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N. R.G. 13473/2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dr. Umberto Scotti
dr. Giovanni Liberati
dr. Maria Cristina Contini
ha pronunciato la seguente
Presidente
Giudice
Giudice Relatore
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 13473/2011 promossa da:
BASIC TRADEMARK S.A. (C.F. LX16503226), con il patrocinio dell’avv. SINDICO
DOMENICO e dell’avv. NOTARO CHIARA (NTRCHR81R51L219Y) CORSO CAIROLI 2
10123 TORINO; elettivamente domiciliato in C.SO CAIROLI, 2 10123 TORINO presso
il difensore avv. SINDICO DOMENICO
BASIC ITALIA SPA (C.F. 05588030014), con il patrocinio dell’avv. SINDICO
DOMENICO e dell’avv. NOTARO CHIARA (NTRCHR81R51L219Y) CORSO CAIROLI 2
10123 TORINO; elettivamente domiciliato in C.SO CAIROLI, 2 10123 TORINO presso
il difensore avv. SINDICO DOMENICO
PARTE ATTRICE
contro
CIAO CIAO WORLD SRL (C.F. 01239250036), con il patrocinio dell’avv. OMBREUX
EZIO e dell’avv. MICHELATTI MONICA (MCHMNC69T71L219Y) VIA SUSA 35 10100
TORINO; elettivamente domiciliato in VIA SUSA, 35 10138 TORINO presso il
difensore avv. OMBREUX EZIO
IMPRESA INDIVIDUALE XIN JIN DA LAI DI WUN BIMAN (C.F. 04794040966), con
il patrocinio dell’avv. CESERANI GUIDO FERDINANDO, elettivamente domiciliato in
DEL FORO DI MILANO - DOMICILIATO C/O CANCELLERIA TRIBUNALE - COM.
FAX. 02/52515505 13100 VERCELLI presso il difensore avv. CESERANI GUIDO
FERDINANDO
CONVENUTI
All’udienza del 19 giugno 2013 le parti hanno rassegnato le seguenti
CONCLUSIONI
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PER BASIC
Voglia il Tribunale,
previe le declaratorie del caso;
respinta ogni contraria domanda, istanza, eccezione, deduzione e produzione;
in via istruttoria :
disporre, occorrendo, CTU contabile sulle scritture contabili e su tutti i documenti
ad esse collegati, della CIAO CIAO WORLD s.r.l. e dell’impresa individuale XIN JIN
DA LAI di WU Biman relative alle vendite dei prodotti di cui è causa, a partire dalla
data di inizio di tali vendite, fino alla data di effettiva esibizione di tali documenti, e
su ogni altro documento ritenuto utile al raggiungimento dello scopo, al fine di
accertare il fatturato realizzato e l’utile lordo ottenuto dalla distribuzione e vendita di
tali articoli;
nel merito :
accertare e dichiarare la responsabilità delle convenute per la contraffazione del
marchio “figurina” delle società attrici, nonché per la concorrenza sleale ex art. 2598
n.1 e n.2 c.p.c. per i motivi di cui in narrativa;
inibire in via definitiva alle convenute, ai sensi dell’art. 124, primo comma c.p.i. ogni
utilizzo del segno contraffattivo del marchio “figurina” delle attrici, ed, in particolare,
la produzione, importazione, esportazione, commercializzazione, offerta in vendita e
pubblicizzazione dei prodotti per cui è causa;
ordinare alle convenute il ritiro definitivo dal commercio di tali prodotti;
ordinare la distruzione, ai sensi dell’art. 124, comma terzo c.p.i, di tutti i prodotti, e
di qualsiasi materiale, anche pubblicitario, ove sia apposto il marchio contraffattivo
del marchio “figurina” delle attrici a spese delle convenute ed alla presenza di un
rappresentante incaricato dalle attrici;
ovvero ordinare l’assegnazione in proprietà alle attrici, ai sensi dell’art. 124, quarto
comma c.p.c. dei prodotti su cui sia apposto i marchio contraffattivo del marchio
“figurina” delle attrici, ovvero il sequestro, ai sensi dell’art. 124, quinto comma c.p.i.
degli stessi prodotti ovunque si trovino sul territorio nazionale, anche presso terzi ed
a spese delle convenute;
condannare le convenute, pro quota, secondo le accertare responsabilità, al
risarcimento dei danni subiti e subendi dalle società attrici quale conseguenza dei
comportamenti illeciti, ai sensi, per gli effetti e secondo le modalità ed i criteri
previsti dall’art. 125 c.p.i., occorrendo anche in via equitativa;
fissare una penale, ai sensi dell’art. 124, secondo comma c.p.i. a carico delle
convenute, nella misura che sarà ritenuta equa, per ogni violazione successivamente
accertata, così come per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dei provvedimenti che
saranno contenuti nell’emananda sentenza;
ordinare, ex art. 126 c.p.i. a cura delle parti attrici ed a spese di parte convenuta, la
pubblicazione dell’emananda sentenza, per intero o per estratto, su due quotidiani a
tiratura nazionale.
Con vittoria di spese, diritti e onorari, oltre IVA e CPA come per legge.
PER CIAO CIAO WORLD
Contrariis rejectis,
previa ammissione, se del vaso, del capo di prova n. 3 dedotto nella memoria 20
dicembre 2011;
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dato atto che la conchiudente CIAO CIAO WORLD s.r.l. non ha interesse o motivo
per contrastare la domanda di inibitoria formulata ex art. 124, primo comma c.p.i.
delle attrici e che, allo stato, presso essa conchiudente e presso i suoi punti vendita
non sono più in giacenza – coma già accertato in sede cautelare – i capi di
abbigliamento contestati;
rigettarsi tutte le altre domande proposte da BASIC TRADEMARK s.a. e BASIC
ITALIA s.p.a., mandando la conchiudente assolta da ogni avversaria pretesa.
Col favore delle spese.
PER XIN JIN DA LAI di WU BIMAN
Voglia il Tribunale, contrariis rejectis, così giudicare :
in via preliminare :
accertare e dichiarare la nullità dell’atto di citazione per indeterminatezza della
domanda con riferimento alla molteplicità delle parti attrici, con ogni conseguente
pronuncia di merito;
accertare e dichiarare la carenza di legittimazione passiva della ditta individuale
convenuta XIN DA LAI di WU BIMAN;
accertare e dichiarare la carenza di legittimazione attiva in via alternativa di una
delle due società attrici;
in via principale :
premessa ogni più opportuna declaratoria del caso di legge, salvo e impregiudicato
ogni altro diritto e miglior pronuncia, respingere siccome del tutto inammissibili,
infondate sia in fatto che in diritto, non provate o come meglio ritenuto e, con la
miglior formula, tutte le domande proposte contro l’impresa individuale XIN JIN DA
LAI assolvendola da ogni domanda di controparte;
IN VIA SUBORDINATA
Nella denegata ipotesi di accoglimento anche parziale delle domande attoree,
adeguare in via equitativa gli effetti risarcitori a carico dell’impresa individuale XIN
JIN DA LAI ed a favore degli attori all’effettiva e reale produzione e compra vendita
delle tute sportive da commisurarsi comunque al loro controvalore di avvenuta
vendita di €14.32;
in ogni caso : con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa:
in via istruttoria : consulenza tecnica d’ufficio volta a determinare la contraffazione
dei marchi in conflitto nonché le caratteristiche qualitative e strutturali delle tute
oggetto del presente giudizio.
Prova contraria su tutti i capitoli di prova eventualmente ex adverso formulati, con i
medesimi testi da essi eventualmente indicati.
OGGETTO DEL CONTENDERE
BASIC TRADEMARK s.a. e BASIC ITALIA s.p.a. (di seguito, per entrambe, BASIC,
salvo che sia necessario identificare specificamente una delle due) hanno convenuto
in giudizio CIAO CIAO WORLD s.r.l. (di seguito CIAO) e Biman WU, quale titolare
della ditta individuale XIN JIN DA LAI (di seguito WU) esponendo, la prima di essere
leader nel settore della produzione e commercializzazione di abbigliamento sportivo e
per il tempo libero, contraddistinto, tra gli altri, dai marchi : KAPPA, ROBE DI
KAPPA e “figurina di uomo e di donna seduti schiena contro schiena” (registrati da
BASIC TRADEMARK a livello internazionale, comunitario e nazionale), dei quali la
seconda, ossia BASIC ITALIA s.p.a. era licenziataria in esclusiva per l’Italia.
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Hanno lamentato che CIAO, operando presso l’unità locale di Beinasco (Torino)
aveva commercializzato tute sportive contraddistinte da un segno “costituito da una
sagoma umana seduta di profilo, unita di schiena ad una sagoma di lettera R”.
Tale segno ad avviso delle parti attrici era in contraffazione del marchio “figurine”
che veniva richiamato anche attraverso la riproduzione della lettera R maiuscola,
iniziale del marchio ROBE DI KAPPA di titolarità di BASIC TRADEMARK che lo
utilizzava, anche se non sempre, in associazione con il marchio figurativo “figurine”.
Prima della instaurazione della causa di merito le attrici avevano ottenuto (con
decreto 2 – 3 marzo 2011) un provvedimento cautelare di inibitoria e sequestro a
carico di CIAO, confermato con ordinanza 2 – 7 aprile 2011.
Nel corso del procedimento cautelare CIAO aveva dichiarato e documentato di avere
acquistato circa 50 tute da donna contraddistinte dal segno in contestazione dalla
ditta individuale del sig. WU (con sede a Milano, via Bramante, n.29).
Ciò premesso hanno chiesto al Tribunale accertarsi la contraffazione dei marchi di
cui le attrici sono titolare e licenziataria ex art. 21, comma 1 lettera c) c.p.i. tenuto
conto della somiglianza tra il segno e i marchi registrati e della identità dei prodotti
per i quali i marchi erano stati registrati (classe 25 – prodotti di abbigliamento)
rispetto alla tipologia di prodotti recanti il segno accusato di contraffazione.
Quanto al marchio “figurine” le attrici hanno allegato trattarsi di marchio forte, che
a causa dell’uso fatto dalla titolare aveva in ogni caso acquistato il c.d. “secondary
meaning” ed era divenuto marchio dotato di rinomanza.
Hanno inoltre chiesto accertarsi il compimento di atti di concorrenza sleale, atteso
che BASIC ITALIA gestiva uno spaccio aziendale in Torino, e quindi svolgeva attività
in diretta concorrenza con CIAO, in quanto la convenuta aveva commercializzato
prodotti recanti un marchio contraffatto che riproduceva pedissequamente quello
registrato con modalità tali da indurre il pubblico in errore circa la provenienza dei
prodotti, e pertanto poneva in essere atti integranti le ipotesi di cui all’art. 2598, nn.
1 e 2 c.c..
Quanto ai danni subiti per effetto della contraffazione le attrici ne hanno chiesto la
liquidazione secondo i criteri di cui all’art. 125 c.p.i. lamentando, in particolare, la
“diluizione” della forza del marchio, e il suo svilimento in quanto riprodotto su capi
di qualità notevolmente inferiore rispetto a quelli “originali”.
CIAO si è costituita dando atto di non avere interesse a contestare la domanda di
inibitoria e di avere dato, a suo tempo, piena attuazione all’ordinanza cautelare.
Nel merito ha contestato la domanda di accertamento della contraffazione, della
quale ha chiesto il rigetto.
WU si è costituito eccependo preliminarmente : a) l’improcedibilità della domanda di
BASIC per mancato rispetto dell’art. 5 D.lgs. n.28/2010 in tema di procedimento
obbligatorio di mediazione: b) la nullità dell’atto introduttivo del giudizio per
indeterminatezza della domanda di risarcimento del danno; c) la carenza di
legittimazione attiva delle attrici per non avere le stesse esplicitato chi delle due sia
titolare del marchio e per non avere documentato il rapporto di licenza; d) la propria
carenza di legittimazione passiva in quanto il coinvolgimento giudiziale di WU era
basato esclusivamente sulle allegazioni di CIAO, senza alcuna prova della
provenienza della merce, fatto che neppure era stato accertato nel corso del giudizio
cautelare, dato che nulla era stato reperito presso la ditta convenuta.
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Ha inoltre eccepito l’inammissibilità delle domande di contraffazione e concorrenza
sleale proposte in modo cumulativo ma in realtà basate sui medesimi fatti e sulle
medesime allegazioni.
Nel merito ha contestato che il segno accusato di contraffazione interferisse
effettivamente con il marchio “figurine”, dato che esso era costituito (a differenza del
marchio registrato) dalla sola figura femminile associata alla lettera R.
Il cuore del marchio registrato era invece costituito dalla silouhette di un uomo e di
una donna appoggiati “schiena contro schiena” e vi erano plurime differenze tra i
segni in contestazione, tra i quali molto importante era la presenza, nel segno
asseritamente contraffatto della lettera R, iniziale della parola “runner” e non certo
evocativa dei marchi registrati di BASIC.
In relazione alle modalità di utilizzo del segno contestato WU ha eccepito che non era
emerso un uso del marchio tale da cagionare i danni che BASIC affermava di avere
subito (in particolare pregiudizi al carattere distintivo e alla notorietà del marchio
asseritamente contraffatto) e ha pertanto insistito per la definizione del giudizio
sulla base delle eccezioni preliminari, mentre nel merito in via principale ha chiesto
il rigetto di tutte le domande proposte nei suoi confronti.
Con provvedimento del 2 maggio 2012 è stata ordinata alla convenuta l’esibizione
delle scritture contabili, ex artt. 121 e 121 bis c.p.i. ed è stato disposto
l’interrogatorio del sig. Biman WU.
Dopo l’espletamento di tale incombente (udienza del 9 ottobre 2012) sono state
ammesse le altre prove orali dedotte dalla parte attrice, espletate all’udienza del 12
novembre 2012.
All’esito è stata fissata udienza di precisazione delle conclusioni.
La causa è stata trattenuta a decisione all’udienza del 19 giugno 2013.
Dopo la scadenza dei termini per il deposito degli scritti difensivi finali, la causa è
stata decisa dal Collegio nella camera di consiglio del 13 dicembre 2013.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Le eccezioni preliminari sollevate dalla difesa WU
La parte convenuta ha eccepito :
l’improcedibilità della domanda di BASIC ITALIA e BASIC TRADEMARK ex art. 5
D.lgs. n.28/2010;
la nullità dell’atto introduttivo del giudizio;
la carenza di legittimazione attiva di BASIC ITALIA e BASIC TRADEMARK
la carenza di legittimazione passiva
Tutte le eccezioni, tranne quella avente ad oggetto l’improcedibilità della causa per
mancato esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria, secondo le
norme contenute nel decreto legislativo n.28/2010, dichiarato incostituzionale con
sentenza n.272 del 6 dicembre 2012 nella parte in cui prevede che l’istituto della
mediazione abbia carattere generale e sia perciò destinato ad operare per un numero
consistente di controversie in relazione alle quali il carattere dell’obbligatorietà non
trova invece ancoraggio nella legge delega, sono state riproposte, come emerge dalla
comparsa conclusionale depositata il 2 ottobre 2013.
Tutte le eccezioni sono infondate
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Secondo WU l’atto introduttivo del giudizio sarebbe nullo per genericità e
indeterminatezza della domanda, avendo le attrici “all’unisono e congiuntamente”
richiesto la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni subiti in seguito ai
comportamenti illeciti delle parti convenute secondo i criteri dettati dall’art.125
c.p.i..
Secondo quanto disposto dall’art. 164 quinto comma c.p.c. la citazione è nulla se è
omesso o risulta assolutamente incerto il requisito di cui al n.3 dell’art. 163 ovvero
se manca l’esposizione dei fatti di cui al n.4 dello stesso articolo.
Tutti i requisiti in questione, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa WU,
sono presenti nell’atto introduttivo del giudizio avendo BASIC TRADEMARK
precisato di essere titolare di una serie di marchi tra i quali quello di cui si lamenta
la contraffazione e precisamente : “figurina di uomo e di donna seduti schiena contro
schiena” da solo o in associazione con le denominazioni KAPPA o ROBE DI KAPPA
registrati tutti anche per la classe 25 (come da pagine 2 e 3 citazione); BASIC
TRADEMARK ha inoltre dato atto che BASIC ITALIA è licenziataria esclusiva (per il
territorio italiano) di tali marchi e che la stessa gestisce un punto vendita mono
marca in Torino.
Le parti attrici, precisato a quale titolo ciascuna agisce in causa, hanno lamentato la
contraffazione dei marchi indicati in citazione ad opera della ditta WU per avere la
stessa venduto a CIAO CIAO capi di abbigliamento sportivo contraddistinti da un
segno ritenuto in contraffazione del marchio “figurine” nelle varie forme in cui esso è
stato registrato, oltre che il compimento di atti di concorrenza sleale per imitazione
servile e appropriazione di pregi (ex art. 2598 nn. 1 e 2 c.c.) e hanno chiesto di
essere risarcite : rispettivamente BASIC T. quale titolare e BASIC I. quale
licenziataria e rivenditrice dei capi di abbigliamento originali, del danno da
contraffazione, richiamando i pertinenti criteri dell’art. 125 c.p.i. (si rimanda
all’integrale contenuto dell’atto introduttivo del giudizio)
Le specifiche allegazioni della parte attrice come sopra richiamate rendono evidente
l’infondatezza delle eccezioni di carenza di legittimazione attiva e passiva come
sollevate dalla parte convenuta.
La contraffazione del marchio “figurine”
Come si è detto BASIC TRADEMARK è titolare del marchio comunitario “figurine”
registrato il 11 dicembre 2011 al n.001847649, con protezione estesa anche all’Italia
per i prodotti della classe 25 “articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria” (v. doc. 5
di parte attrice), consistente in un disegno che rappresenta, in forma stilizzata,
l’immagine di un uomo (figura a sinistra) e di una donna (figura a destra) seduti
“schiena contro schiena”.
Il marchio in questione è stato anche oggetto di registrazione in altra e diversa forma
e precisamente :
in associazione con la denominazione KAPPA, al di sotto delle due figure, come da
registrazione italiana del 18 novembre 2004 (doc. 6 di p. attrice), comunitaria
n.002214070 (doc. 7) e internazionale n.666005 del 21 dicembre 2006 (doc. 8)
in associazione con il marchio denominativo ROBE DI KAPPA, come da registrazione
italiana del 18 novembre 2004, n.945394 (doc. 9).
Si tratta di marchio forte (in tutte le versioni oggetto di registrazione), tenuto conto
della distanza concettuale tra il segno e le associate denominazioni e i prodotti che
da esso sono contraddistinti.
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Si tratta inoltre di segno distintivo che la parte attrice ha provato di utilizzare in
modo intenso sia per contraddistinguere e quindi pubblicizzare svariate tipologie di
capi di abbigliamento sportivo professionale e non, sia nell’ambito di contratti di
sponsorizzazione di squadre ed eventi sportivi di rilievo, come risulta dai documenti
di parte attrice da 14 a 19, il che consente senz’altro di presumere che di esso il
consumatore mediamente informato, interessato all’acquisto di capi di
abbigliamento sportivo, abbia conoscenza e conservi memoria.
La parte attrice ha provato che CIAO CIAO WORLD s.r.l. ha commercializzato tute
sportive aventi le caratteristiche che risultano dal doc. 20 BASIC.
Il capo di abbigliamento in questione presenta, sia sulla casacca che sui pantaloni,
un segno distintivo (ricamato sul davanti di entrambi gli indumenti e quindi
destinato ad essere molto visibile quando il capo viene indossato) costituito da una
figura maschile seduta, posta e rivolta verso sinistra, appoggiata di schiena a una
lettera R maiuscola di dimensioni equivalenti alla figura stessa.
Il segno costituisce, ex art. 20 lettere a) e b) c.p.i. violazione dei marchi registrati da
BASIC TRADEMARK in quanto esso, pur non riproducendoli in modo pedissequo e
letterale, ne richiama tutte le caratteristiche essenziali, con l’effetto di evocare in
modo immediato nella mente del consumatore mediamente informato il marchio
“figurine”.
Il segno apposto sul capo sub 20, riproduce integralmente una delle due figure
umane che compongono il marchio registrato essendo composto da una figura che,
come quella oggetto di registrazione, è presentata di profilo, in forma stilizzata (senza
cioè porre alcuna enfasi nei particolari) e con la medesima caratteristica posa delle
braccia e delle gambe.
E’ importante sottolineare che il marchio figurine rappresenta le due figure non solo
sedute su un ideale piano con le gambe flesse che toccano detto piano solo con i
piedi, ma anche con una particolare posa, ossia con il capo appoggiato a una mano,
mentre l’altro braccio è poggiato sulle ginocchia.
Tali caratteristiche assolutamente arbitrarie e capricciose del marchio BASIC
vengono integralmente riprese dalla figura contenuta nel segno accusato di
contraffazione.
Il fatto che non sia stata invece riprodotta la figura femminile posta a destra, non ne
esclude la contraffazione, non essendo tale particolare sufficiente a eliminare l’effetto
di chiarissima imitazione del marchio più famoso, dato che la figura femminile è
stata sostituita con una lettera R di dimensioni uguali a quelle della figura maschile.
La lettera in questione non solo è in grado, come sostenuto dalla difesa delle attrici,
di evocare anche il marchio denominativo Robe di Kappa cui sovente il marchio
figurativo “figurine” è associato, ma è anche l’unica in tutto l’alfabeto che consente
di riempire lo spazio occupato, nel marchio BASIC, dalla figura femminile,
mantenendone inalterato l’effetto grafico e di insieme.
La difesa WU, nonostante abbia negato costantemente di avere mai messo in
produzione capi di abbigliamento aventi le caratteristiche di cui al citato doc. 20
BASIC (si veda in proposito le dichiarazioni rese in sede di interrogatorio ex art. 121
bis c.p.i. il 9 ottobre 2012) ha nondimeno sostenuto che : “trattandosi di tute sportive
la lettera alfabetica R è riconducibile all’iniziale di “Runner” (come da comparsa di
risposta).
Si tratta, evidentemente, di circostanza che quand’anche rispondesse alle reali
intenzioni del produttore, sarebbe nondimeno irrilevante nella valutazione di
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contraffazione, che deve essere effettuata in modo oggettivo, secondo i criteri dettati
dall’art. 20 c.p.i..
Nel caso in esame la volontà di richiamarsi in modo esplicito al più famoso marchio
di abbigliamento sportivo è in conclusione evidente laddove la ditta WU ha apportato
al marchio stesso modifiche che lasciano – volutamente – inalterate le parti
caratterizzanti del marchio BASIC, costituite dall’insieme delle due figure stilizzate, i
cui contorni, per effetto della speculare contrapposizione delle due figure sedute,
formano un insieme di linee armoniche.
Questo insieme rappresenta l’impronta visiva lasciata nella memoria del
consumatore dal marchio che viene richiamata dalla visione del segno oggetto di
contestazione che potrebbe essere ritenuto, proprio in quanto riprende
integralmente una parte del marchio registrato, una sua variante.
Tale impressione è rafforzata dal fatto che il segno in questione è stato usato per
contraddistinguere prodotti identici (cioè appartenenti alla stessa classe
merceologica) di quelli per i quali è stata ottenuta la registrazione.
Quanto alla responsabilità del descritto atto di contraffazione non vi sono
contestazioni in ordine al coinvolgimento di CIAO CIAO WORLD s.r.l., nel cui punto
vendita è stato acquistato il citato doc. 20 di parte attrice.
La convenuta nel corso del giudizio cautelare instaurato da BASIC prima della causa
di merito ha documentato di avere acquistato le tute dalla ditta WU con la
produzione della fattura n.333 del 7 dicembre 2010.
Sul punto il teste Marco GRAZIANI ha dichiarato che tale documento fiscale era
stato emesso in occasione dell’acquisto, da parte di CIAO CIAO presso la ditta WU,
di una partita di tute, una parte delle quali era contraddistinta dal segno
contraffatto.
Il teste Leandro GRAZIANI ha confermato che si trattava di beni destinati a essere
rivenduti da CIAO CIAO ad altri negozianti e che alla data dell’esecuzione del
provvedimento di descrizione erano rimaste presso i locali della convenuta solo 20
esemplari di prodotti con il marchio contraffatto (quelle rinvenute appunto durante
le operazioni di descrizione).
Vi è quindi prova del diretto coinvolgimento della ditta WU nella contraffazione del
marchio “figurine” trattandosi della ditta che le ha prodotte e commercializzate ai
grossisti come CIAO CIAO.
Nonostante questo il sig. Biman WU, chiamato a rendere l’interrogatorio ex art. 121
bis c.p.i. ha negato ogni addebito avendo così risposto : “dichiaro di non avere mai
commercializzato il vestiario con il marchio che oggi vedo cucito sulla tuta che mi viene
esibita”, circostanza confermata anche dopo che è stata esibita formalmente
all’interrogato la fattura emessa dalla ditta WU a CIAO CIAO (come da verbale 9
ottobre 2012).
Dalla deposizione del teste Marco GRAZIANI si ricava però che le tute
contraddistinte dal segno contraffatto sono state nondimeno consegnate dalla ditta
WU con il marchio già “cucito” sul davanti, avendo il teste dichiarato che era stata
acquistata presso WU una partita di tute “miste” e di avere personalmente
constatato che facevano parte di questo insieme circa 50 tute aventi il marchio
contraffatto, avendo proceduto, all’arrivo della merce, ad aprire i colli e suddividere
le merci da destinare ad altri rivenditori.
Le domande di concorrenza sleale
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In linea generale l’azione reale di contraffazione fondata su una privativa (in questo
caso plurimi marchi registrati) può senz’altro essere esercitata congiuntamente
all’azione di tipo obbligatorio finalizzata alla repressione degli atti di concorrenza
sleale purché ricorrano gli autonomi presupposti di entrambe le azioni (v. tra le
tante Cass. Sez. I, 19 giugno 2008, n.16647, edita su banca dati IURISDATA
GIUFFRE’).
BASIC T. e I. hanno in proposito allegato che sussiste in concreto un rapporto con
concorrenzialità diretta tra BASIC I., CIAO CIAO e WU, dato che tutte
commercializzano in Italia capi di abbigliamento.
Inoltre le convenute avevano commercializzato prodotti che riproducevano almeno
per metà il marchio registrato di BASIC T. con modalità tali da trarre in inganno il
pubblico dei consumatori sulla reale provenienza dei prodotti e così
avvantaggiandosi dei pregi che il pubblico usualmente attribuisce ai capi originali
BASIC.
Essendo queste le allegazioni della parte attrice in punto azione ex art. 2598 c.c.
appare evidente come la stessa non sia fondata su fatti autonomi e diversi rispetto
alla azione di contraffazione.
Infatti poiché ex art. 20 c.p.i. per aversi contraffazione del marchio registrato da
parte di un segno non identico per prodotti identici o simili a quelli per i quali il
marchio è stato registrato è necessario che si crei anche il solo rischio di
associazione tra segni, in quanto condotta idonea a generare confusione sul
mercato, era onere di BASIC allegare e provare che le convenute, oltre ad avvalersi
degli illeciti vantaggi conseguenti dall’uso di un marchio contraffatto, abbiano posto
in essere ulteriori condotte confusorie ovvero ingannatorie per indurre il pubblico in
errore circa la reale provenienza dei prodotti.
In assenza di tali indicazioni le domande di concorrenza sleale basate sulla
medesima condotta che integra contraffazione ex art. 20 c.p.i., costituisce un
inammissibile duplicazione di domande basate sui medesimi fatti e per questo
inidonee a conseguire un accertamento o un bene della vita diverso da quelli
conseguibili attraverso la correlata azione di contraffazione.
Il risarcimento del danno
BASIC chiede il risarcimento del danno in via equitativa, tenuto conto di quanto
risulta dalle scritture contabili prodotte dalla ditta WU, che attestano vendite nel
periodo 31 dicembre 2010 - 31 marzo 2012 per complessivi €1.024.659,95 che
secondo la prospettazione della parte attrice si possono presumere tutte
riconducibili a prodotti recanti il marchio contraffatto.
Si deve preliminarmente rilevare che non vi sono ragioni per distinguere i danni
subiti da BASIC TRADEMARK (quale titolare dei marchi) ovvero da BASIC ITALIA
(quale licenziataria esclusiva) in quanto entrambe, ciascuna in relazione alla propria
posizione, ha subito tutti gli effetti negativi derivanti dalla mancata corresponsione
della royalty da parte del contraffattore, dalla diluizione del marchio e dalla ridotta
efficacia degli investimenti pubblicitari, tutti elementi in questo caso pertinenti per
la valutazione del danno subito dalle società attrici e che per questo viene liquidato
globalmente a favore di entrambe in via solidale, nella misura di seguito precisata.
Quanto al danno effettivamente subito dalla parte attrice per effetto delle condotte
tenute dalla ditta WU, dimostrata la contraffazione del marchio “figurine” nei termini
di cui si è detto, si devono prendere in considerazione, quali criteri pertinenti ex art.
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125 c.p.i., i mancati introiti da royalty, avendo il contraffattore scelto di produrre
senza acquistare il consenso della titolare del marchio e l’erosione di valore del
marchio dovuto alla sua “diluizione” quale effetto diretto della sua contraffazione,
che si produce ogniqualvolta sono visibili al pubblico prodotti recanti il segno
contraffatto, anche dopo che il prodotto è stato acquistato, e quindi nella fase di post
vendita, allorché i capi vengono indossati dagli acquirenti, oltre al danno costituito
dalla - quantomeno parziale - vanificazione dei massicci investimenti pubblicitari sul
marchio, dovuti all’indebito agganciamento di cui si è avvantaggiato il contraffattore,
apponendo il marchio imitato su capi collocabili in una fascia commerciale
decisamente più bassa rispetto a quella dei corrispondenti capi provenienti dai
canali produttivi controllati direttamente da BASIC.
E’ inoltre pacifico che si trattasse di prodotti di qualità decisamente inferiore, avendo
la stessa WU - infondatamente - sostenuto che proprio la notevole distanza
qualitativa tra le tute commercializzate da CIAO e quelle originali avrebbe costituito
elemento decisivo nell’escludere la confondibilità del marchio apposto da WU
rispetto a quello originale.
Osserva per contro il Tribunale che tale circostanza, lungi dall’escludere la
confondibilità della quale si è già detto (e che comunque rileva non solo nella fase di
acquisto ma anche in quella successiva alla vendita, la cosiddetta “post sale
confusion”) costituisce anzi un sintomo di gravità del danno da diluizione del
marchio e da vanificazione degli investimenti pubblicitari sostenuti dalla titolare per
mantenerne la capacità attrattiva.
Si osserva in proposito che le parti convenute non hanno offerto elementi utili per
l’esatta quantificazione dei capi recanti il marchio contraffatto, nonostante si
trattasse di prova che era nella loro disponibilità.
L’istruttoria ha consentito di verificare che il numero esiguo di capi reperiti presso
CIAO (nulla è stato reperito presso WU) nel corso delle operazioni di descrizione non
è significativo di una modesta attività di contraffazione, trattandosi delle sole
rimanenze di una produzione ben più ampia, dato che al momento della esecuzione
del provvedimento cautelare CIAO aveva già venduto praticamente tutto quanto a
suo tempo acquistato presso la ditta WU (giova qui ricordare un passo della
deposizione di Marco GRAZIANI : “… ricordo che XIN JIN produceva in confezioni da
scatole da 48 o 56 pezzi e ricordo che ne avevamo trovato 50 …” e di Leandro
GRAZIANI : “… mi sono accorto della cosa solo quanto è venuto fuori il problema,
allorché le tute erano state già mandate ai negozi; la verifica successiva l’abbiamo
fatta telefonicamente presso i negozi; … ho chiesto direttamente ai negozianti di dirmi
loro quante erano, anche perché le tute non erano più neppure nei negozi”.
E’ quindi provato che prima che BASIC riuscisse a interrompere le vendite, i
convenuti erano già riusciti a immettere sul mercato un numero ben maggiore e
indeterminato di capi recanti il marchio contraffatto che possono essere ancora in
circolazione, con conseguente attuale visibilità, per un pubblico indeterminato, di
capi che recano il marchio “figurine” contraffatto dalla ditta WU e di persistenza
della “post sale confusion”.
Pur non essendo stata individuata con precisione la quantità di capi
commercializzati da WU, né la quantità di quelli rivenduti a CIAO, vi è comunque
prova che la ditta convenuta ha avuto un fatturato, nel periodo 31 dicembre 2010 31 marzo 2012, di complessivi €1.024.659,95, come risulta dalle scritture contabili
prodotte a seguito di ordine di esibizione.
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La ditta WU, che ha sempre negato di avere messo in commercio prodotti recanti il
marchio contraffatto nonostante le evidenze probatorie contrarie, non ha fornito
alcun elemento utile per stabilire in quale misura questi proventi derivino dalla
produzione e rivendita di tute recanti il marchio “figurine” benché si trattasse, come
si è detto, di prova che era nella sua piena disponibilità e che, una volta attivati da
parte attrice tutti i mezzi istruttori a sua disposizione (ricorso per descrizione e
sequestro, istanza di esibizione e deferimento dell’interrogatorio ex art. 121 bis c.p.i.)
per raccogliere le prove della contraffazione e della sua entità, era onere della parte
convenuta fornire.
La parte attrice propone pertanto di operare una presunzione, in difetto di prova
contraria, di totale riconducibilità del fatturato alla produzione di capi contraffatti ai
danni dei marchi BASIC.
Ritiene il Collegio che tale presunzione non possa in questo caso essere operata nei
termini indicati dalla parte attrice, tenuto conto di quanto emerso nel corso
dell’istruttoria.
Infatti i testi Marco e Leandro GRAZIANI hanno dichiarato che non tutti i capi da
loro acquistati per la rivendita presso la ditta WU avevano il marchio “figurine”
contraffatto.
Non si può quindi presumere, perché difettano gli elementi minimi per farlo, che
tutta la produzione che ha consentito a WU di conseguire il fatturato di cui si è
detto, sia da ricondurre alla indebita commercializzazione di capi recanti il marchio
oggetto di controversia.
E’ per questo inevitabile presumere, in via equitativa, che non meno del 50% di tale
fatturato sia da ricollegare alla produzione di capi contraffatti ai danni di BASIC (del
resto nel corso delle operazioni di descrizione e sequestro non è emerso neppure che
la produzione WU abbia avuto ad oggetto la contraffazione di marchi appartenenti a
soggetti terzi, dalla quale ricavare qualche elemento per ridurre la percentuale
riferibile alla imitazione del marchio “figurine”).
Pertanto deve essere liquidato, a titolo di danno “emergente” per mancato introito
delle royalty un importo corrispondente al 10% di tale percentuale di fatturato.
E’ in proposito irrilevante il fatto, eccepito dalla difesa WU, secondo cui non vi
sarebbe prova dell’entità della royalty effettivamente sborsata dalla licenziataria
BASIC Italia in quanto ciò che rileva in questa sede è l’adozione di un criterio che
consente, con una ricostruzione controfattuale, di determinare il danno subito dal
titolare del marchio che venga riprodotto senza il suo consenso e, quanto alla
posizione della licenziataria, di compensarla del fatto di avere dovuto competere,
nella rivendita dei medesimi articoli con concorrenti che si avvantaggiavano
illecitamente del fatto di non avere dovuto sborsare nulla a questo titolo.
A tal fine costituisce valido criterio di riferimento la royalty usualmente praticata nel
settore e, rispetto all’allegazione della parte attrice in ordine alle percentuali
praticate nel settore (indicate in una percentuale compresa tra l’8 e il 12% del
fatturato del licenziatario) le parti convenute nulla hanno allegato o provato in senso
difforme.
Pertanto la voce di danno in esame deve essere liquidata in €51.233, pari al 10%
della metà del fatturato di WU nel periodo controverso (€512.330)
Deve essere poi liquidata una somma per compensare BASIC del danno alla
diluizione del marchio (in misura del 10% della somma come sopra liquidata) e
quindi €5.123,3 e una ulteriore somma (in misura identica rispetto alla voce
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precedente) - e quindi €5.123,3 - per ristorare BASIC della vanificazione degli
investimenti pubblicitari e connesse sponsorizzazioni per sostenere il marchio
oggetto di controversia.
In conclusione il danno derivante dalla contraffazione posta in essere dalla ditta WU
deve essere liquidato in favore delle società attrici in €61.479,6 in linea capitale.
La somma come sopra liquidata, costituisce debito di valore e pertanto nel rispetto
dei criteri consolidati in giurisprudenza a partire da Cass. SS. UU n.1712/95 va
assoggettata a rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT F.O.I. (famiglie –
impiegati- operai) dal 31 dicembre 2010 al 31 marzo 2012 e corredata a titolo di
risarcimento del danno da ritardo degli interessi legali (tasso ritenuto
complessivamente equo in relazione agli anni oggetto di controversia, sulla somma
progressivamente, anno per anno, rivalutata dal dicembre 2010 fino ad oggi), il
risultato è di complessivi €65.513,87 (di cui €.2.682,89 per rivalutazione monetaria,
ed €1.351,30 per interessi).
La somma in questione dovrà infine essere corrisposta dalla ditta WU alla parte
attrice maggiorata degli interessi legali dalla data della presente sentenza al saldo.
Del danno così liquidato deve essere chiamata a rispondere CIAO in via solidale,
nella misura di seguito precisata, avendo la convenuta partecipato alla
contraffazione acquistando i beni di cui si è detto.
L’entità della responsabilità della convenuta non può che essere determinata sulla
base di quanto accertato in causa in ordine al numero di capi dalla stessa acquistati
presso WU.
Vi è prova, non smentita da elementi di senso contrario, della conclusione di un solo
contratto di compravendita con WU avente ad oggetto i capi indicati nella fattura n.
333 emessa il 7 dicembre 2010 dalla ditta WU per l’importo di €12.456, IVA
compresa, per un quantitativo complessivo di 1.470 tute (v. doc. 10 prodotto da
CIAO).
Si tratta di una fattura generica in quanto non indica, né fornisce elementi di
valutazione a questo fine, quanti capi recassero il marchio contraffatto.
La convenuta non ha fornito elementi per stabilire in quale percentuale il lotto
acquisito presso l’altra convenuta fosse composto da capi recanti l’imitazione del
marchio “figurine” e pertanto anche in questo caso non può che equitativamente
presumersi che almeno il 50% dei capi fosse contraffatto.
Si deve in proposito rilevare che le più volte richiamate testimonianze di Marco e
Leandro GRAZIANI non sono idonee a dimostrare una quantificazione precisa delle
tute recanti il marchio contraffatto, oggetto della citata fattura, in quanto i testi
rendono versioni differenti sul punto e in particolare il teste Leandro GRAZIANI
ricorda di avere attivato i controlli allorché gran parte di quanto acquistato presso
WU era stato rivenduto.
Pertanto presumendo l’acquisto da parte di CIAO di n.735 tute con il marchio
“figurine” contraffatto, vi è prova di un esborso a favore di WU a questo titolo di
€5.218,5, non comprensivo, evidentemente, delle somme dovute dal contraffattore a
titolo di royalty al titolare del marchio e di quanto dovuto a titolo di risarcimento del
danno.
Pertanto, si stima equo individuare la responsabilità solidale di CIAO in misura pari
al 10% delle somme come liquidate a carico di WU e quindi a complessivi €6.551,38,
somma che, rappresentando una frazione del complessivo danno, comprensivo
anche di interessi e rivalutazione, non necessita di essere autonomamente
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attualizzata, somma maggiorata degli interessi maturati dalla data della presente
sentenza al saldo.
Gli ulteriori provvedimenti ex artt. 124, 126 e 131 c.p.i..
Accertata la contraffazione e la sua indiscriminata diffusione sull’intero territorio
nazionale deve essere disposta, ex art.126 c.p.i. la pubblicazione della presente
sentenza a cura della parte attrice e a spese delle parti convenute che in via solidale
dovranno provvedere all’immediato rimborso dietro semplice presentazione dei
documenti attestanti l’esborso.
La pubblicazione di un estratto della presente sentenza (intestazione, nomi delle
parti e dispositivo) dovrà avvenire per due volte a caratteri doppi sui quotidiani LA
STAMPA e LA REPUBBLICA.
Deve essere inibito alle convenute di ulteriormente produrre o commercializzare
prodotti recanti il marchio avente le caratteristiche che risultano dal doc. 20 di parte
attrice, con fissazione di una penale che appare corretto fissare in €100 per ogni
singolo capo recante il marchio contraffatto e deve infine essere ordinato a WU e
CIAO il ritiro dal commercio, ex art. 124 primo comma c.p.i, dei capi contraffatti di
cui ciascuna abbia la disponibilità
Le spese.
Le spese, secondo il principio generale cui non vi sono qui ragioni per derogare,
seguono la soccombenza e devono essere pertanto poste a carico delle parti
convenute, entrambe soccombenti.
La solidarietà passiva delle parti soccombenti che, in assenza di diversa
disposizione, graverebbe sulle stesse in misura del 50% ciascuna, deve essere
opportunamente corretta per adeguarla al ruolo effettivamente svolto da ciascuna
nella determinazione del danno di cui le parti attrici hanno chiesto il risarcimento.
Per tali ragioni si ritiene corretto porre a carico di CIAO il 10% dell’importo globale
come di seguito liquidato per spese, e a carico di WU il restante 90% della medesima
somma.
Il credito per le spese di lite sorge al momento della loro liquidazione da parte del
giudice, ed essa deve essere pertanto effettuata sulla base delle norme in tale
momento vigenti e quindi ex art. 9 comma 2 D.l. n.1/201 come convertito, e in base
al DM 20 luglio 2012, n.140.
Tali spese, in difetto di pattuizione tra la parte vittoriosa e il suo difensore, tenuto
conto del valore della controversia e degli effetti della decisione, del numero e
dell’importanza delle questioni trattate oltre che del pregio dell’opera prestata si
liquidano per il presente grado :
fase di studio €3.000;
fase introduttiva €1.500;
fase istruttoria €3.000
fase decisoria €3.750
e così in totale €11.250, oltre a €1.844,68 per spese ed esposti e oltre successive
occorrende, c.p.a. ex art. 11 legge 20 settembre 1980, n.576 e IVA se non detraibile
dalla parte vittoriosa.
PER QUESTI MOTIVI
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Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e
deduzione respinte :
1) accerta la contraffazione ad opera di Biman WU quale titolare della ditta
individuale XIN JIN DA LAI e di CIAO CIAO WORLD s.r.l. dei seguenti marchi
di titolarità di BASIC TRADEMARK 11 dicembre 2011 : “figurina di uomo e
donna seduti schiena contro schiena”, registrazione comunitaria n. 001847649
del 11 dicembre 2001; “KAPPA e figurina”, registrazione nazionale
n.0000945254 del 18 dicembre 2004; “KAPPA e figurina” registrazione
comunitaria n.2214070 del 14 maggio 2002; “KAPPA e figurina” registrazione
internazionale n.666005 del 14 novembre 2006; “ROBE DI KAPPA e figurina”,
registrazione nazionale n.0000945394 del 18 novembre 2004;
2) inibisce alle convenute di utilizzare nella loro attività commerciale in qualsiasi
forma il segno avente le caratteristiche del doc. 30 di parte attrice in quanto in
contraffazione dei marchi indicati al punto precedente;
3) fissa in caso di violazione della precedente inibitoria una penale di €100 per
ogni singolo capo recante il segno contraffatto;
4) ordina a CIAO CIAO WORLD s.r.l. e Biman WU, quale titolare della ditta XIN
JIN DA LAI il ritiro dal commercio dei capi contraffatti di cui ciascuna abbia la
disponibilità;
5) condanna Biman WU quale titolare della ditta individuale XIN JIN DA LAI al
pagamento in favore di BASIC TRADEMARK e di BASIC ITALIA s.p.a. della
somma di €65.513,87 con gli interessi legali dalla data della presente sentenza
al saldo;
6) dichiara CIAO CIAO WORLD s.r.l. solidalmente responsabile con Biman WU a
rimborsare a BASIC TRADEMARK s.a. del pagamento della somma liquidata
sub 4) limitatamente all’importo di €6.551,98, oltre agli accessori maturati
dalla data della presente sentenza al saldo;
7) ordina la pubblicazione della presente sentenza (per estratto) sui quotidiani LA
STAMPA e LA REPUBBLICA, pagine nazionali, per due volte e a caratteri
doppi, a cura della parte attrice e a spese delle convenute che dovranno
rimborsarne i costi dietro semplice presentazione dei documenti di costo;
8) dichiara tenuti e condanna in solido tra loro Biman WU e CIAO CIAO WORLD
s.r.l. a rimborsare le spese di lite alle parti attrici liquidate in €11.250, oltre a
€1.844,68 per esposti e spese, oltre successive occorrende, c.p.a. ex art. 11
legge 20 settembre 1980, n.576 e IVA se non detraibile dalla parte vittoriosa;
9) pone a carico di Biman WU nella sua qualità in atti la somma come sopra
liquidata in misura del 90%;
10)
pone a carico di CIAO CIAO WORLD
s.r.l. la somma liquidata sub 8 in misura del 10%;
Così deciso in Torino, nella camera di consiglio del Tribunale del 13 dicembre
2013
IL PRESIDENTE
Dr. Umberto Scotti
IL GIUDICE RELATORE
Dr. Maria Cristina Contini
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