la domenica DI REPUBBLICA DOMENICA 28 DICEMBRE 2014 NUMERO 512 Cult La copertina. Dove è finito il romanzo sociale Straparlando. Romano Montroni, vivere in libreria La poesia. Il Dio sconosciuto che Dante non può dire Sarà la prima donna a dirigere il Cern “Facile, basta sognare” Fabiola Gianotti FOTO DI MAX CARDELLI La signora dell’universo DARIO CRESTO-DINA GINEVRA e annunciano: Snacks, Salades, Desserts, Drinks. Sotto, quasi ogni ben di dio. I manifesti di due film, Bridget Jones e Angeli e Demoni. La locandina della sesta “Higgs Hunting”, la caccia, la conferenza che si svolgerà dal 30 luglio al primo agosto 2015 a Orsay, Francia, su risultati e prospettive dell’EWSB (ElectroWeak Symmetry Breaking) accanto a quella di un corso di danza scozzese. Stinchi pelosi spuntano da un kilt. Le lingue del mondo si im- L E INSEGNE RISPLENDONO mergono e risalgono nel vociare di decine di ragazzi di colore e sguardi diversi che si mischiano in un gruppo, poi in un altro, qualcuno sulle code di una donna o di un uomo appena un poco più grande, qualche filo di grigio nei capelli, nessuno in tailleur o giacca e cravatta. Crocchi di tre o quattro in posa per un selfie sillabano prima dello scatto «higgs boson» che qui, ha sostituito il «cheese» conservandone la stessa funzione propedeutica al sorriso. Il tutto sorvegliato, sotto la cupola dello stabilimento principale del Cern, l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare, dalla gigantografia del rivelatore Atlas che a prima vista sembra una stazione spa- L’attualità. Norman Foster: “Un’Avana da salvare” Spettacoli. I segreti dei Wiener L’incontro. L’oroscopo di Pesatori per il 2015 ziale, ma in realtà è un colossale microscopio capace di fotografare la collisione di particelle con una potenza di fuoco di quaranta milioni di scatti al secondo e una risoluzione di cento milioni di pixel. Tutto è rotondo al Cern: edifici, piazze, uffici, corridoi. Quasi a rappresentare plasticamente come questo sia un luogo che smussa, arrotonda appunto, le antinomie, i conflitti. Passato e futuro, giovani e vecchi, uomini e donne, scienza e fede. Il direttore attuale, Rolf Dieter Heuer, tedesco del Sud di sessantacinque anni, in carica dal 2009, uno scienziato che ama la danza artistica, le sculture di Giacometti e i poemi di Neruda mes- si in musica da Mikis Theodorakis, è stato paragonato a Re Artù per la ieratica somiglianza con il sovrano della leggenda portata sugli schermi e perché qui come spirito ci si sente un po’ tutti cavalieri della tavola rotonda. Mesi fa, allo svizzero Le Temps, Heuer ha detto: «La scienza non è esotica, gran parte della nostra vita ha a che fare con la fisica. I giornali dovrebbero essere più attenti alle belle notizie, quelle che ci danno gioia, ravvivano la mente, stimolano il sapere. Non dovremmo mai dimenticare che scoprire è un piacere». Nel gennaio 2016 Heuer passerà il testimone a Fabiola Gianotti. >SEGUE NELLE PAGINE SUCCESSIVE Repubblica Nazionale 2014-12-28 la Repubblica LA DOMENICA DOMENICA 28 DICEMBRE 2014 28 La copertina. Fabiola Gianotti 10 cose da sapere 1. Cosa significa LHC Large hadron collider, grande collisore di adroni È l’acceleratore di particelle più grande del mondo 2. Come funziona LHC Le particelle pesanti, come protoni e ioni, vengono accelerate e si scontrano nel laboratorio sotterraneo Due fasci di particelle percorrono il tunnel in due tubi in direzioni opposte Ogni fascio contiene fino a 300mila miliardi di protoni 3. Perché è stato costruito sotto terra È più economico scavare un tunnel lungo 27 chilometri a 100 metri di profondità piuttosto che acquistare i terreni in superficie. E anche l’impatto ambientale è ridotto al minimo Inoltre la crosta terrestre scherma le particelle provenienti dallo spazio <SEGUE DALLA COPERTINA DARIO CRESTO-DINA S ARÀ IL TERZO DIRETTORE ITALIANO DEL CERN, dopo Carlo Rubbia e Luciano 4. Perché le particelle vengono fatte viaggiare nel vuoto Per evitare che si scontrino con molecole di gas Si crea un vuoto spinto pari a 0,0000000000001 atmosfere 5. Cosa spinge e cosa fa curvare il fascio di particelle Una serie di dispositivi elettromagnetici, sfruttando la carica elettrica delle particelle, fanno accelerare il fascio e gli fanno prendere le traiettorie volute dai fisici 6. Quante collisioni tra particelle avvengono dentro LHC Circa 600 milioni di collisioni al secondo 7. Quanto resiste un fascio all’interno dell’acceleratore Ogni fascio gira all’interno di LHC per 10 ore, percorrendo più di 10 miliardi di chilometri, abbastanza per percorrere la distanza Terra-Nettuno andata e ritorno 8. Come fanno gli scienziati a “vedere” le particelle Lungo l’acceleratore sono disposti dei «rilevatori» che registrano il passaggio di particelle. In base al tipo di traccia lasciata, i fisici sono in grado di ricostruire la caratteristica dalla particella che l’ha lasciata (massa, carica, eccetera) 9. Quanto consuma LHC Circa 120 megaWatt, l’equivalente del consumo elettrico domestico per il Cantone di Ginevra Se si considera tutto il Cern, il consumo sale a 230 megaWatt 10. Quanto è costato LHC Tre miliardi di euro LE IMMAGINI SOPRA, LA COPERTINA CHE “TIME” HA DEDICATO A FABIOLA GIANOTTI NEL DICEMBRE 2012. SOTTO, LA LAUREA AD HONOREM DELL’UNIVERSITÀ DI UPPSALA NEL 2012 E, NELLA FOTO GRANDE, LA SCIENZIATA ITALIANA AL LAVORO NEL TUNNEL DEL CERN Maiani (Edoardo Amaldi fu invece tra i fondatori, nel ‘54, e segretario generale). La prima donna a ricoprire questa carica. «Lei e Rolf — raccontano i colleghi — hanno un’esperienza molto simile. Entrambi sono stati spokesperson di un grande progetto, Atlas e Opal, entrambi sono stati staff Cern, quindi hanno sviluppato una cultura comune». Fabiola Gianotti ha cinquantaquattro anni e una voce argentina ed entusiasta da liceale. Una vita tra Roma e Milano, studi classici, le canzoni di Baglioni, il pianoforte, Bach e Schubert, Flaiano, Dostoevskij, Zola e la Némirovsky, Van Gogh e i pittori del Rinascimento italiano. Ha appena visto Torneranno i prati di Olmi e le è piaciuto moltissimo, si è commossa, ha ricordi indelebili di Lezioni di piano, Il postino e Pallottole su Broadway. Conserva i rimpianti della ballerina classica, la passione per la cucina, per le scarpe e per una domanda: «Perché la mela cade dall’albero?». L’incontro fatale con la fisica l’ha avuto nel cuore grazie a una biografia di Marie Curie, nelle mani a Milano in un capannone della facoltà di Fisica a Città Studi, l’alternativa professionale sarebbe stata nelle neuroscienze perché non c’è poi così tanta differenza tra i misteri dell’universo e quelli che si nascondono nella mente umana. Magrissima e timida fino alla diffidenza, indossa una maglia arancione, una collana di pietre d’acqua e un paio di jeans. Un’eleganza sdrucciola che tende a scivolare via distrattamente dagli occhi di chi la osserva. Eppure la prima sensazione che si percepisce è quella di una donna felice: «Il Cern è il laboratorio del mondo. Tra queste mura mi sento come una bambina in un negozio di dolci. Non c’è altro luogo in cui desidero stare». La felicità porta con sé un’aura di bellezza. Che cos’è la bellezza? «Attingo dalla fisica: la bellezza è la simmetria imperfetta. La fisica ha una sua estetica che si può contemplare nelle leggi della natura fino agli esseri microscopici. Comprenderla è un gioco intellettuale relativamente semplice. Pensi che le equazioni fondamentali del Modello standard delle particelle elementari si possono scrivere su una t-shirt. Sono tre righe appena». La fisica si muove tra passato e futuro. Siete esploratori. Il prossimo obiettivo è proprio la super simmetria dell’Universo. L’ipotesi che ciascuna delle 17 particelle piccolo della zanzara». elementari finora scoperte abbia un partner Che cosa succede sotto terra quando l’LHC e “supersimmetrico” non ancora osservato. i suoi esperimenti sono in operazione? Quando vi rimetterete in viaggio? «Due fasci di protoni vengono accelerati at«In primavera, quando tornerà operativo il traverso campi elettrici. Campi magneti superLarge Hadron Collider. Il più grande accelera- conduttori di altissima tecnologia li intrappolatore mai costruito, un tunnel circolare di venti- no nell’anello e li guidano in collisione. I protoni sette chilometri localizzato a circa cento metri si scontrano in quattro punti del tunnel dove apdi profondità nella campagna tra la Svizzera e la parati sperimentali ci permettono di studiare il Francia. Ha funzionato con successo tra il 2009 prodotto delle collisioni». e il 2013, ci ha portato alla scoperta del Bosone Come definirebbe filosoficamente la matedi Higgs. Per consentirci di affrontare domande ria oscura? molto importanti sulla materia oscura, che è cir«La misura della nostra ignoranza. Nessuna ca il venti per cento dell’Universo, un’energia particella elementare fin qui scoperta presenta più elevata potrebbe essere fondamentale. Pas- le caratteristiche della materia oscura. Ci serve seremo da otto a tredici tera-elettronvolt, l’u- una teoria più ricca, come quella della super nità di misura dell’energia delle particelle. Un simmetria, ma, chissà?, magari la natura ha seTeV equivale all’energia di volo di una zanzara, gretamente in serbo un’altra soluzione». ma il protone è circa mille miliardi di volte più In campo scientifico ogni risposta produce Io,tra Dio e il Big Bang Guiderà diecimila scienziati alla scoperta della materia oscura:“Mal’uomo nonpotràmai saperetutto” Repubblica Nazionale 2014-12-28 la Repubblica 29 FOTO DI MIKE STRUIK DOMENICA 28 DICEMBRE 2014 nuove domande. Almeno per ora. Arriverà un tempo in cui sapremo tutto? «Non credo. La conoscenza è un cammino senza fine. Possono privarci del lavoro, dello stipendio, della casa ma nessuno può portarci via il nostro cervello». Quanto siete vicini al Big Bang? «Siamo lontanissimi. Siamo riusciti a capire quello che è successo a partire da un centesimo di miliardesimo di secondo dopo il Big Bang, circa quattordici miliardi di anni fa. Ma siamo lontani dal capire che cosa è successo al tempo del Big Bang». Cercate Dio? «No. Non credo che la fisica potrà mai rispondere alla domanda. Scienza e religione sono discipline separate, anche se non antitetiche. Si può essere fisici e avere fede oppure no. È meglio che Dio e la scienza mantengano la giusta distanza». Ma avete chiamato il Bosone di Higgs “la particella di Dio”. «Mai uno scienziato ha avuto l’ardire di definirla così. Lo dobbiamo all’editore del libro scritto dal premio Nobel Leon Lederman. Voleva rivestire l’opera con un velo letterario di sicuro effetto. Lederman aveva suggerito un altro titolo, La particella dannata, perché ci aveva fatto disperare, l’avevamo cercata per decenni. È senza dubbio una particella speciale, ma avvicinarla a Dio è una sciocchezza». Rispetto la sua opinione. Ma un suo collega di fede anglicana che insegna nanotecnologia a Oxford, Andrew Briggs, dice che non è neppure il caso di scegliere tra Dio e scienza. Li tiene assieme e cita il salmo all’ingresso del laboratorio Cavendish dell’università di Cambridge: «Grandi sono le opere dell’Eter- no, ricercate da tutti coloro che si dilettano in esse». Suona come un inno alla vostra professione. Chi non è aiutato dalla fede può esserlo da qualche grammo di follia? «Non follia, ma creatività. Forse le due cose hanno confini che possono sembrare comuni quando si addentrano nello spazio del sogno. Lo scienziato deve essere capace di sognare. Ho sempre pensato che il mestiere del fisico si avvicini a quello dell’artista perché la sua intelligenza deve andare al di là della realtà che ha ogni giorno davanti agli occhi. Credo che la musica e la pittura siano le arti più prossime alla fisica». Nel suo lavoro quanto sono decisive le mani? «Per quanto mi riguarda sono fondamentali. Da bambina mi piaceva modellare il pongo, oggi mi piace costruire rivelatori. Avverto il bisogno fisico di essere vicino alla sperimentazione. Ho partecipato allo sviluppo dei rilevatori di particelle, per esempio il calorimetro ad argon liquido di Atlas, un cilindro lungo circa quattro metri e con un raggio interno di oltre uno. Le mani restituiscono al lavoro un aspetto familiare della ricerca. Nella scienza come in cucina ci vogliono regole matematiche e rigore. La termodinamica, la fluidodinamica... Ma ci vogliono anche creatività e fantasia. Un soufflé non riesce se la temperatura del forno e la durata della cottura non sono precise, ma seguire una ricetta in maniera pedissequa non è per nulla interessante». Ogni passo avanti del sapere prima o poi produce progresso. In che modo la ricerca sulle particelle elementari ha influito e influirà sulla nostra vita? «Guardi, mi limito a un elenco di tre punti. Il primo: la realizzazione di un desiderio primario dell’umanità, la conoscenza, una delle ragioni più elevate della nostra specie. Il secondo: l’indispensabilità di fare ricerca di base per proseguire sul cammino del progresso, dell’evoluzione. Senza la meccanica quantistica e la relatività non avremmo avuto transistor e gps. Il terzo, lo sviluppo di tecnologie di punta che ci migliorano l’esistenza e diventano patrimonio dell’umanità com’è scritto nell’atto fondativo del Cern. Gli acceleratori di particelle sono già usati in fisica medica per bombardare i tumori con fasci di protoni o ioni-carbonio. Esistono due centri in Europa, a Heidelberg e a Pavia. Il Cnao fondato da Ugo Amaldi ha finora curato oltre quattrocento pazienti». Un suo collega ha detto: «Anche nel nostro mestiere quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare. E di solito sono donne». SI PUÒ ESSERE FISICI E CREDENTI PERÒ È MEGLIO CHE SCIENZA E FEDE MANTENGANO LA GIUSTA DISTANZA. È UN MESTIERE SIMILE ALL’ARTISTA: ANCHE NOI DOBBIAMO ANDARE OLTRE LA REALTÀ DAVANTI AGLI OCCHI. E ORA VI SPIEGO A COSA SERVE IL BOSONE DI HIGGS Le si attaglia questo aforisma? «Il Cern è un luogo che celebra la diversità. Vi lavorano undicimila scienziati di cento nazionalità differenti, studenti che operano gomito a gomito con premi Nobel. Il genere, l’etnia, l’età e il passaporto contano poco. Sono qui perché sono un buon fisico, non perché sono donna». Madre palermitana laureata in filologia romanza, papà piemontese di Isola d’Asti, geologo. Siamo tutti il risultato di un padre e di una madre. Cosa le hanno trasmesso i suoi? «Devo loro moltissimo. Con il loro esempio mi hanno insegnato l’onestà, il rigore morale e intellettuale, la generosità, il sacrificio, l’apertura mentale verso tanti campi e interessi. Ma, soprattutto, mi hanno dato molto amore». Lei non è sposata. È della stessa idea di Rita Levi Montalcini che diceva: «Sono io il marito di me stessa»? «Assolutamente no. Da ragazzina avrei voluto avere cinque figli. È semplicemente andata diversamente». La Caverna numero cinque è stata scavata a Cessy, villaggio francese a una ventina di chilometri dal Cern. Piove sui prati, sui cavalli e le vacche al pascolo. L’ascensore scende di cento metri in pochi secondi. Sopra c’è una montagna bellissima e famosa che si chiama Jura. È la caverna delle meraviglie dove si dibatte la nostra ignoranza. Qui si scontreranno tra pochi mesi i protoni liberati da una bottiglia di idrogeno. Decine di ragazzi si aggirano tra migliaia di cavi, li conoscono uno a uno. Dice Gigi Rolandi, fisico sperimentale e professore alla Normale di Pisa: «Negli ultimi trent’anni è cambiato tutto. Prima si lavorava a piccoli gruppi, oggi ci sono tremila scienziati su ogni singolo progetto. È la Dottrina delle Formiche». Domando a Fabiola Gianotti come guiderà un esercito di oltre diecimila persone. Mi risponde così: «Non siamo un’azienda. Guai a soffocare con il controllo e un’organizzazione pesante l’essenza della ricerca, che si basa sulle idee. Penso a una direzione leggera, attraverso il consenso. Se il più giovane degli studenti ha l’idea giusta si proverà a fare ciò che il suo intuito ha suggerito. Siamo spinti dalle idee, non dalle gerarchie». © RIPRODUZIONE RISERVATA Repubblica Nazionale 2014-12-28 la Repubblica LA DOMENICA DOMENICA 28 DICEMBRE 2014 30 L’attualità. Rivoluzioni LE IMMAGINI LE FOTOGRAFIE PUBBLICATE IN QUESTE PAGINE SONO DI NIGEL YOUNG E SONO TRATTE DAL LIBRO “HAVANA. AUTO & ARCHITECTURE” DI MAURICIO VICENT, EUSEBIO LEAL SPENGLER E NORMAN FOSTER (IVORYPRESS, 380 PAGINE, 60 EURO WWW.IVORYPRESS.COM) Una Chevrolet degli anni Cinquanta borbotta sul Malecón: la più classica cartolina da Cuba. Ma, finito l’embargo, come si trasformerà la capitale? Vedremo ancora auto sgargianti e facciate coloniali?Pare di sì, almeno per un po’ OMERO CIAI L’AVANA C HE NE SARÀ DELLO SKYLINE dell’Avana, di queste facciate coloniali scavate dall’incuria e dalla salsedine dell’oceano ora che l’avvio di una riconciliazione con gli Stati Uniti lascia prevedere non tanto la fine del regime castrista quanto l’arrivo dei dollari di zio Paperone? Fino a oggi il funerale della revolución con le riforme avviate nel 2006 è stato un lento, lentissimo scivolamento nell’economia di mercato. Un passo avanti e due indietro per il timore diffuso nell’aristocrazia rossa al potere di perdere il controllo del cambiamento. La famosa libreta, la tessera di razionamento, tanto per dirne una, c’è ancora, anche se ormai chi ha dollari a Cuba può avere tutto, o quasi, ciò che vuole. Dalle tv al plasma agli smartphone che arrivano via Panama. Anche le bellissime macchine d’epoca, che qui usano soprattutto come taxi collettivi, sono ancora sull’asfalto. Dovevano scomparire portate via dal nuovo corso che consentiva per la prima volta l’acquisto di auto nuove anche ai privati cittadini. Ma nessuno le ha ancora rottamate e le loro affusolate carrozzerie dai colori pastello regalano sempre alle strade dell’isola quella mescolanza tra l’arcaico e il melanconico che affascina il turista, proiettato insieme a molte altre cose in un Jurassic Park industriale. Sono i famosi almendrones (letteralmente “grosse mandorle”), le auto americane importate nell’isola prima dell’inizio dell’embargo, imposto alla vittoriosa rivoluzione castrista da Eisenhower alla fine degli anni Sessanta dopo l’avvio delle espropriazioni delle aziende Usa sull’isola. Lussureggianti Chevrolet, anonime Ford, splendide Chrysler, solenni Plymouth, sfarzose Buick che fanno di Cuba il più originale e vasto deposito a cielo aperto di auto d’epoca. Sono più di settantamila — diecimila solo a L’Avana — hanno tutte doppiato l’età della pensione ma stanno vivendo un’altra resurrezione. I modelli più ricercati, come la Chevrolet Bel Air del 1957, possono valere diverse migliaia di dollari anche se ormai, quasi sessant’anni dopo l’uscita dalla fabbrica, di originale c’è rimasta solo la carrozzeria, il guscio esterno, mentre tutte le parti meccaniche sono frutto di assemblaggi successivi: motore russo, frizione coreana, e perfino pezzi riadattati da lavastoviglie o frigoriferi. Fino a poco tempo fa avere una macchina nuova era un privilegio della nomenclatura perché solo lo Stato poteva importarle, possederle e assegnarle. Anche per questo le ultime auto americane sbarcate a Cuba prima della rivoluzione hanno resistito tanto alla spietatezza del tempo diventando un brand del socialismo tropicale come il ron Habana Club, i sigari Cohiba e il basco nero con la stella rossa del Che Guevara. Con l’inizio della vendita libera e al dettaglio molti previdero, e alcuni temettero, che la prima vittima sacrificale delle riforme economiche sarebbero state proprio le auto d’epoca trascinate via come l’acqua sporca da nuove auto. Ma non è an- data così. Tutt’altro. Per due ragioni. La prima è che non ci sono soldi per comprare quelle nuove. La seconda che proprio la legalizzazione del lavoro autonomo ha regalato nuova linfa all’infinita avventura degli almendrones. Un’altra spinta alla loro rinascita è stata offerta dalla possibilità di viaggiare. Oggi i parenti che vengono dalla Florida o i residenti che riescono ad andarci possono portare senza troppi intralci i pezzi di ricambio acquistati direttamente sul mercato dell’usato americano e per decenni introvabili nell’isola. Raffigurazione perpetua di un’arte d’arrangiarsi tutta cubana l’immortalità delle vecchie Chevrolet ebbe perfino il suo momento di gloria nelle cronache internazionali quando, alcuni anni fa, un gruppetto di meccanici amateur riuscì a trasformarne una in un piroscafo con motore a elica. La misero in acqua e si lanciarono impavidi nel Golfo della Florida cercando di raggiungere, come tanti altri prima di loro, la terra promessa delle coste americane. © RIPRODUZIONE RISERVATA New Havana Repubblica Nazionale 2014-12-28 la Repubblica DOMENICA 28 DICEMBRE 2014 31 Il museo a cielo aperto che andrà difeso dal cambiamento NORMAN FOSTER N PAIO D’ANNI FA stavo partecipando all’undicesima Biennale de L’Avana e trascorrevo un po’ di tempo con due amici artisti, Marco Castillo e Dagoberto Rodríguez, meglio noti come “Los Carpinteros”. Avevano ideato un evento altrettanto importante: “Conga Irreversible”. Immaginatevi la scena: nel cuore della città sfilavano schiere di ballerini, vestiti di nero da capo a piedi. Il traffico si fermava, e la singolarità era data dal fatto che non si muovevano in avanti, ma all’indietro. Mentre stavo fotografando questo happening fuori dal comune, due impressioni mi colpirono. La prima mi fu data da quegli edifici e quelle auto senescenti, quasi una sorta di distorsione temporale del processo di decadenza al rallentatore così tipico dell’isola. Cuba è un vero e proprio museo a cielo aperto di automobili classiche americane, per lo più risalenti all’epoca dorata degli anni Cinquanta, e sia nei colori che nell’aspetto si instaura un rapporto visuale tra quelle auto e le architetture circostanti. Ambedue sopravvivono miracolosamente alle ingiurie del tempo. La seconda impressione fu la consapevolezza di un cambiamento nell’aria. Mi sembrò, mentre osservavo quella lunga fila di persone serpeggiare attraverso la città, che presto ogni cosa a Cuba avrebbe potuto iniziare ad apparire FOTO DI NIGEL YOUNG. COURTESY IVORYPRESS U come in qualsiasi altro posto al mondo. Sarebbero così sparite le vetture esotiche, dinosauri di un’epoca remota, per essere sostituite dalle auto di oggi, tecnicamente superiori ma del tutto prive di personalità. Con il medesimo spirito, un ritrovato benessere avrebbe potuto condurre a un nuovo sviluppo indiscriminato di quel mix di stili molto particolare e altrettanto esotico che caratterizza l’architettura cubana. È nato così il desiderio di registrare tutto affinché le generazioni presenti e future, nonché gli appassionati di architettura e automobili, potessero apprezzare questo straordinario patrimonio culturale congelato nel tempo. In una società che finora aveva avuto l’aspirazione utopistica di livellare tutto alla medesima sfumatura di grigio, i colori sfavillanti delle automobili e degli edifici che fanno loro da sfondo non hanno uguali al mondo per appariscenza. E se il contesto architettonico di una tipica strada dell’Avana è molto lontano dal verdeggiante paesaggio delle periferie Usa tratteggiato negli articoli commerciali degli Anni Cinquanta, il messaggio sociale che trasmettono è il medesimo. È cambiato tutto, ma non è cambiato niente. Il desiderio del singolo di spiccare in mezzo alla moltitudine è rimasto lo stesso. Traduzione di Anna Bissanti Tratto da Havana: Autos & Architecture ©Ivorypress 2014 © RIPRODUZIONE RISERVATA E la sposa arrivò su una Buick STEFANO MALATESTA A SPOSA È ARRIVATA su una Buick verde lucertola scoperta che marciava a salti. Indossava jeans sfilacciati all’altezza del pube, una maglietta trasparente, un caschetto di merletto bianco di traverso con il velo che le copriva la faccia. All’arrivo è saltata sul sedile, si è rivoltata e si è piegata in due, salutando gli amici con la mossa. Il maestro di cerimonia le ha chiesto che musica di accompagnamento volesse, qualcosa di classico, magari Schubert. Lei ha L spalancato la bocca, mostrando denti da barracuda: «Mettete A la batalla, una salsa che rispecchia il titolo». C’era un ex impiegato della provincia di Varese che si teneva stretto una bella mulatta. Quando ha capito che ero italiano, si è avvicinato per chiacchierare. «Ma perché starà con me?», ha detto indicando la sua bella. «Mi ripete che sono simpatico. Ma sarà innamorata?». Tratto da L’uomo dalla voce tonante. Storie dell’America del Sud (©Neri Pozza 2014) © RIPRODUZIONE RISERVATA Repubblica Nazionale 2014-12-28 la Repubblica LA DOMENICA DOMENICA 28 DICEMBRE 2014 32 La storia. Segni particolari C’è soltanto una cosa che il tatuaggio non può sopportare: diventare irrilevante Ed è quel che è accaduto. Come conferma una mostra a Parigi sul simbolo smarrito LUCA VALTORTA C LA MOSTRA LE FOTO DI QUESTE PAGINE VENGONO DAL CATALOGO DELL’ESPOSIZIONE “TATOUEURS, TATOUÉS” AL MUSÉE DU QUAI BRANLY DI PARIGI FINO AL 18 OTTOBRE 2015. FOTO GRANDE: UN APPARTENENTE ALLA GANG M18 (EL SALVADOR). SOTTO: I TATUAGGI DI UNA DONNA DI ETNIA KALINGA (FILIPPINE) INQUE DELLE SEI BRACCIA della dea Kali impugnano dei kriss ritorti, mentre la sesta mostra una testa d’uomo recisa. In mezzo alla fronte appare il terzo occhio, la lingua della divinità è estroflessa, esageratamente lunga e di colore rosso; indossa una collana di teschi mentre un anello le fora la narice sinistra. È un disegno. Inciso sulla pelle. Un tatuaggio. Siamo a San Francisco nel 1990. Il ragazzo, il commesso di un negozio di vestiti del centro, fa intravedere il monumentale, coloratissimo tatuaggio che ha sul petto attraverso una canottiera della sua band preferita: si chiamano Nine Inch Nails e al momento sono un fenomeno di nicchia della cosiddetta scena “industrial” ma, di lì a qualche anno, porteranno il genere (non solo) musicale più estremo della storia direttamente al primo posto in hit parade e verranno ricordati per un’incendiaria, indimenticabile performance al Festival di Woodstock del 1994. Una performance a tal punto importante da venir considerata dai media e dai critici come quella che sancisce il definitivo salto generazionale tra “controculture”: da quella degli hippies che aveva caratterizzato la prima, indimenticabile “tre giorni di pace amore e musica” della Woodstock del 1969 a quella, venticinque anni dopo, che sanciva la distruzione definitiva di quegli stessi ideali e una ridefinizione dell’alterità attraverso il nichilismo. I Nine Inch Nails si presentano sul palco coperti di fango, con una batteria elettronica, suonano riff di chitarra durissimi e usano campionamenti di canti africani. Il pubblico impazzisce, si getta nella melma in una enorme danza tribale collettiva, le cui immagini sono rimaste nella storia: è un ritorno alle radici quello che si celebra nella nuova Woodstock, una voglia di tornare a essere liberi e selvaggi, senza più l’illusione di poter cambiare la società come pensavano gli hippies. La rivoluzione se, come si è capito, non si può fare a livello collettivo può però iniziare dal sé, dal corpo. Sono i “modern primitives”, i “primitivi moderni”, ovvero la nuova controcultura che si riappropria del tatuaggio che fino a quel momento era rimasto marginalizzato ad alcuni segmenti della società: marinai, galeotti, biker, prostitute. E infatti il tipo di tatuaggio che torna ad affermarsi negli anni Novanta è proprio quello chiamato “tribale”, con tatuatori come Ed Hardy che già agli inizi degli anni Ottanta pubblica la fondamentale rivista Tattootime che a sua volta influenzerà tatuatori come Leo Zulueta, famoso per le sue ricerche sulla tradizione del Borneo, della Polinesia e della Micronesia. I suoi imitatissimi tatuaggi sono rigorosamente in bianco e nero e saranno quelli che più di tutti caratterizzeranno la cultura punk-industrial degli anni a venire, per poi diffondersi a macchia d’olio a tutte le latitudini e arrivare al mondo mainstream: «Questo tipo di disegni fa riferimento alla cosmogonia e ai poteri della natura a cui i cosiddetti ‘pri- tuoi genitori che non lo approvano e per ricomitivi’ si riferivano in maniera molto più in- noscersi tra persone che criticano lo stile di vitima di quello che facciamo noi oggi», spiega ta imposto dalla società», spiegava il fondaZulueta. Un significato che probabilmente si tore della rivista, Victor Vale. Da allora il conè perso: in realtà la sua diffusione è molto più cetto si è profondamente modificato, fino a prosaicamente legata al fatto che le linee ele- capovolgersi: il tatuaggio oggi, lungi dall’esganti e geometriche si inseriscono perfetta- sere uno stigma o un segno di appartenenza, mente nella muscolatura, in particolare ma- è diventato una forma di omologazione spesschile, valorizzandola. A scrivere il manife- so stereotipata (farfalline, stelline, animali e sto definitivo del nuovo movimento che in- figure varie senza alcun riferimento alle trafluenzerà il mondo intero è la rivista Re/sear- dizioni) che ha perso quella modalità di rich di San Francisco con il volume intitolato flessione su se stessi e sul mondo o di relazioappunto Modern Primitives. Pubblicato nel ne con la natura e la divinità che si ha nelle tra1990 anticiperà e sarà d’ispirazione per il mo- dizioni del tatuaggio storico. Forse proprio derno revival del tatuaggio fino alla sua at- per questo oggi nascono mostre dedicate al tuale affermazione nella cultura di massa: tatuaggio che cercano di definirlo, storiciz«Nella cultura underground il tatuaggio e il zandolo a partire dalle differenti e variegate piercing vogliono essere uno stigma, un mo- tradizioni, come quella iniziata lo scorso do per difendersi dalla gente normale, dai maggio al Museo Quai Branly di Parigi, inti- Addio Tattoo Quando controcultura e fenomeno globale sono nemici per la pelle Repubblica Nazionale 2014-12-28 la Repubblica DOMENICA 28 DICEMBRE 2014 33 Traduco confessioni in una lingua misteriosa tolata Tatoueurs, Tatoués, e che finirà addirittura il 18 ottobre del 2015. Proprio ora che il tatuaggio è tornato ad avere un ruolo centrale anche nella nostra quotidianità, ridiventa importante riflettere su un fenomeno che ha profonde radici in tutte le culture, da Occidente a Oriente, e la cui valenza simbolica è rimasta nel tempo, pur rinnovandosi. Dalla sacralità in alcune culture al marchio d’infamia in altre, a seconda dei tempi e delle latitudini. Ma una cosa sola probabilmente il tatuaggio non può sopportare: il fatto di diventare irrilevante. Quello che da decenni è il simbolo dei ribelli è ormai assurto a protagonista del mondo della moda e della “coolness” al punto di apparire in tutte le forme dell’immaginario contemporaneo (cinema, arte, serie tv, comics, manga), compresa la pubblicità: la più recente è quella di Samsung che mostra un ragazzo elegantissimo e ipertatuato con l’immancabile scritta “rock” sulle falangi, mentre all’orecchio poggia l’ultimo modello di smartphone con la scritta “Dichiarazione di personalità”. Un’esemplificazione che ci dice molto sulla società contemporanea: la ribellione prestata a dare valore alla merce. Quello che in realtà viene fuori è l’esatto contrario: la drammatica ricerca della propria personalità in una società che sembra avere smarrito tutte le coordinate. Cos’è allora una mostra come quella di Parigi se non una possibilità di riflettere sul nostro smarrimento, sui riferimenti che si sono persi e sulla necessità di tornare a una sacralità che oggi ci è sconosciuta? Come scriveva Roland Barthes ne L’Impero dei segni: «Questa condizione è quella stessa in cui avviene una certa vibrazione della persona, un ribaltamento delle vecchie letture, una scossa del senso, lacerato, estenuato sino al suo vuoto insostituibile, senza che l’oggetto cessi mai d’essere significante, desiderabile. La scrittura è, in definitiva, a suo modo, un satori; il satori (l’accadere zen) è un sisma più o meno forte che fa vacillare la conoscenza, il soggetto; provoca un vuoto di parola che costituisce la scrittura; è da questo vuoto che nascono quei tratti con cui lo zen nell’esenzione di ogni senso, scrive i giardini, i gesti, le case, i mazzi di fiori, i volti, la violenza». Ci vorrebbe un satori per dare un senso alla scrittura dei corpi contemporanei, corpi privati dall’appartenenza, affogati in una cultura globale del consumo, dell’oggetto e alla disperata ricerca di una personalità, di un’anima. Di una scrittura, appunto, che possa dare un senso a quei corpi vuoti. NICOLAI LILIN L TOTEM E TRIBÙ DALL’ALTO: MASCHERA RITUALE NEOZELANDESE. SOTTO: “COSTENTENUS, L’UOMO TATUATO”. IN BASSO, “ZOMBIE BOY”: CHIAMATO COSÌ PERCHÉ A QUINDICI ANNI VENNE OPERATO PER UN TUMORE AL CERVELLO. NEGLI ANNI SUCCESSIVI SI È FATTO TATUARE COMPLETAMENTE IL CORPO © RIPRODUZIONE RISERVATA L’AUTORE NICOLAI LILIN (FOTO QUI SOPRA) È SCRITTORE E TATUATORE. NATO IN TRANSNISTRIA, NEL 1980, NEL 2009 PUBBLICA PER EINAUDI IL SUO ROMANZO D’ESORDIO, “EDUCAZIONE SIBERIANA”, DIVENTATO NEL 2013 UN FILM DI SALVATORES. NEL 2012 HA SCRITTO “STORIE SULLA PELLE”, DEDICATO AL TATUAGGIO SIBERIANO. “IL SERPENTE DI DIO” (2014) È IL SUO ULTIMO LAVORO A MIA PRATICA di tatuaggio si basa sull’antica tradizione siberiana, legata alle mie origini. Cerco di rimanere fedele alla sua filosofia e per questo il mio modo di tatuare ha ben poco a che fare con la cultura del tatuaggio moderno. Se nella gran parte dei casi i tatuatori e i tatuati di oggi danno un peso all’aspetto estetico, io lo attribuisco soprattutto al significato che nasconde l’immagine. Quando una persona si rivolge a me non chiedo quale immagine vorrebbe. Le propongo di raccontarmi con sincerità di sé. Può essere un momento della vita oppure qualcosa di prezioso che questa persona vorrebbe ricordare, portare addosso durante la sua vita. Così trasformo le parole in simboli e alla fine incido la pelle. La tradizione del tatuaggio siberiano è una specie di lingua segreta che trasforma le esperienze in tatuaggi unici. Ho a mia disposizione una vasta gamma di simboli, paragonabile a una sorta di alfabeto. Ogni simbolo, così come ogni lettera dell’alfabeto, non ha nessun significato singolarmente, ma può assumerne diversi a seconda di come viene inserito nel disegno completo e posizionato rispetto agli altri simboli e anche a seconda della parte del corpo in cui viene tatuato, proprio come le lettere dell’alfabeto, che compongono parole diverse a seconda dell’ordine in cui sono disposte, parole che poi diventano frasi, che a loro volta si trasformano in storie. La parte più importante nel processo è quella legata al passaggio dell’informazione dalla persona che intende tatuarsi al tatuatore. Si crea qualcosa che sta a metà tra una confessione sacra e una complicità quasi intima. Spesso le storie che mi affidano sono così personali e profonde che mi rendo conto di essere l’unico a conoscerle, molti non raccontano le loro esperienze più estreme nemmeno ai propri cari. In alcuni casi le persone fanno fatica persino a trasformare le proprie memorie in parole, ci mettono molto a dare forma linguistica alle proprie paure, agli incubi del passato. Spesso momenti come questi sono segnati da sbalzi emozionali: alcune persone si stancano di rimanere a lungo sole con i propri segreti e quando li condividono con qualcuno provano una specie di liberazione e si lasciano invadere da emozioni forti. La parte finale del percorso di tatuaggio la trovo più meccanica e meno importante di tutto il resto. Iniettare l’inchiostro sotto la pelle è un processo che richiede una certa abilità e conoscenza della materia, ma io la vedo come una semplice conclusione di qualcosa di molto più profondo, faticoso ed emozionante. Per questo, mentre tatuo una storia provo già nostalgia per quei simboli, per i particolari di quella vita che ho conosciuto e interpretato nel tatuaggio che vado eseguendo, e dentro di me sento il bisogno di affrontare nuovi segreti. © RIPRODUZIONE RISERVATA Repubblica Nazionale 2014-12-28 la Repubblica LA DOMENICA DOMENICA 28 DICEMBRE 2014 34 Spettacoli. Classici I magnifici sette Carl Otto Nicolai Gustav Mahler (1810-1849) Compositore e direttore tedesco, ha fondato la Philharmonic Academy a Vienna nel 1842 (1860-1911) Il leggendario compositore austriaco guidò l’orchestra viennese dal 1898 fino al 1901 Wilhelm Furtwängler (1886-1954) Il geniale direttore tedesco ebbe lo scettro dell’orchestra dal 1927 al 1930 Capodanno Viaggio tra i segreti dell’orchestra più celebre del mondo in attesa di un altro giro di valzer per accogliere il 2015 LE IMMAGINI LEONETTA BENTIVOGLIO VIENNA UCI PUNTATE SU UNA SIGNORA che di questo periodo dell’anno se ne in- L tende: la Filarmonica di Vienna. Non solo ha l’esclusiva del concerto classico più popolare del pianeta, quello di Capodanno, rito che conta sui telespettatori di ottanta nazioni. Non solo è forse la migliore orchestra d’Europa (o del mondo). Non solo è artefice di un suono ineguagliabile, evocativo come un mistero complice di esecuzioni leggendarie: le prime volte di sinfonie di Bruckner e Brahms, i valzer pastosi degli Strauss, i bruschi pezzi novecenteschi di Schönberg e Berg. Ma suona nello spazio più acusticamente perfetto che si possa immaginare: la sala d’oro del Musikverein. Ed è l’unica compagine sinfonica priva di un “capo”, avendo una fisionomia basata su una totale, rigorosa e disciplinata indipendenza. In autunno, a Stoccolma, questa superba “democrazia monarchica”, dove il potere è suddiviso tra molti re, ha meritato una sorta di Nobel musicale, il Premio Birgit Nilsson, assegnato ogni tre anni. È il riconoscimento più generoso della musica classica: un milione di dollari incoronano un artista o un’istituzione. I Wiener Philharmoniker destineranno i soldi all’organizzazione tecnologica dei loro archivi, che raccolgono un tesoro di documenti: «La collezione iniziò a metà Ottocento con l’avvio dell’orchestra», racconta Silvia Kargl, responsabile dell’archivio. «Comprende lettere di musicisti come Brahms e Bruckner, contratti e vari oggetti, dalle bacchette ai cappelli di Mahler, e partiture appartenute ai celebri maestri che l’hanno diretta, tra cui Mahler e Richard Strauss, che ne hanno riempito le pagine con appunti interpretativi. Presto si potranno consultare online». Nata nel 1842 per volontà di Otto Nicolai e condotta da maestri “designati” quali Hans Richter e Mahler, dal 1933 l’orchestra ha eliminato il direttore stabile invitando sul suo podio le più brillanti star della direzione, da Bruno Walter a Toscanini, da Erich e Carlos Kleiber fi- LA WIENER PHILARMONIKER DIRETTA DA DANIEL BARENBOIM L’ANNO SCORSO. L’ARCHIVIO DELL’ORCHESTRA SARÀ PRESTO DIGITALIZZATO E MESSO ONLINE CON STRAUSS I WIENER CON RICHARD STRAUSS NEL 1923 no a Lenny Bernstein. Tutti sensazionali “ospiti” della Signora, la quale nel frattempo stipulava princìpi mai venuti meno, secondo cui, per esempio, i musicisti sono scelti, dopo una dura selezione, tra chi abbia minimo tre anni d’esperienza nell’orchestra dell’Opera di Vienna. Ma non tutti coloro che lavorano nella buca della lirica alla Staatsoper sono ammessi tra le fila dei Wiener, per la sinfonica. Essere Wiener è un privilegio che immette nel repertorio sinfonico il riflesso di una sapienza anche teatrale. L’apertura degli archivi sarà un passo in più verso l’ardua conquista dei segreti di questi messaggeri di una mitica età dell’oro musicale. L’investitura dei Wiener non ha confronti, alimentandosi di peculiari radici geografiche e culturali, della consapevolezza delle proprie tradizioni e della coscienza di essere i sommi interpreti di quell’arco austro-germanico di pensiero e sentimento musicale che da Bach, attraverso Mozart e Beethoven, approda al XX secolo. Vittima (si fa per dire) di una political correctness che li ha fatti accusare di peccati ideologici, da un antisemitismo strisciante (che divenne dichiarato al momento dell’Anschluss, quando tredici musicisti ebrei furono cacciati) a un’esplicita misoginia (solo da fine anni Novanta accoglie tra i suoi 128 elementi qualche donna), i Wiener sono impermeabili a novità e tendenze “globali”. È Repubblica Nazionale 2014-12-28 la Repubblica DOMENICA 28 DICEMBRE 2014 Richard Strauss Herbert von Karajan (1864-1949) L’autore di “Elektra” e “Salome” collaborò a più riprese con i Wiener Philharmoniker Claudio Abbado Riccardo Muti (1933-2014) Di casa a Vienna, dove diresse la Staatsoper, è stato tra i maestri più presenti sul podio dei Wiener (1941) L’inizio del rapporto coi Wiener risale agli anni Settanta ed è forse il direttore oggi più amato a Vienna FOTO DI DIETER NAGL/AFP PHOTO (1908-1989) Dal ’33 l’orchestra non ebbe più un direttore principale Karajan è tra i più famosi direttori ospiti 35 con i Wiener stato il loro piglio immobilista e aristocratico a garantire alla Filarmonica una specificità sovrana. Oggi tutte le orchestre s’internazionalizzano, raggiungendo un livello elevato, ma intercambiabile. I Wiener, al contrario, sbandierano un’omogeneità esecutiva e una personalità musicale generate da un lavoro di trasmissione che rende le memorie leggi non scritte. Con l’esito di un suono “diverso” «derivante anche dai nostri strumenti», spiega l’oboista Wolfgang Plank. «Non somigliano a quelli di altre orchestre: un “normale” oboista non potrebbe suonare l’oboe viennese». Servono canne speciali per i fagotti, trombe con valvole rotative, timpani con pelli naturali… Poi c’è il miracolo del Musikverein, il cui edificio accoglie la Goldener Saal, luogo di culto per il pubblico viennese e padrona di un suono inimitabile. Il legno cavo del pavimento, il soffitto che non poggia sulle pareti ma è sospeso dall’alto, le statue delle Cariatidi sulle cui forme irregolari rimbalzano morbidamente le onde acustiche, tutto contribuisce a una prodigiosa cassa armonica. Da anni eserciti di tecnici giapponesi o americani arrivano a misurarne lo spazio, sondarne le vibrazioni, esplorarlo con sofisticati macchinari elettronici per riprodurne il suono altrove. Ma nessuno riesce a esportare il sortilegio sonoro della dimora dei Wiener. © RIPRODUZIONE RISERVATA Dirige Zubin Mehta “È il suono perfetto” ER LA QUINTA VOLTA ZUBIN MEHTA celebrerà il Capodanno sul podio dei Wiener Philharmoniker, in una festa di valzer e polke condivisa con milioni di spettatori grazie alla tivù: «Il mio debutto avvenne nel Concerto di Capodanno del ‘90», racconta il maestro indiano. «Ogni volta, per me, quest’appuntamento è una magia senza confronti, generosa di pezzi inesplorati in arrivo da quella miniera musicale inesauribile che sono i brani della famiglia Strauss». Mehta sa che nessuna orchestra, nell’esecuzione del tipico repertorio austriaco, eguaglia la Filarmonica di Vienna, nutrita da un culto antico e difeso, nella sua integrità, come un patrimonio culturale nazionale. Il peculiare senso delle musiche degli Strauss sembra scorrere, tra le fila dell’orchestra, esatto e “facile” come un dono implicito nel codice genetico dei musicisti: «Lo testimonia l’unicità del loro sentimento del valzer, che restituisce un clima e uno stile con la fedeltà di uno specchio sonoro». P Il direttore indiano rammenta con emozione quando scoprì l’evento da giovane spettatore: «Sbarcato in Europa dall’India con un orecchio praticamente vergine, ebbi coi Wiener il mio battesimo del suono occidentale. All’epoca il Concerto di Capodanno era diretto dal violino di Boskowski, spalla dei Wiener. Aveva un tale charme, e un suono così speciale. Tanti anni fa a Los Angeles Bruno Walter mi confidò: se ho nostalgia del mio mondo, ascolto un disco di Boskowski e lui mi riconduce a casa». Cosa distingue il suono viennese, insuperabile per questo repertorio? «Come si spiega la differenza tra un accento toscano e uno napoletano? È una questione d’inflessione. Quella dei Wiener, che la conquistano senza pensarci, risulta ideale per i tempi e l’atmosfera del valzer. La Filarmonica viennese vive di una tradizione che si tramanda lungo i decenni e di una serie di caratteristiche di timbro e colore degli strumenti. I corni sono diversi da quelli di Berlino e New York, così come i clarinetti, i fagotti, le trombe, i timpani… Anche le disposizioni in orchestra variano rispetto a quelle in uso altrove. E il fatto di non avere un direttore stabile finisce per rappresentare un vantaggio all’interno dei gruppi, dagli archi ai fiati, che si sorvegliano l’un l’altro nelle rispettive qualità. Così, a influenzare il suono, non è mai un singolo maestro, bensì sono gli stessi Wiener i gelosi custodi della propria identità». (l. b.) © RIPRODUZIONE RISERVATA Repubblica Nazionale 2014-12-28 la Repubblica LA DOMENICA DOMENICA 28 DICEMBRE 2014 36 Next. No future Librerie, chiavi, cd, biglietti, assegni, volanti, monete... Che cosa non resterà di quest’epoca?Ecco dieci oggetti che tra dieci anni probabilmente (e in alcuni casi fortunatamente) sono destinati a scomparire dalla nostra vita GABRIELE ROMAGNOLI Todos pasajeros CCADE GIÀ NE Il cerchio, il non troppo futuristico romanzo di Dave Eggers. Un uomo va a schiantarsi con la sua auto e il capo della sua ex fidanzata, titolare di un’impresa hi tech, la consola così: «Non doveva accadere... avrebbe dovuto avere un’auto che si guida da sé, di quelle che se tenti di autodistruggerti si spengono». Auto che si guidano da sé. Addio volante. Addio guida. Scegli il percorso, digita, sali: arrenditi, hai ceduto la conduzione. A Dove le ho perse? L E CHIAVI. UN OGGETTO SIMBOLICO. Dare le chiavi di casa o dell’auto al figlio per sancirne la maturità. A un amore per dimostrare che si fa(ceva) sul serio. Qualcosa da desiderare, possedere, legare in un oggetto ben più assurdo definito portachiavi (come fosse un problema trasportarle collegate da un qualunque anello) che assumeva fogge improbabili. Qualcosa da perdere, da non sapere dove s’era posato, da cercare con un microchip o una seduta psicanalitica. Mai più. Basterà l’impronta sul “piano d’accesso”, la retina nel “visore d’ingresso”. Oddio: «Quando mi consentirai di metterci il mio occhio?». Disco inferno SISTE UNA STATISTICA SUL TEMPO che abbiamo sprecato nella nostra vita, sommando secondi che diventano minuti, ore, giorni. Pare si buttino settimane sbagliando strada. Mesi aspettando mezzi di trasporto. E quasi un’ora è andata nel tentativo di spacchettare i cd. Sigillati. Impossibili. Col taglierino ferisci la custodia e le unghie non le hai. Due Natali fa, da Barnes & Noble a Union Square, New York, comprai per un dollaro un aggeggio che serviva per spacchettare un cd in due secondi. Il commesso sospirò: «L’hanno inventato troppo tardi. Ormai, la vita dei cd è segnata». Ma se dobbiamo rimpiangere qualcosa, è al vinile che dedichiamo una preghiera. E Repubblica Nazionale 2014-12-28 la Repubblica LA DOMENICA DOMENICA 28 DICEMBRE 2014 38 Sapori. Principeschi NEL CINQUECENTO UN VELO DEI METALLI PIÙ PREGIATI COPRIVA ARANCE E MELAGRANE. OGGI RISCOPRIAMO STRASS E PAGLIUZZE PER DARE LUCE A SALSE E RISOTTI, PANETTONI E PRALINE Oro e argento. Preziosi ingredienti per un cenone brillante LICIA GRANELLO N TALE AVEVA UNA GALLINA che faceva uova d’oro; e credendo che dentro di lei ci fosse una massa d’oro, avendola uccisa la trovò uguale alle altre galline”. Così racconta Esopo, nella favola che condanna l’avidità. Certo, ospitare una dependance della Maison Fabergé nel pollaio di casa non è così usuale. Né Esopo si addentra in dettagli sul possibile utilizzo gastronomico di bianchi e rossi in versione lingotto. Eppure, l’uso alimentare di oro e argento si allunga nel tempo, attraversando epoche e società, dalle corti dei Faraoni alle tavole dei nobili medievali. E se nel Cinquecento in Inghilterra l’oro ricopriva come un velo cangiante mele, arance e melagrane del menù di Elisabetta I, a Padova il Consiglio Cittadino aveva contingentato l’uso fino a quel momento sfrenato dell’oro nei pranzi nuziali, limitandolo a due sole portate. In quanto all’argento, già i Greci lo utilizzavano per combattere le infezioni. Una proprietà terapeutica trasformata in moda, con le tavole di re e regine arricchite da piatti, bicchieri e piatto che meglio riproduce il mio concetto di boccali d’argento. Narra la leggenda che lo bellezza». Una forma geometrica — l’impalstatus di “sangue blu” fosse spiegato proprio pabile quadrato d’oro — iscritta in un doppio con la presenza di tracce d’argento nelle vene cerchio cromatico: il riso (giallo carico grazie dei nobili (mentre i poveri mangiavano nelle allo zafferano) e il bordo nero del piatto. Semciotole di terracotta). plicemente spettacolare, oltre che meraviCosì, secolo dopo secolo, oro e argento han- gliosamente buono. Marchesi si è ripetuto no continuato ad attraversare la storia a brac- qualche anno fa, concentrando la ricerca estecetto, belli al collo delle donne e nei piatti dei tico-gastronomica sull’argento. Ne è sortito ricchi, prodotti dagli artigiani con la medesi- un altro magnifico risotto, colorato col nero di ma minuzia certosina, collane preziose e fioc- seppia, spolverato di pagliuzze argentate e chi minuscoli, bracciali maestosi e lamine via appoggiato su un piatto candido, servito alla via più impalpabili grazie all’evolversi delle prima della Scala lo scorso dicembre. tecniche orafe. Ma se l’usanza non si è mai davLontani dalle magìe gourmand di Marchevero interrotta, l’allure delle ricette oro-ar- si, ma ben intenzionati a emozionare i comgentate è andato scemando, fino a quando mensali in pranzi e cene di fine anno, gli apGualtiero Marchesi ha steso una copertina passionati dei fornelli possono sbizzarrirsi d’oro sul suo risotto allo zafferano. Erano i pri- con oro e argento, scegliendo l’uno o l’altro, missimi anni Ottanta, e il suo ristorante in sia lamine sottilissime, sia in polvere dalla Bonvesin della Riva brillava per forza creativa consistenza borotalcata, per dare luce a cocke rigore tecnico. Anni dopo, il più grande cuo- tail e salse, paté e fette di salmone affumicaco italiano del dopoguerra avrebbe messo pro- to, panettoni e praline. Se invece non riuscite prio quella ricetta al primo posto della sua per- a scegliere, utilizzateli insieme, come un sonale top ten: «Sicuramente il mio piatto più anello di Tiffany. Audrey Hepburn approvebello. Per carità, mi piacciono tutti, ma trovo rebbe entusiasta. la solarità del riso e oro davvero svettante. È il © RIPRODUZIONE RISERVATA “U L’aceto Oro e argento firmano la qualità dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia Dop. Bollino d’argento per l’invecchiamento superiore ai dodici anni. Per l’oro, gli anni salgono a venticinque, insieme a densità, gusto e ricchezza organolettica RISOTTO ORO E ZAFFERANO L’acqua La Canadian Mineral Water ha inserito speciali filtri d’oro nel processo produttivo dell’acqua minerale Gize, che sgorga dalla sorgente di Spa Springs, in Nova Scotia. Risultato, purezza eccezionale e ricchezza di minerali benefici La ricetta Rabarbaro, caviale e oro zecchino il mio trionfo di tesori nel piatto INGREDIENTI 400 G. DI RISO CARNAROLI; 80 G. DI PARMIGIANO REGGIANO; 80 G. DI BURRO; 1 G. DI PISTILLI DI ZAFFERANO; 3 FOGLIE DI ORO ZECCHINO; 100 G. DI RABARBARO SBOLLENTATO IN ACQUA E ZUCCHERO; 20 G. DI CAVIALE BELUGA CLASSICO; 15 G. DI CAVIALE BELUGA BIANCO (ALMAS); 50 G. DI YOGURT; 70 G. DI CLOROFILLA DI PREZZEMOLO; 1 FOGLIO DI COLLA DI PESCE; 3/4 L. DI BRODO VEGETALE; 10 G. DI CIPOLLA TRITATA La cioccolata I magazzini Harrods di Londra vendono in esclusiva “la più lussuriosa esperienza di cioccolato al mondo”: tartufi di cioccolato fondente e Champagne ricoperti di lamine d’oro, confezionati in una scatola tempestata di cristalli Swarovski E strarre la clorofilla dal prezzemolo, tritandolo fine e facendolo colare in una garza. Legare il liquido con la colla di pesce e far riposare in frigo in un sacchetto da pasticceria. Rosolare la cipolla con metà burro ed extravergine, far lucidare il riso, bagnarlo col brodo e aggiungere lo zafferano. Spegnere dopo 13’ e mantecare con la frusta fuori dal fuoco (appoggiando la pentola su uno straccio bagnato freddo per fermare la cottura) col formaggio e il restante burro freddissimo a dadini. Disporre il riso su un piatto piano ben caldo, decorando con i due tipi di caviale, pois di yogurt, prezzemolo e rabarbaro. Alla fine, le foglie d’oro zecchino, come fossero veli che cadono dall’alto. LO CHEF GIANCARLO MORELLI (“POMIROEU”, SEREGNO, MILANO) DECLINA I RISOTTI CON TALENTO E CREATIVITÀ, COME IN QUESTA RICETTA IDEATA PER REPUBBLICA OSTRICHE IN SALSA DI VINO ROSSO Repubblica Nazionale 2014-12-28 la Repubblica DOMENICA 28 DICEMBRE 2014 37 E i culturometri? U.S. RIMA SE N’È ANDATA EXPEDIT, poi suo fratello Billy. Hanno lasciato un vuoto incolmabile alle pareti del salotto, quelle dove veniva esposto, misurabile, il grado di cultura. È stata l’Ikea a sancire l’inizio della fine della libreria. Per anni immancabile in tutte le case e fonte di aneddoti: l’intellettuale che aveva solo le coste dei volumi, il produttore che ordinava economici al chilo, la brava borghese che disponeva per colore. Mai più. Un kindle, un kobo, un kualunque dispositivo 10x15 spessore portafoglio posato sull’ultima, esigua mensola a ricordare agli ospiti che qui, komunkue, si legge. E alla parete? L’essenza, quella cosa che più la abbatti e più si tira su: il muro. I AVEVA PROVATO ZENO nel romanzo di Svevo, ma l’Ultima Sigaretta rinasceva sempre dalla propria cenere. Hanno tentato con la versione elettronica, ma dopo qualche settimana in cui vedevi improbabili coppie con pipette e caricatori in tinte abbinate, la novità è andata in fumo e sono rispuntate le U.S.. Non le cancellerà la volontà. Neppure la tecnologia. Lo farà la legge. In nome della salute pubblica. Ferita da mille altri vizi di cui non si occupa. P C Faccia la rarità RUDY GIULIANI, il sindaco sceriffo che ripulì Manhattan da senzatetto e mendicanti, avrebbe saputo ideare un sistema così radicale come quello che ha in serbo il futuro: l’abolizione delle monete. Non ci saranno più spiccioli. Qualche banconota per i patiti del genere, che starà ai pagamenti elettronici come il vinile al download. In mezzo, quel che resterà delle carte di credito. Ma i pagamenti avverranno tramite una app che detrarrà dal conto la somma con un bip. Volendo fare l’elemosina, occorrerà trasferirla sull’app del bisognoso. Ma se avrà strumenti hi tech e conti elettronici, che bisognoso sarà? N Circolare, circolare EMMENO I L BLOCCHETTO, LE ISTRUZIONI per la compilazione, il post datato, in lettere e in cifre, al portatore, intestato, con timbro e firma, firmato per girata, con valuta del, emesso il: circolare, circolare! Spariranno gli assegni come hanno fatto prima di loro quelle varianti in scala che furono i miniassegni. Di nuovo, qualcuno collezionerà gli ultimi, in bianco, sperando che un giorno valgano qualcosa. Ma alla fine, come già le banconote, saranno soltanto carta. L’ultimo arrivato D IRLO ORA SEMBRA ASSURDO: addio cellulare. Come doveva sembrare impossibile la sua esistenza e onnipresenza cinquant’anni fa. Ma avete mai visto quello spot di Sky Go in cui un palmare dispiegandosi si trasforma in un tablet che si trasforma in uno schermo televisivo? Ecco, quella cosa lì esisterà presto: tutto in uno avrà un nome inimmaginabile, e starà a volte a parete, altre nel cassetto, altre ancora in tasca. Ma se lo chiamerete telefono si offenderà e sparirà nel nulla da cui, come tutto e tutti, proviene. © RIPRODUZIONE RISERVATA Gronchi cosa? S ALVO SIA UN COLLEZIONISTA di fossili, nes- sun bambino del 2025 avrà il discutibile piacere di leccare il retro di un rettangolino di carta per appiccicarlo su un altro rettangolo di carta. Nessuno spedirà una lettera, nemmeno le banche, le società di servizi, l’agenzia delle entrate. Non ci saranno uffici postali, postini, poste. Ma soprattutto, niente francobollo. Che aggiunto al niente monete farà sparire i già pochi negozi di numismatica e filatelia. Resterà la possibilità di comprare online e vedersi la merce recapitata da un drone. Oblitera questo L EONARDO EXPRESS, DA TERMINI A FIUMICINO. Nella carrozza siamo in quattro: io, uno straniero, un vecchietto, un giovane soldato che parla al cellulare e spiega a una ragazza: «Devi capirlo se non vuole che tu esca da sola: noi uomini siamo così, vogliamo l’esclusiva anche quando non ci vogliamo impegnare. E tu gliela devi dare, capito mi hai? Gliela devi dare!». Passa il controllore donna e verifica i biglietti che vanno obliterati prima della partenza, ma è un obbligo misterioso, mal segnalato. Né lo straniero né il vecchietto hanno adempiuto. Ma vengono graziati. Al soldato chiacchierone: cinquanta euro di multa. Tra dieci anni sparirà il biglietto. Resterà che la legge non è uguale per tutti. Repubblica Nazionale 2014-12-28 la Repubblica DOMENICA 28 DICEMBRE 2014 4 4 d’oro d’argento 39 Un colpo di evidenziatore passato sulla vita MARINO NIOLA L’ UOVA DI QUAGLIA SUL CAVIALE Risotto d’oro Riso nero&argento Brilla come un gioiello il riso a doppia doratura: la prima la dà lo zafferano, la seconda la foglia d’oro appoggiata nel piatto Polvere e pagliuzze d’argento per il Venere tostato, sfumato col vino bianco, tirato con un fumetto mantecato con burro, zenzero e pecorino ZAFFERANO S’ARGIDDA S.S. 197, KM 17,500 SAN GAVINO MONREALE (VS) TEL. 329-3718772 TENUTA BIOAGRICOLA SAN GIOVANNI VIA UBERTO DE OLEVANO 1 OLEVANO DI LOMELLINA (PV) TEL. 335-5729936 Bagel Tujague Alici in tortiera Il panino ideato dallo chef Frank Tujague, con crema di formaggio, scaglie di tartufo bianco, infuso di bacche goji al Riesling e foglie d’oro Effetto argento per il tortino con le reginette del pesce povero, a strati nella teglia, alternate a prezzemolo, aglio e pangrattato, extravergine SANTO FORNO VIA SANTA MONACA 7 FIRENZE TEL. 055-211264 PESCHERIA CORALLO DI FISCHETTI MERCATO DI PIAZZA MADAMA CRISTINA TORINO TEL. 338-4603945 Caviale Salvia fritta Arrivano dall’Iran le uova di storione più pregiate: da esemplari centenari del Mar Caspio, di colore ambrato e traslucido, simile all’oro Le foglie farcite a due a due con acciuga, nella pastella di uovo, farina, acqua. Poi fritte, asciugate, salate e cosparse di pagliuzze d’argento CALVISIUS VIA JOHN KENNEDY CALVISANO (BS) TEL. 030-9686991 GLI AROMI DI RUSSINO CONTRADA S. ROSALIA SCICLI (RG) TEL. 342-0616781 Champagne Confetti Le bollicine Golden Heart contengono mille cuoricini d’oro 24 carati micronizzati, che scompaiono a contatto col palato, come le bollicine Secondo la tradizione di Sulmona, solo mandorle di Avola e saccarosio, in strati sottilissimi, prima del tuffo finale nell’argento DOMAINE DE GOLDEN 418 RUE DE MAS DE VERCHANT MONTPELLIER TEL. (+33) 07-61423657 CONFETTERIA PELINO VIA STAZIONE INTRADACQUA SULMONA (AQ) TEL. 0864-210047 ORO È PREZIOSO perché fa sorridere di felicità. Lo diceva il grande scrittore Alfredo Panzini illuminando di verità quella che può sembrare un’ovvietà. Cioè l’attrazione umana per tutto quello che risplende. Così pagliuzze luccicanti, glitter, strass e metalli preziosi si posano da sempre sugli abiti e sulle tavole delle feste. Cibi compresi. E molto prima del celebre risotto golden di Gualtiero Marchesi. Nei banchetti dell’Italia del Rinascimento, selvaggina, pesci, ostriche e perfino il pane erano letteralmente coperti di preziosissimo oro. Nell’antica Cina, lo dice Marco Polo, lo si mescolava alle pietanze per attirare l’attenzione e la benevolenza degli dei. Mentre gli abitanti dell’America precolombiana, il mitico Eldorado dei Conquistadores, erano addirittura convinti che mangiare il nobile minerale che cattura il sole rendesse gli uomini capaci di levitare e di librarsi nell’aria, al pari delle divinità. E nella Spagna del Seicento il re dei metalli veniva polverizzato nel cioccolato per farlo risplendere di luce propria. Adesso, invece, viene usato nell’alta cucina di pesce per indorare la spigola. O per rischiarare a giorno l’oscurità del nero di seppia. In realtà il fascino millenario e il valore economico dell’oro, sono legati proprio alla sua incorruttibilità. Che ne fa un simbolo di immortalità. Materia prima dell’eternità. Roba da re, da dei e da vip. Quelli che oggi si mettono in coda al Westin Hotel di New York per assaggiare l’esclusivissimo bagel da mille dollari ideato da Frank Tujague a base di crema di formaggio, gelatina di Riesling, laminatura di tartufo bianco e, ça va sans dire, oro. Un piatto da divi nel vero senso della parola, dal sanscrito *div che significa splendore. O da ricchi, perché anche in questo caso la radice del termine dice più di qualunque ragionamento, visto che la ricchezza viene dall’antico indiano “rag” che vuol dire brillante. Insomma più si ha più si risplende. E viceversa. Forse per questo Oscar Wilde considerava lo scintillio del satin giallo un antidoto contro il mal di vivere. E per la stessa ragione, in fondo, le statue del Buddha, l’illuminato per antonomasia, sono sfolgoranti d’oro. Come le icone bizantine, le aureole dei santi, le maschere dei Faraoni e quella del Re Sole. Mentre le tombe degli imperatori Incas venivano ricoperte di foglie dorate per conservare l’essenza della sovranità sigillandola in un simulacro immortale. L’oro funziona dunque da display del potere, del privilegio, dell’energia. È un colpo di evidenziatore passato sulla vita. Per far brillare il sole anche di notte. © RIPRODUZIONE RISERVATA RISO AL NERO DI SEPPIA E ARGENTO Repubblica Nazionale 2014-12-28 la Repubblica LA DOMENICA DOMENICA 28 DICEMBRE 2014 40 L’incontro. Àuguri LA COORDINAZIONE CON LA PSICANALISI È FONDAMENTALE ANCHE SE FREUDIANI, LACANIANI E JUNGHIANI NON LO AMMETTONO IO HO MANDATO TANTE PERSONE DALL’ANALISTA: IN CERTI CASI È MOLTO PIÙ UTILE E PREZIOSO DEL SOTTOSCRITTO Giocava a calcio nelle giovanili del Milan, poteva fare il jazzista, il poeta dadaista, il critico d’arte o il monaco buddista. Invece è diventato l’uomo delle stelle grazie ai suoi seguitissimi oroscopi molto originali e un po’ nebulosi. Senza avere nulla del mago, ma tanto dell’artista e anche dello psicologo: “Il cielo non mente, basta studiarlo. Io non credo in niente, ma l’astrologia è una scienza precisa. Esercita un fascino straordinario nostro figlio, anche troppo ossessivamente, e ogni tanto intervengo per placarne certe ansie». L’amore fa commettere errori che gli astri possono preve«Guardi la coppia Berlusconi-Lario, che essendo lui Bilancia e lei Cancro, cioè molto sensibile, non poteva che divorziare. Comunque è meglio non guarperché innesca l’immaginazio- dere? dare troppo direttamene nel Dna del proprio amore, altrimenti si perde il gusto, ma un’occhiata “laterale” furtiva, è fondamentale per non andare incontro Pesatori infiamma i lettori di D di Repubblica anche sul sito, e pune, è una macchina per riflettere real dis/astro». quelli di Rsera su iPad. Aumenta lo chic del mensile Vogue anche online con le sue alate visioni dettate dai pianeti; e fa pure counseling nel suo sito, «a prezpopolari, trenta euro per trenta righe, sessanta per settanta righe, centoe dà risposte quasi sempre affi- zitrentaquattro per novanta minuti via Skype, Iva compresa». L’astrologia ha una sua nobile vecchiaia, risalendo al secondo millennio a.C., Cina, poi Grecia e Roma. Riportata in Europa secoli dopo da tedabili”. Sì, ma come sarà il 2015? instiMesopotamia, arabi tradotti in latino, augusti scienziati divennero anche astrologi di corte, come Keplero e Galileo. Poeti come Dante o Chaucer e drammaturghi come e Shakespeare usarono l’astrologia nelle loro opere. A sua volta Pesa“Un grande anno per il Cancro” Marlowe tori ha fatto l’oroscopo a Keplero (Capricorno), Galileo (Pesci), Dante (Gemel- Marco Pesatori NATALIA ASPESI MILANO P OTREBBE ESSERE UN CRITICO D’ARTE, un giornalista di riviste intellettua- li, un poeta di massima raffinatezza, un esperto di calcio, un solista jazz, un monaco buddista: infatti si è laureato in storia della critica d’arte con una tesi sul movimento Dada, ha collaborato con Gianni Sassi nelle redazioni di Alphabeta, La Gola, Scienza Esperienza, e incontrato poeti come Ferlinghetti e Ginsberg o compositori come John Cage. Era calciatore nelle giovanili del Milan, negli anni difficili, quelli delle rivolte studentesche e del terrorismo, «mi sentivo smarrito e ho preferito frequentare il monastero Zen di Milano». Alla fine Marco Pesatori è diventato la star che confabula coi pianeti per dirci chi siamo, chi potremmo essere, quali sogni potremmo realizzare e quali disastri dovremmo evitare: si immerge nel cielo sventolando una data di nascita e compone oroscopi simili a poesie segnate da un ritmo jazz, mosse da un vigore calcistico, elevate da una filosofia buddista e basate su una visione molto dada della vita. Per il Cancro, e quindi anche per me, in una settimana di dicembre ha visto che «la sacrosanta richiesta di coccole agli organi preposti, su carta semplice o bollata, non riceve ancora degna risposta… non sorprende se qualcuna fila verso il Santo Natale con linee di stanchezza sulle guance e sulla fronte…». Cioè? È la nebulosità a rendere affascinanti i suoi oroscopi, non bisogna capirli, e infatti in tanti non li capiscono e per questo li adorano, ma interpretarli con il turbinare della nostra fantasia e adattarli ai nostri desideri, per consolarci dei personali casini: con lui si entra in un mondo fatato e possibile, con il permesso di inventarcelo. E lei Pesatori ci crede? «Io non credo in niente, ma l’astrologia è una scienza molto precisa, il cielo non mente, basta studiarlo». Sbagliando, ci si aspetta un mago Otelma con in testa la mitria, o io penso rabbrividendo a una certa maga che aveva il suo studio accanto al mio, che mi faceva spaventosi dispetti e che IL MIO IDOLO È TOLOMEO, UNA SPECIE DI FRANK ZAPPA, MA LA PIÙ GRANDE DEL NOVECENTO ERA LISA MORPURGO PECCATO CHE NON ABBIA CONSULTATO GLI ASTRI PRIMA DI SPOSARMI: ORA SIAMO SEPARATI PERÒ LA MIA EX MOGLIE È UN’OTTIMA MADRE riempiva le scale di sue adoranti vittime molto paganti. Invece Marco Pesatori è uno di quei bei sessantenni eleganti (di persona più carino che nelle foto) dai folti capelli grigi, dalla risata sincera e la voce da divo americano, che deve far stragi tra le signore, non necessariamente a caccia di oroscopi, ed è forse per simpatica difesa che si fa accompagnare dal giovane e silenzioso figlio Federico che lo guarda adorante. Prima di sposarsi ha consultato l’oroscopo della sua futura moglie? «Purtroppo no, infatti siamo separati, però lei è un ottima madre. È esperta e quasi ogni giorno segue il tema natale di li) Shakespeare (Toro), ma anche ad Andy Warhol (Leone), a Doris Lessing (Bilancia), e ad altre centinaia di celebrità, defunte e vive, in uno dei suoi tanti libri Astrologia per intellettuali (Neri Pozza); ultimo, coltissimo testo, Urano e la cerimonia del tè (Feltrinelli). L’astrologia, che ha invaso i secoli come una parola divina, da sempre combattuta dalla Chiesa, ha cominciato a essere giudicata una pseudoscienza, anzi, una non scienza, dice Pesatori, con l’Illuminismo, ma le cose stanno cambiando. Molti scienziati amano l’astrologia, per esempio il premio Nobel della chimica Kary Mullis, autore di Ballando nudi nel campo della mente. La fisica quantistica sta aprendo gli occhi sulla grande connessione di tutto con tutto e sull’unico ritmo cosmico che regge l’universo. E poi, è certo Pesatori «la coordinazione tra psicanalisi e astrologia è fondamentale. Freudiani, lacaniani, junghiani hanno a che fare con l’astrologia anche se non vogliono ammetterlo, e io ho mandato molte persone che venivano da me verso una consultazione analitica, in certi casi molto più utile e preziosa che non quella astrologica». Siamo sommersi da oroscopi e astrologi molto amati, su riviste femminili, settimanali e quotidiani politici, appositi mensili, e una foresta di reti televisive e siti internet. Sempre e soprattutto adesso, noi, popolo turbato e insicuro chiediamo lumi ai pianeti, in attesa di un 2015 quanto mai pericolante, che l’informazione, non consultando lo zodiaco, prevede minaccioso. L’astrologia ci lascia invece molte vie d’uscita e rosee avventure personali: anche Pesatori, che è uno stakanovista del cielo, come altri colleghi, ha già pubblicato il suo libro, Oroscopo 2015 (Fabbri), «amore, passione, fortuna, lavoro, le stelle disegnano il tuo cammino, ora puoi iniziare a danzare». E io? «Non avere contro il proprio segno alcun pianeta lento o semilento è già una straordinaria notizia, anche se ci può essere l’eccezione di qualche isolato caso con particolari pianeti personali sotto pressione. Il novanta per cento di voi va incontro a un grande anno». E se io sto nel restante dieci? Peggio per me. I tempi grami danno un superlavoro a cartomanti, maghi, sensitivi, psicoveggenti, esoteristi, esperti in ritualistica bianca, lettori di tarocchi e sibille, che assicurano sempre il meglio e ci sono anche certi sventati che promettono pozioni e maledizioni. Ma pure gli astrologi, sebbene intellettuali, sono molto più impegnati che nel GRILLO È UN CANCRO CHE HA SEMPRE BISOGNO DI AFFETTO COME UN BAMBINO, SENNÒ SPACCA TUTTI I GIOCHI. RENZI? HA L’ASCENDENTE DI RAFFAELLA CARRÀ, MA È CAPRICORNO COME ANDREOTTI passato, anche quando poco professionali, con i loro seguaci chic. L’astrologia, dice Pesatori, «ha ancora un fascino straordinario e centinaia di migliaia di cultori: perché dà risposte quasi sempre affidabili, ma anche innesca l’immaginazione, il gioco delle associazioni. È una macchina per riflettere e pensare». Ai miei tempi gli astrologi facevano soggezione e si preferivano le care cartomanti dai tinelli cupi e profumati di minestrone, cui si chiedeva solo dove trovare un principe azzurro, e che sempre predicevano “Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni”; diventato nel 2010 il titolo di un film di Woody Allen. Il filosofo Adorno in Stelle su misura scrive che l’oroscopo serve a rafforzare il pensiero dominante, quindi l’astrologia oggi deve opporsi a questa deriva e ribellarsi ai modelli che consolando addormentano le coscienze. «Ogni tempo ha un modo di guardare all’astrologia e io ho le mie star: Tolomeo che assomiglia a Frank Zappa, Ficino perché vicino a un certo stile junghiano, e tra i contemporanei Sicuteri, Barbualt e soprattutto Lisa Morpurgo, la più grande del Novecento, mia amica, che volle conoscermi quando nel 1986 uscì il mio Sotto il segno del pallone (Bompiani-Sonzogno), con un sottotitolo non da curva Nord, “libro di alchimia astrologica dadaista applicata al calcio”». Inutile fare l’oroscopo alla nostra affaticata politica, ma magari a qualche personaggio di spicco… «Per esempio la Serracchiani è Scorpione, una stratega freddissima e inflessibile, che gira per i corridoi con la frusta magiara nascosta dietro la schiena, eroticissima; Grillo è un Cancro che ha sempre bisogno di sentire l’affetto attorno a sé come un bimbo che, se non riceve il bacino quotidiano, spacca tutti i giochi. Salvini è un Pesci con ascendente Scorpione, si può quindi definire un barracuda travestito da sogliola o viceversa, una sogliola travestita da barracuda». E Renzi? «Renzi ha l’ascendente Gemelli e quindi richiama un po’ Raffaella Carrà, Mike Bongiorno e Pippo Baudo, ma poi è un Capricorno come Andreotti». © RIPRODUZIONE RISERVATA Repubblica Nazionale 2014-12-28
© Copyright 2024 Paperzz