EDUCAZIONE alla MEMORIA STORICA CINEFORUM _Il PREZZO della PACE e della LIBERTA’_ Auditorium Cappelli 2 dicembre 2014 "Io, il mio discorso l'ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me." Giacomo Matteotti, Discorso alla Camera, 30 maggio 1924 “Si dice: il fascismo è un'orda di barbari accampati nella nazione; è un movimento di banditi e di predoni! Si inscena la questione morale, e noi conosciamo la triste storia delle questioni morali in Italia. Ma poi, o signori, quali farfalle andiamo a cercare sotto l'arco di Tito? Ebbene, dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere! Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l'ho creato con una propaganda che va dall'intervento ad oggi”. Benito Mussolini, Discorso alla Camera, 3 gennaio 1925 Martedì 2 dicembre le classi 2^ e 3^ della Scuola Secondaria di 1° grado dell’Istituto Comprensivo “A. R. Chiarelli”, hanno partecipato al 2° incontro della rassegna di cineforum “Il Prezzo della Libertà e della Pace”, a cura dell’Università del Tempo Libero di Cisternino (BR) e della Federazione Italiana Associazioni Partigiane. Gli alunni, accompagnati dai rispettivi docenti e dalla prof.ssa Maria Pia Pugliese, referente del Progetto “Educazione alla Memoria Storica”, hanno preso visione del film del 1973 “Il Delitto Matteotti” con Franco Nero, Vittorio De Sica e Mario Adorf, per la regia di Florestano Vancini, musiche di Egisto Macchi. Prima della proiezione del film in oggetto, la prof.ssa Caroli ne ha efficacemente delineato il quadro sociopolitico e culturale di riferimento. Giacomo Matteotti è noto per essere uno dei primissimi martiri politici dell’antifascismo, ucciso dopo l’omicidio in Puglia del deputato socialista Giuseppe Di Vagno. Eppure il vero movente di quel delitto è ancora poco noto all’opinione pubblica, come in apertura ha sottolineato il prof. Mario Gianfrate, storico, autore di testi teatrali, ricercatore presso la Fondazione Di Vagno e direttore del settimanale online “Il SudEst”. Il 30 maggio 1924 Matteotti pronuncia alla Camera parole di fuoco per contestare i risultati delle elezioni datate 6 aprile, in cui si richiedeva di invalidare l’elezione almeno di un gruppo di deputati illegittimamente eletti a causa delle violenze e dei brogli perpetrati dagli squadristi. Il 10 giugno Matteotti esce di casa da via Pisanelli, al civico 40, per recarsi alla Biblioteca della Camera per ultimare il testo di un discorso, quando sul Lungotevere Arnaldo da Brescia viene raggiunto da un commando della Ceka fascista (antesignana dell’Ovra) al comando di Amerigo Dumini, che lo sequestrano, lo caricano con violenza su una Lancia Kappa noleggiata da Filippo Filippelli, direttore del quotidiano fascista «Corriere Italiano», e partono a gran velocità in direzione di Ponte Milvio. In auto scoppia un violento alterco e il fascista Giuseppe Viola accoltella Matteotti, che muore. Il corpo verrà seppellito a Macchia della Quartarella, un bosco nel comune di Riano a 25 chilometri da Roma. La salma in decomposizione verrà ritrovata il 12 agosto 1924 da un cantoniere. Stele Monumento a Matteotti Roma Il primo giudice istruttore che si occupa del caso è l'integerrimo magistrato pugliese (originario di Rodi Garganico) Mauro Del Giudice, che infatti viene prima minacciato dal regime fascista, e infine prontamente estromesso dalle indagini. Il 3 gennaio 1925 Benito Mussolini tiene un discorso alla Camera in cui si assume "la responsabilità politica, morale e storica" di quanto era avvenuto in Italia negli ultimi mesi, discorso che è ritenuto dagli storici l’atto costitutivo del fascismo come regime autoritario. Nel 1926 si svolge a Chieti un processo farsa in cui il pubblico ministero Del Vasto, durante la requisitoria, divide il capo di accusa in due momenti ben distinti. Il primo è l’ordine di sequestro, il secondo è l’uccisione. I due capi di imputazione non vengono collegati, e quindi chi ha dato l’ordine del sequestro non ha dato quello di uccidere; chi ha ucciso lo ha fatto involontariamente. La cosa ancora più farsesca è che a difendere gli esecutori fu incaricato Roberto Farinacci, ras di Cremona, esponente di spicco dell’ala oltranzista e in seguito filonazista del fascismo, e all’epoca segretario nazionale del PNF, che trasforma l’udienza in un processo politico all’antifascismo italiano. La magistratura però sarà decisamente mite con gli imputati: il 24 marzo 1926, infatti, la Corte d’Assise riconosce gli squadristi Cesare Rossi e Giovanni Marinelli colpevoli dell’ordine di sequestro e Filippo Filippelli per avervi cooperato. Però, essendo i loro reati estinti per l’amnistia del 31 luglio 1925, verranno subito rimessi in libertà. I sequestratori Viola e Malacria sono assolti per non aver commesso il fatto; Volpi, Dumini e Poveromo invece sono condannati a cinque anni 11 mesi e 20 giorni, che, sempre in virtù dell’amnistia, si ridurranno a solo altri due mesi di prigione. Giustizia – per modo dire, proprio come ai tempi odierni – è stata fatta. Il Regime superò, infatti, questo momento critico, apprestandosi ad avviarsi verso il totalitarismo. Alla conclusione della proiezione il prof. Gianfrate ha commentato e spiegato a docenti e alunni alcuni passaggi fondamentali del film. L’assassinio di Matteotti, visto a distanza, non fu soltanto un delitto di Stato. Fu per i modi in cui accadde e per i contraccolpi, il nodo d’una doppia vergogna: dei mandanti e dei sicari, pagati dai criminali fascisti, ma anche degli antifascisti di poca saldezza, divisi e pavidi. In modo diverso, colpevoli anch’essi. Il merito primo del regista Vancini sta nell’aver avuto ben chiara questa idea e nell’aver concepito il film non già come una biografia romanzata del segretario del partito socialista unitario (il cosiddetto riformista) bensì, come un intenso affresco della vita politica italiana d’allora, composto di galantuomini e canaglie, di idealisti e trafficanti, di astuti capitani d’industria e di cardinali d’occhio lungo: un bel ventaglio di tipi che nel momento in cui si modellava il destino del paese si schiudesse alla fantasia di un romanziere in vena d’intrighi, una fitta rete di passioni e una fosca scacchiera di calcoli. Dal «giallo» si passa presto al dibattito ideologico, al confronto fra i partiti e i loro leaders. Ecco dunque Gramsci, ecco Amendola, e Turati, e con loro don Sturzo, Lussu, Treves, Modigliani, De Gasperi, e a Torino Gobetti... Tutti i politici coinvolti nelle battaglie di ieri, e alcuni anche in quelle del secondo dopoguerra, padri o patrigni della patria, sono qui i protagonisti di una partita giocata a carte coperte tra i fascisti da un lato, torvi affossatori della democrazia, aiutati dalla corona, dal Vaticano, da industriali ed agrari, e i loro avversari dall’altro, uomini spesso d’alta statura morale ma incapaci di comprendere che il momento non chiedeva soltanto gesti clamorosi quali l’Aventino, per cui le opposizioni abbandonarono il parlamento, bensì, ove il paese non fosse rassegnato, concreti interventi, e almeno un tentativo di ricorso alle masse. Di questa partita, impari e obliqua, conclusa col trionfo di Mussolini, il più abile e cinico di tutti, e col suo discorso del 3 gennaio ‘25 che segnò l’atto di nascita della dittatura, il film di Vancini dà una cronaca minuziosa, dove il patetico è messo in fuga dallo scrupolo documentario, per cui si ritrovano testi dell’epoca e brani di lettere autentiche, e dove l’intarsio di mosse e contromosse produce uno spettacolo di forte tensione, reso omogeneo dal tono realistico e dalla correttezza figurativa. Il prof. Gianfrate, autore del libro “Il Mandante”, scritto con Nicola Colonna ed edito da Suma nel 2012, ha integrato gli argomenti in discussione con la tesi storicamente comprovata, ma sconosciuta nel 1973, anno di uscita del film, circa il reale movente politico che portò all’assassinio di Matteotti. Gli interessi dei petrolieri texani della Sinclair Oil in Italia ed un episodio di corruzione, che vedeva coinvolti Arnaldo Mussolini, fratello del Duce, ed il Re Vittorio Emanuele III, erano stati scoperti da Giacomo Matteotti, il quale proprio il 30 maggio del 1924 aveva preannunciato di rivelare con prove documentarie nella seduta successiva della Camera. Da oppositore a provocatore, quindi. Quando venne rapito l’on. Matteotti non aveva la scorta. E quando venne inscenato il processo per assolvere mandanti ed esecutori dell’omicidio, la vedova non si presentò in tribunale; inviò una lettera al giudice chiedendo esclusivamente di riavere il corpo del marito. E la sua valigia con i documenti, sottratta da Dumini, non fu mai ritrovata. Il prof. Gianfrate, in seguito, ha risposto con entusiasmo alle domande poste dagli alunni Francesca Ricca e Gaia Grassi della classe 2^A, Gianni Nacci, Riccardo Semeraro e Francesca Spezio della classe 2^C, Christian Conserva e Alessio Spezio della classe 3^A. In chiusura, in merito alla Mostra documentaria sulla Grande Guerra in esposizione presso l’Aula Magna “Giambattista Tedesco” del Plesso Battaglini, egli ha preso in esame le medaglie al valor militare conferite ai Cavalieri di Vittorio Veneto: Calella Tommaso, bisnonno dell’alunna Donatella Calella 2^C Conserva Vincenzo, bisnonno delle alunne Federica e Francesca Spezio 2^C Pizzigallo Vitantonio, bisnonno dell’alunna Greta Pia Basile 2^C Congedandosi, il prof. Gianfrate ha ricordato a tutti i presenti che: “Occorre impegnarsi nella vita di tutti i giorni come se i problemi sociali dipendessero da ognuno di noi. Occorre operare una scelta, una scelta giusta, pur sapendo che essa non avrà mai una convenienza personale”. “Uccidete pure me, ma l'idea che è in me non l'ucciderete mai.” Il delitto Matteotti, 1973
© Copyright 2024 Paperzz