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CONSULENZA PSICOLOGICA
E INTERVENTO DI SOSTEGNO
C
i sono alcuni periodi nella vita
di ognuno di noi che possono
essere particolarmente difficili da affrontare e possono riguardare
diversi aspetti della nostra esistenza:
un disagio emotivo, una separazione,
la perdita del lavoro, il rapporto con
i figli, le relazioni con chi ci circonda…
In momenti come questi il colloquio
con lo psicologo può essere considerato uno strumento utile per accettare, comprendere, elaborare i propri
vissuti al fine di migliorare il proprio
stile di vita.
L’intervento di consulenza psicologica permette, alla persona che ne fa
richiesta, di ri-pensare alla difficoltà
o al particolare momento critico che
l’ha portata a chiedere aiuto, cosi
come alle strategie messe in atto fino
a quel momento per fronteggiarlo,
per poter individuare nuove possibili
soluzioni.
L’intervento di sostegno psicologico
fornisce “supporto emotivo” alla persona che vive un momento di disagio o crisi personale con l’intento di
migliorare ed accrescere la capacità
di adattamento e cambiamento della
persona stessa rispetto alla particolare situazione problematica.
Si può richiedere un colloquio di
consulenza per affrontare difficoltà o
disagi che rientrano nel campo degli
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affetti, della relazione con se stessi
e con gli altri mentre, un percorso di
sostegno psicologico è indicato per
quelle persone che vogliono essere
“sostenute” nell’affrontare periodi di
L’intervento di sostegno e consulenza psicologica, a differenza della
psicoterapia, sono in genere di breve
durata, tendono alla risoluzione di
specifici problemi e si rivolgono ad
individui, coppie, famiglie che non
riescono a fronteggiare i momenti
critici che possono presentarsi nelle diverse fasi del ciclo di vita e che
spesso richiedono un percorso di crescita personale e familiare.
Dott.ssa Serena Caputo
Psicologa
disagio e sofferenza conseguenti anche ad eventi di separazione, abbandono, lutto.
CMA Centro Medico Arcidiacono
I NOSTRI SPECIALISTI
SONO A TUA
DISPOSIZIONE PER
RISPONDERE ALLE
TUE RICHIESTE
ECOGRAFIA ARTICOLARE
CON POWER COLOR DOPPLER
L’ecografia è attualmente uno strumento indispensabile nella pratica
medica.
Tale metodologia, sfrutta le proprietà
fisiche degli ultrasuoni.
Sommariamente è importante sapere che maggiore è la frequenza degli ultrasuoni utilizzata (espressa in
mega Hertz) minore sarà la capacità
di penetrazione dell’onda acustica e
maggiore sarà il potere di definizione degli echi; pertanto più la struttura che dobbiamo valutare si trova in
posizione superficiale maggiore sarà
la frequenza che dobbiamo utilizzare
allo scopo di ottenere la migliore qualità dell’immagine.
Attualmente la computerizzazione
dell’immagine ecografica ha determinato un notevole salto di qualità
tale da consentire lo studio e la valutazione di piccole strutture anche
con dimensioni inferiori al millimetro.
Oltre alla possibilità di visualizzare
in modo bi e tri dimensionale, utilizzando la scala dei grigi, la regione
che stiamo esaminando, gli ecografi
moderni hanno anche la possibilità di
rilevare il movimento all’interno dei
tessuti sfruttando l’effetto Doppler;
è evidente che la sostanza che maggiormente è dotata di movimento nel
nostro corpo è il sangue.
Ebbene l’effetto Doppler è in grado
di rilevare la quantità e la velocità del
sangue che è presente nel tessuto che
stiamo esaminando; il segnale doppler viene visualizzato nello schermo come un colore (rosso o blu). In
tempi recenti si è riusciti ad ottenere
un segnale doppler meno influenzato
dall’angolo di incidenza e che riesce a
registrare flussi scarsi e molto lenti: il
power color Doppler.
In particolare tale metodica può darci
un’idea sullo stato di infiammazione
dei tessuti che stiamo valutando in
quanto un tessuto in fase di flogosi
appare molto più irrorato rispetto ad
un tessuto sano.
L’indagine ecografica supportata
dalla metodica color power doppler
si è dimostrata in questi ultimi anni
una tecnica fondamentale per la
diagnosi e il follow up delle malattie
reumatiche. Lo sviluppo tecnologico
ha determinato una maggiore sensibilità della metodica ultrasonografica ai
fini dello studio della flogosi articolare e dell’attività di malattia.
Le attuali sonde ad elevata frequenza
sono in grado di ottenere una elevata risoluzione spaziale e pertanto uno
studio più accurato delle strutture tendinee ed osteoarticolari.
Per tali motivi l’ecografia muscolo scheletrica con power è divenuta
per il reumatologo uno strumento
diagnostico fondamentale per completare la valutazione clinico-strumentale del paziente con patologia
reumatica al fine di favorire una diagnosi corretta, di seguire nel tempo
l’entità e l’evoluzione dell’impegno
infiammatorio articolare, identificare
la strategia terapeutica più adeguata e
valutarne periodicamente l’efficacia e
l’effetto a distanza; è in grado inoltre
di fornire una diagnosi corretta, di seguire nel tempo l’entità e l’evoluzione
dell’impegno infiammatorio articolare, identificare la strategia terapeutica
più adeguata e di valutarne periodicamente l’efficacia e l’effetto a distanza; è in grado inoltre di fornire indicazioni sulle fasi di remissione della
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malattia e di favorire l’elaborazione di
un dato prognostico al momento della
diagnosi. I vantaggi della tecnica sono
il basso costo, la rapidità di esecuzione, il comfort assoluto del paziente, la
ripetibilità, l’assenza di controindicazioni e di qualsiasi effetto collaterale.
L’ecografia articolare è in grado di
individuare e valutare le strutture
che compongono l’articolazione: la
capsula articolare, la membrana sinoviale, la cartilagine articolare, i legamenti; essa permette di visualizzare la
presenza o meno di versamento articolare e l’interessamento delle strutture tendinee, di quantificare il grado
di infiammazione attraverso la valu-
tazione semiquantitativa del segnale
Doppler.
Con l’indagine ultrasonografica è
possibile inoltre evidenziare, anche
precocemente, le alterazioni erosive
dell’osso.
È quindi possibile determinare in modo
preciso quali delle suddette strutture
risulti alterata tenendo presente che
gli aspetti ecografici possono differire
nelle diverse malattie reumatologiche: diversi saranno pertanto i reperti
che troveremo nell’artrite psoriasica,
nelle artriti da microcristalli (gotta),
nell’artrite reumatoide, nell’artrosi.
Il riscontro su una membrana sinoviale ispessita ed esogena, che in una
cavità articolare normale non viene
visualizzata, è uno dei segni fondamentali per riconoscere la presenza di
una malattia reumatica; il suo spessore (nelle forme croniche può riempire
totalmente la cavità articolare) e la
eventuale presenza, nel suo interno, di
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segnali di flusso al color power doppler sono elementi di estrema importanza per valutare lo stato di attività
di malattia e per quantificare il rischio
di future erosioni ossee (la membrana
sinoviale ipertrofica, “ panno sinoviale”, possiede un’azione corrosiva nei
confronti della corticale ossea).
Un altro importante reperto è dato
dalla presenza di versamento articolare di cui, grazie all’ecografia ad alta
risoluzione, è possibile attualmente
valutarne, oltre alla quantità, anche
le peculiari caratteristiche (pattern
anecogeno, nubecolare, corpuscolare,
punteggiato, granulare) che possono
fornire utili elementi orientativi ai fini
della diagnosi differenziale.
La recente disponibilità di sonde ad
alta frequenza , con conseguente elevata risoluzione spaziale, consente la
valutazione di fini dettagli ultrastrutturali dei tessuti molli periarticolari:
la perdita del normale aspetto “fibrillare” dei tendini può rappresentare un
chiaro segno di alterazione strutturale
e il loro spessore e la loro ecogenicità
può essere indicativo per distinguere
se ci si trova di fronte ad un processo
infiammatorio “acuto” o “cronico”.
La guaina sinoviale, che riveste alcuni tendini, possiede nel suo interno
uno spazio che normalmente risulta
“virtuale”; in presenza di fenomeni
infiammatori tale spazio si riempie di
liquido sinoviale che appare ben evidente all’esame ultrasonografico in
quanto privo di echi (ipoecogeno) : tenosinotivi essudative o proliferative.
In alcuni casi è possibile evi-
denziare addirittura la presenza dei
caratteristici depositi di pirofosfato
di calcio nel contesto della cartilagine articolare della testa metacarpale
(condrocalcinosi) o la desposizione
di cristalli di urato (gotta) sulla superficie articolare della cartilagine delle
teste metacarpali (tipica immagine a
doppio binario)
In conclusione l’esame ecografico ad
alta risoluzione con color power doppler rappresenta una tappa indispensabile nell’iter diagnostico delle patologie reumatiche.
Dott. Roberto Rainaldi
CMA Centro Medico Arcidiacono
è Centro Specializzato
in Ecografia
SMAGLIATURE
OGGI SI POSSONO OTTENERE RISULTATI IMPORTANTI!
Le smagliature (striae cutis distensae) rappresentano una zona di cedimento del tessuto cutaneo sottoposto a tensione eccessiva, si presentano come
strisce atrofiche a decorso generalmente parallelo.
L
’esordio è in genere asintomatico, ma può essere accompagnato da una leggera sensazione di prurito o, più raramente, da
bruciore e dolore.
Compaiono più spesso in epoca adolescenziale, spesso dopo uno stress
meccanico della cutesuccessivo ad un
rapido ingrassamento e/o altrettanto
rapido dimagrimento, oppure in gravidanza, solitamente nell’ultimo trimestre.
Sono presenti in alcune patologie da
disordine ormonale cortico-surrenale,
in situazioni di prolungate terapie steroidee ed in corso di disordini metabolici di vario tipo: carenze di vitamine antiossidanti e di flavonoidi.
Il colore dipende dalla loro fase evolutiva: all’inizio, quando prevale la
componente infiammatoria, pseudoipertrofica, varia dal rosa al rosso
violetto o al rosso bluastro (striae rubrae), mentre nella fase cicatriziale,
sono più sottili, pieghettate, depresse
al tatto e divengono biancastre, madreperlacee (striae albae). Queste ultime sono delle vere e proprie cicatrici
atrofiche caratterizzate da epidermide
assottigliata, totalmente priva di annessi (né peli né ghiandole sebacee) e
fortemente depressa.
Sono più frequenti nelle donne rispetto agli uomini (rapporto 2:1) e durante
la pubertà, nei maschi colpiscono in
genere la regione lombosacrale, pettorale e deltoidea.
Nelle donne sono più frequenti sui
fianchi, cosce e seno. Durante la gravidanza, nel 50-90% dei casi, sono
presenti a livello addominale.
Cosa fare?
Prevenzione innanzi tutto. Ungere e massaggiare le zone a rischio è
senz’altro una ottima abitudine, possono essere usati molteplici unguenti,
da quelli di commercio a quelli tradi-
zionali del tipo olio di oliva, olio di
mandorle, altri quali l’euserpina, i
trigliceridi e i fosfolipidi della soia, il
burro di karité. Altri fitoderivati quali
il ribes nero ed il ribes rosso e l’acido
boswelico.
Azione positiva viene anche svolta da
aminoacidi, elastina, collagene, vitamine ed acido retinoico.
Sulla stria già formata si utilizzano
varie metodiche quali. Peeling, biostimolazione, dermoabrasione, needling,
carbossiterapia, radiofrequenza.
Tutte queste metodiche tendono a stimolare il più possibile gli elementi
vitali residui in una zona cutanea atrofica.
La cura è piuttosto lunga ma vi è la
possibilità, finalmente di ottenere dei
risultati!
Si tratta di risultati che consentono
alla smagliatura di “esserci ma di non
essere vista; ciò è possibile creando
sulla smagliatura uno stress tissutale
che consenta al tessuto di reagire producendo sia collagene che elastina ma
soprattutto riattivando il sistema melaninico della zona trattata.
Le metodiche da usare quindi sono
molte vanno sovrapposte tra loro al
fine di garantire una reazione che genererà un cambiamento della smagliatura
QUANDO E’ POSSIBILE TRATTARE LA SMAGLIATURA
Non ci sono tempi o stagioni adatte .
Prima si inizia prima i risultati arrivano!
Dott. Giuseppe Ferrarelli
Medico Chirurgo
Master di II livello
Medicina Estetica Università di
Roma Tor Vergata
CMA Centro Medico Arcidiacono
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PER GENTE CHE HA FEGATO!
Il fegato è il più voluminoso organo del corpo umano (peso = 1.5 Kg) ed è un complesso laboratorio biochimico che soprassiede alle seguenti funzioni:
C
onversione dei prodotti di
digestione negli elementi necessari per la vita e la crescita
(Carboidrati, grassi e proteine).
Metabolizzazione e rimozione dal
sangue di farmaci, dell’alcol e di tutte
le tossine potenzialmente dannose per
l’organismo.
Produzione di bile, indispensabile per
sciogliere ed assorbire i grassi e le vitamine dall’intestino.
Produzione dei fattori necessari alla
coagulazione del sangue.
Mantenimento del normale bilancio di
numerosi ormoni.
E’ facile comprendere come sia necessario tenere sotto controllo questo
prezioso organo! Fortunatamente,
come tutte le macchine complesse,
anche il nostro fegato possiede spie
di allarme: prime tra tutte le transaminasi (ALT ed AST).
Trovare nelle risposte dei nostri esami del sangue valori delle transaminasi oltre i limiti, deve consigliare
una visita epatologica per comprenderne i motivi.
Le cause di aumento di questi enzimi
sono molto numerose, tra le principali
elenchiamo:
• sostanze chimiche: alcol, farmaci,
tossici, preparati di erboristeria
• virus: A, B, C, D, E, CMV, EpsteinBarr virus
• autoimmunità
• alterazioni endocrine/metaboliche:
diabete mellito, ipertiroidismo, obesità
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Il fegato è dotato, inoltre, di un apparato di raccolta ed utilizzo della bile:
le vie biliari.
Anche le vie biliari possono essere colpite da numerose patologie ed
hanno, anch’esse delle spie di allarme
che possono essere analizzate tramite
prelievo di sangue: la gamma-GT, la
Fosfatasi Alcalina e la Bilirubina.
L’incremento delle transaminasi o degli altri indici o è, quindi, un segnale
di allarme precoce: prenderlo subito
in considerazione può consentire una
diagnosi in tempi brevi che unita alle
grandi doti di rigenerazione che il fegato possiede, spesso consente rapidi
ritorni alla normalità.
Prossimamente
parleremo delle principali
patologie epatiche.
Dott. Marco Bacosi
Specializzato in
Gastroenterologia
ed Endoscopia Digestiva
CMA Centro Medico Arcidiacono
Inostri specialisti
sono a sua disposizione.
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di approfondimento
LA TROMBOFILIA
La trombofilia è una condizione geneticamente determinata o acquisita che provoca lo sviluppo di tromboembolismo venoso e/o arterioso in età giovanile, senza cause apparenti e con la tendenza a recidivare.
La trombofilia può essere determinata da:
1) Difetti genetici:
I tipi più comuni di trombofilia congenita sono quelli che
insorgono come risultato della sovrattività dei fattori di coagulazione. Sono relativamente poco gravi e quindi sono
classificati come difetti di “tipo II”. I più comuni sono il
fattore V di Leiden (una mutazione del gene F5 alla posizione 1961) ed una mutazione nel gene della protrombina
(alla posizione 20210 del gene nella 5’ UTR.
Le rare forme di trombofilia congenita sono solitamente causate da una deficienza di anticoagulanti. Esse sono
classificate come “tipo I” e sono più gravi in quanto sono
causa più frequente di trombosi. Le principali sono il deficit di antitrombina III, il deficit di proteina C e el deficit di
proteina S. Trombofilie mediamente rare sono la mutazione del fattore XIII e la disfibrinogemia familiare (una
anomalia del fibrinogeno) .Non è chiaro se i disordini congeniti della fibrinolisi (il sistema che distrugge i coaguli)
aumentino il rischio di trombosi .
La deficienza congenita del plasminogeno, per esempio
può causare problemi oculari ed in altri organi ma il collegamento con la trombosi è meno certo.
Il gruppo sanguigno determina un diverso rischio di trombosi. Gli individui con il sangue diverso dal gruppo 0 hanno un rischio relativo da due a quattro volte superiore. Gli
individui con sangue del gruppo 0 hanno un livello più
basso del fattore di von Willebrand e del fattore VIII che
conferisce una protezione dalla trombosi.
2) Fattori acquisiti: anticorpi antifosfolipidi:
- lupus anticoagulant (LAC)
- anticorpi anti-cardiolipina
- anticorpi anti-beta 2 glicoproteina (β2GPI)
Vi sono numerose condizioni acquisite che possono aumentare il rischio di trombosi. Un esempio è la sindrome
da anticorpi antifosfolipidi, che è causata dall’azione da-
gli anticorpi sui costituenti della membrana cellulare, in
particolare l’anticoagulante lupico (scoperto inizialmente
nelle persone ammalate di lupus eritematoso sistemico ma
spesso presente in persone non affette dalla malattia), gli
anticorpi anti-cardiolipina e anticorpi anti-β2-gycoprotein
1; pertanto spesso è considerata una malattia autoimmune.
In alcuni casi, la sindrome antifosfolipidica può causare
sia trombosi venosa che arteriosa. È spesso fortemente associata con l’infarto e può causare un’altra serie di sintomi
(come il livedo reticularis della pelle e l’emicrania).
La trombocitopenia indotta da eparina (TIE) è causata da
una reazione del sistema immunitario contro il farmaco
anticoagulante eparina (o suoi derivati). Poiché è associata
ad una conta delle piastrine bassa, la TIE è fortemente associata col rischio di trombosi venosa ed arteriosa. L’emoglobinuria parossistica notturna (EPN) è una rara condizione causata da un’alterazione acquisita del gene PIGA
che gioca un ruolo nella protezione delle cellule sanguigne dal sistema complementare. L’EPN aumenta il rischio
della trombosi venosa ma è associata anche con l’anemia
emolitica (anemia risultante dalla distruzione dei globuli
rossi). Sia la TIE che l’EPN richiedono un trattamento
specifico.
Le condizioni ematologiche associate con un flusso sanguigno lento possono aumentare il rischio di trombosi. Per
esempio l’anemia drepanocitica (causata da una mutazione
nell’emoglobina è vista come un fattore protrombotico indotto dalla portata ridotta. Analogamente le sindromi mieloproliferative, nelle quali il midollo osseo produce troppi
globuli rossi, predispongono alla trombosi, in particolare
la policitemia vera (eccesso di globuli rossi) e la trombocitosi essenziale (eccesso di piastrine).
Queste condizioni solitamente richiedono un trattamento
specifico quando vengono identificate. Il cancro, in particolare in caso di metastasi, costituisce un fattore di rischio per la trombosi. Sono stati proposti
numerosi meccanismi di azione come
l’attivazione del sistema di coagulazione da parte delle cellule cancerose
o la secrezione di sostanze coagulanti.
Inoltre, alcuni trattamenti anticancro
(come l’uso del catetere venoso centrale per la chemioterapia) possono
aumentare ulteriormente il rischio di
trombosi. La sindrome nefrosica, nella
quale le proteine contenute nel sangue
vengono rilasciate nelle urine a causa
di problemi renali, può predisporre alla
trombosi; questo accade soprattutto nei
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casi più gravi (indicati da livelli dell’albumina nel sangue
minori di 25 g/l) e se la sindrome è causata dalla glomerulonefrite membranosa. La malattia di Crohn e la colite
ulcerosa predispongono alla trombosi, soprattutto quando
la malattia è attiva. Sono stati proposti vari meccanismi
di azione. La gravidanza è associata con un rischio aumentato di trombosi. Probabilmente deriva da un aumento
fisiologico della coagulabilità in gravidanza che protegge
dalle emorragie postparto. L’ormone femminile estrogeno,
quando usato combinato nella pillola anticoncezionale e
nella terapia ormonale sostitutiva nella menopausa, è stato
associato con un aumento di rischio di trombosi venosa da
due a sei volte. Il rischio dipende dal tipo di ormone utilizzato, dalla dose di estrogeno e dalla presenza di altri fattori
trombofilici. La causa è stata attribuita a vari meccanismi,
come la deficienza di proteina S e del tissue factor pathway
inhibitor.
L’obesità è stata considerata a lungo come un fattore di
rischio per la trombosi venosa. Secondo numerosi studi,
il rischio raddoppia, particolarmente in combinazione con
l’uso di contraccettivi orali o successivamente agli interventi chirurgici. Nei soggetti obesi, sono state descritte
varie anomalie nella coagulazione. Il plasminogen activator inhibitor-1 (PAI-1), un inibitore della fibrinolisi, è presente con alti livelli nelle persone obese. I soggetti obesi
presentano un grande numero di microvescicole circolanti
(frammenti di cellule danneggiate) che comporta problemi
a livelli del tessuto. Può aumentare l’aggregazione delle
piastrine e vi sono alti livelli di proteine della coagulazione
come il fattore di von Willebrand, il fibrinogeno, il fattore
VII e il fattore VIII. L’obesità può anche accrescere il rischio che si ripetano gli episodi di trombosi.
Si possono effettuare dei test del sangue per la diagnosi
delle condizioni trombofiliche e le indagini sono le seguenti:
A.
B.
C.
D.
E.
F.
G.
H.
I.
J.
K.
L.
Tempo di Protrombina (PT)
Tempo di Tromboplastina parziale attivato
(aPTT)
Fibrinogeno
Resistenza alla proteina C attivata e/o Fattore V
Leiden
Mutazione G20210A del gene della protrombina
(Fattore II Leiden)
Omocisteina (eventuale Mutazione MTHFR)
Antitrombina
Proteina C
Proteina S
Ricerca Lupus Anticoagulant (LAC)
Anticorpi anticardiolipina
Anticorpi anti-Beta 2 glicoproteina
Lo screening comprende test funzionali (PT, aPTT, fibrinogeno, resistenza alla proteina C attivata, antitrombina,
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CMA Srl - CENTRO MEDICO ARCIDIACONO
Proteina C, Proteina S, LAC), test sierologici (ricerca anticorpi anticardiolipina e anti-Beta 2 glicoproteina, omocisteina) e test genetici ( Fattore V Leiden Fattore II Leiden,
MTHFR). Mentre i test sierologici e genetici possono essere eseguiti in qualsiasi momento, vi sono particolari condizioni che possono modificare specificamente i risultati
dei test funzionali.
È pertanto sconsigliata l’esecuzione dei test funzionali
nelle seguenti condizioni cliniche:
•
•
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•
fase acuta di un evento trombotico
terapia anticoagulante in atto
malattie intercorrenti acute
terapia estro progestinica
gravidanza
epatopatie
Si consiglila di eseguire lo screening per trombofilia a
distanza di almeno 3 mesi dall’evento tromboembolico acuto e dopo la sospensione da almeno 20-30 giorni
del trattamento anticoagulante orale. Nei familiari di
portatori di alterazione trombofilica, oltre alla ricerca
dell’ alterazione presente nel familiare, è consigliabile
eseguire anche la ricerca dei Fattori V e II Leiden per la
possibile associazione di queste mutazioni con l’alteerazione trombofilica presente nella famiglia. Nelle donne che devono assumere contraccettivi, che non
presentano le indicazioni raccomandate, non è indicato
eseguire screening trombofilici alla ricerca delle mutazioni
più frequenti presenti nella popolazione generale i9n quanto non giustificati da un rapporto positivo costo/beneficio.
A cura del Laboratorio Analisi
CMA Centro Medico Arcidiacono
Responsabile di Laboratorio
Dott.ssa Lorena Pompucci
www.arcidiaconosrl.it - [email protected] - Via di Prataporci, 52 - 00132 Roma (RM) - tel. 06.2070889 sei linee R.A. - fax. 06.20765709