Ricordiamo che l`8 febbraio si celebra la Prima giornata

Diocesi di Novara
Migrantes, Commissione Giustizia e Pace,
Caritas Diocesana, Liberazione e speranza-Onlus,
Usmi (Unione Superiori Maggiori d’Italia),
Cism (Conferenza Italiana Superiori Maggiori).
PRIMA GIORNATA
INTERNAZIONALE
DI PREGHIERA E RIFLESSIONE
CONTRO LA TRATTA DI PERSONE
Sabato, 7 febbraio 2015 ore 20,45
Chiesa San Francesco alla Rizzottaglia - Via Lualdi 19
1
La tratta di esseri umani è una delle peggiori schiavitù del XXI
secolo. E riguarda il mondo intero. Secondo l’Organizzazione
internazionale del lavoro (Oil) e l’Ufficio delle Nazioni Unite
contro la droga e il crimine (Unodc) circa 21 milioni di persone,
spesso povere e vulnerabili, sono vittime di tratta a scopo
di sfruttamento sessuale o lavoro forzato, espianto di organi,
accattonaggio forzato, servitù domestica, matrimonio forzato,
adozione illegale e altre forme di sfruttamento. Ogni anno, circa 2,5
milioni di persone sono vittime di traffico di esseri umani e
riduzione in schiavitù; il 60 per cento sono donne e minori. Spesso
subiscono abusi e violenze inaudite. D’altro canto, per trafficanti e
sfruttatori la tratta di esseri umani è una delle attività illegali più
lucrative al mondo: rende complessivamente 32 miliardi di dollari
l’anno ed è il terzo “business” più redditizio, dopo il traffico di
droga e di armi.
L’obiettivo della giornata è innanzitutto quello di creare
maggiore consapevolezza del fenomeno e riflettere sulla situazione
globale di violenza e ingiustizia che colpisce tante persone, che non
hanno voce, non contano, non sono nessuno: sono semplicemente
schiavi. Al contempo provare a dare risposte a questa moderna
forma di tratta di esseri umani, attraverso azioni concrete. Per
questo è fondamentale, da un lato, ribadire la necessità di garantire
diritti, libertà e dignità alle persone trafficate e ridotte in schiavitù e,
dall’altro, denunciare sia le organizzazioni criminali sia coloro che
usano e abusano della povertà e della vulnerabilità di queste
persone per farne oggetti di piacere o fonti di guadagno. Inoltre, la
Giornata mondiale contro la tratta 2015 si inserisce significativamente anche all’interno dell’Anno dedicato alla Vita Consacrata
e sarà dunque da stimolo per tutte le religiose e i religiosi sparsi per
il mondo a leggere i “segni dei tempi” e a ripensare in termini
profetici il presente e il futuro della vita consacrata stessa.
2
Canto iniziale
O Signore fa’ di me uno strumento, fa’ di me uno strumento della tua pace,
dov’è odio che io porti l’amore, dov’è offesa che io porti il perdono,
dov’è dubbio che io porti la fede, dov’è discordia che io porti l’unione,
dov’è errore che io porti verità, a chi dispera che io porti la speranza.
Dov’è errore che io porti verità, a chi dispera che io porti la speranza.
O Maestro dammi tu un cuore grande,
che sia goccia di rugiada per il mondo,
che sia voce di speranza,
che sia un buon mattino
per il giorno di ogni uomo.
E con gli ultimi del mondo sia il mio passo
lieto nella povertà, nella povertà. (2 v.)
O Signore fa’ di me il tuo canto, fa’ di me il tuo canto di pace;
a chi è triste che io porti la gioia, a chi è nel buio che io porti la luce.
È donando che si ama la vita, è servendo che si vive con gioia,
perdonando che si trova il perdono, è morendo che si vive in eterno.
Perdonando che si trova il perdono, è morendo che si vive in eterno.
Introduce don Mario Bandera (direttore dell’Ufficio Diocesano per la Pastorale
sociale e il Lavoro, Giustizia e Pace e Salvaguardia del Creato)
Mons. Franco Giulio Brambilla, Vescovo di Novara:
Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo
Assemblea: Amen
Vescovo: Il Signore della vita che illumina la mente e il cuore di
chi si affida a Lui, sia con tutti voi
Assemblea: E con il tuo spirito
Vescovo: Signore, una delle peggiori schiavitù dei nostri giorni è
la tratta di esseri umani, in questo incontro di preghiera vogliamo
riflettere e prenderne coscienza. Fa che la Chiesa aiuti la nostra
comunità ad avere maggiore consapevolezza delle sofferenze che
vivono milioni di uomini e donne che non hanno voce, non
contano, non sono nessuno: sono semplicemente schiavi. Aiutaci
ad avere a cuore il problema di questi nostri fratelli.
3
IN ASCOLTO DELLA PAROLA
Dal Vangelo secondo Luca (4,14-21)
Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua
fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e
tutti ne facevano grandi lodi. Si recò a Nazaret, dove era stato
allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si
alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il
passo dove era scritto:
Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l'unzione,
e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto
messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi,
e predicare un anno di grazia del Signore.
Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e sedette. Gli occhi
di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. Allora cominciò a
dire: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i
vostri orecchi». Tutti gli rendevano testimonianza ed erano
meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca
Dal Vangelo secondo Matteo (11, 2-6)
Giovanni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere
del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: «Sei tu colui
che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?». Gesù rispose:
«Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi
ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i
sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la
buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me»
4
Preghiera1
Eterno Padre, sappiamo che tu nutri un amore particolare per i
poveri e per i più piccoli e difendi coloro ai quali la vita viene
calpestata. Oggi la nostra attenzione è rivolta alle persone offese
ingiustamente, vendute come merce di mercato: giovani, donne e
bambini, la cui vita viene valutata meno di trenta denari d’argento.
Padre santo e pieno di amore, noi crediamo che Tu non li
dimentichi: il loro nome è scritto sul palmo della tua mano.
Aiutaci a capire che noi pure abbiamo un compito in questo
mondo dove i mercati decidono non solo i prezzi delle cose ma
anche quello delle persone.
Donaci il coraggio di alzare la voce contro le ingiustizie e gli
abusi, e di stare dalla parte delle persone offese nella loro dignità.
Padre santo, noi ti chiediamo di infondere in coloro che lottano
contro il traffico di persone conoscenza e determina-zione: e nelle
vittime coraggio e confidenza in te.
Padre misericordioso, ti preghiamo per coloro che, per il loro
egoismo e ignoranza, sono causa di questo traffico e lo diffondono
nel mondo. Possano diventare consapevoli delle loro
responsabilità. Te lo chiediamo nel nome di Gesù, tuo Figlio e
nostro fratello.
Amen.
Maria Adele Garavaglia (autrice del romanzo/verità
“Clienti”) introduce lo spettacolo di Mariarosa Franchini
Rappresentazione “Clienti” di Mariarosa Franchini
(con
Mariarosa Franchini, Sara Mennella e Daniele Mennella)
1
Questa è la preghiera che la rete delle religiose cattoliche europee – R.E.N.A.T.E Religious in Europe Networking
Against Traffiching and Exploitation -, impegnate a sostenere le vittime della tratta, propone da alcubni anni in
occasione della Giornata Europea contro il traffico di esseri umani che si celebra ogni anno il 18 ottobre.
5
La “voce” di papa Francesco contro la tratta di persone
Mi ha sempre addolorato la situazione di coloro che sono
oggetto delle diverse forme di tratta di persone. Vorrei che si
ascoltasse il grido di Dio che chiede a tutti noi: «Dov’è tuo
fratello?» (Gen 4,9). Dov’è il tuo fratello schiavo? Dov’è quello che
stai uccidendo ogni giorno nella piccola fabbrica clandestina, nella
rete della prostituzione, nei bambini che utilizzi per
l’accattonaggio, in quello che deve lavorare di nascosto perché
non è stato regolarizzato? Non facciamo finta di niente. Ci sono
molte complicità. La domanda è per tutti! Nelle nostre città è
impiantato questo crimine mafioso e aberrante, e molti hanno le
mani che grondano sangue a causa di una complicità comoda e
muta2.
La tratta delle persone è proprio la schiavitù più estesa in
questo ventunesimo secolo.3
Il traffico degli esseri umani, che è la nuova schiavitù del
nostro tempo trasforma le persone in merce di scambio, privando
le vittime di ogni dignità4.
La tratta delle persone è un’attività ignobile, una vergogna
per le nostre società che si dicono civilizzate. Sfruttatori e clienti a
tutti i livelli dovrebbero fare un serio esame di coscienza davanti a
se stessi e davanti a Dio5.
Desidero invitare ciascuno, nel proprio ruolo e nelle proprie
responsabilità particolari, a operare gesti di fraternità nei confronti
di coloro che sono tenuti in stato di asservimento. Chiediamoci
come noi, in quanto comunità o in quanto singoli, ci sentiamo
interpellati quando, nella quotidianità, incontriamo o abbiamo a
che fare con persone che potrebbero essere vittime del traffico di
2
Evangelii Gaudium n° 211.
Messaggio Urbi et orbi 31 marzo 2013
4
Discorso al Consiglio d’Europa 25 novembre 2014.
5
Discorso al Pontificio Consiglio della pastorale dei migranti 24 maggio 2013.
3
6
esseri umani... Alcuni di noi, per indifferenza, o perché distratti
dalle preoccupazioni quotidiane, o per ragioni economiche,
chiudono un occhio. Altri, invece, scelgono di fare qualcosa di
positivo, di impegnarsi nelle associazioni della società civile o di
compiere piccoli gesti quotidiani – questi gesti hanno tanto valore!
– come rivolgere una parola, un saluto, un “buongiorno” o un
sorriso, che non ci costano niente ma che possono dare speranza,
aprire strade, cambiare la vita ad una persona che vive
nell’invisibilità, e anche cambiare la nostra vita nel confronto con
questa realtà.
Dobbiamo riconoscere che siamo di fronte ad un fenomeno
mondiale che supera le competenze di una sola comunità o
nazione. Per sconfiggerlo, occorre una mobilitazione di
dimensioni comparabili a quelle del fenomeno stesso. Per questo
motivo lancio un pressante appello a tutti gli uomini e le donne di
buona volontà, e a tutti coloro che, da vicino o da lontano, anche
ai più alti livelli delle istituzioni, sono testimoni della piaga della
schiavitù contemporanea, di non rendersi complici di questo male,
di non voltare lo sguardo di fronte alle sofferenze dei loro fratelli e
sorelle in umanità, privati della libertà e della dignità, ma di avere
il coraggio di toccare la carne sofferente di Cristo, che si rende
visibile attraverso i volti innumerevoli di coloro che Egli stesso
chiama «questi miei fratelli più piccoli» (Mt 25,40.45)6.
Lettura della Dichiarazione del 2 dicembre 2014 dei
leader religiosi contro la schiavitù moderna
"Noi firmatari siamo oggi qui riuniti per un'iniziativa storica volta
ad ispirare azioni spirituali e pratiche da parte di tutte le religioni
del mondo e delle persone di buona volontà per eliminare per
sempre la schiavitù moderna entro il 2020.
6
Dal messaggio per la celebrazione della 48^ giornata mondiale della pace (1° gennaio 2015)
7
Agli occhi di Dio, ogni essere umano, ragazza o ragazzo, donna o
uomo, è una persona libera, destinata a esistere per il bene di
ognuno in eguaglianza e fraternità. Le diverse forme di schiavitù
moderna, come la tratta degli esseri umani, il lavoro forzato e la
prostituzione, il traffico di organi e qualsiasi altra pratica
contraria ai concetti fondamentali di uguaglianza, libertà e pari
dignità di ogni essere umano, deve essere considerata crimine
contro l'umanità.
Qui e oggi, assumiamo l'impegno comune di fare tutto il possibile,
all'interno delle nostre comunità di credenti e all'esterno di esse,
per ridare la libertà a chi è vittima di schiavitù o di tratta di esseri
umani, restituendo loro speranza nel futuro. Oggi abbiamo la
possibilità, la consapevolezza, la saggezza, i mezzi innovativi e le
tecnologie necessarie a raggiungere questo obiettivo umano e
morale".
I firmatari:
Chiesa cattolica: Papa Francesco
Religione induista: Sua Santità Mata Amritanandamayi (Amma)
Religione buddhista: il Maestro Zen Thich Nhat Hanh (Thay) (rappresentato dalla
Venerabile Bhikkhuni Thich Nu Chan Khong)
Religione buddhista: il Venerabile Datuk K Sri Dhammaratana, Sommo Sacerdote
della Malesia
Religione ebraica: il Rabbino Dr. Abraham Skorka
Religione ebraica: il Rabbino Capo David Rosen KSG, CBE
Chiesa ortodossa: Sua Santità il Patriarca Ecumenico Bartolomeo
Religione musulmana: Mohamed Ahmed El-Tayeb, Grande Imam di Al Azhar
(rappresentato dal Dr. Abbas Abdalla Abbas Soliman, Sottosegretario di Stato di Al
Azhar Alsharif)
Religione musulmana: il Grande Ayatollah Mohammad Taqi al-Modarresi
Religione musulmana: il Grande Ayatollah Sheikh Basheer Hussain al Najafi
Religione musulmana: lo Sceicco Omar Abboud
Chiesa anglicana: Sua Grazia Justin Welby, Arcivescovo di Canterbury.
Illustrazione del Fondo per la libertà e la dignità di ogni
donna
8
Preghiera comunitaria
Vieni a salvarci, o Dio della vita! Si aprano gli occhi dei ciechi e
si schiudano le orecchie dei sordi (Is.35,5). Possa gridare di gioia la
lingua del muto e riacquistino coraggio gli smarriti di cuore (Is. 35,4).
Tu che hai messo davanti a noi vita e morte, aiutaci a scegliere
sempre la vita, amandoTi con tutte le nostre forze, obbedendo alla
Tua Parola e restando uniti a Te (Dt.30,19-20).
Vieni a salvarci, o Dio della speranza! Le ginocchia vacillanti
siano rese salde e le mani fiacche riacquistino forza (Is. 35,3),
l’angoscia sia spazzata via dal cuore di coloro che si sentono
schiacciati dal peso della vita: sia data forza allo stanco e
moltiplicato il vigore allo spossato (Is. 40,29).
Vieni a salvarci, o Dio della liberazione! Ogni persona sia
rispettata nella sua dignità. Nessuno pensi di avere il diritto di
pestare la faccia ai poveri (Is.3,15) e tutti facciano a gara
nell’imparare a fare il bene e a soccorrere l’oppresso (Is.1,17). Felicità
perenne risplenda sul nostro capo; gioia e voglia di vivere
prendano il posto della tristezza e dell’angoscia (Is. 35,10).
Vieni a salvarci, o Dio della giustizia! I poveri possano vedere
che le Tue promesse si realizzano; la lacrime di chi piange siano
asciugate (Is.25,8); l’umiliazione di chi è nella miseria venga tolta per
sempre. Alle infinite ingiustizie che imperversano ovunque sulla
terra sia posto finalmente termine. Siano tolti di mezzo
l’oppressione e il parlare empio (Is.58,9) e tutte le nostre città siano
chiamate “Signore-nostra-giustizia” (Ger.33,16).
9
Dalla “Ballata della speranza” di David Maria Turoldo
(…)
Oh, se sperassimo tutti insieme
tutti la stessa speranza
e intensamente, ferocemente sperassimo
sperassimo con le pietre
e gli alberi e il grano sotto la neve
e gridassimo con la carne e il sangue
con gli occhi e le mani e il sangue;
sperassimo con tutte le viscere
con tutta la mente e il cuore, Lui solo sperassimo;
oh, se sperassimo tutti insieme, con tutte le cose
sperassimo Lui solamente
desiderio dell’intera creazione;
e sperassimo con tutti i disperati, con tutti i carcerati
come i minatori quando escono
dalle viscere della terra,
sperassimo con la forza cieca
del morente che non vuole morire,
come l’innocente dopo il processo
in attesa della sentenza,
oppure con il condannato
avanti il plotone d’esecuzione
sicuro che i fucili non spareranno;
se sperassimo come l’amante
che ha l’amore lontano
e tutti insieme sperassimo,
a un punto solo, tutta la terra uomini
e ogni essere vivente sperasse con noi
e foreste e fiumi e oceani,
la terra fosse un solo
oceano di speranza
e la speranza avesse una voce sola
un boato come quello del mare (…).
10
Intervento del Vescovo Franco Giulio Brambilla
Canto del “PADRE NOSTRO”
Benedizione finale
Il Signore ci benedica e ci protegga, il Signore faccia risplendere su di
noi il Suo volto e ci sia propizio, il Signore volga su di noi il Suo volto
e ci conceda pace (Num. 6,24-26)!
Amen
Il Signore ci benedica e ci dia un cuore docile e saggio che sappia
distinguere il bene dal male (1 Re 3,9.12) e il male dal bene, le tenebre
dalla luce e la luce dalle tenebre, l’amaro dal dolce e il dolce
dall’amaro (Is. 5,20)!
Amen
Il Signore ci benedica e ci indichi le Sue vie, ci faccia camminare per i
Suoi sentieri (Is. 2,3) così che la nostra bocca si apra al sorriso e la nostra
lingua si sciolga in canti di gioia (Sal. 126,2).
Amen
E la benedizione di Dio onnipotente Padre e Figlio + e Spirito Santo,
discenda su noi e con noi rimanga sempre.
Amen
Canto finale: Santa Maria del cammino
Mentre trascorre la vita, solo tu non sei mai
Santa Maria del cammino sempre sarà con te.
Vieni o Madre, in mezzo a noi vieni, Maria quaggiù:
cammineremo insieme a te, verso la libertà (Rit).
Quando qualcuno ti dice: “nulla mai cambierà”.
Lotta per un mondo nuovo, lotta per la dignità. (Rit)
Lungo la strada la gente chiusa in se stessa va;
offri per primo la mano a chi è vicino a te. (Rit)
Quando ti senti ormai stanco e sembra inutile andar,
tu vai tracciando un cammino un altro ti seguirà. (Rit)
11
A Maria, donna vera !
Santa Maria, donna vera, icona del mondo femminile umiliato in terra
d’Egitto, sottomesso alle sevizie dei faraoni di ogni tempo, condannato al ruolo
di abbrustolirsi la faccia dinanzi alle pentole di cipolle e a cuocere i mattoni per
la città dei prepotenti, noi Ti imploriamo per tutte le donne della terra.
Da quando sul Calvario Ti trafissero l’anima, non c’è pianto di madre che
Ti sia estraneo, non c’è solitudine di vedova che tu non abbia sperimentato, non
c’è avvilimento di donna di cui non senta l’umiliazione.
Se i soldati spogliarono Gesù delle sue vesti, il dolore spogliò Te dei suoi
prestigiosi aggettivi. E apparisti semplicemente donna, al punto che il Tuo
unigenito morente non seppe chiamarTi con altro nome: Donna, ecco Tuo
figlio.
Tu che rimanesti in piedi sotto la croce, statua vivente della libertà, fa’
che tutte le donne, ispirandosi alla Tua fierezza femminile, sotto il diluvio delle
sofferenze di ogni specie, al massimo pieghino il capo ma non curvino mai la
schiena.
Santa Maria, donna vera, icona del mondo femminile che ha intrapreso
finalmente le strade dell’esodo, fa’ che le donne, in questa faticosa transumanza
quasi da un’era antropologica all’altra, non si disperdano come gli ebrei nel
mare dei giunchi. Ma sappiano individuare i sentieri giusti che le portino
lontano dalle egemonie dei nuovi filistei. E perché la Tua immagine di donna
veramente riuscita possa risplendere per tutte, come la nube luminosa nel
deserto, aiuta anche la Tua Chiesa a liberarsi da quelle caparbie desinenze al
maschile con cui ha declinato, talvolta, perfino la Tua figura.
Santa Maria, donna vera, icona del mondo femminile approdato
finalmente nella terra promessa, aiutaci a leggere la storia e a interpretare la
vita, dopo tanto maschilismo imperante, con le categorie tenere e forti della
femminilità.
In questo mondo così piatto, contrassegnato dall’intemperanza del
raziocinio sull’intuizione, del calcolo sulla creatività, del potere sulla tenerezza,
del vigore dei muscoli sulla morbida persuasione dello sguardo, Tu sei
l’immagine non solo della donna nuova, ma della nuova umanità preservata dai
miraggi delle false liberazioni.
Aiutaci, almeno, a ringraziare Dio che, se per umanizzare la terra si serve
dell’uomo senza molto riuscirci, per umanizzare l’uomo vuol servirsi della
donna: nella certezza che stavolta non fallirà. Amen.
(Tonino Bello, Maria donna dei nostri giorni, Ed. San Paolo 1983, 81-82).
12
Discorso di papa Francesco ad un gruppo di nuovi ambasciatori in
occasione della presentazione delle lettere credenziali (12 dicembre 2013)
Oggi desidero affrontare con voi una questione che mi preoccupa molto
e che minaccia attualmente la dignità delle persone: è la tratta di esseri
umani. È una vera forma di schiavitù, purtroppo sempre più diffusa, che
riguarda ogni Paese, anche i più sviluppati, e che tocca le persone più
vulnerabili della società: le donne e le ragazze, i bambini e le bambine, i
disabili, i più poveri, chi proviene da situazioni di disgregazione
familiare e sociale. In essi, in modo speciale, noi cristiani riconosciamo
il volto di Gesù Cristo, che si è identificato con i più piccoli e bisognosi.
Altri, che non si riferiscono ad una fede religiosa, in nome della comune
umanità condividono la compassione per le loro sofferenze, con
l’impegno di liberarli e di lenire le loro ferite. Insieme possiamo e
dobbiamo impegnarci perché siano liberati e si possa mettere fine a
questo orribile commercio. Si parla di milioni di vittime del lavoro
forzato, lavoro schiavo, della tratta di persone per scopo di manodopera
e di sfruttamento sessuale. Tutto ciò non può continuare: costituisce una
grave violazione dei diritti umani delle vittime e un’offesa alla loro
dignità, oltre che una sconfitta per la comunità mondiale. Quanti sono di
buona volontà, che si professino religiosi o no, non possono permettere
che queste donne, questi uomini, questi bambini vengano trattati come
oggetti, ingannati, violentati, spesso venduti più volte, per scopi diversi,
e alla fine uccisi o, comunque, rovinati nel fisico e nella mente, per
finire scartati e abbandonati. E’ una vergogna.
La tratta delle persone è un crimine contro l’umanità. Dobbiamo unire le
forze per liberare le vittime e per fermare questo crimine sempre più
aggressivo, che minaccia, oltre alle singole persone, i valori fondanti
della società e anche la sicurezza e la giustizia internazionali, oltre che
l’economia, il tessuto familiare e lo stesso vivere sociale.
13
Tuttavia, occorre una presa di responsabilità comune e una più decisa
volontà politica per riuscire a vincere su questo fronte. Responsabilità
verso quanti sono caduti vittime della tratta, per tutelarne i diritti, per
assicurare l’incolumità loro e dei familiari, per impedire che i corrotti e i
criminali si sottraggano alla giustizia ed abbiano l’ultima parola sulle
persone. Un adeguato intervento legislativo nei Paesi di provenienza, nei
Paesi di transito e nei Paesi di arrivo, anche in ordine a facilitare la
regolarità delle migrazioni, può ridurre il problema.
I governi e la comunità internazionale, cui spetta in primo luogo di
prevenire e di impedire tale fenomeno, non hanno mancato di prendere
misure a vari livelli per bloccarlo e per proteggere e assistere le vittime
di questo crimine, non di rado collegato al commercio delle droghe,
delle armi, al trasporto di migranti irregolari, alla mafia. Purtroppo, non
possiamo negare che talvolta ne sono stati contagiati anche operatori
pubblici e membri di contingenti impegnati in missioni di pace. Ma per
ottenere buoni risultati occorre che l’azione di contrasto incida anche a
livello culturale e della comunicazione. E su questo piano c’è bisogno di
un profondo esame di coscienza: quante volte infatti tolleriamo che un
essere umano venga considerato come un oggetto, esposto per vendere
un prodotto o per soddisfare desideri immorali ? La persona umana non
si dovrebbe mai vendere e comprare come una merce. Chi la usa e la
sfrutta, anche indirettamente, si rende complice di questa sopraffazione.
Ho voluto condividere con voi queste riflessioni su una piaga sociale dei
nostri tempi, perché credo nel valore e nella forza di un impegno
concertato per combatterla. Esorto pertanto la comunità internazionale a
rendere ancora più concorde ed efficace la strategia contro la tratta delle
persone, perché, in ogni parte del mondo, gli uomini e le donne non
siano mai usati come mezzi, ma vengano sempre rispettati nella loro
inviolabile dignità.
14
Parole di papa Francesco in occasione della cerimonia per la firma
della dichiarazione contro la schiavitù da parte dei leader religiosi (2
dicembre 2014).
Signore e Signori, ringrazio tutti i leader religiosi qui riuniti per il loro
impegno in favore dei sopravvissuti alla tratta delle persone, e tutti i
presenti per l’intensa partecipazione a questo atto di fraternità,
specialmente verso i più sofferenti fra i nostri fratelli. Ispirati dalle nostre
confessioni di fede, oggi ci siamo riuniti per un’iniziativa storica e
un’azione concreta: dichiarare che lavoreremo insieme per sradicare il
terribile flagello della schiavitù moderna in tutte le sue forme. Lo
sfruttamento fisico, economico, sessuale e psicologico di uomini e donne,
bambini e bambine attualmente incatena decine di milioni di persone alla
disumanità e all’umiliazione. Ogni essere umano – uomo, donna, bambino,
bambina – è immagine di Dio; Dio è amore e libertà, che si dona nelle
relazioni interpersonali; quindi ogni essere umano è una persona libera,
destinata a esistere per il bene degli altri, in uguaglianza e fraternità. Ogni
persona e tutte le persone sono uguali e si deve riconoscere loro la stessa
libertà e la stessa dignità. Qualsiasi relazione discriminante che non
rispetta la convinzione fondamentale che l’altro è come me stesso
costituisce un delitto, e tante volte un delitto aberrante. Per questo
dichiariamo in nome di tutti e di ognuno dei nostro credo che la schiavitù
moderna – in forma di tratta delle persone, lavoro forzato, prostituzione,
traffico di organi – è un crimine di “lesa umanità”. Le sue vittime sono di
ogni condizione, ma il più delle volte si riscontrano tra i più poveri e i più
vulnerabili dei nostri fratelli e sorelle. A nome di costoro, che stanno
chiamando all’azione le nostre comunità, e che senza eccezione respingano
completamente tutte le privazioni sistematiche della libertà individuale con
fine di sfruttamento personale e commerciale, a nome di costoro facciamo
questa dichiarazione. Malgrado i grandi sforzi di molti, la schiavitù
moderna continua ad essere un flagello atroce che è presente, su larga
scala, in tutto il mondo, persino come turismo. Questo crimine di “lesa
umanità” si maschera dietro apparenti abitudini accettate, ma in realtà fa le
15
sue vittime nella prostituzione, nella tratta delle persone, il lavoro forzato,
il lavoro schiavo, la mutilazione, la vendita di organi, il consumo di droga,
il lavoro dei bambini. Si nasconde dietro porte chiuse, in luoghi particolari,
nelle strade, nelle automobili, nelle fabbriche, nelle campagne, nei
pescherecci e in molte altre parti. E questo succede sia nelle città che nei
villaggi, nei centri di accoglienza delle nazioni più ricche e di quelle più
povere del mondo. E la cosa peggiore è che questa situazione,
disgraziatamente, si aggrava ogni giorno di più. Chiamiamo all’azione
tutte le persone di fede, i leader, i governi, le imprese, tutti gli uomini e le
donne di buona volontà, affinché diano il loro forte appoggio e si
aggiungano al movimento contro la schiavitù moderna, in tutte le sue
forme. Sostenuto dagli ideali della nostra confessione di fede e dai nostri
valori umani condivisi, tutti possiamo e dobbiamo innalzare lo stendardo
dei valori spirituali, gli sforzi comuni, la visione liberatrice così da
sradicare la schiavitù dal nostro pianeta. Chiedo al Signore che ci conceda
oggi la grazia di convertire noi stessi nel prossimo di ogni persona, senza
eccezioni, offrendo aiuto attivamente e sempre a coloro che incontriamo
sulla nostra strada - si tratti di un anziano abbandonato da tutti, di un
lavoratore ingiustamente schiavizzato e disprezzato, di una rifugiata o di
un rifugiato catturati dai lacci della malavita, di un giovane o di una
giovane che cammina per le strade del mondo vittima del commercio
sessuale, di un uomo o di una donna indotti alla prostituzione con
l’inganno da gente senza timore di Dio, di un bambino o di una bambina
mutilati degli organi - e che richiamano la nostra coscienza, facendo eco
alla voce del Signore: Vi dico che ogni volta che l’hanno fatto a uno dei
miei fratelli, lo hanno fatto a me. Cari amici, grazie per questa riunione.
Grazie per questa impegno trasversale, che ci impegna a tutti. Tutti siamo
riflesso dell’immagine di Dio e siamo convinti che non possiamo tollerare
che l’immagine del Dio vivo sia soggetta alla tratta più aberrante. Molte
grazie !
16
MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO PER LA
CELEBRAZIONE DELLA XLVIII GIORNATA
MONDIALE DELLA PACE 1° GENNAIO 2015
NON PIÚ SCHIAVI, MA FRATELLI
1. All’inizio di un nuovo anno, che accogliamo come una grazia e un
dono di Dio all’umanità, desidero rivolgere, ad ogni uomo e donna, così
come ad ogni popolo e nazione del mondo, ai capi di Stato e di Governo e
ai responsabili delle diverse religioni, i miei fervidi auguri di pace, che
accompagno con la mia preghiera affinché cessino le guerre, i conflitti e le
tante sofferenze provocate sia dalla mano dell’uomo sia da vecchie e
nuove epidemie e dagli effetti devastanti delle calamità naturali. Prego in
modo particolare perché, rispondendo alla nostra comune vocazione di
collaborare con Dio e con tutti gli uomini di buona volontà per la
promozione della concordia e della pace nel mondo, sappiamo resistere
alla tentazione di comportarci in modo non degno della nostra umanità.
Nel messaggio per il 1° gennaio scorso, avevo osservato che al
«desiderio di una vita piena … appartiene un anelito insopprimibile alla
fraternità, che sospinge verso la comunione con gli altri, nei quali troviamo
non nemici o concorrenti, ma fratelli da accogliere ed abbracciare».[1]
Essendo l’uomo un essere relazionale, destinato a realizzarsi nel contesto
di rapporti interpersonali ispirati a giustizia e carità, è fondamentale per il
suo sviluppo che siano riconosciute e rispettate la sua dignità, libertà e
autonomia. Purtroppo, la sempre diffusa piaga dello sfruttamento
dell’uomo da parte dell’uomo ferisce gravemente la vita di comunione e la
vocazione a tessere relazioni interpersonali improntate a rispetto, giustizia
e carità. Tale abominevole fenomeno, che conduce a calpestare i diritti
fondamentali dell’altro e ad annientarne la libertà e dignità, assume
molteplici forme sulle quali desidero brevemente riflettere, affinché, alla
luce della Parola di Dio, possiamo considerare tutti gli uomini “non più
schiavi, ma fratelli”.
In ascolto del progetto di Dio sull’umanità
2. Il tema che ho scelto per il presente messaggio richiama la lettera di
san Paolo a Filemone, nella quale l’Apostolo chiede al suo collaboratore di
17
accogliere Onesimo, già schiavo dello stesso Filemone e ora diventato
cristiano e, quindi, secondo Paolo, meritevole di essere considerato un
fratello. Così scrive l’Apostolo delle genti: «E’ stato separato da te per un
momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma
molto più che schiavo, come fratello carissimo» (Fm 15-16). Onesimo è
diventato fratello di Filemone diventando cristiano. Così la conversione a
Cristo, l’inizio di una vita di discepolato in Cristo, costituisce una nuova
nascita (cfr 2 Cor 5,17; 1 Pt 1,3) che rigenera la fraternità quale vincolo
fondante della vita familiare e basamento della vita sociale.
Nel Libro della Genesi (cfr 1,27-28) leggiamo che Dio creò l’uomo
maschio e femmina e li benedisse, affinché crescessero e si
moltiplicassero: Egli fece di Adamo ed Eva dei genitori, i quali,
realizzando la benedizione di Dio di essere fecondi e moltiplicarsi,
generarono la prima fraternità, quella di Caino e Abele. Caino e Abele
sono fratelli, perché provengono dallo stesso grembo, e perciò hanno la
stessa origine, natura e dignità dei loro genitori creati ad immagine e
somiglianza di Dio.
Ma la fraternità esprime anche la molteplicità e la differenza che
esiste tra i fratelli, pur legati per nascita e aventi la stessa natura e la stessa
dignità. In quanto fratelli e sorelle, quindi, tutte le persone sono per natura
in relazione con le altre, dalle quali si differenziano ma con cui
condividono la stessa origine, natura e dignità. E’ in forza di ciò che la
fraternità costituisce la rete di relazioni fondamentali per la costruzione
della famiglia umana creata da Dio.
Purtroppo, tra la prima creazione narrata nel Libro della Genesi e la
nuova nascita in Cristo, che rende i credenti fratelli e sorelle del
«primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29), vi è la realtà negativa del peccato,
che più volte interrompe la fraternità creaturale e continuamente deforma
la bellezza e la nobiltà dell’essere fratelli e sorelle della stessa famiglia
umana. Non soltanto Caino non sopporta suo fratello Abele, ma lo uccide
per invidia commettendo il primo fratricidio. «L’uccisione di Abele da
parte di Caino attesta tragicamente il rigetto radicale della vocazione ad
essere fratelli. La loro vicenda (cfr Gen 4,1-16) evidenzia il difficile compito a
cui tutti gli uomini sono chiamati, di vivere uniti, prendendosi cura l’uno
dell’altro».[2]
Anche nella storia della famiglia di Noè e dei suoi figli (cfr Gen 9,1827), è l’empietà di Cam nei confronti del padre Noè che spinge
18
quest’ultimo a maledire il figlio irriverente e a benedire gli altri, quelli che
lo avevano onorato, dando luogo così a una disuguaglianza tra fratelli nati
dallo stesso grembo.
Nel racconto delle origini della famiglia umana, il peccato di
allontanamento da Dio, dalla figura del padre e dal fratello diventa
un’espressione del rifiuto della comunione e si traduce nella cultura
dell’asservimento (cfr Gen 9,25-27), con le conseguenze che ciò implica e che
si protraggono di generazione in generazione: rifiuto dell’altro,
maltrattamento delle persone, violazione della dignità e dei diritti
fondamentali, istituzionalizzazione di diseguaglianze. Di qui, la necessità
di una conversione continua all’Alleanza, compiuta dall’oblazione di
Cristo sulla croce, fiduciosi che «dove abbondò il peccato, sovrabbondò la
grazia … per mezzo di Gesù Cristo» (Rm 5,20.21). Egli, il Figlio amato (cfr Mt
3,17), è venuto per rivelare l’amore del Padre per l’umanità. Chiunque
ascolta il Vangelo e risponde all’appello alla conversione diventa per Gesù
«fratello, sorella e madre» (Mt 12,50), e pertanto figlio adottivo di suo Padre
(cfr Ef 1,5).
Non si diventa però cristiani, figli del Padre e fratelli in Cristo, per
una disposizione divina autoritativa, senza l’esercizio della libertà
personale, cioè senza convertirsi liberamente a Cristo. L’essere figlio di
Dio segue l’imperativo della conversione: «Convertitevi e ciascuno di voi
si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri
peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo» (At 2,38). Tutti quelli che
hanno risposto con la fede e la vita a questa predicazione di Pietro sono
entrati nella fraternità della prima comunità cristiana (cfr 1 Pt 2,17; At 1,15.16;
6,3; 15,23): ebrei ed ellenisti, schiavi e uomini liberi (cfr 1 Cor 12,13; Gal 3,28), la
cui diversità di origine e stato sociale non sminuisce la dignità di ciascuno
né esclude alcuno dall’appartenenza al popolo di Dio. La comunità
cristiana è quindi il luogo della comunione vissuta nell’amore tra i fratelli
(cfr Rm 12,10; 1 Ts 4,9; Eb 13,1; 1 Pt 1,22; 2 Pt 1,7).
Tutto ciò dimostra come la Buona Novella di Gesù Cristo, mediante
il quale Dio fa «nuove tutte le cose» (Ap 21,5)[3], sia anche capace di
redimere le relazioni tra gli uomini, compresa quella tra uno schiavo e il
suo padrone, mettendo in luce ciò che entrambi hanno in comune: la
filiazione adottiva e il vincolo di fraternità in Cristo. Gesù stesso disse ai
suoi discepoli: «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che
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fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito
dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15,15).
I molteplici volti della schiavitù ieri e oggi
3. Fin da tempi immemorabili, le diverse società umane conoscono il
fenomeno dell’asservimento dell’uomo da parte dell’uomo. Ci sono state
epoche nella storia dell’umanità in cui l’istituto della schiavitù era
generalmente accettato e regolato dal diritto. Questo stabiliva chi nasceva
libero e chi, invece, nasceva schiavo, nonché in quali condizioni la
persona, nata libera, poteva perdere la propria libertà, o riacquistarla. In
altri termini, il diritto stesso ammetteva che alcune persone potevano o
dovevano essere considerate proprietà di un’altra persona, la quale poteva
liberamente disporre di esse; lo schiavo poteva essere venduto e comprato,
ceduto e acquistato come se fosse una merce.
Oggi, a seguito di un’evoluzione positiva della coscienza
dell’umanità, la schiavitù, reato di lesa umanità,[4] è stata formalmente
abolita nel mondo. Il diritto di ogni persona a non essere tenuta in stato di
schiavitù o servitù è stato riconosciuto nel diritto internazionale come
norma inderogabile. Eppure, malgrado la comunità internazionale abbia
adottato numerosi accordi al fine di porre un termine alla schiavitù in tutte
le sue forme e avviato diverse strategie per combattere questo fenomeno,
ancora oggi milioni di persone – bambini, uomini e donne di ogni età –
vengono private della libertà e costrette a vivere in condizioni assimilabili
a quelle della schiavitù.
Penso a tanti lavoratori e lavoratrici, anche minori, asserviti nei
diversi settori, a livello formale e informale, dal lavoro domestico a quello
agricolo, da quello nell’industria manifatturiera a quello minerario, tanto
nei Paesi in cui la legislazione del lavoro non è conforme alle norme e agli
standard minimi internazionali, quanto, sia pure illegalmente, in quelli la
cui legislazione tutela il lavoratore.
Penso anche alle condizioni di vita di molti migranti che, nel loro
drammatico tragitto, soffrono la fame, vengono privati della libertà,
spogliati dei loro beni o abusati fisicamente e sessualmente.
Penso a quelli tra di loro che, giunti a destinazione dopo un viaggio
durissimo e dominato dalla paura e dall’insicurezza, sono detenuti in
condizioni a volte disumane. Penso a quelli tra loro che le diverse
20
circostanze sociali, politiche ed economiche spingono alla clandestinità, e
a quelli che, per rimanere nella legalità, accettano di vivere e lavorare in
condizioni indegne, specie quando le legislazioni nazionali creano o
consentono una dipendenza strutturale del lavoratore migrante rispetto al
datore di lavoro, ad esempio condizionando la legalità del soggiorno al
contratto di lavoro… Sì, penso al “lavoro schiavo”.
Penso alle persone costrette a prostituirsi, tra cui ci sono molti
minori, ed alle schiave e agli schiavi sessuali; alle donne forzate a sposarsi,
a quelle vendute in vista del matrimonio o a quelle trasmesse in
successione ad un familiare alla morte del marito senza che abbiano il
diritto di dare o non dare il proprio consenso.
Non posso non pensare a quanti, minori e adulti, sono fatti oggetto di
traffico e di mercimonio per l’espianto di organi, per essere arruolati come
soldati, per l’accattonaggio, per attività illegali come la produzione o
vendita di stupefacenti, o per forme mascherate di adozione internazionale.
Penso infine a tutti coloro che vengono rapiti e tenuti in cattività da
gruppi terroristici, asserviti ai loro scopi come combattenti o, soprattutto
per quanto riguarda le ragazze e le donne, come schiave sessuali. Tanti di
loro spariscono, alcuni vengono venduti più volte, seviziati, mutilati, o
uccisi.
Alcune cause profonde della schiavitù
4. Oggi come ieri, alla radice della schiavitù si trova una concezione
della persona umana che ammette la possibilità di trattarla come un
oggetto. Quando il peccato corrompe il cuore dell’uomo e lo allontana dal
suo Creatore e dai suoi simili, questi ultimi non sono più percepiti come
esseri di pari dignità, come fratelli e sorelle in umanità, ma vengono visti
come oggetti. La persona umana, creata ad immagine e somiglianza di
Dio, con la forza, l’inganno o la costrizione fisica o psicologica viene
privata della libertà, mercificata, ridotta a proprietà di qualcuno; viene
trattata come un mezzo e non come un fine.
Accanto a questa causa ontologica – rifiuto dell’umanità nell’altro –,
altre cause concorrono a spiegare le forme contemporanee di schiavitù. Tra
queste, penso anzitutto alla povertà, al sottosviluppo e all’esclusione,
specialmente quando essi si combinano con il mancato accesso
all’educazione o con una realtà caratterizzata da scarse, se non inesistenti,
21
opportunità di lavoro. Non di rado, le vittime di traffico e di asservimento
sono persone che hanno cercato un modo per uscire da una condizione di
povertà estrema, spesso credendo a false promesse di lavoro, e che invece
sono cadute nelle mani delle reti criminali che gestiscono il traffico di
esseri umani. Queste reti utilizzano abilmente le moderne tecnologie
informatiche per adescare giovani e giovanissimi in ogni parte del mondo.
Anche la corruzione di coloro che sono disposti a tutto per arricchirsi
va annoverata tra le cause della schiavitù. Infatti, l’asservimento ed il
traffico delle persone umane richiedono una complicità che spesso passa
attraverso la corruzione degli intermediari, di alcuni membri delle forze
dell’ordine o di altri attori statali o di istituzioni diverse, civili e militari.
«Questo succede quando al centro di un sistema economico c’è il dio
denaro e non l’uomo, la persona umana. Sì, al centro di ogni sistema
sociale o economico deve esserci la persona, immagine di Dio, creata
perché fosse il dominatore dell’universo. Quando la persona viene spostata
e arriva il dio denaro si produce questo sconvolgimento di valori».[5]
Altre cause della schiavitù sono i conflitti armati, le violenze, la
criminalità e il terrorismo. Numerose persone vengono rapite per essere
vendute, oppure arruolate come combattenti, oppure sfruttate
sessualmente, mentre altre si trovano costrette a emigrare, lasciando tutto
ciò che possiedono: terra, casa, proprietà, e anche i familiari. Queste
ultime sono spinte a cercare un’alternativa a tali condizioni terribili anche
a rischio della propria dignità e sopravvivenza, rischiando di entrare, in tal
modo, in quel circolo vizioso che le rende preda della miseria, della
corruzione e delle loro perniciose conseguenze.
Un impegno comune per sconfiggere la schiavitù
5. Spesso, osservando il fenomeno della tratta delle persone, del traffico
illegale dei migranti e di altri volti conosciuti e sconosciuti della schiavitù,
si ha l’impressione che esso abbia luogo nell’indifferenza generale.
Se questo è, purtroppo, in gran parte vero, vorrei ricordare l’enorme
lavoro silenzioso che molte congregazioni religiose, specialmente
femminili, portano avanti da tanti anni in favore delle vittime. Tali istituti
operano in contesti difficili, dominati talvolta dalla violenza, cercando di
spezzare le catene invisibili che tengono legate le vittime ai loro trafficanti
e sfruttatori; catene le cui maglie sono fatte sia di sottili meccanismi
22
psicologici, che rendono le vittime dipendenti dai loro aguzzini, tramite il
ricatto e la minaccia ad essi e ai loro cari, ma anche attraverso mezzi
materiali, come la confisca dei documenti di identità e la violenza fisica.
L’azione delle congregazioni religiose si articola principalmente intorno a
tre opere: il soccorso alle vittime, la loro riabilitazione sotto il profilo
psicologico e formativo e la loro reintegrazione nella società di
destinazione o di origine.
Questo immenso lavoro, che richiede coraggio, pazienza e
perseveranza, merita apprezzamento da parte di tutta la Chiesa e della
società. Ma esso da solo non può naturalmente bastare per porre un
termine alla piaga dello sfruttamento della persona umana. Occorre anche
un triplice impegno a livello istituzionale di prevenzione, di protezione
delle vittime e di azione giudiziaria nei confronti dei responsabili. Inoltre,
come le organizzazioni criminali utilizzano reti globali per raggiungere i
loro scopi, così l’azione per sconfiggere questo fenomeno richiede uno
sforzo comune e altrettanto globale da parte dei diversi attori che
compongono la società.
Gli Stati dovrebbero vigilare affinché le proprie legislazioni nazionali
sulle migrazioni, sul lavoro, sulle adozioni, sulla delocalizzazione delle
imprese e sulla commercializzazione di prodotti realizzati mediante lo
sfruttamento del lavoro siano realmente rispettose della dignità della
persona. Sono necessarie leggi giuste, incentrate sulla persona umana, che
difendano i suoi diritti fondamentali e li ripristinino se violati, riabilitando
chi è vittima e assicurandone l’incolumità, nonché meccanismi efficaci di
controllo della corretta applicazione di tali norme, che non lascino spazio
alla corruzione e all’impunità. E’ necessario anche che venga riconosciuto
il ruolo della donna nella società, operando anche sul piano culturale e
della comunicazione per ottenere i risultati sperati.
Le organizzazioni intergovernative, conformemente al principio di
sussidiarietà, sono chiamate ad attuare iniziative coordinate per combattere
le reti transnazionali del crimine organizzato che gestiscono la tratta delle
persone umane ed il traffico illegale dei migranti. Si rende necessaria una
cooperazione a diversi livelli, che includa cioè le istituzioni nazionali ed
internazionali, così come le organizzazioni della società civile ed il mondo
imprenditoriale.
Le imprese[6], infatti, hanno il dovere di garantire ai loro impiegati
condizioni di lavoro dignitose e stipendi adeguati, ma anche di vigilare
23
affinché forme di asservimento o traffico di persone umane non abbiano
luogo nelle catene di distribuzione. Alla responsabilità sociale dell’impresa
si accompagna poi la responsabilità sociale del consumatore. Infatti,
ciascuna persona dovrebbe avere la consapevolezza che «acquistare è
sempre un atto morale, oltre che economico».[7]
Le organizzazioni della società civile, dal canto loro, hanno il
compito di sensibilizzare e stimolare le coscienze sui passi necessari a
contrastare e sradicare la cultura dell’asservimento.
Negli ultimi anni, la Santa Sede, accogliendo il grido di dolore delle
vittime della tratta e la voce delle congregazioni religiose che le
accompagnano verso la liberazione, ha moltiplicato gli appelli alla
comunità internazionale affinché i diversi attori uniscano gli sforzi e
cooperino per porre termine a questa piaga.[8] Inoltre, sono stati
organizzati alcuni incontri allo scopo di dare visibilità al fenomeno della
tratta delle persone e di agevolare la collaborazione tra diversi attori, tra
cui esperti del mondo accademico e delle organizzazioni internazionali,
forze dell’ordine di diversi Paesi di provenienza, di transito e di
destinazione dei migranti, e rappresentanti dei gruppi ecclesiali impegnati
in favore delle vittime. Mi auguro che questo impegno continui e si
rafforzi nei prossimi anni.
Globalizzare la fraternità, non la schiavitù né l’indifferenza
6. Nella sua opera di «annuncio della verità dell’amore di Cristo nella
società»[9], la Chiesa si impegna costantemente nelle azioni di carattere
caritativo a partire dalla verità sull’uomo. Essa ha il compito di mostrare a
tutti il cammino verso la conversione, che induca a cambiare lo sguardo
verso il prossimo, a riconoscere nell’altro, chiunque sia, un fratello e una
sorella in umanità, a riconoscerne la dignità intrinseca nella verità e nella
libertà, come ci illustra la storia di Giuseppina Bakhita, la santa originaria
della regione del Darfur in Sudan, rapita da trafficanti di schiavi e venduta
a padroni feroci fin dall’età di nove anni, e diventata poi, attraverso
dolorose vicende, “libera figlia di Dio” mediante la fede vissuta nella
consacrazione religiosa e nel servizio agli altri, specialmente i piccoli e i
deboli. Questa Santa, vissuta fra il XIX e il XX secolo, è anche oggi
testimone esemplare di speranza[10] per le numerose vittime della
schiavitù e può sostenere gli sforzi di tutti coloro che si dedicano alla lotta
24
contro questa «piaga nel corpo dell’umanità contemporanea, una piaga
nella carne di Cristo».[11]
In questa prospettiva, desidero invitare ciascuno, nel proprio ruolo e
nelle proprie responsabilità particolari, a operare gesti di fraternità nei
confronti di coloro che sono tenuti in stato di asservimento. Chiediamoci
come noi, in quanto comunità o in quanto singoli, ci sentiamo interpellati
quando, nella quotidianità, incontriamo o abbiamo a che fare con persone
che potrebbero essere vittime del traffico di esseri umani, o quando
dobbiamo scegliere se acquistare prodotti che potrebbero ragionevolmente
essere stati realizzati attraverso lo sfruttamento di altre persone. Alcuni di
noi, per indifferenza, o perché distratti dalle preoccupazioni quotidiane, o
per ragioni economiche, chiudono un occhio. Altri, invece, scelgono di
fare qualcosa di positivo, di impegnarsi nelle associazioni della società
civile o di compiere piccoli gesti quotidiani – questi gesti hanno tanto
valore! – come rivolgere una parola, un saluto, un “buongiorno” o un
sorriso, che non ci costano niente ma che possono dare speranza, aprire
strade, cambiare la vita ad una persona che vive nell’invisibilità, e anche
cambiare la nostra vita nel confronto con questa realtà.
Dobbiamo riconoscere che siamo di fronte ad un fenomeno mondiale
che supera le competenze di una sola comunità o nazione. Per
sconfiggerlo, occorre una mobilitazione di dimensioni comparabili a quelle
del fenomeno stesso. Per questo motivo lancio un pressante appello a tutti
gli uomini e le donne di buona volontà, e a tutti coloro che, da vicino o da
lontano, anche ai più alti livelli delle istituzioni, sono testimoni della piaga
della schiavitù contemporanea, di non rendersi complici di questo male, di
non voltare lo sguardo di fronte alle sofferenze dei loro fratelli e sorelle in
umanità, privati della libertà e della dignità, ma di avere il coraggio di
toccare la carne sofferente di Cristo[12], che si rende visibile attraverso i
volti innumerevoli di coloro che Egli stesso chiama «questi miei fratelli
più piccoli» (Mt 25,40.45).
Sappiamo che Dio chiederà a ciascuno di noi: “Che cosa hai fatto del
tuo fratello?” (cfr Gen 4,9-10). La globalizzazione dell’indifferenza, che oggi
pesa sulle vite di tante sorelle e di tanti fratelli, chiede a tutti noi di farci
artefici di una globalizzazione della solidarietà e della fraternità, che possa
ridare loro la speranza e far loro riprendere con coraggio il cammino
attraverso i problemi del nostro tempo e le prospettive nuove che esso
porta con sé e che Dio pone nelle nostre mani.
25
Dal Vaticano, 8 dicembre 2014
FRANCISCUS
[1] N. 1.
[2] Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2014, 2.
[3] Cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 11.
[4] Cfr Discorso alla Delegazione internazionale dell’Associazione di Diritto Penale,
23 ottobre 2014: L’Osservatore Romano, 24 ottobre 2014, p. 4.
[5] Discorso ai partecipanti all’Incontro mondiale dei Movimenti popolari, 28 ottobre
2014: L’Osservatore Romano, 29 ottobre 2014, p. 7.
[6] Cfr Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, La vocazione del leader
d’impresa. Una riflessione, Milano e Roma, 2013.
[7] Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 66.
[8] Cfr Messaggio al Sig. Guy Ryder, Direttore Generale dell’Organizzazione
Internazionale del Lavoro, in occasione della 103ª sessione della Conferenza
dell’O.I.L., 22 maggio 2014: L’Osservatore Romano, 29 maggio 2014, p. 7.
[9] Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 5.
[10] «Mediante la conoscenza di questa speranza lei era “redenta”, non si sentiva più
schiava, ma libera figlia di Dio. Capiva ciò che Paolo intendeva quando ricordava
agli Efesini che prima erano senza speranza e senza Dio nel mondo – senza speranza
perché senza Dio» (Benedetto XVI, Lett.enc. Spe salvi, 3).
[11] Discorso ai partecipanti alla II Conferenza Internazionale Combating Human
Trafficking: Church and Law Enforcement in partnership, 10 aprile 2014:
L’Osservatore Romano, 11 aprile 2014, p. 7; cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 270.
26
Dall’omelia pronunciata da Renato Corti – Vescovo di Novara, in occasione
della festività di San Gaudenzio, patrono della città (22 gennaio 2000).
Di forme di schiavitù ve ne sono alcune antiche e altre moderne. Vi sono
nazioni nelle quali, in questo momento, i missionari ricomprano –
letteralmente – degli schiavi. Se ne è vista qualche fotografia sui giornali
in queste settimane. Pure da noi la schiavitù non manca. Penso a quella di
chi entra nel circolo della malavita; penso alla schiavitù della droga; penso
alla prostituzione, e in particolare a quella che avviluppa donne straniere
venute in Italia con la speranza di una vita dignitosa. A riguardo di
quest’ultimo capitolo, una religiosa missionaria ha detto che simbolo di
ogni schiavitù rimane sempre la catena. E come la catena è formata da
molti anelli, così è la catena di queste nuove schiave. Gli anelli sono le
vittime e la loro povertà materiale; gli sfruttatori e i loro ingenti guadagni;
i clienti e le loro frustrazioni e l’evasione dalle proprie responsabilità; la
società con il suo permissivismo e la carenza di valori; forse, da qualche
parte, la connivenza di qualche governo; il nostro silenzio e la nostra
indifferenza. Da qualche anno esistono in Italia dei gruppi di volontariato
che si occupano di questa emergenza umana, che esige di essere trattata
con grande saggezza e delicatezza. Anche a Novara emerge una sensibilità
nei confronti di questo problema. Ne dovrebbe nascere un progetto sociopastorale il cui obiettivo fondamentale è quello di creare le condizioni di
base perché le donne travolte da questa forma di schiavitù possano trovare
libertà e dignità. Ringraziando Dio, per qualche ragazza già si stanno
spezzando le catene.
(dal settimanale diocesano “L’Azione” del 28 gennaio 2000)
27
Dal “discorso alla città” pronunciato da Franco Giulio Brambilla – Vescovo di
Novara - in occasione della festività di San Gaudenzio, patrono della città (22
gennaio 2015).
Chiedo a tutti di far la propria parte e a ciascuno di aiutare a dare agli altri
quanto vorrebbe che gli altri dessero a sé. La regola d’oro (“non fare agli
altri ciò che non vuoi che gli altri facciano a te”) va rovesciata: bisogna
stare nella città con una libertà che genera, consola, sostiene, aiuta, educa,
fa crescere, sogna e opera per il domani. Solo con le piccole tessere di
Ciascuno si costruisce il grande mosaico della città di tutti e per tutti (…).
La Chiesa deve fare la sua parte: riportare le comunità cristiane a essere
luoghi di fraternità, di accoglienza, di attenzione delle persone, di
educazione dei giovani, di cura degli anziani, di formazione delle famiglie
(…).
Anche la società può fare la sua parte: ogni soggetto sociale è chiamato a
una profonda revisione dei suoi stili di vita, a superare lo sperpero
economico, a vincere i particolarismi, a immaginare la sua opera per
costruire il poliedro della città e il caleidoscopio delle identità. Una città
solidale non distribuisce solo risorse, non mette in circolo soltanto beni,
non si prende cura solamente degli anziani, ma crea lavoro, combatte la
corruzione, evita le raccomandazioni, disinnesca la violenza nelle famiglie
e tra i gruppi, cura la convivenza civile, promuove la cultura, il senso del
bello e uno sviluppo sostenibile. Non di solo pane vive l’uomo, ma vive di
una parola umana che consola e trasmette un pensare positivo, presta
credito a quell’anima della città e al senso trascendente della vita che esce
dalla bocca del Signore come acqua zampillante. Novara ha certamente
un’anima, ma ha bisogno di risvegliarla dal suo torpore.
28