Bando Convegno AIPI Bari 2014 - AIPI

Associazione Internazionale dei Professori di Italiano
XXI Congresso
Est-Ovest/ Nord-Sud. Frontiere, passaggi, incontri culturali
27-30 agosto 2014
Università di Bari
Coordinamento del Comitato Organizzativo: Pasquale Guaragnella (Università di Bari)
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Il XXI Congresso AIPI a Bari si ispira ai valori e alle tradizioni di una terra, la Puglia, che,
successivamente occupata da Greci, Romani, Bizantini, Normanni, Svevi, Francesi, Spagnoli
ed altri, fu sempre, dai tempi più remoti ai giorni nostri, all‟incrocio tra Est e Ovest, Nord e
Sud. Il laboratorio culturale pugliese offre lo spunto per riflettere sulla secolare ibridità della
lingua e della letteratura italiane. Ci si augura che la tematica scelta stimoli interventi
sull‟ibridità linguistica, sull‟incrocio di tradizioni, generi, discorsi e testi, sulle letterature di
migrazione tra passato e presente, sulla rappresentazione dell‟Altro (straniero, barbaro,
esotico, etc.) nella letteratura italiana, sul valore del plurilinguismo e dell‟interculturalità nella
didattica della lingua, della letteratura e della civiltà italiane.
Il XXI congresso AIPI 2014 si articola in 8-10 sezioni. I soci interessati a intervenire sono
pregati di indirizzare le loro proposte, entro il 31 dicembre 2013, ai responsabili delle singole
sezioni. La scelta delle proposte avverrà in base alla loro pertinenza al tema delle varie
sezioni. Il congresso è aperto anche a soci nuovi.
I responsabili delle sezioni si occuperanno della scelta dei relatori (al massimo 15 a 20 per
sezione) e cureranno la redazione e pubblicazione degli atti. Si chiederà ai relatori di versare
la quota per due anni consecutivi (2014/2015) per far diventare effettiva l‟accettazione della
loro proposta (pagamento elettronico).
Sezione 1
Nuove geografie letterarie nell’Italia del XXI secolo
a cura di Silvia Contarini, Giuliana Pias, Lucia Quaquarelli, Univ. di Parigi-Nanterre, e
Margherita Marras, Univ. di Avignon
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Nella sua opera di riferimento, Geografia e storia della letteratura italiana (1967), Dionisotti
insisteva sulla necessità di riconoscere la dimensione territoriale, oltre che storica, dei testi
letterari, dando della letteratura italiana un‟immagine pluricentrica e polimorfa.
Tenuto conto della molteplicità delle esperienze culturali e linguistiche succedutesi nell‟arco
di quasi 50 anni, nonché dei processi di accelerato contatto fra culture, sarebbe quanto mai
interessante verificare e aggiornare le mappature, indagando le peculiarità delle territorialità
(o de-territorialità) che caratterizzano l‟attuale panorama letterario.
È ancora pertinente e incisivo l‟elemento geografico-culturale nella produzione letteraria
italiana più recente?
Qual è l‟impatto di fenomeni come migrazione, mondializzazione, circolazione internazionale
sulla geografia letteraria nazionale?
Qual è l‟influenza del radicamento in (o dello sradicamento da) territori di origine, di transito,
di approdo?
Si registrano variazioni significative nelle letterature (come quella siciliana, sarda, veneta o
altre) da sempre connotate da una forte specificità geografica e linguistica?
Ci si può chiedere inoltre: in che misura le nuove plurali sollecitazioni – cui oggi sono
sottoposti gli immaginari, a confronto diretto con contesti internazionali e nuovi linguaggi –
cambiano la prospettiva del locale e del nazionale? Ed esistono narrazioni che attraversano
confini e nazionalità, partendo da uno spazio locale, riprendendo e/o riformulando moduli
narrativi autoctoni e/o tradizionali?
Per rispondere a queste e altre domande, le due linee cardinali nord-sud ed est-ovest, nonché
le spazialità “globali-locali”, andranno esplorate soprattutto nelle loro interazioni.
Sezione 2
I traduttori come mediatori interculturali
a cura di Sergio Portelli, Univ. di Malta, e Bart van den Bossche, Univ. di Lovanio
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La metafora della traduzione come ponte tra culture, ormai ampiamente diffusa, colloca il
traduttore nel ruolo di costruttore di ponti interculturali (mediatore fra letterature e culture).
Nel corso dei secoli, i traduttori di opere letterarie hanno avuto un ruolo importante, benché
molto spesso trascurato dalla critica, nella disseminazione, ricezione e trasformazione di
tematiche, generi, stili e poetiche da una letteratura all‟altra.
In questa sezione ci si propone di approfondire le seguenti tematiche su tale
argomento: traduttori e la (in)visibilità della loro mediazione interculturale; gli scrittoritraduttori come mediatori attivi (ossia che introducono nella propria opera elementi della
letteratura che hanno tradotto); rappresentazioni di traduttori come mediatori in opere
letterarie, e il fenomeno dell‟autotraduzione come mediazione (inter)culturale. Si darà la
preferenza ai contributi riguardanti i traduttori in italiano, ma saranno considerate anche le
proposte aventi per tema i traduttori dall‟italiano ad altre lingue.
Sezione 3
Narrarsi per ritrovarsi: pratiche autobiografiche nelle esperienze di migrazione, esilio,
deportazione
a cura di Peter Kuon, Univ. di Salisburgo, e Monica Bandella, Archivio delle memorie
migranti, Roma
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Da sempre la letteratura si nutre dell‟esperienza di esiliati, deportati, migranti, profughi,
persone che vivono e scrivono il passaggio delle frontiere come causa di una trasformazione
profonda nelle loro vite, che in molti casi si trasforma in un vero e proprio sradicamento
identitario e culturale. Uno dei primi gesti del soggetto la cui esistenza è stravolta da un
allontanamento forzato o inevitabile dal „famigliare‟ – ovvero l‟istinto dell‟essere umano
ansioso di ricostruirsi un‟identità abitabile (Ricoeur) –, è infatti spesso quello del raccontare, a
voce o scrivendo, il proprio passato (felice o infelice) nel paese lasciato, il viaggio, l‟arrivo e
l‟accoglienza, la quotidianità, le relazioni sociali e tanto altro.
In riferimento a questo specifica situazione narrativa, proponiamo di considerare
l‟autobiografico come un insieme di pratiche (Genette) molto diverse che coprono un
territorio mai sufficientemente esplorato tra voce e scrittura, testimonianza e racconto,
documento e finzione, e che adottano forme letterarie, audiovisive, fotografiche, artistiche e
multimediali in senso lato. Si vuole prendere in considerazione non solo l‟opera letteraria o
artistica conclusa e riconosciuta in quanto tale, ma tutto ciò che, diventando espressione della
propria individualità, aiuta i soggetti sradicati a ricomporsi, ritrovarsi, e ri-definirsi nella
nuova realtà. Fondamentale è allora anche considerare i contesti di ascolto e ricezione in cui si
muovono i racconti autobiografici di persone che vivono o hanno vissuto esperienze di
migrazione, esilio, deportazione, fuga: nella ri-determinazione del proprio „io‟ è infatti
inevitabile il confronto con l‟„altro‟. In questi termini si porrà l‟attenzione su pratiche
autobiografiche realizzate nella lingua materna, che è a sua volta spazio identitario, strumento
di auto-rivendicazione e appartenenza ma anche – ed è il caso particolare di persone migrate
verso l‟Italia negli ultimi decenni –, nella lingua del paese di accoglienza. La scelta
dell‟italiano rivela l‟intento fortemente comunicativo di cui le narrazioni autobiografiche si
fanno portavoce, e mette in luce un vasto e variegato repertorio di contaminazioni linguistiche
e culturali che l‟italianistica contemporanea non può ignorare.
Sezione 4
Il linguaggio della moda e del costume italiano
a cura di Dagmar Reichardt e Carmela D‟Angelo, Univ. di Groninga
[email protected]; [email protected]
Questa sezione si occupa del linguaggio della moda e del costume italiano dedicandosi
all‟abbigliamento nel contesto della letteratura, arte e cultura italiana, ma anche all‟argomento
della “Moda made in Italy” come risultato di influssi stranieri e come veicolo didattico.
Dall‟impero romano ai giorni nostri, dagli studi sull‟antichità classica (Anne Hollander) e sul
Rinascimento (Elizabeth Birbari) fino all‟interpretazione semiotica (Roland Barthes), alle
paradossalità (Elena Esposito) e all‟ineluttabilità della moda (Karl Lagerfeld), il ragionamento
teorico sulla moda ha cercato di spiegarne il significato vitale, storico, simbolico, sociologicoculturale ed estetico-artistico. Da sempre, le differenze tra nord e sud, occidente e oriente si
riflettono in maniera evidente nei modi di vestirsi e di tematizzare il tessuto nei testi letterari,
nei film, nell‟arte, nel teatro e nella lingua italiana.
Per aprire una sfera di ricerca innovatrice e interdisciplinare, questa sezione accoglie proposte
di ogni argomento correlato alla storia culturale italiana della moda e del tessuto,
preferibilmente se posto in un contesto inter- o transculturale: sono pensabili analisi del
discorso ibrido sulla moda nella letteratura e lingua italiana, nell‟arte, nel cinema, nel teatro e
nei media, ma anche singoli studi di griffe italiane, aspetti social-critici (p.es. dell‟economia
sommersa e del precariato nel film Gomorra, o il caso Benetton), di genere (uomo-donna),
filosofici ed artistici, accademie di moda in Italia e/o programmi master legati a case di moda,
il tutto sempre posto nell‟ottica degli ibridismi. Dal genere del film storico in costume
(peplum) alla moda nel nuovo millennio, dal significato del vestito nel Rinascimento italiano
fino all‟adattamento cross-mediale della moda italiana in Il diavolo veste Prada, ogni
proposta sarà benvenuta finché sia correlata al soggetto della moda italiana e si orienti
criticamente agli spazi est-ovest, e/o nord-sud.
Sezione 5
Cinema e migrazione
a cura di Leonarda Trapassi, Univ. di Siviglia, e Linda Garosi, Univ. di Cordova
[email protected] ; [email protected];
Il cinema italiano ha raccontato la trasformazione dell‟Italia da paese di emigrazione a paese
di immigrazione. Ampia è la parabola disegnata dai film italiani che hanno rappresentato il
dramma degli italiani in partenza, nel contesto di esodi interni dal Sud al Nord o
dell‟emigrazione verso altri paesi, in cerca di un futuro migliore (Pane e cioccolata;
Nuovomondo, Rocco e i suoi fratelli; Napoletani a Milano, ecc…).
Nei primi anni ‟90 il panorama cinematografico italiano inizia a rivolgere la propria
attenzione alle storie e ai percorsi esistenziali dei cittadini stranieri nel seno della società
italiana, per giungere, nel 2011, anno dell‟uscita del film di Crialese, Terraferma, a una
massiccia presenza nelle sale di pellicole incentrate sull'immigrazione tale da configurare un
nuovo genere, dopo la precedente frequentazione sporadica e superficiale.
La settima arte narra così l‟immigrazione aprendo squarci di verità su una realtà complessa,
che mette al centro soprattutto il dramma umano dell‟identità negata. In quest‟ottica il cinema
riflette su temi di scottante e tragica attualità e su profonde dinamiche socio-culturali, in
particolar modo laddove i luoghi dell‟esclusione si trasformano in veri e propri protagonisti
della vicenda (Lampedusa, le campagne del Mezzogiono).
La sezione si propone di studiare nel corso della storia del cinema italiano le modalità e le
scelte stilistiche nella rappresentazione, tra finzione e realtà, delle storie della migrazione, con
particolare attenzione a:
- conflitti di civiltà; processi di accoglienza, integrazione culturale e forme di convivenza
sociale;
- confini e frontiere: l‟Italia come meta di viaggi alla ricerca di un futuro possibile;
- paura dello straniero; esclusione, discriminazione e identità negata.
Sezione 6
Pragmatica e interculturalità
a cura di Ineke Vedder, Univ. di Amsterdam, e Elisabetta Santoro, Univ. di San Paolo
[email protected]; [email protected]
La sezione si propone di raccogliere contributi che investigano lo sviluppo della competenza
pragmatica e della competenza comunicativa interculturale in italiano L2 in diversi contesti,
tra cui quello guidato e non guidato, dentro e fuori d‟Italia. Si pensa, in particolare, a studi di
carattere teorico e empirico che mettano in relazione teorie legate ai temi proposti e pratica
didattica. Le proposte potranno riguardare ricerche di carattere pragmalinguistico, come
l‟acquisizione e l‟insegnamento degli atti linguistici (e.g. richiesta, protesta, rifiuto) in italiano
L2; l‟uso dei modificatori (e.g. mitigatori) da parte di apprendenti L2; lo sviluppo delle
conoscenze linguistiche in relazione allo sviluppo della competenza pragmatica e della
competenza comunicativa interculturale; la valutazione e il confronto tra diversi approcci per
l‟insegnamento della pragmatica e dell‟interculturalità. Saranno inoltre benvenuti studi di tipo
sociopragmatico che investigano le caratteristiche di vari tipi di scambi conversazionali in
contesti culturali e linguistici diversi: le conversazioni faccia a faccia tra parlanti nativi e non
nativi; le interazioni tra apprendenti L2; le interazioni didattiche tra insegnanti e apprendenti;
le conversazioni a distanza, tra cui quelle telefoniche o quelle effettuate tramite gli scambi
dialogici in film e fiction; le ricerche corpus based.
Sezione 7
Le rappresentazioni della crisi nel nuovo Millennio. Tra utopia e distopia, tra il Nord e il
Sud italiano
a cura di Monica Jansen, Univ. di Utrecht, Srecko Jurisic, Univ. di Spalato, Natalie Dupré e
Inge Lanslots, Univ. di Lovanio
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Il concetto di crisi, nella sua polivalenza, è indicatore sia di emergenze da risanare e quindi di
distopie, sia di nodi nevralgici che nella loro complessità generano desideri, e quindi utopie.
Attualmente, il vocabolo ha invaso, oltre al campo economico-finanziario, in maniera
capillare l‟esistenza al punto che ormai riesce difficile immaginare un mondo senza crisi.
L‟immaginario della crisi comporta le rappresentazioni letterarie (e artistiche in generale) di
una visione utopica o distopica del mondo. Si intende nella presente sessione prendere in
esame il passaggio alla Seconda Repubblica e al Nuovo Millennio che ha visto l‟Italia
trasformarsi attraverso numerosi rivolgimenti storici, socio-economici, politici e culturali che
ne hanno inevitabilmente plasmato il profilo artistico. Si vogliono perciò interrogare i concetti
che si propongono sia come indicatori di crisi in diversi campi di sapere (precarietà,
criminalità, complotto, narcisismo, edonismo, nazionalismo, razzismo ecc.) sia come
indicatori di modalità per uscirne (nomadismo, primitivismo, autonomia, ecologismo,
rivoluzione ecc.), sia come concetti ambivalenti che esprimono le due dimensioni
contemporaneamente (postcolonialismo, postmodernismo ecc.). Le utopie o distopie che essi
generano sono inevitabilmente relative al punto di vista e dunque soggetti alla „relazionalità‟ o
la „dipendenza‟, „subalternità‟ di chi produce le narrazioni in cui essi vengono messi ad
operare. La sessione invita a riflettere sulle diverse narrazioni della crisi tra il nord e il sud
italiani, partendo dal presupposto che ogni binarismo tra utopia e distopia parte da una
molteplicità di punti di vista, che si organizzano nella forma del conflitto o si incontrano in un
progetto per il futuro. La sessione è volutamente formulata in modo aperto, avendo come
scopo quello di riflettere sulla complessità delle narrazioni sulla crisi, che spesso vengono
lette in una luce univoca, utopica o distopica che sia.
Sezione 8
Musica italiana e d’oltralpe nel Quattro-Cinquecento come presupposto dell’interazione
linguistica e culturale
a cura di Francesco Luisi, Univ. di Parma e Franco Musarra, Univ. di Lovanio
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Nei secoli XV e XVI è preponderante, in Italia, la presenza di musicisti provenienti da Paesi
franco-fiamminghi e d‟oltralpe in genere. Il fenomeno s‟inquadra in una situazione culturale
che si alimenta dell‟appassionata aderenza a uno stile musicale di forte impatto intellettuale.
Tale stile si compendia nella musica polifonica, appannaggio delle grandi cappelle musicali
ma ben presto coltivata anche nelle corti del Rinascimento e nelle classi alte della società
italiana. Il fenomeno è noto sul piano musicale ed è ormai accertato il contributo che i
musicisti nordici hanno dato alla cultura della Penisola, importando un sistema compositivo
basato sulla tecnica del contrappunto, dell‟elaborazione polifonica e dell‟artificiosità. Tali
elementi seppero rendere al prodotto musicale un aspetto intellettualistico al quale i musici
italiani guardarono dapprima con ammirazione e, in seguito, con costruttivo spirito di
emulazione. Nel Quattrocento, in particolare, i musicisti fiamminghi trovarono in Italia una
tradizione autoctona che privilegiava l‟espressione monodica accompagnata che,
interpretando istanze culturali di marca umanistica, tendevano ad esaltare la melodia, il testo
poetico e il suo portato semantico. I musicisti d‟oltralpe importavano di contro prodotti
polifonici elaboratissimi che guardavano ai testi letterari come semplici “pretesti” a cui
affidare l‟elaborazione. Mancava quasi del tutto l‟ariosità espressiva delle linee melodiche
orizzontali ed era disatteso il rapporto tra la semantica del testo e l‟invenzione musicale. In
estrema sintesi si può affermare che il musicista italiano si esibisse nella creatività melodica e
quello fiammingo nell‟elaborazione contrappuntistica. A metà strada del percorso, agli inizi
del Cinquecento, la situazione appare esemplarmente definita nel Cortegiano, ove appaiono
stigmatizzati il “cantare alla viola” e il “cantare a libro”, rispettivamente in relazione al canto
espressivo accompagnato e al canto polifonico contrappuntistico, risultando chiara la
propensione del Castiglione per il primo, giacché considerato il più idoneo a rendere
espressività alla poesia. Ma nel corso del Cinquecento i compositori fiamminghi attivi in Italia
– succeduti alla terza generazione – scriveranno madrigali polifonici su testi italiani, come
peraltro faranno gli italiani che avranno assorbito la lezione compositiva dei colleghi
oltramontani. Non è chiaro come si sia giunti a tale perfetta integrazione degli intenti artistici:
il problema non riguarda evidentemente l‟acquisizione d‟una tecnica di composizione da una
parte o la conoscenza della lirica italiana dall‟altra. Esiste in realtà una sottile continua
frequentazione delle culture destinate a entrare l‟una nell‟altra in una fusione perfetta,
superando le differenze linguistiche, integrando i meccanismi della composizione,
sperimentando nuove soluzioni sulla diversità intesa come arricchimento delle possibilità
compositive ed espressive. Ed è importante considerare il quadro artistico nel suo insieme
anche all‟interno delle singole espressioni artistiche. Si mira perciò a delineare anche i
presupposti d‟interazione su piani letterari, linguistici, sociali e di costume. Le testimonianze
non mancano, ma al momento sembrano circoscritte in un ambito indiziario. Sono molti, ad
esempio, i casi in cui gli stessi nomi (non solo quelli di difficile pronuncia) dei musicisti e di
altri artisti vengono italianizzati con evidenti intenti familiarizzanti. Per fare un esempio, non
solo si troverà scritto “il nostro Adriano” in riferimento al compositore e maestro di cappella
Adrian Willaert, ma anche il più significativo “il nostro Uigliart”. Similmente si notano casi
in cui incipit di varie chanson franco-fiamminghe assunte nel repertorio polifonico, elaborato
negli ambienti aulici italiani, subiscono trasformazioni grafiche aderenti alla resa fonetica
originale, oppure danno origine a composizioni mescidate italiano-francese o italianofiammingo o italiano-tedesco che finiscono col diventare un genere, quasi una categoria
“caricaturale” di composizioni utilizzate con funzioni “rappresentativo-buffonesche” o
“ironico-ricreative” in ambito cameristico. In ambedue i casi la loro utilizzazione fa
evidentemente leva sul ricorso alla memoria, all‟evocazione o ricreazione di situazioni ben
circostanziate e note che rappresentarono una consuetudine nel costume e nell‟immaginario
collettivo. Per fare qualche esempio, la canzone francese già graficamente contaminata “La
vida de Culin”, presente nel Ms 871 di Montecassino databile all‟ultimo quarto del
Quattrocento, non solo offre il suo tema alla composizione “Que farayie”, ma a lungo
sopravvive al tempo, essendo indicata come titolo di danza in un trattato manoscritto degli
anni Trenta del Cinquecento conservato a New York. In un altro caso il brano che ironizza sui
Lanzichenecchi e sulla lingua alemanna del compositore Alexander Coppinus, “Lanx maine
far choxon” nel Ms BR 230 della Nazionale di Firenze (dei primi anni del „500) è soggetto a
ulteriori trasformazioni linguistiche nel “Lanziman star cozone” del coevo Ms
Magliabechiano 121 della stessa biblioteca. Ma forse la circostanza più evidente della
contaminazione si trova in alcune composizioni centonizzate che accolgono, in un sapiente
tessuto contrappuntistico polifonico, un insieme di varie citazioni originali appartenenti sia al
repertorio italiano che a quello franco-fiammingo. Volendo citare un esempio si può ricorrere
al brano attribuito a un non meglio identificato Musicola (evidente nome d‟ispirazione
umanistica) che in un centone del Ms Magliabechiano 164-167 della suddetta biblioteca mette
insieme, come in un ingegnoso puzzle musicale, una serie di frammenti di canzone tra cui
“Fortuna disperata”, “Vidi la forosetta” “Mangia biscotto”, “Iam pris amours”,” Scaramella”,
“Non dormite”, “Ma buce rit”. La composizione si fonda su un apparente gioco non-sense, ma
nel contempo offre una ricognizione gustosa di una presenza plurilinguistica e multiculturale
che produrrà in Italia anche repertori specifici, come quello delle canzoni “grechesche” e delle
“todesche” che si affiancano con diritto alle “ciciliane”, alle “napolitane” e alle “viniziane”,
altro non essendo che repertori ricreati sulla falsariga linguistica e fonetica delle varie
comunità interagenti nella Penisola italiana.
Nella sezione si accettano relazioni non solo di musicologia ma anche di teatro, letteratura,
cultura sempre incentrate sugli scambi interculturali tra le culture d‟oltralpe e quella italiana
vista anche nella sua differenziazione regionale.
Sezione 9
Le opere della Letteratura Italiana in età moderna e la loro ricezione nel mondo
a cura di Pasquale Guaragnella, Univ. di Bari
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Il panel si propone di accogliere contributi di studiosi attenti a segnalare i “vuoti” e i “pieni”
nella ricezione fuori d‟Italia della letteratura italiana moderna, con particolare riferimento ai
classici, ma con attenzione anche a momenti meno frequentati nella cultura letteraria italiana.
Se è ben noto che autori come Dante e Machiavelli primeggiano nella diffusione all‟estero,
tanto in versione originale quanto attraverso numerose e sempre aggiornate traduzioni, una
mappatura relativa alla tradizione letteraria italiana nel mondo è ancora ben lontana
dall‟essere completata. Momenti specifici degni di nota potrebbero essere costituiti dalla
fortuna del romanzo e delle forme narrative brevi; dalla storia di generi letterari il cui
sviluppo in Italia e all‟estero è cresciuto in parallelo (il saggio e la prosa argomentativa,
soprattutto di carattere storico, filosofico e morale). Scopo del panel qui proposto è cercare di
colmare la lacuna che abitualmente si sperimenta negli studi sulla ricezione della cultura
letteraria italiana, studi che vedono momenti forti nelle età più lontane (le “corone” fiorentine
e il Rinascimento) o nella contemporaneità, lasciando tuttavia pressoché scoperti interi secoli
(dal Seicento al primo Ottocento) fondamentali per lo sviluppo dell‟identità culturale italiana.
Sezione 10
L’insegnamento dell’italiano in Italia e all’estero
a cura di Patrizia Mazzotta e Rossella Abbaticchio, Univ. di Bari
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Il panel ospiterà contributi di docenti e studiosi interessati alle dinamiche e agli aspetti teorici
e pratici della didattica dell‟italiano come lingua materna o seconda entro i confini nazionali e
come lingua straniera. Si darà particolare spazio alle questioni glottodidattiche più
problematiche; agli approcci didattici più innovativi, quali ad esempio il CLIL; alle tecnologie
per la formazione a distanza e per il lifelong learning e alle principali iniziative di promozione
e diffusione della lingua italiana all‟estero. Sono previsti, inoltre, contributi relativi alle
certificazioni di italiano come lingua seconda o straniera rilasciate da istituzioni ed enti
italiani ed esteri. Il panel comprenderà anche interventi intesi a illustrare esperienze di
insegnamento dell‟italiano nelle scuole e nelle università dentro e fuori dai confini d‟Italia.