IN QUESTO NUMERO - Campeggio Club Varese

N° 4 - Novembre 2014
IN QUESTO NUMERO
 Tesseramento 2015
 Calendario eventi 2014
 Riunione dei presidenti di club
 Viaggio in Armenia. Un racconto di contraddizioni
 I nostri eventi
 Il presepe a Napoli, tra fede e tradizioni locali
 Convenzioni
Sito internet: www.challengerchaussonclubitalia.it
E-mail: [email protected]
Forum: forum.challengerchaussonclubitalia.it/
TESSERAMENTO 2015
E’ aperto il tesseramento per l’anno 2015.
La quota di adesione è rimasta invariata rispetto allo scorso anno
(e a quello precedente), e cioè pari a € 40,00.
La quota è comprensiva dell’iscrizione a Federcampeggio e del rilascio della
Camping Card International.
Per coloro che rinnovano, entro il 30 novembre 2014
il costo della tessera è ridotto a € 33,00
Ai nuovi soci che si iscrivono per l’anno 2015 entro il 30 novembre 2014, ai
costi sopra indicati, verrà rilasciata gratuitamente una tessera provvisoria di
sola iscrizione al club per l’anno 2014.
Il versamento della quota sociale può essere effettuato tramite bonifico
bancario alle seguenti coordinate:
IBAN = IT74I0503561540027570429454
Veneto Banca – Filiale di Casale sul Sile
indicando nella causale
- per i nuovi soci: Nickname + Iscrizione anno 2015
- per chi è già socio: Nickname + Rinnovo anno 2015
All'atto dell'iscrizione, è possibile richiedere, una tessera Federcampeggio
nominativa per ogni figlio al costo di 1€ se minorenne e 3€ se maggiorenne.
Chi desidera gli adesivi del club da applicare al Camper, potrà richiederli
contestualmente a l’iscrizione (o al rinnovo) versando un contributo spese di € 5
cadauno. L’importo va aggiunto al totale e la richiesta indicata nella causale.
I bollini per i rinnovi, o le tessere per i nuovi iscritti, verranno spediti
successivamente al ricevimento del bonifico.
Per ulteriori informazioni scrivere a: [email protected]
Visita della città
LODI 8 - 9 Marzo
Napoli - Pompei - Vesuvio
Capri - Costiera Amalfitana
17 - 27 Aprile
Vittoriale degli Italiani
GARDA 10 - 11 Maggio
VADA (LI)
31 Maggio - 2 Giugno
Assedio al castello
GRADARA 18 - 20 Luglio
Mortadella Please
ZOLA PREDOSA 20 - 21 Settembre
Grigliatona e Castagnata
Festa degli Auguri
FILECCHIO (LU) 18 - 19 Ottobre
BOLOGNA e MODENA 6 - 8 Dicembre
Questi incontri “ufficiali”, la cui organizzazione compete al Direttivo del Club, sono normalmente riservati ai soci. Agli
incontri in elenco, se ne potranno aggiungere altri organizzati su iniziativa di singoli soci, senza intralciare il calendario degli
eventi ufficiali e, ovviamente, nel rispetto delle regole dello Statuto.
Per informazioni e-mail: [email protected] - Tel. 3313462877
RIUNIONE DEI PRESIDENTI DI CLUB
di Pio Rotondo
Il giorno 8 novembre 2014, a Gandino (BG), nella Sede del Camper Club
Valseriana, si è tenuta la annuale riunione dei Presidenti di Club aderenti alla
Federcampeggio Lombardia. Era presente il Presidente Federale Adriano
Cremonte, mentre hanno fatto gli onori di casa Angelo Ruggeri e Roberto
Savoldelli, rispettivamente Presidente e Vice Presidente del Camper Club
Valseriana.
Alla riunione erano presenti quasi tutti i Presidenti dei club aderenti alla
Federazione, compreso il sottoscritto, Presidente del nostro Club, che, avendo
sede legale a Lecco, fa parte di questa Federazione pur essendo un Club non
specificatamente collegato al territorio lombardo, in quanto raccoglie aderenti da
ogni parte d’Italia.
Per precisa volontà degli organizzatori, la discussione si è svolta senza un
ordine del giorno precostituito, nell’intento di focalizzare problematiche di vario
tipo e di raccogliere suggerimenti e proposte utili per tutti.
Buona parte della discussione è stata dedicata ai problemi organizzativi dei
singoli club, le modalità di direzione, i rapporti con i soci, la preparazione e la
partecipazione agli incontri. Apprezzata è stata la proposta di organizzare uscite
o incontri in collaborazione tra più Club, e di tenere rapporti più stretti tra di
essi.
Ho fatto presente che il nostro Club ha già iniziato a muoversi in questa
direzione, infatti nell’ultimo nostro incontro tenutosi a Filecchio (LU) abbiamo
avuto la partecipazione di alcuni equipaggi del locale Garfagnana Camper Club.
L’esperienza è risultata senz’altro positiva ed è intenzione del nostro Club
continuare in questa direzione.
L’ultima parte dell’incontro è stato dedicato all’Expo di Milano, visto che la
Federcampeggio Lombardia sta organizzando, nella città di Milano, tre eventi,
nei mesi di giugno, luglio e ottobre 2015, allo scopo di visitare l’Esposizione
Universale. Entro novembre dovrebbe essere pubblicato il programma, mentre i
singoli Club avranno il compito di raccogliere le eventuali prenotazioni dei propri
associati.
In chiusura, il presidente Cremonte ha invitato i club a far conoscere la loro
attività inviando articoli da pubblicare sul blog della Federazione.
Dalla riunione, è emersa una notevole varietà di situazioni e di problematiche
che vivono i singoli Club. Ma, anche se la situazione economica generale non è
certamente confortante, con il conseguente aumento delle difficoltà, è stata
affermata, da parte di tutti, una decisa volontà ad andare avanti, ed è stato
confermato un forte entusiasmo nei confronti di questa forma di turismo.
La serata si è conclusa in modo allegro e conviviale, con una cena preparata
dagli stessi componenti del Camper Club Valseriana, alla quale hanno
partecipato tutti i presenti all’incontro, accompagnati dalle rispettive signore.
ARMENIA: UN RACCONTO DI CONTRADDIZIONI
di Giordano Nicoletti
Quello che segue è un racconto di contraddizioni.
La prima? Fatico ancora a capire perché mi sia stato chiesto di fare un diario del
mio viaggio in Armenia, viaggio fatto in aereo, con alloggi in alberghi quattro
stelle nella piazza centrale delle città visitate e spostamenti in pulmino Mercedes
da pubblicare su una rivista di camperisti, gente dura abituata ad alloggi
spartani, che sosta in aree lontane dal centro città. Cosa posso dire che li
interessi? Ci ho pensato a lungo, poi contravvenendo a quanto sempre da me
sostenuto (importante non è la meta, ma il viaggio per raggiungerla), ho iniziato
a scrivere e scrivendo mi
veniva sempre più voglia
di raccontare l’Armenia,
questa meta di viaggio
non frequente, e il perché
ci
son o
an dat o
e
soprattutto cosa vi ho
trovato.
Dunque, perché ci sono stato. Potrei dire quello che disse Sir Hillary quando
gli chiesero perché fosse andato a scalare l’Everest “passavo di lì”, ma non direi
la verità. Io non passavo per l’Armenia, anzi per arrivarci partendo da Bologna
ho preso prima un aereo per Vienna (1,30 hr. di volo), poi da qui un altro per
Yerevan, la capitale (3,50 hr. di volo con in più i ritardi portuali e aggiungendo
due ore di fuso) per un totale di ore otto di viaggio. A dire il vero è possibile
arrivarci anche in camper attraverso la Georgia; un po’ lungo ma fattibile visto
che abbiamo incontrato nel viaggio due coppie di Torino che appunto avevano
fatto questa strada.
Ma torniamo al perché del viaggio. Io e Brunella (mia moglie) assieme ad una
coppia di amici dal 1999 facciamo viaggi “strani” in cui cerchiamo di non seguire
rotte turistiche tradizionali. Ad esempio siamo stati sul Cammino di Santiago
(nel 1999 quando ancora non era una meta così conosciuta) o abbiamo fatto il
giro dei castelli Catari, tra Francia e Spagna, dove gli Italiani erano merce
sconosciuta e noi quattro venivamo scambiati per Catalani; o ancora siamo
andati in giro per Marsiglia nei luoghi dei romanzi di Jean-Claude Izzo
(consigliatissima la sua trilogia).
Insomma probabilmente il motivo dei nostri viaggi è la voglia di stupire al
ritorno gli amici e di sentirci chiedere: “Dove siete andati?”, ma anche la voglia
di fare viaggi esperenziali.
Dopo Santiago, Gerusalemme, Monte S.Angelo (tutte mete di pellegrinaggio
medioevali) ecco l’Armenia, prima Nazione ad abbracciare il Cristianesimo come
religione di stato (nel 303 a.c. ancora prima di Roma e dell’imperatore
Costantino). Il Cristianesimo lì si diffuse per l’opera evangelizzatrice di S.
Gregorio l’Illuminatore (sì proprio quel S.Gregorio Armeno a cui a Napoli è
intitolata la strada dei presepi). Quindi anche ricerca delle origini; le origini etico
-culturali di noi europei che sono le stesse per tutti, credenti e non.
Segue
Poi come turismo letterario. Avete mai letto i due libri scritti dalla Antonia
Arslan sull’eccidio degli Armeni nel 1915? Un milione e mezzo di Armeni sono
stati sterminati dai turchi nella più totale indifferenza delle grandi potenze
impegnate a massacrarsi reciprocamente negli anni della prima guerra
mondiale. Ultimo motivo, per turismo geografico (e qui forse ci veniamo a
trovare in un campo di reciproco interesse).
Quindi adesso vi parlerò dell’Armenia e di cosa ci
abbiamo trovato. L’Armenia oggi è solo 1/10 di quella
storica che era compresa in parte nell’Impero Ottomano
(tutta l’Anatolia era abitata da Armeni) ed in parte
nell’Impero Russo.
La Repubblica d’Armenia oggi deriva dalla Parte russa.
Per 70 anni è stata una delle Repubbliche Socialiste
Sovietiche; è divenuta stato indipendente nel 1991.
Ancora prima di divenire autonoma (1988) si è
scontrata con un terremoto che ha devastato quasi
metà del territorio; subito dopo l’indipendenza ha
affrontato una guerra quinquennale con L’Azerbaijan per
il controllo di una minuscola striscia di terra abitata
Antica chiesa
completamente da Armeni (il Nagorno Karabakh), ma
facente parte del territorio Azero.
Questi eventi hanno fatto sì che oggi l’Armenia sia una nazione povera, ricca
però di contraddizioni; una terra in cui trovi tutto ed il suo contrario. Tre milioni
di abitanti di cui la metà vivono a Yerevan (la capitale) perciò è completamente
differente dal resto del paese: più ricca e più europea. Ma, e qui ecco altre
contraddizioni, la ricchezza non è egualmente diffusa e per le strade girano o
splendidi SUV o vecchie Zigulit (le Fiat 124 costruite in
Russia trent’anni fa); e sono molto più europee,
eleganti ed alla moda, le ragazze e le donne in
generale, rispetto agli uomini che sembrano molto più
“asiatici” nei lineamenti e negli abiti. Tutti comunque
sono molto gentili e disponibili, certamente un popolo
cortese, orgoglioso che vive nel rimpianto della passata
grandezza della Nazione Armena.
Allevamento ed agricoltura, oltre al turismo, sono le
attività economiche su cui il paese punta, ma
viaggiando si incontrano chilometri di fabbriche
abbandonate, ruderi postmoderni, fantasmi lasciati in
eredità
dalla
economia
sovietica.
Praticamente
impossibili
da
eliminare
o
bonificare
perché
richiederebbero cifre enormi, testimoni muti di
un’epoca da molti rimpianta, dove tutti si era poveri
uguali, ma con la sanità e la casa ed il lavoro garantiti,
mentre adesso la differenza tra ricchi e poveri c’è e si
Croce armena
vede e i primi possono pagarsi l’assistenza medica,
mentre gli altri no.
Segue
E adesso essere ricchi o poveri in Armenia è spesso dovuto solo a fortuna o ad
un diverso livello etico con cui si affronta la vita di tutti i giorni. Più che spirito
imprenditoriale, spirito filibustiere (frammenti di una
Antico monastero
conversazione avuta con la ragazza che ci faceva da
guida). Tanto per capirci gli stipendi medi in Armenia
sono 200 € mensili e l’affitto di una casa è sui 100 € al
mese.
Perciò gli anziani sono proprietari delle case che il regime
dava a tutti ed i giovani vivono in famiglia perché col
lavoro non possono permettersi i costi degli affitti. E il
costo della vita non è molto diverso dal nostro, almeno
nella capitale e per noi turisti.
Altre contraddizioni? Il monte Ararat.
È il monte sacro per gli Armeni. La leggenda dice che sia il monte su cui si è
fermata l’Arca di Noè. Gli
Monte Ararat
Armeni lo possono vedere,
ma non toccare. E’ a pochi
chilometri dal confine, ma
è in Turchia. E i due stati
non hanno rapporti.
Vi dico solo alcune altre
cose ancora. Il cibo è buono, molto “italiano”: molta carne, dolci a base di
miele, noci e ciambelle; ottimi formaggi, in genere mooolto saporiti; tante
verdure e legumi cotti e crudi che costituiscono “il primo” di pranzo e cena.
Ottimi vini e cognac e vodka.
La lingua invece è impossibile con un alfabeto
di 39 caratteri e parole incomprensibili (GRAZIE
si dice SNORAGALUZIUN; vi risparmio come si
scrive). Le indicazioni stradali sono in Armeno e
Russo, ma adesso si incomincia a vedere anche
qualcosa in caratteri europei.
Basta, adesso vi lascio sperando di avervi
incuriosito
abbastanza
perché
l’Armenia fra le vostre mete future.
mettiate
I nostri eventi
a cura di Leo Tagliabracci e Paolo Vergamini
Assedio al castello
Gradara 18, 19 e 20 luglio 2014
L'evento centrale della scorsa estate nostro club si è svolto a Gradara per
assistere alla rievocazione storica dell'assedio al castello avvenuto nel 1446, che
si svolge ogni due anni. Nella serata di Venerdì una buona parte dei partecipanti
si è recata nella zona sotto le mura del castello approntata per la rievocazione
dell'assedio, dove figuranti con costumi, armi ed attrezzature di quel tempo,
accompagnati dalla musica di una
orchestra e i canti di un nutrito coro,
hanno
emozionato
i
presenti
coinvolgendoli
in un susseguirsi di
racconti, di scene animate sullo sfondo le
mura del castello, che altero dominava lo
spettacolo. È stato un
pregnante
happening di
luci,
suoni e musica,
culminato con un grandioso spettacolo di
fuochi
accompagnato
da
musiche
sincronizzate.
Il Sabato pomeriggio-sera, la compagnia
è andata a Gradara, dove ha assistito allo
spettacolo della falconeria e, all'interno
delle mura, ha visitato il museo storico e le
grotte
medievali,
ha
percorso
i
camminamenti di ronda, ha seguito la
sfilata
della
Corte
in
costume
tra
mangiafuoco,
menestrelli,
giullari
e
giocolieri.
Nelle vie del borgo musicisti e cantanti,
artistivari e mestieranti, bottegai di antichi mestieri e giullari, sbandieratori e
cavalieri hanno contribuito a calare il visitatore nell'atmosfera medievale
facendogli respirare atmosfere di altri tempi: un fantastico magico salto
nel
passato, vissuto con appassionato coinvolgimento. La fotogallery
visitabile sul sito web è una testimonianza documentata di quanto abbiamo
vissuto e che invitiamo tutti a visionare.
Un sentito ringraziamento a Leo e Lori che hanno accolto nel giardino e nel
cortile della loro casa i camper, i bambini, tutti noi, e che hanno impegnato la
terrazza di casa con sguardo su Gradara per colazioni, cene e pranzi di
tutta la compagnia, offrendoci soprattutto compagnia, cordialità e amicizia e
la loro casa.
Mortadella, please - il Festival Internazionale della Mortadella di Zola Predosa.
20 e 21 settembre 2014
Dal 2012, Zola Predosa (BO) è stato riconosciuto, con delibera della Giunta
Regionale Comune ad economia prevalentemente turistica e Città d'Arte per i
tanti palazzi nobiliari d’epoca, per le chiese e per i numerosi esempi di
architettura
rurale
e
industriale,
per
la
valorizzazione
di
percorsi
ambientali
ed
enogastronomici e per il Museo d'arte Moderna e
Contemporanea di Cà la Ghironda. Da ammirare è
la nuova sede municipale, inaugurata nel 1991,
progettata da Ivo Tagliaventi nell’ambito di un più
ampio disegno urbanistico ed architettonico del
Comune.
Molto interessante anche il Palazzo
Albergati
del
XVIII
secolo.
E’
considerato tra le più importanti ed
originali opere architettoniche di tutto il
Barocco Europeo.
Il Palazzo fu centro vivissimo di vita
mondana e culturale con ospiti e
visitatori illustri: re, regine, principi,
avventurieri.
musicisti,
letterati,
scienziati
ed
Il 20 e 21 settembre scorsi, abbiamo passato un gustoso week-end a Zola
Predosa, assaggiando diverse specialità a base di mortadella, la cosiddetta
regina rosa della gastronomia bolognese, innaffiate con vini locali.
Il paese era affollato di stand con varie merci e si respirava l’aria di festa: le
degustazioni erano tante e tutte
accattivanti,
i
bambini
potevano
impegnarsi in un laboratorio ludicodidattico, i giovani si intrattenevano tra
danze e musiche. Una serata “gustosa”
e molto gratificante sia per gli occhi per
le tante prelibatezze in esposizione, sia
per la serena atmosfera di sagra in un
comune
nella
tranquilla
provincia
bolognese.
La visita al Salumificio Alcisa, prevista
la domenica mattina, ha chiuso l'incontro, ben organizzato da Cinzia e Claudio
che ci hanno accolti con grande cordialità e con la solita simpatia.
Grigliatona e castagnata a Filecchio (LU)
18-19 ottobre 2014
Il 18 e 19 ottobre 2014 siamo stati a Filecchio (LU) accolti da Paolo e Rosa, da
Lorena e Dario, da un ambiente agreste sereno, dalle linee morbide delle colline
circostanti, da un clima fortunatamente caldo.
Alcuni hanno visitato Barga e dintorni,
terra di adozione di Giovanni Pascoli, nostro
poeta dell’Ottocento, borgo medievale di
elegante bellezza, nel cuore della Garfagnana
a due passi da
Lucca;
altri
hanno accolto
i
camperisti
del
Garfagnana
Camper Club, invitati all’incontro, altri si sono
occupati della cucina.
In allegria, abbiamo gustato un’ottima
grigliata con abbondante polenta, e la sera
abbiamo giocato a tombola sgranocchiando le
castagne rigorosamente cotte a legna, col
sapore di altri tempi e con immagini di antiche
atmosfere.
Grazie a Paolo, a Rosa, a Luca, a Dario e a
Lorena per la loro affettuosa e instancabile
ospitalità.
Il presepe a Napoli, tra fede e tradizioni locali
di Elia Patalano
Per capire le origini del presepe napoletano, bisogna partire da molto lontano,
quando diverse religioni antecedenti l'era cristiana celebravano la nascita del proprio
messia nella notte del 25 dicembre, data legata al solstizio d'inverno, quando si ha il
giorno più corto e la notte più lunga dell'anno: l'impressione è che il sole sembra fermo
nel cielo.
Nel medioevo, il fenomeno fu detto solstizio, parola derivata dal latino sol (sole) stitium (dal verbo sistere fermare ad identificare quel giorno come quello del "sole
fermo"). Chiariamo che il solstizio d'inverno cade il 21 o il 22 dicembre e, da questo
giorno, il movimento del sole visto dalla Terra sembra quasi cambiare verso, ma è solo
una sensazione poiché, come successivamente è stato scoperto, è la Terra a girare
intorno al Sole e non viceversa, come pensavano gli antichi. Tutto questo, nell'emisfero
settentrionale, comporta maggior oscurità per tre o quattro giorni dopo, appunto fino al
25 dicembre, quando il sole "rinasce", ritorna vitale e "invincibile" e la luce del giorno
annuncia il lento ritorno alla stagione luminosa: è il trionfo della luce sulle tenebre, il
nuovo "Natale" del sole.
Tutto partì, quindi, nell'antichità, da una attenta osservazione dei pianeti e del
comportamento del sole e molte popolazioni, in questo periodo dell'anno, dedicavano
riti al sole, affinché con la sua potenza riprendesse il cammino e portasse la bella
stagione, facendo coincidere questa data con la nascita delle divinità da loro venerate e
identificante con l'astro splendente.
Il culto del Sol Invictus, sole invitto o invincibile, ebbe origine in oriente, come
attestano le solenni celebrazioni del rito della nascita del Sole, ad esempio, in Siria e in
Egitto, dove i celebranti si ritiravano in appositi santuari fino alla mezzanotte del 25
della notte di solstizio, da dove uscivano annunciando al popolo che la Vergine aveva
partorito il Sole, raffigurato come un bimbo. Moltissime mitologie eroiche hanno una
struttura solare, secondo la quale l’eroe è paragonato al sole, lotta contro le tenebre e
discende nel regno dei morti, uscendone vittorioso: in Egitto questo dio è Osiride, in
Persia è Mitra, in Asia Minore è Attis, in Grecia è Dioniso.
Nel calendario Giuliano, il 25 dicembre, riconosciuto come il solstizio d'inverno, era
considerato come la nascita del sole, perché, a partire da quella data, i giorni
cominciano ad allungarsi e la potenza del sole ad aumentare.
Anche il dio Mitra, identificato col Sole Invincibile, si incarnò nascendo da una donna
vergine, fu adorato dai pastori, ebbe dodici discepoli, fu ucciso da una lancia che
trapassò il suo costato. La sua data di nascita coincideva col solstizio d’inverno.
La festa del Sole Invitto diventò il culto più importante in Roma verso la fine del III
secolo, per l’influenza delle tradizioni orientali con le quali i soldati vennero in contatto
durante le conquiste imperiali.
La data della nascita di Cristo non ha alcun fondamento documentato, neanche nei
Vangeli, solo Matteo, nel passo di 2,1, scrive che Gesù nacque a Betlemme di Giudea al
tempo di re Erode. Quando, poi, a partire dal IV secolo, il cristianesimo viene
riconosciuto come religione dell'impero, per l'evento del Natale cristiano vengono
"assunte" le date delle feste pagane: la data della natività fu fatta coincidere con le
celebrazioni romane per il solstizio d'inverno dedicate alle feste dei saturnali e al culto
mitraico.
I saturnali si celebravano dal 17 al 24 dicembre di ogni anno, con riti in onore del dio
Saturno, protettore dell'agricoltura, con feste che duravano una settimana, e nel suo
ultimo giorno, il 24 di dicembre, la festa si concludeva con un grande banchetto
illuminato da luci e candele, e con scambi di auguri e di doni. Il 25 dicembre, festa
della nascita del Dio sole, diventa allora, ufficialmente, il giorno per festeggiare la
nascita di Cristo, sole di giustizia e salvatore del mondo, e il 6 gennaio è fissato per la
festa dell'Epifania la festa della rivelazione.
Segue
Sant'Agostino fa un'allusione all'origine pagana del Natale, allorché esorta i fratelli
cristiani a non celebrare, in quel solenne giorno, il sole, come facevano i pagani, ma a
celebrare Colui che creò il sole.
Le prime fonti del presepe sono nei Vangeli di Matteo e Luca, cosiddetti dell'infanzia,
che riportano la nascita di Gesù avvenuta al tempo di re Erode, a Betlemme di Giudea,
dov'era nato Re Davide. La parola presepe, dal latino, indica un recinto o una
mangiatoia, proprio secondo il Vangelo di Luca che parla della mangiatoia mentre nei
vangeli apocrifi appaiono la grotta, il bue e l'asino, i pastori adoranti, la cometa.
La notte di Natale del 1223, secondo la tradizione, San Francesco volle
rappresentare dal vivo la nascita povera ed umile del Salvatore del mondo e, nella
rievocazione che ebbe luogo a Greccio, coinvolse il popolo per far rivivere loro il
profondo senso della natività. La scena è ricordata in un affresco di Giotto, nella
cappella superiore di S. Francesco ad Assisi. Quella rappresentazione, molto
coinvolgente e suggestiva per tutti i partecipanti, viene comunemente ricordata come
il primo presepe.
Invece, secondo alcuni studiosi, il primo presepe fu fatto a Roma, nell’827 da papa
Gregorio IV e consisteva in una semplice rappresentazione della natività. Questo tipo
di rappresentazione sacra, detta “mistero”, già nell’alto medio Evo, era diffusamente
adottata dalla chiesa. Fu Arnolfo di Carnobio nel 1280 che preparò un presepe
inanimato allestito con statue scolpite in legno, delle quali alcune statue sono
conservate nella Cappella Sistina a Roma. Da allora e fino alla metà del 1400 gli artisti
producono statue di legno o terracotta sistemate nelle
chiese davanti ad un paesaggio che faceva da sfondo
alla scena della Natività.
A Napoli, il primo presepe, nel 1025, fu allestito
presso la Chiesa di S. Maria, costituito da una semplice
tettoia sorretta da due antiche colonne romane e il
gruppo della natività, come attestato da alcuni
documenti.
Nel tempo, diversi presepi famosi furono esposti nelle
tante chiese cittadine accrescendo la popolarità del
presepio e affinando l'arte presepiale, anche per la
presenza di abili artisti. Il presepio più famoso fu
realizzato nel 1627 dagli scolopi alla Duchesca a Forcella
dove era smontato ogni anno per rimontarlo il Natale successivo: anche questa fu
un'innovazione perché fino ad allora i presepi erano fissi.
Verso la fine del Seicento la teatralità del presepio napoletano andò arricchendosi
di atmosfere, la scena si ampliò fuori dalla grotta, mescolando il sacro con il profano,
esaltando la quotidianità che animava vie e vicoli con osti, venditori, lavandaie,
contadini, pescatori, cacciatori e animali: la rappresentazione di umili e di derelitti in
contrapposizione all'evento eccezionale che si stava vivendo nella notte punteggiata di
stelle. Particolarmente significativa fu l'aggiunta dei resti di templi greci e romani a
sottolineare il trionfo del cristianesimo sorto sulle rovine delle colonne pagane.
Nel Settecento il presepio napoletano visse la sua stagione d'oro, uscì dalle chiese
dove era oggetto di devozione religiosa per entrare nelle dimore dell'aristocrazia. Nobili
e ricchi borghesi gareggiarono per allestire impianti scenografici sempre più ricercati.
Giuseppe Sammartino, (Napoli, 1720 - Napoli, 1793), forse il più grande scultore
napoletano del Settecento, autore del suggestivo Cristo velato, abilissimo anche a
plasmare figure in terracotta, diede inizio ad una vera scuola di artisti del presepio.
Segue
Il Museo della Certosa di San Martino a Napoli è certamente il punto di riferimento
per gli studi sul presepe napoletano dove è esposto forse il più celebre e acclamato
esempio di presepe napoletano, il presepe Cuciniello, realizzato tra il 1887 e il 1889, di
cui, qui, un particolare dell'osteria.
L’allestimento del presepe a livello popolare si
diffonde pienamente nel secolo scorso quando
ogni famiglia in occasione del Natale costruisce un
presepe riproducendo la Natività con statuine in
gesso, terracotta o carta pesta, con tutti i
personaggi
e
i
luoghi
della
tradizione,
dalla grotta alle stelle, dai Re Magi ai pastori,
dal bue all'asinello.
Nella mia famiglia, per il Natale, si allestiva il
presepe, ma anche l'abete ebbe un posto in casa.
I ricordi più remoti risalgono alla mia prima
infanzia, sono ricordi che coinvolgono tradizioni e
ritualità, racconti e storie, odori e profumi, giochi e incanti: un miscuglio di immagini
emozioni e sentimenti, oggi soffusi di nostalgia.
Solitamente, in coincidenza con la festa dell'Immacolata, i miei genitori
acquistavano l'abete e, in giornata, allestivamo l'albero con palline di vetro colorate
decisamente fragili, fili argentati, pezzi di cioccolata, piccoli dolciumi, e, all'epoca, lo
illuminavamo con candeline fissate su pinzette che si accendevano solo nella notte
della vigilia, all'approssimarsi della mezzanotte.
Poi, col tempo gli addobbi cambiarono notevolmente, ma i miei ricordi sono fermi,
lì, nell'angolo di quella sala, quando avevo quattro/cinque anni, incantata dai colori e in
attesa del sorteggio dei dolcetti.
L'impegno maggiore era l'allestimento del presepe, un vero piccolo rito familiare
vissuto particolarmente con mia madre, che coglieva l'occasione per "raccontarci" il
presepe che è la rappresentazione della Natività.
Innanzitutto, sistemavamo lo "scoglio", cioè la scena del presepe. Anche il nostro,
come nella più pura tradizione presepiale di Napoli, aveva una struttura in sughero, che
rappresentava uno scorcio di paese arroccato che scendeva, tra stradine e scalinate,
verso un primo piano pianeggiante, dove, al centro, si trovava la grotta con altre grotte
laterali dì proporzioni ridotte, in cui vi erano rappresentate altre scene di quella notte
magica.
La grotta, simbolo materno per eccellenza, è il luogo dove avviene il prodigio della
nascita del Bambinello, e per raggiungerla, i pastori, vincendo le angosce del buio,
affrontano un viaggio in "discesa", dall'alto verso il basso, per partecipare all'evento
miracoloso che testimonia il trionfo della luce sulle tenebre, della cristianità
sull'oscurantismo del paganesimo. Collocato all'ingresso o sospeso in alto, c'è
l'Arcangelo Gabriele, l'angelo dell'Annunciazione a Maria, che ha il compito di dare
l'annuncio della nascita avvenuta e di indicare l’inizio di una nuova era.
A casa, tiravamo giù dagli scaffali dello sgabuzzino le scatole che custodivano i
vari pastori, rigorosamente di terracotta, innanzitutto per verificarne l'integrità,
riscoprivamo i personaggi, raccoglievamo gambe e braccia e iniziavamo il laboratorio di
ricostruzione di quelli “acciaccati”. A tal fine, si scioglieva la colla di pesce, un odore
acre che mi ritorna nei ricordi, o si preparava la colla di farina per fondali e casette in
cartapesta. Alcuni pastori restavano irrimediabilmente acciaccati e allora venivano
strategicamente sistemati, seminascosti dietro una roccia oppure affacciati ad una
finestra. A volte, era necessario fare un giro per i negozi di S. Gregorio Armeno, la
cosiddetta strada dei presepi, al centro di Napoli, per acquistare nuovi pastori, ma, in
effetti, era una passeggiata da fare nel rispetto delle tradizioni.
Segue
Intanto che allestivamo il presepe, mia madre ci presentava i vari personaggi e ci
parlava di storie antiche che trovano risonanza nel Natale del Bambino Gesù, visto che
i personaggi del presepe e i tanti elementi che compongono l'intero quadro, hanno
significati particolari e, in alcuni casi, rappresentano simboli della tradizione liturgica
cristiana. Da piccola, ero convinta che fossero storie inventate da mia madre, come
spesso faceva, quando, la sera, per accompagnare la cena di noi bambini, inventava
racconti oppure ci narrava di Orlando furioso, dei paladini di Re Artù, di pirati, di
mitologia, di leggende varie.
Innanzitutto, cominciavamo a sistemare il paesaggio, gli elementi dell’ambiente
fissati opportunamente, rappezzavamo parti di sughero traballanti, il muschio veniva
rinnovato, le lucine disposte strategicamente su luoghi o elementi particolarmente
significativi.
Nelle vicinanze della grotta, che, nel presepe napoletano, accoglie il gruppo classico
della natività, c'è l'osteria luogo di perdizione, dove si banchetta allegramente, si gioca
a carte, si tramano inganni e delitti: è il luogo dove non c'è posto per ospitare Maria e
Giuseppe: è il simbolo delle cattiverie del mondo che la nascita di Gesù viene ad
illuminare. Fuori dall’osteria, c'è Cicci Bacco che si presenta con un fiasco in mano
oppure su un carretto pieno di botti di vino. Grande bevitore, continuamente ubriaco,
richiama l'ebbrezza delle feste pagane dedicate a Bacco. Nei pressi, ci sono anche il
forno e il mulino, con le ruote e le pale in movimento, emblematico del tempo che
passa e del nuovo anno in arrivo. Al mulino va anche il fornaio a prendere la farina per
fare il pane, nutrimento indispensabile se si ricorda che Cristo è detto “Pane della vita”.
Il pane e il vino sono un chiaro richiamo alla nuova dottrina cristiana annunziata con
la nascita del Salvatore perché saranno i doni con i quali Gesù, nell'ultima cena,
istituirà l'Eucaristia, diffondendo il messaggio di morte e resurrezione al Regno dei
Cieli.
In tutti i presepi, c'è un fiume: nel presepe di casa mia, era segnato con una striscia
argentata, carte recuperate per lo più da cioccolatini. Nei presepi più importanti, si
vede scorrere proprio l'acqua. L'acqua che scorre è un simbolo presente in tutte le
mitologie legate alla nascita e alla morte. Nel caso della religione cristiana, essa
richiama il Battesimo, il sacramento della nascita cristiana. E c'è anche il pescatore con
le sue reti: è il pescatore di uomini a ricordo del brano del Vangelo dove si narra che,
passando lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone e Andrea che
gettavano le reti in mare e disse loro di seguirlo “Vi farò diventare pescatori di uomini".
Ricordiamo che, al tempo delle persecuzioni, uno dei simboli usato dai cristiani per
descrivere Gesù fu il pesce, il cui nome greco "ikthys" era l'acronimo di "lesùs Kristhòs
Theoù Yiòs Sotèr" cioè "Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore".
La grotta, quindi, è il centro di ogni presepe, il luogo dove arrivano i pastori in
adorazione del Bambino seguendo il bagliore della luce delle stelle in quel cielo che sul
presepe è di carta blu notte. Attorno alla grotta sono sistemati i pastori con il gregge, i
venditori con la loro merce, uno per ogni mese dell'anno a significare il tempo che
passa, la vecchia che dà il becchime alla gallina, le vecchie che filano, i giocatori di
carte soprannominati "i san Giovanni" in riferimento dei due solstizi, l'invernale e
l'estivo, una giovane zingara, che predice il futuro di dolore del Cristo e la sua morte
sulla croce e che ha con sé un cesto di arnesi di ferro, che saranno usati per forgiare i
chiodi della crocifissione; c'è una meretrice nelle vicinanze della grotta, in
contrapposizione con la purezza di Maria; c'è la lavandaia che ha assistito la Vergine e
che, dopo aver lavato il Bambino, lava i lini usati per il parto rendendoli di nuovo
candidi come la purezza divina.
E poi mia madre ci raccontò di Stefania, una storia che mi colpì particolarmente per il
prodigio che avviene e per la tenerezza che mi suscitava. Stefania è una giovane
vergine che vuole adorare il Bambinello, ma è fermata dagli angeli perché le donne non
sposate non possono visitare la Madonna.
Segue
Stefania, pur di adorare da vicino il Bambinello, avvolge in fasce un grande sasso,
come fosse un neonato, e, ingannando gli angeli, riesce ad arrivare al cospetto di Gesù
il giorno successivo, il 26 dicembre. La leggenda narra che, al cospetto della Madonna,
il sasso improvvisamente si anima e starnutisce diventando un bel bambino, chiamato
Stefano: la meraviglia della nascita in un racconto popolare.
Un altro personaggio del presepe che mi affascinava era Benino, il pastore che dorme
profondamente, di solito in una capanna sistemata in alto, circondato da dodici pecore.
È un riferimento a quanto scritto nelle Sacre Scritture: "E gli angeli diedero l'annunzio ai
pastori dormienti" All'annuncio, Benino si risveglia e il risveglio segna la rinascita ad
una vita nuova. Il suo cammino verso la grotta
è un lungo percorso in discesa verso Gesù, tra
sogno e realtà.
Alla fine del viaggio, superate le paure, dopo
varie soste, Benino diventa il Pastore della
Meraviglia, che, di fronte al miracolo della
Nascita,
stupefatto
per
la
rivelazione,
abbagliato dalla luce divina, spalanca la bocca
ma non trova parole per esprimere la sua
intima commozione. Il miracolo della Natività
lo lascia muto, con le braccia spalancate,
sospeso nel tempo, immerso nel silenzio che
avvolge il mondo immobile per un attimo: il creato si fermò per accogliere il Redentore.
Un’accentuazione sul sogno è data dalla tradizione napoletana, secondo la quale
Benino sogna il presepe e - sempre nei racconti popolari - non deve essere svegliato,
perché di colpo il presepe sparirebbe.
I re magi giungono alla grotta la notte tra il 5 e il 6 gennaio, il giorno dell'Epifania, il
giorno della manifestazione della divinità. Sono sapienti nobili con poteri sacerdotali e
simboleggiano il viaggio notturno della stella cometa che si congiunge con la nascita
del nuovo "sole-bambino". In questo senso va interpretata la tradizione cristiana
secondo la quale essi si mossero da oriente, punto di partenza del sole.
Nel Vangelo di San Matteo, c'è un rapido accenno a questi signori venuti dal lontano
Oriente, ad adorare il Bambino, in origine in groppa a tre diversi animali, il cavallo, il
dromedario e l'elefante che rappresentano rispettivamente l'Europa, l'Africa e l'Asia, i
tre continenti allora conosciuti. Gaspare ha l'aspetto dell'orientale proveniente dall'Asia
e porta in dono l'oro al Bambino Gesù, Re dei Cieli; Baldassarre è moro, proveniente,
quindi, dall'Africa e offre l'incenso, un profumo usato dai sacerdoti, omaggio alla
divinità di Cristo; Melchiorre, ha la pelle e la barba bianca, giunge dall'Europa e porta
in regalo la mirra, un unguento aromatizzato utilizzato per imbalsamare i morti, a
simboleggiare la futura vittoria di Gesù sulla morte.
Secondo le leggende campane, i re magi arrivano su tre cavalli di colori diversi ad
indicare la posizione del sole durante la giornata: rispettivamente bianco per l'aurora,
rossiccio per il mezzogiorno e nero per la notte. A tal proposito, la simbologia solare dei
Re Magi era chiaramente espressa in passato, quando al loro corteo si aggiungeva una
figura femminile detta "la re magia", quale riferimento alla luna che segue il viaggio
notturno dei tre sovrani.
A casa nostra - ma ho poi scoperto che era una usanza osservata nelle famiglie della
Napoli presepiale - si aspettava la vigilia perché, al suono delle campane di mezzanotte,
dopo aver acceso le candeline sull'albero posto vicino al presepe, ci mettevamo tutti in
processione, i nonni, i genitori, noi cinque figli, e con le candele accese tra le mani,
giravamo per tutta la casa cantando Tu scendi dalle stelle. Il più piccolo di casa, sulle
spalle un bianco asciugamano di lino, possibilmente con frange, apriva il corteo e aveva
tra le braccia il Bambino Gesù che veniva depositato nella mangiatoia tra Maria e
Giuseppe in adorazione.
Gesti semplici e momenti indimenticabili per me.
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La foto di copertina è di Giordano Nicoletti
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