimento; c) porosità. L’attrezzatura utilizzata è stata una normalizzata pressa Marshall con annesso registratore X – Y elettronico per la visualizzazione in tempo reale delle curve stabilità/scorrimenti. Salvo i casi in cui non venga esplicitamente indicato il contrario, i provini sono stati confezionati con il bitume 80/100 tramite: - mescolatore automatico, 155 °C; - costipatore automatico, 75 colpi per faccia, inoltre sono stati rotti dopo 12 ore di maturazione e dopo 40 secondi dalla estrazione dal bagno termostatico alla temperatura di 60 °C. 3 6. RISULTATI Un primo problema è sorto quando, nel corso dell’effettuazione della consueta prova di controllo, ci si è resi conto che la penetrazione del bitume 80/100 variava, decrescendo con regolarità al progredire delle prove per arrivare fino al minimo di 64,7 dmm. Sorgeva dunque la necessità di omogeneizzare i risultati, attraverso una legge che esprimesse il variare della stabilità e dello scorrimento in funzione della penetrazione. Harlin, Udron e Mallet hanno trovato che la stabilità S e la penetrazione P sono legate da una relazione del tipo: log S A B log P C (log P) 2 D(log P)3 (1) dove è presumibile che A, B, C e D dipendano dalle caratteristiche della miscela di inerti e dalla percentuale di bitume; pertanto, se queste sono costanti, tali risulteranno anche A, B, C e D. Nel caso specifico, approssimando la (1) con la: (2) log S A B log P con un errore che rientra quasi certamente nel campo di indeterminazione delle misure, si è trovato che A = 5,026 e B = 1,022; pertanto si ha che: (3) log S 5,026 1,022 log P La (3) è risultata verificata nell’intero campo 40P80, in quanto è rimasta pienamente soddisfatta anche quando si è adoperato il bitume 40/60; la stessa cosa non si può invece affermare per il bitume 180/200. Determinate allora tramite la (3) le stabilità S80 e Sx corrispondenti a P=80 e, rispettivamente, P=x si ha che, per ottenere dalla generica stabilità sperimentale Ssx la corrispondente stabilità corretta Scx, si è usata la: S (4) S cx S sx 80 Sx Per quanto riguarda gli scorrimenti S valutati dopo essere stati depurati delle deformazioni di assestamento) si è fatta l’ipotesi di variazione lineare nell’intervallo 64,7P80 secondo le risultanze sperimentali: per P = 80 S = 2,45 mm per P = 64,7 S = 3,525 mm Tale ipotesi è da ritenersi valida solo nell’intervallo indicato, in quanto non è risultata verificata per bitumi 40/60 e 180/200. Pertanto si è usata la: 3,525 2,45 80 x (5) S cx S sx 80 64,7 dove il significato dei simboli è analogo a quello della (4). Tramite la (3), la (4) e la (5) si sono dunque resi omogenei tutti i risultati sperimentali. Solo a questo punto si è potuto procedere alla elaborazione (anche grafica) ed alla interprestazione dei dati. Per ogni parametro indagato sono stati costruiti pertanto i diagrammi di variabilità della stabilità, dello scorrimento, della porosità e della rigidezza, valutando per ciascuno di questi e per ogni serie lo scarto quadratico medio in modo da evidenziare sui grafici le soglie di attendibilità dei risultati corrispondenti al 60% ed al 95%. Qui, per ragioni di brevità, si riportano esclusivamente i diagrammi relativi alla stabilità, con l’eccezione di quello della porosità relativo alla temperatura di mescolamento (di cui si dirà tra poco) ed escludendo quelli relativi ai cicli termici che, non direttamente collegati ai problemi degli standard di norma, saranno oggetto di un futuro lavoro. 4 5 7. INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI Dall’insieme di tutti i dati a disposizione si sono potute fare alcune utili considerazioni: 1) la porosità è influenzata dalla temperatura di mescolamento T.M.; infatti si ha un minimo di porosità in corrispondenza di una definita (T.M.)ott; si può ipotizzare che l’aumento della T.M. determini un migliore effetto lubrificante del bitume fino a che non si raggiunge (T.M.)ott, al di là della quale diventano prevalenti altri fattori (ossidazione, volatilità, ecc.) antagonisti dell’effetto lubrificante; al di là della (T.M.)ott sia la stabilità che la rigidezza tendono a crescere meno rapidamente; 2) la mescolazione favorisce la compattazione (si riduce la porosità); fa aumentare la stabilità ma non induce effetti significativi sulla rigidezza; 3) nel caso dei parametri temperatura del bagno T.R., tempo di attesa t.a. e penetrazione P del bitume, gli scorrimenti hanno generalmente lo stesso andamento delle stabilità, per cui le rigidezze risultano poco influenzate dalle variazioni; 4) i cicli termici e il tempo di maturazione t.m. influenzano relativamente poco i risultati (se si esclude il caso t.m.=0 con maturazione in acqua calda, che abbatte considerevolmente i valori di stabilità); 5) frequentemente, ma soprattutto quando il parametro in esame agisce poco sulla variabilità dei risultati, si ha che l’andamento del diagramma delle rigidezze è speculare rispetto a quello degli scorrimenti e concorde con quello delle porosità; in questi casi dunque la rigidezza risente più dello scorrimento che della stabilità. 8. ELABORAZIONE STATISTICA DEI RISULTATI Esaminiamo gli intervalli di variabilità tollerati dalla presente normativa. a) circa la temperatura di mescolazione è ammessa una possibilità di errore di 5°C; b) circa il metodo di mescolazione è consentito sia quello manuale che quello automatico; c) circa la temperatura del bagno termostatico è tollerato il campo di 1°C; d) circa il tempo intercorrente tra l’estrazione del provino dal bagno e la rottura, le norme prescrivono di non superare i 30 sec; in realtà si è sperimentalmente riscontrata la difficoltà di mantenere tale standard, mentre si è riusciti a mantenere t.a. entro i 40 sec; sembra comunque prudente prevedere una possibile variazione di altri 10 sec; e) circa il tempo di maturazione, le norme prevedono la possibilità che sia nullo, quando il provino è preparato in cantiere, a patto però che venga immediatamente e per 30-40 min immerso in acqua a 60°C ovvero che sia lasciato a maturare 120 h (C.N.R.) o una notte (A.S.T.M.); in realtà quasi tutti i laboratori funzionano esclusivamente al mattino, per cui t.m. è generalmente pari a 24 h, con una tolleranza di fatto (rispetto alle 12 h previste) di 12 h; f) circa il tipo di costipamento è ammesso sia quello con pestello automatico che manuale; g) circa la temperatura di costipamento è ovvio che questa sia strettamente dipendente da quella di mescolamento; h) circa l’energia di costipamento, si può dire che vi è una certa difformità tra le normative che ancora prescrivono 50 colpi per faccia ed i capitolati che sono piuttosto orientati verso i 75 colpi per faccia; tuttavia questa non può essere considerata una causa di errore, perché il dato viene sempre esplicitato nella certificazione. Se la norma definisce, per il parametro X, un certo valore standard X con una certa variabilità ciò significa che si presume, nel 95% dei casi, che X sia definibile a meno di e cioè che risulti X=X con il 95% di probabilità. Avendo ancora definito, secondo quanto esposto nei precedenti punti, i vari e valutando tutte le possibili variazioni di stabilità in tale intervallo, è possibile calcolare, per ogni , la media e lo scarto quadratico medio della variazione percentuale indotta su S e, quindi, il campo che ha il 95% di probabilità di includere gli errori di stabilità generati dalla variabilità tollerata dalla norma per il parametro X. I risultati delle elaborazioni statistiche sono evidenziati nella tabella 2. 6 Cause T.M. M M/A T.R. t.a. t.m. Variazione che riduce la stabilità M M+2 Variazione che incrementa la stabilità M M+2 5,78 2,12 10,02 4,81 3,86 12,53 7,31 6,86 21,03 = = = 3,39 0,86 5,11 1,16 0,56 2,28 = = = 3,11 1,29 5,69 13,27 3,34 19,95 0,29 0,51 1,31 Tabella 2 – Errori percentuali di stabilità Sommando gli effetti delle cause che producono incremento di stabilità si ha che (sempre con il 95% di probabilità): M = 9,10% M+2 = 20,44% Viceversa, sommando gli effetti delle cause che producono riduzione di stabilità si ha: M = 26,82 % M+2 = 46,03 % Tuttavia se escludiamo la stagionatura in acqua (in cantiere) si ha: M = 15,63 % M+2 = 32,57 % e se eliminiamo la possibilità di mescolazione manuale i valori si ridurrebbero a: M = 8,97 % M+2 = 14,62 % Le cause di errore considerate non sono comunque certamente tutte e, in ogni caso, è anche da tenere in debito conto l’effetto dell’errore puramente casuale per cui sembra realistico affermare che, allo stato attuale, la stabilità Marshall abbia, con il 95 % di attendibilità, un 20% di variabilità. A tal proposito, avendo precedentemente accertato che i cicli termici ed il tempo di maturazione influenzano relativamente poco i risultati, si è voluto effettuare una ulteriore indagine statistica su tutti i corrispondenti 64 valori di stabilità, per valutare la casualità delle variazioni. In pieno accordo con i dati precedenti è risultato = 9,91 % e quindi 2 (che corrisponde alla soglia di attendibilità del 95%) pari a 19,82 %. Inoltre è stato possibile disegnare la curva delle medie cumulate (fig.11) e quella delle frequenze (fig. 12). 7 Questi grafici confermano i recenti studi di Benedetto, in base ai quali la legge di distribuzione dei valori di tipo bimodale, con presenza di due sottoinsiemi omogenei rispettivamente a prevalente comportamento plasto-viscoso ed elasto-plastico, ciascuno dei quali risulta coerente con la distribuzione normale di Gauss. Lo stesso ricercatore ha trovato che, assumendo una velocità di carico pari alla metà di quella attuale, l’anomalia sparisce e lo scarto quadratico medio si riduce anche del 50%, essendo praticamente esclusa la possibilità di una deformazione di tipo elasto-plastico, mentre la corrispondente riduzione di stabilità sarebbe mediamente entro appena il 7%. 9. CONCLUSIONI La stabilità Marshall presenta, allo stato attuale, un notevole campo di variabilità dei risultati (20% con la probabilità del 95%). Per ridurre tale intervallo ad un ordine di grandezza accettabile (5%) è necessario che: 1) sia esclusa la possibilità di mescolazione manuale; 2) sia esclusa la possibilità di costipamento manuale; 3) sia esclusa la possibilità di rottura immediata dei provini, previa sola immersione in acqua per 30’ dopo la confezione; 4) sia portata a 24 h il tempo di maturazione dei provini; 5) sia portata a 40 sec il tempo intercorrente tra estrazione del provino dal bagno e rottura ovvero (meglio) sia consentita esclusivamente la rottura direttamente in vasca sott’acqua (in tal maniera verrebbero eliminate le ulteriori indeterminazioni connesse con la temperatura ambiente e la temperatura della testa di rottura); 6) venga ridotta del 50% la velocità di carico. 10. RINGRAZIAMENTI Si ringrazia il laureando Francesco Bono per la collaborazione prestata nell’esecuzione delle prove. 11. BIBLIOGRAFIA 1) A.S.T.M.: “Resitence to plastic flow of bituminous mixtures using Marshall apparatus”. A.S.T.M. 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