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Macchine matematiche: dalla storia alla scuola
1 Gli strumenti meccanici: macchine per tracciare curve e realizzare trasformazioni
1.3
Il compasso di Descartes
Il compasso proporzionale di Descartes
Qualunque sia stata la ragione della scelta della riga e del compasso
soltanto, questa identifica la geometria elementare come la teoria delle
costruzioni eseguibili con rette e cerchi, cioè la teoria dei problemi piani,
secondo la distinzione di Pappo, ripresa poi da Descartes (Lojacono, 1983).
LIBRO SECONDO
SULLA NATURA DELLE LINEE CURVE
“Gli antichi hanno osservato molto giustamente che i Problemi di
geometria sono o piani o solidi o lineari. Ciò significa che gli uni possono
essere costruiti tracciando soltanto rette e cerchi, che altri richiedono
invece per la loro costruzione l’uso di almeno qualche sezione conica e che
i rimanenti, infine, abbisognano di qualche altra linea più composta. Mi
stupisce però che essi, oltre a ciò, non abbiano distinto in diversi gradi
queste linee più composte e non capisco perché le abbiano chiamate
Meccaniche piuttosto che Geometriche. Infatti, se si dicesse che le hanno
chiamate così, per ché per descriverle è necessario servirsi di qualche
strumento, bisognerebbe, per la stessa ragione, rifiutare i cerchi e le rette,
dato che li tracciamo sul foglio soltanto con l’aiuto di un compasso e di
una riga, che pure si possono dire strumenti. Né si può affermare che le
abbiano chiamate Meccaniche perché gli strumenti che servono a
tracciarle, essendo più composti della riga e del compasso, non possono
essere altrettanti esatti: infatti, se così fosse, si dovrebbe escluderle dalle
Meccaniche, dove è richiesta la perfezione delle opere che escono dalle
mani dell’uomo, piuttosto che dalla Geometria, in cui non si esige che
l’esattezza del ragionamento, esattezza che può raggiungersi ragionando
tanto intorno a queste linee quanto intorno ad altre. Non dirò neppure che
così sia stato perché non hanno voluto aumentare il numero dei loro
postulati, accontentandosi che si concedesse loro la possibilità di
congiungere due punti dati con una retta e, da un centro dato, di descrivere
un cerchio che passasse per un punto dato: infatti, oltre a ciò, non si son
fatti scrupolo di supporre, per trattare delle coniche, che si potesse tagliare
qualsiasi cono dato con un piano dato. Per tracciare tutte le curve che qui
pretendo introdurre, è sufficiente supporre solo questo, che due o più linee
possano muoversi l’una ad opera dell’altra, e che le loro intersezioni
determinino altre curve, ciò che non mi pare per nulla più difficile. È vero
che gli antichi, nella loro Geometria, non hanno accolto del tutto le sezioni
coniche, ed io non intendo cominciare a cambiare i nomi confermati
dall’uso; mi pare però molto chiaro che, assumendo, come si è soliti fare,
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per Geometrico ciò che è preciso ed esatto, e per Meccanico quel che non
lo è, e considerando la Geometria come una scienza che insegna
generalmente a conoscere le misure di tutti i corpi, non debbano esserne
escluse le linee più composte a preferenza delle più semplici, purché sia
possibile immaginarle descritte da un movimento continuo, o da più
movimenti che si susseguano l’un l’altro e i seguenti siano interamente
determinati dai precedenti: infatti, in tal modo, si può avere sempre
un’esatta conoscenza della loro misura. Ciò che ha impedito però agli
antichi Geometri di accogliere linee più complesse delle coniche, sta forse
nel fatto che, avendo essi per caso considerato per prime la Spirale, la
Quadratrice e simili, che in effetti appartengono solo alle Meccaniche e
non sono per nulla tra quelle che stimo debbano essere qui accolte (le
immaginiamo infatti descritte da due movimenti separati non aventi tra
loro nessun rapporto misurabile esattamente), benché abbiano poi preso in
esame la Concoide, la Cissoide e alcune altre di queste, non avendo
probabilmente prestato sufficiente attenzione alle loro proprietà, non
hanno fatto più caso a queste che alle prime. Oppure, può anche darsi che,
essendosi accorti che conoscevano soltanto poche cose sulle coniche e che,
anche su ciò che si può costruire con la riga e con il compasso, restavano
molte cose che ignoravano, abbiano stimato non dover porre mano ad una
materia più difficile. Giacché spero però che, d’ora in avanti, coloro che
avranno sufficiente abilità per servirsi del calcolo Geometrico qui proposto
non troveranno motivo per arrestarsi di fronte a problemi piano o solidi,
credo sia opportuno che li inviti ad altre ricerche, dove mai mancherà loro
materia per esercitarsi. „
Agli inizi del XVII secolo il problema dell’inserzione di medi proporzionali
tra due termini dati era ancora di grande attualità, in quanto strettamente
legato alla risoluzione delle equazioni di grado superiore al secondo.
“Osservate le linee AB, AD, AF, e simili, che suppongo descritte con l’aiuto
dello strumento YZ, composto di parecchi regoli, congiunti in modo tale
che, tenuto fermo quello indicato YZ sulla linea AN, si possa aprire e
chiudere l’angolo XYZ, e che, quando è tutto chiuso, i punti B, C, D, <E>,
F, G, H, sian tutti riuniti nel punto A; ma che, man mano che lo si apre, il
regolo BC, che è unito ad angolo retto con XY nel punto B, spinga verso Z
il regolo CD, che scorre lungo YZ, formando sempre con questo un angolo
retto. In modo simile CD spinge DE, che scorre ugualmente lungo YX,
rimanendo parallelo a BC; DE spinge EF; EF spinge FG; questo GH. „
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3
Figura 1
La configurazione (Fig. 1) mostra una sequenza di triangoli rettangoli
simili:
YBC, YCD, YDE, YEF, YFG, YGH, ecc.,
per i quali si può ricavare la proporzione:
YB : YC = YC : YD = YD : YE = YE : YF = YF : YG = YG : YH, ecc.
Per la ricerca di due medi proporzionali, è dunque sufficiente interrompere
il processo, cioè ad esempio:
YB : YC = YC : YD = YD : YE,
dove i segmenti YC e YD sono i due medi proporzionali tra YB e YE.
Assegnati due segmenti qualsiasi a e b, è quindi sufficiente predisporre un
compasso in cui:
YA = YB = a
e segnare su YZ un punto T tale che:
YT = b.
Variando poi l’angolo ZYX in modo continuo è sufficiente portare il punto
E a coincidere con il punto T. I segmenti ottenuti sono i medi proporzionali
cercati. Come si è già osservato nel Capitolo 1 paragrafo 1, rinviare la
soluzione ad un moto continuo significa pensare di avere compiuto un
numero infinito di esperimenti dove l’infinito ha la potenza del continuo.
Descartes è perfettamente consapevole della natura teorica del suo
compasso che richiederebbe regoli “infinitamente sottili”:
“Possiamo poi concepire un’infinità di altri regoli, che si spingano
successivamente nello stesso modo, tra i quali alcuni formino sempre gli
stessi angoli con YX e gli altri con YZ. „
Successivamente, Descartes discute le diverse curve che sono tracciate dai
punti B, D, F, H eccetera:
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“ Ora, mentre l’angolo XYZ viene aperto, il punto B descrive la linea AB,
che è un cerchio, e le intersezioni degli altri regoli, cioè i punti D, F, H,
descrivono altre curve, AD, AF, AH, tra cui le ultime sono nell’ordine più
composte della prima, e questa del cerchio. Non vedo però cosa possa
impedire che si concepisca la descrizione della prima tanto chiaramente e
distintamente quanto quella del cerchio, o, almeno, delle coniche, né ciò
che possa impedire che si comprenda la seconda, la terza, e tutte le altre
che possiamo descrivere, altrettanto bene quanto la prima, né
conseguentemente, che cosa ci vieti d’accoglierle tutte allo stesso modo,
per utilizzarle nelle speculazioni della Geometria. „
Sia
YA = YB = a
YC = x
CD = y
YD = z.
Allora:
a:x=x:z
da ciò
z=
x2
a
nello stesso modo
z 2 = x2 + y2 ;
l’equazione di AD è allora
(
)
x4 = a2 x2 + y2 .
Sia
YA = YB = a
YE = x
EF = y
YF = z.
Allora:
YD : x = x : z
quindi
YD =
x2
.
z
Ma si ha anche
YC : YD = YD : x,
quindi
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YC =
ma
4
3
x 1 x
,
. =
z2 x z2
a : YC = YC : YD,
per cui
ax 2  x 3 
=  2 
z
z 
2
oppure
x4
.
a
Con z 2 = x 2 + y 2 , si ottiene l’equazione di AF:
z=3
3
oppure
x8
= x2 + y2 ,
a2
(
x8 = a 2 x 2 + y 2
)
3
.
“ Potrei riportare qui parecchi altri modi per tracciare e concepire curve
che sarebbero grado a grado fino all’infinito sempre più complesse. Per
comprendere però insieme tutte quelle che si danno in natura, e
suddividerle ordinatamente in determinati generi, non conosco nient’altro
di meglio che dire che tutti i punti di quelle curve che possiamo chiamare
Geometriche (rispondenti cioè a misure precise ed esatte) stanno
necessariamente con tutti i punti di una retta in una certa relazione che può
essere espressa per tutti i punti per mezzo di una singola equazione. Se tale
equazione non sale che al rettangolo di due quantità indeterminate, oppure
al quadrato di una sola, la curva appartiene al genere primo e più
semplice, nel quale sono comprese soltanto il cerchio, la parabola,
l’iperbole e l’ellissi.
Quando l’equazione sale invece alla terza o alla quarta dimensione di due
quantità indeterminate, o di una delle due – qui infatti ne occorrono due
per spiegare la relazione di un punto all’altro –, la curva appartiene al
secondo genere. E quando l’equazione sale fino alla quinta o sesta
dimensione, la curva appartiene al terzo genere: e così delle altre
all’infinito.
Pertanto, se voglio sapere di qual genere è la linea EC, descritta – così
suppongo – mediante l’intersezione del regolo GL e della figura piana
CNKL, il cui lato KN è prolungato indefinitamente verso C e che, essendo
mosso in linea retta sul piano verso la parte sottostante (in modo cioè che il
suo diametro KL giaccia sempre lungo linea BA prolungata nell’una e
nell’altra direzione), fa ruotare questo regolo GL intorno al punto G, dato
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che gli è unito in modo da passare sempre per il punto L, scelgo una retta
come AB, per riferire ai suoi diversi punti tutti quelli della curva EC, e,
lungo questa retta AB, scelgo un punto A, per iniziare da esso tale calcolo.
Preciso d’aver scelto questo punto e quella linea poiché si è liberi di
prenderli a piacere: infatti, per quanto vi sia larga scelta per rendere
l’equazione più breve e più facile, tuttavia, in qualunque modo si prendano,
si può sempre far sì che la curva risulti appartenere allo stesso genere,
come è semplice a dimostrarsi. „
Figura 2
“ Dopo, prendendo un punto a piacere sulla curva, come C, su cui
suppongo applicato lo strumento che serve per tracciarla, conduco da
questo punto C la linea CB parallela a GA; e, dato che CB e BA sono due
quantità indeterminate, le chiamo una y e una x. Al fine però di trovare la
relazione che sussiste tra esse, considero pure le quantità note che
determinano la descrizione di questa curva, e precisamente: GA che
chiamo a, KL che chiamo b, e NL, parallela a GA, che chiamo c. Dico
quindi che, come NL sta a LK, o c a b, così CB, o y, sta a BK che,
b
b
b
conseguentemente, sarà y ; e BL sarà y − b ; e AL sarà x + y − b .
c
c
c
b
Inoltre, come CB sta a LB, o y a
y − b , così a, o GA, sta a LA, o
c
b
x + y − b . Così, moltiplicando la seconda per la terza, si ottiene
c
ab
b
y − ab , che è uguale a xy + yy − by , che si ottiene moltiplicando la
c
c
prima per l’ultima ; perciò l’equazione richiesta è la seguente:
c
yy = cy − xy + ay − ac ,
b
1.3 Il compasso di Descartes
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da cui si constata che la linea EC è del primo genere; e, in effetti, non è che
un’Iperbole. „
Il compasso proporzionale di Descartes è di difficile realizzazione: se non
si usano particolari dispositivi ingegneristici (inaccessibili ad un costruttore
artigianale), il movimento diventa difficile a causa degli attriti, e molto
impreciso. Funziona invece bene la simulazione in Cabri, ed è del resto
probabile che lo strumento virtuale corrisponda meglio di quello concreto
alle modalità di utilizzazione a cui Descartes pensava (per immedesimarci
con lui cerchiamo di sostituire la mente al computer, l’immaginazione alla
vista, carta e penna al monitor). Non c’è infatti nulla ne La Géométrie
cartesiana che induca a ritenere indispensabile un impiego fisico del nuovo
strumento.
Tuttavia, arrestandosi ai primi due stadi (Fig. 3), il compasso cartesiano
si può aprire e chiudere con scorrevolezza anche se costruito con materiali
poveri e tecnologie elementari; può essere quindi molto utile nell’attività
didattica per mostrare come Descartes (fin dagli anni giovanili) risolveva
con il suo aiuto alcune equazioni di terzo grado.
Y
a
m
M
D
B
O
A
C
Figura 3: animazione Cabri
X