Lezione 12 - DiSTABiF

Corso di Laurea in Farmacia
Insegnamento di
BIOCHIMICA
Angela Chambery
Lezione 12
Purificazione delle proteine
Concetti chiave:
• Le condizioni ambientali, come il pH e la temperatura, influenzano la stabilità di una
proteina durante le fasi della sua purificazione.
• Per quantificare la presenza di una proteina durante la sua purificazione si può utilizzare
un dosaggio specifico che sfrutta le proprietà chimiche o di legame di quella determinata
proteina.
• Per isolare una proteina dalle altre molecole si usano metodi di frazionamento che
sfruttano le proprietà uniche delle proteine quali la loro struttura e la composizione chimica.
• Aumentando la concentrazione salina di una soluzione si provoca la precipitazione
selettiva (“salting out”) di proteine aventi diversa solubilità.
Estrazione delle proteine
La prima tappa nell’isolamento delle proteine prevede l’estrazione dalla cellula. Tale
processo avviene mediante un’omogeneizzazione che distrugge il tessuto e rilascia i
componenti intracellulari in sospensione.
L’omogeneizzazione viene anche usata come fase preliminare per la purificazione parziale
di organuli cellulari per gli studi sulla compartimentazione metabolica.
Per il successo della omogeneizzazione sono molto importanti:
la scelta del tessuto di partenza
le proprietà fisiche e chimiche della soluzione fisiologica adoperata
il metodo impiegato per la distruzione delle cellule
Scelta del tessuto di partenza
Il materiale biologico deve essere ricco di organuli specifici e molto attivo nei processi
metabolici di interesse (es. fegato per mitocondri, timo per nuclei). Se sono disponibili
materiali di partenza diversi, si sceglie la migliore combinazione dei seguenti parametri: i)
maggiore quantità di proteina (es. globuli rossi per emoglobina, muscolo per la
mioglobina); ii) costi meno elevati; iii) estrazione più agevole
Proprietà della soluzione fisiologica
Le soluzioni fisiologiche comprendono soluzioni tampone con proprietà chimico-fisiche che
minimizzino un danneggiamento irreversibile alle proteine una volta isolate dal loro
ambiente naturale. La loro composizione tende quindi a mimare quella dei fluidi corporei.
Fattori cruciali delle soluzioni fisiologiche sono la isotonicità del medium rispetto alle
cellule e la capacità tamponante ad un pH fisiologico. Una soluzione fisiologica di
riferimento è una soluzione contenente 0,9% Peso/Volume di NaCl (cioè circa 9 g/L).
Vanno inoltre presi in considerazione i seguenti fattori:
pH delle soluzioni tampone utilizzate. Non tamponare il pH può portare a denaturazione
o degradazione delle proteine
Temperatura. La purificazione delle proteine è solitamente condotta a basse T
Presenza di proteasi cellulari
Adsorbimento su superfici
Conservazione per tempi prolungati
Soluzioni tampone di uso comune
SISTEMI TAMPONE DI USO COMUNE
pK________________
Acido acetico - acetato di sodio
4,75
Carbonato d'ammonio
6,10 e 10,22
Fosfato di sodio mono e bibasico
1,93, 6,70 e 12,30
Tricina (N-tris(idrossimetil)metilglicina)
10,0
HEPES (acido N-2-idrossietilpiperazina-N’-2-etansulfonico)
7,50
Tris-Cl (2 ammino-2-idrossimetil propano 1,3-diolo)
8,14
Proprietà della soluzione fisiologica
La soluzione impiegata è fondamentale per preservare gli organuli, l’integrità metabolica e,
se necessario, prevenire l’azione di alcune attività enzimatiche. Essa deve mantenere le
condizioni isosmotiche, un adatto pH e livelli ottimali di ioni inorganici. Alcuni dei più
utilizzati sono riportati di seguito:
Componente
Saccarosio
Funzione
Agente osmotico
2-mercaptoetanolo, DTT, DTE, cisteina Agenti riducenti
Impiego
Prevenire il rigonfiamento e
l’esplosione degli organuli
Riduzione dei ponti S-S
Citrato
Disattivante della desossiribonucleasi Preservare i nuclei
Etilendiamminotetracetato (EDTA)
o Etilenglicoltetracetato (EGTA)
Agenti chelanti
(rimozione di cationi)
Inattivazione delle proteasi di
membrana
Mg++
Catione bivalente
Preservare l’integrità del nucleo
e dei ribosomi
Distruzione delle cellule
Le procedure di omogeneizzazione per la purificazione delle proteine implicano
necessariamente una fase di distruzione cellulare che possono essere meccanici, chimici ed
enzimatici. La scelta del metodo dipende dalla natura della parete/membrana cellulare.
Cellule di mammifero. Membrana plasmatica
Cellule batteriche. Parete estremamente rigida (peptidoglicani)
Cellule vegetali. Parete rigida (complessi di carboidrati, lignina o cera)
Cellule di funghi e lieviti. Parete estremamente rigida (polisaccaridi)
Metodi meccanici
I metodi di distruzione cellulare includono l’utilizzo di:
Omogeneizzatori Waring-Blender o Polytron
Mortaio con pestello di ceramica
French Press. Sistema più impiegato per cellule con parete rigida (microbi).
Dounce e Potter-Elvehjem. Distruggono le cellule forzandone il passaggio (mediante
pressione esercitata manualmente o automaticamente) attraverso il ristretto spazio tra
pestello e parete.
Sonicatori. Bagni o sonde ad immersione che generano ultrasuoni
Metodi enzimatici e chimico-fisici
Metodi enzimatici. Le pareti cellulari possono essere degradate utilizzando enzimi
specifici. Il lisozima ad esempio taglia i peptidoglicani e può essere quindi utilizzato per i
batteri mentre zimoliasi e liticasi esercitano la medesima funzione sulle pareti dei lieviti. La
chitinasi viene invece impiegata per i funghi filamentosi.
Shock osmotico. L’utilizzo di una soluzione ipotonica determina la rottura delle
membrane cellulari a causa della penetrazione del solvente nelle cellule. Il metodo può
essere impiegato per le cellule non dotate di parete.
Congelamento/Scongelamento. L’integrità delle cellule può essere anche danneggiata da
rapidi cicli di congelamento/scongelamento. L’acqua presente all’interno della cellula,
formando cristalli di ghiaccio, aumenta di volume e rompe le membrane. Anche in questo
caso il trattamento è adatto alle cellule prive di parete.
Detergenti e solventi organici. SDS, Triton X 100, Tween 20, Nonidet P40
Saggio
Per purificare una proteina bisogna disporre di un sistema che ne rilevi la quantità. Di
conseguenza è necessario mettere a punto un saggio specifico per la proteina bersaglio,
altamente sensibile e di facile impiego.
• Deve essere eseguibile rapidamente su molti campioni;
• Deve indicare in modo affidabile la quantità della proteina desiderata presente ai vari
stadi di purificazione (specificità, sensibilità, riproducibilità);
I dosaggi immunologici sono altamente sensibili e specifici.
Saggio
Per la purificazione di enzimi si può seguire la scomparsa dei substrati, la formazione di
prodotti e/o la trasformazione di coenzimi mediante metodi spettrofotometrici. Esempio:
isolamento della lattico deidrogenasi da fegato.
Saggio
Spettri di assorbimento di amminoacidi aromatici e proteine
La concentrazione di una proteina in soluzione può essere misurata mediante spettroscopia
di assorbimento. L’assorbimento della luce da parte di un soluto è governata dalla Legge di
Lambert-Beer (A=εεlc). Poiché ε è noto è agevole ottenere la quantità di una proteina.
I polipeptidi assorbono la luce nella regione degli UV per la presenza di amminoacidi
aromatici con un massimo di assorbimento medio di 280 nm.
Quantificazione di proteine
• Se ε non è noto oppure siamo in presenza di una miscela di proteine, si può far
riferimento al dato che 1mg/mL di proteine presentano un assorbanza media di 1 a 280 nm.
• Un metodo molto preciso consiste nell’idrolizzare con acidi una porzione di campione ed
effettuare l’analisi amminoacidica sull’idrolizzato. Tale procedura è però un po’ laboriosa
per cui si preferisce sfruttare saggi colorimetrici.
• Le proteine presenti nella soluzione reagiscono con un reagente dando luogo ad un
prodotto colorato. L’intensità del colore sviluppato si correla con la quantità di proteina.
Quantificazione di proteine
Reagenti specifici vengono incubati con quantità NOTE di una proteina (es. Albumina da
siero bovina- BSA) e si ottiene una retta di calibrazione. Poi si fa reagire con lo stesso
colorante un volume noto di miscela di proteine e si relazione l’assorbanza con la quantità
sulla retta di calibrazione.
C1
C2
Cx
C3
C4
Retta di calibrazione
Metodo del biureto.
Il metodo del biureto si basa sulla capacità degli ioni Cu+2 di interagire con le proteine e
formare dei complessi con l’azoto del legame peptidico. Tali complessi producono un colore
blu che può essere misurato a 540 nm.
Il reattivo del biureto consiste di una soluzione alcalina di solfato di rame (CuSO4). La
reazione del biureto è data da tutti i composti che contengono almeno due gruppi peptidici
(-CO-NH-) legati fra loro o direttamente, o per mezzo di un atomo di carbonio (peptidi,
proteine) o per mezzo di un atomo di azoto, come nel caso del biureto.
Metodo del biureto.
La riduzione del rame ed il rilascio di elettroni portano una variazione del colore dal blu al
violetto e l’intensità del colore è proporzionale alla concentrazione di proteina in soluzione.
Metodo di Lowry e BCA.
Consiste nel far seguire la reazione del biureto dalla riduzione, in condizioni alcaline, del
reagente di Foling-Ciocalteau (una miscela di fosfomolibdato e fosfotungstato). Viene
utilizzato anche per la determinazione degli antiossidanti totali di un alimento, perchè
reagisce con le sostanze riducenti).
Il metodo BCA utilizza una reazione simile a quella di Lowry, eccetto che si usa acido
Bicinconinico (BCA) invece del reagente di Foling-Ciocalteau.
Metodo di Bradford (legame con coloranti).
Il legame del colorante Coomassie Brilliant Blue G-250 alle proteine (mediante formazione
di complessi non covalenti con gli amminoacidi basici) provoca uno spostamento del
massimo di assorbimento del colorante da 465nm (rosso) a 595 nm (blu) in soluzioni acide
(50% acido fosforico).
Procedure di purificazione delle proteine
Le proteine sono purificate mediante procedure di frazionamento basate sulle proprietà
chimico-fisiche della proteina di interesse. Pur perdendo in parte la proteina desiderata si
mira ad eliminare in maniera selettiva le altre componenti dalla miscela.
Solubilità delle proteine
Dato che le proteine contengono numerosi gruppi carichi, la loro solubilità dipende dai sali
disciolti in soluzione, dalla polarità del solvente, dal pH (solubilità minore al pI) e dalla
temperatura.
Frazionamento mediante “salting out”
A basse concentrazioni ioniche la solubilità aumenta (salting in) aggiungendo sale (di solito
solfato di ammonio). Gli ioni aggiunti schermano le cariche della proteina e, aumentando
ulteriormente la quantità di sale la solubilità diminuisce (salting out) come risultato della
competizione per le molecole del solvente.
A concentrazioni saline elevate le molecole di solvente sono impegnate nella solvatazione
degli ioni aggiunti.
Frazionamento mediante “salting out”
Poiché proteine diverse hanno anche composizioni ioniche e idrofobiche differenti esse
possono diventare insolubili a concentrazioni saline differenti. Il salting out è una
procedura utilizzata di frequente per purificare proteine.
Le molecole indesiderate sono eliminate aggiungendo il sale ad una concentrazione appena
inferiore al punto di precipitazione della proteina di interesse. Le proteine precipitate
vengono rimosse mediante centrifugazione.
Centrifugazione
Concetti chiave:
• La centrifugazione è un metodo di separazione che consente di separare sostanze a diversa
densità per mezzo della forza centrifuga.
Centrifugazione
La centrifugazione è un metodo di separazione che consente di separare sostanze a diversa
densità per mezzo della forza centrifuga. In una centrifuga, le provette sono sottoposte a
centrifugazione cioè a una rotazione ad altissima velocità.
Rotore
Camera d’acciaio

Coperchio del
rotore
(a tenuta d’aria)
Coperchio del tubo
da centrifuga
Asse di rotazione
Centrifugazione
Refrigerazione
Motore
Pompa a
vuoto
Accelerazione
centrifuga
Porta-tubo
di metallo
Perno
A causa della rotazione, le particelle nella miscela sono sottoposte ad un intensa
accelerazione centrifuga, che può equivalere anche a molte migliaia di volte la
accelerazione di gravità (indicata con g)
Centrifugazione
L’equazione fondamentale che descrive la velocità di sedimentazione di una particella in
sospensione, sottoposta ad una accelerazione centrifuga è la seguente:
v=
2 rP2 (ρP − ρM ) ω2r
9 η ( f / f0 )
v = velocità terminale della particella
rP = raggio della particella
(ρ
ρP - ρM)=
differenza tra la densità della particella (ρ
ρP) e quella del mezzo in cui è sospesa
ρ
ω = velocità angolare della centrifuga (in radianti/secondo)
r = distanza tra la particella e l’asse di rotazione
η = coefficiente di viscosità del mezzo
(f / f0) = rapporto di attrito, cioè il rapporto tra il coefficiente di attrito f della particella
‘reale’ ed il coefficiente di attrito per una particella perfettamente sferica e non idratata,
f0. (In pratica, si tratta di un fattore di correzione che tiene conto della diversa forma e
delle diverse caratteristiche superficiali delle particelle).
Centrifugazione
In seguito a centrifugazione, la parte più densa del miscuglio si deposita sul fondo delle
provette, mentre la parte meno densa rimane sopra. La velocità della particella dipende
essenzialmente dalle dimensioni e dalla densità della particella stessa.
Poiché gli organelli in un omogenato cellulare hanno dimensioni, densità e forme diverse, è
possibile separarli in base alla loro diversa velocità di sedimentazione.
Centrifugazione frazionata
La centrifugazione differenziale o frazionata è la tecnica più usata per il frazionamento
cellulare, cioè per l’ottenimento di preparazioni quasi pure di organelli cellulari.
600 g
10
min
Omogenato Nuclei
15000 g
5 min
100000 g
60 min
300000 g
2h
Ribosomi
Mitocondri, Microsomi,
Lisosomi e Reticolo
Perossisomi Endoplasmatico
Citosol
Centrifugando un omogenato cellulare a velocità modeste sarà possibile ottenere la
sedimentazione dei nuclei ma non degli altri organelli, che hanno densità e/o dimensioni
minori e che rimarranno nel sovranatante. Il sovranatante può essere ulteriormente
processato per ottenere altri tipi di particelle più piccole.
Centrifugazione su gradiente di densità
È basata sul principio di separare le particelle senza depositarle sul fondo del tubo, così da
eliminare i fenomeni di cosedimentazione. Il campione é depositato sopra un gradiente di
densità, cioè su una soluzione (di solito contenente saccarosio, oppure CsCl) che aumenta in
densità dall’alto verso il fondo del tubo.
Densità
Campione
Bassa
Alta
ll gradiente di densità del mezzo permette di separare le particelle secondo densità
(centrifugazione isopicnica), disponendole lungo il tubo, in forma di bande, recuperabili
singolarmente.
Centrifugazione su gradiente di densità
Sottoponendo a centrifugazione isopicnica un pellet contenente vari tipi di organelli su un
gradiente piuttosto ampio, che deve coprire l’intero intervallo di densità delle particelle da
separare (ad es., un gradiente dal 20 al 70% di saccarosio) per un tempo sufficientemente
lungo tale da consentire di raggiungere il quasi-equilibrio, si otterrebbe la separazione degli
stessi sulla base delle dimensioni delle particelle.
Organelli
1.09
D
e
n
s
I
t
à
1.11
1.15
1.19
1.22
1.25
(g/cm3)
Lisosomi (1.13)
Mitocondri (1.18)
100,000 g
4 ore
(all’equilibrio)
Perossisomi (1.23)