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L’insegnamento della Matematica e delle scienze integrate,
vol. 27 A-B (5), 413-444
La costruzione del pensiero teorico:
una ricerca sugli ingranaggi nella scuola
elementare ♣
Sommario
In questo lavoro ci si propone di presentare un esperimento
didattico a lungo termine svolto in diverse classi di scuola
elementare e media. L’esperimento è centrato sullo studio del
funzionamento degli ingranaggi, fino alla costruzione di un germe
di teoria e alla dimostrazione di alcuni ‘teoremi’. Gli ingranaggi,
le loro rappresentazioni, le teoria cinematica sono gli artefatti
culturali, che diventano strumenti di mediazione semiotica sotto la
guida dell’insegnante.
Abstract
In this paper we aim at discussing a long term teaching experiment
carried out in several primary and junior high school classrooms.
The experiment is focused on the functioning of gears, up to the
construction of a ‘germ’ theory and to the proof of some theorems.
Gears, their representations and the kinematic theoryare the
cultural artefacts that become instruments of semiotic mediation
under the teacher’s guide.
Maria G. Bartolini Bussi
Mara Boni
Franca Ferri
Rossella Garuti
♣
Studio ripreso nell'ambito del progetto 'Problemi di insegnamentoapprendimento in matematica: significati, modelli, teorie' (PRIN COFIN2003:
prot. 2003011072)
La costruzione del pensiero teorico:
una ricerca sugli ingranaggi nella scuola
elementare
Maria G. Bartolini Bussi1, Mara Boni2
Franca Ferri3, Rossella Garuti4
1. Introduzione
Il quadro teorico in cui si inserisce questa ricerca è Vygotskiano,
con accento sulla costruzione sociale del sapere e sulla mediazione
semiotica realizzata attraverso artefatti culturali: la dimensione
sociale è determinata dal ricorso alla discussione matematica
orchestrata dall’insegnante (Bartolini Bussi 1996); gli artefatti
culturali sono rappresentati da ingranaggi, figure e teorie.
Ingranaggi presi dalla vita di tutti i giorni sono oggetto di attività e
di riflessione nella classe. Questo si colloca nel filone aperto in
Italia da Emma Castelnuovo, negli anni sessanta, che ha avuto
molta influenza all’estero, in Olanda (la cosiddetta realistic
mathematics di Freudenthal, 1983) e in Germania (la cosiddetta
operative concept formation di Bender & Schreiber, 1980).
Questo articolo si propone di analizzare un esperimento didattico
realizzato con allievi di quarta elementare nel campo di esperienza
degli ingranaggi, per determinare quelle caratteristiche che (con
una adeguata sequenza di consegne e sotto la guida
dell’insegnante) hanno reso possibile l’approccio dei bambini al
pensiero teorico e in particolare ai teoremi matematici.
1
Dipartimento di Matematica – Università di Modena e Reggio Emilia,
Scuola elementare “G. Mazzini” di Vignola (Modena),
3
Scuola elementare “P.L. da Palestrina”, Modena,
4
Scuola Italiana di Addis Abeba (Etiopia).
2
I significati di discussione matematica, campo di esperienza e
teorema matematico, saranno discussi nel § 2, insieme con alcuni
aspetti, sia pratici, sia teorici dell’attività sugli ingranaggi.
La parte sperimentale dello studio è un esempio di ricerca per
l’innovazione (Bartolini Bussi 1994), nella quale l’azione in classe
è sia un mezzo che un risultato della progressiva conoscenza dei
processi di classe (§ 3).
Nel § 4 sarà presentata la cronaca dell’esperimento didattico. I dati
discussi in questo articolo sono presi da una quarta elementare. Essi
sono consistenti con i dati di altre dieci classi coinvolte
nell’esperimento (classi che variano dalla prima elementare alla
prima media). La classe scelta (in cui Mara Boni, membro del
gruppo di ricerca, ha insegnato fin dalla prima) è composta da
diciassette alunni, con una estrazione socioculturale molto bassa,
per cui il loro sviluppo appare, come noi volevamo, maggiormente
dipendente dalla mediazione intenzionale dell’insegnante.
Mostreremo che la maggior parte degli alunni è riuscita a produrre
enunciati generali, astratti e condizionali sul moto degli ingranaggi
e a costruire diversi tipi di argomentazione per sostenerli. Nello
stesso tempo gli alunni sono stati coinvolti nella costruzione sociale
di una teoria (una parte della cinematica di Erone) e di testi di
dimostrazioni matematiche.
Nel § 5 ci sposteremo al livello dei processi individuali e
discuteremo due temi cruciali e intrecciati, vale a dire la genesi dei
segni (frecce) nei problemi sul moto degli ingranaggi e la genesi
dei primi teoremi circa il moto.
Nella discussione finale (§ 6) inquadreremo i risultati di questo
esperimento nella letteratura corrente sull’argomento.
2. Quadro teorico
Gli ingranaggi sono elementi di un campo di esperienza. Con tale
termine si intende, seguendo Boero et al. (1995) il sistema di tre
componenti evolutive: contesto esterno, contesto interno dello
studente, contesto interno dell’insegnante, riferito ad un settore
della cultura umana che l’insegnante e gli studenti possono
riconoscere e considerare come unitario ed omogeneo.
L’evoluzione del campo di esperienza si realizza nel tempo
attraverso le attività sociali della classe.
In questo esperimento l’interazione verbale si realizza attraverso la
discussione matematica, cioè una polifonia di voci articolate su un
oggetto matematico, che è uno degli oggetti-motivi dell’attività di
insegnamento - apprendimento (Bartolini Bussi 1996). La polifonia
di voci riguarda:
1)
il dialogo tra la voce dell’esperienza quotidiana, evocata da
referenti concreti e la voce delle teorie matematiche;
2)
il dialogo tra varie teorie complementari (geometria di
Euclide e cinematica di Erone) utili a modellizzare esperienze con
ingranaggi sotto diverse focalizzazioni.
2. 1. Il contesto esterno: gli oggetti.
Il contesto esterno è determinato dagli oggetti concreti della attività
(ingranaggi come ruote dentate, catene, cremagliere, viti senza fine
e segni come gesti, figure statiche o dinamiche, testi). All'inizio
dell'attività il campo di esperienza è popolato da meccanismi con
ingranaggi molto comuni nella vita quotidiana (strumenti da cucina
come l’apriscatole, asciuga insalata, il cavatappi o il frullino per
sbattere le uova e biciclette, contachilometri, mulini, orologi,
giocattoli). Essi hanno tutti una materialità fisica con vincoli e
relazioni oggettive che ne determinano le possibili azioni. Il campo
di esperienza evolve per mezzo della pratica concreta portata avanti
con manipolazioni, consegne di rappresentazione, interpretazione,
predizione, discussioni matematiche e così via.
La dimensione temporale dello sviluppo del contesto esterno (che
richiede mesi e perfino anni) è quella del sistema didattico
(Brousseau et al. 1991), in cui si può progettare ed osservare
l’evoluzione a lungo termine dei sensi degli oggetti del sapere.
fig. 1
Correttore a nastro
Fig. 2
Ingranaggi di un mulino ad
acqua
2.2. Il contesto esterno: la cultura di riferimento.
Nella esperienza fisica con gli ingranaggi c’è la percezione sia della
forma degli oggetti che del loro scopo determinato dalla catena dei
movimenti. Questi due aspetti si possono separare solo in modo
artificiale, per consentirne la modellizzazione. Se lo scopo è
modellizzare le forme (per esempio per produrre od interpretare un
disegno tecnico di un ingranaggio reale o di un progetto) sono in
gioco il piano euclideo e la geometria dello spazio. Un esempio di
ingranaggio planare è dato dal correttore a nastro (fig. 1); un
esempio di ingranaggio spaziale è fornito da un qualsiasi mulino
(fig. 2). Nel primo caso la rappresentazione può essere realizzata
con costruzioni geometriche realizzate con riga e compasso, mentre
nel secondo caso si deve ricorrere al disegno tecnico.
Quando invece è in gioco il moto, cioè il funzionamento, allora la
geometria statica non è più sufficiente, è necessario almeno un
approccio cinematico. I problemi cinematici chiamano in causa
direzioni di rotazione, velocità angolare e tangenziale e così via. In
questo lavoro saranno analizzate solo le direzioni di rotazione che,
nell’approccio moderno, sono rappresentate da frecce (§ 5.1).
Una possibile teoria di riferimento si deve ad Erone che, nel Libro
1 della sua Meccanica (I sec. d.C.), afferma:
Due cerchi ingranati per mezzo di denti ruotano in direzioni
opposte, uno ruota verso destra, l’altro verso sinistra.
A partire da questo singolo postulato, si enunciano e si dimostrano
vari interessanti teoremi; per esempio, se una terza ruota è
ingranata con due ruote ingranate tra loro, l’ingranaggio non
funziona.
In seguito questa configurazione a 'trifoglio' sarà denotata come
blocco elementare. Il trifoglio offre un esempio paradigmatico che
sottolinea la necessità di entrambe le teorie: nel quadro euclideo il
problema di disegnare un terzo cerchio tangente a due cerchi
tangenti può essere risolto per ogni dato raggio; viceversa se il
problema è costruire un ingranaggio che funziona, nessuna di
queste soluzioni è accettabile.
Lo specifico progetto presentato in questa ricerca è focalizzato sul
primo approccio ai teoremi matematici. Seguendo Mariotti et al.
(1997) un teorema matematico è il sistema di tre elementi
correlati: un enunciato, cioè la congettura prodotta attraverso
esperimenti ed argomentazioni; una dimostrazione, cioè quel
particolare tipo di argomentazione che è accettato dalla comunità
dei matematici, e una teoria di riferimento, che includa sia le
regole di deduzione, cioè la metateoria, sia i postulati.
Sulla base della lunga storia dei teoremi in geometria, Boero &
Garuti (1994) hanno espresso le principali caratteristiche degli
enunciati attraverso 3 parole chiave: essi sono generali (ogni
enunciato esprime le proprietà di una classe di figure), astratti
(ogni enunciato riguarda figure geometriche e non oggetti concreti)
e condizionali (ogni enunciato si articola logicamente nella forma
nell’ipotesi che…segue che ... o brevemente se…allora...). In
particolare la forma condizionale in cui le ipotesi e le tesi sono
espresse spiana la strada per avvicinarsi alle dimostrazioni intese
come catene di deduzioni che collegano le ipotesi alla tesi. La
scelta di porre l’accento sui teoremi matematici determina le
attività rilevanti connesse agli ingranaggi: la costruzione di teorie
di riferimento e metateorie, la produzione di enunciati ed
argomentazioni, la costruzione di dimostrazioni e l’organizzazione
di dimostrazioni.
Il caso degli ingranaggi illustra in modo evidente la differenza tra
artefatti primari, secondari e terziari secondo Wartofsky (1979)
(vedi anche Ferri et al., in stampa):
artefatto primario, strumento tecnico orientato verso
l’esterno, direttamente usato per scopi intenzionali (ad esempio
compasso, prospettografi, curvigrafi, …),
artefatto secondario, strumento psicologico orientato
verso l’interno, usato nel mantenimento e nella trasmissione di
specifiche competenze tecniche acquisite (ad esempio scrittura,
schemi, tecniche di calcolo, trattati d’uso, …)
artefatto terziario, sistema di regole formali che hanno
perso l’aspetto pratico legato allo strumento (ad esempio le teorie
matematiche).
Come si vedrà anche meglio nel seguito, gli ingranaggi della vita
quotidiana sono artefatti primari, le rappresentazioni di essi sono
artefatti secondari, mentre le teorie sul loro funzionamento, che
come vedremo divengono rapidamente decontestualizzate, sono
artefatti terziari. Da questo punto di vista, questo esperimento
mostra la transizione tra i diversi tipi di artefatti, come essa si
realizza nella classe sotto la guida dell’insegnante.
2.3. Il contesto interno dell’allievo.
Il contesto interno degli allievi è influenzato dalla qualità e
intensità dell’esplorazione del contesto esterno, realizzata sia al di
fuori dell’esperienza scolastica, che a scuola, attraverso le consegne
e sotto la guida dell’insegnante. Questo contesto si sviluppa nel
tempo. Consideriamo prima le situazioni quotidiane: in cucina un
bambino e un adulto stanno sbattendo le uova per fare un dolce, in
un cortile un bambino e un adulto stanno riparando il cambio di una
bicicletta. Se l’adulto coinvolge il bambino e discute con lui, si
realizza quell’unità di percezione, parola ed azione che produce il
campo visivo interno (Vygotsky 1978), in cui è possibile compiere
esperimenti mentali. Non tutti i bambini sono così fortunati da
avere questo tipo di esperienza extra-scolastica: molto spesso essi
possono solo osservare da lontano, o agire senza interlocutori che li
stimolino. Specialmente per questi bambini è importante realizzare
nella classe attività pratiche concrete, riflessive e guidate e creare
un dialogo tra l’esperienza pratica e l’esperienza teorica di
modellizzazione con strumenti matematici. Per descrivere ed
analizzare i processi mentali individuali a breve termine nella
soluzione delle specifiche consegne, dobbiamo considerare anche il
tempo come variabile interna (Boero & Scali 1996). Il tempo
interno è governato da sue proprie regole: per esempio può essere
invertito, contratto, dilatato, tagliato e spostato – nel passato o nel
futuro – a seconda dello specifico obiettivo del soggetto (cioè
ricordare, programmare, prevedere) per realizzare esperimenti
mentali dinamici. I processi mentali di chi impara sono in qualche
caso accessibili interpretando le tracce esterne (segni, metafore,
gesti) che possono essere osservate.
2.4. Il contesto interno dell’insegnante.
Il contesto interno dell’insegnante (e anche del ricercatore) è
influenzato dalla qualità e intensità dell’esplorazione del contesto
esterno, realizzata all’interno del gruppo di ricerca o come progetto
personale. La specifica metodologia di ricerca che richiede un forte
coinvolgimento degli insegnanti in tutte le fasi del progetto di
ricerca renderebbe questo esperimento un laboratorio interessante
in cui studiare l’evoluzione del contesto interno dell’insegnante.
Questo tema non è stato da noi affrontato come argomento di
ricerca, tuttavia la rapida evoluzione del contesto interno degli
insegnanti e del ricercatore è parte di una consapevolezza condivisa
e non più messa in discussione all'interno del gruppo di ricerca.
3. Metodologia della ricerca
Questo studio è un esempio di ricerca per l’innovazione, nella
quale l’azione nella classe è sia un mezzo, sia un risultato della
progressiva conoscenza dei processi di classe (per un confronto tra
la ricerca per l’innovazione e la ricerca - azione, Bartolini Bussi
1994). Gli insegnanti stessi sono membri del gruppo di ricerca e
condividono la responsabilità di tutte le scelte rilevanti, la
responsabilità di raccogliere ed analizzare dati in forme varie:
materiali, protocolli individuali, trascrizione di discussioni
collettive e annotazioni sul campo. A causa delle differenti età
degli allievi e situazioni scolastiche, undici diversi progetti
educativi sono stati progettati e portati avanti dagli insegnanti. Dal
momento che eravamo interessati a riprodurre le condizioni per la
costruzione del senso (Brousseau 1986) si doveva realizzare una
continua dialettica tra i progetti individuali (che includevano piani
specifici per ogni classe) e il quadro generale (che offriva l’analisi
epistemologica condivisa). Per questo si è prodotto uno
spostamento da ipotesi iniziali ancora confuse a formulazioni più
precise e condivise, attraverso vari processi collegati: per esempio
trattare meccanismi complessi, leggere fonti storiche risolvere
problemi complessi da una parte ed interpretare nel modo più
efficace i processi di classe dall’altra.
4. Il tempo esterno: la cronaca
In questo lavoro verranno discussi soprattutto i dati di una classe
quarta della scuola di un paesino, in cui gli stessi due docenti hanno
insegnato fin dal primo anno. L’insegnante di matematica (Mara
Boni) è un insegnante - ricercatore, membro del gruppo di ricerca.
Il livello socioculturale delle famiglie degli allievi è piuttosto
basso. La povertà delle abilità linguistiche all’origine e lo scarso, se
non nullo, aiuto delle famiglie nei compiti di scuola, fa della classe
uno straordinario laboratorio per la ricerca per l’innovazione,
poiché si suppone che gli allievi abbiano sviluppato le tipiche
competenze scolastiche quasi esclusivamente a scuola, a causa del
lavoro intenzionale degli insegnanti. Quasi tutti gli allievi
(diciassette di cui uno con handicap mentale certificato) hanno
bassi risultati scolastici, non per ragioni neurologiche, ma per
deprivazioni socioculturali. Tre allievi sono supportati dal servizio
psico-pedagogico locale.
Abbiamo scelto una bambina, Elisabetta, come guida per descrivere
l’intero processo. E’ un’alunna media rispetto ai compagni. Due
commenti sono necessari: i protocolli, che sono stati prodotti
autonomamente da Elisabetta, sorprendono per la ricca
verbalizzazione, risultato del lavoro paziente e sistematico
dell’insegnante, che ha cominciato in prima a chiedere di (ed
aiutare a) esprimere (prestando le parole) l’intero ragionamento; lo
stile esplicitamente dialogico è il risultato dell’interiorizzazione
della pratica della discussione in classe.
Alla fine della seconda l’intera classe aveva visitato un mulino, per
confrontare la macinatura meccanica moderna con la macinatura
manuale dell’uomo preistorico. Tutti gli allievi avevano disegnato a
mano libera il mulino, con catene di ruote dentate, e ne avevano
descritto verbalmente il funzionamento. Al terzo anno, sotto la
guida dell’insegnante, avevano inserito un nuovo ingranaggio
quotidiano nell’esperienza scolastica: il cambio della bicicletta. In
terza era stato posto un problema in cui si chiedeva di disegnare
una coppia di ruote dentate e di descriverne il funzionamento. La
maggior parte degli alunni, inclusa Elisabetta, disegna una coppia
di ruote quadrate e nel descrivere il funzionamento consente ai
perni di spostarsi durante il moto. Per spiegare questo dato inatteso,
ipotizziamo che il compito della rappresentazione esterna con il
disegno non trovi riscontro nella loro esperienza quotidiana che è
rimasta a un basso livello percettivo; l’insegnante dedica quindi
alcune settimane a un approccio dinamico ai cerchi, fino all’uso del
compasso (Boni 1997).
4.1. Il correttore a nastro
In quarta gli allievi ritornano agli ingranaggi. Viene loro richiesto
di descrivere la forma ed il funzionamento di un correttore a nastro
(fig. 1), un comune oggetto di cartoleria presente nelle loro cartelle.
Elisabetta, per ogni ruota, disegna attentamente con il compasso
una coppia di cerchi concentrici con i denti in mezzo e descrive
bene sia la forma delle ruote che il moto. Quasi tutti gli allievi
usano il compasso, la maggior parte di loro produce anche
enunciati corretti sulla forma e il funzionamento del correttore,
cogliendone tutti i vincoli causali (ad esempio: la prima ruota
spinge la seconda) e temporali (le due ruote girano
contemporaneamente), che sono divenuti parte di un genere di
discorso elaborato nella classe (Bakhtin 1991).
Estratto dal protocollo di Elisabetta
PROBLEMA 1. Osservo il bianchetto. Come sono le ruote: dimensione,
forma, denti .... Pensa alle ruote in movimento: verso, velocità, giri .... Come
funziona il bianchetto.
Le ruote hanno una dimensione e una forma così: una ruota grande e una ruota
piccola e la loro dimensione è di 1,5 cm circa e la loro forma è: rotonda, sono
messe obliquamente e i loro denti sono obliqui. Il verso delle ruote è così: la
grande gira in verso antiorario e l'altra in verso orario. GUARDATE IL
DISEGNO [fig. 3]. Però se girassero tutte e due in verso orario o antiorario i
denti si possono anche rompere [poi descrive accuratamente la velocità e il
funzionamento].
fig. 3
4.2. E se le ruote ingranate sono tre?
Un mese dopo viene assegnato un nuovo problema: si richiede agli
alunni di analizzare il caso di tre ruote ingranate. Elisabetta disegna
con attenzione 3 ruote con i centri allineati e anche un blocco
elementare. Usa frecce per indicare il moto. Le affermazioni sul
moto sono corrette, ma il linguaggio non è preciso: i verbi
ingranare e funzionare sono utilizzati in modo casuale ed errato.
Tuttavia analizza due casi, la catena aperta (file) e quella chiusa
(collana).
Quasi tutti gli allievi sono riusciti ad analizzare la fila di tre ruote
con l’aiuto di frecce, mentre solo sei discutono anche il blocco
elementare. Ciò è probabilmente dovuto alla loro scarsa, se non
inesistente, attitudine a inventare da sé i problemi, piuttosto che ad
una reale carenza di strumenti per la soluzione.
Estratto dal protocollo di Elisabetta
PROBLEMA 2. Abbiamo incontrato spesso ingranaggi (sullo stesso piano) a
coppie. E se le ruote fossero 3? Come potrebbero essere disposte? Puoi costruire
come preferisci le situazioni possibili (col disegno, col ritaglio). Da’ ogni volta le
spiegazioni necessarie e riporta le tue osservazioni.
La ruota n.1 ruota, ma non si sa in che verso, proviamo a dire che gira nel senso
orario, allora quella n.2 girerà nel senso antiorario, be' questo è certo, e la n.3
come girerà secondo voi?
fig. 4
Ah io lo so, girerà come la n.1, e lo sapete il perché? sì perché devono ingranare
nei versi contrari.
Si potrebbe fare anche con le dita, guardate: Ne ho disegnate 2 ma vedete, con
le frecce, che vanno in versi contrari.
fig. 5
Però se ci pensiamo bene, potrebbero girare la 1a ruota in verso orario e la 2a
sempre in verso orario, no? Ma no, dopo non ingranano.
fig. 6
Proviamo a disegnare le ruote in un altro modo. Sì sono sullo stesso piano; ma
se provo a muovere una vedremmo che 2 si muovono nello stesso verso e l'altra
nell'altro.Questo non può ingranare perché la 1a gira nel verso orario, la 2a nel
verso antiorario e la 3a nel verso orario però si toccano la 1a e la 3a e allora
non ingranano.
Fig. 7
Alcuni giorni più tardi molti bambini parlano spontaneamente di
immagini televisive (La macchina del tempo) e mostrano parti di
disegni pubblicitari in cui il blocco elementare è disegnato come
funzionante, e commentano severamente: I disegnatori non sanno
niente di ingranaggi 5 (vedi fig. 8).
fig. 8
4.2. Che cosa succede con più di tre ruote ingranate?
Si dà un problema di generalizzazione, chiedendo agli alunni di
considerare più di tre ruote. Elisabetta controlla la sintassi del
segno che ha costruito nel problema precedente, applicandolo a
sempre più lunghe collane di ruote. Produce e argomenta enunciati
che sono astratti, generali e condizionali. Produce anche un primo
embrione di dimostrazione per assurdo. Nella classe solo un allievo
considera una fila di ruote, tutti gli altri sono interessati a trovare
blocchi nelle collane. Tutti gli allievi, tranne due, riescono a
scoprire e ad ipotizzare blocchi nelle collane con un numero dispari
di ruote, per mezzo di frecce e con differenti argomentazioni.
Undici allievi su sedici riescono a produrre un enunciato circa
5
Ora il logo de La macchina del tempo è stato semplificato e contiene solo due
ruote; tuttavia l’uso di un ingranaggio con il blocco elementare – come se fosse
funzionante - è più diffuso di quanto si pensi.
collane pari e dispari, con differenti gradi di astrazione, generalità e
condizionalità . L’insegnante deve ancora recuperare cinque allievi,
del livello più basso, che hanno prodotto alcuni esempi, ma non
hanno prodotto nessn enunciato.
Estratto dal protocollo di Elisabetta
PROBLEMA 3. E se le ruote ingranate a 2 a 2 fossero più di 3? Dopo avere
immaginato diverse situazioni vedi se è possibile trovare delle regole.
[analizza la collana con 4 ruote e dice che funziona, a patto che non ci sia nessun
blocco; poi analizza la collana con 5 ruote]
fig. 9
Queste non sono come le prime: perché A,C,E si ingranano, ma vedete, la A e la
E hanno un verso uguale! La B e la D si ingranano comodamente, D ha il verso
uguale ad A; ma quella è vicina a B; non funziona.
[disegna anche 6 ruote]
Queste invece funzionano, A ha il verso di C e di E, B il verso di D e di F e voi lo
vedete non si bloccano. Ora provo con 3 ruote perché ho già capito la regola.
fig. 10
Ora sono proprio sicura di aver capito.
Vi scrivo le regole.
REGOLE:
1) Le ruote a 2 a 2, se sono dispari ingranano ma si bloccano e se sono pari
ingranano e non si bloccano.
2) Se sono pari le ruote hanno il verso così: A con C ..... se sono dispari sono
come pari ma una ha il verso uguale all'altra.Quello delle ruote dispari l'ho
capito da quelle ruote: vedendo il verso dell'ultima, che l'aveva uguale alla A.
Quello delle ruote pari l'ho capito che una, tipo A aveva il verso uguale a C e
poi, e poi, e poi. Lo spiego. Le pari non si bloccano perché Ho fatto il disegno
per essere più sicura.
[disegna ‘collane’ di 4 e 5 ruote numerate e a colori alternati].
Le pari non si bloccano perché numeri pari hanno lo stesso verso e dispari
l'altro.Nei dispari i numeri pari hanno lo stesso verso ma il 4 ha il verso uguale
all'1. I numeri dispari hanno lo stesso verso, ma il 5 ha il verso uguale all'1 che
sono dispari! Questo vale per tutti gli ingranaggi, i dispari come quello che ho
detto prima e i pari sempre come ho detto prima.
4.4. La discussione di bilancio
Dopo una breve sessione in cui si chiariscono i diversi significati di
alcuni termini (ingranare, girare, funzionare ecc.) l’insegnante
orchestra una discussione di bilancio (Bartolini Bussi 96). Il suo
scopo è dichiarato nell’apertura:
Alcuni di voi hanno descritto che cosa succede: Ho visto che le collane con un
numero pari di ruote funzionano e con un numero dispari di ruote non
funzionano; ma ancora non tutti sono riusciti a spiegare perché succede. Perché
discutiamo adesso? Io vorrei che, spiegando le vostre dimostrazioni, coloro che
non hanno dato dimostrazioni possano trovare il modo, cioè le parole per dare
la loro personale spiegazione di una cosa che hanno detto. Questo può aiutare
non solo loro, ma ognuno di noi a capire meglio.
L’insegnante ricorre ad una usuale strategia comunicativa,
invitando a parlare gli allievi da recuperare e invitando gli altri a
prestare loro le parole e le espressioni mancanti. Alla fine della
discussione (più di 250 interventi individuali) ognuno dei cinque ha
prodotto un enunciato, cogliendo dai suggerimenti dei compagni le
parole e le espressioni che meglio si adattano alle loro tacite
convinzioni. Qualche giorno più tardi ampi estratti della
discussione trascritta, preparati dall’insegnante, vengono incollati
sui quaderni e letti e commentati collettivamente.
4.5. La teoria.
E’ tempo di riordinare l’attività sul moto degli ingranaggi, perché
ogni allievo ha avuto l’opportunità di produrre e sostenere il
proprio enunciato. Essi sono chiamati a confrontare i propri
prodotti con il sapere ufficiale. Il gruppo di ricerca di cui fa parte
l’insegnante prepara un capitolo sulla teoria delle ruote dentate,
dove sono riprese espressioni e metafore usate nella classe e c’è un
esplicito riferimento a Erone (vedi Appendice). Le cinque pagine
del documento originale, divise in parti, vengono lette e
commentate collettivamente, per scoprire e sottolineare congruenze
e differenze tra il testo di Erone e quello degli allievi, per produrre
individualmente le dimostrazioni mancanti, o dimostrazioni
diverse, ma sempre secondo lo stile di Erone.
5. Il contesto interno degli allievi.
In questa sezione considereremo due temi cruciali per l’approccio
ai teoremi matematici in campo cinematico:
1)
la genesi e lo sviluppo dei segni rilevanti nella soluzione dei
problemi sul moto degli ingranaggi;
2)
la genesi dei primi teoremi sul moto degli ingranaggi nel
caso di file planari e collane di ruote. I due processi sono
strettamente intrecciati e sono tenuti separati solo a scopo analitico.
5.1. Frecce e altri segni.
In tutte le traduzioni della Meccanica di Erone (es. Carra de Vaux
1988) sono usate frecce. Sarebbe affascinante pensare che Erone
stesso sia l’autore di queste frecce, ma sappiamo che le figure sono
state tutte ridisegnate dal traduttore francese; inoltre nessuna
freccia si trova in nessun libro classico di cinematica e dinamica,
fino al 20° secolo. Oggi le frecce sono introdotte spontaneamente
anche dagli alunni più piccoli (in prima) nella rappresentazione
grafica degli ingranaggi, probabilmente per l'esperienza extrascolastica (fumetti, segnali stradali). Abbiamo raccolto nelle classi
evidenze di diversi statuti del segno freccia e di altri segni originati
da esso, che compaiono in diverse sequenze individuali, dalla
esperienza fisica alla soluzione e rappresentazione di problemi
complessi di moto degli ingranaggi. Essi possono essere sintetizzati
come indicato nella Tabella 1.
[1] è il punto di partenza: la freccia rappresenta il gesto della messa
in moto iniziale e della imitazione del moto. In questo caso e’ uno
strumento orientato all'esterno. Ma, quando si pongono i problemi
con due o più ruote, esso si volge all’interno, diventando
[2] è uno strumento di mediazione semiotica (Vygotsky 1978) che
consente di controllare il moto dell’intera ruota e di esprimere il
postulato. All’inizio (1,2) l’attenzione è ancora sugli oggetti fisici:
questo è evidente per la cura con cui i bambini disegnano i denti
uno ad uno. Più tardi i denti sono eliminati, probabilmente per
risparmiare tempo, e solo i cerchi sono disegnati, ancorché
chiamati ruote (le ruote 'sdentate'), anche se senza denti.
A questo punto si osservano due possibili sviluppi :
[3] verso un approccio globale con l’uso di termini come orario antiorario, o
[4] verso un approccio puntuale con l’uso di termini ispirati dal
sistema di riferimento corporeo, come destra - sinistra, su - giù.
L’approccio puntuale, usato anche da Erone, è meno funzionale
alla soluzione di problemi complessi, poiché sorgono conflitti tra i
punti - denti dello stesso cerchio - ruota che sono simmetrici
rispetto al centro (se uno va a destra, l’altro va a sinistra).
L’approccio puntuale è sostituito in breve tempo (spontaneamente
o attraverso la interazione sociale) da un approccio globale.
A questo punto la relazione con il movimento viene messa in primo
piano.
[5] Ogni coppia di frecce stabilisce un legame tra due ruote
ingranate. Il segno ha anche un corrispettivo gestuale: unendo le
mani e ruotandole in alto e in basso, o a destra e a sinistra, il moto
dei polsi simula il moto simmetrico di due ruote ingranate. Questo
gesto funziona per una coppia di ruote, ma tre ruote sono
imbarazzanti: occorre aggiungere un nuovo elemento immaginario
e seguire il moto con gli occhi o con la mente. Quattro ruote sono
troppo per chiunque.
Per esprimere il legame tra due ruote ingranate e l’alternanza dei
moti sono disponibili altri sistemi di segni:
[6] coppia di dita (pollice – indice), colori, lettere o frecce. In
particolare, in lunghe file o collane le frecce possono essere
disegnate alternate sopra o sotto la fila (dentro o fuori la collana)
per mettere in rilievo l’alternanza.
Nell’esperienza scolastica degli allievi c’è un esempio privilegiato
di alternanza:
[7] i numeri naturali pari e dispari. Mentre l’alternanza di colori o
lettere o dita si richiama ancora ad una esperienza fisica con un
numero finito di ruote (che possono essere colorate o denotate o
toccate) l’uso di numeri può provocare una nuova lettura dei
problemi, che non è veramente consistente con i problemi sugli
ingranaggi fisici. Intendiamo uno spostamento all’infinito, che è
sentito come un “bisogno teorico”, anche se privo di significato nei
problemi concreti. Precisamente la considerazione virtuale di una
infinità di ruote è richiesta esplicitamente dagli allievi per
modificare il testo ufficiale che correttamente considera solo
ingranaggi con un numero finito di ruote (Appendice).
L’alternanza di numeri pari e dispari con diversi effetti sul moto
apre la strada alla produzione di enunciati astratti, generali e
condizionali sulla variabile n. Si stabilisce un controllo di parità
che consente di prevedere o di interpretare il moto dell’n-esima
ruota di una catena.
[8]. Lo spostamento ai numeri probabilmente evoca dalla memoria
degli allievi tipici testi aritmetici, come la divisione per 2.
In questi stadi finali i segni prodotti sono connessi da una sorta di
calcolo simbolico, che consente di produrre risultati riguardanti
situazioni ben al di là dei possibili esperimenti fisici e quindi di
gettare nuova luce sul comportamento dei referenti concreti.
Questa è una possibile genesi della sintassi dei segni ma non
esaurisce certo tutte le possibilità. Ad esempio il passo [5] segna lo
spostamento verso una relazione simmetrica tra i movimenti di due
ruote ingranate, che si rivela attraverso l’uso di locuzioni come
contemporaneamente, insieme, nello stesso tempo. Ci sono allievi
che invece considerano questi moti in modo asimmetrico dandone
una interpretazione causale: c’è una ruota che spinge ed una ruota
che è spinta, come se il moto si trasmettesse dall’una all’altra.
L’ordine temporale implicito in questa interpretazione causale
corrisponde all’ordine temporale dell’esplorazione degli elementi
di una lunga catena di ruote, che avviene, nel tempo, col
movimento degli occhi, con la colorazione progressiva, con il
disegno di frecce, con il conteggio, nello spazio esterno o anche
solo nello spazio mentale.
I casi raccolti nella tabella mostrano il passaggio dall’attività sugli
ingranaggi fisici intesi come artefatti primari (Wartofsky 1979) alla
teoria algebrica su di essi, che è un artefatto terziario. La
transizione è guidata e controllata da opportune rappresentazioni,
grafiche, linguistiche, gestuali (artefatti secondari).
Evidenze di questi passi sono state raccolte in tutte le classi, con
diverse sequenze individuali. Nel problema 2, Elisabetta
ricostruisce il significato gestuale del segno freccia riferendosi
anche alle dita: più tardi, nei problemi 2 e 3 sviluppa rapidamente
la sintassi del segno, fino al passo [7], mostrando un processo
continuo e quasi completo. Il suo processo è controllato e il
dominio della sintassi (la regola) non comporta una perdita di
semantica. Per altri bambini noi abbiamo solo brevi evidenze
dell’uso della sintassi del segno (alternanza, di solito rappresentata
con i colori) che possono essere applicate a file o a collane sempre
più lunghe. Questa regola richiama tipici giochi infantili (collane
con alternanza di perle di due colori, disegni colorati sulla carta
quadrettata) ed è alla portata anche degli allievi di livello basso).
Ponendo l’accento su questa caratteristica l’insegnante all’inizio
della discussione di bilancio riesce a coinvolgere anche gli allievi
che non hanno ancora prodotto degli enunciati, prima di costruire il
legame tra questa regola di alternanza e il significato nei problemi
sugli ingranaggi.
5.2. Primi teoremi sul moto degli ingranaggi piani.
Le consegne che abbiamo scelto sul moto degli ingranaggi planari
richiedono di produrre sia ipotesi previsionali (come si muoverà
l’ingranaggio?), sia ipotesi interpretative (perché l’ingranaggio si
muove in questo modo?) senza manipolare l’oggetto stesso. (per la
distinzione, Boero & Ferrero 1994). Una analisi a priori può essere
fatta trasferendo il metodo usato da Bergamini (1996) per
analizzare esperimenti dinamici nel campo delle ombre solari.
Quando l’ingranaggio non è fisicamente disponibile, gli
esperimenti possono essere fatti in almeno tre altri tipi di spazio:
1) lo spazio fisico in cui le mani simulano il moto,
2) lo spazio interno in cui sono realizzati gli esperimenti mentali,
3) lo spazio rappresentativo del foglio in cui si tracciano i disegni
ed i segni.
La scelta dello spazio non è univoca: lo stesso allievo può spostarsi
da uno spazio all'altro nella soluzione di un problema complesso. In
tutti i protocolli di Elisabetta c’è un continuo spostamento tra spazi
diversi; per esempio in un caso la funzione di controllo è realizzata
riferendosi allo spazio fisico (le dita nel problema 2), in un altro
caso, la funzione di controllo si realizza con il riferimento alla più
semplice configurazione del foglio (il blocco elementare del
problema 3).
In generale la scelta dello spazio è influenzata dalla complessità
della consegna. Ruote immaginarie possono essere seguite con le
mani, le dita o gli occhi nello spazio fisico, quando il numero di
elementi è abbastanza piccolo. Sul foglio, con segni convenzionali,
è possibile simulare esperimenti dinamici con molte ruote su un
supporto statico. Ma solo nello spazio interno si può realizzare la
libera esplorazione che consente di esaminare i casi di moto
impossibile, poiché gli esperimenti mentali dinamici sono l’unico
modo di affrontarli.
Nello spazio interno inoltre si realizza lo spostamento all’infinito
che non ha un corrispettivo fisico.
Gli allievi producono i primi enunciati sul moto considerando se un
ruota gira o no e se una ruota gira in senso orario od antiorario
(destra o sinistra). Tuttavia noi siamo soprattutto interessati a un
terzo caso di enunciato che riguarda il numero di ruote in una fila o
in una collana (Problema 3). L’ipotesi riguarda l’insieme dei
numeri naturali, che è infinito e ripartito in due sole classi di
equivalenza, quella dei numeri pari e quella dei numeri dispari. La
produzione di questi enunciati dipende dalla identificazione di una
speciale regolarità negli esperimenti mentali dinamici, in cui
sempre più ruote vengono aggiunte una dopo l’altra;
conseguentemente gli allievi selezionano i casi in un processo che
procede per “salti”. Questo processo è accessibile anche ad allievi
di scuola elementare.
La situazione può essere più complessa in altri problemi.
Supponiamo di esplorare una figura con un angolo a che può
assumere tutti i valori tra 0° e 180° con un comportamento speciale
per a=90° (se s è un angolo retto allora….): la speciale regolarità
può essere rilevata identificando una sezione temporale istantanea
in un processo esplorativo continuo, in contrasto con il caso degli
ingranaggi dove ci sono sezioni già pronte in un processo a salti
(per un esempio significativo ma più complesso preso dalla
geometria tridimensionale delle ombre, vedi Boero & al. 1996a,
1996b).
Le argomentazioni prodotte per giustificare il proprio enunciato
sono varie. Nel caso interessante del blocco elementare abbiamo
osservato almeno due diversi approcci (con possibili intrecci):
1) un approccio globale, come quello di Elisabetta .
2) un approccio puntuale, che è meglio illustrato da Davide (I
media):
Estratto dal protocollo di Davide
Le prime due ruote del disegno girano in senso opposto, ingranando; e fin qui
andrebbe tutto bene, ma c’è anche una terza ruota che è ingranata a tutte e due
quindi è una specie di blocco che ho e i denti si spezzerebbero. Succede tutto
questo perché le due ruote vanno in senso contrario, e un dente spingendo
contro un dente della ruota farebbe girare la ruota in un senso, ma c’è anche il
dente dell’altra ruota che spinge nell'altro verso lo stesso dente. Conclusione: se
le ruote sono messe in questo modo non possono girare.
[segue il disegno di un dente perplesso che non sa dove andare]
Quando la collana virtuale si allunga fino ad n ruote, ci sono
ulteriori strategie basate o sull’alternanza dei colori o dei numeri o
accoppiando le ruote (§ 5.1): nessuna contraddizione per un
numero pari di ruote, una contraddizione per un numero dispari di
ruote. Sia negli esperimenti mentali che grafici si usa una proprietà,
tratta dall’esperienza fisica: due ruote ingranate girano in versi
opposti. Per gli allievi non ha ancora lo statuto di postulato, dal
momento che non c’è ancora nessuna teoria. Qualche volta l’allievo
non è nemmeno in grado di spingere la contraddizione tra
l’esperimento mentale e la proprietà nota fino alle estreme
conseguenze ed esprime solo un conflitto: La ruota con due frecce
non riesco a capirla (classe terza).
Nel nostro quadro di riferimento, per trasformare queste
argomentazioni in dimostrazioni matematiche, è necessario solo un
'piccolo' passo, vale a dire la costruzione esplicita della teoria di
riferimento. Ciò si realizza attraverso la mediazione culturale
dell’insegnante, che introduce il testo da leggere in classe (§ 4.7).
All’interno di questa teoria, le argomentazioni degli alunni sul
moto impossibile assumono lo statuto di dimostrazioni per assurdo.
E’ in questo caso che gli esperimenti mentali mostrano tutta la loro
potenza, poiché consentono di esplorare dinamicamente anche
ingranaggi che non funzionano e di produrre enunciati ed
argomentazioni per un numero qualsiasi di ruote. Di fatto il
movimento nel caso del blocco elementare (e simili) non viene
respinto sulla base dell’osservazione empirica che tutto rimane
fermo, ma sulla base dell’argomentazione logica che, sulla base
delle proprie conoscenze, si genererebbe una contraddizione.
6. Discussione
Questo esperimento didattico è parte di un progetto globale
sull’approccio ai teoremi matematici che è in corso (Mariotti & al
1997). Abbiamo mostrato che nel campo di esperienza degli
ingranaggi la maggior parte degli alunni di quarta elementare con
una adeguata sequenza di consegne e sotto la guida
dell’insegnante può produrre enunciati generali, astratti e
condizionali sul moto e prendere parte alla costruzione di
dimostrazioni come giustificazioni all’interno di una teoria. I dati
sono stati confermati perfino in misura superiore in altre classi
della scuola elementare e in prima media. Noi sosteniamo che il
successo dipende dalle caratteristiche proprie del campo di
esperienza degli ingranaggi (e dalla efficace esplorazione guidata
dall’insegnante). Il contesto esterno è caratterizzato fin dall’inizio
dalla presenza di concreti riferimenti della vita quotidiana. Tuttavia
esso è arricchito con altri elementi, cioè sistemi di segni che
funzionano come strumenti di mediazione semiotica e che
inibiscono la permanenza nel ragionamento comune quotidiano. La
genesi dei segni che abbiamo proposto nel § 5.1, richiama la genesi
dello zero nel nostro sistema di numerazione (Rotman 1993):
passare dagli ingranaggi fisici alla carta è spostarsi da un medium
gestuale (nel quale i movimenti fisici sono mostrati direttamente e
istantaneamente in relazione ad un apparato esterno) a un medium
grafico (in cui segni permanenti, che hanno la loro origine in questi
movimenti, sono soggetti a una sintassi indipendente da ogni
interpretazione fisica Da una parte la genesi dei segni dai gesti
consente di ricostruire in un caso elementare il legame di un segno
matematico con l’esperienza corporea e sensomotoria (Lakoff &
Nunez 2000). Pensiamo che il campo degli ingranaggi sia così
efficace per la inseparabilità tra macchine e gesti presente in tutte le
culture, del resto sottolineata dall’antropologo Leroi-Gourham
(1943) quando dice che una macchina è un dispositivo che
incorpora non solo uno strumento, ma anche uno o più gesti.
Dall’altra parte, a causa della sintassi relativamente 'facile' dei
segni così costruiti, alla portata anche degli studenti di livello
basso, la loro introduzione è un modo di inquadrare (Sfard 1997) i
problemi che chiama in gioco metafore ed aspettative riguardo la
natura del loro significato. In particolare lo spostamento
dall’alternanza di colori all’alternanza di numeri pari e dispari, da
una parte suggerisce la considerazione della variabile n e dall’altra
crea il bisogno (teorico) di considerare nello spazio interno il caso
di un numero infinito di ruote. ). Detto in altri termini, si realizza la
transizione dagli artefatti primari a quelli terziari, attraverso il ruolo
giocato dagli artefatti secondari (Wartofsky, 1979).
Nel cammino dall’argomentazione alla dimostrazione, non c’è
rottura della cosiddetta unità cognitiva. Noi usiamo questo termine
seguendo Boero & al (1996b) per intendere la continuità tra i
processi di produzione di congetture e costruzione della
dimostrazione, riconoscibile nella stretta corrispondenza tra la
natura e gli oggetti delle attività mentali coinvolte. E’ proprio
questa continuità che consente all’insegnante di costruire un testo
sulle dimostrazioni che è nella zona di sviluppo prossimale degli
allievi e quindi immediatamente e naturalmente fatto proprio da
essi. Tale modo di usare esplicitamente ed intenzionalmente la
storia con allievi così giovani è consistente con l’affermazione
Vygotskiana della costruzione storica della coscienza. E’ stato già
attuato in altre ricerche da noi e da altri ricercatori allo scopo di
superare il salto tra il pensiero empirico e il pensiero teorico
(Bartolini Bussi 1996, Boero & al 1997, Garuti 1997b, Ferri et al.
2004). Nel testo solo una parte limitata della cinematica di Erone,
basata su un singolo postulato, è sufficiente per queste
dimostrazioni sul moto degli ingranaggi (quindi, noi pensiamo, alla
portata anche di allievi giovani). Per questa ragione noi preferiamo
chiamare questa teoria limitata un germe di teoria, assumendo la
metafora propria del materialismo dialettico, che mette l’accento
sulla sua potenzialità di espansione e la sua tendenza a svilupparsi
in una teoria pienamente 'matura' e formata. (Engeström 1987).
7. Conclusioni.
L’introduzione di riferimenti concreti nelle attività matematiche
scolastiche è stato dibattuto per anni (Sierpinska 1995). Numerose
ragioni sono prodotte di solito per giustificare il ricorso al contesto
'reale', come la motivazione degli allievi a imparare la matematica;
il bisogno di stabilire legami tra l’apprendimento scolastico e
l’apprendimento quotidiano; la concettualizzazione della
matematica o come 'un linguaggio per descrivere ed interpretare la
realtà' o come 'una struttura che organizza e trasforma la realtà.
Tutte queste sono ragioni pedagogiche, sociali o filosofiche.
Ognuna di esse può essere smentita con altre diverse ragioni. Con
questo studio esplorativo noi speriamo di essere andati un passo
avanti, illustrando la controparte cognitiva dell’attività con
riferimenti concreti quotidiani che consente un approccio precoce
al pensiero teorico.
7. Ringraziamenti.
Questo lavoro è la traduzione aggiornata dell’articolo:
Bartolini Bussi M. G., Boni, M., Ferri, F. & Garuti, R. (1999).
'Early Approach To Theoretical Thinking: Gears in Primary
School', Educ. Studies in Math., 39 (1-3), 67-87.
Da questo esperimento è stata tratta l’unità didattica “… dagli
ingranaggi alle ruote …” del progetto SeT (circolare 131) I
linguaggi della matematica e delle scienze e la razionalizzazione di
fenomeni ed esperienze comuni, disponibile in rete con dettagliate
indicazioni di lavoro e molti protocolli commentati all’indirizzo:
http://www5.indire.it:8080/set/set_linguaggi/UL/M/lingMmat/pres.html.
Ringraziamo Barbara Bergamini, Bianca Betti, Claudia Costa,
Maria Franca Ferraroni, Cinzia Fortini, Federica Monari e Anna
Mucci, che hanno partecipato allo sviluppo del progetto per tutte le
classi della scuola elementare e hanno discusso con noi i dati su cui
è basato questo lavoro.
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APPENDICE
TEORIA degli INGRANAGGI PIANI
FILE e COLLANE di RUOTE DENTATE
Dopo più di un anno di lavoro siamo pronti a riassumere quello
che abbiamo imparato. Ci faremo aiutare da Erone, un ingegnere
vissuto in Egitto nel I secolo d. C., che studiò molto bene questo
problema e costruì molti meccanismi meravigliosi.
Abbiamo lavorato molto su INGRANAGGI PIANI composti da
FILE e COLLANE di RUOTE DENTATE.
[seguono alcune definizioni per accordarsi sul linguaggio]
Abbiamo provato a COSTRUIRE sul foglio (con il disegno) o nella
mente FILE e COLLANE di ruote dentate con un numero diverso di
ruote [seguono diversi esempi da completare].
Con molte ruote, molto spazio, molto tempo e molta pazienza, le
file e le collane costruite sul foglio o nella mente possono essere
costruite anche sul banco [nella discussione gli allievi chiedono di
modificare questo enunciato, per distinguere il caso di infinite
ruote, che possono essere pensate ma non realizzate].
Dopo averle costruite, ci chiediamo come FUNZIONANO, cioè
come SI MUOVONO.
COME SI MUOVONO DUE RUOTE INGRANATE?
Con le mani, gli occhi e le ruote abbiamo scoperto una cosa. Per
dirla, ci facciamo prestare le parole da Erone: «Due ruote montate
su due assi e ingranate tra loro per mezzo di denti si muovono in
versi contrari».
Come fanno i matematici fino dall'antichità, diremo che questo è
un POSTULATO: questo significa che per noi è una conoscenza
certa, di cui siamo assolutamente sicuri.
COME SI MUOVE UNA FILA DI RUOTE INGRANATE?
Abbiamo poi provato a mettere in moto una fila di ruote dentate
ingranate. Abbiamo lavorato sul foglio o nella mente. Abbiamo
provato con poche ruote [seguono alcuni esempi da completare]
Abbiamo concluso che:
1) se una fila contiene un numero pari di ruote dentate la prima e
l'ultima girano in versi opposti.
2) se una fila contiene un numero dispari di ruote dentate la prima
e l'ultima girano nello stesso verso.
Lo DIMOSTRIAMO facendoci prestare le parole da Erone
«Se la prima ruota si muove col verso contrario a quello della
seconda (e la seconda col verso contrario a quello della prima), il
movimento della prima sarà lo stesso che quello della terza.
Se poi c'è una quarta ruota, si farà la stessa dimostrazione.
Riassumendo, quello che si ha con tre ruote si ripete per tutte le file
di ruote in numero dispari, e quello che si ha per due ruote di
ripete per tutte le file in cui le ruote sono accoppiate a due a due
(cioè sono in numero pari)».
Con questo ragionamento possiamo PREVEDERE il verso di
rotazione dell'ultima ruota di una fila di ruote anche molto lunga,
SENZA METTERLE IN MOTO DAVVERO: basta sapere se sono in
numero pari o in numero dispari.
[poi, nello stesso modo, è trattato il caso delle collane, con
l'individuazione dei blocchi].
COME SI MUOVE UNA COLLANA DI RUOTE INGRANATE?
Abbiamo poi provato a mettere in moto una collana di ruote
dentate ingranate. Abbiamo lavorato sul foglio o nella mente.
Abbiamo provato con poche ruote [seguono alcuni esempi da
completare].
Abbiamo concluso che:
3) se una collana ha un numero pari di ruote, l'ingranaggio
funziona.
Lo DIMOSTRIAMO
Immaginiamo di tagliare la collana in un punto staccando un
pochino due ruote. Otteniamo una fila di ruote in numero pari in
cui la prima e l'ultima ruota hanno versi contrari. Se richiudiamo
per ottenere la collana, la prima e l'ultima ruota si ingranano con
versi diversi e possono funzionare.
Con questo ragionamento siamo sicuri che in una collana di un
numero pari di ruote i versi vanno SEMPRE bene.
Abbiamo visto che invece c'è un problema quando la collana ha un
numero dispari di ruote [seguono alcuni esempi da completare].
Abbiamo concluso che
4) se una collana ha un numero dispari di ruote, l'ingranaggio non
funziona.
Lo DIMOSTRIAMO
Se funzionasse, ci sarebbero due ruote ingranate con lo stesso
verso di rotazione e questo è impossibile perché sappiamo che
(POSTULATO):
«due ruote montate su due assi e ingranate tra loro per mezzo di
denti si muovono in versi contrari».
Questo ragionamento ci assicura che anche se avessimo molte
ruote, molto spazio, molto tempo e molta pazienza non
riusciremmo MAI a far funzionare un ingranaggio a collana con un
numero dispari di ruote ingranate.
TAVOLA: I segni
Ruote reali
o immaginarie
GESTUALE
1
2
GRAFICO
VERBALE
ATTENZIONE A
Spingi questa
Globale
ruota,
questa ruota va da
questa parte
RUOTE
FISICHE
Questo dente va
da questa parte
puntuale
Orario / antiorario Globale
3
MOVIMENTO
4
5
6
7
Sinistra / destra
Su / giù
Le ruote girano
accoppiate
Bianco / nero
A/B
Pollice / indice
Da questa parte /
dall’altra
Uno – due – tre –
quattro …..
puntuale
Globale
RELAZIONE
TRA
MOVIMENTI
VARIABILE n
Verso l’infinito
Globale
8
Le ruote sono
accoppiate a due
a due
REGOLARITA’
ARITMETICA