Giornale del 01/09/2014

òς
European Journalism - GNS Press Ass.tion - The ECJ promotes publishing, publication and communication- P. Inter.nal
I COMPORTAMENTI A RISCHIO
LE DIPENDENZE ( 5 parte )
ANNO X N.RO 09
del 01/09/2014
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Pag. psicologica
Ritorno alle armi
Strane coincidenze
Flessibilità o rigore
Il teatro romano
De cognomine
Una donna nella lett.
Siamo soli al mondo?
Certificati particolari
Il racconto del mese
Momento tenero
La donna nella storia
Otto settembre
Aforismi
Racconto del mese
A cosa serve la NATO
Storia della musica
La donna nella letterat.
Quanti l’avevano capito?
La prostituta
Dentro la storia
Mondo giovani
I grandi pensatori
Politica e nazione
Dentro le istituzioni
I piatti tipici
Dalla Red.di Bergamo
Dalla Red.di San Valent.
L’angolo dl cuore
Regimen sanitatis saler.
Leviora
Elaborazioni artistiche
Lettere al Direttore
Sul portale
http://www.andropos.eu/antroposint
heworld.html
Il consumo di bevande alcoliche degli adolescenti fa parte del processo
di socializzazione verso l‘età adulta ; i giovani sperimentano attività per così
dire tipicamente adulte, o per lo meno concepite come tali, come
frequentare pub, discoteche, palestre, per perseguire il semplice
obiettivo di essere accettati nella società degli adulti preparandosi
a farvi ingresso . Il problema è che spesso consumano quantità
smodate di sostanze, talvolta associando bevande alcoliche ad altre sostanze, per potenziarne i cosiddetti effetti da ―sballo‖,con lo scopo di
omologarsi al gruppo, per moda o tendenza, oppure semplicemente per
ricercare sensazioni forti e/o raggiungere il limite, o ancora per colmare quella
sensazione di noia e vuoto che spesso proprovano i giovani di oggi.
L‘Italia ora si trova in una posizione si può dire ancora privilegiata rispetto
ad altri Paesi europei per quanto riguarda il consumo smodato di alcolici. Si
stanno però diffondendo sempre più nuove mode che introducono i più
disparati modi di bere. Ricorrono al ―binge drinking‖ circa il 40% degli inglesi, contro il 13% circa degli italiani. Un altro esempio di consumo smodato
ci è dato anche da una nuova tendenza: l‘―happy hour‖. Si tratta di una vera e
propria scusa di utilizzo dell‘alcol per socializzare. Da alcuni anni questo
fenomeno si è diffuso come sorta di rito collettivo, che fa innalzare il consumo
di alcol pro capite tra gli adolescenti, che però sono al tempo stesso più
vulnerabili agli effetti tossici di tale sostanza . L‘alcool è una droga a tutti gli
effetti, infatti, comporta assuefazione e dipendenza, oltre a crisi di astinenza in
caso di sospensione.
Pensando anche alle volte che ne bevi solo una piccola quantità, con che
frequenza bevi alcolici (birra, vino o liquori)?
Nella tabella su riportata si può notare come al crescere dell‘età la percentuale
che dichiara di consumare alcolici varia dal 5.3 al 9%. Dalla situazione su
indicata si può concludere che il fenomeno in esame interessa
prevalentemente il sesso maschile, anche se vi è un leggero incremento dei
consumi all‘aumentare dell‘età anche nel sesso femminile.(1)
Su facebook
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otif_t=like
1) F. Pastore, LE PROBLEMATICHE DELL’ADOLESCENZA, pag. 45-46 A.I.T.W. ed.SA. 2013 – cod
ISbn Cod. SBN: IT\ICCU\MOD\1622636
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Antropos in the world
RAGIONANDO SUL RITORNO ALLE ARMI
Ritorno sgangherato alle armi, ai proiettili che sbattono a terra, alle parole che fanno male, scavano crateri, delimitano le fosse.
Forse ci vuole più memoria, non tralasciando chi
è troppo giovane per ricordare, per sapere, per conoscere, per farci i conti con una ingiustizia che non
risparmia gli innocenti, peggio, li relega tra gli
‖eventi critici‖ accettabili.
Occorre parlarne perchè non si tratta di un tempo
bloccato, di tragedie che stanno dietro le spalle:
sono immagini impolverate che non scompaiono,
costringono a pensare per non rimanere nuovamente alla finestra a osservare la vita che se ne va,
senza un‘emozione che diventa compassione, o la
consapevolezza di una partecipazione che non consente rese anticipate alla prepotenza di turno.
Colpi e deflagrazioni misteriose, bombe intelligenti assai deficienti, unica certezza il sangue sparso all‘intorno, condanna delle condanne, l‘indifferenza sullo scranno più alto se ne sta seduta scomposta.
Quando a terra, da ambo le parti, ci sono i corpi
feriti e dilaniati di donne, vecchi e bambini, ciò sta
a significare una violenza ottusa e conclusa, è difficile cogliere ciò che non sta al suo posto, quanto è
andato fuori tempo e spazio, perché è un male
profondo, terribile, attanaglia le viscere, imprigionando il cuore con i legacci del male che producono altro male per tentare inutilmente di vincerne
la resistenza.
Senza bisogno di essere professionisti delle condotte guerrafondaie, appare evidente lo sfacelo intellettuale e politico che attraversa la giustizia dell‘ingiustizia, uno sgretolamento vero e proprio delle
coscienze, come se non ci fosse più rispetto per la
vita, non più intesa come qualcosa di eccezionale,
coinvolgente, entusiasmante, s‘è deformata al punto
da annegare nella propria asfissia istituzionale.
A Gaza, in Israele, come in Siria, in Libia, le
bombe, i cingolati dell‘odio e la vendetta, hanno
vessilli sgargianti a difesa, a protezione, manifesti e
slogan di potenza altisonante, negli spari alle spalle
degli innocenti, passi affrettati che squarciano i
diritti e le libertà di ciascuno.
In questa logica del sangue e della sua imperdonabile vergogna, non può esserci spazio per le
semplici opinioni comuni, si corre il rischio di
essere tacciati di scombussolata partigianeria, di influenze naziste, dentro attendibilità prive di responsabilità. Le storie di quei corpi disarticolati, infranti
più del dolore che ne deriva, confermano
un adattamento mondiale al ricorso delle le armi, alle fosse comuni, come quelle a cielo aperto, una prassi consolidata degli interessi statuali a discapito dei
diritti, una sopravvivenza che induce a non sapere più
conformarsi alla scuola del rispetto, che nasce dall‘esempio più autorevole:― vi sono cattivi esploratori i
quali ritengono che non vi sia più terra quando
intorno non riescono a vedere che il mare ―.
Vincenzo Andraous
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Antropos in the world
GAZA, L’UCRAINA, IL CALIFFO E TANTE STRANE COINCIDENZE
Michele Rallo
Papa Obama ha dato il là, e i chierichetti
europei si sono precipitati a recitare le giaculatorie: l‘aereo
malese abbattuto nei cieli dell‘Ukraina è stato colpito dai
ribelli filo-russi, quindi la responsabilità è della Russia,
quindi si dovranno inasprire le sanzioni economiche
contro Mosca, quindi Putin deve ―fermare i ribelli‖, quindi
si dovrà nominare una commissione d‘inchiesta
―imparziale‖, e così via recitando l‘intero repertorio
dell‘arroganza diplomatica made in USA. Naturalmente, i
media occidentali (senza alcuna distinzione politica) non
hanno neanche per un istante messo in dubbio le
responsabilità dei filorussi. Anche se la vicenda è tutt‘altro
che chiara. Come mai – si chiede Marcello Foa sul suo
blog – un aereo civile volava in piena zona di guerra? E
come – aggiunge – avrebbero fatto i ribelli ad abbattere un
aereo che volava a 10.000 metri, se i missili di cui sono
dotati non hanno una gittata superiore ai 4.000 metri?
Mistero, mistero. Un mistero che, per certi versi, mi
ricorda quello di Ustica.
Intanto, a poche migliaia di chilometri in linea
d‘area, l‘esercito israeliano sta radendo al suolo la
―striscia‖ di Gaza, massacrando resistenti e residenti senza
alcuna distinzione di ruolo, di sesso o di età. Ad oggi
(domenica 20 luglio) le vittime sono quasi 500, e crescono
al ritmo di un centinaio al giorno. Ma non ci si sogna di
chiedere al prode Netanyahu di fermare le sue truppe; anzi
il Segretario di Stato americano Kerry ha impartito allo
Stato d‘Israele l‘assoluzione plenaria e preventiva,
dichiarando che Tel Aviv ha il pieno diritto di difendersi
dagli attacchi terroristici di Hamas. Questi attacchi
terroristici – è il caso di ricordare – si sono concretizzati
nel lancio di 400 razzi a tal punto superati e rudimentali da
essere stati tutti (tranne uno o due) abbattuti in volo dal
sistema antimissile israeliano. Eppure, il Papa Obama non
ha lanciato anatemi, non ha minacciato sanzioni, non ha
invocato una commissione d‘inchiesta per accertare le
responsabilità – per esempio – nella strage dei bambini
palestinesi che giocavano sulla spiaggia di Gaza.
Evidentemente, a Israele è permesso tutto.
Come tutto è permesso all‘altro socio dello Zio Sam,
l‘Arabia Saudita, i cui servizi segreti sono gli artefici della
creazione di quell‘anacronistico ―califfato‖ dell‘ISIS (il
cosiddetto Stato Islamico dell‟Iraq e della Siria), che altro
non è se non la proiezione di quell‘esercito jiahdista che,
sconfitto dal presidente Assad in Siria, ha avuto assegnata
una nuova missione: far esplodere l‘Iraq, guidato dalla
malferma leadership del premier al-Maliki, e provocare la
secessione dei territori a più alta densità petrolifera. Dietro
l‘autoproclamato califfo Abu Bakr al-Baghdadi (quello
che ha promesso ai suoi seguaci la conquista di Roma) ci
sarebbe un padrino saudita: l‘ex capo dei servizi segreti ed
attuale Consigliere del Re, principe Bandar bin Sultan bin
Saud bin Abdulazia, per gli intimi ―principe Bandar‖, per
gli intimissimi ―Bandar Bush‖, così soprannominato per
gli stretti rapporti che lo legano – tho, chi si rivede! –
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all‘ex Presidente USA e al suo clan.
Lo afferma, fra gli altri, il noto giornalista investigativo americano Wayne Madsen, il cui sito Strategic
Culture Foundation è un‘inesauribile miniera di informazioni ―proibite‖.
Naturalmente, neanche in questo caso Papa
Obama si azzarda ad alzare la voce; per esempio, a
chiedere a Bandar Bush (che è di casa a Washington) di
invitare i suoi amici del califfato a non crocifiggere i
cristiani sulle porte delle chiese. No, no… le carneficine
sono evidentemente considerate un inevitabile ―effetto
collaterale‖ a Mosul come a Gaza. Ma se, per caso, un
aereo civile viene abbattuto misteriosamente nei pressi
della frontiera russa, allora il Pontefice a stelle e strisce
indossa i laici paramenti dell‘indignazione, inalbera una
faccia da circostanza, e giù reprimenda e anatemi contro il
colpevole designato, ancorché – nella peggiore delle
ipotesi – al malcapitato possa essere rimproverata soltanto
qualche frequentazione politicamente scorretta.
Lo sapete qual è – invece – la vera colpa di
Putin, almeno la sua colpa più recente? E‘ quella di
accingersi a firmare con l‘Autorità Nazionale Palestinese
un accordo per lo sfruttamento di un ricco giacimento di
gas nel mare di Gaza, giacimento che Israele considera di
sua pertinenza (come di sua pertinenza considera il
giacimento Leviathan nelle acque libanesi). E lo sapete
qual è la vera colpa di Hamas? Quella di avere dato il suo
assenso a tale accordo, la cui premessa è stata – il 2
giugno scorso – la formazione di un governo d‘unità
nazionale dopo decenni di dura contrapposizione fra
Hamas stessa e l‘OLP.
Guarda caso, esattamente dieci giorni dopo la
nascita di quel governo – come osserva Manlio Dinucci su
―Il Manifesto‖ del 16 luglio – è avvenuto il rapimento e
poi l‘uccisione dei tre ragazzi ebrei, episodio che ha dato
il via alla nuova operazione israeliana. E un mese e mezzo
più tardi – aggiungo io – un aereo civile malese è stato
abbattuto proprio mentre si trovava in volo presso il
confine della futura ―altra parte contraente‖.
Coincidenze, coincidenze. Come quando Berlusconi venne defenestrato, dopo aver stipulato quei
contratti con Putin e Gheddafi che non erano piaciuti a
Washington.
Coincidenze,
coincidenze…
Come successe con
Berlusconi!
Antropos in the world
“FLESSIBILITÀ” O “RIGORE”: PAROLE IN LIBERTÀ SULLA PELLE DELL’EUROPA
È noto cosa io pensi di Matteo Renzi: è stato una
brillante invenzione di Qualcuno per scongiurare il
pericolo di un trionfo degli euroscettici anche in Italia. Il
personaggio si prestava: simpatico, compagnone, comunicatore nato, sarebbe riuscito ad apparire come una sorta
di ultima carta che gli italiani avrebbero potuto giocare
prima della disperazione finale. Così è stato: l‘affabulatore fiorentino è andato anzi al di là delle più rosee
aspettative, raccogliendo quel miracoloso 40,8% che ha
fatto schiumare d‘invidia i suoi omologhi europei di
cosiddetta sinistra, quasi tutti costretti a mordere la
polvere delle sconfitte elettorali.
A quel punto, il fortunato verificarsi di varie
congiunture in Europa (forte avanza delle forze euroscettiche, eccezione italiana, possibile fuoruscita dell‘Inghilterra dalla UE) combinate con l‘inizio del semestre
italiano di Presidenza del Consiglio dell‘Unione, hanno
dato al fortunello toscano nuovo credito in Italia, ma
anche una insperata carta da potersi giocare sul tavolo
europeo: consentendogli non soltanto di assurgere al
ruolo di anti-Merkel, ma anche di prendere – di fatto – la
guida di un PSE allo sbando.
Non è elegante, ma lo dico lo stesso: io l‘avevo
detto. Ricordo quanto scritto su ―Social‖ del 6 giugno
scorso: «avrà anche una seconda fortunatissima congiuntura: il semestre di presidenza italiana del Consiglio Europeo, che inizierà fra qualche settimana, a luglio. Il piccolo imbonitore fiorentino disporrà dunque di una seconda tribuna – prestigiosissima e di risonanza mondiale –
dalla quale offrire l‟immagine di uomo della Provvidenza, attaccando frontalmente alcuni aspetti – i più
odiosi – della politica di rigore voluta dalla Germania: a
incominciare da quel pazzesco Fiscal Compact (firmato
da Monti e votato con entusiasmo da PD e PDL) che
costerebbe all‟Italia altri 45 miliardi di euro all‟anno di
“risparmi”, ovvero di ulteriore macelleria sociale.»
Orbene, per Mattacchione Renzi è stato un gioco da
ragazzi esportare in Europa la formula che tanta fortuna
gli ha portato in Italia, e che richiama le strofe di una
fortunata canzone di Mina: «Parole, parole, parole…
Soltanto parole, parole per noi…»
Le parole del nostro eroe, oramai, si susseguono in
piena libertà, crescono, lievitano come il pane nel forno, si
affastellano le une sulle altre e poi si librano in aria, come
le bolle di sapone prima di scoppiare. E, naturalmente,
sono tutte parole ―contro‖, adatte ad illudere chi di questa
Europa ne ha piene le scatole: contro le banche, contro i
burocrati, contro i tecnocrati e, in primo luogo, contro il
rigore. Le parole profferite contro il rigore sono le più
toste, quelle che più danno l‘illusione di un ritorno alla
politica, le parole che il ―popolo di sinistra‖ europeo
voleva sentire per poter continuare a sognare una contrapposizione destra-sinistra che non c‘è più da vent‘anni; da
quando, caduto il muro di Berlino, l‘America si è comprata il mondo, e la finanza si è comprata l‘America.
Naturalmente, tutti gli sfigati della sinistra europea
di complemento si sono affannati a proclamare la loro
adesione al verbo renziano. Primo fra tutti quel François
Hollande che – tra un‘avventura galante e l‘altra – alza
la voce anche lui, si stringe all‘omologo italiano con
grata ammirazione, fa di tutto per dare l‘immagine di un
granitico blocco di sinistra che inalbera la bandiera della
flessibilità, contro una destra felina che, dal grembo di
madame Merkel, ringhia e mostra i denti del rigore.
Ecco, il gioco è fatto. La sinistra europea ha trovato
la sua parola magica: ―flessibilità‖. Naturalmen-te,
bisognerà celare al popolo della sinistra che la flessibilità invocata da Renzi e dal PSE è la flessibilità già
prevista dal patto di stabilità, circoscritta in àmbiti così
angusti da apparire quasi una non-flessibilità. Non lo dico io. Lo ha detto, non più tardi di qualche giorno fa, il
Presidente della Commissione Europea, Barroso; e lo ha
detto proprio in Italia, nel corso di una conferenza-stampa congiunta con Matteo Renzi: «C‟è già una riforma in
termini di maggiore flessibilità, ma sempre nel rispetto
del Patto di stabilità e crescita, perché questo patto è
sancito dal Trattato e si può cambiare solo con l'unanimità [cioè mai, Ndr]. Le regole del Patto di stabilità e
crescita vanno rispettate al 100%, lo dice anche il Trattato. Le regole ci sono. E secondo il nostro modo di vedere, le regole consentono la flessibilità. E nessun primo
ministro ha chiesto la modifica delle regole.»
In altre parole: questa è la gabbia europea, l‘Italia
ci sta dentro, e non può essere consentita alcuna
flessibilità che non sia quella (minima) prevista dalle
regole del draconiano Patto di Stabilità. E nessun primo
ministro – ha ribadito Barroso – ha chiesto la modifica
di quelle regole, di quelle ristrettissime regole. Il Primo
Ministro italiano Renzi – che era lì a fianco – non lo ha
smentito. Anzi, in un impeto di diplomatico zerbinismo,
ha precisato: «Non c'è nessuna polemica tra noi e il governo tedesco in ordine alla gestione della stabilità. Noi
pensiamo che si debbano condividere insieme le regole
che ci siamo dati.»
Ci troviamo, dunque, di fronte ad un colossale
gioco delle parti: da una parte la Merkel e il PPE difendono il rigore (evidentemente di destra), e dall‘altra
Renzi e il PSE insistono per la flessibilità (evidentemente di sinistra). Ancora e sempre: parole, soltanto
parole, parole per noi poveri creduloni.
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Michele Rallo
[Da Le opinioni eretiche]
Aliquis non debet esse iudex in
propria causa.
Nessuno dev‘essere giudice della propria causa.
Antropos in the world
IL TEATRO COMICO ROMANO a cura di Andropos
La parola commedia è tutta greca: κωμῳδία, "comodìa", infatti, è composta da κῶμος, "Kòmos", corteo festivo e
ᾠδή,"odè", canto. Di qui il suo intimo legame con indica le antiche feste propiziatorie in onore delle divinità
elleniche, con probabile riferimento ai culti dionisiaci . Peraltro, anche i primi ludi scenici romani furono istituiti,
secondo Tito Livio, per scongiurare una pestilenza invocando il favore degli dèi. I padri della lingua italiana, per
commedia intesero un componimento poetico che comportasse un lieto fine, ed in uno stile che fosse a metà strada
fra la tragedia e l'elegia. Dante, infatti, intitolò comedìa il suo poema e considerò tragedia l’Eneide di Virgilio. La
commedia assunse una sua struttura ed una sua autonomia durante le fallofòrie dionisiache e la prima gara
teatrale fra autori comici si svolse ad Atene nel 486 a.C. In altre città si erano sviluppate forme di spettacolo
burlesche, come le farse di Megara, composte di danze e scherzi. Spettacoli simili si svolgevano alla corte del
tiranno Gerone, in Sicilia, di cui purtroppo, non ci sono pervenuti i testi.
A Roma, prima che nascesse un teatro regolare, strutturato cioè intorno a un nucleo narrativo e organizzato
secondo i canoni del teatro greco, esisteva già una produzione comica locale recitata da attori non professionisti, di
cui non resta tuttavia documentazione scritta. Analogamente a quanto era accaduto nel VI secolo a.C. in Attica,
anche le prime manifestazioni teatrali romane nacquero in occasione di festività che coincidevano con momenti
rilevanti dell’attività agricola, come l’aratura, la mietitura, la vendemmia.
TERENZIO: PHORMIO (rappresentata nel 161 a.C.)
La data di nascita di Terenzio non è conosciuta con precisione; si ritiene sia nato lo stesso anno della morte di Plauto,
nel 184 a.C., e comunque tra il 195 e il 183 a.C.. Di bassa statura, gracile e di pelle scura, nacque a Cartagine ed arrivò
a Roma come schiavo del senatore Terenzio Lucano. Quest‘ultimo lo educò nelle arti liberali, e in seguito lo affrancò
ed assunse il nome di Publio Terenzio Afro. Fu in stretti rapporti con il Circolo degli Scipioni, ed in particolare
con Gaio Lelio, Scipione Emiliano e Lucio Furio Filo: grazie a queste frequentazioni, apprese l'uso alto del latino e si
tenne aggiornato sulle tendenze artistiche di Roma. Il grammatico Fenestella cita però altri esponenti della "nobilitas",
ossia Sulpicio Gallo, Quinto Fabio Labeone e Marco Popillio. Durante la sua carriera di commediografo (dal 166, anno
di rappresentazione della prima commedia, Andria,al 160 a.C.), venne accusato di plagio ai danni delle opere di Nevio
e Plauto e di aver fatto da prestanome ad alcuni protettori, impegnati in politica, per ragioni di dignità e prestigio
(l'attività di commediografo era considerata indegna per il civis romano), tanto che Terenzio stesso si difese tramite le
sue commedie: nel prologo degli Adelphoe (I fratelli), per esempio, egli rifiuta l'ipotesi che lo vede prestanome di altri,
segnatamente dei membri dello stesso Circolo degli Scipioni. Venne accusato di mancanza di vis comica e di uso
della contaminatio. Morì mentre si trovava in viaggio in Grecia nel 159 a.C., all'età di circa 26 anni. Terenzio scrisse
soltanto 6 commedie, tutte giunte a noi integralmente.
TRAMA DELLA COMMEDIA –
Durante l'assenza dei rispettivi padri (i fratelli
Cremète e Demifone), i loro figli Fedria e Antifonte sono affidati al servo Geta: il primo è innamorato di una suonatrice di cetra e deve trovare
trenta mine per riscattarla, il secondo di una ragazza di Lemno libera ma povera.
Geta, per aiutare i ragazzi si rivolge a Formione, avido parassita che finge in tribunale di essere
un amico di famiglia di Fanio, la ragazza senza
dote. Infatti per la legge ateniese se una ragazza è
senza dote, il parente più prossimo può decidere la
sua sorte. Formione quindi dice di essere disposto
a darla in sposa ad Antifone ma il padre non approva il matrimonio del figlio. Torna a casa anche
Cremete che, all'insaputa della moglie, aveva avuto a Lemno una figlia, che vorrebbe dare in moglie
al nipote. Formione si propone per sposare la
ragazza ma a patto che Cremete la fornisca di una
dote di trenta mine (la somma necessaria che serve
a Fedria per riscattare la sua amata citarista);
Cremete accetta e scopre che Fanio è sua figlia.
Cremete vorrebbe mandare tutto all'aria ma For-
mione,coinvolgendo la moglie che alla fine lo perdona, riesce a salvare la situazione.
SINOSSI - L'opera è una rielaborazione dell'Epidikazòmenos di Apollodoro di Caristo e fu uno dei
maggiori successi di pubblico e commerciali di Terenzio. Negli intrecci sembra non discostarsi dai canoni del genere: giovani innamorati, situazioni contrastate, gelosie, bambini perduti di cui si ritrovano
le origini portando così al felice scioglimento finale.
Ma tutta nuova è, in questi come negli altri testi di
Terenzio, l'attenzione per la psicologia dei personaggi, indagata con finezza e con una lingua elegante e raffinata, degna dei più esclusivi circoli letterari dell'antichità, cui l'autore apparteneva.
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ASSOCIAZIONE LUCANA
“G. Fortunato” - SALERNO
SEDE SOCIALE in Via Cantarella
(Ex Scuola Media “A. Gatto”)
Antropos in the world
DE COGNOMINE DISPUTĀMUS
― Il soprannome è l‟orma di una identità forte, che
si è imposta per una consuetudine emersa d‟improvviso, il riconoscimento di una nobiltà popolare, conquistata in virtù di un ruolo circoscritto alla persona,
quasi una spinta naturale a proseguire nella ricerca
travagliata di un altro sé. Il sistema antroponimico
era dunque binominale, formato da un nome seguito
o da un‟indicazione di luogo (per es.: Jacopone da
Todi), o da un patronimico (Jacopo di Ugolino) o da
un matronimico (Domenico di Benedetta) o da un attributo relativo al mestiere (Andrea Pastore), et cetera. Il patrimonio dei cognomi era pertanto così scarso, che diventava necessario ricorrere ai soprannomi, la cui origine non ha tempi e leggi tali, da permettere la conoscenza di come si siano formati, e la
maggior parte di essi resta inspiegabile a studiosi e
ricercatori.
Spesso, la nascita di un soprannome rimanda ad
accostamenti di immagini paradossali ed arbitrari.
Inutilmente ci si sforzerebbe di capire il significato e
l‟origine di soprannomi come "centrellaro" o come
"strifizzo" o "trusiano",lavorando solo a livello di ricerca storica e filologica. Così, moltissimi soprannomi restano inspiegabili, incomprensibili, perché si
è perso ormai il contesto storico, sociale e culturale
o, addirittura, il ricordo dell‟occasione in cui il soprannome è nato. Verso il XVIII° secolo, il bisogno
di far un po‟ d'ordine e la necessità di identificare
popolazioni diventate ormai troppo popolose porta
all'imposizione per legge dell'obbligo del cognome.
Questo mese, ci occuperemo del cognome: Calenda
Origini
In Italia ci sono circa 236 persone con il cognome
Calenda. Il comune dove il cognome è più diffuso è
SEGNI. famiglia di origine amalfitana. Passata in
Salerno venne iscritta al seggio di Campo. Alla
celebre scuola salernitana diede dottori e Salvatore
che fu dalla regina Giovanna II chiamato a riformare
il Collegio medico di Napoli. Costanza, figliuola del
precedente tenne cattedra di medicina a Salerno.
Colantonio, capitano d'Ischia: assieme ai fratelli Gregorio e Domenico fondò nel 1732 un maggiorato nobiliare col feudo di Tavani e beni allodiali siti in
Nocera e Roccapiemonte. La famiglia trovasi iscritta
nell'Elenco nobiliare col titolo di barone di Tavani
(mpr), per conc. 20, luglio 1897, ed è rappresentata
da Alberto, di Vincenzo, di Gregorio, nato a Napoli
11 novembre 1865, già maggiore di cavalleria nel R.
Esercito, spos. a Francesca Margherita Biddle-Cope.
Altro ramo. Di origine Normanna, è menzionata fino
dal 982, nella persona di uno Stefano. Nel 1200, fu
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a cura di Andropos
fu ascritta al Seggio chiuso del Campo dei
Longobardi della città di Salerno. Ebbe nobiltà in
Napoli al Seggio di Capuana, in Benevento e in
Lucera. Possedette molti feudi, fra' quali San
Pantaleone, fino dal IX secolo, la baronia di
Monteleone, Casale e S. Maria di Zambella, e
finalmente la baronia di Tavani. Landolfo nel 1157
grande ammiraglio del regno di Puglia; Salvatore,
illustre medico che fu priore del Collegio di
medicina in Napoli; Costanza, detta Costanzella,
dettò filosofia e medicina nella scuola salernitana.
Note semantiche: il cognome si rifà alle antiche
Calendae, il primo giorno del mese, sacro a Giunone, nel quale il pontefice minore annunziava al
popolo, radunato davanti alla curia calabra, se le
none sarebbero cadute il 5 o il 7 del mese. Vanno
pure ricordate le Calendimaggio, il primo giorno
di maggio, festa del risveglio della natura ricordata
in tutto il folclore europeo, e le Calendimarzo, il
primo giorno del calendario religioso di Roma
antica, nel quale veniva acceso il nuovo fuoco per
le case, si rinnovavano i rami di lauro alla reggia, e
si accendeva il fuoco nel tempio di Vesta.
Personaggi:
Carlo Calenda, nato nel 1973, romano, 4 figli, laureato in Giurisprudenza con indirizzo diritto internazionale. È già stato Vice-ministro dello Sviluppo
Economico nel Governo Letta, da maggio 2013 a
febbraio 2014. Fino a giugno 2011 ha ricoperto
l‘incarico di direttore generale di Interporto Campano. Dal 2004 al 2008 è stato prima Assistente
del Presidente di Confindustria, con delega agli
Affari Inter.nali e poi Direttore dell‘Area Strategica Affari Internazionali. Durante il suo mandato
ha seguito lo sviluppo e l‘implementazione di missioni internazionali, incontri istituzionali e attività
di business tra imprese.
Flaviano Calenda, dott. in filosofia e pedagogia,
presidente Carminello ad Arco, autore della Mensa
di Tommaso in Pagani.
Corrado Calenda, professore ordinario di Filologia della letteratura italiana alla Federico II.
BRONTOLO
IL GIORNALE SATIRICO DI SALERNO
Direzione e Redazione
via Margotta,18 - tel. 089.797917
Antropos in the world
UNA DONNA NELLA LETTERATURA – A cura
di Andropos
LUCREZIA BORGIA
la cena delle cortigiane
Giovanni Sforza alla famiglia della moglie, a
cui si aggiunse in seguito la fama di avvelenatrice, dovuta in particolare alla tragedia omonima di Hugo, musicata in seguito da Donizetti: in questo modo la
figura di Lucrezia venne associata a quella di
femme fatale partecipe
dei crimini commessi
dalla propria famiglia.
Qui di seguito, due episodi che contribuiroro a screditare la figura di Lucrezia: La "cena delle cortigiane", ideata da
Cesare, la sera del 31 ottobre 1501.
Secondo il fiorentino Francesco Pepi, «…il duca
di Valentino [...] aveva fatto venire in palazzo cinquanta cortigiane "cantoniere" e tutta la notte stettero
in voglia di balli e riso»: dopo una cena veloce, le
cortigiane erano entrate ed avevano iniziato a ballare
con servitori e giovani di casa, «primo in vestibus
suis deinde nude»; a notte fonda Cesare fece mettere
in terra i candelabri accesi e le donne nude a carponi
dovevano fare a gara per raccogliere le castagne lanciate loro, incitate dal Papa, Cesare e «domina Lucretia sorore sua» scrive Burcardo. Il secondo episodio narrato dal cerimoniere avvenne l'11 novembre 1501, quando da una finestra, Alessandro VI e
Lucrezia assistettero «cum magno risu et delectatione» ad una selvaggia scena di monta fra quattro
stalloni e due giumente. Il Burcardo riferisce unicamente di questi due episodi isolati con la partecizia iniziò ad indossare il cilicio, s'iscrisse al pazione di Lucrezia, e se ne fossero avvenuti altri
Terz'ordine francescano, si legò ai seguaci di San con tutta probabilità egli li avrebbe annotati nel suo
Bernardino da Siena e di Santa Caterina e fondò diario. Per questo motivo, e dal momento che le due
scene avvennero poco prima della partenza di Luil Monte di Pietà di Ferrara per soccorrere i
crezia per Ferrara, Maria Bellonci suppone che si
poveri. Morì nel 1519, a trentanove anni, per trattasse di «spettacoli di iniziazione matrimoniale
complicazioni dovute ad un parto.
che non avrebbero offeso una donna già sposata due
La figura di Lucrezia ha assunto diverse sfumature volte».
nel corso dei periodi storici. Per una certa storiografia, soprattutto ottocentesca, i Borgia hanno finito
Κακοῦ κόρακος κακὸν ᾠόν.
per incarnare il simbolo della spietata politica maKakou korakos kakon ōon
chiavellica e la corruzione sessuale attribuita ai papi
"Da una cattiva cornacchia, un uovo cattivo‖
rinascimentali. La stessa reputazione di Lucrezia si
offuscò in seguito all' accusa di incesto, rivolta da
Figlia di Rodrigo B. e di Vannozza Catanei, promessa allo spagnolo Don Cesare conte di Aversa, fu
poi dal padre, diventato papa Alessandro VI, per
suggellare l'alleanza con gli Sforza, data in sposa a
Giovanni Sforza, signore e vicario della Chiesa per
Pesaro (12 giugno 1493). Dopo un breve periodo di
felice vita coniugale Lucrezia ritornò a Roma e qui,
essendo stato per volontà del papa dichiarato nullo il
matrimonio, sposò secondo i nuovi disegni del pontefice, Alfonso d'Aragona, duca di Bisceglie e figlio
naturale di Alfonso II re di Napoli. Ma l'alleanza del
fratello Cesare con i Francesi distrusse l'opportunità
di questo matrimonio e, mentre Lucrezia era nominata governatrice di Foligno e poi di Nepi, si
preparava un attentato contro Alfonso. Questi, sfuggito agli sgherri che avevano tentato di assassinarlo
nel luglio del 1500, veniva strangolato da uomini di
Cesare Borgia il 18 ag. Lucrezia era allora data in
sposa ad Alfonso d'Este, primogenito del duca di
Ferrara, che dovette, pur riluttante, accettare (30 dic.
1501). Alla corte estense Lucrezia, che fin qui era
stata un docile strumento nelle mani del padre e del
fratello, fece dimenticare il suo passato e diventò con
la sua bellezza e la sua intelligenza ben presto
popolarissima.
Disinteressandosi della politica e promuovendo invece una fantasiosa ed intellettuale vita di corte,
celebrata da poeti come l'Ariosto, il Bembo, il Trissino, raccolse attorno a sé uomini tra i più famosi del
Rinascimento. Ma dal 1512 la splendida signora non
apparve più circondata dal suo gioioso ed elegante
corteggio. La sua vita, per le sventure che colpirono
lei e la casa ferrarese, si fece più raccolta: passò
lunghi periodi in convento a chiedere perdono "per li
peccati de questa nostra etade". Dal 1512, Lucre-
-7-
Antropos in the world
Otto settembre aurora di salvezza
L‘anno liturgico sia in Oriente che in Occidente è ricco di
feste mariane, storico-salvifiche e personali di Maria. (1)
Tra queste è stata sempre presente quella della sua natività
(2) che si celebra nel mese di settembre, mese autenticamente mariano. In questo periodo si celebrano, infatti,
oltre al compleanno , l‘onomastico , l‘Addolorata , N.S. de
La Salette , B.V. della Mercede, Madonna delle Lacrime di
Montevergine e della Cintura .
Pur adombrata in Genesi, ―termine fisso d‟etterno
consiglio‖, quando il Signore Dio disse al serpente, dopo il
peccato di Adamo ed Eva, :‖ Io porrò inimicizia tra te e la
donna e tra il lignaggio tuo ed il lignaggio di lei: esso ti
schiaccerà la testa e tu lo assalirai al tallone‖ (3,15), i
vangeli non dicono nulla sulla nascita di Maria, ma gli
apocrifi si sono sbizzarriti a colmare la lacuna, riferendo
particolari che non hanno altro fondamento che la fantasia
o la pietà. Già nel II secolo se ne parla diffusamente nel
Protovangelo di Giacomo o della natività di Maria che,
pur non essendo canonico, ebbe un successo straordinario
e grande importanza nella pietà popolare, nella liturgia e
nell‘iconografia mariana sia in Oriente che in Occidente.
Un altro apocrifo , il De Ortu Virginis, nel tentativo di
conciliare le devozioni mariane di maggio e di settembre
narra che Anna e Gioacchino abbiano concepito Maria
in maggio e che ella sia nata dopo quattro mesi di
gestazione e, quindi, a settembre, quando in Oriente ha
inizio l‘anno ecclesiale secondo il Monologium di san
Basilio.
Il numero 8, da parte sua, è legato alla Madonna per il
suo essere intermedio tra il 7 (numero di Cristo) e il 9
(3x3): la perfezione della Divinità.(3)
L‘8 settembre , inoltre, è in corrispondenza con l‘8
dicembre, data dell‘immacolata concezione della Vergine
Per l‘anno di nascita bisogna tener presente che Gesù,
stando a più corretti calcoli, sarebbe nato il 6 a.C (748 di
Roma) e Maria nel 744/745, avendo 14/15 anni quando lo
partorì.
La città in cui nacque sembra essere Gerusalemme anche
se altre città (Sefforis, Nazaret e Betlemme) si contendono
l‘onore di averle dato i natali. (4) Con l‘era degli scavi
archeologici iniziata per l‘impegno
della madre di
Costantino, Elena (sec. IV), furono ritrovati in quella città
dei ruderi di un oratorio su un luogo che la tradizione
indica come la casa di Maria.
Circa la discendenza c‘è in verità qualche difficoltà. San
Paolo afferma (Rm 1,3), che Gesù fu fatto, secondo la
carne, dal seme di Davide . Nelle genealogie di Matteo e
di Luca non se ne fa menzione. Nel Protovanngelo di
Giacomo Maria è detta più volte della ―tribù di David‖
(cap.10-12) e in alcune antifone della Liturgia delle Ore è
detta della ―radice di Jesse‖. Il Gheradini scrive che Maria
discendeva sì da David, ma non dalla linea del re
Salomone, bensì da quella di Nathan, che non fu mai re
d‘Israele.. Ma la Vergine, d‘altra parte, era parente di
Elisabetta, la quale era della discendenza sacerdotale di
Aronne (Lc
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1,5). Maria Luisa Rigato, in Theotokos (1980 n.1 pp 275303) sostiene quest‘ultima tesi che tra l‘altro spiegherebbe il livello culturale biblico con il
quale Luca ce la presenta sia nell‘Annunciazione e sia ponendo sulle sue labbra il
Magnificat. A noi comunque interessa il
solo fatto che questa nascita segna lo spartiacque tra Antico e Nuovo Testamento e rappresenta il punto di partenza di tutta la storia cristiana.
Maria è infatti l‘aurora che precede la nascita del sole,
Gesù Cristo. Nella serie delle generazioni umane, lunga
teoria di peccatori, si inserisce la prima creatura immacolata, da cui nascerà il Salvatore. Inizia in altri termini
la seconda creazione. Il maestro di spiritualità Nicola
Cabasilas (1322-1391) sottolineò il rapporto tra questa
nascita e quella del mondo:‖ Il giorno della nascita della
Vergine è anche quella del mondo intero, perché questo
giorno ha visto nascere il primo essere veramente umano‖.
I Padri della Chiesa paragonano questa nascita alla porta
del tempio: il tempio è Cristo, ma la porta attraverso la
quale noi entriamo è Maria. Ne deriva che la festa liturgica della natività di Maria diventa sorgente di ottimismo
per tutti. Bousset ha scritto:‖ In Maria nascente, anche se
non si vede il sole Gesù, si vede l‟anticipo rilucente dei
suoi raggi luminosi: l‟esenzione dal peccato, la pienazza
di grazia, una fonte incomparabile di carità per tutti i
peccatori. Sono i tre raggi di bellezza che il Figlio di Dio
invia su Maria. Essi hanno tutta la loro forza solo in
Cristo. In Lui solo hanno il pieno splendore che illumina
tutta la natura umana: ma essi fanno della santa Vergine
l‟aurora di un giorno gradevole per tutta l‟umanità‖.
R. Nicodemo
_________________
(1) Cf D.M. SATOR, Le feste della Madonna, BO 1987 e Le feste mariane
– Atti dell‟XI Convegno Nazionale dei Rettori dei Santuari, La Madonna n.
2-3, 1978.
(2) La festa è chiamata anche nelle antiche liturgie, Natale d‟autunno e nel
gergo popolare ―Madonna dell‟uva‖. Oltre al Natale del Signore, si
celebrano le feste della natività soltanto di Maria e di Giovanni Battista:
l‘una concepita immacolata e l‘altro presantificato prima della nascita nella
Visitazione. Degli altri santi la Chiesa celebra il giorno della morte, il dies
natalis alla vita eterna.
(3) 3 (Trinità) + 4 (Creazione) = 7 (Cristo, Uomo-Dio).(cf R. CAMMILLERI, Il quadrato magico (Rizzoli). Secondo alcuni Maria sarebbe nata
il 5 agosto così come riferito da lei stessa a Medjugorje (cf P.L. FANZAGA,
La firma di Maria, p. 8) e ad Oliveto Citra (Olivetro Citra ―Terra di
Maria‖, Anno 0 n. 1 – Anno 1 nn 1-6 – Ristampa, p. 3). Sant‘Antonio nel
suo ―Discorso per la Natività della beata Vergine‖ (8 settembre) racconta un
fatto simpatico. Un santo devoto di Maria un giorno, mentre pregava, udì
una dolce melodia di angelici concerti. L‘udì anche l‘anno dopo nella
stessa ricorrenza. Ne chiese spiegazione al Signore e gli fu risposto che in
quel giorno gli angeli celebravano la nascita di Maria. In India dove essere
bambine ancora oggi è spesso proibitivo, i vescovi, per sensibilizzare la
comunità cristiane, hanno istituito la Giornata della bambina che cade,
significativamente, l‘8 settembre. Tra le città più importanti dove è fervente
il culto di Maria bambina è Milano.
(4) G. ROSCHINI, La Vita di Maria, Roma 1945.
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Antropos in the world
DALLA REDAZIONE DI S.VALENTINO TORIO
Matrimonio: l’unica guerra in cui si dorme col nemico
AFORISMI, RIFLESSIONI E PENSIERI SUL MATRIMONIO
L’aforisma è una proposizione che riassume in brevi e sentenziose parole il risultato di precedenti
osservazioni o che, più genericamente, afferma
una verità, una regola o una massima di vita pratica. (1)
I temi trattati negli aforismi di tutti i secoli riguardano soprattutto i vizi e le virtù che cambiano, rimangono o scompaiono completamente secondo il
periodo storico. Per quanto riguarda lo stile con il
quale va scritto l'aforisma, in tutti i secoli si raccomanda come qualità la brevità.
Gli aforismi sono, in sintesi, delle pillole di
saggezza espresse in modo semplice ma sintetica
ed efficace. Ecco una piccola raccolta di aforismi sul
matrimonio: alcuni hanno una paternità, altri, pur
noti, sono senza una paternità.
*Il matrimonio è l’unica favola che comincia con
vissero felici e contenti e finisce con c’era una volta.
(Anonimo)
*Il matrimonio è quell’istituzione che permette a
due persone di affrontare insieme difficoltà che
non avrebbero mai avuto se non si fossero sposate.
(Anonimo)
*Sono contrario ai rapporti prima del matrimonio: fanno arrivare tardi alla cerimonia. (Woody Allen)
*Niente assomiglia tanto all’ Inferno, quanto un
matrimonio felice. (Gabriel Garcia Marquez)
*Il matrimonio è una cosa esagerata: è come se
uno che ha fame comprasse un ristorante. (Renato
Pozzetto)
*Se ti sposi, te ne pentirai. Se non ti sposi, te ne
pentirai lo stesso.
*Il matrimonio è come una trappola di topi:
quelli che son dentro vorrebbero uscirne, e gli altri? Ci girano intorno per entrarvi. (G.Verga)
*Il matrimonio è una grande istituzione, ma bisogna esser pronti per questa istituzione.
* Il matrimonio è una catena così pesante che, a
volte, bisogna essere in tre per portarla. (Alexandre
Dumas figlio)
*Quello che conta nel matrimonio è litigare in
armonia.(Anita Ekberg)
_______
1) Treccani.
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*Non bisogna essere contrari al matrimonio, ma occorre ammettere che pone fine a un sacco di cose alle quali, in genere, si è favorevoli.
*Non sono contrario al matrimonio,ma trovo che un
uomo e una donna siano le persone più complicate
per questo progetto.
*Un uomo che non si è ancora sposato è incompleto. Poi è finito.
*Il matrimonio è l'unica avventura adatta a persone totalmente incoscienti.
*Il matrimonio può essere come un lago in tempesta, ma il celibato è quasi sempre una pozzanghera di
fango.
*Ciò che Dio ha creato diviso, perché l'uomo dovrebbe ostinarsi a tenere unito?
*Se le coppie sposate non convivessero, i matrimoni felici sarebbero molti di più.
*La ragione per cui mariti e mogli non si capiscono è
che appartengono a mondi diversi.
*Non sentirti in colpa per quello che hai pensato di
tua moglie; lei ha pensato molto peggio di te.
*Vivere con la persona che si ama è difficile quasi
quanto amare la persona con cui si vive.
*Non è detto che il marito abbia sempre ragione.
Non è detto che la moglie abbia sempre torto.
*Quando tutto il resto fa fiasco, prova a fare come
dice tua moglie.
*In ogni coppia sposata c'è almeno un irresponsabile (o un’irresponsabile?)
*Non far sapere a tuo marito che sei migliore di lui.
*Una coppia sposata è bene assortita quando entrambi i coniugi sentono il desiderio di litigare nello
stesso momento.
*In qualsiasi maniera una donna si metta d'accordo
con suo marito per la divisione dei lavori di casa,
quelli del marito saranno considerati sempre più
facili.
*I regali che un uomo fa a sua moglie non sono mai
azzeccati quanto i regali che fa il vicino di casa a sua
moglie.
*La causa principale di divorzio resta il matrimonio.
*Pensando al matrimonio, non è il legarsi ad una
donna che l'uomo teme: è il separarsi da tutte le altre.(Helen Rowland).
Vincenzo Soriente
Antropos in the world
IL RACCONTO DEL MESE:
NUNZIATINA
( V parte)
eBook di Franco Pastore - ISBN 9788868143053
Giuvanniello‚ alla Gorgona di Livorno‚ rigirava,
tra le mani sudate, l'ultima lettera di Mariuccia‚ trattenendo a stento le lacrime‚ con l'angoscia che ti rode nelle situazioni di impotenza.
La ragazza prometteva di attenderlo a gli giurava
quell'amore che tutte le innamorate‚ a diciotto anni‚
giurano al loro fidanzato. Le parole di Mariuccia
erano sincere‚ accorate e mostravano tutto il dolore
di chi viene privato dell'unico bene che dà uno scopo
alla vita. Fu allora che il giovane capì di dover chiudere per sempre quel capitolo della sua vita. Scrisse
alla fanciulla‚ che la liberava da ogni impegno e
che‚ se gli voleva bene‚ doveva pensare a sposarsi
con chi avrebbe potuto ridarle il sorriso e quei figli
che avrebbero allietato la sua casa di donna e di
sposa felice.
I giorni trascorrevano lenti nella piana e Mariuccia aspettava con ansia la risposta alla sua ultima
lettera. Finalmente‚ quel lunedì mattina‚ sentì il
fischio del postino e si precipitò sull'aia. Corsa verso
il calesse‚ asciugandosi sul grembiule la mani bagnata di bucato. Prese la lettera e corse verso la
campagna‚ seguita dagli sguardi pensierosi della
madre. Si addentrò nel vialetto‚ tra la vigna ed i
salici‚ sedendo‚ affannata sull'erba. Per un lungo
istante‚ il cuore smise di battere a gli occhi fissarono lucidi quello scrigno di speranze‚ prima che lo
aprisse con la mani tremanti e nervose. Estrasse il
foglio lentamente‚ poi‚ d'un tratto‚ lo aprì a lesse. Le
lacrime di Mariuccia scesero copiose, fino al cuore.
Riattraversò‚ di corsa‚ la campagna‚ coprendo in
breve tempo di spazio dal vigneto alla casa; sull'aia‚
le galline lasciarono i chicchi di grano e scapparono
dividendosi in due gruppi disordinati.
Nella penombra della camera da letto‚ il materasso
di spoglie accolse i penosi singhiozzi della giovane‚
con un brusio di foglie secche. Alla spalle‚ un'ombra
osservava in silenzio: era Assunta che assisteva alla
disperazione della figlia‚ anche a lei sarebbe piaciuto che Giuvanniello fosse entrato in casa sua‚
quella casa che‚ da tempo‚ mancava di un uomo‚
dopo la morte del marito Nunzio. La donna prese la
lettera sgualcita dalla mani della figlia e lesse faticosamente tra la righe‚ comprendendo più per intuito‚
che per esperienza di lettura. Sedette sul bordo del
letto ed accarezzò il capo della sua creatura‚ come
faceva un tempo. Stettero a lungo l'una vicino all'altra‚ senza dire una parola.
Di fronte al letto‚ una specie di armadio senza
specchi custodiva il misero corredo di Mariuccia‚
mentre‚ sul vecchio comò, la fotografia di compare
Nunzio troneggiava al centro delle altre fotografie di
defunti‚ messe lì come lari protettori. La giornata si
spense lentamente e la notte sopraggiunse sulla
casa‚ sugli animali e sui sogni della ragazza.
Gaetano iniziò a Portolongone la sua vita di
recluso‚ spegnendosi giorno dopo giorno‚ con gli
occhi fissi sulla piccola finestra della cella umida ed
angusta. Per circa cinque anni‚ visse nell'attesa della
lettera che gli inviava Carminuccio‚ ma quando
apprese della morte del padre prima e della madre
poi‚ si lasciò andare. Morì il 20 febbraio del
1913‚ all'alba del primo conflitto mondiale.
Capitolo VI
Era il periodo della guerra balcanica e di mille
illusioni di conquista. La pace di Losanna dava
all'Italia il possesso della Libia‚ la cui conquista fu
possibile solamente molti anni dopo. Il nazionalismo si andava affermando come movimento letterario e politico‚ Gabriele D'Annunzio inneggiava
alla forza a al dinamismo. Quanto ai socialisti‚ la
guerra libica aveva riportato in auge la corrente
massimalista e rafforzata quella rivoluzionaria‚ ove
militava Benito Mussolini che‚ insieme all' allora
repubblicano Pietro Nenni‚ aveva organizzato manifestazioni di protesta‚ violentissime‚ a Forlì. Ad
Ancona‚ la polizia sparava su di una manifestazione
socialista‚ ammazzando tre dimostranti; lo sciopero
era proclamato in tutta Italia ed il paese veniva scosso da violenze ed atti di teppismo.
La settimana rossa rappresentava l'epicentro di
tutta una serie di sommosse nella Marche ed in
Romagna‚ nonché l'inizio della crisi profonda del
movimenti operaio italiano. Il sud era pressoché
assente‚ come assente era qualunque tentativo di riforma agraria‚ dal momento che la legalità era nella
mani dei latifondisti a della piccola borghesia.
I caporali fissavano le condizioni con i padroni e
ciò significava miseria‚ per i lavoratori della terra,
quella che impediva la loro emancipazione e favoriva l'emarginazione del sud. Nel 1906 la Società
Umanitaria‚ in concomitanza con la Federterra,
riusciva a fare i primi passi contro il caporalato e la
disoccupazione‚ portando l'assise del primo congresso internazionale a votare per la istituzione
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Antropos in the world
degli uffici interregionali di collocamento.
Ma gli imprenditori padani ed i caporali del sud‚
vinsero la battaglia‚ perchè appoggiati dalle forze
patronali e dallo stesso stato. Invano il Giolitti ‚
allora Presidente del Consiglio‚ appoggiò il disegno di legge, che prevedeva la fine della mafia
d'ingaggio. Era anni difficili. Sembrava‚ infatti‚ che
il mondo fosse sopra una grossa polveriera e Prencip‚ lo slavo irredentista‚ ne accese la miccia che
incendiò‚ in breve tempo‚ il furore degli uomini.
L'Italia‚ incerta a dubbiosa‚ cercava una sua linea di
condotta‚ sballottata‚ come sempre‚ da molteplici
forza politiche; finché non vinsero gli interventisti e
fu la guerra. Era il 24 maggio del 1915. Povera
Italia, mal governata e sedotta‚ come una bella
donna‚ dal gioco di forze più grandi di lei!
Il 6 aprile del 1917‚ gli Stati Uniti entravano in
guerra e Wilson presentava l'intervento come una
lotta per la democrazia‚ per la libertà a per un'egemonia universale del diritto. Sul fronte occidentale‚
seguì la famosa ritirata di Caporetto.
Sia Giuvanniello, sia Felice‚ nelle loro celle‚ non
seppero che poche notizie di questi eventi storici. I
giorni passavano lentamente e gli anni erano secoli.
La vita del carcere era dura ed i problemi più
semplici si ingigantivano fino ad assumere proporzioni assurde.
Il sesso diveniva il pensiero dominante e generava
manifestazioni innaturali che rendevano la fantasia
fervida di espedienti. Nella lunga attesa di niente‚ la
dita veloci impastavano la mollica del pane‚ che‚
lentamente‚ assumeva la forma del sesso femminile: la massa molle riproduceva le grandi labbra‚
dove il sesso turgido andava ad infilarsi nelle
lunghe notti insonni. Anche Giuvanniello‚ dopo
mesi d‘astinenza‚ volle illudersi di essere con la sua
donna.
Mariuccia attese‚ per sette lunghi anni‚ il ritorno
di Giuvanniello‚ poi‚ la lettera del giovane e la convinzione che la domanda di grazia non sarebbe mai
stata accettata‚ maturarono nella donna la decisione
di fidanzarsi con un bravo giovane‚ Pasqualino
quello stesso che aveva raccolto il corpo morente di don Filippo ò capuràle.
Nel maggio del 1914‚ i due si sposarono ed
andarono a vivere nella casetta della madre di lei.
Mamma Assunta era morta l'anno prima‚ con una
gran pena nel cuore‚ e fu in quella casa che i due
sposini iniziarono la loro vita di sacrifici.
Quando Giuvanniello seppe‚ tramite Carminuccio‚ del matrimonio della sua fidanzata‚ tra le
lacrime‚ approvò quella decisione. Quell'evento
causò nel giovane un atteggiamento nuovo‚ infatti
decise di apprendere un lavoro che gli permettesse di
sopravvivere.
Iniziò a frequentare la grossa falegnameria del
penitenziario‚ specializzandosi in ebanisteria. Apprese quest'arte sotto la guida di un altro detenuto‚ un
vecchio catanese che gli fece da maestro. Carminuccio‚ nel frattempo‚ era cresciuto ed ora aveva
quasi vent'anni. Alto‚ agile e sicuro di sé‚ parlava del
fratello Gaetano come di un eroe‚ che aveva sistemato le cose della piana. Effettivamente la situazione
era di molto migliorata; non che fosse finita la
miseria‚ ma almeno i caporali l‘avevano smesso con
lo strozzinaggio ed i ricatti. Intanto‚ il dopoguerra
preparava nuove pagine di storia. Il partito socialista
si dilaniava nelle lotte interne‚ mentre un certo movimento nasceva con carattere di elìte: Benito Mussolini dava l'avvento al fascismo.
Era il 1919. Nel settembre del 1920‚ operai e
sindacalisti socialisti occuparono le fabbriche‚ chiedendo il rinvio del contratto ed aumenti salariali‚ ma
i risultati furono deludenti. Nel gennaio del 1921‚ a
Livorno‚ la corrente, che faceva capo a Gramsci,
decise di staccarsi dal partito socialista e fondare un
nuovo partito : il partito comunista italiano. Mentre
nel nord il contadino cessava di essere un salariato e
diveniva socio d'azienda‚ nel Mezzogiorno‚ dove il
latifondo era ancora radicato‚ non si verificò alcuna
riforma agraria‚ soffocando il grido - La terra ai
contadini! - e deludendo la speranza delle masse.
Gli eventi precipitarono‚ le squadre fasciste aumentarono la loro forza e‚ col beneplacito dell'esercito e della polizia‚ organizzarono spedizioni punitive. Il 24 ottobre del 1922‚ le forze fasciste‚ concentrate a Napoli‚ iniziarono la marcia su Roma‚ ove
entrarono il 28 ottobre. Quattro giorni dopo‚
Mussolini ebbe dal Re l'incarico di formare il nuovo
governo. Seguirono le elezioni che determinarono la
maggioranza parlamentare del fascismo e l'assassinio
di Matteotti.
Dal 29 al 36‚ il regime conobbe i suoi anni migliori; in questo periodo sorse il mito del Duce‚ sotto
l'azione della propaganda per l'incremento demografico‚ della politica agraria e con la battaglia del
grano. Era il tempo in cui l'Italia si sentiva realmente
fascista‚ né si sognava tanti antifascisti‚ quanti sostengono oggi di esserlo stato. Erano tempi brutti che
dovevano servire da insegnamento‚ non da spauracchio di comodo.
Il 5 maggio del 1936, si concludeva l'impresa
Etiopica, con l'occupazione di Addis Abeba e
Vittorio Emanuele II diveniva imperatore.
Il 15 maggio, Giovanni Falcone veniva messo in
libertà dopo 2 anni di reclusione. (continua)
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Antropos in the world
DA TRAPANI
A COSA SERVE LA NATO?
A FARE LE GUERRE SBAGLIATE
Quando, nel lontano 1949, i paesi del Nord America e
dell‘Europa Occidentale sottoscrissero il Patto Atlantico,
questo rispondeva ad una logica ben precisa: creare un‘alleanza militare difensiva per dissuadere l‘Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche dalla tentazione di invadere
uno o più Paesi europei. Nacque così la NATO (Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico), struttura militare
oggettivamente egemonizzata dagli Stati Uniti: i soci minori
– tra cui l‘Italia – lo sapevano perfettamente, ma accettavano
questa diminutio a fronte dell‘indubbio vantaggio di poter
contare su una formidabile struttura di difesa comune.
All‘epoca – non v‘è dubbio – l‘Unione Sovietica
rappresentava una minaccia concreta: era guidata dal saldo
braccio di Stalin, poteva contare su un‘alleanza militare che
riuniva le nazioni dell‘Europa Orientale – poi consacrata nel
Patto di Varsavia – e si giovava della solidarietà di forti partiti comunisti, soprattutto in Italia e in Francia.
Ai nostri giorni, però, la situazione è totalmente cambiata: l‘Unione Sovietica è scomparsa fra i conati della perestrojka, il Muro di Berlino si è sbriciolato, il Patto di Varsavia si è dissolto e i partiti comunisti sono stati socialdemocratizzati e guadagnati alla causa dei ―mercati‖.
Dunque, dal 1° luglio 1991 (data dello scioglimento del
Patto di Varsavia) la NATO ha perduto la sua funzione e la
sua stessa ragion d‘essere. La Federazione Russa, infatti, non
coltiva alcun proposito aggressivo, non minaccia nessuno e,
come massimo della bellicosità, difende dalle aggressioni altrui le popolazioni russe che si trovano immediatamente al di
là dei propri confini: ieri nell‘Ossezia del sud (aggredita
dalla Georgia), oggi nel Donbass (aggredito dall‘Ukraina).
Al riguardo, v‘è da tener presente qualche piccolo particolare: sia nel caso della Georgia che nel caso dell‘Ukraina, ad
indurre gli aggressori a provocare i russi sono sempre stati
gli USA; ufficialmente o ufficiosamente, con le minacce dei
suoi Presidenti o con i miliardi delle associazioni ―filantropiche‖, pilotando incredibili ―rivoluzioni colorate‖ o finanziando rivolte armate per abbattere i poteri legittimati dal
voto democratico.
Stando così le cose, dunque, la NATO doveva essere
sciolta vent‘anni fa. O, in alternativa, doveva essere riprogrammata: si doveva, cioè, sostituire una strategia antirussa oramai superata con una nuova strategia, volta a fronteggiare un altro potenziale nemico. E non occorreva essere
esperti in alta strategia per immaginare che il pericolo per la
―prima linea‖ atlantica – cioè per l‘Europa – sarebbe potuto
venire soltanto da sud, da un mondo arabo e mediorientale in
grande fermento. La Russia non era – e non è oggi – un nemico per l‘Europa, ma un prezioso partner economico, oltre
che un alleato naturale nella lotta contro il fondamentalismo
islamico: se dovesse crollare la robusta ―diga‖ antifondamentalista che la Russia di Putin ha eretto nel Caucaso, le
conseguenze per l‘Europa sarebbero disastrose. Ma, se così
fosse stato – se cioè la NATO fosse stata riprogrammata – si
sarebbero dovute riscrivere regole e competenze. I Paesi
europei, i Paesi euromediterranei soprattutto, essendo praticamente a contatto con il potenziale aggressore, avrebbero
dovuto assumere un ruolo più incisivo, avrebbero dovuto
dettare – loro – la linea da seguire in Libia o in Tunisia, in Siria
o in Egitto, avrebbero dovuto decidere –loro – quali erano i paesi
amici e quali i paesi da cui potesse giungere una eventuale minaccia. Invece non è stato fatto nulla di tutto questo. Anzi, si è
sancito che la NATO è una struttura americana cui i sudditi
europei devono obbedienza; una obbedienza, peraltro, piuttosto
salata, perché – come ha ammannito il maestro Obama agli
scolaretti europei – «la libertà non è gratis».
Quindi, la NATO deve continuare ad osteggiare la Russia, e deve
obbligare le nazioni europee ad una
politica sanzionistica che non è per
loro conveniente, al solo scopo di
favorire gli interessi commerciali degli
Stati Uniti. Quanto al teatro mediterraneo, poi, gli europei dovranno soltanto fornire truppe e bombardieri, seguendo la politica che in quelle zone
hanno determinato altri alleati degli
Stati Uniti: per la precisione, Israele ed
Arabia Saudita.
Così, dal nulla, i soldi di una certa provenienza hanno fatto
nascere l‘ISIS, uno Stato terroristico che ha il compito di
sovvertire gli assetti territoriali dell‘intero Medio Oriente. Così
come si è abbattuto Gheddafi per favorire in Libia gli jahidisti
che vogliono creare un Califfato anche lì, a poche braccia di
mare dalle nostre coste. Così come si sta assistendo inerti, in
Africa, al tentativo di spingere a sud la frontiera dell‘islamismo,
utilizzando Boko Haram e i rapitori di ragazzine.
In questa ottica, naturalmente, l‘ISIS non deve essere
distrutto ma soltanto ricondotto entro certi confini, evidentemente stabiliti da Qualcuno. Obama lo ha ammesso candidamente: «La mia priorità è assicurarmi che le posizioni guadagnate dall‟ISIS in Iraq siano riportate alla situazione precedente.» Avete capito? Le truppe jahidiste non devono essere
bombardate a tappeto, ma soltanto colpite ai fianchi, quel tanto
che le costringa a non farsi prendere dall‘entusiasmo e a non
andare a decapitare la gente oltre una certa linea.
Una NATO ―riprogrammata‖ avrebbe potuto dire la sua,
avrebbe potuto magari suggerire di fronteggiare la minaccia
jahidista. Questa NATO, invece, al guinzaglio degli americani,
deve fingere di non accorgersi del grave pericolo che minaccia
l‘Europa, e in primo luogo l‘Italia. Questa NATO al guinzaglio
degli americani deve prepararsi a una ―guerra santa‖ contro la
Russia di Putin, al solo scopo di favorire gli interessi petroliferi
degli americani e dei loro alleati mediorientali.
Intanto, da pochi giorni a questa parte, un primo paese
NATO è coinvolto nel conflitto ukraino: si tratta del lontano
Canada (ma che cacio c‘entra?), che ha annunziato l‘invio di
attrezzature militari di supporto alle forze di Kiyev. Certe cose
non avvengono per caso, e nemmeno per un colpo di sole di
qualche governante sprovveduto. E ciò, soprattutto, quando riguardano un soggetto che ―non ci azzecca‖. Ma il Canada fa
parte della NATO. Qualcuno, evidentemente, lavora per estendere il conflitto.
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Michele Rallo
[Dalle Opinioni eretiche]
Antropos in the world
MOMENTO TENERO
Kομμένη την ανάσα
Senza fiato, artigliando pareti,
l‘alpinista, per suo solo progetto,
alla fine conquista la vetta.
E dall‘alto, sconfinate distese
e monti, con valli più estese,
fan da storno a stoltezze infingarde,
a sorrisi compiaciuti e beffardi,
ad ingoi di vuota ipocrisia,
a pochezze lasciate per via.
Anche io pongo fine ai miei sogni,
richiudendo il mio libro dell‘anima
e, facendo a me stesso una burla,
accantono ogni cosa nel nulla,
non è gioco, né perversa mania,
ma è solo cortese follia!
SENZA FIATO
di
Franco Pastore
________________
da “OMBRE DI SOGNO”
cod. IT\ICCU\MO1\0037932
QUARTA EDIZIONE DEL PREMIO DI POESIA RELIGIOSA
“MATER DEI” IUNIOR
E‘ bandito dalla Rivista ― Antropos in the
world‖, in collaborazione con la ― Chiesa Madre
SS.Corpo di Cristo, la Fondazione Carminello
ad Arco, e con il patrocinio del Comune di San
Valentino Torio, la seconda edizione del Premio
MATER DEI
Possono partecipare alunni delle scuole elementari e medie, con un breve componimento
lirico dedicata alla Vergine Maria.
Sono ammessi a partecipare, per la prima volta, gli alunni della Scuola Elementare, che dovranno inviare un breve componimento in poesia
o anche in prosa, purché nessun adulto vi abbia
messo mano.
La partecipazione è gratuita. Inviare i lavori
alla Direzione di Antropos in the world, via Posidonia,171/h – 84128 Salerno, entro il 30 aprile
2014.
La Commissione è formata dalla prof.ssa:
Pastore Rosa Maria, dirett.ce di A. I. T. W.;
dott. Flaviano Calenda, Pres.Carminello ad Arco;
dott. Renato Nicodemo, mariologo;
dott. Franco Pastore, scrittore;
Geom. Carlo D‘Acunzo, giornalista, redatt.re capo della redazione Angri;
dott. Giuffrida Farina, saggista e poeta.
Tra i concorrenti saranno scelti tre vincitori,
mentre saranno dati tre diplomi di merito a coloro che si sono comunque distinti nella stesura
dell‘elaborato.
A tutti i fanciulli delle scuole elementari partecipanti, sarà consegnato un attestato di partecipazione. Le poesie premiate figureranno sul giornale di ottobre.
La manifestazione si terrà in Pagani, il sette
ottobre p. v., alle ore 18,30, nella Chiesa madre
SS.Corpo di Cristo.
Per informazioni: 089.223738 – 089.723814
e-mail:
[email protected]
- 13 -
Antropos in the world
LA DONNA NELLA STORIA
CLARETTA PETACCI
Una morte ingiusta, in un momento infame della nostra storia.
Figlia di Giuseppina Persichetti e del medico Francesco
Saverio Petacci, direttore per alcuni anni di una clinica a
Roma e introdotto negli ambienti vaticani in qualità di
medico dei Sacri Palazzi apostolici. Per un periodo di vari
anni ebbe anche una sua clinica personale, "La Clinica del
Sole". Clara studiò con rendimenti alterni musica e fu allieva del violinista Corrado Archibugi, amico dei suoi genitori.
Il 24 aprile 1932 la Lancia Astura vaticana con a bordo oltre
all'autista Saverio Coppola, Claretta Petacci, la sorella Myriam, la loro madre e il futuro marito di Claretta, Riccardo
Federici, lungo la via del Mare che da Roma va al Lido di
Ostia, viene sorpassata da un‘Alfa rossa Gran Turismo Zagato guidata da Benito Mussolini. La Petacci, che già da
tempo inviava al duce numerose lettere di ammirazione, lo
riconosce e trova il modo di attirare l'attenzione del duce, il
quale accetta poi di scambiare qualche parola con lei. Da
allora sempre più frequenti furono le "udienze" a Palazzo
Venezia, che dopo una serie di colloqui confidenziali acquisirono il carattere di una vera e propria relazione.
Petacci, ormai sposata con il sottotenente dell'Aeronautica
Militare Italiana Riccardo Federici, aveva in realtà già preso
le distanze da quest'ultimo separandosi definitivamente nel
1936. All'epoca del suo incontro con Mussolini, Clara aveva
vent'anni, ed il duce cinquanta.
Mussolini era sposato dal 1915 con rito civile e dal 1925 con
rito religioso con Rachele Guidi ("donna Rachele"), che
aveva conosciuto già durante l'infanzia e alla quale era legato sin da prima del 1910. Gli erano inoltre state attribuite
numerose amanti, tra le quali Ida Dalser (che gli diede il
figlio Benito Albino Mussolini), e aveva da poco concluso
una lunga ed importante relazione con Margherita Sarfatti.
Mussolini prese a frequentare la Petacci con regolarità, ricevendone le visite puntuali anche nel suo studio di Capo del
governo a Palazzo Venezia. Clara rimase per molti anni fedele a"Ben", come chiamava Mussolini anche nella corrispondenza, suscitando facezie ed amenità tra quanti ne erano
informati. Diversi gerarchi del fascismo, d'altra parte, reputavano la relazione tra il duce e la Petacci - per quanto ufficialmente inesistente e tollerata da donna Rachele - molto
inappropriata, perché possibile fonte di scandalo e di accuse
di corruzione al regime. Clara era appassionata di pittura.
Ebbe il ruolo di compagna segreta di Mussolini, del quale
condivise i momenti più bui e il destino finale, pare senza
mai avanzare la pretesa che l'amante lasciasse per lei la moglie Rachele.
Clara Petacci, alla caduta del regime fascista, fu arrestata il
25 luglio 1943, per essere poi liberata l'8 settembre, quando
venne annunciata la firma dell'armistizio di Cassibile. Tutta
la famiglia abbandonò Roma e si trasferì nel Nord Italia
controllato ancora dalle forze tedesche, e dove poi si instaurò la Repubblica di Salò. Clara si trasferì in una villa a Gardone, non lontano dalla residenza di Mussolini e dalla sede
del governo repubblicano a Salò. In questo periodo ebbe un
fitto rapporto epistolare con Mussolini e nonostante il parere
contrario del Duce conservò tutte le missive: in una di queste, chiese che al processo di Verona
Galeazzo Ciano fosse condannato a morte in quanto
"traditore, vile, sudicio, interessato e falso", esprimendo quindi una posizione durissima che venne definita dallo storico Emilio
Gentile di "rigore nazista".
Trasferitisi a Milano a seguito dell'abbandono della riviera gardesana da parte del duce, poco dopo la metà di aprile del
1945, il 23 aprile i Petacci - salvo Clara e il fratello Marcello,
che rimasero nel capoluogo lombardo - si misero in salvo in
aereo, giungendo a Barcellona dopo un avventuroso volo durato quattro ore. Il 25 aprile, sia Clara sia Marcello si allontanarono da Milano assieme alla lunga colonna di gerarchi fascisti in fuga verso Como, Marcello tentando di riparare in
Svizzera con false credenziali da diplomatico spagnolo. Il 27
aprile 1945, durante l'estremo tentativo di Mussolini di sottrarsi alla cattura, Clara fu bloccata a Dongo da una formazione
della 52ª Brigata Garibaldi partigiana, che intercettò la colonna
di automezzi tedeschi con i quali il duce viaggiava. Taluni
affermano che le sia stata offerta una via di scampo, da lei ricusata decisamente. Avrebbe potuto fuggire in Spagna con i
suoi familiari!
.La tomba di Claretta Petacci al Cimitero del Verano. Il giorno
seguente, 28 aprile, dopo il trasferimento a Bonzanigo di Mezzegra, sul lago di Como, Mussolini e la Petacci furono uccisi,
sebbene su Clara non pendesse alcuna condanna. Nella stessa
giornata anche il fratello di Clara, Marcello Petacci, fu ucciso
a Dongo dai partigiani, insieme ad altre quindici persone che
accompagnavano l‘esodo di Mussolini.
Il giorno successivo, il 29 aprile, a Piazzale Loreto (Milano), i
corpi di Benito Mussolini e Claretta Petacci furono esposti
(assieme a quelli delle persone fucilate a Dongo il giorno prima e Achille Starace, che venne ucciso in Piazzale Loreto poco prima), appesi per i piedi alla pensilina del distributore di
carburanti Esso, dopo essere stati oltraggiati dalla folla. Il luogo venne scelto per vendicare simbolicamente la strage di
quindici partigiani e antifascisti, messi a morte per rappresaglia in quello stesso luogo il 10 agosto 1944. Non appena comprese che c'era l'intenzione di appendere per i piedi anche il
cadavere della Petacci alla pensilina, don Pollarolo, cappellano dei partigiani, prese l'iniziativa di chiedere a una donna
presente tra la folla, la sarta Rosa Fascì, una spilla da balia per
fissare la gonna indossata dal corpo di Clara. Tale soluzione si
rivelò però inefficace e così intervennero i pompieri, sopraggiunti con gli idranti a sedare l'ira della folla, a provvedere a
mantenere ferma la gonna con una corda.
Dopo essere stata sepolta in un primo tempo al Cimitero Maggiore di Milano, sotto il nome fittizio di Rita Colfosco, nel
1959, con autorizzazione dell'allora Presidente del Consiglio
Fernando Tambroni, è stata inumata nella tomba di famiglia al
Cimitero Comunale Monumentale Campo Verano di Roma.
Nepes Boris
- 14 -
Antropos in the world
ANNA BURDUA DA ERICICE
PRESENTAZIONE
de la Saga dei Longobardi di Franco Pastore
Drammaturgia storica - A.I.T.W. ediz. - pag.250 – cod. IT\ICCU\MO1\0037976
L‘ultima fatica letteraria
di Franco Pastore, dedicata
alla Salerno longobarda, si
pone come pietra miliare
nell‘ambito della letteratura teatrale. È fondamentale, a mio avviso, approfondire un periodo storico,
considerato dalla storiografia ufficiale come il più
infelice della storia d‘Italia. Di qui la valenza della
Saga dei Longobardi, che,
avvalendosi di una rigorosa consultazione di documenti, ricostruisce e rivaluta il periodo storico che
va dal 770 al 1085, visualizzando quei personaggi,
che determinarono, con le loro gesta, il destino dei popoli
conquistati. L‘opera si distingue da quelle della letteratura
tradizionale, per la corposità del contenuto – ben cinque
drammi - e per la chiave di lettura inedita di eventi storici,
che la più recente storiografia sta rivalutando, alla luce di
preziose testimonianze. È un lavoro rigoroso ed attento,
che porta impressi i segni della personalità poliedrica dell‘Autore, aperta ad una visione olistica del teatro e dell‘arte. L‘attività di Franco Pastore da sempre è stata proiettata su generi letterari diversi: poesia, novella, teatro, saggistica e romanzo ed è questo eclettismo che lo rende pioniere nel campo letterario: c‘è in lui la ricerca di nuove
dimensioni culturali, che esondano nella celebrazione del
principio ―nihil hominum a me puto esse‖.
La passione per il teatro si manifestò in lui,
quando, ancora giovane, ebbe modo di intrecciare rapporti
di cordiale e deferente amicizia con artisti di grande
spessore culturale, fra questi, Eduardo De Filippo e Franco
Angrisano, che incoraggiarono ed alimentarono la sua già
innata predisposizione verso l‘arte teatrale.
―La Saga dei Longobardi‖ fornisce un notevole
contributo alla comprensione di un periodo storico, così
incisivo, ma anche così mal considerato dalla storiografia
ufficiale, da influenzare negativamente il pensiero dei
letterati del passato. Ergo, non si può negare, al volume il
merito di rappresentare, attraverso i cinque drammi,
un‘ampia e marcata ricostruzione storica di eventi e
situazioni, rivissuti nella loro dinamica strutturale, senza
forzature soggettive, o imposte da giudizi dominanti. Da
ciò, la peculiarità dell‘arte e la capacità creativa
dell‘autore. I personaggi, reali, sono l‘espressione di
un‘epoca di intrighi, progettualità perverse, desideri di
vendetta, ambizioni di grandezza e disegni di potere,
spesso perseguibili solo con astuziestrategiche, inganni ed
annientamenti di controparti.
I Longobardi non conobbero ostacoli: l‘Italia, a
nord, con la Longobardia Maior, al sud, con la Minor, finì
sotto la loro influenza, subendo l‘azione audace ed intraprendente di un popolo, del quale restano tuttora
strutture, che ben sopportano i segni del tempo.
Senza voler disquisire sulla trama dei drammi proposti, per lasciare ai lettori il gusto di un approccio a
sorpresa, si è cercato di porre, attraverso modeste riflessioni, l‘attenzione sul messaggio dell‘opera, che vuol
trasmettere, alle future generazioni, la grandiosità di scontri inusitati, che hanno stravolto l‘assetto dell‘Europa
medievale.
Concludendo, la Saga dei Longobardi è una opera
incisiva, nella sua indagine starica: i dialoghi si succedono
incalzanti a rappresentare stati d‘animo, avvenimenti, e
colpi di scena. Trattasi di dialogati descrittivi, che proiettandoti in un dinamismo situazionale, offrono l‘esatta
dimensione del dramma. Ciò perché l‘autore predilige la
rappresentazione psicologica dei personaggi, i quali,
proprio attraverso la forza del dialogo, esplicitano le
motivazioni ed il ―pathos‖ di scelte, che determinano il
destino di città e di popoli. Ne scaturisce una ricostruzione
vera degli eventi, che, per certi versi, riguardano le nostre
radici, quelle di una umanità che, nel susseguirsi delle
dominazioni, si è evoluta sulla sua carne macerata, determinando l‘immagine psicofisica dell‘italiano di oggi.
I personaggi dei drammi sono quelli che hanno
vissuto fino in fondo, il loro status di figli, di padri, madri,
mogli e mariti. Alcuni hanno lasciato una forte orma di sé,
nonché una imponente testimonianza della loro ― humanitas‖ e del loro governo. Cito,ad esempio, Arechi II e
Guaimario IV, anticipatori della promozione della pace e
della cultura e la stessa Sichelgaita, donna sagace ed
intelligente, mediatrice, consigliera preziosa ed archetipo
della emancipazione femminile, alla quale si deve la
Scuola medica salernitana. Sono personaggi prodi, fieri e
coraggiosi, che, come Roberto d‘Altavilla, hanno combattuto alacremente per difendere i loro domìni.
Alla fine, non resta che augurare a Franco Pastore,
che la sua opera preziosa possa riscontrare interesse e
consensi sempre più vasti, da parte di coloro che amano il
teatro, ed anelano a perdersi nei cieli di un altro tempo,
quello in cui l‘uomo era un artefice reale della propria
(1)
storia e del proprio destino.
Anna Burdua
______________
Presentatio, dal libro LA SAGA DEI LONGOBARDI – AITW
Edizioni, SA 2014
- 15 -
Antropos in the worldc
PROVERBI E MODI DI DIRE - OVVERO ELEMENTI DI PAREMIOLOGIA
1.
2.
3.
4.
Chi semina viénte raccoglie tempesta.
Chi giudica all‟ati, cundanna se stesse.
Ddio ne libera 'e pezziènte sagliute.
‘O sole nun se scorda ‘e nisciuno.
Implicanze semantiche:
Viénte: dal latino ventum.
Ati: dal latino alter-a -um
Sagliùte: dal latino volgare salijere,
Esplicatio: Ci vuol poco a causare una guerra, come
voler giudicare gli altri, ci espone all‟altrui giudizio.
Intanto, Dio ci guardi dai pezzenti saliti, così come ci
salvi dai poveri di spirito. Alla fine, non bisogna essere
pessimisti: il sole brilla proprio per tutti.
Riflessio: Sono proverbi che hanno corrisponden-
za con la cultura popolare di tutta Italia. Citiamo,
ad esempio: Chi giudica rimane giudicato- Per
tutti vi è un raggio di sole, per non parlare del
detto africano: il sole illumina ogni villaggio.
Sirica Dora
salire.
Nisciune: dal lat. acc.vo ne ipsum = neppure uno.
Fraseologia: pezziente sagliute, serbia a strafòtte;
Pe‘ truvà lu male viénte, va cammina a Beneviénte.
Cca nun ce sta nisciune, da un celebre classico nap.
Antropologia: Maleventum, dalla celebre battaglia di
Benevento contro Pirro, che ebbe luogo nel 275 a.C..Il
vento soffiò contro i romani, deviando la traiettoria
delle frecce.
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CENTRO SERVIZI ANGRI via badia n.6 - Per Privati - Assistenza socio sanitaria alla persona H 24.
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assistenze specializzate, per gli anziani, per i disabili, per tutti i tipi di malattie e per
tutte le problematiche: specialisti nelle cure mediche e nel sostegno degli ammalati,
son pronti a raggiungere ogni luogo ed ogni abitazione per portare, a chi ne ha
bisogno, i benefici della loro competenza. Un grazie a coloro che si sono adoperati
nella realizzazione del progetto. Da settembre, l‟iniziativa sarà seguita molto dalla
direzione di ANTROPOS IN THE WORLD che darà tutte le informazioni che i lettori
della rivista vorranno ottenere.
Franco Pastore
- 16 -
Antropos in the world
LA PAGINA MEDICA: a cura di Andropos
La Fibrillazione ventricolare




La fibrillazione ventricolare é un‘aritmia caratterizzata da un'attivazione rapidissima ed irregolare delle
camere inferiori del cuore (ventricoli) che diventa
quindi incapace di generare una contrazione valida
(arresto cardiaco). L‘arresto cardiaco determina un
crollo immediato della pressione arteriosa ed il collasso del paziente. Se non viene interrotta prontamente mediante una defibrillazione del cuore (una
―scarica elettrica‖ erogata attraverso delle piastre posizionate sul torace da un apparecchio denominato
defibrillatore) la fibrillazione ventricolare porta a
morte pressocchè immediata il paziente. Questa aritmia è la più frequente causa di morte improvvisa nella 
popolazione. A volte la sua insorgenza è preceduta da
un dolore al petto segno di un improvviso deficit dell‘apporto di sangue al cuore (ischemia/infarto miocar- 
dico acuto).
I sintomi - La contrazione inefficace del cuore arresta 
il flusso di sangue agli organi.Il paziente pertanto collassa immediatamente e diventa incosciente. A volte
l‘aritmia può essere preceduta da sintomi quali:
- dolore al petto(ischemia/infarto miocardico acuto)

- intenso cardiopalmo (battito molto accelerato)
- mancanza di respiro

- sensazione di mancamento
In presenza di un paziente in arresto cardiaco da fibrillazione ventricolare é obbligatorio attivare immediatamente il sistema di emergenza medica chiaman- 
do il 118. Nello stesso tempo, chi si trova nelle vicinanze dovrà iniziare le manovre di rianimazione cardiopolmonare. Il primo passo é quello di eseguire un 
massaggio cardiaco esterno mediante compressioni
profonde sul torace (circa 100 al minuto) al fine di
consentire un seppur minimo apporto di sangue agli
organi vitali (cervello e cuore). Se disponibile nelle 
vicinanze, dovrà essere immmediatamente attivato ed
utilizzato da soggetti abilitati, anche prima dell‘arrivo
dei soccorsi, un defibrillatore semiautomatico. La probabilità di sopravvivenza del paziente dipende quasi
esclusivamente dalla rapidità della defibrillazione cardiaca.
Cause - La fibrillazione ventricolare si manifesta nei 
pazienti con una malattia cardiaca generalmente grave 
(con rare eccezioni) o in presenza di condizioni 

scatenanti:
- ischemia/infarto acuto del miocardio (improvvisa 
mancanza di flusso sanguigno ad un vaso che nutre il 
cuore)
- 17 -
- pregresso infarto miocardico (una ―cicatrice‖ del
muscolo cardiaco legata alla improvvisa chiusura
di un vaso sanguigno che nutre il cuore)
- cardiomiopatia dilatativa (condizione in cui il
cuore si ingrandisce e si contrae con minore forza)
- malattia aritmogena del ventricolo destro (condizione geneticamente determinata in cui il muscolo cardiaco viene parzialmente sostituito da
grasso e ―cicatrice‖ senza che vi sia una alterazione del flusso sanguigno)
- miocardite acuta o cronica (infiammazione del
cuore che guarisce lasciando una ―cicatrice‖)
- cardiomiopatia ipertrofica (malattia geneticamente determinata in cui tutto o parte del cuore si
ispessisce in maniera abnorme)
- difetti congeniti della struttura del cuore (ad
esempio tetralogia di Fallot) sottoposti o no a
correzione cardiochirurgica
- sindrome del QT lungo, sindrome del QT corto,
sindrome di Brugada (malattie genetiche che
alterano la funzione della membrana che riveste le
cellule cardiache)
- uso di droghe (cocaina, amfetamine)
Diagnosi - Varie indagini possono essere eseguite
nei cardiopatici per valutare il rischio di avere una
morte improvvisa da fibrillazione ventricolare o
nei sopravvissuti ad un arresto cardiaco per guidare i successivo trattamento terapeutico. Gli esami
più frequentemente eseguiti sono:
. ECG dinamico delle 24 ore sec. Holter
. Ecocardiogramma
. Test ergometrico
. Esame dell‟alternanza dell‟onda T
. Coronarografia
. Studio elettrofisiologico endocavitario.
Antropos in the world
I GRANDI PENSATORI: a cura di Andropos
CARLO LEVI
Laureato in medicina, fin dal 1923 si dedicò alla pittura
frequentando lo studio di F. Casorati. Amico di P. Gobetti
e dei fratelli Rosselli, accanto all'opposizione politica L.
maturò il suo percorso artistico, soprattutto dopo un
soggiorno a Parigi (1927-28), guardando alle esperienze
europee postimpressioniste. Fece parte del gruppo dei Sei
e, in netta antitesi al più vieto accademismo del Novecento,
elaborò nelle sue opere (ritratti, nature morte) un acceso e
vibrante linguaggio espressionista che rimase costante,
seppure piegato a più esplicite istanze realistiche, nella sua
successiva produzione che si allarga anche al paesaggio.
La famiglia era di tradizioni socialiste e in quell‘ambiente l'autore non trovò difficile collaborare con Pietro Gobetti
alla redazione de «La rivoluzione liberale». Attivista nella
diffusione delle idee di Giustizia e Libertà con Nello
Rosselli diresse «Lotta Politica» un giornale clandestino.
L‘impegno che mise nella lotta antifascista non poteva non
giungere all‘orecchio vigile del Regime che lo fece
arrestare nel 1934; l‘anno dopo fu mandato in confino in
Lucania. Ci rimase solo un anno, probabilmente l‘anno più
significativo di tutta la sua vita. Liberato si rifugiò in
Francia da dove ritornò solo nel ‘42 per partecipare alla
Guerra Partigiana. Dal 1962 al 1973 fu senatore nelle liste
della sinistra.
La vita di Carlo Levi fu profondamente segnata dall‘anno
trascorso al confino, in Lucania, precisamente ad Aliano,
allora Agliano. Da quei giorni interminabili è nato il suo
libro più noto, Cristo si è fermato a Eboli. Scritto nel
dicembre ‘43, l‘opera è un classico esempio di commistione di generi letterari. È un reportage — su una terra
che allora era remota — che contiene una forte denuncia
politica e sociale delle condizioni di estrema arretratezza in
cui versava la classe contadina dell‘Italia fascista.
L‘arrivo nel piccolo centro lucano è per Levi uno dei
momenti più desolanti della sua vita. Abituato al tenore di
una grande città ed agli stimoli culturali di Torino, si
ritrova immerso in uno scenario opposto. Ad aspettarlo,
diffidenza, miseria e solitudine. Agli occhi della gente era
un ―conquistatore‖, essendo Piemontese, in una terra di
―conquistati‖. Inoltre i conquistatori che in quel momento
rappresentava non avevano portato l‘emancipazione
desiderata. La situazione quindi non era ideale, ma Levi,
da piemontese, non si lasciò scoraggiare, cercò piuttosto di
capire cosa stava accadendo intorno a sé. Per Levi
comprendere e fermare una situazione significava dipingere, la sua prima passione, il che lo si vedeva fare
spesso nei pressi del cimitero di Aliano. Certo i momenti di
sconforto non mancavano perché l'inattività a cui era
costretto doveva essere difficile da affrontare.
Inizialmente non aveva potuto neppure esercitare la
professione medica perché i medici della zona gli mettevano i bastoni fra le ruote. Le cose presto cambiarono.
La diffidenza dei colleghi si stemperò
come neve al sole di fronte alle esigenze della popolazione. Forse
l‘essere medico lo aveva portato,
nonostante tutto, ad avvicinarsi
alla gente, a capirla, a conoscerla bene. Lo si intuisce ancora oggi
visitando i luoghi del suo confino.
Da allora il paese si è ovviamente trasformato ma, molti dei problemi che Levi ha descritto
restano. La questione meridionale non è più quella di
allora, ma è mutata solo nei termini. Tuttavia si
percepisce che Levi è ancora presente. Nelle parole della
gente, dei ragazzi, dei giovani, che vedono nella casa
dove ha vissuto non solo il relitto di un passato ma una
denuncia e il segno di una possibilità di riscatto da una
condizione.
Il viaggio di Levi nella politica e nella società italiana
continuò in seguito con la pubblicazione de L‟orologio
(1950) nel quale descrive la cronaca politica del
dopoguerra. Le parole di condanna della situazione
italiana si fanno ancora più dure ne Le parole sono pietre
(1955), racconto di un viaggio in Sicilia. Dopo questo
libro, forse a causa dell‘età, forse a causa della mancanza
di reali stimoli, la sua prosa si addolcisce e quel carattere
di denuncia del Cristo svanisce quasi ne Il futuro ha un
cuore antico (1956), dove descrive le gesta della
rivoluzione. Sempre con lo stesso registro descrive un
viaggio in Germania ne La doppia notte dei tigli (1956).
Di spessore ancor minore Tutto il miele è finito (1964),
sulla Sardegna. L‘ultimo scritto è postumo e risale al
1979, Quaderno a cancelli. Narra la parziale infermità,
dovuta alla cecità, trascorsa in una stanza d‘ospedale.
La notorietà di Levi come scrittore è da attribuire al
libro che scrisse in seguito al confino. Ma se questa opera
non avesse mutato il corso della sua vita probabilmente
ora lo ricorderemmo esclusivamente come pittore. Il suo
primo ispiratore fu Felice Casorati grande amico
dell'autore. Il legame si nota nel Ritratto del padre (1923)
ed in Arcadia esposto nel 1924 alla Biennale di Venezia.
L‘influenza di Casorati si attenua progressivamente, sino
a scomparire dopo il primo viaggio a Parigi. Al ritorno
Levi ha una diversa visione della pittura, come si nota in
Aria 1929.
Alla fine degli anni venti Levi aderisce al Gruppo dei
Sei, pittori di Torino, e conduce un‘aspra critica all‘accadentismo nazionalistico del Novecento. A sancire il
legame con la pittura europea, specie con quella francese
sono Figura gialla, Signora con Scarpa, Daniel, L‟uomo
rosso, tutti dipinti negli anni ‘30 e ‘31.
Muore a Roma il 4 gennaio 1975. Per sua volontà, la
sua salma fu inumata ad Aliano, dove tuttora giace.
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Antropos in the world
QUANTI L‟AVEVANO CAPITO?
IL CENTENARIO DI ALMIRANTE
E LA DESTRA ITALIANA CHE FU
Cento anni fa nasceva Giorgio Almirante. Il grande
Capo del Movimento Sociale Italiano, di una Destra
sociale e popolare che non c‘è più, e della quale l‘Italia di
oggi avrebbe grande bisogno. Così come, d‘altro canto,
avrebbe bisogno di una Sinistra sociale e popolare che, del
pari, non c‘è più. L‘una e l‘altra annientate, frullate,
omogeneizzate nella poltiglia informe di un ―pensiero
unico‖ liberista, liberomercatista, globalista, mondialista
e… affarista che prende ordini dai poteri forti della mafia
finanziaria.
La Destra, dunque. Questa Destra italiana così
particolare, così diversa dalle Destre classiche, dalla
Destra reazionaria orfana della Restaurazione, dalla Destra
conservatrice di tipo anglosassone, dalla Destra di plastica
che ha preso il sopravvento oggi, dalla Destra dei
―moderati‖ che tifano per la NATO e che sono convinti
che gli americani abbiano fatto due guerre mondiali per
liberarci. Ecco, la Destra di Almirante era agli antipodi di
tutto ciò; e lo era perché, storicamente, figlia del Fascismo
che era anch‘esso lontano mille miglia dal mondo di una
certa Destra codina e bigotta: anche quando da ―movimento‖ si era fatto ―regime‖, ma sempre conservando la
sua peculiarità di superamento delle vecchie antinomìe di
―destra‖ e di ―sinistra‖, come anche conservando la
caratteristica di un rifiuto della tutela di interessi economici particolari – fossero essi dei ―ricchi‖ o dei ―poveri‖
– per assumere, o per tentare di assumere, la rappresentanza e la difesa di tutte le classi e di tutte le
categorie sociali della nazione, del popolo.
Questo interclassismo fascista era all‘origine del
nazionalismo e del populismo della ―destra nazionale‖
italiana; così come lo era di altri nazionalismi popolari
dell‘Europa latina, ma anche dell‘America latina (penso in
particolare al peronismo argentino).
Giorgio Almirante fu l‘uomo che seppe interpretare e guidare questa Destra italiana così particolare; e
che, al tempo stesso, seppe sganciarla dall‘eredità fascista
– pur senza nulla rinnegare – ed integrarla pienamente nel
tessuto politico democratico dell‘Italia postfascista.
Purtroppo, quando questa Destra italiana raggiunse il
potere, Giorgio Almirante non c‘era più. Il suo posto era
stato occupato da un ex giovane non particolarmente
dotato di coerenza, che nel giro di pochi anni avrebbe
allegramente deambulato dal ―Mussolini più grande
statista del secolo‖ al ―fascismo male assoluto‖, dalla
legge Bossi-Fini sull‘immigrazione alla richiesta della
cittadinanza italiana per i figli degli immigrati, dal partito
unico del centro-destra al ―che fai mi cacci‖.
Se si fosse mantenuto fedele all‘eredità nazionalpopolare del suo predecessore, lo scontroso
giovanotto avrebbe avuto un ruolo importantissimo nel contesto politico determinatosi dopo le elezioni
del 1994: condizionare ―da sinistra‖ (e spero di non essere
frainteso) Silvio Berlusconi, moderarne il liberismo
esasperato, vigilare per la tutela di una sovranità nazionale
già da allora insidiata dai trattati dell‘Unione Europea,
difendere lo Stato sociale minacciato dalla macelleria
reclamata dai ―mercati‖, e magari anche consigliare per il
meglio il Cavaliere e convincerlo a mantenere più riservati
i suoi vegliardi ardori.
E invece no. Gettata cinicamente alle ortiche la
singolare specificità della Destra italiana, l‘immemore era
lesto a trasformare il movimento sociale d‘un tempo in
uno scolorito partito liberale, appiattendosi su Berlusconi
ed anzi scavalcandolo ―a destra‖ (ed anche qui spero di
non essere frainteso), facendo professione di liberismo, di
adesione ai principi del globalismo economico proamericano, di fedeltà ad una NATO che non aveva più
alcuna ragion d‘essere dopo la caduta del muro di Berlino,
e naturalmente – previa solenne visita in Israele – di un
antifascismo in ritardo di mezzo secolo.
Ovviamente, l‘esperimento finiano era rapidamente
giustiziato dagli elettori; mentre i colonnelli e i capitani
della gloriosa armata almirantiana piantavano in asso
l‘allampanato generale e si disperdevano in mille rivoli:
alcuni (Gasparri, Matteoli, Polverini) vestivano l‘uniforme
dei ―moderati‖ berlusconiani, altri (Storace, Musumeci)
optavano per la difficile coerenza de La Destra, altri
ancòra (La Russa, Meloni, Alemanno) sceglievano di non
andare né di là né di qua e si inventavano un misterioso
Fratelli d‟Italia.
In questi giorni, nella ricorrenza del centenario
della nascita di Giorgio Almirante, i suoi eredi si sono
ritrovati per le celebrazioni di rito (anche in questa nostra
provincia, a Custonaci), disuniti come non mai e concordi
soltanto dalla confermata ostilità verso il liquidatore del
loro mondo. Un mondo che era sopravvissuto a mezzo
secolo di ostracismi, di persecuzioni palesi o mascherate,
di esclusioni da un incostituzionale ―arco costituzionale‖,
e di tante altre piccole e grandi mascalzonate.
Purtroppo, però, a parte qualche sprazzo qua e là,
questo mondo non dà segni di ravvedimento. Oltre che
diviso e frastagliato, appare sconsolatamente rassegnato ai
mali del tempo presente (immigrazione, euro, globalizzazione, fine dello Stato sociale), e non sembra comprendere che basterebbe opporsi con forza a questi mali
per ritornare ad essere una grande, una affascinante Destra
nazionale e sociale. Quella grande Destra di popolo che
era nei sogni del nostro amato Capo, e che noi – i suoi
eredi – non siamo stati capaci di realizzare.
Michele Rallo
( dalle ―Opinioni Eretiche‖)
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Antropos in the world
IO LA PENSO COSI‟
IN DIFESA DEL PAESE
Un principio etico è il senso di responsabilità a cui ogni
cittadino dovrebbe richiamarsi. Purtroppo, specie nel nostro
―bel paese‖, questo riferimento viene eluso o meglio ―tradito‖
per quel gioco di potere e di consenso da cui la classe politica
non riesce a sottrarsi. Trattasi di un vincolo opportunistico che
si richiama ad un assioma di scuola latina che così recita: ―Cicero pro domo sua‖.
La nostra sciagura è quella di affidarci ancora e credere ad
una pattuglia di politici incollati alle sedie nel torpore vellutato
del loro affarismo. E‘ tale lo sconforto nel vederli nei salotti
televisivi venderci fumo e chiacchiere, mentre le stagioni politiche per noi passano lasciandoci in uno stato di degrado socioeconomico e nel disarmo totale. Il paese sta crollando sotto i
colpi micidiali di due tematiche: quelle ambientali e quelle
economiche. Due segmenti della sfera umana che sono complementari e legati a tutto tondo al dinamismo socio-politico.
Un aspetto trascurato e che incide in modo negativo sulla
crescita economica collettiva è il territorio con tutte le sue
bellezze che tanto ancora dà al nostro paese in termini di turismo ambientale e culturale. Ma tanto non daranno, se lasciati
senza tutela di fronte ad eventi che sono definiti naturali.
L‘aspetto più desolante è che il degrado ambientale ed architettonico è sotto gli occhi di tutti.
Basta leggere le pagine dei quotidiani nazionali o fare scorrere le testate televisive con le loro inchieste giornalistiche per
avere la consapevolezza che l‘incuria ed il pressappochismo
umano sono e continuano ad esserne responsabili.
Spaccati territoriali, nonostante il grido di dolore di intere collettività, scivolano a valle.
E‘ la natura, ferita, lacerata, violentata nella sua essenziale
integrità vitale a riprendersi il proprio spazio, la propria naturale evoluzione quando strutture e cose improprie impediscono la corsa delle acque piovane verso valle. Spesso assistiamo
a disastri per fenomeni naturali passati per eccezionali stravolgimenti climatici, come se questi ultimi avessero un moto di
ribellione al violento dominio dell‘uomo. Così non è.
La iattura di tali panorami di scempio mortale è dovuta, sia
alla cementificazione selvaggia per una atavica avidità e frenesia speculativa dell‘essere umano, sia alle tante cattedrali nel
deserto (opere pubbliche complete e non) che non solo deturpano lo scenario ambientale, ma sono uno spreco colpevole di
danaro di noi contribuenti. Di chi la responsabilità?. Della
politica o del cittadino comune?
Gli interrogativi impongono una risposta alla quale non mi
sottraggo. La mia considerazione è che la medaglia del degrado socio-ambientale vada assegnata alle due sfere umane,
visto che si incrociano e si coniugano in un insieme di interessi
e di opportunità. La società delega e la politica propone e
promulga spesso in quella logica del ―do ut des‖ che declina il
consenso nell‘orbita di quel relativismo etico-politico da sempre imperante.
Appare ovvio che i necrologi siano sempre più numerosi e
le tragedie umane una storia infausta annunciata.
La provata incapacità di gestione dell‘ambiente e del territorio
è legata alla disattenzione di intere classi sociali alle tante
discussioni e congressi vari sul loro stato di salute e del danno
che la loro evoluzione può nel tempo causare alle future gene-
razioni. L‘abbassamento della temperatura del globo , lo
scioglimento dei ghiacciai con conseguente innalzamento del
livello marino, l‘effetto serra sembrano scomparsi dall‘agenda politica non solo nazionale. Eppure restano una priorità
per la tutela della vita e della sua stessa qualità.
Sgomenta ricordare che se ne ritorna a parlare solo dopo
tragici accadimenti emarginando un principio ineludibile:
‖meglio prevenire gli eventi che inseguirli‖. Le strutture pubbliche appaiono non solo distratti ma alquanto ―intolleranti‖,quando si fa vivo l‘interesse di chi vive a stretto contatto con elementi pericolosi per l‘incolumità della collettività nell‘oggi e nel futuro per la loro progenie. Lo dimostra
il senso civico di alcuni movimenti che ha portato all‘attenzione pubblica il dramma esistenziale di un‘ area casertana, già agli onori della cronaca delinquenziale per episodi di
camorra, per grave inquinamento ambientale che la disonestà di tanti per gli incendi appiccati ai rifiuti e la inefficienza della politica hanno consentito di definirla in maniera
nefasta: ―Terra dei fuochi‖ .
Purtroppo anni di denunce non hanno sortito alcun effetto,
tanto che ancora continuano a verificarsi sconcertanti
episodi di inciviltà in una cornice di presenzialismo e varie
passerelle politiche che hanno lasciato e lasciano l‘intera
regione nell‘incancrenirsi dello‖ status quo‖ e nella perdita
della credibilità delle istituzioni.
Si può ancora vivere così?. Si può ancora credere nella
società civile quando una parte della stessa volge lo sguardo
altrove?. Ombre politiche e sociali si addensano all‘orizzonte per scaricare sul territorio il loro carico di veleni e di
nequizie umane. Dall‘ambiente al patrimonio artisticoarchitettonico un filo sottile e fragile si tende e li tiene in un
destino incerto, precario per la stessa visione nichilista dell‘amministrazione pubblica.
E‘ lo stesso degrado che si registra per la penuria di mezzi
economici, a dire delle istituzioni, per il recupero e la conservazione di quell‘habitus culturale che appartiene alla nostra
storia ed alla nostra civiltà. Ad un mio convincimento:
‖crescita culturale equivale a crescita economica‖ resto fedele. Il patrimonio vastissimo di arti e siti archeologici che il
passato ci ha tramandato, si va deteriorando e depauperando
tenendo fede ad una insana logica che si esplicita in quella
formula, lasciata al pubblico ludibrio,di memoria politica
recente: ―con la cultura non si mangia‖. Stupida l‘espressione nello stupore degli astanti e della nostra storia. Quale
percorso da intraprendere?.
Il ritorno alle origini, alle radici storico-culturali del nostro paese: capitalizzare la grande capacità che è nella cultura
del nostro popolo, la maestria e la grande forza lavoro,la
disponibilità al sacrificio; incrementare, attivare i percorsi
culturali per animare le coscienze di sani valori, suscitare
l‘interesse sui beni culturali ed artistici per dare vitalità al
fabbisogno economico del paese. Non va dimenticato che
se non siamo alla pari con le grandi potenze industriali, possiamo ben dire di superarle in quanto a bellezze archeologiche. Non staccarci dal treno del nostro passato è una
ineludibile priorità, visto che è stato e può continuare ad
essere un viatico di speranze e di nuove occasioni di sviluppo
e di lavoro.
Raffaele Villani
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Antropos in the world
DALLA REDAZIONE DI BERGAMO:
L’ORTO BOTANICO DI LORENZO ROTA
Sul Colle Aperto di Città Alta, si trova
l'Orto botanico Lorenzo Rota di Bergamo, è
un piccolo laboratorio naturistico dove la passione e l'arte degli addetti fanno convivere
piante esotiche con quelle indigene.
In un piccolo spazio di 1.750 metri quadrati vivono oltre 900 specie botaniche differenti che comprendono endemismi orobici,
quali la Sanguisorba dodecandra, nonché diverse specie di piante carnivore (tra tutte la
Drosera carnivora), piante acquatiche e piante officinali, in un insieme sapientemente assortito.
Ha portato avanti, con successo, il tentativo di recuperare e reintrodurre una felce
quasi del tutto scomparsa, la Osmunda regalis, una volta presente nella Valcalepio e lungo le sponde del fiume Adda.
Il sito gode di un panorama verso l'anfiteatro delle Prealpi Orobiche, ma anche verso
Città Alta.
Oltre ad ameno luogo di incontro svolge
attività didattica diretta ai bambini e conferenze per gli amanti della natura.
Presso questo Orto Botanico si è tentato
di allestire il progetto di sonorizzazione ambientale AUDIORAMA (a cura del dott. Paolo Ferrario), per la diffusione di arte sonora,
preesistente e realizzata ad hoc. Il progetto
non si è potuto concludere e è rimasto incompleto dal 2012.
Il Servizio Educativo propone un'offerta
formativa suddivisa per fasce di età. Gli operatori sono a disposizione per concordare con
gli insegnanti interessati visite sul territorio,
percorsi naturalistici ed attività di laboratorio.
Per chi fosse interessato a conoscere nel
dettaglio tutte proposte il programma è con sultabile on line cliccando nella sezione dedicata ai laboratori.
Per prenotare è necessario compilare e
inviare on line il modulo di richiesta. Il costo
delle attività è di 45,00 € lordi all'ora, da
versare direttamente all'operatore in occasione
della visita. Verrà rilasciata regolare ricevuta o
fattura.
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Franco Pastore
A.I.T.W. edizioni Salerno, luglio 2014,
pag.244, con illustr.Quattro commedie
musicali, ispirate al
Novellino del Guardati, in arte Masuccio salernitano, precedute da un ampio
studio sull‘ autore.
Biblioteca Universitaria di Napoli - cod.
IT\ICCU\NAP\0646027
La Moglie dell‟oste, sull‟oste geloso che
per avidità diviene cornuto.
Lo papa a Roma, su di un prete, donno
Battimo, la cui lussuria viene punita a bastonate.
Il vescovo, la monaca e la bad.ssa,
sulla vendetta di un vescovo, che era stato
ingannato.
Le brache di san Griffone: sulla relazione tra un monaco predicatore e madonna
Agata, moglie smaniosa di un vecchio maestro di medicina.
Antropos in the world
ESPERIENZE D‟UNA PROSTITUTA
Di Egidio Siviglia
Il gruppo degli amici nel tempo libero, ordinariamente di domenica, partiva per un confortevole relax.
Quella domenica aveva programmato di andare a
pescare: avevano preparato ciò che serviva per l'escursione e stavano verificando se alcunché, come spesso
capita, fosse sfuggito.
Mentre si pronunciava la magica parola ―Okay‖ per
poter partire, Giorgio, simpatico vecchietto vicino di
casa: ―Dove andate? ... Mi lasciate solo di domenica.
Vengo con voi!‖.
―Ma zietto, noi andiamo a pescare, non potete venire
… è come se fosse una partita di calcio... bisogna
essere agili... potreste cadere o… peggio finire in
acqua‖.
Il vecchio non volle sapere di più e con tono autoritario: ―Io verrò con voi e ... per quel che avete detto...
vuol dire che mi metterò da qualche parte e non darò
fastidio‖. Cosa fare?
Dopo l'iniziale tentennamento, ―sì, ma avvertite vostra
figlia e dite che siete con noi‖.
Giunti che furono al fiume, prima di recarsi sulla riva,
dove si poteva liberamente e con disinvoltura esercitare
il meraviglioso hobby che si accingevano a coltivare
con la compostezza di un rito, si fermarono alla foce
nel punto in cui, a mò di palafitte, avevano costruito
una rudimentale balera che d'estate serviva per il
trattenimento degli avventori: era provvista di tutto …
davvero tutto.
L'arzillo vecchietto, avendo adocchiato una simpatica
personcina, rifiutando qualsiasi invito, si avvicinò ad
uno della comitiva e disse: ―Come vi ho detto alla
partenza, mi metterò da parte e non sarò di incomodo a
nessuno... Mi troverete qui al ritorno.‖
La pesca fu abbondante, carpe, trote e qualche tinca.
Per il ritorno sostarono alla balera e soddisfatti per la
pesca, non pensarono ad altro; nell'imminenza di
ripartire la buona educazione volle che ci si rivolgesse
a Giorgio: ―Zietto si riparte, o … volete restarvene
qui?‖ …
Con gli occhi, tutti espressero quel pensiero che,
essendo comune a tutti, nessuno volle tradurre a parole;
solo uno, con impertinenza, si rivolse alla ragazza:
―Signorina, lo zietto si è comportato bene?‖.
Non trascrivo la risposta che, almeno per lo stile, non si
addiceva alla nobiltà delle persone. Zio Giorgio, convinto di essere diventato amico della donna, intervenne:
―Devi usare un linguaggio più consono al loro stato;
sono tutti professori!
La ragazza non tenne conto del suggerimento: ―sì... sì...
sono tutti professori di violino, come te... che pensi di
essere professore di flauto‖. A questo punto il silenzio
fu rotto dalle parole di saluto: ―ci vedremo la domeni-
ca, sperando che sia una bella giornata.
A corredo dell'esperienza vissuta, furono pronunciati
articolati commenti; alla fine dell'argomento, furono
tutti d‘accordo: ogni cosa a suo tempo. …
Qualcuno, però, non era del tutto convinto: ―La prossima esperienza la faremo portando un altro vicino di
casa, zio Gennaro, celebre in tutto il paese, almeno così
si diceva, per aver ingravidato una ragazza appena
maggiorenne.
Tutto come era stato previsto, giunti al luogo per
l'abituale preparazione alla pesca fu notato che zio
Gennaro si fermò con la signorina in attesa del ritorno
degli amici.
Ivonne, cosi chiamava la ragazza, era appena uscita
dalle acque del fiume ed aveva addosso solamente un
accappatoio, particolare questo che non sfuggì all'attento zio Gennaro, il quale come un felino, prima si
apposta e poi si lancia sulla preda: ―Oh Quale bellezza
…Quale grazia il sommo Giove, mi riserva quest'oggi!!!‖
Ivonne, non avvezza a tale linguaggio, in prima istanza
domandò: ―C'è l'ha con me e se è così, come ti permetti,
di parlarmi di chi non conosco neppure!‖
L'evidente turbamento mise in bella mostra la perfezione angelica della donna e, gli sguardi, le parole sussurrate, spinsero zio Gennaro ad avvicinarsi sempre di
più al corpo della donna che, assecondando il naturale
istinto, restò molto tempo avvinghiata al corpo dell‘intraprendente zietto.
Alla fine, con un'ulteriore carezza, Ivonne domandò:
―Gennarì ti va di ricominciare? e ancora una volta
giacquero insieme e si divisero solo quando gli amici
fecero ritorno. Zio Gennaro, colmo di gioia le domandò:
―Quanto ti devo?‖ Ivonne rispose: l'amore, quello vero,
non si vende: dal mio primo ingresso in società, ho
conosciuto solo il sesso. Oggi mi hai fatto conoscere
l'amore: nel senso della gratitudine, sono io a chiederti,
quanto ti devo, e mi risponderai allo stesso modo:
l'amore non si compra; ma almeno dimmi dove abiti‖.
Quando ritornò a casa lo zietto nel descrivere l'esperienza vissuta, nelle memorie incominciò a scrivere:
Alla soglia del novantesimo compleanno: Il mistero di
sua altezza l'amore: l'essere e il tempo. Come un martello di una fonderia, risuonava l'invito di Ivonne:
Ricominciamo daccapo... E si addormentò. Dopo
qualche giorno Ivonne si recò all'indirizzo indicato,
ma… zio Gennaro non c'era più.
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Ξύλον αγκύλον οδέποτ' οπθόν
Un legno storto non sarà mai dritto
- Galeno di Pergamo -
Antropos in the world
NOI GIOVANI LA PENSIAMO COSI‟
Emigranti ed immigrati: le due facce dell’Italia
― Un paese di santi, poeti, navigatori e migranti‖,
questa poteva essere una definizione e descrizione
abbastanza fedele dell‘Italia fino all‘inizio del XX
secolo.
Ora, quel paese, che tanti suoi ―figli‖ ha visto
partire, è diventato al contrario un paese di immigrazione, meta di uomini e donne da varie parti
del mondo, in primis Africa, Medio Oriente ed
Europa orientale.
Eppure sembra che gli italiani si siano ormai
dimenticati del proprio passato, dell‘esperienza di
nonni e bisnonni. Sempre più vivo e forte è, infatti, un sentimento d‘intolleranza contro il diverso, l‘immigrato, lo straniero, l‘invasore del nostro
territorio. Sentimento che alberga spesso all‘interno del nostro animo, soprattutto dei più giovani.
L‘immigrato viene accostato, nell‘immaginario comune, ad un criminale venuto nel nostro
paese per elemosinare pietà, rubare averi e persino uccidere.
Parlando con alcuni coetanei, ho scoperto che
molti di loro hanno avuto in famiglia, in generazioni più o meno lontane, un antenato che sia
emigrato in Germania, Stati Uniti o Sud America.
Io stesso ho stretto amicizia con un signore di
origini campane che ha trascorso quasi venti anni
della sua vita lavorando nello stabilimento Mercedes di Stoccarda.
Il mio giudizio su quest‘uomo è più che positivo, così come quelli dei miei coetanei sui loro
parenti: uomini forti nel corpo e nella volontà, che
hanno abbandonato la loro terra e la famiglia, subendo a volte anche abusi e sopraffazioni, costretti ad andare via da un paese che non dava opportunità. Qual è allora l‘elemento discriminante, la
differenza, tra l‘emigrante che un tempo sbarcava
ad Ellis Island e l‘immigrato che oggi giunge sulle coste della nostra penisola e nei porti delle nostre città?
Proviamo ad immedesimarci in uno qualsiasi
dei tanti giovani e giovanissimi immigrati di questi giorni. Un ragazzo come tanti altri, Mohammad al-Masri, 21 anni, vive con la madre, dopo la
morte del padre, a Tadmur, una piccola città nel
centro del deserto siriano, famosa soprattutto per
la presenza di uno dei carceri nei quali si sperimentano le condizioni di vita più dure.
Fin dalla sua nascita, la madre ha iniziato a
mettere da parte i soldi necessari affinché il figlio,
una volta cresciuto, potesse abbandonare il paese
ed un futuro di stenti. Così, raggiunta la maggiore
età, Mohammad abbandona sua madre e la Siria per
andare incontro ad un futuro senza guerra e, se non
privo, almeno con minori affanni, un futuro chiamato Italia.
Giunto a destinazione, però, si accorge che le sue
speranze ed aspettative non coincidono con quella
che è la realtà. Messo piede a terra viene detenuto in
un centro di prima accoglienza che ha invero ben
poco di accogliente. Una volta fuori, inizia la ricerca
di un lavoro che, a causa della scarsa conoscenza
della lingua e della poca esperienza lavorativa, si rivela infruttuosa.
Il giovane vaga quindi senza meta, di città in città,
alla ricerca di un‘ospitalità che credeva avrebbe immediatamente trovato.
La storia di Mohammad sarebbe potuta essere la
storia di un qualsiasi Salvatore De Filippo, fuggito
ad inizio novecento da un‘Italia povera ed arretrata
verso una nazione, gli Stati Uniti, gravida di sogni e
speranze.
Torniamo allora al nostro quesito: qual è la differenza tra un emigrato ed un immigrato? Semplice,
nient‘altro che la destinazione.
Paolo Zinna
EMIGRANTI ITALIANI GIUNTI A MANHATTAN NEL LUGLIO DEL
1903
Coloro che superavano tutti i controlli venivano convogliati
verso varie città del New Jersey, all’interno delle quali
formarono dei veri e propri quartieri (detti Little Italy). La
loro istintiva esigenza di rimanere uniti finiva per chiuderli
in una sorta di ghetto. Questo faceva sì che non
imparassero la lingua, gli usi, i costumi, e quindi che non si
integrassero col resto della società.
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Οπεπ έδει δείξαι
Quod erat demonstrandum
Come volevasi dimostrare
Antropos in the world
STORIA DELLA MUSICA - A cura di Ermanno Pastore
LA MUSICA LEGGERA Michael Jackson
Con il termine musica leggera, il cui uso è generalmente equiparabile al termine inglese pop music
ovvero musica pop, o più semplicemente pop (abbreviazione di popular), si intende un genere di musica popolare che trova le proprie origini negli anni
'50 e nella musica rock and roll. L'espressione italiana definisce un tipo di musica di facile ascolto e
poco elaborata, spesso ridotta a semplice intrattenimento e destinata al consumo di massa, mentre i
termini inglesi "popular music" e "pop music" sono
spesso intercambiabili quando indicano generi musicali popolari e di massa, includendo potenzialmente ogni stile. In effetti, la musica leggera raggruppa
in sé un insieme di tendenze musicali affermatesi a
partire dal XX secolo, caratterizzate da un linguaggio relativamente semplice e in alcuni casi schematico. La musica leggera è strettamente inserita nel
circuito di diffusione commerciale mondiale con incisioni discografiche, video, festival, concerti-spettacolo, trasmissioni e reti televisive e radiofoniche. Se
la semplicità del linguaggio musicale e il disimpegno tematico distinguono la musica leggera dalla
cosiddetta "musica colta" e underground, la presenza di una vera e propria industria la differenzia dalla musica popolare.
Può sembrare normale considerare la musica leggera come sinonimo di popular music, anche se oggi
si tratta di una similitudine non del tutto propria:
date le sue caratteristiche peculiari tutta la musica
pop è musica popular, ma non è vero il contrario;
esiste, in ogni caso, una grande difficoltà a relazionare tali concetti, soprattutto a causa dei continui
fraintendimenti che si vengono a creare nel dire comune.
Michael Jackson è stato considerato The King of
Pop.. Il premio gli fu consegnato da Elizabeth Taylor
ed Eddie Murphy, che ai BRE Awards diedero
all'artista nero il "Triple Crown Award" di Re del
Pop, del Soul e del Rock.
Egli è entrato nel Guinness dei Primati per essere
stato l'artista di maggior successo di tutti i tempi con
oltre un miliardo di dischi venduti.
Ha iniziato la sua carriera a soli cinque anni come
leader del gruppo di famiglia, i Jackson Five, fino a
diventare una figura dominante nella cultura popolare per 45 anni, grazie al suo contributo nel campo
della musica, la danza, lo spettacolo e la moda.
I video musicali delle sue canzoni hanno rivoluzionato il modo di concepire la musica trasformandoli
in una forma d'arte e la sua popolarità ha portato al
successo la nascente rete musicale MTV.
Il suo distintivo genere musicale, il suo caratteristico
stile vocale e il suo innovativo stile di danza hanno
influenzato la maggior parte degli artisti hip hop, pop,
R&B e rock contemporanei. Thriller, è in assoluto
l'album più venduto nella storia della musica e vincitore di 8 premi Grammy. I suoi altri progetti discografici, tra cui Off the Wall, Bad, Dangerous, HIStory
(quest'ultimo il doppio album più venduto della
storia) sono anch'essi catalogati tra gli album più
venduti al mondo.
Nella sua lunga carriera Jackson ha ricevuto numerosi
premi, tra cui quello di "Miglior artista pop maschile
del Millennio" ai World Music Awards e di "Artista
del Secolo" agli American Music Awards del 2002. È
stato anche incluso due volte nella Rock and Roll Hall
of Fame: nel 1997 come frontman dei Jackson Five e
nel 2001 per la sua carriera solista, mentre nel 2002 è
entrato nella Songwriters Hall of Fame per il suo
contributo nel campo cantautorale e attualmente è
l'unico artista del mondo pop e rock ad essere indotto
anche nel National Museum of Dance and Hall of
Fame per il suo impatto nel mondo della danza. Jackson ha vinto 13 Grammy Awards, incluso il prestigioso Grammy Legend Award e numerosi altri premi,
che lo hanno reso l'artista più premiato nella storia
della musica.
In quello che sarebbe stato il suo 52º compleanno il
29 agosto 2010, Michael Jackson divenne l'artista più
scaricato di tutti i tempi. Jackson è stato molto attivo
durante tutta la sua vita anche nelle attività di beneficenza; nel corso degli anni ha visitato orfanotrofi,
ospitato malati terminali nel suo Neverland Ranch e
ha aiutato questi ultimi a guarire dalle proprie malattie con cure a sue spese, spesso riuscendoci. Poco nota è anche la propensione del cantante nell'aiutare
chiunque fosse in difficoltà o in condizioni di povertà.Complessivamente secondo il Guinness World Records ha donato 400 milioni di dollari in beneficenza.
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Barba non facit philosophum
La barba non fa il filosofo (Plutarco)
Oggi: l‟abito non fa il monaco
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POLITICA E NAZIONE
DUE PESI E DUE MISURE
Ovvero il pensiero spicciolo della gente comune
Gli italiani non ci stanno!
Un italiano è stato spedito a casa perché nel Regno Unito
è rimasto più di dodici mesi senza lavoro.
Dal Belgio molti italiani sono stati spediti a casa per lo
stesso motivo.
Però rispedire al mittente gli immigrati extracomunitari è
un tabù che l‘Europa non vuole affrontare.
Due pesi due misure. Perché ? La risposta è semplice: il
ruolo italiano in Europa è irrilevante.
E‘ attuale l‘annuncio che tra la Merkel e Cameron è stato raggiunto un accordo per introdurre una nuova legislazione in Europa che consente l‘espulsione degli
immigrati europei disoccupati (non degli extracomunitari).
L‘intesa è stata raggiunta su richiesta di Cameron per
evitare la rabbia dei disoccupati britannici licenziati per
far posto ai lavoratori a basso costo in arrivo dall‘estero.
La Merkel , preoccupata che gli inglesi possano dire
addio alla Comunità Europea , ha aderito alla richiesta.
Questi accordi che si tramuteranno in leggi sono la prova
che i maggiori capi di Stato dei paesi della C.E. si stanno
rendendo conto della necessità di imporre maggiori
restrizioni alla libertà di movimento in Europa.
I politici italiani invece, a differenza di Cameron ed altri
capi di Stato della Comunità Europea, vanno contro
corrente perché sperano che un domani possano governare
con i voti dei clandestini extracomunitari.
Per questo motivi oggi assistiamo impotenti ad una
invasione di clandestini che finisce per alimentare
soprattutto gli sporchi affari degli scafisti e delle organizzazioni criminali che gestiscono i flussi dei cittadini
stranieri in Italia. La rabbia dei cittadini italiani supera
ogni limite quando poi si sente parlare che uno scafista è
stato arrestato in flagranza di reato ben sette volte e che
venivano utilizzate le stesse barche poste già sotto
sequestro.
Il tutto potrebbe far pensare ad una allegra gestione dei
flussi dei clandestini e a convivenze tra gli scafisti e gli
organi dello stato preposti al rispetto delle legge. Gli
extracomunitari spinti dalla miseria e dalla fame arrivano
in Europa, raccattati dagli italiani già nelle acque
territoriali libiche, per trovare una terra migliore entrando
così in concorrenza con gli italiani per posti di lavoro già
scarsi nel nostro paese dove la disoccupazione dei giovani
ha raggiunto il 50%.
Alla fine, in Italia si scontrano con la dura realtà della vita
quotidiana e sono costretti a vivere sotto i ponti, sulle
spiagge o in ambienti di fortuna dove, purtroppo, alla luce
del sole, fanno i loro bisogni fisiologici . Gli altri, i più
fortunati, riescono a fittarsi degli appartamenti dove vivono in trenta, in ambienti capaci di ospitarne quattro.
Tutto ciò contro ogni norma igienica e con grave danno
sociale.
- 25 -
Spesso li troviamo negli angoli delle strade in stato di
ubriachezza .
Chi non delinque e cerca di emergere diventa venditore
ambulante abusivo ( i famosi Vu Cumprà).
Questa figura, che ipocritamente taluni cercano di
comprendere,
crea un grave danno per la società e
principalmente per gli italiani che lavorano nel settore
commercio . Infatti gli Italiani sono sotto stretto controllo
e pagano le tasse e se sgarrano sono problemi e dolori
perché il fisco che è inflessibile. I famosi Vu Cumprà,
invece, non pagano tasse, non pagano occupazione di
suolo pubblico, non sono iscritti alla CC.i.AA. , non hanno
licenza di commercio, non rilasciano scontrini fiscali, non
pagano tasse ma in compenso vendono prodotti di
dubbia provenienza e contraffatti alimentando cosi gli
introiti della malavita che ingrossa sempre più le proprie
fila.
Come se ciò non bastasse, gli immigrati clandestini che
vivono in condizioni degradanti e di disagio, sono facile
preda delle organizzazioni criminali che sono le prime a
reclutarli offrendo loro un lavoro illegale.
Gli uomini vengono principalmente utilizzati per lo spaccio della droga e le donne vengono immesse nella fitta rete
della prostituzione. Tra l‘altro, non vengono risparmiati
nemmeno i clandestini invalidi che, unitamente ai bambini, vengono messi a chiedere l‘elemosina.
I reati più diffusi di questi detenuti non italiani sono:
- Spaccio stupefacenti………….(20 %);
- Reati contro il patrimonio ….(22,5 %);
- Reati contro le persone …….( 18 %)
Così i detenuti stranieri nelle carceri italiane sono tra il
40% - 50% della popolazione carceraria e gli italiani
spendono un miliardo di euro l‘anno per tenerli nelle
patrie galere, ovvero circa 124,6 euro al giorno per ogni
carcerato. Se fosse applicata la Convenzione di
Strasburgo che dal 1983 prevede il trasferimento dei
detenuti stranieri nelle carceri dei paesi di provenienza ,
l‘Italia risparmierebbe risorse economiche che potrebbe
impiegare per dare lavoro ai giovani italiani e certamente
non si parlerebbe di indulto e/o amnistia che crea enormi
danni alla nostra società.
Oggi che siamo in recessione dovremmo aprire gli occhi e
considerare che gli stranieri clandestini non sono una
risorsa ma una piaga perché ci costano un occhio della
testa e perché vengono in Italia , razziano tutto per
investire nei paesi di origine. Infatti solo di rimesse
perdiamo tre punti del PIL ogni anno.
MARIO BOTTIGLIERI
Ἄριστον μὲν ὕδωρ. (Àriston men hýdōr)
Niente è più grande dell‟acqua -Pindaro
Antropos in the world
PIATTI TIPICI DEL MEDITERRANEO - A cura di Rosa Maria Pastore
Zucche e zucchine(parte prima)
LE ZUCCHINE
Lo zucchino altro non è che il frutto immaturo, verde e ancora
piccolo della Cucurbita pepo, una delle specie delle Cucurbitacee
cui appartiene la più vistosa Cucurbita maxima, più volgarmente
conosciuta con il nome di zucca.
La pianta, a crescita annuale, è di tipo rampicante con grandi
foglie e lunghi piccioli ricoperti da una leggera peluria. La
coltivazione delle zucchine, per la sua facilità di adattamento ad
ogni clima e terreno, è oggi estesa a tutta la penisola. La pianta
non offre solo gradevoli frutti ma anche i fiori, sempre
commestibili. Di un giallo intenso e solare e dal calice ampio
leggermente merlato ai bordi, le graziose corolle dei fiori delle
zucchine fritte in padella costituiscono un inimitabile e irripetibile
contorno di gradevole aspetto e di delicato sapore.
Valore alimentare e dietetico
A chi non è capitato di fare una dieta estiva, per smaltire quel
fastidioso chilo di troppo alle soglie dell‘estate? È in quel caso che
la zucchina diventa un prezioso alleato. Quest‘ortaggio infatti, per
il suo alto contenuto di acqua è praticamente privo di sostanze
notoriamente ingrassanti ( grassi e amidi) e aiuta senz‘altro a
saziare l‘appetito aumentando di ben poco il numero di calorie
della nostra dieta. Per 100 grammi di zucchine si calcolano in
media 20 calorie: come la lattuga, altra insostituibile compagna di
diete estive. L‘acqua contenuta in questi ortaggi può comunque
variare a seconda del momento di raccolta del frutto: più le
zucchine sono mature, più esse contengono cellulosa e meno
acqua, a discapito tra l‘altro della digeribilità del prodotto, che
subisce cambiamenti nelle percentuali delle sostanze contenute
anche in base alla diversa qualità, provenienza e tipo di terreno in
cui è stato coltivato.
Le diverse qualità
L‘estate ci riserva molte varietà di zucchine. Esse differiscono
nella lunghezza, nel colore, grandezza e diametro. Si possono
comunque distinguere in due gruppi principali: la zucchina dalla
buccia esterna verde ―tinta unita‖ e quella ―striata‖.
Vi è poi lo zucchino ―spinoso‖ dalla forma tondeggiante e di
colore poco intenso: è meno ricco di acqua e ha la prerogativa di
avere un unico, grosso seme all‘interno del midollo centrale. C‘è
infine una varietà tardiva di zucchina, di colore giallo-biancastro,
di forma particolarmente allungata e con una parte finale
tondeggiante. Fa la sua comparsa verso settembre, e la sua
produzione è estremamente limitata.
Criteri d‟acquisto
L‘età del frutto, strettamente legata alla sua freschezza, si misura
dal tipo di picciolo ( un residuo del quale rimane sempre attaccato
al frutto ): è in base al suo volume, lunghezza e compattezza che
si stabilisce se lo zucchino è più o meno fresco. Molto più
semplicemente però ci si può fidare dall‘aspetto esterno
dell‘ortaggio: un aspetto grinzoso è indice di invecchiamento e
conseguente perdita d‘acqua, causa principale del precoce
avvizzimento; premendo poi con i polpastrelli la polpa dello
zucchino, essa non dovrà cedere, se veramente il frutto è fresco e
carnoso. In conclusione sono gli zucchini raccolti ancora immaturi
con i semi in embrione e la buccia sottilissima a garantirci meno
scarto e polpa più sapida.
Conservazione
Le zucchine si conservano per alcuni giorni in casa, tenendole nel
reparto inferiore del frigorifero. È sempre bene però cucinarle al
più presto per evitare un loro ulteriore invecchiamento. Oggi
disponiamo di zucchine già mondate e tagliate a rondelle o
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listarelle surgelate e pronte da cuocere: rappresentano un‘ottima
soluzione per i contorni invernali, quando questo ortaggio non è
presente sul mercato. Un metodo per conservare le zucchine è la marinata: si friggono
le zucchine tagliate a rondelle nell‘olio e
si ricoprono con una marinata di aceto
bollente, aromatizzato a piacere (con cipolla, aglio, basilico, alloro e granelli di
pepe), si ripongono in vasi a chiusura ermetica e si consumano entro pochi giorni;
se si desidera conservarli più a lungo, per la stagione invernale, si sterilizzano i vasi per 15-20 minuti. Un altro
sistema di conservazione consiste nello scottare le zucchine in un
miscuglio di acqua e aceto e aromi, riporle in vasi a chiusura
ermetica, ricoprirle di olio e sterilizzarle.
LA ZUCCA
Ortaggio dai mille pregi e dalle mille virtù, anche la zucca è una
Cucurbitacea originaria dell‘America Latina, oggi ovunque
coltivata per il consumo alimentare oltre che come pianta
ornamentale.
Questo ortaggio è stato utilizzato, specie nel passato, come
alimento particolarmente nutritivo di cui si consumavano la polpa
e i semi; ma non ci si dimenticava della scorza esterna, solida e
rubusta e nel contempo leggera che, svuotata e fatta essiccare, era
un ottimo contenitore per trasportare liquidi.
Valore alimentare e dietetico
Le proprietà della zucca, come accennato prima, sono numerose:
ricca di vitamine e di amidi, questo ortaggio è particolarmente
apprezzato per le sue proprietà diuretiche, lassative e vermifughe.
Con la polpa schiacciata si ottiene una meravigliosa maschera
emolliente e addolcente, per la pelle del viso.
Le diverse qualità
I frutti giungono a maturazione verso la fine dell‘estate e sono
facilmente reperibili sul mercato tutto l‘inverno. Le varietà di
questo ortaggio sono infinite. Nel nostro paese se ne coltivano
praticamente solo due varietà ma in compenso si usano mille nomi
per definirla: cocuzza in Toscana, corcoriga in Sardegna, cugussar
in Liguria, soecca in Lombardia, e via di questo passo ….. Nelle
regioni settentrionali, nel Veneto e nell‘Emilia si coltiva
particolarmente la varietà marina detta anche di Choggia; nel Sud
è maggiormente conosciuta la varietà detta di Napoli.
La zucca di Chioggia ha la tipica forma sferica con i poli
leggermente schiacciati; la polpa di un giallo acceso, quasi
arancio, è particolarmente morbida e farinosa, consigliata per la
cottura al forno. La zucca di Napoli invece, si differenzia per la
linea oblunga e quasi incurvata e la polpa meno friabile ma più
dolciastra, ottima per zuppe, minestroni, passati. La zucca ci offre
anche i semi. Questi ultimi si tolgono dal frutto già maturo, si
lavano, si fanno essiccare e infine abbrustolire per preparare
invitanti stuzzichini da aperitivo. I semi sbucciati ed essiccati si
possono conservare anche in casa in vasi di vetro.
Sistemi di cottura
Dall‘antipasto al dessert la zucca rappresenta un diversivo alle
solite verdure di stagione, offrendo un sapore ed un profumo
davvero inimitabili. Fra i primi piatti non possiamo non ricordare i
tortelli di zucca, vanto della cucina mantovana. Con la zucca si
preparano delicati passati, è ottima cotta al forno, fritta nell‘olio o
nel burro, impanata nell‘uovo e dorata. Le più esperte potranno
fare marmellate, confetture e mostarde.
Antropos in the world
NOTE SOCIOLOGICHE
QUEL CHE SIAMO STATE NON BASTA?
Possiamo essere quello che vogliamo. O forse no.
La donna: una figura complessa, anima e musa da millenni di
immaginari. Nevrotica, intricata, compulsiva e istrionica. Degna di parole, fogli e interi romanzi. Simbolo dell‘amore che
muove il sole e le altre stelle; simbolo dell‘odio che corrode
l‘affetto materno e la rende un‘eterna Medea. Le pagine dei
giornali sono impregnate di figure femminili che, in ambiti
opposti, diversi ma forse simili, conducono a una riflessione.
Donne mantidi, donne misantrope, donne fragili ma manipolatrici, donne libertine e traditrici. Donne che occhieggiano ai
modelli letterari. Da Lady Macbeth a Giocasta, da Cassandra
ad Agrippina, da Lucia fino a Giulietta, da Lady Chatterley a
Violetta.
Chi erano le donne di ieri? E come la storia le ha trasformate a
tal punto da essere quelle di oggi?
Recentemente, un quotidiano italiano, ha riportato un‘intervista illuminante a una delle massime scrittrici del mondo femminile di oggi, Erica Jong. Autrice del libro scandalo datato
1973 ―Paura di Volare‖ in cui sdoganava nella letteratura la
liberalizzazione sessuale femminile che negli anni ‘60 aveva
agitato la società mondiale, nell‘intervista conduceva con poche battute, lucide ed essenziali, a una spinosa questione. A
distanza di anni da quei tempi, in cui la forza del femminismo
aveva condotto a ottenere i primi risultati dopo battaglie lunghe secoli, quante donne possono davvero considerarsi appagate?
Nella sua analisi le poche donne che oggi detengono il potere
nel mondo non bastano per modificare l‘essenza ma-schilista
della società moderna: dalla Merkel alla regina Elisabetta, dal
primo ministro australiano fino alla Clinton e prima ancora a
Condoleeza Rice, per arrivare alle intra-prendenti donne imprenditrici che affollano l‘economia mondiale, nell‘editoria,
nel cinema, nella moda, nell‘indu-stria alimentare e della comunicazione pubblicitaria.
No, non possono bastare. Di certo così come i modelli di donna moderna si sono evoluti, anche il ruolo e il potere dell‘universo maschile si sono modificati. Decaduto il machismo e la
segregazione sessuale, l‘uomo ha dovuto fare i conti con una
antagonista, ostile e ragionevolmente opposta.
Il femminismo degli anni ‘60, quel femminismo che la stessa
Jong ha duramente criticato, così crudo e semplicistico, rabbioso e istintivo, seguiva l‘obiettivo primario di rendere paritario, in diritti umani e sociali, la figura della donna: da casalinga, operaia di ultimo livello e utero per procreare, a individuo sociale, dalle capacità simili se non superiori a quelle
del genere maschile.
In qualche misura, quel femminismo connotava la donna in
un‘accezione assolutamente mascolina. I suoi slogan, le battaglie condotte a fianco di attiviste anche omosessuali, portavano all‘idea della possibilità, errata, di ottenere l‘affrancamento dalla figura maschile, eliminandola dalla propria vita personale.
Una donna poteva considerarsi davvero libera, solo nel momento in cui nessuno dei suoi bisogni umani fosse più dipeso
dal suo alter ego maschile. Sotto questa prospettiva l‘amore
deviante. Il percorso della donna, verso gli obiettivi di indipendenza e potere, appariva solitario. La ricerca e l‘appaga-
appariva un sentimento melenso, da evitare, una dolcezza piacere
mento nel sessuale, in particolar modo, diventavano emblema supremo della millenaria sudditanza fisica e psicologica della donna
nei confronti dell‘uomo.
Nella camera da letto veniva compiuta la sua natura di essere sottomesso ai piaceri dell‘uomo. Ma ora a distanza di tempo, quanto
e che cosa la donna deve ancora affrontare per ottenere il ruolo che
le spetta nella vita?con quale simboli e modelli dobbiamo fare i
conti ogni giorno?
La critica proviene da più parti. L‘Italia è un paese in cui le quote
rosa al potere sono davvero poche. Solo nell‘ultimo governo Berlusconi hanno ottenuto una percentuale accettabile. Ma chi sono le
donne inserite nel contesto parlamentare? La risposta è fin troppo
semplice. Ex veline, ex pr della Milano bene, figlie viste e riviste
di ex dittatori, poche laureate, pochissime che abbiano all‘attivo
pubblicazioni importanti. Nessuna che abbia un passato politico
tale da renderle davvero simbolo di un cambiamento. Forse tutte
donne più belle che intelligenti, per citare il loro mentore, o talent
scout, se si preferisce. Il problema non è di certo a uso e consumo
esclusivamente dell‘ultima legislatura.
La situazione femminile attuale evidenzia, a mio parere, una spaccatura interna al significato vero dell‘essere donna, oggi. Una
volta liberateci dai corsetti, dai lacci e dalle pudicizie che
imbrigliavano il nostro corpo e la nostra mente, abbiamo
cominciato a mortificare quello stesso corpo, emblema del nostro
genere sessuale, in svariate modalità, considerandolo l‘ostacolo tra
noi e il riscatto sociale.
Il femminismo più ferocemente attivo della seconda metà del secolo scorso, che voleva portare quel corpo a essere strumento nelle
esclusive mani di chi lo possedeva, lo ha eletto a mezzo per una
lotta sociale, condendolo di esibizionismi spesso discutibili, e
svuotandolo della sua sacralità primitiva. La nostra contemporaneità lo ha portato a essere mercificato per ottenere. È questo forse
il risultato più ambiguo delle lotte femministe. Il corpo è della
donna. Ma la donna di oggi lo usa, ne abusa e lo svende, in maniera ignorante, ma, senza ombra di dubbio, cosciente.
Sì perché le donne di oggi, fin dalla adolescenza, riescono ad
avere da subito gli strumenti per comprendere le facilitazioni a cui
quel corpo può portare. Velocemente e senza dispendio di molte
energie. La società ti indica, con i riflettori puntati sempre sulla
via più semplice e veloce, cosa tu possa ottenere con il sacrificio
di quel corpo.
- 27 -
Antropos in the world
Ed è qui che a mio parere, le epoche si sono irrimediabilmente spaccate.
Betty Page, simbolo dell‘erotismo dei anni 30 e 40, bruna
ammaliante, prima donna ad attuare il bondage in filmetti di
serie z, è morta in solitudine, nascosta da occhi indiscreti,
schiva e riservata. Nessuno ha potuto vedere quanto la sua
bellezza fosse appassita negli anni. Nessuno ha mai compreso quanto la mercificazione del suo stesso corpo fosse
nata da una dolorosa condizione di obbligo e violenza psicologica. Umiliata per la sua vita di donna oggetto è morta
da mito.
Così come Linda Lovelace, protagonista del film per adulti
―Gola profonda‖ che per anni, prima di soccombere ancora
giovane alla malattia, si è fatta portavoce di voci femminili
nascoste e schiacciate, che, come lei, sono state costrette da
uomini più potenti a rendersi schiave.
Ma le veline, letterine, paperine di oggi sono davvero
succubi di un perverso gioco sociale, messo in atto da uno
schema maschile e maschilista?
Gli uomini oggi sono ancora al potere. Questo è indubbio.
Ma se fosse una nostra scelta lasciarli al potere? Se fosse
una nostra scelta optare sempre e comunque per uno
stereotipo nauseante di donna bella, sciocca e ingenua?
Cosa conta per queste piccole donne che popolano la scena
sociale e da qualche tempo agitano anche la scena politica?
Bambole senza testa. No, troppo semplice.
Una finta furbizia, condita da una finta sciocchezza, sono i
veicoli per ottenere quello che oggi conta davvero, il potere.
Ed è così che le pagine dei giornali, la televisione italiana,
ma non solo, sono pieni di modelli femminili che lasciano il
passo all‘abisso.
Veline che diventano giornaliste, giornaliste che diventano
veline, criminologhe affascinanti che diventano volto tv di
una tragedia familiare; giovani donne complesse, dipinte
come bruttine, sovrappeso e provinciali che uccidono per
gelosia, pura e semplice gelosia.
Adolescenti che ottengono macchine di lusso per festini
nelle residenze di uomini politici alla soglia degli ottanta
anni, diventando immediatamente macchine da soldi per
discoteche e trasmissioni televisive. Ottantenni, dal passato
discutibile, portabandiera fantoccio di family day e ideali
medievali, dal presente lascivo, che rappresentano il sogno
mascolino di tutto gli uomini italici. Pensano: anche io un
giorno, magari a quell‘età, con una minorenne alta, formosa
e acquistabile.
Commenti, goliardici, boccacceschi, gli ammiccamenti e le
risatine diventano teatro quotidiano di un pensiero collettivo: verticalmente, in tutte le fasce di età, e orizzontalmente, lungo tutte le fasce sociali. Dal laureato fino all‘operaio.
E le donne, quelle vere, casalinghe, lavoratrici, laureate precarie, ricercatrici senza lavoro, madri, mogli, figlie, sorelle
dal multi ruolo, dove sono? Sono protagoniste in questa società, oppure continuano a essere semplici spettatrici di un
mondo che non da spazio alle capacità?
Si possono davvero raggiungere, ancora e soprattutto per
una donna, degli obiettivi con la disciplina e il rigore del lavoro? E per farlo, quando e perché il corpo di una giovane
donna, cosciente delle proprie armi intellettive, ma nel contempo, fiera della sua femminilità, diventa ostacolo o scorciatoia?
Sono davvero gli uomini a vedere la seduzione a tutti i costi
nella figura femminile?
Rimaste vittime di un gioco sottile, che ha rinchiuso le nostre
possibilità di scelte in pochissime manciate di opzioni, abbiamo esasperato il nostro desiderio di esistere, di avere ruolo e
potere.
Dimostrare, molto, di più, ancora di più, per equilibrare una
bellezza fisica, che ora, più di una volta, è ricercata, inseguita,
ottenuta e stuprata.
Ed è così che noi,giovani donne, combattiamo ogni giorno, con
altre donne, per poter manifestare Inesplose capacità comunicative e inesplorate potenzialità umane e professionali. Donne
contro donne. Mentre l‘uomo sta a guardare.
Il vero ostacolo, che una volta era rappresentato dalla figura
maschile, oggi appare evidente nella sua effimera ma astuta
superficialità di femmina, soggetto sessuale cosciente e senza
vincoli morali.
Scegliere da che parte voler condurre la propria vita non può
significare, anacronisticamente, supplire per essere nate donne.
Né tantomeno fingere di essere nate uomini.
Simone de Beauvoir, appassionata scrittrice del ―Secondo
sesso‖, poliedrica conoscitrice del corpo e dell‘animo femminile, gigante del pensiero puramente femminista del 1900,
origine del pensiero e della coscienza della donna moderna, affermava: ―Una donna libera è il contrario di una donna leggera‖ (dal libro ―Quando tutte le donne del mondo‖ Pubblicato
nel 1982 – autrice Simone de Beauvoir).
Questa è la vera genialità femminile. Cerchiamola, analizziamola e viviamola.
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Laura Novak
RIVISTA
DI LETTERATURA
“EUTERPE”
ISSN: 2280-8108
Aperiodico tematico di letteratura fondato nell’ottobre del 2011Direttore
Lorenzo Spurio
Il numero 13, a tema “Detti, dialetti e folklore locale", raccoglie poesie, racconti e recensioni, selezionati
dalla Redazione della rivista, oltre a
varie segnalazioni di concorsi letterari.
Contatti:
www.rivista-euterpe.blogspot.it
[email protected]
Antropos in the world
IMMAGINI DI UN ALTRO TEMPO
„O SOLACHIANIELLO
'O SOLACHIANIELLO, il suo mestiere era
quello di riparare le scarpe e, oltre ai "fortunati" che
disponevano di un luogo fisso, girava per la città con
i suoi attrezzi alla ricerchi di chi avesse bisogno dei
suoi servigi. Il suo lavoro era molto apprezzato
soprattutto perché si recava ad effettuare le riparazioni a domicilio e perché, specie per le persone povere, non ci si poteva permettere l'acquisto di più
scarpe che, quindi, andavano riparate finché si poteva. Tra le tecniche usate dai solachianielli c'era
quella di applicare delle mezze lune di metallo, dette
puntette alle estremità delle scarpe in modo da renderle più solide e durevoli.
Era il riparatore di scarpe che poteva avere un
posto fisso col "bancariello", in genere in un cortile,
o essere ambulante. Per far conservare più a lungo
le scarpe, si applicavano alle estremità le puntette e
cioè delle mezze lune di metallo e, al centro, le
centrelle, una sorta di chiodi che preservavano la
suola. Celebre una poesia di Raffaele Viviani, sul
solachianiello. Da Mast'Errico :
“…Nu vecariello: case sgarrupate,
spurcate e stunacate tutt' 'e mure.
For' le pputeche volleno le pignate,
passano le voce 'e tutte 'e venneture.
E Mast'Errico, 'nnanz' 'o bancariello,
vatte na meza sola p'allunga':
e mentre 'a 'ncasa e 'a stenne cu 'o martiello,
se mette dinto le rrecchie cu „o ccanta'.
40 sole, le mosche e 'o canto „e Mast'Errico:
putite immagina' che dè stu vico.
A na fenesta tre cammise spase
d' 'a signora Clotilde: tre mappine!...”
L‘ambiente esiguo e la chiusura delle due piccole
imposte hanno reso il piccolo basso una sorta di
camera a gas, zeppo com‘è di esalazioni di
collante. L‘uomo, però, vi è abituato. Fa questo
mestiere da quando aveva i calzoni corti. Ed è
molto suscettibile, permaloso. Soprattutto con chi è
sgarbato, pretenzioso. Con chi non è mai contento
del lavoro fatto e, soprattutto, con chi lo considera
un solachianiello. Cioè con chi sminuisce, in
modo superficiale o, peggio, denigratorio, la sua
maestria. Gennaro Rippa è uno scarparo finito, un
artigiano in grado sì di riparare le scarpe ma,
soprattutto, di poterle fare, d inventare forme
nuove o particolari, di creare. Insomma un‘artista.
E non certo un modesto sagomatore di suole
qual‟è il solachianiello, al massimo capace di
riappiccicare un tacco .
IN FONDO AL VIALE, di Anna Burdua, "Una sto-
Sembra di vederlo ancora nel suo bugigattolo, col
capo chino e gli occhialini sulla punta del naso, che
pesta con accanimento un chiodino in una suola,
mentre coi denti ne tiene altri pronti all‘uso.
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ria d'amore tenera, avvincente: la storia di Marina
e Francesco. I due ragazzi si incontrano per la prima volta all'università, quando lei doveva sostenere il suo primo esame. E' amore a prima vista, il
primo amore,quello che non vuole farsi sfuggire
quei piccoli momenti di felicità nascosti in ogni
giornata. La storia si dipana in un alternarsi di
momenti eccitanti e cupi per gli avvenimenti vissuti dai protagonisti. Un racconto suggestivo, per
chi si emoziona ripensando a un amore lontano.Ne
esce una testimonianza che diventa riflessione su
come un amore possa perpetrarsi oltre la vita"
Antropos in the world
IL VISPO TERESO SALTELLA FELICE
M. Rallo
Ogni anno, ai primi di settembre, il gruppo Ambrosetti (che naturalmente si fregia di una sigla anglosassone “The European House”) organizza nella
principesca Villa d‘Este di Cernobio un forum che
ambirebbe prevedere gli sviluppi futuri dello scenario
economico nazionale e mondiale. Vi partecipano Capi di
Stato e di Governo, top manager internazionali di
lunghissimo corso ed acclamati pozzi di scienza
macroeconomica; in più, una folta schiera di invitati, in
larga parte costituita da imprenditori italiani che vengono ad ascoltare il verbo del pensiero unico globalizzato. Poi, naturalmente, ci sono le star del momento.
Quest‘anno aspettavano Renzi, sicuri che il paroliere di
Ponte Vecchio avrebbe approfittato della tribuna di Villa
d‘Este per qualche colorita esternazione, di quelle che
campeggiano per una settimana sulle prime pagine dei
quotidiani.
E invece il pifferaio dell‘Arno ha spiazzato tutti,
disertando Cernobio e scegliendo la più modesta
location di Gussago, dove si inaugurava una nuova sede
delle premiate Rubinetterie Bresciane del gruppo
Bonomi. Qui, l‘omino della Provvidenza ha pronunziato
uno dei suoi interventi di grande spessore (che la storia
ricorderà come ―il Discorso del Grasso che Cola‖),
affermando con grande coraggio che «non si va da
nessuna parte con le riforme senza cuore», aggiungendo
subito dopo che «continueremo a fare le riforme, costi
quel che costi…». E, a quel punto, da una platea formata
da piccoli imprenditori e decorose maestranze, si sono
levati gli applausi: sentiti, sinceri, ignari che quel «costi
quel che costi» finiranno per pagarlo loro, anche loro.
Non capivano – gli speranzosi benpensanti – che,
nel vocabolario dell‘Unione Europea, la parola ―riforme‖
equivale a ―fregature‖, e che le ―riforme strutturali‖
potrebbero essere tradotte come ―fregature permanenti‖.
Anche quando le ―riforme‖ vanno a colpire qualche
categoria di privilegiati, o presunti tali. In questo caso, i
privilegiati di turno sarebbero gli statali, additati al
pubblico ludibrio in quanto fruitori di sontuosi ―scatti
d‘anzianità‖ (e quindi di ―grasso che cola‖) che il
Governo dei Ragazzi della Via Pal si appresterebbe a
congelare a tempo indeterminato.
Eppure, non ci vorrebbe molto a comprendere che,
eliminato il presunto ―grasso che cola‖ degli statali (e
prossimamente dei pensionati), una delle conseguenze
inevitabili sarebbe una diminuita disponibilità di denaro
da parte di quelle categorie; e quindi una minore
propensione all‘acquisto di immobili, e quindi – ancòra –
una minore richiesta di prodotti legati all‘edilizia: e fra
questi – con buona pace del cavalier Bonomi e soci – dei
prodotti delle apprezzate Rubinetterie Bresciane di
Gussago. Da vent‘anni – più o meno da quando esiste
l‘Unione Europea – il giochetto di mettere gli uni contro
gli altri i cittadini italiani, di sollecitare invidie e
risentimenti, è
servito soltanto a fregare e gli uni e gli altri. Hanno
cominciato, addirittura, tentando di mettere i figli contro i
padri, dicendo ai giovani che avrebbero avuto una pensione
da fame perché i loro genitori erano andati in pensione
troppo presto. Hanno proseguito mettendo imprenditori
contro lavoratori (e viceversa), poi lavoratori autonomi
contro lavoratori dipendenti, e infine – adesso – lavoratori
dipendenti privati contro lavoratori dipendenti pubblici.
Chissà cosa si inventeranno per mascherare le prossime
brillanti idee dei sostenitori del ―rigore misto a flessibilità‖.
A proposito di rigore. Se Renzi non è andato a
Cernobio, l‘augusta voce del suo Governo è comunque
arrivata al forum di Villa d‘Este. A recarvela è stato il
Ministro dell‘Economia, Pier Carlo Padoan. Naturalmente,
il suo intervento è stato tutto un peana alle ―riforme‖, come
al solito spacciate come il rimedio-principe per i mali della
nostra economia.
Il Pier Carlo è stato duro e virile quasi come il suo
principale, soprattutto quando ha ruggito che le riforme
«noi siamo capacissimi di farle». Anzi, è stato più chiaro di
lui, quando ha affermato candidamente: «dobbiamo affidare
all‟Unione Europea la regìa delle riforme».
Musica per le orecchie del suo amico Carlo Cottarelli,
anche lui intervenuto a Cernobio ed anche lui – come
Padoan – con alle spalle una prestigiosa carriera nei piani
alti del Fondo Monetario Internazionale. A Cernobio,
Cottarelli – commissario alla spending review – è venuto a
proporre la sua ricetta greca: bene i tagli per 20 miliardi che
Renzi vuole attuare, ma «bisogna andare ben oltre, guardare oltre il 2015». E non basta, perché, una volta
individuati i tagli da apportare, questi dovrebbero essere
imposti (dalla burocrazia europea, evidentemente) a pena di
sanzioni.
Con tanti saluti, evidentemente, a quel poco di sovranità nazionale che ancòra conserviamo.
Il Vispo Tereso, intanto, saltella felice sui prati, tra
farfalle svolazzanti e cinguettii di Twitter.
- 30 -
Antropos in the world
Le terribili violenze sugli emigranti italiani
Ovvero, quando i “vuò cumprà” eravamo noi
Il fenomeno dell‟emigrazione fu più evidente soprattutto nel Meridione, nel Veneto ed nel Friuli. Il socialista
Giacinto Serrati, che aveva soggiornato a lungo negli Stati Uniti, descrisse su‟ ”L’Avanti!”, quotidiano del Partito
Socialista, le condizioni in cui vivevano i lavoratori italiani emigrati in America, senza alcuna assistenza da parte
dello Stato Italiano. I passi seguenti sono tratti dall‟articolo pubblicato il 7 Luglio 1903.
―Giunti i nostri connazionali sul luogo dei lavori, si
accorgono immediatamente quanto sia diversa la
realtà dalle promesse dei banchieri. Costoro hanno
sul luogo il monopolio della provvista dei viveri e gli
appaltatori fanno onore ai conti dei tenitori di
magazzino, e non ammettono appello in questa
maestria, così che, se il conto è una estorsione, gli è
dall‘appaltatore dedotto dal salario. Per chi sente la
velleità di protestare c‘è l‘arresto giacché le autorità
sono conniventi coi padroni e coi continieri. Le ore
di lavoro variano dalle 10 alle 12 ed i salari non
superano i dollari 1,50, mentre ben migliore erano i
patti che determinarono gli emigranti ad abbandonare New York. La difficoltà di provvedersi di uomini e le spese elevate dei viaggi inducono gli impresari a tentare ogni mezzo perché gli operai non abbandonino i lavori. Quindi tutti i ―bosses‖ (padroni) sono
armati ed hanno alle loro dipendenze delle guardie
armate, stipendiate perché impediscano la fuga dei
lavoratori. Si raccontano a tale proposito dei fatti che
sono dei veri delitti.
Ci sarebbe da meravigliarsi che si permettano simili
infamie in un paese civile, quando non si riflette che
tutta la civiltà di questa nazione si è iniziata con atti
pari ed anche di maggiore barbarie. Valgono pochi
esempi a dare un‘idea delle torture inflitte ai nostri
connazionali. Parecchi italiani incapaci di sopportare
i maltrattamenti che soffrivano per mezzo di un certo
McCowan, noto come il ―Big Boss‖ (il grande padrone), decisero di fuggire. Essi furono inseguiti da
parecchi uomini armati di fucile e di revolver. Una
guardia prese una sbarra di ferro e con essa colpì a
sangue i fuggenti, i quali legati, furono ricondotti a
forza sui lavori e poscia multati. La multa servì a
pagare le guardie che li avevano maltrattati in quel
modo.
Il secondo esempio è più terribile ancora. Esso ricorda i tempi più orrendi della schiavitù. Un operaio in
uno dei campi di Boxley gettato a terra e battuto da
un boss con un pesante bastone, invocava per amor
del loro sangue comune l‘aiuti dei suoi connazionali.
A ciò due dei suoi compagni, Mancuso e Cervi, accorsero in suo soccorso coi loro picconi, ma furono
inseguiti dai loro proprii ―bossi‖ che li fermarono
puntando loro il revolver. Allora essi gridarono all‘infelice di non resistere, o sarebbe stato certamente
ucciso. Gettato a terra, il malcapitato fu poi forzato
ad alzarsi e spinto innanzi al boss; che ad ogni volta
che cadeva lo colpiva con un lungo bastone. Ho detto che l‘autorità non interviene a difendere il diritto
e la vita degli operai. Ecco un fatto che lo prova a
luce meridiana.
A Beckley sei italiani avevano abbandonato il
lavoro causa i continui maltrattamenti. Raggiunti,
vennero legati con funi dall‘appaltatore Harmen che
prima di entrare nella sala del gran giurì alla Corte
della Contea li trascinò sulla pubblica via, ove in
presenza della gente, fra cui diversi funzionari,
furono legati, come erano, attaccati alla schiena d‘un
mulo e trainati fino al campo, senza che nessun
giudice di pace intervenisse (…).
Nonostante tutto questo, i nostri rappresentanti
all‘estero dormono alla grossa e non si curano di
salvaguardare la vita dei disgraziati operai italiani. I
rappresentanti dell‘Italia all‘estero sono in troppo
intime relazioni coi cosiddetti prominenti coloniali
che esercitano i nobili mestieri del banchiere, del
boss, dell‘arruolatore di Krumiri, del giornalista coloniale, perché essi vogliano pigliare la briga di difendere sul serio gli interessi della nostra emigrazione."
- 31 -
Boris
Antropos in the world
Regimen Sanitatis Salernitanum
- Caput XXXVIII
DE MODO EDENDI ET BIBENDI
Inter prandendum sit saepe parumque bibendum:
ut minus aegrotes, non inter fercula potes. ut vites poenam, de potibus
incipe coenam. Singular post ova pocula sume nova. Post pisces
nux sit; post carnes caseus adsit.
Unica nux prodest, nocet altera,tertia mors est.
it.dreamstime.com
Mentre pranzi allegramente,/ bevi poco ma sovente:/ perché il corpo non si guasti,
/mai più bere dopo i pasti./ Dai col ber principio a cena,/ se non vuoi sentir la pena./
Al di sopra ciascun uovo, / bevi sempre un bicchier nuovo./Poni noce sopra
pesci / alle carni il calcio accresci:Una noce ai ghiotti arride,
nuocion due, la terza uccide.
L’ANGOLO DEL CUORE
CONCA DEI MARINI
(1)
Ti riempie di lei
nella tiepida notte,
l‘innamorata pallida
che misteriosa
e tremula
lascivamente
ti bacia.
Luminescenze flebili
fin sulla sabbia,
s‘allungano
con l‘eco
di un respiro lontano…
vicino…
profondo come l‘eternità. 2
_ _ __ _ _
1) Da una passeggiata notturna, con amici, a Conca dei
Marini, una bella spiaggetta sulla splendida costiera
amalfitana, in una calda serata del mese di luglio 2009.
2) Da “Le tue labbra” di Franco Pastore – cod.IT/CCU/PAL/0256056.
- 32 -
-Antropos in the world
LEVIORA
BRONTOLO
Accidenti,
…non trovo il
buco!
Magnifico,
cominciamo
bene!
IL GIORNALE SATIRICO DI
SALERNO
Direzione e Redazione
via Margotta,18
tel. 089.797917
Radio Italia Uno
via Philips, 13
10091 Alpignano (TO)
Il BASILISCO
Periodico della
Associazione Lucana
Salerno
Presidente
Rocco Risolia
Un carabinere ed i liquidi - Tre venditori si vantano fra di loro, il primo dice: "Ho venduto un
impianto musicale ad un sordo"; il secondo dice: " Io invece ho venduto un televisore 3D ad un cieco" ; ma
il terzo dice: "Io ho venduto un orologio a cucù ad un carabiniere" e gli altri due gli rispondono: "Scusa,
cosa c'entra?", il terzo continua: " Si, ma gli ho venduto anche il mangime".
Alla biglietteria
- Un carabiniere alla biglietteria dei treni.
―Un biglietto per Reggio, per piacere‖
―Reggio Emilia o Reggio Calabria?‖
Ci pensa un po‘ e poi fa: ―Mah, è lo stesso. Tanto mi vengono a prendere alla stazione!‖
Tra Mafiosi - Hai fatto il lavoretto a Johnny?
- Sì, l'ho buttato nel burrone!
- Cretino! Doveva sembrare un colpo di sonno.
- Tranquillo, prima gli ho messo il pigiama.
In una frutteria romana
- Una signora entra in una frutteria e chiede al fruttivendolo:
- A bello, a quanto stanno sti kiwi ?
- A 3 euri ar kilo.
- E li cachi?
- Dopo ddu‘ ore signò.
Tra moglie e marito
- Lui sta facendo la doccia e in quel momento passa la moglie e vede che si sta masturbando. Sbigottita gli
chiede cosa stesse facendo e lui le rispose:
- Sarò padrone di lavarmelo alla velocità che voglio?-
- 33 -
Antropos in the world
LETTERA AL DIRETTORE
L'uomo drogato, alcolizzato e senza patente
che con una macchina rubata uccise mia figlia
sta patteggiando per quattro anni di pena detentiva. Dopo appena sei mesi di carcere, costui
è agli arresti domiciliari a Desio, libero di muoversi.
Il 26 dicembre dello scorso anno, io e la mia famiglia fummo vittime di un terribile incidente
sulla via Nettunense, nel tratto che attraversa il
comune di Aprilia. Con un sorpasso azzardato un
uomo invadeva la corsia opposta centrando in
pieno la Fiat Panda dove ci trovavamo. Stella
Manzi, la mia bambina, è morta pochi giorni
dopo e aveva otto anni. Probabilmente il suo
carnefice se la caverà con pochi mesi di detenzione e questa è un'ingiustizia troppo grande
da dover sopportare.
Una giurisprudenza più completa è necessaria :
nel caso di incidenti mortali, con i colpevoli poi
risultati ubriachi o drogati per i parametri dei test,
non esiste un solo caso in Italia in cui l'accusa di
omicidio volontario sia rimasta in piedi. Nel caso
di omicidio colposo le pene sono lievissime.
L'allora Ministro Cancellieri mi promise che avrebbe portato in Consiglio dei Ministri un pacchetto di norme sulla giustizia contenente anche
l'introduzione del reato di omicidio stradale, al fine di colpire gli autori di questi gravi reati.
All‘introduzione della norma per il reato di omicidio stradale è stato dato anche il primo sì in
Commissione alla Camera nel mese di luglio.
Eppure dopodomani il giudice si pronuncerà in
merito alla richiesta di patteggiamento da parte
dell'assassino. Il mio dolore potrebbe venire notevolmente amplificato.
Faccio questo appello pubblico affinchè l'assassino di mia figlia non possa patteggiare e affinchè venga al più presto introdotto il reato di omicidio stradale. Non si devono più verificare
morti assurde come quella di mia figlia Stella.
Giannina Calissano
Gentile signora, premesso che ho già firmato la
sua petizione, riporto sul giornale la sua lettera,
per i lettori di Antropos in the world, che sicuramente condivideranno il suo pensiero.
EVENTO CAVAVINO
Dal 22 al 24 ottobre 2014 si terrà nel borgo porticato di Cava
de‟ Tirreni la prima edizione di
avaVino, a cura dell‟Associazione Cava Sviluppo, un Evento
che si definisce enogastroculturale‖ perché coniuga la volontà
di presentare le aziende vinicole
della Provincia di Salerno con l‘organizzazione di incontri
scientifici sulla coltivazione della vite e il futuro dell‘economia agricola nel territorio salernitano. Le principali
cantine della Provincia di Salerno saranno presenti a
Cava de‘ Tirreni per mostrare le eccellenze della loro
produzione vinicola ed offrire una degustazione dei propri
vini. Al tempo stesso la ristorazione cavese proporrà dei
menu convenzionati con CavaVino nei quali, ovviamente,
comprendere le etichette vinicole delle Aziende presenti
all‘Evento. Il ricavato della manifestazione andrà interamente in beneficenza ad Associazioni cavesi che operano
nel sociale. Presto saranno noti i beneficiari dell‘iniziativa.
Il primo obiettivo è quello di promuovere una delle eccellenze del territorio della provincia salernitana, dove sono
prodotti diversi vini apprezzati per le loro qualità intrinseche. L‘Evento verrà organizzato in modo da permettere l‘allestimento di una vetrina immersa nel contesto
storico della città di Cava de‟ Tirreni e rappresentante
le case vinicole raggruppate dall‟Enoteca Provinciale di
Salerno. Si prevede di organizzare l‘Evento lungo i portici
rinascimentali ed eventualmente nei portoni del centro
storico, perfetta e suggestiva location grazie alla conformità
architettonica dei porticati e degli anditi. Il visitatore sarà
accolto in questo speciale contesto ricevendo le giuste
informazioni al fine di essere guidato in un suggestivo
―percorso dei vini‖. Questo sarà reso possibile distribuendo
una mappa del centro storico con l‘indicazione dettagliata
del percorso consigliato, arricchita con le informazioni
degli espositori, del territorio di produzione e dei vitigni.
Ogni vetrina del ―percorso dei vini‖ sarà contrassegnata da
una insegna con il relativo ―tag‖ rappresen-tato sulla mappa
al fine di facilitarne la sua identificazione.
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Antropos in the world
LE ELABORAZIONI ARTISTICHE DI GIUFFRIDA FARINA
Francesca Capacchione
Tra le ultime creazioni e sperimentazioni di Giuffrida Farina,
vi sono 35 IRTI (IRRICONOSCIMENTI, RAFFINATE,
TRIVIALI INGENUITA‘) ED UN OSCURO RIFLESSO‘ ;
riguardano 36 vicende: di mancati riconoscimenti di priorità
creativa nei vari settori dell‘arte, della scienza, della musica
colta e d‘evasione; di plagi accertati,di furti di idee,di raffinate,triviali ingenuità. A ciascun episodio è associato (dopo
una breve esegesi introduttiva): un racconto, un testo teatrale,una elaborazione artistica di varia ―natura‖ ed infine un
brano musicale; i testi, tutte le musiche e le raffigurazioni sono
state realizzate da Giuffrida Farina. Le 36 elaborazioni sono
sviluppate in tre volumi , 549 pagine complessive inte-grate
con raffigurazioni e note svolgenti un ruolo di ‗controcanto
saggistico‘. La Biblioteca Provinciale di Salerno possiede ed
ha registrato i tre libri, che dunque raccolgono 36 casi
comprovati di improprie attribuzioni di priorità; in uno di essi,
Giuffrida Farina è direttamente implicato: alcuni anni prima
del Professor Giovanni Sartori, come ―scientificamente‖ documentabile da Mondadori, Einaudi e Bompiani, con il romanzo ―Video Homini‖ ha ideato l‘Homo videns. Molti personaggi famosissimi sono coinvolti: il compositore Schonberg, al
quale è stata attribuita la ―Tecnica musicale dodecafonica‖ ,
inventata però, alcuni anni prima,da Hauer ; il ricchissimo
matematico De L‘Hopital, un marchese che acquistava (ovviamente ad un prezzo elevatissimo) i teoremi , ed ancora
oggi, nei licei e nelle università, viene assurdamente ricordato
e conosciuto quale ideatore di tali teoremi; vi è il ―caso Manzetti‖ relativo ad Innocenzo Manzetti, sconosciuto genialissimo talento, e primo, reale inventore del telefono; è delineata
la clamorosa vicenda Einstein / De Pretto : Olinto De Pretto,
veneto, è il vero (in quanto il primo) scopritore di una formula, la più importante della Fisica: E =m c2 (equivalenza
massa / energia); inoltre sono illustrati stratagemmi di matematici, economisti, medici, Premi Nobel …… Giuffrida Farina , classe 1956,insegnante, laureato in ingegneria nel 1983,
sin da giovanissimo si è cimentato nei vari settori dell‘arte
attraverso elaborazioni coinvolgenti la pittura, la musica, la
scultura, la poesia, la narrativa; ricevendo lusinghiere valutazioni delle sue opere da parte di autorevoli personalità del
mondo letterario, tra le quali lo scrittore Domenico Rea, il
critico letterario Giorgio Barberi Squarotti, lo scrittore e poeta
Gaetano Salveti (vicepresidente dell'Associazione internazionale dei critici letterari con sede a Parigi, per tre decenni
segretario generale dell'Associazione dei critici letterari italiani); Lorenza Rocco, scrittrice e direttrice di ‗Sìlarus‘;
Giacomo Giuliano e Guido Carione, giornalisti conduttori di
programmi televisivi culturali; Giovanna Scarsi, che presiede i
‗Martedì Letterari‘ ; il drammaturgo e scrittore Franco Pastore
(condirettore,insieme al poeta Arnaldo Di Matteo, della rivista ‗Verso il Duemila‘, 1978). Giuffrida Farina, da studente
di ingegneria, era aduso a momenti artistici; durante le ‗pause
– studio‘ insieme ad amici colleghi futuri ingegneri, venivano
temporaneamente abbandonati libri scientifici, teoremi della
Matematica ed argomenti di Fisica; spesso nascevano ‗attimi
lirici‘ con declamazione di poesie, autore delle quali era Giuffrida stesso. Le cui creazioni, nel tempo, hanno assunto
connotazioni di carattere sperimentale; nel campo pittoricomusicale con la ‗pittomatematica musicale‘ e le ‗equazioni/
disequazioni in musica‘, apparse sulla rivista Rassegna musicale italiana nel 1998; insieme al M° Marcello Ferrante della‗PolyMusic‘ e ad (1) Arminio Capezzuto sono stati composti
brani new age. In àmbito narrativo,‗Video homini‘,1992, romanzo che sfiorò la pubblicazione con Mondadori ;‘Racconti
illustrati e bestioline matematico parlanti‘. Nel settore grafico, micro disegni e micro acquerelli di dimensioni pari a qualche centimetro. La ‗Metematica,Tessere metempsicosi/matiche‘, una rivisitazione di famosi poeti (Leopardi, Foscolo, Montale, Quasimodo) attraverso particolari carte d‘identità. ‗Esamorfismi‘, elaborazioni
attuate mediante 6 segmenti artistici. Lo sperimentalismo fotografico è inerente a foto realizzate senza l‘ausilio della macchina fotografica (premio della critica nella manifestazione ‗Città di Tramonti
2003, dedicata al giovane Pietro Tagliafierro, prematuramente
scomparso‘). ‗Interazioni DaCh‘, elaborazioni e disegni intorno al
rapporto tra Dante e la Chimica. ‗Duecento disegni e liriche dedicate alla mia donna, Anna‘. ‗Sculture botaniche‘ realizzate con foglie ed erbe. Microsculture realizzate con sassolini e piccolissime
pietre. Le ‗Pittoliriche musicate‘, ovvero liriche il cui testo è illustrato con raffigurazioni ed interpretato con musiche; come si articola il legame tra „parola‟, „disegno‟ e „nota musicale‟ ? Relativamente a tale, definiamola „mania‟ grafico/musicale accompagnante il testo, in queste elaborazioni definite „pittoliriche
musicate‟, le immagini e la musica assumono il medesimo rilievo dei versi; dunque, illustrazioni e brani musicali non fungenti
da semplici accessori, ma “equilivello” o “isovalenti” della scrittura poetica; tre compagni inseparabili con eguale dignità, senza
alcun predominio nello spazio bianco del foglio: tra essi vi è un
legame inscindibile. Proseguendo nella carrel-lata, nell‟excursus
delle singolari creazioni del Nostro: ‗Le fa-volose 49 eurogattine
(i 49 stati europei rappresentati con 48 particolari gattine,una micetta in meno perché scappata via da uno stato)‘. ‗Disegni ed acquerelli che si …. immaginano‘, su mattonelle 20 x 14 cm avvolte
da una sottile pellicola di cellophane trasparente. Così scrivono di
lui: <<… Tre ingegneri poeti - Leonardo Sinisgalli,Giulio Cesoni,
Giuffrida Farina - che ritengo possano essere inseriti in quella notevole immaginazione del cosmo o nella ―Età della Luna‖>> (Gaetano Salveti). <<…Nei suoi brani vi sono sviluppi melodici ed armonici estrosi ed inaspettati >> (M° Pasquale Polverino). << …
Composizioni davvero molto belle, il fatto che sia autodidatta può
averlo aiutato a liberarsi da taluni vincoli musicali>> (M° Marcello
Ferrante). <<… artista singolare ed originale, con le sue splendide
creazioni coinvolgenti vari settori dell‘arte>> (Giorgio Barberi
Squarotti). <<… Una straordinaria versatilità che ingloba musica,
elaborazioni artistiche, matematica, teatro e qualsivoglia forma
d‘arte>> (Lorenza Rocco). <<… personaggio geniale, con due
decenni di anticipo aveva presagito profeticamente una società
telematica che avrebbe condizionato l‘uomo trasformandolo in ―homo videns‖>> (Giacomo Giuliano). << …Nella sua scrittura interagiscono molteplici forme (spe-rimentalismo narrativo, poesie
cibernetiche, linguaggi extra-terrestri …) con elementi scientifici
e personaggi rappresentativi di un mondo estremamente difficile
da decifrare … (Giovanna Scarsi). <<Un personaggio così, col
suo genio , te lo immagineresti un po‘ lunatico, preso dal suo ego,
quasi inavvicinabile. Niente di più sbagliato. Ammetto di aver conosciuto poche persone così gentili, affabili ed aperte al confronto>> (Guido Carione). <<… Giuffrida Farina gestisce la sua poliedricità in modo creativo, esondando in una razionalità multidisciplinare, alla ricerca del sublime. A riprova di ciò, vi è il continuo
ricorso alla musica, come panacea di guizzi improvvisi, quasi a voler ammorbidire il rigore matematico con la dolcezza dei toni musicali. Il risultato è talvolta sorprendente:nelle sue personalissime
creazioni, fluttuano forme sinusoidali e note e colori, che trascendono ogni forma di linguaggio e traducono l‘immagine dell‘anima.
In poesia, poi, supera ogni dicotomia, per raggiungere un lirismo
―sui generis‖ che ti trasporta in una dimensione ove l‘uomo è
―l‘ombra di un sogno‖>>(2)
2) F.Pastore, articolo su Antropos in the World
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