in L’insegnamento della Matematica e delle scienze integrate, vol. 28A, n°2, 161-189. L’educazione geometrica attraverso l’uso di strumenti:un esperimento didattico♣ Sommario In questo lavoro ci si propone di presentare un esperimento didattico a lungo termine svolto in una classe V elementare. L’esperimento è centrato sull’introduzione di strumenti e modelli per la prospettiva. La fase di cui ci occuperemo, che si colloca all’inizio dell’intero percorso, riguarda l’uso di particolari artefatti culturali, che diventano strumenti di mediazione semiotica sotto la guida dell’insegnante. Abstract This paper reports on a long term teaching experiment, carried out at the primary school level (5th grade). The experiment is centred on the introduction of instruments and models for perspective drawing. Data will be discussed concerning the very beginning of the teaching sequence, when particular cultural artefacts are introduced by the teacher and become instruments of semiotic mediation. Franca Ferri Maria Alessandra Mariotti Maria G. Bartolini Bussi ♣ Studio realizzato nell'ambito del progetto 'Problemi di insegnamentoapprendimento in matematica: significati, modelli, teorie' (PRIN COFIN2003: prot. 2003011072) L’educazione geometrica attraverso l’uso di strumenti:un esperimento didattico Franca Ferri1, Maria Alessandra Mariotti2 Maria G. Bartolini Bussi3 1. Introduzione Una primo approccio alla prospettiva, con il ricorso sistematico e intenzionale a strumenti di interesse storico – didattico trova riscontro nei Programmi Ministeriali del 1985. L’avvio allo studio della geometria va ricollegato in modo naturale ad una pluralità di sollecitazioni che provengono dalla percezione della realtà fisica. Sarebbe quindi oltremodo riduttivo limitare l’insegnamento di questo settore alla semplice memorizzazione della nomenclatura tradizionale e delle formule per il calcolo di perimetri, aree, volumi di figure particolari. Va favorita, invece, un’attività geometrica ricca e variata, prendendo le mosse dalla manipolazione concreta di oggetti e dall’osservazione e descrizione delle loro trasformazioni e posizioni reciproche. In questo brano si possono trovare alcune tracce per il percorso qui presentato. Una ricognizione, seppur abbastanza veloce, nei libri di testo, nelle guide didattiche, nelle riviste specifiche e nelle sperimentazioni documentate ha evidenziato che sono veramente pochi nella scuola primaria gli esempi riguardanti il tema scelto. La nostra sperimentazione, dunque, piuttosto che basarsi su altri casi, 1 Scuola elementare “P.L. da Palestrina”, Modena, NRSD Università di Modena. Dipartimento di Matematica - Università di Pisa. 3 Dipartimento di Matematica – Università di Modena e Reggio Emilia 2 costruisce un possibile percorso didattico a partire da un’analisi storico – epistemologica. Motivi fondamentali di questo lavoro si possono trovare dunque nell’esperienza della complessità epistemologica della geometria attraverso una dialettica continua tra la realtà sensibile, i suoi modelli matematici e l’uso di artefatti che, attraverso l’azione, sono stati all’origine di modellizzazioni matematiche. In particolare noi ci proponiamo di analizzare la conquista da parte dei ragazzi del modello Albertiano di pittura come “intersecazione della piramide visiva”. L’esperimento è durato un anno e si è articolato in una decina di situazioni cruciali. Nella classe sono stati introdotti, con opportune consegne operative, modelli fisici di strumenti, testi estratti da fonti storiche del XV e XVI secolo e animazioni fotorealistiche di strumenti. Il percorso è terminato con una visita alla mostra Persepctiva Artificialis realizzata a Modena dal laboratorio delle Macchine Matematiche dell’Università (www.mmlab.unimore.it > perspectiva artificialis). L’ intera attività è stata gestita in stretta collaborazione tra tutti i membri del gruppo di ricerca (docenti universitari, insegnante di classe e una laureanda in matematica che ha preparato la tesi su questo esperimento), che hanno lavorato insieme collaborando sia nella gestione delle attività che nella raccolta e analisi dei dati. 2. Quadro teorico Il quadro teorico relativo all’esperimento didattico si inserisce all’interno di un progetto di ricerca per l’innovazione condotto da alcuni anni e che vede la collaborazione di due gruppi di ricerca, quello di Pisa e quello di Modena. Obiettivo comune è, ed è stata, la messa a punto di un quadro teorico la cui elaborazione si è svolta in parallelo con l’attuazione di esperimenti didattici, secondo il caratteristico intreccio teoria/pratica tipico della ricerca per l’innovazione. L’obiettivo di tutto il lavoro è la trasposizione del costrutto teorico della mediazione semiotica (Vygotsky, 1987, pag. 81 e segg.) nel progetto educativo e nella realizzazione nella classe, a partire dall’uso di particolari artefatti. 2. 1. Artefatti e sapere Un esempio classico di artefatto è offerto dal compasso. Lo strumento compasso permette di disegnare figure rotonde, ma nel contempo può contribuire alla costruzione del significato di cerchio, quale è dato nella geometria elementare: luogo dei punti equidistanti da un punto fisso. In questo senso il suo uso si differenzia in modo sostanziale dall’uso di una qualsiasi sagoma rotonda. Il processo che dal disegno di “figure tonde” porta alla costruzione del significato di cerchio, non è del tutto scontato, poiché la specificità dello strumento rispetto alla definizione geometrica di cerchio può restare nascosta. La realizzazione del passaggio dall’uso dello strumento alla costruzione di un significato è fortemente condizionato dall’intervento didattico dell’insegnante, che inserisce tale strumento nell’attività di classe e ne fa un elemento catalizzatore per la costruzione di significati. Un esempio interessante, proprio nel caso del compasso, è discusso in (Bartolini Bussi et al., 1999) ed un altro è efficacemente commentato in (Paola, 2001); in entrambi i casi il percorso didattico, finalizzato alla costruzione del significato geometrico di cerchio, è centrato sull’uso del compasso come strumento di mediazione semiotica. 2.2. Artefatti e mediazione semiotica Il processo di mediazione semiotica, di cui trattiamo, ha inizio durante le fasi di attività con un artefatto e si fonda sulle sue potenzialità evocative rispetto ai significati che sono obiettivo didattico della matematica. Wartofsky (1979), identifica tre tipologie di artefatto: artefatto primario, strumento tecnico orientato verso l’esterno, direttamente usato per scopi intenzionali (ad esempio compasso, prospettografi, curvigrafi, …), artefatto secondario, strumento psicologico orientato verso l’interno, usato nel mantenimento e nella trasmissione di specifiche competenze tecniche acquisite (ad esempio scrittura, schemi, tecniche di calcolo, trattati d’uso, …) e artefatto terziario, sistema di regole formali che hanno perso l’aspetto pratico legato allo strumento (ad esempio le teorie matematiche). Se lo scopo dell’educazione matematica non è la memorizzazione di regole e formule, ma la costruzione o l’appropriazione da parte degli studenti dei significati matematici e degli stili di ragionamento propri di tale disciplina, l’intero sistema d’artefatti primari, secondari e terziari dovrebbe fare parte dell’insegnamento. Con gli alunni della scuola di base il punto di partenza è dato dal “sottosistema” degli artefatti primari e secondari, mentre gli artefatti terziari consentono di identificare gli obiettivi a lungo temine. Il processo di mediazione semiotica, messo in essere nell’esperimento che presentiamo, si basa sull’articolazione tra un artefatto primario ed uno secondario, articolazione possibile per il rapporto dialogico esistente tra i due (Bachtin, 1979), poiché ognuna delle componenti del sistema può evocare le altre e dialogare con esse. Possiamo così formulare, con Engestroem (1990), la seguente ipotesi: gli aspetti, pratico, rappresentativo e teorico sono (almeno potenzialmente) incorporati nell’attività con un artefatto, che, in questo modo, è potenzialmente dotato di polisemia. Tutto questo ha conseguenze evidenti per l’educazione: anche se la presenza di un artefatto in una classe non determina meccanicamente il modo in cui è attualmente usato e concepito dagli studenti, essa può richiamare, attraverso l’uso e rispetto agli scopi di una certa attività, un sapere significativo dal punto di vista educativo. In questo senso, la polisemia degli artefatti culturali fa sì che essi divengano buoni candidati per stimolare e sostenere discussioni matematiche in classe, orchestrate dall’insegnante. Il termine discussione matematica è stato introdotto da Bartolini Bussi (1995) come polifonia di voci articolate su un oggetto matematico che è uno degli scopi dell’attività di insegnamento/apprendimento. L’insegnante, introducendo un artefatto in una discussione matematica, per interpretarne la funzione o per risolvere uno specifico problema, ne sfrutta la polisemia potenziale creando nuove situazioni problematiche e concedendo tempo per l’articolarsi delle voci, ovvero per rendere accessibili i nuovi significati che sono obiettivo didattico dell’attività. Si creano in questo modo le condizioni per l’appropriazione o la costruzione di artefatti terziari, storicamente legati nella prassi con gli artefatti primari e secondari. L’appropriazione degli artefatti terziari può essere descritta dal punto di vista del soggetto come la costruzione dei significati matematici e degli stili di ragionamento. 3. L’esperimento didattico A partire dalle premesse appena esposte è stato progettato un esperimento didattico a lungo termine in una classe quinta elementare centrato sull’uso e la dialettica tra particolari artefatti. La parte iniziale del percorso didattico, della quale ci occupiamo in questo articolo, è stata articolata secondo le fasi seguenti: 1. 2. 3. 4. 5. Presentazione di un prospettografo (discussione) Disegno libero del prospettografo (disegni) Copia dal vero e confronto dei disegni prodotti dagli allievi (disegni e discussione) Costruzione della tavola degli invarianti nel passaggio da realtà a rappresentazione (tavola degli invarianti) Interpretazione di artefatti secondari. Testi di Piero della Francesca, Alberti e Dürer. (discussione) Come artefatto primario è stato scelto un prospettografo (ispirato al vetro di Dürer, vedi fig. 1), e come artefatti secondari sono stati scelti testi estratti da Piero della Francesca, Alberti e Dürer4, ricchi di intrecci tra regole per la costruzione di prospettografi e di regole d’uso con giustificazioni del corretto funzionamento. Figura 1 Il vetro di Dürer Il vetro di Dürer può così essere interpretato come artefatto primario per realizzare disegni “simili alla realtà”, e fornire una base strumentale di riferimento per l’interpretazione dei testi scelti (artefatti secondari) e di conseguenza per la costruzione di un modello esplicativo per la rappresentazione prospettica. Infatti, è 4 Piero della Francesca (1474 circa ) De Prospectiva Pingendi (edito a cura di G. Nicco Fasola), Firenze: Sansoni (1942); Alberti Leon Battista (1547) Della pittura (tradotto da Domenichini, Firenze);Durer Albrecht (1525(), Underweysung der Messung mit Zirkel und Richtscheit, Nuremberg (traduzione francese a ura di J. Peiffer, Paris: seuil, 1995) possibile riconoscere nel prospettografo il quadro con cui si realizza l’intersezione di una piramide ideale (detta piramide visiva) che collega l’occhio (vertice) con l’oggetto da rappresentare (Fig. 2). Il prospettografo può, infine, essere inteso come evocatore di una teoria geometrica, basata sull’idea di trasformazione e di invarianti (artefatto terziario). Figura 2 L’insegnante consapevole delle diverse funzionalità e del conseguente carattere polisemico dell’artefatto ha puntato in tutte le fasi del lavoro ad introdurre e sviluppare le diverse interpretazioni, per tutti gli allievi. Questo “focus permanente” sulla polisemia ha avuto lo scopo (e l’effetto) di costruire per ogni alunno, compresi quelli di livello basso, una zona di sviluppo prossimale (Vygotskij, 1987, pag. 124 e segg.), in modo tale che la presenza dell’oggetto concreto in aula potesse favorire, in particolare, la partecipazione degli allievi in difficoltà. Figura 3 Il disegno del prospettografo con didascalie I dati raccolti nella classe hanno permesso la verifica delle ipotesi riguardanti le potenzialità degli artefatti scelti, l’analisi esplorativa sembra confermare il ruolo chiave giocato dalla polisemia nella costruzione dei significati matematici, ma anche il ruolo centrale dell’attività di discussione nella quale la guida dell’insegnante permette la messa in atto di un dialogo produttivo tra significati. 4. Le fasi del percorso: dalla scoperta del prospettografo ai manuali di pittura. La prima fase del percorso è stata dedicata all’introduzione in classe dello strumento prospettografo e si è realizzata in attività di osservazione e rappresentazione dell’oggetto stesso (Fig. 3). È stato portato in classe un modello (vedi allegato 2) del prospettografo di modo che gli allievi avuto l’opportunità di osservare ed usare lo strumento, rendendosi conto degli aspetti salienti che ne caratterizzano la costruzione ed il funzionamento, come mostra ad esempio il seguente scambio di battute: Alessia: Tu metti l’occhio dentro (ride), cioè lo metti vicino a quel buco e dopo tu vedi quello che c’è dentro in prospettiva. Federica: La prospettiva è quello che si vede,… Alessandro: E’ come tu vedi un solido. Assia: Una cosa, qualunque cosa… Giacinto: Da qualunque punto di vista. Maruan: Sì, ma serve un occhio solo, sennò vedi normale. … La seconda fase del percorso ha previsto per gli allievi attività di disegno dal vero. Il problema di riprodurre ciò che si vede in modo soddisfacente, evocato dalla presentazione dello strumento prospettografo, si presenta così in modo diretto agli allievi che in prima persona si confrontano con la difficoltà di rendere riconoscibili nel disegno sul foglio gli oggetti tridimensionali. La discussione collettiva che ne è seguita, non senza qualche difficoltà, porta a produrre una tabella che sintetizza gli aspetti salienti del problema in termini di trasformazioni: dall’oggetto tavolo al suo disegno5. TAVOLA DI TRASFORMAZIONE REALTA’ RAPPRESENTAZIONE Rettangolo Quadrilatero 4 angoli retti 4 angoli Lati a due a due paralleli Linee rette Piedi : 4 linee parallele Piedi : 4 linee parallele La tavola di trasformazione, che sarà ripresa più avanti come base per un’attività centrata sul problema delle definizioni dei quadrilateri, mira a stabilire una relazione esplicita tra proprietà dell’oggetto reale e proprietà della sua rappresentazione grafica. 5 Per maggiori dettagli sullo svolgimento di questa fase del percorso rimandiamo a lavoro (Vangelisti, 2003). Dopo le attività centrate sull’osservazione e l’uso del prospettografo, la terza fase del percorso prevede un’attività di discussione collettiva che ha come compito, esplicitamente dichiarato dall’insegnante, l’interpretazione di alcune frasi tratte da diversi trattati di pittura del secolo XV e XVI. L’analisi dettagliata di questa fase sarà il tema del prossimo paragrafo. L’obiettivo è mostrare l’articolazione tra artefatto primario (il prospettografo) ed artefatto secondario (i testi scelti) in un compito di interpretazione. 5. Le fasi del percorso: Le fonti storiche come artefatti secondari. I testi scelti (Vedi allegato 1) hanno un ruolo centrale: l’insegnante intende usarli come strumento di mediazione semiotica, focalizzata sulla dialettica tra il prospettografo (artefatto primario) e i testi stessi (artefatto secondario). La discussione si svolge con intrecci continui tra artefatto primario (il prospettografo) e secondario; termini della matematica e della pittura si alternano in forma dialogica e polifonica, sia nell’accezione individuale che in quella collettiva, nella costruzione del discorso. Nel tentativo di dare un senso alle frasi del testo, gli allievi instaurano un dialogo tra il referente concreto (il prospettografo) e il modello matematico, evocato da alcune parole chiave, ad esempio la parola piramide, come vedremo nel seguito La comunicazione è resa possibile perché, nonostante vi siano diverse interpretazioni di un particolare segno, i ragazzi trovano nella precedente esperienza con il prospettografo un contesto esperienziale condiviso. In questo modo, l’interpretazione di un segno in un contesto contribuisce ad arricchire l’interpretazione data in un altro contesto e ciò permette l’evolversi dei significati. 5.1. Analisi di un episodio La pittura La consegna da cui parte l’attività di discussione richiede esplicitamente l’interpretazione delle frasi scelte. L’insegnante chiede di leggere le prime due frasi. “E’ necessario saper lineare in propria forma sopra il piano tutte le cose che l’omo intende fare”. (Piero della Francesca) “ … pittura che molto paia rilevata e simigliata a chi ella si ritrae…” (Leon Battista Alberti) Estratto 1 8. Ins. – Chiara ho chiesto di leggere le prime due frasi perché ora vorrei capirle bene assieme a voi. Chiaro? Ripeto 1450, diciamo così,… 9. Giacinto - 1500 10. Ins. – 1500 , 1550, inizio 1600. Questa l’epoca in cui sono vissuti. Cosa dice Piero della Francesca? Rileggetevi la frase con gli occhi, che siete capaci, e proviamo a capire cosa dice Piero della Francesca. 11. Federica – Allora lui dice “Tutte le cose che l’uomo vuole … lineare …, cioè, secondo me, misurare , bisogna metterle sopra un piano … … 12. Ins. – E cosa intende? E’ proprio così che dobbiamo cercare di capire: ragionandoci sopra. 13. Federica - … …. . … …. … Non so … … 14. Alessandro B. – Piero della Francesca dice che bisogna lineare sopra a un piano tutte le cose che si intende fare. Io penso in un disegno, così dopo sai dove metterle, dove possono stare meglio. Lineare forse vuol dire mettere in ordine, … su una linea. 15. Ins. – Sopra un piano, come dice Piero della Francesca o su una linea? 16. Alessandro B. – No, sopra un piano, ma messe in ordine. 17. Daniele – Secondo me qua per lineare lui vuol dire mettere le cose in prospettiva normale su un piano La frase di Piero della Francesca suscita più difficoltà d’interpretazione di quanto previsto e, ad essa è stato dedicato il maggior tempo della discussione. L’insegnante introduce la consegna in modo che ogni allievo faccia proprio il problema di interpretazione “...perché ora vorrei capirle bene assieme a voi.”. Federica centra l’attenzione sulla parola lineare e tenta una prima interpretazione: misurare. Poi considera “sopra un piano” … ma non sa bene come andare avanti. Alessandro B. capisce che la parola che si deve interpretare è “lineare”; avanza un’ipotesi: in un disegno, forse vuol dire metterle in ordine. Daniele sembra cogliere il problema del disegno in prospettiva, ma l’insegnante, intenzionalmente, non raccoglie l’intervento, per lasciare a tutti la possibilità di entrare nel gioco dell’interpretazione. La discussione va avanti con altri interventi che mostrano chiaramente come gli allievi incontrino una certa difficoltà nell’entrare nel contesto, emergono però le parole chiave: piano e lineare, delle quali si tentano varie interpretazioni . Piano viene successivamente interpretata come: pianoforte, ripiano, progetto, foglio. Lineare come: organizzare, ordinare, pianificare, progettare, misurare, disegnare. Successivi interventi dell’insegnante mirano a contestualizzare la discussione al problema del disegno, sia ricordando che gli autori dei testi sono pittori o architetti, sia invitando gli allievi a ricordare cosa hanno fatto quando hanno disegnato dal vero. 51 Federica – Ho l’impressione che lineare voglia dire disegnare, perché qua dice “lineare in propria forma” e potrebbe essere disegnare nella forma della cosa che hai da disegnare. 52 Luca – Disegnare su un foglio, perché per noi il piano è il foglio. Per la seconda frase: … pittura che molto paia rilevata e simigliata a chi ella si ritrae… (Leon Battista Alberti) non vi sono grandi problemi se non di semplice traduzione dall’italiano antico (paia, simigliata, …). La frase è tradotta come: La pittura deve sembrare simile a ciò che essa ritrae, insomma devi dipingere bene. C’è subito dopo, anche anticipando l’interpretazione della frase successiva, un ricorso ai ricordi del prospettografo presente in classe nelle lezioni precedenti. Quasi tutti intervengono per dire come si vedesse bene dall’oculare, quindi usando un occhio solo. In effetti, la frase successiva di Dürer: … un buco al fine che tu possa metterci un occhio, ciò che ti permetterà di guardare più sicuramente. è vissuta come già nota e facilissima da interpretare: corrisponde a ciò che loro hanno già sperimentato. Alessia – Come con il prospettografo! Con un occhio solo tu vedi meglio. Marcello – Non è che vedi meglio, ma fissi il punto di vista. E’ quello che poi hai sul disegno Assia – Anche per disegnare le copie dal vero noi chiudiamo un occhio per farle meglio. Tutti sono d’accordo, ma alcuni (Lorenzo, Alessandro B., Daniele, Luca, Federica ..), forse avendo già letto la frase successiva, affermano che per disegnare bene in prospettiva non basta avere l’oculare, bisogna sapere anche altre cose, anche perché hanno sperimentato che pur guardando con un occhio solo “non è che facessero dei gran bei disegni” (Federica). Si è poi passati ad analizzare la frase successiva di L B Alberti: Sarà adunque pittura non altro che intersecazione della piramide visiva. La Piramide visiva Dopo un breve scambio di battute tra Angela, che chiede che forma aveva una piramide, ed i compagni, che con stupore più o meno sincero (- Non lo sai?! Ma è una piramide, come quelle in Egitto, …) cercano di darne una descrizione, la discussione riprende proprio a partire dalla parola piramide, il cui significato deve essere interpretato nel contesto della frase. Estratto 2 100. Ins. – Com’è la base della piramide? 101. Marco – Può essere triangolare, oppure quadrata, oppure rettangolare. Il rettangolo può anche essere messo tipo in obliquo … come si chiama … può essere un parallelo… 102. Ins. – Vuoi dire un parallelogramma? 103. Marco – Sì. Diciamo che normalmente la base delle piramidi è un quadrato o un rettangolo, mentre le facce di lato sono dei … … triangoli. 104. Voci – Sono dei triangoli (contemporaneamente a Marco) 105. Ins. – L’insegnante disegna alla lavagna una piramide, tanto per ricordare a tutti che figura è. 106. Giacinto – La piramide è un solido con 5 facce: una sotto, la base, e quattro di lato. Quelle di lato sono triangolari perché la piramide finisce a punta. La base non è un triangolo, se no la piramide avrebbe 4 facce, invece ne ha 5. 107. Alessandro B. – Se è a base triangolare ne ha 4, se è a base quadrata ne ha 5 per forza. Dipende dalla base. Quella di cui parliamo qua, per me, è a base o quadrata o rettangolare, perché c’immaginiamo un quadro o un pezzo di vetro e la punta dei triangoli arriva all’occhio. 108. Federica – Sì, ma quella di Leon Battista Alberti non è un solido vero è un solido immaginario, che si forma mentre tu guardi. Noi non lo vediamo, lo vediamo solo se ci pensiamo, se lo vogliamo vedere. Ad esempio adesso lo vediamo perché l’abbiamo appena letto. 109. Assia – Certo che è immaginario, altrimenti ti farebbe male e poi non ti farebbe neanche vedere. 110. Voci – T’immagini un solido che ti arriva in un occhio! (Molta gestualità anche di tipo comico. Momento di confusione e di scherzi sulla piramide visiva cui partecipa tutta la classe). 111. Ins. – Leggiamo bene cosa dice l’Alberti «Sarà adunque pittura non altro che intersecazione della piramide visiva». Allora la piramide visiva, come ha detto Daniele si può ben capire cos’è. Voi tutti avete fatto inoltre mille gesti, anche eccessivi, per localizzare dove si può trovare. Cos’è dunque la pittura per Alberti? Cerchiamolo di capire. 112. Anna – Non è nient’altro che intre, inter, … intersecazione (legge) della piramide visiva, che è quella forma che si forma tra la cosa che guardiamo e l’occhio con cui guardiamo. 113. Ins. – “Inter” significa “tra”. Internazionale ad esempio vuol dire tra le nazioni. 114. Daniele – Secazione forse vuol dire l’azione di segare. L’azione della sega: seca – azione. 115. Assia – Segare può anche voler dire tagliare. Tra le cose tagliate, oppure tra le cose segate. 116. Alessendro B. – Oppure segare tra, cioè tu fai un taglio, seghi la piramide visiva. Se seghi la piramide visiva tu ottieni la pittura. 117. Luca – Come si fa a segare la piramide visiva che è un solido che non esiste? 118. Alessandro B. – Allo stesso modo di come te lo immagini. Se tu lo vedi perché lo immagini, così puoi anche segarlo. Bisogna lavorare con la mente. 119. Elisabetta – È come lavorare con la fantasia: tu ti devi immaginare le cose e poi ti sembrano vere. 120. Marcello – Non è come con la fantasia! È come con la mente, perché devi segare bene dove vuoi tu per disegnare quello che vuoi fare. 121. Federica – Sì va beh, comunque te lo devi immaginare. Io ho capito una cosa se la seghi vicino all’oggetto hai un’immagine grande, se la seghi vicino all’occhio hai un’immagine più piccola. Dopo alcuni interventi mirati a condividere il significato di piramide come solido noto in precedenza, (107) ecco si arriva all’interpretazione della “piramide visiva” (a base quadrata o rettangolare) con il vertice nell’occhio. L’ambiguità del termine piramide, fino ad allora utilizzato per riferisi ad oggetti concreti (piramidi dell’Egitto o modelli di solidi) è sottolineata da Federica (108) : “si tratta di una piramide immaginaria che si vede solo se ci si pensa”. Il fenomeno è generalizzato “ non è un solido vero è un solido immaginario” e ora lo vediamo “perché l’abbiamo appena letto”. Per inciso pare particolarmente interessante la funzione del testo scritto, osservata da Federica: un testo è capace di farci superare i limiti della percezione e del ricordo, può farci vedere quello che altrimenti non si vede. Dunque il testo evoca una piramide, ma non la piramide solido del quale si parlava prima, ma una nuova piramide (quella di Leon Battista Alberti) che è un modello astratto della visione (immagine pensata), ”che si forma mentre guardi”. La dialettica tra il livello astratto (del modello) e quello concreto (del solido) si sviluppa nello scherzo. Scherzare mostra la presenza contemporanea dei due significati e il fatto che i due significati sono entrambi sotto il controllo di chi scherza. L’insegnante (111) interviene per riorientare l’attenzione sul testo. Viste le capacità evocative del testo, ecco che l’insegnante lo usa riproponendolo agli allievi come segno da interpretare. In altri termini, il testo e le espressioni linguistiche che lo costituiscono vengono usate dall’insegnante come strumento di mediazione semiotica, ovvero come strumento che può mettere in relazione significati già disponibili, in quanto riferiti all’esperienza dell’allievo, e significati matematici nuovi, così come emergono dal testo che si chiede di interpretare. Come si vede Anna (112) , produce una interpretazione del termine “piramide visiva”: “quella forma che si forma…”; e i suoi compagni continuano il processo di interpretazione, dove l’uso di termini generali (forma, cosa) sembra far pensare ad uno spostamento al livello di modello. (114 – 117) L’interpretazione di parole che hanno un riferimento concreto (sega, all’azione (segare) e al prodotto del segare …) sposta l’attenzione sul piano fisico/concreto e crea conflitto con il riferimento alla piramide visiva come modello astratto. La necessità di elaborare e risolvere il conflitto astratto – concreto, tra piramide immaginata e azione concreta del segare, porta gli allievi ad argomentare mettendo in relazione segni che si riferiscono alla realtà concreta (piramide solida e taglio della medesima ), all’immagine mentale di essa (118- 119), ed infine introducono un nuovo significato relativo al suo modello ideale (120). Questo significato dunque ora disponibile ed operativo (121) potrà allora essere assunto come significato geometrico. L’uso dei gesti e dei disegni nella costruzione di significati La discussione continua, molti bambini immaginano ora di intervenire sulla piramide visiva: con i gesti tagliano, segano, una piramide ideale, tracciano dei piani immaginari paralleli al quadro. Estrattto 3 122.Andrea – Io la taglieri nel mezzo così viene di grandezza media. 123.Marcello – Dipende come lo vuoi grande! 124.Maruan – Dove tagli ti viene una figura uguale alla base. Se hai fatto la base rettangolare ti viene un rettangolo. 125.Alessandro B. – Se vai giù pari, perché noi con le mani facciamo come un piano parallelo a quello degli oggetti. [Con le mani traccia nello spazio due piani paralleli] Così ti viene di sicuro una figura identica alla base della piramide, ma più piccola. 126.Luca – Franca prova a disegnarlo alla lavagna così si capisce meglio. 127.Ins. – Adesso ci provo, ma non garantisco che capiate meglio. Oggetti da disegnare Occhio 128. Marco – Adesso si capisce meglio perché viene con la stessa forma … 129. Alessandro B. - Perché lo seghi parallelo. Se lo seghi obliquo, viene un’altra figura che non so qual è. Leon Battista Alberti ci dice che la pittura non è niente altro che quello che c’è se seghi la piramide visiva dove vuoi tu. E poi la Federica ha ragione nel dire che se seghi vicino all’occhio il tuo disegno diventa molto piccolo. 130. Federica – Franca se tu leggi quello che c’è scritto dopo, quello di Dürer, ti insegna proprio come devi fare per segare la piramide visiva. Quando dice che devi dipingere sul vetro è come se noi andassimo al vetro della finestra e su un pezzetto di vetro, tipo su un rettangolo, disegnassimo quello che vediamo fuori proprio in quel quadretto lì. [Si alza, va al vetro, dove traccia un rettangolo con un dito e poi finge di disegnarvi dentro ciò che vede.] È come se il vetro avesse segato la piramide visiva. 131. Vincenzo – È come ricalcare le cose. 132. Anna – È come copiare proprio uguale, non proprio, la realtà. 133. Giacinto – Infatti si chiama copia dal vero. Tu copi la realtà. 134. Ins. – Ci sono tanti bimbi che non hanno parlato. Non hanno proprio nulla da dire? Proviamo a far ripetere ciò che è stato detto ai bimbi muti … Cosa abbiamo capito? Cosa ci dicono questi pittori? In questo stralcio di discussione è possibile osservare, l’uso dei gesti come segni che da un lato, rimandano al piano del quadro, mimando l’azione del segare, e dall’altro si riferiscono al modello astratto della piramide visiva. Infatti, l’uso di termini geometrici (122 - 125) per riferirsi sia al solido (base) che al prodotto dell’azione concreta di segare (rettangolo), sembra testimoniare che ci si sta movendo a livello del modello. L’attività gestuale in questo frangente risulta particolarmente intensa a testimoniare la difficoltà di generare e gestire l’immagine della piramide visiva per molti allievi. L’intervento di Luca (126) è da intendersi proprio in questo senso e sembra darci un bell’esempio di cosa può significare un’azione di mediazione nella Zona di Sviluppo Prossimale. Luca si rende conto della necessità di un nuovo segno che rappresenti il modello e aiuti a capire meglio il suo funzionamento, non sentendosi sicuro di saper usare il disegno , chiede all’adulto di aiutarlo. Il disegno della piramide visiva costituisce una rappresentazione del modello geometrico evocato dal testo, ovvero dell’artefatto terziario. Il disegno della piramide visiva assume la funzione di controllo sul suo uso nella discussione. In particolare, sembra che l’aver fissato la condizione di parallelismo tra la base ed il piano di sezione, aiuti a chiarire le modalità di funzionamento. Sembra di poter dire che ci si sta avviando all’uso del modello matematico. Alessandro B. nel suo intervento (129) sembra usare il modello matematico costruito, infatti, riesce ad immaginare l’operazione di sezione generalizzando al caso di un piano obliquo: anche se non sa produrre il risultato di tale sezione, riesce a dire cosa non sarà. Gli ultimi interventi vedono il funzionamento del testo sia in riferimento all’esperienza reale sia in riferimento al modello geometrico costruito; in particolare, Federica (130) interpreta il testo riferendosi all’esperienza reale: “Quando dice che devi dipingere sul vetro è come se noi andassimo al vetro della finestra e su un pezzetto di vetro,…”, ma anche come segno che induce ad interpretare la realtà attraverso il modello geometrico :“E’ come se il vetro avesse segato la piramide visiva.” 6. Conclusioni La richiesta esplicita di interpretare una frase è uno schema d’uso del testo da parte dell’insegnante. Il riferimento alla pittura, da un lato, tende a mantenere il legame con le esperienze concrete fatte dagli allievi con il prospettografo. Possiamo chiamare questo il piano interpretativo della realtà, nel quale le parole hanno un riferimento all’artefatto primario, prospettografo ed al suo uso. D’altro lato, il riferimento alla pittura, intende costruire un riferimento con una modellizzazione ‘geometrica’, costituita dalla “piramide visiva”. L’esempio discusso presenta un uso di un testo (artefatto secondario) come mediatore semiotico. Brani come quelli utilizzati, che descrivono il funzionamento dello strumento e ne giustificano l’efficacia, funzionano particolarmente bene per guidare il passaggio dall’azione strumentata al modello geometrico soggiacente. Come abbiamo visto si trovano interpretazioni che fanno riferimento all’uso pratico dello strumento: nel caso della “piramide” si è trattato in particolare del riferimento all’oculare del prospettografo. Ma nello stesso tempo, il gioco dell’interpretazione induce a superare il piano della pratica e a cogliere il modello geometrico soggiacente. Infatti l’unico modo per dare un senso all’espressione “piramide visiva” è quello di superare il piano del concreto e di immaginare: «…non è un solido vero, è un solido immaginario, che si forma mentre tu guardi. Noi non lo vediamo, lo vediamo solo se ci pensiamo…»; «Certo che è immaginario, altrimenti ti farebbe male e poi non ti farebbe neanche vedere». Nell’episodio analizzato, è evidente il ruolo chiave svolto dalla parola “piramide”, evocatrice di interpretazioni diverse e perno sul quale ruota l’evoluzione verso la conquista di un significato geometrico del termine, come modello astratto di un fenomeno. Ma le parole non sono gli unici segni coinvolti in questa attività semiotica, vi sono anche i gesti e i disegni. I primi sono usati spesso dagli alunni, ma anche dall’insegnante, per mimare punti, linee, piani, sostanzialmente, cioè, per evocare l’immagine di una piramide. I gesti, in quanto delimitazioni di spazi, più delle parole, permettono di rappresentare proprietà spaziali e geometriche, mantenendo parte del riferimento spaziale che nella parola scompare. Un alunno nel gesto trova il supporto per la spiegazione del proprio ragionamento, è il caso di Alessandro B., che mimando il taglio della piramide spiega: «Perché lo seghi parallelo. Se lo seghi obliquo, viene un’altra figura che non so qual è. …» Infine, i disegni, che in questa attività sono richiesti dagli alunni all’insegnante «per capire meglio» ciò che è detto, mostrano chiaramente la loro funzione mediatrice. Il disegno fatto alla lavagna dall’insegnante, sembra esser venuto incontro al bisogno di fissare un’immagine che, nell’incertezza del suo primo formarsi, come prodotto dell’interpretazione del testo, aveva difficoltà di essere controllata. Le ipotesi di ricerca in questa fase dell’esperimento sembrano dunque confermate: nell’attività di interpretazione la polisemia dell’artefatto ha favorito l’emergere di più voci, il riferimento ad un’esperienza concreta con un oggetto reale ha fornito la base per dare senso al testo, nello stesso tempo la ricca produzione di gesti che ha accompagnato il complesso processo semiotico, necessario per l’interpretazione del testo, ha fornito un ampio spettro di segni che, usati dagli allievi come supporto al loro esperimento mentale, hanno reso possibile l’emergere del modello geometrico della piramide visiva. Consapevoli del fatto che la presenza di un artefatto in una classe non determina meccanicamente il modo in cui è usato e concepito dagli studenti, ci interessa sottolineare come essa può richiamare, attraverso l’uso e rispetto agli scopi di una certa attività, un sapere significativo dal punto di vista educativo. L’attività specifica di interpretazione, svolta collettivamente e sotto la guida esperta dell’insegnante, sembra aver svolto un ruolo chiave per attivare le potenzialità semiotiche dell’artefatto, al quale i testi hanno donato voce, una voce piena di suggestioni. Bibliografia Bartolini Bussi M.G., Mariotti, M.A. & Ferri F. (2003) Semiotic mediation in the primary school: Dürer glass. In M. H. G. Hoffmann, J. Lenhard, F. Seeger (ed.). Activity and Sign – Grounding Mathematics Education. Festschrift for Michael Otte, Kluwer Academic Publishers. Printed in the Netherlands. Bartolini Bussi M.G., Boni M., Ferri F. (1995). Interazione sociale e conoscenza a scuola: la discussione matematica. Modena: CDE. Bartolini Bussi M. G., Boni, M., Ferri, F. & Garuti, R. (1999). 'Early Approach To Theoretical Thinking: Gears in Primary School', Educ. Studies in Math., 39 (1-3), 67-87. Bachtin M. (1979). Estetica e romanzo. Torino: Einaudi. Engestroem Y. (1990). When is a tool? Multiple meanings of artefacts in human activity. Learning, Working and Imagining: Twelve Studies in Activity Theory. Helsinki: Orienta-Konsultit Oy. 171-195. Ferri F. & Mariotti M.A.(2003) L'educazione geometrica attraverso l'uso di strumenti: un esperimento didattico, Atti del Convegno “Incontri con la Matematica”, Castel S. Pietro Terme, vol. 1, pp. 143-150. Paola D. (2001). Nuove tecnologie e innovazione curriculare. Uno sguardo al passato per cercare di delineare le prospettive. Atti Convegno TED. Genova. 251 – 256. Vangelisti S. (2003). Strumenti e modelli per la prospettiva, Tesi di Laurea (non pubblicata), Dip. Matematica, Università di Modena Vygotskij L. S. (1987). Il processo cognitivo. Boringhieri.. Wartofsky M. (1979). Perception, Representation and the Forms of Action: Towards an Historical Epistemology. in Models, Representation and the Scientific Understanding. D. Reidel Publisging Company. 188 – 209. Allegato 1 “È necessario sapere lineare in propria forma sopra il piano tucte le cose che l’omo intende fare.” (Piero della Francesca) “ … pittura che molto paia rilevata e simigliata a chi ella si ritrae…” (Leon Battista Alberti) “… un buco al fine che tu possa metterci un occhio, ciò che ti permetterà di guardare più sicuramente.” (A.Dürer) “Sarà adunque pittura non altro che intersecazione della piramide visiva.” (Leon Battista Alberti) “Ciò che tu vedi attraverso il vetro all’interno dell’intelaiatura, tu lo rappresenterai con l’aiuto di un pennello sul vetro. […] Questo conviene a tutti quelli che vogliono fare il ritratto di qualcuno senza essere sicuri delle loro competenze.” (A.Dürer) “Un velo pongo tra l’occhio e la cosa veduta, tale che la pirramide visiva penetra per la rarità del velo.” (Leon Battista Alberti) Allegato 2 SCHEMA DEL MODELLO DI PROSPETTOGRAFO Questo modello è ispirato al vetro di Dürer della figura 1. Non è, tuttavia, un modello per la realizzazione di disegni prospettici, ma per il controllo che un disegno già realizzato sul vetro (foglio di Plexiglas) si sovrappone esattamente al contorno dell’oggetto posto dietro il vetro se l’occhio è posto nel punto V, contrariamente a ciò che accade se l’occhio è posto in W. Gli oculari V e W nel modello fisico sono realizzati da fori in una asse di legno. Se al posto del vetro già disegnato si colloca un vetro pulito, con un pennarello si può eseguire direttamente il disegno ‘per trasparenza’. Gli allievi e il prospettografo in classe Allegato 3 Interpretando la frase: “Sarà adunque pittura non altro che intersecazione della piramide visiva.” (Leon Battista Alberti) Ins. – Com’è la base della piramide? Marco – Può essere triangolare, oppure quadrata, oppure rettangolare. Il rettangolo può anche essere messo tipo in obliquo … come si chiama … può essere un parallelo … Ins. – Vuoi dire un parallelogramma? Marco – Sì. Diciamo che normalmente la base delle piramidi è un quadrato o un rettangolo, mentre le facce di lato sono dei … … triangoli. Voci – Sono dei triangoli (contemporaneamente a Marco) Ins. – Disegno alla lavagna una piramide, tanto per ricordare a tutti che figura è. Giacinto – La piramide è un solido con 5 facce: una sotto, la base, e quattro di lato. Quelle di lato sono triangolari perché la piramide finisce a punta. La base non è un triangolo, se no la piramide avrebbe 4 facce, invece ne ha 5. Alessandro B. – Se è a base triangolare ne ha 4, se è a base quadrata ne ha 5 per forza. Dipende dalla base. Quella di cui parliamo qua, per me, è a base o quadrata o rettangolare, perché c’immaginiamo un quadro o un pezzo di vetro e la punta dei triangoli arriva all’occhio. Federica – Sì, ma quella di Leon Battista Alberti non è un solido vero è un solido immaginario, che si forma mentre tu guardi. Noi non lo vediamo, lo vediamo solo se ci pensiamo, se lo vogliamo vedere. Ad esempio adesso lo vediamo perché l’abbiamo appena letto. Assia – Certo che è immaginario, altrimenti ti farebbe male e poi non ti farebbe neanche vedere. Voci – T’immagini un solido che ti arriva in un occhio! (Molta gestualità anche di tipo comico. Momento di confusione e di scherzi sulla piramide visiva cui partecipa tutta la classe). Ins. – Leggiamo bene cosa dice l’Alberti «Sarà adunque pittura non altro che intersecazione della piramide visiva». Allora la piramide visiva, come ha detto Daniele si può ben capire cos’è. Voi tutti avete fatto inoltre mille gesti, anche eccessivi, per localizzare dove si può trovare. Cos’è dunque la pittura per Alberti? Cerchiamolo di capire. Anna – Non è nient’altro che intre, inter, … intersecazione (legge) della piramide visiva, che è quella forma che si forma tra la cosa che guardiamo e l’occhio con cui guardiamo. Ins. – “Inter” significa “tra”. Internazionale ad esempio vuol dire tra le nazioni. Daniele – Secazione forse vuol dire l’azione di segare. L’azione della sega: seca – azione. Assia – Segare può anche voler dire tagliare. Tra le cose tagliate, oppure tra le cose segate. Alessendro B. – Oppure segare tra, cioè tu fai un taglio, seghi la piramide visiva. Se seghi la piramide visiva tu ottieni la pittura. Luca – Come si fa a segare la piramide visiva che è un solido che non esiste? Alessandro B. – Allo stesso modo di come te lo immagini. Se tu lo vedi perché lo immagini, così puoi anche segarlo. Bisogna lavorare con la mente. Elisabetta – È come lavorare con la fantasia: tu ti devi immaginare le cose e poi ti sembrano vere. Marcello – Non è come con la fantasia! È come con la mente, perché devi segare bene dove vuoi tu per disegnare quello che vuoi fare. Federica – Sì va beh, comunque te lo devi immaginare. Io ho capito una cosa se la seghi vicino all’oggetto hai un’immagine grande, se la seghi vicino all’occhio hai un’immagine più piccola. [Molti bambini con i gesti tagliano, segano, la piramide visiva. Tracciano dei piani immaginari paralleli al quadro.] Andrea – Io la taglieri nel mezzo così viene di grandezza media. Marcello – Dipende come lo vuoi grande! Maruan – Dove tagli ti viene una figura uguale alla base. Se hai fatto la base rettangolare ti viene un rettangolo. Alessandro B. – Se vai giù pari, perché noi con le mani facciamo come un piano parallelo a quello degli oggetti. [Con le mani traccia nello spazio due piani paralleli] Così ti viene di sicuro una figura identica alla base della piramide, ma più piccola. Luca – Franca prova a disegnarlo alla lavagna così si capisce meglio. Ins. – Adesso ci provo, ma non garantisco che capiate meglio. Oggetti da disegnare Occhio Marco – Adesso si capisce meglio perché viene con la stessa forma … Alessandro B. - Perché lo seghi parallelo. Se lo seghi obliquo, viene un’altra figura che non so qual è. Leon Battista Alberti ci dice che la pittura non è niente altro che quello che c’è se seghi la piramide visiva dove vuoi tu. E poi la Federica ha ragione nel dire che se seghi vicino all’occhio il tuo disegno diventa molto piccolo. Federica – Franca se tu leggi quello che c’è scritto dopo, quello di Dürer, ti insegna proprio come devi fare per segare la piramide visiva. Quando dice che devi dipingere sul vetro è come se noi andassimo al vetro della finestra e su un pezzetto di vetro, tipo su un rettangolo, disegnassimo quello che vediamo fuori proprio in quel quadretto lì. [Si alza, va al vetro, dove traccia un rettangolo con un dito e poi finge di disegnarvi dentro ciò che vede.] È come se il vetro avesse segato la piramide visiva. Vincenzo – È come ricalcare le cose. Anna – È come copiare proprio uguale, non proprio, la realtà. Giacinto – Infatti si chiama copia dal vero. Tu copi la realtà. Ins. – Ci sono tanti bimbi che non hanno parlato. Non hanno proprio nulla da dire? Proviamo a far ripetere ciò che è stato detto ai bimbi muti … Cosa abbiamo capito? Cosa ci dicono questi pittori?
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