CONFIMI Rassegna Stampa del 01/12/2014 La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. INDICE CONFIMI 29/11/2014 Corriere dell'Umbria SOLO UNITI SI VINCE BANCHE COOPERATIVE PER LE PMI UMBRE 12 29/11/2014 Il Giornale di Vicenza Apindustria interroga il sottosegretario Zanetti 17 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza SUI GIORNALI 36 ANNI DI POLITICA LONTANA DALLE IMPRESE 18 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza La casa degli imprenditori che guardano al futuro 19 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Da 40 anni protagonista dello sviluppo economico 21 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza SERVIZI ALLE IMPRESE 23 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza SETTORI E MANDAMENTI 24 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza I SERVIZI DELL´AREA SINDACALE 25 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza L´Area Estero aiuta le PMI a trovare nuovi mercati 26 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Con le PMI per un fisco semplificato e sostenibile 27 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Le imprese vicentine ripartono dalla formazione 28 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Missione in Brasile per scambio di informazioni e competenze 30 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza PREMIO MECCATRONICA 31 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza DONNE SEMPRE PIÙ PROTAGONISTE 32 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Il futuro dell´imprenditoria vicentina inizia qui 33 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza IL FILÒ CON POLITICA 35 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza PER UNA "RIPRESA POSSIBILE" 36 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza PIÙ ATTENZIONE AL MANIFATTURIERO 37 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Responsabilità sociale 38 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Per il mecenatismo culturale 39 30/11/2014 Giornale dell'Umbria Flamini: la siderurgia non è l'unica strada per lo sviluppo 43 30/11/2014 La Voce di Mantova Apindustria e Veneto Banca rinnovano la convenzione 44 CONFIMI WEB 28/11/2014 www.ilgiornaledivicenza.it 14:18 In Fiera le celebrazioni dei 40 anni di vita 46 29/11/2014 www.vicenzapiu.com 17:23 Le pmi vicentine plaudono alle semplificazioni fiscali: 'ma strada è ancora lunga' 47 28/11/2014 www.vicenzapiu.com 22:00 Apindustria festeggia i 40 anni in Fiera 48 SCENARIO ECONOMIA 29/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale Italia a crescita zero Nuovo record dei senza lavoro 50 29/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale Ferrari si prepara a Wall Street Spunta l'ipotesi voto multiplo 52 29/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale Edison in campo per le centrali e i clienti di E.On Italia 54 30/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale la trappola nascosta nel jobs act 55 30/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale Padoan: crescita, la Ue ci ascolta Le tasse scenderanno ancora 56 30/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale Fondi pensione e Tfr, così si cambia 59 30/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale «Ancora troppa finanza nelle banche Basta prodotti complessi alle famiglie» 61 30/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale Imu e Tasi così i calcoli e le scadenze di fine anno 64 01/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale Pensione a 57 anni per le donne 65 01/12/2014 Corriere della Sera - Nazionale Una moneta parallela da affiancare all'euro La proposta che unisce Berlusconi e «Micromega» 66 29/11/2014 Il Sole 24 Ore Disoccupazione al 13,2% a ottobre persi 55mila posti 67 29/11/2014 Il Sole 24 Ore L'Europa non ha tempo per il gioco delle parti 69 29/11/2014 Il Sole 24 Ore L'Italia bloccata dallo squilibrio responsabilità-poteri 71 29/11/2014 Il Sole 24 Ore «Troppe lobby negli appalti Commissarieremo ancora» 73 30/11/2014 Il Sole 24 Ore Borse, chi vince sul mini-greggio 75 30/11/2014 Il Sole 24 Ore Il Giappone di Abe fa la cosa giusta 77 30/11/2014 Il Sole 24 Ore La depressione degli italiani e il rischio Paese* 78 30/11/2014 Il Sole 24 Ore Come sostenere le riforme 80 30/11/2014 Il Sole 24 Ore Il bonus europeo da non sprecare* 82 30/11/2014 Il Sole 24 Ore Salvi i saldi (per la Ue), ora sprint sulle riforme 84 29/11/2014 La Repubblica - Nazionale L'ARMA DEL PETROLIO 85 29/11/2014 La Repubblica - Nazionale "Troppa offerta di greggio e non c'è il coraggio di tagliare la produzione" 87 29/11/2014 La Repubblica - Nazionale Berlusconi-Doris fanno lo sgambetto a Mediobanca e si astengono sugli ultimi conti 89 30/11/2014 La Repubblica - Nazionale IL MACIGNO DEL DEBITO ITALIANO E IL BUCO NERO DELLA GRECIA 90 30/11/2014 La Repubblica - Nazionale Manovra, sì alla fiducia ma dubbi sull'effetto Pil 93 30/11/2014 La Repubblica - Nazionale Taglio al canone Il ricorso della Rai andrà al Quirinale Ma verdetto finale con il nuovo cda 95 30/11/2014 La Repubblica - Nazionale Un altro attacco dei tedeschi a Draghi il rappresentante in Bce: no a maxi-acquisti 96 01/12/2014 La Repubblica - Nazionale Ilva allo Stato ecco il piano del salvataggio 97 29/11/2014 La Stampa - Nazionale Padoan sollevato: "Riconosciuto il nostro sforzo" 99 30/11/2014 La Stampa Nazionale Disoccupazione mai così alta 100 30/11/2014 La Stampa - Nazionale "Ora l'Europa studia la clausola di flessibilità per i Paesi in crisi" 103 01/12/2014 La Stampa - Nazionale BRINDATE AL PETROLIO MENO CARO 105 01/12/2014 La Stampa Nazionale LA SFIDA DEL JOBS ACT 107 01/12/2014 La Stampa - Nazionale "Ma sui contratti atipici il governo si è impegnato" 109 01/12/2014 La Stampa - Nazionale "Le regole non bastano Per la svolta serve innovazione e ricerca" 110 01/12/2014 La Stampa - Nazionale "Assumiamo in Italia, anche se manca una politica industriale" 111 01/12/2014 La Stampa - Nazionale "Usa-•Europa con l'accordo milioni di posti di lavoro" 112 01/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza LE ARMI DELL'EUROPA E IL POTERE DI GOOGLE 113 01/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza Più reddito disponibile per spingere i consumi 114 01/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza Piano Juncker, l'assalto ai fondi 116 01/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza Tv locali, l'ultimo far west troppe antenne, spot in crollo 119 01/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza "Tassi bassi e prezzi energetici potrebbero spingere le imprese" 122 01/12/2014 Corriere Economia Cardani: ma i privati ora ci mettano i soldi 124 01/12/2014 Corriere Economia Web veloce Il piano Renzi divide Telecom e Vodafone 126 01/12/2014 Corriere Economia «Ris orse uma ne, queste sconosciute» 128 01/12/2014 Corriere Economia Imposte locali Tasi e Imu: il doppio colpo dei Comuni 129 01/12/2014 Corriere Economia Infrastrutture Lo stop ci costa 800 miliardi 131 29/11/2014 Milano Finanza ORSI&TORI 133 29/11/2014 Milano Finanza il tagliadebito si puo e si deve fare Ma ci vuole una cabina di regia con poteri forti. 136 29/11/2014 Milano Finanza Lo shale oil è invincibile 140 29/11/2014 Milano Finanza Draghi raccolga la sfida subito, è il momento della verità 142 29/11/2014 Milano Finanza Altomonte: i soldi di Juncker andranno prima al Nord Europa, l'Italia metta mano ai fondi strutturali 144 29/11/2014 Milano Finanza Solo l'Europa fa paura 146 29/11/2014 Milano Finanza Meno fisco, più rilancio 148 SCENARIO PMI 30/11/2014 Corriere della Sera - Nazionale Juncker usa il bazooka? Ma non funzionerà 151 29/11/2014 Il Sole 24 Ore Nel quarto trimestre per il Pil crescita zero 152 29/11/2014 Il Sole 24 Ore Ma il consenso di Fi tra i ceti produttivi è di nuovo in crescita 153 29/11/2014 Il Sole 24 Ore Più export per l'agroindustria 154 29/11/2014 Avvenire Nazionale «Subito un salto di qualità» 155 01/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza Tern a, la sfida di Del Fante per crescere in Europa 156 01/12/2014 ItaliaOggi Sette Risorse per ogni tipo d'azienda 158 01/12/2014 ItaliaOggi Sette Fondi per competere all'estero 160 01/12/2014 ItaliaOggi Sette Nell'investigazione la nuova frontiera è la Digital Forensic 162 01/12/2014 ItaliaOggi Sette EUROAPPUNTAMENTI 163 29/11/2014 Milano Finanza Vocazione riciclo 164 29/11/2014 Milano Finanza Così si guidano i droni 165 29/11/2014 Milano Finanza Le soluzioni di Agrigento 166 30/11/2014 La Repubblica - Album Oro, moda e pelletteria dove c'è innovazione conti in positivo grazie ai mercati esteri* 167 28/11/2014 Tempi DARE L'ESEMPIO LA NOSTRA FORZA PIU' GRANDE 169 28/11/2014 Tempi IL LOCALISMO CHE FA GIRARE L'ECONOMIA 172 28/11/2014 Tempi PORTIAMO IN AULA LO STATUTO CHE LIBERA LE PMI E LO SVILUPPO 175 CONFIMI articoli 29/11/2014 Corriere dell'Umbria Pag. 13 (diffusione:21210, tiratura:34012) SOLO UNITI SI VINCE BANCHE COOPERATIVE PER LE PMI UMBRE di Elisabetta Pevarello A PERUGIA - "Le sfide per la crescita-Innovazione, Impresa e lavoro" è stato il tema affrontato dall'assemblea annuale tenutasi ieri nella sede di Confartiganato Imprese Terni. Presenti, tra gli altri, l'economista Giulio Sapelli spesso ospite in programmi tv di approfondimento economico, professore ordinario di Storia Economica presso l'Università degli Studi di Milano dove insegna anche Analisi Culturale dei Processi Organizzativi e collaboratore del Corriere della Sera e de Il Sussidiario.net, Paolo Agnelli imprenditore a capo del gruppo bergamasco Agnelli, azienda nata nel 1907 ora leader nella produzione di pentole professionali utilizzate dai migliori chef in tutti i cooking televisivi, Enrico Quintavalle responsabile dell'Ufficio Studi Confartigianato Imprese e il presidente di Confartigianato Imprese Terni Giuseppe Flamini, moderati da Stafano Colarieti managing director Consenso. All' incontro ha partecipato l'assessore al commercio e artigianato del comune di Terni Daniela Tedeschi. Un'assemblea che si è tenuta quest'anno in una fase molto delicata per il territorio, complici la crisi e la concomitante vertenza TK-Ast. "Da qui comunicano da Confartiganato Imprese - la volontà di promuovere un confronto tra piccole e medie Imprese ed autorevoli esperti, con l'obiettivo di ridefinire l'agenda delle priorità su cui far leva per sostenere soprattutto il tessuto delle piccole imprese, introducendo elementi di valutazione sul ruolo che può avere l'innovazione e l'internazionalizzazione per rilanciare l'economia". Ad aprire i lavori il presidente Flamini che ha sottolineato come, a seguito di anni di crisi nei settori portanti ed, in particolar modo, in questi ultimi tempi, con le ben note vicende che hanno coinvolto l'Ast, i contraccolpi sull'indotto, all'interno del quale la Confartigianato ha molti iscritti, sono stati particolarmente pesanti. Quintavalle ha effettuato una sintetica disamina della situazione economica attuale, comparando i dati locali con quelli nazionali ed internazionali, in particolare, evidenziando come la disoccupazione, compresa quella giovanile, a Terni pur essendo pesante, è meno incisiva che in altre parti d'Italia. Altro dato importante che ha sottolineato è il previsto risparmio Irap di 66 milioni per le imprese umbre a seguito della manovra economica di quest'anno. A Sapelli è stato chiesto di individuare due o tre percorsi per far uscire dalla crisi le pmi. In risposta, Sapelli ha parlato di "economia stagnante", riferendosi alla situazione europea ma ha anche affermato che "qualcosa si sta muovendo". Ha, poi, effettuato un excursus a 360 gradi sulla situazione internazionale, alla luce del quale ha inquadrato la manovra italiana in atto "che ha affermato - rappresenta un'inversione di tendenza perchè, ad esempio, si parla di job act per la prima volta". Ha, infine , invitato le pmi ad operare insieme, dotandosi di proprie banche cooperative. Prospettive delle imprese Le piccole e medie imprese al convengno Confartigianato La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato CONFARTIGIANATO zLa proposta di Sapelli al convegno nella sede di Terni 29/11/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 10 (diffusione:41821, tiratura:51628) Apindustria interroga il sottosegretario Zanetti Il sottosegretario Zanetti Il sottosegretario all´economia Enrico Zanetti sarà ospite di Apindustria Confimi Vicenza lunedì prossimo (1° dicembre) alle 18 nel nuovo padiglione della Fiera, in occasione dell´assemblea pubblica che chiuderà le celebrazioni per il 40° anniversario dell´associazione. Le piccole e medie imprese spiega una nota - si confronteranno con il rappresentante del Governo per fare il punto sul momento delicato vissuto dal mondo produttivo, che sta cercando di lasciarsi alle spalle un periodo difficile, e tornare ad essere una la locomotiva dell´economia italiana. Un obiettivo legato anche all´impegno delle istituzioni, chiamate a interventi rapidi e concreti in materia di fisco, burocrazia, giustizia, ritardi dei pagamenti e infrastrutture. All´incontro interverrà, oltre al presidente di Apindustria Vicenza, Flavio Lorenzin, Paolo Agnelli leader nazionale di Confimi Impresa, la neonata confederazione nazionale dell´industria manifatturiera a cui hanno aderito anche le Pmi vicentine. Seguirà un dibattito con Maurizio Costabeber di Dws, Alessio Patron di Stylenda, Marco Signorelli di 221e, Leonardo Rigo della Banca Popolare di Verona, Antonio e Luca Fabris di 3F Ingranaggi. Moderatore è Luciano Ghelfi, giornalista del Tg2. In conclusione premiazione delle aziende associate dal 1974 e cena di gala. La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LUNEDÌ L´ASSEMBLEA. Confronto col Governo 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 62 (diffusione:41821, tiratura:51628) SUI GIORNALI 36 ANNI DI POLITICA LONTANA DALLE IMPRESE Da sinistra: Alessandro Milan, Franco Frigo, Giorgio Burlini, Magdi Cristiano Allam, Nino ... "Piccola e media industria sempre più coinvolta nella crisi", "Le piccole aziende tengono duro ma chiedono di essere aiutate", "Il dramma dell´occupazione giovanile". Sono questi alcuni titoli che trovavano spazio nel Giornale di Vicenza e in altri quotidiani della provincia il 26 maggio. E non ci sarebbe da meravigliarsi, se si trattasse di una qualsiasi giornata di fine primavera di questo 2014, o degli ultimi anni. Desta stupore invece che l´anno di pubblicazione di questi articoli sia il 1978. Sono passati più di trentasei anni da quel giorno, durante i quali sono cresciute nuove generazioni di imprenditori, e l´economia ha alternato fasi esplosive a cicli di contrazione. Eppure, a guardare la rassegna stampa di quel giorno, sembra che il tempo si sia fermato. Di certo cambia lo scenario politico circostante: in quel periodo imperversava ad esempio la violenza del terrorismo brigatista, culminato proprio in quei giorni con l´assassinio di Aldo Moro. Ma i temi dibattuti nel mondo produttivo erano gli stessi di oggi, a dimostrazione che ben poche risposte sono arrivate dai governi nel corso degli anni. Si parlava ad esempio di agevolare le imprese nell´espandere la base occupazionale attraverso forme mirate di detassazione, con la rivendicazione di una più ampia libertà d´azione e minori condizionamenti che arrivano dall´esterno. L´allora presidente dell´Api Vicentina, Roberto Gastaldello, esprimeva inoltre preoccupazione per il ristagno degli investimenti e il vertiginoso aumento del deficit della pubblica amministrazione, chiedendo al governo di ridurre la spesa pubblica, ed eliminare le aree di parassitismo al fine di destinare maggiori risorse agli investimenti produttivi. E, guarda caso, l´industria vicentina stava reagendo a un momento depressivo con l´aumento delle esportazioni. Saltando in avanti di cinque anni, il 15 maggio 1983, lo scenario non cambia. "Imprenditori decisi a resistere (ma in condizione di competere)" riportava sempre il Giornale di Vicenza nella sua apertura di cronaca, mentre le pagine della provincia ospitavano un altro articolo dal titolo altrettanto eloquente: "Industriali, rabbia e speranza. Spunterà un governo che governi?". In questa occasione l´assemblea di Api lanciava un messaggio chiaro ai politici: dopo le elezioni l´economia esigeva scelte coraggiose e mano ferma. Gli anni quindi passano, ma le esigenze restano immutate. A dimostrazione che dal passato si può imparare per non ripetere gli stessi errori, ma anche le stesse mancanze. La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SUI GIORNALI 36 ANNI DI POLITICA LONTANA DALLE IMPRESE 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 62 (diffusione:41821, tiratura:51628) La casa degli imprenditori che guardano al futuro Delegazione Apindustria in visita istituzionale al Senato della Repubblica (Archivio fotografico ... Quarant´anni al fianco delle piccole e medie imprese manifatturiere del territorio, passati ad ascoltare esigenze, problemi e aspirazioni delle aziende e a difendere le loro istanze in sede istituzionale, fornendo supporto e consulenza con l´obiettivo sempre ben presente di agire da reali rappresentanti di quel peculiare universo produttivo su cui si fonda il tessuto socio-economico vicentino: si potrebbe riassumere così la storia di Apindustria Confimi Vicenza, che oggi festeggia il raggiungimento di questo importante traguardo, reso possibile grazie all´impegno e all´iniziativa di tutti i soggetti coinvolti - imprenditori, collaboratori, funzionari dell´associazione. "Ciò che ha sempre contraddistinto la nostra attività e ci ha permesso di celebrare i nostri "primi 40 anni" afferma Flavio Lorenzin, Presidente Apindustria Confimi Vicenza - è la volontà di porci come la "casa" degli imprenditori: non un´istituzione fredda e distante, bensì uno spazio d´incontro e di condivisione, basato sul rapporto diretto con gli associati. D´altra parte, Apindustria nacque nel 1974 proprio dalla decisione di alcune aziende di uscire da Confindustria perché sentivano quel contesto inadeguato a rappresentare le piccole e medie realtà manifatturiere, in quanto troppo lontano dalla realtà che vivevano le PMI. Questa categoria di imprese ha bisogno di essere guidata da chi è in grado di capirne i bisogni e le problematiche specifiche e di seguirne l´evolversi nel tempo, cercando di anticipare trend di mercato e sviluppi normativi per aiutare le aziende a crescere". COME CAMBIA LO SCENARIO "Il sistema economico delle PMI vicentine, che 40 anni fa era in fase, per così dire, di start up - prosegue Lorenzin -, oggi è maturo e appesantito da problematiche di natura burocratica e fiscale: dopo il 2008 le banche hanno radicalmente modificato la loro politica di sostegno alle imprese, mentre l´aspetto finanziario ha preso il sopravvento su quello produttivo, assumendo un ruolo sempre più determinante". Resta il fatto, però, che il futuro dell´Italia dipenderà inevitabilmente dalla rinascita del manifatturiero, pur in una veste rinnovata e adeguata alla situazione attuale: "Sono fermamente convinto che il nostro Paese, privo di risorse naturali in grande quantità, debba porsi come obiettivo la realizzazione di un tessuto produttivo costituito da imprese moderne, tecnologiche e integrate nel mercato globale. Per questo l´attività di Apindustria Confimi Vicenza si concentrerà in particolare su tre punti cardine per i prossimi anni. Innanzitutto, la presa d´atto che la manifattura del nostro territorio, se vorrà davvero essere concorrenziale sul mercato, non potrà più basarsi sui grandi volumi di produzione bensì sull´alta qualità. In secondo luogo, l´importanza dell´aggregazione tra imprese per attuare un processo di internazionalizzazione efficace: le PMI, date le loro caratteristiche strutturali, non hanno i mezzi per affrontare l´approccio ai mercati esteri in solitaria; ma se sapranno fare squadra, sfruttando le peculiarità di ciascuna e ampliando in questo modo i servizi offerti, potranno farsi conoscere e imporsi anche oltre confine. Questo punto è ancor più decisivo vista la situazione geopolitica odierna, con i nostri mercati extra-europei tradizionali alle prese con crisi e conflitti (dalla Libia alla Siria, dall´Iran alla Russia) e di conseguenza la necessità per le aziende di allargare ulteriormente il raggio d´azione dell´attività commerciale. Infine, il terzo punto riguarda la già citata evoluzione del sistema finanziario: la sfida da porsi ora è trovare modi nuovi per capitalizzare le imprese, ma sono gli operatori del manifatturiero in primis a dover capire che nuovi parametri del sistema implicano nuovi strumenti finanziari e la necessità dunque di modificare anche la struttura organizzativa dell´impresa per poter utilizzare al meglio tali strumenti. È compito nostro come associazione aiutare le piccole e medie imprese vicentine a orientarsi in questi nuovi scenari". LE QUESTIONI DA AFFRONTARE IN SEDE POLITICA Al di là delle iniziative rivolte direttamente al supporto alle imprese del territorio, Apindustria Confimi Vicenza è attiva anche sul fronte dei rapporti con le istituzioni, presso le quali si occupa di portare le istanze della realtà produttiva vicentina; farsi ascoltare, però, non è semplice: "Le PMI rappresentano il 99% del manifatturiero italiano, l´80% della forza lavoro e il 58% del fatturato industriale; ciò nonostante, il Governo non ha ancora preso nella dovuta considerazione i problemi delle piccole e medie imprese. I legislatori, talvolta, sembrano La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL COMMENTO DEL PRESIDENTE DI APINDUSTRIA CONFIMI VICENZA FLAVIO LORENZIN 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 62 (diffusione:41821, tiratura:51628) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato non accorgersi di noi e non colgono appieno gli stimoli che provengono dal nostro mondo. L´ideale sarebbe avere un Ministero per le PMI: non si tratta di un´idea campata in aria, ma di una proposta seria sorta già diverso tempo fa (e poi purtroppo accantonata) che io ritengo tuttora valida e potenzialmente risolutiva". Eppure, grazie all´impegno profuso dall´associazione, i risultati non mancano: "Di recente siamo riusciti a far abrogare la norma, introdotta nel 2012, sulla responsabilità solidale negli appalti, facendo notare che un metodo fondato sull´autocertificazione della propria situazione fiscale da parte del fornitore incorre nel rischio di produrre false dichiarazioni in caso l´azienda stia attraversando un momento di difficoltà e abbia necessità di ottenere l´appalto - non per imbrogliare, ma semplicemente per rimanere a galla". Permangono comunque numerosi aspetti insoluti in ambito normativo: "Il dibattito sull´articolo 18, ad esempio, è fuorviante: se noi come rappresentanti delle piccole imprese ne chiediamo l´eliminazione non è per mere ragioni di risparmio, bensì per la sua inadeguatezza allo stato attuale delle cose. Quasi tutte le PMI hanno personale assunto a tempo indeterminato, perché sanno di poter ottenere qualità solo grazie alla competenza dei propri dipendenti; l´articolo 18 agisce perciò da limite psicologico nei confronti dell´imprenditore, che in realtà ha ben altri problemi di cui occuparsi". "Un altro punto critico - prosegue Lorenzin - riguarda l´eccessiva esposizione finanziaria: mentre da noi le aziende lavorano con termini a 120-180 giorni per i pagamenti, nel resto d´Europa la media è 30-60 giorni; perfino Francia e Spagna (Paesi "latini" come noi...) si stanno adeguando a questi standard. Le PMI italiane, private anche del sostegno delle banche, non sono in grado di sopportare simili esposizioni, al punto che sempre più spesso oggi la piccola impresa non fallisce per colpa dei debiti, ma dei crediti non riscossi! Si potrebbe poi citare il problema dei tempi della giustizia, la cui prima conseguenza per le PMI è il fatto che queste finiscono per rimetterci anche quando vincono le cause, dati i costi che hanno dovuto sostenere per tutto il corso dell´iter giudiziario; oppure, la questione dell´indifferenza del sistema burocratico di fronte alle diverse dimensioni aziendali". RIPARTIRE DAI VALORI Questioni sul tavolo ce ne sono molte, quindi, ma qual è il messaggio alle aziende associate e a tutte le altre che insieme danno vita e sostanza al tessuto imprenditoriale vicentino? "Dobbiamo continuare a credere nel valore economico e soprattutto sociale delle PMI - conclude Lorenzin -: la nostra lotta non è per il profitto ma per garantire un futuro alla società. Una piccola impresa che opera sul territorio dà lavoro, e con ciò dignità, agli uomini e alle donne che in quel territorio ci vivono. L´imprenditore deve sentire su di sé la responsabilità sociale propria del suo ruolo, e condividerla con tutti i collaboratori e dipendenti: l´azienda oggi funziona se è una squadra unita, anche negli obiettivi". Una squadra: come Apindustria Confimi Vicenza. 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 64 (diffusione:41821, tiratura:51628) Da 40 anni protagonista dello sviluppo economico Inaugurazione prima sede Api: da destra Giuliano Gastaldello, Lauro Riva, Lorenzo Pellizzari e, ... Sono passati quarant´anni da quel 10 ottobre 1974, quando una quindicina di imprenditori vicentini dava vita all´Associazione delle Piccole e Medie Industrie della provincia di Vicenza, Api Vicenza. La neonata associazione, tenuta a battesimo delle Api di Verona e Padova, già ben radicate nel territorio, andò a colmare un vuoto che contraddiceva la realtà industriale della provincia vicentina, costituita soprattutto da piccole e medie industrie. Quelli che seguono sono i ricordi in libertà, che ripercorrono le tappe più rilevanti della vita di Apindustria Vicenza e che l´hanno portata, in questi quattro decenni, quella che è oggi: un grande organo di rappresentanza, che mette al centro le esigenze delle sue imprese e il futuro del suo territorio. LA NASCITA. L´Api di Vicenza viene fondata in una sala del ristorante Pedavena in Viale Verona, con atto del notaio Ottaviano Giarolo, il 10 ottobre 1974, e trova provvisoria ospitalità presso uno studio immobiliare-assicurativo in Corso Palladio 31. Qui si riunisce il primo Consiglio direttivo, formato da Lauro Riva, Francesco Basso, Zeffirino Filippi, Rino Carollo, Antonio e Giuliano Gastaldello, Bruno Canton, Marcello Miele e Pino Raumer. La prima Giunta di Presidenza era formata, oltre che dal presidente Lauro Riva e dai vicepresidenti Zeffirino Filippi e Giuliano Gastaldello, dai consiglieri Pino Raumer e Francesco Basso. Direttore Giovanni Bazzan, che per dodici anni guiderà l´Associazione con passione, entusiasmo e impegno. LA PRIMA SEDE. Agli inizi del 1975 viene aperta la prima sede associativa vera e propria, in via Btg. Monte Berico 42. Dopo circa un anno di presidenza, Lauro Riva si dimette dall´incarico e viene sostituito da Giuliano Gastaldello, eletto all´unanimità. Sotto la sua presidenza, dal piglio dinamico e deciso, l´attività associativa cresce e si differenzia. I rapporti con i diversi Enti Locali, la Camera di Commercio, gli Istituti di credito sono sempre più intensi e proficui. Proprio con il supporto della Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza e Belluno, l´Api dà vita, nel 1975, al Concredit, il primo Consorzio Fidi a favore delle aziende associate IL PREMIO "SILVIO SBABO". Il rapporto con la Cassa di Risparmio si articola su diversi fronti, come per esempio la sponsorship fornita da questo stesso istituto al Premio "Silvio Sbabo", istituito nel 1986, e in tempi più recenti rinominato Premio Unionmeccanica Apindustria. Nel 1979, all´archiviazione del vivace dibattito interno sulla questione della "fusione" con la locale associazione degli industriali, è eletto alla presidenza Giuseppe Saccardo e, con rinnovato entusiasmo, l´attività associativa riprende e si apre a nuove sfide. Alla presidenza Saccardo succede quella breve, ma assolutamente brillante, di Giannantonio Vaccaro, che è eletto, nel 1982, presidente nazionale Confapi, primo veneto assurto a tale incarico che, conseguentemente, lascia la presidenza provinciale. Nel 1982 la leadership dell´associazione passa a Vittorio Prandina, titolare di un´importante azienda d´abbigliamento dell´Alto Vicentino. IL DECENNALE. Dopo due anni, nel 1984, si celebra il decennale dell´Associazione. A 10 anni dalla nascita, Api Vicenza, partita con qualche decina di aziende, un direttore e una segretaria, conta 512 industrie associate e una struttura di 22 collaboratori. In questo arco di tempo sono stati fondati, oltre al Concredit, il Fidapi, consorzio del credito collegato alla Banca Popolare di Vicenza, Conexport (1978) consorzio per le esportazioni, Veneto Moda, CO.VE.GA. (Consorzio Veneto del Gioiello d´Argento), CO.IN.AL. (Consortium Industriel Algeriexport), e in collaborazione con altre organizzazioni di rappresentanza, il Consorzio delle Ceramiche Artistiche del Veneto. Dopo Vittorio Prandina, nel 1985, succede alla carica di presidente Pino Raumer, noto imprenditore del settore tessile e abbigliamento. Sotto la presidenza Raumer direttori saranno Paolo Gastaldi e Flavio Simonetti. GALLERIA CRISPI. La presidenza Raumer segna anche un´importante tappa per Api Vicenza: il 29 marzo 1992 viene inaugurata, in una nuova e futuribile costruzione, Galleria Crispi, in cui trova sede oggi l´Associazione. Contestualmente viene ideato il nuovo logo che, richiamando le "vele" della moderna struttura, ne rafforza l´identità con essa. Nei mesi seguenti, il presidente Pino Raumer, giunto al termine del suo secondo mandato, passa il testimone a Renzo Belcaro, titolare di un´azienda del settore metalmeccanico dell´Area La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LA NASCITA E LA CRESCITA DI UN´ASSOCIAZIONE DIVENTATA IL PUNTO DI RIFERIMENTO PER LE PMI 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 64 (diffusione:41821, tiratura:51628) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Berica che, con autorevolezza, dà nuovo impulso all´organizzazione. Il nuovo presidente dopo un anno chiama alla direzione Tommaso Ruggeri, che lo affianca nel rilancio dell´associazione e resterà in carica per dieci anni. IL VENTENNALE. Nel 1994 si celebrano i 20 anni dalla fondazione, che coincidono anche con la costituzione del Gruppo Giovani Imprenditori il quale, da subito, conta su un numero di adesioni allo stesso livello di altri gruppi provinciali attivi già da diversi anni. Con il Gruppo si dà vita, tra l´altro, ad un importante progetto: il "Laboratorio interaziendale per le successioni di successo", un tema ancora oggi strategico nelle aziende, poiché, come dimostrato da diversi studi e ricerche, tante imprese "muoiono" proprio nella fase del passaggio del testimone da padre in figlio. L´Api di Vicenza ora conta 783 industrie associate, con quasi 15 mila dipendenti e una struttura composta da una ventina di collaboratori. Negli anni Novanta nascono anche nuove aggregazioni d´imprese: il Textech, che riunisce i produttori di macchine tessili; Ecce, che raggruppa aziende della subfornitura elettronica e Acet, consorzio per l´automazione industriale. Vengono anche rafforzate e istituzionalizzate le azioni di Categorie e Mandamenti, i cui presidenti che si sono succeduti diventa impossibile da citarli. Doveroso è però ricordare Ruggero Dal Maso, vicepresidente di Giunta dal 1998 al 2000, per molti anni al vertice del mandamento di Valdagno: fu proprio lui il vero artefice dello sviluppo delle sezioni territoriali. Alla sua memoria è dedicato il riconoscimento per la Responsabilità Sociale dell´Impresa, consegnato nell´ambito dell´assemblea annuale del 2003 dalla moglie, Loredana Dal Maso. 25 ANNI DI CRESCITA E SVILUPPO. Nel 1996 viene inaugurata la prima sede mandamentale: è quella di Bassano del Grappa. Nel 1998, al rinnovo delle cariche, Fiorenzo Sbabo, da molti anni vice presidente dell´associazione e componente della Giunta della Camera di Commercio, viene eletto alla presidenza dell´ Api. Nel 1999, in occasione del 25mo anniversario della fondazione dell´Associazione, è inaugurata la sede "Altovicentino" a Schio. L´Associazione registra un´ulteriore crescita e si intensifica in maniera consistente l´attività dei direttivi di mandamento e categoria. APINDUSTRIA VICENZA. Il 25 maggio 2001 è convocata un´importante assemblea straordinaria per il cambio del logo e del nome dell´Associazione. Api Vicenza si trasforma in Apindustria Vicenza. A simboleggiare questa svolta è un leone alato stilizzato. Il nuovo logo vuole significare il forte radicamento territoriale e l´aumentato peso e personalità dell´associazione. Nell´ultimo decennio si succedono alla presidenza Sergio Dalla Verde, Filippo De Marchi e Flavio Lorenzin, quest´ultimo eletto nel 2012 e attualmente in carica. Alla fine del 2013 viene nominato anche il nuovo direttore Manuel Maraschin, e si apre una nuova era, con l´uscita di Apindustria Vicenza da Confapi e l´adesione al neonato gruppo nazionale Confimi Impresa. Senza dimenticare i quattro decenni lasciati alle spalle, ora lo sguardo è rivolto al futuro. 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 65 (diffusione:41821, tiratura:51628) SERVIZI ALLE IMPRESE Apindustria Vicenza è tra le prime realtà associative aderenti a Confimi Impresa, e tra le più rappresentative in assoluto nel mondo delle piccole e medie industrie. Tutto questo è stato conquistato nel corso dei quattro decenni grazie ad un livello sempre più elevato dei servizi avanzati offerti, molti dei quali a valenza regionale, che coprono tutti gli ambiti della gestione aziendale e della formazione del personale. L´attività di consulenza si esplica attraverso varie aree: Fiscale, Credito e Finanza, Estero, Formazione, Innovazione, Legale, Sindacale, Sicurezza e Ambiente. Un ruolo fondamentale viene poi ricoperto a livello di comunicazione e nell´organizzazione di numerosi eventi, che ogni anno portano la voce degli imprenditori all´attenzione delle istituzioni e della società civile. La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SERVIZI ALLE IMPRESE 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 67 (diffusione:41821, tiratura:51628) SETTORI E MANDAMENTI L'Associazione delle Pmi vicentine rappresenta formalmente dieci categorie settoriali che rispecchiano i comparti di maggior rilievo della provincia, sia per numero di imprese che per numero di occupati. Si tratta di Impresa Meccanica, Trasporti, Impresa Multiservizi, Impresa Alimentare, Impresa Digitale, Impresa grafica e comunicazione, Orafi, Impresa Legno e arredo, Impresa Chimica e plastica-gomma, e Aniem, che rappresenta le aziende che operano nel settore delle costruzioni e affini. Al fine di promuovere in modo decentrato la crescita economica, politica e culturale delle specifiche realtà imprenditoriali, Apindustria Vicenza ha suddiviso il territorio in cinque mandamenti: Vicenza, Bassano del Grappa, Area Berica, Alto Vicentino e Ovest Vicentino. Le sedi staccate sono a Schio e Bassano. La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SETTORI E MANDAMENTI 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 68 (diffusione:41821, tiratura:51628) I SERVIZI DELL´AREA SINDACALE Un convegno sulle problematiche del lavoro Così Apindustria Confimi Vicenza guida i propri associati sulla gestione dei rapporti di lavoro dipendente ed autonomo attraverso un servizio completo e puntuale dell´Area Sindacale, proprio con la convinzione che i titolari delle aziende e i loro dipendenti debbano remare insieme per far viaggiare spedita la stessa barca, ciascuno con le proprie responsabilità ma con un obiettivo comune nell´interesse di tutti. L´Area Sindacale dell´Associazione si occupa di fornire consulenza e assistenza alle aziende associate sui temi tipici del lavoro, a partire dall´analisi della specifica problematica aziendale, procedendo a ricondurre tale problematica al corretto inquadramento normativo, per finire con la proposta di soluzione tecnico-giuridica appropriata, compatibile con le esigenze imprenditoriali (approccio "problem solving"): rapporto di lavoro dipendente, parasubordinato ed autonomo; rapporti di agenzia; controversie individuali; pratiche collettive per il ricorso agli ammortizzatori sociali (CIGO, CIGS, CIGD e Contratti di Solidarietà); licenziamenti individuali e collettivi; supporto all´azienda in occasione degli accessi ispettivi del personale di vigilanza degli enti impositori e degli uffici periferici del Ministero del Lavoro; ideazione, redazione e presentazione di documenti contrattuali (accordi individuali e collettivi) e di istanze amministrative di varia naturaricorsi gerarchici, ecc.). L´attività dell´Area comporta una costante interlocuzione con le Organizzazioni Sindacali dei lavoratori e con le istituzioni locali, con la partecipazione alla Commissione Provinciale di concertazione tra le parti sociali, che si occupa delle problematiche del lavoro, e la presenza in svariate commissioni consultive presso l´INPS, l´INAIL, la Direzione Territoriale del Lavoro e la Prefettura U.T.G.. e ha dato un contributo fondamentale per la realizzazione di importanti iniziative, a partire dall´accordo provinciale per l´anticipazione economica sulle casse integrazioni straordinarie e sui contratti di solidarietà, che consente tuttora di offrire un sostegno al reddito a migliaia di lavoratori di aziende in crisi, senza gravare sulle aziende stesse. Qui arriva sempre la voce degli imprenditori, spesa per la crescita collettiva del territorio, delle sue imprese e dei suoi lavoratori. La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato I SERVIZI DELL´AREA SINDACALE 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 68 (diffusione:41821, tiratura:51628) L´Area Estero aiuta le PMI a trovare nuovi mercati Una delegazione di imprenditori brasiliani in visita ad Apindustria La crisi ha posto in primo piano la necessità per le PMI di trovare nuovi mercati. Per questo motivo un ruolo di assoluta centralità viene oggi ricoperto dall´Area Estero di Apindustria Confimi Vicenza, un qualificato punto di riferimento sia per le imprese che già lavorano con i mercati internazionali che per quelle che intendono avviare relazioni d´affari con operatori e paesi esteri. L´attività offerta alle imprese si muove lungo diverse direttrici: - consulenza e assistenza tecnicospecialistica sulle tematiche e le problematiche inerenti il commercio estero (operazioni intracomunitarie e Intrastat; esportazioni, importazioni e normativa doganale; origine delle merci; Incoterms e documenti di trasporto; pagamenti e normative valutarie, contrattualistica internazionale; documenti e certificazioni, visti e legalizzazioni; misure restrittive e embarghi; normative comunitarie specifiche) e l´internazionalizzazione dell´impresa (informazioni commerciali, rischio-paese, strumenti a sostegno dello sviluppo e ricerca di finanziamenti, costituzione di società all´estero); - promozione delle aziende associate tramite missioni imprenditoriali all´estero con preparazione di incontri B2B per la ricerca e l´individuazione di potenziali clienti o partner, la partecipazione a fiere collettive, l´invito di delegazioni di aziende straniere, anche in collaborazione con gli enti e le istituzioni nazionali e internazionali che curano l´organizzazione di simili iniziative; - formazione, anche presso l´azienda, su tematiche di specifico interesse - attività di approfondimento e aggiornamento nella forma di convegni, incontri e seminari nonché con l´invio periodico alle aziende iscritte del Notiziario dell´Associazione, ricco di argomenti di interesse e novità; rappresentanza, tutela e valorizzazione delle PMI nonché promozione della cultura imprenditoriale e del progresso industriale nei rapporti con le Istituzioni nazionali e comunitarie per garantire un equilibrato contesto competitivo alle PMI e un ambiente favorevole al loro sviluppo. A tal riguardo, l´Associazione è attualmente impegnata sui fronti dell´attuazione di una normativa chiara sull´etichettatura "made in" dei beni prodotti o importatati nell´UE, del contrasto alle barriere tariffarie e non sulla base della reciprocità di trattamento tra UE e paesi terzi, della lotta alla contraffazione, e nell´esigere un grado di apertura dei mercati dei nostri principali paesi partner/concorrenti reciproco rispetto a quello del mercato UE al fine di non discriminare le imprese comunitarie. La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SERVIZI QUALIFICATI A SUPPORTO DELL´INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE PMI 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 68 (diffusione:41821, tiratura:51628) Con le PMI per un fisco semplificato e sostenibile Da sinistra: Giuliano Campanella, Manuela Dal Lago ed Enrico Dall´Osto ad un incontro per ... Tasse e burocrazia impongono spesso un surplus di lavoro che rallenta l´attività delle Pmi e vanifica ogni sforzo per la crescita. Per questo l´Area fiscale dell´Apindustria Vicenza cerca di agevolare gli adempimenti dei propri associati con un´efficiente servizio di consulenza in materia di imposte indirette, dirette, bilancio e diritto societario. La rilevante specializzazione in materia di Iva e, in particolare, nei rapporti internazionali, fa dell´Ufficio un importante punto di riferimento per le aziende. I convegni e i seminari proposti contribuiscono, altresì, alla formazione e all´aggiornamento del personale delle aziende. L´Ufficio dell´Associazione ricopre, inoltre, il ruolo di responsabile del coordinamento politiche fiscali, semplificazione e rapporti con la Pubblica Amministrazione, in seno alla Confimi: ruolo che proietta Apindustria Vicenza ai Tavoli di lavoro nazionali. Proprio grazie al rilevante, e talvolta decisivo, apporto svolto negli ultimi due anni al Tavolo semplificazioni presso l´Agenzia delle Entrate, sono arrivate alcune delle misure contenute nel decreto semplificazioni approvato dal Governo. Fra quelle di maggiore impatto per le imprese, vanno ricordate l´abrogazione della responsabilità fiscale negli appalti, la comunicazione delle dichiarazioni d´intento che passa dal fornitore al cliente risolvendo i pesanti problemi sanzionatori e dimezzando gli adempimenti complessivi in materia, e la comunicazione black list, che diventa annuale eliminando quindici scadenze infrannuali. "Si tratta solo di una prima serie di risultati, non ancora sufficienti, cui l´Associazione confida di vedere presto aggiunte altre proposte - spiega il responsabile dell´Area, Francesco Zuech - come l´aumento delle soglie per il visto di conformità per la compensazione dei crediti fiscali, l´eliminazione dell´obbligo di doppia annotazione autofattura/integrazione nel reverse charge, l´eliminazione totale degli Intrastat acquisti sono solo alcuni degli obiettivi, non ancora raggiunti, su cui l´Associazione è intenzionata a non mollare la presa". Fra le altre recenti azioni e risultati ottenuti in materia fiscale vi sono anche l´azione contro le cartelle spropositate per mancato riconoscimento dei ravvedimenti carenti per pochi euro, il contrasto all´obbligo coercitivo della conservazione sostitutiva a norma delle fatture elettroniche verso la P.A., la rettifica dei modelli TR di rimborso Iva trimestrale e l´esonero dall´obbligo di comunicare al fisco le auto in uso al titolare o al socio amministratore. Per quanto riguarda la pressione fiscale e il rapporto fisco-contribuente, fra le altre, le azioni dell´Associazione sono concentrate ad ottenere l´eliminazione totale dell´Irap, a ridurre il carico impositivo su fattori produttivi quali i capannoni industriali, a eliminare i prestiti forzosi a carico delle imprese (acconti che superano il 100% e disciplina sull´indeducibilità temporanea degli interessi passivi), e a riequilibrare il rapporto fisco contribuente riducendo il potere dell´Amministrazione finanziaria di sindacare anche le scelte civilistiche in materia di bilancio. Apindustria con la sua Area Fiscale, infine, è da sempre particolarmente sensibile al problema dei ritardati pagamenti. Molte imprese muoiono per i propri crediti insoluti. Con una recente e innovativa proposta, che trova avvallo anche nella recente Giurisprudenza comunitaria, si sta cercando di far introdurre un meccanismo che, tramite l´Agenzia delle entrate, consenta al creditore di recuperare l´Iva già versata sugli insoluti costringendo il debitore, che l´ha già detratta, a riversarla. Il ruolo dell´Agenzia potrebbe così diventare un importante deterrente per spingere il debitore a onorare le proprie obbligazioni contrattuali. La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L´IMPEGNO DELL´AREA FISCALE DI APINDUSTRIA VICENZA PER UNA RIFORMA DEL SISTEMA DI TASSAZIONE 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 69 (diffusione:41821, tiratura:51628) Le imprese vicentine ripartono dalla formazione Maria Menin, vicepresidente di Apindustria Confimi Vicenza|Un evento di formazione organizzato ... L´impegno di Apindustria Confimi Vicenza nei svariati ambiti della formazione è sempre più incisivo e concreto. A raccontarne i vari aspetti e le priorità di intervento è Maria Menin, vicepresidente dell´associazione di categoria, con delega alla formazione e ai rapporti con la scuola. Come possiamo descrivere il legame di oggi tra imprese e formazione? "Viviamo una realtà complessa in cui società e mercato del lavoro stanno velocemente cambiando dal punto di vista della comunicazione, della tecnologia e dell´internazionalizzazione. Abbiamo una realtà vicina rappresentata dalle imprese del territorio, e una lontana fatta delle imprese del mondo globalizzato, che si interrogano sul loro futuro, e che richiedono competenze e conoscenze sempre nuove. In tale contesto la formazione di imprenditori diventa fondamentale e strategica" Come lavorate per mantenere le Pmi vicentine legate ai cambiamenti del mondo? "Con iniziative mirate per dare risposte alle esigenze odierne. In questo periodo, ad esempio, abbiamo proposto due incontri sull´internazionalizzazione indirizzati agli imprenditori e alle aziende che stanno valutando una loro presenza diretta all´estero con un ufficio di rappresentanza, un´unità commerciale o produttiva, o una J/V con partner locale. Queste devono individuare la persona di fiducia che gestirà i contatti tra l´azienda in Italia e la struttura ubicata al di fuori, che dovrà interfacciarsi con il paese ospitante, gli operatori economici, i collaboratori, le istituzioni, il diritto, la lingua, gli usi e costumi locali, ma anche rapportandosi efficacemente con l´imprenditore e la casa madre. Alla già non facile scelta della persona, si aggiungono poi gli aspetti e gli adempimenti amministrativi, contributivi e fiscali correlati al contratto di lavoro "estero"" Un altro esempio di corsi rivolti alle nostre imprese? "Abbiamo appena concluso un ciclo di incontri sulle tecniche di vendita attiva, rivolto al personale commerciale e addetti alla vendita. Questo è essenziale perché persona che vende, oltre a possedere un´approfondita conoscenza del prodotto/servizio che sta offrendo e del mercato in cui opera, necessità della capacità di saper agire dinamicamente con il cliente, assumendo il rango di un vero e proprio problem-solver capace di stabilire un rapporto di fiducia che duri nel tempo generando soluzioni di reciproco vantaggio" Insieme alla formazione interna degli imprenditori, su cosa sta lavorando il Gruppo Scuola di Apindustria Confimi Vicenza? "Come ormai è ben noto, da anni stiamo cercando di costruire un rapporto sempre più stretto tra mondo del lavoro e mondo della scuola a tutti i livelli: scuola di base, istituti superiori, università. Per questo lavoriamo attivamente, impegnando risorse e competenze per potenziare esperienze di alternanza tra scuola e lavoro: soprattutto stages, tirocini e attività di orientamento scolastico" Perché il mondo dell´impresa sente così forte l´esigenza di lavorare con le scuole? "Perché da qui escono le risorse umane, oltre che professionali e tecniche, che nei prossimi anni prenderanno in mano il destino delle nostre imprese e del tessuto produttivo locale. È importante instaurare una collaborazione in particolare con gli istituti scolastici superiori del territorio per mettere i giovani studenti davanti alle esigenze del mondo che li circonda. Vogliamo entrare sempre di più nelle scuole dando ai ragazzi occasioni di crescita professionale umana" E come vi ponete rispetto al mondo universitario? "Insieme ai diplomati, vogliamo guardare da vicino e interagire anche con chi sceglie di approfondire e specializzarsi. Per questo manteniamo un atteggiamento di apertura verso l´università, con la consapevolezza di dover superare le reciproche e anacronistiche diffidenze tra i due mondi" Come l´università può aiutare le Pmi? "Soprattutto con la ricerca. Le nostre realtà produttive non possono permettersi centri di ricerca per studiare nuovi progetti di sviluppo sui prodotti da lanciare nel mercato, e per questo chiedono man forte al mondo accademico" Ci sono altre opportunità da sfruttare nell´ambito formativo? "Come detto, noi crediamo molto anche negli incontri di orientamento realizzati nelle scuole medie. Qui gli studenti sono ancora molto giovani e lontani dall´entrata nel mercato del lavoro, ma si trovano già ad affrontare una scelta importante per i cinque anni successivi. Per questo è doveroso dare degli indirizzi sulle scelte di formazione che possano poi tradursi in sbocchi lavorativi in La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato MARIA MENIN, VICEPRESIDENTE DI APINDUSTRIA CONFIMI VICENZA, PRESENTA LE INIZIATIVE IN CORSO 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 69 (diffusione:41821, tiratura:51628) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato sintonia con le esigenze delle imprese, oltre che corrispondenti agli interessi e alle passioni dei ragazzi stessi" Come si articola questo lavoro di incontro con le realtà formative? "Il braccio operativo e progettuale in tale direzione sono i gruppi di lavoro costituiti nei mandamenti del territorio provinciale per attivare collaborazioni sempre più concrete con scuole, istituti e istituzioni ai vari livelli, convinti come siamo che la complessità non si semplifica, ma si governa con la valorizzazione e la crescita delle risorse umane sempre ad ogni livello" Siamo sulla strada giusta per inseguire questo traguardo? "Stiamo facendo grandi passi avanti. Ma serve forse rafforzare ancora di più l´interazione di tutti coloro che nel territorio operano per garantire al nostro Paese uno sviluppo integrato, in cui singole persone, istituzioni e imprese collaborano affinché la crisi diventi davvero una nuova opportunità per tutti". 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 69 (diffusione:41821, tiratura:51628) Missione in Brasile per scambio di informazioni e competenze Foto di gruppo per la delegazione vicentina in Brasile La formazione al servizio delle imprese è stata al centro di una missione in Brasile che ha visto protagonista la delegazione bassanese di Apindustria Confimi Vicenza, guidata dal presidente mandamentale William Beozzo. I nostri imprenditori hanno fatto visita allo Stato del Rio Grande do Sul, dove hanno incontrato il Ministro dell´Istruzione, che ha condiviso con Beozzo il progetto di collaborazione formativa degli istituti professionali di Bassano del Grappa con le scuole di Carlos Barbosa e Garibaldi, già predisposto durante la visita che le rappresentanze brasiliane hanno tenuto la scorsa primavera nel Comune di Nove e presso la sede di Apindustria, in Galleria Crispi. "Ho accordato con il Ministro un protocollo formativo - spiega William Beozzo - che vede Apindustria, con gli Istituti tecnici e professionali di Bassano, esercitare un ruolo centrale nella formazione professionale di quel territorio. Con la collaborazione di imprenditori locali di origine italiana, ho costituito le basi per la costruzione di una scuola tecnico professionale, dove gli insegnanti saranno formati presso le nostre scuole del comprensorio bassanese". Le istituzioni brasiliane hanno dimostrato di aver compreso l´ importanza di formare tecnici da inserire nel contesto produttivo locale. Ad accompagnare Beozzo in Brasile sono stati Manuele Bozzetto, ex sindaco di Nove e delegato delle relazioni politiche in Italia per l´associazione ACI di Carlos Barbosa, con i presidi dell´istituto Remondini di Bassano, Giorgio Carollo, e alla vicepreside dell´istituto d´arte di Nove, Elena Corsi. La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato PROTAGONISTA LA DELEGAZIONE BASSANESE DI APINDUSTRIA 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 69 (diffusione:41821, tiratura:51628) PREMIO MECCATRONICA L´anno prossimo compie 30 anni il Premio Meccatronica, promosso e organizzato da Apindustria Vicenza, un progetto nato con l´obiettivo di promuovere una proficua interazione fra istituti tecnici e professionali e le aziende della provincia di Vicenza. Il premio è promosso da Unionmeccanica, la categoria più numerosa dell´associazione, e venne istituito nel 1986 in collaborazione con l´allora Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza e Belluno: allora fu intitolato alla memoria di Silvio Sbabo, noto imprenditore che, antesignano nell´apertura verso le scuole e la ricerca applicata, aveva voluto dare il via ad un progetto che promovesse una proficua interazione fra istituti tecnici e aziende del territorio con la fiducia nelle capacità di innovazione dei giovani. Princìpi e propositi che stavano alla base di questo riconoscimento, e che sono validi e attuali ancora oggi. "Il premio - sottolinea Flavio Lorenzin, presidente di Apindustria Confimi Vicenza - è un´occasione importante per fare il punto sui rapporti scuola e mondo del lavoro ed avvicinare di più i giovani alla "cultura d´impresa". I nostri ragazzi hanno bisogno di sapere come trasferire nel mondo del lavoro le conoscenze acquisite a scuola e il premio rappresenta proprio l´esito finale di un percorso di affiancamento formativo che le nostre aziende svolgono da tempo". Per individuare il vincitore del premio, ogni anno viene lanciato un bando nel quale le scuole dovranno proporre una soluzione ad una particolare richiesta di un´azienda. Spesso sono realizzati dei prototipi, e il gruppo dei ragazzi delle scuole arriva a interfacciarsi con l´azienda proponente. Si tratta di un´iniziativa molto apprezzata, che ogni anno vede crescere la qualità dei progetti proposti e la capacità dei docenti nel motivare i ragazzi per ottenere una borsa studio o un premio in denaro. La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato PREMIO MECCATRONICA 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 70 (diffusione:41821, tiratura:51628) DONNE SEMPRE PIÙ PROTAGONISTE Convegno sull´imprenditoria femminile: Ferdinando Azzariti e Morena Martini Apindustria Vicenza è l´associazione che nella provincia annovera il maggior numero di donne imprenditrici impegnate negli organismi direttivi e di rappresentanza: un dato rappresentativo della sensibilità e dell´attenzione, non solo formali, che la nostra realtà rivolge al contributo femminile nella nostra specifica dimensione del vivere sociale ed imprenditoriale. A conferma di ciò un recente lavoro di ricerca sulla rappresentanza femminile in azienda e negli organismi direttivi dell´Associazione ha portato ad un risultato ragguardevole: 215 aziende - sulle 1.400 iscritte - vantano una presenza femminile, in qualità di legali rappresentanti, di soci o di donne con ruoli manageriali, che si traduce in un 16% del totale delle aziende iscritte. Partendo da questo dato l´Associazione ha deciso di costituire il Gruppo Donne, al fine di promuovere e mettere in luce il lavoro delle imprenditrici e di tutte le donne impegnate nel lavoro in azienda. Gli obiettivi sono molteplici e sempre inerenti la promozione dell´immagine e del ruolo della donna nell´ambito economico e produttivo, tenendo sempre conto delle sue specificità culturali e sociali. Si tenta così di incentivare azioni di sostegno allo sviluppo dell´imprenditoria femminile, collaborando e intessendo una fitta rete di relazioni con le istituzioni competenti in ambito locale e nazionale, ma anche comunitario ed internazionale. Si punta inoltre a favorire occasioni di sviluppo e formazione professionale, anche al fine di sanare, laddove esistano, i gap derivanti dall´abbandono o dall´allontanamento momentaneo dal lavoro da parte di coloro che devono per brevi o lunghi periodi dedicarsi alla cura della famiglia. Il gruppo di lavoro vuole essere infine un punto di riferimento per donne che intendono avviare nuove aziende, ma non hanno informazioni o esperienza necessarie. La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato DONNE SEMPRE PIÙ PROTAGONISTE 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 70 (diffusione:41821, tiratura:51628) Il futuro dell´imprenditoria vicentina inizia qui Il Consiglio Direttivo del Gruppo Giovani di Apindustria|La visita al Parlamento di Bruxelles ... A ben guardare, l´anniversario di quest´anno, in casa Apindustria Confimi Vicenza, è doppio: oltre ai 40 anni dell´Associazione, infatti, nel 2014 si celebrano anche i 20 anni del Gruppo Giovani Imprenditori, nato appunto nel 1994 in seno ad Apindustria Vicenza e oggi forte di oltre 150 iscritti. Una realtà sorta per fungere da punto di riferimento e fattore aggregativo, rivolta agli imprenditori giovani attivi nel territorio berico, che nel tempo ha saputo adeguarsi all´evoluzione del mondo economico e produttivo, come ci spiega Elisa Beniero, Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori Apindustria Confimi Vicenza: "Oggi ci troviamo di fronte ad una situazione completamente diversa rispetto a vent´anni fa, anche e soprattutto perché stiamo ancora vivendo le conseguenze della crisi del 2008. Una crisi allo stesso tempo economica e sociale: alle difficoltà per le imprese si è accompagnata una sfiducia nel sistema di valori. Di fronte alle avversità il singolo imprenditore tende ad isolarsi, a concentrarsi sui propri problemi nella convinzione di poterli gestire meglio da solo. Al contrario, noi continuiamo ad agire in un´ottica di apertura al dialogo e di partecipazione alla vita associativa, poiché crediamo fermamente che la crescita di un progetto imprenditoriale - in particolare quando si tratta di una realtà giovane - non possa che essere stimolata e promossa da un contesto come il nostro, fatto di incontro, confronto e condivisione". "Questo discorso vale tanto più ora che ad essere cambiata è pure la stessa figura del giovane imprenditore - prosegue Beniero -: è quasi paradossale, ma la situazione attuale sembra riproporre quella di 30-40 anni fa, quando in molti iniziavano a farsi strada nel mondo dell´imprenditoria manifatturiera subito dopo gli studi e partendo da zero. Accanto alle seconde e terze generazioni, che cioè subentrano ai genitori alla guida dell´azienda familiare, stiamo assistendo alla nascita di numerose realtà di prima generazione: i giovani sono tornati ad "inventarsi" imprenditori, dando vita autonomamente alle proprie idee e ai propri progetti". Vere e proprie start up manifatturiere, dunque, che sono la dimostrazione di quanto le "nuove leve" dell´imprenditoria vicentina sappiano accettare la sfida con coraggio e responsabilità; è proprio quest´ultima, d´altronde, che li spinge ad attivarsi per sostenere i coetanei che come loro vogliono intraprendere questa strada: "Il nostro Gruppo è formato da giovani che operano per i giovani - afferma la Presidente del GGI -, segno evidente che il nostro lavoro raggiunge lo scopo prefissato: fare da guida a chi sta entrando nel mondo dell´impresa, aiutarli a crescere e con ciò favorire la crescita stessa del Gruppo, perché ogni nuovo arrivato porta con sé innanzitutto idee e approcci inediti". Da questo punto di vista rappresenta un fattore di crescita anche l´adesione del Gruppo all´OGEP (Osservatorio Giovani dell´Economia e delle Professioni di Vicenza), che riunisce i giovani imprenditori di 7 categorie produttive, dall´agricoltura agli ordini professionali: l´obiettivo è coordinare l´azione dei diversi gruppi in un´ottica sinergica e interattiva che coinvolga l´insieme del tessuto produttivo vicentino. Da parte sua, l´attività del GGI si esprime su più fronti. In primo luogo, spiega Beniero, la formazione: "Organizziamo ogni anno diversi incontri formativi, per lo più a carattere gratuito, per confrontarci con i giovani imprenditori di oggi e quelli di domani. Tra gli appuntamenti tenutisi quest´anno mi vengono in mente da una parte "Attiviamoci", che lo scorso aprile ha visto radunarsi a Sovizzo una quarantina di giovani vicentini aspiranti imprenditori, incontro gestito in un clima informale secondo il metodo dell´open space technology; dall´altra il workshop sul Business Model Canvas (pratico strumento per creare modelli di business tramite il linguaggio visuale) organizzato in estate nella sede di Apindustria. Altrettanto stimolanti gli eventi previsti per inizio 2015: voglio citare i workshop sul Time Management e sui processi di internazionalizzazione e le reti commerciali all´estero, due temi molto sentiti dai nostri associati. Voglio segnalare tra l´altro che l´anno prossimo daremo vita ad un´iniziativa particolare, di cui per ora non anticipo troppo: il contest "ComunicApi", che chiamerà tutti i giovani (anche studenti e inoccupati) e i meno giovani a mettere alla prova la propria creatività". Altro ambito d´azione del GGI è il confronto con il territorio, tramite visite aziendali presso alcune delle realtà produttive La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato QUEST´ANNO SI CELEBRANO ANCHE I 20 ANNI DEL GRUPPO GIOVANI IMPRENDITORI, NATO APPUNTO NEL 1994 IN SENO AD APINDUSTRIA VICENZA E OGGI FORTE DI OLTRE 150 ISCRITTI 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 70 (diffusione:41821, tiratura:51628) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato d´eccellenza del Vicentino; a maggio 2014, ad esempio, c´è stata la visita alla sede della Rigoni di Asiago, azienda associata, "dove come al solito abbiamo trovato grande disponibilità ad aprire le porte ai giovani; d´altronde è proprio aprendosi al confronto che possono nascere nuovi stimoli e nuove idee". Un terzo fronte è dedicato all´internazionalizzazione: "Quest´anno siamo andati a visitare il Parlamento Europeo a Bruxelles, un´occasione per capire cosa rappresenta l´Europa per il nostro territorio e il nostro business; l´anno prossimo sarà la volta di Barcellona e della Catalogna, dove potremo confrontarci con un modo di fare impresa per molti versi simile a quello veneto". Non mancano le iniziative a carattere benefico, mentre il prossimo appuntamento è per giovedì 18 dicembre un Aperitivo di Natale aperto a tutti. 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 71 (diffusione:41821, tiratura:51628) IL FILÒ CON POLITICA Alcuni partecipanti al Filò: Massimo Cacciari, Sergio Chiamparino e Gianni Alemanno Tra gli eventi di maggior richiamo di Apindustria Vicenza nell´ultimo decennio, un segno importante è stato lasciato dagli incontri del "Filò della politica". Una volta al mese rappresentanti delle istituzioni ad ogni livello si sono alternati sul palco del Vergilius Hotel di Creazzo per affrontare tematiche di attualità, davanti ad una platea di 70-80 imprenditori. Ogni incontro era corredato dalla presentazione di una tela artistica a tema "100% politica" curata dagli studenti degli istituti superiori Martini di Schio, De Fabris di Nove e Boscardin di Vicenza, mentre al termine gli ospiti si intrattenevano in una cena preparata e servita dai ragazzi dell´istituto alberghiero Artusi di Recoaro. Tra gli ospiti del Filò, si ricordano Massimo Cacciari, Sergio Chiamparino, Roberto Castelli, Daniele Capezzone, Bruno Tabacci, Marco Follini, Manuela Dal Lago e Gianni Alemanno. L´iniziativa è stata particolarmente apprezzata per la discussione franca e schietta con cui sono stati affrontati i temi più cari all´associazione, che ha avuto modo di promuovere una serie di riforme fondamentali, dal sistema fiscale al mercato del lavoro, e più in generale una maggiore attenzione alle Pmi con una politica che ne aiuti lo sviluppo e l´espansione in un Sistema-Paese sburocratizzato e alleggerito. La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL FILÒ CON POLITICA 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 71 (diffusione:41821, tiratura:51628) PER UNA "RIPRESA POSSIBILE" Dopo avere organizzato negli anni precedenti "Io per Noi", il format di successo destinato alle imprese che ha previsto momenti formativi e di incontro, molte aziende partecipanti hanno sollecitato di proporre anche dei momenti di dibattito sull´economia e sull´impresa, coinvolgendo il mondo politico e dell´imprenditoria locale. Apindustria Vicenza si è fatta carico di questa esigenza e insieme a Confimi Impresa, in collaborazione con Confapri ed altre organizzazioni ed associazioni legate all´economia ha organizzato un forum dal titolo provocatorio "Ripresa possibile - Lavoro, impresa, Paese, come far ripartire l´Italia". La grafica è stata giocata su quella "M" che richiama un po´ il concetto di "Ripresa con l´impresa...". Il forum, che si è tenuto l´8 luglio 2013 nella splendida cornice di Castelbrando, a Cison di Valmarino, ha rappresentato uno spazio di confronto tra i principali attori dell´economia italiana e coloro che sono istituzionalmente chiamati a governare l´Italia (imprenditori, politici, economisti, professionisti, esperti appartenenti a vari enti o associazioni) con l´ obiettivo di fornire spunti operativi o di riflessione per il miglioramento del nostro Paese. Obiettivo ambizioso, per alcuni utopico, ma in parte raggiunto come dimostrato dal vasto consenso riscosso. La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato PER UNA "RIPRESA POSSIBILE" 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 71 (diffusione:41821, tiratura:51628) I cambiamenti della società italiana e del sistema internazionale hanno imposto negli ultimi anni a chi è impegnato nell´attività di rappresentanza una riflessione per ripensare i valori e le modalità con cui svolgere questa funzione. Per questo Apindustria Vicenza, insieme ad altre associazioni di rappresentanza nazionali, ha dato vita a Confimi Impresa (Confederazione dell´Industria Manifatturiera Italiana e dell´Impresa Privata) alla quale aderiscono 20.000 imprese con 330.000 addetti, per un fatturato aggregato di circa 70 miliardi di euro. La volontà è di rappresentare in Italia il mondo delle Pmi manifatturiere e delle attività ad esse collegate, rispondendo al bisogno crescente di superare le formule eterogenee nelle quali convergono aggregazioni di vario genere: Pmi industriali e artigiane, società commerciali, liberi professionisti, assicurazioni, servizi alle persone, banche. In questo panorama tutti vogliono rappresentare tutti. La forte concorrenza ha portato a rappresentare all´interno di una stessa organizzazione interessi fra loro inconciliabili. Confimi è nata allora per riposizionare il ruolo dell´impresa manifatturiera, che deve riappropriarsi del proprio ruolo: quello di creare lavoro, ricchezza e benessere per il territorio, per i lavoratori e per le loro famiglie. La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato PIÙ ATTENZIONE AL MANIFATTURIERO 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 71 (diffusione:41821, tiratura:51628) Responsabilità sociale Giannantonio Stella con Nadia Dalla Montà e Raimondo Riu Come dimostrano indagini e statistiche, i consumatori chiedono alle aziende sempre più consapevolezza del ruolo che esercitano nella crescita della società in cui operano. In una parola,si chiede loro un impegno concreto circa la responsabilità sociale del fare impresa. Apindustria Vicenza è stata una delle prime realtà in Italia a raccogliere questa sfida, entrando nel 2005 nel Gruppo di Frascati per la Responsabilità Sociale d´Impresa insieme a colossi del mondo dell´economia come ABB, Ancst Cooperative di servizi, Barilla, Day Medical, Ethicon Endo Surgery, Grunenthal Formenti, Merck Sharp & Dohme, Pfizer, Pharmacia, Unicredito Italiano e Unipol Assicurazioni. Nelle linee guida adottate dall´associazione, si pone l´obiettivo di salvare la civiltà, la libertà ed il benessere diffuso del nostro paese che con tanta fatica abbiamo costruito, e consegnare ai nostri figli un futuro di qualità è necessario prestare grande attenzione alla responsabilità sociale che le imprese hanno nel perseguire uno sviluppo equilibrato e sostenibile. Lavorando insieme all´associazione Cittadinanzattiva, il Gruppo di Frascati ha voluto prendere seriamente la responsabilità sociale d´impresa occupandosene al di là di mere logiche di marketing o di comunicazione, e impegnandosi a scrivere nei bilanci sociali cose vere, non barare con le certificazioni, essere coerenti a partire dai comportamenti che si hanno all´interno dell´impresa, costruire politiche e pratiche di responsabilità sociale senza prescindere dagli stakeholder, avere una strategia, essere consapevoli di avere diverse responsabilità anche di natura pubblica per la tutela degli interessi generali. E, soprattutto, cercare di realizzare tutte queste cose insieme. Sul tema ha infine sostenuto la pubblicazione di un volume dal titolo "GuidaRsi", che raccoglie percorsi, strategie e testimonianze della Rsi. La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato APINDUSTRIA VICENZA È STATA UNA DELLE PRIME REALTÀ IN ITALIA 01/12/2014 Il Giornale di Vicenza Pag. 71 (diffusione:41821, tiratura:51628) Per il mecenatismo culturale Presentazione restauro al Boccalotti Con le sue bellezze artistiche e architettoniche, Vicenza è uno scrigno di ricchezze senza pari al mondo. Siamo fortunati nel godere di questo tesoro inestimabile, ma dobbiamo sentire forte anche l´impegno a tutelarlo, come previsto dalla Costituzione, e tramandarlo ai nostri figli. Per questo Apindustria Vicenza ha affiancato Italia Nostra in una raccolta fondi a sostegno degli interventi di restauro di una pagina importante della storia religiosa ed artistica vicentina: l´Oratorio dei Boccalotti. L´attrattività di questo sito è data in particolare dai gioielli pittoreschi e scultorei che ospita al suo interno, e necessitava di urgenti interventi per il consolidamento dell´edificio e il restauro di un ciclo pittorico in condizioni disastrate. Apindustria ha contribuito in particolare al restauro della statua policroma della "Vergine con il Bambino ed angeli reggi torciera" che risale al 1415. Questa operazione si inserisce in un più ampio contesto di consolidamento e recupero dell´edificio religioso che è sopravvissuto a Vicenza, quasi integro, come unico Oratorio di una Fraglia. È proseguito così l´impegno con il mecenatismo culturale, dopo gli interventi a favore della Biblioteca Civica Bertoliana e del CISA (Centro Internazionale di Studi di Architettura "Andrea Palladio"), per coniugare concretamente i valori dell´impresa, della cultura e della responsabilità sul territorio. La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato UN´ULTERIORE DIMOSTRAZIONE DEL RADICAMENTO NEL TERRITORIO DELL´ASSOCIAZIONE 30/11/2014 Giornale dell'Umbria Pag. 20 All'assemblea di Confartigianato il presidente lancia le parole d'ordine: unità e innovazione per il territorio Un momento dell'assemblea di Confar tigian a to Te r n i TERNI - Sala gremita per l'assem blea annuale di Confartigianato Terni. Il confronto ha visto intervenire autorevoli esperti, con l'obiettivo di ridefinire l'agenda delle priorità per sostenere soprattutto il tessuto delle piccole imprese, facendo leva sul ruolo che può avere l'innovazione e l'internazionalizzazione per rilanciare l'economia segnata dalla crisi. Il presidente di Confartigianato Terni, Giuseppe Flamini, ha lanciato un vero e proprio appello gli imprenditori e alle istituzioni: «La siderurgia non può essere l'unica strada da percorrere per costruire il futuro economico del territorio, ma bisogna unire le forze e rinnovarsi». Particolarmente atteso e apprezzato il contributo dell'economista Giulio Sapelli che ha proposto riflessioni costruttive sul Governo Renzi e sulle sfide che lo stesso sta affrontando: «Una scommessa che è da sostenere solo per il fatto che per la prima volta parliamo di Jobs Act. Una battaglia contro l'austerità e contro chi la sostiene. Territorialmente si può fare molto per risollevare le sorti dell'economia. Si tratta, però, di una rivoluzione culturale a cui siamo chiamati tutti, a partire da un'inversione di rotta sull'istruzio ne. Meno laureati e più periti. Finora abbiamo fatto il contrario e ciò ha portato a perdere la conoscenza del fare, del produrre». L'imprenditore bergamasco Paolo Agnelli, ha parlato della sua azienda, mentre Enrico Quintavalle, responsabile nazionale dell'Ufficio studi di Confartigianato, ha evidenziato alcuni dati sulla crisi, ma soprattutto un focus sulle tipologie di imprese che la crisi la stanno cavalcando, come stimolante spunto per riflettere su quali settori possono dare ancora molto all'eco nomia locale». La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Flamini: la siderurgia non è l'unica strada per lo sviluppo CONFIMI WEB 3 articoli 28/11/2014 14:18 www.ilgiornaledivicenza.it Sito Web pagerank: 6 Il sottosegretario all'economia Enrico Zanetti sarà ospite di Apindustria Confimi Vicenza lunedì prossimo, 1° dicembre, alle ore18, nel nuovo padiglione della Fiera, in occasione dell'assemblea pubblica che chiuderà le celebrazioni per il 40mo anniversario dell'associazione. Le piccole e medie imprese si confronteranno con il rappresentante del governo per fare il punto sul momento delicato vissuto dal mondo produttivo, che sta cercando di lasciarsi alle spalle un periodo difficile, e tornare ad essere una la locomotiva dell'economia italiana. Un obiettivo legato anche all'impegno delle istituzioni, chiamate a interventi rapidi e concreti in materia di fisco, burocrazia, giustizia, ritardi dei pagamenti e infrastrutture. All'incontro interverranno, oltre al presidente di Apindustria Vicenza Flavio Lorenzin, Paolo Agnelli leader nazionale di Confimi Impresa, la neonata confederazione nazionale dell'industria manifatturiera a cui hanno aderito anche le Pmi vicentine. Seguirà un dibattito con Maurizio Costabeber di Dws, Alessio Patron di Stylenda, Marco Signorelli di 221e, Leonardo Rigo della Banca Popolare di Verona, Antonio e Luca Fabris di 3F Ingranaggi. Moderatore sarà Luciano Ghelfi, giornalista del Tg2. La serata terminerà con la premiazione delle aziende associate dal 1974 e una cena di gala. CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 01/12/2014 46 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato In Fiera le celebrazioni dei 40 anni di vita 29/11/2014 17:23 www.vicenzapiu.com Sito Web Il decreto legislativo 175/2014 sulle semplificazioni fiscali è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, a un mese di distanza dall'approvazione definitiva da parte del Consiglio dei ministri. Le pmi vicentine plaudono ma chiedono che su 'tassazione e adempimenti si faccia di più, la strada da percorrere è ancora lunga'. Apindustria Confimi Vicenza invita a 'non abbassare la guardia, proseguendo le azioni promosse da Confimi Impresa'. Ecco le prime impressioni del Presidente Apindustria Confimi Vicenza, Flavio Lorenzin. Azioni che non si sono ridotte a sole chiacchiere, come dimostrano le misure entrate in vigore. A partire dall'abolizione della responsabilità fiscale su appalti e subappalti, accolta come la fine di un incubo. Importante è stato anche l'intervento (suggerito 10 anni fa proprio da Apindustria Vicenza) sulla comunicazione telematica delle dichiarazioni d'intento, passata dal fornitore al cliente, cancellando il rischio di pensanti sanzioni e dimezzando gli adempimenti complessivi in materia a livello nazionale. La comunicazione black list è invece diventata annuale, assorbendo quindici scadenze intermedie, e a questa si aggiungono altre semplificazioni minori che sono diventate legge. Una plauso ma senza eccessivi entusiasmi è quello che arriva da Flavio Lorenzin, Presidente delle Pmi vicentine e vicepresidente di Confimi Impresa con delega alle semplificazioni e ai rapporti con la Pubblica Amministrazione: «In Italia le semplificazioni sono come la tela di Penelope - spiega - e la burocrazia è sempre in agguato, anche quando non ci si mette il fisco. Tra gli imprenditori sono ancora freschi i ricordi di 'tragedie sfiorate' come l'aggiornamento delle carte di circolazione dei veicoli aziendali. Fra qualche giorno riaffioreranno anche Tasi e Imu in tutta la loro irrazionalità , e con versamenti a saldo che si innescano in un calendario ancora troppo fitto di scadenze infliggendo l'ennesimo colpo ai capannoni, la casa delle nostre imprese». Senza sottovalutare che nel 2015 arriveranno novità come il '730 precompilato', con nuovi adempimenti e oneri chiesti ai sostituiti d'imposta, la fatturazione elettronica verso la Pubblica Amministrazione con l'obbligo di conservazione sostitutiva a norma, la nota integrativa in formato XBRL e l'obbligo del rendiconto finanziario. Nonostante il grosso lavoro svolto, il giudizio complessivo del Decreto, conclude Lorenzin, non va oltre la sufficienza risicata: «Per far crescere la valutazione mancano altre misure per le quali Confimi Impresa promette di proseguire la propria azione come l'eliminazione nel reverse charge dell'obbligo di autofatturazione o integrazione, adempimento che potrebbe essere sostituito con una semplice separata annotazione, e l'aumento della soglia per i visti di conformità ai fini della compensazione dei crediti fiscali, onere che pesa troppo nei bilanci delle piccole e medie imprese. CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 01/12/2014 47 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Le pmi vicentine plaudono alle semplificazioni fiscali: 'ma strada è ancora lunga' 28/11/2014 22:00 www.vicenzapiu.com Sito Web Apindustria Confimi Vicenza - Il sottosegretario all'economia Enrico Zanetti sarà ospite di Apindustria Confimi Vicenza lunedì prossimo (1 dicembre) alle 18 nel nuovo padiglione della Fiera, in occasione dell'assemblea pubblica che chiuderà le celebrazioni per il 40mo anniversario dell'associazione. Le piccole e medie imprese si confronteranno con il rappresentante del Governo per fare il punto sul momento delicato vissuto dal mondo produttivo, che sta cercando di lasciarsi alle spalle un periodo difficile, e tornare ad essere una la locomotiva dell'economia italiana. Un obiettivo legato anche all'impegno delle istituzioni, chiamate a interventi rapidi e concreti in materia di fisco, burocrazia, giustizia, ritardi dei pagamenti e infrastrutture. All'incontro interverranno, oltre al Presidente di Apindustria Vicenza Flavio Lorenzin, Paolo Agnelli leader nazionale di Confimi Impresa, la neonata confederazione nazionale dell'industria manifatturiera a cui hanno aderito anche le Pmi vicentine. Seguirà un dibattito con Maurizio Costabeber di Dws, Alessio Patron di Stylenda, Marco Signorelli di 221e, Leonardo Rigo della Banca Popolare di Verona, Antonio e Luca Fabris di 3F Ingranaggi. Moderatore sarà Luciano Ghelfi, giornalista del Tg2. La serata terminerà con la premiazione delle aziende associate dal 1974 e una cena di gala. CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 01/12/2014 48 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Apindustria festeggia i 40 anni in Fiera SCENARIO ECONOMIA 54 articoli 29/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) Italia a crescita zero Nuovo record dei senza lavoro Frischia I disoccupati sono 3,4 milioni, pari al 13,2%: il peggior dato dal 1977, quando sono iniziate le serie Istat. A sorpresa, però, crescono gli occupati: più 122 mila dall'ottobre 2013. E per il governo sono 400 mila i nuovi posti fissi nell'ultimo trimestre. Nello stesso periodo l'Istat indica però stagnazione con crescita attesa pari a «zero». a pagina 11 ROMA Sono 3,4 milioni i cittadini senza un lavoro, 90 mila in più rispetto a settembre. L'Istat rivela una disoccupazione ai massimi storici dal 1977, pari al 13,2% a ottobre. Tra i giovani in 700 mila under 25 cercano lavoro (il tasso sale al 43,3%). A sorpresa, però, c'è una sostanziale e progressiva crescita degli occupati: più 122 mila tra ottobre 2013 e lo stesso mese di quest'anno. Se si paragonano i dati della disoccupazione nazionale a quelli dell'eurozona, l'Italia ha il peggior valore dopo Spagna e Cipro (e tra i giovani solo in Spagna hanno un dato più negativo del nostro). L'economia, inoltre, è ancora ferma: l'Istat indica stagnazione nell'ultimo trimestre del 2014 con crescita attesa pari a «zero», con un intervallo di confidenza compreso tra più 0,2 e meno 0,2%. L'anno si dovrebbe chiudere con un calo dello 0,3%. E se la stima della crescita «zero» dovesse trascinarsi per tutto il prossimo anno, il Pil nel 2015 avrà un segno negativo (meno 0,1% rispetto al 2014). Ma dal governo arrivano segnali positivi: sono 400 mila i nuovi posti fissi (più 7,1% nel terzo trimestre dell'anno rispetto allo stesso periodo del 2013) soprattutto nell'industria e nell'agricoltura, secondo un'anticipazione del ministero del Lavoro. Come possono aumentare sia i disoccupati che gli occupati? L'apparente contraddizione è spiegata dal fatto che l'incremento del tasso di disoccupazione va messo in relazione alla crescita di chi cerca lavoro: infatti gli inattivi calano di 377 mila unità, per l'Istat, perché più cittadini provano a non rimanere con le braccia incrociate. Continua pure la deflazione: i prezzi sono scesi dello 0,2% a novembre rispetto a ottobre mentre sono saliti dello 0,2% nei confronti di novembre 2013. Il carrello della spesa (beni più acquistati) ha subito un rincaro dello 0,5% su base annua e dello 0,1 rispetto a ottobre. Ancora giù (come succede dall'inizio del 2013) i prezzi alla produzione dei prodotti industriali che scendono a ottobre dello 0,4% se paragonati con quelli di settembre e dell'1,2% su base annua. Intanto i ministeri del Lavoro e dell'Economia varano un decreto che stanzia altri 503 milioni per il finanziamento della cassa integrazione e della mobilità in deroga fino a fine anno. Dall'Irpinia il premier Matteo Renzi prova a vedere il bicchiere mezzo pieno: «Il tasso di disoccupazione ci preoccupa, ma guardando i numeri il dato di occupati sta crescendo. Da quando ci siamo noi ci sono più di 100 mila posti di lavoro in più». Poi aggiunge: «La disoccupazione è un problema che non ci fa dormire la notte: chi la nega è da ricoverare». Critiche roventi invece da Renato Brunetta (FI): «L'Istat certifica il disastro lavoro, che, dopo 9 mesi di governo, può ben dirsi il disastro Renzi». Serena Sorrentino (Cgil) rincara la dose: «Se non riparte il lavoro, il Paese non cresce: serve un piano del lavoro». Più duro Fabio Rampelli (Fdi-An): «Dopo questo nuovo fallimento, Renzi si dimetta». Se il presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi, dice di non essere sorpreso dai dati della disoccupazione perché «basta guardarsi in giro», Maurizio Sacconi (Ncd) ammette: «Siamo preoccupati: servono più liquidità e flessibilità». Taglia corto il sottosegretario Graziano Delrio: «Le chiacchiere stanno a zero: i posti di lavoro aumentano». Da parte sua, il ministro del Welfare, Giuliano Poletti, sottolinea: «L'andamento del mercato segue quello altalenante di un'economia dove i segnali di ripresa debbono ancora fare i conti con una lunga crisi». E Filippo Taddei (Pd): «La riforma del Jobs act ha questo tra i principali obiettivi: favorire l'ingresso nel lavoro stabile». Francesco Di Frischia © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 50 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Pil, rallenta il calo. 400 mila posti fissi in Più 29/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 51 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato I dati L'Istat ha reso noti ieri i dati sull'andamento della disoccupazione che si è attestata al 13,2 per cento anche se nell'ultimo trimestre sono stati creati 400 mila posti di lavoro Recessione, nel 2015 l'Istat stima una crescita negativa per lo 0,1 per cento anche per il prossimo anno 43,3 per cento è il tasso di disoccupazione dei giovani secondo l'Istat 122 mila la crescita degli occupati tra ottobre 2013 e ottobre 2014 377 mila il calo degli inattivi, cioè quelli che non hanno un lavoro e non lo cercano 29/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 43 (diffusione:619980, tiratura:779916) Elkann: diverse opzioni sul tavolo. L'amministratore delegato Felisa resta Della Valle «Il presidente di Fca non ha incarichi operativi in Rcs per parlare di gestione» Il presidente Fca «In Rcs Mediagroup Jovane sta lavorando bene, non c'è ragione di cambiare chi lavora bene» Raffaella Polato MILANO «A oggi ci sono tante diverse ipotesi. Questa è una delle tante». Minimizza, John Elkann: «È tutto ancora prematuro». Conferma però che sì, sul tavolo dello scorporo e successiva quotazione Ferrari c'è anche la loyalty share : quell'«azione fedeltà», già introdotta in Fiat Chrysler Automobiles con il trasferimento della sede legale ad Amsterdam, che premia i soci fedeli nel tempo con il meccanismo del voto multiplo. Il presidente Fca è a Milano, a presentare il portale Eduscopio lanciato dalla Fondazione Agnelli (di cui è vicepresidente) per offrire servizi agli studenti delle scuole medie. Le domande sui temi aziendali più caldi sono però prevedibili. E se vanno da Exor a Rcs, con lo spazio per un omaggio al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano («Ha dato grandissima stabilità al nostro Paese in questi anni complicati, mi auguro che chi gli succederà sia all'altezza»), altrettanto prevedibilmente a tener banco è il futuro di Maranello. Si comincia dall'ennesima rassicurazione sui vertici societari: con Sergio Marchionne presidente e Amedeo Felisa amministratore delegato «il vertice è molto chiaro, non c'è in programma un cambio del ceo». Si continua con il bond che Ferrari dovrebbe emettere per finanziare, in parte, il maxiassegno da 2,25 miliardi destinato a Fca: poiché tutte le operazioni legate allo sbarco della «Rossa» a Wall Street sono in calendario per il 2015, anche in questo caso qualsiasi ipotesi «è prematura». Si arriva, infine, alla questione clou. Una delle ragioni - forse la più importante - per cui era stata scelta Amsterdam come sede legale di Fiat Chrysler è il particolare meccanismo di voto multiplo. Vale per tutti gli «azionisti fedeli», naturalmente, ma a Exor consente di blindare il controllo portando al 46% il peso assembleare del proprio 30%. Ovvio chiedersi se, dopo lo scorporo con distribuzione gratuita di titoli Ferrari ai soci Fca e quotazione del 10%, lo stesso schema non sia in agenda per Maranello. In teoria anche lì la maggioranza relativa è robusta. Ma non è blindata. La holding di casa Agnelli avrà circa il 24%. Con il 10% dell'alleato Piero Ferrari arriva al 34%. E non è sufficiente a mettere al riparo il «gioiello rosso» da possibili scalate. La loyalty share sarebbe l'evidente soluzione. Però: spostare in Olanda anche la sede dell'italianissimo Cavallino rampante, simbolo per eccellenza del nostro made in ? Molto, molto più complicato. E infatti: «È solo una delle tante ipotesi» ripete il presidente di Fiat Chrysler e di Exor, escludendo tra l'altro che la holding intenda costruire attorno a Maranello un polo del lusso. «Il nostro piano - aggiunge - è dare alla Ferrari ulteriori possibilità di svilupparsi al meglio». Altrettanto netto, Elkann lo è sul tema Rcs Mediagroup, editore del «Corriere della Sera» di cui Fca è il primo azionista con il 16,7%. Punto primo, la ribadita fiducia all'amministratore delegato Pietro Scott Jovane: «Sta lavorando bene e non c'è ragione di cambiare chi lavora bene. Rispetto a una società che era fallita, dai dati del terzo trimestre si vedono un progresso notevole e una società con un futuro davanti». Punto secondo, le scelte per la direzione dopo l'accordo sull'uscita di Ferruccio de Bortoli con l'assemblea di aprile. Sono possibili variazioni? gli chiedono. Rinvio al comunicato che annunciò l'intesa: «Era molto chiaro e ha determinato sia i tempi sia il processo». Frasi alle quali ha replicato poco dopo con una nota l'imprenditore della Tod's Diego Della Valle, secondo socio di Rcs con il 7,3%: «Non capisco a che titolo parli Elkann, non avendo lui incarichi operativi nella gestione di Rcs. Qualcuno dovrebbe ricordargli che Rcs è una società quotata, ha un consiglio che la gestisce e che deve rispondere al mercato e a moltissimi azionisti, alcuni dei quali rilevanti, che non mi risulta tra l'altro abbiano mai delegato Elkann a parlare per loro conto». © RIPRODUZIONE RISERVATA La vicenda SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 52 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Ferrari si prepara a Wall Street Spunta l'ipotesi voto multiplo 29/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 43 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 53 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Fiat Chrysler Automobiles scorporerà la Ferrari e distribuirà gratis i relativi titoli ai propri azionisti, portando in parallelo il 10% a Wall Street La casa di Maranello dovrebbe trasferire alle casse della holding un assegno di circa 2,25 miliardi di euro L'operazione di scorporo e la quotazione del Cavallino sono in agenda per il 2015, nel periodo compreso tra il secondo e il terzo trimestre dell'anno Sul tavolo c'è anche l'ipotesi di introdurre la cosiddetta loyalty share , che premia i soci «fedeli» nel tempo con il meccanismo del voto multiplo 29/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 43 (diffusione:619980, tiratura:779916) Edison in campo per le centrali e i clienti di E.On Italia Francesca Basso Edison ha presentato un'offerta non vincolante per tutti gli asset di E.on Italia ad eccezione del comparto rinnovabili: impianti idroelettrici, termoelettrici, circa 900 mila clienti elettricità e gas oltre alle partecipazioni nel Gnl offshore di Olt e nel gasdotto Tap. Il dossier «Chicago», come era stato battezzato dal gruppo tedesco, entra nel vivo. Il gruppo di Foro Buonaparte non commenta ma è da mesi che è noto l'interesse dei francesi di Edf per il ramo italiano del gruppo tedesco, che garantisce 2 miliardi di ricavi. Lunedì era scaduto il termine per la presentazione delle offerte vincolanti per i singoli asset e non era stata un successo. L'Enel non ha partecipato, A2A non ha mostrato interesse «vincolante» per idroelettrico e clientela, alla quale invece punta Hera. Il fondo F2i si è fatto avanti per solare ed eolico. Difficile raggiungere con lo «spezzatino» i 3 miliardi di euro come nelle intenzioni del colosso tedesco. Nel frattempo a Parigi c'è stato il cambio al vertice, Jean-Bernard Lévy ha preso il posto di Henri Proglio. Il tempo dell'avvicendamento ed Edf è tornata alla carica: un'offerta mista cash-azioni per gli asset italiani di E.on escluse le rinnovabili, quindi fusione con Edison e quotazione. I tedeschi riuscirebbero così a sbarazzarsi anche degli asset meno appetibili come le centrali a carbone e a gas, Edison saprebbe come bruciare il gas dei contratti take or pay, in questo momento di calo generale della domanda. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 54 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La Lente 30/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) la trappola nascosta nel jobs act Francesco Giavazzi La riforma del mercato del lavoro arriva questa settimana al Senato per l'approvazione definitiva. Il dibattito si concentrerà ancora una volta sulle modifiche all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, cioè sulle norme che consentono ai giudici di imporre la riassunzione di un lavoratore licenziato. Ma non è più questo il problema centrale. Ciò di cui si dovrebbe discutere - e che invece è stato messo in sordina - è il fatto che la riforma si applicherà solo ai nuovi assunti. P er i lavoratori che mantengono un contratto a tempo indeterminato continuerà a valere il vecchio articolo 18. Questo rischia di generare una nuova divisione del mercato del lavoro, con effetti che potrebbero cancellare i benefici della riforma. La legge delega approvata dalla Camera stabilisce che i decreti delegati (che Matteo Renzi ha già pronti) delimitino chiaramente le possibilità di reintegro nel caso di licenziamenti per motivi disciplinari, l'aspetto più controverso della legge. Nella sostanza, tranne in casi estremi, i licenziamenti per motivi disciplinari non saranno appellabili, così come quelli adottati per motivi economici. D'ora in avanti, cioè per i nuovi contratti, l'articolo 18 viene in sostanza abolito. Il fatto che l'abolizione riguardi solo i nuovi contratti crea due problemi. Innanzitutto, come si comporteranno i giudici di fronte a licenziamenti decisi da un datore di lavoro che vuole semplicemente sostituire un dipendente coperto dall'articolo 18 con un nuovo contratto privo di quella protezione? Ma il rischio maggiore è il blocco della mobilità. Come ha osservato Marco Leonardi, uno degli studiosi più attenti del nostro mercato del lavoro, è improbabile che un lavoratore oggi tutelato dall'articolo 18 decida di spostarsi, firmando un nuovo contratto che invece non lo prevede. Alcuni lo faranno perché non temono il licenziamento, ma altrettanti non ne vorranno sapere. In Italia ci sono 1,5 milioni di cambi di contratto volontari all'anno su un totale di 14,5 milioni di contratti a tempo indeterminato. Ciò significa che ogni anno un lavoratore su 10 lascia volontariamente il posto di lavoro per spostarsi in un'altra azienda. Anche considerando che i lavoratori di aziende con più di 15 dipendenti (ai quali si applica l'articolo 18) sono meno di un terzo del totale, con questa legge si rischia di frenare il turnover . E il turnover volontario dei lavoratori da un posto all'altro è l'olio dell'economia italiana dove il licenziamento individuale è relativamente raro e gran parte della riallocazione si fa volontariamente. Il problema è tanto più grave oggi poiché la nostra possibilità di riguadagnare la competitività perduta (circa il 30% rispetto alla Germania negli ultimi 15 anni) passa non tanto da una riduzione dei salari, bensì dalla riallocazione della produzione da aziende scarsamente produttive (tipicamente imprese di servizi protette dalla concorrenza) verso imprese più efficienti, tipicamente quelle esposte alla concorrenza internazionale. Il danno di una norma che renderebbe questa riallocazione più difficile è gravissimo. Il Senato ha ancora la possibilità di correggere questo errore. Nel testo originale proposto dal governo le nuove regole si applicavano a tutti, non solo ai nuovo assunti. Poi Renzi ha ceduto alle pressioni interne del suo partito. Se il Senato cambiasse questo comma della legge si renderebbe necessario un nuovo voto alla Camera, e tempi un po' più lunghi. Un piccolo prezzo rispetto al danno che l'attuale formulazione comporterebbe. Un'alternativa consisterebbe nell'usare la leva fiscale per favorire la mobilità volontaria dai vecchi ai nuovi contratti. Ma sarebbe una soluzione imperfetta e di dubbia efficacia. Insomma, pensiamoci bene prima di approvare, per la smania di fare in fretta, regole che potrebbero addirittura peggiorare il nostro mercato del lavoro. Francesco Giavazzi © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 55 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL COMMENTO 30/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) Padoan: crescita, la Ue ci ascolta Le tasse scenderanno ancora Daniele Manca «L' Europa, rinviando il giudizio sulle nostre finanze, non ci ha dato una mano, ma ha compreso che non basta verificare, come fossimo computer, i saldi contabili per stabilire la giustezza di una politica di bilancio. Se ne deve analizzare anche la qualità». In un'intervista al Corriere il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan si dice sicuro di una «svolta» per la crescita e anticipa che il governo «continuerà a tagliare le tasse» . a pagina 3 I numeri che raccontano di un'Italia in una situazione di mancata crescita, di un'Europa come «l'area dell'economia globale che cresce meno», non sembrano spaventare Pier Carlo Padoan. Il ministro dell'Economia in queste ore sta seguendo con soddisfazione l'iter apparentemente tranquillo della legge di Stabilità italiana. Semmai a preoccuparlo di più, nel ruolo che gli spetta nella presidenza di turno europea, è riuscire a far arrivare in porto il bilancio dell'Unione che significa mettere d'accordo 28 Paesi. Anche se, essendo uno dei pochi ministri a essere invitato a parlare al G20, gli altri devono chiedere la parola, a Bruxelles contano sulla sua abilità. Davvero non la preoccupa ministro la crescita zero del nostro Paese? «La crescita scarsa e la bassa inflazione mi preoccupano eccome, ma il dato dell'ultimo trimestre indica un punto di svolta» Brindare per una crescita zero non è facile. E' innegabile che i cittadini, le imprese, i giovani, siano un po' guardinghi, non passa giorno senza una brutta notizia, ieri è stata la volta della disoccupazione... «Capisco, ma il governo deve lavorare anche sulle aspettative, che sono importantissime. Ed è quello che stiamo facendo anche con la legge di Stabilità. Perché vede, si ha la tendenza a dividersi sul singolo provvedimento, ma quello che sta facendo il governo è innescare un processo, comporre un quadro di misure che si inseriscono tutte in una strategia tesa a favorire la crescita, rilanciare gli investimenti, l'occupazione. Non esiste un solo provvedimento in grado magicamente di risolvere anni di mancato sviluppo». D'accordo ma serve anche concretezza... «Più concretezza dei 18 miliardi di taglio delle tasse contenuto nella legge di Stabilità, come ha ricordato oggi (ieri per chi legge ndr) Matteo Renzi? Abbiamo messo sul piatto risorse. Con il Jobs act e il taglio delle tasse sul lavoro incentiveremo le assunzioni... » Potrà avere anche ragione, ma i cittadini vengono da anni nei quali si dava con una mano e si toglieva con un'altra. A momentanei sollievi come sull'Imu seguivano e seguono Imu, Tasi e Tari . «Per quanto ci riguarda fa testo la legge di Stabilità: la direzione che abbiamo intrapreso è quella di un taglio delle tasse finanziato da un taglio delle spese. E la direzione significa dire che, mantenendo i vincoli di bilancio, continueremo a tagliare le tasse». Ma intanto ci sono le clausole di salvaguardia che nel caso la situazione volga al peggio significheranno tra l'altro un aumento dell'Iva. «A testimonianza delle nostre intenzioni va detto che abbiamo impiegato 3 miliardi proprio per evitare che scattasse una clausola prevista nelle leggi varate da governi precedenti. Va aggiunto però che le clausole di salvaguardia ci devono essere in ogni bilancio, l'abilità dei governi è fare in modo che non scattino. Noi l'abbiamo già fatto e non siamo in una situazione così facile: l'Europa è l'area globale che cresce meno». Questa volta non ci si può lamentare dell'Europa, ci ha dato una mano rinviando il giudizio sulle finanze del nostro Paese a marzo 2015. «Quanto deciso dall'Europa non va sottovalutato. Non ci ha dato una mano, responsabilmente Bruxelles ha compreso che non si poteva continuare a strisciare sul fondo della crescita. Che non basta verificare, come fossimo computer, i saldi contabili per stabilire la giustezza o meno di una politica di bilancio. Si deve SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 56 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA 30/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 57 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato analizzare anche la qualità del bilancio, e cioè la composizione di entrate e spese, dove si mettono le risorse e quale sia il programma di riforme strutturali. E questo è merito anche della presidenza di turno italiana». Un rilievo polemico nei confronti di chi dice che il semestre si sta concludendo senza un nulla di fatto? «Niente polemiche. Ma vorrei ricordare che quando a luglio entrammo in carica e mettemmo l'accento sulla nostra azione dicendo che in Europa si doveva iniziare a parlare di crescita, di occupazione e quindi di investimenti, integrazione dei mercati e riforme strutturali, ci fu chi sorrise. Grazie all'Italia quei temi oggi sono dell'Europa intera e non solo: si è avviato lo scambio automatico di informazioni per evitare l'evasione, il contrasto all'elusione fiscale... Ma soprattutto oggi si parla finalmente di investimenti con il piano Juncker da 300 miliardi». Tutti privati però... «In massima parte sono privati ma del resto è nel mercato che c'è la liquidità. Gli stati devono agevolare gli investimenti, non sostituirsi ai privati». Ma non è che così è prevalsa l'ossessione contabile tedesca? «Se continuiamo a ragionare e a dividerci tra chi in Germania dice che gli stati del Sud sono spendaccioni e in Italia che i tedeschi sono ossessionati dai bilanci non andiamo da nessuna parte. Lo sforzo è trovare una visione e direzione comune. E se alcuni Paesi esprimono maggiori sforzi sulle riforme strutturali, come noi, altri, come la Germania, che hanno più margini di manovra devono sostenere questi sforzi aumentando investimenti e stimolando la domanda interna». Ha ragione quindi Mario Draghi secondo il quale serve una cessione di sovranità da parte degli Stati membri e una maggiore Unione politica? «Condivido pienamente il pensiero del presidente della Bce che sin da questa estate a Jackson Hole ha detto che servono tutti gli strumenti di bilancio, strutturali, monetari e finanziari per uscire da questa fase difficile». Ma allora perché non fare come la Francia che non rispetta il tetto del deficit al 3%, favorendo gli investimenti? «Sfondare il 3% sarebbe un errore gravissimo, implicherebbe una inversione di 180 gradi della politica del governo, una totale perdita di credibilità. Avere un bilancio solido, invece, permette di reagire a situazioni difficili e di essere più flessibili nell'uso delle risorse. Un sentiero credibile di aggiustamento dei conti garantisce la fiducia dei mercati finanziari che per un Paese con un alto debito come il nostro è fondamentale, pena l'innalzamento della spesa per interessi». E proprio per abbattere il debito non sarebbe meglio accelerare piuttosto che frenare sulle privatizzazioni? «Premesso che la via maestra per abbattere il debito è la crescita, le privatizzazioni continuano: abbiamo quotato Fincantieri, Rai Way e non abbiamo frenato, ma semplicemente vogliamo valorizzare di più i nostri asset, collocare sul mercato quote senza alterare il controllo pubblico e farlo in momenti di mercato più favorevoli, vedi Enel». Addio privatizzazioni di Ferrovie e Poste? «Al contrario, stiamo facendo progressi, ci siamo resi conto che avevamo bisogno di più tempo per valorizzare le aziende per non svendere quote». Ma quanto tempo? «Nel 2014 abbiamo realizzato un po' meno del previsto, ma credo che nel 2015 potremo recuperare». Nel frattempo si potrebbe tagliare un po' di spesa pubblica... «Il taglio delle tasse è coperto in buona parte da tagli alla spesa pubblica». C'è chi dice che l'addio di Cottarelli sia solo l'inizio e che altri manager siano in uscita dal Tesoro. «Come dicono le mie figlie qualcuno si sta facendo dei film inesistenti. In uscita c'è solo Lorenzo Codogno, che ringrazio per il lavoro eccezionale fatto, e che ha deciso di tornare a Londra dove vive la sua famiglia. Il resto sono solo fantasie». Fantasie per fantasie, i pensionati si aspettavano gli 80 euro... 30/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 58 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «Abbiamo fatto quanto consentito dalle risorse, cominciando dalla pressione fiscale sul lavoro per favorire più occupazione, che significa anche più crescita e quindi più risorse che potranno poi essere redistribuite». Ultima domanda: con Renzi la chimica funziona? «Direi di sì!». © RIPRODUZIONE RISERVATA Fonte: Mef Agenzia delle Entrate Corriere della Sera Le entrate dello Stato Altre entrate IRPEF IRES IVA Imposte sulle transazioni Lotto, lotterie ed altre attività di gioco Imposte di fabbricazione sugli oli minerali e consumo sul gas metano e su oli lubrificanti e bitumi di petrolio 39,1% 8,6% 27,2% 2,701 0,835 1,886 3 12,6% 7,1% 3% 2,4% gennaio agosto 2014 ADESSO DAL 1°GENNAIO 2015 Il Fisco L'impatto delle misure della legge di Stabilità sul cuneo fiscale Dipendente con un reddito annuo di 20 mila euro lordi, single e senza figli Assunto nel 2013 Assunto nel 2015 Vecchio assunto INCIDENZA MEDIA AL MESE Con Tfr in busta paga Senza Tfr in busta paga Con Tfr in busta paga Senza Tfr in busta paga 46,1% 271 euro 957 euro 337 euro 810 euro 831 euro 17,6% 21,9% 39% 40,9% Il taglio delle tasse 2015 disposto dalla legge di Stabilità (mld euro) Deduzione del costo del lavoro da imponibile Irap Regime fiscale agevolato per autonomi Sgravi contributivi per assunzioni a tempo indeterminato Superamento clausola di salvaguardia legge di Stabilità 2014 Conferma a regime 80 euro Totale 17,925 9,503 Chi è Pier Carlo Padoan, romano, 64 anno, è ministro dell'Economia dal febbraio 2014 È stato vicesegretario generale dell'Ocse, carica alla quale ha affiancato quella di capo economista È stato consigliere economico del presidente del Consiglio con Massimo D'Alema e Giuliano Amato Ha svolto consulenze per la Banca mondiale, la Commissione europea e la Bce Ha ricoperto varie posizioni accademiche presso università italiane ed estere, tra cui il Collegio di Europa (Bruges e Varsavia), l'Università Libre de Bruxelles, l'Università di Urbino, l'Università de La Plata e l'Università di Tokyo. È stato direttore della Fondazione Italianieuropei 30/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 2 (diffusione:619980, tiratura:779916) Fondi pensione e Tfr, così si cambia Evasione fiscale Confermata l'anagrafe dei conti correnti bancari come contrasto all'evasione Lorenzo Salvia Il disegno di legge di Stabilità sta per concludere l'esame alla Camera. Tra ieri sera e ieri notte i tre voti di fiducia, uno ciascuno sui tre provvedimenti in cui è stato diviso il testo per garantire un minimo di omogeneità. Il primo è passato con 349 sì, il secondo con 351, il terzo con 346 sì. Forse stasera il voto finale. Tutto dipenderà da quanto tempo porteranno via i 306 ordini del giorno. Subito dopo è previsto il Consiglio dei ministri, poi riprenderà l'Aula. Una volta finito alla Camera bisognerà passare al Senato, con nuove modifiche. Questo costringerà a un terzo passaggio alla Camera, veloce e blindatissimo, prima di fine anno. Di nuovi voti di fiducia ancora non si parla, ma visti i tempi non ci sarà scampo. Sulla «rivoluzione copernicana» come la chiama il governo dei 730 precompilati dal 2015 è arrivato intanto l'altolà della Consulta dei Caf: «Manca il decreto e siamo già in fortissimo ritardo» © RIPRODUZIONE RISERVATA ROMA Mano ferma con le Regioni: i tagli resteranno di 4 miliardi ma in cambio arriverà la ricontrattazione dei mutui, mossa già sperimentata con i Comuni. Pronti a correggere la mira sui fondi pensione: le tasse aumenteranno ma un po' meno di quanto previsto finora, per evitare il colpo di grazia alla previdenza integrativa. Vicino al via libera della Camera, il disegno di legge di Stabilità si prepara ad altre modifiche al Senato, dove sarà discusso nei prossimi giorni. Fondi pensione L'emendamento in arrivo al Senato riguarderà due punti. Il primo è il prelievo sui rendimenti degli investimenti fatti dalle Casse di previdenza dei professionisti: verrebbe cancellato il previsto aumento dal 20 al 26%. Il secondo punto riguarda il prelievo sui rendimenti dei fondi pensione e sulla rivalutazione del Tfr, che secondo la manovra dovrebbe salire in entrambi i casi al 20%. Quello sui fondi aumenterebbe «solo» al 14% e quello sul Tfr al 17%, contro l'11% di adesso. Al Senato potrebbe arrivare anche la revisione degli organi di vertice dell'Inps, con l'introduzione di un consiglio di tre persone, presidente compreso. Finirebbe così il commissariamento. Local Tax Il progetto è ancora in bilico. L'idea resta quella di mettere insieme la Tasi - la tassa sui servizi indivisibili come l'illuminazione pubblica, che si paga anche sull'abitazione principale - con la vecchia Imu, che invece riguarda le seconde case. Mentre è più difficile che vengano subito assorbiti altri tributi minori, come quello sulla pubblicità o l'occupazione di suolo pubblico. Questa settimana il governo deciderà se procedere con l'emendamento alla Stabilità, con un nuovo provvedimento ad hoc, o rimandare tutto all'anno successivo. Per il canone Rai in bolletta non sembrano esserci speranze dopo la frenata di Palazzo Chigi arrivata nei giorni scorsi. Mai dire mai, però. Irap e piccole imprese È forse la partita più difficile da giocare e anche quella più tecnica. Il governo si è impegnato ad aumentare le franchigie sull'Irap, l'imposta sulle attività produttive, per dare una mano alle piccole e medie imprese. E, con lo stesso obiettivo, anche a cancellare o almeno ridurre la cosiddetta «patrimoniale sui macchinari», una tassa secca che grava sugli impianti industriali. C'è poi da rivedere il sistema dei minimi per i professionisti, il regime fiscale agevolato che si applica al di sotto di un certo livello di fatturato. Anche queste modifiche dovranno aiutare i contribuenti più piccoli. Regioni e Province I saldi non si toccano e i 4 miliardi di taglio dovrebbero restare tali. Oltre alla possibilità di ricontrattare i mutui, il governo è intenzionato a limitare i danni che potrebbero arrivare alle Regioni dal trasferimento di una parte SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 59 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La Camera vota la fiducia, la manovra verso Palazzo Madama Sarà meno pesante l'aumento delle imposte su liquidazioni e previdenza 30/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 2 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 60 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato del personale delle Province. I dipendenti da spostare, non solo alle Regioni ma anche ai Comuni, sono oltre 20 mila. Ma per almeno 5 mila di loro si aprono le porte del prepensionamento. L'emendamento allo studio del governo rinvia per loro di tre anni, fino alla fine del 2018, la possibilità già prevista fino al 2015 di lasciare il lavoro con le vecchie regole, quelle valide prima della riforma Fornero. Modifiche confermate Non dovrebbero cambiare, invece, le norme introdotte negli ultimi giorni alla Camera, come il tetto per le pensioni più alte erogate dal prossimo gennaio o la cancellazione del taglio per chi lasciava il lavoro prima dei 62 anni pur avendo raggiunto l'anzianità contributiva. Confermato anche il rafforzamento dell'anagrafe dei conti correnti bancari: non si concentrerà solo sulle liste di sospetti ma potrà lavorare ad ampio raggio contro l'evasione fiscale. @lorenzosalvia © RIPRODUZIONE RISERVATA L'iter La Camera ha votato la fiducia al governo sulla legge di Stabilità: tre articoli in cui il testo è stato spacchettato. Questa mattina Montecitorio dovrà dare il via libera al testo in sé Dalla prossima settimana il testo sarà al Senato dove sono ancora molti i nodi da sciogliere. L'approvazione definitiva deve avvenire entro il 31 dicembre 4,5 miliardi L'ulteriore riduzione del deficit richiesto dall'Unione Europea accolto dal governo nella legge di Stabilità 2015. Tra le altre misure, per gli assegni previdenziali di medici, professori universitari, magistrati e grand commis, anche quelli già liquidati ma dal 2015 I principali capitoli Casa 1L'ipotesi è fondere in un'imposta unica la Tasi, che si paga anche sull'abitazione principale e riguarda i servizi urbani come l'illuminazione pubblica, con la vecchia Imu, che invece riguarda le seconde case. Più difficile che vengano assorbiti anche altri tributi minori, come quello sull'occupazione di suolo pubblico. Il governo non ha ancora deciso se procedere con un emendamento alla Stabilità o rinviare Pensioni 2Viene introdotto un tetto per le pensioni più alte che saranno erogate a partire dal prossimo gennaio. Non potranno superare i livelli previsti prima della riforma Fornero, anche per chi ha superato i vecchi limiti contributivi. Cancellate le penalizzazioni sull'assegno previdenziale per chi anticipa il pensionamento anche se non ha 62 anni ma a patto che abbia 42 anni ci contributi. Questa regola, però, sarà valida solo a partire dal 2017 Imprese 3Il governo si è impegnato a modifiche delle franchigie sull'Irap, l'imposta sulle attività produttive, per dare un mano alle piccole e medie imprese. Dovrebbe essere cancellata la cosiddetta patrimoniale sui macchinari. Mentre sarà rivisto il sistema dei minimi per i professionisti, il regime fiscale agevolato che si applica al di sotto di una certa soglia di fatturato. Anche qui l'obiettivo è dare un mano ai piccoli contribuenti 30/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 32 (diffusione:619980, tiratura:779916) «Ancora troppa finanza nelle banche Basta prodotti complessi alle famiglie» Il «papello» Ligresti? Vedremo cosa fare quando arriveranno le carte Sul caso delle assunzioni in Consob chiariremo tutto con i magistrati La nomina dei commissari è una questione di competenza del governo Nicola Saldutti «Alla fine il mercato dovrebbe servire a far crescere l'economia reale. Offrire alle imprese il maggior numero di strumenti possibile e consentire loro la scelta. La questione centrale in questo momento resta l'inaridimento del canale dei prestiti bancari: è necessario sviluppare un canale diretto tra risparmiatori e mercato». Dottor Vegas, è quello che si dice ogni volta. Più società quotate, più mercato... «Non rientra ancora nella cultura del Paese. Ci sono società grandi che stanno cambiando e società con assetti antichi. Mancano delle vere e public company. E le piccole e medie imprese sono ancora molto titubanti verso la quotazione. Ma qualcosa sta cambiando...». Con il voto multiplo che consentirà ai soci di lunga data, o più semplicemente ai azionisti-fondatori, di avere azioni con voto doppio? «Le azioni a voto plurimo sono un tentativo di conciliare apertura al mercato e stabilità degli assetti proprietari. Un modo per consentire una transizione. Molte aziende preferiscono l'indebitamento piuttosto che aprirsi alla compartecipazione al capitale. Con il voto maggiorato questo potrebbe gradualmente cambiare. Poter ottenere capitali freschi senza che gli imprenditori si spoglino della gestione». Sarà decisivo vedere cosa voteranno le assemblee... «Certo, bisognerà vedere come verranno modificati gli statuti per introdurre il voto multiplo, naturalmente non è un obbligo, è una possibilità. Speriamo che venga colta» Sarà, ma molte imprese lamentano troppe regole per la Borsa. «Certo non ha molto senso che la Consob debba sanzionare anche le bagattelle, soprattutto se non hanno effetti sul mercato. Si può ancora semplificare, come abbiamo già iniziato a fare due anni fa» Sì, ma si producono ancora troppi regolamenti . «Effettivamente la risposta alla crisi è stata una produzione normativa elevata. Una maggiore semplificazione avvicinerebbe anche più investitori dall'estero». Forse sarebbe utile anche una tregua fiscale per quanto riguarda le tasse sul risparmio. Sta per aumentare la tassa sui fondi pensione... «Farlo può essere controproducente, nel '95 i fondi pensione erano stati introdotti come un pilastro fondamentale. Sono uno strumento che potrebbe evitare lo scontro generazionale tra giovani e anziani sotto il profilo previdenziale. E' un errore penalizzarli come si rischia di fare». Provo a elencare alcuni dossier, vecchi e nuovi: Parmalat, Mps, Unipol-Fonsai. Non sempre la Consob è arrivata in tempo, anzi spesso si è svegliata tardi. «Qualche volta può essere vero, ma noi non possiamo arrivare con i fucili come immagina qualcuno. Abbiamo molto rafforzato la vigilanza, per renderla più efficace e più tempestiva. Molto più che in passato facciamo ricorso allo strumento delle ispezioni. Ma questa attività resta sotto traccia. Non diventa pubblica. Le reazioni del mercato potrebbero essere eccessive». Cautela eccessiva, forse... «Le nostre richieste di chiarimento al mercato sono in media una paio al giorno. Non mi pare poco». Sul «papello» Ligresti la Procura ha chiuso le indagini. «Ancora non abbiamo ricevuto le carte. Quando arriveranno vedremo cosa fare». Gli stress test delle banche hanno creato molta agitazione... «Mi pare che alla fine siano andati bene. L' asset quality review è stata superata bene mentre per gli stress test nove istituti sono stati trovati inadempienti. Ma alla fine soltanto due sono stati bocciati (Mps e Carige, SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 61 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA Giuseppe Vegas Il presidente della Consob: il risparmio va tutelato, cautela anche con il Fisco 30/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 32 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 62 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ndr). Forse la Bce poteva gestire meglio alcuni aspetti della comunicazione, visto che i dati della prima scrematura si riferivano al 31 dicembre 2013». Sono solide, eppure le banche prestano poco denaro... «Il sistema bancario è ancora troppo orientato alla finanza, l'obiettivo è quello di far quadrare i conti. Del resto vivere in una situazione di tassi bassi come questa è difficile. Anche per i correntisti: avere un conto che rende il 4% con l'inflazione al 4% induce a spendere, avere un conto che rende lo 0% con l'inflazione negativa, no. Ci si sente più poveri». Andare in Borsa costa troppo, presidente. «Si potrebbe pensare a una tariffa fissa, che non aumenta anche se il percorso di quotazione dura uno o due anni». Con prospetti informativi di centinaia di pagine, che nessuno legge. «Certo si può semplificare ancora ma il vero punto è arrivare ad una vigilanza unica, ad un mercato unico. Ora la legislazione si sta armonizzando, ma l'applicazione varia da Paese a Paese. Si dovrebbe percorrere una strada simile a quella della Vigilanza bancaria unica della Bce». Difficile. «Se non si va in quella direzione i risparmiatori penseranno che le banche hanno il bollino blu della Bce e il resto del sistema finanziario no. Il risparmiatore finirà con il pensare che il mercato finanziario sia meno sicuro». Spesso la trasparenza per gli investimenti delle famiglie è complicata? «Nei prossimi giorni uscirà una raccomandazione di Consob sulla distribuzione dei prodotti finanziari complessi presso la clientela retail, per esempio le cartolarizzazioni. Se un prodotto finanziario è complesso, gli intermediari non possono distribuirlo a tutti. La Consob sconsiglia di collocare quei prodotti. E' la prima volta che si fa una cosa del genere». Il risparmio italiano è una specie di mucca da mungere per il Fisco... «Ricordo, con Einaudi, che si tratta di redditi già tassati, bisognerebbe essere più attenti. Giusto aumentare i consumi ma senza risparmio non ci sono investimenti. Forse andrebbe incentivato, magari con una maggiore stabilità della tassazione se non con aliquote più basse». Con le privatizzazioni gli italiani sono diventati un popolo di azionisti, ora lo Stato non riesce a vendere più nulla... «Per Poste e Ferrovie credo che prima vadano risolti alcuni problemi di struttura, poi sarà possibile andare sul mercato senza ambiguità». A proposito di mercato, sulle assunzioni in Consob la Procura vuole vederci chiaro. Lei è indagato. «Per legge Consob può assumere anche per chiamata diretta, il presidente propone, la Commissione vota. Chiariremo tutto». Ma mancano ormai da mesi due commissari. Praticamente la Consob non è al completo da anni. «Si tratta di una questione di competenza del governo». Il momento più complicato nel suo quadriennio? «L'operazione Unipol. Forse, con l'imposizione a Groupama di un'opa su FonSai, è iniziata la disgregazione del capitalismo di relazione. Da quel momento però è anche iniziato un processo di modernizzazione del sistema». © RIPRODUZIONE RISERVATA I risultati di Piazza Affari Fonte: Borsa Italiana d'Arco Performance a 6 mesi -6,49% Performance a 1 anno +5,76% Performance a 2 anni +29,30% 2013 2014 feb mar apr mag giu lug ago set ott nov 18,50 19,50 20,50 21,50 (28 novembre) 20.014,82 punti 340* Le società quotate a Milano 471,9 miliardi* La capitalizzazione di Borsa Italiana *al 31 ottobre 2014 Chi è 30/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 32 (diffusione:619980, tiratura:779916) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 63 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Giuseppe Vegas, 63 anni, è il presidente della Consob dal 2010. Nel 1995 viene nominato sottosegretario alle Finanze e, poi, al Tesoro nel governo Dini Nel 1996, è eletto senatore per Forza Italia. Nei governi Berlusconi 2001-2006 è prima sottosegretario e poi viceministro dell'Economia (2005-2006), incarico ricoperto anche nel quarto governo Berlusconi dal 2009 al 2010 30/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 32 (diffusione:619980, tiratura:779916) Imu e Tasi così i calcoli e le scadenze di fine anno Stefano Poggi Longostrevi Arriva il momento doloroso del saldo della Tasi, la neonata tassa sui servizi indivisibili, e dell'Imu, le due imposte che stanno complicando la vita ai contribuenti. Entro il 16 dicembre i proprietari di immobili devono passare alla cassa, solo 15 giorni dopo la scadenza del 1° dicembre per il secondo acconto Irpef e della cedolare secca sugli affitti. «CorriereEconomia» è in edicola domani con un'ampia guida pratica sul percorso di calcolo di Imu e Tasi. Per aiutare i lettori a calcolare gli importi a saldo, evitando errori e senza lasciare al fisco nulla in più di quanto dovuto. La scadenza riguarda tutti i proprietari di case, inclusa l'abitazione principale esente da Imu e soggetta da quest'anno alla nuova Tasi con aliquote inferiori ma minori detrazioni. La Tasi va versata in parte anche dall'inquilino, in misura variabile tra il 10 e il 30% . Ulteriore complicazione, che impone conteggi e versamenti spesso di importo minimo ad alcuni milioni di inquilini. L'Imu interessa le abitazioni a disposizione, case affittate o sfitte, uffici, negozi, laboratori e tutti gli immobili diversi dalla prima casa. E in molti comuni, tra cui Milano e Roma, il medesimo immobile può essere soggetto a Imu ed anche a Tasi. La guida di «CorrierEconomia» offre diversi esempi di calcolo per i casi più frequenti, con i codici tributo da utilizzare per entrambe le imposte ed il facsimile di modello F24 bancario di pagamento. Nella speranza che dal 2015 si arrivi davvero ad una semplificazione delle imposte sugli immobili, come più volte promesso, e a fissare regole e scadenze certe, senza cambiamenti in corso d'opera come purtroppo avvenuto anche quest'anno. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 64 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «CorrierEconomia» 01/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 9 (diffusione:619980, tiratura:779916) Pensione a 57 anni per le donne Svolta Inps: le lavoratrici potranno ritirarsi con 35 anni di contributi L'assegno subisce però un taglio fino al 20 per cento. Le ipotesi sul 2015 Enrico Marro ROMA Le donne lavoratrici che hanno almeno 35 anni di contributi e 57 anni di età e che volessero andare in pensione, ma con l'assegno calcolato interamente con il metodo contributivo, potranno continuare a presentare la domanda all'Inps. In questo senso dovrebbe esprimersi una circolare dell'istituto di previdenza che potrebbe essere firmata già oggi, riaprendo in sostanza i termini che altrimenti sarebbero scaduti ieri. La questione è complessa, come spesso accade in materia pensionistica, ma vale la pena di raccontarla, anche perché è indicativa di come si stiano moltiplicando le spinte a introdurre elementi di flessibilità sui requisiti necessari per lasciare il lavoro. Alcune hanno già avuto successo, come per esempio l'emendamento alla legge di Stabilità proposto da Marialuisa Gnecchi, la pasionaria delle pensioni del Pd, e approvato alla Camera che ha cancellato le penalizzazioni previste dalla riforma Fornero per chi va in pensione anticipata prima dei 62 anni di età pur avendo raggiunto il requisito dei contributi (42 anni e mezzo gli uomini, 41 anni e mezzo le donne). Il taglio dell'assegno è stato cancellato per tutti coloro che matureranno i contributi entro il 31 dicembre 2017. Poi si vedrà. Riguarda poche persone, ma è un segnale appunto. Come quello che dovrebbe essere dato oggi dall'Inps riaprendo i termini per la cosiddetta «opzione donna». Possibilità introdotta nel 2004 (governo Berlusconi) e che prevede, in via sperimentale «fino al 31 dicembre 2015», la possibilità per le lavoratrici dipendenti con 35 anni di versamenti di ritirarsi a 57 anni (58 per le lavoratrici autonome) ma con l'importo della pensione calcolato interamente col sistema contributivo (prendi quanto hai versato in tutta la vita lavorativa) anziché col retributivo (pensione pari al 70% dello stipendio con 35 anni di contributi). Di regola la donna che sceglie questa possibilità prende almeno il 15-20% in meno. Nei primi anni sono state poche centinaia le lavoratrici che hanno scelto l'opzione donna. Ma dopo la riforma Fornero, che ha cancellato le pensioni di anzianità e aumentato bruscamente l'età per la pensione di vecchiaia, il numero di domande all'Inps si è impennato, anche perché questa possibilità è spesso rimasta l'unica per non finire esodati (senza lavoro e senza pensione). Così nel 2013 sono state 8.846 le richieste e quest'anno, fino a settembre, ne sono già arrivate altre 8.652. Secondo una precedente circolare dell'Inps, che aveva tenuto conto del fatto che sulla vecchia pensione di anzianità si applicava la cosiddetta finestra mobile, passava cioè un anno dalla maturazione dei requisiti alla decorrenza della pensione, il termine per le domande scadeva a fine 2014 (novembre, tenendo conto che bisogna presentarla un mese prima) anziché il 31 dicembre 2015. Contro questa interpretazione è stata promossa perfino una class action mentre in parlamento sono state approvate mozioni per vincolare l'Inps a rispettare la lettera della legge. Cosa che dovrebbe avvenire appunto con la nuova circolare. Alcuni deputati ci hanno già provato con un emendamento alla legge di Stabilità. Ma la Ragioneria generale ha subito fatto osservare che serviva una copertura per la nuova spesa. © RIPRODUZIONE RISERVATA Le «finestre» per la vecchiaia dal 1° gen. 2012 al 31 dic. 2012 *Requisito adeguato alla speranza di vita **Requisito da adeguare alla speranza di vita dal 1° gen. 2013 al 31 dic. 2013 dal 1° gen. 2014 al 31 dic. 2015 dal 1° gen. 2016 al 31 dic. 2017 dal 1° gen. 2018 al 31 dic. 2020 62 anni 62,3 anni* 63,9 anni* 65,3 anni** 66,3 anni** 63,6 anni 63,9 anni* 64,9 anni* 65,9 anni** 66,3 anni** 66 anni 66,3 anni* 66,3 anni** lavoratrici dipendenti settore pubblico lavoratrici autonome e gestione separata lavoratrici dipendenti settore privato SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 65 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il caso 01/12/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 28 (diffusione:619980, tiratura:779916) Una moneta parallela da affiancare all'euro La proposta che unisce Berlusconi e «Micromega» Massimo Rebotti I mondi non potrebbero essere più distanti, Berlusconi e Micromega , ma le parole sull'euro ora sono le stesse. Il Cavaliere, nel suo ritorno in piazza a Milano, ha parlato della necessità «di creare una seconda moneta, recuperando parte della nostra sovranità monetaria»: per far respirare l'economia - ha sostenuto - e liberarsi in patria dai vincoli europei. L'ipotesi avanzata dal leader di Forza Italia («anche noi - ha detto ai militanti - abbiamo delle idee sull'euro») è analoga a quella che un gruppo di economisti di sinistra - da Luciano Gallino a Stefano Sylos Labini - sta propugnando con appelli (sulla rivista Micromega ) e convegni: «Per uscire dalla crisi e dalla trappola del debito - si legge - proponiamo di rilanciare la domanda grazie all'emissione gratuita da parte dello Stato di Certificati di credito fiscale. In questo modo si creerebbe una moneta nazionale complementare all'euro, e di conseguenza nuova capacità di spesa, senza però generare debito». Dopo il fronte che chiede l'uscita dall'euro tout court (Lega, Movimento Cinquestelle, Fratelli d'Italia) ecco quindi una seconda opzione, più «morbida», ma sempre sintonizzata su quel vento anti euro che, secondo i promotori, soffia in tutto il continente. Per Forza Italia l'idea risponde, oltre alle ragioni economiche che l'avranno suggerita, anche a necessità politiche: la concorrenza di Matteo Salvini è incalzante e apparire come difensori della moneta unica di questi tempi non conviene. Per la sinistra lo scetticismo è una novità. Esclusiva fino a poco tempo fa di piccoli gruppi, il dubbio ha fatto strada se anche Stefano Fassina, che fu viceministro all'Economia con Letta, ha parlato di «superamento» della moneta unica. Il presidente del suo partito, Matteo Orfini, lo ha redarguito: «In Europa quella è la linea dell'estrema destra». Ma in politica i confini sull'euro sono ormai sempre più mobili, se perfino Berlusconi e Micromega dicono cose simili. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 66 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ANALISI COMMENTI Il corsivo del giorno 29/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Disoccupazione al 13,2% a ottobre persi 55mila posti Poletti: nel terzo trimestre 400mila nuovi impieghi fissi Claudio Tucci A ottobre il tasso di disoccupazione è salito al 13,2% (+0,3% su settembre): 55mila occupati in meno in un mese. Ma il premier Renzi: con noi al governo 100mila occupati in più. Il ministro Poletti: la riforma funziona, nel 3° trimestre 400mila nuovi contratti a tempo indeterminato. Istat: Pil piatto nel 4° trimestre.Servizi u pagina 3 ROMA Segnali in chiaroscuro sul mercato del lavoro: dopo due mesi consecutivi (agosto, +20mila posti e settembre, +51mila, sempre nel confronto congiunturale) il numero di occupati, sul mese, ad ottobre è tornato a diminuire di 55mila unità. Si "azzera", così, l'incremento di 116mila posti registrato a settembre, rispetto ai 12 mesi prima: a ottobre, sull'anno, l'occupazione è tornata «sostanzialmente stabile», ha rilevato ieri l'Istat. È schizzato in alto il numero dei senza lavoro che hanno raggiunto la soglia record di 3 milioni e 400mila unità (la crescita è stata del 2,7% rispetto a settembre, pari a 90mila persone in più, e del 9,2% sull'anno, +286mila unità). Anche il tasso di disoccupazione, ad ottobre, è tornato a salire, superando la soglia del 13%, 13,2% per la precisione, e rispetto al 12,3% dell'anno prima ha fatto registrare un significativo balzo in avanti: «È stato il più elevato», assieme alla Finlandia, registrato da Eurostat tra i 18 paesi dell'Eurozona (qui il tasso di disoccupazione è rimasto stabile all'11,5%). E l'Italia è in affanno anche sui giovani: da noi il tasso di disoccupazione dei 15-24enni è salito al 43,3% (in aumento di 0,6 punti sul mese). Ci confermiano al terz'ultimo posto nell'Eurozona: peggio di noi solo Spagna (53,8%) e Grecia 49,3% (dato di agosto). Alle prime posizioni i soliti paesi virtuosi: Germania (7,7% di disoccupazione giovanile), Olanda (9,7%) e Austria (10%). I dati relativi al mese di ottobre hanno "gelato" i timidi segnali positivi registrati nel terzo trimestre 2014, dove, nel tendenziale, l'occupazione è aumentata di 122mila posti; e sono cresciuti, soprattutto, i rapporti di lavoro con contratto a tempo indeterminato, pari a oltre 400mila nuovi contratti, +7,1% rispetto a un anno prima, secondo l'anticipazione delle comunicazioni obbligatorie fornita dal ministero del Lavoro. Certo, bisognerà attendere il dato sulle cessazioni per capire l'effettivo peso dell'occupazione stabile. Sembra invece funzionare il decreto Poletti che ha semplificato i contratti a termine ed è intervenuto parzialmente sull'apprendistato: i rapporti a tempo, che continuano a rappresentare il 70% circa delle nuove attivazioni, sono saliti dell'1,8% (nel confronto con il terzo trimestre 2013), mentre gli apprendisti sono aumentati del 3,8% (un risultato, tuttavia, ancora modesto se confrontato con il +16% del secondo trimestre 2014). Il Governo ha guardato al "bicchiere mezzo pieno": «C'è ancora tanto lavoro da fare. Ma l'occupazione sta aumentando, con più di 100mila occupati da febbraio». E se crescono i disoccupati, ha aggiunto il sottosegretario, Graziano Delrio, «è per il calo delle persone inattive, diminuite di 377mila unità». «Anche i numeri del ministero del Lavoro sono positivi - ha aggiunto il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei -. Ma l'aumento dell'occupazione si concentra tra gli over50, mentre gli under35 faticano». Più cauto il ministro, Giuliano Poletti, che ha parlato di «un mercato del lavoro altalenante che segue un'economia dove la ripresa deve ancora fare i conti con la coda di una lunga crisi». Del resto, non è un mistero, che l'Italia è ancora in profonda difficoltà: e per questo la fotografia dell'Istat «non mi sorprende, d'altronde basta guardarsi in giro», ha commentato il numero uno di Confindustria, Giorgio Squinzi. Il fatto è che i primi segnali di ripresa «arrivano dalla parte marginale del mercato del lavoro, donne, pensionati e ragazzi che per aumentare il reddito familiare si rimettono in cerca di un impiego - ha commentato l'economista del lavoro, Carlo Dell'Aringa -. La parte centrale del mercato fa invece segnare un sostenuto utilizzo della cassa integrazione e riduzioni di orari di lavoro». Il part-time involontario riguarda infatti il 63,6% dei lavoratori a tempo parziale. E c'è pure un problema di «forte aumento della disoccupazione SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 67 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Renzi: da quando ci siamo noi 100mila occupati in più - Nel quarto trimestre Pil piatto 29/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 68 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato di lunga durata che è arrivata al 62,3 per cento della percentuale complessiva dei senza lavoro - ha aggiunto il capo economista di Nomisma, Sergio De Nardis -. Si tratta di un fenomeno da monitorare perché rischia di innestare effetti di persistenza nelle sacche di disoccupazione». © RIPRODUZIONE RISERVATA Regno Danimarca Polonia Finlandia Ue28 Francia Eurozona Italia Portogallo Spagna Grecia* Unito* Germania 4,9 5,9 6,4 8,3 8,9 10,0 10,5 11,5 13,2 13,4 24,0 25,9 I CONTRATTI IN CIFRE +7,1% A tempo indeterminato L'incremento annuo dei nuovi contratti nel terzo trimestre secondo i dati anticipati ieri dal ministero del Lavoro. Complessivamente sono stati 400mila +1,8% A tempo determinato La variazione nel terzo trimestre rispetto allo stesso periodo del 2013. Continuano a rappresentare il 70% circa delle nuove attivazioni. Gli apprendisti aumentano invece del 3, 8% Foto: Il quadro I TASSI A OTTOBRE Dati destagionalizzati L'ANDAMENTO DELLA DISOCCUPAZIONE Ott. 2013-ott. 2014, dati destagionalizzati. Valori % INATTIVI ANCORA IN CALO Ott. 2013-ott. 2014. Valori assoluti in migliaia di unità OCCUPATI PER GENERE Variazioni trim. tendenziali assolute in migliaia di unità - Fonte: Istat NOI E GLI ALTRI Tassi di disoccupazione in Europa - Ottobre 2014 - (*) Agosto 2014Fonte: Eurostat 29/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) L'Europa non ha tempo per il gioco delle parti Adriana Cerretelli Presa in mezzo tra l'imperativo categorico di far rispettare le regole del patto di stabilità, sanzioni incluse, e l'obiettiva impossibilità politica di farlo se non a rischio di scatenare una crisi incontrollabile dentro l'euro con la Francia protagonista, la Commissione Juncker prende tempo. Sceglie la solita strategia europea del rinvio delle decisioni, nella speranza che in 3-4 mesi le cose si aggiustino. In breve, che ritardatari e renitenti alla disciplina si convincano a mettersi al passo, che dunque a Bruxelles ( e ai ministri dell'Eurogruppo) sia risparmiata la responsabilità di una mossa dovuta ma virtualmente suicida nell'Europa in bilico tra stagnazione e recessione, prezzi in calo costante - l'inflazione dell'eurozona in novembre è scesa allo 0,3 contro lo 0,4 di ottobre e l'obiettivo del + 2% della Bce - e disoccupati stabili all'11,5%. Emorragia di consenso popolare che non arretra, mentre i partiti nazionalisti e euroscettici mordono, tra l'altro generosamente foraggiati dalla Russia di Vladimir Putin a suo perfetto agio a ritrovarsi davanti un'Europa debole, instabile e divisa. Ma è realistico aspettarsi che da qui a marzo-aprile quello che da anni non è stato possibile fare in Francia, Italia e Belgio - i tre sorvegliati speciali di questa tornata di giudizi sulle leggi di stabilità - improvvisamente lo diventi, che le riforme sempre rimandate e quasi mai fatte o timidamente avviate diventino ora fattibili in 100 giorni o giù di lì? Se la prospettiva delle sanzioni, 0,2% del Pil cioè circa 4,2 miliardi, fosse stata un deterrente efficace per la Francia in deficit eccessivo dal 2009, certo Parigi non avrebbe sfidato i partner, e soprattutto la Germania, con la politica del fatto compiuto: notificando a Bruxelles la scelta di rinviare al 2017 il rientro al 3% del disavanzo insieme alla richiesta del terzo rinvio per attuare gli impegni presi. La Commissione Ue naturalmente fa la voce grossa, che è il suo mestiere. La Commissione avverte che in primavera si faranno comunque i conti, che la questione sanzioni resta aperta per chi non avrà nel frattempo recuperato il tempo perduto in fatto di risanamento dei bilanci, modernizzazione e recupero di competitività dei vari sistemi-paese. E che è comunque assodato il loro ingresso nel novero dei sorvegliati a vista, in un regime simil-"troika" che distribuirà direttive Ue precise e incalzanti con attuazione seguita da vicino. Finchè però nei fatti la Francia persisterà nella sua fronda sfacciata, la credibilità delle regole del patto resterà precaria. E, inevitabilmente, Italia e Belgio saranno al riparo da punizioni eccessivamente esemplari: per circostanze politiche eccezionali, oggi ben più contundenti per il patto delle "circostanze economiche eccezionali" da esso previste come finestra di flessibilità in tempi grami. Per ora chi rischia sanzioni immediate per deficit eccessivo reiterato è solo la Francia. Italia e Belgio sono nel mirino di procedure per l'alto debito, che sale invece di scendere contrariamente agli impegni assunti con il fiscal compact. Ma l'Italia rischia anche una procedura per squilibri macro-economici eccessivi: maxi-debito, appunto, e troppo scarsa competitività di sistema. Oltre che la richiesta di «uno sforzo supplementare» nella riduzione del deficit strutturale del 2015. In realtà il rigore nell'applicazione delle regole, ribadito a Bruxelles con parole anche forti ma smentito di fatto dal rinvio delle decisioni, più che la manifestazione di sano realismo condito con una crescente flessibilità interpretativa appare la maschera di cartapesta che nasconde l'imbarazzo evidente nel gestire regole inapplicabili di cui si vuole però acclamare la piena credibilità e applicabilità: politica prima che economica. Che però non c'è. E' questo il vulnus sempre più evidente che affligge la governabilità dell'eurozona: quello cui Mario Draghi, il presidente della Bce, auspica si ponga rimedio con l'Unione di bilancio. La stessa che invoca Wolfgang Schauble, il ministro delle Finanze tedesco, quando pretende nuove cessioni di sovranità nazionale su politiche di bilancio e riforme parallelamente a una maggiore integrazione dell'area perché non intende SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 69 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LA SFIDA AL RIGORE 29/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 70 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «difendere l'euro per i prossimi 5-10 anni con questa governance». Ironia della storia vuole che ai tempi dei negoziati di Maastricht fosse la Francia a battersi per un polo economico unico da affiancare a quello monetario ma fosse la Germania ad opporsi ferocemente per timore di ritrovarsi contagiata dalla politica francese di deficit spending. Oggi, in una moneta unica sempre più tedesca, è la Francia a respingere con altrettanto accanimento nuove cessioni di sovranità. Nodi vecchi e nuovi stanno venendo al pettine. Sarà anche il modo con cui saranno gestite le regole del patto di stabilità a determinarne la sopravvivenza. Con quella dell'euro. Il tempo degli equivoci, degli euroequilibrismi infiniti sta per scadere. © RIPRODUZIONE RISERVATA 29/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 7 (diffusione:334076, tiratura:405061) L'Italia bloccata dallo squilibrio responsabilità-poteri IL CAMMINO DELLE RIFORME Troppe volte si approvano leggi che nella fase attuativa trovano ostacoli che ne snaturano l'intenzione di Stefano Paleari Le tensioni di questi ultimi mesi ci interrogano sul tema delle rappresentanze, sia quelle che portano con sé una responsabilità legiferante, esecutiva e di vigilanza, sia quelle che spesso identifichiamo con il termine di "corpi intermedi". Per la prima volta, forse anche in ragione di una crisi che sembra non finire, quella che per molti anni è stata portata come specificità positiva del nostro Paese, ovvero la capacità dei "corpi intermedi" o di Istituzioni "terze" di mitigare le pulsioni politiche consentendo se non una "pace sociale" una dialettica ordinata e rispettosa di alcuni valori, oggi sembra sempre più affievolirsi. Cosa non funziona o meglio cosa non funziona più? Senza voler essere troppo banali, un aspetto che stride ormai in molti campi nel "bel Paese" è la relazione tra "responsabilità" e "potere effettivo". Forse a questo si riferiva il premier Matteo Renzi quando urtandosi con i sindacati sottolineava come la legge finanziaria si negozia in Parlamento e non fuori, con chi è privo di responsabilità e, pertanto, non può attribuirsi un potere effettivo. Se noi riportassimo su due assi cartesiani rispettivamente la "responsabilità" e il "potere effettivo", parrebbe logico che, in un'organizzazione, a data responsabilità formale corrisponda di conseguenza reale capacità di azione. Chi governa un Paese, si assume una responsabilità a cui deve corrispondere un'effettiva possibilità di incidere. Per lo stesso motivo, chi non ha responsabilità finale delle scelte non può pretendere, ad esempio, di possedere su di esse un potere di fermo. Sempre guardando al grafico le buone organizzazioni dovrebbero in altri termini muoversi intorno alla bisettrice dove a tanta o poca responsabilità corrisponde tanto o poco potere effettivo, una sorta di linea del "buon governo". Cosa succede se, viceversa, le organizzazioni si posizionano rispettivamente sul secondo e sul quarto quadrante cartesiano? Da un lato chi porta la responsabilità formale in realtà non può incidere perché privo di potere effettivo e, dall'altro lato, esistono soggetti che di fatto governano i processi senza assunzione di responsabilità. Gli economisti direbbero che nel primo caso si genera "adverse selection" perché i migliori non mettono in gioco la loro persona senza che venga attribuito anche un potere effettivo. Nel secondo caso emerge il "moral hazard" perché si presentano situazioni davvero di comodo per chi determina i percorsi senza esserne responsabile. È l'Italia in questa situazione, cioè lontana dalla linea del "buon governo" indipendentemente dalle qualità dei suoi rappresentanti? Per certi versi, e consapevole della provocazione insita in questa affermazione, sì. Troppe volte, infatti, si approvano leggi che nella fase attuativa trovano ostacoli che ne snaturano l'intenzione o ne attenuano la portata. E questo non sempre ha a che vedere con i corretti compiti di vigilanza e mitigazione, tipici dei corpi intermedi di una società democratica e complessa. Il ragionamento non vale solo per il Governo del Paese ma, a cascata, scende anche nei livelli più profondi. Prendiamo ad esempio l'Università. Come in tutte le organizzazioni fondate sulla qualità delle risorse umane il tema centrale è il reclutamento. Chi sbaglia ad assumere fa un danno a tutta la struttura ed è un danno difficilmente riparabile. A oggi, a prescindere dalla natura dei concorsi, il potere di assumere non è bilanciato a sufficienza dalla responsabilità di pagare il prezzo se si recluta in un settore non necessario o se si assume la persona non migliore. Si possono elaborare modelli ottimi di selezione (nazionali, locali, misti, con o senza indicatori bibliometrici) ma senza un meccanismo che penalizza adeguatamente chi non fa correttamente il proprio mestiere si fa poca strada. Di nuovo prevarrebbe l'azzardo morale di chi non paga alcun prezzo, nemmeno in termini di reputazione. Per fortuna quest'anno, per la prima volta, una parte dei fondi competitivi è assegnata anche tenendo conto delle "politiche di reclutamento" degli Atenei. È un segnale, ancora da sviluppare, che dovrebbe non limitarsi ai soli docenti e ricercatori delle Università, ma permeare tutta la SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 71 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVENTO 29/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 7 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 72 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato pubblica amministrazione e tutte le Istituzioni. Da ultimo, si noti che quando in un'organizzazione c'è "adverse selection" si presenta anche "moral hazard". Solo correggendo l'azzardo morale di chi decide senza prendersi la responsabilità convinceremo anche i migliori a cimentarsi nel difficile governo dell'Italia di oggi. Se il Paese è fermo non è solo perché lo sono i consumi e gli investimenti ma anche perché facciamo ancora fatica a "dare a Cesare quel che è di Cesare". © RIPRODUZIONE RISERVATAFoto: Il rapporto tra livelli di responsabilità e potere effettivo 29/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 10 (diffusione:334076, tiratura:405061) «Troppe lobby negli appalti Commissarieremo ancora» «Nei padiglioni stranieri di Expo non si possono fare i controlli antimafia Quindi un pericolo resta» Giovanni Minoli Raffaele Cantone, 51 anni, dal '99 è nella Direzione distrettuale antimafia. Indaga sui casalesi e ottiene l'ergastolo, tra gli altri, per Francesco Schiavone e Francesco Bidognetti. Nel 2013 Enrico Letta lo nomina nella task force per l'elaborazione della proposta sulla lotta della criminalità organizzata; nel marzo 2014, Renzi lo nomina presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione dove comincia a lavorare sullo scandalo Expo bloccando l'assegnazione dei lavori per l'Albero della vita. Alla fine l'Albero della vita si farà o no? Abbiamo dato parere favorevole al bando. Ovviamente non tocca a noi stabilire se si farà o no. Che cosa non andava? Parecchie cose, c'erano criteri poco trasparenti, soprattutto nel modo in cui era stato di acquistato il concept. Lei però un mese fa ha detto "Non ho gli strumenti per controllare quello che si fa nei padiglioni stranieri". Verranno di lì i problemi? Purtroppo sì, in parte. Nel senso che a quello che viene fatto nei padiglioni stranieri si applica legislazione degli Stati stranieri per cui non si possono fare controlli antimafia e noi non possiamo controllare nulla. Le imprese escluse dall'Expo possono ripresentarsi attraverso gli stranieri? Può capitare, ma la Prefettura, soprattutto per quanto riguarda i controlli antimafia, li sta facendo ugualmente e in qualche caso ha ottenuto l'esclusione volontaria. Lì c'è un pericolo? C'è sicuramente un gran pericolo, ma forse si sarebbe dovuto pensare quando è stata firmata la convenzione. Del resto anche sulla Torino-Lione noi abbiamo gli stessi problemi perché lì si applica la legislazione francese che non riconosce le interdittive antimafia. A giugno quando è arrivato a vigilare su Expo, ha detto che quasi tutte le gare erano state fatte in deroga alla legge sulla trasparenza. Oggi problema risolto? Ho detto che erano state utilizzate in moltissimi casi le deroghe, previste e garantite dalla legge. Sicuramente abbiamo fatto molti passi in avanti, per esempio Expo si è dotato di un programma che si chiama "Open Expo", tutto in rete e questo è un gradissimo risultato. Possono uscire altri guai? Noi stiamo lavorando in modo molto molto rigoroso, io mi augurerei di no. Il nostro controllo resta un controllo sugli atti, è talmente approfondito che tendenzialmente io direi che dal momento del nostro controllo è molto difficile che questo accada, ma non impossibile. Ma i fenomeni di corruzione scoperti per l'Expo sono solo la punta di un iceberg? Purtroppo sì secondo me. Sono la punta di un iceberg che non riguarda solo Expo ma il sistema degli appalti, che purtroppo prevede sicuramente una serie di meccanismi di presenze di lobby. Con i poteri che lei ha le imprese temono una raffica di commissariamenti. È possibile? Ad oggi abbiamo fatto tre commissariamenti, ne faremo molti altri. Uno riguarda il Mose che è in atto, non è ancora stato fatto, due riguardano due imprese di Expo, altri ne faremo. Dove? In varie parti, però nessuno a oggi ha fatto ricorso Ma è vero che un eccesso di controlli e di burocrazia, non solo non blocca ma facilita la corruzione? Il rischio c'è, soprattutto se la burocrazia è deresponsabilizzata. Io sono convinto che la vera grande riforma della Pubblica amministrazione dovrebbe passare per due parole: semplicità da un lato e scarsa burocrazia dall'altro, efficienza. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 73 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA A MIX 24Raffaele CantoneAnticorruzione 29/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 10 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 74 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Se dovesse dare un consiglio a ministro Madia? Le direi che bisogna lavorare moltissimo per la semplicità, ovviamente ampliando sempre più i meccanismi di trasparenza. © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: A Radio24. Raffaele Cantone (a destra) con Giovanni Minoli 30/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Borse, chi vince sul mini-greggio Gli energetici «bruciano» 170 miliardi: l'impatto su valute e tassi Andrea Franceschi Il continuo calo dei prezzi del petrolio apre nuovi scenari: una sciagura per chi lo vende, ma non per chi lo consuma. E ha impatti diretti sui mercati: la fuga dai titoli energetici (i big del settore hanno bruciato 170 miliardi di capitalizzazione) cambia le strategie degli operatori su valute, materie prime, titoli di Stato e azioni. Ma impatta anche sull'economia reale: per l'Italia una riduzione strutturale di 10 dollari al barile vale una crescita del Pil dello 0,3%. Andrea Franceschi u pagina 6 Il prezzo del petrolio Brent venerdì scorso è sceso sotto la soglia dei 70 dollari al barile. Il Wti è sceso fino a 66 dollari. Oltre la metà rispetto ai massimi record del 2008. La flessione dei prezzi del petrolio, che procede ormai da diversi mesi, si è intensificata negli ultimi giorni dopo che giovedì l'Opec ha rinunciato a contrastare questa svalutazione. Il cartello dei Paesi produttori avrebbe potuto, riducendo l'offerta globale attraverso un taglio della produzione, risollevare le quotazioni del petrolio. Ma ha scelto di non farlo mantenendo invariati gli attuali livelli. Una decisione che rischia di avere un impatto forte sugli equilibri geopolitici mondiali e che ha avuto, e con ogni probabilità continuerà ad avere, pesanti ripercussioni sui mercati. Vincitori e vinti in Borsa Il calo del prezzo del petrolio è una sciagura per chi lo vende ma non per chi lo consuma. Un male per le economie molto dipendenti dalle esportazioni di greggio. Un bene per chi invece lo importa. L'Italia ad esempio che, secondo una stima di Intesa Sanpaolo, potrebbe guadagnare uno 0,3% di Pil in più all'anno per ogni calo di 10 dollari del greggio (vedi articolo a fianco). E lo stesso vale per le aziende. Questa settimana, a fronte del tracollo dei titoli energetici, si è vista un'ottima performance in Borsa delle compagnie aeree. Venerdì il titolo Lufthansa ha guadagnato il 4,5% mentre Air France ha messo a segno un rialzo del 6,4 per cento. L'intero settore Viaggi, in una giornata fiacca per le Borse, ha guadagnato l'1,38 per cento. La ragione per cui questo è successo è chiara. Per le compagnie aeree la voce carburante ha un peso specifico notevole. Supera il 20% dei costi operativi nel caso delle big e può anche oltre il 40% nel caso delle compagnie low cost. Ed è chiaro che, come per gli automobilisti, una riduzione della spesa per il pieno vada a tutto vantaggio del bilancio. Chi perde, come ovvio, è invece il settore energia. Stando alla banca dati S&P Capital IQ nelle ultime cinque sedute le 100 maggiori società energetiche del mondo hanno bruciato qualcosa come 170 miliardi di euro di capitalizzazione. La discesa, a ben vedere, è in atto da tempo. Almeno da metà giugno. Cioè da quando il petrolio ha iniziato a scendere: da allora il Brent si è svalutato del 38% e il valore delle azioni del settore energia è andato a traino perdendo circa il 20 per cento. In termini di capitalizzazione le top 100 hanno bruciato oltre 220 miliardi di euro in cinque mesi. Gli analisti, da parte loro, hanno drasticamente tagliato le loro stime sugli utili. Se a inizio anno il consensus degli analisti di S&P Capital IQ aveva previsto per i titoli energetici quotati a Wall Street una crescita dei profitti del 13,06%, oggi ci si attende un più mesto +3,34 per cento. Per il prossimo anno, che fino a qualche mese fa era previsto in crescita, si stima un calo del 3,64 dei profitti. Il rischio bolla sullo shale oil L'Arabia Saudita è il principale azionista dell'Opec e il soggetto che più ha ispirato la decisione di non tagliare la produzione. E lo ha fatto anche perché se lo può permettere dato che ha costi di estrazione più bassi rispetto ad altri Paesi e riesce a mantentere decenti margini di profitto anche agli attuali prezzi. Lo stesso non vale per i produttori americani che, grazie alla tecnologia "shale", in questi anni sono emersi come i nuovi protagonisti sul mercato. Lo shale oil è molto più costoso e rischia di diventare antieconomico da produrre agli attuali prezzi del greggio. Ciò peraltro mette a rischio la sostenibilità del debito molte aziende del settore SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 75 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il crollo dei prezzi petroliferi non ferma il Toro: la fuga da Oil&Gas spinge la old economy 30/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 76 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato hanno contratto per finanziare le estrazioni. Consapevole di questi rischi il mercato ha venduto i bond ad alto rischio del settore energia i cui tassi mediamente sono lievitati dal 5,6% di inizio anno al 7,3% attuale. Il rischio default dello shale gas è una minaccia per tutto il mercato dei bond ad alto rischio. Ad oggi circa il 16% del mercato americano da mille e 300 milioni di dollari dei cosiddetti bond spazzatura fa riferimento al settore energetico. © RIPRODUZIONE RISERVATA LA SETTIMANA DELLE SOCIETÀ ENERGETICHE Capitalizzazione bruciata in milioni di euro LA SETTIMANA LE BORSE Dati percentuali L'IMPATTO SUI CAMBI Valuta necessaria per ottenere un dollaro GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV 02/01/2014 IERI 60 80 100 120 66,15 70,15 Var. della settimana Rendimento del bond a 10 anni +0,30% 2,03% Var. da inizio anno +5,52% Milano Ftse Mib Var. della settimana Rendimento del bond a 10 anni +2,38% 1,89% Var. da inizio anno +8,61% Madrid Ibex 35 Var. della settimana Rendimento del bond a 10 anni +2,55% 0,70% Var. da inizio anno +4,49% Francoforte Dax Var. della settimana Rendimento del bond a 10 anni +0,99% 0,97% Var. da inizio anno +2,19% Parigi Cac 40 Var. della settimana Rendimento del bond a 10 anni -0,42% 1,93% Var. da inizio anno -0,39% Londra Ftse 100 Var. della settimana Rendimento del bond a 10 anni +0,72% 2,20% Var. da inizio anno +11,86% New York S&P 500 Var. % EXXON MOBIL CHEVRON SCHLUMBERGER STATOIL TOTAL ROYAL DUTCH SHELL A (LON) ECOPETROL CONOCOPHILLIPS BG GROUP BP EOG RES. ANADARKO PETROLEUM HALLIBURTON GAZPROM ROYAL DUTCH SHELL B SUNCOR ENERGY OCCIDENTAL PTL. CONTINENTAL RESOURCES OC ROSNEFT CANADIAN NATURAL RES. -22.714 -15.499 -12.739 -9.581 -8.431 -8.054 -7.835 -7.788 -7.487 -6.958 -6.795 -5.904 5.879 -5.630 -5.548 -5.326 -5.105 -4.826 -4.711 -4.298 -6,48 -8,19 -12,18 -13,51 -7,30 -6,61 -15,65 -10,28 15,79 -6,25 -14,76 -15,15 -16,65 -1,48 -7,03 -10,88 -8,94 -27,98 -2,77 -11,06 Foto: La fotografia dei mercati 30/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Paul Krugman Il premier giapponese Shinzo Abe sta facendo la cosa giusta rimandando l'ulteriore aumento delle imposte sul consumo. È buona politica economica, e per quanto mi riguarda anche un'esperienza abbastanza inedita: un leader che proclama di voler seguire la politica giusta e lo fa davvero! Paul Krugman Naturalmente ci sono stati molti altri che hanno proclamato di voler seguire la politica giusta) Tuttavia, c'è grande scetticismo, e con validi motivi: Abe sta cercando di realizzare qualcosa di molto complicato e non è affatto chiaro se gli strumenti che sta mettendo in campo a questo scopo siano sufficienti. C'è un tipo di critica, però, che mi fa imbestialire, sia nel caso del Giappone che di altri Paesi: e mi fa imbestialire soprattutto perché è una di quelle cose che le Persone Tanto Coscienziose danno per scontate, al punto di non rendersi nemmeno conto che non stanno proclamando la Verità, ma al contrario un'ipotesi discutibile. Mi riferisco alla tesi secondo cui quello di cui avrebbe bisogno il Giappone non è di rafforzare la domanda, ma procedere a riforme strutturali. Di cosa stiamo parlando? Tradizionalmente la soluzione delle riforme strutturali viene offerta come risposta al problema della stagflazione (una combinazione di inflazione alta e disoccupazione alta). Se l'economia comincia a surriscaldarsi per effetto di un'accelerazione dell'inflazione, pur in presenza di un livello di disoccupazione piuttosto alto, la tesi è che la causa è da ricercarsi nella rigidità del mercato del lavoro (eufemismo per indicare un sistema in cui è difficile licenziare le persone o tagliargli il salario) e per rilanciare l'economia bisogna rendere il mercato del lavoro più flessibile (cioè più brutale). È una tesi che ha una sua logica, anche se non è così inoppugnabile come recita la vulgata nemmeno quando il problema è la stagflazione: si potrebbe sempre legittimamente ritenere che buona parte della disoccupazione «strutturale» sia in realtà il risultato di un'isteresi, cioè dei danni duraturi inferti da recessioni prolungate. Però almeno è una tesi coerente. Tuttavia, il Giappone non è affetto da stagflazione; e l'Europa nemmeno. Al contrario, soffrono di bassa inflazione o deflazione e di carenze persistenti della domanda nonostante i tassi di interesse a zero. Non si capisce bene in che modo le riforme strutturali dovrebbero contribuire a risolvere il problema. Anzi, il tipo di riforma strutturale di cui più si è parlato in passato - rendere più flessibile il mercato del lavoro in modo che sia più semplice tagliare i salari - semmai aggraverebbe la recessione. Perché? È il paradosso della flessibilità: il calo dei salari e dei prezzi aumenta in termini reali il fardello del debito, deprimendo ulteriormente la domanda. Sembra che le riforme strutturali siano una panacea, sbandierate come un elisir buono per tutti gli usi: cura l'inflazione, ma anche la deflazione! E pure il mal di schiena e l'alito cattivo. Alcuni tipi di riforme strutturali che farebbero bene al Giappone ci sono: per esempio, modifiche alle norme sulla destinazione d'uso dei terreni o l'altezza degli edifici consentirebbero di «riempire gli spazi» nelle città giapponesi e potrebbero stimolare gli investimenti e contribuire a incrementare la domanda. Ma il punto è che questa invocazione generica di «riforme strutturali» è segno di pigrizia intellettuale e produce effetti distruttivi. Non è solo che buona parte di quelle che chiamiamo riforme strutturali porterebbero più danni che benefici, è anche che dichiarando che il problema è strutturale si distoglie l'attenzione dei policymakers dalle cose veramente importanti: perché quello di cui ha bisogno il Giappone in questo momento è uscire dalla deflazione in qualsiasi modo. (Traduzione di Fabio Galimberti) © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 77 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il Giappone di Abe fa la cosa giusta 30/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La depressione degli italiani e il rischio Paese* Carlo Bastasin C'è nel nostro Paese uno stato di ansia e malcontento che può definirsi come uno specifico «malessere italiano». Una condizione dell'animo che sbalordisce quando si arriva da fuori: si esprime nelle avverse condizioni economiche, ma ha ormai natura sociale e perfino profondità psicologica. Continua da pagina 1 Economia e psicologia coincidono d'altronde nel termine «depressione», un sentimento caratterizzato dalla sfiducia nel futuro che è al tempo stesso individuale e collettiva. Ma è anche un sentimento asociale, in cui la reazione individuale può aggravare il declino collettivo: i giovani fuggono all'estero, le imprese tagliano gli investimenti, le famiglie si aggrappano ai risparmi rinunciando al presente. Prima della crisi esplosa nel 2008, anche in Italia era in atto una lenta trasformazione del lavoro e della produzione, il tasso di disoccupazione si era dimezzato e le imprese si rivolgevano ai mercati globali. Nella "coscienza" comune era rimasto tuttavia il vuoto di fiducia - tuttora sottovalutato - causato dai fenomeni emersi con tangentopoli negli anni Novanta in combinazione con l'enorme debito pubblico. Nel caso italiano, proprio come nella lingua tedesca, debito e colpa coincidono. Da venti anni l'Italia è così il paese che cresce meno al mondo. A chi insegna, capita di confrontarsi con giovani che calano un sipario sarcastico sul paese: tutti rubano e la camorra è l'unica impresa globale. Da uno studio di Pew-research, gli italiani emergono come l'unico popolo a considerare se stesso il meno degno di credibilità al mondo. Il crollo post-2008 ha cristallizzato il senso che l'Italia non sia in grado di tenere il passo della globalizzazione. Da questa sfiducia in se stessi origina anche la critica all'euro, moneta «non nostra», bensì tedesca. Paura del futuro ed estraneazione dal mondo coincidono, si manifestano nel vuoto di progettazione che impedisce soprattutto ai più deboli di nutrire speranze e che oggi diventa più visibile nella crisi delle periferie. L'alienazione si riflette nell'ostilità per gli altri. A chiudere la gabbia mentale è infine un discorso pubblico introverso e provinciale, in cui da 20 anni l'interesse dei media è assorbito dal «miglio quadrato» attorno al palazzo del governo. Negli ultimi due decenni invece il mondo stava completamente cambiando. Un esempio dà la misura del ritardo italiano: a metà degli anni Novanta, anche l'impresa simbolo della Germania, la Deutsche Bank, minacciò di lasciare il paese. I cancellieri Kohl e Schroeder reagirono trasformando la Germania. Eravamo alla vigilia dei Brics, l'esplosione economica in Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa. Così come l'Italia non vide il cambiamento allora, non lo vede oggi. I mercati emergenti alimentano due terzi della crescita globale, ma il loro vantaggio competitivo è molto meno aggressivo. La loro classe media è costituita da 1,4 miliardi di individui, quasi quanti gli 1,8 miliardi dei paesi avanzati. L'economia cinese sta rallentando rapidamente. World Bank stima che Brasile, Messico, Russia e Sud Africa abbiano oggi tassi di sviluppo «occidentali» tra l'1,5 e il 2,5%. Secondo le analisi delle società di consulenza, il vantaggio di costo delle imprese manifatturiere cinesi su quelle americane è sceso a meno del 5%, Boston Consulting giudica il Brasile più costoso di gran parte dei paesi dell'euro. Produrre in Polonia, Repubblica Ceca o Russia non è più conveniente che produrre negli Usa, in Spagna o in Gran Bretagna. Sfruttando la reciproca vicinanza, Stati Uniti e Messico sono diventati una nuova avanguardia globale autonoma dall'import di energia. Aggiustato per la produttività, il costo del lavoro cinese è oltre metà di quello europeo. Con popolazioni giovani e abbienti, i paesi emergenti non sono più solo concorrenti, ma consumatori prosperi, stabili e attratti dai modelli occidentali. L'Italia, per la sua struttura sociale e produttiva, era destinata a soffrire nei primi 20 anni della globalizzazione. Ma può essere tra i vincitori nei prossimi venti, con un'offerta produttiva disegnata per incontrare le aspirazioni dei nuovi consumatori. È necessario migliorare l'offerta di tecnologia perché la produttività pro-capite italiana è di un terzo più bassa che nelle imprese tedesche e francesi. Per farlo deve migliorare la formazione e l'apprendistato dei giovani. Più in generale sono necessarie riforme: facilitare SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 78 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato PSICOLOGIA E RIPRESA 30/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 79 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato l'attività economica, rendere flessibili capitale e lavoro, ammodernare l'intero settore dei servizi e non ultimo, attraverso una giustizia ben funzionante, contrastare il pregiudizio di disonestà che alimenta la sfiducia. Conoscenza, onestà, apertura al futuro: come si capisce, gli interrogativi che la crisi pone agli italiani sono profondi perché toccano le radici della loro deteriorata autostima e qualità sociale. La sfiducia in se stessi e nel futuro tuttavia sono diventate gli alibi per non cambiare. Il cambiamento è un tema che galleggia nel dibattito politico italiano, ma senza alcun ancoraggio alla realtà che circonda il paese. Prevale il negoziato di potere nel «miglio quadrato» che si legittima per l'emergenza economica anziché per la sostanza. Perdendo di vista la trasformazione benigna in corso nell'economia globale, si è smarrita la linea di orizzonte. Si è letteralmente disorientati. In particolare, non si coglie il vantaggio comune nella trasformazione del paese. Si perde così il senso positivo del governo della polis che diventa puro esercizio di forza in una gabbia di topi. Le responsabilità della politica, dell'amministrazione e dell'informazione, nel produrre il malessere italiano sono state quasi criminali. Mancare l'ultima opportunità di salvezza, offerta dalla nuova fase della globalizzazione, sarebbe solo un banale suicidio. © RIPRODUZIONE RISERVATA Carlo Bastasin 30/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Come sostenere le riforme Sergio Fabbrini Le discussioni politiche che contano sono sempre collegate ad azioni concrete. Altrimenti sono chiacchiere. Così sta avvenendo sulla scia delle riforme del mercato del lavoro e del sistema parlamentare e amministrativo che il governo Renzi ha promosso con grande determinazione. Sergio Fabbrini Quelle riforme - se diventeranno fatti - aggrediscono nodi strutturali del declino italiano, l'ingessatura del mercato e l'inefficienza dello Stato. È nel rapporto perverso tra Stato e mercato che si sono alimentati i peggiori vizi italiani, dal corporativismo difensivo degli interessi al consensualismo paralizzante della politica. L'istituzionalizzazione di tale perversione è stata promossa sia dalla sinistra che dalla destra. La destra perché ha continuato ad avere paura del mercato, nonostante a parole lo celebrasse come la condizione indispensabile della libertà d'impresa. La sinistra perché ha continuato a celebrare lo Stato come il luogo dell'interesse generale, nonostante nei fatti lo utilizzasse come una spoglia per le proprie corporazioni. In Italia il segno complessivo è stato quello di prevenire la competizione, per sostituirla con pratiche consociative finalizzate a preservare lo status quo. L'Italia si è arenata perché incapace di innovare. Sono le società chiuse quelle che non innovano. Che piaccia o meno, il governo Renzi ha provato, non senza alcuni errori, a mettere in discussione lo status quo, trovando resistenze sia a destra che a sinistra. Come era prevedibile, si è trattato di resistenze senza progetto. Si fa fatica a capire qual è il progetto di Gianni Cuperlo o di Pippo Civati per aprire il mercato del lavoro e rilanciare l'occupazione. Al di là dell'affermazione che i diritti acquisiti non si toccano, poco o punto si è detto su come estendere il lavoro a tutti coloro che lo necessitano. Il lavoro lo creano le imprese, non lo Stato. Lo Stato deve creare le condizioni regolative per favorire la competitività delle imprese, perché solamente stando sul mercato esse potranno favorire l'occupazione. Il mercato va regolato per garantirne il carattere sociale, ma non può essere sostituito dallo Stato in un contesto di competizione globale come l'attuale. Lo Stato deve creare le necessarie infrastrutture, investire sulla ricerca e sul capitale umano, istituire agenzie per la continua riqualificazione dei lavoratori, favorire la negoziazione tra le parti, ma non può produrre panettoni per dare il lavoro ai disoccupati. Sarà anche vero ciò che ha detto Massimo D'Alema al Corriere, e cioè che la Terza Via con il suo riconoscimento del ruolo del mercato, è morta e sepolta da una decina d'anni. Ma la sinistra che si è mobilitata in queste settimane è rimasta ancora legata ad una visione statalista dell'economia, come se la globalizzazione fosse un'invenzione e il debito pubblico una maldicenza. Ma anche la destra non scherza. Invece di sostenere un progetto di riforma che rende il mercato del lavoro più aperto, si è accodata al populismo di chi grida a più non posso per lasciare le cose come stanno. Anche questa destra teme il mercato, perché tradizionalmente dipendente dal sostegno pubblico o dalla benevolenza dello Stato (basti pensare all'omertà nei confronti dell'evasione fiscale). Contrariamente a ciò che dicono i suoi portavoce come Renato Brunetta o Matteo Salvini, è una destra che non vuole la competizione economica né quella politica. Un paese moderno non può e non deve scegliere tra Stato e mercato, come le ideologie del secolo scorso imponevano di fare. Un governo riformatore deve risolvere pragmaticamente i problemi del paese, combinando in dosi diverse l'uno e l'altro a seconda della sfida da affrontare. E deve fare questo tenendo presente i criteri sia dell'efficienza che dell'equità. Abbiamo bisogno di un cambiamento radicale delle politiche pubbliche del paese, ma anche del nostro modo di pensare quest'ultimo. Gli album di famiglia non servono a nulla. Ciò che ci serve è un metodo di governo che sappia valorizzare al meglio ciò che lo Stato e il mercato possono offrire per risolvere i nostri problemi strutturali in un contesto di interdipendenza economica e integrazione monetaria. Abbiamo bisogno di un'alleanza tra i riformatori dello Stato e gli innovatori del mercato per trovare risposte originali alle domande che l'una e l'altra sollevano instancabilmente. Il paese ha bisogno di un governo che abbia la testa in Europa e i piedi in Italia, un governo che abbia interiorizzato l'inestricabile connessione tra la crescita interna e la forza esterna. Che SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 80 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato I NODI DEL DECLINO 30/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 81 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato sia la Terza o la Quarta Via, ciò che conta è fare le riforme strutturali e istituzionali per migliorare il paese e renderlo più aperto ed efficiente. E contemporaneamente promuovere la riforma della governance europea per rendere l'Unione un progetto politico e non tecnocratico. Lo Stato e il mercato vanno ripensati nel contesto della trasformazione senza precedenti che è in corso in Europa. Il dialogo tra Tony Blair e Matteo Renzi, pubblicato su questo giornale, testimonia che ogni generazione di leader riformatori deve affrontare problemi diversi perché diverso è il contesto storico in cui debbono agire. Se sono dei leader, guardano avanti e non indietro. Se sono dei riformatori, sanno che l'efficienza è compatibile con l'equità. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA 30/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Il bonus europeo da non sprecare* Alberto Quadrio Curzio Il benestare sul progetto di legge di stabilità 2015 da parte della Commissione Europea e i progressi in Parlamento chiudono una settimana importante per l'Italia.Non ne usciamo male malgrado le ultime notizie sul peggioramento nel tasso di disoccupazione richiedano rapidità delle riforme soprattutto per favorire l'occupazione giovanile. La Commissione dà credito (con riesame a marzo) alle riforme italiane e riconosce l'eccezionalità della nostra recessione (a cui il rigore eurotedesco ha contribuito). Poi ci chiede di più nel controllo del debito pubblico sul Pil e di spingere la crescita rilevando che la stessa soffre anche per una «riduzione degli investimenti». Quest'ultimo giudizio si può applicare alla Ue e alla Uem usandolo per valutare il piano di investimenti per l'Europa presentato pochi giorni fa dalla Commissione Juncker. Il Parlamento europeo (che è da tempo pro-crescita), l'Italia e la Francia (paesi "vigilati" i cui Pil sommano al 38% della eurozona!) devono valutare questo piano ben al di là delle promesse perché qui si gioca il destino dell'Europa.Vediamo perché e come. Il piano di investimenti. Bene ha fatto la Commissione a sottolineare che il crollo degli investimenti è al centro della crisi europea. L'urgenza di politiche per rilanciarli viene così affiancata a quelle, dominanti e recessive, del rigore fiscale. Il piano constata che nel 2013 gli investimenti totali sono al 19,3% sul pil ovvero di 2-3 punti percentuali sotto il livello che si doveva raggiungere tenendo il trend europeo di lungo termine.Sulla annualità 2013 mancano quindi tra i 230 e i 370 miliardi di euro di investimenti.La caduta rispetto al 2007, anno di culmine della bolla immobiliare spagnola, è di 430 miliardi. Per tenere il passo con la crescita degli investimenti Usa nel 2012-13 la Ue doveva investire 540 miliardi di euro in più. La consapevolezza degli effetti negativi di questo crollo negli investimenti sembrano diffondersi e non è esagerato dire che l'Europa s'è bruciata molto futuro in termini di innovazione e sviluppo. Il piano spiega poi che gli investimenti non riprendono(mentre i consumi e il pil sono tornati nella Ue ai livelli del 2007) perché le imprese non hanno fiducia e perché i rischi sono eccessivi malgrado la liquidità abbondante. La condivisibile(banale) conclusione è che va spezzato il circolo vizioso della sfiducia che blocca gli investimenti. Il Fondo strategico. Lo strumento con cui il Piano intende ricreare la fiducia e rilanciare gli investimenti è un Fondo (Feis) che verrà costituito dentro la Banca Europea per gli investimenti (Bei) rodata istituzione finanziaria del 28 Paesi membri della Ue.E' una scelta con luci ed ombre perché da un lato il Fondo fruirà dell'esperienza della Bei ma dall'altro sarà frenato (malgrado soluzioni che daranno al fondo una certa autonomia) dalla sua governance blasonata dalla tripla A e che aspira a vincere le olimpiadi dei ratings.Non ci pare quindi che questa soluzione sia quel "kick-start" come Juncker vuole dal Fondo. Il Fondo verrà costituito con 5 miliardi impegnati dalla Bei e 16(di cui 8 disponibili subito) garantiti dal bilancio comunitario.Altre garanzie o conferimenti potranno essere apportati(quando?) da fondi statali o pubblici e privati.Con una garanzia di 21 miliardi la Bei dovrebbe emettere 60 miliardi di obbligazioni (mantenendo il rating di tripla A)per finanziare progetti di investimento che dovrebbero poi mobilitarne altri 255 da investitori privati o pubblici.Dunque si assume un moltiplicatore di 15 per arrivare da 21 miliardi(di cui 13 disponibili) di garanzia a 315 miliardi di investimenti.Si tratta dunque di una scommessa che parte da risorse sottratte ad altri impieghi! La destinazione dei finanziamenti del Fondo andrà per 75 miliardi alle PMI e ad imprese a media capitalizzazione sia con investimenti diretti in capitale sia con garanzie per ottenere credito.Su questi rapporti con le imprese la Bei ha una esperienza pluricedennale. I restanti (supposti) 240 miliardi sono destinati a infrastrutture materiali(banda larga,reti energetiche, energie rinnovabili, trasporti, edilizia scolastica ecc) ed immateriali ( istruzione, ricerca, innovazione). Non sono grandi entità rispetto alle stime (nazionali ed europee) sulle necessità e rispetto alla liquidità in circolazione. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 82 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'EDITORIALE NOI E BRUXELLES 30/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 83 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Come e dove investire. Gli investimenti andranno distribuiti secondo tre criteri generali:creazione di valore aggiunto europeo in termini di allineamento agli obiettivi ed ai programmi della Ue previsti dal Qfp (Quadro finanziario poliennale) 2014-20, dai TransEuropeanNetwork,da Horizon 2020; redditività dei progetti; tempi di realizzazione con riferimento ad un orizzonte di tre anni. Tre sono i nostri commenti (e dubbi) a queste modalità. Il primo è che il piano e il fondo appaiono come un rafforzamento finanziario del Qfp 2014-2020 di altri progetti europei in atto. Questo è positivo in quanto si evitano sbandamenti ma è anche negativo perché il piano non assume quel carattere di discontinuità innovativa che potrebbe essere espresso dal concentrare e velocizzare i fondi soprattutto su grandi opere geo-economicamente strategiche (nord-sud, est-ovest) che siano anche un simbolo di riscossa europea. Viene alla mente (pur con le difficoltà di paragoni storici) il caso della Tennessee valley Authority (Tva) società federale del New Deal roosveltiano. Il secondo è che la selezione dei progetti finanziabili dipenderà da un complesso e necessariamente lento meccanismo di valutazione nel quale interverranno gli stati membri della Ue con delle loro proposte che andranno vagliate da una "task force" Commissione europea-Bei e da vari altri comitati anche con la collaborazione delle Banche di svilupppo nazionali. Il terzo è che nella scelta dei progetti bisogna evitare incidano pesantemente le situazioni nazionali in termini di norme e procedure ostative agli investimenti infrastrutturali. Cruciale sarà perciò capire come si potrà esplicare l'impegno di assistenza della Commissione per superare questi ostacoli e per evitare che i finanziamenti vadano in prevalenza alle aree più efficienti ed attrezzate. In altri termini gli investimenti in infrastrutture devono servire alla crescita sistemica europea e non solo al rafforzamento delle aree più sviluppate. Una conclusione. La forte enfasi del piano sul rilancio degli investimenti e delle infrastrutture nella Ue non trova purtroppo nel fondo quella attuazione soddisfacente che con più coraggio si poteva costruire. 30/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) Salvi i saldi (per la Ue), ora sprint sulle riforme Dino Pesole La manovra "espansiva", su cui Bruxelles ha sospeso di fatto il giudizio fino a marzo, supera indenne il primo passaggio parlamentare. Non c'è stato il temuto assalto alla diligenza, anche perché alcuni nodi rilevanti e politicamente sensibili sono stati rinviati al Senato. Se si riuscirà, con correzioni tutte opportunamente coperte, a mantenere in piedi l'impianto di partenza, il confronto con la Commissione europea potrà ripartire con un atout in più. A patto che il governo si presenti al nuovo esame primaverile con le carte in regola sul fronte delle riforme, ma anche con precise indicazioni sui risparmi effettivi da conseguire con la spending review, sugli incassi aggiuntivi (3,5 miliardi) da realizzare con la lotta all'evasione e sulle misure in campo per disinnescare le clausole di salvaguardia sull'Iva e sull'aumento automatico delle accise sui carburanti. A bocce ferme, potrebbe rendersi necessario sostenere l'intero quadro di finanza pubblica con una nuova correzione del deficit strutturale pari allo 0,2% del Pil (3,2 miliardi), così da colmare lo scarto che tuttora separa il target garantito dal governo (0,3%) e lo 0,5% richiesto dall'attuale disciplina di bilancio europea. Intervento da annunciare eventualmente in marzo e poi deciso formalmente in aprile, quando il governo dovrà presentare a Bruxelles il nuovo «Def», con annesso Piano nazionale di riforma. Quattro mesi decisivi, dunque. A un via libera tutto politico, condizionato e a tempo, si dovrà rispondere con nuovi impegni programmatici cogenti e riforme già avviate. La sfida è ardua: traghettare l'economia italiana fuori dalle secche della recessione. Ecco perché le modifiche in arrivo al Senato (in primis per quel che riguarda i tagli alle Regioni) dovranno garantire l'invarianza dei saldi. Ecco perché va giocata con coraggio la partita delle riforme. Il fattore tempo gioca un ruolo determinante e ogni energia va convogliata sulle chance a disposizione per invertire il trend congiunturale già nel primo trimestre del prossimo anno. Viceversa, il rispetto dei target di finanza pubblica diverrà molto complesso. Non si potrà più far conto sulle "circostanze eccezionali" (tre anni di recessione) che hanno consentito a Bruxelles di sospendere momentaneamente il giudizio sul nostro paese. Al tempo stesso, grazie all'effetto congiunto delle misure contenute nella delega sul lavoro e nella legge di stabilità (soprattutto il taglio della componente costo del lavoro dalla base imponibile dell'Irap ma anche la conferma del bonus Irpef da 80 euro per i redditi fino a 26mila euro annui), bisognerà dimostrare sul campo che si è preparata la strada per una ripresa sostenuta e non più dello «zero virgola». In caso contrario, sarà arduo evitare l'apertura di una procedura d'infrazione per violazione della «regola sul debito» e squilibri macroeconomici eccessivi. Non mancano le incognite, anche per effetto di passaggi politici molto impegnativi che attendono il governo e il Parlamento. A partire dall'elezione del nuovo presidente della Repubblica, che impegnerà le forze politiche da gennaio, non appena Giorgio Napolitano avrà formalizzato le sue annunciate dimissioni. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 84 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'ANALISI 29/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) L'ARMA DEL PETROLIO Ue, promossa l'Italia "Ma deve fare di più" La disoccupazione a livelli record FEDERICO FUBINI SONO bastate poche ore per capire che qualcosa stavolta è cambiato. Exxon, leader mondiale dell'energia, ieri ha perso 16,8 miliardi di dollari alla Borsa di New York: come una manovra di una legge di bilancio in Italia. A PAGINA 16 SERVIZI ALLE PAGINE 6 E 7 FEDERICO FUBINI ROMA. Sono bastate poche ore per capire che qualcosa stavolta è cambiato in profondità. Exxon, primo gruppo mondiale dell'energia, ieri ha perso 16,8 miliardi di dollari di valore alla Borsa di New York: una somma pari alla manovra di una legge di bilancio in Italia. Messe insieme, le major occidentali del petrolio hanno bruciato oltre cento miliardi di capitalizzazione. Nel frattempo si sono messi a correre i titoli dei gruppi ad alto consumo di energia, compagnie aree americane in testa. Questa settimana l'Opec ha consegnato ai mercati la sua ultima sorpresa, e chi non l'aveva messa in conto ora sta cercando di correre ai ripari. Il Brent viaggia a quota 70 dollari al barile, l'8% in meno rispetto a giovedì prima degli annunci dell'Opec ma, soprattutto, il 40% al di sotto dei livelli di giugno. L'indice amaricano Wti perde in una seduto 10% a 66,15 dollari. Il vecchio cartello di Paesi che garantisce il 40% del greggio prodotto nel mondo ha fatto qualcosa che non tutti avevano previsto: è rimasto fermo. Ha deciso di non agire. Di fronte a un eccesso di produzione mondiale che il Venezuela stima in due milioni di barili al giorno, non ha tagliato neppure di mezzo milione. Senz'altro il primo responsabile della scelta è stato Ali AlNaimi, ministro del petrolio dell'Arabia Saudita e, come tale, mente e voce del primo produttore del pianeta. Il regno sunnita del Golfo che da solo vale circa 12 milioni di barili al giorno (ma ne estrae solo 9), ha deciso che il prezzo può scendere ancora: non è il momento di chiudere i rubinetti, benché il mercato sia fin troppo liquido. Sulla domanda di energia si sta facendo sentire la frenata dell'economia europea, quella della Cina e la svolta americana: la rivoluzione del "fracking", il gase il petrolio estratti dalla roccia di scisto, avvicina ormai gli Stati Uniti all'obiettivo dell'autosufficienza nell'energia. Se questi sono i fatti, non sono così univoci da mettere d'accordo chi li osserva da New York, Washington o dalla capitali europee. A spiegare la scelta saudita di lasciar cadere le quotazioni, in fondo, non basta la certezza che le soglie di profitto per Ryadh restano comunque elevate: produrre un barile nel deserto della penisola arabica costa appena 12 dollari. Quando in gioco è il prezzo del greggio, anche la politica entra sempre nell'equazione. Nelle banche d'affari di Wall Street da settimane si stanno così facendo strada anche letture legate ai rapporti dei grandi produttori Opec con la Russia e gli Stati Uniti. Nella scelta dell'Opec di non procedere a un taglio, alcuni vedono un favore saudita all'alleato americano contro la Russia di Vladimir Putin. Senz'altro per Mosca la caduta del greggio è un problema più intrattabile di quanto non sia per Ryadh, il Kuwait o per Abu Dhabi, il più potente dei sette Emirati Arabi Uniti. Putin ha ormai bisogno di un prezzo sopra ai cento dollari al barile per garantire la stabilità della sua economia e del sistema finanziario. Non era così anche nel 2007, quando la Russia è cresciuta dell'8,5% con un prezzo medio del barile ad appena 72 dollari. Già però nel 2012, con le quotazioni in media a 111 dollari, l'economia aveva più che dimezzato la sua velocità di crociera. Pesano senz'altro i seicento miliardi di dollari di debito estero delle grandi imprese russe. Il crollo del rublo, il cui valore si è quasi dimezzato in pochi mesi, aumenta in modo esponenziale il peso di quei debiti. Solo l'anno prossimo rimborsi per 130 miliardi attendono le aziende russe, gli introiti da petrolio non bastano a finanziare le loro scadenze e qualcuno si trova in difficoltà: il colosso statale Rosneft da solo vale il 5% della produzione mondiale di greggio, ma ha debiti esteri per 60 miliardi e ha appena chiesto un aiutoa Putin per sostenerli. Nonè una SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 85 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'ECONOMIA 29/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 86 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato sorpresa. Prima di finire sotto sanzioni, Rosneft aveva già osato investimenti ovunque, anche in Italia (nella galassia Pirelli e in Saras). A guidarla è Igor Sechin, un ex collega di Putin al Kgb. Ora però la scelta saudita di non far muovere l'Opec non può che aggravare le difficoltà degli oligarchi russi e mettere il leader di Mosca sempre più con le spalle al muro. Non tutti gli analisti sono convinti però che le scelte dell'Opec rappresentino davvero un favore all'America. Qualcuno sospetta il contrario. Come emerso ieri a un seminario sull'energia della Fondazione SpadoliniNuova Antologia a Firenze, la mossa di Al-Naimi potrebbe mirare a mettere fuori mercato parte della nuova concorrenza statunitense. A seconda degli impianti, gli idrocarburi estratti dalla roccia di scisto in America producono redditi a prezzi fra i 40 e i 115 dollari. Per i sauditi, tenere il greggio a 70 significa sperare di spiazzare parte della nuova produzione americana. La stessa estrazione di greggio dalle sabbie bituminose in Canada, sostenibile solo a 80 dollari, finirebbe per costare centinaia di miliardi di perdite alle compagnie occidentali che vi hanno investito. Così l'Opec con i prezzi bassi spera di rallentare lo sviluppo della nuova generazione di tecnologie occidentali che stanno rendendo il vecchio cartello sempre meno decisivo. Fosse davvero così, il prezzo dell'instabilità rischia di scaricarsi altrove: Paesi produttori come l'Iran del programma nucleare, la Nigeria dove nascono ogni anno più bambini che nell'intera Unione europea o l'Iraq assediato dall'Isis hanno bisogno che il greggio torni a 100 dollari. Sotto, manca loro l'ossigeno finanziario. Così il barile somiglia sempre più a un ordigno che deve rotolare davanti alla porta di casa di qualcun altro. Il prezzo di petrolio e carburanti Il confronto con l'Europa 106,74 79,68 -25,36 Quotazione Brent in dollari al barile 1,729 1,635 1,040 1,026 -4,55 Benzina euro al litro prezzo medio Italia di cui tasse 1,657 1,541 0,916 0,898 -7,01 Gasolio euro al litro prezzo medio Italia 1,385 0,786 Benzina euro al litro prezzo medio Ue di cui tasse di cui tasse 1,307 0,656 Gasolio euro al litro prezzo medio Ue di cui tasse 6 gennaio 24 novembre variaz % CHI PERDELE COMPAGNIE PETROLIFERE I primi soggetti ad essere ovviamente svantaggiati dal crollo del greggio sono le compagnie petrolifere e in Italia l'Eni LA RUSSIA E GLI ALTRI PAESI PRODUTTORI Russia, Venezuela, Iraq hanno bisogno di prezzi del barile ben superiori ai 100 dollari o rischiano un buco di bilancio capace di rovesciare gli attuali regimi CHI VINCEI CONSUMATORI NEL MONDO Non godono a pieno del calo per il prelievo fiscale sui carburanti, ma automobilisti e consumatori vedono scendere i prezzi collegati al greggio GLI STATI UNITI E LO SHALE OIL Le nuove tecniche di estrazione del petrolio da roccia permette agli Usa di essere autonomi e di evitare rapporti di dipendenza con gli ex fornitori Arabia e Russia Foto: Juncker e il premier Renzi Foto: BRENT MENO 8% Il barile perde l'8 per cento e si attesta poco sotto i 70 dollari a Londra 29/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 17 (diffusione:556325, tiratura:710716) "Troppa offerta di greggio e non c'è il coraggio di tagliare la produzione" EUGENIO OCCORSIO ROMA. «Quando si parla di petrolio, è forte la tentazione di immaginare chissà quali retroscena geopolitici torbidi e perversi. Qualche volta ci sono, beninteso, ma stavolta no: l'Opec si trova davvero spiazzata». Leonardo Maugeri, docente ad Harvard e fra i massimi esperti internazionali di energia, smorza le teorie complottiste sul ribasso del greggio. «Il problema è un altro: negli ultimi anni è stato avviato un gran numero di investimenti di sviluppo che ora stanno dandoi loro frutti per cui c'è sovrabbondanza di offerta di petrolio in un momento in cui l'economia globale stenta a riprendersi». Ma non era facile per l'Opec tagliare la produzione prezzi? «Qui entra in gioco un problema psicologico dell'Opec e dell'Arabia Saudita in particolare, che teme di fare un regalo ad altri produttori mondiali con un taglio unilaterale. E' sempre successo che quando l'Opec ha provocato un rialzo dei prezzi tagliando la sua produzione, ne hanno tratto vantaggio tutti gli altri produttori del pianeta, soprattutto fuori Opec, che hanno costi di produzione alti. Ho parlato in questi giorni con alti dirigenti e ministri dell'Opec: da anni cerco di convincerli che il mercato sta cambiando, ma incontro resistenze difficili da spiegare. E sulla questione della shale oil americano non riescono a capacitarsi». Che è tanto, che potrebbe essere in futuro esportato? «Anche, e in quel caso avrebbero l'amara sorpresa che costa meno di quanto loro pensino. Non si capacitano del fatto che in America le raffinerie utilizzino lo shale oil anziché il petrolio del Golfo, che in teoria andrebbe meglio essendo molto pesante. Ma il vantaggio è azzerato dallo sconto dello shale oil rispetto ai prezzi internazionali. Inoltre gli Usa non esportano greggio ma prodotti raffinati, il che è lo stesso. L'America ha esportato nell'ultimo mese 4,5 milioni di barili al giorno, il terzo produttore mondiale dopo Arabia Saudita e Russia. Ed è in grado di reggere una concorrenza fino a 50 dollari al barile». Si arriverà così in basso? «Non lo escludo, viste le dinamiche di mercato e il non intervento dell'Opec». Lei citava la Russia, e proprio Mosca è al centro di diverse spy-story, si parla di un complotto sauditaamericano per abbatterne le entrate. Cosa c'è di vero? «L'unica cosa probabilmente vera riguarda l'Iran. L'Arabia Saudita non vede di buon occhio il reingresso di Teheran nella comunità globale per motivi di potenza regionale. Quindi tende ad abbatterne gli introiti petroliferi rischiando però di abbattere i suoi. Ma Ryadh preferisce ricorrere ad altre insidie per ridimensionare l'Iran, per esempio facendo pressioni sull'America perché non gli conceda nulla sul piano nucleare». Una domanda inevitabile: perché il collasso del petrolio ha effetti marginali sul prezzo della benzina in Italia? «In parte c'è il fattore-cambio, con il dollaro che sta apprezzandosi sull'euro. Secondo i calcoli più attendibili, se il cambio arriverà a 1,17 dollari, sarà annullato l'effetto-ribasso. Poi c'è il discorso della fiscalità, che in Europa e in Italia in particolareè molto più pesante che in America. Negli Usa conta per il 20%, in Europa per il 60%, oltretutto con una massiccia presenza di accise, tasse fisse che non risentono di alcuna variazione della materia prima. Poi c'è l'Iva, la tassa sulla tassa. In comune c'è la sensibilità politica della materia: negli Stati Uniti se Obama provasse a rialzare le tasse sulla benzina, si troverebbe schierato contro un agguerritissimo Congresso, per non parlare del malcontento popolare che susciterebbe. Infine, ci sono da considerare due fattori specifici dell'Italia: la rete di distribuzione che è la più estesa e costosa d'Europa, e poi il fatto che il singolo benzinaio è pagato molto di più che nel resto del continente». NIENTE SPY-STORY Nessuna spy-story sta condizionando i prezzi. E lo scontro tra Arabia Saudita e Iran influisce in minima parte SPIAZZATI DAGLI USA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 87 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA/ LEONARDO MAUGERI, UNIVERSITÀ DI HARVARD 29/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 17 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 88 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Gli esportatori tradizionali sono stati spiazzati dagli Usa che con lo shale oil hanno cambiato il mercato PER SAPERNE DI PIÙ www.opec.org www.unionepetrolifera.it Foto: SUPER ESPERTO Leonardo Maugeri, docente ad Harvard, fra i massimi esperti internazionali di energia 29/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 30 (diffusione:556325, tiratura:710716) Berlusconi-Doris fanno lo sgambetto a Mediobanca e si astengono sugli ultimi conti Due fondi della Mediolanum non votano il bilancio 2013-2014 Le due famiglie sono nel Patto CARLOTTA SCOZZARI MILANO. Alto tradimento tra le mura di Mediobanca. Lo smacco è arrivato da Mediolanum e si è consumato all'assemblea degli azionisti del 28 ottobre, che ha dato il via libera sia al bilancio al 30 giugno sia al nuovo Consiglio di amministrazione, dove è stato confermato l'amministratore delegato Albergo Nagel. Sui conti del 2013-2014, approvati a grandissima maggioranza (99,11% dei presenti), un'astensione spicca più delle altre: quella del fondo "Mediolanum specialties sicav sif". Si tratta di una sicav (società di investimento a capitale variabile) del gruppo Mediolanum, che a sua volta è controllato dalle famiglie Doris e Berlusconi e che, con una quota del 3,4%, figura tra i grandi soci del patto di sindacato di Mediobanca (tutti a favore del bilancio in assemblea). La società "Mediolanum gestione fondi sgr pa" ha invece preferito non votare proprio. Tra i pochissimi che si sono apertamente pronunciati contro i numeri del 2013-2014 di Mediobanca, il fondo pensione dei dipendenti non insegnanti della scuola pubblica dell'Ohio. Mentre la sicav di Mediolanum si è astenuta anche quando si è trattato di votare i compensi del cda (2,75 milioni lordi annui totali), linea che hanno adottato anche altri fondi di gruppi come BlackRock e Ubs. Tra i temi caldi dell'assemblea, le politiche di remunerazione, approvate a grande maggioranza dal 96,36% dei partecipanti e dal 95,81% dei soci internazionali presenti. Fuori dal coro il fondo pensione dei dipendenti pubblici di Philadelphia, che ha votato contro insieme, tra l'altro, ad alcune società di Aviva e Bnp Paribas. Mentre tra gli astenuti sulle politiche di remunerazione, anche questa volta, c'è la sicav di Mediolanum, in compagnia del fondo pensione dei dipendenti pubblici della California e, soprattutto, della Fondazione Crt. L'ente torinese, che ha oltre 5 milioni di titoli di Piazzetta Cuccia fuori dal patto, è tra i grandi azionisti di Unicredit, che a sua volta è prima socia all'8,7% di Mediobanca. Foto: Massimo Doris SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 89 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL PUNTO 30/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) EUGENIO SCALFARI AL PARLAMENTO europeo questa settimana hanno parlato personalità molto autorevoli: il Papa, Draghi, Juncker. Francesco ha detto testualmente: «Promuovere la dignità d'una persona significa riconoscere che essa possiede diritti inalienabili di cui non potrà essere privata ad arbitrio di alcuni. Occorre però prestare attenzione per non cadere in alcuni equivoci e in un loro paradossale abuso. Vi è infatti oggi la tendenza verso una rivendicazione sempre più ampia di diritti individuali che cela una concezione di persona umana staccata da ogni contesto sociale. Al concetto di diritto non sembra più associato quello altrettanto essenziale e complementare di dovere. Così si finisce per affermare i diritti del singolo senza tener conto che ogni essere umano è legato ad un contesto sociale in cui i diritti e i doveri sono connessi a quelli degli altri e al bene comune della società stessa». Così il Papa. È evidente che postula un futuro dell'Europa unita, con i singoli Stati strettamente associati tra loro. *** Draghi ha esordito con un'affermazione che, pur avendola già pronunciata in vari luoghi, non aveva mai sostenuto in modo così esplicito: è necessario che l'Europa garantisca i debiti sovrani di tutti gli Stati membri. Il motivo proviene dal rischio delle elezioni politiche in Grecia. I sondaggi danno in testa Tsipras che guida il suo partito Syriza, ma una sua vittoria porterebbe con sé una situazione di estremo pericolo per l'Europa e per la moneta comune perché Tsipras è deciso a ripudiare sia l'euro sia l'Europa. < PAGINA POTREBBE tuttavia restarci solo ad una condizione: che l'Europa si assuma per la durata di cinquant'anni il debito greco pagando alla Grecia anche gli interessi. Questa richiesta, ha detto Draghi, potrebbe anche essere accolta per la modesta entità di quel debito, se non che essa crea un precedente che può interessare soprattutto l'Italia. Ma adottare per l'Italia la stessa procedura chiesta da Tsipras è assolutamente impossibile: le dimensioni del nostro debito sovrano sono preclusive e per di più si scatenerebbe un'ondata speculativa di lunga durata che porterebbe al default l'Italia e con essa il sistema bancario mondiale. Ecco perché le elezioni greche sono la dinamite che può mandare in crisi non solo il sistema europeo ma quello bancario del mondo con una crisi anche politica di dimensioni planetarie. C'è un solo modo di reagire, secondo Draghi: imboccare con celerità la strada dell'Europa unita e sovrana. Ci vorranno anni, ma i primi passi irreversibili vanno fatti subito, le cessioni di sovranità economiche e politiche debbono essere discusse dal Parlamento di Strasburgo, dalla Commissione di Bruxelles e dai singoli Stati membri dell'Unione. Chi parla ancora, in Italia, di un'ipotesi di Draghi al Quirinale ignora o non valuta l'importanza del compito che il presidente della Bce si è assunto. Altri pensano che sia un personaggio debole, contestato dalla Germania e dai potentati di Wall Street e della City. Direi che chi fa queste valutazioni non ha capito qualè l'importanza e il peso di Draghi presso tutte le altre banche centrali a cominciare dalla Federal Reserve, dalla Banca d'Inghilterra, dalla Banca Centrale del Giappone e da quella della Cina. Questo è Mario Draghi il quale si sta apprestando a dare esecuzione (si pensa che lo farà entro il prossimo febbraio ma forse anche prima) alle misure non convenzionali più volte da lui indicate. Quando si parla di queste misure gran parte dell'opinione pubblica e degli operatori europei pensa all'acquisto dei titoli del debito sovrano dei vari Paesi membri dell'Unione.È possibile che si tratterà di questo intervento, ma nonè detto. Può trattarsi di massicci acquisti di obbligazioni di debiti di aziende private che la Bce è pronta ad acquistare anche se prive di garanzia bancaria. In realtà questi acquisti sono già in corso ma in misura limitata; nelle prossime settimane si tratterebbe invece di acquisti molto rilevanti in tutti i Paesi membri dell'Ue. Per questo Mario Draghi, a mio personale avviso, è la personalità più importante e non soltanto in Europa. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 90 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL MACIGNO DEL DEBITO ITALIANO E IL BUCO NERO DELLA GRECIA 30/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 91 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato *** Infine Juncker. Ha proposto alla Commissione da lui presieduta e al Parlamento di Strasburgo un prestito dell'Unione ai vari Stati confederati di 315 miliardi da erogare in tre anni a partire dall'autunno del 2015. Tuttavia di quella cifra, intestata ad un Fondo europeo, sono attualmente disponibili soltanto 21 miliardi. La differenza è enorme e tutto si riduce dunque ad uno dei tanti annunci cui siamo purtroppo abituati. Però qui la questione è molto diversa dal solito per le modalità con le quali Juncker intende procedere a partire dal prossimo gennaio: per finanziare il Fondo è indispensabile l'apporto dei singoli Stati membri; è aperto anche a Stati stranieri e ad altri Fondi internazionali, ma i "datori" principali sono gli Stati dell'Unione. Naturalmente Juncker chiede di più ai più forti economicamente e quindi alla Germania, ma tutti dovranno contribuire. Di fatto si tratta di quella europeizzazione del bilancio e di quella garanzia dei debiti sovrani della quale ha parlato Draghi che con Juncker ha contatti molto frequenti. Gli Stati membri contribuiranno ricevendo in cambio, quando il Fondo europeo avrà raggiunto almeno 200 miliardi, facoltà di investimenti che potranno esser fatti utilizzando una politica di deficit spending di tipo keynesiano con una differenza però: dovrà trattarsi di investimenti capaci di creare nuovi posti di lavoro, salari e stipendi in grado di stimolare sia le esportazioni sia i consumi interni. Insomma un cospicuo aumento della domanda, capace di mettere in moto un processo di crescita duraturo. Esso consentirà un aumento delle entrate fiscali e quindi ulteriore disponibilità di risorse finanziarie. Ma il debito sovrano, fin quando non fosse garantito dall'Ue, rimane pur sempre il macigno che non c'è Sisifo capace di spostare rendendo il nostro Paese estremamente vulnerabile. A me non sembra che il nostro governo ne sia realmente consapevole. Lo utilizza come spauracchio per Bruxelles, ma forse non si rende conto che è un macigno che grava sulle spalle di tutti gli italiani (che non se ne rendono conto neanche loro). *** Il nostro presidente del Consiglio, che non è affatto uno stupido, tutte queste cose le sa, ma le usa soltanto per realizzare l'obiettivo di rafforzare il suo potere e quello della sua squadra. Ed è allora che la questione diventa preoccupante per la democrazia italiana. Di queste preoccupazioni ho dato più volte notizia e non ho alcuna voglia di ripetermi. Lo farò, guarda caso, utilizzando alcune osservazioni recentissime di Silvio Berlusconi, con le quali in questo caso mi trovo d'accordo. È molto singolare, dice Berlusconi, che Renzi insista tanto sul tema della legge elettorale da far approvare entro gennaio. A che cosa serve questa fretta che rischia di creare un ingorgo parlamentare inutile, anzi dannoso poiché impedisce l'esame e l'approvazione di riforme ben più importanti, tanto più se vuole che la legislatura duri fino alla sua scadenza naturale del 2018? È altrettanto singolare - dice ancora Berlusconi che non si preoccupi del fenomeno delle massicce astensioni in Calabria e soprattutto in Emilia. Dice che le astensioni non hanno nessuna importanza. Sbaglia di grosso. Io Silvio finché ho potuto e ancora oggi mi sono sempre preoccupato di mantenere e fare aumentare la fiducia degli italiani in me e nella politica popolare da me portata avanti e quando vedevo che quella fiducia si incrinava la mia preoccupazione mi portava a parlare e ad agire per riguadagnarla. L'importante è governare, dice Matteo. Certo, ma si governa se la fiducia non si incrina, altrimenti sei perduto. Oggi comunque (sempre Silvio) quello che più conta è un Capo dello Stato capace e non uno o una che siano pupazzi con Renzi burattinaio. L'inquilino del Quirinale non può essere nelle mani di un burattinaio. Non è questo che io (Silvio) voglio e farò il possibile perché avvenga. Naturalmente Berlusconi ha le sue ragioni per fare al suo alleato critiche così penetranti. Lui vuole che la legislatura duri fino al 2018. Con Renzi naturalmente, ma anche con lui. Possibilmente cambiando la legge elettorale e passando dal voto di lista al voto di coalizione. Allora lui sarà di nuovo alla testa di una forza politica importante. Forse non vincerà, ma supererà Grillo e potrà dettare o almeno suggerire riforme che lo interessano, soprattutto economiche e giudiziarie. Si discute molto sulla legge delega che riguarda il Jobs Act. Alla Camera è passata con quaranta assenze nei banchi del Pd, ma lì la maggioranza assoluta era comunque nelle mani del governo e quindi non c'era bisogno del voto di fiducia. Al Senato è diverso. Per arrivare alla maggioranza assoluta a Renzi mancano 13 voti e se la sinistra dispone, come sembra, di 25 senatori prontia votare contro, la fiducia diventa 30/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 92 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato indispensabile e infatti Renzi ha deciso di chiederla. Il voto ci sarà in questa settimana. Ma, ecco il punto, è un voto non in regola con la Costituzione. Le leggi delega, delle quali si fa ormai grande uso, contengono direttive di principio piuttosto generiche. Ad esse seguono i decreti attuativi che vengono decisi dal governo e esaminati da una Commissione la quale tuttavia emette pareri puramente consultivi. Se quei pareri non piacciono al governo,i decreti attuativi vengono applicati. A mio avviso le leggi delega debbono essere discusse dal plenum delle Camere senza che si possa mettere la fiducia. Altrimenti si ottiene una maggioranza forzosa con la conseguenza che il Parlamento (in questo caso il Senato) approva lo strapotere del governo senza un voto libero. Credo quindi che la questione debba essere sollevatae la fiducia preclusa, senza di che la Consulta potrebbe rapidamente intervenire se sarà opportunamente richiesta a farlo. PER SAPERNE DI PIÙ www.europa.eu www.unfccc.int 30/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 11 (diffusione:556325, tiratura:710716) Tre voti su altrettanti articoli del provvedimento: dai bonus familiari al Tfr in busta paga, dagli ammortizzatori al taglio al cuneo fiscale Ma l'Ufficio parlamentare di bilancio ritiene sopravvalutata la crescita che il governo si aspetta dalle riforme: "Sarà pari a zero nel 2015" ROBERTO PETRINI ROMA. Alle 21 e 50 di ieri sera, la Camera dà il via libera con la fiducia alla legge di Stabilità, Bruxelles si riserva di passarla al setaccio a marzo per verificarne la «conformità». Ma il vero cartellino rosso alla strategia del governo che lega la ripresa dell'economia, la riduzione del debito e il giudizio della Commissione europea al decollo delle riforme strutturali, viene dall'Ufficio parlamentare di bilancio. L'organismo, presieduto da Giuseppe Pisauro, nel "Rapporto sulla politica di bilancio 2015" di novembre esprime più di un dubbio sull'effetto positivo in termini di Pil delle riforme strutturali, dal Jobs act, alla Pubblica amministrazione, dalla riforma della giustizia alla competitività. Il governo, in pratica, sarebbe troppo ottimista e avrebbe sopravvalutato l'effetto di queste misure sulla crescita. LE PREVISIONI DEL PIL L'Upb ricorda che le riforme strutturali sono di «difficile valutazione» quanto al loro effetto sull'economiae segnala che per il 2015 uno 0,4 per cento di crescita (sullo 0,5 tendenziale, circa l'80 per cento) è dovuto sì a riforme strutturali ma approvate ante-aprile 2014: le nuove riforme, dal Jobs Act alla pubblica amministrazione, il prossimo anno daranno invece zero contributo alla crescita. Anche quando nuove le riforme varate nella seconda metà di quest'anno potranno esprimere il loro effetto, cioè nel 2016-2018, il risultato sarà magro. L'Upb spiega che «le previsioni sul Pil del governo appaio più ottimistiche» di quelle espresse dal proprio panel di istituti di ricerca. Il rischio di sopravvalutazione è accentuato dal fatto che l'effetto delle riforme sulla stima della performance del Pil è del 20 per cento nel 2016 e del 30 per cento nel biennio 2017-2018. Solo per questa strada il Def riesce a portare il Pil rispettivamente all'1 e all'1,3-1,4 per cento sui quali conta il governo. LA SPINTA AI CONSUMI Se dalle riforme strutturali c'è da aspettarsi poco più positivo è lo scenario degli interventi contenuti nella "Stabilità". La parola d'ordine è spingere la domanda, anche se per farlo si dovrà ricorrere al deficit e rischiare con Bruxelles. L'arma impugnata dal governo è il bonus Renzi: confermato per il prossimo anno costerà 10 miliardi e darà diritto a chi guadagna meno di 1.500 euro netti al mese di avere gli 80 euro in busta-paga. Farà effetto, non servirà? Il governo stima una attivazione di un flusso di consumi di 4,5 miliardi con un incremento sul Pil di 0,2 punti percentuali. L'altra misura sulla quale si fa conto è la possibilità di anticipare il Tfr in busta-paga: costa di più in termini di tassee dunque si prevede che sarà conveniente solo per il 34 per cento delle famiglie. Tuttavia l'incremento dei consumi calcolato dall'Ufficio parlamentare di bilancio è pari a 2,7 miliardi. L'effetto sul Pil sarà pari a 0,1. TAGLIO AL CUNEO FISCALE Tre operazioni, in combinato disposto, possono arrivare a ridurre il cosiddetto cuneo fiscale, cioè la distanza tra il costo del lavoro per l'azienda e quanto arriva nelle tasche del lavoratore. L'allineamento si verifica se il lavoratore guadagna meno di 26 mila euro annui e ha dunque diritto allo sconto Irpef e relativo bonus di 80 euro al mese; a questo si aggiungerebbe la nuova deducibilità integrale del costo del lavoro dall'Irap. Se a queste due circostanze si aggiunge l'assunzione di un nuovo lavoratore, soggetto a totale decontribuzione, il cuneo fiscale sarebbe più che dimezzato con una caduta di 23,9 punti percentuali. Come disse Matteo Renzi quando presentò le slide della "Stabilità" a metà ottobre: le imprese non avrebbero più alibi per non assumere. FORNERO MODIFICATA Il passaggio alla Camera modifica la legge pensionistica Fornero: chi va in pensione con 42 anni e 1 mese di contributi, anche se non ha raggiunto i 62 anni di anzianità anagrafica non subirà penalità. tetto anche agli stipendi dei «burosauri» che con il contributivo prendono più del retributivo. LOTTA ALL'EVASIONE La norma più importante è quella che consente all'Agenzia delle entrate di utilizzare la banca dati dei conti correnti e dei titoli per fare controlli a tappeto invece che su liste selezionate di contribuentia rischio. In tutto verranno 3,5 miliardi: la misura più importante è il reverse charge, chi compra dà SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 93 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Manovra, sì alla fiducia ma dubbi sull'effetto Pil 30/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 11 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 94 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato l'Iva direttamente allo Stato senza passare per il venditore. COMUNI E REGIONI Per le Regioni, come per il Tfr, la questione passa al Senato. Mentre per i tagli ai Comuni si è trovata la soluzione di una maggiore flessibilità e rinegoziazione dei mutui. E-BOOK E BUONI PASTO L'Iva passa al 4 per cento, come per i libri cartacei. Sale la soglia di deducibilità dei buoni pasto elettronici da 5,29 a 7 euro. La legge di stabilità per l'anno 2015 in milioni di euro 26.563 32.474 20.975 11.499 10.484 16.079 5.911 RISORSE AUMENTO DEFICIT Maggiori entrate Minori spese (contrasto evasione, tassa fondi pensione ecc.) (ministeri, enti locali ecc.) di cui IMPIEGHI Maggiori spese Minori entrate (bonus Irpef e bebè, ammortizzatori sociali, spese obbligate ecc.) (cuneo Þscale, ecobonus ecc.) di cui FONTE: U!cio parlamentare di bilancio IN PUNTI PERCENTUALI MIN MAX Bonus di 80 euro Impatto sul Pil nel 2015 delle principali misure contenute nella legge di stabilità 0,17 0,28 MIN MAX Riduzione Irap 0,00 0,01 MIN MAX Sgravi contributi 0,04 0,18 MIN MAX Tfr in busta paga 0,07 0,15 MIN MAX Altre misure -0,26 -0,38 FONTE UFFICIO PARLAMENTARE DI BILANCIO PER SAPERNE DI PIÙ www.tesoro.it www.upbilancio.it Foto: IL MINISTRO Pier Carlo Padoan è il ministro della Economia. In dubbio le stime degli effetti che le riforme avranno sulla crescita del Pil 30/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 24 (diffusione:556325, tiratura:710716) Taglio al canone Il ricorso della Rai andrà al Quirinale Ma verdetto finale con il nuovo cda C'è tempo fino a gennaio per avviare il procedimento suggerito dal giurista Police ALDO FONTANAROSA ROMA. Si chiama Ricorso straordinario al Capo dello Stato. Ed è la carta che la Rai giocherà per riavere indietro i 150 milioni del canone 2014. Sono i soldi che il governo ha tolto alla tv pubblica per finanziare il bonus Irpef degli 80 euro. Il presidente Napolitano, in realtà, non entrerà nella partita del canone. Questo ricorso si chiama così per un retaggio dello Statuto Albertino, quando i sudditi si appellavano al re contro gli atti "ingiusti". In realtà porterà la lite tra Viale Mazzini e il ministero dell'Economia laddove deve andare. La legge 1199 del 1971 e la 69 del 2009 assegnano casi del genere al Consiglio di Stato (a meno di opposizioni ministeriali). La Rai sceglie il Ricorso al Capo dello Stato perché ha bisogno di tempo, di calma e sangue freddo per scrivere questa "dichiarazione di guerra" all'Economia, il suo azionista. Il governo si appropria dei 150 milioni con il decreto degli 80 euro (articolo 21, comma 4), convertito in legge a giugno. Poi, il 30 settembre, il ministero della Economia assesta una prima sforbiciata al canone. Non versa alla tv di Stato una parte della rata trimestrale, trattenendo per sé 12,5 milioni. Questa trattenuta è «l'evento pregiudizievole» su cui basare il ricorso. Avesse scelto di andare al Tar, Viale Mazzini avrebbe avuto a disposizione solo 60 giorni. Il delicatissimo atto andava buttato giù con il cappio alla gola e depositato entro domani, a mezzanotte. Invece il Ricorso al Capo dello Stato - suggerito alla Rai dal professor Aristide Police - assegna 120 giorni. Il doppio. C'è tutto il tempo per godersi un Natale in allegria e finire i compiti entro il comodissimo termine del 30 gennaio 2015. L'iter di questi ricorsi è a da mal di testa. Una specie di gioco dell'oca - che chiamerà in causa giudici amministrativi, ministeri e Presidenza del Consiglio - produrrà una sentenza in almeno 10 mesi. Quando ormai Viale Mazzini avrà un Cda diverso da quello che ha iniziato la madre di tutte le battaglie. I consiglieri "belligeranti " scadranno questo aprile. Foto: PRESIDENTE Anna Maria Tarantola, presidente della Rai, è stata vicedirettore generale di Bankitalia SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 95 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL PUNTO 30/11/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 24 (diffusione:556325, tiratura:710716) Un altro attacco dei tedeschi a Draghi il rappresentante in Bce: no a maxiacquisti ROMA. Un nuovo no dalla Germania all'acquisto di titoli di Stato da parte della Bce. Dopo la chiara presa di posizione del presidente della Bundesbank Jens Weidmann, che da tempo sottolinea come il quantitative easing sia un incentivo per alcuni Paesi a non proseguire con le riforme strutturali, ora è la volta di Sabine Lautenschlaeger, membro tedesco del board Bce. La signora, come riportava ieri il Wall Street Journal online, si oppone apertamente al piano di acquisto su larga scala di bond, inclusi i titoli di Stato, che il governatore Draghi vorrebbe invece mettere in campo per scongiurare la deflazione e sostenere la crescita. «Una stima dei costi e benefici, delle opportunità e dei rischi di un ampio programma di acquisti non dà un esito positivo al momento», frena la Lautenschlager. Un altolà chiaro, a conferma del muro teutonico al programma della Bce, nonostante in eurozona l'inflazione sia calata ancora a novembre allo 0,3% dopo lo 0,4% di ottobre, lontanissima dall'obiettivo del 2%. Sul versante opposto, a sostegno di Draghi, si pone il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, che ieri a Berlino ha dichiarato di sostenere «in modo deciso» quello che sta facendo la Bce, perché «non possiamo accettare questo basso tasso di crescita», tanto più che «la politica monetaria in molte regioni europee sta perdendo efficacia» e «il rischio di una bolla può minacciare la ripresa economica». Al fianco del governatore anche il Financial Times . «Draghi ha bisogno di sostegno nell'eurozona sul quantitative easing », si legge nell'editoriale di ieri. «La necessità di intervenire resta forte», malgrado sia «certamente vero che le dimensioni degli effetti dell'acquisto di titoli non è chiara», scrive il giornale britannico. «Sarebbe saggio per la Bce focalizzarsi per il momento sull'acquisto di strumenti privati come gli Abs e le obbligazioni piuttosto che sui debiti pubblici», suggerisce. Foto: NELLA BCE Sabine Lautenschlaeger, rappresentante tedesca nel board della Bce SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 96 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LO SCONTRO 01/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) Scatterà l'amministrazione straordinaria Renzi-Berlusconi, scontro sulla riforma Il premier: non dà lui le carte, apro ai M5S ROBERTO MANIA C'È UN "piano B" per l'Ilva. Il governo è pronto a chiedere l'amministrazione straordinaria per il gruppo siderurgico. Sostanzialmente dichiararne il fallimento e applicare la legge Marzano, il nostro "Chapter 11", riservato ai grandi gruppi con più di 500 addetti e oltre 300 milioni di debiti. Un default pilotato, insomma. ALLE PAGINE 6 E 7 CON UN ARTICOLO DI FOSCHINI ROMA. C'è un "piano B" per l'Ilva. Il governo è pronto a chiedere l'amministrazione straordinaria per il gruppo siderurgico. Sostanzialmente dichiararne il fallimento e applicare la legge Marzano, il nostro "Chapter 11", riservato ai grandi gruppi con più di 500 addetti e oltre 300 milioni di debiti. Un default pilotato, insomma. Un decreto legge ad hoc potrebbe essere varato nei prossimi giorni, o addirittura questa sera visto cheè stata convocata una riunione del Consiglio dei ministri. I tempi saranno comunque strettissimi. L'Ilva, dopo che le sono arrivati i 125 milioni della seconda rata del prestito bancario, hai soldi per pagare gli stipendi dei suoi 11 mila dipendenti di dicembre, la tredicesima e il rateo del premio di produzione. Niente di più. Mentre ci sono 350 milioni di debiti scaduti con i fornitori e 35 miliardi di richieste per danni ambientali, sotto varie forme, da parte della comunità tarantina. Nessuno in queste condizioni comprerà mai la società. Non gli anglo-indiani di Arcelor-Mittal, il più grande gruppo europeo dell'acciaio, alleati con Marcegaglia; non l'italiano Arvedi che in ogni caso ha chiesto l'aiuto finanziario del Fondo strategico italiano, braccio industriale della Cassa depositi e prestiti, controllata dal ministero dell'Economia con la partecipazione delle Fondazioni di origine bancaria. Sia Mittal sia Arvedi, infatti, hanno presentato offerte considerate inaccettabili dal governo. Ma in particolare gli anglo-indiani hanno posto paletti insormontabili dal punto di vista economico e politico. Così non ci sarebbero garanzie sul futuro dell'impianto. «Non si svende la più grande acciaieria d'Europa», spiegano a Palazzo Chigi. La produzione dell'acciaio resta strategica se si vuole rilanciare l'attività industriale crollata del 25 per cento in questi lunghi anni di recessione. Da qui il "piano B" del governo. Giovedì scorso si sono riuniti a Palazzo Chigi il premier, Matteo Renzi, il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, e il commissario governativo dell'Ilva, Piero Gnudi. Ne è emersa la convinzione che senza il passaggio all'amministrazione straordinaria la questione Ilva sia destinataa finire in un vicolo cieco. Con il rischio che prenda forma uno scenario sociale esplosivo, per le ricadute dirette su Tarantoe gli altri siti produttivi (Novi Ligure e Cornigliano) e indirette sulle migliaia di piccole aziende fornitrici. Non per nulla ieri sono arrivati i commenti positivi dei sindacati all'ipotesi dell'amministrazione straordinaria. D'altra parte né Mittal, né tantomeno i lombardi di Arvedi, significativamente indebitati, hanno indicato nell'offerta una cifra per rilevare la società. Questo è il punto. L'Ilva continua a perdere intorno ai 25 milioni al mese (ne perdeva quasi 70 prima dell'arrivo di Gnudi che ha cambiato tutta la prima linea di comando), nel 2012 e 2013 ha perso un miliardo l'anno, ha due terzi dello stabilimento di Taranto sotto sequestro, non ha praticamente le risorse per fare la manutenzione, e soprattutto deve rispettare i vincoli posti dal piano di risanamento ambientale che complessivamente richiedono un esborso di 1,8 miliardi di euro. Così i grandi acciaieri europei scommettono sul tracollo dell'Ilva, perché ci sarebbe un concorrente in meno e quote da spartirsi, mentre sui mercati globali avanzano i produttori asiatici, russi e brasiliani. Anche questa partita si sta giocando intorno alla crisi dell'ex Italsider. Eppure a Taranto si potrebbe ancora produrre acciaio di qualità in condizioni redditizie purché liberi del "fardello" del passato. L'amministrazione straordinaria servirebbe a questo, a non cedere l'azienda, bensì gli impianti. Il modello di riferimento sarebbe SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 97 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Ilva allo Stato ecco il piano del salvataggio 01/12/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 98 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato quello dell'Alitalia dei cosiddetti "capitani coraggiosi": una bad company su cui scaricare il cumulo di macerie, controversie giudiziarie comprese, accumulato negli anni (ai Riva, azionisti di maggioranza, sono stati sequestrati dalla magistratura 1,2 miliardi di euro per dirottarli al risanamento ambientale); una new company sulla quale costruire il futuro dell'acciaieria, con le banche creditrici, con nuovi soci privati, con un intervento pubblico attraverso il Fondo strategico. Una volta ripulita, insomma, l'Ilva avrebbe ben altro appeal. E allora non si tratterebbe più di «svendita» e potrebbe - a condizioni di mercato sulle quali Bruxelles non potrebbe eccepire sollevando il pericolo di aiuti di Stato vietati dai Trattati - entrare in campo anche una sorta di statalizzazione. Ipotesi che il Renzi, nell'intervista ieri a Repubblica , considera al pari delle altre. Questa, potrebbe anche essere un'ipotesi tattica (dove troverebbe i soldi, non meno di 2-3 miliardi, il governo?) per far vedere a Mittal che lo scenario può anche cambiare. Ma si vedrà. In ogni caso il ricorso alla "legge Marzano" dovrebbe permettere - secondo quanto è trapelato da chi nel governo ha in mano il dossier - al commissario straordinario di venire in possesso in tempi rapidi dei 1,2 miliardi sequestrati ad Emilio Riva e sul cui patrimonio c'è stata la rinuncia degli eredi. Certo il fratello Adriano ha fatto ricorso contro il sequestro edè in atto una battaglia legale. Ma questo è un altro capitolo del groviglio tarantino. L'INTERVISTA IL PREMIER SU REPUBBLICA Nell'edizione di domenica, intervistato da Repubblica, Matteo Renzi dice: "Stiamo valutando se intervenire con un soggetto pubblico per rimettere in sesto l'Ilva in 2 o tre anni, difendere la occupazione e rilanciarla sul mercato" PER SAPERNE DI PIÙ www.palazzochigi.it www.gruppoilva.it LE TAPPE 1IL SEQUESTRO Il Gip di Taranto, su richiesta della Procura, sequestra l'intera area a caldo dell'Ilva. In manette 8 persone (tra cui Emilio Riva). Sono nominati quattro custodi giudiziari 2I PRODOTTI Il 26 novembre del 2012, il Gip sequestra anche 1,8 milioni di tonnellate di acciaio per un valore di oltre un miliardo. Sei nuovi arresti 3IL DECRETO Sette giorni dopo, il governo restituisce all'azienda impianti e prodotti con un decreto salva-Ilva Poi il decreto viene convertito in legge: Ilva torna operativa dal 4 gennaio 2013 4LA CONSULTA Il 9 aprile 2013, decide che il salvaIlva è costituzionale respingendo così i ricorsi del Gip e del Tribunale. Piero Gnudi (a giugno) subentra a Bondi da commissario 5L'OFFERTA Il 25 novembre 2014, gli indiani di Arcelor Mittal e i Marcegaglia formalizzano una offerta - ma non vincolante - per l'Ilva. Il governo non è convinto 29/11/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 21 (diffusione:309253, tiratura:418328) Padoan sollevato: "Riconosciuto il nostro sforzo" PAOLO BARONI ROMA Cosa dice l'Europa all'Italia? «Non sprecate l'occasione», risponde il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, che da giorni ormai aveva in tasca il via libera, per quanto condizionato, alla nostra legge di bilancio, e che ieri mattina ha giocato d'anticipo rispetto all'annuncio arrivato qualche ora dopo da Bruxelles. « L a va l u t a z i o n e d e l l a Commissione europea contiene un riconoscimento ai progressi compiuti dall'Italia nello sforzo di modernizzazione, ma anche uno stimolo ad accelerare il programma di riforme intrapreso con coraggio e determinazione per recuperare la competitività del nostro sistema produttivo - certifica più tardi una nota diffusa dal T e s o r o - . L'Italia proseguirà in questa direzione anc h e at t raverso il piano di privatizzazioni, cui è affidato il compito di contribuire alla riduzione del debito pubblico e di migliorare l'efficienza dei mercati». Quindi il ministero, oltre a sottolineare che la procedura d'infrazione annunciata lo scorso luglio dalla Commissione non verrà avviata, ribadisce che «la politica economica del governo è orientata a rilanciare la crescita e l'occupazione. Nell'ampio quadro degli interventi in questa direzione, la legge di stabilità 2015 persegue congiuntamente tre obiettivi: lo stimolo all'economia, prevalentemente attraverso la riduzione delle tasse, in particolare quelle sul lavoro; il finanziamento delle riforme strutturali affinché siano concretamente perseguibili e socialmente sostenibili; il controllo dei conti pubblici, perseguito attraverso il miglioramento della composizione della spesa e con l'obiettivo di ridurre il debito». Secondo Padoan, col giudizio di ieri, Bruxelles ha riconosciuto all'Italia sia «circostanze eccezionali in termini negativi di recessione per il paese, ma anche circostante positive, cioè l'agenda delle r i fo r m e s t r u t t u ra l i c h e s i stanno mettendo in moto. Un programma di riforme che serve all'Italia ma anche all'Europa». E questo fa dire a Padoan che «sono maturi i tempi per un cambiamento di strategia e del modo di vedere gli strumenti e le politiche economiche in Europa». Per il ministro dell'Economia ci sono due alternative, tra cui scegliere: «Continuare a vivacchiare», oppure decidere che occorre «mettersi su un sentiero diverso». Ed è quello che l'Italia sta cercando di fare, con un pacchetto di ben 110 norme all'esame delle camere in queste settimane. «Dalla Ue - commenta a sua volta il s o t t o s e g re t a r i o a l l ' E c o n o m i a , E n r i c o Z a netti - sulla legge d i s t a b i l i t à non è arrivata una promozione a tempo, ma una promozione piena che vedrà a marzo un secondo momento di indagine. Ma visto che la legge si stabilità che stiamo discutendo in Parlamento non sarà snaturata, ma anzi verrà migliorata, sono certo che anche il secondo giudizio sarà positivo». E a proposito di stabilità proprio ieri il governo ha posto la questione di fiducia: tre voti distinti sui tre articoli che compongono la legge, che fanno salire a quota 32 il numero delle fiducie chieste dal governo. Le votazioni inizieranno oggi alle 17 e saranno completate entro domani. La minoranza Pd ha già fatto sapere che voterà a favore. 32 voti di fiducia I tre annunciati ieri sulla legge di Stabilità (uno per articolo) portano a 32 i voti di fiducia posti da Renzi Foto: Stabilità Il ministro dell'economia Pier Carlo Padoan: la legge di Stabilità, che porta la sua firma, ha schivato la bocciatura a Bruxelles Foto: ANSA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 99 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato il caso 30/11/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) Disoccupazione mai così alta Il 13,2 per cento non è il dato peggiore dal 1977, ma di tutta la nostra storia LUCA RICOLFI Èincredibile, la capacità dei governanti di manipolare i fatti pur di non dirci come vanno le cose. Negli ultimi giorni l'Istat ha fornito i dati sulle forze di lavoro nel terzo trimestre, e ha anticipato i dati provvisori di ottobre. Dati drammatici, ad avere il coraggio di guardarli in faccia. E invece no, immediatamente dopo la diffusione delle cifre Istat si è scatenata la corsa a travisarli. E' così che abbiamo appreso che i dati trimestrali dell'Istat ci presentano «una sostanziale e progressiva crescita degli occupati nell'ultimo anno», quantificata in 122 mila occupati in più. E che anche l'incremento della disoccupazione, pari a 166 mila disoccupati in più, non ci deve preoccupare perché «va messo in relazione alla crescita del numero di persone che cercano lavoro». Giovannini e Pinna ALLE PAGINE 2 E 3 Come dire: se aumenta il tasso di disoccupazione è perché la gente è m e n o s c o r a g g i a t a e «più persone tornano a cercare lavoro». Sui trucchi usati per manipolare i fatti non vale neppure la pena soffermarsi, tanto sono ingenui e vecchi (alcuni li insegniamo all'università, sotto il titolo «come si fa una cattiva ricerca»). Sui fatti, invece, è il caso di riflettere un po'. Occupati in termini reali Primo fatto: l'occupazione in termini reali sta diminuendo. Che cos'è l'occupazione in termini reali? E' la quantità di occupati al netto della cassa integrazione. S e, per evitare le distorsioni della stagionalità, confrontiamo l'ultimo dato d i s p o n i b i l e ( o t t o b re 2 0 14 ) co n quello di 12 mesi prima (ottobre 2013), la situazione è questa: gli occupati nominali (comprensivi d e i c a s s i n t e g rat i ) s o n o r i m a s t i praticamente invariati (l'Istat forn i s ce u n a d i m i n u z i o n e d i 1 0 0 0 unità), le ore di cassa integrazione sono aumentate in una misura che corrisponde a circa 140 mila posti di lavoro bruciati. Dunque negli ultimi 12 mesi l'occupazione reale è diminuita. Apparentemente la diminuzione è di circa 140 mila unità, ma si tratta di una valutazione ancora eccessivamente ottimistica: gli ultimi dati Istat, relativi al terzo trimestre 2014, mostrano che, sul totale degli occupati, si stanno riducendo sia la quota di lavoratori a tempo pieno sia la quota di lavoratori italiani. Il che, tradotto in termini concreti, significa che aumentano sia il peso dei posti di lavoro part-time «involontari» (donne che lavorano poche ore, ma non per scelta) sia il peso dei posti di lavoro di bassa qualità, tipicamente destinati agli immigrati. I senza lavoro Secondo fatto: la disoccupazione sta aumentando. I disoccupati erano 3 milioni e 124 mila nell'ottobre del 2013, sono saliti a 3 milioni e 410 mila nell'ottobre del 2014. L'aumento è di ben 286 mila unità, di cui 130 mila nei 4 mesi del governo Letta, e 156 mila negli 8 mesi del governo Renzi. La spiegazione secondo cui l'aumento sarebbe dovuto a una maggiore fiducia, che farebbe diminuire il numero di lavoratori scoraggiati, riprende una vecchia teoria degli Anni 60 ma è incompatibile con i meccanismi attuali del mercato del lavoro italiano, che mostrano con molta nitidezza precisamente quel che suggerisce il senso comune: gli aumenti di disoccupazione dipendono dal peggioramento, e non dal miglioramento, delle condizioni del mercato del lavoro. Sulla disoccupazione, tuttavia, ci sarebbe qualcosa da aggiungere. In questi giorni sentiamo ripetere, dai giornali e dalle tv, che il tasso di disoccupazione non solo è ulteriormente aumentato rispetto a 12 mesi fa (1 punto in più), non solo è molto alto in assoluto (13,2%), non solo è fra i più alti dell'Eurozona, ma sarebbe anche il più alto degli ultimi 37 anni, ossia dal 1977. Idatidel 1977 Ebbene, anche questa, già di per sé una notizia drammatica, detta così ancora troppo ottimistica. Se dici che siamo al massimo storico dal 1977, o che «siamo tornati al 1977», qualcuno potrebbe supporre che nel 1977 il tasso di disoccupazione italiano fosse più alto di oggi, o perlomeno fosse altrettanto alto. Non è così. Nel 1977 il tasso di disoccupazione era molto minore rispetto ad oggi (7,2% contro 13,2%). La ragione per cui si continua a parlare del 1977 come una sorta di spartiacque è che la serie storica dell'Istat con cui attualmente lavoriamo parte dal 1977. Ma questo non significa che sugli anni prima del 1977 non si sappia niente. Prima del 1977 c'era la vecchia serie 1959-1976. E prima ancora c'erano i dati del collocamento, della Cassa nazionale per le assicurazioni sociali, dei censimenti demografici, a partire da quello del 1861, anno dell'unità d'Italia. Tutte fonti meno sofisticate di quelle di oggi, ma sufficienti SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 100 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Una rilettura dell'ultima statistica Istat sul numero dei posti di lavoro al netto della cassa integrazione 30/11/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 101 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato a darci un'idea degli ordini di grandezza. Mi sono preso la briga di controllare queste fonti, nonché i notevoli lavori che sono stati pubblicati sui livelli di disoccupazione dal 1861 a oggi e la conclusione è tragica. Unitàd'Italia edopoguerra Mai, nella storia d'Italia, il tasso di disoccupazione è stato ai livelli di oggi. Altroché 1977. La disoccupazione era più bassa di oggi anche nel periodo 1959-1976, per cui abbiamo una serie storica Istat. Era più bassa anche negli anni della ricostruzione, dal 1946 al 1958. Ed era più bassa durante il fascismo, persino negli anni dopo la crisi del 1929. Quanto al periodo che va dall'unità d'Italia all'epoca giolittiana, è difficile fare paragoni con l'oggi, se non altro perché è proprio allora che prende lentamente forma il concetto moderno di disoccupazione, ma basta un'occhiata ai censimenti e agli studi che li hanno analizzati (splendidi quelli di Manfredi Alberti, borsista Istat) per rendersi conto che, comunque si definisca il fenomeno, siamo sempre abbondantemente al di sotto dei livelli attuali. IlgovernoRenzi Di tutto questo Renzi e i suoi non hanno nessunissima colpa. Il legno storto del mercato del lavoro non si raddrizza in pochi mesi, e forse neppure in parecchi anni. Quel che dispiace, però, è che anche le nostre giovani marmotte, giunte al potere, si arrampichino sugli specchi come tutti gli anziani paperi che le hanno precedute. Come cittadino, preferirei un governo che, sull'occupazione e la disoccupazione, ci dicesse la verità, e mostrasse con i fatti, non con le parole, di aver capito il dramma del lavoro in Italia. Quel che vedo, invece, è un ceto politico che irride i sindacati, si èmostrato del tutto inadeguato sul progetto europeo «Garanzia giovani», stanzia pochissimi soldi per ridurre il costo del lavoro (1,9 miliardi nel 2015), mentre ne stanzia tantissimi sul bonus da 80 euro, misura meravigliosa ma che premia solo chi un lavoro già ce l'ha. Il guaio, purtroppo, è sempre quello. In Italia la sinistra, oggi come ieri, protegge innanzitutto i lavoratori già garantiti. La destra ha da sempre un occhio di riguardo per i lavoratori autonomi. Quanto a tutti gli altri, precari, lavoratori in nero, giovani e donne fuori dal mercato del lavoro, nessuno se ne preoccupa sul serio, e meno che mai i sindacati. Fino a quando? 286 mila 156 mila È il numero di disoccupati in più nei primi otto mesi del governo Renzi 3,4 milioni È il numero di disoccupati a ottobre: sono 286 mila in più rispetto a un anno fa 140.000 posti bruciati È il numero di occupati in meno rispetto un anno fa al netto dei cassintegrati In rivolta Crescono in tutta Italia proteste e scioperi contro il precariato e la disoccupazione I numeri chiave Fonte: Elaborazione I disoccupati in ItaliaPICCHI DI DISOCCUPAZIONE - LA STAMPA Fonte: Istat, l'Italia in 150 anni 7,2% nel 1977 Era la percentuale dei disoccupati, molto meno rispetto al dato di ottobre Manifestazioni e scioperi CgileUilinpiazzaperl'agroalimentare, laCislperilpubblicoimpiego n Oggi la Cgil e la Uil manifestano a Roma per il settore agroalimentare mentre per domani la Cisl ha indetto uno sciopero del pubblico impiego. La manifestazione nazionale organizzata da Flai•Cgil e Uila•Uil a Roma ha per slogan «Agroalimentare, il lavoro che vogliamo». L'appuntamento è a piazza della Repubblica alle ore 12 per arrivare a piazza Santi Apostoli dove si terrà il comizio finale. Interverranno Stefano Mantegazza, segretario generale Uila e Susanna Camusso, segretario generale Cgil. Invece domani sciopereranno i lavoratori delle sei categorie del lavoro pubblico iscritti alla Cisl. Lo stop, proclamato per l'intera giornata, interesserà sia i lavoratori pubblici (dalla sanità alla scuola, dalle amministrazioni locali all'università) sia i lavoratori privati che lavorano per i servizi pubblici. Saranno organizzati presidi davanti a prefetture, Asl e municipi. A Roma la protesta si raccoglierà a piazza Monte Citorio, dove è prevista anche la partecipazione del segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan. «Io sciopero per il mio contratto» è lo slogan di questa agitazione. A dicembre poi ci sarà lo scipero generale di Cgil e Uil contro la Legge di Stabilità e il Jobs Act. 30/11/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 102 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La disoccupazione nella Ue UE18 Grecia Spagna ITALIA Francia Portogallo Finlandia Paesi Bassi Regno Unito Germania Tasso % su tutta la forza lavoro (settembre 2014) Tasso % giovanile (under 25) - LA STAMPA 1,9 miliardi di euro I soldi per Garanzia giovani, molti meno rispetto alla misura del bonus da 80 euro Foto: FILIPPO MONTEFORTE/AFP 30/11/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 5 (diffusione:309253, tiratura:418328) "Ora l'Europa studia la clausola di flessibilità per i Paesi in crisi" Il numero due della Commissione Dombrovskis: "Però è impossibile rinegoziare i Trattati" IL VERO PROBLEMA Per l'Italia il deficit è sotto controllo Ma per il debito serve la crescita «Non è punire gli Stati ma aiutarli a fare le riforme strutturali» GLI INVESTIMENTI Può separarli dai bilanci pubblici solo chi ha già i conti in ordine MARCO ZATTERIN CORRISPONDENTE DA BRUXELLES Stiamo studiando come utilizzare in modo più ampio la "clausola della flessibilità"», assicura Valdis Dombrovskis. E' un passo su un terreno minato, perché la possibilità di un minor dogmatismo nell'applicazione delle regole fiscali raccoglie scarso consenso nella capitali del Nord e nessuno intende modificare i Trattati. «E' uno strumento che fa parte dei nostri ragionamenti», assicura il vicepresidente della Commissione Ue con la delega all'euro. Può creare margini di spesa per i virtuosi, però «il discorso non implica in alcun modo la Golden Rule (la possibilità di scomputo degli investimenti produttivi, ndr) che, chiaramente, non è in linea con il Patto di Stabilità». Lèttone con origini polacche, 44 anni fra poco più di un mese, popolare, premier a Riga dal 2009 al gennaio scorso, Dombrovskis è stato scelto dal presidente Juncker per coordinare la riforme della governance economica Ue. Ammette che sarà dura però, nella prima intervista da commissario a un giornale italiano, confessa di contare sul clima economico che si fa più sereno. «Il 2014 è stato più debole di quanto si attendeva riassume -, però il 2015 dovrebbe crescere più rapidamente. Da che c'è stata la crisi non si era visto un Pil positivo in tutti gli Stati dell'Ue. Il rapporto medio fra deficit e Pil Eurozona dovrebbe calare al 2,6%, non per il rigore, ma grazie alla ripresa. La triangolazione fra investimenti, riforme, responsabilità fiscale dovrebbe permetterci di rialzare la testa». Però non tutti sono in regola. «Sette Paesi rischiano di non rispettare il Patto di stabilità nel 2015, e i tre che vanno peggio sono Italia, Francia, Belgio. Ci hanno mandato lettere con chiarimenti e impegni sui programmi e abbiamo deciso di dar loro più tempo per risolvere i problemi di bilancio. Li valuteremo in marzo. Sui dati effettivi e non sulle stime». E' un passo sulla strada della flessibilità promessa? «La Commissione è più politica e agisce di conseguenza». Pensate anche all'applicazione della Golden Rule? «Il Patto di Stabilità non la prevede. Si può anche pretendere che una parte della spesa non sia spesa, ma ciò non impedisce che generi debito e che questo vada rifinanziato. Dal punto di vista legislativo, per fare qualcosa in tal senso bisognerebbe rivedere i Trattati, il che non fa parte dei programmi». E la clausola di investimento? «Quella esiste già nel Patto. Ma è più ristretta di quanto si sente dire. Se uno Stato propone investimenti che hanno un chiaro effetto per le finanze pubbliche, allora si può deviare temporaneamente dagli obiettivi sulla base del presupposto che questo progetto possa finanziare la correzione negli anni successivi. Vale solo per i Paesi che sono nel braccio preventivo del Patto. Devi avere i conti a posto». Avete deciso di rinviare la valutazione dell'Italia a marzo. Giudizio più politico che eco• nomico, no? «Il problema non è il deficit che dovrebbe rispettare il 3% del Pil nel 2015, bensì la tendenza del debito, se dunque sarà necessaria o meno una procedura per debito eccessivo. L'andamento del debito è legato al potenziale di crescita. Per questo l'enfasi è forte sulle riforme strutturali che possono accelerare la ripresa e riequilibrare il corso delle finanze pubbliche». Basta correggere il disavanzo strutturale di 0,3 punti di Pil come promette il governo? «E' un dato che al momento attuale non è il linea con il Patto di stabilità. Tuttavia crediamo di dover dare all'Italia, come ad altri, il t e m p o p e r fa r partire le riforme. La Commissione s'è appena insediata, la priorità non è punire i Paesi, quanto lavorare con loro per vedere se c'è un vero impegno a effettuare interventi strutturali. Se vediamo che il governo italiano ha la volontà di procedere, certo anche noi siamo pronti ad aiutarlo perché raggiunga i suoi obiettivi». Quali le riforme principali? «Le priorità sono mercato del l avo ro, f u n z i o n a m e n t o d e i servizi, apertura delle professioni, e tutto ciò che può rafforzare la competitività dell'economia. L'agenda presentata da Renzi va sulla giusta strada». Foto: Ex premier Valdis Dombrovskis è un politico lèttone SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 103 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Intervista 30/11/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 5 (diffusione:309253, tiratura:418328) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Foto: OLIVIER HOSLET/ANSA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 104 01/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) BRINDATE AL PETROLIO MENO CARO BILL EMMOTT È la prima vera buona notizia per l'economia europea dal 2008, e viene da una improbabile coppia di benefattori - i produttori americani di shale oil e l'Arabia Saudita -, di solito non particolarmente amati dagli europei. Ma ora meritano un accorato applauso. Perché il calo del prezzo del petrolio del quasi 40% negli ultimi sei mesi che hanno causato, probabilmente rilancerà la crescita dell'Europa più del finto piano di investimenti pubblici di Jean-Claude Juncker o della speranza che la Germania un giorno possa cambiare idea sull'austerity. Alcuni analisti credono che il calo dei prezzi del petrolio sia preoccupante. Pensano che, riducendo l'inflazione da prezzi, si renderà più difficile la vita alla Banca centrale europea, che ha dedicato la sua politica monetaria a evitare proprio la caduta dei prezzi. Eppure questa preoccupazione è fuori luogo. Un petrolio più economico significa maggiore potere di acquisto per i consumatori e per le industrie, perché consente loro di spendere di più per altri beni e servizi come quelli che, a differenza del petrolio, sono prodotti in Europa. In questa situazione il calo dei prezzi del petrolio è come un taglio alle tasse: ti fa sentire più ricco. E nessuno si oppone a un taglio delle tasse, o si preoccupa del fatto che la Bce dovrà contrastare questo taglio cercando di aumentare altri prezzi. Se lo godono e basta. Che ora è l'atteggiamento giusto di fronte alla notizia di un petrolio più economico. DALLA PRIMA PAGINA La situazione attuale non è come la deflazione subita dal Giappone per più di un decennio, durante la quale il calo dei prezzi ha portato le aziende e i consumatori a rinviare gli acquisti, indebolendo ulteriormente l'economia. Il petrolio più economico incoraggerà i consumatori a spendere di più, e rafforzerà la fiducia degli imprenditori. L'impatto economico diretto dalla caduta del 40% del prezzo del petrolio varia da economia a economia. Ma una stima ragionevole è che, ammesso che sia una condizione duratura, farà aumentare il Pil dell'1-2% l'anno in Italia e in altri paesi dell'Europa occidentale. Potrebbe non sembrare molto, ma quando si è in recessione, come l'Italia è, una tale spinta è come manna dal cielo. La questione, naturalmente, è se sarà una condizione duratura. I prezzi del petrolio sono notoriamente volatili, imprevedibili e soprattutto politici. Sono stati alti per la maggior parte degli ultimi 10 anni, a parte un breve crollo dopo lo choc Lehman del 2008, perché la domanda di petrolio della Cina e di altre economie emergenti era in rapida crescita e la fornitura di petrolio era limitata, grazie allo stretto controllo della produzione esercitato dai leader arabi dell'Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (Opec) e a pochi investimenti nella produzione al di fuori del cartello dell'Opec. Entrambi questi fattori sono cambiati negli ultimi 2-3 anni. La crescita della domanda di petrolio in Cina è rallentata, dal momento che quella economia straordinaria ha rallentato il tasso di crescita del Pil dal 10-12% al 6-7% all'anno. Più importante, però, è il fatto che gli investimenti nella produzione di petrolio negli Stati Uniti sono cresciuti, grazie ai miglioramenti tecnologici del cosiddetto «fracking», con cui petrolio e gas naturale possono essere estratti da riserve con procedimenti che in precedenza si pensava fossero antieconomici. Grazie a ciò, gli Stati Uniti si trovano ora fianco a fianco con l'Arabia Saudita come i due produttori di petrolio più grandi al mondo. La produzione di petrolio e di gas degli Stati Uniti è in aumento ormai da diversi anni, ma il suo impatto sui prezzi del petrolio mondiale è stata ritardata soprattutto dall'instabilità politica in Nord Africa e in Medio Oriente. La rivoluzione in Libia e le guerre civili in Siria e in Iraq hanno colpito tutte le scorte di petrolio. Ma ora, nonostante la persistente instabilità in Libia e la guerra contro lo Stato islamico in Iraq, il petrolio scorre in maniera piuttosto costante da entrambi i Paesi. Così, con la domanda cinese che diminuisce e l'Europa in recessione, la bilancia tra domanda e offerta, alla fine, ha portato alla caduta dei prezzi. In un primo momento, tutti si aspettavano che l'Arabia Saudita avrebbe risposto al calo dei prezzi - da 110 dollari al barile nel mese di giugno a 80 dollari all'inizio di novembre -, tagliando la sua produzione. Era quello che aveva già fatto in passato, a volte inducendo altri membri dell'Opec a ridurre la produzione. Ma questa volta non l'ha fatto e al vertice Opec del 27 novembre ha confermato di non aver alcuna intenzione farlo. Tutto ciò ha fatto crollare il prezzo del petrolio di ulteriori 10 dollari, a circa 70 dollari al barile. Le motivazioni dei sauditi SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 105 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato UNA SVOLTA PER LA UE 01/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 106 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato non sono, come al solito, del tutto chiare. Molto probabilmente, tuttavia, ci sono due motivi principali ed un uno secondario. La loro prima ragione per consentire la caduta dei prezzi è che si rendono conto che questo è l'unico modo per fermare l'ascesa della produzione petrolifera statunitense. Il prezzo sotto il quale non possono scendere - per non perderci - i produttori statunitensi di shale oil varia enormemente, tra 40 dollari al barile a più di 100, ma è chiaro che questo abbattimento dei prezzi farà male ad alcuni produttori ad alto costo e scoraggerà ulteriori investimenti. Questo taglio sarà come un tappo alla produzione Usa, almeno fino a quando la tecnologia non sarà migliorata abbastanza da abbassare ulteriormente i costi di trivellazione. Il secondo principale motivo dei sauditi è quello di ricordare ai loro colleghi dell'Opec chi comanda. Alcuni Paesi dell'Opec, guidati in particolare dal Venezuela, superano regolarmente gli obiettivi di produzione concordati, essenzialmente rubando quote di mercato agli altri. A questi super-produttori, che in genere hanno bisogno di prezzi di 100-150 dollari per equilibrare i bilanci dei loro governi, doveva essere data una lezione. Infine, il motivo secondario è fare del male a Vladimir Putin. I sauditi non amano più l'America come un tempo, ma sopportano ancora meno la Russia, specialmente per il suo sostegno al regime di Bashar Al Assad in Siria e all'arcinemico dei sauditi, l'Iran. Il calo del prezzo del petrolio ha già causato il collasso della valuta russa. Ogni mese che passa con il rublo così basso è un colpo per Mosca, e in particolare per le sue finanze pubbliche. I prezzi resteranno bassi? Con il petrolio, non si può mai essere sicuri. L'inverno sta arrivando nell'emisfero settentrionale e, se sarà particolarmente freddo, potrebbe aumentare la domanda di petrolio. D'altra parte, sembra che i sauditi non cambieranno il loro atteggiamento sui tagli alla produzione, almeno fino alla prossima primavera. Allora avranno visto come si è evoluta la domanda durante l'inverno del Nord e come i resilienti produttori di shale oil degli Stati Uniti si saranno comportati. Quindi, per il momento, festeggiate. Brindate al petrolio meno costoso. È la migliore notizia economica che potreste ricevere. 01/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) WALTER PASSERINI Non possiamo dare del tutto ragione a Jean Baudrillard, quando diceva che «le statistiche sono una forma di realizzazione del desiderio, proprio come i sogni», ma a volte sembra proprio così. Un'analisi distaccata dopo le recenti polemiche sui dati Istat della disoccupazione in Italia richiede cautela, per non confondere dati veri e interpretazioni forzate, tassi percentuali e valori assoluti, stock di numeri e flussi. Le chiavi di lettura sono importanti ma dovremmo convenire almeno che non si possono attribuire a governi dimissionati o in carica da pochi mesi colpe che vengono da lontano. Un punto di osservazione condiviso può essere l'inizio della crisi, che in sette-otto anni ha cambiato radicalmente il gioco. Dal 2007 il tasso di disoccupazione in Italia è più che raddoppiato: allora era del 6,1%; oggi, come rivela l'Istat, è del 13,2%, un livello insostenibile. Nel primo trimestre 2014 raggiunse addirittura il picco del 13,6%, ma ciò non suscitò guerre. Il Mezzogiorno è passato dall'11% al 21,7% (primo trimestre 2014). Anche il tasso di occupazione segnala l'allarme, passando dal 58,8% del 2007 al 55,6%. In valori assoluti gli occupati passano da 23,3 milioni a 22,3 milioni. I disoccupati dal 1997 al 2007 si sono dimezzati (da 2,7 a 1,5 milioni), ma da 1,5 milioni del 2007 sono più che raddoppiati ai 3,4 milioni di oggi. Questi i numeri. Oltre che di quantità, che comprendono pur sempre persone in carne e ossa, per capire le sfide del lavoro occorre però parlare anche di qualità: qualità del lavoro e produttività. È a partire dalla metà degli Anni 90 che le riforme del lavoro hanno innovato le regole del gioco, ma i loro effetti oggi appaiono fragili. La riforma Treu (1997) e la riforma Biagi (2003) hanno sicuramente innovato, ma in parallelo con la crisi hanno contribuito al dualismo del mercato del lavoro. Entrambe hanno aumentato l'occupazione, ma al margine, lasciando relativamente invariati gli stock di occupazione stabile, e incentivando a fisarmonica l'occupazione temporanea nelle sue diverse forme, confinandola all'area dei servizi a minore produttività. Il dualismo del mercato del lavoro italiano, se da un lato ha permesso di far emergere nuovo lavoro, in parte nascosto dal nero, dall'altro ha alimentato un girone infernale di precarietà, disoccupazione di lunga durata e scarse tutele, penalizzando soprattutto i giovani, anche se laureati e masterizzati. Ora è necessario guardare avanti e non polemizzare sul passato. Anche perché l'universo a cui guardare è composto, oltre che da disoccupati ufficiali (3,4 milioni), da cassintegrati senza scampo, part-time involontari, precari e rassegnati, per un totale di circa 9 milioni di persone a forte disagio occupazionale. In un Paese che non cresce da vent'anni, l'occupazione non può certo aumentare. E non bastano le regole del mercato del lavoro a creare nuovi posti: serve una politica di sostegno degli investimenti e della domanda delle imprese, da cui potrà scaturire nuova occupazione. Lo stesso Job Act, che contiene alcuni positivi cambiamenti, affronta solo in parte il dualismo del mercato con il contratto a tutele crescenti, riproponendo però il rischio di un doppio binario tra nuovi assunti e vecchi tutelati e riducendo, paradossalmente, mobilità e turnover: difficile che un occupato lasci il suo posto protetto per un posto meno tutelato. Tre sono le sfide che abbiamo di fronte, che riguardano imprese, lavoratori e politici. La prima è quella del sostegno della domanda da parte delle imprese, senza la quale non si crea lavoro; è necessario abbassare i costi dell'energia e della burocrazia, incentivare le innovazioni per aumentare la produttività, favorire gli investimenti, dare maggiori certezze alle aziende, ridurre il cuneo fiscale. I sindacati e i lavoratori, ed è la seconda sfida, dovranno dimostrare che tra miglioramento della produttività e difesa delle tutele non c'è contraddizione alcuna; una quota del cuneo fiscale servirà a dare una boccata di ossigeno a salari e stipendi, per aiutare i consumi, ma sarà la contrattazione decentrata l'arma per una maggiore produttività. Ai politici e ai governanti, infine, ed è la terza sfida, occorre chiedere di abbandonare il clima e i toni di una permanente battaglia elettorale, che per avere consensi sul breve oscura le visioni sul futuro e la capacità di fare progetti. La guerra su cui orientare le forze è quella dell'innovazione e delle competenze, nella quale si giocano i destini della competitività oltre che del capitale umano. Siamo al bivio di una nuova transizione, dentro la quale il lavoro gioca una partita decisiva: passare alle politiche attive significa liberare risorse, economiche e umane, e liberarsi dal gorgo di SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 107 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LA SFIDA DEL JOBS ACT 01/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:309253, tiratura:418328) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 108 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato una spesa pubblica fuori controllo, per costruire un nuovo welfare a misura di futuro.Numeri chiave 13,2% a ottobre È il tasso di senza lavoro che è stato toccato in Italia il mese scorso 6,1% nel 2007 Il tasso di disoccupazione era quasi la metà prima della crisi 21,7% nel Sud I senza lavoro sono raddoppiati rispetto al dato dell'11% nel 2007 22,3 milioni È il numero di occupati: in netto calo rispetto ai 23,3 milioni di sette anni fa 3,4 milioni I disoccupati sono più che raddoppiati rispetto agli 1,5 milioni del 2007 I disoccupati 12,3 12,1 12,9 13,2 UOMINI 13,2 11,5 DONNE Fonte: Istat ottobre 2013 settembre 2014 ottobre 2014 Tassi in % - LA STAMPA 12,4 13,9 14,3 43,3 42,7 41,4 TASSO DI DISOCCUPAZIONE GENERALE TASSO DI DISOCCUPAZIONE GIOVANILE (15-24ENNI) Sono 3.410.000 (+286.000 sul 2013) Così su La Stampa Ieri su la Stampa, l'analisi del professore Luca Ricolfi sul record raggiunto a ottobre dalla disoccupazione in Italia.Numeri chiave 13,2% a ottobre È il tasso di senza lavoro che è stato toccato in Italia il mese scorso 6,1% nel 2007 Il tasso di disoccupazione era quasi la metà prima della crisi 21,7% nel Sud I senza lavoro sono raddoppiati rispetto al dato dell'11% nel 2007 22,3 milioni È il numero di occupati: in netto calo rispetto ai 23,3 milioni di sette anni fa 3,4 milioni I disoccupati sono più che raddoppiati rispetto agli 1,5 milioni del 2007 Così su La Stampa Ieri su la Stampa, l'analisi del professore Luca Ricolfi sul record raggiunto a ottobre dalla disoccupazione in Italia. Foto: In fabbrica Un operaio al lavoro nello stabilimento Nuovo Pignone di Firenze CARLO CARINO/IMAGOECONOMICA 01/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 8 (diffusione:309253, tiratura:418328) "Ma sui contratti atipici il governo si è impegnato" Il viceministro Morando: da gennaio la decontribuzione per i giovani ROBERTO GIOVANNINI ROMA «Idati citati dal professor Ricolfi sono assolutamente corretti, e non li contesto; contesto il fatto che ci sia un governo che, scrive, "non vuole dirci come stanno le cose"». Ci spieghi, viceministro all'Economia Morando. «Al contrario, noi abbiamo detto agli italiani come stanno le cose: abbiamo detto che stanno messe male. Addirittura nel Def abbiamo scritto che questa è la più duratura recessione della storia unitaria, ben peggio della crisi del '29, che abbiamo perso 10 punti di reddito procapite e che i dati della disoccupazione sono drammatici. Su questa analisi dell'eccezionale gravità della situazione abbiamo rivolto all'Ue la proposta che ha avuto successo - secondo cui ci impegniamo a fare le riforme, ma c'è bisogno di finanziarle nell'avvio e sostenere quanto possibile la domanda. Abbiamo parlato, direi, un linguaggio di verità». Ma Ricolfi afferma anche che Garanzia Giovani non funziona, che avete stanziato troppi soldi per gli 80 euro e troppi pochi per la decontribuzione delle assunzioni... «Ma non è vero che non ci occupiamo dei precari. Questa non è una critica fondata. Dal primo gennaio scattano tre norme: la prima, nella Legge di Stabilità, è la decontribuzione per i nuovi assunti. Si tratta di una riduzione del costo del lavoro del 24% del monte salario. Secondo, per le imprese ai fini Irap non peserà più il costo del lavoro. Terzo, siamo convinti che con il Jobs Act arriverà il nuovo contratto di lavoro a tutele crescenti. Quarta misura, per i lavoratori fino a 26mila euro (tra cui molti di questi nuovi assunti) ci sarà stabilmente il bonus degli 80 euro. Ammettiamo che il numero assoluto degli occupati possa non aumentare; ma ragionevolmente ci attendiamo che tanti rapporti di lavoro precari si trasformeranno in rapporti di lavoro stabili. Dunque, non è vero che non facciamo nulla per i precari». Sempre il professor Ricolfi dalle colonne del nostro giornale ha lanciato la proposta del Job Italia. Che ne pensa? «È un'idea molto interessante. Penso che dobbiamo lavorare facendo tesoro di tutte le proposte; e in particolare una delle più interessanti emerse negli ultimi tempi è proprio quella avanzata da Ricolfi. Noi adesso abbiamo costruito l'insieme di norme di cui ho parlato, e vogliamo andare a una loro sperimentazione. L'obiettivo strategico del governo è quello di portare in tre anni la pressione fiscale su impresa e lavoro al livello a cui sta in Germania. Queste misure, che valgono complessivamente intese 18 miliardi di euro, a questo mirano. Poi, siamo prontissimi - se ci sarà qualcosa che non va - a correggere, ad aggiornare. Ma siamo anche pronti a prendere in considerazione anche proposte come quelle del professor Ricolfi». Foto: Critiche Enrico Morando, viceministro dell'Economia SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 109 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Intervista 01/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 9 (diffusione:309253, tiratura:418328) "Le regole non bastano Per la svolta serve innovazione e ricerca" Occasioni mancate Le liberalizzazioni in Italia sono state fatte sempre male e in modo parziale La Cgil e la politica Oggi più che urlare bisogna avere la capacità di proporre ALESSANDRO BARBERA ROMA Segretario Furlan, cosa suggerisce per raddrizzare il legno storto della disoccupazione? «Da Napoli in giù non c'è alta velocità, la banda larga è una perfetta sconosciuta, l'energia costa ovunque il 30 per cento in più del resto d'Europa. Del vecchio programma di fondi europei, quello che scade l'anno prossimo, abbiamo ancora da spendere 18 miliardi di euro, 13 dei quali dedicati al Sud. Si discute molto di Jobs Act, poco dei cambiamenti strutturali che possono far ripartire la crescita e l'occupazione». Non crede che la riforma del mercato del lavoro aumenterà gli occupati? «Non in modo rilevante. La svolta può arrivare da altro: innovazione, ricerca, istruzione, trasporti, tutela ambientale, risparmio energetico. Bisogna fare di tutto per usare fino in fondo i fondi che l'Europa ci mette a disposizione concentrando gli sforzi in una agenzia nazionale». Segretario, la sua ricetta è nota: usare la leva pubblica nella speranza che riparta la domanda interna. Ma non le viene il dubbio che ci sia un grave problema dal lato dell'offerta? Non crede che l'Italia sia anzitutto soffocata da corporazioni, mercati chiusi, scarsaconcorrenza? «Le liberalizzazioni in Italia sono state fatte sempre male e in modo parziale. Negli anni novanta abbiamo sostituito a monopoli pubblici monopoli privati. Per far ripartire il Paese oggi occorre incidere anzitutto sulla domanda interna, magari cercando le risorse nei tanti sprechi della spesa pubblica. All'inizio il governo Renzi sembrava voler puntare molto su questo, ora non lo so più». Lei critica il Jobs Act eppure avete deciso di non scioperare con la Cgil. Di lotta e di governo? «Abbiamo indetto uno sciopero, oggi, nel settore pubblico, e la ragione è contrattuale: i dipendenti pubblici non hanno un rinnovo da sei anni che equivale ad una perdita di potere d'acquisto fra i duemila e i quattromila euro l'anno. Nei tre giorni successivi faremo altrettante manifestazioni per spiegare le nostre proposte». Stadicendoche voi adifferenza della Cgil non fate politica. Ècosì? «Oggi più che urlare bisogna avere la capacità di proporre». Lamanovra riduce le tasse sul lavoro.Non è unamisura a favoredell'occupazione? «Ci piacciono sia la defiscalizzazione che la decontribuzione per i nuovi assunti. Ci convince la conferma degli ottanta euro. Non ci piacciono il raddoppio delle tasse sui fondi pensione, le norme sul Tfr e i tagli ai patronati: svolgono un servizio essenziale per chi non può permettersi un commercialista. E poi va cambiata la legge Fornero». Cioè la legge che ha messo in sicurezza i conti previdenziali delleprossimegenerazioni. «Quella legge non va bene perché non riconosce la differenza fra lavoro e lavoro. Occorre allargare la platea dei lavori usuranti. Pensare che a 65-67 anni si possa ancora salire su una impalcatura o in cima a una gru è impensabile». Twitter@alexbarbera Foto: FABIO CIMAGLIA/LAPRESSE SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 110 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La sindacalista: Furlan (Cisl) / LE INTERVISTE 01/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 9 (diffusione:309253, tiratura:418328) "Assumiamo in Italia, anche se manca una politica industriale" Qualità e innovazione C'è un solido incremento nella richiesta di Made in Italy Per questo investiamo Lavoro e norme Ragionare con i sindacati in Francia e Germania è ben più difficile ELEONORA VALLIN LONGARONE (BELLUNO) In meno di un mese sono arrivate oltre 350 candidature: sette volte la disponibilità richiesta. Giovani, precari, iscritti alle liste di mobilità, ma anche lavoratori già a contratto alla ricerca di un «futuro più solido». Accade a Longarone, alla Marcolin Spa, azienda tra i leader dell'occhialeria mondiale: 345 milioni di fatturato nel 2013, oggi in crescita del 5%. Fondata nel 1961, e dal 2012 nelle mani del fondo Pai Partners, Marcolin ha appena annunciato il raddoppio della produzione e 50 nuove assunzioni, grazie all'acquisto di un nuovo stabilimento di 3.500 mq nel cuore del distretto bellunese. «Constatiamo un solido incremento nella richiesta di made in Italy, che per noi è un asset vitale. Per questo investiamo qui» spiega l'ad Giovanni Zoppas. Non vi spaventa il costo del lavoro in Italia? «No, perché parliamo di prodotti che sul mercato si posizionano ad alti livelli per qualità che non è solo produzione ma anche disegno industriale. Inoltre, solo così siamo in grado di gestire meglio la flessibilità che il mercato ci chiede». Che figure state cercando? «Profili operativi: capi reparto e addetti alla produzione di occhiali in acetato, tipologia che può interessare molto l'universo femminile». Chi forma il personale? «Noi, internamente. Ci serve anche a condividere la nostra modalità di lavoro. La formazione è continua e asseconda la crescita interna. Perché, se ci sono le opportunità, agevoliamo sempre le nostre risorse anziché cercarle all'esterno». I rapporti con i sindacati? «Le relazioni sono buone e siamo passati, tra il 2012 e 2013, anche attraverso una mobilità volontaria senza mai confrontarci con un fronte di opposizione cieca, ma individuando percorsi comuni con regole condivise». 1.400 addetti nel mondo, la metà a Longarone. Cosa cambia nel mercato del lavoro oltre confine? «Cambia la cultura del lavoro e c'è una netta differenza tra noi e il mondo anglosassone che si basa molto di più sulle tutele economiche. La situazione italiana non è tra le peggiori, abbiamo parecchie incrostazioni ma ragionare con il sindacato in Francia e Germania è ben più difficile. Credo tuttavia che l'Italia debba virare verso una situazione che tuteli sì la discriminazione, ma il tema di fondo sia economico». E come si fronteggia una disoccupazione record? «Siamo orfani di una politica industriale da troppi decenni. Gli Usa hanno scelto la green economy e questa è diventata un investimento importante. Noi abbiamo perso grandi occasioni e viviamo di nicchie che non possono essere il simbolo industriale di una nazione». Inconcreto? «L'occhialeria funziona e siamo i campioni mondiali ma ogni investimento, anche nella formazione, è lasciato ai privati. È sempre stato così: il singolo che fa da solo, purtroppo, da sempre». Foto: ALESSANDRO VIAPIANO/IMAGOECONOMICA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 111 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'imprenditore: Zoppas (Marcolin) / LE INTERVISTE 01/12/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 23 (diffusione:309253, tiratura:418328) "Usa-•Europa con l'accordo milioni di posti di lavoro" Pascal Lamy: difficile l'intesa entro il 2016 LA POLEMICA «Importare Ogm? Non vedo rischi, devono essere approvati dall'Ue» LUCA FORNOVO TORINO "Il Ttip, il Patto transatlantico tra Europa e Stati Uniti per il commercio e gli investimenti, è un progetto enorme. Una sfida epocale, come quando è stato creato in Europa ilmercato comune». Secondo il politico ed economista francese Pascal Lamy, che è stato direttore del Wto, l'Organizzazione mondiale per il commercio e anche commissario Ue, creerà milioni di posti di lavoro, favorirà l'export e la riduzione delle tariffe commerciali portando così grandi benefici ai consumator i ancor prima che ai produttori ». Ma il problema, avverte Lamy che venerdì era a Torino per tenere la «Lecture Spinelli 2014», organizzata dal Centro studi sul federalismo, è che siamo in ritardo: «Sarà una missione quasi impossibile chiudere l'accordo entro i prossimi due anni; colpa dei tanti settori da regolamentare e della scarsa trasparenza di informazioni». Quali sonole criticità? «Il Ttip è un accordo "di nuova generazione" perché non serve solo ad abolire dazi e tariffe, ma si propone di armonizzare, cioè rendere uniformi le leggi di Usa ed Europa, differenti tra loro. Ciò è molto difficile: ci sono poi tanti settori complessi da regolamentare, l'industria automobilistica, il settore finanziario, la farmaceutica e l'alimentare». Cisonosoluzioniallostudio? «Una potrebbe essere quella di partire nel 2016 trovando perlomeno un accordo su alcuni settori. Ma anche così non è facile perché si aprirebbe la strada alle polemiche. Per esempio, perché si dovrebbe partire prima dall'auto che dall'alimentare? Un altro problema è come Usa ed Europa stanno conducendo le trattative». Cioè? «Le commissioni di Usa ed Europa hanno deciso di tenere segreti i negoziati e non danno spiegazioni, ma facendo così creano molti falsi miti. Ecco perché le autorità europee e americane dovrebbero fare più chiarezza sui negoziati, renderli pubblici per frenare i sospetti dell'opinione pubblica». Col Ttip saremo costretti a importare prodotti Ogm? «Non dovrebbe esserci questo rischio, perché le regole europee prescrivono che gli Ogm per l'alimentazione umana e animale devono essere approvati dall'Ue». Il made in Italy sarà danneggiato dal fiorire di falsi, come il formaggio Parmesan che imita il Parmigiano? «L'importante è che ci sia il giusto livello di controlli in Europa e in Usa e che sui prevalga sempre lo standard più elevato. Questo sarà un grande vantaggio per i consumatori». Un centro studi ha calcolato che l'economia europea potrebbe trarne un beneficio di 119 miliardi l'anno, circa 550 euro a famiglia. Che tipo di vantaggi saranno? «I prezzi di auto, farmaci, cibo e servizi finanziari scenderanno, ciò aiuterà molto le famiglie anche per aumentare i consumi. Inoltre col Ttpi, Stati Uniti ed Europa creeranno degli standard d'eccellenza sui prodotti, favorendo un grande vantaggio competitivo, anche per il nostro export». Guardando all'Europa, quale è la priorità dell'Ue? «I premier dei vari Stati devono smettere di litigare con i leader europei. Criticare Bruxelles equivale a criticare se stessi». Che succederà quando la Gran Bretagna farà il referendum sull'euro? «Sarà un incubo, se la Gran Bretagna uscirà dall'Ue si creerà un precedente assoluto. Nessuno sa che cosa accadrà». Foto: Francese Il politico ed economista francese Pascal Lamy è stato direttore del Wto, l'Organizzazio ne mondiale per il commercio, e commissario europeo SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 112 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Intervista 01/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.40 - 1 dicembre 2014 Pag. 1 (diffusione:581000) Federico Fubini Un secolo fa i reporter della muckraking press negli Stati Uniti si guadagnarono il loro nome, copyright Theodore Roosevelt, perché rastrellavano nel fango. Svelavano gli scandali delle grandi aziende. Alcuni svelarono gli abusi da monopolista di John Rockefeller, provocarono la reazione furibonda dell'uomo la cui fortuna valeva qualcosa come 300 miliardi in dollari di oggi, ma alla fine portarono alla scissione della sua Standard Oil in molti pezzi per mano della Corte suprema. Correva l'anno 1911. Oggi niente del genere sarebbe immaginabile. Non c'entra solo il fatto che, ammesso che lo voglia, l'antitrust di Bruxelles non ha i poteri per separare il motore di Google dal resto delle sue attività (come ha chiesto giovedì scorso l'Europarlamento). Conta anche un altro dettaglio: Google potrebbe accorgersi che un muckraker sta per pubblicare un articolo suoi sui presunti abusi prima ancora che questi lo scriva. Niente permette di sospettare che Google spii chicchessia, ma potrebbe riuscirci se solo lo volesse: è sufficiente incrociare i dati delle ricerche sul web di una persona, se è un utente dei servizi di ricerca del gruppo di Mountain View come accade nel 90% dei casi negli Stati Uniti e nel 68% dei casi in Europa. Le nuove tecnologie danno ai grandi gruppi della rete il potere di ammassare una quantità fino a ieri inconcepibile di dati su chiunque si rivolga a loro. Questi dati possono essere usati per un gran numero di funzioni commerciali: documenti da decine di migliaia di pagine l'uno raccolgono le preferenze di milioni di clienti, fanno emergere le loro scelte, scavano fino a individuare le abitudini e i comportamenti dei singoli. Non è un privilegio della sola Google. Qualunque azienda multinazionale investe in programmi di software capaci di lavorare sui cosiddetti "Big Data", i grandi numeri sui consumatori con i quali entra in contatto. La differenza di Google è che fonde più mestieri in una sola azienda integrata: motore di ricerca che seleziona (anche) i rimandi ai suoi potenziali concorrenti; assistente personale di centinaia di milioni di persone in servizi che vanno dalla ricerca di un luogo, alle informazioni meteo, alla traduzioni di testi, allo scambio di posta; fornitore di contenuti prodotti da altri, ma estratti da Google gratis dalla rete e presentati accanto a inserzioni pubblicitarie che arricchiscono solo il gruppo di Mountain View. In un'era di trasformazioni, Google non è il solo operatore in grado di accumulare una posizione tanto dominante. Amazon lo ha fatto nei libri, e ha cercato di schiacciare la francese Hachette quando ne è stato contestato. Oggi non viviamo una nuova era di robber baron , i "baroni ladri" alla Rockefeller, ma di innovatori illuminati che hanno cambiato le nostre vite in meglio. Questo non conferisce loro il diritto di abusare della propria forza di mercato. Il nuovo commissario europeo alla Concorrenza, Margrethe Vestager, non ha il diritto di imporre loro la stessa fine di Standard Oil. Ma (si spera) non dimenticherà le altre armi di cui dispone. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 113 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato LE ARMI DELL'EUROPA E IL POTERE DI GOOGLE 01/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.40 - 1 dicembre 2014 Pag. 1 (diffusione:581000) Più reddito disponibile per spingere i consumi Paolo Onofri Si comincia a delineare un consenso sul fatto che per uscire dalla trappola della liquidità nella quale si trova l'area euro ci sia una condizione necessaria che deve essere soddisfatta, ma che tale condizione non sia sufficiente. Si tratta dell'allargamento quantitativo della politica monetaria da molti invocato e sul quale continua a sussistere il dissenso della Germania, qualora esso dovesse avvenire attraverso l'acquisto di titoli del debito pubblico. Finora l'allargamento quantitativo ha agito attraverso il canale bancario e quello dei titoli privati comunque di origine bancaria. segue a pagina 10 segue dalla prima L'intervento sul mercato dei titoli pubblici aggiungerebbe un importante canale di trasmissione a quello del sistema bancario: i portafogli di attività finanziarie delle società finanziarie, delle banche e delle famiglie, i quali sarebbero sollecitati a modificare la loro composizione verso attivi con un maggiore rendimento e rischio rispetto a quello dei titoli pubblici, il cui rendimento si ridurrebbe ulteriormente in conseguenza degli acquisti da parte della Bce. Attivi più rischiosi che potrebbero aiutare il finanziamento dell'attività economica. Fin qui la condizione necessaria, ma, come ha dichiarato ormai più volte lo stesso Mario Draghi, non sufficiente per la ripresa della crescita europea in misura adeguata a evitare il rischio della deflazione. Il consenso sembra quindi coagularsi attorno alla valutazione che senza un impulso dal lato della domanda aggregata non si riuscirà a uscire da questa lunga crisi. Ma un impulso ai consumi o agli investimenti? Il Presidente della Commissione Europea ha messo in campo la possibilità d'investimenti infrastrutturali a livello europeo. Non manca lo scetticismo circa l'efficacia di questo piano sia dal punto di vista della sua dimensione, sia da quello dei tempi realistici d'implementazione di fronte alla necessità immediata di sostegno alla domanda. Il nostro governo ha scelto per il 2015 lo stimolo ai consumi. La conferma definitiva del credito d'imposta di 80 euro mensili (3,5 miliardi in più rispetto al 2014), la sua estensione alle famiglie con nuovi nati per i primi tre anni della loro vita oltre ad altri interventi a favore delle famiglie (500 milioni), il tentativo di consentire a chi si trovi eccessivamente vincolato nelle spese di consumo dal reddito in questo periodo disponibile di incassare temporaneamente l'accantonamento annuale di Tfr (una valutazione più prudente di quella del governo suggerisce 2,5 miliardi), l'ampliamento della platea dell'indennità di disoccupazione (1,5 miliardi), sono provvedimenti che dovrebbero sostenere i consumi proprio perché mirati, in prevalenza, alle fasce di reddito più basse e quindi più vincolate nelle loro spese. Complessivamente si tratta di un aumento di 8 miliardi di reddito disponibile delle famiglie che si somma ai 6,5 del bonus 80 euro del 2014, reso definitivo. Si tratta dell'1,4 per cento in più rispetto al 2013, che per le fasce di reddito che lo percepiscono può arrivare dal 3 al 5 per cento del loro reddito. Vi è anche un altro fattore che sta agendo sull'incremento del potere d'acquisto delle famiglie: la riduzione del prezzo dei prodotti petroliferi. La caduta del prezzo del petrolio del 30 per cento circa è stata attenuata dal deprezzamento dell'euro di circa dieci punti e, comunque, la trasmissione ai beni finali è ulteriormente attutita dall'elevata componente fiscale. Si tratta, in ogni caso, di un contributo non trascurabile al potere d'acquisto delle famiglie che dovrebbe superare di poco, in termini annui, i quattro miliardi di euro, lo 0,4 per cento del reddito disponibile. Legge di Stabilità e riduzione dei prezzi del petrolio sembrerebbero dover creare, quindi, le condizioni per un avvio di ripresa dei consumi, ma non tutto è così semplice. La maggiore disponibilità di reddito, com'è facilmente intuibile, può tradursi in maggiore risparmio soprattutto per le famiglie che si confrontano con una maggiore incertezza del proprio reddito da lavoro e per la generalità delle famiglie per l'elevato grado d'incertezza del contesto istituzionale nazionale ed europeo. Nasce da quest'ultima considerazione l'importanza della proposta di Junker, a prescindere dalle discussioni che solleva. Arrivare a un accordo sul progetto sarebbe il segnale di un passo avanti nella gestione coordinata della politica economica europea. Un passo nella direzione opposta della disintegrazione. Una rassicurazione del quadro economico all'interno del quale i singoli governi potranno muoversi. E' quindi ovvio arrivare alla conclusione che l'uscita dell'area euro e del nostro paese dalla lunga crisi passa attraverso un concerto di decisioni prese SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 114 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato [ I COMMENTI ] 01/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.40 - 1 dicembre 2014 Pag. 1 (diffusione:581000) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 115 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato a diversi livelli. Dapprima le condizioni monetarie di competenza della Bce con l'estensione degli acquisti di titoli a quelli pubblici; in secondo luogo uno stimolo europeo alla domanda aggregata, attraverso programmi d'investimento in infrastrutture transnazionali e nazionali; infine, l'intervento nazionale a sostegno dei redditi più colpiti dalla crisi. La realizzazione di questo tipo di misure dovrebbe creare le condizioni per rendere accettabili perché meno dolorose le riforme di struttura che nel medio periodo sono comunque necessarie. 01/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.40 - 1 dicembre 2014 Pag. 1 (diffusione:581000) Eugenio Occorsio Dalla stazione ferroviaria dell'aeroporto di Venezia (spesa prevista 114,2 milioni) al potenziamento del porto commerciale di Augusta in Sicilia (52 milioni), dalla bretella di collegamento CampogallianoSassuolo che unirà il distretto della ceramica all'A1 (520 milioni) fino alla linea ad alta velocità Genova-Tortona (6,1 miliardi). E così via con strade, autostrade, porti, aeroporti, ferrovie, perfino piscine comunali e centri congressi. Ha più di 200 voci l'elenco consegnato dal governo alla task-force di Bruxelles Developing investment project pipeline incaricata di raccogliere le opere di tutti i Paesi dell'Ue che si candidano ai finanziamenti del piano Juncker. Il capitolo Italia è stato inserito dai funzionari comunitari nel maxifaldone europeo (1700 opere ognuna con illustrazione del lavoro, stato di avanzamento e finanziamenti previsti), e messo sul tavolo della presidenza. È il più corposo in assoluto. segue a pagina 4 segue dalla prima Il totale dei finanziamenti previsti assomma a circa 1.400 miliardi. In questo mare magnum , non si sa ancora con quali criteri, la presidenza sceglierà le poche fortunate infrastrutture che avranno accesso ai sospiratissimi finanziamenti europei. «A questo punto osserva l'economista Rainer Masera - si aprirà una sottile questione interpretativa: non è chiaro ancora se il famoso "sgravio" dal computo deficit/pil varrà al momento di conferire le quote nazionali al nuovo fondo appositamente costituito, oppure quando partiranno i lavori veri e propri». Nel mega-file depositato presso la Commissione c'è di tutto, grandi, piccole e piccolissime opere. Se l'Anas chiede la bella somma di 2,9 miliardi per completare la SalernoReggio Calabria "chiudendo" gli ultimi 59 chilometri ("in diversi segmenti", è specificato), il consorzio dei comuni Menaggio-Centro lago di Como si accontenta di 700mila euro per migliorare le strutture di connessione in banda larga (la più risparmiosa è in questa categoria la Croagh Patrick Community di West Mayo, Irlanda, che chiede 200mila euro). La Regione Friuli-Venezia Giulia ha la stessa intenzione ma ha bisogno di 18 milioni. Né manca di saltare sul carro dei fondi Ue la Infratel, società inhouse del ministero dello Sviluppo costituita per attuare il Piano nazionale banda ultralarga per ridurre il digital divide, che chiede 64 milioni di finanziamento. Il Programma obiettivo competitività regionale e occupazione del Veneto chiede invece 40 milioni sempre per l'accesso al web veloce, che è al centro degli obiettivi di un'altra ventina di enti pubblici come la Regione Emilia-Romagna che ha bisogno di 20 milioni (sono 159 in tutta Europa), ma anche di gruppi pubblico-privati come l'associazione Giga Ciro, costituita da un gruppo di docenti italiani di geofisica e idrogeologia: ha fatto inserire nel bando un suo progetto di banda larga senza peraltro precisarne né i contorni né il costo. Scorrendo l'infinita congerie dei progetti italiani non mancano i punti su cui interrogarsi. L'autostrada Catania-Ragusa è inserita per 815 milioni: ma in realtà il progetto è già in fase di avvio dei cantieri, è stato quasi interamente finanziato e prevede per la metà fondi privati. L' upgrade della A4 Trieste-Venezia, in particolare un ponte sul Tagliamento e il casello di Palmanova, viene indicato due volte, al capitolo 1080 e 1082 per 440,7 milioni, e sempre due volte (1081 e 1083) viene citata la terza corsia fra S.Donà di Piave e Alvisopoli per ben 560 milioni. Due volte (voci 1092 e 1123) è presente anche il "people mover" fra la stazione e l'aeroporto di Bologna da 107 milioni. Sembra quasi un copia-incolla venuto male di vecchi documenti del Cipe: a parte le imperfezioni pratiche, si vanno a ripescare a fianco di alcuni progetti che sarebbero in effetti plausibili, come il collegamento ferroviario fra i terminal 1 e 2 di Malpensa (114 milioni) o gli ampliamenti dei porti di Genova (150 milioni) e di Civitavecchia, progetti di infrastrutture a lungo discussi e probabilmente non indispensabili. Nella fretta è stato inserito, per esempio, un impianto di energia solare a Maraza in Emilia, da realizzare in joint-venture con gli spagnoli di Abengoa: i proponenti hanno avuto all'ultimo momento il buon senso di precisare che il finanziamento di 260 milioni va verificato a causa delle modifiche nella legislazione italiana sulle rinnovabili. C'è da immaginare quali possibilità abbia un'opera del genere di passare il vaglio dei puntigliosi funzionari comunitari. Altrove c'è un inspiegabile sfasamento dei tempi e dei modi: si chiede un contributo all'ampliamento dell'interporto regionale di Puglia, a ridosso della zona industriale di Bari, con la realizzazione SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 116 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Piano Juncker, l'assalto ai fondi 01/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.40 - 1 dicembre 2014 Pag. 1 (diffusione:581000) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 117 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato di una serie di piattaforme logistiche: ma sul totale dichiarato del progetto di 150 milioni, 60 erano già presenti nella vecchia programmazione e 90 nella prossima stando ai dati della Regione Puglia secondo cui di questi ultimi 60 provengono dal finanziamento pubblico (già stanziati) e 40 da partner privati. Una delle cose non chiare del piano-Juncker è se nei famosi (e miserrimi) 16 miliardi garantiti da "risorse comunitarie" entrerà parte dei fondi regionali di sviluppo. Sarebbe utile chiarirlo, per fare un esempio, pensando al raddoppio ferroviario della Bari-S.Andrea Bitetto: già presente nei finanziamenti del fondo Pon, riappare ora per 120 milioni di euro. Diventa altrettanto confusa la situazione della tratta La Malfa-Carini del nodo ferroviario di Palermo (129 milioni) e di quella Fiumetorto-Ogliastrillo della Palermo-Messina (333 milioni), già finanziati con fondi Por. C'è poi, a minare la credibilità del contributo italiano al documento preparatorio, una serie di sovrapposizioni con lo Sblocca-Italia: la Autostrade del Lazio Spa chiede 2,7 miliardi per la lungamente attesa autostrada Roma-Latina (68,3 chilometri), appena inserita nel suddetto decreto ma già finita in un limbo di incertezza per motivi ambientali, di espropri e non ultimo di fondi: ora ci riprovano con il piano Juncker. Sempre nello Sblocca-Italia è inserito l'intervento sulla cosiddetta "Telesina", la statale 372 che collega Benevento con Caianello e quindi con l'A1. L'Anas chiede ora alla Ue 588 milioni per portarla a 4 corsie, ed è l'ennesimo tentativo: i lavori erano stati inseriti nel "Piano per il Sud" del Cipe nel 2011 (per 90 milioni) poi annullato, quindi riproposto con il "Decreto del fare" del 2013, infine inserito nel decreto Renzi del giugno scorso. Il primo cantiere dovrebbe aprire il 31 agosto 2015, ma ora perché riaprire la questione con il piano Juncker, rialzando per di più così tanto la posta? Altre volte ancora l'impressione è che si voglia riproporre per intero maxi-commesse pubbliche già ridimensionate dalle autorità di controllo nazionali ed europee, oppure semplicemente troppo ambiziosi. Il porto di Venezia ripropone l'hub offshore per grandi navi completo di oil e container terminal, che in effetti eviterebbe il passaggio delle navi in laguna ma costa la bellezza di 948 milioni di euro. Il progetto "Porta di Salerno" della Regione Campania, con soggetto attuatore l'Autorità portuale, viene riproposto per 146 milioni. Si tratta di una serie di collegamenti ferroviari e stradali da e per il porto che però era già stato ridimensionato da una serie di modifiche a 25 milioni, il 17% di quanto previsto. Sempre in Campania, riemerge il raccordo Salerno-Avellino - investimento programmato 246 milioni - già varato dal Cipe nel 2011: la regione non era riuscita a rispettare i termini, l'ha allora riprogrammato nel febbraio 2014 incappando però in difficoltà finanziarie che ora cerca di superare. Il problema vero, ricorda Paolo Guerrieri, economista della Sapienza di Roma, è che «i soldi sono tremendamente pochi. Sarebbero pochi, rispetto alla mole dei lavori presentati, anche se davvero si arrivasse a 300 miliardi come promesso da Juncker. Ma sono pochissimi se si guarda alla realtà dei fatti, che parla appena di una ventina di miliardi, una frazione di quelli richiesti, e appoggia le sue speranze su una non meglio precisata "leva" con il settore privato». La debolezza del meccanismo della "leva" è confermata anche da Brunello Rosa, capo macroeconomista del Roubini Global Economics: «Un meccanismo del genere funzionerebbe in tempi di espansione economica. Ma in un momento di recessione è difficile trovare soci privati che si impegnino in programmi di investimento così ambiziosi: le abbiamo viste tutti le immagini della partita di pallone giocata nelle corsie vuote della BreBeMi». E poi, riprende Rainer Masera, «basare sul leverage un piano di tale importanza in un momento in cui viceversa l'uscita dalla crisi si basa in tutto il mondo sul deleverage pubblico e privato, mi sembra quantomeno anacronistico». JUNKER, S. DI MEO[ LE INCOMPIUTE ] Nelle foto qui a fianco alcuni dei potenziali "beneficiari" del piano Juncker: il porto di Civitavecchia (1) al quale mancano alcuni lavori per completare l'adeguamento per le grandi navi sia merci che passeggeri; la Variante di Valico Firenze-Bologna (2) che sta per essere completata; l'aeroporto di Malpensa (3) per il quale il progetto prevede un collegamento ferroviario fra i terminal 1 e 2; una centrale solare (4): a quest'ultimo proposito, forti incertezze sulla loro urgenza sono state di recente sollevate in diversi Paesi nei quali sono sovvenzionate a carico di tutti i consumatori di energia elettrica[ GLI ESPERTI ] Gli economisti Paolo Guerrieri (1); Brunello Rosa (2) e Rainer Masera (3): tutti esprimono un forte scetticismo sulla fattibilità del piano Juncker 01/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.40 - 1 dicembre 2014 Pag. 1 (diffusione:581000) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 118 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Foto: Nel grafico, alcune delle oltre 200 grandi opere italiane "ripescate" in occasione del piano Juncker: ne verrà finanziata solo un'infinitesima frazioe Il ministro del Tesoro italiano Pier Carlo Padoan (1); il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker (2) 01/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.40 - 1 dicembre 2014 Pag. 1.8.9 (diffusione:581000) Tv locali, l'ultimo far west troppe antenne, spot in crollo Stefano Carli Le tv locali sono lo specchio di un certo modo di governare l'Italia. Sono un caos, un ginepraio inestricabile in cui non c'è alcuna certezza. Quante sono? Forse 480. O almeno questo è l'ultimo numero noto nel 2012. In calo dalle quasi 600 del 2005, ma attenzione ai numeri: nel 2012 si era quasi al termine della transizione al digitale, che moltiplicando i canali per ogni frequenza, ha fatto portato il numero dei canali locali sopra la bella cifra di 3 mila. Troppi canali e troppe frequenze occupate. Tanto più che per fine anno le locali della fascia adriatica dovranno spegnere le frequenze che disturbano quelle di Croazia e Albania. segue a pagina 8 Segue dalla prima Una decina di tv pugliesi sono a rischio (ma lo Sblocca Italia propone ora una proroga fino ad aprile). Entro i prossimi due-tre anni, poi, lo stesso avverrà sul Tirreno per le interferenze con la Corsica e poi in Sicilia dove molte delle 130 emittenti locali trasmettono abusivamente su frequenze assegnate ai paesi della sponda sud del Mediterraneo. E poi entro il 2022 si dovranno liberare altre frequenze per assegnarle alla telefonia mobile. Meno spazio nell'etere ma anche nel mercato: i ricavi pubblicitari sono in calo, lo share pure, i finanziamenti pubblici anche: dagli 85 milioni del 2012 si è passati ai 60 dell'anno scorso e ai 55 di quest'anno. Ripartiti poi in modo confuso e inefficace, con ampi margini per contestazioni, continui ricorsi ai Tar e anche qualche truffa, tanto i controlli sono minimi. Ce n'è abbastanza perché si cominci a cercare di fare ordine. It Media Consulting ha appena presentato uno studio dedicato alla situazione nel Lazio ma che ha ripreso e rielaborato dati nazionali. Già, rielaborato: perché il caos nasce a livello centrale. Non esiste un elenco delle tv locali ma bisogna dedurli dal Roc, il Registro degli Operatori della Comunicazione, tenuto dal ministero dello Sviluppo, e da quelli dell'AgCom che sono il catasto delle frequenze, l'elenco per l'Lcn (la graduatoria per l'assegnazione delle posizioni sui telecomandi, peraltro paralizzata da tre anni), la graduatoria derivante dalle singole graduatorie regionali per l'assegnazione dei contributi pubblici all'editoria (graduatoria assegnata ai Corecom, i Comitati regionali per le comunicazioni) e altri elenchi ancora, specifici per l'assegnazione di altri fondi. Il fatto che molte società siano piccolissime, spesso imprese familiari con meno di dieci dipendenti, fa il resto. A volte uno stesso editore ha "gemmato" più srl ognuna delle quali è una singola emittente tv. E la legge non aiuta. «Nell'ultimo bando del Mise per l'assegnazione dei fondi pubblici non si chiarisce tra impresa e emittente - spiega Michele Petrucci, presidente del Corecom Lazio e vicepresidente del Coordinamento di tutti i Corecom - Per cui noi, dovendo stilare la graduatoria in base alla quale il ministero assegna i fondi, non sappiamo se certi requisiti, i dipendenti, il numero di giornalisti, i requisiti di fatturato, vadano ascritti all'emittente o all'editore. Nel primo caso un editore può ricevere tanti contributi quante sono le sue emittenti. Serve chiarezza e soprattutto servono criteri di assegnazione più selettivi, a vantaggio della qualità e delle società che investono di più sui contenuti». E' per questo che il Corecom Lazio ha commissionato a It Media uno studio per scattare una fotografia più netta del settore a partire dalla quale iniziare a pensare una risistemazione. Perché oggi il rischio è che in questo caos a chiudere siano le tv maggiori, quelle più strutturate, che producono più contenuti locali veri e si salvino invece le micro tv a gestione familiare. Perché pur nel caos il settore ha espresso realtà e marchi ormai consolidati. Sono nomi come Telelombardia, Antenna 3 o Telenova a Milano e regione, Canale Italia di Lucio Garbo in Veneto, ma con forte presenza in altre regioni, così come il consorzio 7Gold che fa capo a Giorgio Tacchino. In Puglia c'è Telenorba dei Montrone, in Sicilia le emittenti che fanno capo a Mario Ciancio. Nel Lazio due emittenti, T9 e Tr56 sono del gruppo Caltagirone. Sono però tutte in crisi, tutte hanno in atto cassa integrazione e mobilità. Qualcuno, come la storica tv romana SuperTre della famiglia Rebecchini ha già spento le antenne. «Tutte assieme hanno gli stessi dipendenti di Mediaset, fanno un decimo del suo fatturato e un centesimo dei suoi ascolti», è l'azzeccata sintesi che gira. «I ricavi sono il fattore critico - spiega Augusto Preta, direttore di It Media - La pubblicità che a livello nazionale tra il 2008 e il 2012 è scesa dll'11,7% nelle locali è crollata del 37,5%, e nel Lazio ancora peggio, quasi il 50%. Nello stesso tempo i costi sono saliti del SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 119 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato [ L'INCHIESTA ] 01/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.40 - 1 dicembre 2014 Pag. 1.8.9 (diffusione:581000) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 120 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato 13% a livello nazionale e del 75% nel Lazio, dove ci sono 49 editori, e ben 164 canali. Gli ascolti, sui canali rilevati dall'Auditel, scendono: sono passati, sul totale nazionale, dallo 0,16% del 2007 allo 0,03% del 2012. A livello locale e soprattutto sulle news, finora il vero punto di forza di queste tv, si sente fortissima la concorrenza di Internet. Ma da parte degli editori non abbiamo registrato strategie importanti per sviluppare la loro presenza sul Web». Eppure ci sono marchi forti. I tg di emittenti locali come Telenorba in Puglia o Rttr o Tca in Trentino fanno manbassa di ascolti sui rispettivi share regionali. Ma la gran massa fatica. Si ipotizza che ci siano emittenti che fanno fino al 90% dei loro ricavi con il contributo pubblico. Che non è proprio distribuito a pioggia ma quasi: l'80% va al primo 37% delle emittenti regionali in base alla graduatoria, il 20% a tutti. Poiché i primi requisiti sono i fatturati e il numero di dipendenti, operazioni giuridicamente lecite ma opache nella sostanza sono molte: dai fatturati gonfiati tra emittenti dello stesso editore che si comprano e vendono contenuti tra di loro, a una pletora di dipendenti amministrativi rispetto ai tecnici e ai giornalisti. Quando non invece, come vogliono le leggende di settore, dipendenti assunti dalle emittenti ma che svolgono i loro compiti per le altre attività del piccolo editore locale. In questo caso sarebbe una vera e propria truffa, ma con i controlli fatti solo sulla carta è quasi impossibile da scoprire. Come è impossibile scoprire chi occupa davvero uno spezzone locale di frequenza. Le locali dovrebbero avere un terzo del totale delle frequenze italiane. E poiché ci sono 25 frequenze nazionali, quelle locali dovrebbero essere non più di 13. Ma l'occupazione delle frequenze assegnate ad altri Stati ha fatto sì, per esempio, che nel Lazio le tv locali, come rileva ItMedia, utilizzino una ventina di frequenze. La storia del caos seguito alla digitalizzazione è più recente del vecchio Far West tv italiano, ma ha lo stesso dna. Nasce infatti nel 2010, quando il governo Berlusconi e il suo ministro delle Comunicazioni, Paolo Romani, permette alle tv locali di occupare le frequenze degli Stati esteri. Bisognava arrivare in fretta per dare certezze al mercato degli spot sulle tv nazionali che temeva una lunga transizione e le incertezze sui valori degli ascolti tra le regioni digitalizzate e quelle ancora no. E per tagliare corto sulle proteste delle locali che minacciavano blocchi e ricorsi, si scelse l'occupazione abusiva. Salvo poi "espropriarle" quando si trattò di liberare spettro per l'asta della telefonia mobile per l'Lte pagando però 174 milioni di indennizzi. E lo stesso sta di nuovo accadendo. L'anno scorso sono state infatti riconfermate concessioni ventennali agli attuali titolari di frequenze locali. E ora si dovrà pagare per riaverle. Il governo aveva messo nello Sblocca Italia 20 milioni, che, per le proteste delle associazioni, in testa la Aeranti-Corallo, che rappresenta 330 emittenti, sono già quasi certamente saliti a 50. Infine un altro nodo mai affrontato. Le tv hanno messo le frequenze a patrimonio: sfilargliele costringerebbe la maggior parte di loro a portare i libri in tribunale. E per di più il contributo statale è legato alla frequenza e non alla attività editoriale. Ragion per cui nessuno le molla. E questa è anche una barriera formidabile all'ingresso di nuovi editori. Ora la pasticciata nuova norma di AgCom che sposta di canoni di concessione per le tv sugli operatori di rete potrebbe essere un incentivo per gli editori a separarsene, anche se per le locali la norma ha creato lo stesso sconquasso denunciato a livello nazionale: lo sconto concesso a Mediaset e Rai ha decuplicato il prelievo sugli altri operatori di rete. «Vedo una sola via d'uscita - spiega Antonio Sassano, docente di Ingegneria a Roma ma soprattutto uno dei nostri massimi esperti in tema di frequenze - Non solo assegnare alle locali le frequenze non attribuite nella recente gara dell'ex beauty contest, come già pensa il governo, ma andare oltre e assegnarle a gara ad operatori di rete regionali per ospitare fornitori di contenuti locali da selezionare anche in questo caso, con una gara di evidenza pubblica. L'unico modo per valorizzare l'informazione locale di qualità e spingere gli editori a produrre programmi in grado di conquistare pubblico e non solo di occupare spazio». E chiunque abbia fatto zapping sul telecomando oltre i primi 60 canali sa di cosa parla. FONTE IT MEDIA CONSULTING, S. DI MEO Foto: Sopra, uno studio tv. Oggi i fondi pubblici sono distribuiti secondo criteri poco efficaci e non aiutano il settore a selezionare gli operatori che investono di più nella produzione di contenuti locali di qualità e questo impedisce anche l'ingresso di nuovi operatori Qui sopra, il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli (1) il coordinatore di AerantiCorallo, la maggiore associazione di emittenti tv locali (ne rappresenta oltre 300) Marco Rossignoli (2) Il presidente di AgCom Marcello Cardani (3) Il presidente del Corecom Lazio 01/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.40 - 1 dicembre 2014 Pag. 1.8.9 (diffusione:581000) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Michele Petrucci (4) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 121 01/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.40 - 1 dicembre 2014 Pag. 45 (diffusione:581000) "Tassi bassi e prezzi energetici potrebbero spingere le imprese" SECONDO ARNOLDO VALSANGIACOMO, PORTFOLIO MANAGER DI ETHNA FUNDS OCCORRE UNA GESTIONE DINAMICA DELL'ASSET ALLOCATION TRA LIQUIDITÀ, OBBLIGAZIONI E AZIONI TENDENZIALMENTE PUNTANDO SU USA E VECCHIO CONTINENTE (m.man.) Milano Una gestione dinamica dell'asset allocation tra liquidità, obbligazioni e azioni, un approccio rigorosamente "top-down", con investimenti concentrati essenzialmente in sole due aree, Europa e Stati Uniti. Sono le caratteristiche degli Ethna Funds della società di gestione indipendente Ethenea Independent Investors S. A. di recente commercializzati anche nel nostro paese. Visto l'approccio, viene naturale chiedere ad Arnoldo Valsangiacomo, portfolio manager di Ethna Funds, qual sia la loro visione dello scenario macro. «Per quello che riguarda l'Europa, non ci aspettiamo fuochi di artificio, almeno a livello di crescita, malgrado tutti gli interventi possibili della Bce, però non siamo nemmeno così negativi da pensare a periodi di deflazione alla Giappone. Probabilmente avremo una crescita purtroppo non lontana dallo zero anche per l'anno prossimo, 0,6-0,8%, ma con un'inflazione leggermente positiva, non negativa. Ma in uno scenario di tassi bassi e tendenzialmente ancora in discesa, con un dollaro che almeno per l'inizio del prossimo anno potrebbe continuare a rafforzarsi, prezzi energetici che tendenzialmente dovrebbero favorire la crescita e qualche investimento infrastrutturale, se dovessero arrivare delle sorprese economiche per l'Europa, potrebbero essere sorprese positive». E per gli Stati Uniti? «Il vero punto di svolta, il punto chiave è l'interpretazione del cambiamento di politica monetaria, il primo rialzo dei tassi che dovrebbe arrivare nel corso del 2015 e soprattutto la velocità di questo incremento dei tassi». Quali sono le vostre previsioni al riguardo? «Siamo dell'idea che l'economia Usa crescerà, ma i tassi saliranno meno rapidamente di quanto il mercato si aspetta. Oggi prezza almeno sei rialzi dei tassi a partire da un certo punto del 2015. Noi pensiamo che il primo rialzo non sarà a maggio/giugno, ma piuttosto nel terzo o quarto trimestre, e di conseguenza i movimenti della Federal Reserve non saranno così rapidi. Probabilmente arriveremo ad avere tra due anni un tasso a breve intorno all'1%, il che comporterà un decennale intorno al 3% o forse leggermente al di sopra». Come si traduce in termini di scelte di investimento questo scenario? «A livello di corporate Usa, che è sicuramente il mercato più liquido e più interessante, vediamo ancora delle opportunità, perché si possono ottenere ancora rendimenti superiori al 4% senza andare a cercare rating troppo devastati o società sconosciute. Diciamo che è un'economia che andrà bene per un paio di anni, probabilmente avremo ancora una riduzione degli spread. Per quanto riguarda la curva del Treasury, a un certo punto l'anno prossimo bisognerà ridurre la duration fin quasi a zero, se non portarla addirittura in negativo, se proprio le cose dovessero cambiare drasticamente. Questo vuol dire anche rimanere investiti in dollari, avere un profitto dalla componente valutaria». E per quanto riguarda le obbligazioni in euro? «Pensiamo ancora ci sia da rosicchiare qualcosa sulla periferia. Abbiamo sempre preferito la Spagna all'Italia, ora il decennale spagnolo ha un rendimento più basso, quindi probabilmente sarà l'Italia che andrà a recuperare, mentre sarei molto attento sul Bund tedesco. Sembra convinzione comune che un quantitative easing dovrebbe spingere al ribasso tutti i decennali; la mia impressione è che un intervento del genere porterà forse a una semplice chiusura degli spread, con la periferia che dovrebbe approfittarne, e a un po' di sofferenza a livello di Bund». In un vostro recente report segnalavate il tema delle azioni ad alto dividendo. «Sicuramente alcuni mercati sono su livelli molto alti e richiedono un po' di prudenza e dove ci sono utili stabili e dividendi stabili, di solito c'è più stabilità di prezzi. Ma devo dire che, dopo le dichiarazioni della Bce degli ultimi giorni, di colpo diventa interessante anche qualche altro settore, tra cui quello bancario. Attualmente abbiamo in portafoglio più azioni Usa, tendenzialmente avere dollari significa approfittare della buona crescita americana e di un dollaro che sale, poi bisognerà scegliere quando cambiare cavallo radicalmente. Se penso, però, al 2015, credo che la borsa europea, intesa come indice Eurostoxx, dovrebbe sovraperfomare lo S&P Usa». Nei portafogli dei vostri fondi SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 122 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'INTERVISTA 01/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.40 - 1 dicembre 2014 Pag. 45 (diffusione:581000) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 123 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato spicca il peso del cash. Non rende troppo poco? «Il cash , se è nella valuta giusta, può rendere parecchio. Abbiamo avuto posizioni in corone norvegesi, in franchi svizzeri, comprate bene, e ora posizioni in dollari che si stanno comportando molto bene. Non dimentichi che per noi il cash è comunque rilevante come asset class. In ottobre, ad esempio, abbiamo ridotto parecchio le posizioni e questo ci ha permesso di soffrire meno la correzione dei mercati. Siamo abbastanza rapidi nel ridurre le posizioni, ma siamo anche abbastanza rapidi nel ricomporle, se pensiamo che il movimento sia stato una correzione di breve durata». S.DI MEO FONTE: FINANCIAL STABILITY BOARD Foto: Alcuni mercati sono su livelli molto alti e richiedono un po' di prudenza e dove ci sono utili stabili e dividendi stabili, di solito c'è più stabilità di prezzi Foto: Ottimista Arnoldo Valsangiacomo , di Ethna Funds 01/12/2014 Corriere Economia - N.40 - 1 dicembre 2014 Pag. 1.3 Cardani: ma i privati ora ci mettano i soldi edoardo segantini Angelo Cardani, dal luglio del 2012 presidente dell'Autorità per le comunicazioni (Agcom), non ha dubbi: «Il parternariato pubblico-privato può essere la soluzione. Ma acceleriamo». a pagina 3 Altro che connessioni a Internet veloci: l'Italia è troppo lenta. «Nella banda larga e soprattutto ultralarga, cioè oltre i 30 mega - dice Angelo Cardani, presidente dell'Autorità per le comunicazioni (Agcom) - siamo il fanalino di coda in Europa, con una copertura pari al 21% delle famiglie contro una media Ue del 62%: un fatto inaccettabile per uno dei maggiori Paesi industriali del mondo». Con quali conseguenze? «Due soprattutto: in generale una lentezza di reazione del sistema economico e, in particolare, una debolezza competitiva delle piccole e medie imprese, che ne rappresentano l'ossatura». Perché sottolinea proprio il secondo aspetto? «Perché è una priorità. Se le grandi imprese alla fin fine se la cavano da sole, con i collegamenti dedicati e ad alta capacità, le piccole dipendono totalmente dall'infrastruttura di accesso di Telecom Italia. L'arretramento tecnologico e organizzativo rischia così di danneggiare il nostro punto di forza». Il problema però sono gli investimenti: nessuno, a ec cezione di Vodafone, sembra avere abbastanza risorse per sostenerli. Vede un ruolo dello Stato, come in alcuni Paesi asiatici? «Quando sento parlare d'intervento dello Stato tendo a preoccuparmi. Il compito delle istituzioni dovrebbe essere più quello di monitorare e promuovere gli investimenti che quello di intervenire direttamente». Oggi però si discute di parternariato pubblico-privato. «Questo è un discorso decisamente più interessante. Però bisogna muoversi». Torniamo alle cause: perché l'Italia è così indietro nelle reti di nuova generazione? «Le ragioni sono molte e tra queste, certo, la spesso evocata mancanza delle reti televisive via cavo. Ma la vera domanda da farsi è chi ha interesse a rallentare l'innovazione». Ce lo dica lei. «Tutti coloro che non vedono di buon occhio la trasparenza, ai quali darebbe fastidio la maggior visibilità derivante da un'informazione veloce. I cittadini invece ne ricaverebbero soltanto benefici, perché potrebbero, ad esempio, confrontare i prezzi dei prodotti così come le biografie dei candidati elettorali. L'altro punto interrogativo riguarda la pubblica amministrazione». Perché la burocrazia frena l'innovazione ? «Perché con la connessione rapida delle tante istituzioni pubbliche aumenterebbe il potere dei cittadini rispetto a quello dei burocrati. Grandi e piccoli». Anche lei, in fondo, appartiene alla categoria. «Non uso questo termine in senso spregiativo. Ho servito dieci anni nella migliore burocrazia del mondo, che è quella di Bruxelles. Ma anche a Roma ci sono professionisti di calibro straordinario: purtroppo non rappresentano la media». A proposito di Bruxelles. Tra i temi più spinosi, sui quali la presidenza italiana sta cercando un compromesso in Europa, c'è il roaming, cioè il sovrapprezzo che viene addebitato quando usiamo il telefonino all'estero. «Mi limito a una considerazione di base: il sovrapprezzo è solo in minima parte giustificato da un differenziale di costo per gli operatori di telecomunicazioni. I quali, d'altro canto, attraversano un periodo di estrema difficoltà: sia per la crisi economica sia per l'abbassamento dei prezzi imposto dalla concorrenza». E dai regolatori, aggiungerei. Sia l'una che l'altro hanno compresso i loro margini. «Infatti. Perciò bisogna trovare un punto d'equilibrio tra i consumatori e le imprese. Impedire che l'eventuale riduzione dei ricavi da roaming si scarichi sugli utenti che non usano il telefonino all'estero. Il rischio, SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 124 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA L'Autorità 01/12/2014 Corriere Economia - N.40 - 1 dicembre 2014 Pag. 1.3 SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 125 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato indubbiamente, esiste». Parliamo di net neutrality , cioè l'idea che tutto il traffico Internet debba essere trattato allo stesso modo, senza corsie a pagamento. Come giudica l'iniziativa di Obama verso la Federal Communication Commissions a favore del "web libero"»? «Non esprimo giudizi sulla vicenda americana. In generale però osservo: la net neutrality è diventata una bandiera, e come tutte le bandiere è complicata da affrontare con argomenti tecnici. Web libero, per molti in buona fede, è ormai un mantra a tutela dei cittadini e dei consumatori. Ma dietro la battaglia sulla neutralità della rete si scorgono chiari interessi economici contrapposti». Qual è la priorità per gli utenti? «Il prezzo, senza dubbio, ma anche la qualità e la possibilità di accedere a servizi innovativi. Mi chiedo quale sarebbe la reazione dei consumatori se, quando in Italia arriverà Netflix con il suo streaming video, scoprissero che l'abbonamento funziona male perché la connessione Internet non è adeguata. Questo per dire che un compromesso ragionevole e non penalizzante per chi gestisce le reti dev'essere trovato anche a favore degli utenti». Pochi, grandi operatori di telecomunicazioni in America. Molti e più piccoli in Europa. I regolatori hanno spazi per agevolare le fusioni tra le società? «Non ci sono strumenti particolari: le operazioni devono essere guidate esclusivamente da considerazioni aziendali e di mercato. I regolatori e le autorità Antitrust possono vigilare, ma non c'è motivo di vietare fusioni se non creano posizioni dominanti e restrittive della concorrenza. Servono mercati aperti, non affollati». Come valuta l'iniziativa dei 110 parlamentari di rendere obbligatorio il wi-fi gratuito per i negozi con più di due dipendenti e gli uffici pubblici? «Il wi-fi è un potentissimo canale di fidelizzazione dell'utente. In un Paese come il nostro, una sua diffusione darebbe una spinta alla domanda di servizi e contenuti. Dunque sono a favore, ma vorrei valutare bene i dettagli. Non è ben chiaro, ad esempio, quali potrebbero essere gli effetti della promozione del wi-fi gratuito su tutto il territorio nazionale rispetto ai piani d'investimento degli operatori telefonici nelle infrastrutture di nuova generazione. Se fossero complementari, e non alternativi, l'effetto espansivo del digitale sarebbe massimo». [email protected] @SegantiniE © RIPRODUZIONE RISERVATA LE DECISIONI Gli interventi dell'Agcom sul regolamento del copyright (*) istanze ritirate, adizioni Ag s.F. Ordini di blocco 16% Adeguamenti spontanei 36% Archiviazioni Csp 16% Archiviazioni formali 21% Altre archiviazioni* 6% Procedimenti in corso 5% Totale istanze 140 Foto: Agcom Angelo Cardani, presidente dal luglio 2012 01/12/2014 Corriere Economia - N.40 - 1 dicembre 2014 Pag. 1.2 Web veloce Il piano Renzi divide Telecom e Vodafone fabio tamburini Banda larga o banda stretta? Dal punto di vista degli investimenti la differenza si misura in 6 miliardi di euro. Una cifra consistente che dovrà essere interamente a carico di partner privati se l'Italia vorrà, rapidamente, superare il gap tecnologico nei confronti degli altri paesi europei. Una partita tutta ancora da giocare che vede i contrapposti interessi di Telecom Italia, Vodafone, il fondo F2i, Fastweb e Metroweb. Con Il sottosegretario alla Presidenza, Graziano Delrio, nel ruolo di regista. a pagina 2 Il dado è tratto. Il governo ha finalmente deciso di dare una spallata per recuperare il tempo perso e promuovere gli investimenti necessari per la rete di fibra ottica ultra larga, considerata necessaria per giocare nella Serie A europea. Telecom Italia, ormai da qualche tempo, si è convinta che la rete fissa in rame, interamente ammortizzata, ha permesso livelli interessanti di profitti ma occorre andare oltre e procede a passo spedito nell'installazione della fibra. La Cassa depositi e prestiti (Cdp), azionista di riferimento del Fondo strategico italiano (Fsi) e partner di F2i (il fondo per le infrastrutture), è pronta a fare la sua parte utilizzando la partecipata Metroweb come leva per avere un ruolo chiave, sommando così la rete nelle telecomunicazioni a quelle dell'energia e del gas, che controlla già. Nodi sciolti Il rebus è attraverso quali alleanze. Vodafone ritiene che il cerchio stia per chiudersi, confinandola sul mercato italiano in ruoli marginali. Il sospetto è che proprio Metroweb, partecipata dalla Cdp tramite Fondo strategico e F2i, sia destinata a diventare il collante della nuova alleanza con Telecom Italia. Un'altra protagonista, Fastweb (del gruppo Swisscom), che ha poco più del 10 per cento di Metroweb e poteri di veto sulle operazioni straordinarie, avrebbe già dato un sostanziale via libera. Lo schema dell'operazione prevede l'entrata di Telecom Italia in Metroweb rilevando la partecipazione di F2i e il suo rafforzamento patrimoniale, facendone lo strumento per dare forte impulso agli investimenti nella rete in fibra ottica a banda ultra larga nelle città di maggior peso. Contemporaneamente la Cdp, secondo alcune indiscrezioni, potrebbe perfino investire direttamente in Telecom Italia. Passaggio smentito con forza da Cdp, interessata alla rete delle tlc da affiancare a quelle dell'energia e del gas ma non al passaggio successivo in Telecom. La reazione di Vodafone, seguita con attenzione da concorrenti come Wind-Infostrada, è stata di passare al contrattacco. Così è nata la manifestazione d'interesse per Metroweb, che ha l'obiettivo di riportare la palla al centro del campo. La partita, che si sta giocando con regole ancora da definire perché il piano proposto dal governo dev'essere ancora approvato, è la nascita della rete nazionale in fibra ottica a banda ultra larga, di potenza 100 megabit. Nella consapevolezza che dietro l'angolo, nei laboratori di ricerca e sviluppo, si sta mettendo a punto quanto serve per un salto di qualità ulteriore, che permetterà di arrivare ad almeno 200-300 megabit utilizzando le infrastrutture in via di allestimento, senza la necessità d'intervenire ancora per sostituirle. Il piano messo a punto dal governo è seguito personalmente da Graziano Delrio, sottosegretario alla presidenza del consiglio, con due collaboratori in trincea, entrambi molto vicini al premier, Matteo Renzi: Antonello Giacomelli, ex vicesindaco di Prato ed ex deputato del Pd, attualmente sottosegretario alle telecomunicazioni, e Raffaele Tiscar, vice segretario generale alla presidenza del consiglio. Sono loro che, nei prossimi giorni, tireranno le fila degli incontri avviati con le società del settore, chiamate a entrare nel merito delle proposte fatte. Ritardi da colmare Il punto di partenza è l'Italia come fanalino di coda in Europa. Gli investimenti ritenuti necessari per recuperare almeno parte del terreno superano i 12 miliardi di euro, di cui 6,2 miliardi arriveranno da fondi pubblici italiani e dai progetti presentati all'interno del piano di finanziamento degli investimenti nelle SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 126 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Governo La regia di Delrio sulla banda larga 01/12/2014 Corriere Economia - N.40 - 1 dicembre 2014 Pag. 1.2 SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 127 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato infrastrutture presentato dal nuovo presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. Gli altri 6 miliardi verranno messi dai privati che, grazie al decreto Sblocca Italia, possono contare su una significativa defiscalizzazione degli investimenti e su altrettanto significative semplificazioni dei permessi amministrativi necessari per i lavori. Il traguardo fissato è assicurare entro il 2020 servizi ad almeno 100 megabit per l'85 per cento della popolazione, con il restante 15 per cento collegato a 30 megabit. Metroweb viene considerato lo strumento ideale per passare dalle parole ai fatti e Telecom Italia intende tenere saldamente il pallino, confermando il ruolo di campione nazionale e disposta a concedere soltanto garanzie adeguate per gli altri operatori che intendono utilizzare la rete. Vodafone sta cercando di far passare un modello opposto, con Metroweb che diventerebbe stanza di compensazione delle società di tlc interessate agli investimenti in banda larga. Le lobby sono al lavoro. © RIPRODUZIONE RISERVATA S. Franchino Fonte: elaborazione Agcom su Digital Agenda Scoreboard I dati si riferiscono alla percentuale di abitazioni coperta con banda superiore ai 30 Mbps Malta Belgio Olanda Lituania Lussemburgo Lettonia Portogallo Danimarca Regno Unito Cipro Ungheria Germania Estonia Slovenia Finlandia Svezia Austria Bulgaria Romania Spagna Rep. Ceca Unione europea Slovacchia Irlanda Polonia Francia Croazia Grecia Italia 0 25 50 75 100 L'Italia è il fanalino di coda in Europa, con una copertura delle reti a banda ultra larga pari al 21% delle famiglie contro una media europea del 62% dp è convinta che la rete fissa delle telecomunicazioni sia strategica per il Paese e ritiene necessario recuperare il ritardo accumulato. Metroweb è la carta che può giocare insieme agli investimenti del Fondo strategico (Fsi) C odafone teme di essere tagliata fuori dall'accordo strategico tra Telecom Italia e Cassa depositi e prestiti, che è azionista di Metroweb. Per questo ha presentato una manifestazione d'interesse per l'acquisto della società V elecom Italia ha colto fino in fondo le opportunità offerte dalla rete fissa in rame. Ora, con l'acquisto di Metroweb, cerca di chiudere la partita assicurandosi il governo della rete in fibra ottica ultra larga T I PROTAGONISTI IN CAMPO IL CONFRONTO MARCO PATUANO, amministratore delegato di Telecom Italia ALDO BISIO, amministratore delegato di Vodafone FRANCO BASSANINI, presidente Cassa depositi e prestiti e Metroweb S. Franchino Foto: Governo Graziano Delrio 01/12/2014 Corriere Economia - N.40 - 1 dicembre 2014 Pag. 16 «Risorse umane, queste sconosciute» Lundquist: efficaci sulla trasparenza, poco attenti agli aspetti sociali M. SID. C i sono i primi segnali di ripresa. Dopo diversi anni la ricerca Webranking segnala uno sviluppo positivo nel campione italiano e molte aziende hanno segnato decisi miglioramenti di punteggio». Joakim Lundquist, fondatore dell'omonima società specializzata in comunicazione corporate online, vede dal suo punto di vista privilegiato un'Italia che, come avrebbe detto Galileo Galilei, eppur si muove. Intende dire che la cultura della comunicazione finanziaria online sta prendendo piede? Quali sono gli indizi? «La maggior parte dei nuovi siti lanciati, per esempio, sono responsive (cioè si adattano automaticamente al tipo di device dal quale avviene l'accesso, ndr ) e questo significa una forte attenzione verso l'accessibilità del sito tramite il mobile, una delle tendenze tecnologiche più importanti nel mondo web. A onor del vero, nonostante i segnali di ripresa, emerge comunque che la maggior parte dei siti non soddisfano le esigenze di trasparenza e dialogo, senza contare che spesso sono assenti sui social media». Qual è il comportamento delle matricole di Borsa? «Quest'anno sono entrate sei neo quotate all'interno della ricerca Webranking. Tuttavia, la performance molto bassa indica che il sito corporate non viene considerato uno strumento chiave per comunicare e attrarre investitori. In particolare la sezione investor relations è quella che ottiene il risultato più basso». Eppure dobbiamo dare atto alle società italiane di reggere il confronto europeo. «Le aziende italiane dimostrano di essere allineate per quanto riguarda le informazioni legate alla disclosure (risultati finanziari, performance azionarie, governance). Le aree dove sono maggiormente carenti sono quelle che riguardano le informazioni sul futuro dell'azienda (strategia, innovazione, rischi) e quelle non finanziarie come la sostenibilità e le risorse umane». Come superare questo gap? «Per andare al di là della disclosure serve un'adeguata organizzazione interna, in cui il team digitale sia trasversale alle diverse aree di business». © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Analisi della Rete Joakim Lundquist SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 128 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA L'esperto Le matricole di Borsa bocciate in dialogo web con gli azionisti 01/12/2014 Corriere Economia - N.40 - 1 dicembre 2014 Pag. 1.24 Imposte locali Tasi e Imu: il doppio colpo dei Comuni La base imponibile è la stessa, ma ogni tributo ha le sue regole Ecco come orientarsi per non sbagliare e pagare il giusto stefano poggi longostrevi Una doppietta per i Comuni. Entro il 16 dicembre i proprietari immobiliari devono mettere mano al portafoglio per saldare il conto delle due imposte locali: la vecchia Imu e la neonata Tasi. Una scadenza pesante soprattutto per i possessori di seconde case o di immobili affittati. Che spesso scontano entrambe le imposte. Ricordiamo che l'Imu non è più dovuta sull'abitazione principale e relative pertinenze (box o posto auto, cantina o solaio) nei limiti di una per categoria catastale (C/2, C/6, C/7). Va invece versata per le abitazioni principali di maggior pregio, ossia quelle di categoria A/1 (immobili signorili), A/8 (ville) e A/9 (castelli e palazzi). Ai fini Imu per abitazione principale si intende un'unica unità immobiliare ad uso abitativo, nella quale il contribuente e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Le due circostanze devono coesistere. L'Imu colpisce anche gli immobili tenuti a disposizione, come le seconde case, e quelli affittati o sfitti. E si paga anche sugli immobili dati in uso gratuito a figli o parenti di primo grado, salvo i rari casi in cui il Comune li abbia assimilati all'abitazione principale, sulle pertinenze non della prima casa o comunque non agevolabili come ad esempio il secondo box oppure la seconda cantina. L'Imu si versa anche per gli uffici, negozi, depositi, capannoni, altri immobili commerciali e industriali e per le aree fabbricabili (conta il valore commerciale al primo gennaio 2014) da chiunque posseduti. L'Imu si applica anche sui terreni agricoli, pur se incolti inclusi gli orticelli, con esclusione di quelli ricadenti in aree montane o di collina, salvo che l'importo dovuto sia fino al minimo di legge di 12 euro o al minore importo stabilito dal Comune. Dal 2014 sono esclusi gli immobili-merce posseduti dalla società che li ha costruiti per la vendita e rimasti invenduti, a condizione che non vengano locati. Gli obbligati Devono versare l'Imu tutti i proprietari di immobili situati sul territorio italiano e tutti coloro che sono titolari di un diritto reale di godimento, come l'usufruttuario o chi ha il diritto d'abitazione, uso, enfiteusi e di superficie. L'imposta va versata anche dalle società per gli immobili posseduti, anche se utilizzati nell'esercizio della propria attività, con la sola eccezione degli immobili merce destinati alla vendita. Se ci sono più comproprietari - o più contitolari di un diritto reale - l'Imu va pagata da ciascuno in proporzione alla propria quota e con versamenti separati. Per gli immobili in locazione finanziaria paga l'utilizzatore e non la società di leasing. La base imponibile Il meccanismo di calcolo dell'imponibile Imu è per fortuna analogo a quello degli scorsi anni ed è lo stesso anche per la Tasi. Si parte sempre dalla rendita catastale attribuita all'immobile al 1° gennaio dell'anno che deve essere rivalutata del 5%. La rendita rivalutata va poi moltiplicata per il relativo coefficiente moltiplicatore che varia a seconda del tipo di immobile (vedi tabella). I moltiplicatori principali sono 160 per le abitazioni gruppo catastale A, escluso A/10 (uffici) - e le unità immobiliari delle categorie C/2, C/6 e C/7 (cantine, solai, box, posti auto, tettoie); 80 per gli uffici (A10); 55 per i fabbricati della categoria C/1 (negozi e botteghe). I moltiplicatori, nei casi di imposizioni, sono da utilizzare anche per la Tasi. Al totale così ottenuto si applicano le aliquote Imu previste dal comune. Per i terreni il valore imponibile si ottiene moltiplicando il reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1° gennaio, rivalutato del 25% e moltiplicato poi per 135 (o 75 se il titolare è coltivatore diretto o imprenditore agricolo). (Associazione italiana SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 129 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Scadenze/1 Entro martedì 16 dicembre il versamento della seconda rata 01/12/2014 Corriere Economia - N.40 - 1 dicembre 2014 Pag. 1.24 SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 130 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato dottori commercialisti ) IMU Principale, tranne categoria A/1, A/8, A/9 No Pertinenziale ad abitazione principale (uno solo) No Utilizzati direttamente o non locati Sì Principale (categoria A/1, A/8, A/9) Sì Dipende dal Comune A disposizione Sì Data in comodato a figlio o genitore Locata - proprietario Sì Locata proprietario Sì Locata - inquilino No Locata - inquilino No CHI PAGA Immobili ad uso produttivo, gruppo catastale D, allo Stato Immobili ad uso produttivo, gruppo catastale D, al Comune Terreni Aree fabbricabili Altri fabbricati Abitazione principale e pertinenze (solo categorie catastali A/1, A/8 e A/9) 3912 3914 3916 3918 3925 3930 I CODICI TRIBUTO PER L'IMU Box Immobili NON residenziali Abitazione Immobili e categoria catastale (1) da applicare alla rendita catastale maggiorata del 5% Come si calcola la base imponibile dell'Imu, esclusa l'abitazione principale e pertinenze tranne A1, A8 e A9. I moltiplicatori valgono anche per la Tasi (se gli immobili vi sono soggetti) IL GIOCO DEI MOLTIPLICATORI Abitazioni (categorie catastali A, tranne A 10) e pertinenze: cantine e soffitte (C2); box e autorimesse (C6), tettoie (C7) Moltiplicatori Imu1 160 Immobili a uso collettivo (categoria B) Laboratori artigianali, stabilimenti balneari (C/3, C/4, C/5) 140 Immobili a destinazione speciale (categoria D, escluso D/5) 65 Terreni agricoli (coltivatori diretti o imprenditore agricolo professionale) 75 Uffici e studi (A10), banche e assicurazioni (D5) 80 Negozi (C1) 55 Terreni (agricoli e non) 135 140 La mappa per l'Imu... N S S. Franchino 01/12/2014 Corriere Economia - N.40 - 1 dicembre 2014 Pag. 36 Infrastrutture Lo stop ci costa 800 miliardi Per recuperare il gap ne servono almeno 180. Ma il credito è bloccato. Gilardoni: «Incentivare i fondi pensione a investire» Troppo dipendenti dall'estero. Una bolletta da 56 miliardi elena comelli Con 180 miliardi d'investimenti da qui al 2030, di cui 37 in impianti energetici e 6 in termovalorizzatori, l'Italia potrebbe ripianare il suo deficit infrastrutturale. Ma, se non se ne farà nulla, i costi netti a cui andremo incontro in termini di competitività e danni sociali saranno molto più alti: oltre 800 miliardi, di cui 124 nell'energia e ambiente, 260 nei trasporti e logistica e 425 nelle telecom. «Il problema è che le banche ormai non finanziano più le infrastrutture, per cui bisogna attrarre dei finanziatori diversi, gli unici che abbiano liquidità da investire: i fondi pensione, le compagnie assicurative e i fondi sovrani», spiega Andrea Gilardoni, professore della Bocconi e fondatore dell'«Osservatorio sui Costi del Non Fare», da una decina d'anni impegnato a calcolare i costi dei ritardi infrastrutturali, che domani saranno presentati a Roma e che il Corriere Economia ha potuto consultare. Incentivi Il blocco del credito, per Gilardoni, è la barriera più importante da superare e quindi la sua proposta per rimettere in moto i cantieri fermi sarebbe la detassazione per i proventi dei fondi pensione derivati da investimenti infrastrutturali. «In questo modo si darebbe un forte incentivo ai fondi, che in via di principio sono restii a questo tipo d'investimenti, percepiti come troppo rischiosi», rileva. Al momento attuale, invece, l'Italia procede nella direzione opposta, con la nuova tassazione delle rendite finanziarie. Gli unici fortemente interessati agli investimenti nelle infrastrutture nazionali sono i cinesi, che sono già sbarcati nelle reti energetiche e ora si apprestano a spartirsi le centrali italiane di E.On. «Ma ci mancano completamente i fondi pensione e le compagnie assicurative, che invece all'estero hanno già investito molto, soprattutto nelle fonti rinnovabili, come la tedesca Allianz o la francese Axa», precisa Gilardoni. La crescita infrastrutturale del Paese consentirebbe anche alle imprese nazionali di partecipare al forte sviluppo di questo settore a livello globale. «Il fabbisogno globale d'investimenti infrastrutturali da qui al 2030 supera i 50mila miliardi di dollari e il ruolo dell'industria italiana in questo enorme cantiere per ora è molto limitato», precisa Gilardoni. Uno dei campioni «rompighiaccio» è stata l'Enel, che oggi è in fase di ritiro, con la vendita ormai finalizzata della spagnola Endesa, acquisita nel 2007, e ha già diverse proposte sul tavolo, fra cui quella dell'ungherese Mol, per la cessione della slovacca Slovenske Elektrarne, inglobata nel 2006. Solo Enel Green Power continua a investire sistematicamente all'estero, dove c'è solo l'imbarazzo della scelta nel mercato in fortissima crescita delle rinnovabili. Numeri Ma anche nelle fonti pulite italiane vale la pena d'investire, secondo il rapporto: arriva a ben 24 gigawatt, per un investimento complessivo di 28 miliardi, il fabbisogno nazionale di fonti pulite da qui al 2030, per metterci in linea con gli obiettivi europei. E per la prima volta quest'anno si parla chiaramente di «sostituzione» e non di aggiunta delle nuove fonti ai vecchi impianti di produzione a fonti fossili, per arrivare nel 2030 a un mix produttivo composto al 52% di rinnovabili e 48% di fossili. Sembra una strategia irrazionale, in un sistema elettrico che è già ampiamente sovradimensionato per le attuali esigenze del Paese, ma «la mancata sostituzione delle produzioni termoelettriche con oltre 24.000 megawatt di impianti da fonti rinnovabili costerebbe alla collettività più di 55 miliardi di euro per costi di approvvigionamento dei combustibili, per posti di lavoro non creati, per maggiori emissioni e per minori benefici per l'industria italiana», dice il rapporto. La strategia energetica del Paese, secondo Gilardoni, dovrebbe puntare soprattutto a ridurre la forte dipendenza dall'estero e la bolletta petrolifera sproporzionata, che nel 2013 ci è costata 56 miliardi. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 131 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Analisi I risultati dei «Costi del non fare» che saranno presentati domani 01/12/2014 Corriere Economia - N.40 - 1 dicembre 2014 Pag. 36 SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 132 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Per uscire definitivamente dall'emergenza rifiuti servirebbero 33 nuovi termovalorizzatori e per evitare altre condanne europee sull'approvvigionamento idrico andrebbero sostituiti 110mila chilometri di acquedotti e installati 16 milioni di depuratori. Il tutto per un investimento di 58 miliardi. Meno della metà dei 124 miliardi di costi che dovremmo sobbarcarci nel caso di un nulla di fatto. @elencomelli © RIPRODUZIONE RISERVATA Telecom Ferrovie Viabilità Logistica Energia Idrico Rifiuti I RITARDI DA COLMARE... Fabbisogni infrastrutturali e costi del non fare, 2014-2030. Dati in miliardi di euro ... E I POSSIBILI CAPITALI DA SFRUTTARE Asset gestiti dai principali investitori istituzionali nel mondo. Dati in miliardi di dollari 424,7 113,8 74,7 71,95 69,285 49,28 4,1 25 20 15 10 5 0 2008 2009 2010 2011 2012 24,5 21,7 4,65 3,27 0,21 Assicurazioni Fondi pensione Fondi sovrani Fondi private equity Fondi infrastrutturali S. Avaltroni Totale 807,815 miliardi S. Avaltroni 29/11/2014 Milano Finanza - N.235 - 29 novembre 2014 Pag. 1 (diffusione:100933, tiratura:169909) Paolo Panerai Il sentiment delle case di investimento, da Morgan Stanley a Pimco, da Fidelity a Deutsche Bank, è positivo per l'anno nuovo che sta per arrivare. Anche sull'Italia. Nei road show o nelle conversazioni che le reti di promotori stanno organizzando in questo fine anno con i clienti, il punto di vista è convergente: nel 2015 ci sarà una crescita in Europa dell'1,8%, ancora bassa rispetto a quanto serve per creare posti di lavoro, ma nettamente superiore all'1% scarso che si sta registrando nel 2014. E ciò che conta è il quasi raddoppio del segno più. A giudizio di quasi tutte le case, anche l'Italia ne beneficerà, riportando il segno del prodotto interno lordo da negativo, cioè dalla recessione, alla crescita anche se assai modesta. L'opinione quasi generale è che sul piano degli investimenti occorrerà dimenticarsi di un portafoglio di rendita basato sulle obbligazioni e in particolare sui titoli di Stato, anche di quelli italiani, come dimostra il continuo calo del Btp decennale, arrivato a record storici di rendimento così basso da sfiorare il 2%. Il mercato, infatti, attende come certo l'arrivo ai primi del 2015 degli acquisti da parte della Banca centrale europea (Bce) ripetutamente annunciati dal presidente Mario Draghi. Per questo il suggerimento è di dare maggiore delega ai gestori perché possano attuare una politica di investimenti cosiddetta flessibile, quindi con un portafoglio mobile per cogliere le opportunità che il settore azionario può offrire. E sul fatto che chi vuole avere d'ora in poi rendimenti intorno al 5-6% debba aumentare il suo livello di rischio e guardare alle azioni, è d'accordo anche una banca come N.M. media di un moderato ottimismo, esistono anche visioni pessimistiche, come, per esempio, quella di Carlo De Benedetti, che di borsa e investimenti se ne intende sia pure da una posizione essenzialmente ribassista; o come quella del presidente della Commissione della Ue, JeanClaude Juncker, che appena è stato attaccato dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha subito sputato fuori il suo giudizio autentico sull'Italia: ma cosa parlate voi che avete un debito pubblico al 134%. Ecco, questa è la visione del finanziere puro, quale Juncker è stato da primo ministro del Lussemburgo, facendolo diventare il paradiso dei capitali corsari, quelli che sono stati in prima linea nell'attacco ai titoli di Stato di pochi anni fa e che da quell'attacco, ben organizzato, hanno portato a casa guadagni enormi. Non è peregrina, pertanto, la tesi sostenuta da economisti seri e non convenzionali che dietro quelle parole di Juncker sul debito strabordante dello Stato italiano ci sia sempre il pensiero che, sotto questo peso, l'Italia non si risolleverà se non chi sa fra quanti anni e che quindi, nel contesto di una caduta dei rendimenti ordinari, si può sempre replicare l'attacco ben riuscito durante l'ultimo periodo (infausto) dell'ultimo governo Berlusconi. Per la semplice ragione che nell'impossibilità dell'Italia di stampare moneta in maniera diretta, nell'impossibilità di aumentare ulteriormente la pressione fiscale già soffocante, quel debito è strumentalizzabile facilmente. Dietro le parole di Juncker c'era il sottinteso dell'entrata in vigore prossimamente (se non ci sarà un ripensamento, assai improbabile) del cosiddetto Fiscal compact che impone agli Stati membri di riportare il debito verso il pil al 60%. Una follia: vorrebbe dire tagliarlo ogni anno (essendo il periodo concesso 20 anni) di oltre il 3,5% all'anno, essendo l'eccesso pari al 74% (134 meno 60). Poiché il debito in valori assoluti supera abbondantemente i 2 mila miliardi, vuol dire per i primi anni tagliare il debito di circa 70 miliardi di euro. Se si pensa che anche questo governo ha dovuto lottare disperatamente per tagliare di una quindicina di miliardi i costi del Paese, proprio mentre il Paese avrebbe bisogno di investimenti pubblici in infrastrutture per dare una spinta alla ripresa e alla creazione di posti di lavoro, la prospettiva che sta davanti all'Italia e agli italiani è terrificante, anche se potrebbero dare un aiuto due fattori: la crescita del pil, che pesa nel rapporto con il debito, e la ripresa dell'inflazione. Inflazione che comunque la Bce deve tenere sotto controllo e non far salire a più del 2%, tetto che stima venga raggiunto in circa cinque anni visto che ora, in particolare in Italia, domina la deflazione, cioè il calo dei prezzi. Per anni molti economisti hanno teorizzato la sostenibilità del debito italiano grazie a un'inflazione molto alta e a una crescita comunque superiore al 3%. Sono anni che questo non succede più. Appare quindi temeraria (oltre che conformista) l'affermazione del pur bravo ministro dell'Economia, Pier SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 133 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ORSI&TORI 29/11/2014 Milano Finanza - N.235 - 29 novembre 2014 Pag. 1 (diffusione:100933, tiratura:169909) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 134 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Carlo Padoan, con scuola Fondo monetario e Ocse, che giovedì 27 ha affermato letteralmente in Parlamento: «... La via maestra per ridurre il rapporto debito/pil è accrescere il pil. Le altre soluzioni spesso adombrate dalla stampa in maniera esplicita o ambigua sono pericolose...». Chi può dire che la via maestra per ridurre il rapporto debito/ pil è la crescita del pil? Come chi potrebbe dire che non è razionale affermare che la via maestra per migliorare il rapporto è tagliare il pil? L'affermazione del ministro Padoan è temeraria perché non è mai riuscito a nessun Paese ma anche a nessuna azienda risanarsi operando solo dal lato della crescita del fatturato. Anzi, quando un'azienda punta solo sulla crescita del fatturato arriva nel 99% dei casi al fallimento. E perché ciò non avvenga basta che il debito eguagli il fatturato, mentre nel caso dell'Italia siamo addirittura al 134%. Le aziende super indebitate si salvano certo perseguendo l'aumento dei ricavi ma anche, se non soprattutto, nel caso abbiano un patrimonio consistente, vendendone una parte. Ed è quello che questo giornale e gli economisti di altissima qualità riuniti in L'Italia c'è sostengono da tempo: e cioè che lo Stato per salvarsi da altre crisi drammatiche come quella che ancora si sta vivendo, con milioni di disoccupati che inevitabilmente molto presto scenderanno nelle piazze, debba alienare parte del suo patrimonio, principalmente immobiliare, perché è una leggenda metropolitana che bastano le privatizzazioni e che le privatizzazioni hanno comunque il vantaggio in più di aumentare la concorrenza: ormai da vendere, dopo le sciagurate svendite della grande fase delle privatizzazioni durante il governo Prodi per poter entrare nell'euro, c'è ben poco a meno che non si voglia perdere il controllo (ma il presidente Renzi non lo vuole) di campioni (come li chiamano in ( Francia) quali Eni, Enel, Terna, Ferrovie, Poste. Certo, Ferrovie e Poste sono da quotare e qualche miliardo sarà incassabile, ma non scalfiranno neppure il grande macigno del debito. Quindi, Caro Professor Padoan, comprendiamo lo spirito con cui sprona ad aumentare il fatturato, ma ogni governo, dei tanti passati, ha sempre detto che con la crescita del fatturato metteva a posto le cose; e sì che allora c'era, ad aiutare, l'inflazione e la crescita era di alcuni punti, non di frazione di punti. Per questo, Caro Professore, le segnalo, perché lo legga, il lungo ma profondo articolo di un professore che la stima molto, Roberto Poli, che all'interno di questo numero, dopo uno studio accurato, fornisce numeri e conseguenze di questi numeri che dovrebbero spingerla a ripensare alla necessità assoluta di un intervento straordinario sul debito Italia, visto che gli asset (soprattutto ma non solo immobiliari, si pensi alle concessioni, alle aziende municipalizzate...) non mancano. Provi a interrogare sindaci e amministratori delle regioni che hanno avuto assegnato dallo Stato immobili per la sciagurata devoluzione del federalismo. Provi a chiedere se preferirebbero veder sgravato il loro debito, che concorre al debito pubblico calcolato da Eurostat, con la restituzione di questi immobili che non rendono e anzi gli costano. Non abbia timore che il popolo italiano possa ribellarsi alla vendita di palazzi, caserme, spiagge ecc.; né che gli speculatori possano con ciò giustificare un nuovo attacco ai titoli di Stato, per il fatto che il patrimonio idealmente a garanzia viene venduto. I primi, con la formula del Fondo degli italiani a cui conferire gli asset, potranno partecipare a quella proprietà pagando con titoli di Stato e comunque lo Stato potrà conservare la maggioranza relativa del fondo; ai secondi basterà mostrare che le vendite sono avvenute al valore corretto e che il debito si è ridotto di pari importo, per tarpargli le ali della speculazione. Anzi, appena dovesse essere fatto un annuncio di operazione straordinaria (non certo una patrimoniale) per ridurre il debito, basterà quell'annuncio a far scomparire lo spread rispetto al Bund tedesco, perché l'Italia non sarà più l'anomalo Paese super indebitato che a ogni stormir di fronde rischia di nuovo una grande crisi. Forse anche un economista del Suo valore deve riflettere che il mondo e in particolare l'Italia non avevano mai avuto una crisi come quella che stiamo vivendo e che quindi non bastano i metodi classici, ponendo come obiettivo soltanto la crescita del pil, per salvare il Paese. Vuole un dato già reso pubblico dal professor Poli recentemente? Negli ultimi 20 anni l'Italia ha pagato 1.650 miliardi di interessi del debito; la Germania circa 1.200; la Francia e la Spagna sensibilmente meno. Ecco, all'Italia mancano quei 500 miliardi. Se fossero stati impiegati per investimenti o per garantire una pressione fiscale umana a famiglie e imprese, l'Italia non sarebbe a questo punto. Basterebbe ciò per capire che non si può più contare sull'ipotetica crescita del pil e dell'inflazione per tornare un Paese normale. Ma, per favore, legga quanto ha analizzato e concluso il professor Poli e troverà le ragioni per ripensare alla sua convinzione 29/11/2014 Milano Finanza - N.235 - 29 novembre 2014 Pag. 1 (diffusione:100933, tiratura:169909) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 135 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato che la via maestra sia solo quella della crescita del pil. Grazie, se dedicherà il suo scarsissimo tempo a questa lettura. (riproduzione riservata) Paolo Panerai FTSE MIB DELLA SETTIMANA +0,30% Atlantia +3,00 Autogrill +6,40 Azimut +6,02 A2a +0,30 B Pop Milano +3,25 Bco Popolare +6,43 Bper +6,24 Buzzi Unicem +0,25 Campari +2,00 Cnh Industrial -6,74 Enel +2,81 Enel G. Power +2,06 Eni -6,52 Exor +2,08 Ferragamo +3,01 Fiat +1,11 Finmeccanica +3,17 Generali +1,10 Gtech -1,34 IntesaSanpaolo +4,82 Luxottica +2,90 Mediaset +3,90 Mediobanca +1,98 Mediolanum +1,18 Moncler +2,14 Mps -3,71 Pirelli e C. +0,53 Prysmian -3,22 Saipem -13,78 Snam +0,71 Stm +2,54 Telecom Italia -1,47 Tenaris -11,04 Terna -0,10 Tod's +1,71 Ubi Banca +4,57 Unicredit +2,94 UnipolSai +0,61 World D. Free +5,92 Yoox +9,87 FTSE All Share +0,36 FTSE Mid Cap +1,64 MF ITALY40 Large cap www.milanofinanza.it/mfitaly 29/11/2014 Milano Finanza - N.235 - 29 novembre 2014 Pag. 1 (diffusione:100933, tiratura:169909) il tagliadebito si puo e si deve fare Ma ci vuole una cabina di regia con poteri forti. Roberto Poli il tagliadebito si puo e si deve fare Ma ci vuole una cabina di regia con poteri forti. L'Italia deve fare una scelta di fondo: se cercare di dimostrare ai cittadini italiani e all'Unione Europea che il suo enorme debito pubblico è sostenibile anche grazie ai consistenti avanzi primari da realizzare nei prossimi anni in un contesto di crescita del Pil reale e soprattutto nominale, oppure se effettuare una coraggiosa e importante manovra straordinaria sullo stock del suo debito pubblico per riportarlo (in % del pil) a livello di quello esistente negli altri grandi paesi europei. L'EVOLUZIONE NEGLI ULTIMI 20 ANNI Per effettuare questa scelta è fondamentale tenere presente che: 1Per decenni, fino al 1980, la stabilità del debito pubblico italiano è stata garantita attraverso la tassa occulta dell'inflazione consentendo ai governi di avere mano libera sulla spesa finanziata in disavanzo con elevati tassi di interesse e conseguente incremento del debito, in larga parte detenuto dai risparmiatori italiani che avevano un reddito interessante. Era un patto sociale sui generis: i privati che non adempivano a pieno il proprio dovere di contribuenti avevano risorse che potevano impiegare senza timore alcuno in titoli di Stato, mentre aumentavano così i loro risparmi e in contropartita rendevano ampiamente agibile un aumento continuo del debito pubblico. È importante esaminare i tassi di inflazione su un arco temporale lungo (vedere tabella 1): dall'anno della creazione della Comunità Economica Europea fino alla creazione dell'Unione Europea. Si percepisce chiaramente che l'inflazione non era un fenomeno solo italiano ma generalizzato alle maggiori economie dell'Ocse, anche se in Italia aveva avuto valori più elevati. La dimensione eccezionale del periodo 1973/1984 è soprattutto una conseguenza degli shock petroliferi. È quindi ragionevole pensare che quando fu sottoscritto il trattato di Maastricht (1992) l'obiettivo principale di costruzione dell'Unione avesse come sottofondo culturale quello di mantenere sotto controllo l'andamento dei prezzi con il conseguente mantenimento del potere di acquisto dell'area euro. E questa è stata la missione attribuita alla Bce. Da qui i parametri fissati (deficit/ pil e debito/pil), una rigidità che obbediva al criterio di costringere i Paesi firmatari del trattato a un processo di convergenza per la creazione dell'euro, avvenuta sette anni dopo. Il bilancio pubblico non doveva spiazzare con il deficit l'allocazione del risparmio e non doveva contribuire con il deficit spending a incrementare la tensione sui prezzi. 2L'Italia è l'unico grande Paese europeo che negli ultimi 20 anni (avendo nel 1992 un rapporto debito/pil fuori norma) ha basato la sua politica di abbattimento del debito mediante avanzi primari: Francia e Spagna hanno consuntivato grandi disavanzi, la Germania ha avuto un saldo praticamente nullo. Ma oltre al consistente avanzo primario l'Italia ha realizzato nel ventennio operazioni straordinarie per circa 185 miliardi (privatizzazioni per 140, cartolarizzazioni, crediti previdenziali per 26, vendita immobili per 20) tutte nel periodo fino al 2007. 3Dall'esame (vedere tabella 2) delle evoluzioni del pil (nominale e reale), dello stock di debito e del saldo primario cumulato nei diversi Paesi, si desume che nel ventennio i Paesi che hanno aumentato di più lo stock di debito e hanno registrato saldi primari negativi (Francia e Spagna) sono quelli che hanno registrato un maggior incremento di pil reale. In sintesi, una politica espansiva che ha favorito la crescita in Francia e Spagna. La Germania con un aumento percentuale dello stock di debito più contenuto (comunque superiorea quello italiano) e un pareggio primario, ha raggiunto ugualmente il risultato di un aumento del pil reale adeguato anche per le riforme attuate nel frattempo. L'Italia è il Paese che ha sofferto di più. Il pil reale in 20 anni è aumentato soltanto del 15%, meno della metà di Francia e Germania, meno di 1/3 della Spagna. È proprio l'Italia che è andata in controtendenza rispetto agli altri con aumento dello stock di debito il più basso in assoluto, scelta obbligata per il peccato originale dell'eccesso di debito nel 1992. Ma il suo stock è cresciuto di meno, anche per l'effetto dell'imponente processo di privatizzazione realizzato dal 1993 al 2000; senza questo l'incremento dello stock sarebbe statoa fine 2013 del 165% (invece del 143%), comunque il più basso tra i Paesi considerati. 4Avendo a mente che la SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 136 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVENTO DEL PROFESSOR ROBERTO POLI 29/11/2014 Milano Finanza - N.235 - 29 novembre 2014 Pag. 1 (diffusione:100933, tiratura:169909) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 137 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato crisi prima finanziaria e poi economica che si è avuta a livello mondiale dal 2008 ha cambiato il mondo,è opportuno disaggregare i dati in due sottoperiodi, prima e dopo la crisi, per cui la situazione si presenta come rappresentata nella tabella riportata. Nei 15 anni dal 1993 al 2007 la politica seguita in Italia di realizzare sia importanti avanzi primari sia imponenti processi di privatizzazioni sembra avere funzionato in quanto, nonostante il peso enorme degli interessi passivi, ha consentito di contenere sia i deficit sia l'aumento del debito. Infatti l'avanzo primario ha coperto il 40% degli interessi passivi. Il pil reale è aumentato del 26%, cioè uguale alla Germania (26%) e leggermente inferiore a quello della Francia (35%). A fine periodo (2007) il rapporto debito/pil, anche per il contributo dell'importante processo di privatizzazioni realizzato tra il 1993 e il 2000, è 103,3, sostanzialmente identico a quello del 1992 (104,7); senza le privatizzazioni il rapporto sarebbe stato circa 126. Nei successivi sei anni dal 2008 al 2013 (gli anni della crisi) sono mancate le privatizzazioni e gli avanzi primari sono stati modesti rispetto al passato. La più grave crisi economica del dopoguerra ha avuto un effetto dirompente. Francia e Spagna hanno attuato una politica fortemente espansiva: in soli sei anni hanno aumentato il loro stock di debito pubblico rispettivamente del 60 e del 150% (in Italia l'aumento è del 28%), realizzando deficit cumulati molto rilevanti, superiori in valore assoluto a quelli dei precedenti 15 anni e ottenendo un risultato modesto in termini di incremento del pil reale: 0% per Francia e -6% per Spagna. L'Italia si è trovata stretta nella morsa da una parte del suo debito eccessivo e dall'altra dalla mancata attuazione delle riforme, con lo spread che nel 2011 è salito sopra 500 punti base; è stato formato un governo di emergenza per attuare politiche restrittive: aumento della tassazione sugli immobili, sulla ricchezza finanziaria privata e addirittura è stata ritoccata l'Iva. Ma la politica del rigore assoluto ha causato una diminuzione generalizzata dei valori immobiliari e una riduzione del reddito da risparmi. Tutto ciò che ne è derivato è sotto gli occhi di tutti. Si sono finora persi nove punti di pil reale e quello nominale è invariato, per cui il rapporto debito/ pil (rilevante ai fini del rispetto del Patto di stabilità e sviluppo) si è deteriorato. Negli ultimi quattro anni si sono susseguiti quattro governi diversi, ciascuno con ministri dell'Economia e dello Sviluppo economico diversi dai precedenti, ma il prodotto non è cambiato. Già il primo anno di piano presentaa consuntivo dati peggiori di quanto era stato previsto e sempre con un pil negativo. Occorrerebbe forse approfondire i criteri di redazione di quei documenti. 5È evidente la necessità per l'Italia di realizzare riforme incisive sia di tipo istituzionale sia di tipo economico e il governo attuale sembra aver compreso questa necessità. In aggiunta al peggioramento dei fondamentali di finanza pubblica si verifica una nuova emergenza: una forte disinflazione già realizzata in tutta Europa rischia di arrivare addirittura alla deflazione. Proprio per cercare di evitarla, nel mondo sono stati attuati provvedimenti di espansione della base monetaria (Usa, Giappone, Uk) e una politica keynesiana di stimolo della domanda. Viceversa nei paesi euro il rigore teutonico prevale e le conseguenze sono note. Negli ultimi sei mesi la diminuzione di circa il 30% dei prezzi del petrolio da un lato per l'Italia favorisce la bilancia commerciale e la competitività, dall'altro aggrava il fenomeno della disinflazione. LA RIDUZIONE DELLO STOCK DI DEBITO Pensare di affrontare la nuova situazione con le tecniche del passato, basate su un intervento soltanto sui flussi annuali, è una illusione. Occorrono provvedimenti straordinari e coraggiosi. Tra questi uno portante è la riduzione dello stock di debito che ovviamente da solo non è sufficiente. Occorre anche creare le premesse perché l'inflazione ritorni al livello normale di lungo periodo (intorno al 2%). Ma mentre questo ultimo obiettivo nell'area euro deve essere realizzato dalla Bce o dalla Ue, o da ambedue, la riduzione dello stock di debito riguarda i singoli Paesi europei, l'Italia in primis. È necessaria un'azione sullo stock di debito pubblico e non sui flussi annuali. Occorre realizzare questo obiettivo sia per ridurre il peso degli interessi e rendere il debito giudicato più sostenibile dai mercati sia perché il costo del debito pubblico rappresenta il floor del costo per le banche italiane (e questo a sua volta è il floor del costo del finanziamento bancario alle imprese), sia infine per non penalizzare ulteriormente il valore reale dei risparmi per fare ripartire i consumi, che unitamente a un programma straordinario di investimenti possa assicurare un rilancio della economia e dell'occupazione. Negli ultimi quattro anni si sono susseguite una serie di proposte sulla riduzione del debito pubblico italiano, effettuate da illustri accademici (alcuni con rilevanti esperienze di governo in passato) nonché da parte di 29/11/2014 Milano Finanza - N.235 - 29 novembre 2014 Pag. 1 (diffusione:100933, tiratura:169909) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 138 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato importanti Fondazioni di studio e ricerca. Si va dalle Cessioni di asset sul mercato (Guarino, Reviglio, Rebecchini, Grilli), alle cessioni tramite Cdo (governo Monti, Savona-Rinaldi), alla Imposta Patrimoniale (Amato, Capaldo, Modiano, Sarcinelli), allo swap debito vs patrimonio (Salerno Aletta-Monorchio e l'associazione L'Italia c'è, più volte ribadito sulle colonne di questo giornale). È questa la conferma dell'attualità del tema e del fatto che una riduzione dello stock con provvedimenti straordinari è una esigenza sentita da tutti. Occorre partire da una constatazione: il patrimonio pubblico italiano è di dimensioni rilevanti. A) Quello immobiliare è stimato in 500-600 miliardi (escluso i beni demaniali): il 53% è utilizzato direttamente dalle amministrazioni proprietarie, il 27% è dato in uso ad altre amministrazioni pubbliche o enti non profit, il 10% è da considerarsi libero. B) Il valore attribuibile alle partecipazioni quotate e non quotate dello Stato e degli enti locali, di difficile stima, potrebbe aggirarsi sui 100 miliardi. C) Il valore delle concessioni, molto rilevante, con criteri patrimoniali potrebbe stimarsi in 50-70 miliardi con la pura attualizzazione dei redditi. Per quello immobiliare occorre un incisivo e importante riordino per utilizzarne una parte a riduzione del debito, avendo a mente non soltanto il principio di fare cassa ma anche quello di attuare provvedimenti che siano funzionali alla crescita. È forse utile ricordare che alcuni grandi gruppi italiani (Unicredit, Eni e in prospettiva Generali) mediante l'utilizzo di coefficienti standard di superficie occupata per addetto, hanno rilasciato superfici importanti, dell'ordine del 25-30%. Questo processo, applicato agli immobili pubblici, potrebbe ridurre la percentuale di utilizzo diretto dal 53 al 35-40%, rendendo libere superfici per almeno il 35%. Esistono dicotomie importanti: il patrimonio pubblico è per circa l'80% di proprietà di Regioni ed enti locali (che realizzano una quota di 2/3 degli investimenti pubblici complessivi), mentre il debito totale delle amministrazioni pubbliche fa capo soltanto per il 10% agli stessi soggetti: gli enti centrali hanno quindi il 20% del patrimonio e il 90% del debito. Da un lato la devolution di patrimonio a enti locali e la riforma del Titolo V della Costituzione e dall'altro la crescita impressionante negli ultimi anni di partecipazioni e aziende da parte degli stessi (spesso con gestioni inefficienti), fenomeno chiamato capitalismo municipale, hanno creato le premesse perché dal centro si agisse con sempre maggiore difficoltà in una azione di intervento complessivo. Presupposto essenziale di una azione di riordino del patrimonio, propedeutica anche all'utilizzo a riduzione del debito, è quindi la necessità di una cabina di regia centrale, dotata di poteri e strumenti straordinari e per la quale occorre il coinvolgimento degli enti territoriali. Si tratta di un soggetto avente natura commissariale con poteri ampi anche verso le Pa. Non è sufficiente attribuirgli il coordinamento e la programmazione ma anche poteri di intervento diretto qualora le diverse entità deputate non provvedano, avvalendosi, se fosse necessario, di intervento presso le singole amministrazioni mediante organi ispettivi dello Stato. Il tutto assegnando a questo organismo tempi stringenti per realizzare l'obiettivo. Questo organismo dovrebbe avere forme di stabilità nella sua direzione, non modificabili da singoli governi che si succedano pro-tempore (magari con diversi orientamenti politici) e il quadro dirigente dovrebbe essere composto non solo da accademici e grand commis dello Stato ma anche da grandi manager che provengano dall'economia reale. Andrebbe previsto anche un organismo di controllo speciale sul suo operato. Occorre scegliere i migliori, indipendentemente dalla affinità politica. Ricordo che, dopo la deflazione degli anni 20 in una situazione certamente più grave di quella attuale, il capo del governo fascista affidò la regia della attuazione del piano di salvataggio a Donato Menichella e Alberto Beneduce, notoriamente antifascisti e si avvalse della consulenza di Raffaele Mattioli, anch'esso non fascista. In sintesi, applicò il principio della meritocrazia. I tre avevano in comune due cose: essere nati nell'Italia del Sud e avere un amore senza limiti per la loro Patria. In conclusione, la previsione di avanzi primari risultante nei piani dell'attuale governo è assolutamente compatibile con una operazione straordinaria di abbattimento dello stock del debito pubblico; insieme possono rendere più sicura la manovra complessiva finalizzata alla crescita dell'economia e della occupazione che rimane l'obiettivo fondamentale. (riproduzione riservata) I TASSI DI INFLAZIONE NEL PERIODO 1957-1992 GRAFICA MF-MILANO FINANZA Anno Media 1957 / 1972 Media 1973 / 1984 Media 1985 / 1991 1992 1992: Firma del Trattato di Maastricht 29/11/2014 Milano Finanza - N.235 - 29 novembre 2014 Pag. 1 (diffusione:100933, tiratura:169909) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 139 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L' ANDAMENTO DEL PIL NEL PERIODO 1993-2013 GRAFICA MF-MILANO FINANZA Pil nominale Pil reale Stock debito Saldo primario cumulato +89% +84% +61% +60% Italia Francia Spagna Germania L'EVOLUZIONE DEI DATI MACROECONOMICI EUROPEI 1993-2007 15 anni 2008-2013 6 anni 1993-2013 21 anni GRAFICA MF-MILANO FINANZA INCREMENTO PIL REALE Italia Francia Germania Spagna INCREMENTO PIL NOMINALE Italia Francia Germania Spagna INCREMENTO STOCK DEBITO Italia Francia Germania Spagna SALDO PRIMARIO CUMULATO in miliardi di euro Italia Francia Germania Spagna INTERESSI PASSIVI CUMULATI in miliardi di euro Italia Francia Germania Spagna DEFICIT CUMULATI in miliardi di euro Italia Francia Germania Spagna 29/11/2014 Milano Finanza - N.235 - 29 novembre 2014 Pag. 9 (diffusione:100933, tiratura:169909) Lo shale oil è invincibile Marina Valerio Class Cnbc «Non mi aspettavo e non mi aspetto niente dall'Opec. Innanzitutto perché molti Paesi del cartello hanno già una produzione ridotta: l'Arabia Saudita produce già 3 milioni di barili al giorno in meno di quello che potrebbe, mentre Iran, Libia, Nigeria e Iraq producono meno, non per volontà loro, ma per problemi di stabilità politica o di sanzioni». Leonardo Maugeri, phd e professore associato del Belfer Center a Harvard University, ed ex responsabile strategie del gruppo Eni, è stato tra i primi a prevedere due anni fa l'attuale caduta dei prezzi del petrolio per sovrapproduzione. Domanda. La decisione dell'Opec di non tagliare la produzione nonè anche una sfida all'America? Risposta. Vero, se l'Opec tagliasse favorirebbe Paesi come gli Stati Uniti, che invece stanno producendo a pieno ritmo e sono una delle cause della caduta del prezzo del greggio. Nella storia dell'Opec questo è accaduto molto spesso. Peraltro ci sono tensioni interne, in particolare tra Iran e Arabia Saudita, che impediscono in tempi brevi di trovare un compromesso ragionevole che non sia qualcosa di puramente simbolico. Anche se l'Opec tagliasse la produzione di 500mila barili al giorno non servirebbe a nulla. D. Fin dove possono scendere i prezzi del greggio? R. In America ci sono le condizioni perché il prezzo del greggio vada ancora più giù, perché nessuno sta fermando gli investimenti.È ancora troppo presto per avere il blocco degli investimenti e quindi non c'è la possibilità di avere una sostanziale caduta delle produzioni. Quando però gli investitori si renderanno conto che l'Opec non è in grado di gestire la situazione, almeno a breve-medio termine, e che le produzioni e anche una nuova capacità produttiva continueranno ad arrivare sul mercato, ci potrebbe essere un momento di panico tra gli investitori, che porti a un prezzo anche inferiore ai 60 dollari. È uno scenario estremo che non possiamo escludere, perché le compagnie petrolifere o i Paesi che hanno già speso il 6070% del loro budget continuano a spendere. D. Se nessuno ha intenzione di tagliare i propri livelli produttivi, perché allora il mercato dello shale gas statunitenseè in pieno boom? E quale impatto avrà sul settore petrolifero? R. Proprio ciò che è successo nello shale gas Usa ci può dare un paradigma di quello che può succedere nel petrolio. Ovvero: i prezzi del gas negli Usa sono crollati. La caduta va avanti dal 2008, ma dal 2010 il crollo è stato davvero drammatico. Nonostante questo, proprio dal 2010 la produzione nel Paese è aumentata di quasi sette volte. Questa condizione, cioè di produzione che aumentava a prezzi così bassi, era ritenuta impossibile da tutti, perché si riteneva che i prezzi dello shale gas dovessero essere molto più alti per consentire una produzione considerata molto costosa. Lo stesso errore di valutazione si sta facendo con lo shale oil, cioè col greggio estratto da queste formazioni in prevalenza scistose. Si ritiene che la produzione abbia costi troppo alti, ma non è così. A oggi gli Stati Uniti sono arrivati a produrre, in termini di shale gas, oltre 400 miliardi di metri cubi l'anno. Dieci anni fa ne producevano 20 miliardi, quindi la produzione è aumentata di oltre 20 volte in dieci anni, ed è ragionevole che continui ad aumentare anche con prezzi del gas che sono quasi un terzo di quelli europei. Questo è il risultato di due fattori: miglioramento delle tecnologie e delle conoscenze di queste formazioni non convenzionali, da cui gli Usa stanno estraendo molto petrolio e molto gas, gli stessi fattori che consentono di dare molto spazio alla produzione di petrolio negli Usa. Io credo che i due fenomeni, quello dello shale gas e dello shale oil, vadano osservati insieme per capire quello che potrebbe succedere da qui a un anno. D. Il barile meno caro favorisce i consumatori americani. Dal punto di vista geopolitico, quale potrebbe essere l'obiettivo degli Usa nel settore energetico? R. Ciò che succede all'interno del Paese per molti è una benedizione, mentre per gli ambientalisti è una maledizione. Certamente nessuno ha intenzione di rinunciare all'obiettivo di produrre sempre di più, né i Democratici né i Repubblicani. Esiste però una percezione sbagliata dei costi e del break even della produzione Usa, laddove si sostiene che a 70-75 dollari al barile molta produzione di petrolio americano non starebbe più in piedi economicamente. Non è così. La produzione di greggio americano ha dei break even molto più bassi di quanto si creda, e quindi gli Usa andranno avanti a produrre tutto quello che possono. Per questo l'Opec oggi guarda con grande SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 140 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA 29/11/2014 Milano Finanza - N.235 - 29 novembre 2014 Pag. 9 (diffusione:100933, tiratura:169909) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 141 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato circospezione a ciò che accade in America, perché si sono resi conto che le cose non stanno come loro pensavano.A partire dall'Arabia Saudita che pure ha sbagliato, come tutti i produttori Opec, a valutare la rivoluzione Usa del gas e del greggio, pensando fosse un fenomeno temporaneo, dai costi troppo alti e tutto sommato marginale. Quindi tagliare oggi la produzione Opec sarebbe un regalo agli Usa. Quanto all'America, qui la mentalità è rimasta molto simile a quella degli anni 70. Il punto non è mirare all'egemonia mondiale dell'energia ma all'indipendenza energetica considerata dagli americani un prerequisito di potenza, anche militare, per il semplice fatto di non dover ricorrere, nell'immaginario collettivo, al petrolio di Paesi considerati inaffidabili, instabili o addirittura ostili. Da un punto di vista strategico generale, questo è l'obiettivo americano, e continuerannoa perseguirlo nei prossimi anni. (riproduzione riservata) Foto: Leonardo Maugeri Foto: Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/usa 29/11/2014 Milano Finanza - N.235 - 29 novembre 2014 Pag. 10 (diffusione:100933, tiratura:169909) Angelo De Mattia Giovedì 4 dicembre sarà il momento della verità per la Bce. Si riunirà il Consiglio direttivo e molti prevedono o sperano che la questione del Quantitative easing non potrà essere elusa dall'organismo. Finora la formula persistentemente utilizzata da Mario Draghi è stata quella dell' unanime impegno dei membri del Consiglio ad adottare le ulteriori misure non convenzionali nel caso di un nuovo aggravamento della situazione. Progressivamente la formula è stata specificata fino ad arrivare al convegno di Francoforte del 21 novembre, quando Draghi ha puntualizzato che le misure in questione corrispondono all'esercizio del mandato, che un aggravamento dell'inflazione comporterà il ricorso a tali misure il più veloce possibile e che, comunque, l'istituto ha il dovere di agire per il mantenimento della stabilità dei prezzi. Questo impegno, ha precisato il presidente della Bce, è unanime nel Consiglio. I concetti espressi il 21 offrono la sensazione di una minore lontananza dalla concreta decisione, a causa dell'esaurimento dell'effetto-annuncio da un lato all'opposto e del logoramento della comunicazione dall'altro. Ma nei giorni immediatamente successivi, il capo della Bundesbank, Jens Weidmann, dopo avere evidentemente partecipato alla decisione segnalata da Draghi come unanime, ha dichiarato apertamente che esistono rilevanti ostacoli di ordine giuridico all'acquisto, da parte della Bce, di titoli pubblici, senza tuttavia indicare, neppure all'ingrosso, di quali ostacoli si tratti. In effetti, la sua mente sarà stata rivolta alle Omt e all'esame davanti alla Consulta tedesca, dove queste operazioni, ora al vaglio della Giustizia europea, approdarono anche per il concorso implicito della Buba. Non è detto che, accertata la conformità, come sembra probabile, trattandosi per di più di acquisti sul mercato secondario, la questione sia chiusa perché potrebbe scaturirne l'ulteriore querelle per un'asserita non effettuabilità delle operazioni stesse dalla Bundesbank in forza del suo ordinamento che prevarrebbe su quello comunitario. Ma, se si finisse con l'imboccare una tale linea, si disapplicherebbero gli obblighi nascenti dal Trattato, in primis la convergenza legale. È sperabile, dunque, che ciò non accada e che la sentenza della Corte europea sia chiara e non offra appigli di sorta a chi, contrastando le Omt, intende, in effetti, impedire il Qe. Ma giovedì, 4, potrà anche accadere che vengano indicati i passi avanti compiuti nell'analisi tecnica svolta dalle strutture della Bce, alle quali Draghi ha detto di avere demandato la valutazione, ai fini del ricorso a quest'ultima misura straordinaria: non sarà l'opzione migliore e significherà che di questi interventi si tornerà a parlare a gennaio, mentre il raccordo con l'esame delle leggi di stabilità e con il varo del pur non esaltante piano di investimenti lanciato da Jean-Claude Juncker richiederebbe il concorso del pilastro della politica monetaria per tentare di massimizzare i risultati. Il vicepresidente della Banca centrale, Vitor Costancio, ha detto che di tali misure, in specie del quantitative easing, si sarebbe parlato nel primo trimestre del nuovo anno: dunque, un chiaro rinvio. Ma da un drastica abbreviazione dei tempi, l'insieme delle operazioni riguardanti Tltro, Abs e covered bond riceverebbe una integrazione decisiva che certamente potrebbe portare il bilancio della Bce oltre i 1.000 miliardi aggiuntivi, arrivando al di là del livello che era stato conseguito prima del paradossale abbassamento segnalatosi già dall'agosto 2012, quando invece si sarebbe dovuto battere il ferro caldo, mentre non erano ancora presenti le aspettative e i rischi di deflazione. La variabile, dunque, è quella tedesca e dei membri del Consiglio direttivo che tradizionalmente seguono il comportamento del presidente della Bundesbank. È possibile evidentemente che, se posto in discussione l'obiettivo dell'acquisto di titoli pubblici, Weidmann si esprima in senso contrario e così poi voti. Ma Draghi non potrà fare altro che portare l'argomento all'esame dell'organo. Temporeggiare per il timore di una bocciatura, dopo aver tentato tutte le possibili strade di convergenza, sarebbe una pessima scelta che rischierebbe di fare rinviare alle calende greche ogni decisione al riguardo e si tradurrebbe nell'attribuzione a Weidmann di un diritto di veto esercitato addirittura ben prima della discussione in Consiglio e della votazione. Jean-Claude Trichet, il predecessore di Draghi, partecipando a un convegno in Italia, ha dichiarato che non sussiste alcun ostacolo all'acquisto di titoli pubblici da parte della Bce; che egli, a suo tempo, ha fatto acquistare dall'istituto titoli greci SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 142 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Draghi raccolga la sfida subito, è il momento della verità 29/11/2014 Milano Finanza - N.235 - 29 novembre 2014 Pag. 10 (diffusione:100933, tiratura:169909) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 143 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato e irlandesi; che è un dovere per la Banca usare queste misure perché l'inflazione è molto lontana del 2%. Poi ha ricordato che lo statuto prevede l'approvazione delle materie poste in discussione a maggioranza semplice. Vi sono momenti in cui occorre sapere raccogliere le sfide, anche senza garanzia di successo e senza l'accordo con i governi più intransigenti. Si può dire, allora, che per Draghi si tratterà di una prova della stessa importanza di quella affrontata a Londra, alla fine del luglio 2012, con l'ormai storica dichiarazione che impegnava la Banca a fare tutto il possibile per salvare l'euro. Una lunga procrastinazione del ricorso a provvedimenti tante volte prospettati, a maggior ragione se non avvenisse secondo una chiara indicazione del percorso che si vuole compiere e del relativo approdo, sarebbe grave; concreterebbe una netta violazione del mandato. Di recente, con l'intento di ammorbidire la reattività tedesca, è stato ipotizzato da un gruppo di studiosi che la Bce, invece di comprare direttamente titoli pubblici sul mercato secondario, potrebbe acquistare obbligazioni emesse da banche che rappresentino un paniere di titoli pubblici di diversi Paesi. Si dice che questa sarebbe, dunque, un'operazione più vicina al mercato e che sarebbe più garantista per la Bce. Indubbiamente, si tratta di un progetto ingegnoso, ma la sua sofisticazione non regge per due ragioni: è chiaro che essa mira allo stesso risultato dell'acquisto diretto dei titoli in questione che, se osteggiato, continuerà a esserlo quale che sia la forma in cui avviene; resta comunque il conseguente rischio che si riverserebbe, se esso effettivamente sussistesse, sulle banche e non si tratterebbe di certo di un trasferimento indolore e senza impatti; in ultima analisi, coinvolgerebbe la stessa Bce. Occorre, invece, seguire la via lineare, magari introducendo alcune condizioni in presenza delle quali scatta l'acquisizione. Quella di giovedì, 4 dicembre, non potrà essere una seduta ordinaria del Consiglio della Bce, anche perché sarebbe doveroso che all'ordine del giorno vi fossero pure riferimenti sull'iniziale svolgimento della Vigilanza accentrata, a proposito del quale la sensazione è ancora di confusione anche per scelte, quali quelle che verrebbero fatte in materia ispettiva, che appaiono abbastanza estemporanee. È auspicabile che sull'organizzazione della funzione dopo il decollo, sulle linee-guida e sulle iniziative più rilevanti vi sia una forte trasparenza. La politica monetaria ha bisogno di una Vigilanza non burocratica o meramente occhiuta; deve essere rigorosa, certamente, ma con grande capacità propulsiva abbinando controlli prudenziali e funzioni strutturali. Per ora non ci siamo. E, in tale contesto, parlare di Unione di bilancio, come ha fatto Draghi, può essere suggestivo, ma difficilmente mobilita perché mancano adeguati presupposti, innanzitutto normativi, non conseguibili in un batter d'occhio, e, prima ancora, mancano reciproca fiducia e affidabilità tra i Paesi partner. (riproduzione riservata) IL CROLLO DEI RENDIMENTI 2002 2000 2004 0 6% 5% 4% 3% 2% 1% 7% GRAFICA MF-MILANO FINANZA Btp (Italia) Bonos (Spagna) Bund (Germania) 29/11/2014 Milano Finanza - N.235 - 29 novembre 2014 Pag. 12 (diffusione:100933, tiratura:169909) Altomonte: i soldi di Juncker andranno prima al Nord Europa, l'Italia metta mano ai fondi strutturali Andrea Cabrini (Class Cnbc) «Soldi che non arriveranno prima della fine del 2015 e che andranno inizialmente a finanziare i progetti più garantiti, che non sono certo nei Paesi del Sud Europa. Meglio sarebbe mettere mano ai fondi strutturali già stanziati. La vera novità di cui pochi si sono accorti è che nel piano di Juncker è prevista la possibilità di rimodularli per trasformarli in garanzie su investimenti infrastrutturali, invece che spenderli per i soliti corsi di taglio e cucito». Carlo Altomonte, docente di politiche Economica Europee, concede al piano di investimenti varato in settimana dal presidente della Commissione Europea Juncker un solo grande pregio, aver finalmente riconosciuto il bisogno di avviare in Europa una politica espansiva mirata agli investimenti. Domanda. Professor Altomonte, Juncker non l'ha soddisfatta. Risposta. Io sono da sempre un europeista convinto, ma bisogna anche essere realisti: è importante che sia stata presa questa direzione, perché fino a un mese fa l'idea di una politica fiscale espansiva, supportata dagli investimenti, non c'era. Anzi, c'erano critiche a Draghi per la gestione della politica monetaria. D. E allora cosa è cambiato? È peggiorata la crisi? R. Sì. Una sveglia è arrivata a ottobre, quando i mercati hanno cominciato a non credere più nella capacità dell'Europa di tirarsi fuori dai guai, in più si è aggiunto il peggioramento dei segnali di stagnazione tedeschi. Tutto questo si traduce nell'avanzata dei partiti euroscettici nei vari ambiti nazionali e in maggiori pressioni sui governi locali. D. E il piano corre in loro aiuto? R. Su questo ci sono un sacco di incertezze: tanto per cominciare stiamo parlando di una procedura che non verrà approvata prima di giugno. Insomma i primi soldi si vedranno a fine 2015. E siccome si andrà a finanziare progetto per progetto,i primi cantieri a partire saranno quelli nel cuore dell'Europa, garantiti da economie più stabili. Per noi c'è da attendere.E poi ricordiamoci che non si tratta di soldi freschi. Si parla sempre degli stessi stanziamenti, anche se si spera, grazie alle garanzie, in un effetto moltiplicatore più alto: 15 miliardi per ciascuno stanziato. Sulla carta non è impossibile. D.E quindi? R. Direi che la Commissione ha identificato la direzione corretta, perché il tema degli investimenti è quello che sta mancando in Europa, anche se parlando di un gap di 430 miliardi ne ha ingigantito le proporzioni, visto che ha preso a riferimento un anno drogato dalla crisi come il 2007. Secondo le stime elaborate da noi, al centro studi Bruegel, siamo sotto di 260-270 miliardi rispetto al trend storico. Ma le dinamiche del piano, soprattutto in termini di certezze, sono ancora tutte da valutare. D. La morale è che o si fanno le riforme o non se ne esce. La palla è sempre nel campo dei governi. R. Il segnale principale dato dal Piano Juncker è proprio questo: gli aggiustamenti devono essere fatti a livelli di Stati nazionali, che dovranno mettere in campo risorse e riforme per riattivare la crescita. D. Non resta che sperare in Draghi? R. Secondo me è molto rischioso porre fiCarlo Altomonte ducia nell'azione della Bce: contrariamente alle aspettative del mercato, sono convinto che non ci sia spazio, tra le regole del trattato, per acquisti di titoli di debito pubblico. Insomma: in Europa il quantitative easing non si può fare. D. Questa è la posizione di Weidmann. Sta parlando tedesco, lo sa? R. Io leggo il trattato e, per quanto sia italiano, non riesco a girare intorno all'articolo 125. Ma non c'è solo questo: una mossa così avrebbe l'effetto di schiacciare il rendimento del Bund, mettendo in crisi fondi e assicurazioni tedesche. Questo la Germania non lo può accettare. Quindi credo che la Bce andrà avanti verso il suo obiettivo dei 1.000 miliardi di aumento di bilancio cercando di raggiungerlo con gli strumenti annunciati fino a oggi e rivolti alle banche, oltre all'acquisto di Abs e covered bond. D. Le banche per ora hanno lasciato lì i soldi e il mercato dei Covered Bond e degli Abs sembra piccolo per fare la differenza. R. Non penso che sia piccolo e credo che almeno 400 miliardi di Abs possono essere acquistati da subito, soprattutto sui mutui. Con un effetto traino importante per la ricchezza europea. D. Quindi il piano non sembra destinato a incidere davvero? R. Io ragionerei su un punto che non è emerso con sufficienza:a pagina 10 del documento di Juncker si legge che è possibile rimodulare i fondi strutturali, quelli SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 144 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA 29/11/2014 Milano Finanza - N.235 - 29 novembre 2014 Pag. 12 (diffusione:100933, tiratura:169909) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 145 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato dati alle regioni per intenderci, in chiave di equità e garanzia di fondi privati che si possono attivare per avviare investimenti d'impresa. Questo significa che il vero obiettivo, il rilancio degli investimenti a leva, può essere raggiunto fin da ora, con le risorse già stanziate, sia dei vecchi fondi che dei nuovi, e la Commissione dice che è disposta a rinegoziare con gli Stati membri gli accordi di partenariato in questa direzione. Vuol dire che i soldi dati alla Campania, alla Sicilia o alla Calabria, invece che finanziare inutili corsi di formazione che spesso diventano serbatoi di voti e consenso, possono essere attivati come veri e propri Special Purpose Vehicle, strumenti di finanza territoriale che diano soldi alle imprese.È questa la vera novità clamorosa del Piano, e in Italia non mi sembra sia stata colta. Anche perché non so quanto faccia piacere ai vari amministratori regionali. D. Però i miliardi promessi da Juncker sono esclusi dal tetto deficit/ pil e questi no R. Diciamo che vengono scomputati dal calcolo del deficit, e quindi dal patto di crescita e stabilità, ma non da quello sul debito, perché secondo le regole Eurostat la contingent liability si computa eccome. Insomma: che queste poste scompaiano da calcolo del deficit è un bene dal punto di vista della cassa, ma non avrà necessariamente un effetto a lungo termine perché prima o poi con il Fiscal compact bisognerà fare i conti. D. Cosa ci resta? R. I fondi strutturali. Tra fondi europei e cofinanziati e inseriti nel calcolo del deficit, l'Italia ha circa 20 miliardi già stanziati sul 2014-2020. Di questi, grazie alle nuove regole di Juncker, il 50% potrebbe essere destinato alla creazione di un fondo per infrastrutture in Italia. Ipotizzando una leva 5, che non è impossibile sui mercati finanziari, e magari rispolverando un po' della normativa sulle opere strategiche, con gli arbitrati accelerati che evitano le sacche della giustizia ordinaria, con un fondo di 10 miliardi si attivano già da domani 50 miliardi di risorse private. Io sono convinto che su una cosa così, al 2 o 2,5%, un fondo pensioni italiano qualsiasi, diciamo la cassa dei geometri, ci mette le mani domani. Soprattutto in tempi di Btp a zero e con la garanzia pubblica che assorbe eventuali perdite. (riproduzione riservata) 29/11/2014 Milano Finanza - N.235 - 29 novembre 2014 Pag. 13 (diffusione:100933, tiratura:169909) Solo l'Europa fa paura Silvia Berzoni Class Cnbc La crisi è ufficialmente finita e il percorso di ripresa è solido. È questa l'aria che si respira dall'altra parte dell'Atlantico. Parola dell'italiano più influente del sistema bancario e finanziario statunitense, Alberto Cribiore, vicepresidente per i clienti istituzionali di Citigroup. Domanda. Dottor Cribiore, a 40 anni di distanza dal suo sbarco in America, come è cambiata la finanza Usa? Risposta. A quel tempo New York era il centro finanziario per l'America, oggi lo è per il mondo intero. Gli Stati Uniti attraversavano una crisi profonda, inflazione e tassi di interesse crescevano, New York aveva problemi enormi tanto che si iniziò a valutare il trasferimento della borsaa Chicago. Non che la situazione in Europa e in Italia fosse migliore. Erano anni durissimi, in cui il capitalismo era ancora messo in discussione. Dopo quello che è accaduto in Russia e in Cina si è finalmente capito che era l'unico modello per crescere. Due differenze, dunque: la convinzione oggi che il capitalismo è la formula economica di successo e l'importanza globale del mercato di New York. D. Oggi gli Stati Uniti sono ufficialmente fuori dalla crisi? R. Visti gli ultimi dati macroeconomici direi di sì. Forse, sarebbe giusto chiedersi cosa potrebbe far deragliare la prima economia mondiale. L'autosufficienza energetica, una bilancia dei pagamenti in miglioramento, l'attività di risanamento della Fed verso mercati e istituzioni, la politica accomodante, il mercato del lavoro e la produttività mostrano che l'economia è in salute. D. Forse il rischio più grande è di importare il rallentamento di Europa, Cina e Giappone... R. Il mondo è talmente globale che nessuna economia, compresa quella americana, può permettersi di procedere e agire da sola. La Cina, pur rallentando, rimane una locomotiva. L'Europa, più che una locomotiva, è una cambusa. I miei grandi clienti istituzionali e i vertici delle multinazionali lo dicono con chiarezza, è la loro più grande preoccupazione. L'economia ristagna, la domanda interna è in declino. Mentre i Paesi in via di sviluppo hanno margini per compensare l'apprezzamento del dollaro contro le valute locali, il vecchio continente no.I profitti delle multinazionali americane che arrivano dall'Europa continuano a essere sotto pressione. D. Non c'è il rischio che proprio la forza del dollaro colpisca i margini delle big del Usa? Come si muoverà la Fed? R. Non credo che a questo punto la Fed abbia molti strumenti per agire. Non è pensabile che, per competere con la Bce, torni indietro al Qe o riduca i tassi di interesse. D'altro canto, in questo momento, con l'incertezza della politica fiscale e della politica a Washington, non vedo una stretta creditizia imminente. Il dollaro si rafforzerà ancora, non sono l'unico a dirlo a Wall Street... D. I mercati sono pronti a reggersi senza gli stimoli della Fed? R. I mercati si reggono sui tassi d'interesse, che definiscono il premio al rischio, e sui profitti societari. L'uno è funzione dell'altro. Se le società americane continueranno ad aumentare le loro quote di mercato globali e i loro profitti, allora il mercato non dovrebbe avere grossi scossoni. Janet Yellen è molto, molto sensibile alla reazione dei mercati. D. Wall Street è sopravvalutata o riflette il graduale e costante miglioramento dell'economia? R. Al di là delle valutazioni, per un investitore l'azionario statunitense - in particolare le grandi multinazionali - è sempre il posto giusto in cui investire. D. Qual è il portafoglio bilanciato ideale che consigliate ai grandi clienti istituzionali? R. L'aspetto più critico, oggi, è prevedere dove andrà il mercato obbligazionario. Considerati i livelli dei tassi di interesse, difficile pensare che abbia spazio per un upside. Visto il momento storico, meglio orientarsi su 65% azionario e 35% reddito fisso. Ma soprattutto duration brevi, massimo tre o cinque anni. D. E l'Europa quanto spazio ha? R. L'Europa ha un grosso problema economico. Gli investitori non sanno dove mettere i soldi. Ho una grande ammirazione per il lavoro che sta facendo Mario Draghi a Francoforte, nonostante le difficoltà che gli stanno imponendo. Non può agire sulla politica fiscale, quindi l'unica strada a disposizione è abbassare i tassi... D. La cura del Qe europeo avrà gli effetti che ha avuto in America? R. Se funzionerà, lo vedremo. Ma è essenziale. A meno che non si riesca a trovare una soluzione politica comune difficilmente ci sarà un futuro brillante per il vecchio continente. La matematica è semplice. Prendiamo, ad esempio, l'Italia. Il pil è negativo, se non a zero, paghiamo tassi del 2%, il debito è a l 130% del pil e continua ad aumentare. È necessario permettere ai governi di utilizzare il SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 146 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA CRIBIORE (CITIGROUP) 29/11/2014 Milano Finanza - N.235 - 29 novembre 2014 Pag. 13 (diffusione:100933, tiratura:169909) SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 147 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato deficit per stimolare la domanda interna e tornare a crescere, ma i tedeschi non riescono a capirlo. Il trade off è crescere con una disciplina di bilancio che però sia accettabile nel lungo termine. D. Ed è proprio quello che stanno cercando di fare il premier Renzi e il ministro Padoan in Europa. Ma come è vista l'Italia a Wall Street? R. Una volta l'Italia era l'Italia; oggi, è considerata una regione mediterranea dell'Europa. Nel bene e nel male, ha perso parte della sua identità. Nel 1975, quando sono arrivato, erano i tempi di Fellini, Visconti... l'Italia era culturalmente all'avanguardia oltre che molto importante economicamente per gli Usa, visto che era il paese di confine con il mondo dell'Unione Sovietica e il blocco comunista. Oggi è ancora adorata, tutti vogliono andarci per la moda, il food, il vino, i ristoranti che qui, ormai, hanno letteralmente soppiantato quelli francesi. D. E l'adoreranno ancora di più quando l'anno prossimo sbarcherà Ferrari. Che effetto fa vedere Fca quotata a Wall Street? R. Beh, Marchionne non è bravo. È un mago. La mia ammirazione è per Sergio ma anche per il grande lavoro che hanno fatto Gabetti e Grande Stevens nel momento più difficile per la famiglia. Prima, con la morte dell'Avvocato e poi quella di Umberto. Hanno mantenuto il controllo e contemporaneamente contribuito a creare un'azienda globale.È l'esempio di una realtà italiana industriale che è riuscita a mantenere la sua identità crescendo nel mondo. Una realtà straordinaria. ( riproduzione riservata) Foto: Alberto Cribiore 29/11/2014 Milano Finanza - N.235 - 29 novembre 2014 Pag. 29 (diffusione:100933, tiratura:169909) Meno fisco, più rilancio Jole Saggese Anche Ennio Doris, fondatore di Banca Mediolanum, un uomo che ha fatto dell'ottimismo il suo tratto dominante, non può fare a meno di ammetterlo: per l'Italia è un momento difficile «perché veniamo dalla più lunga crisi del dopoguerra e la politica di austerità a cui l'Europa ci ha obbligato per effetto del debito non aiuta a sviluppare l'economia. È un po' quello che si è fatto nel '29: la grande crisi mondiale è stata causata dalla politica di austerità. In questo caso l'austerity è stata applicata solo in Europa. Per fortuna nel resto del mondo non è così, l'America sta crescendo e quindi le aziende italiane che esportano all'estero stanno incrementando il fatturato». Domanda. Come si sta muovendo Renzi? Risposta. Secondo me nella direzione giusta. Anche sugli 80 euro che sono stati messi in busta paga. Chi dice che non hanno funzionato e non hanno stimolato i consumi, non ha mai provato a vivere con 1.000-1.200 euro al mese. Io da ragazzo con la mia famiglia vivevo con redditi del genere, quando ci arrivava un po' di denaro facevamo qualche rinuncia in meno. Ma se io immetto un'agevolazione fiscale che mi porta 10 miliardi ma ne tolgo 12 dall'altra parte è normale che l'effetto sia stato nullo. D. Per l'Europa le riforme non bastano. Bisogna fare di più? R. In base agli studi di Cottarelli si possono tagliare 32 miliardi di spesa pubblica. Se si fa quello, e secondo me è indispensabile farlo, allora si può dare una bella sforbiciata alle imposte. Solo così l'economia riparte. Le imposte sono lo strumento di politica economica più efficiente e più efficace al mondo. D. Tagliare le tasse anche se il debito è alto? R. Bisogna ridurre le imposte e per ridurre le imposte occorre ridurre la spesa. Basta guardare quello che è successo negli altri Paesi. In Giappone hanno inondato di liquidità il mercato e l'economia un po' è ripresa, hanno alzato l'Iva e sono andati in recessione. Gli Stati Uniti nonostante il debito che sta sfiorando il 110% e il deficit al 4-4,5%, si sono preoccupati soltanto di far ripartire l'economia. D. Mario Draghi sembra aver aperto le porte al Qe, all'acquisto di titoli. È la strada giusta per la ripresa? R. Io credo di sì. Ma ancora una volta non dimentichiamo quello che è successo in Giappone e negli Stati Uniti: il denaro disponibile a tassi bassi è una condizione necessaria ma non sufficiente. Occorre ridurre la pressione fiscale sui lavoratori per incentivare i consumi, sulle imprese per incentivare gli investimenti. D. La Bundesbank ha invitato però l'Europa a concentrarsi sulla crescita e non sull'acquisto di titoli. R. La Bundesbank dice di concentrarsi sulla crescita ma con la politica di rigore non si è concentrata sulla crescita, si è concentrata sul debito. D. A che cosa sono serviti gli stress test: a far tornare di nuovo l'Italia nel mirino? R. Non voglio dire questo, ma posso dire che gli stress test sono stati tutti concentrati su un deterioramento ulteriore della crisi economica e quindi su ulteriori perdite sui finanziamenti alle imprese e ai privati: l'economia italiana è per l'85% legata alle banche. D. Cosa c'è dietro la vostra iniziativa di sostenere le imprese entrando come azionisti in United Ventures, il fondo di venture capital che vuole stimolare le imprese innovative? R. Ritengo che questo sia il punto centrale dei problemi dell'economia italiani: la carenza di capitale di rischio. Non esistono istituzioni che forniscono questo tipo di capitale agli imprenditori e non finanziamenti. Noi vogliamo dare il nostro contributo per far sì che chi ha un'idea in Italia e chi voglia fare impresa possa trovare istituzioni pronte a diventare suo socio. D. Fino a che punto avete intenzione di crescere nella quota che Fininvest dovrà cedere in base ai dettami di Bankitalia? R. Noi come famiglia deteniamo già qualcosa più del 40%, quindi per mantenere il controllo su Mediolanum non abbiamo bisogno di acquistare niente. Ma siccome io credo molto in questa iniziativa e voglio dare un segnale forte al mercato, acquisterei ancora, naturalmente evitando il delisting. È molto importante che l'azienda rimanga quotata. D. Qual è il bilancio del primo anno di Mediolanum come banca? R. Sta andando bene, lo vedremo alla fine dell'anno. Anche i dividendi sono stati più generosi. Per ora un anticipo, ma entro fine anno dovrebbe arrivare il resto e mi auguro che sia un po' più alto del complessivo pagato l'anno scorso. (riproduzione riservata) Foto: Ennio Doris SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 148 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA PARLA DORIS 29/11/2014 Milano Finanza - N.235 - 29 novembre 2014 Pag. 29 (diffusione:100933, tiratura:169909) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Foto: Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/doris SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 01/12/2014 149 SCENARIO PMI 17 articoli 30/11/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 43 (diffusione:619980, tiratura:779916) Juncker usa il bazooka? Ma non funzionerà Danilo Taino(statistical editor) Meglio diffidare dei politici in abiti da Babbo Natale. Presentando l'ormai mitico piano di investimenti europei, il nuovo presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker ha detto che quest'anno Natale è arrivato in anticipo e ha portato un pacchetto da almeno 315 miliardi in tre anni che serviranno a rilanciare l'economia del Vecchio Continente. L'effetto politico è garantito: si annunciano molti denari e vari governi nazionali si ascrivono il merito di avere vinto una battaglia anti-austerità a Bruxelles. Più che l'effetto d'annuncio, però, si dovrebbe pragmaticamente guardare agli effetti reali che il Piano Juncker avrà. Nei giorni scorsi, gli analisti della Royal Bank of Scotland (Rbs) hanno scritto che il Piano non è il potente bazooka favoleggiato ma un « pea-shooter » (la pianta del videogame Plants vs. Zombies che spara un pisello ogni secondo e mezzo). Gli economisti della banca calcolano che nell'eurozona gli investimenti siano crollati di 330 miliardi l'anno dall'inizio della crisi e che, rispetto al trend precedente il 2008 , siano sotto di 550 miliardi . I partiti liberali del Parlamento europeo (Alde) addirittura calcolano che il gap di investimenti sia di 700 miliardi . A fronte di questa contrazione, lo «stimolo» previsto da Juncker - tra i 315 e i 410 miliardi di Pil in più (tra lo 0,75 e l' 1% del Pil totale) - si spalma su tre anni: è dunque prevedibile che il suo effetto non sarà decisivo nel rilanciare l'economia. D'altra parte, il Piano stesso prevede di creare tra gli uno e gli 1,3 milioni di posti di lavoro, numeri che si confrontano con una disoccupazione di 25 milioni . I dubbi non finiscono però qui. Il denaro messo in gioco è in realtà di 21 miliardi : 16 miliardi dal bilancio della Ue e cinque miliardi dalla Banca europea per gli investimenti. Questi capitali serviranno come garanzia per mobilitarne altri, privati, nel senso che le due istituzioni si assumeranno il rischio delle prime perdite nel caso un investimento fallisca: con ciò rendendo meno rischioso per i privati investire in energia, trasporti, infrastrutture digitali, istruzione, ricerca (in questi settori Juncker prevede di mobilitare almeno 240 miliardi ) e a favore delle piccole e medie imprese (altri 75 miliardi ). Stabilito che il Piano è un pea-shooter , il meccanismo, almeno, funzionerà? Mah: schemi simili, come il Compact for Growth da 120 miliardi ( 2012 ), non sono mai decollati. @danilotaino © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 151 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Più o meno 29/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 5 (diffusione:334076, tiratura:405061) Nel quarto trimestre per il Pil crescita zero PRODUZIONE INDUSTRIALE In novembre marginale recupero (+0,1%) per il Centro studi di Confindustria ma che vede un indice di fiducia stabile per fine anno ROMA Crescita piatta per l'economia italiana nell'ultimo trimestre dell'anno, mentre la produzione industriale fa segnare un marginale recupero a novembre (+0,1%). Secondo l'indicatore composito Istat, che anticipa l'andamento delle attività economiche, negli ultimi novanta giorni dell'anno la variazione congiunturale reale del Pil dovrebbe essere pari a zero (con un intervallo di confidenza compreso tra +0,2% e -0,2%) e di conseguenza il Pil chiuderà nel 2014 con un arretramento complessivo dello 0,3%. Tra le determinanti di questo nuovo anno in recessione vi è in primis un calo della domanda interna (al netto delle scorte), seguito dalla forte caduta della spesa per investimenti e dalla debolezza della domanda estera. In questo scenario, scrivono i provvisori dell'Istat, la crescita acquisita per il 2015 è pari a -0,1%. Due giorni fa il Centro studi di Confindustria aveva anticipato una stima analoga nella sua Congiuntura flash, ovvero di un Pil invariato nel quarto trimestre dell'anno: «Rispetto alle attese di un ulteriore calo - avevano scritto gli analisti nella nota - ciò sarebbe la migliore base per la ripartenza già dall'avvio dell'anno prossimo». Nella nota mensile del servizio studi econometrici dell'Istat viene fotografato anche l'andamento discontinuo della produzione industriale dopo il calo congiunturale di settembre (-0,9%) mentre a novembre è leggermente positivo il clima di fiducia manifatturiero. Una rilevazione, quest'ultima, che si riflette nella nuova indagine rapida del CsC, diffusa sempre ieri, sulla produzione industriale di novembre. L'incremento registrato in novembre è appena positivo (lo 0,1% detto) mentre la variazione acquisita da inizio anno resta negativa (0,1%) mentre nel terzo trimestre l'arretramento era stato dell'1,1% in termini congiunturali e dello 0,5% rispetto al trimestre precedente. Come andrà a finire? Per il quarto trimestre - si legge nella nota Csc - gli indicatori qualitativi segnalano, nel complesso, una sostanziale stabilità: la fiducia rilevata dall'Istat presso le imprese manifatturiere è migliorata anche in novembre e si è attestata nella media degli ultimi due mesi su valori di poco inferiori a quelli del terzo trimestre. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 152 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La previsione Istat. Variazione piatta negli ultimi 90 giorni dell'anno e «crescita acquisita» negativa (-0,1%) per il 2015 29/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 11 (diffusione:334076, tiratura:405061) Antonio Tajani Ho letto con grande interesse l'articolo di Lina Palmerini su Il Sole 24 Ore dedicato al rapporto tra Forza Italia ed i ceti produttivi. Si tratta di un importante stimolo al movimento che ho contribuito a fondare nel '94 affinché non rinunci alla sua vocazione iniziale di punto di riferimento dell'Italia che produce e che lavora. Sono anch'io convinto che non si debba trascurare quella scelta iniziale che ci ha permesso di raccogliere milioni di consensi in tutto il Paese. Forza Italia è stata e dovrà essere il movimento pronto a sostenere con attività legislativa e di governo imprenditori, artigiani, commercianti, agricoltori, liberi professionisti. Insomma, tutti coloro che sono in grado di creare lavoro. E questa volontà è stata confermata dall'ultimo documento economico approvato poche settimane fa dal Comitato di Presidenza di Forza Italia. Da parte nostra non ci sono, però, solo documenti ma anche azioni e soluzioni concrete che posso raccontare per averle vissute in prima persona. Penso al ritorno dell'Europa alla politica industriale, ai piani d'azione per tanti settori produttivi (acciaio, auto, costruzioni, cantieristica navale, turismo, industria dello sport, alta gamma e moda), alle proposte a favore del made in, alla lotta alla contraffazione, alla direttiva sul ritardo dei pagamenti, allo Small Business Act a favore delle Pmi, alle missioni per la crescita per internazionalizzare le imprese, allo sviluppo dell'industria spaziale, della sicurezza e della difesa. Un lavoro svolto dal Commissario europeo all'industria indicato dal governo Berlusconi. Quest'azione continua al Parlamento europeo, dove le industrie energivore ci vedono protagonisti nella riforma della direttiva ETS, lo stesso si può dire per la difesa dell'acciaio (Terni, Trieste, Piombino, Ilva), delle casse degli ordini professionali tartassate dal Governo, per l'azione destinate a dare regole certe al mercato digitale europeo chiamato ad affrontare la concorrenza sleale di Google, per la difesa delle piccole banche che favoriscono l'accesso al credito delle PMI. E ancora: azioni per ridurre il costo dell'energia, per cambiare obsolete regole della concorrenza, per riformare il mondo del lavoro, per ridurre la pressione fiscale e lotta contro una burocrazia ossessiva. Ho citato le principali battaglie (perché di questo si tratta) combattute non solo da me ma da tutta Forza Italia al Parlamento europeo, alla Camera, al Senato e nei Consigli regionali. Tutti temi che riguardano anche l'Italia del Nord. Ecco, non si tratta solo della partecipazione al No tax day di oggi, ma di un'azione certosina figlia di una strategia politica che è stata premiata. Ai dati pubblicati da Lina Palmerini, che si riferiscono alle politiche del 2013, aggiungo quelli dell'Ipsos relativi alle europee di quest'anno. Il 14,2% del nostro elettorato è formato da imprenditori, liberi professionisti e dirigenti. Il 17,8% da commercianti, artigiani ed autonomi. Insomma, a leggere le cifre, rispetto al 10,4% di cui parla Lina Palmerini, siamo passati al 22%. Abbiamo raddoppiato, come Fi, la percentuale del consenso tra i ceti produttivi. Ma non ci basta, faremo ancora di più per continuare a stare dalla parte di chi produce, lavora e ha lavorato (pensionati). Ogni critica e ogni sollecitazione in questo senso ci spingerà a impegnarci con maggiore lena anche per sostenere la stagione delle riforme senza le quali l'Italia non potrà rialzarsi. Parlamentare europeo di Forza Italia © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 153 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Ma il consenso di Fi tra i ceti produttivi è di nuovo in crescita 29/11/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 13.15 (diffusione:334076, tiratura:405061) Più export per l'agroindustria I rincari delle materie prime riducono i margini delle piccole imprese Roberto Iotti La crisi morde di meno Nel Centro-Nord a fronte di un aumento del fatturato e degli ordinativi l'occupazione rimarrà sui livelli dello scorso anno Stagnazione delle vendite, calo dei prezzi al consumo ma crescita dei costi delle materie prime. Eppure il sentiment delle aziende agroindustriali non è del tutto negativo. Anzi. Una leggera ripresa degli ordinativi interni e le buone performance dei mercati esteri lasciano ben sperare per la seconda parte del 2014. Lo spiega il Monitor dell'industria agroalimentare del Nord-Centro Italia curato dal ricercatore Daniele Marini per Community media research e promosso da Friuladria. Un'analisi che offre due spunti di riflessione: diventa sempre più evidente il dualismo tra piccole imprese (fino a nove addetti) e aziende medie e grandi; i rincari delle materie prime, già forti nel 2013, sono proseguiti anche se con minore intensità nel 2014, corrodendo ulteriormente i margini delle aziende, che non hanno incrementato i prezzi di vendita. Positive invece le prospettive che arrivano dai mercati esteri, in particolare per le aziende più strutturate e per quelle che, in questi anni di recessione, hanno comunque insistito sull'internazionalizzazione. Nell'indagine sono state coinvolte 1.128 imprese del Nord e Centro Italia e dalle risposte risultano le variazioni percentuali su differenti tematiche. «Nel complesso il settore ha conosciuto nei primi sei mesi del 2014 una frenata nel processo di crescita - scrive il monitor - e il saldo sul fatturato è pari a -1,2% (era a +6,6 per il consuntivo del 2013), con un 25,6% di aziende che segnala una dinamica di crescita e un 47,6% di stabilità, contro un 26,8% in diminuzione». Utilizzando il fatturato del primo semestre 2014 come indicatore principale, le imprese più piccole presentano un saldo pari a -10,3 , mentre migliora al crescere della struttura delle imprese, fino a giungere a +9,8 fra quelle con oltre 50 addetti. Il costo delle materie prime è aumentato per il 43% delle aziende, ma solo per il 17,3% tali incrementi si sono tradotti in ricanri dei prezzi sul prodotto finito. «Tuttavia - spiega ancora l'analisi - le più penalizzate sono state le piccole imprese che, a fronte dei costi, hanno mantenuto stabili i prezzi finali (73,1%) ben più delle grandi (60,5&) riducendo cosi i margini». L'analisi delle vendite delle imprese agroindustriali evidenzia una volta di più le difficoltà dei consumi interni. Dopo un 2013 problematico, nel primo semestre la tendenza non si è invertita. Anzi. Le aziende hanno mostrato una diminuzione delle vendite in Italia (29,9%) analoga a quella delo scorso anno. Le uniche dimensioni di impresa che registrano un saldo positivo per le vendite sul mercato domestico sono quelle oltre i 50 addetti, mentre tutte le altre hanno segni negativi. Nonostante il contesto, le previsioni per la fine dell'anno in corso vedono crescere l'ottimismo delle aziende per una crescita del fatturato (+6,1 le piccole, +35,1 le grandi), mentre l'occupazione è vista sostanzialmente stabile. Decisamente positivo l'andamento degli ordinativi dall'estero, asse portante comunque di tutto il sistema agroindustriale delle medie e grandi aziende. © RIPRODUZIONE RISERVATA [email protected] SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 154 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Congiuntura. Migliorano le previsioni per il secondo semestre - Rimane pesante il mercato interno 29/11/2014 Avvenire - Ed. nazionale Pag. 24 (diffusione:105812, tiratura:151233) «Subito un salto di qualità» In 60 città l'evento per il rilancio del settore che conta 135mila imprese, con 1,8 milioni di lavoratori e rappresenta l'8% del Pil PAOLO PITTALUGA Una giornata di coesione e unità di intenti perché quello metalmeccanico è un settore trainante, il principale del mondo del lavoro nel Paese. Quello di giovedì, celebrato da Federmeccanica in 60 città, è stato un momento all'insegna dell'unità per il rilancio dell'industria perché, come diceva lo slogan, «senza il manifatturiero non c'è sviluppo né ripresa». Sono i numeri a descrivere la situazione: in Italia si contano 135mila imprese metalmeccaniche, 40mila nella sola Lombardia, con una forza lavoro di circa 1,8milioni di persone, 500mila in Lombardia. Il nostro Paese è secondo solo alla Germania davanti a Francia e Regno Unito. L'industria metalmeccanica contribuisce per circa l'8% al Pil nazionale e l'export metalmeccanico rappresenta oltre la metà di quello manufatturiero e produce un attivo nell'interscambio commerciale pari a 65 miliardi di euro. Il settore, evidenzia l'indagine congiunturale di Federmeccanica, continua a soffrire e nel terzo trimestre di quest'anno ha registrato una diminuzione della produzione dell'1,5% rispetto al trimestre precedente. E «il quarto trimestre - ha osservato il presidente Fabio Storchi - non dovrebbe presentare grandi mutamenti» mentre «si spera che qualcosa cambi nel secondo trimestre 2015». Un altro dato aiuta a capire bene il "momento no": rispetto al primo trimestre 2008 la produzione metalmeccanica ha perso circa il 32% dei volumi produttivi e il 25% del potenziale è perduto per sempre. Pesa la stagnazione e per fortuna le vendite all'estero vanno meglio, infatti tra gennaio e agosto le esportazioni sono cresciute dello 0,8% con quelle metalmeccaniche verso la Cina a +12,4% e gli Stati Uniti a +13,7%. Magra consolazione visto il trend negativo delle dinamiche occupazionali, infatti nei primi otto mesi di quest'anno è andato perduto l'1,1% dei posti di lavoro nelle imprese con oltre 500 addetti mentre le ore di cassa integrazione sono state 327 milioni, +1% rispetto il 2013. «Per rilanciare il Paese - ha spiegato Paolo Bontempi, presidente del Gruppo metalmeccanici di Assolombarda - è indispensabile un salto di qualità che deve vedere protagonisti le imprese, i lavoratori e chi li rappresenta perché l'evoluzione delle fabbriche non sarà solo tecnologica ma anche sociale». «Siamo convinti - gli ha fatto eco Michele Angelo Verna, direttore generale di Assolombarda , che non ci sia futuro senza lo sviluppo del manufatturiero». SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 155 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Federmeccanica. 01/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.40 - 1 dicembre 2014 Pag. 1 (diffusione:581000) Terna, la sfida di Del Fante per crescere in Europa Luca Pagni a pagina 6 Terna, la sfida di Del Fante per crescere in Europa Potrebbe essere l'identikit del perfetto manager pubblico dell'era renziana. È nato a Firenze, città cui è ancora molto legato e non solo per la fede calcistica viola, nonostante da anni si sia trasferito con la famiglia a Roma. È ancora relativamente giovane, tanto da poter rappresentare un volto nuovo nel panorama dei dirigenti delle grandi società dello Stato. Per non dire che porta lo stesso nome di battesimo del Grande Capo e, ovviamente, parla con la stessa inflessione toscana; solo meno marcata per l'aver abitato e lavorato a Londra e Milano, dove l'accento si è inevitabilmente affievolito. In realtà, il comune denominatore tra Matteo Del Fante, classe 1967, e il più giovane presidente del Consiglio che nell'aprile scorso lo ha scelto per succedere al lombardo Flavio Cattaneo alla guida di Terna, la società che garantisce la distribuzione dell'elettricità in tutta Italia, è lo spirito del "rottamatore". Renzi ha l'ambizione di cambiare un intero paese; Del Fante si è limitato a rivoltare una delle istituzione storiche del nostro paese. Una banca che pur senza essere una vera banca ha finanziato, per oltre un secolo, le opere pubbliche di Comuni e Province, contribuendo a traghettare l'Italia dal Risorgimento al boom economico. E ora prova a trascinarla anche nella nuova era digitale, È stato Del Fante, prima come consulente esterno di una grande banca americana e poi come direttore dell'area Finanza a trasformare Cassa Depositi Prestiti da una istituzione ottocentesca a quello che viene ormai definito il "fondo sovrano" italiano, capace di confrontarsi alla pari con i fondi dei paesi emergenti, dal Medio Oriente alla Cina. In pratica, l'unica riserva indiana dei disastrati conti pubblici italiani, con una dotazione di 250 miliardi di euro raccolti attraverso il risparmio postale, che costituiscono un polmone d'acciaio con cui far respirare il sistema economico delle imprese, dalle Pmi da pochi milioni di fatturato a grandi aziende come Ansaldo Energia. «Quando ho cominciato a lavorare per Cassa Depositi - racconta - tutti i fondi venivano gestiti ancora attraverso un unico conto corrente. E si prestavano soldi agli enti locali a un tasso che veniva definito una volta all'anno con una legge». Sembrano racconti di un altro mondo, invece erano solo i primi anni Duemila. Ma come è approdato a Cdp? Dopo gli studi alla Bocconi e una specializzazione alla New York University, Del Fante brucia le tappe a Jp Morgan, dove entra nel 1991. Nel 1999 è già managing director con la responsabilità di tutti i clienti pubblici dell'area Emea. In realtà, lavora con uno solo: «Per il 90 per cento il mio tempo e quello della mia struttura era dedicato all'Italia. E di fronte alle obiezioni dei miei superiori era facile dimostrare i risultati che si potevano ottenere». La svolta professionale arriva con la scelta compiuta nel 2004, quando accetta la proposta dell'allora presidente Antonio Turicchi con cui aveva lavorato gomito a gomito per ristrutturare Cdp e ne diventa uno dei manager di primo piano, giusto pochi mesi dopo la privatizzazione. Una scelta che - negli ultimi anni - anche altri hanno compiuto, come l'attuale amministratore delegato di Cassa, Giovanni Gorno Tempini, banchiere anche lui a Jp Morgan e poi a Banca Intesa. Ma nessuno, a quel livello, l'ha fatto a carriera appena avviata e così giovane, appena 37enne. Se gli si chiede perché, parla di una scelta da civil servant nella tanto bistrattata pubblica amministrazione italiana, si limita a rispondere: «Mi è sembrato giusto impegnarmi in quella direzione». E per portare un po' di «sana meritocrazia», dove si è ragionato sempre con altre logiche, a cominciare da quelle di appartenenza di partito o di parrocchia. In dieci anni ha lavorato sottotraccia, senza cercare visibilità, tranne partecipare a qualche convegno. Prima ha creato la società per la gestione immobiliare per poi diventare nel 2010 direttore generale di Cdp. Una discrezione e un riserbo da banchiere, come dimostra il fatto che da aprile ad oggi mai ha rilasciato interviste come nuovo ad di Terna. Di lui si sa quello che raccontano gli addetti ai lavori. Aperto e di carattere, ma molto riservato. Buon giocatore di tennis, facilitato da un fisico da atleta. Anche se in azienda dovrà fare i conti con il nuovo direttore finanziario di Terna, Pier Paolo Cristofori, oro a squadre alle olimpiadi di Los Angeles '84 nel Pentathlon moderno. Del Fante viene anche descritto come un abile negoziatore, capace di scontrarsi con un consulente per un suo atteggiamento eccessivamente indisponente salvo poi SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 156 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato [ IL PERSONAGGIO ] 01/12/2014 La Repubblica - Affari Finanza - N.40 - 1 dicembre 2014 Pag. 1 (diffusione:581000) SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 157 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato sceglierlo perché ha comunque presentato il progetto migliore. Per coerenza con il suo credo nella meritocrazia. Tutto ciò gli servirà non poco ora che è alla guida di una delle principali società di Piazza Affari. Dove dovrà dimostrare non solo di saper mantenere il livello di dividendi e di soddisfazioni al mercato del suo predecessore, ma soprattutto di saper guidare l'azienda verso il mercato unico dell'energia europeo, una delle grandi scommesse con cui la Ue dovrà dimostrare di fare sul serio. Terna ha le potenzialità e i numeri per essere uno dei 4-5 protagonisti di questa rivoluzione che entro il 2030 (e in via definitiva entro il 2050, secondo i piani di Bruxelles), permetterà di portare l'energia eolica del Portogallo fino in Polonia e viceversa, secondo le necessità, cercando di far pagare meno possibile le bollette. La strategia di Del Fante non passa, obbligatoriamente, attraverso acquisizioni nel resto del Continente: «Lo faremo solo se si presenteranno occasioni favorevoli». A suo dire, il mercato unico nascerà grazie alle interconnessioni tra paesi, oltre alla creazione di regole comuni e di un'unica Authority. Le 29 interconnessioni tra Italia e i paesi limitrofi sono ancora poche: andranno incrementate, in particolare verso i Balcani e la Tunisia. Perché un domani l'Europa possa portare e vendere energia nel resto del Mediterraneo. Il mercato potrà valutare le sue doti di negoziatore nelle due partite in cui si è trovato subito coinvolto. La prima è la gara per il 66% della rete elettrica greca, dove si trova a competere con un fondo belga e il colosso State Grid of China: si tratta della più grande utility del mondo con i suoi due milioni di dipendenti e che giusto la settimana scorsa ha concluso in via definitiva l'ingresso nel capitale di Cdp Reti, la holding che controlla il pacchetto di maggioranza di Terna, oltre che di Snam. Ma non ci saranno offerte in comune, essendo entrambi partner "industriali". Del Fante sta ultimando, invece, la ricerca di una partner finanziario, perché i greci - bisognosi di abbattere il debito pubblico - valuteranno soprattutto l'offerta economica. Il secondo dossier è l'acquisizione di 9mila chilometri di rete elettrica delle Ferrovie dello Stato. In questo caso, Del Fante non dovrà tanto saper trattare sulla valutazione fatta circolare da Fs (attorno al miliardo di euro): perché il prezzo verrà di fatto individuato dall'Autorità dell'energia in base a quanto valuterà gli asset riconosciuti ai fini regolatori. Il lavoro più difficile sarà creare sinergie ed efficienze con la rete delle Fs, che corre parallela per molti tratti a quella di Terna. E rispondere, così, alle critiche di chi già sostiene che gli italiani, dopo aver pagato la rete di trasmissione ferroviaria con le tasse, ora ne pagheranno la ristrutturazione con le bollette, attraverso la quota riconosciuta a Terna per la remunerazione degli investimenti. TERNA, S. DI MEO Foto: Qui sopra, l'amministratore delegato di Terna, Matteo Del Fante in un disegno di Radpour Dariush 01/12/2014 ItaliaOggi Sette - N.284 - 1 dicembre 2014 Pag. 16 (diffusione:91794, tiratura:136577) Risorse per ogni tipo d'azienda Cinque miliardi a disposizione di pmi , Mid, reti, export ROBERTO LENZI Cinque miliardi di euro per pmi, mid, reti ed esportazioni sono i nuovi fondi resi operativi dalla Cassa depositi e prestiti grazie al «Plafond Piattaforma imprese». Rimangono inoltre da utilizzare circa 500 milioni di euro relativi al «Nuovo plafond pmi» rispetto agli 8 miliardi inizialmente stanziati. Sono invece totalmente esauriti i fondi del primo plafond pmi, partito nel 2009. È questa la situazione dei fondi che la Cdp mette a disposizione delle imprese in base a convenzioni stipulate con l'Associazione bancaria italiana. Le convenzioni operano fi no a esaurimento dei fondi stanziati, pertanto si presume che il «Nuovo plafond pmi» rimarrà operativo ancora per poco, mentre il «Plafond Piattaforma imprese», recentemente attivato, è tuttora in pieno svolgimento. Quest'ultimo plafond, infatti, essendo partito da poco, attende anche l'adesione da parte di un numero maggiore di istituti bancari, considerato che a fi ne ottobre avevano sottoscritto la convenzione solamente in quattro banche: Banca Popolare di Vicenza, Banca Privata Leasin g, Banca Monte dei Paschi di Siena e CR di Cento. Il «Plafond Piattaforma imprese», nato a seguito di un accordo Abi-Cdp del 5 agosto 2014, si compone di quattro sezioni: il plafond pmi, il plafond Mid, il plafond Reti pmi e il plafond Sostegno all'esportazione. Due miliardi esclusivamente per le pmi. Con una dotazione di 2 miliardi euro, il plafond pmi prevede finanziamenti, anche nella forma del leasing fi nanziario, a favore di iniziative per investimenti da realizzare e/o in corso di realizzazione per le micro, piccole e medie imprese autonome operanti in Italia. Di conseguenza sono ammesse le imprese con un organico inferiore a 250 dipendenti, equivalenti a tempo pieno, a prescindere dal fatturato e dall'attivo di bilancio; quest'ultima è una particolare deroga prevista dalla specifi ca defi nizione di pmi indicata nella convenzione Abi-Cdp. Potranno essere fi nanziate anche le pmi non autonome, a condizione che, considerando l'organico in termini di associazione e collegamento con altre imprese, il numero di dipendenti risulti inferiore a 250 unità. I fi nanziamenti possono essere assistiti da qualsiasi garanzia, pubblica o privata, ma nel caso di intervento di garanzie pubbliche, come per esempio il Fondo centrale di garanzia, la Cdp offre una specifi ca linea di provvista. Le ristrutturazioni dei debiti pregressi non sono ammesse. Sono invece ammissibili fi nanziamenti volti a coprire esigenze di incremento del capitale circolante. Due miliardi anche per le imprese «Mid». Ulteriori 2 miliardi di euro sono destinati al plafond Mid che prevede fi nanziamenti, anche nella forma del leasing finanziario, di iniziative relative a investimenti da realizzare e/o in corso di realizzazione ovvero a esigenze di incremento del capitale circolante delle imprese cosiddette «mid cap». Si tratta in particolare delle imprese con un numero di dipendenti compreso tra 250 e 3 mila unità (equivalenti a tempo pieno). In caso di Imprese Mid non autonome, le stesse saranno comunque fi nanziabili mediante Finanziamenti Mid a condizione che venga comunque rispettato il suddetto requisito dimensionale relativo al numero dei dipendenti, considerando il gruppo di imprese. Cinquecento milioni di euro per le reti di impresa. Il «Plafond Piattaforma imprese» prevede anche un'apposita sezione dedicata ai fi nanziamenti per le reti di imprese. Si tratta sempre di fi nanziamenti, anche nella forma del leasing fi nanziario, di iniziative relative a investimenti da realizzare e/o in corso di realizzazione ovvero a esigenze di incremento del capitale circolante delle pmi che hanno sottoscritto un contratto di rete. Le iniziative oggetto di fi nanziamento devono, in ogni caso, essere connesse con la realizzazione del programma di rete. Il fi nanziamento può essere concesso alle pmi facenti parte della rete, oppure direttamente alla rete stessa, se dotata di personalità giuridica. Sono classifi cate Reti di Imprese dotate di personalità giuridica quelle costituite ai sensi dell'articolo 3, comma 4-quater del dl 10 febbraio 2009, n. 5, convertito in legge con legge n. 33/2009. Le reti devono rispettare i requisiti di pmi: questo signifi ca che, ai fi ni del calcolo del numero di dipendenti complessivi della relativa Rete pmi, il conteggio riguarderà, per ciascuna impresa partecipante, una percentuale del numero di dipendenti totali di tale impresa pari alla percentuale di partecipazione di questa al fondo patrimoniale comune della relativa Rete pmi. Cinquecento SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 158 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato I nuovi fi nanziamenti resi operativi dalla Cdp grazie al Plafond Piattaforma imprese 01/12/2014 ItaliaOggi Sette - N.284 - 1 dicembre 2014 Pag. 16 (diffusione:91794, tiratura:136577) SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 159 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato milioni per il sostegno all'esportazione. Il plafond «sostegno all'esportazione» è riservato alle imprese esportatrici italiane. Questa sezione del plafond, accessibile alle imprese di tutte le dimensioni che operano in Italia, consente il pagamento a vista dell'impresa italiana che esporta beni, lavori e servizi. L'operazione nel contempo permette di offrire una dilazione di pagamento in favore dell'impresa importatrice estera, concessa da una banca estera emittente una lettera di credito. La dilazione di pagamento poggia su un fi nanziamento alla stessa banca estera erogato da una banca italiana a valere sulla provvista del Plafond Esportazione; si tratta di un'operazione di «post-fi nancing di lettere di credito». Le operazioni di post-fi nancing di lettere di credito vengono effettuate, unitariamente, fi no a 10 milioni di euro. I nuovi plafond della Cassa depositi e prestiti Plafond Stanziamento Benefi ciari PLAFOND PMI 2 miliardi di euro Imprese fi no a 250 dipendenti PLAFOND MID 2 miliardi di euro Imprese oltre 250 e fi no a 3 mila dipendenti PLAFOND RETI 500 milioni di euro Reti di Pmi PLAFOND ESPORTAZIONI 500 milioni di euro Imprese esportatrici (Pmi e grandi) 01/12/2014 ItaliaOggi Sette - N.284 - 1 dicembre 2014 Pag. 18 (diffusione:91794, tiratura:136577) Fondi per competere all'estero Dal Simest 300 mila euro per le pmi esportatrici CINZIA DE STEFANIS Finanziamenti agevolati per la patrimonializzazione delle pmi esportatrici. Simest concede 300 mila euro per salvaguardare la solidità patrimoniale delle imprese esportatrici e accrescere la loro capacità di competere sui mercati esteri. Per usufruire del finanziamento agevolato, le imprese devono presentare alla Simest il loro piano di sviluppo sui mercati esteri. L'importo massimo è di 300 mila euro, calcolato nel rispetto della normativa comunitaria «de minimis» e nel limite del 25% del patrimonio netto dell'impresa richiedente. Tutto questo lo prevede la nuova circolare aggiornata n. 7/2013 della società italiana per le imprese all'estero (Simest), soggetto gestore degli strumenti fi nanziari a favore delle pmi che operano all'estero. I benefi ciari sono le piccole e medie imprese, aventi sede legale in Italia, costituite in forma di società di capitali, che abbiano realizzato in ciascuno dei tre esercizi fi nanziari precedenti a quello di presentazione della domanda di fi nanziamento alla Simest, un fatturato estero, la cui media sia pari ad almeno il 35% del fatturato aziendale totale. I bilanci dei tre esercizi fi nanziari devono riguardare lo stesso soggetto richiedente il fi nanziamento (identifi cato dal codice fi scale). Il fi nanziamento è deliberato dal comitato nel limite del 25% del patrimonio netto del richiedente, risultante dall'ultimo bilancio approvato prima dell'esame della domanda di finanziamento da parte dello stesso comitato e nel rispetto del regolamento Ue «de minimis». Entro tale limite, il comitato può determinarne la misura e le condizioni. Il fi nanziamento non può comunque superare l'importo di 300 mila euro. La domanda di fi nanziamento è presentata dal richiedente su apposito modulo, approvato dal comitato, diffuso tramite la presente circolare e pubblicato sul sito internet della Simest (www.simest.it) e del ministero dello sviluppo economico . Misura intervento. Il finanziamento è deliberato dal comitato nel limite del 25% del patrimonio netto del richiedente, risultante dall'ultimo bilancio approvato prima dell'esame della domanda di fi nanziamento da parte dello stesso comitato e nel rispetto del regolamento Ue «de minimis». Entro tale limite, il comitato può determinarne la misura e le condizioni. Il finanziamento non può comunque superare l'importo di 300 mila euro. Domanda. La domanda su apposito modulo scaricabile dal sito Simest, (www.simest. it) e del ministero dello sviluppo economico (www.mise. gov.it). La domanda, corredata della documentazione prevista nel modulo, è presentata alla Simest, che la registra in ordine cronologico di arrivo, apponendo il protocollo e comunica al richiedente, entro dieci giorni lavorativi, la data di ricevimento, il numero di operazione e il nominativo del responsabile del procedimento, fornendo ogni ulteriore informazione prevista dalla normativa vigente per l'avvio del procedimento. Nella domanda, il richiedente deve indicare espressamente il nominativo del proprio referente interno, incaricato di intrattenere i rapporti con la Simest. Qualora il richiedente intenda avvalersi di un consulente esterno, deve essere trasmessa alla Simest copia dell'atto di incarico. Il fi nanziamento è concesso al tasso di riferimento e di attualizzazione di cui alla normativa comunitaria, reso noto con decreto del ministro dello sviluppo economico vigente alla data della delibera di concessione del comitato. Gli interessi sono corrisposti in via semestrale posticipata (30 giugno e 31 dicembre di ogni anno), a partire dalla data di erogazione, fi no al termine della stessa fase. Contratto fi nanziamento. Il contratto di finanziamento viene stipulato entro 3 mesi dalla ricezione della delibera di concessione del comitato. Il benefi ciario è tenuto a far pervenire alla Simest la documentazione necessaria per la stipula entro due mesi dalla data di ricezione della delibera di concessione del comitato. Trascorsi inutilmente tali termini, l'operazione viene sottoposta al comitato per l'eventuale revoca. Il fi nanziamento è previsto in due fasi: • fase di erogazione e di preammortamento (prima fase); • fase di rimborso (seconda fase). Fase di erogazione e preammortamento (prima fase). La Simest, prima di procedere all'erogazione, deve acquisire dall'impresa beneficiaria, entro due mesi dalla data di stipula del contratto di fi nanziamento (cinque mesi nel caso in cui l'impresa debba trasformarsi in spa), la seguente documentazione: • richiesta di erogazione fi rmata dal legale rappresentante; • certifi cato della Cciaa per la SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 160 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Come ottenere i fi nanziamenti agevolati: le imprese devono presentare un piano di sviluppo 01/12/2014 ItaliaOggi Sette - N.284 - 1 dicembre 2014 Pag. 18 (diffusione:91794, tiratura:136577) SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 161 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato verifi ca della forma societaria; • fi deiussione bancaria o equivalente, quando richiesta ; • l'impegno, ove previsto, a non ridurre il proprio livello di solidità patrimoniale al di sotto di quello di ingresso. Per la data di spedizione della suddetta documentazione farà fede la data risultante dal timbro postale o da altra attestazione di data certa. L'erogazione del 100% del finanziamento concesso avviene entro tre mesi dalla data di stipula del contratto di fi nanziamento (sei mesi nel caso di trasformazione in spa). La Simest, al termine della fase di erogazione, verifi ca il bilancio approvato relativo al secondo esercizio intero dell'impresa successivo alla data di erogazione e acquisisce la relazione sul grado di attuazione del piano di sviluppo sui mercati esteri. A seconda dell'esito di tale verifica in merito al rispetto o meno dell'obiettivo raggiunto, il rimborso del finanziamento avviene con modalità differenziate, individuate nei punti che seguono. La Simest effettua tale verifi ca calcolando l'indice di copertura delle immobilizzazioni (rapporto tra patrimonio netto e attività immobilizzate nette) raggiunto dall'impresa beneficiaria alla fine della prima fase, senza considerare nelle immobilizzazioni nette gli incrementi di immobilizzi immateriali per costi di ricerca, sviluppo e pubblicità (stato patrimoniale). Fase di rimborso (seconda fase). Il rimborso del fi nanziamento avviene con le modalità che seguono: Ipotesi A - imprese che al termine della fase di erogazione hanno rispettato l'obiettivo, migliorando il proprio livello di solidità patrimoniale di ingresso fi no a raggiungere/superare il livello soglia di 0,80 per le imprese industriali/manifatturiere e 1,00 per le imprese commerciali/di servizi, o mantenendolo/superandolo se già uguale o superiore al livello soglia. La fideiussione eventualmente acquisita è svincolata e il rimborso del fi nanziamento avviene in cinque anni, con rate in linea capitale costanti, semestrali e posticipate, decorrenti dal 1° gennaio successivo alla chiusura del bilancio oggetto della verifi ca a un tasso agevolato pari al 15% del tasso di riferimento, purché non inferiore allo 0,50% annuo; Ipotesi B - Imprese che al termine della fase di erogazione non raggiungono il livello soglia di 0,80 per le imprese industriali/manifatturiere e 1,00 per le imprese commerciali/di servizi o registrano una essione del livello di solidità patrimoniale di ingresso, pur rispettando il livello soglia. L'agevolazione è revocata e il fi nanziamento deve essere restituito in unica soluzione entro tre mesi dalla data di ricezione da parte dell'impresa della relativa richiesta della Simest. Gli interessi sono calcolati al tasso di riferimento dalla data di erogazione. In sintesi Erogazione Finanziamenti Pmi Entità fi nanziamento Miglioramento e salvaguardia della solidità patrimoniale delle imprese esportatrici per accrescere la loro capacità di competere sui mercati esteri. Per usufruire del fi nanziamento agevolato, le imprese debbono presentare il loro piano di sviluppo sui mercati esteri Il fi nanziamento è deliberato dal comitato nel limite del 25% del patrimonio netto del richiedente, risultante dall'ultimo bilancio approvato prima dell'esame della domanda di fi nanziamento da parte dello stesso comitato e nel rispetto del regolamento Ue «de minimis» Il contratto di fi nanziamento viene stipulato entro tre mesi dalla ricezione della delibera di concessione del comitato. Il benefi ciario è tenuto a far pervenire alla Simest la documentazione necessaria per la stipula entro due mesi dalla data di ricezione della delibera di concessione del comitato. Trascorsi inutilmente tali termini, l'operazione viene sottoposta al comitato per l'eventuale revoca. Il fi nanziamento è previsto in due fasi: fase di erogazione e di preammortamento (prima • fase); fase di rimborso (seconda fase). • 01/12/2014 ItaliaOggi Sette - N.284 - 1 dicembre 2014 Pag. 27 (diffusione:91794, tiratura:136577) Nell'investigazione la nuova frontiera è la Digital Forensic Sono oltre tremila le licenze investigative in tutta Italia, mentre sono meno di trenta le società di capitali dell'investigazione con un fatturato da piccola impresa. Il 99,9% sono singoli professionisti. Axerta è una società per azioni con circa 8700 casi l'anno gestiti. La società ha sviluppato nel tempo una competenza giuridica approfondita che le permette di collaborare abitualmente con oltre 3500 studi legali su tutto il territorio italiano. Affari Legali ha intervistato l'amministratore delegato Vincenzo Francese. Domanda. Quali sono i settori in cui l'investigazione è più richiesta e offre più risultati? Risposta. Il trend degli ultimi anni ha evidenziato una forte crescita di servizi relativi alla Digital Forensic per cui grazie all'intervento di periti investigatori e informatici si trasforma in prova il dato informatico. Altri servizi di indagine in forte crescita sono le due diligence per partnership tra società, e indagini difensive preventive, tra cui il controllo occulto con telecamere di cui in questi giorni si è parlato molto essendo di attualità l'Art. 4 dello statuto dei lavoratori. D. Come viene svolto l'attività investigativa? R. Per lo svolgimento delle attività investigative si deve avere una licenza che può essere più o meno ristretta in relazione alle possibilità di indagine che la struttura è in grado di mettere in campo. Essere una SpA con più sedi e avere un team interdisciplinare (investigatori, analisti finanziari, informatici, elettronici, giuristi) ci permette di rappresentare un unicum in Italia. Il metodo è importante per garantire un risultato utilizzabile in giudizio e che non presti il fianco ad eccezioni. Non sempre infatti ci sono le premesse per svolgere un'indagine risolutiva: il primo compito di Axerta è raccogliere tutte le informazioni per valutare l'opportunità di procedere, determinando la possibilità di tutelare efficacemente i diritti del cliente attraverso il processo investigativo. D. Quali sono i casi tipo in cui Axerta coinvolge attivamente gli studi legali? R. Axerta richiede specificatamente la presenza di un avvocato penalista e di un avvocato giuslavorista che supporti il cliente finale (azienda) nei seguenti casi: furti in azienda, licenziamento per giusta causa, falsa timbratura. Per altri casi di concorrenza sleale, comportamenti scorretti di dirigenti e collaboratori, utilizzo improprio ex L.104., nel caso in cui l'azienda non abbia rapporti fiduciari con alcun Studio Legale Axerta può suggerire alcuni studi legali di fiducia. D. È possibile quantificare i casi più frequenti, magari classificandoli in base alla richiesta iniziale e di conseguenza alla tipologia di studio legale? R. Le richieste degli studi legali sono trasversali alle diverse specializzazioni e dimensioni. I casi più complessi vengono richiesti da grandi studi legali con sedi all'estero o branch di studi legali con sedi in Italia. Lo spettro di informazioni e statistiche che si può estrarre è molto ampio. In relazione alla singola fattispecie penale, giuslavoristica e civile Axerta può fornire il contributo di chi svolge queste indagini per conto degli studi legali. Foto: Vincenzo Francese SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 162 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL PARERE DEGLI ADDETTI AI LAVORI: AXERTA 01/12/2014 ItaliaOggi Sette - N.284 - 1 dicembre 2014 Pag. 12 (diffusione:91794, tiratura:136577) Ogni mese vengono evidenziati alcuni eventi, manifestazioni, iniziative, progetti a cui le aziende possono partecipare gratuitamente e che riguardano finanziamenti e settori di ricerca europei. COOPERAZIONE Area tematica: INNOVAZIONE Data: 15 gennaio 2015 Sede: Friburgo, Germania Contenuto: si chiama Vision 2015 e prevede un evento di brokerage gratuito a supporto delle aziende con incontri B2B nel settore Ict, dell'elettronica, delle telecomunicazioni, della automazione industriale. È organizzato dalla rete Een della Commissione europea e in particolare dall'Enterprise Europe network Baden-Württemberg , con l0 Enterprise Europe network a Lahr e in cooperazione con la Camera di commercio di Strasburgo. Riferimenti: h t t p: / / w w w. b 2 m a t c h. e u / vi s i o n 2 0 1 5 w w w . f r e i b u r g . i hk . d e - ht t p: / / w w w. m e s s e . f r ei b u r g . d e / startseite/6/de/home.html COOPERAZIONE Area tematica: MODA Data: 26 gennaio 2015 Sede: Amsterdam, Paesi Bassi Contenuto: si chiama FashionMarch 3.0 e prevede un evento di brokerage gratuito per le aziende. È organizzato da Enterprise Europe network - Netherlands enterprise agency in collaborazione con la camera di commercio. L'evento si svolge all'interno della manifestazione Modefabriek e prevede incontri di matchmaking tra imprese, fornitori, università, centri di ricerca per attivare progetti di cooperazione e si svolge durante la Mercedes-Benz fashionweek Amsterdam. Riferimenti: http://bit.ly/1mRk4R4 - https://www. b2match.eu/fashionmatch-3rdedition -http://www.modefabriek.nl COOPERAZIONE Area tematica: NANOTECNOLOGIE Data: 26-30 gennaio 2015 Sede: Tokyo, Giappone Contenuto: si chiama Nanotech è organizzata come cluster mission per le imprese dall'Eu-Japan Centre, che fa parte della rete Een Europe enterprise network della Commissione europea in Giappone. È una iniziativa-missione di cluster matchmaking nel settore delle nanotecnologie per favorire progetti di cooperazione internazionale, di ricerca, di sviluppo, di trasferimento di know how. Si vuole dare supporto alle imprese per lo sviluppo di partnership strategiche e progetti di business. Soprattutto si intende dare sostegno alle piccole e medie imprese innovative per favorire la loro entrata nel mercato nipponico e a farli cooperare con clusters giapponesi. La missione dura cinque giorni e prevede oltre a specifici seminari business-market-oriented anche visite presso aziende, meeting one-to-one tra imprenditori, benchmarking, eventi di networking specifici, per massimizzare le opportunità per chi vi aderisce come azienda dell'Unione europea. Il tutto si terrà mentre è prevista la fiera e la conferenza sulle nanotecnologie a Tokyo Big Sight. Riferimenti: http://www.nanotechexpo.jp - http:// www.eu-japan.eu/detail-business-programmes/Nanotech-Japan-Cluster-and-Sme-Mission SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 163 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato EUROAPPUNTAMENTI 29/11/2014 Milano Finanza - N.235 - 29 novembre 2014 Pag. 64 (diffusione:100933, tiratura:169909) Vocazione riciclo Guido Lorenzon Hanno incominciato mescolando colla e legno per la fabbricazione di pannelli. Era il 1978. Ora l'azienda di Antonio Dal Ben e della moglie Antonella Zanatta costruisce e vende in ogni parte del mondo impianti completi per la fabbricazione di pannelli (l'80% della produzione) e di pellet, nonché e impianti di cogenerazione: l'export vale il 90% del fatturato. E la loro azienda, la Pal di Ponte di Piave (Treviso),è confluita nel 2008 in un'unica holding insieme con la Imal di Modena (Imal-Pal Group). Nel 2012 è stata acquisita la Globus di Novara. Il gruppo genera un fatturato complessivo tra i 90 e i 110 milioni di euro all'anno e occupa 300 addetti in Italia e 200 in Cina. Le quote della holding sono totalmente controllate da tre famiglie: Dal Ben, Benedetti e Zanasi: un gruppo di famiglie da cui discende un gruppo di aziende metalmeccaniche tra loro indipendenti e che mettono a frutto le sinergie. Globus produce macchine di macinazione a coltelli, Imal il software dei processi industriali e Pal più di venti famiglie di macchine e molteplici modelli, anche più di trenta, per singola famiglia. «La nostra produzione storica», ha detto Antonio Dal Ben, amministratore delegato di Pal, «è di 5.450 macchine, in media 150 all'anno». Il fatturato 2013 della Pal è stato di 35 milioni di euro e previsioni per l'esercizio in corso puntano a oltre i 45 milioni. I consuntivi dei vari anni manifestano oscillazioni importanti dovute alla produzione di impianti di lunga lavorazione, come quello in corso in Brasile del valore di 15 milioni di euro, quindi realizzati a cavallo di più esercizi, ma fatturati alla consegna. A Ponte di Piave l'azienda di Dal Ben occupa quattro blocchi di 12 mila metri quadri complessivi e altri tre mila metri sono occupati da un'ulteriore unità produttiva per le lavorazioni primarie a San Giorgio di Nogaro (Udine). Circa la metà del lavoro viene eseguita all'esterno in una costellazione di pmi della zona, indipendenti e fidelizzate in cui sono occupate circa 200 persone. «Abbiamo una piccola società di service in Cina, a Ningbo», ha detto Dal Ben, «e, come holding, a Shanghai c'è la joint venture di produzione; di recente abbiamo aperto una sede commerciale negli Stati Uniti, ad Atlanta». Nell'orbita di Pal sta per entrare anche un'azienda di Verona specializzata nella produzione di presse per pellet. «Nel nostro progetto di crescita», ha detto Dal Ben, «dobbiamo mettere attenzione anche alla continuità dei nostri fornitori più qualificati e quindi abbiamo deciso di acquisire una quota del 30% della società veronese di cui siamo clienti: gli accordi sono fatti, manca solo la firma ufficiale dell'acquisizione». Il core business di Pal è rimasto la costruzione delle macchine per la produzione del pannello di truciolare, un prodotto che utilizza rifiuti di legno rigenerati e divenuti materia prima secondaria. Il legname di scarto deve essere attentamente separato da altri materiali. Pal è lo specialista nella produzione di vagli oscillanti e detiene il brevetto mondiale del vaglio a rulli, macchinari per la separazione dei diversi materiali. Con finanziamenti europei e in collaborazione con l'università di Padova, Pal ha realizzato un sistema di selezione ottica degli inquinanti plastici del legno, il plastic killer, che permetterà di riciclare il truciolo di legno mondato al cento per cento e destinarlo a pannelli di alta qualità. «Siamo leader mondiali nella pulizia del legno riciclato. L'impegno del nostro ufficio tecnico insieme con le collaborazioni accademiche ci hanno portato al plastic killer, ma è in dirittura d'arrivo anche il metal killer», ha detto Andrea Dal Ben, 30 anni, seconda generazione, già operativo in azienda e amministratore nel Cda della holding. Con quest'ultimo sistema di lavorazione dei rifiuti, la Pal entra in un settore nuovissimo, ossia la costruzione degli impianti per la macinazione delle auto da demolizione e «all in one» per il riciclo dei materiali. «Dedichiamo alla ricerca tra il 2 e il 3% del fatturato e anche il metal killer è un progetto Life», ha detto Dal Ben, «e i nostri impianti separeranno tutti i materiali che si mescolano nella macinazione di un'auto, arriviamo fino a estrarre la polvere di metallo, tanto dannosa e tanto utile in ragione degli impieghi». Si apre per Pal il nuovo mercato delle autodemolizioni. In un unico impianto. Già costruito. In fase di collaudo all'estero. (riproduzione riservata) Foto: Antonio Dal Ben SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 164 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato PAL 29/11/2014 Milano Finanza - N.235 - 29 novembre 2014 Pag. 64 (diffusione:100933, tiratura:169909) Così si guidano i droni di Guido Lorenzon Società di formazione e di servizi nata e cresciuta nell'ambito di Unindustria Treviso, UniS&F ha aperto un nuovo spazio in un capannone industriale, recuperandolo dal manifatturiero. Nella nuova sede-laboratorio di 1.600 metri quadrati sono stati ricavati spazi per attrezzature fisse, altri per attrezzature mobili e altri ancora da mettere a disposizione di strutture esterne. «Mancava un luogo dove per poter organizzare a beneficio di questo territorio attività e servizi di eccellenza chiamando qui quanto di meglio esista in Italia», ha detto Sabrina Carraro, presidente della società, «ora è possibile, per esempio, organizzare un corso di guida sicura per mezzi pesanti con l'aiuto di un simulatore, ospitato nei nostri locali il tempo necessario alla formazione. I partecipanti all'attività potranno così avere esperienza delle situazioni di emergenza che più spesso possono verificarsi sulla strada». È una formula nuova di dare servizi. Un'altra attività con attrezzatura di terzi è, per esempio, il patentino di saldatura su plastica. E come fosse una fiera campionaria possono essere allestiti a rotazione vari corner di durata variabile, per esempio un negozio provvisorio sul quale esercitare il personale di vendita con i prodotti aziendali e gli spazi reali, o altro ancora. UniS&F, società fondata nel 1991, proviene da anni di vendita di consulenza, servizi e di corsi di formazione principalmente all'interno del sistema confindustriale. Il core business è stata la formazione, la selezione del personale e la consulenza per servizi in fabbrica. Il fatturato 2013 è stato di 5,7 milioni di euro, per la metà realizzato con attività di formazione finanziate (fonti pubbliche e private) e per la metà derivato da relazioni con il privato. Sono stati 856 i corsi erogati nel 2013 rivolti complessivamente a 10.900 persone. Circa il 25% del fatturato è stato invece generato dalla gestione di servizi come la privacy, il decreto 231 per la tutela degli amministratori e la sicurezza. «Lo zoccolo storico delle nostre attività viene senza dubbio conservato e ampliato», ha detto Sabrina Carraro, «ma la nuova struttura ci ha consentito di aprirci su ipotesi d'avanguardia e di consolidare le attività principali, come la formazione alla sicurezza che viene però adesso fornita con esercitazioni pratiche su reparti di fabbrica replicati nella nostra sede». Tre sono le principali aree t e m a t i c h e dell'innovazione sposata con il nuovo laboratorio: test sensoriali su prodotti e servizi con l'Istituto europeo di analisi sensoriale (brevettato come Euroisa), progettazione in 3D e prototipazione con il laboratorio interno Lottouno e, infine, la formazione per il rilascio del patentino necessario all'impiego dei droni, «in collaborazione con l'Enac», ha detto l'amministratore delegato della società Giuseppe Antonello. Tra le attività e le esperienze più avanzate va di sicuro collocata la formazione dell'operatore di sistemi aeromobili a pilotaggio remoto. «Ci sono vari modelli di droni e vari livelli di competenze», ha detto Sabrina Carraro, «ed è quindi necessario fornire anche la pratica con la teoria. Ma le aziende domanderanno presto anche interventi di monitoraggio e quindi dovremo fornire il pacchetto completo». Tocca infine le più avanzate frontiere del marketing l'analisi sensoriale, e quindi Unis&f propone la formazione del responsabile del controllo sensoriale interno, del giudice sensoriale qualificato e del panel leader sensoriale. «Abbiamo creato con Euroisa un istituto di analisi sensoriali riconosciuto in Europa», ha detto Carraro, «e garantiamo la qualità sensoriale di beni e servizi». (riproduzione riservata) Foto: Sabrina Carraro SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 165 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato UNIS&F 29/11/2014 Milano Finanza - N.235 - 29 novembre 2014 Pag. 2 (diffusione:100933, tiratura:169909) Le soluzioni di Agrigento Punto della situazione sull'economia dell'Isola. Presentate le ultime convenzioni fra Confimpresa Euromed, Unicredit e InterconfidiMed Antonio Giordano Presentate ad Agrigento alcune convenzioni stipulate fra Confimpresa Euromed Sicilia, Unicredit e InterconfidiMed. Da questi accordi sono anche scaturiti dei nuovi strumenti finanziari pensati per facilitare l'accesso al credito da parte delle aziende. Occasione per parlarne è stato il workshop «Impresa, che fare?», tenutosi in Camera di commercio e organizzato appunto da Confimpresa Euromed Sicilia e Unicredit, in collaborazione con la Federazione degli Ordini degli Agronomi e dei Forestali di Sicilia e in partnership con InterconfidiMed. L'incontro è stato inoltre l'occasione per valutare le ultime novità in merito alla gestione dei rischi finanziari connessi all'attività di impresa, i processi di profonda trasformazione in atto nel settore e il loro impatto sulle relazioni economiche e finanziarie nei territori, ma anche per individuare interventi volti a valorizzare e promuovere sui mercati nazionali e internazionali l'offerta integrata siciliana, composta da elementi storici, culturali, ambientali e turistici, nonché da prodotti tipici, tradizionali, artigianali e agroalimentari, altamente caratterizzanti la nostra regione. Dopo i saluti di Vittorio Messina, presidente della Camera di commercio di Agrigento, nonché di Confesercenti regionale, che ha posto la questione su «che cosa fare oggi dell'impresa in Sicilia, considerato come al Sistema Italia le pmi sembrino ormai più che altro un peso o, al limite, un "bancomat" da utilizzare quando non si riesce a fare quadrare i bilanci», Alessio Lattuca, presidente di Confimpresa Euromed Sicilia, ha aperto di lavori. Nella sua analisi, Lattuca ha evidenziato «l'importanza fondamentale del credito nell'intrapresa, ma anche delle idee per attivare reali politiche di crescita per tutta l'economia siciliana». Per Lattuca serve soprattutto «comprendere come oggi una singola provincia di una regione italiana conti poco o nulla nel mercato globale. Occorre quindi che le imprese operino in stretta sinergia e facciano rete fra di loro, al fine di competere in un contesto che è assai più vasto e competitivo che in passato». Nelle sezione «Impresa green» del workshop Gregorio Squadrito, esponente di Unicredit, ha invece puntato l'attenzione su quanto sia «fondamentale per l'economica siciliana fare ripartire il mondo dell'agricoltura», una potenziale atomica occupazionale, con oltre 100 mila posti di lavoro costantemente a rischio. «Si parla molto di crisi, ed è sicuramente giusto farlo», ha spiegato Squadrito, che nel suo istituto è responsabile regionale corporate, «ma il difficile scenario di questi anni lo si è messo insieme anche grazie alla scarsa propensione agli investimenti degli imprenditori. Perché la realtà dei fatti dice che, delle richieste di credito che giungono al mondo bancario, la maggioranza riguardano il cosiddetto "circolante", ossia le necessità quotidiane dell'azienda, quasi mai investimenti o piani di crescita». Dal canto suo, Dario Costanzo, di InterconfidiMed, ha sottolineato «il ruolo dei confidi vigilati come anello di congiunzione tra le imprese e il sistema bancario. C'è poi l'urgenza che le imprese in Sicilia tornino a fare investimenti, soprattutto in un momento storico in cui il costo del denaro è estremamente favorevole. Vero è che in finanza si fanno più soldi con i tracolli che quando le cose vanno bene, ma la nostra ottica deve essere differente, per costruire vere opportunità di futuro». (riproduzione riservata) SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 166 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato UN WORKSHOP PER AFFRONTARE IL FUTURO DELLE IMPRESE SICILIANE 30/11/2014 La Repubblica - Album - Festa toscana Pag. 6 Oro, moda e pelletteria dove c'è innovazione conti in positivo grazie ai mercati esteri* Da una parte un mondo produttivo attivissimo dall'altra una rete di piccole imprese in crisi toscano vale molto più di quanto pesi. È una risorsa di importanza ormai vitale per l'economia regionale. L'ultima foto scattata dall'Irpet, l'Istituto regionale di programmazione economica, basata sui dati Istat e sulle informazioni fornite da aziende e associazioni, conferma l'andamento double face degli ultimi anni. Da una parte un mondo produttivo attivissimo, innovativo e proiettato verso i mercati esteri, dall'altra una rete di piccole e medie imprese travolte dalla crisi, con capacità di investimenti paralizzata e perdita di posti di lavoro. Il 2013 si era chiuso con circa 30 miliardi di export estero, un valore del 3,6 per cento inferiore a quello dell'anno precedente. Un risultato quindi non positivo da cui è necessario estrarre il risultato legato ai metalli di base preziosi. Irpet sottolinea come in questi anni caratterizzati da una forte incertezza sui mercati finanziari, la natura stessa dei metalli preziosi (l'oro, in particolare) si configura come il tradizionale bene rifugio: questo ha spinto verso l'alto il prezzo con una continua crescita che ha portato il valore di un'oncia di oro grezzo oltre i 1.350 dollari sul finire del 2012. Nel corso del 2013 i mercati finanziari si sono progressivamente tranquillizzati determinando così da un lato un minore interscambio del metallo prezioso e dall'altro una inversione della tendenza all'apprezzamento dell'oro. «La Toscana», si legge nel rapporto Irpet, «che in questi ultimi anni si è di fatto configurata come una sorta di hub internazionale nel commercio di oro grezzo, sia per il forte flusso in uscita (dei 14,5 miliardi di oro grezzo esportati all'estero dall'Italia nel 2012, circa il 37% partiva dalla Toscana) che per quello in entrata (dei 17 miliardi circa importati in Italia nel 2012, il 27% arrivava in Toscana), ha risentito in modo marcato di questa evoluzione dei metalli preziosi, con un impatto tanto pesante da modificare il segno della variazione complessiva associata alla regione. Se infatti escludiamo dall'aggregato totale i metalli preziosi otteniamo una crescita delle esportazioni estere pari al 4,7% ben al di sopra della media nazionale». Analizzando i vari settori si nota come le produzioni tradizionali abbiano ottenuto le migliori performance. Nella moda, i settori legati al "cuoio e pelletteria" (+11,9%) e al calzaturiero (+4,0%) proseguono su un sentiero di crescita. Un ragionamento simile può essere fatto per l'abbigliamento (+7,5%), che conferma i risultati degli anni precedenti. D'altro canto, la maglieria, che aveva perso terreno nel 2012, è tornata a crescere nel corso del 2013 (+10,5%). In generale, questi settori hanno superato, in termini di prezzi correnti, il livello delle esportazioni del 2007. Diverso è stato invece il destino dei "tessuti e dei filati" (-2,4%), la cui dinamica fortemente negativa risale all'inizio degli anni 2000, e il cui tasso di crescita successivo alla crisi economico-finanziaria è rimasto molto debole. Nel settore, la parte di esportazioni riferite più tipicamente alla tessitura, circa il 50% del valore complessivo, rimane molto debole anche nell'ultimo anno (-6,7%). Diverso invece l'andamento delle esportazioni del settore della "preparazione e filatura di fibre tessili" (+1,2%), che pare aver recuperato terreno negli ultimi anni, se si esclude il 2012, rispetto alla dinamica negativa precedente alla crisi economica. Positiva è anche la performance delle "altre industrie tessili" (+3,1%), legate al confezionamento di tessuti. La metalmeccanica rappresenta un terzo del totale delle esportazioni regionali. Si mantiene positivo il tasso di crescita delle esportazioni di "macchine e apparecchi meccanici" (+5,1%) che rappresentano quasi un quinto del totale dell'export toscano, al netto dell'oro. In questo settore frena la caduta delle esportazioni di apparecchi per uso domestico. Tornano a crescere invece con un buon ritmo (+13,9%) "elettronica e meccanica di precisione", grazie al risultato (+18,0%) realizzato dalla sua componente principale ("fabbricazione di strumenti di precisione, prova e navigazione"). La "metallurgia", al netto dell'oro, prosegue nel suo andamento negativo (-14,1%), a conferma (e conseguenza) della crisi della siderurgia livornese e il risultato negativo di poche grandi imprese in difficoltà. Positivi i risultati del settore cartario (+5,4%) e della "gioielleria" (+19,9%), guidata dal distretto orafo aretino (oltre il 90% del totale di comparto a livello regionale), che supera i 2 miliardi di euro, principalmente SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 167 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'export Le produzioni tradizionali vantano le performance migliori cuoio e abbigliamento sono in crescita, bene la meccanica negli Emirati va la metà delle vendite del distretto orafo aretino 30/11/2014 La Repubblica - Album - Festa toscana Pag. 6 SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 168 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato grazie alla crescita del mercato degli Emirati Arabi (+33,0%), che da solo importa quasi il 50% delle vendite del distretto. Un altro comparto strategico per l'export toscano, l'agroalimentare, mostra due realtà diverse. La componente agricola è in flessione (-7,7%), sotto la spinta della cattiva performance della "floricoltura" (5,0%). Quella industriale, invece, tipicamente legata alle produzioni di olio (+18,3%) e di vino (+6,7%), è in rapida espansione (+9,9%). Ma il 2014 avrà dati diversi, dato che la produzione dell'olio è crollata in Toscana. I NUMERI 30 I MILIARDI DELL'EXPORT A tanto ammontavano nel 2013 le esportazioni totali della Toscana secondo il rapporto Irpet dell'economia . La parte del leone lo fanno i metalli preziosi, in particolare l'oro che conferma il boom del 2012 Dei 14,5 miliardi di oro grezzo esportati all'estero dall'Italia nel 2012, circa il 37% partiva dalla Toscana. E dei 17 miliardi circa importati in Italia nel 2012, il 27% arrivava in Toscana L'Irpet: in periodi di incertezza i metalli preziosi si configurano come un bene rifugio Tornano a crescere con un buon ritmo l'elettronica e la meccanica di precisione 28/11/2014 Tempi - N.48 - 3 dicembre 2014 - speciale pmi Pag. 12 (diffusione:102000) DARE L'ESEMPIO LA NOSTRA FORZA PIU' GRANDE Massimo Giardino E' stato un anno certamente intenso, che mi ha permesso di conoscere a fondo il territorio e di toccare con mano la sua ineguagliabile varietà a livello di vocazioni e specializzazioni manifatturiere. Ho scoperto moltissime aziende eccellenti, veri e propri gioielli magari poco noti ai più, ma che davvero non hanno nulla da invidiare. E, soprattutto, ho avuto la possibilità di conoscere tanti colleghi: imprenditori capaci, motivati e ancora desiderosi di dare tanto al paese». Le parole del presidente di Piccola Industria Confindustria, Alberto Baban, sono il bilancio del suo primo anno di mandato, una sorta di midterm, dove si rileva che il paese non è ancora in grado di sciogliere le difficoltà per quelle realtà che rappresentano il cuore pulsante dell'Italia. «La crisi c'è ancora, non v'è dubbio, ma abbiamo anche constatato come le aziende si stiano riorganizzando per affrontare uno scenario che - si è consapevoli - non sarà mai più quello di qualche anno fa. Come Piccola Industria abbiamo fortemente voluto questo dialogo con il territorio e con le imprese, motivo per il quale sin dal primo appuntamento del 2014, il convegno "L'Italia riparte dal Sud" a Ragusa, abbiamo scelto di "entrare in azienda" e di lanciare il nostro messaggio da un luogo che fosse indiscutibilmente nostro, il luogo cioè dove lavoriamo ogni giorno. Abbiamo fatto la stessa cosa a giugno a Catanzaro, con l'incontro sulla finanza strategica e a Napoli per il Forum di Piccola Industria di inizio ottobre. A prescindere dai singoli appuntamenti, comunque, abbiamo sempre lavorato per rafforzare lo spirito di squadra, indipendentemente dalle cariche associative ricoperte, e crediamo che questo sia uno dei valori più belli che si respirano in Piccola Industria». «Internazionalizzazione e innovazione devono essere le parole d'ordine». Questo era il fulcro del suo intervento programmatico lo scorso anno. In un anno le cose sono molto cambiate, soprattutto dal punto di vista politico. Aggiunge nuove priorità? Premesso che le due priorità da lei sopra ricordate restano sempre valide, a proposito della seconda è importante specificare che il nostro è un invito a promuovere l'innovazione a 360 gradi, senza restringere il concetto a un'interpretazione soltanto tecnologica. Si può, anzi si deve, innovare in ogni funzione aziendale, ripensando ad esempio la comunicazione, curando la formazione del proprio capitale umano, migliorando l'efficienza dei processi produttivi e, a livello più generale, aprendo l'impresa anche a una gestione più manageriale. Una priorità da aggiungere e sulla quale insistere - ma che di fatto per noi non è una novità - è la valorizzazione dei cosiddetti "asset intangibili", a partire dal riconoscimento dei brevetti, fino al brand, alla corporate reputation, al lean management, alle competenze tacite presenti in azienda. Aggiungerei anche l'impegno a esercitare una maggiore attenzione verso le filiere e, laddove ci siano criticità, a tutelare i propri fornitori con pagamenti puntuali e ancora, ove possibile, a esercitare una "moral suasion" affinchè vengano applicate migliori condizioni di accesso al credito quando a monte vi sia un'azienda capo-filiera ben strutturata. A proposito di credito, Piccola Industria ha firmato di recente il quinto accordo con Intesa Sanpaolo, a dimostrazione che il dialogo banca-impresa a favore della crescita prosegue con immutata convinzione da ambo le parti. Infine, in tema di internazionalizzazione vorrei segnalare il lavoro svolto da Confìndustria, in collaborazione con altre associazioni imprenditoriali, attraverso il Roadshow "Italia per le imprese" promosso da Mise e Mae per incrementare il numero di Pmi esportataci di almeno 20 mila unità. Con l'ultimo incontro a Roma del 14 novembre scorso siamo giunti già alla decima tappa. Il Governo Renzi sta mostrando attenzione alle esigenze delle imprese. Questa vicinanza trova riscontro nella vostra attività? Senz'altro vi sono segnali di attenzione verso i temi cari alle imprese. Nella legge di Stabilità, per esempio, si interviene sul costo del lavoro, azzerando i contributi per i neoassunti per tre anni e si prevede il credito di imposta in ricerca e innovazione, seppur con una configurazione migliorabile e con pochi stanziamenti. Mancano, tuttavia, i finanziamenti per riconfermare la Nuova Sabatini che si è dimostrata di forte interesse per le Pmi e per incrementare il numero di imprese esportatrici previste dal piano per rilanciare il made in Italy. Sappiamo comunque bene che i vincoli di bilancio siano stringenti ed è per questo che abbiamo proposto di incentivare l'investimento in innovazione delle imprese modificando la SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 169 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SPECIALE L'ESPERIENZA INCONTRA LE IDEE 28/11/2014 Tempi - N.48 - 3 dicembre 2014 - speciale pmi Pag. 12 (diffusione:102000) SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 170 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato disciplina degli ammortamenti. Una misura - che ci auspichiamo venga resa rapidamente disponibile per le Pmi - per alzare lo standard di innovazione nel paese che avrebbe uno scarso impatto sul gettito dello Stato. L'Italia ha bisogno di un sistema Paese competitivo ed esprimere un giudizio generale sull'operato del Governo prima ancora che questo *• abbia messo in campo la gran parte dei provvedimenti necessari è prematuro. Noi siamo senz'altro fiduciosi e disposti a collaborare. Torniamo all'innovazione e all'internazionalizzazione. Realizzare investimenti in queste direzioni è più semplice per le realtà strutturate, per la piccola impresa invece rappresenta uno sforzo, a volte non proporzionato alle dimensioni. Come può valerne la pena? Come le associazioni possono aiutare i propri iscritti? Le associazioni hanno un ruolo fondamentale nel raccogliere e interpretare le esigenze degli iscritti o nell'indirizzare le imprese verso le opportunità disponibili. Ne sono un esempio le tante missioni che Confìndustria organizza all'estero. Allo stesso tempo sono fondamentali per trasferire al territorio quei messaggi di politica economica, fra cui rientra la spinta all'internazionalizzazione e l'innovazione. Come convincere una piccola impresa a intraprendere questi percorsi? Non c'è una ricetta. Per esperienza personale credo funzioni solo l'emulazione, ovvero ascoltare e imparare da chi già fa. Per questo negli incontri di Piccola Industria vogliamo sempre dare la parola sempre a casi concreti. L'esempio è la più grande di tutte le forze. All'ultimo Forum di Piccola Industria, che si è tenuto a Napoli il 3 e 4 ottobre, ha suggerito di portare le start-up nelle aziende. Può spiegarci cosa intende e quali effetti produrrebbero azioni di questo tipo sull'economia nazionale? Parliamo di "AdottUp", il programma lanciato lo scorso anno da Piccola Industria con il quale le start-up possono essere "adottate" dalle Pmi. Attraverso questo percorso le start-up possono sviluppare la propria idea imprenditoriale in un contesto "protetto" e usufruendo di competenze e servizi già consolidati, mentre le imprese adottanti possono riprogettare obiettivi e strategie, anche in settori maturi, grazie all'innesto di personale innovativo ma proprio per questo meno condizionati. Il risultato è una collaborazione win win per entrambi i partner. A livello nazionale è naturale che risultati apprezzabili in termini di maggiore dinamismo economico potranno verifìcarsi solo se il fenomeno raggiungerà una certa consistenza numerica e se si manterrà nel tempo. In Italia è possibile parlare di start-up? I fondi che se ne occupano sono praticamente inesistenti così come le realtà incentivanti. Il risultato è che le idee muoiono o emigrano all'estero. Cosa propone? Non assocerei la nascita delle start-up alla presenza o meno di fondi o soggetti dedicati. Le risorse economiche sono sì determinanti, ma non rappresentano l'unica condizione. E il contesto a determinare la nascita o la sopravvivenza di una start-up. Perché le statistiche parlano chiaro: le start-up hanno una probabilità di fallire elevata perché ancora non hanno potuto sperimentare sulla propria pelle cosa significa sbagliare, come sopravvivere all'eccessiva burocrazia quotidiana o come si riesce ad andare all'estero alla ricerca di nuovi sbocchi. Motivo per il quale abbiamo messo a punto il programma "AdottUp", proprio per porre massima attenzione al rilancio e alla sopravvivenza di chi è sul mercato da tempo. D'altronde, se le start-up vanno all'estero e hanno successo e crescono, è probabile che ciò accada perché ad esempio fìsco e burocrazia sono più amichevoli verso l'impresa. Sbaglio? Come ultima considerazione aggiungerei, però, che per la crescita a nostro avviso non è sufficiente puntare solo sulle start-up. Il nostro paese può contare su un elevato numero di imprese innovative, che devono tuttavia essere meglio individuabili da parte degli investitori, del legislatore e devono godere di un merito creditizio più adeguato. Per questo motivo abbiamo portato all'attenzione di Mise e Mef la nostra proposta che riguarda appunto le Pmi innovative, nella quale ipotizziamo nuove modalità di bilancio che consentano una migliore evidenza di questa loro caratteristica e che portino un riconoscimento analogo a quello concesso alle start-up innovative. Estendendo gli stessi benefìci fiscali, le stesse garanzie e riservando tali benefìci anche agli investitori in Pmi innovative, si darebbe sicuramente un impulso molto concreto alla crescita della nostra economia. L'AZIENDA DI ALBERTO BABAN Brevetti, design e ricerca. Così i tappi Tapi sono diventati un'icona di internazionalità Alberto Baban è presidente di Tapi, un'azienda che opera nel settore della gomma plastica, specializzata nella produzione dì tappi sintetici di alta qualità, caratterizzati da un elevato design che punta a valorizzare l'estetica del packaging. Nata nel 1998, Tapi ha sede nel Comune di Massanzago, in provincia di 28/11/2014 Tempi - N.48 - 3 dicembre 2014 - speciale pmi Pag. 12 (diffusione:102000) SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 171 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Padova, fn Italia impiega 50 dipendenti, 31 uomini e 19 donne. Grande attenzione viene posta all'innovazione, anche attraverso una costante attività in ricerca e sviluppo. Tra il 2008 e il 2012 sono stati registrati in particolare due brevetti, riguardanti la funzionalità tecnica e prestazionale di chiusure sintetiche innovative. Nello stesso periodo la percentuale media dei costi di ricerca e sviluppo sui ricavi totali è del 2,50 per cento. Piani strategici di sviluppo - tra i quali rientra anche la partecipazione al progetto Elite di Borsa Italiana - hanno consentito una crescita, pervie interne ed acquisizioni, che è passata negli ultimi 3 anni da 8 a 33 milioni. Tapi è oggi presente, oltre che in Italia, anche in Russia, Ucraina, Argentina, Wlessico e Stati Uniti e opera su un mercato internazionale di oltre 60 paesi. Tra gli elementi chiave del successo di Tapi spicca la maturata attenzione ai trend di mercato rivolta al consumatore finale, nonostante i veri clienti siano imprese nel settore del beverage. Tapi è dì fatto un'impresa B2B, che ha adottato una strategìa di branding del tutto paragonabile ad una impresa B2C. Questo approccio strategico e definibile come forma innovativa B2B2C. Nel periodo 2008-2012 ha potuto contare sull'ingresso dì un fondo di private equify, che ha consentito una crescita per acquisizioni. Un ulteriore fattore critico di successo è rappresentato dalla visibilità, intesa a livello di brand, prodotto e mercato dei capitali. Foto: ALBERTO BABAN Alberto Baban entra nella squadra del presidente Giorgio Squinzi il 28 novembre scorso in qualità di presidente della Piccola Industria di Confindustria per il biennio 20132015. Perii primo appuntamento ufficiale del 2014 ha radunato a convegno gli imprenditori del Sud all'interno della fabbrica LGB Sicilia di Ragusa: «Abbiamo deciso di "entrare in azienda" per lanciare un messaggio da un luogo che fosse indiscutibilmente nostro, dove lavoriamo ogni giorno» 28/11/2014 Tempi - N.48 - 3 dicembre 2014 - speciale pmi Pag. 26 (diffusione:102000) IL LOCALISMO CHE FA GIRARE L'ECONOMIA Da 150 anni le Banche Popolari rafforzano il ruolo cruciale delle tantissime realtà produttive territoriali all'interno del sistema Paese GIUSEPPE DE LUCIA LUMENO* Poco meno di 4.440.000, questo è il numero delle Piccole medie imprese, ovvero con meno di 250 addetti, che sono presenti e attive sul territorio italiano secondo le ultime informazioni desumibili dall'archivio Asia dell'Istat e relative al 2012. In dettaglio, circa 2,6 milioni sono le imprese con un dipendente (59,7 per cento), 1,5 milioni quelle con un numero di dipendenti compreso tra 2 e 9 (35,5 per cento) mentre meno del 5 per cento, poco più di 200 mila, sono quelle con un numero di addetti compreso tra 10 e 250. L'economia italiana si caratterizza per una presenza estremamente rilevante delle Pmi all'interno del tessuto produttivo nazionale. Le Piccole e medie imprese, infatti, rappresentano il 70 per cento del valore aggiunto e l'8O per cento degli occupati complessivi nelle aziende. La maggiore incidenza delle Pmi sull'economia italiana rispetto a quanto avviene negli altri principali paesi europei emerge anche dai dati dell'Eurostat, l'istituto europeo di statistica. In Francia, ad esempio, il peso delle Pmi in termini di valore aggiunto è pari al 54 per cento, in Germania al 53 per cento, in Gran Bretagna al 51 per cento e in Spagna, più simile a noi, al 68 per cento. Ma ciò che colpisce ed emerge dalla disaggregazione dei dati dell'archivio Asia è l'assoluta prevalenza delle imprese minori, quelle che non superano i 9 addetti e che in termini numerici sono il 95 per cento delle aziende totali. Questa premessa risulta sempre più necessaria se si vuole analizzare concretamente ed approfonditamente gli effetti e le conseguenze della crisi economica e finanziaria che ha investito le principali economie mondiali a partire dalla fine del 2008 e che da ormai sei anni sta mettendo a dura prova il tessuto imprenditoriale ed occupazionale del paese, con ripercussioni negative proprio sulle aziende più piccole, che risultano maggiormente esposte alle difficoltà derivanti da prolungate fasi recessive del ciclo economico e sulle famiglie. D'altronde, i numeri in tal senso risultano estremamente chiari. Tra il 2008 ed il 2012 (ultimo anno disponibile) il saldo netto tra nuove imprese e aziende che hanno cessato la propria attività è stato negativo di circa 70 mila unità, una tendenza che ha contribuito in misura determinante alla crescita del tasso di disoccupazione, salito progressivamente ed inesorabilmente negli ultimi anni fino ad arrivare nel settembre scorso al 12,6 per cento (nel 2008 tale dato oscillava intorno al 6,5 per cento). Proprio alla luce di quanto espresso finora, appare ancora più prezioso e determinante il ruolo che le banche del territorio hanno svolto nel corso della crisi in questi ultimi anni per sostenere l'economia ed il tessuto sociale nei diversi ambiti locali di appartenenza. Banche del territorio a cui sono riconducibili anche le Banche Popolari che per storia, vocazione e tradizione da sempre hanno una particolare attenzione per le Pmi e per le famiglie, che rappresentano la loro clientela di riferimento. Oltre il 70 per cento, infatti, del credito erogato alle imprese da parte delle banche della Categoria è rivolto alle Piccole e medie imprese. La natura cooperativistica delle Banche Popolari, la loro governance democratica che si manifesta attraverso il caposaldo del voto capitario e che trova la sua affermazione più ampia nell'alta partecipazione dei soci alle assemblee societarie, sono gli elementi che spiegano meglio di altri la vocazione localistica di questi istituti di credito. Il loro legame con le comunità e con i territori risulta centrale per il paese e per agganciare quella ripresa economica, ogni giorno da tutti sempre più auspicata, proprio per la peculiare struttura che caratterizza il nostro sistema produttivo ed imprenditoriale rispetto ad altre realtà economiche e che vede ancora prevalente il ruolo delle Pmi. Consapevoli della necessità ed inevitabilità del destino incrociato che lega la banca al proprio territorio, le Popolari hanno ben chiaro che solo sostenendo costantemente e assiduamente le realtà economiche e produttive locali è possibile superare l'attuale criticità dell'economia nazionale, caratterizzata da calo e stagnazione del Prodotto interno lordo. Per questo motivo, le Banche Popolari, forti del loro radicamento territoriale e del rapporto fiduciario instaurato con la clientela e che contempla anche la figura del sociocliente, tendono a privilegiare un'attività e un'operatività improntata su una visione di lungo periodo e su una SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 172 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato SPECIALE UN PATRIMONIO DA VALORIZZARE 28/11/2014 Tempi - N.48 - 3 dicembre 2014 - speciale pmi Pag. 26 (diffusione:102000) SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 173 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato prospettiva di crescita e di sviluppo sostenibile del proprio territorio di riferimento. Una sensibilità, questa, che viene da lontano. Le Banche Popolari, infatti, nascono nella seconda metà del XDC secolo per avvicinare al credito coloro che vivono e lavorano lontani dai principali centri abitati e che per questo erano esclusi dall'accesso a possibilità di finanziamento, prevalentemente artigiani, agricoltori e piccoli commercianti. I numeri confermano come la vocazione localistica degli istituti della Categotia sia ancora oggi ben presente. Se si esamina la distribuzione degli sportelli sul territorio, considerando aree simili per dimensioni ai distretti industriali e tenendo conto delle specificità produttive e dell'attività economica prevalente, a dicembre 2013 risulta che, per le Banche Popolari, più del 73 per cento degli sportelli è situato in aree a prevalenza di Piccole e medie imprese, mentre per le altre banche tale valore scende a circa il 68 per cento. Il contrario avviene, invece, nelle grandi aree urbane dove il resto del sistema presenta il 26 per cento della propria rete distributiva, contro un dato che per le Popolari è inferiore al 21 per cento. Tali differenze, già di per sé esplicative, e sufficienti a evidenziare la maggiore propensione delle banche della Categoria verso le aziende di dimensioni più piccole, risultano ancora più accentuate quando si vanno ad analizzare i principali aggregati patrimoniali. Infatti, se si considerano i crediti alla clientela, risulta che nel caso delle Popolari il 66 • > per cento del proprio portafoglio si concentra nelle aree dove prevale la presenza delle Piccole e medie imprese, mentre il resto del sistema alloca in tali territori meno del 34 per cento del credito erogato, un dato che rappresenta, quindi, quasi la metà di quanto riscontrabile per gli istituti della Categoria. I valori, chiaramente, risultano completamente capovolti quando si considerano i grandi centri urbani (64 per cento per le altre banche e 30 per cento per le Popolari). Un rapporto granitico con i clienti Anche considerando i depositi i risultati restano gli stessi. Le Banche Popolari raccolgono dalle aree di Pmi il 64 per cento del risparmio complessivo della clientela contro il 31 per cento del resto del sistema, a testimonianza del profondo rapporto fiduciario esistente tra il cliente di una banca popolare e il proprio istituto e confermato anche da studi indipendenti come quello condotto recentemente dal Reputational Institute, istituto di ricerca con sede a New York e specializzato nell'attribuzione di rating basati sul livello di affidabilità e coerenza dimostrata agli occhi della clientela. Inoltre, dal 2008 ad oggi le Banche Popolari hanno continuato ad erogare un flusso di nuovi finanziamenti alle Piccole e medie imprese per un ammontare sostanzialmente analogo a quanto già operato anche negli anni precedenti la crisi. Oltre 200 miliardi di euro, infatti, è l'ammontare del nuovo credito erogato dalle Banche Popolari negli ultimi sei anni alle Pmi. Tale valore rappresenta quasi la metà, il 45 per cento, dei nuovi finanziamenti che la Categoria ha destinato alla clientela imprese contro un dato che per il resto del sistema è inferiore di 12 punti percentuali (33 per cento). La mission delle Banche Popolari di essere un riferimento per le Pmi e fornire un sostegno all'economia locale, è risultata ancora più ardua se si evidenziano le difficoltà del contesto economico reale che il nostro paese ha vissuto negli ultimi anni, con un Pii sceso in termini reali sui valori di oltre dieci anni prima. Proprio in considerazione delle difficoltà oggettive che le banche italiane e, soprattutto, quelle maggiormente legate al territorio come le Popolari, hanno dovuto affrontare dal 2008 in poi, i recenti risultati degli stress test promossi dalla Banca Centrale Europea e dall'Eba (European Banking Authority), in vista dell'avvento imminente dell'unione bancaria, non possono che essere considerati positivamente per il sistema creditizio italiano. Le problematiche appena ricordate che gli istituti di credito del paese hanno dovuto affrontare, unite ad una definizione e classificazione delle attività fortemente penalizzante per le banche italiane, come ad esempio la maggiore rischiosità dei prestiti a Pmi rispetto alle transazioni finanziarie su derivati, o l'introduzione dell'ipotesi di consolidamento del debito pubblico italiano in caso di scenario avverso (un'eventualità quest'ultima definita troppo pessimistica anche dalla Banca d'Italia) esaltano ancora di più la solidità del sistema bancario italiano che nel suo complesso ha dimostrato di rientrare ampiamente, malgrado i vincoli enunciati, all'interno dei parametri di solidità richiesti dalla Bce. Garantire il sostegno alle Piccole e medie imprese non è una esigenza solo italiana, ma europea, e proprio con l'introduzione della nuova banking union aumenta la necessità che il nuovo contesto normativo possa assicurare agli istituti del territorio di continuare a svolgere il proprio ruolo così come fatto in tutti questi anni di crisi e nel corso della loro lunga storia, se si vuole veramente favorire una ripresa delle attività produttive dei 28/11/2014 Tempi - N.48 - 3 dicembre 2014 - speciale pmi Pag. 26 (diffusione:102000) SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 174 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato livelli occupazionali. ^segretario generale Associazione Nazionale tra le Banche Popolari GIUSEPPE DE LUCIA LUMENO* Segretario generale dell'Associazione Nazionale fra le Banche Popolari dal 2006, membro del comitato esecutivo dell'Associazione Europea Banche Cooperative (Eacb) e della Confederazione Internazionale Banche Popolari (Cibp)_ - Banche Popolari - - Resto del Sistema Nuovi finanziamenti alle Pmi (incidenza sul totale dei nuovi prestiti) 200 IVilUARD! Oltre 200 miliardi di euro: è l'ammontare del nuovo credito erogato dalle Banche Popolari negli ultimi sei anni alle Pmi. Tale valore rappresenta quasi la metà (45 per cento) dei nuovi finanziamenti che la Categoria ha destinato alla clientela imprese contro il 33 per cento erogato dal resto del sistema DISTRIBUZIONE DEGLI IMPIEGHI E DEI DEPOSITI PER MODELLO DI SVILUPPO ECONOMICO TERRITORIALE Dicembre 2013 Modello produttivo Sistemi manifatturieri di Pini Sistemi della grande impresa Sistemi urbani Sistemi turistici Sistemi a sviluppo meno intenso Sistemi a prevalenza di Pmi Credito Popolare Resto del sistema Impieghi Depositi Impieghi Depositi FUORi CITTÀ Più del 73 per cento degli sportelli di Banche Popolari è situato in aree a prevalenza di Piccole e medie imprese (per le altre banche tale valore scende a circa il 68 per cento) Foto: Le Banche Popolari nascono nella seconda metà del XIX secolo per avvicinare al credito coloro che vivono e lavorano lontani dalle città, come artigiani, agricoltori e piccoli commercianti. Una vocazione localistica ancora oggi ben presente 28/11/2014 Tempi - N.48 - 3 dicembre 2014 - speciale pmi Pag. 3 (diffusione:102000) PORTIAMO IN AULA LO STATUTO CHE LIBERA LE PMI E LO SVILUPPO RAFFAELLO VIGNALI La versione preliminare del rapporto Ocse sulle Piccole e medie imprese italiane (quelle con meno di 250 addetti), che è in corso di pubblicazione, ricorda innanzitutto i numeri. Esse costituiscono nel nostro paese il 99,9 per cento delle imprese, l'8O per cento degli addetti e il 67 per cento del valore aggiunto. A chiunque basterebbe leggere questi dati per comprendere che le micro, piccole e medie imprese dovrebbero essere al centro della nostra politica economica e industriale. Invece, da troppo lungo tempo non è così. Abbiamo passato gli anni pre-crisi a sentirci spiegare dai guru dell'economia finanziaria (supportati anche da accademici ed editorialisti) che la piccola impresa era un modello superato, che i piccoli imprenditori erano retrogradi, che i nostri distretti sarebbero morti per globalizzazione, ecc. Se guardiamo i dati di questi anni, vediamo che il contributo maggiore su export e occupazione è stato determinato dalle Pmi. Eppure continuiamo a vedere attenzione quasi esclusivamente per la grande impresa. Nella legge di Stabilità ad esempio, troviamo un sacrosanto e consistente taglio dell'Irap, pari a 6 miliardi. Ma c'è un ma. Il taglio non è proporzionale perché interviene su una delle voci che compongono l'Irap: il lavoro. Premesso che l'Irap è una tassa assurda, che punisce chi assume e chi si indebita per investire, l'intervento promosso dal governo sul taglio dell'imposta sulla componente lavoro, premia le imprese più grandi, alle quali saranno dedicate quelle risorse. Se si fosse voluto sostenere le Pmi (e le partite Iva, che in questo modo vengono escluse) sarebbe stato molto meglio operare un taglio proporzionale. Un altro intervento alternativo che l'esecutivo avrebbe potuto attuare, sarebbe stato l'inserimento di un miliardo di euro per raddoppiare la franchigia portandola a 25 mila euro. Ma torniamo al rapporto Ocse. C'è un capitolo nel quale si parla del quadro strategico e del sistema delle politiche realizzato dall'Italia negli ultimi anni: dieci pagine dedicate allo Statuto delle Imprese (legge 180/2011). Lo Statuto - afferma l'Ocse - è la più importante norma fatta in Italia per le imprese, ha migliorato l'ambiente in cui operano le Pmi, che è la condizione necessaria per la crescita (a questo proposito va ricordato che la norma che ha sbloccato i pagamenti della Pa verso le imprese è contenuta in quella legge). Ma l'Ocse suggerisce al governo di attuare quanto è previsto dallo Statuto delle Imprese. In particolare, chiede che il governo emani la legge annuale per micro, piccole e medie imprese, affinchè ogni anno il Parlamento dedichi una sessione alle nostre piccole imprese per intervenire a loro favore. Finora, nessuno dei tre ministri che si sono succeduti alla guida del dicastero dello Sviluppo economico lo ha fatto. Il ministro Guidi ha promesso recentemente a Napoli, in occasione della sessione dedicata alle Pmi nel semestre europeo, alla presenza del presidente della Repubblica, di portare quanto contenuto nello Statuto delle Imprese al più presto al consiglio dei ministri. Personalmente, ho sollecitato nell'ordine Passera, Zanonato e la Guidi stessa nel question time alla Camera per la sua emanazione. Finora non è successo nulla. Mi auguro che il governo provveda in tempi rapidissimi: le micro, piccole e medie imprese sono la leva sui cui realizzare la crescita. E finito il tempo di considerarle "figlie di un dio minore". Ne va del futuro dell'Italia. *segretario di presidenza della. Camera dei Deputati responsabile sviluppo economico Ned estensore dello Statuto delle Imprese Foto: L'Ocse considera lo Statuto la più importante norma fatta in Italia per le Imprese e suggerisce al governo di attuarne i contenuti. Finora nessuno del ministri allo Sviluppo economico io ha fatto SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 01/12/2014 175 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato EDITORIALE
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