N. 00094/2015 REG.PROV.COLL. N. 00078/2011 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 78 del 2011, proposto da: Impresa Industriale “Progetto 5”, di Frascati Santo, rappresentata e difesa dall'Avv. Roberta Mazzulla, con domicilio eletto presso Roberta Mazzulla Avv. in Reggio Calabria, via D. Tripepi, 45; contro Comune di Reggio di Calabria, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli Avv. Emidio Morabito e Damiana Falcone, con domicilio eletto presso l’Avvocatura Civica, in Reggio Calabria, Via S.Anna II Tronco - Pal. CEDIR; Regione Calabria, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. Dario Borruto, dell’Avvocatura Regionale, domiciliata in Reggio Calabria, via D. Tripepi, 92; U.T.G. - Prefettura di Reggio Calabria e Ministero dell'Interno, in persona del Prefetto e del Ministro p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Reggio Calabria, via del Plebiscito, 15; per l’ottemperanza al giudicato formatosi sulle sentenze TAR Calabria, sezione distaccata di Reggio Calabria n. 267, depositata in data 22.04.2009, e n. 275 depositata in data 22.04.2009, allegate in copia autentica alla diffida e messa in mora notificata al Comune di Reggio Calabria in data 30.04.2009, afferenti la medesima procedura di appalto; e per il risarcimento del danno. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Reggio di Calabria, della Regione Calabria e dell’ U.T.G. - Prefettura di Reggio Calabria - Ministero dell'Interno; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 novembre 2014 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Il sig. Frascati Santo, titolare dell’impresa “Progetto 5” ha proposto ricorso ex art. 112 c.p.a. per ottenere l’esecuzione del giudicato formatosi sulle sentenze in epigrafe, chiedendo l’accertamento dell’obbligo del Comune di Reggio Calabria di affidargli l’appalto relativo al servizio di formazione professionale denominato “Il Comunicativo”, che gli era stato aggiudicato a seguito di pubblica gara, le cui risultanze erano state annullate dal Comune con gli atti che aveva gravato vittoriosamente in giudizio. Ha domandato altresì il risarcimento del danno in via subordinata, nel caso della sussistenza di sopravvenienze atte ad impedire l’affidamento, nei termini corrispondenti all’utile che avrebbe tratto dall’esecuzione del servizio di formazione (cd. lucro cessante), provvedendo a quantificarlo in via equitativa, ex art. 1226 e 2056 c.c., nella misura del 10% del valore complessivo dell’appalto così come ribassato dall’offerta economica presentata in sede di gara (€ 298.000,00), e, quindi, nella somma di € 29.800,00, oltre al danno curriculare, quantificato in via equitativa, ex art. 1226 e 2056 c.c., nella misura del 5% del valore complessivo dell’appalto, alla rivalutazione monetaria ed interessi legali con decorrenza dalla data di adozione della determina n. 743 del 7.03.2007 (con cui era stata disposta l’aggiudicazione definitiva del servizio e la conseguente stipula del relativo contratto in favore dell’odierno ricorrente), ovvero dalla diversa data ritenuta dal Giudice adito. Con sentenza n. 630/2011, il TAR accoglieva la domanda principale spiegata dal ricorrente, statuendo l’obbligo per il Comune di Reggio Calabria di stipulare il contratto di appalto per cui è causa e della Regione Calabria di assicurare la copertura finanziaria del progetto, alle condizioni colà meglio stabilite. Tale sentenza veniva appellata dalla Regione Calabria e riformata dal Consiglio di Stato nella sola parte in cui erano stati posti anche a carico dell’appellante gli oneri finanziari nascenti dalla stipula del contratto per l’attuazione del progetto denominato “Il Comunicativo”, finanziato con fondi comunitari (Consiglio di Stato, sentenza n. 6673 depositata in data 20.12.2011). Convocata dal Comune di Reggio Calabria in data 14 maggio 2012 presso la Segreteria Generale al fine di procedere alla sottoscrizione del contratto, parte ricorrente si avvedeva che la bozza dello schema contrattuale predisposto dall’Amministrazione differiva da quella utilizzata per il procedimento di gara, quanto alle modalità di corresponsione del corrispettivo ed alla disciplina delle anticipazioni sul prezzo dell’appalto. Nonostante lunghe trattative tra le parti, che tra l’altro determinavano - su istanza del ricorrente - il differimento dell’insediamento del Commissario ad acta (ordinanza n. 611/2012, depositata in data 10.10.2012 dal TAR, che prorogava al 3 dicembre 2012 il termine assegnato al Comune di Reggio Calabria per l’esecuzione del giudicato di che trattasi), non veniva raggiunto l’accordo sulla sottoscrizione del contratto, posto che per l’Ente il contratto in questione fin dall’origine non poteva trovare finanziamento nel Programma di Sviluppo urbano approvato dal Comune di Reggio Calabria per attivare i finanziamenti del POR Calabria – FESR 2000 – 2006, circostanza che per il sig. Frascati si poneva in contrasto con le statuizioni rese dal TAR con la sentenza n. 630/2011, in forza delle quali sarebbe vincolante lo schema di contratto già previsto in sede di gara. Stante la perdurante situazione di stallo tra le parti, si insediava il Commissario ad acta, dott. Antonio Quattrone, che con nota depositata il 6 marzo 2013 (prot. nr. 866) chiedeva specifici chiarimenti al Collegio. Con sentenza nr. 455 del 2 luglio 2013 venivano pronunciati i chiarimenti richiesti e si disponeva altresì la trattazione della causa al ruolo della pubblica udienza del 6 aprile 2014 al fine dell’esame della domanda di risarcimento del danno, spiegata dalla parte ricorrente. Con tale pronuncia, il TAR ha ritenuto che: a) laddove una sentenza passata in giudicato sancisca l’obbligo per la PA di concludere il procedimento di un pubblico incanto con la stipula del contratto in favore dell’aggiudicataria vittoriosa nel giudizio sull’impugnazione di atti o provvedimenti ostativi al conseguimento dell’affidamento, il possesso dei requisiti di ordine soggettivo dell’imprenditore (che, com’è noto, devono essere mantenuti durante tutto il procedimento di gara e fino all’avvenuta sottoscrizione del contratto) va accertato al momento della stipula e quest’ultima deve avere ad oggetto un contratto corrispondente alle previsioni della gara, salve quelle modifiche eventualmente derivanti da nuove valutazioni amministrative (come quelle tese a dare applicazione a norme imperative), che siano adottate nel rispetto dell’obbligo di leale cooperazione ed abbiano riguardo a questioni non dedotte, né deducibili, nel giudizio conclusosi con la sentenza passata in giudicato; b) è legittima, rispetto al giudicato, la scelta del Comune di reperire altro tipo di finanziamento, con la conseguenza della necessità di adeguamento del rapporto negoziale di esecuzione dell’appalto alle relative regole pubblicistiche, ed in questo senso, avendo approntato fondi comunali, il Comune ha dato corretta applicazione all’art. 5, comma 1°, del d.l. 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997 nr. 140. Il sig. Frascati non ha poi sottoscritto il contratto ed ha insistito per l’accoglimento della domanda subordinata di condanna al risarcimento del danno, previo accertamento della colpa dell’Ente nella conduzione delle trattative. Si è costituito in giudizio il Comune di Reggio Calabria per resistere alla domanda di condanna al risarcimento del danno, che chiede sia respinta. Con memorie depositate il 1° ed il 6 marzo 2014, la difesa di parte ricorrente ha meglio articolato ed approfondito le proprie deduzioni, sia in ordine ai presupposti dell’affermazione di responsabilità dell’Ente, che allo scopo di confutarne le tesi difensive. In particolare, con la memoria del 1° marzo 2014 è stata approfondita la quantificazione dei danni che parte ricorrente lamenta di aver subito a titolo di responsabilità precontrattuale dell’Ente e, con la memoria del 6 marzo 2014, si è evidenziato che, dalla documentazione che la Regione Calabria ha versato in giudizio, risulta che il procedimento di gara è stato mantenuto in essere ed è proseguito, pur nella conoscenza – da parte degli uffici comunali competenti dell’avvenuto rilievo da parte della Regione di criticità dello stesso e dell’altrettanto già disposta revoca o rimodulazione dei relativi finanziamenti. Parte ricorrente precisa dunque le proprie conclusioni chiedendo di accertare e dichiarare: 1) la colpa e responsabilità esclusiva del Comune di Reggio Calabria per non aver saputo assicurare la disponibilità e permanenza dei fondi comunitari a sostegno dell’iniziativa oggetto di gara; 2) la legittimità del rifiuto opposto dal sig. Frascati Santo alla stipula del contratto di appalto sopra indicato a condizioni diverse da quelle del bando di gara; 3) la colpa e la responsabilità del Comune di Reggio Calabria per violazione dei canoni di correttezza e buona fede, in ordine a tutti i danni subiti dal sig. Frascati Santo, n.q. di titolare della ditta “Progetto 5”, per aver confidato nella stipula del contratto di appalto relativo al servizio di formazione professionale denominato “il Comunicativo”. Questi ultimi sono così quantificati: - euro 18.788,52 a titolo di spese (fatture allegate sub 17, 18 e 19 al ricorso per ottemperanza); - euro 29.800,00, quale perdita di chance; - euro 14.900,00 quale danno curriculare, il tutto oltre rivalutazione monetaria ed interessi al tasso legale dal 7.3.2007 ovvero dalla diversa data che sarà ritenuta dal TAR o anche alla maggiore o minore somma che sarà accertata a titolo di valutazione equitativa ex artt. 1226 e 2056 c.c. in corso di causa. Alla pubblica udienza del 20 novembre 2014 la causa è stata trattenuta in decisione. DIRITTO Nell’odierno giudizio, l’oggetto della controversia si è concentrato in ordine all’accertamento della responsabilità dell’Ente circa la mancata sottoscrizione di un contratto di appalto, aggiudicato all’odierna ricorrente, e da quest’ultima non sottoscritto per intervenuto mutamento del sistema di finanziamento del servizio, rispetto alle condizioni inizialmente previste nel bando di gara. Più precisamente, il bando approvato con determina dirigenziale nr. 4561/2006 prevedeva, in merito alle modalità di effettuazione dei pagamenti, che l’erogazione del contributo sarebbe avvenuta con le seguenti modalità: “il 50% ad avvenuta dimostrazione di inizio lavori, previa presentazione di garanzia fideiussoria pari all’importo dell’anticipo di contributo concesso; il 30% ad avvenuta dimostrazione del sostenimento del 50% della spesa, previa presentazione di garanzia…; il 20% ad avvenuta rendicontazione finale” (finanziamento a valere sui fondi POR Calabria – FESR 2000/2006). In sede di ottemperanza, il Comune così riformulava la clausola di finanziamento dell’intervento: “l’impresa affidataria avrà diritto al pagamento del corrispettivo mediante il versamento di a) una quota pari al venti per cento del compenso complessivo al completamento dell’attività formativa dei primi cinque moduli previsti nel percorso formativo di “esperto in management aziendale” e dei prini tre moduli previsti nel percorso formativo di “esperto nell’utilizzo delle nuove tecnologie”; b) una quota pari al trenta per cento al completamento dell’attività prevista per entrambi i percorsi formativi; c) la residua quota del cinquanta per cento a conclusione dell’attività dell’intero progetto formativo” (finanziamento con fondi di bilancio). Tale mutamento normativo dello schema di contratto, scaturente dall’avvenuta sostituzione delle fonti di finanziamento originarie con somme di bilancio comunale, è stato ritenuto legittimo con la sentenza nr. 455/2013 di questo Tribunale, pronunciata inter partes, avendo l’Ente dato puntuale applicazione alla disposizione di cui all’art. 5, comma 1° del DL 79/1997. In virtù della modifica rispetto allo schema di contratto posto a corredo del bando di gara cui ha preso parte, la ricorrente assume di non poter più aderire all’appalto, e chiede che le vengano riconosciuti i danni. I) Sulla base delle risultanze degli atti e delle deduzioni delle parti, può succintamente qualificarsi la fattispecie in termini di responsabilità precontrattuale, atteso che si tratta di un contratto di appalto che la Stazione appaltante ha offerto alla sottoscrizione della parte ricorrente, in sede di ottemperanza alle sentenze in epigrafe, e che quest’ultima ha ritenuto di non poter sottoscrivere per l’avvenuto mutamento di clausole che riteneva essenziali rispetto a quelle contenute nello schema di bando posto a base della gara. Tenendo presente la differenza tra illegittimità degli atti ed illiceità del comportamento della PA (Cons. Stato Sez. IV, 15 settembre 2014, n. 4674, T.A.R. Campania - Salerno Sez. I, 12 maggio 2014, n. 925), la giurisprudenza è univoca nell’ affermare che “la responsabilità precontrattuale della P.A. è configurabile in tutti i casi in cui l'ente pubblico, nelle trattative con i terzi, compia azioni o incorra in omissioni contrastanti con i principi della correttezza e della buona fede, alla cui puntuale osservanza è tenuto già nel procedimento amministrativo strumentale alla scelta del contraente, ossia nel momento in cui entra in contatto con una pluralità di offerenti, instaurando con ciascuno di essi trattative (multiple o parallele) idonee a determinare la costituzione di rapporti giuridici, nel cui ambito è tenuto al rispetto di principi generali di comportamento posti dalla legge a tutela indifferenziata degli interessi delle parti. Ne consegue che l'inosservanza di tale precetto, anche prima della conclusione della gara, determina l'insorgere della responsabilità della P.A. per violazione del dovere di correttezza previsto dall'art. 1337 cod. civ., a prescindere dalla prova dell'eventuale diritto all'aggiudicazione del partecipante” (Cass. civ. Sez. I, 03 luglio 2014, n. 15260), riconoscendo la sussistenza di responsabilità per revoca di gara già aggiudicata (Cons. Stato Sez. VI, 18 marzo 2014, n. 1335) con provvedimenti legittimi (T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. I, 11 marzo 2014, n. 205). II) Nella odierna fattispecie non può seriamente dubitarsi circa la negligenza del comportamento dell’Ente, che ha posto a base d’asta un appalto di servizi (nel campo della formazione professionale) attestandone la copertura economica con fondi comunitari che, secondo quanto emerso nel corso dell’odierno giudizio di ottemperanza, si è verificato non essere disponibili. Dunque, senza diligentemente verificare né l’effettiva disponibilità del finanziamento che ha annunciato di voler utilizzare, né la compatibilità della stessa previsione di progetto con le finalità delle risorse comunitarie che si intendevano utilizzare, l’Ente ha offerto al pubblico una proposta contrattuale, per il tramite dell’evidenza pubblica, contenente informazioni inesatte. La negligenza del Comune, già insita nel rendere pubblica un’informazione non adeguatamente ed efficacemente verificata, in contrasto con l’obbligo di trasparenza e con il principio di presunzione di legittimità degli atti amministrativi, è ampiamente suffragata dalle risultanze dei documenti che sono stati acquisiti solo nel presente giudizio di ottemperanza, da parte della Regione, come evidenziato dalla difesa della ricorrente nella memoria del 6 marzo 2014. Peraltro, tale contesto rende ancor più censurabile la condotta dell’Ente se si considera che, nel corso del giudizio di merito, era già venuto in rilievo un provvedimento di annullamento della gara il cui presupposto era dato proprio dall’avvenuta indisponibilità del finanziamento: ma tale circostanza, in quella sede, era rimasta solo dichiarata, non essendo comprovata nei provvedimenti comunali impugnati, né altrimenti dimostrata in giudizio. III) Tuttavia, mette conto osservare che, sotto il profilo della possibilità concreta di concludere le trattative e sottoscrivere il contratto, i principali profili di responsabilità risultano sostanzialmente mitigati e corretti dalla stessa PA, che, agendo in autotutela ed in puntuale esecuzione del giudicato formatosi tra le parti, ha rinnovato l’offerta della sottoscrizione del contratto predisponendo a sostegno di essa fondi di bilancio. Tale circostanza, già evidenziata nella sentenza nr. 455/2013 che ne ha accertato la legittimità, non è senza rilievo, ed ha risparmiato le conseguenze pregiudizievoli che sarebbero derivate – sempre in punto di responsabilità precontrattuale dall’accertata indisponibilità dei fondi originari, assicurando la fattibilità del progetto, sia pure con modifiche della regolamentazione negoziale inerente l’erogazione del contributo. E’ onere del debitore porre in essere ogni sforzo per contribuire a limitare il pregiudizio derivante da un proprio inadempimento, prima ancora di addivenire ad una qualsiasi forma di risarcimento, specie se il debitore stesso è una P.A. tenuta al rispetto, nell’azione amministrativa, di elementari regole di buon senso, efficienza ed efficacia, oltre che trasparenza, secondo il grado di diligenza esigibile in base alla professionalità insita nella specifica dimensione organizzativa degli uffici (nel caso di specie, si tratta di un’Amministrazione di Città Metropolitana e capoluogo di Provincia ai tempi dei fatti di causa, quindi un Ente locale di massime dimensioni). Di fatto, nell’apprestare fondi di bilancio per sostenere il progetto, l’Ente ha rinnovato la valutazione d’interesse pubblico che aveva giustificato la proposizione originaria dell’appalto, ne ha attualizzato l’importanza ed ha dunque onorato l’impegno con il ricorrente (sia pure soltanto in sede di esecuzione del giudicato), predisponendo quanto necessario all’avvio del progetto. Ciò che resta da analizzare, ai fini dell’accertamento della sussistenza di elementi di responsabilità precontrattuale, è l’essenzialità o meno della clausola di finanziamento originariamente posta a base della “lex specialis” della gara per il tramite dello schema di contratto a suo tempo pubblicizzato; ovvero se la modifica di tali condizioni sia essenziale o meno in relazione alla formazione della volontà e delle aspettative della parte ricorrente di concorrere alla gara e ritenerne conveniente l’appalto. Si osserva, prima di passare all’esame di tale questione, che il ricorrente ha precisato la domanda di risarcimento – originariamente formulata con riferimento al 10% del valore dell’appalto come risultante dal ribasso, ovvero euro 29.800,00 oltre il 5% dello stesso valore come danno curriculare - allegando danni di cui una parte per spese sostenute e l’altra per perdita di chance e danno curriculare, quantificati in maniera percentuale rispetto alle prime (in ordine ai quali si tornerà oltre). Ciò premesso, va ritenuto che le deduzioni difensive di parte ricorrente valgono a ritenere ragionevole la decisione di non sottoscrivere il contratto, ma non a ritenere l’essenzialità della clausola di finanziamento ai fini delle modalità di esecuzione dell’appalto, specie avendo riguardo all’oggetto di esso, alle modalità in quanto dedotte, all’esperienza soggettiva dell’imprenditore desumibile dal curriculum che egli stesso ha prodotto in atti. In questi termini, le specifiche modalità di finanziamento dell’appalto non sono tali da impedire oggettivamente la sottoscrizione dell’appalto, ancorchè possano lecitamente ritenersi non convenienti secondo un giudizio di opportunità e di merito dell’imprenditore stesso. Secondo un criterio di media normalità e diligenza, è possibile ricorrere ad anticipazioni bancarie per assicurarsi, nelle more, la liquidità provvisoria per assicurare l’adempimento delle obbligazioni a favore dei collaboratori dell’impresa e così via. Parte ricorrente produce una perizia di parte nella quale si attesta l’impossibilità economica dell’azienda, in ragione di precedenti esposizioni e contrazioni del fatturato, ad accedere al credito; tuttavia, si tratta di una difficoltà soggettiva che non integra gli estremi di una seria impossibilità per l’imprenditore di usufruire di modalità alternative all’anticipazione originariamente prevista, posto che la differenza di utile in termini di maggiore aggravio di costi per il finanziamento dell’anticipazione avrebbe ben potuto essere compensata a carico dell’Ente nei termini del c.d. “interesse differenziale” che la giurisprudenza riconosce nell’ambito della responsabilità precontrattuale laddove si sia addivenuti alla sottoscrizione di un contratto a condizioni meno vantaggiose di quelle originariamente prospettate e sulla base delle quali la parte danneggiata si era determinata a concludere l’accordo (sul punto si rimanda alla specifica trattazione svolta oltre). Dunque si tratta di un cambiamento delle “regole del gioco”, che risultano certamente meno convenienti rispetto all’originario assetto del programma contrattuale con il Comune, ma senza che ciò assurga ad un tale livello di impossibilità di realizzazione del contratto, da giustificare in maniera assoluta la mancata sottoscrizione dell’accordo. Da ciò deriva che non può essere riconosciuto il danno curriculare (che peraltro la giurisprudenza esclude in radice dal novero dei danni risarcibili per responsabilità precontrattuale della PA ritenendolo compreso nell’”interesse positivo” e quindi non dipendente dall’inutilità delle trattative, v. Cons. Stato, 01 febbraio 2013, n. 633) o da perdita di chance in favore della parte ricorrente. IV) Quanto alle spese per forniture assunte sulla base della previsione dell’esecuzione del progetto, l’analisi necessita di un approfondimento. Parte ricorrente chiede il ristoro di quanto pagato per tre ordinativi di spese sostenute per l’allestimento di una rete dati per aula informatica con collegamento di 13 personal computer al server, un proiettore, parte degli arredi necessari (fatture nn. 742-743 del 2.4.2007 e n. 25/2007 del 31.05.2007, allegate in atti sub nn. 17, 18 e 19 al ricorso introduttivo), il tutto per un importo complessivo di euro 18.788,52. Si osserva che l’organizzazione del progetto era basata sulla disponibilità di un’aula attrezzata per la formazione; le fatture sono successive alla determina di aggiudicazione definitiva nr. 743 del 7.03.2007 con la quale si invita alla stipulazione del contratto ed antecedenti all’emissione dell’informativa antimafia che ha condotto alla prima revoca, poi annullata in sede giurisdizionale. Le spese sostenute, inoltre, coincidono, per oggetto e quantità, con le previsioni del progetto fornito all’Amministrazione dalla odierna ricorrente nel contesto della procedura di evidenza pubblica che si è conclusa con l’appalto di che trattasi; non è stato dedotto che tali attrezzature, ancorchè acquistate con fondi rientranti nel finanziamento del servizio, al termine del progetto passassero in proprietà all’Amministrazione e dunque va ritenuto che esse fossero sin dall’origine destinate a rimanere nel patrimonio dell’imprenditore; non sono contestate la congruità dei costi/prezzi, in relazione alla qualità dei prodotti, né l’idoneità di questi ultimi al servizio delle prestazioni dedotte. V) In linea di principio, il fatto che la scelta di non sottoscrivere il contratto da parte dell’imprenditore sia scaturita da una sua legittima valutazione di convenienza e di opportunità, sebbene escluda ogni rilievo di danni curriculari o da perdita di chance, non preclude di per sé che sia ristorato l’importo delle spese sostenute, in buona fede, in vista dell’esecuzione del contratto. In ordine alla responsabilità precontrattuale, va osservato, a questo punto, che, sebbene con diversità di presupposti e contenuti, si vanno affermando nella dottrina civilistica diversi orientamenti che, nel presupposto della natura contrattuale di tale ipotesi di responsabilità e pur tenendo presenti le differenze di danni e di fattispecie da valutare caso per caso, concludono circa l’ampliamento dell’area del danno risarcibile, oltre i limiti del tradizionale “interesse negativo” vero e proprio (spese di partecipazione alle trattative), giungendo fino a riconoscere il c.d. “interesse differenziale” dato dall’aggravio patrimoniale comunque subito per effetto della conclusione del contratto (e dunque in un nesso di presupposizione o causalità necessaria con le trattative e con l’aspettativa alla positiva conclusione di esse, così che, come efficacemente descritto in dottrina, l’illecito converte le spese inutilmente sostenute in voce di danno). Nel caso in esame, non risultando sottoscritto il contratto, tale impostazione trova la condivisione del Collegio nei limiti in cui in giurisprudenza si accoglie una valutazione casistica dell’illecito, che tenga conto delle peculiarità della fattispecie: “in tema di responsabilità precontrattuale, configurabile per la violazione del precetto posto dall'art. 1337 c.c., l'ammontare del danno risarcibile va determinato, tenendo conto dalla peculiarità dell'illecito e dalle caratteristiche di detta responsabilità che postula il coordinamento tra il principio, secondo il quale il vincolo negoziale sorge solo con la stipulazione del contratto, ed il principio, secondo il quale le trattative debbono svolgersi correttamente: non essendo stato stipulato il contratto, non può essere dovuto un risarcimento equivalente a quello conseguente all'inadempimento contrattuale, posto che non sono ancora acquisiti i diritti che sarebbero nati dal contratto e che non possono quindi essere lesi” (Cons. Stato Sez. VI, 15 marzo 2012, n. 1441). In questa prospettiva, è la nozione di “interesse negativo” che si dilata, consentendo di valutare caso per caso le specifiche circostanze e le diverse tipologie di danni scaturenti dalla modalità concreta con cui è stata condotta la trattativa. Invero, la PA non è un contraente qualsiasi, ma la formazione della sua volontà contrattuale è procedimentalizzata e soggetta a precisi moduli, che si concretizzano in valutazioni di interesse pubblico debitamente formalizzate con atti e provvedimenti (quelli inerenti l’indizione e lo svolgimento della gara); pur non vincolandola in assoluto alla conclusione del contratto (potendo sempre revocare la sequenza procedimentale od addivenire ad un diverso e rinnovato apprezzamento d’opportunità, salvi i limiti del giudicato), i principi di trasparenza, efficacia e correttezza dell’azione amministrativa costituiscono sicuramente il presupposto di un affidamento qualificato in ordine alle controparti private circa la positiva conclusione delle trattative, una volta che si sia conclusa la fase di gara con l’aggiudicazione definitiva. Per questa ragione, va ritenuto che nelle trattative precontrattuali costituite dallo svolgimento di una gara d’appalto indetta dalla P.A., rientrano nel danno emergente e nei limiti del c.d. “interesse negativo” quei costi che l’imprenditore aggiudicatario definitivo abbia sostenuto confidando in buona fede nell’imminente sottoscrizione del contratto, al fine della sua diligente esecuzione, per approvvigionamenti di materiali e forniture corrispondenti a quelli previsti nel progetto a base di gara. Tuttavia, laddove tali costi siano stati sostenuti per l’acquisto di beni che incrementano durevolmente il patrimonio dell’azienda , è necessario accedere ad una valutazione equitativa del valore del risarcimento, così da tenere conto del necessario bilanciamento tra il depauperamento monetario (scaturente dai costi vivi d’acquisto) e l’arricchimento patrimoniale dei beni aziendali insito nel possesso delle attrezzature acquistate e nella loro idoneità (anche astratta o potenziale) ad assolvere alle utilità proprie dell’impresa oltre le specifiche prestazioni dedotte nel contratto poi non sottoscritto. Ciò accade in tutti quei casi nei quali il corrispettivo dell’appalto sia commisurato al valore di un progetto nel quale è previsto – tra i costi ammissibili – l’acquisto di arredi, attrezzature ed altri beni, che, al termine del progetto finanziato, restino in proprietà dell’imprenditore: in questi casi, il corrispettivo, in senso economico, è non solamente il prezzo vero e proprio dell’appalto di servizi, ma anche il finanziamento di quell’utilità specifica che per l’azienda residua nei beni acquistati, nella misura in cui continueranno ad essere utilizzati o utilizzabili per le attività d’impresa, dopo il loro impiego nel progetto finanziato. Appare evidente che in questi casi (e sempre laddove il contratto non sia stato sottoscritto), non potrà essere accordata una tutela risarcitoria piena, corrispondente all’intero importo delle merci o dei beni acquistati in vista del progetto, ma ci si dovrà limitare a quella quota ideale di valore (da stimarsi secondo equità) corrispondente all’uso proprio dei beni in funzione dell’oggetto dell’appalto. VI) Nel caso di specie, le spese indicate sono state certamente sostenute dalla parte ricorrente in vista dell’avvio del progetto che riteneva imminente per via dell’intervenuta aggiudicazione definitiva; inoltre è verosimile che abbia concorso all’assunzione dei relativi costi la prospettiva di poter contare sulla imminente erogazione della prima anticipazione prevista dal bando. Peraltro, le attrezzature acquistate (necessarie ad arredare e rendere funzionale le aule per i corsi di formazione), ancorchè all’attualità non più utilizzate (come deduce parte ricorrente), sono egualmente in grado di servire agli scopi propri dell’azienda, trattandosi di beni plurifunzionali (attrezzature informatiche ed arredi) non deteriorabili. VII) Per questa ragione, ed entro i predetti limiti, va accolta la domanda di risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale del Comune di Reggio Calabria relativamente alle sole spese dedotte, nell’importo che stimasi equo limitare ad euro 10.000,00, con rivalutazione monetaria della somma dalla data dell’acquisto e fino a quella dell’avvenuto soddisfo, oltre interessi legali dalla data della domanda giudiziale e fino al soddisfo. Le spese di lite della presente fase di giudizio si liquidano come in dispositivo, in misura che tiene comunque conto del comportamento dell’Ente nella fase esecutiva del giudicato. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, condanna il Comune di Reggio Calabria a risarcire la parte ricorrente per i danni da quest’ultima subiti in conseguenza dei fatti di causa che liquida equitativamente in euro 10.000,00 con accessori aventi le decorrenze prescritte in parte motiva. Condanna il Comune di Reggio Calabria alle spese di lite della presente fase di giudizio che liquida in euro 1.500,00 oltre accessori come per legge e rimborso del contributo unificato. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 20 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati: Roberto Politi, Presidente Salvatore Gatto Costantino, Consigliere, Estensore Francesca Romano, Referendario L'ESTENSORE IL PRESIDENTE DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 23/01/2015 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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