Perfenazina, amitriptilina e perfenazina-amitriptilina

Clinical psychopharmacotherapy
Perfenazina, amitriptilina e perfenazina-amitriptilina:
ruolo nella pratica clinica
Perphenazine, amitriptyline and perphenazine-amitriptyline: role in clinical practice
A. Fagiolini, A. Cuomo
Università di Siena, Dipartimento di Medicina Molecolare e dello Sviluppo, Sezione Psichiatria
Summary
Typical antipsychotics, also called conventional antipsychotics,
first-generation antipsychotics or major tranquilizers, and tricyclic antidepressants, are drugs developed since 1950 and still
used in the treatment of many psychiatric disorders, despite several compounds that were developed later, with the intention of
improving their therapeutic response and tolerability. Although
the efficacy, tolerability, value and usefulness of the new com-
pounds are undeniable, none of these is so effective and tolerated to make us consider the older generation drugs as always
and completely overtaken. This paper evaluates and reviews the
pharmacological and clinical properties of perphenazine, amitriptyline and the association of these two medications.
Introduzione
napina, clozapina, olanzapina, quetiapina, paliperidone, risperidone e ziprasidone). Come accennato sopra,
gli antipsicotici tipici di prima generazione, sono stati
introdotti in terapia negli anni ‘50; gli antipsicotici atipici di seconda generazione sono invece stati introdotti
a partire dagli anni ‘90 (con l’eccezione della clozapina, prima introdotta, poi ritirata dal commercio e poi di
nuovo introdotta), nel tentativo non solo di aumentarne
l’efficacia, ma anche di ridurre gli effetti collaterali, in
particolare le manifestazioni extrapiramidali, propri delle molecole di prima generazione 1 2. Tuttavia, effetti collaterali come l’aumento di peso e altri disturbi metabolici associati con l’uso dei nuovi antipsicotici hanno finito
con il porre in dubbio il fatto che questi farmaci siano
più sicuri sempre e comunque rispetto ai loro predecessori. Queste preoccupazioni sono state accresciute dai
dati epidemiologici relativi ai pazienti affetti da schizofrenia, che indipendentemente dal trattamento tendono
ad avere un’aspettativa di vita ridotta rispetto alla popolazione generale e a presentare una maggiore incidenza
di malattie cardiovascolari, infettive e respiratorie 3. Al
fine di valutare l’efficacia relativa e la sicurezza degli
antipsicotici di seconda generazione, negli anni scorsi
è stato effettuato negli Stati Uniti un trial multicentrico
(Clinical Antipsychotic Trials for Intervention Effectiveness, CATIE), che li ha confrontati con un antipsicotico
tipico, la perfenazina 2. In questo studio, la perfenazina
ha dimostrato un livello di efficacia simile a quello degli
antipsicotici di seconda generazione, con un’incidenza
Il trattamento farmacologico della psicosi e della depressione è iniziato negli anni ’50, con la scoperta delle fenotiazine (come la perfenazina), degli inibitori delle
monoaminossidasi e degli antidepressivi triciclici (come
l’amitriptilina). Diversi farmaci sono stati sviluppati successivamente, con l’intento di migliorare la risposta terapeutica e la tollerabilità, ma, nonostante l’indubbio valore
di tali nuovi composti, nessuno di questi è risultato tanto
efficace e tollerato da far considerare completamente sorpassati i farmaci di più vecchia generazione, che a buon
diritto sono ancora compresi nel nostro armamentario terapeutico. In questo articolo, verranno valutate e descritte
le proprietà farmacodinamiche, l’efficacia clinica e la tollerabilità della perfenazina, dell’amitriptilina e dell’associazione dei due farmaci.
Perfenazina
Negli ultimi decenni la principale categoria di composti
utilizzati nel trattamento delle psicosi è stata quella dei
farmaci antipsicotici: attualmente esistono oltre 70 molecole che hanno come meccanismo comune la capacità di bloccare i recettori D2 della dopamina e sono state
classificate in due gruppi: i farmaci antipsicotici di prima
generazione (come perfenazina, clorpromazina, aloperidolo, ecc.), chiamati anche tipici, e gli antipsicotici di
seconda generazione o atipici (come aripiprazolo, ase-
Key words
Perphenazine • Amitriptyline • Perphenazine-amitriptyline
Correspondence
A. Fagiolini, Department of Mental Health, University of Siena, AOUS, USL7, viale Bracci 1, 53100 Siena, Italy • E-mail: [email protected]
Journal of Psychopathology 2014;20:69-79
69
A. Fagiolini, A. Cuomo
di effetti extrapiramidali non superiore a essi. è opportuno tuttavia ricordare che lo studio CATIE ha escluso
i pazienti con discinesia tardiva dall’assegnazione al
gruppo trattato con perfenazina, con potenziale esclusione indiretta dei pazienti a maggior rischio per altri
effetti extrapiramidali. è comunque anche opportuno
notare che altri studi hanno dimostrato che l’incidenza
di effetti collaterali extrapiramidali nei pazienti trattati
con perfenazina è simile a quella osservata nei pazienti
trattati con risperidone 4-6.
In un’analisi sui pazienti che hanno interrotto perfenazina nello studio CATIE, e sono stati assegnati a un altro farmaco a causa di effetti collaterali extrapiramidali,
Stroup et al. hanno osservato che questi soggetti tolleravano olanzapina e quetiapina meglio del risperidone,
suggerendo dunque l’esistenza di un sottogruppo di pazienti particolarmente sensibili agli effetti collaterali extrapiramidali, che tollerano meglio farmaci come olanzapina e quetiapina e peggio farmaci come perfenazina e
risperidone 7.
Infine, è utile notare che gli Autori dello studio Catie
riconoscono che la perfenazina è uno degli antipsicotici
tipici con minori rischi di effetti extrapiramidali ma, allo
stesso tempo, specificano che i risultati relativi alla perfenazina non possono essere applicati ad altri antipsicotici
tipici, come ad esempio l’aloperidolo 7.
Meccanismo d’azione
Il meccanismo d’azione della perfenazina è simile a quello degli altri antipsicotici e consiste nel blocco del recettore D2 della dopamina a livello cerebrale, in particolare
nella corteccia temporale e striatale e nell’ipotalamo,
come è stato dimostrato anche con studi PET (Positron
Emission Tomography) e SPECT (Single Photon Emission
Computed Tomography) 8 9. Tali studi hanno evidenziato
come una soglia di occupazione dei recettori D2 compresa tra il 65 e l’80% sembri rappresentare la finestra
terapeutica atta a minimizzare il rischio di insorgenza di
effetti extrapiramidali per gli antipsicotici di prima generazione. L’importanza dei meccanismi dopaminergici
nella psicosi e dell’effetto antidopaminergico degli antipsicotici è stata ampiamente dimostrata (Fig. 1) 10. Tuttavia, va ricordato che ogni farmaco ha un suo specifico
profilo recettoriale, che lo caratterizza e ha importanti
conseguenze non solo per la sua efficacia antipsicotica
(Tab. I) 11, ma anche per gli effetti collaterali 11: la perfenazina, oltre a un’elevata affinità per i recettori D2, ha
un profilo peculiare nell’ambito degli antipsicotici tipici,
in quanto ha affinità per quelli serotoninergici 5-HT2A,
alfa1-adrenergici e H1-istaminergici, mentre ha bassissima affinità per quelli serotoninergici 5-HT1A e 5-HT2C,
alfa2-adrenergici e anticolinergici sia centrali (M1) che
periferici (M2-4) 7. L’affinità per i recettori 5-HT2A, che
70
è propria soltanto della perfenazina nell’ambito degli
antipsicotici di prima generazione, è particolarmente
importante: essa determina infatti una ridotta incidenza
di effetti collaterali extra-piramidali e un rilevante effetto antipsicotico/antimaniacale, oltre a non indurre un
peggioramento delle funzioni cognitive e dell’umore
(Tab. II). Queste caratteristiche la rendono più simile a
un antipsicotico di seconda generazione che a uno di prima generazione. Inoltre la notevole affinità per i recettori
istaminergici H1 ne spiega l’azione sedativa (e, almeno
in parte, ansiolitica), che può risultare ideale nei quadri
clinici che presentano agitazione psicomotoria, aggressività, insonnia. Infine, la scarsa attività adrenolitica e
anticolinergica è alla base degli scarsi effetti collaterali
cardiovascolari e anticolinergici. In effetti, studi clinici
dimostrano che la perfenazina, rispetto ad altri antipsicotici di prima generazione come l’aloperidolo 12, tende
ad avere una minore incidenza di effetti extrapiramidali
(per il bilanciamento del rapporto anti-D2/anti-5-HT2A)
e di effetti anticolinergici, avendo uno spettro recettoriale
simile a quello del risperidone 13. In un recente studio 14,
l’incidenza di effetti extrapiramidali dovuti a perfenazina
era infatti simile a quella di alcuni antipsicotici di seconda generazione (olanzapina, quetiapina, risperidone e
ziprasidone).
Efficacia clinica
L’efficacia clinica della perfenazina nel trattamento della schizofrenia è stata dimostrata in numerosi studi: in
una Cochrane review 15 sono stati presi in considerazione 25 studi clinici, che comprendevano circa 2500 pazienti; in 6 perfenazina è stata confrontata con placebo
e in 20 con altri antipsicotici. I risultati di questa metaanalisi hanno dimostrato che la perfenazina ha un effetto terapeutico maggiore rispetto al placebo e simile a
quello di altri farmaci antipsicotici nel trattamento della
schizofrenia. Risultati simili, come è detto, sono stati
evidenziati nello studio CATIE 2. Questo effetto vale per
tutto lo spettro delle manifestazioni della schizofrenia,
compresi i comportamenti violenti, in cui anzi la perfenazina ha dimostrato di avere una maggiore efficacia
rispetto alla quetiapina 16. In effetti, avendo proprietà
sedative e ansiolitiche, la perfenazina può essere particolarmente utile nei pazienti psicotici agitati e disforici.
Anche dal punto di vista dei sintomi depressivi che si
manifestano nella schizofrenia cronica, la perfenazina,
a differenza dell’aloperidolo 17, ha dimostrato un’efficacia comparabile con quella degli antipsicotici di seconda generazione (olanzapina, quetiapina, risperidone
e ziprasidone), come evidenziato dalle variazioni del
punteggio della scala CDSS (Calgary Depression Scale
for Schizophrenia) 18.
Perfenazina, amitriptilina e perfenazina-amitriptilina: ruolo nella pratica clinica
Predisposizione
genetica/ambientale
La diminuzione della rilevanza
permette la risoluzione
del sintomo attraverso
processi di “estinzione
e disimparamento”
Disregolazione della
trasmissione dopaminergica
e del rilascio di dopamina
Aberrante interpretazione delle nuove
informazioni e anomala attribuzione
di importanza a stimoli esterni
e a rappresentazioni interne
Il paziente cessa la terapia
Si verifica una ricaduta
I deliri rappresentano uno schema
cognitivo che il paziente sviluppa
per concettualizzare
le esperienze anomale
Gli antipsicotici bloccano
la dopamina e modulano l’attribuzione
di rilevanza ai sintomi
Quando queste irregolari percezioni
alterano il comportamento
o causano stress,
catalizzano l’attenzione
Gli antipsicotici possono anche
ridurre l’intensità motivazionale
degli eventi normali
Figura 1.
Rappresentazione diagrammatica dell’ipotesi che lega la dopamina alla psicosi e agli antipsicotici (da Kapur et al., 2005) 10.
Diagrammatic representation of the hypothesis that dopamine binds to psychosis and antipsychotics (from Kapur et al., 2005) 10.
Tollerabilità
Per quanto riguarda gli effetti collaterali, oltre a quelli di
tipo extrapiramidale cui si è già accennato, per i quali
non è stata dimostrata una maggiore incidenza rispetto al
trattamento con antipsicotici di seconda generazione 2,
perfenazina possiede bassa attività anticolinergica 19 e
un profilo metabolico migliore di quello di molti antipsicotici di seconda generazione: in uno studio 20 che ha
preso in considerazione le manifestazioni della sindrome
metabolica, che come è noto, è legata a un’aumentata
incidenza di diabete mellito, dislipidemia, ipertensione,
con aumentato rischio di cardiopatia ischemica, perfenazina ha ridotto la circonferenza della vita, un importante
indice di obesità addominale e rischio cardiovascolare,
al contrario degli antipsicotici di seconda generazione,
tra i quali soprattutto olanzapina e quetiapina, ma anche
risperidone, con variazioni significativamente differenti e
più sfavorevoli rispetto a perfenazina. L’uso di perfenazina era associato anche a una riduzione dei valori di pressione arteriosa, sia sistolica che diastolica, probabilmente come effetto del blocco dei recettori alfa1-adrenergici.
In un altro studio prospettico randomizzato 21, che ha
stimato il rischio di sviluppare cardiopatia ischemica a
10 anni, perfenazina, risperidone e ziprasidone sono risultati associati a una riduzione del rischio, a differenza
di olanzapina e quetiapina; tale differenza era statistica-
mente significativa per olanzapina rispetto a perfenazina
e risperidone nel sesso maschile. In effetti, l’Associazione
Americana di Psichiatria e quella di Diabetologia raccomandano ai clinici di essere attenti nell’uso di farmaci
con potenziali implicazioni metaboliche, specialmente
con olanzapina e clozapina, e di monitorare tutti i criteri
della sindrome metabolica: circonferenza addominale,
livelli sierici di colesterolo HDL e trigliceridi in tutti i pazienti in trattamento con antipsicotici atipici. Per quanto
riguarda il rischio cardiovascolare, è noto che vi sono
antipsicotici che sono stati riconosciuti dalle Autorità regolatorie come capaci di aumentare il rischio di Torsione
di punta, in particolare aloperidolo e clorpromazina 22. A
questo proposito il Pharmacovigilance Working Party (un
organo tecnico dell’EMEA) ha emanato un atto regolatorio che è stato recepito a livello italiano attraverso una
determinazione che prescrive l’esecuzione di indagini
cardiologiche nei pazienti che devono essere sottoposti a
trattamento con aloperidolo.
Rapporto costo-efficacia
A causa del costo notevolmente inferiore della perfenazina rispetto agli antipsicotici di seconda generazione, gli
studi che hanno preso in considerazione il rapporto costo/
efficacia hanno dimostrato la superiorità della perfenazina: ad esempio, in uno studio 23 condotto su quasi 1500
71
72
660c
N/A
> 1.600c > 10.000c
N/A
N/A
> 10.000c > 10.000c
350c
8.318c
27c
5,09c
1.520c
N/A
M4
AMI: amisulpride; ARI: aripiprazolo; ASE: asenapina; CLO: clozapina; ILO: iloperidone; OLA: olanzapina; PALI: paliperidone; QUE: quetiapina; SER: sertindolo; ZIP: ziprasidone; HAL:
aloperidolo; MOL: molindone; PER: perfenazina
a
I dati sono rappresentati come costante di equilibrio (Ki) (nM), cioè quantità nanomolare di antipsicotico necessaria a bloccare il 50% dei recettori in vitro. Perciò un numero inferiore
denota una maggiore affinità di legame recettoriale; b Agonismo parziale; c Dati ottenuti da recettori cerebrali umani clonati; d Dati provenienti dal ratto; e Dati provenienti dalla cavia.
500
8
1.500
N/A
1.848c
80
8
80
190
154
600
3,4
5.2
19
440
4,6
260
>10.000c
c
c
c
c
> 10.000 > 10.000 120
5.000
300 c
> 10.000
>10.000
> 10.000c > 10.000c 630c
N/A > 3.000c > 10.000c
N/A
> 10.000c > 10.000c 1.320c 2.692c > 1.300c > 10.000c > 10.000c
280
0,08
2,5c
622c
126c
1.600d
> 10.000e
N/A
N/A
N/A
a2
H1
M1
M2
M3
74b
30c
6.780c
3.510c
4.680c
9,5c
9,0c
5,09c
4,5c
4,67c
158
3,1
1,4c
204c
109c
3
12,3
4.898c
3.311c
> 10.000c
1,4c
421
5c
132c
10
120
3,797c
5.000
>10.000c
2.500
625
2,6
1,800
61
4,700
17
2,6
1,9b,c
0,12
0,9
2,6
770
300
31
3.500
8,1
3,77
190
0,15
32
2,7
2,7
2.200
0,14
6,0
3,9
QUE
RIS
SER
ZIP
Antipsicotici di prima
generazione
HAL
MOL
PER
Classe di
Antipsicotici di seconda generazione
farmaci
Recettore
AMI
ARI
ASE
CLO
ILO
OLA
PALI
Profili farmacodinamici: affinità di legame recettoriale (Ki)
D2
1,3c
0,66b,c
8,9c
210
3,3
20
2,8
d
b,c
5-HT1A
> 10.000
5,5
8,6c
160
33
610
480
2.000d
8,7c
10,15c
2,59
0.2
1,5
1,2
5-HT2A
d
c
5-HT2c
> 10.000
22
10,46c
4,8
14
4,1
48
a1
7.100d
26c
8,9c
6,8
0.31
44
10
Tabella I.
Profilo di legame recettoriale, espresso come affinità recettoriale (Ki), dei farmaci antipsicotici (da Correll, 2010, mod.) 11. Profile of receptor binding, expressed as
receptor affinity (Ki) of antipsychotic drugs (from Correll, 2010, modified) 11.
A. Fagiolini, A. Cuomo
pazienti affetti da schizofrenia, la perfenazina è
risultata almeno altrettanto efficace, in termini
sia di qualità di vita (esaminata tramite punteggio
QUALY, quality-adjusted life year) che di risposta
clinica (Positive and Negative Syndrome Scale,
PANSS), ma con un costo medio inferiore del 2030% rispetto a quello di olanzapina, quetiapina,
risperidone e ziprasidone.
Amitriptilina
Gli antidepressivi triciclici sono da tempo considerati come farmaci di seconda scelta nel trattamento della depressione, soprattutto a causa
dei loro effetti collaterali dovuti alla capacità di
bloccare i recettori H1 istaminergici, colinergici
muscarinici e alfa 1 adrenergici, nonché all’azione chinidino-simile di stabilizzazione delle
membrane. Sebbene ben pochi Autori e Clinici
suggeriscano l’opportunità di preferire un triciclico (TCA) a un farmaco di nuova generazione,
è possibile che gli svantaggi dei TCA in comparazione ai nuovi farmaci disponibili siano stati
nel tempo esagerati 24 ed è osservazione comune che ancora oggi esista un buon numero di
pazienti per i quali il rapporto rischi/benefici dei
TCA rimane favorevole, purché la cura venga
adeguatamente personalizzata, anche tenendo
conto delle differenze tra un TCA e l’altro di cui
ai paragrafi seguenti.
Meccanismo d’azione
L’amitriptilina è un farmaco antidepressivo triciclico che agisce principalmente come inibitore
della ricaptazione della serotonina-norepinefrina, con forti effetti sul trasportatore della norepinefrina ed effetti moderati sul trasportatore della
serotonina. Ha un effetto trascurabile sul trasportatore della dopamina, circa 1.000 volte più
debole rispetto a quello della serotonina 25 26.
Inoltre l’amitriptilina funziona come un antagonista ai recettori 5-HT2A, 5-HT2C, 5-HT6,
5-HT7, recettore adrenergico-α1, H1, mAch e
come recettore σ1 agonista 26-32. Il farmaco funziona inoltre come modulatore allosterico negativo per il recettore NMDA, nello stesso sito di
legame della fenciclidina 33.
Recentemente, è stato dimostrato che l’amitriptilina agisce come un agonista dei recettori TrkA
e TrkB e che promuove la eterodimerizzazione
di queste proteine in assenza del NGF, con una
potente attività neurotrofica sia in vivo che in
vitro nei modelli murini 34.
L’amitriptilina è assorbita bene per via orale, si
Perfenazina, amitriptilina e perfenazina-amitriptilina: ruolo nella pratica clinica
Tabella II.
Profilo di legame recettoriale della perfenazina e correlazione con gli effetti clinici. Receptor binding profile of perphenazine and
correlation with the clinical effects.
Recettori dopaminergici D2 (+++)
Blocco significativo, con attività antidelirante e antiallucinatoria. Effetto antipsicotico e antimaniacale
Recettori serotoninergici 5HT2A (++)
Blocco significativo, con ridotta incidenza di effetti collaterali extra-piramidali.
Mancato peggioramento funzioni cognitive e tono dell’umore
Recettori antiistaminergici H1 (++)
Blocco significativo, con azione sedativa (ideale nei quadri clinici che presentano agitazione psicomotoria, aggressività, insonnia)
Recettori alfa2-adrenergici (-) e colinergici cen- Scarsa attività di blocco per questi recettori: ridotti effetti collaterali cardiovatrali (M1) e periferici (M2-M4) (-)
scolari e anticolinergici
lega in alta percentuale alle proteine del plasma e subisce l’azione degli enzimi microsomiali P450 del fegato.
Sono stati identificati otto metaboliti, tra i quali la nortriptilina è terapeuticamente attiva. L’emivita media di una
dose singola è di 16 ore 35.
Efficacia clinica
L’efficacia di amitriptilina è stata dimostrata in svariati
trial clinici, nei quali il farmaco è risultato superiore al
placebo e almeno equivalente ad altri antidepressivi 36-39.
Le indicazioni di amitriptilina includono: depressione
endogena, fase depressiva della psicosi maniaco-depressiva, depressione reattiva, depressione mascherata,
depressione neurotica, depressione in corso di psicosi
schizofreniche, depressioni involutive, depressioni gravi in corso di malattie neurologiche o di altre affezioni
organiche, trattamento profilattico dell’emicrania e delle
cefalee croniche o ricorrenti.
Tollerabilità
Esistono differenze di tollerabilità ed efficacia su sintomi
specifici tra un TCA e l’altro. Ad esempio, la nortriptilina
(amina secondaria) è un farmaco con un ampio margine
tra gli effetti desiderati, gli effetti collaterali e la tossicità, che agisce soprattutto sulla ricaptazione della noradrenalina. La clomipramina (amina terziaria) inibisce
invece sia la ricaptazione di serotonina che di noradrenalina ed è ad esempio particolarmente efficace nel disturbo ossessivo compulsivo, sebbene comporti di solito
un maggior numero di effetti collaterali della nortriptilina. L’amitriptilina è tra i TCA con maggiori evidenze
di efficacia antidepressiva, per quanto queste non siano
necessariamente superiori a quelle del suo metabolita
nortriptilina. In effetti, la nortriptilina ha un decimo degli
effetti antimuscarinici dell’amitriptilina e un quindicesimo degli effetti sedativi 39. In pazienti per i quali tali effetti siano particolarmente dannosi (ad esempio, soggetti
con ipertrofia prostatica o glaucoma ad angolo chiuso,
per quanto riguarda gli effetti anticolinergici, o soggetti
con ritardo psicomotorio, per quanto riguarda gli effetti
antistaminici), è dunque opportuno privilegiare i tricilici
a più basse proprietà anti colinergiche o sedative, come
la nortriptilina o la desipramina, o meglio ancora un farmaco di nuova generazione. Tuttavia, esistono pazienti
per i quali gli effetti antimuscarinici sono ben tollerati ed
esistono inoltre pazienti (ad esempio quelli che assumono un antipsicotico a rischio di sintomi extrapiramidali)
per i quali l’attività anticolinergica centrale può portare
dei benefici, mitigando gli effetti extrapiramidali. Analogamente, gli effetti sedativi possono essere utili in alcuni
pazienti con insonnia, agitazione o ansia. L’amitriptilina
è comunque controindicata nei pazienti con glaucoma,
ipertrofia prostatica, stenosi pilorica e altre affezioni stenosanti dell’apparato gastro-enterico e genito-urinario,
soprattutto a causa della sua attività anticolinergica. è
inoltre controindicata nelle malattie epatiche, insufficienza cardiaca, disturbi del ritmo e della conduzione
miocardica e nel periodo di recupero post-infartuale.
Poiché amitriptilina può causare ipotensione ortostatica,
variazioni della glicemia, turbe dell’emopoiesi, del fegato e del rene, è raccomandabile eseguire periodici controlli della pressione arteriosa, della glicemia, della crasi
ematica e della funzionalità epatica e renale con speciale riguardo agli ipertesi, ai diabetici, ai nefropatici e nei
soggetti con affezioni, in atto o pregresse, dell’apparato
emopoietico. In caso di comparsa di febbre, angina e altri
sintomi influenzali è necessario un controllo della crasi
ematica onde escludere la presenza di agranulocitosi che
occasionalmente è stata segnalata durante la terapia con
antidepressivi triciclici 34.
Associazione perfenazina-amitriptilina
L’associazione perfenazina-amitriptilina consente di
combinare gli effetti antipsicotici, sedativi e ansiolitici
della perfenazina con l’attività antidepressiva di amitriptilina ed è utilizzata sia nel trattamento dei pazienti affetti da psicosi con depressione sia, modificando il
73
A. Fagiolini, A. Cuomo
dosaggio dei due farmaci, in varie malattie caratterizzate dalla coesistenza di ansia, agitazione e depressione.
L’amitriptilina è il più utilizzato tra gli antidepressivi triciclici e, dopo più di 50 anni dalla sua introduzione in
commercio, è ancora utilizzata come uno dei farmaci
di riferimento nei trial sui nuovi antidepressivi 39. Una
terapia combinata con antidepressivi e neurolettici può
essere ad esempio utilizzata nel paziente schizofrenico
che vada incontro a depressione. La classificazione e il
trattamento dei pazienti con schizofrenia e concomitante depressione costituiscono un argomento abbastanza
complesso, a causa della parziale sovrapposizione di
alcuni sintomi delle due malattie. Gli studi dimostrano comunque che i soggetti con schizofrenia tendono
a presentare sintomi depressivi con maggior frequenza
rispetto alla popolazione generale: ad esempio, il National Comorbidity Study 40 ha rilevato che il 59% dei pazienti affetti da schizofrenia rientravano nei criteri DSM
per la depressione maggiore o minore. L’associazione
tra perfenazina e amitriptilina, in questo senso, è pienamente logica ed è stata analizzata in un trial in doppio
cieco rispetto a placebo: l’aggiunta dell’amitriptilina alla perfenazina, rispetto alla sola perfenazina, era più efficace nel ridurre i sintomi della depressione in pazienti
affetti da schizofrenia cronica 41.
L’associazione perfenazina-amitriptilina è stata utilizzata anche in altre forme di psicosi con depressione 42 43,
in cui la maggiore efficacia dell’associazione rispetto
al singolo farmaco è stata correlata a 3 fattori: un aumento delle concentrazioni plasmatiche di amitriptilina
dovuta a inibizione competitiva del processo di idrossilazione epatica indotta dalla perfenazina, il blocco
dopaminergico e la maggiore attività serotoninergica e
noradrenergica.
La variazione dei dosaggi di perfenazina (2 e 4 mg) e
di amitriptilina (10 e 25 mg) contenuti nei preparati di
associazione consente, tra l’altro, di modulare al meglio
l’attività antipsicotica e ansiolitica di perfenazina e l’attività antidepressiva di amitriptilina.
La combinazione di perfenazina 4 mg + amitriptilina 10
mg (Mutabon ansiolitico), è indicata in Italia per: disturbi
mentali, sia reattivi sia endogeni, caratterizzati dalla coesistenza di ansia, tensione e agitazione con depressione;
stati di ansia associata a sintomi relativamente scarsi o
lievi di depressione; grave insonnia associata ad ansia
e depressione). Di solito è sufficiente una compressa di
Mutabon ansiolitico 3-4 volte al giorno. è opportuno tenere presente che l’azione tranquillante si manifesta più
rapidamente (2 o 3 giorni) di quella antidepressiva (1 settimana o più); pertanto i sintomi di tensione e di ansietà
di solito scompaiono prima di quelli depressivi. Questa
formulazione può essere particolarmente utile nei pazienti per i quali l’ansia, tensione o agitazione prevalgano sugli aspetti depressivi.
74
La combinazione di perfenazina 2 mg + amitriptilina
10 mg (Mutabon mite) è indicata per: disturbi mentali,
sia reattivi sia endogeni, in cui la semplice ansia è associata con sintomi relativamente scarsi o lievi di depressione; grave insonnia associata ad ansia e depressione.
Di solito è sufficiente una compressa di Mutabon mite
1-3 volte al giorno. Questa combinazione può essere
utile nei pazienti con sindromi ansiose e depressive più
moderate, che richiedano dosaggi inferiori di perfenazina e amitriptilina. La combinazione di perfenazina
2 mg + amitriptilina 25 mg (Mutabon antidepressivo)
è indicata per: disturbi mentali, sia reattivi sia endogeni, caratterizzati dalla coesistenza di ansia, tensione e
agitazione con depressione; disturbi emotivi caratterizzati da depressione e ansia dovuti o associati a malattie organiche o funzionali, forme psicosomatiche, ecc.;
sintomi depressivi; grave insonnia associata ad ansia e
depressione. Di solito è sufficiente una compressa 3-4
volte al giorno. Occorre tenere presente che l’azione
tranquillante si manifesta più rapidamente (2 o 3 giorni)
di quella antidepressiva (1 settimana o più); pertanto i
sintomi di tensione e di ansietà scompaiono assai prima
della sintomatologia depressiva. Questa combinazione
può essere utile nei pazienti con predominanti sintomi
depressivi, pure in presenza di ansia.
La combinazione di perfenazina 4 mg+amitriptilina
25 mg (Mutabon forte), è indicata per disturbi mentali,
sia reattivi sia endogeni, caratterizzati dalla coesistenza
di ansia, tensione e agitazione con depressione, disturbi
psiconeurotici e psicosomatici, sindrome da menopausa,
depressione e ansia associate con malattie organiche, alcoolismo acuto e cronico, sindrome depressiva e maniaco-depressiva, reazioni schizofreniche, psicosi involutive, deviazioni sessuali, problemi del comportamento associati a deficienza mentale, grave insonnia associata ad
ansia e depressione. Di solito è sufficiente una compressa
di Mutabon forte 3-4 volte al giorno. Alcuni pazienti, dopo un trattamento iniziale con questo farmaco possono
migliorare sufficientemente da richiedere un quantitativo
di perfenazina inferiore ai 4 mg presenti in ogni compressa di Mutabon forte; in tali casi si potrà continuare la
terapia con Mutabon antidepressivo che contiene solo 2
mg di perfenazina. A volte può invece essere necessario
aggiungere a Mutabon forte un ulteriore quantitativo di
perfenazina. Si tratta dei casi in cui l’ansia, la psicosi e
l’agitazione sono particolarmente severi e rappresentano
il disturbo primario, per cui è desiderabile un maggior effetto antipsicotico e sedativo. Questa combinazione può
dunque essere utile nei pazienti psicotici con coesistenza
di severa ansia e depressione.
Conflitto di interessi
Il prof. Fagiolini è stato un consulente e/o un relatore e/o ha partecipato a simposi sponsorizzati da, e/o ha ricevuto finanziamen-
Perfenazina, amitriptilina e perfenazina-amitriptilina: ruolo nella pratica clinica
ti di ricerca da: Angelini, Astra Zeneca, Bristol-Myers Squibb,
Boehringer Ingelheim, Pfizer, Eli Lilly, Janssen, Lundbeck, Novartis, Otsuka, Sigma Tau, Takeda e Neopharmed Gentili che ha
contribuito alla realizzazione di questo articolo.
A. Cuomo non ha alcun conflitto di interesse.
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Perfenazina
Struttura chimica
• è una piperazinil fenotiazina (4-[3-(2-clorofenotiazin-10-il)propil]-1-piperazineetanolo), con peso molecolare 403,97 kD (Fig. 2).
Figura 2.
Struttura chimica della perfenazina. Chemistry of perphenazine.
Farmacocinetica
• le concentrazioni plasmatiche di picco vengono raggiunte dopo 1-3 ore
• emivita (indipendente dalla dose): 9-12 ore
• lo steady-state viene raggiunto entro 72 ore
• è estesamente metabolizzata nel fegato a una serie di metaboliti, principalmente da parte del citocromo P450 2D6; questo
tipo di metabolismo è soggetto a polimorfismo genetico, per cui il 7-10% della popolazione caucasica ha una scarsa attività
enzimatica ed è denominata “scarsi metabolizzatori”
Farmacodinamica
• elevata affinità per i recettori dopaminergici D2
• buona affinità per i recettori serotoninergici 5-HT2A
• buona affinità per i recettori alfa1-adrenergici e H1-istaminergici
• bassissima affinità per i recettori serotoninergici 5-HT1A e 5-HT2C, alfa2-adrenergici e anticolinergici sia centrali (M1) che
periferici (M2-4)
76
Perfenazina, amitriptilina e perfenazina-amitriptilina: ruolo nella pratica clinica
Amitriptilina
Struttura chimica
• è un antidepressivo triciclico (3-(10,11-diidro-5H-dibenzo[a,d]cicloeptene-5-ylidene)-N,N-dimetilpropan-1-amina), con peso
molecolare 277,40 kD (Fig. 3)
Figura 3.
Struttura chimica della amitriptilina. Chemistry of amitriptyline.
Farmacocinetica
• le concentrazioni plasmatiche di picco vengono raggiunte in 4-8 ore
• emivita: 13-36 ore (media 16 ore)
• lo steady-state viene raggiunto in 3-8 ore
• va incontro a una notevole eliminazione presistemica da parte del fegato, per cui la sua biodisponibilità sistemica varia dal 33
al 62%. è un composto altamente lipofilo, ha un’emivita di 10-28 ore come amitriptilina e di 16-80 ore come nortriptilina, il
suo metabolita attivo, ottenuto per demetilazione a livello epatico
Farmacodinamica
• potente inibitore del reuptake della noradrenalina e della serotonina a livello delle terminazioni nervose
• notevole effetto anticolinergico
Mutabon ansiolitico
Composizione
• perfenazina 4 mg, amitriptilina 10 mg
Indicazioni
• disturbi mentali, sia reattivi sia endogeni, caratterizzati dalla coesistenza di ansia, tensione e agitazione con depressione
• stati di ansia associata a sintomi relativamente scarsi o lievi di depressione
• grave insonnia associata ad ansia e depressione
Posologia
• una compressa 3-4 volte al giorno (dosaggio da individualizzare a seconda del tipo di disturbo da trattare). Va tenuto presente
che l’azione tranquillante si manifesta più rapidamente (2 o 3 giorni) di quella antidepressiva (1 settimana o più); pertanto i
sintomi di tensione e di ansietà scompaiono assai prima della sintomatologia depressiva
Mutabon antidepressivo
Composizione
• perfenazina 2 mg, amitriptilina 25 mg
Indicazioni
• disturbi mentali, sia reattivi sia endogeni, caratterizzati dalla coesistenza di ansia, tensione e agitazione con depressione
• disturbi emotivi caratterizzati da depressione e ansia dovuti o associati a malattie organiche o funzionali, forme psicosomatiche, ecc.
• sintomi depressivi, poiché nella maggior parte di essi coesiste uno stato di tensione, anche se questo non è evidente o può
essere mascherato
• grave insonnia associata ad ansia e depressione
Posologia
• una compressa 3-4 volte al giorno (dosaggio da individualizzare a seconda del tipo di disturbo da trattare). Va tenuto presente
che l’azione tranquillante si manifesta più rapidamente (2 o 3 giorni) di quella antidepressiva (1 settimana o più); pertanto i
sintomi di tensione e di ansietà scompaiono assai prima della sintomatologia depressiva
77
A. Fagiolini, A. Cuomo
Mutabon forte
Composizione
• perfenazina 4 mg, amitriptilina 25 mg
Indicazioni
• disturbi mentali, sia reattivi sia endogeni, caratterizzati dalla coesistenza di ansia, tensione e agitazione con depressione
• disturbi psiconeurotici e psicosomatici
• sindrome da menopausa
• depressione e ansia associate con malattie organiche
• alcoolismo acuto e cronico
• sindrome depressiva e maniaco-depressiva
• reazioni schizofreniche
• psicosi involutive
• deviazioni sessuali
• problemi del comportamento associati a deficienza mentale
• grave insonnia associata ad ansia e depressione
Posologia
una compressa 3-4 volte al giorno (dosaggio da individualizzare a seconda del tipo di disturbo da trattare). Va tenuto presente che
l’azione tranquillante si manifesta più rapidamente (2 o 3 giorni) di quella antidepressiva (1 settimana o più); pertanto i sintomi di
tensione e di ansietà scompaiono assai prima della sintomatologia depressiva
Mutabon mite
Composizione
• perfenazina 2 mg, amitriptilina 10 mg
Indicazioni
• disturbi mentali, sia reattivi sia endogeni, in cui la semplice ansia è associata con sintomi relativamente scarsi o lievi di depressione
• grave insonnia associata ad ansia e depressione
Posologia
• una compressa 1-3 volte al giorno (dosaggio da individualizzare a seconda del tipo di disturbo da trattare)
Per tutte le formulazioni
Speciali avvertenze e precauzioni per l’uso
• pazienti anziani (eventuale aggiustamento della posologia)
• induzione di variazioni del tempo di reazione (attenzione nei soggetti addetti ai macchinari o alla guida di veicoli)
• effettuare periodicamente controlli dell’esame emocromo e della funzionalità renale ed epatica
• in caso di malattie cardiovascolari, fare un ECG
• attenzione all’eventuale sviluppo di discinesia tardiva, specie nei soggetti anziani
• come in qualsiasi trattamento con farmaci antipsicotici, pericolo di sviluppare una sindrome neurolettica maligna
• la perfenazina può abbassare la soglia delle convulsioni in soggetti predisposti
Interazioni
Perfenazina
• possibile potenziamento degli effetti depressivi sul sistema nervoso centrale di oppiacei, barbiturici o altri sedativi, antistaminici, anestetici, tranquillanti, alcool e meperidina (e di altri analgesici oppiacei)
• usare con cautela in pazienti trattati con atropina o farmaci simili, a causa di effetti additivi anticolinergici
• l’uso di alcool deve essere evitato, poiché si possono avere effetti additivi e ipotensione
• somministrare con cautela in concomitanza a terapia antiipertensiva con reserpina, guanetidina, metildopa, betabloccanti o
composti simili, per la possibile comparsa di ipotensione
• se il paziente è in trattamento con anticonvulsivanti, può essere richiesta una dose maggiore di questi farmaci
• gli antiacidi a base di sali di alluminio possono inibire l’assorbimento delle fenotiazine
• in caso di somministrazione in concomitanza con farmaci che prolungano il QT, il rischio di insorgenza di aritmie cardiache
aumenta
• non somministrare in concomitanza con farmaci che determinano alterazioni degli elettroliti
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Perfenazina, amitriptilina e perfenazina-amitriptilina: ruolo nella pratica clinica
Amitriptilina
• la somministrazione concomitante di farmaci triciclici e inibitori delle monoaminoossidasi (IMAO) può provocare reazioni
simili a un avvelenamento da atropina, con conseguenti crisi iperpiretiche, convulsioni e morte
• l’uso concomitante di anticolinergici o amine simpaticomimetiche, tra cui epinefrina associata ad anestetici locali, può incrementare l’attività dell’amitriptilina o dell’amina simpaticomimetica
• l’impiego concomitante di anticolinergici o antistaminici può potenziarne gli effetti anticolinergici
• l’uso concomitante di agenti con azione depressiva sul Sistema Nervoso Centrale (SNC), quali alcool, barbiturici, sedativi o
analgesici oppiacei, può potenziare gli effetti depressori sul SNC, tra cui la depressione respiratoria
• l’assunzione concomitante di diazepam determina un aumento dell’emivita e dei livelli plasmatici costanti dell’amitriptilina
• l’uso concomitante di anticonvulsivanti può ridurre il controllo effettivo delle convulsioni nei pazienti epilettici
79