Corriere della sera

DOMENICA 16 NOVEMBRE 2014
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FONDATO NEL 1876
Corriere Salute
ANNO 139 - N. 272
Passioni e tesori
Oggi
Costosi, spesso inutili
Inchiesta sui farmaci
Al postribolo
con Stendhal
di Luigi Ripamonti e Giangiacomo Schiavi
nell’inserto
di Alessandro Piperno
nel supplemento
Maltempo È emergenza per l’esondazione dei fiumi. Renzi: 20 anni di politica del territorio da rottamare, anche di centrosinistra
CHI RAPPRESENTA CHI
L’acqua invade le città del Nord
Corpi intermedi
o «testimonial»?
Tre i dispersi. Il sindaco di Genova: salite ai piani alti. A Milano chiusi tratti della metropolitana Scommettiamo
ancora sui primi
di Giuseppe De Rita
UN PIANO SPECIALE
PER RICOMINCIARE
D
i questi tempi va di moda
parlar male del mondo
della rappresentanza (sindacale, imprenditoriale, territoriale, politica) come se fosse il buco nero in cui sprofonda ogni
meritevole istanza di responsabilità collettiva e decisionalità
pubblica. Il vento è cambiato rispetto a quando si scommetteva sulla maggiore vitalità della
cosiddetta società civile rispetto alla dinamica dei partiti.
Questo ritorno del primato della politica è per molti inebriante. Sarebbe però prudente non
entusiasmarsi troppo: tutti, in
un tempo non lontano, dovranno applicarsi a ricostituire
le cinghie di trasmissione fra le
domande collettive e la volontà
politica, cioè i meccanismi della rappresentanza.
di Gian Antonio Stella
«M
Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano
continua a pagina 27
a pagina 26
VINCE PAOLO GERACE
eno sentimentalismo
sterile e più cemento!».
Così urlavano gli
incoscienti che mezzo
secolo fa accolsero un gruppo di studiosi scesi a
Montemarcello per opporsi alla lottizzazione
degli stupendi declivi. Lo scrisse Indro
Montanelli, raccontando furente la cecità con
cui stavano seppellendo la Liguria sotto il
calcestruzzo. E condannandola ai rischi di oggi.
Toglie il fiato rileggere, nel ribollio di notizie su
nuove esondazioni e nuove frane e nuovi lutti e
nuovi incubi, i reportage dei grandi cronisti che
allora descrissero inorriditi lo scempio di
quella terra flagellata oggi dal maltempo e dallo
strascico di errori antichi. Stanno venendo al
pettine nodi lasciati per decenni irrisolti. Sul
fronte economico e sindacale. Sul fronte delle
periferie, bruttissime e progettate, per dirla con
Antonio Cederna, come «case-canili». Sul
fronte dell’ambiente dato che, come scrisse il
nobiluomo modenese Luigi F. Valdrighi, «la
barbarie è sgoverno permanente e, fra le
caratteristiche degli sgoverni sono anche le
inondazioni».
Per troppo tempo il nostro Paese, nel
rapporto con la natura, è stato «sgovernato».
Ignorando quanto già avvertiva Leonardo da
Vinci: «L’acqua disfa li monti e riempie le valli,
e vorrebbe ridurre la terra in perfetta sfericità,
s’ella potessi». Dando la colpa delle alluvioni
alla malasorte o addirittura alle streghe, come
nel 1493 quando i mantovani bruciarono viva
una poveretta accusata di una piena del Po.
Scacciando come mosche fastidiose i ricordi
delle tragedie che dovevano essere di monito.
Pretendendo di imprigionare le acque come a
Messina dove i 52 torrenti del territorio
comunale sono stati per la metà intubati. E
tagliando via via i fondi per il rischio
idrogeologico. Ridotti l’anno scorso a 30
milioni di miserabili euro. Briciole.
È da qui che bisogna ripartire. Dobbiamo
tornare a governare la nostra terra. Proprio
perché è bellissima e fragile. Perché è unica al
mondo. Perché riparare i suoi guasti con un
grande progetto e grandi investimenti potrebbe
essere l’occasione per sfilarci dal collo il nodo
scorsoio della crisi. Come potrebbe l’Europa
sbatterci i suoi No in faccia su un tema come
questo?
Nubifragi e frane, fiumi e torrenti esondati, autostrade chiuse e ferrovie interrotte. Il maltempo flagella il Nord. Un
disperso a Genova, due vicino a Varese. Milano allagata da Seveso e Lambro, Basso Piemonte sott’acqua. (Nella foto, il
salvataggio di una signora in via Imperatore, ieri a Milano) alle pagine 2 e 3 Dellacasa, Ferrari, Giuzzi, Imarisio
IL NO DI FRANCESCO «È FALSA COMPASSIONE»
Eutanasia, aborto
Il Papa si appella
ai medici cattolici
9 771120 498008
41 1 1 6>
I
Delusione
La Russia
continua
a perdere:
tagliato
da mesi
l’assegno
a Capello
di Enrico Marro
a pagina 13
VERTICE IN AUSTRALIA LA QUESTIONE UCRAINA
● GIANNELLI
Putin accusato
dagli altri Grandi
L’Italia lo invita
di Luigi Accattoli
di Massimo Gaggi e Marco Galluzzo
I
A
l Papa ribadisce la dottrina della Chiesa su
aborto ed eutanasia e invita i medici cattolici a
essere «coraggiosi», capaci di «scelte controcorrente», fino ad arrivare «all’obiezione di coscienza»: «Il pensiero dominante propone una
falsa compassione: quella che ritiene sia un aiuto alla donna favorire l’aborto, un atto di dignità
procurare l’eutanasia». Una frase giudicante, tipica dei moniti di Giovanni Paolo II.
a pagina 16 Iossa
l G20 di Brisbane, in Australia, si stringe il
cerchio dei Grandi nei confronti del presidente russo Vladimir Putin. La questione Ucraina, gli sconfinamenti degli aerei russi nello spazio aereo europeo, allarmano i leader dei Paesi
riuniti al vertice. Il britannico Cameron chiede
nuove sanzioni, il presidente Usa Obama parla di
«minaccia globale». Il più dialogante è il nostro
premier Renzi, che ha invitato Putin a Expo 2015.
alle pagine 5 e 6 Labate, Taino
di Aldo Grasso
● PADIGLIONE ITALIA
● STORIE& IDEE
UN GESUITA TEDESCO
NIENTE RUBLI PER IL CT PIÙ PAGATO DEL MONDO 1631, L’UOMO
eri sera si è giocata AustriaRussia nel mitico Prater di
Vienna (1-0). Al momento
non sappiamo se la Federcalcio
russa abbia staccato l’assegno
che da mesi deve a Fabio Capello. La questione è diventata un
caso diplomatico e forse Renzi
ne parlerà al G20 di Brisbane
con Putin: che riguardi anche la
fornitura di gas?
Capello è l’allenatore della
Russia e nonostante la sua scelta sia stata benedetta proprio da
Putin (pare dopo una telefonata
con Berlusconi), da tempo non
IL DOSSIER
Allarme tasse:
così cresceranno
nelle Regioni
prende il becco di un quattrino.
I suoi assistenti, Neri e Panucci,
hanno già fatto le valigie. A dispetto dei 9 milioni netti all’anno che i russi si erano impegnati a corrispondergli fino al 2018,
il dirigente federale Stephasyn
gli ha fatto sapere che le casse
sono vuote. La Russia non ha
più rubli? In panchina, il burbero tecnico bisiaco non sempre è
stato un «vincente» (Juve, Real,
Inghilterra, Russia) e, tra parentesi, anche con il Fisco italiano
in passato le cose non sono filate lisce. L’allenatore più amato e
odiato del mondo, l’allenatore
più pagato e, secondo alcuni,
più attaccato ai soldi ha ora un
diavolo per...
Forse il mancato pagamento
nasconde una profonda scontentezza: i risultati della Nazionale russa, dopo il deprimente
Mondiale in Brasile, sono deludenti e i russi cercano un pretesto per stracciare il contratto.
Problema ontologico e tricologico: nel calcio, come nella vita, i soldi sono come i capelli?
Se li hai stai meglio?
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CHE DIFESE
LE STREGHE
di Claudio Magris
a pagina 30
LO SCIENZIATO DI ROSETTA
UNA CAMICIA
MOLTO SESSISTA
(O FORSE NO?)
di Anna Meldolesi
a pagina 25
Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
2
#
Primo piano Il maltempo
Tre dispersi fra Lombardia e Liguria. Seveso e Lambro mandano in tilt il metrò
Renzi: «Ci sono 20 anni di politica del territorio da rottamare, anche a sinistra»
Alessandria e Milano, città sott’acqua
800
Millimetri
La pioggia
caduta sulla
città di Genova
nelle prime due
settimane di
novembre. Le
precipitazioni
sono di poco
inferiori ai
1.100
millimetri di
media annua
200
Gli interventi
Quelli effettuati
nella giornata
di ieri dai vigili
del fuoco
a causa
dell’ondata
di maltempo
che ha
investito la città
di Genova
e la zona
di Ponente
2
Metri
È di quanto
ha superato
ieri la soglia
di pericolo il
fiume Bormida,
ad Alessandria.
Il livello record
ha provocato
diversi
allagamenti
nella zona
6,53
Metri
Il livello
registrato ieri
sera dal lago
Maggiore con
un tasso di
crescita di 1,5
centimetri
all’ora. Il lago
d’Orta, sempre
ieri, era a quota
2,81 metri
5
I morti
Quelli provocati
in meno
di ventiquattro
ore dall’ondata
di maltempo
che ha colpito
il Sud della
Francia: tra le
vittime anche
una madre con
i due figli piccoli
Due dispersi nel Varesotto,
dove il fango ha invaso una casa a Cerro di Laveno, e uno in
Liguria, finito con l’auto nel
greto di un fiume a Serra Riccò.
I sommozzatori hanno trovato
prima la vettura distrutta e poi
hanno individuato l’area dove
potrebbe essere il corpo di Luciano Balestrero, 67 anni, impiegato comunale in pensione.
E a Genova continua l’emergenza. A mezzogiorno il telefono è squillato in casa di 109 mila famiglie: «Attenzione qui il
Comune di Genova e la Protezione civile, alluvione in corso,
non uscire di casa, salire ai piani superiori, massima attenzione». Il Polcevera aveva appena
rotto un argine, l’onda impetuosa di fango si è riversata in
mare con una forza tale da mettere in pericolo una portacontainer, la Chodziez. La Concordia è stata sfiorata da una tromba marina che ha scagliato
un’altra portacontainer contro
la banchina. È stata una giornata infernale di vento a 80 chilometri orari, mare forza 8, corsi
d’acqua impazziti non solo per
Genova, ma per tutta la Liguria
che da un mese vive sotto la minaccia delle alluvioni. E il maltempo non ha risparmiato il
Basso Piemonte, il bacino del
Po e la Lombardia a partire da
Milano dove sono esondati Seveso e Lambro.
«Quando come primo atto
del nuovo Governo ho fatto
l’unità di missione per il dissesto idrogeologico e l’edilizia
scolastica mi hanno fatto i risolini. Ora spero sia chiaro il motivo. Ci sono vent’anni di politica del territorio da rottamare,
anche in alcune regioni del
centrosinistra» diceva ieri dall’Australia il premier Matteo
Renzi ai suoi, ricordando la sua
esperienza di sindaco con urbanistica a volumi zero.
Ieri a Genova il sorvegliato
speciale, il Bisagno, ma stavol-
ta a esplodere è stato il Polcevera trasformando le strade dei
Comuni dell’entroterra e del
Ponente di Genova in torrenti
di fango. Col Polcevera sono
tracimati torrentelli e rii, come
il Riasso che a Serra Riccò ha
scaraventato un’auto nel greto
di Riccò. Genova, semideserta,
è rimasta a lungo isolata: chiuse le autostrade da e per Milano, chiusa l’Aurelia e le provinciali, interrotta la ferrovia per
Milano, Torino e a tratti per
Ventimiglia. Voli cancellati o
dirottati a Pisa. E a sera erano
almeno 200 le persone che
hanno dovuto lasciare le proprie case in pericolo. Le cose
sono andate peggio nel Ponente Ligure, a Savona, finita sotto
l’acqua, a Vado, a Varazze, ad
Alassio. Il sindaco di Albenga
Ad Alessandria Gli allagamenti in zona Pietra Marazzi (Protezione civile di Alessandria)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Danni all’agricoltura
Aziende agricole
colpite dalle alluvioni
«Non ce la faranno
a riaprire»
Giorgio Cangiano è quasi alla
disperazione, la piana ingauna
famosa per le colture di pregio
è un lago di fango: «Aziende
storiche dicono che non ce la
faranno a riaprire».
L’assessore regionale alla
Protezione civile Raffaella Paita
ha chiesto l’intervento di mezzi
dell’esercito mentre l’allerta
massima si spostava da Ponente a Levante e si concluderà —
si spera — questa mattina per
il Tigullio e lo Spezzino. E «catastrofe» è la parola che ha usato anche il sindaco di Alessandria per il suo territorio violato
dalle frane, venti, strade chiuse, frazioni isolate, persone salvate prima di essere travolte
dalla piena, cascine evacuate
lungo il Bormida. Tutti i corsi
d’acqua del Nordovest sono
La pioggia in Liguria
(in 24 ore)
65 millimetri
soglia massima
Mele (Genova)
296,4
Fiorino (Genova)
295,2
Ellera (Savona)
288,8
Savona Lavagnola
288
Monte Pennello (Genova)
287
Savona
231,7
Genova Pontedecimo
227,4
Genova Bolzaneto
207,6
Genova Pegli
161,4
Genova Quezzi
120,6
A Milano Il fiume Seveso esonda nei pressi dell’Ospedale Niguarda, nel Nord della città (Bettolini)
L’anziana salvata
mentre attraversa:
«Quell’ondata
la stava portando via»
L’acqua del Seveso che
scende da via Graziano Imperatore è come un piccolo torrente
in piena. Arriva al ginocchio,
corre veloce verso valle. Sul
marciapiedi ci sono due uomini e un’anziana. Uno è un fotoreporter, sta immortalando la
furia dell’esondazione del fiume che scorre sotto al quartiere
di Niguarda. Prova ad attraversare la barriera d’acqua fangosa
della nona esondazione del fiume sotterraneo nel corso del
2014. Ma è troppo pericoloso.
Arretra.
L’altro uomo, che abita in zona, si offre di accompagnare la
signora con le borse della spe-
sa verso casa. «Quando sono
arrivati a metà della via la donna è caduta», racconta Vince
Paolo Gerace, fotografo freelance che sta scattando alcune
istantanee e riprende l’intera
sequenza: «Ero sicuro che non
sarebbero riusciti a passare, era
pericoloso».
Il fotografo vede l’anziana
scivolare. Il corpo cade nell’acqua in quel punto alta quasi
mezzo metro. Anche il suo accompagnatore scivola. Non riesce a rialzarsi, entrambi vengono trascinati per qualche metro dalla corrente. Gerace lascia
la macchina fotografica, entra
in acqua e si blocca con le gam-
Fonte: Arpal - L’acqua caduta
dalle 20 di venerdì alle 20 di ieri
CDS
be davanti al corpo dell’anziana. Riesce a fermarlo, ma non
può fare altro. È in quel momento che arrivano altri due
passanti. Hanno gli stivali, riescono a entrare nell’acqua fangosa e a trascinare la pensionata fino al marciapiedi.
«La donna non parlava, era
agitata e completamente fradicia. Non poteva restare lì in
quella situazione — continua il
racconto del fotoreporter —. A
quel punto abbiamo chiamato
un’ambulanza». Ma l’acqua in
strada è troppo alta, il mezzo di
soccorso, dopo vari tentativi,
non riesce ad arrivare. Passano
alcuni istanti: «Ho visto una
jeep della Protezione civile in
lontananza, ho fatto dei segni:
sono stati loro a soccorrere la
donna. L’hanno caricata in auto e portata in ospedale per un
controllo». L’anziana non è ferita, ma trema, è spaventata.
«Ha pensato di morire, l’acqua
la stava trascinando. Incredibile che tutto questo possa succedere a Milano. Per la seconda
volta in una settimana».
Cesare Giuzzi
Paura nelle strade di Niguarda
MILANO
sotto osservazione, si monitora
il Po che a Torino lambiva i Murazzi e che nella notte dovrebbe
avere il colmo di piena a Borgoforte (Mantova) senza rischio
di esondazione.
Allagamenti e blackout in
Lombardia, in Brianza, allerta
per l’Adda nel Lodigiano e per
il lago Maggiore, esondato nei
giorni scorsi. A Milano il Seveso e il Lambro hanno inondato
decine di vie cittadine che sono
state chiuse al traffico, ed è saltata la metropolitana. Diverse
stazioni, su tre linee, non erano
raggiungibili o sono state chiuse perché considerate non sicure. «L’Esercito — ha detto il
ministro della Difesa — è pronto a rispondere agli Sos delle
regioni alluvionate».
Erika Dellacasa
In pericolo Due immagini del salvataggio di una pensionata a Milano (foto Gerace)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
PRIMO PIANO
3
Il reportage
di Marco Imarisio
DAL NOSTRO INVIATO
«Pontedecimo dimmi
qualcosa, abbiamo perso i contatti, Pontedecimo non vi sentiamo». Alle quattro del pomeriggio, cielo nero, acqua che
sembra venire giù a secchiate,
il dirigente della Protezione civile si rivolge a un quartiere distante due chilometri in linea
d’aria come se stesse chiedendo un segnale da una sonda
spaziale in viaggio verso l’ignoto.
Nella sala della Protezione
civile al decimo piano del palazzo che tutti chiamano Matitone i rivi esondati lampeggiano in rosso sullo schermo e
sembrano formare due tenaglie che dall’alto e da lati opposti tengono stretta la città. Davanti c’è il mare in burrasca con
le sue tre trombe d’aria nel giro
di mezz’ora, dietro le montagne. Non ci sono vie d’uscita,
non c’è modo per entrare. La
A7 tra Busalla e Bolzaneto è coperta da fango e detriti. L’unico
modo per arrivare sino a qui è
stato il passaggio dalla prima
colonna dei mezzi di soccorso
che si sono messi in cammino
da mezza Italia.
Genova, la stupenda e fragile
Genova, vive in solitudine un
calvario che non merita. È successo ancora, a distanza di neppure un mese. Ma oggi è persino peggio. Quel groviglio di fili
che lampeggiano in rosso sullo
schermo sono la prova di una
precarietà elevata a consuetudine, la certificazione del crollo
di ogni possibile sicurezza. I
soliti sospetti Bisagno e Fereggiano fanno paura ma ancora
tengono. «Sta tornando in sé»
dice di quest’ultimo torrente
l’assessore comunale Gianni
Crivello. In questa sala, in questa città esausta, parlano ormai
dei loro maledetti fiumiciattoli
come se fossero conoscenti,
parenti pazzi che ogni tanto
GENOVA
Arte e realtà
di Gian Arturo Ferrari
Sferzati dalla pioggia e flagellati dal vento. Così si vive in
questi giorni a Milano. Invece
di godere le scarne gioie di novembre — pallidi soli, foglie
morte, veli di nebbia, sentieri
nel parco — ci ritroviamo sul
ponte di una specie di goletta,
come in Capitani coraggiosi,
quasi fossimo pescatori di
merluzzi e di aringhe, bagnati
dall’alto, di traverso e anche dal
basso. Grazie in quest’ultimo
caso alle scie maestose e geometriche che le automobili
(per non parlare degli autobus…) sollevano solcando i vasti laghi dove una volta erano
marciapiedi, cordoli, cunette,
tombini.
In più, a differenza di quei
valorosi marinai, non disponiamo di un abbigliamento
adeguato, né di cerate né dei
meravigliosi cappelli, chiamati
Sudovest, che coprono con una
larga ala la nuca e il collo. Restiamo dunque così, inermi e
Inghiottite La voragine che si è aperta ieri in zona piazza Baracchini, Genova Ponte X, poco dopo mezzogiorno: due auto sono state trascinate giù (foto di Stefania Conti/Twitter)
Il suono delle sirene segnala la piena
L’eterna emergenza di Genova allagata
Sacchi di sabbia alle finestre e clienti allontanati dai negozi: «Qui siete in pericolo»
danno di fuori, cose da mettere
in conto.
Il danno più grande è proprio questa muta accettazione
dell’inaccettabile. È lo sguardo
rassegnato della donna che all’imbocco del ponte sul Polcevera chiuso all’improvviso quasi tagliando in due la città, due
compartimenti stagni, uno in
alto e l’altro in basso, chiede se
proprio non è possibile passare
di là con l’auto, sto andando da
mia madre, deve fare la dialisi.
Quando il vigile urbano le oppone un diniego altrettanto
rassegnato la donna si limita a
tirare su le spalle. «Vuol dire
che chiamo i vicini, magari loro possono aprire all’infermiere. Altrimenti speriamo che ce
la faccia a stare un giorno senza». Risale sulla Panda, accende il motore, saluta e fa retromarcia tornando da dove è venuta.
Anche l’operaio Giuseppe
Lettieri fa una specie di retro-
marcia, allargando le braccia,
così va la vita. Insieme ad altri
due colleghi lo hanno appena
riportato sulla strada, in salvo.
Stava svuotando un capannone
a Cornigliano, in via Muratori,
quando l’acqua ha cominciato
a salire. Era stato così anche a
ottobre, per questo avevano
fatto delle passerelle di legno
rialzate. «Pensavamo che così
ci saremmo salvati. Invece l’acqua le ha scavalcate, in un attimo. Tempo due minuti e non
c’era più niente, eravamo circondati». Adesso che li hanno
tirati fuori, a forza di urla, di
braccia, guarda il capannone
invaso dal fango e si gratta la
barba. «Avevano cominciato
dei lavori sull’argine ma poi li
hanno lasciati a metà. Non so,
forse la causa è questa, ogni
volta ce n’è una diversa».
Ieri pomeriggio sono saltati
rivi tombati difficili persino da
trovare sulle mappe. Hanno generato una reazione a catena fi-
Corriere.it
Sul sito del
«Corriere della
Sera» i filmati,
le foto e gli
approfondimenti
sulla situazione
in tutta Italia
no all’esondazione del Polcevera e degli altri torrenti che innervano il Ponente cittadino.
Ma l’effetto sorpresa o la natura
beffarda sarebbe meglio lasciarli da parte. Nulla, proprio
nulla, può giustificare una
giornata come quella di ieri,
scandita dal suono lugubre
delle sirene che avvisavano del
sopraggiungere delle piene. Le
auto dei Vigili del fuoco guadavano le strade urlando alla gente in casa di salire ai piani alti.
Dai centralini della Protezione
civile sono partite oltre tremila
telefonate ad altrettante famiglie. «Mettetevi in sicurezza,
sta arrivando l’alluvione».
La centralissima via XX Settembre già adornata dalle luminarie di Natale era una landa
desolata, con i negozi e le case
più in basso sbarrate da sacchi
di sabbia e assi di legno. Al centro commerciale della Fiumara
la musichetta del sabato pomeriggio di shopping si è interrot-
ta di colpo intorno all’una.
«Tornate a casa, qui siete in pericolo». I guardiani e gli addetti
alla sicurezza hanno dovuto
rincorrere gli ignari clienti che
si aggiravano per le vetrine, indirizzarli c0n modi spicci verso
le uscite, facendoli correre verso il parcheggio dove le loro
auto rischiavano di essere sommerse. E appena fuori le periferie irraggiungibili, con i mezzi
pubblici abbandonati sul ciglio
della strada verso Pontedecimo
e Mignanego.
Adesso i genovesi spaleranno per qualche giorno, mentre
è già partita la geremiade sulla
quantità di acqua caduta in poche ore, così come ad ottobre
c’era stata la consueta litanìa
sulle grandi opere mai fatte. In
autunno piove, certo. A volte
anche tanto, come ieri. E una
città di un Paese che si vuole civile non può vivere con i sacchi
di sabbia alle finestre.
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Se la pioggia improvvisamente diventa cattiva
Non abbiamo (quasi) mai vissuto i fenomeni meteorologici con tormento
Il romanzo
In «Una
questione
privata» di
Beppe Fenoglio
piove dalla prima
all’ultima pagina
Il film
In «Blade
Runner» di Ridley
Scott (sopra
l’attore Harrison
Ford) il mondo del
2019 è battuto
dalla pioggia
fradici in un rombare di tuoni
(tuoni?), nella luce livida dei
temporali (temporali? a novembre?).
Solo i più anziani tra noi
conservano ancora memoria
dei geloni alle dita, dei preti intesi come scaldaletto, delle fioriture di ghiaccio ai vetri (all’interno, s’intende) delle finestre.
Ma tra breve nessuno più ricorderà neppure le estati torride, i
vani tentativi di creare un riscontro d’aria, le notti insonni
nella calura. La fine della civiltà, o forse semplicemente del
modo di vivere contadino e la
diffusione dei sistemi prima di
riscaldamento e poi di refrigerazione ci ha tutti assuefatti a
una vita a temperatura costante, in cui le condizioni climatiche si vedono, ma in sostanza
non si sentono.
Siamo la civiltà dei 22 gradi.
Garantiti, o così almeno noi
pretendiamo. Ma, a quanto pare, la natura o comunque vo-
gliamo chiamare quel che è all’esterno, fuori di noi, non è
dello stesso parere e rivendica i
suoi diritti e un suo ruolo. O
forse — e più verosimilmente
— siamo noi che sopportiamo
sempre meno quel che si discosta dai 22 gradi, un mondo
non tutto ad aria condizionata.
Fino a poco tempo fa non
c’era nessuna attenzione collettiva per i fenomeni metereologici più consueti, per la pioggia, per il vento, per la neve.
Certo, c’erano le grandi catastrofi, il Polesine nel 1951, Firenze nel 1966, il Tanaro nel
1994, Sarno nel 1998, ma erano
viste come fenomeni a se stanti, non legati a uno stillicidio se
non quotidiano almeno annuale. Nulla a che vedere, per fare
solo un esempio, con la mirabile puntualità delle esondazioni del Seveso, sulle quali, come sulle passeggiate di Kant, si
potrebbe regolare l’orologio.
La pioggia, quella che ci tor-
menta in questi giorni, è stata
di conseguenza sempre vista
con una specie di familiarità,
come un animale domestico
un po’ fastidioso ma affezionato. Nel romanzo più piovoso
della letteratura italiana contemporanea (bellissimo tra i
più belli) e cioè Una questione
privata di Beppe Fenoglio, dove piove dalla prima pagina all’ultima, tutta quest’acqua serve a rappresentare lo stato
d’animo desolato del protagonista, ma non lo impensierisce
minimamente. In realtà nella
letteratura e anche nella storia
italiana più che piovere ha
sempre piovigginato. Piogge-
La civiltà dei 22 gradi
Siamo assuefatti a una
temperatura costante:
la nostra è la civiltà
dei 22 gradi garantiti
relline di marzo, pioggette sui
«vestimenti leggieri», nu’ poco
chiove, piovigginava anche a
Caporetto. Le grandi piogge si
collocavano in Paesi o nordici o
monsonici, dove allentavano
inconfessate tensioni.
Per questo siamo così stupiti
ancor più che allarmati di fronte alle tante piogge che ci affliggono. Come se l’animale
domestico avesse all’improvviso rivelato un’indole feroce, pericolosa, come se l’amata pioggerellina si fosse all’improvviso
incattivita. Non abbiamo guardato con la necessaria attenzione Blade Runner, che, più di
trent’anni fa, ci aveva spiegato
come la Los Angeles (cioè il
mondo) del 2019 (cioè tra pochissimo) sarebbe stata costantemente battuta da una
pioggia scura e implacabile,
decisamente cattiva. Che è precisamente quello che sta avvenendo.
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Gli allarmi
● Il 14 e il 15
novembre
2014 la città
viene colpita
dal maltempo
per la terza
volta in poco
più di un mese:
il rio Torre esce
dagli argini,
molte le vie
allagate.
Allarme ancora
una volta per il
torrente
Bisagno e il
Fereggiano,
arrivati al livello
«rosso»
● Il 5
novembre
2014 un
violento
nubifragio si
abbatte
nuovamente
sul capoluogo
ligure: diversi
gli allagamenti
● Il 9 ottobre
2014 per le
forti piogge
esondano
quattro torrenti
a Genova e
dintorni. Le
zone più colpite
sono le stesse
dell’alluvione
del 2011. Il
Bisagno è
quello che crea
più danni. Una
persona viene
travolta e
annega. Il
sindaco chiude
le scuole
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Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
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Primo piano La crisi ucraina
Al G20 il mondo allo scontro con Putin
Cameron evoca altre sanzioni, Obama parla di «minaccia globale». E il russo pensa di andarsene
Renzi invita il capo del Cremlino a Milano per l’Expo l’anno prossimo: teniamo aperto il dialogo
● Il caso
Sfocati ma «potenti»
La fotodiplomazia
dei leader su Twitter
C
BRISBANE (AUSTRALIA) Concepito
come la sede nella quale tenere
gli «stati generali» dell’economia del mondo, il G20 edizione 2014 è divenuto, come previsto, soprattutto l’arena di una
corrida animata da un «toro
scatenato» di nome Putin. Il
padrone di casa, il premier australiano Tony Abbott, ha fatto
di tutto per cercare di difendere la sua agenda e oggi i «grandi» della Terra prenderanno, a
conclusione dei lavori, l’impegno solenne a sostenere ovunque la creazione di nuovi posti
di lavoro e vareranno un piano
di interventi che dovrebbero
garantire nelle varie aree del
mondo una crescita economica aggiuntiva, nei prossimi
cinque anni, pari al 2,1 per cento del Pil.
Ma alla fine i contenuti economici del vertice sono stati
oscurati in parte dalla volontà
di Barack Obama di rilanciare
soprattutto i temi ambientali
dopo l’accordo Usa-Cina sui
mutamenti climatici e soprattutto da Vladimir Putin che va
avanti nell’aggressione all’Ucraina e che si è presentato
al vertice di Brisbane con un atteggiamento sfrontato: da settimane navi e aerei russi sono
impegnati in «esibizioni muscolari» sui cieli europei, nel
Baltico, non lontano dalle coste Usa, e alla vigilia del summit un’intera squadra navale
del Cremlino si è messa a in-
Scenari
di Massimo Gaggi
Sguardi
Il presidente
russo Vladimir
Putin passa
davanti agli
altri leader
seduti durante
il G20 a
Brisbane.
Obama è il
secondo da
sinistra (Afp)
crociare al largo delle coste australiane.
Il presidente russo ha poi
tentato (senza successo) di fomentare una rivolta delle potenze emergenti del G20, accusando gli Stati Uniti di tenere
questo organismo in ostaggio
attraverso il Congresso di
Washington che non ha mai
ratificato misure come il riequilibrio dei rapporti tra i vari
Paesi nel Fondo Monetario e la
Banca Mondiale.
Ma il G20, si sa, è un luogo di
discussione e di coordinamento delle politiche, privo di poteri decisionali diretti.
Qui i leader imparano a conoscersi e a capire i diversi
punti di vista. Ma quest’anno
tutto è stato sconvolto dal ci-
clone Putin: dall’arrivo del leader russo, accolto sulla pista
dell’aeroporto di Brisbane da
funzionari di basso rango
mentre i ministri del governo
australiano aspettavano, a
qualche metro di distanza, i
leader degli altri Paesi, fino al
«giallo» delle conclusioni con
l’irritatissimo uomo del Cremlino che ha minacciato di disertare la seconda giornata dei
lavori del G20.
Pare che alla fine Putin parteciperà, oggi, alle sessioni
conclusive del vertice disertando solo il pranzo finale. Dovrebbe sedersi a tavola con altri leader che in questi giorni
hanno fatto di tutto per metterlo con le spalle al muro: dal
padrone di casa, l’australiano
Mosca-Parigi
Lettera d’invito
per la Mistral
Gelido incontro tra i
presidenti francese e russo,
dopo che Putin ha parlato di
un ultimatum di 15 giorni
per la consegna della prima
nave Mistral. Giorni fa il
vicepremier russo ha diffuso
la lettera di invito per la
cerimonia di consegna della
Vladivostok, che era prevista
per il 14 novembre.
Abbott, che gli ha chiesto di
scusarsi per l’abbattimento del
jet delle Malaysia Airlines sui
cieli dell’Ucraina a opera dei ribelli filorussi (un disastro aereo costato la vita anche a 38
cittadini australiani), al premier canadese Stephen Harper
che, incontrandolo, ha detto a
Putin: «Non posso non stringerti la mano ma ho solo una
cosa da dirti: vattene via dall’Ucraina».
Il presidente russo ha continuato a giocare a nascondino
(«non posso ritirarmi perché
non ci sono mie truppe in
Ucraina»), ma il gioco della foglia di fico non funziona più:
l’Unione Europea lo incalza per
il sostegno in uomini e mezzi
dato ai ribelli mentre il leader
britannico David Cameron
chiede nuove sanzioni economiche contro Mosca.
Solo Matteo Renzi ha cercato di tenere aperto un canale di
dialogo: lungo incontro bilaterale nello spirito del recente
vertice di Milano e invito
(prontamente accettato da Putin) a visitare, la prossima estate, l’Expo. Si è «smarcato» anche Obama che a Pechino aveva avuto un colloquio informale di una ventina di minuti col
leader russo, ma che ieri ha definito la sua aggressione all’Ucraina «una minaccia per il
mondo».
M. Ga.
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La manovra asiatica dell’anatra zoppa
Il presidente americano tenta comunque un rilancio nel Pacifico
«Ho fatto 15 mila miglia per arrivare fin qui,
non so più nemmeno che ora sia. Eppure, come
ha scritto un autore nato in questa città e uscito
da questa università, David Malouf, l’oceano Pacifico è ormai divenuto un lago. Un lago nel quale noi ci impegniamo a cooperare con tutti per
garantire pace e prosperità, come abbiamo fatto
anche in questi giorni con l’accordo con la Cina
sui mutamenti climatici». Ma l’America garantisce fino in fondo anche militarmente i suoi alleati nell’area: «Nessuno può mettere in discussione la nostra determinazione a rispettare impegni che gli Stati Uniti hanno sempre mantenuto
col sangue di tanti loro soldati».
Il discorso pronunciato sabato davanti agli
studenti della Queensland University, l’unico appuntamento australiano del presidente Usa al di
fuori del G20 di Brisbane, è servito, come antici-
pato dalla Casa Bianca, a ridefinire e rafforzare
legami e responsabilità dell’America nel Pacifico
e in Asia. Ma, a giudicare dal linguaggio usato e
dalla calda accoglienza di studenti e docenti riuniti nel campus, Obama ha usato questo suo appuntamento anche per tentare un rilancio d’immagine da usare in chiave interna, negli Usa, dopo i rovesci elettorali della scorsa settimana, e
per spazzare via ogni possibile equivoco sulla volontà americana di difendere sempre e ovunque
un modello politico basato sulla democrazia e la
libertà: se a Pechino aveva detto di non pretendere che la Cina segua il modello americano, a
Brisbane ha chiarito che i principi liberaldemocratici non sono concetti prettamente occidentali: la democrazia ha ormai messo radici profonde in grandi Paesi come India, Giappone, Corea del Sud, Taiwan e continua a diffondersi dal-
l’Indonesia alle Filippine, alla Birmania.
Ridefinendo, poi, gli impegni americani in
Asia e nel Pacifico dopo aver siglato uno storico
accordo con la Cina sulla lotta contro l’inquinamento, dopo essere sceso in campo contro la
creazione di corsie preferenziali in Internet e
mentre gli uffici legali della Casa Bianca preparano una sanatoria parziale per gli immigrati
clandestini da attuare utilizzando i soli poteri
esecutivi presidenziali, Barack Obama cerca di
uscire dall’angolo dell’«anatra zoppa» nel quale
i suoi avversari politici vorrebbero confinarlo
negli ultimi due anni del suo mandato. Reazione
sicuramente coraggiosa, ma avrà successo? Dipenderà anche dalla risposta del nuovo Congresso a maggioranza repubblicana che ha vari
strumenti per osteggiare i piani del presidente.
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50
minuti è
durato
l’incontro fra
Putin e David
Cameron, in cui
il premier
britannico ha
chiarito che
«se la Russia
continua a
destabilizzare
l’Ucraina
saranno
possibili nuove
sanzioni»
ogli l’attimo! I giornali
scrivono che Matteo
Renzi ha in calendario
incontri bilaterali con Putin
e altri leader del G20 ma
non con Barack Obama ed
ecco che, prima della
sessione plenaria del
mattino, il premier italiano
si mette a parlare col
presidente americano. E’ un
attimo: la scena viene
ripresa con grande
tempismo. L’immagine è
un po’ sfocata, ma finisce
ugualmente su Twitter e
Instagram. Si poteva far
meglio, ma il messaggio è
potente. Del resto a
riprendere non è un
professionista della
fotografia, ma il consigliere
diplomatico del premier,
Armando Varricchio.
Poco dopo Renzi vede il
nuovo leader indiano
Narendra Modi. Stavolta è il
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navi da guerra
hanno vegliato
su Putin,
incrociando al
largo
dell’Australia.
Il leader russo
è stato accolto
all’aeroporto
«solo» da un
assistente del
ministero della
Difesa, per
Obama c’era
il governatore
3
miliardi di
dollari: la
somma che
Barack Obama
ha promesso al
«Green Climate
Fund», il fondo
dell’Onu
destinato ad
aiutare i Paesi
emergenti a
contrastare le
minacce dei
cambiamenti
climatici
portavoce Filippo Sensi a
immortalare e trasmettere
ai giornalisti al seguito.
Anche in questo caso
l’immagine lascia a
desiderare, ma quello che
conta è il messaggio. Buon
segno per il caso dei marò,
ancora irrisolto? Anni fa,
quando ai giornalisti della
carta stampata venne
chiesto di cominciare a fare
foto e riprese da utilizzare
nelle versioni digitali dei
loro articoli, furono in
parecchi a mugugnare e a
collaborare di malavoglia.
Adesso tocca ai
collaboratori dei capi di vari
governi, a partire dagli
ambasciatori al seguito
(quello di Varricchio non è
certo un caso isolato) che
sembrano aver accolto con
maggiore entusiasmo la
sfida della fotodiplomazia.
Chissà: magari la fotografia
diventerà materia
d’insegnamento anche alla
«Kennedy School of
Government» o alla
«School of Advanced
International Studies» della
John Hopkins University, le
scuole di «élite» che
preparano gli alti
funzionari del governo
federale.
M. Ga.
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Primo piano L’Italia al G20
Rivedere ancora i conti? Renzi pronto al no
Roma potrebbe togliere la fiducia a Juncker se non arriveranno gli investimenti chiesti alla Ue
Incontri
● Girandola di
colloqui
bilaterali ieri
per Renzi. Tra i
primi, il premier
indiano
Narendra Modi,
per parlare del
caso marò
● Poi la leader
brasiliana
Rousseff,
l’australiano
Abbott, il
messicano
Pena
● Faccia a
faccia anche
con Putin e
breve scambio
di opinioni con
Obama, da cui
incassa il
sostegno sul
tema della
crescita
● D’obbligo,
come per gli
altri, la foto di
rito con il koala
DAL NOSTRO INVIATO
BRISBANE Quando il premier australiano pronuncia il verbo
«deliver», consegnare, mettere
in pratica, legandolo all’attesa
della gente, parla di posti di lavoro e di crescita: invita i colleghi a crederci e fare sul serio,
l’obiettivo è una crescita del Pil
mondiale di 2 punti nei prossimi 5 anni. Il vertice è dedicato a
questo: Renzi in qualche modo
gongola, Obama dice che l’Europa «deve cambiare strategia», Cameron è sulla stessa linea, che al tavolo dei 20 è ampiamente maggioritaria.
La prima giornata ha due
punti focali: la crisi con la Russia e il dibattito sulla crescita.
Putin è in qualche modo isolato, ma anche la parola austerity, tanto cara alla cancelliera
Merkel, che appare lontana
mille miglia, non solo geograficamente, dall’amata Bruxelles. Il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker,
ammaccato per lo scandalo
dell’elusione fiscale, è in qualche modo sul banco degli imputati.
Oggi avrà un incontro di prima mattina con Renzi. Il primo
dopo lo scontro dei giorni
scorsi. Discuteranno del piano
che il primo deve presentare
entro la fine dell’anno. E anche
delle richieste che sta facendo
l’Italia alla Ue: 40 miliardi di euro di finanziamenti, ciò che Padoan ha messo nero su bianco
due giorni fa, si traducono in
un «piano strategico di investimenti», così lo chiama il premier, di circa 70/80 miliardi in
tre anni, grazie ai meccanismi
delle leve finanziarie e al coinvolgimento dei privati.
Se invece venisse toccato l’argomento di un’ulteriore correzione dei conti pubblici, in
questo caso Renzi sarebbe fermo nel respingere qualsiasi
novità: «Potremmo anche togliere il nostro consenso a Juncker se non arriveranno gli investimenti richiesti», dicevano
ieri nel suo staff, cambiando
discorso.
«Gli investimenti che chiediamo saranno il calcio di inizio della ripresa economica»,
ha detto Renzi, a margine degli
incontri. Concetti che insieme
a Hollande e Cameron ripeterà
oggi nell’incontro che tutti i
leader della Ue presenti, insieme a Juncker, avranno con
Obama. Anche in questo caso
ieri Renzi è stato più che espli-
cito, citando le parole sia del
presidente americano che del
premier inglese, contrari ad ulteriori dosi di austerity, «hanno detto espressamente che
l’Europa deve cambiare strategia».
Era il clima che a Palazzo
Chigi si aspettavano, «la nostra
linea è ampiamente maggioritaria su scala internazionale», e
l’appoggio ulteriore che potrà
arrivare da Obama, nel vertice
Usa-Ue (ufficialmente dedicato
Asse per la crescita
Il governo italiano
ritiene di avere
americani e inglesi
dalla propria parte
al Trattato transatlantico di libero scambio), sarà benvenuto.
Forse produce già dei frutti,
visto che ieri lo stesso Juncker
ha voluto rimarcare che insieme al piano da 300 miliardi per
gli investimenti nel Vecchio
Continente sta anche studiando la creazione di una cabina di
regia della Ue fondata sulla crescita, una sorta di hub, di centro di analisi e coordinamento,
come quello che dovrebbe nascere in Australia, ma su scala
globale.
Ieri Renzi ha avuto anche un
casuale incontro conviviale,
erano seduti accanto nel pranzo del vertice, con il nuovo premier indiano: con Modi non si
erano mai incontrati, il contatto sembra sia stato cercato e
positivo. «Faremo di tutto per
arrivare a una soluzione, ma bisogna evitare di rinfocolare le
polemiche e rispettare quanto
stabilito», la sintesi di Renzi.
Ma il primo argomento della
giornata è rimasto quello del
summit: «L’Europa deve cambiare verso come stiamo facendo in Italia, i risultati arriveranno, l’attrazione degli investimenti stranieri da parte dell’Italia è già iniziata. L’Italia si
sta svincolando dai legami del
passato, manca ora un piano
più attivo di investimenti come
hanno fatto negli Usa».
Ne discuterà oggi con Juncker, prima da solo, poi con
Obama come alleato: «Noi siamo pronti, abbiamo pronto un
piano strategico, ma che deve
passare il via libera di Bruxelles».
Marco Galluzzo
300
miliardi gli
investimenti
promessi
all’Europa da
Juncker entro
l’anno. L’Italia
chiede alla Ue
40 miliardi di
euro che, per
Renzi, si
traducono in
un «piano
strategico» di
circa 70/80
miliardi in tre
anni, grazie ai
meccanismi
delle leve
finanziarie
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto di rito con il koala Tutti i leader del G20, dal presidente Usa Barack
Obama (a sinistra) al russo Vladimir Putin (al centro insieme al premier
australiano Tony Abbott) si sono messi in posa ieri davanti ai fotografi
insieme all’animale simbolo dell’Australia, che è diventato la mascotte del
summit. Le mogli dei leader (a destra Agnese Renzi), guidate dalla first lady
australiana, hanno anche visitato il «Lone Pine Koala Sanctuary», una
riserva che ospita 130 esemplari insieme ad altre specie autoctone, dai
canguri ai dingo.
Retroscena
Nella delegazione italiana Guerra e Simoni
Col premier l’ex ad di Luxottica più il consulente e docente alla Lse
«Nessuna intervista, grazie. Sono qui per vacanza». Che
fosse tra i manager e gli imprenditori più «renziani» in
circolazione era cosa nota. Non
tanto, o non solo, per le molte
frequentazioni alla kermesse
della Leopolda. Quanto perché
il suo nome era insistentemente circolato all’epoca in cui Matteo Renzi formava la squadra di
governo.
Ma i cronisti ieri si sono ritrovati Andrea Guerra nientemeno che a Brisbane, al G20 in
Australia, insieme al presidente del Consiglio.
«Sono qui per vacanza», è
stata la frase con cui l’ex amministratore delegato di Luxottica
ha respinto al mittente le pro-
ROMA
poste di intervista. Una risposta
che ovviamente contrasta con
il badge che portava appeso al
collo. Un badge ufficiale, di
quelli dati alle delegazioni governative che partecipano al
G20.
Guerra fa ufficialmente parte della delegazione che Renzi
ha voluto con sé in questi giorni. Perché, spiegano a Palazzo
Chigi, è un grandissimo esperto di Australia. Prova ne è che,
nel decennio in cui è stato alla
guida di Luxottica, di contatti
con la terra dei canguri ne ha
avuti parecchi, visto che il colosso veneto aveva acquisito un
anno prima del suo arrivo la catena di negozi australiana Opsm.
A Brisbane
Andrea Guerra
(Luxottica)
scende
dall’aereo dopo
Renzi e la moglie
Sul futuro lavorativo di Guerra, dopo il cambio della guardia nella catena di comando di
Luxottica, si sa poco.
Poche settimane fa, alla Leopolda renziana, aveva scandito:
«La scorsa volta che ero venuto
qui avevo un lavoro. Oggi non
ce l’ho e spero di trovarlo».
Con lui, nella squadra che ha
accompagnato Renzi in Australia, c’è anche Marco Simoni, da
poco nominato nel team di
consulenti di Palazzo Chigi.
Docente alla London School of
Economics e già capo della segreteria del viceministro Carlo
Calenda, Simoni ha esordito
nel Pd con l’associazione «I
mille» (con Luca Sofri e Scalfarotto) salvo poi emigrare verso
l’Italia Futura di Montezemolo.
Adesso è ritornato indietro. E,
per conto del governo, si occupa di impresa e finanza.
Tommaso Labate
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Squadra
● Oltre ad
Andrea Guerra,
ad di Luxottica,
nella squadra
che ha
accompagnato
il premier Renzi
in Australia c’è
anche Marco
Simoni,
docente alla
London School
of Economics e
da poco
nominato nel
team di
consulenti di
Palazzo Chigi
● Il commento
I marò, Modi
e la «mediazione
di Piombino»
di Danilo Taino
Quello di ieri tra Matteo
Renzi e Narendra Modi, al
G20 di Brisbane, non è stato
ciò che nei rapporti tra
Paesi si chiama un incontro
bilaterale, cioè una
riunione preparata dalle
diplomazie nella quale ci si
siede a discutere dei
rapporti rilevanti tra due
governi. È stato uno svelto
scambio di vedute che pare
abbia toccato anche, forse
solo, la questione marò.
Alla fine del quale il
presidente del Consiglio
italiano ha detto che la
conversazione è stata
«interessante e
importante» ed è servita a
«stabilire o ristabilire» un
contatto diretto con il
primo ministro indiano.
Ci si aspettava che il
contatto fosse già in essere,
dal momento che tra meno
di due mesi la
convalescenza in Italia di
Massimiliano Latorre finirà
e a quel punto il marò
rischia di raggiungere il suo
commilitone Salvatore
Girone a New Delhi. Il fatto
che la riunione del G20 non
sia potuta diventare
l’occasione di un incontro
bilaterale indica che la
«quiet diplomacy» che
l’Italia ha scelto nella
gestione della vicenda dei
due fucilieri, ribadita
ancora ieri da Renzi, non ha
prodotto quella svolta che
molti speravano di vedere
proprio al vertice dei Venti
in Australia. In un incontro
strutturato, si discute e si
possono avanzare proposte
per migliorare la relazione
tra due Paesi, per rendere
positivo il clima e dunque
affrontare con meno
tensioni i dossier più
difficili.
Uno scambio di battute
mordi e fuggi, invece,
presuppone al più
un’offerta altrettanto mordi
e fuggi. E questo sembra
stia avvenendo. Ieri, infatti,
Renzi ha anche ricordato
che gli indiani stanno
investendo in Italia:
l’ipotesi di favorire
l’acquisto dell’acciaieria di
Piombino (ex Lucchini) da
parte del magnate indiano
Sajjan Jindal, che ha fatto
un’offerta e che Renzi ha già
avuto modo di incontrare,
in cambio di un occhio
benevolo di Modi nel caso
di Girone e Latorre era
definita assurda e data per
esclusa fino a pochi giorni
fa. Ieri è tornata in scena.
Il dato di fatto è che il
lavoro svolto nei mesi
scorsi dai ministeri degli
Esteri e della Difesa e dal
team di avvocati messo in
campo, per preparare una
soluzione forte, è come
sparito da quando la
presidenza del Consiglio ha
avocato a sé il caso marò.
@danilotaino
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Primo piano Le riforme
Domani i primi voti sul lavoro
Nuove tensioni tra Ncd e sinistra
In commissione l’esame degli emendamenti. Poletti: siamo sulla strada giusta
L’iter
● Il Jobs act è
al vaglio della
commissione
Lavoro alla
Camera,
venerdì
prossimo l’Aula
voterà le
pregiudiziali di
costituzionalità. Il voto finale
sulla riforma
del Lavoro
dovrebbe
avvenire (con
la fiducia) il 26
novembre
ROMA L’accordo c’è ma le schermaglie continuano. Pd e Ncd
continuano a dichiararsi ottimisti e da entrambi i fronti si
dà per certo il via libera della
maggioranza alla mediazione
che è stata raggiunta sulla delega per la riforma del mercato
del lavoro. Ma nel frattempo
continua la guerriglia verbale
per l’interpretazione dell’accordo.
Maurizio Sacconi spiega: «Si
profila un accordo che vede sostanzialmente la conferma dell’impostazione deliberata al
Senato». Il capogruppo ncd a
Palazzo Madama vede un contratto a tutele crescenti che si
realizza con «l’indennizzo,
530
emendamenti
sono stati
presentati
al Jobs act in
commissione
78
proposte di
modifica sono
inammissibili,
ne restano
da votare 452
tranne nei casi di licenziamenti disciplinari particolarmente
diffamanti». Il democratico
Cesare Damiano non condivide e replica lapidario: «È una
formula inesistente». La lettura del decreto da parte di Sacconi è questa: «Le regole saranno più convenienti per il
datore di lavoro, perché tali da
consentire la risoluzione del
rapporto di lavoro in presenza
di esigenze organizzative dell’azienda o di irresponsabilità
del lavoratore. Le mansioni diventeranno flessibili e l’impiego di tecnologie più libere».
Non è la stessa interpretazione
data dall’ala sinistra del Pd. Dice Damiano: «Sono contento
che Ncd abbia cambiato idea e
apprezzi i nostri emendamenti. Perché noi sosterremo quelli. Quanto al resto, mi spiace
molto che siamo ancora fermi
alla propaganda».
La guerra delle interpretazioni nasce dalle regole per la
riforma del lavoro. Il meccanismo prevede che il Parlamento
approvi una «legge delega»,
che individui alcuni principi
chiave, delegando, appunto, al
governo il compito di specificare i contorni della legge.
L’esecutivo farà seguire alla
legge delega i decreti legislativi di attuazione. Rientrerà nella discrezionalità del governo
anche l’individuazione dei casi
specifici di reintegro per i licenziamenti disciplinari. Filip-
Le schermaglie
Continua il duello sulle
interpretazioni e sui
margini della delega tra
Sacconi e Damiano
Il governo
Ottimismo a Palazzo
Chigi: l’accordo reggerà
Sul testo le critiche
delle opposizioni
po Taddei, responsabile economico del Pd, garantisce che
ci sarà una «chiara tipizzazione dei licenziamenti disciplinari».
Comunque sia, la maggioranza del Pd è fiduciosa: «Chi
ritiene che il testo non sia ottimale è una minoranza», spiega il vicesegretario Debora Serracchiani. Per il ministro del
Lavoro Giuliano Poletti, «siamo sulla strada giusta». Il ministro Maria Elena Boschi aggiunge: «Non credo che serva
uno sciopero ora, anche se lo
rispetto. Inoltre è stato indetto
solo dalla Cgil, mentre gli altri
sindacati non aderiranno».
Critiche sulla delega le opposizioni. Per la leader dei Fratelli d’Italia Giorgia Meloni «il
Jobs act è carta da pizza, che
non contiene alcuna risposta».
Domani in Commissione
comincia il voto degli emendamenti. Venerdì l’Aula voterà
sulle pregiudiziali di costituzionalità. Il voto finale sul testo
(probabilmente con la fiducia)
dovrebbe essere il 26 novembre.
Alessandro Trocino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
In piazza a Roma
UNA LEGGENDA CHE CRESCE
Alfano: «Modificare
la legge Severino»
E lancia il Family act
A Roma
Il ministro
dell’Interno e
leader di Ncd
Angelino
Alfano ieri sul
palco alla
manifestazione
in difesa della
famiglia
organizzata dal
suo partito
(foto LaPresse)
IL NUOVO NAVITIMER 46 mm
ROMA «La legge Severino va
cambiata prima che faccia altre
vittime innocenti». Il ministro
dell’Interno Angelino Alfano
cita il sindaco di Napoli che dopo una condanna di primo grado è incappato nella sospensione dalla carica salvo poi essere rimesso al suo posto da un
provvedimento del Tar Campania che ha sollevato una questione di illegittimità costituzionale davanti alla Consulta:
«La legge è da cambiare, il caso
de Magistris conferma come
non regga bene davanti a un
giudice amministrativo».
Alfano, che pure in qualità di
ministro ha dovuto condividere la scelta di Palazzo Chigi di
promuovere un ricorso contro
il Tar Campania, parla nella veste di leader del Ncd. E cita anche il caso dell’ex sindaco di
Agrigento, Marco Zambuto, dimessosi a giugno dopo una
condanna di primo grado per
abuso d’ufficio poi ribaltata in
appello lo scorso 6 novembre.
Ma il vice ministro della Giustizia, Enrico Costa (Ncd), va oltre
e lascia intendere che «la legge
Severino ha bisogno di un robusto tagliando» non solo sulla
condanna in primo grado ma
anche sul tema della retroattività che ha dominato il dibattito sulla decadenza di Silvio
Berlusconi da senatore.
David Ermini, responsabile
giustizia del Pd, osserva che
«questa non è la priorità perché la legge Severino non è tra i
12 punti della riforma della
Giustizia». Donatella Ferranti
(Pd), è contraria a modifiche:
«Toccare la legge Severino vuol
dire mettere in discussione le
norme anticorruzione. E poi
l’esclusione dei sindaci dopo la
condanna di primo grado già
esisteva: è stata modificata anche sulla base di una delega firmata da Maroni e Alfano».
Nel Pd, però, qualcosa si
muove: Fulvio Bonavitacola,
deputato di Salerno vicino al
sindaco De Luca, ha presentato
La manifestazione
Pressing sul Pd anche
nella difesa della
famiglia tradizionale
e contro le nozze gay
un testo per cancellare l’abuso
d’ufficio tra le cause ostative di
incandidabilità. Condivide
Giovanna Palma (Pd) che invoca una «soluzione bipartisan».
Il Ncd, dunque, aumenta il
pressing sul Pd. Anche con una
manifestazione in piazza Farnese a Roma dedicata alla difesa della famiglia con parole
d’ordine contro le nozze gay e
le adozioni per le coppie omosessuali. Accanto al segretario
c’erano Quagliariello, Schifani,
Sacconi, Formigoni, Roccella,
De Girolamo. Dopo il Jobs act
di Renzi, ora arriva il Family act
di Alfano.
D. Mart.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Primo piano Le riforme
Bersani: patto del Nazareno utile a Mediaset
L’ex leader: Renzi e Berlusconi si vedono e il titolo sale del 6%. Boschi: no, l’accordo serve per le riforme
Area riformista conferma l’idea del confronto con Renzi. Speranza: sul Jobs act abbiamo vinto la partita
Intelligenza col «nemico» col risultato di favorirne gli
interessi: l’accusa è delle più
gravi, specie se si sta a sinistra e
si parla di Silvio Berlusconi.
Dopo una ventina di minuti di
analisi sulla situazione economica e e sul tessuto produttivo
italiano, Pier Luigi Bersani si tira via il macigno della scarpa. Il
bersaglio è, manco a dirlo,
Matteo Renzi e il suo accordo
sulle riforme col Cavaliere.
«Non c’è nessun bisogno del
patto del Nazareno. Ma quando
tre giorni fa Renzi e Berlusconi
si sono trovati per rinnovarlo
tutti hanno notato che la Borsa
ha registrato un -2,9% e Mediaset un +6%». Il tempo di raccogliere l’indignazione della platea e l’ex segretario sgancia la
battuta: «Se il patto è un tale
MILANO
Nel partito
● Nel Pd sono
tre i fronti di
«opposizione»
interna a Renzi
● La più
corposa
minoranza fa
capo a Roberto
Speranza ed è
Area riformista
che annovera,
tra gli altri,
Bersani,
Epifani, Martina
e Damiano:
opposizione
interna ma no
alla scissione
● Poi c’è la
minoranza che
fa capo a Pippo
Civati: apertura
a Sel, con la
minaccia della
scissione per
costruire una
nuova forza
di sinistra
toccasana, allora allarghiamolo
a tutte le imprese». La replica
toccherà in serata al ministro
Maria Elena Boschi: «Aver trovato un accordo con FI ci ha
consentito di avere la riforma
costituzionale approvata al Senato e la legge elettorale alla
Camera».
Maurizio Martina, Roberto
Speranza, Cesare Damiano,
Guglielmo Epifani. A Milano,
nell’auditorium intitolato a
Marco Biagi ai piedi del grattacielo della Regione a guida leghista, si celebra il battesimo di
Area riformista, la corrente dei
dissidenti «moderati». Bersani
è forse il più duro nelle critiche
a Renzi. Anche sul Jobs act picchia come un fabbro. Riconoscendo che la mediazione raggiunta è comunque «un passo
❞
Pier Luigi
Bersani
Il Pd è casa
nostra, ma
è difficile
stare fuori
dal coro
Roberto
Speranza
Scissione?
Una follia
Da Landini
offese
fuori luogo
significativo da rivendicare»,
ribadisce che «c’è stato comunque un approccio al tema non
corretto». Dopo il quale — aggiunge in «bersanese» puro —
«rimettere il dentifricio nel tubetto è difficile». Per non parlare dell’atteggiamento nei
confronti della politica industriale di Marchionne («Mi piacerebbe che la sinistra non dimenticasse la capacità di indignarsi») e delle accuse di voler
frenare il cambiamento, di essere dei conservatori travestiti
da progressisti: «Sul tema nessuno può permettersi di dare
lezioni a noi». Oppure sull’efficacia della spending review di
Palazzo Chigi o su una certa sinistra che sa parlare solo di
meriti e opportunità, dimenticando diritti e bisogni. «Il Pd è
casa nostra», rincuora Bersani.
Nessun trasloco è nell’aria,
«anche se è difficile cantare
fuori dal coro». I toni duri dell’ex segretario, di gran lunga il
più applaudito, si bilanciano
con quelli decisamente più light dei «giovani».
L’incontro, e non è una scelta casuale, si apre col ministro
Martina (anni 36) e si chiude
con l’intervento del capogruppo alla Camera, Speranza (anni
35). Solo a metà scaletta, il padre nobile Bersani e i «colonnelli» Cesare Damiano (star di
giornata per la mediazione sul
lavoro) e Guglielmo Epifani. È
Speranza il leader del futuro ed
è lui che ora detta la linea, che
offre un senso alla sfida di sentirsi un po’ come stranieri in
patria. Una corrente riformista
A Milano
Gli ex segretari
democratici
Guglielmo
Epifani e Pier
Luigi Bersani
con Roberto
Speranza
ieri a Palazzo
Lombardia
per il convegno
della
minoranza pd
«La sinistra di
governo. Valori,
idee, impegni
per l’Italia»
(Fotogramma)
● Infine, i «cani
sciolti» come
Bindi e Fassina,
che non ha
deciso come
voterà sul Jobs
act: contrarietà
totale a Renzi e
solidarietà alla
Cgil di Susanna
Camusso
L’intervista
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il sottosegretario dem
Barracciu rischia
il processo
per peculato
«Io serenissima»
MILANO Chiusa l’indagine,
«Basta con l’ossessione per il Cavaliere
Preferivo il Pier Luigi prima maniera»
Orfini: bene il dialogo, lui attaccava la destra per le riforme a maggioranza
ROMA «Mediaset? Sono argomenti che lascerei a quella parte della sinistra italiana che in
questi anni ha vissuto dell’ossessione berlusconiana, finendo per diventare subalterna».
Matteo Orfini, presidente del
Partito democratico, nonché
«giovane turco» tra i più inclini alla mediazione con il segretario, commenta così la battuta
di Pier Luigi Bersani sull’impennata in Borsa per Mediaset
seguita all’incontro tra Matteo
Renzi e Silvio Berlusconi.
Bersani dice anche: «Non
c’è nessun bisogno del patto
del Nazareno», ovvero dell’accordo sulle riforme siglato dai leader pd e Forza Italia.
«Se abbiamo una legge elettorale in prima lettura alla Camera e una riforma costituzionale approvata in prima lettura
al Senato, lo dobbiamo al patto
del Nazareno. Forse è utile ricordare, a me e a Bersani, che
non era stato concepito come
un patto esclusivo con Forza
Italia, ma che il risultato è figlio del rifiuto del Movimento
5 Stelle di discutere. E questo,
Bersani, che provò per primo a
dialogare con Grillo, dovrebbe
nel Partito della Nazione.
Un’area di sinistra chiara dentro il Pd di Renzi. La scissione?
«Sarebbe una follia», taglia
corto. Una comunità politica
che non morirà renziana ma
che bada a mantenersi comunque a distanza di sicurezza dalle urla barricadere di Maurizio
Landini («Da lui offese fuori
luogo») e dalle tentazioni gauchiste alla Civati. Sano e cauto
riformismo. «Sul Jobs act abbiamo vinto la partita», sottolinea Speranza, uno che del resto i canali di dialogo con Renzi
non li ha mai interrotti. Altro
che irrilevanza politica. «E le
bandiere rosse della Cgil non
possono bastare al nostro orizzonte, alla nostra sfida».
Andrea Senesi
Chi è
● Matteo
Orfini, 40 anni,
ex portavoce
di Massimo
D’Alema,
già esponente
della corrente
dei Giovani
turchi,
è deputato
dal 2013.
Il 14 giugno
l’assemblea
nazionale
lo ha eletto
presidente
del Pd
saperlo bene».
Una parte della sinistra
continua a non digerire patti
con Berlusconi.
«Non c’era alternativa. Berlusconi è un avversario del Pd,
ma non condivido l’ossessione
verso di lui che ha coinvolto
una parte della sinistra. Bersani non è mai stato incline a
questi atteggiamenti».
Però parla di «trasversalismo un po’ paludoso». E anche molti elettori non sono
entusiasti del Patto.
«Ricordo che il Pd è andato
alle elezioni proponendo di fare le riforme con tutti e anche
su questo ha preso i voti. Preferisco il Bersani prima maniera,
quello della campagna elettorale. Allora ci si infuriava contro la destra per aver fatto riforme a maggioranza».
Non si dà un vantaggio a
Berlusconi, Mediaset a parte?
«Al contrario. Da allora Berlusconi è stato sonoramente
sconfitto alle Europee».
Bersani dice che «non si
può rimettere il dentifricio
nel tubetto». Traducendo dal
«bersanese», qualcosa nel Pd
si è incrinato, non tutti si
sentono a casa.
«Io credo che una volta finito il Congresso, si debba lavorare all’unità del partito. E
quello che è successo sul Jobs
act è positivo».
L’accordo è fatto?
«Mi pare che si sia raggiunto
un buon punto di equilibrio
che può garantire un percorso
sereno».
Le divisioni
L’opposizione nel
partito sulle regole per
il lavoro? Non si può far
contenti tutti
Sull’Italicum Renzi ha portato a casa il risultato?
«Sono state recepite gran
parte delle richieste che venivano dalle minoranze. Il premio di lista e non di coalizione,
le preferenze, sia pure parziali,
le soglie più basse. Quando
sappiamo ascoltarci riusciamo
a fare passi avanti».
Bersani lamenta l’eccesso
di voti di fiducia, che sono già
28.
«L’uso delle fiducie nasce
dalla difficoltà di approvare
provvedimenti a causa di forme di opposizioni ostruzionistiche degli altri partiti».
È una minaccia usata anche per riportare compattezza nel Pd.
«Finora non è mai stato così
e il Pd si è mostrato compatto».
Sull’articolo 18 e sulla riforma del lavoro restano
l’opposizione di Gianni Cuperlo, Pippo Civati e altri.
«Non si può far contenti tutti. Neanche io avrei toccato
l’articolo 18, ma non capisco i
sindacati quando parlano di
politiche di destra. Credo che
se si guarda al merito e non al
posizionamento interno, anche gli esponenti della minoranza ancora critici troveranno
motivi di soddisfazione. Si sono fatti veramente dei passi
avanti. Che dimostrano come
non sia vero, da una parte, che
il segretario del partito non
ascolta abbastanza, dall’altra
che le minoranze sono pregiudizialmente ostili».
Alessandro Trocino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
❞
Mediaset?
Certi temi li
lascerei a
una parte
della
sinistra,
ormai
subalterna
Sulla legge
elettorale
sono state
recepite
molte
richieste
della
minoranza
si va verso la richiesta di rinvio
a giudizio per Francesca
Barracciu ( foto),
sottosegretario al ministero
dei Beni culturali. È accusata di
peculato nell’inchiesta — che
coinvolge oltre 70 persone —
sui fondi ai consiglieri
regionali della Sardegna: la
procura le contesta spese per
78 mila euro, effettuate
quando sedeva nell’assemblea
isolana. Notificato l’avviso di
fine indagine, che solitamente
precede la richiesta di rinvio a
giudizio, Barracciu potrà ora
depositare altri documenti o
essere ascoltata, poi il pm
potrebbe chiedere al gip che
vada a processo, formulando
il capo di imputazione.
A febbraio la nomina di
Barracciu fu salutata dalle
polemiche: soprattutto dopo
che lei, indagata, fece già un
passo indietro, rinunciando a
correre alle Regionali sarde
pur dopo aver vinto le
primarie. Allora arrivò la difesa
del governo: «Non chiediamo
dimissioni sulla base di un
avviso di garanzia», disse il
ministro Boschi. Un rinvio a
giudizio potrebbe porre una
nuova grana per il governo:
«Non credo possano esserci
polemiche», replica però
Barracciu, che si dice «serena,
serenissima». La sua posizione
non cambia: «L’unica novità è
che l’indagine è chiusa e sono
stati depositati gli atti. Farò
richiesta e tra una settimana
vedrò le carte. Ho massimo
rispetto del lavoro della
magistratura, ma sfido
chiunque a dire che sono stata
protagonista di spese pazze.
Le spese sono legate
esclusivamente alle attività
istituzionali».
Re. B.
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Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
10
Primo piano Le riforme
Con gli occhiali
da sole
Silvio
Berlusconi ieri
a Milano per la
presentazione
del libro
Il cuore oltre gli
ostacoli
di Michaela
Biancofiore:
il leader di FI
ha avuto
una ricaduta
di uveite
(Ninni/Image )
L’incontro
● Mercoledì
Berlusconi
incontra Renzi,
per fare il
punto sul patto
del Nazareno:
«È solido»,
scrivono Pd e FI
in una nota
● Berlusconi si
impegna ad
arrivare al via
libera alla legge
elettorale in
Senato entro
dicembre; alla
riforma della
Carta entro
gennaio
● FI non
condivide
alcune
modifiche
chieste da
Renzi
all’Italicum: le
soglie di
sbarramento e
il premio
attribuito alla
lista, non alla
coalizione
● Il dialogo
riguarda anche
l’elezione del
prossimo capo
dello Stato
Berlusconi elogia l’intesa: ma non si cambia
L’ex premier: è per la governabilità. Renzi però stia ai patti, premio alla lista e soglie più basse non vanno
La necessità di una «collaborazione per il Quirinale». E l’apertura a Ncd: bisogna riunire il centrodestra
Si dice sereno, sorride,
è sempre Silvio Berlusconi. Eppure, l’amarezza emerge spesso. Soprattutto, quando parla
del patto del Nazareno: «È stato
un fatto di coerenza del nostro
partito. Ma io avevo inteso che
le modifiche dovessero essere
concordate. Ora, una parte va
avanti sperando di farsi votare
le novità dal Parlamento. Per
me, il rispetto dei patti significa un’altra cosa».
Il leader di Forza Italia arriva
accolto dalle canzoncine dei
cartoons Anni 80, da Candy
Candy a Lady Oscar, scelte da
Michaela Biancofiore per la
presentazione del suo libro Il
cuore oltre gli ostacoli. Lui, un
po’ sovrappeso e con gli occhialoni scuri per la ricorrente
uveite, racconta: «Renzi ci ha
proposto due cose. Il monoca-
MILANO
L’intervista
di Paola Di Caro
ROMA «Siamo isolati in Europa,
siamo maglia nera in economia, il semestre italiano è stato
un flop, il debito è alle stelle,
servirà forse un’altra manovra,
la disoccupazione giovanile è al
44%, c’è la fuga dei capitali, la
Borsa va a picco, il mercato immobiliare è collassato, delle riforme annunciate non c’è ombra e...».
Presidente Brunetta, un attimo: dà ragione a Renzi, che
ce l’ha con lei per la sua spietata opposizione?
«Se ce l’ha con me è un onore. In un Paese dove nessuno fa
più opposizione, io da capogruppo di FI la rivendico».
Non è che sta andando fuori linea? Berlusconi ha sottoscritto con Renzi che il patto
del Nazareno non è mai stato
«così solido».
«Perché Berlusconi è una
persona generosa. E finché dura...».
L’impressione è che durerà, anche se le cose continueranno ad andare come lamenta lei. O no?
«Non credo proprio. Io conosco Berlusconi da troppo
tempo, l’ho già visto all’opera. E
ricordo bene quella notte del 5
dicembre del 2012 quando decise di far cadere il governo
meralismo, che avevamo voluto anche noi nel 2005. E una
nuova legge elettorale». Sennonché, all’improvviso «dalla
sinistra arrivano richieste di
cambiamento. Prima il doppio
turno, a cui obtorto collo abbiamo detto sì. Poi, ridurre dal
5 al 3% la soglia di accesso» alla
Camera: «Ma noi pensiamo
che i partitini fossero una delle
cause dell’impossibilità di governare». E ancora: «Il premio
di maggioranza cambia la soglia minima. E poi va a un solo
L’azienda
Il leader di Forza Italia
replica a Bersani: nel
Nazareno non c’è nulla
che riguardi Mediaset
partito, cosa che mi sembra abbastanza al di là della Costituzione. Abbiamo provato a chiedere alla Lega, anche se sapevamo già la risposta: mai nella vita avrebbero rinunciato alla
loro identità». E dunque?
«Dunque il centrodestra sarebbe condannato alla sconfitta.
Noi siamo convinti che i patti si
debbano rispettare. E in questo
caso significa accantonare» soglia bassa e premio al partito.
Berlusconi lo dice, ma il tono è
quello di chi non è affatto convinto che ciò accadrà.
Ma il rapporto non è interrotto. Ne è prova la risposta sul
futuro capo dello Stato Berlusconi ne ha parlato con Renzi?
«Non abbiamo fatto alcun nome. È augurabile che si possa
trovare una convergenza tra il
centrodestra e la sinistra per
21,6
la percentuale
ottenuta
dall’allora
Popolo della
libertà alle
elezioni
politiche del
febbraio 2013.
Alle ultime
Europee,
invece, Forza
Italia è scesa al
16,8%
eleggere qualcuno che dia garanzie di saggezza e di equilibrio a entrambe le parti . Credo
che sia nei fatti il continuare
una collaborazione».
Bersani proprio ieri è stato
affilato: «Quando si è rinnovato il patto del Nazareno, la borsa ha perso il 2,9%, Mediaset ha
guadagnato il 6%». L’ex premier scuote la testa: «Bersani è
lontanissimo dal vero, non c’è
nulla nel patto che può influenzare Mediaset, che invece
soffre del fatto che la pubblicità in Italia è diminuita».
Berlusconi parla del Ncd e
dice di ritenere che «le strade si
debbano ricongiungere». E anche con la Lega, «non credo ci
saranno difficoltà». Poi, sospira: «Speriamo che arrivi qualcuno... » a unificare il centrodestra. Chi? «Mi avvalgo del di-
Brunetta: conosco molto bene Silvio
In Parlamento ne vedremo delle belle
Chi è
● Veneziano,
64 anni, laurea
in Scienze
politiche
ed economiche
all’Università
di Padova,
eurodeputato
azzurro dal
1999 al 2008,
eletto a
Montecitorio
dal 2008,
ministro
per la Pubblica
amministrazione
dal 2008 al
2011, è
capogruppo di
Forza Italia alla
Camera
Monti, che aveva fallito su economia e giustizia. Oggi la situazione è molto simile...».
Ma il Cavaliere ha appena
confermato il rapporto con
Renzi, nonostante la contrarietà su alcuni nodi della legge elettorale
«Nodi cruciali: l’Italicum è
stato cambiato da Renzi 15-16
volte, disattendendo l’accordo
per cui si sarebbero potute
operare modifiche solo con
l’intesa totale tra le parti. Oggi
c’è l’innovazione sistemica del
premio di lista, che assieme alla riforma costituzionale e del
bicameralismo perfetto porta
di fatto a un monopartitismo
imperfetto con monocameralismo che permettono al vincitore di prendere tutto, dalla presidenza della Repubblica a
ogni carica istituzionale. Un
potere senza bilanciamenti,
smisurato, che sommato all’occupazione delle tivù e dei media, già in atto, crea un grande
rischio democratico. Io sono
preoccupato seriamente per la
tenuta del Paese, solo il Pcus
aveva tanto potere».
Ma questo significa che se
la legge elettorale non cambierà non la voterete?
«Certo, mi pare che lo abbia
detto con durezza anche oggi
Berlusconi. Non ci siamo su
premio di lista e soglie, e i patti
vanno rispettati. La sfida è in
Parlamento, se Renzi non lo
abolisce prima, si intende... E
in Parlamento ne vedremo delle belle, contrarietà alla legge
su alcuni punti ce l’ha anche la
minoranza Pd: ci sarà di che divertirsi, ne sono certo».
Ma per contare nei giochi
per il Quirinale il patto con
Renzi dovrete rispettarlo
«Se dovessi giudicare l’atteggiamento di Renzi da quanto
visto finora nella trattativa sulla legge elettorale e sul Senato,
non starei tranquillo rispetto al
dialogo sul Quirinale».
Davvero crede che Berlusconi abbia la forza o la voglia
di rompere il suo rapporto
con Renzi? C’è la sua posizione di condannato, ci sono le
aziende da tutelare...
«Falsità, cose che non esistono. Il tempo sarà galantuomo.
Lo ripeto, come con Monti si
guardi a economia e giustizia».
Qual è il problema sulla
giustizia?
«Quali sono, vorrà dire! Responsabilità civile dei magistrati, auto-riciclaggio, prescrizione, nessuna riforma. E la Severino: è chiaramente incosti-
Dialogo a distanza
«Ricominciamo». «Ho mille dubbi»
Pace (via Twitter) tra Fini e Storace
Riavvicinamento su Twitter tra Fini e Storace. Un follower chiede
all’ex presidente della Camera qual è l’errore più grave mai fatto.
Scrive Fini: «Ne ho fatti tanti. Uno su tutti sciogliere An».
Commenta Storace, già suo portavoce ai tempi dell’Msi: «Peccato
avere ragione tanti anni dopo». «Meglio tardi che mai»,
risponde Fini. «Stai in forma stasera», dice il leader de La Destra.
«Sorrido», twitta Fini. Un follower suggerisce: «Che aspettate a
rimettervi insieme?». «Troppi veti e controveti», dice Storace. Ma
Fini rilancia: «Francesco, ricominciamo dalla Fondazione». «Ho
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mille dubbi» è stata la risposta.
❞
L’ho visto
all’opera
con Monti,
in una notte
decise di far
cadere il
governo
Oggi la
situazione
è simile
L’Italicum
così non lo
votiamo ed
è sbagliata
l’azione su
economia
e giustizia
Neanche
sul Colle
sono sereno
ritto di non rispondere». Non
potrebbe, per esempio, essere
Matteo Salvini? «Bossi, a cui
sono ancora legato da grande
affetto, è spesso a cena da me,
ha detto “no, il leader è Berlusconi”». E aggiunge, «Salvini
ha una comunicazione molto
semplice: va in giro con le magliette “No tasse”. Poi, gli si
chiede qualcosa della legge
elettorale e risponde “non mi
interessa, con la legge elettorale non si mangia”».
Memorabile lo scherzoso
spot per il libro di Michaela
Biancofiore: «È difficilissimo
da leggere fino in fondo, io lo
leggo a rate e sono a pagina 12.
Unica cosa, costa 18 euro. Vanno a rimpinguare le vuote casse
di Mondadori... ».
Marco Cremonesi
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tuzionale e il governo ancora
balbetta? Mi aspetto un atteggiamento per la libertà e la giustizia, è doveroso».
Oggi Forza Italia appare
unita: quanto conta?
«Moltissimo. Avevo sofferto
per la lite tra il presidente e Fitto, sono contento che tutto sia
rientrato».
Si aspetta una ristrutturazione ai vertici?
«Certo che sì, è anche scritto
nel nostro documento dell’ultimo ufficio di presidenza che
avverrà, serve un organismo
esecutivo e lo si farà».
Lo sceglierà Berlusconi
dall’alto?
«Se c’è una persona che consulta tutti prima di prendere
una decisione, quella è Berlusconi. Lo fa fin troppo...».
Il passo successivo sarà
riallearsi con Ncd?
«Loro hanno sempre detto
di essere nel centrodestra, non
vedo strada alternativa allo stare insieme, ce lo chiede anche
la nostra gente, perché isolarsi
è suicida mentre uniti si vince.
Lasciamo Renzi al suo splendido isolamento».
Lo lascerete «nell’isolamento», ma tranquillo al governo fino al 2018?
«Renzi al 2018 non ci arriva
perché ha fallito in Europa,
non è in grado di dare risposte
ed è scappato dalla realtà. Non
è un leader chi non sa stare nei
luoghi del disagio, della crisi e
del fango, ma solo tra i piumini e i battimani della Leopolda».
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Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
11
Primo piano I partiti
Scenari
di Nando Pagnoncelli
Più imprenditori, meno impiegati
Così si trasforma l’elettorato del Pd
Consensi al 38,3%, in calo di 2,5 punti. Balzo della Lega (+1,9%), unico partito in crescita
Con
l’Italicum
● Nel caso
si votasse oggi
con la nuova
versione
dell’Italicum
(soglie di
sbarramento
al 3% e premio
di maggioranza
alla lista che
prende il 40%),
si dovrebbe per
forza arrivare
al ballottaggio
tra i due partiti
più votati.
Il Partito
democratico,
infatti, rispetto
alle Europee
di maggio
(quando prese
il 40,8%), è
accreditato del
38,3%. Dietro
ai dem, il M5S
con il 20,8%
● Tra i partiti
in lizza per
entrare in
Parlamento
solo tre non
riuscirebbero
a superare
il 3% (che
rappresenta
l’ultima soglia
di sbarramento
ipotizzata):
si tratta di Prc,
Udc e Scelta
civica. Una lista
di centristi,
come quella
che si era
formata per le
Europee,
supererebbe
la soglia. Per
Fratelli d’Italia An, invece,
sarebbe
una sfida
— in questo
scenario —
all’ultimo voto
S
ei mesi dopo le elezioni
europee gli orientamenti
di voto degli italiani ripropongono lo stesso
scenario politico. La graduatoria dei principali partiti, infatti,
risulta confermata dal sondaggio odierno: il Pd si conferma
al primo posto con il 38,3% delle preferenze, seguito da Movimento 5 Stelle (20,8%), Forza
Italia (16,1%) e Lega Nord (8,1%).
Più staccati Sel (4%), Ncd
(3,2%), Fratelli d’Italia An
(3,0%), Udc (1,7%) e Rifondazione (1,1%). I restanti partiti si collocano al di sotto dell’1%.
Nel complesso la partecipazione al voto risulta più elevata:
gli elettori indecisi e astensionisti rappresentano circa un
terzo mentre nel maggio scorso il 41,3% degli elettori disertò
le urne, e a costoro si aggiunse
il 3,1% di schede bianche o nulle. Rispetto alle Europee si osserva una flessione del Pd
(-2,5%), una sostanziale stabilità di M5S e FI (rispettivamente
-0,4% e -0,7%) e una crescita
della Lega Nord (+1,9%), coerente con la crescente popolarità di segretario Matteo Salvini
che si conferma il secondo leader più apprezzato dopo Renzi.
L’area moderata (Ncd e Udc)
e la sinistra (Sel e Prc) nel loro
insieme non mostrano variazioni di rilievo rispetto al maggio scorso: si collocano intorno
al 5%. È un dato interessante in
relazione alla discussione in
corso sulla soglia di sbarramento prevista dalla nuova legge elettorale. Al momento entrambe le possibili alleanze supererebbero il fatidico 4% (che
potrebbe essere abbassato al
3%) ma è noto che le alleanze
tra partiti, con pochissime eccezioni, determinano risultati
inferiori rispetto alla somma
algebrica degli elettorati di
provenienza. In altri termini, le
alleanze fra partiti solitamente
producono più disaffezione tra
gli elettori dei soggetti che si
coalizzano rispetto al consenso
aggiuntivo e alla capacità di attrazione di nuovi elettori.
Dunque il Pd, sebbene in calo, mantiene un largo vantaggio e risulta il primo partito tra
tutti i segmenti sociali con le
sole eccezioni degli elettori tra
25 e 44 anni, i disoccupati e coloro che si informano preva-
lentemente tramite Internet,
tra i quali prevale il M5S.
Come già avvenuto in modo
in modo inedito alle Europee, il
Pd di Renzi si conferma un partito molto trasversale, «pigliatutto» (catch-all party, secondo la definizione del politologo
Otto Kirchheimer) che si afferma tra ceti molto diversi: gli
imprenditori, gli operai, le casalinghe, gli studenti e i pensionati, i più istruiti e quelli
con licenza elementare o nessun titolo di studio, i cattolici
praticanti, i non praticanti e i
non credenti, coloro che si informano con la Tv, quelli che
privilegiano i giornali e la radio, i residenti al Nord, al Centro e al Sud, nei piccoli, medi e
grandi Comuni.
Nonostante questa grande
trasversalità, analizzando i dati
cumulati dei sondaggi realizzati da ottobre ad oggi, si registrano alcuni interessanti cambiamenti nel consenso al Pd
La novità
I nuovi elettori dem
sono il 40% del totale:
con opinioni diverse
rispetto ai «tradizionali»
gioni meridionali e i cattolici;
al contrario aumenta soprattutto presso artigiani e commercianti e, in misura minore,
tra i giovani (25-34 anni), gli
operai e i dipendenti pubblici.
Da ultimo, la Lega Nord. Il
partito di Salvini risulta l’unico
partito in crescita e aumenta in
particolare tra i più giovani (1824 anni) e gli adulti (45-54 anni), tra gli imprenditori e i ceti
dirigenti, tra gli impiegati, gli
operai e, più in generale, tra i
dipendenti del settore privato
nonché tra gli elettori che si
collocano a destra o non si collocano politicamente.
Il cambiamento della leadership del Pd e della Lega ha prodotto un significativo incremento del consenso (testimoniato dai risultati delle Europee
e dai successivi sondaggi) ma
anche un profondo cambiamento della propria base elettorale. In particolare i nuovi
elettori del Pd (che rappresen-
Il sondaggio
INTENZIONI DI VOTO (dati in %)
Forza Italia - Berlusconi
Lega Nord
Fratelli d'Italia - An
Movimento 5 Stelle - Beppegrillo.it
Altre liste
Partito democratico
Sel
Prc*
Scelta civica*
Udc*
Nuovo centro destra - Alfano
40,8
38,3
40
30
21,2
20,8
20
16,8
16,1
10
8,1
4
0
4,9**
1,1 0,6
3
4
3,1
6,2
4,4
0,7
Stima di voto OGGI
3,7
2,2
Europee 2014
*i partiti che non superano lo sbarramento del 3% ** Ncd 3,2% e Udc 1,7%
Sondaggio realizzato da Ipsos PA per «Corriere della Sera» presso un campione casuale nazionale
rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne secondo genere, età, livello di scolarità, area
geografica di residenza, dimensione del Comune di residenza. Sono state realizzate 1.000 interviste
(su 10.546 contatti), mediante sistema CATI, l'11 e il 12 novembre 2014. Il documento informativo
completo riguardante il sondaggio sarà inviato ai sensi di legge, per la sua pubblicazione, al sito
www.sondaggipoliticoelettorali.it.
L’ELETTORATO OGGI (dati in %)
Partito democratico
Movimento 5 Stelle
Forza Italia
Nuovo centro destra
Alfano - Udc-Ppe
Lega Nord
FdI -An
Sinistra radicale
(Sel+Prc+Idv+Verdi)
Altre
liste
minori
L’incremento
Salvini guadagna
consensi tra i più
giovani e nella fascia
tra 45 e 54 anni
Elettori (anni)
che aumenta solo tra imprenditori, dirigenti e liberi professionisti e si riduce soprattutto
tra impiegati (in particolare del
settore pubblico), operai e studenti; inoltre tra le donne, le
persone di età compresa tra 25
e 34 anni (giovani preoccupati
per il loro futuro) e tra 45 e 54
anni (famiglie con figli e spese
crescenti). Infine tra coloro che
si collocano a sinistra. Il Jobs
act e gli effetti della crisi economica sembrano quindi alla
base di questi cambiamenti. Il
M5S pur mantenendo una prevalente componente maschile,
aumenta tra le donne (in particolare le casalinghe), i più giovani, gli studenti e coloro che si
collocano a sinistra, mentre diminuisce nelle fasce centrali di
età, tra i lavoratori autonomi, i
ceti dirigenti e i disoccupati.
Forza Italia riduce il proprio
consenso tra le persone meno
giovani e meno istruite, gli imprenditori e i ceti dirigenti, le
casalinghe, i residenti nelle re-
18-24
34,9
30
11,3 4,5 7,3 2,8 6,1
25-34
3,7
27,4
29,3
18,9
3,4 7,3 3,3 6,7
3,3
35-44
28,6
29
14,9
4,6 9
4,2 6,4
45-54
3
33,1
23,5
15,2
6,5 10 2,6 6,1
1,3
55-64
45,9
18,7
12,6 3,6 7,7 3,3 6,9
2,7
65
e oltre
50,1
7,7
0,9
5,2
4,7
6,5
3,1
6,2 6,6 1,6 5,2
1,8
2,1
5
8,9 3,8
9,2
22,8
5,3 1,5
10,1 3,6
16,8
29,8
37,7
31,2
Imprenditori
Liberi prof. Dirigenti
19,9
Operai ed affini
2,2
7,9 1,7
6,4 6,5
20,6
21,3
5,1
7,1
18,2
9
36,9
Casalinghe
50,2
Pensionati
Analisi statistica realizzata da Ipsos sulla base di sondaggi condotti presso campioni casuali nazionali
rappresentativi della popolazione italiana maggiorenne secondo genere, età, livello di scolarità, area
geografica di residenza, dimensione del Comune di residenza. Sono state realizzate mediamente 1.000
interviste settimanali (su mediamente 9.000 contatti), mediante sistema CATI, fra l'1 ottobre e il 12
novembre 2014.
Corriere della Sera
tano circa il 40% degli elettori
del partito di Renzi) hanno valori diversi ed esprimono
aspettative diverse rispetto agli
elettori «storici». Pertanto sono portatori di opinioni e atteggiamenti differenti rispetto
al centrosinistra tradizionale.
Alla luce di questi cambiamenti Renzi sembrerebbe di
fronte a un bivio, come peraltro abbiamo potuto osservare
in queste settimane con il Jobs
Act, la legge di Stabilità e l’ltalicum: da un lato, armonizzare
domande e interessi sempre
più disomogenei, facendo sintesi e cercando punti di mediazione; dall’altro puntare alla
convergenza delle aspettative
incentrate sul cambiamento, la
modernizzazione e il superamento delle ideologie. Nel primo caso si tratterebbe di un Pd
rinnovato, nel secondo di un
partito post ideologico e inclusivo: il partito della nazione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La lettera
«Referendum sull’euro, fantascienza costituzionale»
L
a proposta avanzata da Grillo,
in modo ora ufficiale, di un
referendum sull’euro induce
ad alcune considerazioni di
carattere squisitamente tecnico.
L’articolo 71 della Costituzione
prevede che il popolo possa
esercitare l’iniziativa delle leggi,
mediante la proposta, da parte di
almeno 50 mila elettori, di un
progetto redatto in articoli. Non vi è,
tuttavia, alcun obbligo, per le
Camere, di porre effettivamente in
discussione il progetto. Ma non solo.
Anche nel caso in cui i parlamentari
del M5S riuscissero ad imporre la
«calendarizzazione» del progetto di
legge, l’iter per la sua approvazione
non potrebbe che essere quello
previsto dall’articolo 138, per le leggi
di revisione della Costituzione e le
altre leggi costituzionali (in quanto,
come nell’89, si tratterebbe di
introdurre un’ipotesi di referendum
di «indirizzo» ad hoc, non prevista in
Costituzione). Per queste ultime, si
prevede una procedura rinforzata, ai
sensi della quale le leggi sono
adottate da ciascuna Camera con due
successive deliberazioni ad intervallo
non minore di tre mesi, e sono
approvate a maggioranza assoluta dei
componenti di ciascuna Camera nella
seconda votazione. Si pongono,
pertanto, anzitutto, due problemi: 1)
Come potrebbe il M5S essere in grado
— senza aver prima stretto una serie
di accordi politici almeno con le forze
di opposizione al governo più vicine
ad una posizione «anti euro» — di
garantire un quorum deliberativo
così alto? 2) Come può Grillo
sostenere che «Approvata la legge
costituzionale ad hoc che indice il
referendum, considerando i tempi di
passaggio tra le due Camere, a
dicembre 2015 gli italiani potranno
andare alle urne ed esprimere la loro
volontà sull’uscita dall’euro con il
referendum consultivo», se, come
egli sostiene, il progetto di legge
dovrebbe venir presentato non prima
del maggio 2015? Qui si apre, infatti, il
secondo problema. L’articolo 138
prevede che, ove la legge venga
adottata a maggioranza assoluta, essa
può essere sottoposta a referendum
popolare qualora, entro tre mesi dalla
pubblicazione, ne facciano domanda
un quinto dei membri di una Camera
o cinquecentomila elettori o cinque
Consigli regionali. Vero: non si fa
luogo a referendum se la legge è stata
approvata nella seconda votazione da
ciascuna delle Camere a maggioranza
di due terzi dei suoi componenti, ma
pare inverosimile che il M5S possa
pensare non solo di far approvare la
legge, ma addirittura di riuscire, in
seconda votazione, a farla passare con
una maggioranza di 2/3.Dunque,
nella più rosea delle previsioni (ed
immaginando, ai limiti della
fantascienza costituzionale, che si
proceda come in catena di
montaggio: giugno 2015: prima
votazione + settembre 2015: seconda
votazione + termine di 3 mesi per far
decorrere la richiesta di referendum),
entro «dicembre 2015», come scrive
Grillo, al limite si potrebbe sapere se
vi sarà un referendum per approvare
la legge costituzionale che istituisce il
referendum. Insomma, entro quella
data gli italiani rischiano al più di
sapere se verranno chiamati non ad
un referendum sull’euro, ma ad un
referendum sul referendum.
Paolo Becchi
Ordinario di Filosofia del diritto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
12
Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
BOLOGNA FIRENZE GENOVA LEGNANO MILANO PORTO CERVO ROMA TORINO BERLINO HIROSHIMA MADRID KOBE KOKURA SEOUL
Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
13
Primo piano Le Regioni
Tasse
Da gennaio l’addizionale
Irpef regionale potrà salire fino
al 3,33%. Un punto in più del
2,33%, già applicato da quattro
Regioni: Piemonte, Lazio, Molise e Basilicata. Il Piemonte
guidato da Sergio Chiamparino, che è anche presidente della Conferenza delle Regioni, ha
già deciso un aumento dell’aliquota per i redditi sopra 28 mila euro. Riguarda meno di un
quarto dei 2,6 milioni di contribuenti piemontesi, si giustifica
la Giunta. Il conto più salato sarà per i 127 mila cittadini sopra
i 55 mila euro. Per loro l’aliquota salirà di un punto: al 3,32%
per lo scaglione tra 55 mila e 75
mila euro, al 3,33% oltre. Per fa-
ROMA
La vicenda
● L’addizionale
regionale Irpef
fu istituita
nel 1997, con
un’aliquota che
allora era dello
0,5%. Leggi
successive
hanno
consentito
alle Regioni di
aumentare
l’aliquota fino
al 2,33%.
Dal 2015 è
possibile un
ulteriore
incremento
di un punto.
L’aliquota può
essere unica o,
come accade
nella maggior
parte delle
Regioni,
articolata
sui cinque
scaglioni di
reddito
dell’Irpef
nazionale.
Le Regioni
possono
prevedere
soglie di
esenzione. Nel
1998 è stata
istituita anche
l’addizionale
Irpef comunale,
che ha un tetto
dello 0,8%. Le
aliquote
nazionali Irpef
sono 5, dal
23% fino a 15
mila euro di
reddito al 43%
oltre 75 mila
Risposta ai tagli
I tagli del governo
e i rientri sulla sanità
portano le Regioni
a inasprire il fisco
re un esempio, un torinese con
più di 75 mila euro subirà un
prelievo Irpef complessivo superiore al 47%, considerando
l’Irpef nazionale del 43% e comunale dello 0,8%.
Si tratta di aumenti «obbligati», sostiene la Regione, per
far fronte al debito salito a quasi 9 miliardi. Ma, spiega Massimo Garavaglia, coordinatore
degli assessori al Bilancio della
Conferenza delle Regioni, «anche altre Regioni, quelle con i
Piani di rientro sanitari (oltre al
Piemonte, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, ndr.), rischiano di
aumentare le addizionali, a
causa dei tagli alle Regioni: 4
miliardi con l’ultima legge di
Stabilità e 1,8 con le precedenti
due manovre». Il prelievo medio pro capite che quest’anno è
salito a 377 euro con punte di
548 euro nel Lazio e 442 in Piemonte e Campania, potrebbe
salire ancora. Come l’aliquota
media, che ora sfiora 1,6% (va
Il caso
● Un gruppetto
di operai, una
delegazione
di consulenti
a partita Iva
e un pugno
di ricercatori
dell’universitari
hanno visto
«Due notti,
un giorno» il
film dei fratelli
Dardenne,
commentando
al termine la
pellicola.
Un cineforum
sulla modernità
del lavoro
e la solitudine
di chi si trova di
fronte ai ricatti
del «padrone»
Il fisco delle Regioni
Trento
292
Il peso delle addizionali regionali Irpef:
il gettito medio pro capite (in euro)
Bolzano
180
53
(+13,6%)
-29
(-13,9%)
LLomba
ombardi
diia
380
V. d'Aosta
sta
294
Veneto
eto
to
289
Emilia
E
ilil
Romagna
400
Piemonte
442
Friuli V. G.
270
Tosca
cana
291
Marche
Ma
301
46
(+14,8%)
Umbria
357
17
(+4,7%)
-11
(-3%)
84
(+18,1%)
Liguria
376
Calabria
Calabri
405
Gettito medio
pro capite (2014)
Differenza
2013-2014
valori assoluti
(in %)
Puglia
P
320
Campa
ampania
a
442
Sarde
rdegna
262
4
(+1%)
22
(+8,9%)
Molise
421
Sicilia
371
Lazio
548
Basilicata
269
Fonte: Servizio politiche territoriali Uil
tenuto conto che molte Regioni articolano il prelievo sui 5
scaglioni Irpef) con Lazio, Molise, Campania e Calabria oltre
il 2% mentre il prelievo medio
più basso c’è nelle province autonome di Bolzano e di Trento.
L’aumento fino al 3,33% è quasi
certo nel Lazio, dove è già previsto dalla manovra approvata
l’anno scorso, mentre la Campania fa sapere che sarà confermato il 2,03% in vigore.
Già domani potrebbe esserci
un nuovo incontro governoRegioni, dice il sottosegretario
all’Economia Pier Paolo Baretta. Che anticipa: «Le proposte
delle Regioni non vanno nella
direzione giusta. Vorrebbero
alleggerire i tagli utilizzando i
fondi non spesi per il paga-
Abruzzo
357
Corriere della Sera
mento dei debiti verso le imprese. Sarebbe una soluzione
finanziaria mentre secondo
noi vanno ridotti gli sprechi».
Le posizioni sono distanti. A
sentire le Regioni, 4 miliardi di
tagli sono insostenibili, mettono a rischio i servizi, per non ridurre i quali bisogna appunto
aumentare l’addizionale. In effetti, secondo i calcoli della Copaff, la commissione del’Economia per il federalismo fiscale presieduta da Luca Antonini,
tra il 2008 e il 2013 sono proprio le Regioni ad aver sopportato, in proporzione, i tagli
maggiori di spesa: 13 miliardi
più 8 sul fondo sanitario.
Ma, a sentire il premier Matteo Renzi, tagliare 4 miliardi,
su una spesa regionale di 200
miliardi, è possibile intervenendo sugli sprechi e applicando i costi standard. Secondo il
rapporto dell’istituto di ricerca
Glocus, nella sanità si possono
risparmiare 22 miliardi in 5 anni. Per Domenico Casalino,
amministratore delegato della
Consip, la società del ministero
dell’Economia per gli acquisti
della pubblica amministrazione, «è senza dubbio nel campo
dell’energia che ci sono troppi
sprechi. In qualche caso si sono ottenuti risparmi fino al
40%. Centralizzando gli acquisti, oltre a eliminare gli sprechi, si rende più difficile la corruzione».
In questo braccio di ferro a
rimetterci è il contribuente.
Eppure la legge 42 del 2009 sul
Corriere.it
Sul canale
economia
del sito del
«Corriere della
Sera» analisi,
spunti e
retroscena di
finanza e lavoro
federalismo fiscale fissava il
principio dell’invarianza della
pressione fiscale, quindi se aumentavano le addizionali doveva diminuire l’Irpef nazionale.
Invece, afferma la Corte dei
conti nel Rapporto sulla finanza pubblica 2013, «non solo
non si trovano tracce di compensazione fra fisco centrale e
locale ma, anzi, di pari passo
con l’attuazione del federalismo fiscale, si è registrata una
significativa accelerazione sia
delle entrate territoriali sia di
quelle centrali». Solo nel 1998,
ricorda la Corte, quando l’addizionale regionale debuttò con
un’ aliquota che allora era dello
0,5%, «furono ridotte della
Regioni al via
In Piemonte 3,33%
da gennaio per i redditi
sopra 75 mila euro. Nel
Lazio aumento previsto
stessa misura le aliquote Irpef». Da allora, spiega Antonini, «c’è stato un continuo scaricabarile tra Stato, Regioni ed
enti locali e il principio dell’invarianza di gettito è stato massacrato». Più accademica la
Corte: «Le evidenze» dimostrano «una mancanza di coordinamento fra prelievo centrale e
locale, sconfinato nell’aumento della pressione fiscale complessiva a causa di un perverso
effetto combinato: lo Stato centrale che taglia i trasferimenti
ma lascia invariato il prelievo di
sua competenza; gli enti territoriali che, per sopperire ai tagli, aumentano le aliquote dei
propri tributi». Quando finirà?
Il governatore della Campania,
Stefano Caldoro, ha suggerito
un po’ provocatoriamente: «Lasciamo il governo nazionale,
sciogliamo le Regioni e riorganizziamo le funzioni sulla base
delle macroaree».
Enrico Marro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il licenziamento e la solidarietà azzerata
di Dario Di Vico
Tute blu e partite Iva discutono il film dei fratelli Dardenne e la loro doppia solitudine
Il lavoro e la sua solitudine «moderna», quella degli
operai che vedono scemare la
loro forza e quella dei free lance che «cantano e portano la
croce» del lavoro indipendente. Metti una sera al cinema, si
guarda l’ultimo film dei fratelli
Dardenne e si discute a mo’ di
vecchio cineforum.
Siamo a Milano per vedere
«Due giorni, una notte» e in sala c’è un gruppetto di operai,
una delegazione di consulenti
a partita Iva e un pugno di ricercatori dell’universitari, in
gergo «precari assegnisti». Paola è una funzionaria della
Fiom ed è la prima a prendere
la parola dopo i titoli di coda.
Per lei il film è «veritiero», rende benissimo lo spirito del
tempo ovvero la paura di essere
licenziati da un momento all’altro. Luisa invece è una professionista a partita Iva, rac-
conta come la paura per lei
consiste nel cliente che non ti
paga o che da un giorno all’altro ti toglie l’incarico.
Sullo schermo la protagonista è l’operaia Sandra alle prese
con la depressione che l’ha tenuta a casa per qualche mese e
con i suoi compagni che devono fare i conti con un ricatto
del padrone. «Se volete che lei
ritorni regolarmente in fabbrica dovete rinunciare al vostro
bonus di mille euro».
Antonino, anche lui della
Fiom, è un delegato della Nokia Siemens ed è stato messo
fuori assieme ad altri 113 dipendenti. Si immedesima nella
storia belga e racconta di un licenziamento avvenuto via mail
«e per giunta di venerdì» e di
tre-esposti-tre che i colleghi rimasti a lavorare hanno presentato contro chi, come lui, continua la lotta contro l’azienda e
MILANO
La visione
La corsa delle addizionali regionali
Da gennaio 2015 l’aliquota può salire
di un punto fino a quota 3,33%
La pellicola
Marion
Cotillard,
39 anni
protagonista
di «Due giorni,
una notte» di
Jean-Pierre e
Luc Dardenne
organizza periodicamente dei
presidi ai cancelli. La Grande
Crisi, dunque, ha azzerato il
sentimento di solidarietà anche nelle grandi aziende a forte sindacalizzazione, figuriamoci – sottolinea Antonino –
cosa può accadere nelle piccole imprese. E i Dardenne parla-
no proprio di una piccola
azienda di pannelli solari con
16 dipendenti.
La Sandra interpretata magistralmente da Marion Cotillard ci appare come un’operaia
senza particolare professionalità, ha marito e due figli e di
fronte al terrore di perdere il
posto trova la forza di interpellare a uno a uno i suoi compagni di lavoro perché trovino la
forza di rinunciare ai mille euro. Si va a un drammatico referendum (l’esito non lo riveleremo) e il coraggio di Sandra piace al nostro pubblico, il suo riscatto conquista tute blu,
partite Iva e ricercatori.
Commenta Enrica: «Quando
lei chiede ai compagni di aiutarla sembra che quasi stia
chiedendo l’elemosina e la
stessa sensazione la vivo io
quando da free lance devo
chiedere il pagamento di un la-
voro e sono portata a sperare
nella bontà del cliente più che
nei miei diritti». Cari operai,
dunque, se voi lamentate la fine di un mondo con tanta forza
sindacale e tanta coesione,
sappiate che chi come noi è
esposto ogni giorno al mercato
quelle cose nemmeno se le sogna. «La solidarietà tra free
lance esiste ma si chiama
network, si collabora e ci si
passa i clienti. Facciamo rete.
Ma è tutto costruito sul rapporto fiduciario, non c’è mai un
contratto da far valere».
In sala ci sono anche i giovani ricercatori-precari: sono
uniti dal credere, tutti, nel ruolo dell’università e nell’autonomia della ricerca pubblica. C’è
in loro il senso di una missione
e dei sacrifici necessari per
onorarla. La motivazione per
ora batte la solitudine.
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Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
14
Esteri
Hong Kong, bloccati i tre studenti
Per loro divieto di andare a Pechino
Diplomazie
di Fabio Cavalera
Lady Braveheart
e la scommessa
dell’indipendenza
La delegazione doveva incontrare il governo cinese per parlare di riforme
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
La vicenda
G
li indipendentisti
scozzesi si rimettono
in marcia. A guidarli
c’è una quarantenne
combattiva e popolare,
un’avvocatessa che si è
unita allo Scottish National
Party quando adolescente
distribuiva volantini a
scuola. Nicola Sturgeon, da
ieri leader del partito al
posto del dimissionario
Alex Salmond, non è una
secessionista affamata di
slogan. Ha la virtù del
realismo. E nelle elezioni
generali di maggio, a
Westminster e a Downing
Street, i conti con la Lady di
Ferro degli indipendentisti,
saranno costretti a farli. Sia
i laburisti sia i conservatori.
È quasi scontato che nel
prossimo parlamento
britannico le due forze
storiche non avranno la
maggioranza assoluta e
dovranno affidarsi a
coalizioni. Le sorti del
governo dipenderanno dal
Sud inglese, dove incombe
il fantasma dello Ukip di
Nigel Farage, e dal Nord
scozzese, dove Nicola
Sturgeon si prepara a
raccogliere una massa di
consensi. Piace a sinistra e
piace al centro. Oggi a
Westminster siedono 59
parlamentari espressi dai
collegi scozzesi: 41 laburisti,
11 liberaldemocratici, 6
indipendentisti Snp, uno
conservatore. I rapporti di
forza si modificheranno.
Lo Scottish National Party
guadagnerà molti seggi e
porterà a Londra una
rappresentanza che
potrebbe essere decisiva
per le maggioranze.
La nuova leader dei
nazionalisti scozzesi ha le
idee chiare. Vuole asciugare
i laburisti in Scozia perché
«votarli in Scozia è senza
senso», ma allearsi con gli
stessi laburisti per una
maggioranza a Westminster
«in cui saremo
determinanti e otterremo
ciò che ci è stato
promesso». È un calcolo
che non fa una grinza.
E non lo fa anche se
dovessero ritornare a
Downing Street i Tory. In tal
caso «o mantengono i patti
sulla devoluzione o ci sarà
un nuovo referendum e lo
vinceremo». Si parla e si
parlerà tanto di Farage e
dell’avanzante
antieuropeismo. Ma nel
Regno Unito c’è in campo
una Lady Ferro scozzese
pronta a scompaginare gli
assetti istituzionali e
parlamentari. La questione
scozzese non si è chiusa col
referendum. È apertissima.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
● I limiti
imposti dalla
Cina alle
elezioni del
futuro capo del
governo di
Hong Kong,
previste per
il 2017,
scatenano le
proteste di
Occupy Central
il 28 settembre
● I dimostranti
«armati» di
ombrelli
occupano le
principali
strade
● I candidati a
chief executive
devono essere
approvati da l
governo di
Pechino
● Il 60% della
Borsa locale
dipende da
imprese cinesi
PECHINO È fallito anche l’ultimo
tentativo. Non c’è speranza che
gli studenti di Hong Kong ottengano un colloquio con il governo di Pechino per spiegare
le loro richieste democratiche.
La delegazione che aveva annunciato il viaggio nella capitale è stata respinta ieri pomeriggio all’aeroporto dell’ex colonia
britannica: documenti sospesi,
si sono sentiti dire al controllo
passaporti. Dopo quasi sette
settimane di mobilitazione,
dopo l’occupazione di tre quartieri della city, che al culmine
ha portato in strada più di centomila manifestanti, restano
solo poche centinaia di tende a
tenere viva la sfida. E molti segnali fanno temere che la tolle-
ranza della Cina sia finita, che
la repressione sia pronta.
Il movimento «Occupy Central» è scattato il 28 settembre,
dopo mesi di polemiche sulle
elezioni per il «chief executive» della città, alla quale la Cina
ha concesso un’amministrazione speciale prima della restituzione della colonia da parte dei
britannici nel 1997. Pechino si
era impegnata per il suffragio
universale, ma poi ha annunciato che non saranno accettate candidature indipendenti o
sgradite, riservandosi un potere di veto che rende scontato il
risultato. Le autorità di Hong
Kong sono rimaste sorprese
dalla forza della protesta; a ottobre hanno accettato un dia-
L’intervista
di Paolo Salom
Chi è
● Alberto
Forchielli,
59 anni,
imprenditore,
è fondatore
di Mandarin
Capital
Partners, primo
fondo di
private equity
straniero
specializzato
in investimenti
tra Cina ed
Europa e
di Osservatorio
Asia, centro
di ricerche
non profit
«Io sono uno che ha ribaltato il mondo. Figuriamoci se mi
preoccupo di mostrare solidarietà a un gruppo di giovani
straordinari quanto (fin troppo) idealisti». Alberto Forchielli, 59 anni, bolognese, manager
internazionale che guida, tra le
altre imprese, il fondo Mandarin Capital, di passaggio a Milano dove ha condotto il convegno «Il modello Giappone al
tempo della crisi» organizzato
da Osservatorio Asia (di cui è
presidente), ha casa in Pacific
Place, pieno centro di Hong
Kong. Per giorni ha osservato
dalle sue finestre le manifestazioni dei ragazzi di Occupy
Central. Finché non si è deciso
a scendere anche lui in piazza,
e sedersi in mezzo a loro.
Perché lo ha fatto?
«A dir la verità in principio
ero molto scettico a proposito
di questo movimento, con i
manifestanti accusati di essere
“viziati” e anche di “ingratitu-
logo con gli studenti, ma subito hanno ripetuto che il sistema elettorale non sarebbe stato
cambiato. Così i ragazzi sono
rimasti in strada, accampati in
tre zone della città.
Per quasi due mesi a Pechino
sono rimasti a guardare, durante l’occupazione ci sono stati pochi incidenti, solo qualche
azione di forza da parte della
polizia e tafferugli con il fronte
filo-cinese. Ma ora sembra che
la tolleranza sia finita. «La situazione a Hong Kong è illegale, legge e ordine vanno ristabiliti», ha detto il presidente Xi
Jinping questa settimana parlando davanti a Obama, ammonendolo a «non interferire perché si tratta di affari interni alla
Cina». Anche i ragazzi hanno
capito che il tempo è quasi scaduto. Hanno annunciato l’invio
a Pechino di tre loro delegati,
guidati da Alex Chow, il leader
della Federazione degli studenti. L’obiettivo era farsi ricevere dal premier Li Keqiang.
«Revocando i nostri permessi di viaggio hanno requisito
anche i diritti di parola di
un’intera generazione», ha det-
L’accusa dei giovani
«Coi nostri passaporti,
hanno requisito anche
il diritto di parola di
un’intera generazione»
to Alex. «Perché un grande Stato come la Cina ha paura di tre
studenti come noi?». La risposta si può leggere nell’editoriale pubblicato ieri mattina dal
Global Times, giornale del partito comunista a Pechino; bastano un paio di capoversi per
capire quanto sia rischiosa la
situazione: «Gli attivisti vogliono creare un’atmosfera di martirio... all’inizio il movimento
di Hong Kong è sembrato un
pallone così gonfio da poter volare alto, ma quando Occupy
Central scoppierà, si ridurrà a
un brandello di plastica sul terreno e nessuno si interesserà di
raccoglierne i pezzi».
Guido Santevecchi
Amore
Due giovani
sposi fra le
tende di
Occupy Central
(Getty Images).
A sinistra, i tre
leader della
protesta
studentesca
all’aeroporto
(Epa)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
«Non sarà un’altra Tienanmen»
Il manager Forchielli: qui la nostra democrazia non funzionerebbe
dine” dai cinesi della Madrepatria, che hanno sempre invidiato la loro libertà. Poi, un giornalista occidentale mi ha chiesto di fare due passi con lui, di
rendermi conto di persona. Così sono sceso sotto casa, in Pacific Place, e ho visto una realtà
completamente differente da
come era dipinta in Cina».
Cioè?
«Altro che viziati e ingrati.
Altro che “pericolo per la stabilità”. Quella era una fiera di paese non una protesta. Ragazzini gentilissimi. Mi vedevano
grande e grosso, in difficoltà
tra tutti quegli spartitraffico di
cemento e mi davano la mano,
Innocui
Altro che viziati, altro
che «pericolo per la
stabilità». Quella era
una fiera di paese
loro, ragazzini di 50 chili! Io sono stato catturato da questa rivolta, non violenta, organizzatissima. Con banchetti del cibo
e dell’acqua, un ordine perfetto
e tanta cordialità. Mi hanno
preso al cuore».
Ma non ha pensato che
avrebbe potuto mettere in pericolo i suoi affari mostrando
solidarietà a una protesta invisa al governo di Pechino?
«È stato spontaneo, non calcolato. Ma sono contento di
averlo fatto. Io non attacco il sistema. Non l’ho mai fatto. Ma
non ho mai nemmeno nascosto le mie critiche. Ho un blog
seguito da 800 mila follower
che viene tradotto e pubblicato
in Cina (fugeli.blog.caixin.com
sul sito della rivista economica
Caixin, ndr). Mi rendo conto
che la democrazia occidentale
non potrebbe funzionare, così
com’è, nella Repubblica Popolare. Ma sono favorevole ad
aperture graduali. E lo dico. E
❞
Stanno
perdendo
consenso. E
pensare che
cantavano
felici
Bella ciao
Io non
attacco
il sistema
ma non
ho mai
nascosto le
mie critiche
poi i cinesi odiano i deboli e rispettano i forti: è chiaro?».
Il movimento, questi ragazzi, non rischiano una repressione dura, violenta?
«Mah... Ormai la spinta della
protesta mi pare si sia già esaurita. Credo e spero che Pechino
non manderà nessuno. Certo
non i carri armati come a Tienanmen nel 1989. Ormai questi
ragazzi occupano una strada
sola. Ci sono pochi problemi di
traffico. La loro presenza si sta
diradando. L’attenzione dei
media sta scemando e in più la
popolazione di Hong Kong è
stanca. Non sono pratici. Non
hanno capito la tattica della
guerriglia (virtuale): colpisci e
ritirati per colpire ancora
quando meno se lo aspettano.
Questi “bambini” stanno solo
perdendo consenso. E pensare
che cantavano “Bella ciao” a
squarciagola...».
@PaoloSalom
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Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
ESTERI
15
Primi italiani al fronte
Nipote di Cacciari
con i no global
per difendere
i curdi di Kobane
«A
I dati
● Il caso del
centro per
disabili di
Lechaina è
stato segnalato
per la prima
volta nel 2009
da un gruppo di
laureati giunti
in Grecia da
diversi Paesi
europei per
un progetto
di volontariato
● L’istituto
è stato poi
oggetto nel
2010 di un
durissimo
rapporto del
difensore civico
per i diritti dei
minori, rimasto
inascoltato
● Da venerdì
scorso la
Grecia è
ufficialmente
fuori dalla
recessione,
dopo sei anni
di manovre
d’austerità
varate in
cambio di aiuti
internazionali
● Particolarmente
penalizzati
dalla crisi
i bambini.
Secondo un
rapporto Unicef
pubblicato lo
scorso ottobre
la Grecia è con
l’Islanda il
Paese che
più ha visto
crescere
la povertà
infantile
dal 2008
ndiamo a fare un giro?», lo ripete spesso nell’ostinata litania dei suoi giorni in gabbia.
Fotis ha vent’anni e la sindrome
di Down, vive in un rettangolo
di sbarre di legno con la porta
chiusa a chiave. Un letto singolo, niente oggetti personali. Ce
ne sono tante di «celle di sicurezza» nel centro per disabili di
Lechaina, Peloponneso occidentale, poco meno di settanta
pazienti, in maggioranza bambini e adolescenti abbandonati
dalle famiglie. Jenny guarda il
mondo dalla sua gabbia da
quando le fu diagnosticato
l’autismo. Aveva due anni, oggi
ne ha nove. Bambini, ammalati, vittime collaterali di una
guerra economica nel cuore
d’Europa. Da venerdì scorso la
C’è anche il no global
Tommaso Cacciari nella
battaglia di Kobane. Il nipote
del filosofo ed ex sindaco di
Venezia si trova da oltre una
settimana nella città curda tra
Siria e Turchia che i jihadisti
da due mesi tentano di
riconquistare. È partito con
Davide Mozzato, un altro
attivista dei centri sociali
veneziani, che hanno
organizzato una staffetta per
portare solidarietà e sostegno
ai combattenti curdi. Non solo
per ragioni umanitarie. Alle
centinaia di volontari della
«guerra santa» che
dall’Occidente si sono uniti
alle brigate del Califfato fanno
da contraltare gli attivisti della
controcultura giovanile,
mobilitatasi in difesa della
«rivoluzione di Rojava», la
Carta firmata dalle comunità
curde organizzate in una rete
di regioni autonome. «Noi ci
ritroviamo tutto lo spirito
fraterno, pacifico, ribelle delle
comunità zapatiste insorte
vent’anni fa in Messico —
spiegano gli attivisti al
Nel Peloponneso
Il personale del centro
per disabili: «Siamo
troppo pochi, le gabbie
proteggono i pazienti»
Dietro le sbarre Un piccolo paziente del centro di Lechaina riceve da un’infermiera il cibo nella sua gabbia
Grecia è ufficialmente fuori
dalla grande recessione dopo
sei anni di tagli, misure d’austerità, monitoraggio della
trojka e salvataggi internazionali. Il Pil torna a crescere ma il
Paese è lacerato, il sistema sociale dissolto, i più vulnerabili
lasciati alla carità dei volontari.
Nell’istituto di Lechaina, oggetto nel 2010 di un durissimo
rapporto del difensore civico
per i diritti dei minori rimasto
inascoltato, non c’è un medico
in servizio stabile, solo un’infermiera e un assistente per
piano. Nel 2006 un ragazzo di
quindici anni rimasto senza supervisione morì per soffocamento dopo aver ingerito un
oggetto. Dieci mesi dopo la
stessa sorte toccò a un sedicenne nel cui stomaco furono trovati frammenti di stoffa e bendaggi.
La direttrice Gina Tsoukala
non riceve stipendio da un anno. «Certo che non dovremmo
usare le gabbie — dice alla Bbc
— ma alcuni pazienti hanno
tendenze autodistruttive o aggressive verso gli altri, per noi è
impossibile seguirli tutti con
forze così ridotte». All’ora dei
pasti i bambini in gabbia ricevono il cibo attraverso le sbarre. Strumenti coercitivi e restrizioni alle libertà fondamentali
che ricordano i tempi bui nei
quali la disabilità era oscurata,
relegata ai margini, rimossa
dal corpo sociale.
La regressione culturale e
materiale diretta conseguenza
della recessione penalizza l’infanzia in molti modi. La generazione perduta. Secondo un
rapporto Unicef pubblicato lo
IL DRAMMA IN GRECIA
I bambini in gabbia
ostaggi della Crisi
scorso ottobre la Grecia è con
l’Islanda il Paese che più ha visto crescere la povertà infantile
dal 2008, raggiungendo un tasso d’indigenza dei minori del
40,5% (contro il 23% di sei anni
fa). Più che raddoppiata la percentuale di nuclei familiari incapaci di garantire ai bambini
un pasto con carne o pesce
ogni due giorni. Lo studio dell’Unicef ha analizzato 41 Stati
tenendo conto di indicatori co-
me possibilità economiche, livelli di stress, grado generale di
soddisfazione, accesso all’istruzione. E ha fotografato
una spirale nella quale «sempre più famiglie in Grecia faticano a soddisfare le più elementari necessità materiali ed
educative».
Gli effetti sulla crescita e la
formazione dei bambini, prevede il rapporto, si faranno
sentire a lungo. «C’è una fon-
Il presidente turco Erdogan
«L’America? Fu scoperta dagli islamici»
L’America non è stata scoperta da Cristoforo Colombo nel 1492
ma da «marinai musulmani» tre secoli prima, tanto che il
navigatore genovese, veleggiando davanti a Cuba, poté
addirittura scorgere una moschea in lontananza. Lo ha sostenuto
il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, facendo leva più sul
proprio orgoglio islamico che non su teorie accreditate. Parlando
al primo «Summit dei leader musulmani dell’America latina»,
a Istanbul, Erdogan ha fatto anche un annuncio, riferisce il
quotidiano turco Hürriyet: costruirà una moschea a Cuba, se le
autorità dell’Avana glielo permetteranno.
damentale sfasatura tra la durata della crisi e le sue conseguenze sociali» avverte il sociologo Alexander Kentikelenis. In
un Paese dove nei momenti di
massima depressione economica si stimava una perdita di
circa mille posti di lavoro al
giorno e oggi la disoccupazione si aggira intorno al 25%
(quella giovanile sfiora il 50%),
le nuove generazioni si vedono
negare gli strumenti formativi
di base, quelle stesse risorse
sulle quali sarebbe urgente investire per rilanciare l’intero sistema produttivo. Il piano di
aiuti Ue scade a fine dicembre,
quello del Fondo monetario internazionale nel 2016. «La speranza è tornata, la Grecia è tornata» ha dichiarato il primo
ministro conservatore Antonis
Samaras subito dopo la pubblicazione dei dati di venerdì. Per
motivare il Paese, e forse anche
se stesso.
Maria Serena Natale
[email protected]
Attivista
Tommaso
Cacciari, 37
anni, leader del
centro sociale
veneziano
Morion
40,5
Per cento
Il tasso
d’indigenza dei
minori in Grecia
per l’Unicef
25,9
Per cento
Il livello di
disoccupazione
secondo gli
ultimi dati
Corriere del Veneto —. Per
questo sono odiati tanto da
quelli dell’Isis, quanto dal
governo turco». Cacciari e
Mozzato sono gli unici
stranieri a un passo da
Kobane: si trovano a Meheser,
villaggio a ridosso della città
simbolo della resistenza curda.
«Ogni giorno qui la gente si
raduna in piazza, intona canti
e slogan per incoraggiare i
combattenti, che dalla città
riescono a sentirli»,
raccontano. Il diario dei giorni
al fronte è online, su Twitter e
Globalproject, con resoconti
militari («le forze della
guerriglia curda sono riuscite a
riconquistare la moschea di
Reshad e il municipio») ma
anche dedicati alle vittime
della guerra. Domani i due
giovani torneranno in Italia:
«L’Isis, la Turchia e Assad non
riusciranno a uccidere la
rivoluzione di Rojava».
A.Mu.
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Organizzazione,
comunicazione
e uf ficio stampa
Viale delle Belle Arti, 131
www.gnam.beniculturali.it
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Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
16
Cronache
«Eutanasia e aborto, falsa compassione»
Il Papa ai medici: l’obiezione di coscienza è una scelta coraggiosa e controcorrente, la vita è sempre sacra
ROMA «Siate
91,3
Per cento
Sono
i ginecologi
ospedalieri
obiettori
secondo
l’associazione
Laiga per
l’applicazione
della legge 194
69,3
Per cento
È la
percentuale dei
medici obiettori
secondo
il ministero
della Salute
che calcola
un +17,3%
in trent’anni
coraggiosi», capaci di «scelte controcorrente»,
fino ad arrivare, «in casi particolari, all’obiezione di coscienza». L’incontro con i medici
cattolici di papa Francesco comincia con parole scritte su un
foglio e lette con quella partecipazione emotiva alla quale
questo Pontefice ci ha abituato:
«Il pensiero dominante propone una falsa compassione:
quella che ritiene sia un aiuto
alla donna favorire l’aborto, un
atto di dignità procurare l’eutanasia, una conquista scientifica
“produrre” un figlio come se
fosse un diritto invece di accoglierlo come un dono».
E finisce «a braccio», dopo
aver posato i fogli del discorso
scritto, come spesso sente la
necessità di fare per essere più
diretto: «State attenti, sperimentare con la vita, giocarci, è
un peccato contro Dio creatore.
L’aborto non è un problema religioso o filosofico. È un problema scientifico, non è lecito
fare fuori una vita umana per
risolvere un problema».
Nel mezzo, c’è la posizione
tradizionale della Chiesa cattolica su aborto, eutanasia, fecondazione artificiale. Francesco la ribadisce e spiega che «la
vera compassione è quella del
“buon samaritano”, che vede,
si avvicina e offre aiuto concreto». E l’aiuto concreto, per i cattolici, è sempre a favore della
vita, dice il Papa, dal concepi-
Fotografato Papa Francesco davanti all’obiettivo degli smartphone durante l’incontro di ieri in Vaticano con i componenti dell’Associazione medici cattolici italiani (Agf)
mento alla morte naturale. Perché la vita, «è sempre sacra e
sempre di qualità. Non esiste
una vita umana più sacra di
un’altra come non c’è una vita
umana qualitativamente più significativa di un’altra». I medici cattolici, dunque, dice Francesco, devono avere il coraggio
di fare scelte anche controcorrente, come l’obiezione di coscienza: «Le conquiste della
scienza e della medicina possono contribuire al miglioramento della vita nella misura
in cui non si allontanano dalla
radice etica di tali discipline».
Applaudono i medici cattolici riuniti nell’aula Paolo VI. E
confidano al Pontefice le difficoltà che spesso incontrano
La fecondazione
«Attenti a giocare con
la vita, a “produrre” figli
come un diritto e a non
accoglierli come dono»
nel rispettare le leggi che «confliggono» con il «primato della
coscienza». Il presidente dell’Associazione medici cattolici
italiani, Filippo Maria Boscia, si
spinge fino a denunciare che ci
sono molti «giovani medici
obiettori che vivono sotto la
minaccia del licenziamento se
rifiutano di praticare un aborto». Replica Vito Trojano, presidente dell’Associazione italiana di ostetricia e ginecologia: «In medicina non possono
esserci schemi fissi. Il medico
deve poter agire con scienza e
coscienza nell’interesse del paziente e nel rispetto del codice
deontologico».
Secondo i dati del ministero
della Sanità, in questo momento in Italia 7 ginecologi su 10 e
un anestesista su due sono
obiettori di coscienza. Il dato
sale nelle regioni del Sud, all’80
per cento e anche oltre. In Basilicata sfiora il 90 per cento, in
Molise lo supera.
Mariolina Iossa
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● Il commento
Nella predicazione dei valori
le sue (rare) frasi giudicanti
di Luigi Accattoli
P
arola severa questa del Papa sulla «falsa
compassione»: una frase giudicante,
tipica dei moniti in difesa della vita di
Giovanni Paolo II. «Falsa pietà» aveva detto
una volta Wojtyla dell’eutanasia (Evangelium
vitae, 1995) e prima ancora aveva sostenuto
che la «genuina compassione» non può mai
dimenticare il «non uccidere» (Veritatis
splendor, 1993). Allora la Chiesa era accusata
di non conoscere la compassione, accusa
che era poi tornata negli anni di Benedetto
XVI, quando insisteva sul «valore» non
negoziabile della vita. Né si può affermare
che Francesco ieri l’abbia dette di passaggio
quelle parole giudicanti, che anzi le ha
proiettate come un faro ruotante su tutte le
scelte di vita che la cultura secolare vuole
libere, affidate alla coscienza d’ognuno:
aborto, eutanasia, fecondazione assistita,
sperimentazione su embrioni. Il Papa della
misericordia non rinuncia al repertorio della
predicazione morale dei predecessori, ma
cambia la proporzione tra i richiami all’etica
della vita e quelli all’etica sociale. Il «non
uccidere» della Bibbia i predecessori
l’invocavano — poniamo — dieci volte per la
vita nascente e terminale e due volte per le
altre età. Francesco rovescia il rapporto e
solo in occasioni particolari — ieri parlava ai
medici cattolici — tratta di bioetica.
Nell’intervista del settembre del 2013 alle
riviste dei Gesuiti aveva detto che era
necessario «trovare un nuovo equilibrio» tra
la predicazione valoriale e quella sociale. Un
portato del nuovo equilibrio è che
d’ordinario papa Bergoglio non parla di
aborto ed eutanasia senza accennare al più
ampio scenario sociale ed economico della
difesa della vita. È stato così anche ieri: ha
detto dell’eutanasia attiva ma ha menzionato
anche quella «nascosta», come chiama la
tendenza a lasciare morire gli anziani
privandoli dei necessari sostegni e
trattandoli da «scarti».
www.luigiaccattoli.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA
❞
La dignità
Favorire
l’aborto
non è un
aiuto alla
donna né
un atto
di dignità
procurare
l’eutanasia
❞
La scienza
L’aborto
non è un
problema
religioso
e neanche
filosofico
È un
problema
scientifico
❞
Il Vangelo
Il vero
soccorso
è quello
del buon
samaritano
che vede, si
avvicina e
offre aiuto
concreto
❞
La scelta
Scegliere
l’eutanasia
significa
dire a Dio
«no»,
e ancora:
«la fine
della vita la
decido io»
Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
CRONACHE
Scola: sui gay la Chiesa è stata lenta
ma deve poter dire ciò che pensa
L’arcivescovo di Milano: nessuna omofobia, ci siamo già scusati per il linguaggio
«La Chiesa è stata lenta
sulla questione omosessuale».
L’arcivescovo di Milano Angelo
Scola riconosce senza esitare il
ritardo culturale, ma respinge
qualsiasi accusa di omofobia e
nega tentennamenti o retromarce sul tema. «Sulla nostra
posizione non intendiamo recedere nemmeno di un millimetro, siamo in una società
plurale in cui ciascuno deve
poter dire ciò che pensa. Ma dico anche che la nostra posizione non implica nessuna omofobia: il rispetto della dignità
delle persone è fuori discussione, tuttavia c’è qualcosa che per
noi è altrettanto decisivo circa
le conseguenze sociali e la questione dei diritti che sono connessi a questo orientamento
sessuale».
Non è certo un periodo tranquillo, per il capo della Chiesa
milanese. Prima un comitato di
quartiere che non vuole l’apertura di una mensa per i poveri e
tira direttamente in ballo l’arcivescovo; poi le polemiche per
la lettera (subito ritirata) dell’Ufficio scolastico della Diocesi
di Milano indirizzata agli insegnanti di religione con l’invito
a segnalare le scuole dove si
trattano, e in che modo, temi
legati all’omosessualità; quindi
i tumulti studenteschi sotto le
finestre dell’Arcivescovado; infine, proprio ieri, l’attacco frontale sulle colonne del quotidiano Il Foglio di nuovo sulla que-
MILANO
La vicenda
● La Diocesi di
Milano ha
inviato una
lettera, subito
ritirata, agli
insegnanti di
religione
invitandoli a
segnalare le
scuole che
trattano temi
omosessuali
● Ieri il Foglio
ha accusato la
Diocesi di aver
fatto
dietrofront
piegandosi a
«diktat
ideologici»
● Ha replicato
l’arcivescovo
Angelo Scola
(foto): nessuna
retromarcia né
schedatura, la
nostra
posizione non è
omofoba
stione scuola e omosessualità,
con l’accusa di aver fatto dietrofront, piegandosi «al diktat di
media e guru ideologici».
Giuliano Ferrara afferma di
aver spedito all’ufficio diocesano che si occupa dell’insegnamento della religione cattolica
un’email breve e secca: «Noi
non ci scusiamo. Vogliamo sapere». E invita i suoi lettori a fa-
re altrettanto per spingere il
cardinale a «rivendicare la liceità dell’interrogarsi sul criterio
pedagogico prevalente in materia di ideologia del gender».
L’arcivescovo di Milano —
all’uscita da un incontro con il
filosofo Giulio Giorello all’Università Statale di Milano, nell’ambito della rassegna BookCity — non scende nella polemi-
ca e invita a «uscire dall’eccessiva personalizzazione delle
azioni dei soggetti sociali» e a
«dare a tutte le figure autorevoli il loro giusto posto e non, per
questioni di scoop, mettere
sempre e solo in primo piano
l’autorità».
La lettera della (doppia) discordia, spiega monsignor
Scola, fa parte di una visione
L’incontro a Washington
❞
Indirizzare
Scopo della
lettera era
raccogliere
elementi
per poter
indirizzare
i professori
nel senso
più nobile
❞
I timori
Preoccupa
un certo
modo di
educare i
ragazzi al
superamen
to della
differenza
sessuale
Nella cattedrale
la preghiera
dei musulmani
I membri di cinque comunità islamiche riuniti per il
jumu’ah, la preghiera del venerdì, per la prima volta
nella National Cathedral di Washington. La chiamata del
muezzin ha riecheggiato tra gli archi dell’imponente
edificio che ha sospeso le sue funzioni per ospitare
l’incontro musulmano (Getty Images/Alex Wong)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
complessiva molto precisa della Chiesa milanese ed è stata ritirata soltanto per «l’inappropriatezza di espressione, che
abbiamo corretto. Su questo
abbiamo questo scusa, non sul
contenuto della nostra proposta».
L’errore di un «bravissimo»
collaboratore ha fatto gridare
alla schedatura, spiega il cardinale, perché ispirato dalla logica della Rete e dei database, ma
la circolare «va messa nelle sue
giuste dimensioni. Un ufficio
che deve seguire 6 mila professori — aggiunge — ha la preoccupazione giusta di aiutarli e
sostenerli nel proporre la nostra visione di questi problemi,
in modo particolare su un problema assai delicato su cui
moltissime famiglie sono sensibili che è quello dell’educazione nella sua sfera decisiva e
primaria che è la sfera sessuale.
Sono certo che l’intendimento
era quello di raccogliere elementi per poter indirizzare, nel
senso nobile della parola, alla
libertà di insegnamento, rispettosa del Concordato, come
a Milano si sta facendo da tantissimo tempo, per poter orientare ed essere più efficaci».
Nessuna schedatura, insomma, («rimanda a cose spiacevoli», dice il cardinale), ma soltanto l’intenzione di conoscere. E, al tempo stesso, «nessuna marcia indietro», tiene a
ribadire il cardinale Scola, «sostengo l’azione del nostro ufficio scuola e le preoccupazioni
gravi che abbiamo circa un certo modo di educare al superamento della differenza sessuale che per noi è insuperabile».
Giampiero Rossi
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IL NUOVO ROMANZO DI
ANDREA
DE CARLO
CUORE
PRIMITIVO
© Iris Capotosti
100.000
COPIE
“C’è una spietatezza nel riportare
i pensieri e le azioni che ricorda quella
di Moravia nei confronti di alcuni
suoi personaggi. De Carlo sa quando
ha in pugno il suo lettore.”
“De Carlo ha una capacità straordinaria
di raccontare gli ingranaggi complessi
e le svolte inaspettate della vita.”
Cinzia Fiori Corriere della Sera
“Ogni capitolo ha una sua atmosfera musicale:
può essere mosso, andante, adagio...”
“Non sarà facile dimenticare i protagonisti
di Cuore primitivo... A titolo personale, e dopo
l’inarrivabile Due di due, Cuore primitivo
è il risultato più completo e felice della pur
lunga carriera narrativa di Andrea De Carlo.”
Sergio Pent La Stampa - Tuttolibri
17
Romano Montroni Corriere di Bologna
“Una prosa densa di fermenti, elettrica...
Un’articolazione indimenticabile,
un fraseggio intenso che nasce dal
cambio dei punti di vista, dalle posizioni
di guardia delle tre figure centrali
sottoposte a uno scalpellìo di anime.”
Giuseppe Amoroso Il Tempo
Antonella Viale Il Secolo XIX
“Una storia da seguire con trasporto...”
“A ciascun personaggio l’autore fornisce
la possibilità di raccontarsi in prima persona,
ricorrendo sovente a una pungente ironia.”
Matteo Bianchi La Nuova Ferrara
Francesco Musolino Gazzetta del Sud
IN LIBRERIA
@libribompiani
LibriBompiani
www.bompiani.eu
18
Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
CRONACHE
La sequenza
Nel video girato
con uno
smartphone da
un trevigiano si
vede l’autista
trascinato fuori
dall’autobus, poi
circondato dai
ragazzi e infine
costretto ad
allontanarsi.
L’uomo, che nei
tre fermo
immagine è
indicato con un
cerchietto rosso,
ha ricevuto
un pugno prima
di divincolarsi
Treviso, l’autista del bus aggredito
dai ragazzi saliti senza biglietto
Prima gli insulti, poi spintoni e botte. Il gruppo allontanato dall’arrivo dei passanti
Il telefonino è acceso in modalità «video». E riprende la
scena. Sono più di cinquanta
ragazzi, tutti giovanissimi,
contro un uomo solo. Lo strattonano, lo tirano, lo spingono,
un tizio fra i più scalmanati lo
colpisce con un pugno in faccia, un altro gli mette le mani
al collo e tutti urlano, imprecano, insultano.
Assomiglia tanto a un linciaggio quello che è successo
ieri a Treviso, davanti alla stazione degli autobus. Ed è «davvero molto preoccupante» —
per dirla con Samantha Gallo,
segreteria Filt-Cgil degli autoferrotranvieri — «perché se
qualcuno avesse avuto un coltello...».
Luca Dal Corso, 45 anni, alla
fine se l’è cavata con pochi
giorni di prognosi per una feri-
ta al labbro e poco altro. Ma ha
vissuto cinque minuti di panico davanti a una piccola folla di
ragazzi decisi a fargliela pagare
cara. Il suo torto? Aver osato far
scendere dall’autobus che stava guidando 3-4 ragazzini che
non erano in regola con il biglietto. Sono saliti e dalla macchinetta della convalida è partito il «bip» lungo che segnala
un documento di viaggio scaduto o non valido. Perché la linea in questione è la TrevisoPadova e l’abbonamento di
quei ragazzi non valeva per la
tratta extraurbana.
«Mi spiace ma devo farvi
scendere» si è permesso di dire lui. E da lì un crescendo di
insulti. La situazione è degenerata in pochi istanti. Uno dei
ragazzi «espulsi» si è avvicinato per sputargli in faccia e urla-
re offese di ogni genere. Prima
di scendere gli ha dato un pugno in testa e a quel punto l’autista lo ha rincorso deciso
quantomeno a farsi chiedere
scusa. Ma l’aggressore ha chiamato a raccolta gli amici fermi
davanti all’autostazione: studenti che frequentano il quartiere o che aspettano i loro autobus, adolescenti legati a piccole gang e ragazzi di altre aree
della città che usano quella zona come ritrovo.
Da lì in poi la scena è quella
Il filmato
La scena ripresa
con un cellulare
L’azienda trasporti:
servono i vigilantes
ripresa da un abitante del palazzo di fronte con il suo cellulare e postata poi su Facebook.
Si vede il gruppetto farsi sempre più numeroso attorno all’uomo, a volerli contare tutti
sono più di cinquanta. Lui si
divincola, viene trascinato dall’altra parte della strada, prova
a difendersi come può ma incassa un altro pugno e strattoni a non finire. Lo aiutano soltanto dei passanti. E tutto avviene sotto gli occhi di automobilisti bloccati dagli stessi
tafferugli. Soltanto quando ormai lo scontro è finito, il passeggero di una delle auto scende a vedere come sta l’autista e
gli resta vicino per tre-quattro
passi.
In serata la polizia identifica
e denuncia per lesioni due dei
ragazzi che hanno partecipato
Corriere.it
Sul sito del
«Corriere della
Sera» il filmato
dell’aggressione, avvenuta
a Treviso, che
è stato diffuso
su Facebook
all’aggressione, uno dei quali
minorenne e di origini sudamericane. Nelle mani degli inquirenti ci sarebbe anche il filmato di quel che è successo
sull’autobus, ripreso con un telefonino.
Il sindaco di Treviso Giovanni Manildo parla di «episodio
inaccettabile» e preannuncia
che «nelle prossime settimane
saranno installate nuove telecamere di videosorveglianza».
Mentre il presidente della Provincia, Leonardo Muraro, definisce «inconcepibile» e «gravissimo» che «una persona
che sta svolgendo il proprio lavoro venga assalita da una banda di ragazzini balordi e finisca
all’ospedale soltanto perché
stava facendo rispettare le regole». Alla Mom, la società che
gestisce i trasporti pubblici
della provincia di Treviso, Muraro lancia un appello: «Perché
preveda la presenza di vigilantes nei bus, a protezione e tutela degli autisti e dei cittadini.
Almeno per quanto riguarda le
corse a rischio come queste,
dato che non si tratta del primo episodio del quale veniamo a conoscenza». L’ultima
aggressione un mese fa.
Giusi Fasano
@GiusiFasano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Alle Canarie
Scontro tra marina spagnola
e gommoni di Greenpeace
Ferita un’attivista italiana
L’urto
Alcuni attivisti
di Greenpeace
finiti in mare
dopo lo scontro.
Il gruppo,
che parla
di speronamento
da parte dei
militari, protesta
contro
le trivellazioni
al largo delle
Canarie (Epa)
Un’attivista italiana di Greenpeace è stata ferita ieri al largo delle isole Canarie durante
un’azione di protesta contro
una nave da trivellazione della
spagnola Repsol. Secondo la ricostruzione di Greenpeace Italia, la giovane di 21 anni, le cui
generalità ieri non sono state
divulgate «per ragioni di privacy», sarebbe stata colpita
dall’elica del gommone su cui
era a bordo dopo i ripetuti speronamenti ad opera di imbarcazioni della marina spagnola.
Trasportata d’urgenza con
un elicottero militare a un
ospedale di Las Palmas, le sarebbe stata riscontrata una
«frattura scomposta della tibia
ed escoriazioni varie». Il ministero degli Affari Esteri sta seguendo «con la massima attenzione» la situazione.
L’incidente è avvenuto al largo di Lanzarote e Fuerteventura, dove la compagnia petrolifera intende avviare trivellazioni esplorative, dopo il via libera
ottenuto quest’estate dal governo di Madrid, per un periodo di
tre anni. Una decisione che ha
sollevato le proteste non solo
del gruppo ambientalista ma
anche dei leader politici e della
popolazione locale, preoccupati per l’impatto ambientale
di un progetto che «non soddisfa i requisiti di varie direttive
comunitarie». Il governo regionale delle Canarie ha convocato
La ricerca del petrolio
L’incidente al largo
di Lanzarote, dove
la Repsol dovrebbe
avviare le trivellazioni
un referendum nell’arcipelago.
La consultazione avrebbe dovuto aver luogo il 23 novembre
ma è stata bloccata da un ricorso (accolto) del governo centrale di Madrid alla Corte Costituzionale, sulla falsariga di quello che ha impedito il referendum per l’indipendenza della
Catalogna.
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Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
CRONACHE
19
Il caso
di Fabrizio Roncone
ROMA «La bici, signor sindaco...
meglio di no» (uno dei vigili
urbani della scorta).
«In che senso, meglio di
no?» (Ignazio Marino, dolorosamente sorpreso).
«Beh... Forse è meglio essere
prudenti».
«Prudenti? Insomma io non
sono più libero di muovermi in
bici nella mia città e...».
«Anzi, guardi: anche la Panda rossa... ecco, pure quella...
eviti di andarci in giro».
Dopo il venerdì della grande
contestazione a Tor Sapienza,
un sabato di opportuna clausura. Ma Marino sembra non capire. Si sente vittima, incompreso, perseguitato. È andato
in visita nella periferia in fiamme con quattro giorni di ritardo: e allora? «Ero a Londra, per
una conferenza dove si parlava
anche di car-sharing». Su quella Panda rossa, lui o la moglie si
sono beccati otto multe che
nessuno, finora, ha pagato: e
allora? «Un complotto. Ho denunciato tutto ai carabinieri».
Sta fermo davanti al portone
di casa, il Pantheon a cento metri, un vicolo stretto: i romani
passano e lo ignorano. Un sondaggio della Swg — commissionato dal suo partito, il Pd —
ha svelato che è gradito solo al
20% dei cittadini. Alla domanda, «Cosa funziona a Roma?»,
il 54% ha risposto: «Nulla».
Un estraneo, non un marziano. La storia del marziano di 59
anni che viene da Genova e rivoluziona una città che non conosce è durata una notte. Poi
Marino decise il primo provvedimento: pedonalizzare via dei
Fori Imperiali. Un superfluo ricamo della viabilità in una città
già strangolata dal traffico. Come se per salvare un moribondo si cominciasse con il taglio
dei capelli. Eppure lui arriva alla politica da chirurgo di fama,
un curriculum con oltre settecento trapianti d’organo (compreso il primo nella storia dal
babbuino all’uomo) e il poster
In strada I post-it contro il sindaco di
Roma e, sopra, uno dei manifestanti
al corteo di ieri. Sotto, la Panda di
Marino (foto LaPresse, Montesi, Ansa)
La solitudine del sindaco Marino
Il Pd: ora chieda scusa ai romani
Chirurgo
Il sindaco
Ignazio Marino,
59 anni (Ansa)
re scusa ai romani, azzerare la
giunta. Deve umiliarsi, mettersi in ginocchio sui ceci. Un invito, esplicito, alle dimissioni.
Tutti comunque aspettano il
ritorno di Matteo Renzi dall’Australia, previso per martedì. I rapporti tra Renzi e Marino
sono inesistenti. E per questo
Marino ha cercato, inutilmente, di allacciare rapporti di ripiego: prima con Delrio, poi
con la Serracchiani, poi ancora
con Guerini. Lui carino, ma il
partito lo ignora con fastidio.
La sera della cena di finanziamento organizzata qui a Roma nel Salone delle Fontane
dell’Eur, i tavoli erano affollati
e c’era euforia e tutto quello
che potete immaginare. Solo
un tavolo era pieno a metà:
quello di Marino.
Lui seduto con altri quattro
signori (uno dei quali indossa
una tuta).
I camerieri servono quasi
sbattendo i piatti.
Poi un cameriere fa: «A’ Marì... ndo’ abito io, l’autobus
nun passa mai».
Marino: «Ma cosa mi dici?».
Il cameriere immobile, il suo
sguardo è un miscuglio di irritazione e disprezzo.
Marino: «Presto, cercatemi
Improta, l’assessore ai Trasporti... Dev’essere seduto da qualche parte... Improtaaaaa!».
Certi deputati si voltano.
Sorrisi perfidi, versatemi un
po’ di vino che vi racconto, parte il rosario degli aneddoti.
«Ti ricordi di quella volta?
Dai, era la vigilia delle politiche
522
Giorni Da
quanto tempo
Ignazio Marino
è sindaco di
Roma. Il
medico si è
insediato il 12
giugno 2013
dopo aver
battuto Gianni
Alemanno
del 2013... quando venne al Nazareno e, nonostante fosse stato deciso che avrebbe dovuto
candidarsi a sindaco di Roma,
cominciò a urlare che voleva
essere nominato ministro della
Sanità... E quella volta che in
piazza San Pietro, durante la
cerimonia di canonizzazione
dei due Papi, con un balzo s’arrampicò sulla papamobile facendo prendere uno spavento
al servizio di sicurezza di papa
Francesco? Dai, un grande. E
poi quell’altra volta che, dopo
essere stato ignorato da Obama
per tutta la visita ufficiale, s’appostò sotto la scaletta dell’aereo in partenza? E lo sai, no, cosa gli disse Obama? Gli disse:
«È bene sapere che qui abbiamo un bravo ragazzo di Pittsburgh...». Curioso che Obama
abbia parlato proprio di Pittsburgh, no? Già, perché fu proprio dall’università americana
di Pittsburgh che Marino dette
le dimissioni dopo una storia
di rimborsi spesa contestati...».
No, nel Pd non gli vogliono
bene. Anzi, hanno già comin-
Ipotesi dimissioni
Il partito detta
condizioni durissime
Attesa per il ritorno
di Renzi dall’Australia
Il successore
Già partita la ricerca
del successore:
tra le ipotesi Gentiloni,
Madia e Giachetti
di Che Guevara — «un collega»
— appeso alla parete, collabora
con la fondazione Italianieuropei di Massimo D’Alema, lo
eleggono prima senatore con i
Ds, poi con il Pd: quindi il gran
burattinaio Goffredo Bettini
decide di candidarlo a sindaco
di Roma.
Ma adesso il partito lo molla.
È successo tutto in poche ore. Il
Pd romano venerdì sera si è riunito nella sede del Nazareno e,
pur lacerato da guerre intestine
volgari e feroci, si è ricompattato contro il suo sindaco.
Sentite Michela Di Biase,
presidente commissione Cultura in Campidoglio (e moglie
di Dario Franceschini, ministro
della Cultura).
«Marino è il più grande gaffeur d’Italia!».
«Marino ci ridicolizza davanti al Paese!».
«Marino è un... e comunque,
male che vada, si torna a votare!».
Applausi, grida di evviva.
Poi a Marino hanno dettato
condizioni terribili: deve pagare le multe della Panda, chiede-
ciato a parlare del suo successore. Le telefonate già s’intrecciano. Ecco un breve e provvisorio elenco di possibili candidati in vista di nuove elezioni
(tanto poi deciderà, da solo,
Matteo Renzi): Paolo Gentiloni
(ora in molti ammettono che
sarebbe un eccellente sindaco),
Marianna Madia (unica donna
da poter contrapporre a Giorgia Meloni, probabile candidata del centrodestra), quindi Nicola Zingaretti (da convincere),
Enrico Gasbarra (difficile da incastrare), Roberto Giachetti
(possibile brillante outsider).
Intanto arriva la notizia che
un piccolo corteo di abitanti
delle periferie sta venendo giù
da via Cavour e sfila sotto al
Campidoglio, tra cori rabbiosi
e saluti romani, una gigantografia di Marino con il naso di
Pinocchio e striscioni contro il
degrado. Le agenzie di stampa
segnalano la presenza di Gianni Alemanno (non è un caso di
omonimia: è lo stesso Alemanno che è stato sindaco di Roma
per cinque anni).
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Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
Il personaggio
di Sergio Rizzo
CRONACHE
«Società anonime e conti esteri»
L’impero di Clini e della compagna
21
● Il caso
Il rinvio a giudizio dell’ex ministro per corruzione e le rivelazioni di «Report»
«Giuro di esercitare le mie
funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione». È la formula
di rito pronunciata da Corrado
Clini nel novembre del 2011 al
Quirinale, al momento di ricevere la nomina a ministro dell’Ambiente del governo di Mario Monti. Una frase che però
sembra stonare un bel po’ con
la ricostruzione del suo operato fatta da Luca Chianca per la
trasmissione Report di Milena
Gabanelli in onda stasera.
Dice tutto il titolo del servizio: «Ambiente di famiglia».
Dove per famiglia si intende
quella formata dall’ex ministro
Clini, ora rinviato a giudizio
per corruzione, e la sua compagna Martina Hauser, finita anche lei nelle inchieste. Una
I progetti
«Dall’Iraq alla Cina,
ha finanziato oltre 300
progetti ambientali per
300 milioni di euro»
coppia, secondo le rivelazioni
di Report, legata non soltanto
sul piano sentimentale e professionale, ma anche su quello
degli affari. Con epicentro
sempre al ministero del quale
Clini, con una breve parentesi
da ministro, è stato potentissimo direttore generale: per 25
anni, dal 1984. Così potente che
Alfonso Pecoraro Scanio, titolare dell’Ambiente nel secondo
governo Prodi, racconta di non
essere riuscito a privarlo di una
briciola di potere. «Votammo
un provvedimento in Consiglio
dei ministri. Quando poi fu
pubblicato scoprii che quel
pezzo era scomparso».
Il potere del funzionario
pubblico, un tempo socialista
legato a Gianni De Michelis, ha
una base solidissima: i soldi.
«Da direttore generale», spiega
Chianca, «finanzia oltre 300
progetti di cooperazione internazionale per 300 milioni di
euro: dalla Cina all’Iraq, Stati
Uniti e Brasile. Praticamente
un’attività parallela a quella del
ministero degli Esteri». Ma
perché mai il ministero dell’Ambiente, in un Paese disa-
strato e senza risorse come il
nostro, deve spendere all’estero tutti quei denari?
Spiega Milena Gabanelli:
«Da anni tutti i Paesi industrializzati devono ridurre le loro
emissioni di Co2. Se non ce la
fai a ridurle nel Paese tuo, ti inventi qualcosa per andarle a ridurre in un Paese emergente».
Tipo, appunto, l’Iraq. Lì arrivano ben 55 milioni. Tre dei quali, sostengono gli inquirenti,
attraverso uno strano giro dall’Olanda a Dubai e alle British
Virgin Island arrivano su due
conti esteri. «Pesce e Sole di
Corrado Clini e Augusto Pretner. Oltre un milione per il primo e 2 milioni per il secondo»,
precisa Chianca. Da qui le accuse di corruzione per l’ex ministro.
Chi è Augusto Pretner? Prima di finire nei guai insieme
con Clini dirige uno studio di
Padova che lavora a quel progetto iracheno. Ma soprattutto
presiede la Dfs, società che ha
sede anche in Cina e Montenegro. Non a caso, perché in quei
Paesi la Dfs segue per conto del
ministero dell’Ambiente italiano progetti finanziati dal medesimo dicastero di Clini. Il
quale, un giorno, diventa addirittura azionista della società
presieduta da Pretner. E non da
solo, ma insieme con la sua
compagna Martina Hauser, che
in tutta questa storia non è una
semplice spettatrice: consulente e in varie occasioni a capo di
progetti finanziati dal ministero. I due aprono a Londra una
società anonima, la North Stroke. Con quella, nel 2009, entrano nella Dfs. Dopo un paio
d’anni la North Stroke viene
chiusa. Interpellato da Report
su questa storia quantomeno
curiosa, Clini ha fatto pervenire
la seguente risposta: «Non ho
avuto nessun vantaggio e nessun ruolo gestionale».
Fatto sta che la Dfs compare
anche nel progetto della sede
ecosostenibile del ministero
dell’Ambiente cinese, costata
ai contribuenti italiani 16 milioni. L’architetto si chiama
Mario Occhiuto ed è il fratello
(nonché socio in affari) del deputato di Forza Italia Roberto
Occhiuto. Anche Mario fa il po-
L’Aquila
I due alpini reduci dall’Afghanistan
morti cadendo sul Gran Sasso
Vittime
Dall’alto,
Massimiliano
Cassa
e Giovanni
De Giorgi
L’AQUILA Due ragazzi con la passione per la
montagna. La stessa che, durante un’escursione
sul Gran Sasso, forse a causa di nebbia e
ghiaccio, li ha traditi e uccisi. I corpi senza vita
di Giovanni De Giorgi, 26 anni, e Massimiliano
Cassa, 28 anni, caporalmaggiori dell’esercito a
L’Aquila, Nono Reggimento degli Alpini, con
esperienze in Afghanistan, entrambi pugliesi (il
primo di Galatone, provincia di Lecce, e il
secondo di Corato, nel Barese), sono stati
trovati in un dirupo chiamato Conca degli
Invalidi. Sono caduti per circa 200 metri in un
punto impervio e a rischio frana dove, a causa
delle condizioni meteo, il recupero è stato
finora impossibile. L’elicottero effettuerà oggi
nuovi tentativi. A dare l’allarme venerdì sera era
stato Antonino, il coinquilino di Giovanni, dopo
aver cercato invano i due amici a Campo
Imperatore, da dov’erano partiti. Da qui sono
scattate le ricerche coordinate dalle Prefetture
di L’Aquila e Teramo e condotte da Soccorso
alpino, Forestale, Guardia di Finanza e Vigili del
fuoco. Sotto choc i genitori di Giovanni e
Massimiliano, accorsi a L’Aquila per partecipare
alle ricerche.
Nicola Catenaro
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La coppia
Corrado Clini con Martina Hauser lo scorso anno,
quando lui era ministro dell’Ambiente, a Vinitaly
litico: si candida alle amministrative e diventa sindaco di
Cosenza. Appena eletto nomina assessore all’Ambiente Martina Hauser. «Con Martina a
Cosenza arrivano anche 450
mila euro dal ministero e tra i
diversi incarichi spuntano le
società che formano la Dfs»,
aggiunge Chianca.
Perché i soldi del ministero
non finiscono solo all’estero:
una parte resta in Italia. Per
esempio, i 6,5 milioni del progetto «impronta ambientale».
Progetto del quale Martina
Hauser è il capo. E dove spunta
come consulente di un paio di
comuni che vi aderiscono una
società di Pietro Lucchese.
È un imprenditore di Duino
il cui nome, racconta Report,
compare un giorno in un contratto preliminare per l’acquisto della villa di Duino dove
passano le vacanze Clini e la
compagna. L’immobile però
viene acquistato da una società
anonima con sede nello stato
americano del Delaware, che fa
capo proprio a Martina Hauser.
Si chiama Blueberry ed è collegata a società montenegrine
«riconducibili» a lei, dice
Chianca. Fra queste la Co2
print, che assiste i soggetti finanziati dal ministero. Un
esempio? L’università romana
di Tor Vergata, che ha avuto un
milione: 150 mila euro pagati
per l’assistenza della Co2 print.
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La carriera
● Corrado Clini
è stato ministro
dell’Ambiente
dal 2011
al 2013,
nel governo
di Mario Monti
● Fino al 2011
era stato
il direttore
generale
dello stesso
ministero e
aveva condotto
i negoziati
sul clima per
l’Italia alle
Nazioni Unite
● Clini
è laureato in
medicina
e specializzato
in medicina
del lavoro,
igiene e sanità
pubblica
E la signora Capra
fa causa a Peppa Pig:
non usi il mio nome
di Chiara Maffioletti
E
ra dai tempi dei vari
Fantozzi dispiaciuti
per essere associati al
non fortunatissimo
ragioniere o, peggio, della
signora Bianca Farina in
Sacchi che non si rifletteva
sul valore di un nome.
Peppa Pig riapre il
dibattito. Colpa di un nuovo
personaggio, Gabriella
Capra: si chiama così anche
una 40enne italiana non
divertita per l’omonimia. Da
quando i Pig sono andati in
Italia a conoscere i Capra
(delle caprette tra cui c’è
Gabriella, appunto), la
signora sarebbe «derisa e
fatta oggetto di scherno da
amici e colleghi». Oltre, si
spera, a riflettere sulle sue
frequentazioni, la signora,
aiutata dalla Fondazione
nazionale consumatori, ha
fatto causa alla società che
produce il cartone per
«tutelare il suo nome»
chiedendo un indennizzo
di 100 mila euro da dare in
beneficenza. L’importanza
di chiamarsi Capra.
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Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
CRONACHE
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#
L’italiano che vigilava sui farmaci
via dall’Agenzia europea per un cavillo
Proprio ora l’organismo deve garantire la trasparenza dei dati sui medicinali
Chi è
● Guido Rasi,
già direttore
dell’Agenzia
italiana del
farmaco, è
specialista in
allergologia,
immunologia
e medicina
interna
● Professore a
Tor Vergata, è
stato nel cda
dell’Istituto
superiore
di sanità
Il tribunale per la Funzione
pubblica dell’Unione Europea,
con sentenza del 13 novembre,
ha annullato la nomina dell’italiano Guido Rasi a direttore
dell’Agenzia europea del farmaco (Ema), avvenuta il 6 ottobre 2011. L’Ema, l’organismo
che decide se un farmaco può
essere utilizzato o meno nei Paesi Ue, è stata quindi «decapitata» con effetto immediato.
La sentenza non ha nulla a
che fare con le capacità di Rasi
Il vizio di forma
Nelle due commissioni
che hanno selezionato
i candidati due giurati
erano gli stessi
a svolgere i suoi compiti, bensì
con un difetto procedurale nel
concorso che portò alla sua nomina, in accoglimento al ricorso del bulgaro Emil Hristov.
La selezione dei candidati alla direzione dell’Ema si era
svolta in due fasi: nella prima
erano state esaminate da una
giuria circa 50 domande, fra le
quali una seconda giuria aveva
scelto 4 candidati, uno dei quali era Rasi. Le due giurie erano
composte prevalentemente da
membri della Commissione
europea e avrebbero dovuto essere formate da individui diversi, invece due di loro erano
presenti in entrambe. Ciò è stato ritenuto sufficiente per annullare il concorso, nonostante
lo stesso tribunale abbia precisato che il ricorrente non
avrebbe comunque avuto i requisiti per vincere.
La sentenza è appellabile
dalla Commissione europea
presso la Corte europea, nel
frattempo la conduzione dell’Ema è stata affidata al vice di
Rasi, il tedesco Andreas Pott.
Poiché per istruire un nuovo
concorso per direttore occorrerà almeno un anno, di fatto
l’Ema viene lasciata senza una
vera leadership in un momento
cruciale per diversi motivi. Il
primo è l’implementazione
della legge sulla trasparenza
dei dati clinici. Tale legge, approvata nell’ottobre scorso dopo una lunghissima battaglia,
prevede che i dati presentati
dalle case farmaceutiche all’Ema per ottenere l’approvazione di un farmaco dovranno
essere consultabili pubblicamente a partire dal prossimo
gennaio. Perché ciò avvenga,
però, dovranno essere gestiti
milioni di documenti da mettere online, il che richiede un
grande sforzo organizzativo.
Contemporaneamente è in
fase di realizzazione il portale
europeo del farmaco dove, oltre ai dati di cui sopra, dovranno confluire quelli sulla farmacovigilanza, cioè sugli effetti
indesiderati riscontrati sui far-
Due cortei nell’Aretino
maci dopo la loro commercializzazione. Terza «patata bollente» la revisione della legge
sulla Farmacologia veterinaria.
Ultimo motivo, ma non per
importanza, il coordinamento
delle ispezioni a livello mondiale sulla produzione dei
principi attivi e sulla loro catena distributiva, che è ormai
globale (oltre il 60% dei principi attivi contenuti nei medicinali in commercio nella Ue è di
provenienza extraeuropea).
A chi giova un’Ema debole
proprio ora? Le ipotesi si sprecano. Quella di una «congiura»
dell’industria per la legge sulla
trasparenza viene giudicata
priva di fondamento perché
l’Ema, sotto la guida italiana,
ha aumentato enormemente
l’efficienza e ciò giova molto a
chi investe. Non si vedono neppure all’orizzonte candidati di
altre agenzie nazionali scalpitare per la posizione. Resta
l’ipotesi, considerati alcuni
Un anno di attesa
Per istruire un nuovo
concorso servirà un
anno, intanto l’Ema
è senza una vera guida
La protesta
contro i profughi
di Marco Gasperetti
Solidali sì, accoglienti pure, ma 100 profughi
sono troppi e allora gli abitanti di Badia
Prataglia, 785 anime nell’Aretino, sono scesi
in piazza con due manifestazioni. La prima in
paese, con serrata dei negozi; la seconda ad
Arezzo, dove in 150 hanno partecipato a un sitin davanti alla prefettura. Al corteo pacifico
hanno preso parte anche i bambini.
«Integrazione con proporzione e senza
imposizione» recitava un cartello. La richiesta
è che venga ridotto il numero dei profughi, da
ospitare in un hotel, a non più di venti. Al sitin non hanno partecipato le istituzioni locali.
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precedenti, di un «messaggio»
del tribunale alla Commissione
europea perché si attenga tassativamente ai regolamenti.
Il risultato è, in ogni caso, un
d a n n o p e r l ’e f f i c i e n z a d i
un’agenzia con un ruolo fondamentale, specie in una fase storica in cui l’industria del farmaco si sta spostando da un modello basato su medicine che
generano ritorni economici su
«grandi numeri», a uno fondato su molecole mirate ma molto costose. Una transizione che
ha bisogno di essere gestita.
Cristina Marrone
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Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
CRONACHE
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La sonda e il modulo Philae
Si spengono
le batterie del robot
La speranza
dai pannelli solari
Polemica
● La camicia
indossata
dal fisico
britannico Matt
Taylor è stata
realizzata da
Elly Prizeman,
di professione
tecnico
specializzato
nella rimozione
di tatuaggi
● Prizeman,
che su Twitter
dice di far parte
della «scena
rockabilly»
e di essere
una «modella
alternativa»
ha spiegato
che realizza
vestiti per
«hobby» e di
aver regalato
quella camicia
a Matt Taylor,
uno dei suoi
«amici più
stretti», per il
compleanno
● «Non c’è
“nessun
significato”
dietro la
maglietta. Ho
solo comprato
la stoffa e l’ho
cucita — ha
spiegato lei —.
Non c’è niente
di sinistro: è
solo un capo di
abbigliamento
audace e
personale»
● Dopo le
polemiche,
Prizeman è
stata subissata
di messaggi
di persone
che volevano
comprare
la camicia «per
sostenere
Matt» e ha
accettato
di realizzarne
altre, anche se
per rispondere
a tutte le
richieste — si è
giustificata —
dovrebbe
«smettere
di lavorare»
L’intervista Il fisico dell’Agenzia spaziale europea (Esa) Matt Taylor con la camicia sotto accusa mercoledì mentre descriveva l’atterraggio di Philae sulla cometa
Camicia della discordia
Lo scienziato di Rosetta con i disegni delle pin up
si scusa in lacrime per le accuse di sessismo
Ma era davvero un’offesa o un buffo incidente?
di Anna Meldolesi
Mentre Philae atterrava sulla
cometa, sulla Terra scoppiava
lo «shirt-gate»: il primo scandalo vestiario della storia della
scienza. Non era mai accaduto
che uno scienziato si presentasse al pubblico di tutto il
mondo sfoggiando una maglia
stampata con tante pin-up vestite di latex. E non ci si aspettava nemmeno che fosse costretto a scusarsi con le lacrime
agli occhi, due giorni dopo.
È successo a Matt Taylor,
brillante fisico inglese a capo
d e l p ro g e t to Ro s e t t a p e r
l’Agenzia spaziale europea. Un
ragazzone barbuto e tatuato,
esperto di fisica del plasma e
aurore boreali, poco ferrato in
dinamiche mediatiche e questioni di genere.
Con il passare delle ore «lo
scienziato più figo dell’Esa» è
diventato «lo scemo con quell’orrenda camicia». Precipitato
dalle stelle nella polvere a suon
di tweet, per qualcuno Matt resterà un’icona del sessismo inconsapevole diffuso nella comunità scientifica, per altri una
vittima delle brigate della cor-
rettezza politica. Una terza via è
possibile?
Primo indizio: la maglia della discordia l’ha disegnata una
donna, una di quelle modelletatuatrici rockabilly che si possono vedere nei talent show
americani. Elly Prizeman si
mostra in foto con outfit estremi, mentre bacia gambe di manichini, scheletri, ragazze piene di piercing. Un immaginario
iper-sessualizzato, neanche
tanto originale, che prende
l’idea della donna oggetto e la
ribalta in una dichiarazione di
girl power. Fra l’altro, in queste
ore, insieme alle critiche le sono piovute addosso le ordinazioni. Secondo indizio: nel video in cui si fa tatuare sulla coscia il robot della missione,
Matt indossa una T-shirt con
dei cadaveri. Questo non ne fa
un serial killer, semmai un uomo dai gusti discutibili che
non vuole saperne di mettersi
l’uniforme da adulto. Lo stesso
vale, probabilmente, per le barbarelle fantascientifiche. Terzo
indizio: lo scienziato eccentrico è un topos ben rappresentato dalla linguaccia di Einstein.
Non è detto che gli eccentrici
siano più creativi degli altri, ma
è noto che fra le persone creative gli stravaganti sono più numerosi della media. Se hai questa forma di disinibizione cognitiva, non stai a preoccuparti
per il giudizio degli altri.
Quelli come Matt, insomma,
dovrebbero avere vicino un
amico o un capo capaci di fermarli un attimo prima di esagerare. «Se non vuoi rovinare
questo giorno storico, cambiati». Possibile che non gliel’abbia detto nessuno? Il sessismo
nel mondo della scienza è una
questione seria, non è possibile che un’agenzia spaziale si
Il tatuaggio
Lo scienziato Matt Taylor, che già
mette in mostra avambracci
completamente tatuati, si è fatto
un tatuaggio di Rosetta su una
coscia in onore della missione (Ap)
faccia rappresentare da una
maglia così. Ultimo indizio:
nelle interviste rilasciate da fidanzata e sorella, Matt viene
descritto come il classico
scienziato con la testa tra le nuvole, un imbranato che non si
ricorda dove ha parcheggiato.
Un ritratto che del machista ha
poco, come la commozione
manifestata porgendo le scuse.
Tante teoriche femministe
hanno studiato come i media
riducano il corpo femminile a
un oggetto e come l’unico
sguardo previsto sia quello maschile. Ma in quest’epoca ibrida
sarebbe assurdo immaginare le
donne sempre e solo come delle vittime. Lo sguardo femminile sa essere severo e anche
ironico, lo spiega bene Tania
Modleski nel suo libro sulla
presunta misoginia di Alfred
Hitchcock.
In questo caso alcune donne
si sono arrabbiate perché nella
maglia hanno colto un brutto
messaggio: raggiungere la parità tra i sessi è più difficile che
arrivare su una cometa. Per loro il gran giorno di Philae ha
rappresentato «un passo avanti
per un robot, un passo indietro
per l’umanità» parafrasando
Neil Armstrong. Probabilmente ad altre donne quelle stampe
così esagerate sono parse quasi
umoristiche. Ma tu guarda come un uomo tanto intelligente
può fare la figura del pirla, ho
pensato io. A Fabiola Gianotti
non sarebbe potuto accadere.
@annameldolesi
Era l’una e 36 minuti della
notte tra venerdì e sabato
quando Philae ha lanciato il
suo ultimo segnale dalla
superficie della cometa
67P/ChuryomovGerasimenko. Il quinto e
ultimo dialogo con la Terra è
durato poco più di due ore e
mezza, poi il silenzio ha
avvolto il piccolo robottino
lasciando gli «occhi» della
sonda Rosetta in orbita ancora
alla ricerca del suo esatto
punto di sbarco. «Ma abbiamo
fatto in tempo a ricevere tutti i
dati raccolti dagli strumenti,
compresi quelli della trivella
entrata in azione all’ultimo
momento», commenta Paolo
Ferri, direttore delle missioni
interplanetarie al centro Esoc
dell’Esa, l’agenzia spaziale
europea, a Darmstadt, in
Germania, da dove si controlla
la straordinaria esplorazione.
Forse oggi si potrà sapere se la
trivella, concepita al
6,5
Miliardi
I chilometri
percorsi dalla
sonda Rosetta
dell’Esa dal
giorno del suo
lancio nel 2004
per aggiungere
l’asteroide
67P/C–G
su cui è poi
atterrato
il modulo per
le esplorazioni
Philae
14
I Paesi europei
che, insieme
agli Stati Uniti,
hanno
contribuito in
vent’anni alla
riuscita della
missione della
sonda Rosetta
Il Politecnico
di Milano ha
progettato
la trivella
montata
sul robot Philae
Politecnico di Milano,
nonostante la difficile
posizione di Philae sia riuscita
a raggiungere il suolo,
perforarlo, raccogliere
campioni e analizzarli. Nelle
ultime ore è stata compiuta
anche un’altra operazione
importante nel tentativo di
sentire in futuro la voce del
robottino. Il suo corpo è stato
fatto ruotare per esporre
meglio l’unico pannello solare
raggiungibile dalla luce del
Sole. Purtroppo è il più piccolo
e quindi potrà fare ben poco.
«Abbiamo tentato — aggiunge
Ferri — sperando di ottenere
qualche risultato. La sonda
Rosetta, quando passerà sopra
la zona dello sbarco, proverà
ad ascoltare e se le batterie si
saranno un po’ ricaricate forse
lo risentiremo. Lo ritengo
improbabile ma la missione è
stata un grande successo». Ora
Rosetta accompagnerà la
cometa verso il Sole, ne spierà
il risveglio indagando l’inferno
che si scatenerà in superficie
tra getti di gas e polveri.
L’avventura, dunque, continua.
Giovanni Caprara
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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TUE DIFESE? SU CON
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26
Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
●
Cinghia di trasmissione Superata l’attuale fase
in cui godono di cattiva stampa, verrà presto
il tempo di rivalutare la funzione e i meriti
dei rappresentanti di reparto o dei dirigenti
ANALISI
& COMMENTI
di Cristina Taglietti
Continuiamo a scrivere a mano
non per nostalgia del passato
ma perché è importante
nei processi di apprendimento
S
oltanto dieci anni fa scrivere con una
tastiera era uno sforzo che
richiedeva un corso di dattilografia.
Oggi alzi la mano chi ha prodotto,
recentemente, un testo medio-lungo
usando la penna, la matita, la stilografica.
In corsivo, per di più. Per carità, esistono
ancora autori che sostengono di scrivere i
loro libri rigorosamente a mano. Donna
Tartt lo ha fatto con il suo ultimo romanzo, Il
cardellino, quasi novecento pagine. Certo, a
scuola si impara il corsivo, ma ormai i
bambini di sette anni sono più veloci dei loro
genitori (certo dei loro nonni) a digitare su
tablet e telefonini. Negli Stati Uniti, dove
ogni cambiamento del costume porta con sé
una regola nuova, hanno tratto una
conseguenza: lo stampatello basta e avanza,
la scrittura che lega tra loro le lettere di una
parola non fa più parte degli insegnamenti
obbligatori del «Common Core Curriculum
Standard», la base dell’insegnamento in
tutti gli Stati. La Francia ha fatto il contrario
(lo ricordava ieri Le Monde): dall’inizio degli
anni Duemila il ministero dell’Istruzione ha
invitato i docenti a insegnare il corsivo
dall’ultimo anno della scuola materna.
Difendere la scrittura corsiva non è
soltanto una questione di nostalgia o di
passatismo. Molti neuropsicologici, infatti,
sottolineano l’importanza
dell’apprendimento del corsivo nello
sviluppo psicologico e cognitivo dei bambini,
nell’acquisizione di competenze di analisi e
di sintesi, nell’espressione della propria
personalità, mettendo in guardia anche sul
fatto che abbandonare la scrittura
manoscritta potrebbe rallentare
l’apprendimento della lettura.
Demonizzare l’uso dei computer, anche
nelle scuole, è una battaglia di retroguardia
che non ha nessun senso, la loro utilità, a
tutti i livelli, è fuori di dubbio, ma si tratta di
affrontare le cose con lungimiranza. Perdere
la capacità di collegare tra loro le lettere, è,
un po’, anche perdere la capacità di collegare
tra loro le cose.
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editorialisti e
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a molto di moda in questo periodo parlare e scriver male del
mondo della rappresentanza
(sindacale, imprenditoriale,
territoriale, politica) come se
esso fosse il buco nero in cui
sprofonda ogni meritevole
istanza di responsabilità collettiva e decisionalità pubblica.
Ed è comprensibile che siano
proprio i soggetti della rappresentanza a somatizzare la propria cattiva immagine.
I sindacati dei lavoratori
cambiano le leadership di vertice e al tempo stesso sono tentati di attivare spallate conflittuali; i partiti vagano nella nebbia, relegandosi all’accettazione di decisioni verticistiche; le
classi dirigenti locali, sia provinciali sia comunali, si dichiarano disperate, costrette come
sono a difendere risorse necessarie per i servizi comunitari;
le rappresentanze delle professioni medio-alte (dirigenza
pubblica, magistrati, albi professionali, ecc.) vivono alternando lamento e rabbia per la
marginalizzazione ad esse imposte; Rete Imprese Italia si arrocca sul suo brand e sulla ricchezza vitale delle piccole e
medie imprese (forse con la silenziosa sicurezza che comunque, ripresa o no, «di qui dovranno ripassare»); e stranamente solo Confindustria vive
con compiacimento il suo inabituale collateralismo alle politiche governative.
Un crinale di disfatta, si potrebbe dire, rispetto a una autorità di governo e a una comunicazione di massa che hanno
rilanciato con forza il primato
della politica e dello Stato (e
dello Stato centrale) su tutti i
livelli e tutti i soggetti intermedi. Il vento è cambiato rispetto
ai decenni precedenti, quando
tutti scommettevano sulla
maggiore vitalità della cosid-
BEPPE GIACOBBE
V
● Il corsivo del giorno
NON DEMONIZZARE
I CORPI INTERMEDI
di Giuseppe De Rita
detta società civile rispetto alla
dinamica dei partiti.
Questo ritorno, quasi la rivincita, del primato della politica è per molti liberatorio e
inebriante: liberatorio, perché
riduce i vincoli dei tanti particolarismi presenti nella realtà;
inebriante, perché rievoca e
promette un’altra fase di quel
perseguimento del nuovo che
è tentazione costante delle
temporanee élite della nostra
società (dai sessantottini alle
prime schiere berlusconiane).
Forse sarebbe però prudente
non entusiasmarsi troppo, tenendo conto che i periodi di
nuovo inizio si trovano sempre
e comunque a doversi ri-radicare nella realtà degli interessi,
dei bisogni, delle aspettative
della gente; andando necessariamente oltre quella trasversale empatia consensuale che
sfrutta l’attesa collettiva di
eventi innovativi. E tutti, in un
tempo non lontano, dovranno
applicarsi a ricostituire le cinghie di trasmissione fra le domande collettive e la volontà
politica, cioè, con parole antiche, i meccanismi della rappresentanza.
C’è in proposito una moderna tendenza a pensare che ciò
sia possibile non per la strada
dei citati vecchi meccanismi,
ma facendo ricorso ad accattivanti e impressivi testimonial,
protagonisti di successo del
mondo delle imprese. Ma se
alcuni di essi sono di buona
qualità ed immagine, la maggior parte di loro ha congenite
contraddizioni con il ruolo (di
tacita rappresentanza) che viene loro ritagliato: la cosa può
andar bene con un buon imprenditore magari con istinti
di leadership; meno bene vanno i tentativi di radunare spic-
ciafaccende e lobbisti; e va ancora meno bene quando si
scade a gruppi di indistinti e
improbabili personaggi a
grande circolazione mediatica
(qualcuno ricorda la cerchia di
«nani e ballerine» che slabbrò
l’appeal politico di Craxi).
Non è allora del tutto imprevedibile che, superata l’attuale
cattiva forma della rappresentanza, si arrivi a riconoscere la
funzione e i meriti del sindacalista di reparto o del dirigente delle rappresentanze datoriali che si spendono per la fidelizzazione degli iscritti, del
quadro di partito che si sbatte
sul territorio, e così via; lavori
noiosi, per carità, ma le giunture che tengono insieme il
mondo delle imprese e del lavoro hanno bisogno anche di
chi stia ogni giorno «sul pezzo».
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Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
I GUASTI ITALIANI
ORA UN PIANO SPECIALE
TORNIAMO A GOVERNARE
UNA TERRA BELLA E FRAGILE
di Gian Antonio Stella
Investire per ripartire
Per sfilarci dal collo il
nodo scorsoio della crisi
puntiamo su un grande
progetto che ci consenta
di riparare il Paese in cui
abitiamo
L’Europa questa volta
non potrebbe sbatterci in
faccia i suoi soliti No
SEGUE DALLA PRIMA
P
er essere credibili in questa svolta e in
questa pretesa che anche i Paesi europei più diffidenti ci assecondino in uno
sforzo che sarebbe immane, però, dobbiamo essere consapevoli fino in fondo
delle responsabilità che abbiamo. E degli errori,
qua e là irrimediabili, purtroppo, che abbiamo
commesso ai danni di un patrimonio universale.
Non basta vantarci di avere più siti Unesco di tutti: abbiamo l’obbligo di meritarceli.
E se dal nostro passato migliore abbiamo l’opportunità di trarre la forza per ripartire, dal passato peggiore dobbiamo assolutamente ricavare
la lezione per non ripetere sempre gli stessi, maledetti, criminali errori. Basti rileggere un passaggio del libro La colata di Sansa, Garibaldi,
Massari, Preve e Salvaggiulo dove si racconta ad
esempio di come una notte, a Sanremo, «una zona di 72 ettari che era stata classificata come
“frana attiva” da Alfonso Bellini, uno dei geologi
più noti d’Italia, con un tratto di colore diventa
edificabile» con un voto quasi all’unanimità nonostante tutti avessero ancora «negli occhi le
immagini di via Goethe, a due passi dal municipio, trasformata dalle piogge in un fiume di fango e pietre». Restò indimenticabile, allora, il
commento dell’udc Luigi Patrone: «Io voto sì,
ma da quelle parti i bambini non ce li porto a
giocare».
Era già tutto scritto. Tutto. Fin dagli Anni 60,
quando Giorgio Bocca coniò espressioni quali
Le denunce dei grandi cronisti
Basta leggere i reportage di
Montanelli o Bocca, le «corse pazze
al fazzoletto piastrellato»: il dramma
della Liguria era già tutto scritto
«Lambrate sul Tigullio» e Leonardo Vergani narrò di come «arrivati a Rapallo sull’onda di un nome una volta famoso, un nome quasi mitico negli inverni padani, i milanesi con un conticino in
banca» avevano «dato la scalata al mutuo, fatto
economie, firmato rogiti lasciandosi allegramente spolpare pur di diventare proprietari del
loro fazzoletto piastrellato, scala B interno 14».
Una corsa pazza. E «i pentimenti, al punto in cui
siamo, sono liquidi come le lacrime dei coccodrilli».
«Su oltre 8.000 chilometri di coste», denunciava nel ‘66 Antonio Cederna, «più della metà
sono da considerarsi perduti in quanto ridotti ad
agglomerati lineari semi urbani, squallidi e ininterrotti, che riproducono sulla riva del mare gli
aspetti peggiori delle concentrazioni cittadine,
stroncano ogni continuità fra mare e risorse naturali dell’entroterra, e distruggono praticamente la stessa potenzialità turistica delle zone investite».
Il caso limite, spiegava, era proprio la Riviera
ligure, «dove località già famose per i loro parchi
e giardini sono ridotte ad avere venti centimetri
quadrati di verde per abitante “estivo”, e dove
l’indice di affollamento supera d’estate quello
del centro di Londra. Nella Riviera di Ponente, su
175 chilometri di costa restano soltanto 900 metri di spiaggia libera».
Certo, la Liguria veniva soprattutto nell’entroterra da secoli di miseria, fame, emigrazione.
Basti ricordare i «birbanti» che partivano dalle
montagne alle spalle di Chiavari per guadagnarsi la «birba», cioè il tozzo di pane, quotidiana. Il
turismo, lo sviluppo, il boom furono accolti come una manna sulla quale non bisognava fare gli
schizzinosi.
Egisto Corradi, scandalizzato dalla costruzione a Rapallo di «diecimila vani all’anno» fino a
farne in certe parti «una periferia di grande città» e dalle masse esagerate di turisti ingolfati
sulla «spiaggia formato francobollo», raccolse
l’ottuso entusiasmo di un rapallese: «Tutto vero,
ma è anche vero che a 3.000 lire a testa fanno più
di 10 milioni di lire lasciati a Rapallo. Siamo nell’era della produttività e dell’automazione? Se i
tempi lo vogliono, Rapallo diventi pure una
macchina per villeggiare!».
Ma valeva davvero la pena di avventarsi in quel
modo ad arraffare ogni occasione di business?
Lasciamo rispondere a Indro Montanelli, che in
quel lontano ‘66, decenni prima che esplodessero insieme i torrenti intubati e le contraddizioni,
scriveva: «Gli anni del boom passeranno alla storia come quelli della sistematica distruzione dell’ex giardino di Europa, perché i miliardi in mano agl’italiani sono più pericolosi delle bombe
atomiche in mano ai bantu. E la prova la fornisce
la Liguria dove i miliardi sono affluiti con più alluvionale intensità. Da Bocca di Magra al confine
francese, per trecento chilometri, è un bagnasciuga di cemento».
E concludeva amaro: «Evidentemente il buon
Dio fece il “giardino d’Europa” in un momento
d’indulgenza e di abbandono. Poi si accorse della propria parzialità e la corresse mettendoci come giardinieri gl’italiani».
27
● «I
IN DIFESA DEL LICEO CLASSICO
DOVE SI CAPISCE LA STORIA
COMMENTI
DAL MONDO
Lezione cinese
di diplomazia
alla Russia di Putin
punto di partenza è
●
❞ Ilsimile:
disagio per un
mondo unipolare centrato
sugli Usa, l’ambizione di
consolidarsi come potenze
regionali trascurando «in
casa» i diritti umani. Ma le
analogie tra Cina e Russia
sul piano diplomatico
finiscono qui, osserva in un
editoriale il Financial Times.
L’approccio di Pechino è
costruttivo, unisce
competizione e
cooperazione (vedi l’accordo
tra Xi e Obama sulla
riduzione dei gas). Mosca
invece punta
sull’intimidazione: «una
minaccia alla sicurezza
globale», più che alla
supremazia Usa.
Ragazze di conforto
Il nazionalista Abe
nega la verità
storico
●
❞ Ildelrevisionismo
premier giapponese
Abe abbraccia ora anche le
«ragazze di conforto»: le
migliaia di donne usate
come schiave sessuali
dall’esercito imperiale del
Sol Levante durante la
Seconda guerra mondiale
erano «semplici prostitute»
e non prede sventurate dei
Paesi occupati, recita la
nuova narrativa di Tokyo,
presa di mira
sull’International New York
Times da Mondy Kotler,
direttore di «Asia Policy
Point».
Questo revisionismo del
nazionalista Abe
«indebolisce la posizione del
Giappone nella lotta globale
contro i crimini di guerra».
a cura di Alessandra Muglia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
l Liceo classico ci
ha corrotti» disse
Luigi Berlinguer,
neoministro quasi vent’anni fa. A
quali sue esperienze attingesse
quando così sentenziò, non
sappiamo. Nel suo solco si è
collocato da ultimo un più giovane studioso, Andrea Ichino,
il cui pensiero pedagogico è ormai stabilmente legato all’aforismo «più mitocondri, meno
aoristo». Ignari entrambi dell’allarme lanciato da Tocqueville: «Gli studi classici producono cittadini pericolosi» (Democrazia in America, parte II). Allarme voltato in prosa e reso
più icastico dalla Enciclopedia
del Boccardo (1878) che, alla
voce Comunismo avverte: «In
nome delle leggi graccane» i
giovani imbevuti di studi classici preparano la rivoluzione
sociale!
Questo grido non si è udito
ieri nel Teatro Carignano a Torino, nel corso del «Processo al
Liceo classico». Si è però levata, vibrante, la voce di Ichino,
che ha sporto denuncia contro
il Liceo classico tacciato di «ingannevole», «iniquo» e «causa
del ritardo italiano nella mobi-
lità sociale». Accuse cui Umberto Eco ha risposto con la necessaria ironia. Presieduto con
sapiente ed equanime maestria
da Armando Spataro, procuratore della Repubblica a Torino,
il processo si è risolto con la assoluzione piena dell’imputato:
i reati addebitati non sussistono.
Partita chiusa? No. Il Liceo
— tutto il Liceo, anche lo
Scientifico — deve rinnovarsi.
Questo è certo. E deve saper offrire in modo più concreto e
con migliori risultati proprio
quelle lingue «morte» che, per
alcuni, ne sono l’emblema. Ma
c’è un convitato di pietra. La
posta in gioco infatti non è la
coppia, per gli sprovveduti
malfamata, delle lingue greca e
latina, bensì il sapere storico
come tale. Mentre si fa chiasso
intorno al bersaglio più comodo (le lingue antiche) si mira
invece all’insegnamento della
storia. Un sapere che già un nefando imperatore della Cina
nel II secolo a.C. considerava
«pericoloso per il governo in
carica». Quasi come Tocqueville. Ah, questi liberali!
Luciano Canfora
© RIPRODUZIONE RISERVATA
OBBLIGO DI WI-FI GRATUITO
(CON UNA CULTURA ADEGUATA)
L
a proposta di obbligare negozi, scuole e uffici pubblici a dare il
Wi-Fi gratuito, avanzata da centodieci parlamentari, suscita qualche perplessità ma merita interesse e
considerazione. Innanzitutto
non convince il suo carattere
impositivo.
Vero, la proposta prevede
l’obbligo solo per i negozi con
una superficie superiore a cento metri quadri e più di due dipendenti. Ma, più che spaventare i commercianti con la prospettiva di una nuova tassa, bisognerebbe spiegarne
chiaramente i benefici. Poi ci
sono i problemi tecnici. Senza
un’adeguata pianificazione,
l’obbligo del Wi-Fi di massa rischierebbe di intasare ulteriormente le frequenze radio. Oggi,
infatti, i collegamenti domestici spesso non funzionano perché lo spettro a disposizione è
già occupato.
La proposta, però, va discussa e migliorata, perché gli
obiettivi che si pone sono importanti, anche ai fini della ripresa economica: assicurare
l’accesso alla Rete con modalità
semplici e dare impulso allo
sviluppo dell’economia digitale coinvolgendo l’intera comu-
nità. Non a caso anche altri Paesi, pur partendo da posizioni
migliori delle nostre, si muovono sullo stesso binario.
Il Parlamento tedesco, ad
esempio, si appresta a varare
una legge «sblocca Wi-Fi» e ad
eliminare la norma che oggi attribuisce ai commercianti la responsabilità legale per ciò che
gli utenti scaricano o vedono in
Rete.
Il punto chiave, però, è che
per stimolare il digitale e coglierne i vantaggi la tecnologia
non basta. La lezione migliore
viene dal Nord Europa, dove gli
hot spot Wi-Fi sono sì molto
più numerosi dei nostri, ma la
loro diffusione è stata accompagnata da un serio lavoro a
tappeto di alfabetizzazione e di
assistenza alle persone anziane
e tecnologicamente meno dotate.
C’è in sostanza da augurarsi
che la proposta dei centodieci
parlamentari sia discussa attentamente e non venga trasformata nella solita guerra
guelfi-ghibellini. E senza trascurare gli aspetti culturali, che
non sono meno importanti di
quelli tecnologici.
Edoardo Segantini
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
28
Economia
«Banche Ue, 19 sorvegliati speciali»
La Lente
Lo studio Kpmg: con le nuove regole in arrivo altri istituti in difficoltà, 8 sono tedeschi
di Giuditta Marvelli
CorrierEconomia,
ecco le azioni
ad alto dividendo
che battono i Btp
L
e azioni ad alto
dividendo, quando i
tassi sono ai minimi e
le Borse vanno in ordine
sparso, finiscono sotto i
riflettori. Basta dare
un’occhiata ai numeri:
UnipolSai, regina della
prossima stagione con un
8% abbondante, mostra un
rendimento pari a tre o
quattro volte quello del Btp
decennale. Anche
considerando la cedola
media del listino (3-3,50%
secondo le ultime stime) si
parla di una percentuale
che sul fronte
obbligazionario si strappa
solo su scadenze
lunghissime per chi vuole
restare nel recinto dei titoli
di Stato domestici. È vero
che l’inflazione non c’è e
Le parole
● Asset
quality review
(Aqr): la
«revisione della
qualità degli
attivi», il checkup che la Bce
ha svolto sui
bilanci delle
130 maggiori
banche
europee
● Stress test:
l’esame sotto
sforzo
condotto dalla
Bce sui bilanci
delle banche
europee
propedeutico
all’avvio della
vigilanza unica
a guida Bce
● Comprehensive
assessment:
l’esercizio
complessivo
con cui la Bce
ha verificato lo
stato di salute
dei principali
gruppi bancari
● Shortfall:
deficit di
capitale
riscontrato in
alcuni istituti di
credito europei
che quindi il rendimento
che arriva in cassa è reale.
Ma i numeri dei Btp sono
questi e non sono elevati.
«CorrierEconomia», in
edicola domani con il
quotidiano, ha fatto i conti
in tasca alle società con più
di un miliardo di
capitalizzazione e
l’intenzione di pagare la
cedola. All’appello
rispondono soprattutto
utilities, industrie e società
del risparmio gestito.
Negli ultimi 10 anni il
rendimento medio annuo
delle azioni mondiali ha
sfiorato il 7% e oltre il 36%
di questo risultato è stato
merito dei dividendi: nel
caso dell’investimento
azionario europeo la
percentuale è stata pari al
55%. Gli analisti di
Deutsche Bank hanno
calcolato che a Wall Street
la performance totale
(crescita prezzi più cedole)
delle classiche azioni
distributrici di dividendo
da gennaio ad oggi é pari al
14% . In Piazza Affari le
stime dicono che nel
prossimo anno i dividendi
rendono in media il 3-3,5%
contro il 2,49% nelle Borse
mondiali. Il valore dei
dividendi in palio per gli
azionisti delle società
italiane dovrebbe oscillare
tra 12 e 14 miliardi. Per chi
preferisce spaziare tra le
cedole globali c’è la strada
dei fondi specializzati.
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● Non
performing
loans
exposure:
l’esposizione di
alcune banche
nei confronti
di crediti non
più esigibili
MILANO Le prove per le banche
non sono finite. Archiviato
l’esame della qualità degli attivi
(«Asset quality review») e gli
«stress test», dal 4 novembre la
supervisione dei 130 principali
istituti europei è passata alla
Bce. L’Aqr però è stato solo il
punto di partenza. La vigilanza
dell’Eurotower implica che le
banche dovranno confrontarsi
con gli standard dei loro pari
europei e non più a livello nazionale. E un’analisi preliminare dei raggruppamenti tra pari
è cominciata questa settimana
a Francoforte.
Non solo. È vero che le operazioni di rafforzamento patrimoniale nel corso di quest’anno hanno permesso di ridurre
da 25 (a fine 2013) a 13 gli istituti con insufficienza di capitale
(«shortfall») dopo il «comprehensive assessment». Ma
secondo una presentazione riservata preparata dalla Kpmg,
che stata l’advisor sull’Aqr o
l’auditor di 93 su 128 banche testate, esistono altri diciannove
istituti che, pur avendo superato l’esame della Bce, dovrebbero affrettarsi a creare ulteriori
cuscinetti di sicurezza: o perché il rapporto del Cet1 («Common equity Tier 1»), cioè il ratio più importante per misurare la solidità di un istituto,
scende tra il 5,5 e il 7% in uno
scenario avverso simulato con
gli stress test; o perché avrebbero fallito l’esame se fossero
già in vigore i requisiti patrimoniali di Basilea III, cioè le
nuove regole internazionali per
le banche in vigore entro fine
marzo 2019 (in origine avrebbero dovute essere implementate tra il 2013 e il 2015). Le attese del mercato, però, potrebbero chiedere azioni al management delle banche ben prima
del 2019. Anche perché il tetto
all’indebitamento («leverage
cap») potrebbe imporre ulteriori vincoli agli istituti che
hanno passato l’esame ma re-
La tenuta del sistema bancario in Europa
25 banche
con un Common
equity Tier 1 ratio
inferiore al 5,5%
19 istituti
sotto
osservazione
per Kpmg
130 bilanci
analizzati
9,5 miliardi
di euro di deficit
di capitale
FRANCIA
1
1
13
-
SPAGNA
1
-
IRLANDA
1
3
5
BELGIO
2
-
0,85
6
3
PORTOGALLO
1
1
3
Tutti d’accordo, a parole: «Vogliamo un’intesa ambiziosa, e la vogliamo nel 2015».
Ma erano tutti d’accordo anche
quando, un anno e mezzo fa, la
scadenza l’avevano fissata al
2014. Che è arrivato, e finirà,
senza che Ue e Usa si siano anche soltanto avvicinati al traguardo: una maxi-area di libero scambio il cui valore strategico è paragonabile solo alla
costruzione del mercato unico
europeo. Naturalmente moltiplicato, ora, dal peso dei due
continenti. Che potrebbero così dettare lo standard al resto
mondo.
Sarebbe (sarà?) una chance
evidente, per dare un colpo alla
recessione europea e riequilibrare la crescita mondiale. Il
problema è che il negoziato sul
25
-
0,06
6
0,86
GRECIA
3
1
4
2,69
ITALIA
9
2
CIPRO
3
-
15 3,31
4
1,15
15 0,03
-
SLOVENIA
2
-
0,18
Fonte: Kpmg
stano deboli.
Tra i diciannove istituti più
vulnerabili (vedi grafico sopra)
figurano ben otto banche tedesche, tre irlandesi, due italiane
(Unicredit e Mediobanca), due
austriache, una banca greca,
una banca portoghese (Caixa
Geral de Depositos), una francese e una olandese.
Il punto dolente sono le
Gli italiani
Il nodo esposizioni
«problematiche». Nel
gruppo anche Unicredit
e Mediobanca
esposizioni problematiche, in
gergo «non performing exposures» (npe), che sono una categoria più ampia rispetto ai
crediti incagliati o «non performing loans» (npl). Nel nostro Paese, ad esempio, secondo l’ultimo bollettino della
Banca d’Italia, le esposizioni
problematiche delle banche
ammontano a 295 miliardi, ma
solo la metà circa è classificata
come «npl». Gli altri 150 miliardi di esposizione bancaria
Ttip, o Trattato transatlantico
per il commercio e gli investimenti, pare congelato. È stato
probabilmente davvero «folle
pensare di chiudere nel 2014»,
come ha crudamente accusato
ieri all’Aspen Institute Italia
uno dei più grandi sostenitori
del Ttip, il viceministro per lo
Sotto la lente
DZ Bank AG
HSH Nordbank AG
Landesbank Berlin Holding
Volkswagen Financial
WGZ Bank
IKB Deutsche Industriebank
Wüstenrot Bausparkasse
Wüstenrot Bank
Bank of Ireland
Allied Irish Banks plc
Ulster Bank Ireland
UniCredit
Mediobanca
Raiffeisenlandesbank
Bank für Arbeit
HSBC France
Caixa Geral de Depósitos
Alpha Bank
SNS Bank N.V.
Ger
Ger
Ger
Ger
Ger
Ger
Ger
Ger
Irl
Irl
Irl
Ita
Ita
Aus
Aus
Fra
Por
Gre
Ola
Corriere della Sera
rischiano però di deteriorarsi
per il perdurare della crisi economica e per la pressione dei
nuovi requisiti patrimoniali
imposti da Basilea III. Un’eventualità che costringerebbe le
banche a un accantonamento
medio del 10%, pari quindi a 15
miliardi, tale cioè da mettere il
sistema bancario italiano sotto
forte pressione.
Lo scenario ovviamente non
vale solo per le banche italiane,
ma per tutti gli istituti che hanno in bilancio esposizioni che
il mercato reputa a rischio, come nel caso del settore shipping per molti istituti tedeschi.
Ecco perché questi istituti potrebbero essere costretti a recuperare in fretta valore per
rafforzarsi.
Come? Attraverso fusioni e
acquisizioni, con l’ottimizzazione dei costi, o con l’aumento
dei ricavi. Ma una strada meno
traumatica potrebbe essere
quella di mettere in vendita i
portafogli di prestiti problematici. E gli advisor (economici e
legali) si stanno già preparando.
Giuliana Ferraino
@16febbraio
295
miliardi
le esposizioni
problematiche
in euro delle
banche italiane
secondo
l’ultimo
bollettino della
Banca d’Italia.
Ma solo
la metà è
classificata
come «non
performing
loans», prestiti
non esigibili
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Aspen, l’ambasciatore Gardner prudente sul Trattato transatlantico
TORINO
6
AUSTRIA
1
2
Stati Uniti distratti, Europa divisa
la (difficile) via del libero scambio
DALLA NOSTRA INVIATA
0,34
PAESI BASSI GERMANIA
0
1
1
8
54
per cento del Pil mondiale
È il valore della produzione
aggregata tra i Paesi della
Unione Europea e gli Stati Uniti
La start-up del trasporto auto
Boom Uber, previsti 10 miliardi di ricavi
Uber potrebbe registrare ricavi per 10 miliardi di dollari entro la
fine del 2015. Lo riporta «Business Insider», parlando di numeri
fantastici per una start-up di soli cinque anni. Il confronto con
Facebook lo rende evidente: il social media dovrebbe realizzare
quest’anno per la prima volta proprio 10 miliardi di dollari di
fatturato. I ricavi miliardari non si traducono però in redditività
per Uber, che trattiene il 20% di ogni transazione, perché spende
e investe enormi cifre in marketing per nuovi clienti ed autisti.
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Sviluppo e attuale guida del team europeo Carlo Calenda. Ma
anche ora che tutti giurano di
voler chiudere «presto, o saranno gli altri a dettarci le regole», in realtà dominano dubbi e
tensioni.
L’Aspen torinese ne ha offerto un’immagine plastica. Gli
Usa, nonostante le rassicurazioni del suo negoziatore Daniel Mullaney, sembrano distratti e non così disponibili.
L’Europa ha il solito problema
Germania, conferma Calenda,
stavolta con un paradosso: Angela Merkel approva quel che
alla Ue il suo ministro dell’Industria (ma di un altro partito)
non firma. Morale. Anche da
Torino la promessa è unanime:
«Il Ttip va fatto e si farà nel
2015». Forse però vale più la
prudenza dell’ambasciatore
Usa alla Ue, Anthony Gardner
(che venerdì al Lingotto ne ha
parlato con John Elkann): «Diciamo solo che il 2015 sarà cruciale».
Raffaella Polato
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Il piano Montepaschi
Viola: aspettiamo
Bruxelles
sull’aumento
di capitale
MILANO La possibile
integrazione con un altro
istituto di credito (e qui i nomi
circolanti sono sempre gli
stessi: da Bnp Paribas a Credit
Agricole, da Santander ad
Ubi). Soprattutto l’ipotesi
dell’aumento di capitale da 2,5
miliardi contenuta nel Capital
plan inviato lunedì scorso da
Montepaschi all’Unione
europea a seguito della
bocciatura della Bce negli
stress test e nell’asset quality
review (Aqr) sul bilancio
dell’istituto di Rocca
Salimbeni. «Il lavoro degli
advisor (Ubs e Citigroup, ndr.)
continua su tutti i fronti», ha
detto ieri Fabrizio Viola,
amministratore delegato di
Monte dei Paschi di Siena.
Aggiungendo come non ci sia
ancora nessuna indicazione
Montepaschi L’ad Fabrizio Viola
sui tempi di risposta dei
tecnici europei. Un’analisi che
tuttavia Siena attende il prima
possibile anche per dare una
segnale ai mercati dove negli
ultimi giorni il titolo è stato
sull’ottovolante anche a
seguito della perdita di 1,15
miliardi contabilizzata nei
primi nove mesi del 2014 a
causa di accantonamenti e
svalutazioni emerse dopo
l’analisi dell’Eurotower. Il
banchiere ha poi rivelato di
non essere troppo
preoccupato per la richiesta di
300 milioni di euro da parte
dell’Agenzia delle Entrate per
l’operazione immobiliare
«Chianti Classico» realizzata
nel 2009 quando al timone
c’erano Mussari e Vigni.
Fabio Savelli
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Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
Al via il Forum
La finanza islamica
passa per Torino
(con Intesa Sanpaolo)
L’intervista
di Rita Querzé
ECONOMIA
Uno smalto che si può usare anche nel periodo del Ramadan perché
fa permeare l’acqua che viene così a contatto con le unghie, come
prescrive la pratica religiosa. «Con questo prodotto, andato a ruba
tra le donne islamiche, il chimico polacco Wojciech Inglot, fondatore
di Inglot Cosmetics, diventò miliardario», racconta Gianmarco
Montanari, City Manager di Torino, che con questo spirito ha lavorato
per lanciare in città il «Turin Islamic Economic Forum» «il primo
forum di questo tipo messo in piedi da un’istituzione fuori dai Paesi
prettamente arabi». L’evento, organizzato da Comune, Camera di
15
5
per cento
il valore
della finanza
islamica sul
Pil mondiale
miliardi di euro
i risparmi
dei clienti
musulmani nel
nostro Paese
Commercio e Università di Torino (partner Intesa Sanpaolo e
Tecnoholding) punta a fare del capoluogo piemontese un vero e
proprio «hub» della finanza islamica. Il 17 e 18 novembre si
confronteranno sul tema oltre 20 manager da tutto il mondo, per
«presentare le opportunità per chi offre servizi e prodotti per quella
parte di popolazione musulmana che segue certe regole», spiega
Montanari. Finanza islamica e attività economiche legate all’Islam,
valgono il 15-20% del Pil mondiale e sono in continua crescita.
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«Meridiana, per non chiudere
più capitali e intesa sindacale»
Il rapporto del Tesoro
Evasione, il 55%
dei negozi
non fa scontrini
Il ceo Scaramella: non resterò qui a veder morire la compagnia
MILANO «Se si preferisce la morte dell’azienda, allora non c’è
più bisogno di me». Non è una
sfida ma un ultimo, estremo
appello alla responsabilità
quello lanciato da Roberto Scaramella, amministratore delegato di Meridiana. Sul piatto c’è
la sopravvivenza della compagnia, seppure in una veste ridimensionata, con 18 velivoli in
tutto (Meridiana Fly più Air
Italy) e circa mille dipendenti.
Dopo che – punto dolentissimo – 1.634 colleghi avranno seguito il destino della mobilità.
Ma da oggi la posta in gioco è
anche un’altra: la stessa permanenza di Scaramella alla guida
della compagnia.
I destinatari dell’appello sono due. Le nove sigle sindacali
coinvolte nella trattativa, per
cominciare. Ma anche la proprietà (il fondo Akfed dell’Aga
Khan). A cui Scaramella fa presente una necessità cruciale:
per andare avanti servono i capitali per ripianare le perdite.
Ieri ancora un lancio di uova e farina a un equipaggio
Una protesta dei dipendenti Meridiana a Cagliari
180
milioni
l’aumento
di capitale
di Meridiana
lo scorso aprile
Meridiana da parte di alcune
persone a volto coperto.
«Purtroppo. Questo ha causato ritardi nei voli — constata
il manager —. Il Nord della Sardegna è rimasto isolato per
quattro ore. Tra coloro che
hanno subìto la situazione anche un bambino che volava a
Roma per un trapianto».
Andiamo al cuore del problema: con 1.634 esuberi e un
bilancio 2014 che veleggia
verso i 50 milioni di perdite
operative, quali sono le prospettive per la compagnia?
«Prima di tutto diciamo che
le perdite operative ammontavano a 110 milioni nel 2012.
Quando arrivai nel gennaio
2013 la compagnia era tecnicamente fallita. Oggi abbiamo recuperato credibilità».
Dove porta la strada imboccata dal suo piano?
«A una compagnia, Meridiana Fly (frutto della fusione tra
la vecchia Meridiana ed Eurofly, ndr;) con quattro aeromobili concentrati sui collegamenti di continuità territoriale
tra la Sardegna e la penisola».
L’altra compagnia del
gruppo, Air Italy, non ha gli
stessi problemi.
«Air Italy è stata acquisita
nel 2011. Ha un margine operativo positivo, è competitiva sul
mercato con i suoi 12 aeromobili e circa 450 addetti».
Perché per Meridiana è diverso?
«Meridiana ha il fardello di
problemi accumulati nel tempo. Non ultimo il fatto che un
giudice del lavoro ha imposto
di assumere a tempo indeter-
29
minato 600 assistenti di volo
stagionali. Oggi gli esuberi sono gonfiati anche da questo».
Davvero non ci sono medicine alternative all’amarissimo taglio di 1.634 posti?
«No, non esistono. Bisogna
ripartire dalla proposta dei ministeri del Lavoro: una prima
fase di uscite volontarie e poi la
mobilità obbligata».
Gli esuberi possono diminuire?
«Si potrebbe scendere a
1.330. Con l’80% dello stipendio
e fino a sei anni di mobilità a
seconda dell’anzianità».
I sindacati si sono opposti.
«Per salvare il salvabile, ripartiamo dalla mediazione del
ministero. Il tempo è poco: per
avere sei anni di mobilità serve
l’accordo entro dicembre».
Basterebbe?
«No. L’altra condizione è il
supporto finanziario dell’azionista. Almeno le perdite devono essere compensate. Certo i
due fronti sono legati. Il clima
di tensione non aiuta».
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Manager
In media in Italia più di un
negozio su due (il 55%) non
fa scontrini, secondo un
rapporto del Tesoro. Il
fenomeno raggiunge punte
prossime all’evasione totale a
Napoli (83%), mentre Genova
si conferma la città a più alto
tasso di lealtà fiscale, con il 18%
di irregolarità. Nella media
Roma, Milano e Palermo.
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❞
L’unica via
d’uscita?
Ripartire
dalla
mediazione
del
ministero
del Lavoro.
E chiudere
entro l’anno
Negli Usa
Causa per l’incendio
di una Jeep, il giudice
chiama Marchionne
Sergio Marchionne dovrà
deporre nell’ambito di
un’azione legale avviata in
Georgia dopo la morte di un
bambino in seguito
all’incendio del serbatoio di
una Jeep Grand Cherokee. La
famiglia ha avviato la causa 2
anni fa. Il giudice Kevin
Chason ha deciso che il Ceo
Fca dovrà rendersi disponibile
per una testimonianza.
Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
30
Cultura
& Spettacoli
7 giorni
di tweet
I consigli di
Piergaetano
Marchetti,
presidente di
BookCity. Da
oggi tocca a
Giuliano Turone
Domenica
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Platone,
Apologia
di Socrate.
Il dialogo
fondamentale
per capire
le basi
del pensiero
moderno
Voltaire,
Trattato sulla
tolleranza.
La lezione
dell’Illuminismo: il coraggio della ragione contro i
pregiudizi
Dostoevskij,
I fratelli
Karamazov.
Il paradigma
del romanzo
russo: passioni,
bassezze,
risorse
dell’uomo
Gustave
Flaubert,
Madame
Bovary. Un
libro che fece
scandalo e un
personaggio
simbolo della
borghesia
Primo Levi,
Se questo
è un uomo.
Letto e da
rileggere ai
nipoti per non
dimenticare
l’abisso
dell’uomo
Giuseppe
Tomasi di
Lampedusa,
Il Gattopardo.
Un classico
sempre utile
per capire
il carattere
degli italiani
Jorge Amado,
Terre del
finimondo.
La grande
voce della
formidabile
letteratura
sociale
sudamericana
Classici
Nella «Cautio criminalis», tradotta dall’editore Salerno, il coraggioso gesuita tedesco
Friedrich von Spee denunciò l’assoluta iniquità dei processi contro le «indemoniate»
di Claudio Magris
A
nni fa, il vescovo di Trieste Lorenzo Bellomi mi raccontò che qualche giorno
prima aveva ospitato tre suoi amici, due
uomini e una donna, suoi compagni di
scuola poi divenuti medici con cui era rimasto in
stretti rapporti d’amicizia e che si erano fermati
a Trieste, tornando a casa, dopo essere stati a
Medjugorje. Durante la cena gli avevano detto,
con imbarazzo e senza alcuna enfasi mistica, di
aver visto la Madonna, aggiungendo che sapevano bene come lui non amasse quelle cose e fosse
alquanto scettico, memore forse che Gesù rimprovera duramente chi chiede miracoli. Bellomi
rispose: «Siamo amici da una vita e non mi passa
per la testa di non credervi se mi dite di aver visto
la Madonna. Se mi dite di averla vista, certamente l’avete vista. Il che non vuole ancora dire che la
Madonna vi sia realmente apparsa».
Quel vescovo, ancor oggi ricordato con grande
affetto e considerazione, non intendeva certo insinuare che i suoi amici potessero soffrire di allucinazioni. Diceva una cosa molto più generale
e importante della fondatezza di quelle apparizioni. Sottolineava un’universale debolezza
umana, ossia la difficoltà — difficoltà che riguarda tutti — di vedere la realtà, portati come
siamo a vedere ciò che ci attendiamo di vedere,
che siamo preparati a vedere e che proiettiamo,
in assoluta buona fede, su ciò che ci sta davanti
agli occhi e magari è molto diverso. Capita più o
meno a tutti; ricordo che una volta, raccontando
un fatto per fortuna di minima importanza, ho
alterato in piena sincerità un particolare, deformandolo secondo la mia aspettativa, piegandolo
all’immagine e alla convinzione che c’era già
nella mia mente prima di vederlo. Per fortuna
non si trattava di una testimonianza in un processo e quella mia onesta ancorché deplorevole
invenzione non poteva danneggiare nessuno.
Questa difficoltà di vedere ciò che realmente
accade è spesso accresciuta dalla cosiddetta
«aria del tempo», dalle convinzioni, abitudini e
credenze dell’epoca in cui si vive e che talora illuminano talora appannano la realtà e la sua visione. Non farsi condizionare dai pregiudizi e dalla
mentalità del mondo in cui si vive è una delle più
ardue e rare virtù, che rivela un’eccezionale libertà e creatività di spirito. Uno dei più grandi
esempi di questa creatività — che smonta l’idea
della verità quale figlia del proprio tempo — è
Friedrich von Spee, un gesuita del Seicento che
fu confessore di molte donne condannate al rogo perché streghe.
Figlio del suo tempo e degli idoli del suo tempo, von Spee credeva che potessero esistere streghe e commerci di vario genere con il demonio.
Sarebbe stato facile — e, sotto il profilo storicoculturale, comprensibile — che egli, come tanti
suoi contemporanei e soprattutto come tanti
che si occupavano di quei processi, vedesse delle
streghe e degli stregoni nelle persone perseguitate, esaltate, mentalmente e fisicamente malate, spesso repellenti, torturate, ree confesse sotto tortura. Preparato a incontrare complici e seguaci del Maligno, von Spee ebbe la straordinaria, geniale capacità di accorgersi che nessuna di
quelle persone disgraziate e sciagurate era una
strega o uno stregone ed ebbe il coraggio di dirlo
e denunciarlo apertamente, in uno scritto, Cautio criminalis (1631), che rischiò di mettere lui
stesso in pericolo e che è un vero capolavoro di
cristiano amore del prossimo e della verità, di logica incalzante e serrata, di razionalità che non si
lascia abbagliare né intimidire.
Nella Cautio criminalis — ottimamente tradotta da Mietta Timi già nel 1986 per la casa editrice Salerno e introdotta con particolare finezza
❞
L’avvocato
delle streghe
Nel 1631 un testo critica a fondo le indagini
basate sull’uso sistematico della tortura
Una voce sostenuta dall’amore per la verità:
figlia, ma non prigioniera del suo tempo
da Anna Foa — rivive la terribile Germania di
quei decenni, devastata da guerre politiche e religiose che distruggeranno due terzi della popolazione, lacerata in un caos di anarchia e di violenza cui si accompagna un incredibile fervore
culturale, una fioritura letteraria, filosofica e teologica che darà i suoi frutti per secoli, ma non
lenisce l’orrore delle stragi, della fame, delle pestilenze, della morte. Spee è fermo, equilibrato
ma implacabile nella sua denuncia e nella sua
difesa di martoriati e martoriate innocenti. Contesta la validità delle confessioni rese sotto tortura, perché — dice — sotto tortura si finisce per
dire e ammettere qualsiasi cosa, pur di farla cessare, ed ammette di non sapere come si comporterebbe egli stesso se sottoposto a intollerabili
s of fe re n ze . D a
questo punto di
vista, incalza con
sottigliezza, la
tortura è colpevole perché induce
gli uomini a peccare, a dire il fal-
L’autore dimostra un cuore caldo
e insieme una testa lucida,
con la quale sostiene il principio
della presunzione di innocenza
so, ad accusare innocenti inceppando così la
stessa giustizia, giacché il torturato deve inventare colpevoli e svia in tal modo le indagini. Descrive con asciutta efficacia la crudeltà di magistrati inquirenti, anche sacerdoti, i riti precedenti la tortura o l’esecuzione (la rasatura delle imputate, i marchi le cicatrici le deformità
interpretati quale opera del demonio, l’implausibile vaghezza delle ammissioni di aver partecipato al sabba diabolico).
Spee non ha solo un cuore caldo, ha anche
una testa lucida ed esperta
del diritto. Sostiene il principio della presunzione di innocenza, individua il bisogno che i prìncipi hanno di
quei processi ma, politicamente più sottile di loro, pure il danno che tali messinscene dell’orrore recano alla
stessa autorità pubblica che
li promuove. La Cautio criminalis può gareggiare con
la manzoniana Colonna infame, con l’ulteriore merito
di essere stata scritta più di due secoli prima.
Spee sa bene come l’Inquisizione non sia solo
la leggenda nera creata nei secoli successivi e
che la storiografia contemporanea — si pensi,
per fare solo alcuni esempi, agli studi di Adriano
Prosperi, a un’opera fondamentale come il Dizionario storico dell’Inquisizione da lui diretto,
oppure agli studi di Carlo Ginzburg e di molti altri — ha indagato a fondo. Il meccanismo mortale dell’Inquisizione è complesso e comprende —
come si vede leggendo il Sacro Arsenale, il ma-
nuale per i giudici — anche minuziosi garantismi, quali la necessità di almeno tre testimoni
per accusare qualcuno, la verifica dei testimoni
stessi e il divieto di suggerire, neppure indirettamente, agli imputati le risposte.
Spee si muove con forza e prudenza in questa
selva, inflessibile e insieme avveduto nella sua
battaglia. Leggendo le sue pagine così forti e insieme misurate, si vorrebbe sentire anche direttamente la voce delle accusate e degli accusati, le
parole rotte e sanguinanti che uscivano dalle loro bocche ridotte, dall’incultura e dalla violenza
subita, quasi all’afasia. Andrea Del Col ci ha fatto
sentire, nelle sue notevolissime ricerche, queste
voci spezzate e balbuzienti — vorremmo poter
sentire anche il loro timbro, il loro suono, il loro
respiro strozzato. Spee lo ha sentito; le parole di
quella gente sventurata gli arrivavano all’orecchio insieme al loro fiato e forse anche questo gli
ha dato la forza di battersi, giungendo a dire che
vacillino pure i poteri giudiziari se debbono fondarsi su quelle infamie.
Non stupisce che fosse pure un delicato e in-
Discussioni
Friedrich von Spee (qui accanto) è autore della Cautio
criminalis (a sinistra la prima edizione), tradotta in
italiano per Salerno Editore con il titolo I processi contro
le streghe (a cura di Anna Foa, traduzione di Mietta
Timi, pagine 377, 18). Claudio Magris interviene oggi
a Milano, al Museo della Scienza e della Tecnologia in
via San Vittore, alle 14,30, per discutere di «Le mille
vite della scrittura». Nella stampa in alto: processo alle
streghe di Salem (ora in una serie tv in onda su Fox)
tenso poeta, che ha cantato l’amore di Gesù e la
dolcezza della natura, gareggiando, come dice il
titolo della sua principale raccolta di versi che ha
un suo posto rilevante nella letteratura tedesca,
con gli usignoli. «Deh, lasciati vedere, io cerco
te!/ Gridai tosto di nuovo,/ non sole ma solo
l’ultime parole/ sentii ripetere, io cerco te». Era
figlio del suo tempo. Tutti lo siamo, ma qualcuno, come quei carnefici, è pure figlio di buona
donna.
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Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
Fotografia
Addio a Lucien Clergue
Fu il creatore
degli incontri di Arles
di Stefano Bucci
TERZA PAGINA
Nella sua lunga carriera Lucien Clergue, il
fotografo francese scomparso ieri dopo una
lunga malattia (era nato a Arles il 14 agosto
1934, nella foto Afp), aveva scattato più di 800
mila immagini. Era diventato celebre in
particolare per i «nudi zebrati» ispirati a Keith
Haring e per quei suoi paesaggi in bianco e nero
della Camargue che guardavano invece alla
grande fotografia francese del primo Novecento.
Ma Clergue era stato anche il primo fotografo a
Elzeviro / Boileau e Narcejac
LA DESTREZZA
IN NERO
DI DUE GIALLISTI
In
agenda
di Antonio Debenedetti
U
✽ ✽ ✽
Un viaggiatore di commercio, Fernand Ravinel, rappresentante di articoli da pesca, si
lascia convincere da Lucienne, la sua amante,
a compiere un passo mica piccolo: uccidere la
moglie o quantomeno farsi complice d’un tale
odioso delitto. L’uomo, in realtà attirato dal
sostanzioso premio d’una assicurazione, vince
gli ultimi scrupoli dicendosi: «Beh, sì, tutto
sommato mi sono sposato senza sapere bene
perché». Eppure Mireille, questo il nome della
futura morta ammazzata, non sembra da buttar via. Giovane ancora, poco più di trent’anni,
«è minuta ma muscolosa e tonica. Ha le labbra fresche e minuscole lentiggini intorno al
naso. Può nel complesso dirsi una donnina
graziosa anche se insignificante».
L’abilità degli autori sta nel farcela vedere
mentre viene fatta morire affogata nella vasca
del suo bagno e nel farci più tardi ritenere che
sia ancora viva. Caspita! E la sua assassina?
Dottoressa in medicina, con al mignolo un
anellone da banchiere (sic) e una passione per
le bisteccone al sangue, lascia nella bocca del
lettore un retrogusto d’antipatia. Che diavolo!
Con Fernand, il suo concubino, non riesce a
fare nemmeno del buon sesso esaustivo. Liberatorio. Che razza di donna è? Non aggiungiamo altro, una frettolosa parafrasi non renderebbe giustizia alla vicenda.
Andrà ricordato che I diabolici ebbe una
fortunata versione cinematografica diretta da
Henri Clouzot. Le protagoniste Mireille e Lucienne furono trasformate dalle bravissime
Simone Signoret e Véra Clouzot in due indimenticabili varianti moderne di quelle che
sotto altre lune erano le dark lady. Cosa non sa
fare il cinema! Pensate cosa riuscì a ottenere
Hitchcock dalla «patatinosa» Kim Novak nella
Donna che visse due volte derivato dall’altro
longseller di Boileau e Narcejac che i francesi
conobbero col sinistro ma catturante titolo di
D'entre le morts.
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Piccole librerie resistono
«Andiamo noi a cercare i lettori»
S
Festa per i tre
anni de «la
Lettura», il
supplemento
culturale del
«Corriere».
L’evento si tiene
oggi a Milano in
Sala Buzzati (via
Balzan 3;
ingresso
gratuito con
prenotazione al
numero 02
87387707).
Alle 16 lo
scrittore Arturo
Pérez-Reverte,
autore de Il
cecchino
paziente (Rizzoli,
sopra la
copertina), è
intervistato da
Paolo Beltramin.
A seguire
l’happening
culturale Tre
personaggi in
cerca d’autore
ovvero gli eroi
letterari più
amati scelti da
Ambra Angiolini,
Camilla
Baresani,
Donato Carrisi,
Giuseppe
Catozzella,
Alessandro
D’Avenia,
Giorgio Fontana,
Emis Killa,
Masbedo,
Gustavo
Pietropolli
Charmet, Enrico
Ruggeri.
Coordina
Roberta
Scorranese
programmazione di materiale inedito e votato
alla celebrazione della fotografia come una delle
forme eccellenti della creatività contemporanea,
passato dai 9 mila visitatori dell’esordio ai 100
mila e oltre dell’ultima. Per una coincidenza che
suona come una sorta di omaggio, Clergue viene
a mancare proprio mentre nella capitale va in
scena Paris Photo, un festival che ai Rencontres
d’Arles deve sicuramente moltissimo.
L’alleanza a BookCity
di Cristina Taglietti
na morta che non è morta... Un assassino che si trasforma in vittima del
suo stesso piano criminale... Sono
colpi di scena che, nell’era dei computer, vanno goduti alla luce di alcune informazioni preliminari. Cominciamo dal punto di
arrivo cioè da quello che fu, a metà degli anni
Cinquanta, il segreto del successo di Pierre
Boileau e Thomas Narcejac. Quei due bravi ma
mai pienamente riconosciuti giallisti francesi
decisero, dopo essersi incontrati e aver fatto
società, di osare forti del loro scrivere a quattro mani l’inosabile, cioè di fare a meno nei
loro libri del buon senso, di sopprimere la
logica, di infischiarsene delle contraddizioni
più plateali mettendo il lettore di fronte al
fatto compiuto. Come i grandi illusionisti, di
cui condividono il gusto dell’azzardo spettacolare, Boileau e Narcejac puntano all’applauso a
scena aperta. Niente sofisticherie o strizzate
d’occhio ai critici. I due lavorano a tutto vantaggio del lettore comune, quello che cerca
nelle loro pagine distrazione e divertimento.
Boileau e Narcejac, per garantire la piena
riuscita dei loro giochi di destrezza, hanno
bisogno come i grandi prestigiatori d’una
atmosfera ben preparata e calcolata. Luci
schermate, penombre ottenute con effetti un
po’ da baraccone, un tono vagamente funerario. Il loro, detto alla svelta, è un mondo dove
sembra non essere ancora stato inventato il
sole. Con un istinto da formidabili guitti sanno in che modo far stare la platea dei loro lettori col fiato in gola. Non ci credete? Pensate
che abbia esagerato? Prendete questo romanzo, I diabolici (traduzione di Federica Di Lella
e Giuseppe Girimonti Greco, Adelphi, pagine
173, 16 ), una vera chicca dove «effettacci»,
scene madri costruite in deliziosa malafede,
trovatine tirate su come la chiara d’uovo si
susseguono senza soste. A patto di non guastarvi da soli la festa con dubbi superflui, con
riflessioni fuori luogo, arriverete alla fine d’un
fiato.
entrare a far parte, nell’ottobre 2007,
dell’Académie Française ed era stato anche
grande amico di Picasso, Cocteau e Manitas de
Plata. Eppure la sua fama rimane legata
soprattutto ai Rencontres d’Arles, il più grande
festival della fotografia in Europa che, appunto,
Clergue aveva fondato nel 1970 insieme allo
scrittore Michel Tournier e allo storico Jean Michel
Roquette (prossimo appuntamento: 6 luglio - 20
settembre 2015). Un festival legato alla
31
ono l’ultimo avamposto
della lettura. Disseminate in ogni quartiere, le librerie cercano di resistere alla crisi e di allearsi per farsi
conoscere meglio. Nel grande
mare di BookCity ci sono anche
loro. Eventi, incontri, presentazioni si svolgono nelle grandi
librerie di catena, dalle Feltrinelli alla Mondadori, nei templi storici della Milano culturale, come la Hoepli, o in quelli
più recenti (un anno di vita) come la Open di viale Montenero,
negozio social che guarda al digitale.
Spesso si sottolinea che i festival culturali, pur attraendo
molti, non portano a un aumento delle vendite. «Ci sono
persone — sostiene Ambrogio
Borsani, bibliofilo e scrittore,
accanito frequentatore di mercatini e negozi — che hanno
paura a entrare nelle librerie.
Allora quando ci sono manifestazioni come queste è più facile portare le librerie da loro».
Come già succede in altre
manifestazioni, vedi il Festivaletteratura di Mantova, quest’anno anche BookCity ha voluto allestire un punto vendita
diretto nel cuore della manifestazione, il Castello Sforzesco,
dove si possono trovare i volumi di cui si parla nei 900 incontri della rassegna. Il punto vendita si trova all’Agorà Expo, lo
spazio progettato da Michele
De Lucchi ,ed è stato affidato
alla Lim (l’Associazione librerie
indipendenti Milano, presieduta da Samuele Bernardini
della Claudiana) che riunisce
26 sigle, dalla 6Rosso alla Trovalibri, passando per la Lirus, la
Borsa del fumetto, la Libreria
dello sport.
Marco Zapparoli, editore di
Marcos y Marcos, che per il comitato organizzatore si è occupato del coordinamento del
progetto, spiega: «L’anno scorso nel cortile della Rocchetta
c’era una sorta di biblioteca dove si potevano consultare i volumi di cui si parlava negli
eventi, ma molti ci chiedevano:
perché non si possono acquistare? Così abbiamo pensato a
questo spazio, coinvolgendo le
librerie indipendenti che garantiscono una flessibilità che
va incontro alle esigenze di una
manifestazione come questa.
Certo, rimangono alcuni problemi di logistica». Roberto
Tartaglia della libreria Centofiori, incaricato di coordinare
gli acquisti, spiega: «Forniamo
i libri da vendere ai banchetti
nei luoghi degli eventi e può
capitare che un evento duri più
a lungo e quindi che chi viene
dopo si lamenti perché si inceppa la successione delle vendite. Ma sono cose normali».
L’Agorà, come dice il nome
stesso, vuole funzionare anche
come luogo d’incontro: «E infatti l’idea è anche che tutti i
protagonisti passino da lì». Ieri
la pioggia torrenziale che ha
messo in ginocchio la città non
ha permesso di farlo e gli autori che dovevano andare all’Agorà, da Andrea De Carlo a
Marco Malvaldi a Boris Pahor,
L’omaggio
Voce e pianoforte
per Enzo Jannacci
Parole e musica per
ricordare il poeta con «i scarp
del tennis». BookCity rende
omaggio a Enzo Jannacci, alla
Cascina Roma di San Donato
Milanese. Oggi alle 18
«parlano» il pianoforte e la
voce di Susanna Parigi
(dall’album Il saltimbanco e la
luna. Un omaggio a Enzo
Jannacci). Segue una
conversazione con Andrea
Pedrinelli, autore di Roba
minima (mica tanto). Tutte le
canzoni di Enzo Jannacci
pubblicato da Giunti.
hanno fatto il firmacopie nel
luogo del loro evento. I librai
della Lim sono però soddisfatti: «Considerate le manifestazioni di venerdì e il maltempo
di ieri — spiega Michele Cortina della Libreria scientifica —
le cose sono andate abbastanza
bene. Per noi è un’operazione
utile per farci conoscere, allearsi in una rete è un modo per
fare fronte alla diminuzione
dei lettori che tutta la filiera
editoriale sta scontando. L‘associazione mette insieme realtà diverse, sparse per tutta Milano, spesso specialistiche, come la Libreria militare o la Libreria dello spettacolo, che da
sole farebbero più fatica a farsi
conoscere. Qui uniamo le forze». Anche Gianluca Emeri della Libreria di quartiere è contento della partecipazione dei
Missione
Lo scrittore e bibliofilo
Ambrogio Borsani:
tanti hanno paura ad
accostarsi agli scaffali
milanesi: «Poi, certo, molte librerie hanno fatto anche eventi
in proprio e anche questo contribuisce al bilancio».
L’obiettivo sarebbe anche di
far conoscere meglio un ruolo,
quello del libraio, che ormai
sembra sopravvivere più come
figura letteraria che sociale
(quest’anno sono usciti molti
romanzi, soprattutto negli Stati
Uniti dove le librerie fisiche
stanno sparendo, che l’hanno
eletto a protagonista).«Le librerie aprono — aggiunge Tartaglia — ma soprattutto chiudono. Diciamo che vivere di
questo è difficile per tutti. Ma
bisogna anche compiere uno
sforzo per reinventarsi. Sarebbe bello riuscire a far capire il
senso del nostro lavoro: perché
un libro arriva sugli scaffali, le
scelte che facciamo».
Sui librai a BookCity, Zapparoli pensa che si possa fare di
più: «Hanno funzionato soprattutto quelle che hanno trovato un’idea, come la Popolare
di via Tadino che ha organizzato una rassegna sulle riviste.
Ma BookCity è in continua evoluzione, ci sono margini di miglioramento».
La libreria di BookCity allestita al Castello Sforzesco (foto Massimo Procopio)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Cinque grandi nomi per l’ultima giornata
Chiudono il malfattore di Fo e il dio egizio di Wilbur Smith
Oltre lo
schermo è il filo
conduttore
dell’incontro
con Toni
Servillo (in foto)
che conclude,
oggi, la festa de
«la Lettura».
L’attore
protagonista
del film premio
Oscar La
grande bellezza
è intervistato
da Antonio
D’Orrico
P
er il giorno di chiusura BookCity cala
un full di grandi nomi. Un tris di star
straniere: Wilbur Smith, Amos Oz,
Tzvetan Todorov; e una coppia di autori
italiani tra i più noti a livello
internazionale, Dario Fo e Umberto Eco.
Apre il teorico della letteratura Todorov
che al Castello Sforzesco (ore 11) tiene una
lezione su La pittura dei Lumi (titolo del
suo libro uscito da Garzanti) mentre è
affidata a Fo la chiusura della giornata e,
idealmente, della terza edizione del
festival: il premio Nobel al Piccolo Teatro
Studio Melato (ore 20.30) racconta le
disavventure dell’artista e falsario Paolo
Ciulla, diventato anche un libro (Ciulla, il
grande malfattore, Guanda). Autore da
120 milioni di copie nel mondo, Wilbur
Smith festeggia i cinquant’anni di carriera
e si conferma una macchina da bestseller:
l’ultimo romanzo, Il dio del deserto
(Longanesi), ambientato nell’antico
Egitto, è subito balzato in vetta alla
classifica dei libri più venduti in Italia.
Oltre all’incontro di oggi al Castello (ore
17), lo scrittore è domani (ore 18) al Museo
Egizio di Torino. Titolo preso in prestito
da Bob Dylan — The times they are a
changin’ — per l’incontro con scrittore
israeliano Amos Oz che riflette sui
cambiamenti e che, nell’ultimo libro,
Giuda (Feltrinelli), esplora il legame tra
religione ebraica e cristianesimo alla
Sinagoga (ore 15.45). Infine, il semiologo
Umberto Eco, autore del longseller Il
nome della rosa, interviene alla
presentazione del volume di Roberto
Cotroneo Il sogno di scrivere (Utet), alla
Biblioteca Sormani (ore 16.30): tema del
dialogo Trame e labirinti.
Severino Colombo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
32
Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
SPETTACOLI
Il caso
Niente poltrona degli ospiti per Bill Cosby al Late
Show di David Letterman. Il comico 77enne, ex
capofamiglia dei «Robinson», la serie tv prodotta
dal 1984 al 1992 che gli ha dato fama planetaria, è
accusato di molestie sessuali. Da qui la
cancellazione della puntata del programma della
Cbs, che avrebbe dovuto andare in onda mercoledì
prossimo. Ad accusare l’attore è Barbara Bowman:
nei giorni scorsi, dalle colonne del Washington
Post, l’ex star e modella ha scritto: «Cosby ha
Bill Cosby nei guai
per molestie sessuali:
cancellato dalla tv Usa
conquistato la mia fiducia di 19enne aspirante
attrice nel 1985, mi ha fatto il lavaggio del cervello
per mostrarsi come una figura paterna e poi mi ha
assalito diverse volte». Cosby non è nuovo ad
accuse di molestie sessuali: in nessuno dei casi
sollevati contro di lui è però mai stato incriminato
penalmente. Nel 2006 ha patteggiato (l’importo
non è mai stato reso noto) con Andrea Constand,
ex impiegata della Temple University di Filadelfia:
lo accusava di aver abusato di lei nel 2004.
Dopo gli Oscar
Protagonista
per Tim Burton
e in «Horrible
bosses 2»
«Tanti registi mi
vedono bene nei più perfidi e
vendicativi ruoli anche se non
sono sempre un “cattivo” come
Hans Landa, il colonnello delle
SS che ho interpretato in Bastardi senza gloria di Quentin
Tarantino. A lui va la mia gratitudine perché mi ha restituito
il piacere di costruire personaggi in età matura, e mi ha regalato una seconda carriera
con il dottor Schultz di Django
unchained» dice Christoph
Waltz. L’attore austriaco, 58 anni, è adorato da Hollywood,
che gli ha dato due Oscar come
miglior attore non protagonista proprio per i due film di Tarantino.
Per mesi Waltz è stato impegnatissimo sul set di Big eyes
diretto da Tim Burton, e si è divertito in Horrible bosses 2 (Come ammazzare il capo … e vivere felici 2), dove è un investitore senza scrupoli che mette
nei pasticci i tre protagonisti,
ride delle loro crisi e tiranneggia il figlio. Christoph ha costruito una carriera straordinaria in meno di un decennio dopo una lunga gavetta in teatro,
cinema e tv. Tuttavia, sedotto
da Hollywood, non dimentica
né il palcoscenico né i suoi
molti e vari impegni culturali.
«Sono cresciuto nel mondo
dello spettacolo — spiega —
ho studiato al Max Reinhardt
Seminar di Vienna, al Lee Strasberg Theater di New York e
concordo con quello che mi dicevano i miei grandi insegnanti: “Leggere un libro, tanti libri,
è sempre indispensabile. Insegna a recitare, è un modo di
pensare ai diversi ruoli”. Ho ricordato questa frase impersonando il mio ambizioso pittore
in Big eyes, capace di attribuirsi il merito dei quadri della moglie: anche dipingere, come recitare e leggere un libro, è un
altro modo di pensare».
Waltz è un attore capace di
rubare la scena a tutti. Accade
«Big eyes»
Christoph
Waltz e Amy
Adams sul set
di Tim Burton. Il
film racconta la
vera storia di
Margaret
Keane, i cui
dipinti dei
bambini dai
grandi occhi
divennero un
fenomeno
negli Usa tra il
1960 e il 1970.
Il marito
Walter fece
credere di
essere il vero
autore dei
quadri,
conquistando
una fama
internazionale
LOS ANGELES
Il cattivo di Hollywood
Waltz: «Devo la mia seconda vita a Tarantino
Perfido sul set, sogno di fare il regista alla Scala»
L’attore
● Christoph
Waltz è nato
a Vienna il 4
ottobre 1956
● Nel 2010 il
colonnello
nazista di
«Bastardi
senza gloria»
di Quentin
Tarantino gli
regala l’Oscar
come miglior
attore non
protagonista
● Nel 2013
l’Oscar con
«Django
unchained»
di Tarantino
anche in Big eyes, presentato
in anteprima in una gremitissima serata al Lacma Museum,
perché coniuga per molti
aspetti cinema e pittura e come
parte di una rassegna sui film
indipendenti americani (la versione definitiva della pellicola
sarà sugli schermi Usa per Natale e uscirà l’8 gennaio in Italia
con il marchio Lucky Red).
Racconta Christoph: «Sono
cattivo e cinico nel film perché
❞
Bond e risate
Nessun pregiudizio sulle
commedie per il grande
pubblico. E sono pronto
a dare la caccia a 007
conquisto la fama attraverso le
tele di mio moglie, la pittrice
Margaret Keane. È una storia
vera, che ha riportato Tim Burton al genere biografico, dopo
Ed Wood. Ho adorato recitare
con Tim per il suo estro creativo e geniale. Per giunta a San
Francisco, la città americana
che prediligo; anche se ho deciso tempo fa di stabilirmi con
mia moglie, che è americana, a
Los Angeles».
«Non è la prima volta che
impersono un artista — racconta Waltz con sguardi che
possono diventare gelidi se gli
si pongono domande che lo irritano — ma questa volta sono
un falso pittore capace di ogni
duello pur di avere successo e
naturalmente a un certo punto
Margaret, mia moglie e vera
autrice dei quadri, reagisce e
mi ritrovo in un drammatico
scontro legale. D’altro canto, il
film è stato per me e Amy
Adams una autentica sfida a
colpi di pennello».
Per nulla imbarazzato dal
fatto che con due Oscar alle
spalle è capace di scegliere una
partecipazione a un film comico e popolare come Horrible
bosses 2, Christoph Waltz conferma di pensare al cattivo del
Senza scrupoli
Christoph Waltz
nella commedia
«Horrible
bosses 2»
(«Come
ammazzare il
capo... e vivere
felici») in arrivo
sui nostri
schermi
Il divorzio delle t.A.T.u, ragazze pop divise da Putin
Debutto di Lena dopo i successi internazionali del duo: difendo i gay, preferisco cantare da sola
Primo cd
● Le t.A.T.u.
(Lena Katina e
Julija Volkova)
debuttano con
il loro primo
disco nel 2001
● Lena Katina
(foto sopra) è
al suo esordio
da solista
N
ell’anno in cui Madonna
stampava le sue labbra su
quelle di Britney Spears agli
Mtv Award, Lena Katina allungò l’eco dello scalpore avvinghiandosi alla sua ex collega,
ma soprattutto ex amica di
t.A.T.u, Julija Volkova. Dopo diversi tira e molla artistici, le
due, per colpa del tema che le
ha rese famose, hanno virato
su emisferi ideologici opposti.
In mezzo sta Vladimir Putin.
Lena sbandiera la solidarietà
alle coppie omosessuali, Julija,
rinnegando le battaglie combattute, dichiara che non accetterebbe in casa suo figlio se
fosse gay. «Il divorzio a suon di
insulti è definitivo. Io non rin-
negherò mai il mio passato,
perché ogni momento della
mia vita ha avuto il suo senso di
bellezza».
Lena Katina canta e balla da
sola. Con «This is who I m», il
Ex Da sinistra,
Lena Katina
(30) e Julija
Volkova (29),
ex componenti
del duo t.A.T.u
suo primo album da single, si
lascia alle spalle la chiacchierata storia (per molti d’amore)
con Julija con cui ha formato a
tutt’oggi il gruppo più celebre
della storia della musica russa.
In bacheca ai tempi della convivenza si sono messe 25 dischi
d’oro o platino.
Lena è cresciuta ben più dei
suoi 30 anni. Si è sposata con il
rockettaro sloveno Sasha Kuzma, si è trasferita a Los Angeles, ha fondato una casa discografica con cui si è prodotta il
disco e si è rifatta l’immagine:
più donna (chic) e meno adolescente trasgressiva. Più in linea
con la sua gioventù, quando
iniziò a fare musica sedendosi
al piano mentre nella sua Mosca studiava psicologia. «Oggi
mi lascio ispirare dalla diversità della gente che incontro: mi
riempie il cuore quando qualcuno mi dice che la mia musica
li ha aiutati a raddrizzare la vita. Tengo ancora una scatola
con le lettere più belle». Per lei
sono cambiate anche le prospettive. «Voglio fare musica,
Il passato
«Ormai la separazione
a suon di insulti
è definitiva. Non
rinnegherò il passato»
prossimo James Bond diretto
da Sam Mendes, ma dice: «Non
ho ancora firmato il contratto.
Si vedrà. Di sicuro Mendes è un
autore che apprezzo molto.
Continuerò, quando e se accadrà, la mia carriera pulp tra crimini e avventure di ogni sorta».
Aggiunge: «Amo il mondo
dello spettacolo, ho diretto da
regista anche opere, l’ultima è
stata Il cavaliere della rosa di
Richard Strauss. Il sogno proibito? Dopo il Covent Garden
vorrei arrivare alla Scala».
Waltz non intende affatto rinunciare a una carriera europea nonostante le offerte di
Hollywood: «Non sminuisco
un film o una pièce perché sono comici o brillanti: come in
teatro devi sempre caratterizzare con tutto te stesso un ruolo, grande o piccolo. Sì, lavoro
molto, ma sono capace di rilassarmi e ho una tecnica semplice per ricaricarmi. Mi tonifico
con un Martini dry. Lo so, sembra una battuta da 007 degna di
Sean Connery. Potrei metterla
nel film di Mendes, se tutto andrà in porto».
Giovanna Grassi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ma soprattutto avere due bambini» racconta.
Ama la ginnastica e il pattinaggio artistico, va a cavallo e
legge solo romanzi d’amore.
Lena cambia vita nel momento
in cui il pop femminile si sveste
come neanche ai suoi esordi.
«Non giudico chi come Miley
Cyrus vende un’immagine volgare, per un certo genere di videoclip è l’unica cosa che puoi
fare». Sfogliando la margherita
dei suoi gusti musicali (femminili), Lena ha le idee chiare:
«Amo Katy Perry e Pink. Ma sono cresciuta grazie alle canzoni
dei Roxette, dei Duran Duran,
anche di Eros Ramazzotti».
Senza Julija si sentirà sola sul
palco? «Proverò a convincere i
Depeche Mode a fare un concerto insieme, i miei idoli di
quando ero bambina».
Stefano Landi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
Il concerto
Zubin Mehta ospite
A Bologna
protesta dei sindacati
SPETTACOLI
Ancora polemiche sul concerto che sarà diretto da Zubin Mehta
(foto) l’11 dicembre al PalaDozza di Bologna con l’orchestra del
Maggio musicale fiorentino. Schierati contro l’evento, i sindacati del
Comunale di Bologna: «Sono mesi che il Teatro fatica a pagare gli
stipendi, nonostante i lavoratori si siano ridotti i salari del 15%
partecipando al progetto di ristrutturazione. Per questo concerto i
soldi si trovano». Spiegano gli organizzatori: «L’intera nostra
programmazione artistica dei Grandi interpreti, nella quale
includiamo anche il concerto di Zubin Mehta costa poco più di 300
mila euro».
Nuovi ciak
Roberts e Clooney star nel film di Jodie Foster
Dopo Confessioni di una mente pericolosa (2002), Ocean’s Eleven
(2001) e Ocean’s Twelve (2004), Julia Roberts e George Clooney
tornano a lavorare insieme. Secondo The Hollywood Reporter e
Variety, l’ex Pretty woman sarebbe in trattativa per un ruolo in Money
Monster, il thriller diretto da Jodie Foster le cui riprese inizieranno in
aprile 2015. Nella pellicola Clooney interpreta una star della tv, nota
per essere anche un guru di Wall Street, preso in ostaggio nel bel
mezzo di un «live show» da un uomo che ha perso tutti i suoi averi.
«La nostra comicità corre sul web»
Il Terzo Segreto di Satira: uniti dalla politica. La serie «Se fossi Renzi» su Corriere.it
Si sono conosciuti alle
Scuole civiche di Milano, a uno
di quei corsi di regia che frequenti «perché sogni, un giorno, di fare cinema d’autore».
Ma molto presto, Pietro Belfiore, Davide Rossi, Andrea Mazzarella, Davide Bonacina e Andrea Fadenti si sono accorti di
avere gli stessi gusti in tema di
comicità e di politica: «Abbiamo sempre votato a sinistra,
ma mai Pd. E nemmeno Grillo», raccontano in quello che
oggi è diventato il loro ufficio,
l’ufficio del Terzo Segreto di Satira. «Di solito votiamo partiti
appena nati e che, in genere,
muoiono subito dopo le elezioni: amiamo la nicchia» spiegano ora che alla nicchia, almeno
per quanto riguarda il loro lavoro, hanno detto addio.
I loro video di satira politica
sono diventati un fenomeno.
Partiti come risposta alla «frustrazione che viene quando
inizi a lavorare nel settore audio video e realizzi contenuti
per necessità», i filmati di questi ragazzi nati tutti tra il 1983 e
il 1988 hanno fatto registrare
numeri importanti sul loro canale YouTube. Li ha notati la tv.
Per primo, Report: «Ci ha chia-
Insieme
Il Terzo Segreto
di Satira.
Da sinistra gli
autori di video
e testi
di politica:
Davide
Bonacina,
Davide Rossi,
Andrea
Fadenti,
Andrea
Mazzarella e
Pietro Belfiore
MILANO
Il gruppo
● Il Terzo
Segreto di
Satira è un
gruppo di
cinque ragazzi,
nati tra l’83 e
l’88, che dal
2009 pubblica
video di satira
politica su un
canale
YouTube
● I numeri sul
web hanno
incuriosito la tv:
«Report» ha
per primo
mandato in
onda i loro
video che ora
sono un
appuntamento
fisso di «Piazza
pulita», su La7
mati una giornalista. Per sei
mesi non abbiamo più saputo
nulla, finché una mattina suona il telefono. Eravamo in trasferta a Roma. Rispondiamo
con la voce ancora impastata e
sentiamo: pronto, sono Milena
Gabanelli. Allora, idee?». Da
quel momento è stato come
avere «un certificato di qualità:
di colpo avevamo una levatura
che non meritavamo». E sono
arrivate altre proposte, tra cui
quella di Corrado Formigli:
«Anche lui ha chiamato di persona: ci ha proposto una collaborazione». I video del Terzo
Segreto di Satira sono diventati
un appuntamento fisso di
Piazza pulita, un po’ quello
che Crozza è stato per Ballarò e
continua ad essere per Floris.
La passione è diventata un
lavoro: anche su Corriere.it è
33
partita una serie con la loro firma, Se fossi Renzi (le nuove
puntate vanno online lunedì e
giovedì), in cui si propongono
soluzioni paradossali per migliorare le sorti dell’Italia.
«Siamo partiti autoproducendoci e vogliamo farlo ancora. Era difficile immaginare
che potesse diventare un lavoro
vero». È successo. E sono arrivati anche i fan illustri: Staino,
Su Corriere.it
Il Terzo Segreto di
Satira firma su
«Corriere.it» la
serie dal titolo «Se
fossi Renzi»:
i nuovi episodi
vanno online
il lunedì e il giovedì
Scamarcio, Argentero e Serena
Dandini. Ogni video li coinvolge alla pari: dalla scrittura al
montaggio. Alla scelta degli attori: «Ridono perché, nonostante anni di teatro, la gente li
riconosce per i nostri video».
All’inizio era solo la passione
a muoverli: «Non c’erano compensi. Offrivamo loro solo il
pranzo e si portavano da casa i
vestiti per cambiarsi». Nessuno
tra gli autori compare in video
(«eccetto qualche spalla, o nuca, ma più per mancanza di
comparse»), tranne Davide Bonancina: «Faccio dei cammei,
tipo Orson Welles» ridono lui e
gli altri. Il metodo funziona: i
video di Piazza pulita vanno
benissimo e Formigli vorrebbe
rinnovare loro il contratto: «Ma
dobbiamo avere delle idee
buone...». Di solito arrivano da
discussioni tra loro: «Non siamo sempre popolari. L’altro
giorno Pietro ci ha telefonato
gasatissimo, dicendo: oh, c’è
Fitto, l’ho visto in strada, c’è Fitto! E noi: dove? Corriamo...
Quanti 30 enni si esalterebbero
per aver visto Fitto? Che poi era
un sosia...». Progetti per il futuro? «Ci piacerebbe una serie
tv. O con un film, alla Boris,
sulle burocrazie e le mafiette
italiane. E con i nostri attori: se
abbiamo fatto tre cose buone
lo dobbiamo anche a loro».
Chiara Maffioletti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
34
Eventi
La guida
Quattro giornate
per conoscere
le culle del futuro
Il programma della Bic Week in Trentino parte
domani, lunedì 17 novembre, con l’apertura del Bic
di Mezzolombardo e i convegni «Nuovi ritrovati in
campo agroalimentare per l’avvio di startup
innovative», «I Bic per lo sviluppo aziendale» e «Le
opportunità dei nuovi mercati per le imprese
trentine». Martedì tocca a Pergine Valsugana dove
si parlerà di «Materiali e Product Design»,
«Tecnologie di prototipazione per l’artigiano
digitale» e di «Piano industriale e comunicare i
valori aziendali». Il 19 a Borgo Valsugana si parlerà
degli strumenti offerti dai programmi europei
nell’approfondimento «Piccole e medie imprese
in Horizon 2020, opportunità di finanziamento e
regole di partecipazione». A chiudere la Bic Week
sarà il Polo Tecnologico di Rovereto, giovedì 20,
con «Bic Match» e «Bic Design». Nella hall di
Tentino Sviluppo, invece, spazio al «Bic Village»
con hub ed acceleratori d’impresa. Tutti i dettagli
su www.trentinosviluppo.it (Lu. Barb.)
L’appuntamento Da domani la Bic Week, quattro giorni per
scoprire i poli tecnologici di Pergine, Mezzolombardo, Borgo
Valsugana e Rovereto che compiono dieci anni. Ecco perché la
via dell’innovazione ha successo in una dimensione collettiva
RISERVA
L’
DI SCIENZA
di Luca Barbieri
idea di Gian Pietro Fedrigoni, ingegnere aeronautico di Verona laureatosi al Politecnico di Torino, è
di utilizzare droni dotati di sofisticate fotocamere multispettrali per controllare dall’alto
meleti e vigneti. «Misureremo
le radiazioni emesse dai cloroplasti delle piante — spiega —.
Poi, rielaborando i fotogrammi, sarà possibile fare una
mappatura dell’indice di vigore
delle piante». E sulla base di
questo decidere quando dare il
via alla raccolta.
Agricoltura di precisione, la
chiamano: in tre minuti si riesce a controllare un ettaro di
coltivazione. Per dar vita alla
sua impresa, la Cyberfed, Fedrigoni ha scelto il Polo Tecnologico di Rovereto, uno dei sette Business Innovation Centre
(Bic) di Trentino Sviluppo. I Bic
trentini, spazi flessibili dedicati a uffici e produzione con servizi in comune, ospitano 113
aziende e quasi 600 lavoratori
in 90mila metri quadri. «Sono
solo uno — ricorda l’assessore
al lavoro Alessandro Olivi — fra
i vari strumenti che il Trentino
ha messo a punto per favorire
lo sviluppo di nuova impresa
sul proprio territorio».
Riunite, le aziende ospitate
dai Bic sono la sesta azienda
del territorio: dalle applicazioni laser alle biotecnologie, dai
droni di Fedrigoni ai motori
elettrici di ultima generazione
fino alla telemedicina e ai sistemi di cogenerazione ad alta efficienza. Per festeggiare il decennale della loro fondazione
(17-20 novembre) i Bic aprono
le porte ai cittadini e alle aziende che ancora non li conoscono. È la Bic Week, quattro giorni di appuntamenti per cono-
Il personaggio
di Edoardo Segantini
L
DAI DRONI ALLE BIOTECNOLOGIE
GLI INCUBATORI D’IMPRESA
LANCIANO IL TRENTINO NEL FUTURO
scere quattro incubatori d’impresa: il programma (elenco
completo su www.trentinosviluppo.it) parte lunedì 17 novembre con l’apertura del Bic di
Mezzolombardo e si chiude
giovedì 20 al Polo tecnologico
di Rovereto con l’incontro «Design per l’innovazione in Trentino». Un programma all’insegna dell’innovazione e dell’ambiente, tanto che per partecipare alla giornata di matching del
20 novembre, sul sito di Trentino Sviluppo si può prenotare il
sistema di carpooling messo a
punto da un’azienda insediata
nel Bic. «Il Trentino — spiega il
Movimento
Un dipendente
al lavoro alla
Ducati Energia.
A Rovereto
l’azienda ha
un centro
di ricerca sui
sistemi di
trazione
alternativa.
Conta 20
dipendenti
(Foto: Claudio
Rensi)
I nuovi arrivi
Tutto cominciò con il dramma della
chiusura del cotonificio Pirelli.
Ora partono due centri tematici
destinati a meccatronica e cleantech
La figura di Kessler è invece legata a tre opere
fondamentali: l’Istituto trentino di Cultura (da
cui nasceranno l’attuale Fondazione e l’Università, con la celebre facoltà di Sociologia); lo Statuto della Provincia autonoma; e il Piano urbanistico provinciale, primo piano regolatore di una
città italiana.
«Una grande operazione di pedagogia collettiva», definirà quest’ultimo, nella sua splendida
orazione funebre del 1991, Beniamino Andreatta, che gli fu amico. E Filippo Andreatta, 46 anni,
figlio dello statista democristiano e direttore del
centro studi di politica internazionale Cespic,
mette a fuoco così l’attualità del personaggio:
«Un uomo di visione, intelligenza e determinazione che credeva nella diffusione della cultura
come strumento di riscatto sociale. Vissuto in
una terra povera e dilaniata da un conflitto etnico che avrebbe potuto fare del Trentino-Alto
Esempio di buona politica
Bruno Kessler è stato il padre
dell’Istituto Trentino di cultura, dello
statuto della provincia autonoma e
del primo piano regolatore italiano
113
Le aziende
ospitate nei Bic
(Business
Innovation
Centre) trentini
600
Il numero
di persone
a cui questi
«incubatori»
regionali
danno lavoro
45
I brevetti
che sono
scaturiti
dall’attività di
ricerca nei Bic:
26 italiani e 19
internazionali
32
La percentuale
di aziende
impegnate
nelle attività
«green»
nei Bic trentini
7
anni: il tempo
medio di
permanenza
delle aziende
dentro gli
incubatori
d’impresa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il figlio del portatore alpino
stratega di sviluppo e ricchezza
a Fondazione Bruno Kessler di Trento ha
una caratteristica unica in Italia e molto
rara in Europa: è un centro di eccellenza
internazionale sia in campo scientifico
che nelle scienze umane. Un luogo in cui gli studi sull’intelligenza artificiale e sui nuovi materiali vivono fianco a fianco con la ricerca storica
sulle relazioni italo-germaniche e sulle religioni.
Istituzione tanto più inusuale in quanto nata in
una piccola città. In una terra che dei problemi
della convivenza è stata laboratorio e simbolo
drammatico nella stagione cupa degli attentati
in Alto Adige, a partire dalla metà degli anni Cinquanta.
Il prestigio della Fbk è collegato all’uomo cui è
stata intitolata: Bruno Kessler. Nato nel 1924 in
un paesino della Val di Sole e morto a Trento nel
1991, a 67 anni, figlio di un portatore alpino, avvocato e presidente della Provincia autonoma
per 14 anni, poi parlamentare dc e sottosegretario all’Interno con Francesco Cossiga, ha dato un
importante contributo di innovazione, benessere e cultura a una regione che veniva dalla povertà. Kessler è il contrario della categoria della casta (molti privilegi, nessuna idea). Di più. Oggi,
parlando dei politici, si danno giudizi basati più
sull’impressione mediatica che sul loro operato.
presidente della Provincia autonoma di Trento, Ugo Rossi —
punta molto sulla ricerca, sul
capitale umano, su azioni mirate per la nascita di startup.
Nella finanziaria 2015 abbiamo
deciso di usare in maniera davvero incisiva la leva fiscale, in
particolare sull’Irap: se l’impatto degli sgravi previsti dalla
manovra del Governo sulle imprese trentine è stimato in circa 40 milioni di euro, noi lo abbiamo quadruplicato, portandolo a 160 milioni. È una strada
obbligata: sappiamo di dover
scommettere sulla crescita, vogliamo essere più competitivi e
più aperti verso l’esterno».
E i Bic costituiscono proprio
il primo punto di entrata nel sistema per le giovani imprese.
«Il primo Business Innovation
Centre — ricorda il presidente
di Trentino Sviluppo Flavio Tosi — nacque a Rovereto sulle
ceneri del Cotonificio Pirelli, a
metà anni Ottanta, quando il
termine startup non era ancora
di moda. Ma è il 2004, quando
le aziende necessitavano di
spazi per allargarsi, l’anno in
cui la rete degli incubatori
d’impresa trentini si allarga.
Ora la Bic week, in una stagione di grandi cambiamenti, è
per noi l’occasione di confrontarci con il territorio sulle strategie di sviluppo: la sfida deve
essere quella di riuscire a dare
una specializzazione a tutti gli
incubatori e creare dei distretti
che aiutino le aziende, soprattutto le piccole, nel processo di
internazionalizzazione dei
mercati, specializzando i servizi offerti. Il nostro obiettivo è
quello di aiutare sempre più
giovani e, potrà sembrare singolare, aumentare il numero di
aziende che escono dai Bic. Solo quando l’impresa cresce tanto da non aver più bisogno di
noi, abbiamo la certezza di aver
lavorato bene».
Ricerca Lavoro alla Fondazione Kessler (Foto: Toniolo Errebi)
Adige un’altra Irlanda del Nord. Lavorò per l’autonomia, che portò ricchezza e ridusse le tensioni tra i due ceppi. Ma si battè perché le risorse
finanziarie andassero alla ricerca scientifica e all’innovazione e non generassero una deriva assistenzialistica».
Vitale, simpatico, con il «senso della gente»,
direbbero gli spagnoli, Kessler riusciva a stabilire un dialogo con gli abitanti delle valli, giocando alla morra in osteria, così come con i grandi
personaggi dell’economia, della politica e della
Pioniere
Bruno Kessler
(1924-1991)
fondò il
primo nucleo
dell’ateneo
di Trento
cultura come Guido Carli, con cui discuteva del
futuro euro, con Paolo Baffi, che ammirava e con
Norberto Bobbio, che lo aiutò a impostare la facoltà di Sociologia.
Profondamente europeo, della generazione
degli Helmut Kohl, oggi, secondo Filippo Andreatta, «sarebbe contro i risorgenti localismi e
contro la stessa idea di un’Europa arida e soltanto contabile». Dice Giulio Sapelli, 67 anni, storico ed economista che, come direttore dell’Istituto Gramsci di Torino, lo conobbe negli anni Settanta durante le riunioni degli istituti europei di
scienze sociali a Linz, in Austria: «Bruno Kessler
ha interpretato al meglio il senso di un cristianesimo sociale di cui s’è persa traccia. L’Europa di
oggi, fatta più di burocrazie che di nazioni, non
gli sarebbe piaciuta».
Quello che importa, in conclusione, è il filo
rosso che corre tra Kessler e gli incubatori tecnologici, tra l’amministratore lungimirante di ieri e
le innovazioni di oggi. Alla base delle aree avanzate del mondo, Silicon Valley compresa, ci sono
alcune note condizioni di sviluppo: tra queste,
meno nota, c’è la buona politica.
[email protected]
twitter@SegantiniE
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Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
La mostra
Scoprire l’Universo
al Muse di Trento
in attesa di Samantha
EVENTI
L’attesa per l’avventura di Samantha Cristoforetti,
la prima astronauta italiana, originaria di Malè, che
a giorni raggiungerà la stazione orbitante, contagia
il territorio. Merito anche della nuova mostra che il
Muse, il museo della scienza di Trento, dedica fino
al 14 giugno ai segreti dell’Universo e che è stata
inaugurata pochi giorni prima dell’atterraggio di
Philae sulla cometa P-67. «Oltre il limite» (fino al
fino al 15 giugno) in collaborazione con l’Istituto
nazionale di fisica nucleare, è divisa in 4 aree che
corrispondono ai campi in cui si è sviluppata la
ricerca all’interno della fisica fondamentale:
spazio-tempo, materia ed energia, universo
invisibile e le origini dell’universo. «Questa
esposizione racconta i limiti della conoscenza
attuale, perché la ricerca ha proprio l’obiettivo di
scavalcare questi confini, quali che siano, partendo
da ciò che si conosce», ha detto all’inaugurazione
Roberto Battiston, l’attuale presidente
dell’Agenzia Spaziale Italiana (Lu. Barb.)
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l’«app»
Eventi
35
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fotografiche e la mappa
degli appuntamenti più
importanti in Italia.
È disponibile sull’App Store
di Apple la nuova
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È gratis per 7 giorni.
Eventi
Il museo
La tecnologia nata
dalle astuzie animali
di Giovanni Caprara
L
a natura spesso propone a
tecnologi e scienziati
suggerimenti preziosi per
realizzare innovazioni utili. Ma
pure curiose suggestioni, come
lo scheletro di dinosauro della
foto di Matteo De Stefano
ripreso al Muse di Trento che
ricorda il braccio robotizzato di
una fabbrica automatica se non
addirittura quello installato
sulla stazione spaziale intorno
alla Terra. Ma chi visita il
museo trentino scopre tante
idee accese dall’osservazione
degli animali o delle piante che
prima dell’uomo hanno dovuto
affrontare la lotta della
sopravvivenza. Le vediamo
tradotte nel profili
aerodinamici di un treno, nella
tuta senza attrito di un
nuotatore o nel disegno di un
aereo. Frutti dell’intelligenza
umana che generando
innovazione favoriscono la
nascita di nuove produzioni
aiutando e garantendo lo
sviluppo dell’economia.
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● Il commento
Il senso della cultura
che ora è da difendere
di Enrico Franco
I
l Trentino, forse per via delle sue radici
austroungariche, ha sempre creduto
nella forza della cultura. Negli ultimi
decenni, però, è maturata la consapevolezza
che questo impegno è un formidabile
strumento per rendere più competitivo il
sistema locale. Lo si vede perfino nel
marketing turistico dove, oltre alle bellezze
naturali, vengono esaltati musei, castelli e
rassegne raffinate. Volendo fissare un punto
di svolta (per quanto simili operazioni siano
arbitrarie) si potrebbe tornare agli anni 80,
quando la chiusura di importanti industrie
portò a valorizzare il campo della ricerca e
perfino a lanciare progetti coraggiosi. A
Rovereto, salutate tra le altre le fabbriche di
Grundig e Pirelli, si decise di onorare la fama
di «Atene del Trentino» investendo sulla
realizzazione di un grande museo: visti i
successi del Mart disegnato da Mario Botta,
la scommessa può dirsi vinta. E anche il
capoluogo, dopo, si regalò una cattedrale
laica: il Muse, il museo della scienza
progettato da Renzo Piano. Strana terra, il
Trentino. Pervaso da istinti di chiusura
come spesso accade nelle realtà montane,
fiero della propria autonomia, ha tuttavia
sempre aperto le porte alle migliori
intelligenze, fin da quando si decise di
fondare l’Istituto trentino di cultura e
l’università. Così oggi qui troviamo centri di
ricerca di multinazionali (da Microsoft alla
Fiat) e scienziati di tutto il mondo scelgono
di trasferirsi all’ombra delle Dolomiti,
portandosi dietro finanziamenti milionari.
Trento è uno dei nodi dell’Istituto europeo di
innovazione e tecnologia, il consorzio creato
dalla Ue per sostenere il trasferimento
tecnologico: l’unico italiano e l’unico a non
essere ospitato da una capitale. Con il
cambio della guardia alla Provincia e con la
crisi, oggi c’è il rischio di un’infausta marcia
indietro. L’allarme è giustificato dal modo
con cui si sono affrontati e si affrontano gli
avvicendamenti al vertice di importanti
istituzioni sia della ricerca sia dei musei.
Purtroppo occorre molto tempo per
costruire, poco per distruggere. Una
maggiore consapevolezza è auspicabile.
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La storia
di Alessandro Papayannidis
I
n Russia servono a proteggere le pipeline dal gelo, in
Arabia Saudita a estrarre
petrolio pulito. In India e
Cina, soppianteranno il carbone coi suoi fumi ammorbanti.
E negli Stati Uniti scongiureranno i blackout dovuti agli
uragani.
Sono moltissime le applicazioni delle celle a combustibile
a ossidi solidi; appena sette al
mondo, invece, le aziende produttrici. Tre in Europa, una in
Italia. Dal piccolo Bic di Mezzolombardo, a nord di Trento, la
Sofcpower guarda il pianeta
come un medico che ha in borsa la pillola per regolare la febbre del paziente. Sette anni fa
era un’idea, ora comincia la
produzione in serie delle caldaie a cogenerazione: calore ed
elettricità da micro-impianti al
servizio di una palazzina, una
piscina, un ristorante.
«Abbiamo iniziato nel 2007,
prima della crisi. Ma l’abbiamo
attraversata continuando ad
assumere ogni anno», dice orgoglioso Alberto Ravagni, ceo
della società. Dopo la laurea in
Ingegneria a Trento, nel 1991,
comincia a girare il mondo nel
settore automotive: Germania,
Usa e Svizzera, dove trova moglie e si ferma. L’incontro che
gli cambia la vita professionale,
invece, lo fa nel 2006 in un altro
Bic trentino, a Pergine.
Qui un imprenditore di Parma, Nelso Antolotti, si è appena trasferito perché produrre
turbine non lo appaga: vuole
realizzare le turbine del futuro
e fonda la Eurocoating, attirato
dagli incentivi alla ricerca della
Provincia autonoma. Ravagni e
Antolotti si consultano con il
fisico Fabio Ferrari, ex rettore
dell’ateneo di Trento, che li aiuta a disegnare la loro scommes-
Nasce qui la cella a combustibile
che salverà la Cina dallo smog
sa. Nel 2007 fondano la Sofcpower, si insediano nel Bic di
Mezzolombardo e assumono
quattro dipendenti dalla Eurocoating per accelerare lo sviluppo delle celle a combustibile a ossidi solidi, acquisendo
nel frattempo la tecnologia da
uno spin off del Politecnico di
Losanna.
E i soldi? «Abbiamo iniziato
partecipando a un progetto eu-
Efficienza
La Sofcpower, dal Bic
di Mezzolombardo, ha
ideato un generatore
ecologico di calore
Difesa dell’ambiente
Grazie all’assenza
di combustione non
si producono i nocivi
ossidi di azoto e di zolfo
ropeo da otto milioni di euro,
di cui la metà cofinanziati dal
Trentino — spiega Ravagni —
Da allora abbiamo attirato in
tutto 60 milioni di investimenti, soprattutto privati dall’estero. In Italia, purtroppo, manca
questa cultura». Nel 2008 parte
la produzione pilota, con uno
sviluppo costoso e lungo: «Oggi — rimarca il ceo — il team
tra Italia e Svizzera è di 70 persone».
Le celle a combustibile a ossidi solidi sono generatori di
calore ed elettricità. «Caldaie
che producono anche corrente
— semplifica Ravagni — e
hanno un’efficienza del 90%.
Sprecano solo il 10% dell’energia immessa, mentre le caldaie
attuali ne buttano dal 50 al 65%.
Funzionano con carburante
tradizionale: metano, biometano, rifiuti gassificati. Ma anche
con l’idrogeno. La peculiarità è
che non bruciano gas e non
hanno parti in movimento».
L’assenza di combustione
evita la produzione di ossidi di
Identikit
● La
Sofcpower è
nata nel 2007
per iniziativa
di Alberto
Ravagni (ceo, in
basso il primo a
destra, insieme
al suo team) e
Nelso Antolotti
(foto: Rensi)
● L’azienda
lavora sulle
celle a
combustibile a
ossidi solidi.
Nei Bic trentini
il gruppo è
cresciuto e
oggi, tra Italia e
Svizzera, conta
circa settanta
persone. Il
prodotto fa
gola anche alla
Cina e all’India
azoto e di zolfo, che inquinano;
la reazione genera solo acqua e
anidride carbonica, che può essere stoccata e riutilizzata, oppure emessa in atmosfera. «In
tal caso — spiega il ceo — se ne
libera fino al 40% in meno rispetto alla caldaia classica, perché l’altissima efficienza consente di usare meno metano e
risparmiare sulla bolletta. In
India c’è molto interesse: il governo vuole abbassare le emissioni sostituendo l’uso del carbone con la rete a gas; inoltre
molti indiani avranno corrente
per più delle attuali tre ore al
giorno. Anche la Cina intende
aumentare l’efficienza per ridurre lo smog».
Ancora più interessante è
l’utilizzo in Arabia Saudita:
«Una centrale a celle a combustibile vicina ai giacimenti di
petrolio consente di produrre
corrente e riutilizzare la CO2
iniettandola nei pozzi per
mantenerne alta la pressione:
si estrae petrolio senza inquinare, perché l’anidride carbonica non va in atmosfera»,
chiarisce Ravagni. In Russia e
Canada, invece, la cogenerazione è applicata alle pipeline del
gas: il calore prodotto protegge
i tubi dal gelo, la corrente invece attiva le antenne di monitoraggio dei tubi in aree senza
elettricità.
«Negli Usa, infine, ci si sta
affidando al gas perché la rete
elettrica è vulnerabile; in caso
di uragani le centrali a cogenerazione evitano il blackout, soprattutto per i data center»,
spiega.
In Trentino sono già stati
consegnati i primi dispositivi.
«E stiamo pianificando il secondo impianto di produzione», conclude il ceo.
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36
Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
37
●
Risponde Sergio Romano
● Più o meno
HEMINGWAY A PARIGI
LA CONQUISTA DEL RITZ
di Danilo Taino (statistical editor)
Impegni da mantenere:
la mediocrità del G20
LETTERE
AL CORRIERE
DESTINI DIVERSI
Azzariti e Bontempelli
Caro Romano, come spiega i
diversi destini di Gaetano
Azzariti, il quale lavorò alle
leggi fasciste, ma fu poi
riabilitato da Togliatti e, di
Massimo Bontempelli,
emarginato dalla stessa
sinistra solo per aver redatto
un’enciclopedia durante il
ventennio?
Non sarà forse che, al di là del
colore politico, contano le
simpatie dei leader verso i
singoli, anche all’interno degli
stessi partiti?
Mauro Mai, Rieti
Azzariti fu un giurista, noto
soprattutto in ambienti politici
e giuridici, mentre Bontempelli fu scrittore, giornalista, accademico d’Italia, quindi molto
più noto all’intera società italiana. «Emarginato», comunque, non mi sembra la parola
giusta. Fu eletto al Senato nelle
liste del Fronte popolare, ma la
elezione fu invalidata perché
una norma vietava la candidatura, nella prima legislatura repubblicana, di coloro che avevano scritto testi scolastici durante il regime fascista. Questo
non gli impedì, tuttavia, di
continuare a scrivere sull’Unità, quotidiano del Partito comunista italiano.
Approfitto della sua risposta sulla liberazione
di Parigi per chiederle se può confermare
quanto riferisce Fernanda Pivano nelle «note al
testo» a pagina 1.141 del secondo Meridiano
dedicato ad Hemingway a proposito del suo
trionfale ingresso a Parigi nell’agosto 1944.
«Dopo poche ore H., con Bruce e l’autista,
percorse a tutta velocità i Champs-Élysées, e
diede inizio alla celebre saga Hemingwayana
della liberazione dell’Hotel Ritz di Place
Vendôme, di cui egli si considerò padrone
nominale, alla quale seguì la liberazione della
Brasserie Lipp...».
Ha qualcosa da aggiungere o da precisare?
Ennio Dinetto
[email protected]
Le lettere firmate con
nome, cognome e
città, vanno inviate a
«Lettere al Corriere»
Corriere della Sera
via Solferino, 28
20121 Milano
Fax: 02-62827579
@
[email protected]
www.corriere.it
[email protected]
N
La tua
opinione su
sonar.corriere.it
Il nuovo
allenatore
dell’Inter sarà
Roberto
Mancini, al
posto di
Mazzarri.
Condividete il
cambio?
SUL WEB
Risposte
alle 19 di ieri
FALSI OBIETTIVI
Leggi e raggiri
Sì
Può succedere che una legge
ottenga gli effetti opposti a
quelli che si vorrebbero
ottenere. È successo con l’equo
canone che avendo l’obiettivo
di permettere di trovare una
casa in affitto prezzo equo ha
di fatto distrutto il mercato
degli affitti. Chi aveva bisogno
di una casa in affitto non la
trovava. La trovava se faceva
ricorso a quei contratti di
affitto che erano delle vere e
proprie finzioni giuridiche ma
che avevano la sola funzione
di aggirare l’equo canone. È
successo con l’art. 18 che si
prefiggeva di rendere stabili e
Caro Dinetto,
elle sue grandi linee la storia è vera, ma
considerevolmente arricchita con episodi e aneddoti narrati dal protagonista e dai suoi ammiratori. Come altri
scrittori egocentrici prestati al giornalismo,
Hemingway era convinto di essere lui stesso
«notizia» e cedeva spesso alla tentazione d’immaginare trame in cui avrebbe recitato la parte
dell’eroe. Giunto in Francia con la terza Armata
di George Patton, era «embedded», vale a dire
incorporato in una unità militare, e vestiva
l’uniforme senza gradi dei corrispondenti di
guerra. Non appena gli Alleati cominciarono
l’avanzata verso Parigi, annunciò che sarebbe
71%
29%
No
La domanda
di oggi
Il ministro
dell’Interno e
leader di Ncd,
Alfano: famiglia
al centro di una
rivoluzione
fiscale. Siete
d’accordo?
entrato nella capitale tra i primi e che avrebbe
liberato «qualcosa».
Chiese al generale francese Philippe Leclerc
di essere accolto tra le sue file, ma fu rapidamente congedato con freddezza. Decise allora
di agire da solo, alla testa di un’allegra brigata
composta da amici e colleghi che assomigliavano, per il modo in cui erano acconciati e per la
cantina da campo con cui viaggiavano (soprattutto whiskey e champagne), ai bandeirantes
brasiliani fra il Settecento e l’Ottocento. La scelta cadde sul Ritz perché il bar del grande albergo di Place Vendôme era per Hemingway un’anticipazione del paradiso, il luogo in cui aveva
bevuto i suoi migliori Martini e trascorso innumerevoli serate durante gli anni ruggenti evocati in alcuni dei suoi romanzi e racconti.
Quando ne attraversò trionfalmente la soglia, il 25 agosto, il portiere gli disse cortesemente che i tedeschi se n’erano già andati da
parecchie ore e che l’albergo ospitava in quel
momento un piccolo distaccamento di soldati
britannici. Per liberare il Ritz, quindi, occorreva
anzitutto cacciarne gli alleati: un’operazione
che Hemingway realizzò gridando, alla tedesca,
«raus!, raus!». Perlustrò l’albergo dalle cantine,
dove catturò due tedeschi che si erano nascosti
fra botti e bottiglie, al tetto dove i bandeirantes
spararono qualche raffica al cielo abbattendo
una lunga fila di lenzuola che si stavano asciugando al sole d‘agosto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
continuativi i contratti di
lavoro a tempo indeterminato
mentre di fatto ha fatto sparire
il lavoro a tempo
indeterminato (prima dell’art.
18 era la norma), a favore di
fantasiosi contratti di lavoro a
tempo determinato e precari
che hanno come unico scopo
l’aggiramento dell’art. 18.
spagnola, ad esempio, portava
l’ombrellino d’ordinanza. Mi
chiedo quale remora impedisce
di dare in dotazione alle
pattuglie appiedate delle
nostre Forze dell’Ordine un
ombrello per ripararsi dalla
pioggia mentre sono in
servizio.
qualcuno pagherà di più e altri
di meno. Serve l’ennesimo atto
di fede.
Alessandro Prandi
Pietro Volpi
alessandro.prandi51@
gmail.com
Colpa del clima e di una mosca
olearia, la produzione dell’olio
d’oliva italiano è crollata
mediamente del 40% e il
prezzo al chilo ha raggiunto
punte di 4,40 euro al chilo
franco frantoio. Eppure nella
grande distribuzione si
vendono oli extravergini 100%
italiani a un prezzo spesso
inferiore. Come mai, sarà
semplicemente il solito
«specchietto per le allodole»
per attirare più clienti, oppure
l’etichetta nella bottiglia
riporta dei dati sbagliati?
[email protected]
FORZE DELL’ORDINE
Ombrello d’ordinanza
CATASTO
Cambiamento dovuto
A proposito di uomini in
divisa privi di ombrello,
ricordo che al Giubileo dei
militari (a piazza San Pietro
nel 2000) i componenti delle
nostre Forze Armate e dei
Corpi di Polizia rimasero
schierati sotto la pioggia
battente per ben quattro ore.
Non così i militari provenienti
da altri Paesi. La Guardia Civil
È prevista la riforma del
catasto: il valore degli
immobili si calcolerà a metro
quadro e non più sui vani, il
che non fa una grinza, perché
si tratta di porre rimedio a una
situazione carica di
distorsioni. Ciò che preoccupa
è la conseguenza. Il governo
assicura che non è previsto un
aumento degli introiti: allora
Emma Menegon
[email protected]
OLIO ITALIANO
Il mistero dei prezzi
Silvano da Porretta
C
erto, la politica: i summit del G20,
compreso quello in corso a Brisbane,
Australia, hanno un valore politico. Ma
prendono anche decisioni, che poi ogni
Paese deve mettere in pratica. La Munk
School of Global Affairs dell’Università di
Toronto misura, a un anno di distanza, lo
stato di realizzazione delle maggiori
decisioni prese da ogni vertice del G20. Al
summit di San Pietroburgo del settembre
2013, i Venti presero 281 impegni, 16 dei
quali prioritari: è su questi 16 che l’università
canadese ha misurato la percentuale di
realizzazione. In media, il 72% delle
indicazioni è stato messo in pratica. Con
differenze tra Paesi e tra settori.
L’Italia è stata perfettamente nella media:
72%. Non è un gran risultato se si tiene
conto che ci si aspetta che i Paesi del G7
siano all’avanguardia nella conformità tra
impegni e realizzazioni. La Gran Bretagna e
la Germania, per dire, sono all’88%. Gli Stati
Uniti e la Francia all’84%. La media
dell’Unione Europea è 81%. Fanno meglio
anche Australia (81%), India (81%) e
Indonesia (75%). Al fondo della classifica,
Arabia Saudita e Argentina con il 53% (la
Cina è al 59% e la Russia al 72%). Se si
misurano le decisioni realizzate settore per
settore, si nota che al summit di un anno fa
si discusse innanzitutto della creazione di
posti di lavoro, e infatti tutti i Paesi hanno
eseguito il 100% delle indicazioni uscite dal
vertice (anche se finora i risultati non sono
stati brillantissimi). Pessimi invece i
«compiti a casa» per quel che riguarda le
aperture al commercio internazionale (33%),
l’abbassamento delle barriere alle rimesse
degli emigrati (38%) e gli impegni contro i
cambiamenti climatici (40%). L’Italia ha fatto
pochissimo sulle questioni dell’accesso al
credito e sulle facilitazioni al commercio,
poco su tecnologie pulite, mercato del
lavoro, crimine e corruzione, sistema fiscale
e rimesse degli immigrati.
È curioso notare come il G20 ritenuto di
maggior successo, quello di Londra del 2009
in cui si disse che i leader avevano «salvato»
il mondo dagli effetti catastrofici della crisi
finanziaria, sia in realtà uno dei vertici di
minore successo realizzativo, con solo il 62%
delle decisioni messe poi in pratica (l’Italia si
fermò al 50%). Ma se in quel caso decisivo fu
probabilmente il messaggio ai mercati, in
genere è la realizzazione delle decisioni
prese a dare la misura della capacità di
governance globale del G20: lì c’è ancora
molto da fare.
@danilotaino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
[email protected]
INTERVENTI E REPLICHE
Ritardi della giustizia, cause e rimedi
Sul collasso della giustizia Sabino Cassese
(Corriere, 10 novembre) ha ragione quando
scrive di giustizia negata, io direi inesistente,
collocata a uno degli ultimi posti nella classifica
mondiale della giustizia. È il posto che
meritiamo, vista l’incredibile durata dei nostri
processi: giustizia da creare piuttosto che da
riformare. Le cose dette nell’articolo sono note a
tutti, salvo forse ai politici, che comunque non
riescono a trovare il rimedio; dette però da fonti
autorevoli come Cassese e il Corriere può
nascere un filo di speranza. Vorrei aggiungere, da
avvocato penalista di lungo corso, un pensiero,
credo condiviso da gran parte dell’avvocatura
italiana: il problema di fondo sta nella mancata
separazione delle carriere giudici/pm.
In Italia, nel 1988 il rito processuale inquisitorio
è stato sostituito dal processo accusatorio,
derivato dal diritto romano e accolto dalla cultura
e la pratica del mondo anglosassone. E l’articolo
111 della Costituzione qualche anno fa ha
stabilito la terzietà del giudice come fondamento
del giusto processo. Il magistrato può passare da
una funzione giudicante all’altra requirente con
l’osservanza di regole modali e temporali. La
contiguità fra giudici e pm, di carriera, di uffici, di
gerarchie, di segno psicologico, di sensibilità
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giudiziaria, di contatti personali, in un Paese dove
la fase delle indagini è una riserva del pm, è fin
troppo evidente. Il legislatore ha provato a
rimediarvi introducendo garanzie di tipo
verticistico, con una frontiera di reclami che
allunga inevitabilmente la chiusura del processo.
In sostanza, alla carenza della garanzia
orizzontale della parità di accusa e difesa fin
dall’origine del processo si supplisce con una
garanzia verticale di gravami che ritarda i tempi
processuali. Oggi prevale un modello di legalità
che vede l’ascesa e la sovraesposizione del
sistema penale nella vita dello Stato e che ha
avuto una fuga in avanti per la particolarità
dell’ordinamento che mantiene l’unicità di
carriera fra giudici e pm, lasciando un potere di
accusa privo di anticorpi e devitalizzando la
funzione giurisdizionale. Nasce da qui
l’espansione dei famosi «teoremi», frutto del
magistrato «bifronte», che mentre accusa già
vede il giudizio e la sentenza. Nascono così
processi destinati a finire nel nulla, ma con un
intasamento dell’area giudiziaria che non
agevola la speditezza del processo penale. Chi
opera sulle riforme questi problemi dovrebbe
porseli, in modo da dare speranze concrete e
non velleitarie.
Massimo Krogh, [email protected]
EDIZIONI TELETRASMESSE: RCS Produzioni Milano S.p.A. 20060 Pessano con Bornago - Via R. Luxemburg - Tel. 02-95.74.35.85 • RCS Produzioni S.p.A. 00169 Roma Via Ciamarra 351/353 - Tel. 06-68.82.8917 • RCS Produzioni Padova S.p.A. 35100 Padova - Corso Stati Uniti 23 - Tel. 049-87.00.073 • Tipografia SEDIT Servizi Editoriali S.r.l.
70026 Modugno (Ba) - Via delle Orchidee, 1 Z.I. - Tel. 080-58.57.439 • Società Tipografica Siciliana S.p.A. 95030 Catania - Strada 5ª n. 35 - Tel. 095-59.13.03 • L’Unione Sarda
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prov., non acquistabili separati: lun. Corsera + CorrierEconomia del CorMez. € 0,93 + €
0,47; m/m/g/d Corsera + CorMez. € 0,93 + € 0,47; ven. Corsera + Sette + CorMez. € 0,93
+ € 0,50 + € 0,47; sab. Corsera + IoDonna + CorMez. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47. In Veneto,
non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + CorVen. € 0,93 + € 0,47; ven. Corsera +
Sette + CorVen. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47; sab. Corsera + IoDonna + CorVen. € 0,93 + € 0,50
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CorBo € 0,62 + € 0,50 + € 0,78. A Firenze e prov. non acquistabili separati: l/m/m/g/d
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Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
38
Sport
Tweet al veleno
Baresi deve lasciare, la figlia s’infuria
Beppe Baresi (foto) non farà parte dello staff di
Mancini. Così s’è arrabbiata la secondogenita
dell’ex capitano, nerazzurro dal 1977. Regina
Baresi (gioca nell’Inter femminile) aveva accolto
con calore Mancini, poi ieri, saputo della decisione
di Mancini, ha scritto un tweet: «Incredibile come
possa cambiare tutto in un attimo: bentornato un
c...». Il post è stato cancellato subito e sostituito.
Doppio 13
Roberto
Mancini, 50 anni
il prossimo 27
novembre,
ha già allenato
l’Inter dal 2004
al 2008. In
panchina ha
vinto 13 trofei
tra Italia, Turchia
e Inghilterra,
13 sono pure
i trofei
conquistati
da giocatore
(Getty Images)
8 luglio 2004
❞
Sono arrivato
in uno dei più
importanti
club al mondo
15 novembre 2014
❞
Non avrei mai
pensato di
tornare qui,
ma è accaduto
Mancini si fa in 10 per l’Inter
«Tutti devono dare il 200%»
● Il commento
La «sprezzatura»
è il segreto
di uno stile unico
di Matteo Persivale
L
«Non ho la bacchetta magica, qui si deve tornare a vincere con il lavoro»
Pioveva (temporale) l’8
luglio di dieci anni fa, quando
Mancini si era presentato ad
Appiano; pioveva il 15 novembre di un anno fa, il venerdì
dell’insediamento di Thohir alla guida dell’Inter. E diluviava
in questo sabato in cui l’Inter
ha voltato pagina, ancora nel
segno di Mancini, che con la
sua classe, la stessa che aveva
da giocatore, la sua personalità
e il suo equilibrio dialettico ha
occupato la scena in maniera
totale, ma senza forzature, dopo essere stato introdotto dal
ceo interista, Michael Bolingbroke. Ha privilegiato la sintesi
e, dalle sue risposte, sono
emersi i 10 comandamenti che
segneranno la rotta della sua
seconda avventura nerazzurra.
1. Avere entusiasmo «Mi ha
fatto molto piacere l’affetto dei
tifosi, perché mai avrei pensato
di tornare all’Inter. È successo
tutto molto in fretta. Se c’è questo atteggiamento, significa
che è stato fatto qualcosa di
buono e questo è importante.
Le mie sensazioni sono quelle
di dieci anni fa, ma allora ero
giovane ed era la mia prima occasione con un club di questo
livello. L’entusiasmo è alla base
di ogni lavoro. Serve per allenarsi e per giocare, ma tocca a
noi riportare la gente allo stadio e riaccendere la passione».
2. Credere nel progetto
«Quando si è fatto un lavoro
importante, c’è tutto da perdere a tornare. Però mi hanno
chiamato e mi hanno spiegato
il progetto. Io ci credo, altrimenti non avrei accettato».
3. Parlare con la squadra
«Non conosco benissimo i giocatori ed è per questo che voglio capire la situazione, parlando con loro. Quando si cambia allenatore significa che le
MILANO
cose non vanno bene, nonostante un tecnico bravo come
Mazzarri. La squadra ha qualità; poi, come nel 2004, ci vorrà
anche un po’ di fortuna e mettere bene insieme i giocatori».
4. Lavorare «Non ho la bacchetta magica, ma si deve tornare a vincere con il lavoro, per
scrivere un’altra bella storia».
5. Tornare in alto «Ringrazio Thohir; mi ha dato la possibilità di ritornare. Vuole riportare l’Inter ai vertici. Vincere?
Quando si comincia a giocare,
da bambini, si pensa alla vittoria e si lavora non soltanto per
partecipare. Il nostro primo
obiettivo è che i giocatori che ci
sono rendano al 200%».
6. Essere felici «Mi fa molto
piacere aver sentito Moratti e
6+1
i titoli
vinti all’Inter
da Roberto
Mancini.
Sulla panchina
nerazzurra
il tecnico
ha conquistato
2 scudetti
(sul campo),
2 Coppe Italia,
2 Supercoppe
italiane: 6 trofei
più lo scudetto
2006 vinto
a tavolino dopo
lo scandalo
di Calciopoli
sapere che è contento del mio
ritorno. Lo ringrazio per avermi fatto venire all’Inter dieci
anni fa; ora la situazione è diversa, ma lui rimane sempre
una figura importante e se ha
fatto una scelta, è giusto rispettarla al 100% per quanto lui e la
famiglia hanno dato all’Inter».
7. Credere nei giovani «Avere una squadra giovane è uno
stimolo in più, una cosa bellissima e forse uno dei motivi per
i quali ho accettato. Possiamo
lavorare bene e crescere insieme. Kovacic? È giovane, ha bisogno di maturare, ma ha qualità per diventare campione».
8. Durare «L’obiettivo è
quello di costruire una squadra
forte nel tempo, che giochi bene a calcio, ed è una cosa fon-
damentale. L’Inter è un marchio che rappresenta l’Italia nel
mondo, da far tornare presto ai
livelli di pochi anni fa».
9. Sfruttare il passato
«Quando uno lavora all’estero,
fa esperienze straordinarie,
perché conosce campionati e
modi di vivere il calcio molto
diversi. In Premier e in Turchia
ho vissuto anni bellissimi e ho
fatto esperienze straordinarie.
Qui all’Inter sfrutterò quanto
ho imparato in questi anni».
10. Guardare al presente «I
paragoni con Ferguson? Lui è
stato al Manchester United per
27 anni e non bisogna guardare
molto in là. Devo pensare al
presente, il tempo è poco».
Fabio Monti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
226
le panchine
di Roberto
Mancini
in 4 anni di
Inter. La maglia
con il 226
gli è stata
regalata alla
presentazione
dai dirigenti
dell’Inter, ma
con il numero
scomposto:
2+2+6.
La somma dà
10, il numero
del Mancini
giocatore
o stile Mancini, ai
tempi del Manchester
City, affascinava
l’Inghilterra per la sua
orgogliosa italianità: ama
gli abiti su misura (il suo
sarto è a Napoli), ammira
Giorgio Armani, porta il
fazzoletto bianco nel
taschino da anni (al City
bianco con un filo azzurro,
come i colori della
squadra). Ci sono altri
allenatori che hanno stile
nell’abbigliamento:
Guardiola, Villas Boas,
Martinez dell’Everton. Ma a
parte Mourinho con la
cravatta slacciata e i maxiorologi che costano come
un appartamento in centro,
e Simeone con i capelli
ingellatissimi da ballerino
di tango anni Trenta,
nessuno ha il gusto di
Mancini per il particolare
eccentrico esibito con
naturalezza. Quello che
differenzia Mancini dai
colleghi è la dote della
sprezzatura. Termine
coniato dall’umanista
Baldassarre Castiglione nel
500 per definire la sicurezza
in se stessi che porta a far
sembrare facili le cose
difficili. Esempi: il maglione
di cachemire portato sulle
spalle facendolo passare
sotto al colletto della
camicia, e fermandone le
maniche sul petto sotto il
primo bottone della giacca,
allacciato (quando non fa
molto freddo porta anche la
sciarpa a support del
colletto, non sopra). Le
camicie con il colletto
morbido portate aperte
sotto il maglione con scollo
a V come se fossero polo. O
la giacca cerata verde
inglese abbinata alla sciarpa
multicolore per non essere
troppo «antico».
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Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
SPORT
39
Qualificazioni europee: Ibrahimovic non basta alla Svezia, Welbeck guida la rimonta inglese sulla Slovenia
Gruppo A
Così oggi
18: Olanda-Lettonia
20.45: Rep. Ceca-Islanda
20.45: Turchia-Kazakistan
Classifica
Islanda e Rep. Ceca 9;
Olanda 3; Lettonia 2;
Kazakistan e Turchia 1
Gruppo B
Così oggi
18: Belgio-Galles
18: Cipro-Andorra
20.45: Israele-Bosnia
Classifica
Galles 7; Israele 6;
Belgio 4; Cipro 3;
Bosnia 2; Andorra 0
Gruppo C
Così ieri
Lussemburgo-Ucraina 0-3
Macedonia-Slovacchia 0-2
Spagna-Bielorussia
3-0
Classifica
Slovacchia 12; Spagna
e Ucraina 9; Macedonia 3;
Bielorussia e Lussemburgo 1
Gruppo D
Così venerdì
Georgia-Polonia
0-4
Germania-Gibilterra 4-0
Scozia-Irlanda
1-0
Classifica
Polonia 10; Irlanda,
Germania e Scozia 7;
Georgia 3; Gibilterra 0
Gruppo E
Così ieri
Inghilterra-Slovenia
3-1
San Marino-Estonia 0-0
Svizzera-Lituania
4-0
Classifica
Inghilterra 12; Slovenia
e Lituania 6; Svizzera 6;
Estonia 4; San Marino 1
Gruppo F
Così venerdì
Grecia-Far Oer
0-1
Ungheria-Finlandia
1-0
Romania-Nord Irlanda 2-0
Classifica
Romania 10; N. Irlanda 9;
Ungheria 7; Finlandia 4;
Far Oer 3; Grecia 1
Gruppo G
Così ieri
Austria-Russia
1-0
Moldavia-Liechtenstein 0-1
Montenegro-Svezia
1-1
Classifica
Austria 10; Svezia 6;
Russia e Montenegro 5;
Liechtenstein 4; Moldavia 1
Gruppo H
Così oggi
18: Azerbaigian-Norvegia
20.45: Bulgaria-Malta
20.45: ITALIA-Croazia
Classifica
Croazia e ITALIA 9;
Norvegia 6; Bulgaria 3;
Malta e Azerbaigian 0
Gruppo I
Così venerdì
Portogallo-Armenia
1-0
Serbia-Danimarca
1-3
Classifica
Danimarca* 7; Portogallo 6;
Albania** 4; Serbia**
e Armenia 1. *una partita
in più; **una in meno
Oggi Italia-Croazia Avversari con più tecnica e gli stessi punti nel girone, azzurri in emergenza
Il c.t.: «Saremo all’altezza, voglio una grande prestazione». A San Siro 70 mila persone, ma è allarme meteo
Conte e la sfida più difficile
Iniziativa
● La Nazionale
si schiera al
fianco di Airc
(Associazione
italiana per la
ricerca sul
cancro) in
occasione dei
Giorni per la
ricerca
● Il mondo del
calcio anche
quest’anno
scende in
campo con
l’iniziativa «Un
Gol per la
Ricerca». Dopo
la serie A,
nell’11ª
giornata, è la
volta della
Nazionale
● In occasione
della partita di
oggi con la
Croazia,
Marchisio e El
Shaarawy
(foto), gli
ambasciatori
Airc e gli altri
azzurri
invitano
i tifosi a
donare per
rendere il
cancro sempre
più curabile
MILANO In attesa dell’incrocio
tra Filippo Inzaghi e Roberto
Mancini, che tra una settimana
riaccenderà l’orgoglio milanese nel derby, San Siro si illumina per il vecchio nemico Antonio Conte, ieri allenatore della
Juve e ora uno di noi. Stasera,
pioggia permettendo, si gioca
Italia-Croazia, la partita al tempo stesso più affascinante e inquietante del girone europeo,
il vero banco di prova per la Nazionale dopo il disastro brasiliano e la successiva rapida risalita, frutto di quattro vittorie
in altrettante partite.
«Sono curioso di vedere co-
sarà ancora più difficile. L’Italia, già piegata dall’invasione
straniera, è falcidiata da infortuni e squalifiche. Senza Bonucci, Pirlo e Giuseppe Rossi
manca l’interprete migliore in
ciascun reparto, ma i confini
dell’emergenza si sono allargati giorno dopo giorno.
Ieri, prima del viaggio a Milano, abbiamo perso Ogbonna
e Balotelli. E se l’assenza di Mario, ormai relegato a giocatore
ordinario, non complica i piani
di Conte che tanto non lo
avrebbe fatto giocare, quella
del difensore juventino costringe il c.t. all’annunciata ri-
Milano, ore 20.45
Italia
Croazia
3-5-2
4-2-3-1
23 Subasic
1 Buffon
11 Srna
20 Darmian
5 Corluka
13 Ranocchia
21 Vida
3 Chiellini
3 Pranijc
2 De Sciglio
10 Modric
6 Candreva
14 Brozovic
16 De Rossi
4 Perisic
8 Marchisio
23 Pasqual
7 Rakitic
18 Olic
7 Zaza
17 Mandzukic
9 Immobile
Arbitro: Kuipers (Olanda)
Tv ore 20.45, Raiuno
Capitan Buffon
«Son curioso di vedere
come va a finire
L’Italia deve dimostrare
che esiste ancora»
me andrà a finire, loro sono
due gradini sopra la Norvegia.
L’Italia deve rispondere alla sua
storia e convincere tutti noi che
esiste ancora», si interroga il
capitano Buffon.
Conte stasera può vincere la
quinta partita di fila e centrare
un record che non vale niente,
ma fa gonfiare il petto: soltanto
Edmondo Fabbri e Azeglio Vicini ci sono riusciti prima di
lui. Ma, ne siamo certi, la possibilità di entrare nella storia per
questo traguardo parziale non
infervora più di tanto il tecnico
azzurro. A preoccuparlo, e a stimolarlo al tempo stesso, è la
valenza dell’umido incrocio
milanese. Perché la Croazia in
questo momento ha valori tecnici superiori ai nostri, gli stessi punti nel girone (con la difesa imbattuta) ed è appena tre
posizioni indietro (14 contro 11)
nel ranking Fifa. Inoltre, non
riusciamo a metterla sotto da
72 anni, storia vecchia, vecchissima, dopodiché solo amarezze, sconfitte buie e pareggi affannosi. E stasera, se possibile,
Coppia Immobile e Zaza, punte anti Croazia; alle loro spalle Conte (Getty Images)
Kovac e i croati specialisti in colpacci
«Ma a noi basta fare un punto...»
«Per quel che ho visto però non si può giocare: è pallanuoto»
Il c.t.
● Niko Kovac
è c.t. dal 16
ottobre 2013:
al Mondiale
la Croazia
è uscita
al primo turno
MILANO Niko Kovac potrebbe in-
terpretare il prossimo cattivo di
007, con quel sorriso diabolico
di chi ti può mettere l’oliva avvelenata nel cocktail.
L’Italia scarseggia di agenti
speciali, non batte la Croazia
dal 1942 e dal 1996 ha perso sia
in amichevole (2-1 a Palermo e
2-0 a Livorno) che al Mondiale
2002, grazie ai gol di Rapaic e
di Olic — oggi alla 100ª presenza —, ma non solo a quelli: «Mi
ricordo benissimo la partita in
Giappone — sogghigna Kovac
— perché Trapattoni, che è stato il mio allenatore al Salisburgo, era arrabbiatissimo per i
due gol annullati agli azzurri
per fuorigioco...».
La Croazia, mai battuta in un
incontro ufficiale, ci ha fatto
soffrire anche all’Europeo polacco (1-1 gol di Pirlo e Mandzukic) ma al Mondiale brasiliano è uscita come l’Italia al
primo turno, eliminata dal
Messico. Kovac, che il 16 ottobre 2013 fu chiamato come c.t.
di salvezza nazionale per vincere il play off contro l’Islanda, ha
prolungato il contratto, ha
messo in tasca il prestigioso riconoscimento di «allenatore
più bello del Mondiale» ed è ripartito con una squadra imprevedibile per definizione, ma
ben attrezzata dal punto di vi-
sta tecnico: «Non so quanti talenti giovani ci sono in Italia —
argomenta il c.t. croato — ma
so che i nostri sono molto promettenti. Noi favoriti? Non direi proprio — abbozza — perché nessuna squadra può partire favorita con l’Italia a San Siro. Cercheremo di conquistare
un punto, per noi sarebbe l’ideale, perché affrontiamo una
squadra che ha voglia di riscatto e in cui si vede già la mano di
Antonio Conte. Ma sappiamo
che sarà difficilissimo».
Anche giocare sul campo del
Meazza potrebbe rivelarsi
un’impresa: «Per quello che ho
visto — sottolinea l’ex mediano
visitazione in due reparti. Darmian arretra sul centro destra
della difesa a tre (come contro
Malta), De Sciglio trasloca sulla
corsia destra del centrocampo
a cinque dove a sinistra gioca
Pasqual. De Rossi fa 100 in azzurro da regista basso, Candreva e Marchisio sono gli interni
con licenza di attaccare la profondità, Immobile e Zaza le
punte.
Conte è pronto per la partita
più difficile, contro una Croazia giovane, solida e talentuosa. «Sarà una sfida diversa da
quelle con Azerbaigian e Malta
e sono certo che saremo all’altezza. Vale tanto, vale il primato
del girone, ma non dico che il
risultato viene prima del gioco.
Non bisogna per forza fare tre
punti per essere soddisfatti. Mi
aspetto una grande prestazione. Vogliamo che il Paese sia
orgoglioso di noi». E a De Rossi, che vuole vincere l’Europeo,
Conte consiglia prudenza:
«Facciamo un passo alla volta.
Non dimentichiamoci che veniamo dal fallimento Mondiale
e che la strada verso la gloria è
lunga».
La ricetta per mettere sotto
gli ostici avversari è semplice.
«Ragioniamo e vinciamo da
squadra, senza cercare la giocata del singolo e senza dimenticare la nostra idea di gioco. Soprattutto senza farci irretire dal
loro possesso palla». Conte da
allenatore a Milano ha perso
solo una volta contro il Milan, è
un buon segno. Come l’affluenza del pubblico. Sono previsti
70 mila spettatori (6 mila croati) nonostante la pioggia che
ieri non ha dato respiro e che,
se non dovesse attenuarsi, mette a repentaglio la partita. Anche l’amichevole di martedì sera a Genova contro l’Albania è a
rischio, una decisione sarà presa oggi dal prefetto del capoluogo ligure. Stasera, invece, si
dovrebbe giocare. Luci a San
Siro in attesa del derby.
Alessandro Bocci
Per un’infiammazione
Azzurro Mario Balotelli, 24 anni (Ansa)
4
le vittorie
consecutive
ottenute
da Conte
Se dovesse
battere
la Croazia,
eguaglierebbe
il record
di Edmondo
Fabbri
e Azeglio Vicini
14
la posizione
della Croazia
nel ranking Fifa
(l’Italia è 11ª)
Sono 72 anni
che l’Italia
non batte
la Croazia
L’ultima volta
è accaduto
nel 1942
in amichevole
© RIPRODUZIONE RISERVATA
prima di annullare e poi ripristinare una leggera sgambata
dei suoi allo stadio — sarebbe
come disputare una partita di
pallanuoto. Ma se ci saranno le
condizioni per giocare, saranno le stesse per tutti, quindi
non mi preoccupo».
La Croazia del trio «spagnolo» Modric (Real Madrid),
Rakitic (Barcellona) e Mandzukic (Atletico Madrid) e con
il baby fenomeno Halilovic in
panchina (gioca nel Barcellona
B) non ha ancora subito gol nel
girone, ha segnato 4 gol in più
dell’Italia e ha lo stesso possesso palla (61 per cento a partita)
degli azzurri.
Nemmeno il pubblico a favore le mancherà, per cercare di
fare il colpo: a San Siro, dove
l’allerta non riguarda solo il
meteo, caleranno 6.000 tifosi
croati. E qualcuno di loro nel
prossimo 007 potrebbe fare il
buttafuori.
Paolo Tomaselli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
0
vittorie
dell’Italia
sulla Croazia
in gare ufficiali
La sfida
all’Europeo
in Polonia
si è conclusa
1-1, mentre
gli azzurri
hanno perso al
Mondiale 2002
Balotelli a casa
Il colpo di fulmine
può attendere
MILANO La prima domanda
della vigilia per Antonio Conte
è su Mario Balotelli. E anche la
seconda. Il c.t. si incupisce e
tratta l’argomento con
freddezza chirurgica: «Quello
di Balotelli non è un
risentimento muscolare, ma
un’infiammazione della zona
pubica. Non si è allenato
venerdì e non poteva allenarsi
per la partita con l’Albania.
Dato che è inutile tenere gente
che non può allenarsi, ho
preferito mandarlo a casa. Se
l’ho valutato? Sì, come gli altri
nuovi, Soriano, Bertolacci,
Bonaventura, Rugani». Punto e
a capo. Non si può dire che tra
Balotelli e il nuovo corso
azzurro ci sia stato un colpo di
fulmine. E il c.t. nella prima
conferenza stampa della
settimana a Coverciano — con
Mario come unico argomento
— aveva mostrato già una
certa insofferenza, spiegando
che Balotelli «è come tutti gli
altri». Mario, che non gioca in
Nazionale dal Mondiale, si sarà
reso conto che su di lui non c’è
alcuna preclusione, ma anche
che in questo momento parte
come quinto attaccante.
Quindi il mancato colpo di
fulmine è stato reciproco e fare
diventare virtuoso il circolo
vizioso iniziato col disastro
Mondiale non sarà una
faccenda di pochi giorni. Sul
profilo Instagram del giocatore
del Liverpool i soliti
provocatori da tastiera lo
punzecchiano: «Sei scappato».
«Affaticamento muscolare? Ah
è vero non ti alleni». Quel che
resta attorno a Balotelli in
questa vigilia è una delusione
annacquata e commisurata
alle aspettative, che non erano
certo elevate. Certo, rivederlo
in azzurro nello stadio dove ha
giocato con Milan e Inter
sarebbe stato uno dei temi
della serata. «Mario sta bene al
Liverpool — ha detto Roberto
Mancini nel giorno della sua
investitura nerazzurra —. Ha
una grande occasione e deve
sfruttarla». Per la Nazionale se
ne riparla a primavera,
casomai.
p.tom.
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Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
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Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
SPORT
41
Basket
Volley
Reggio Emilia sola in testa, derby Milano-Cantù Modena e Molfetta, vittorie negli anticipi
Sci
Slalom: vince la Maze, la Moelgg guida le azzurre
Il derby Milano-Cantù (11 mila persone attese al Forum di Assago) è
il clou della 6ª giornata della serie A di basket. Ieri: Avellino-Reggio E.
88-94, Trento-Pistoia 86-72; oggi, ore 18.15: Capo d’OrlandoCaserta, Roma-Varese, Cremona-Brindisi, Bologna-Venezia; ore
20.30: Milano-Cantù (RaiSport1); domani, ore 20: Sassari-Pesaro
(RaiSport1). Classifica: Reggio E.* 10; Sassari e Venezia 8; Cantù,
Milano, Avellino*, Brindisi, Cremona e Trento* 6; Bologna (-2), Roma,
Pistoia* e Varese 4; Capo d’Orlando e Pesaro 2; Caserta 0. *: 1 in più.
La Coppa del mondo è ripresa a Levi (Fin) con uno slalom femminile:
successo di Tina Maze (Slo) che, Giochi olimpici a parte, chiude un
periodo opaco; seguono la Hansdotter (Sve) e la Zettel (Aut). Delude
la favorita Shiffrin (11a), l’Italia tiene grazie alla Moelgg (12a), alla
giovane Pardeller (15a) e alla Costazza (20a). Stamane (9.45 e 12.45,
RaiSport1 ed Eurosport2), slalom maschile: Gross guida gli azzurri.
SCHERMA Coppa del mondo di spada: a Tallin, primo podio
stagionale per Paolo Pizzo, superato in semifinale da Grumier (Fra).
Superlega di volley (6° turno): negli anticipi, vincono Modena e
Molfetta. Ieri: Copra Pc-Modena Volley 0-3; Exprivia Molfetta-Vero
Volley Monza 3-2. Oggi: Revivre Mi-Lube Banca Marche Treia; Cmc
Ra-Diatec Tn; Altotevere Città di Castello-Tonazzo Pd; Calzedonia VrTop Volley Lt (ore 17, diretta su Raisport 1). Riposa: Sir Safety Pg.
TENNIS Al Masters Atp di Parigi, Djokovic è il primo finalista. Il n. 1 al
mondo ha superato Nishikori (Gia) per 6-1, 3-6, 6-0; oggi inseguirà il
terzo titolo consecutivo, impresa riuscita solo a Nastase e a Lendl.
A Vienna
Anche l’Austria
complica
i piani di Capello
bio Cannavaro.
Per la risoluzione del contratto di Ranieri restano questioni spicciole, si fa per dire: il
tecnico romano aveva firmato
un biennale da 1,6 milioni di
euro e dovrà trattare la buonuscita. Resterà sulla panchina
greca ancora per una partita,
l’amichevole di martedì contro
la Serbia, l’altra nazionale che
ieri ha chiuso col tecnico (a Dick Advocaat dovrebbe subentrare Dejan Stankovic). Anche
l’Olanda — 2 sconfitte in 3 gare
di qualificazione — sta preparando la lettera di licenziamento a Guus Hiddink.
Federico Pistone
Rubin Okotie ha 27 anni ed è
nato a Karachi, in Pakistan, da
padre nigeriano e madre austriaca. È un attaccante del Monaco 1860 e dell’Austria e ieri
ha segnato un gol che potrebbe
essere decisivo più che per la
qualificazione dell’ex Wunderteam (la squadra delle meraviglie degli anni Trenta) alla fase
finale dell’Europeo, per il destino di Fabio Capello. A Okotie,
entrato al minuto 14 della ripresa al posto di Marc Janko, è
bastato meno di un quarto
d’ora per procurarsi la palla
buona e mandare al tappeto la
Russia sul tappeto verde del
Prater al 28’. Nulla ha potuto fare questa volta Igor Akinfeev, il
portiere che al Mondiale ha affondato i suoi connazionali e
messo in crisi il suo c.t.: Okotie
infatti gli è arrivato davanti tutto solo a concludere un’azione
di contropiede.
Capello ha dunque perso ancora. Nelle ultime 7 partite ufficiali ha ottenuto soltanto una
vittoria e se la Duma voleva interrogarlo dopo il Mondiale
brasiliano, vorrà a maggior ragione interrogarlo adesso. Il girone non è compromesso,
l’Austria è prima a quota 10 e la
Russia seconda a 5. Il problema
è che Capello proprio non riesce a trasmettere idee e carattere alla nazionale che allena dal
19 luglio 2012 e, in teoria, dovrebbe guidare fino al 2018
quando Vladimir Putin organizzerà il Mondiale.
Una missione, quasi una crociata quella per la quale Capello si è impegnato. Portare in alto la Russia in cambio di uno
stipendio da zar: 7 milioni di
euro netti l’anno (terzo allenatore più pagato al mondo dopo
José Mourinho e Carlo Ancelotti). Il problema, peggiore delle
eccessive attenzioni della Duma, è che da un po’ di mesi l’allenatore che ha vinto tanto e
dappertutto non vede più un
rublo. E la sconfitta con gli austriaci proprio non ci voleva.
Difficile adesso che arrivino gli
arretrati, più facile arrivi una
lettera di licenziamento.
re.s.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Olandesi
Dick Advocaat
(in alto),
olandese, 67
anni, è stato
licenziato dalla
Serbia. Al suo
posto potrebbe
arrivare Dejan
Stankovic,
attualmente
all’Udinese
come vice
di Andrea
Stramaccioni
Crisi oranje
L’Olanda di
Guus Hiddink
(sopra), che
questa sera
affronta la
Lettonia, deve
assolutamente
vincere: nel suo
girone (gruppo
A) ha ottenuto
finora una
vittoria e due
sconfitte ed è
lontana in
classifica dalle
prime due,
Irlanda e
Repubblica
ceca a quota 9.
Anche Hiddink
insomma
rischia grosso
Fine corsa Claudio Ranieri, 63 anni, guiderà ancora la Grecia in amichevole martedì con la Serbia. Poi, dopo soli quattro mesi, toglierà il disturbo (Epa)
Quando perdi in casa con le
Isole Far Oer non è più un incidente di percorso. Forse nemmeno «la morte del calcio» come la definisce il quotidiano
SportDay o «il Titanic del Duemila», secondo Fos. In ogni caso la Grecia, intesa come nazionale ma anche come nazione,
caccia Claudio Ranieri assunto
meno di 4 mesi fa. L’ex tecnico
di mezza serie A — Cagliari,
Napoli, Fiorentina, Parma, Juventus, Roma e Inter — e di Europa d’alto bordo — Valencia,
Atletico, Chelsea, Monaco —
lascia con un bilancio di un pareggio (1-1 con la Finlandia) e
tre sconfitte interne (Romania,
Irlanda del Nord e Far Oer) con
nessun gol fatto, nelle qualificazioni europee. Il presidente
della Federcalcio greca, George
Sarris, non si rifugia nelle consuete formule di cortesia: «A
malincuore... Ringraziamo...
Ottimo lavoro svolto... ». No, la
sua dichiarazione non ha nulla
di gentile: «Dopo questo risultato devastante, mi prendo tutte le responsabilità della sfortunata scelta dell’allenatore».
La Grecia aveva silurato il
portoghese Fernando Santos,
reo di avere portato la nazionale «solo» agli ottavi dell’ultimo
Mondiale, eliminata ai rigori
dalla Costa Rica. Se la riderà
La Grecia esonera Ranieri
«Un errore assumerlo»
E al suo posto ecco il Trap
La sconfitta con le Far Oer definita «il Titanic del 2000»
Mourinho che nel 2010, l’anno
magico dell’Inter, disse di Ranieri: «Io ho bisogno di vincere
per essere felice, lui no. Ormai
ha quasi settant’anni e ha vinto
solo una coppetta», alimentando una polemica senza fine,
perfino sull’età (Ranieri all’epoca aveva 59 anni).
Ne ha 75 suonati Giovanni
Trapattoni — ma con 12 titoli
nazionali, tre Coppe dei Campioni e un’infinità di trofei tra
giocatore e allenatore —, attualmente disoccupato dopo
cinque anni sulla panchina irlandese. Lui fa finta di niente
ma non vede l’ora di ricominciare: «Sarebbe un onore allenare la Grecia. Ho sempre so-
gnato di lavorare in un Paese
così. Il clima è meraviglioso, il
mare è splendido e il calcio è in
crescita. Conosco quasi tutti i
giocatori della Nazionale, sono
sicuro che la Grecia abbia ancora la possibilità di qualificarsi per gli Europei». Come dire:
«Eccomi, sto arrivando». Ma
con parole dolci per Ranieri:
«Ho visto la partita contro le
Far Oer, sono cose che possono
succedere nel calcio, anche ai
migliori». Rientra la candidatura di Marcello Lippi, che sperava di tornare ad allenare una
nazionale, dopo la parentesi cinese del Guangzhou, di cui è
ancora direttore tecnico a supporto del nuovo allenatore Fa-
Serie B
Il Carpi vola
Cade il Bologna
Continua la
marcia in testa
alla classifica del
Carpi: nell’anticipo
di ieri ha travolto il
Cittadella 5-2,
con i gol di
Gagliolo e
Romagnoli, la
doppietta di
Inglese e la rete
finale di Lasagna.
Cade invece il
Bologna: avanti
con il Brescia per
1-0 con Cacia al
78’, si fa prima
raggiungere e poi
superare dai gol
di Caracciolo e
Morosini all’87’
14ª giornata
Ieri
Carpi-Cittadella
5-2
Bologna-Brescia
1-2
Oggi, ore 12.30
Trapani-Catania
ore 15
Crotone-Bari
Latina-Lanciano
Livorno-Pro Vercelli
Pescara-Frosinone
Ternana-Spezia
Varese-Perugia
ore 18
Avellino-Vicenza
rinviata
Entella-Modena
Classifica
CARPI*
28
FROSINONE 25
SPEZIA
23
AVELLINO
23
LANCIANO
22
BOLOGNA* 22
LIVORNO
21
TRAPANI
21
PERUGIA
20
PRO VERCELLI 17
BRESCIA*
17
BARI
16
CATANIA
15
MODENA
15
VARESE (-1) 15
ENTELLA
15
TERNANA
14
PESCARA
13
VICENZA
13
CITTADELLA* 12
LATINA
10
CROTONE
10
*una partita in più
Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
42
Andrea e Giuliana Voiello piangono commossi
Paolo Giuggioli
ricordandone la lunga amicizia con Guido e si stringono alla sua famiglia con un particolare abbraccio ad Antonia. - Milano, 14 novembre 2014.
Damiano ed Enrico Raho partecipano alla scomparsa dell’amico
Avv. Paolo Giuggioli
- Milano, 14 novembre 2014.
Piangono la scomparsa di
Paolo Giuggioli
Gli Avvocati Vito, con Marialuisa, Giovanna e
Giovanni Tucci partecipano commossi alla perdita
del Presidente
Avv. Paolo Giuggioli
- Milano, 14 novembre 2014.
S.I.S.CO. società italiana di studi concorsuali
partecipa commossa al profondo dolore che ha colpito la famiglia per la perdita dell’
avv. Paolo Giuggioli
Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano.
- Milano, 15 novembre 2014.
gli amici Daria e Francesco Pesce.
- Milano, 15 novembre 2014.
Il Presidente dell’Ordine Interprovinciale dei Chimici della Lombardia unitamente a tutto il consiglio
partecipa addolorato per la improvvisa scomparsa
del professionista e amico
Gli avvocati Doriana Martini e Valeria Pescarzoli
ricordano commosse l’
- Milano, 15 novembre 2014.
Avv. Paolo Giuggioli
vero paladino dell’avvocatura.
- Milano, 15 novembre 2014.
Gli avvocati Luciano e Attilio Raco e Luigi Fenizia
esprimono ai familiari il proprio cordoglio per la
morte dell’
Avv. Paolo Giuggioli
illustre professionista ed eccellente Presidente
dell’Ordine degli Avvocati di Milano.
- Milano, 15 novembre 2014.
Roberto Sacchi partecipa al dolore del Professor
Pier Filippo Giuggioli e dei familiari per la scomparsa dell’Avvocato
Paolo Giuggioli
Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano.
- Milano, 15 novembre 2014.
Sergio Barozzi e Giovanna Fantini sono vicini ad
Antonia, Filippo, Giulio, Luca nel dolore per la
scomparsa di
Paolo
Avv. Paolo Giuggioli
Massimiliano Ferro ed Ileana Morandi con i colleghi dello Studio Legale Ferro ricordano con stima
il Presidente
Paolo Giuggioli
- Milano, 15 novembre 2014.
L’avvocato Fiorenza Betti e i colleghi, collaboratori e dipendenti tutti dello studio partecipano commossi al dolore della famiglia e sono affettuosamente vicini alla moglie Antonia, ai figli Pierfilippo,
Luca e Giulio per l’inaspettata perdita dell’
Avv. Paolo Giuggioli
- Milano, 14 novembre 2014.
Gli Avvocati Emilio Usuelli, Ida Usuelli e Alessandra Usuelli sono vicini ad Antonia e alla famiglia
tutta nel dolore per la scomparsa dell’amico
Avv. Paolo Giuggioli
- Milano, 15 novembre 2014.
Giovanni Briola, Raffaella Oggioni, Fabrizio Salmi sono vicini alla famiglia e partecipano al lutto
dell’avvocatura milanese per l’improvvisa scomparsa del Presidente
Avv. Paolo Giuggioli
- Milano, 15 novembre 2014.
Conservando la memoria del rapporto personale
nei tanti anni di professione in cui è stato il Presidente del nostro ordine e un tenace difensore del
ruolo dell’avvocatura, profondamente addolorati
per l’improvvisa scomparsa dell’
avv. Paolo Giuggioli
ci stringiamo in un abbraccio affettuoso a tutta la
famiglia e in particolare ad Antonia e a Pierfilippo.Giulio Alessandro Fabio Laura Pizzoccheri.
- Milano, 15 novembre 2014.
L’Avvocato Elisabetta Bellotti ricorda con sincero
affetto e profonda stima
Paolo Giuggioli
di cui ha potuto apprezzare le doti umane e professionali. - Milano, 15 novembre 2014.
Marcello, Federica Agnoli con Caterina e Benedetta sono vicini ad Antonia e ai figli Pierfilippo,
Luca e Giulio in questo momento di grande dolore
per la perdita di
Paolo Giuggioli
- Milano, 15 novembre 2014.
Gli amici e colleghi Gianfranco Negri-Clementi,
Annapaola Negri-Clementi, Enrico Del Sasso e Gabriele Consiglio sono fraternamente vicini alla famiglia Giuggioli e al figlio Filippo per la perdita del
caro e generoso
Paolo Giuggioli
che per decenni ha retto il nostro consiglio con
grande serenità ed equilibrio.
- Milano, 14 novembre 2014.
Giampio e Maria Grazia Bracchi con Daniele, increduli per la improvvisa scomparsa del caro amico
avv. Paolo Giuggioli
abbracciano con grande affetto e commossa partecipazione Antonia e i figli Pierfilippo, Luca e Giulio. - Milano, 15 novembre 2014.
Gianni e Gretel Deodato profondamente commossi sono vicini ad Antonia nel ricordo del carissimo
Paolo Giuggioli
- Milano, 15 novembre 2014.
Sergio e Matteo Erede partecipano con profonda
commozione al lutto della famiglia per la scomparsa dell’
Avv. Paolo Giuggioli
- Milano, 15 novembre 2014.
Umberto e Andrea Tracanella partecipano al dolore della famiglia per l’improvvisa e inattesa
scomparsa dell’
avv. Paolo Giuggioli
- Milano, 15 novembre 2014.
Fabio Ziccardi, col padre Piero, è vicino al carissimo amico Pier Filippo ed alla cara collega Antonia nel triste giorno del distacco dal padre e coniuge
Sei stato l’Avvocato Giuggioli mio primo, unico,
vero, grande Maestro.- Poi sei diventato Paolo e ti
ho voluto bene, ti voglio bene e te ne vorrò sempre.- Ciao
Paolo
Grazie d’esserci stato.- Fiorenza.
- Milano, 14 novembre 2014.
Loredana Leo e Elena Riva Crugnola, anche a
nome degli avvocati e dei magistrati dell’Osservatorio sulla giustizia civile di Milano, si stringono affettuosamente alla moglie Antonia e ai figli ricordando l’
Avv. Paolo Giuggioli
la cui scomparsa lascia un vuoto in tutta la giustizia
milanese. - Milano, 15 novembre 2014.
L’Avvocato Giammarco Brenelli, unitamente ai
colleghi e ai collaboratori dello studio ricorda
l’amico
Avv. Paolo Giuggioli
professionista prestigioso e Presidente che ha illustrato l’Ordine degli Avvocati con la sua generosa
iniziativa. - Milano, 15 novembre 2014.
Paolo
Maura Carta partecipa, affettuosamente, al dolore della famiglia per la scomparsa del caro amico
Paolo Giuggioli
avv. Paolo Giuggioli
Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano.
- Milano, 15 novembre 2014.
Il Presidente e il Consiglio di disciplina dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano esprimono profondo cordoglio per
la scomparsa dell’
Avv. Paolo Giuggioli
Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano.
- Milano, 15 novembre 2014.
Partecipano al lutto:
– Cesare Cassina.
– Antonio Ortolani.
– Calogero Seddio.
– Carlo Arlotta.
– Alberto Bettinardi.
– Roberta Bianchi.
– Loredana Caprioli.
– Giuliana Cassioli.
– Andrea Conversi.
– Ciro d’Aries.
– Giampiero Guarnerio.
– Marziano Francesco Lavizzari.
– Nadia Pozzi.
– Gianbattista Stoppani.
– Eros Ambrogio Tavernar.
– Edoardo Ginevra.
– Mario Tracanella.
Paolo Giuggioli
Partecipano al lutto:
– Anna De Palma.
– Gli avvocati Bruno, Paolo, Aldo Finzi.
– Gli avvocati Francesco e Luca Debickè v.d.
Noot.
– Ivana Merlo.
– Mattia Zanaboni.
– Gli avvocati Mario, Nicola e Antonio Benevento.
– Pia Cirillo.
– L’avvocato Massimo Savoldi.
– L’avvocato Isabella Savoldi.
– Gianfranco Maris.
– Floriana Maris.
– Gianluca Maris.
– L’Avvocato Giovanna Bossotti.
Marco Ballarino con i figli Elena, Paolo e Carlo,
le nuore Ana e Stefania, i nipoti Paola, Marco, Rebecca, Diana Tommaso annuncia la morte di
Anna Favalli Ballarino
Il funerale sarà lunedì 17, per luogo e orario contattare il n. 348.1312451.
- Milano, 15 novembre 2014.
Partecipano al lutto:
– Giampiero e Rita Bellini.
– Carlo, Carla Comoni.
Addio
Anna
moglie, mamma e nonna esemplare.- Marco.
- Milano, 15 novembre 2014.
Carissima
Anna
Anna
Giuseppe e Lella, Enrico e Alessandra Tozzi partecipano commossi al dolore di Marco, Elena, Paolo e Carlo Ballarino per la perdita di
Anna
Partecipano al lutto:
– Emilio e Hanula Viganoni.
– Pinuccia e Anna Maternini.
– Bernardo e Grazia Del Monego.
Dede e Luigi Cantalamessa si associano al dolore di Marco e dei familiari nel ricordo di
Anna
amica dolcissima. - Milano, 15 novembre 2014.
e abbraccia forte forte Antonia.
- Milano, 15 novembre 2014.
I condomini di via Melzi D’Eril 27 Milano partecipano al dolore del Professor Marco Ballarino e
famiglia per la perdita della
Il Presidente della Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia, Domenico Chindemi ed
il Dirigente Mef, Salvatore Labruna esprimono sentite condoglianze alla famiglia e vivissima partecipazione al lutto che ha colpito l’Ordine degli Avvocati di Milano per la morte del Presidente
Dott.ssa Anna Favalli Ballarino
avv. Paolo Giuggioli
- Milano, 15 novembre 2014.
Il Presidente e i Consiglieri dell’Ordine degli Avvocati di Varese, anche a nome degli iscritti, partecipano commossi al dolore della moglie Antonia
e dei figli per l’improvvisa morte del
Presidente
Avv. Paolo Giuggioli
ricordandone la passione, l’umanità a la professionalità con cui ha operato per anni a favore dell’avvocatura. - Varese, 14 novembre 2014.
- Milano, 15 novembre 2014.
Il Presidente Angelo Provasoli, l’Amministratore
Delegato Pietro Scott Jovane, il Management Team
e tutti i colleghi di RCS MediaGroup esprimono partecipazione e profondo cordoglio al lutto che ha
colpito la dottoressa Simona Alini per la scomparsa
del padre
Giuseppe Giovanni Alini
- Milano, 15 novembre 2014.
Tutti i colleghi della Direzione Risorse Umane e
Organizzazione di RCS MediaGroup si stringono
con affetto a Simona Alini in questo momento di
grande dolore per la scomparsa del padre
Giuseppe Giovanni Alini
- Milano, 15 novembre 2014.
Il Presidente, il Direttivo e tutti i soci AGAM - Associazione Giovani Avvocati Milano, ricordano con
affetto e gratitudine il Presidente dell’Ordine degli
Avvocati nonché compianto amico
Avv. Paolo Giuggioli
- Milano, 14 novembre 2014.
sig.ra Alessandra Perli
- Milano, 15 novembre 2014.
A.’.G.’.D.’.G.’.A.’.D.’.U.’.
I Fratelli della Rispettabile Loggia Thomas Jefferson n. 1152 all’Oriente di Milano - G.O.I. Palazzo
Giustiniani, si stringono commossi attorno ai familiari e annunciano la prematura e improvvisa scomparsa del Fratello
Carissima
Ale
forse dove ore sei, già vedi quanto mi manchi.- Se
l’infinito che ci attende risuona dell’armonia delle
sfere celesti, allora questo luminoso infinito sarà
certo gentile per te, "signora della musica".- Un bacio dalla tua amica Marilena.
- Milano, 15 novembre 2014.
da Fausto e Marilena, che la porteranno sempre
nel cuore. - Milano, 15 novembre 2014.
Claudio e Gesine sono vicini a Francesco con affetto per la prematura perdita di
Sandra
Ne ricordano la cara amicizia, le comuni passioni
e le interessanti chiacchierate.
- Milano, 15 novembre 2014.
Tutti i collaboratori dello Studio Legale Perli partecipano al dolore dell’avvocato Francesco per la
prematura perdita della moglie
Alessandra
- Milano - Brescia, 15 novembre 2014.
Gabriella, Carlo, Daniela annunciano la scomparsa improvvisa del loro amato
Adriano
Graziano Nanetti
avvenuta il 10 novembre 2014.- Il legame esistente tra noi, caro Graziano, non si è spezzato e non
si spezzerà mai; la tua solarità, il tuo affetto, la tua
disponibilità nei confronti di tutti noi e la tua capacità di condurre la loggia sul giusto cammino, resteranno per noi un esempio da seguire.- In piedi,
all’ordine e in catena d’unione, i tuoi Fratelli ti onorano.- I funerali si terranno lunedì 17, alle ore 10
in Carpi (MO). - Milano, 15 novembre 2014.
Il Collegio dei Maestri Venerabili della Lombardia profondamente colpito dalla repentina scomparsa del Fratello
Graziano Nanetti
Maestro Venerabile della Rispettabile Loggia Thomas Jefferson all’Oriente di Milano, partecipa con
grande commozione al dolore dei familiari e di tutti
i Fratelli. - Milano, 15 novembre 2014.
A.’.G.’.D.’.G.’.A.’.D.’.U.’.
Il Consiglio dei Maestri Venerabili di Milano, appresa la notizia, nello sbigottimento e nell’infinita
tristezza da essa derivante, si stringe attorno alla
famiglia Nanetti per il prematuro passaggio
all’Oriente Eterno di
Graziano Nanetti
Maestro Venerabile della Rispettabile Loggia Thomas Jefferson n. 1152 all’Oriente di Milano.
- Milano, 10 novembre 2014.
Graziano Nanetti
Lo annuncia con immenso dolore dopo sessantasei
anni di vita coniugale, di comprensione e amore
reciproco, la moglie Liliana e i figli Silvia con Paolo
Gabriele Elisabetta e Valeria, Daniele con Viviana
Alice Andrea Federico e Aurora, Paolo con Emanuela Francesco e Michele, Flavio con Alina Marco
e Matteo. - Milano, 15 novembre 2014.
Mi dispiace tanto di non vederti mai più
Adriano
Non c’è più nulla senza di te.- Gaby.
- Milano, 15 novembre 2014.
Laura e Alberto, Lella e Maurizio, Marina e Fabrizio sono vicini a Paolo e famiglia per la perdita
del papà
Mario
La famiglia Icardi ricorda
- Milano, 15 novembre 2014.
Adriano
con affetto e si stringe a Carlo, Gabriella e Daniela
per l’improvviso tristissimo lutto.
- Milano, 15 novembre 2014.
Guido, Miriam, Luca, Laura e Filippo ricordando
il caro amico
Geom. Adriano
partecipano al dolore della famiglia Donati.
- La Buca - Zibello (Pr), 16 novembre 2014.
Si annuncia la perdita del caro
Commendatore
Geom. Mario Bergna
I funerali si svolgeranno lunedì 17 novembre alle
ore 10.30 nella chiesa parrocchiale di Oggiono.Indi al cimitero di Ello.- Famiglia Bergna.
- Oggiono, 15 novembre 2014.
Lamberto Giacomo Licia e Marcello sono vicini a
Davide alla signora Renza e ai fratelli nel ricordo
del
Partecipa al lutto:
– Il personale della trattoria "La Buca".
Giorgio, Foscarina, Deborah, Paola e Gabriel
Pagini esprimono profondo cordoglio per l’improvvisa scomparsa dell’amico
Geom. Mario Bergna
- Oggiono, 15 novembre 2014.
Rosy, Vittorio ricordano, rimpiangono
Adriano Donati
Gioconda
- Milano, 15 novembre 2014.
Alberto Alessandri, con Claudia e Pietro, Francesca Pedrazzi, Simone Lonati, Francesca Carangelo, Paola De Pascalis, Francesca Bevilacqua,
Alain Dell’Osso e tutti i collaboratori dello studio
partecipa con profonda commozione al gravissimo
lutto di Silvia e delle sue bambine per la perdita di
e
Giancarlo
e
Vittorio Bendaud
- Milano, 16 novembre 2014.
- Milano, 15 novembre 2014.
I cugini Carlitta, Lella, Peter con Mirella, Federica
con Giovanni, Mariavittoria e Lorenzo si stringono
con affetto a Raffaella, Fabrizio, Massimiliano e ai
loro cari per la dolorosa perdita della cara
Mariarosa Suvini Veronese
Partecipano al lutto:
– Elvira Graffeo.
– Doriana Mandolesi.
– Giulia Bronzato.
amata compagna di fanciullezza e gioventù.
- Milano, 14 novembre 2014.
Claudio De Albertis e Andrea Cancellato, a nome della Triennale di Milano si stringono attorno
all’amico avvocato Francesco Perli per la sofferta e
dolorosa scomparsa della moglie
Carlo Canevelli con i figli Elena, Pier Luigi, Laura
e loro famiglie partecipa al dolore di Raffaella, Fabrizio e Massimiliano per la perdita della cara
mamma
Alessandra
Pupa Suvini Veronese
- Milano, 14 novembre 2014.
Partecipano al lutto:
– I nipoti Cristina, Patrizia, Luca.
Papà
adoratissimo sei stato il nostro faro nella vita.- Ci
porteremo sempre dentro il tuo sorriso.- Carlo e
Daniela - Milano, 15 novembre 2014.
Fabio
Partecipano al lutto:
– Aldo e Margherita Gattuso.
– Studio Dentistico Gattuso.
"Transiit Benefaciendo"
È mancato all’improvviso la notte del 14 novembre l’
ing. Mario Visin
I funerali si terranno a Zibello lunedì alle 15.
- Milano, 15 novembre 2014.
Maestro Venerabile
- Milano, 15 novembre 2014.
- Milano, 15 novembre 2014.
- Merate, 15 novembre 2014.
- Milano, 15 novembre 2014.
I signori condomini e l’amministrazione di piazzetta Guastalla 7 a Milano si uniscono al dolore
della famiglia per la scomparsa della
2011 - 2014
Ennio Dal Pont
Fabio Atti
Profondamente commossi dalla tragedia che vi ha
colpiti, gli amici di SOS Lambrate si uniscono con
sincero affetto al dolore della famiglia.- Un abbraccio speciale a Silvia, Giorgia e alla piccola Ilaria.
- Milano, 15 novembre 2014.
A seguito della scomparsa il 31 ottobre 2014 del
poeta
Luigi Attardi
in arte Nail Chiodo, sarà detta una messa in suffragio sabato 22 novembre 2014 alle ore 18.30
nella chiesa di Santa Maria in Portico in Campitelli
in Roma.- Per contatti nailchiodo.com/about.- Famiglia Gandini. - Roma, 16 novembre 2014.
Papà quando ti penso ti vedo sorridente, ironico e
curioso come sei sempre stato.- Anna.
- Milano, 16 novembre 2014.
A due anni dalla scomparsa ricordo mio padre
Dott. Lucio Giacchetti
esempio di stile, serietà e onestà.- Ti penso sempre
papà, Alessio. - Milano, 16 novembre 2014.
16 novembre 2002 - 16 novembre 2014
Dott. Enzo Morpurgo
Vive nei ricordi dei suoi cari.
- Milano, 16 novembre 2014.
Lo Studio Legale Sardo partecipa sentitamente
al dolore della famiglia per la improvvisa scomparsa dell’
Addio preziosa amica di sempre.- Laura con Stefano e Sara. - Milano, 14 novembre 2014.
- Milano, 14 novembre 2014.
Alessandra Longini Perli
Alessandra
uomo di forti e nobili sentimenti nel lavoro e
nell’amicizia, nell’efficace esercizio delle sue alte
funzioni di Presidente dell’Ordine Forense, nella
sua amata famiglia.
- Milano, 15 novembre 2014.
Enrico, Elda e Giuseppe con le collaboratrici dello studio Moscoloni, si stringono affettuosamente
agli amici Antonia, Filippo, Luca, Giulio e familiari
tutti per la perdita del caro
Angelo Busani partecipa al dolore dell’avvocato
Francesco Perli per la scomparsa della signora
Un affettuoso e commosso saluto alla carissima
amica
Avv. Paolo Giuggioli
Avv. Paolo Giuggioli
Partecipano al lutto:
– Carlo e Bricci.
– Franco Morganti.
– Guido, Camilla, Giulio, Marina e Franco Artom.
– Paolo e Monica Biscottini.
Avv. Paolo Giuggioli
ti abbraccio e ti ricorderò sempre con tanto affetto.- Claudia. - Milano, 15 novembre 2014.
Andrea e Alessandra Orabona ricordano con stima e sentito affetto il presidente
L’annunciano, profondamente addolorati, il marito
Francesco, i suoceri Clara e Dante, la cognata
Chiara con Paolo, Giulia e Luca.- L’ultimo saluto si
terrà nella camera ardente di Domus Salutis di Brescia alle 14.30 di lunedì 17 novembre, cui seguiranno alle ore 15.30 i funerali in Brescia nella chiesa dei Santi Nazaro e Celso.- La salma verrà fatta
proseguire per il tempio crematorio.- Si ringraziano tutti coloro che parteciperanno al lutto.
- Milano - Brescia, 15 novembre 2014.
Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano indimenticabile e prezioso esempio di professionalità
e correttezza. - Milano, 14 novembre 2014.
- Milano, 14 novembre 2014.
Gli avvocati Barozzi, Benvenuto, Bergamaschi,
Majer, Scherini e i collaboratori dello studio Lexellent partecipano al lutto per la scomparsa dell’
Ci ha prematuramente lasciato
Alessandra Longini in Perli
Massimo Turchetta con gli amici e colleghi di RCS
Libri Trade è vicino a Simona nel dolore per la
scomparsa del papà
Giuseppe Giovanni Alini
- Milano, 15 novembre 2014.
RCS MediaGroup S.p.A. - Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano
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Necrologie: € 5,00
Adesioni al lutto: € 10,00
Solo anniversari,
trigesimi e ringraziamenti: € 300,00
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Necrologie: € 1,90
Adesioni al lutto: € 3,70
A MODULO:
Solo anniversari,
trigesimi e ringraziamenti: € 258,00
Servizio fatturazione necrologie:
tel. 02 25846632 mercoledì 9/12.30 - giovedì/venerdì 14/17.30 - fax 02 25886632 - e-mail: [email protected]
Servizio sportello da lunedì a venerdì: Milano: Via Solferino 36 orario continuato dalle 9 alle 17.30
Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
La rivalità
SPORT
43
Basket e calcio, la rivincita delle donne
«Non è vero che siamo maschiacci»
Alleate contro gli stereotipi e per recuperare terreno sull’immagine del volley femminile
Volley
È lo sport
più amato
dalle ragazzine
italiane. 220
mila tesserate,
90 mila solo
nel minivolley,
avviamento
alla disciplina.
La nazionale
di Bonitta
al Mondiale ha
battuto record
di ascolti
sulla Rai
Basket
Tubino e tacchi a spillo Le ragazze dell’Use Basket Empoli (serie A3) provocatoriamente in ghingheri contro lo stereotipo che vuole che la pallacanestro femminile trasformi tutte le ragazze in maschiacci
Il peggior nemico di un’atleta (donna)? Lo stereotipo. Eccone tre, uno per ciascun sport
di squadra femminile, che sopravvivono in Italia nell’Anno
Domini 2014: 1) le pallavoliste
se la tirano; 2) le cestiste sono
dei maschiacci; 3) le calciatrici
sono omosessuali.
Lo straordinario successo
mediatico dell’Italia di Bonitta
all’ultimo Mondiale ha girato il
coltello nella piaga delle altre.
Tifare contro (uno sport che
esiste e resiste solo da noi) è
servito: pallavoliste quarte ma
su tutti i canali, quasi in monoscopio, a testimonianza di un
movimento che non necessita
di risultati clamorosi per farsi
notare. La polemica tra colleghe è strisciata sui blog, il vero
bar sport dell’era dei social, e
rimbalzata con forza come certe schiacciate di Valentina
Diouf, rivelazione del Mondiale
e volto nuovo del volley, che
hanno lasciato i buchi sul parquet e nel web. «Ci tifano contro? Imbarazzante. Ci accusano
di truccarci: e che si mettano il
mascara pure loro! Noi abbiamo i pantaloncini attillati: e
che chiedano alle loro federazioni di cambiare look! Che
non sudiamo è una leggenda:
vengano a vedere il mazzo che
ci facciamo in allenamento e in
partita. Brutta cosa l’invidia...».
Il basket donne, ancora scottato dal sorpasso della pallavolo (fino agli Anni 90 il rapporto
di forze era ribaltato, oggi i numeri del volley sono quasi
❞
Diouf
Ci tifano
contro? È
imbarazzante.
Che si
mettano
il mascara!
Gottardi
Gioisco
se il volley
perde: è una
provocazione,
chiedo
rispetto
quattro volte quelli della pallacanestro: 220 mila tesserate
contro 60 mila), ha alzato la voce per bocca di Silvia Gottardi,
ex nazionale veterana del Sanga Milano (A2): «Gioisco per la
sconfitta delle pallavoliste. Cosa hanno più di noi? Se giocano
truccate è perché non sudano e
chi l’ha detto che uno sport che
prevede il contatto fisico è meno femminile? Vi dico io cosa
fa la differenza: il loro ufficio
marketing e la rete più bassa!»
ha scritto in un post (shegotgame.it) chiacchieratissimo, più
provocatorio che cattivo, come
ci ha poi spiegato: «Il problema
è che in Italia, anche grazie al
messaggio della televisione e
della politica, impera una vi-
sione distorta della femminilità, un’idea che negli Usa non
esiste: 30 mila presenze medie
per la Women Nba. Le belle e le
brutte ci sono dappertutto, come le lesbiche e le eterosessuali. Vorrei pari dignità. La verità
è che non esistono sport più
femminili di altri». Però ogni
settembre, quando le società
sportive reclutano nelle scuole,
su dieci bambine otto scelgono
il volley e due il basket: «Pensare che tirare a canestro faccia
diventare dei maschiacci è ridicolo — sbotta Silvia —. Valentina Vignali ha fatto la copertina
di Playboy, Cecilia Zandalasini,
talento 18enne di Schio, è una
ragazza carina... Sono anni che
mi batto per avere divise meno
maschili: ai miei pantaloncini
larghi, perché non cadano, devo fare quattro risvolti!». Conoscono bene il problema le ragazze di Antonio Cabrini, c.t.
del calcio che sta per giocarsi la
stagione nello spareggio con
l’Olanda. Chi vince andrà al
Mondiale 2015: sarebbe un risultato storico. In fatto di stereotipi (c’è un’attività più maschile del pallone?) e tesserate (10
mila) l’Italia è la Cenerentola
degli sport di squadra italiani.
«Il paese è maschilista: vale più
qualsiasi bravata di Balotelli
dell’impresa che stiamo realizzando. Anche l’occhio vuole la
sua parte? Ci sono calciatrici
che non hanno nulla in meno
rispetto alle pallavoliste: le sve-
Cabrini
L’Italia è
maschilista:
anche
nel calcio le
donne hanno
femminilità
Volley
Valentina Diouf, 21 anni,
in azione con la maglia azzurra
durante l’ultimo Mondiale (Ansa)
Basket
Silvia Gottardi, 36 anni,
ex nazionale, veterana del Sanga
Milano che gioca in serie A2
Calcio
Martina Rosucci, 22 anni, numero 10
dell’Italia di Cabrini che giocherà il
playoff per andare al Mondiale 2015
desi sono ragazze meravigliose, il portiere degli Usa è stato
fotografato su Playboy. Anche
nel calcio le donne, se vogliono, possono esprimere la loro
femminilità!». Cabrini ha dato
loro una mano vietando la tuta
nei viaggi in trasferta («Sembravano sacchi di patate: non
esiste!») e trovando un’azienda
che disegnasse una divisa più
aggraziata: giacchino corto e
calzoni più attillati. «Ci vuole
talmente poco per ottenere
grandi miglioramenti...» sospira il c.t.
Il dibattito, mai così aperto,
trae nuova linfa dall’iniziativa
delle giocatrici della Use di Empoli (serie A3 di basket), che
dietro l’hashtag #spicchiAMO
si sono messe in ghingheri per
una buona causa: «È vero che
non scendiamo in campo tutte
belline truccate e che i pantaloncini al ginocchio non sono
il massimo per sottolineare le
nostre forme, ma come donne
non abbiamo niente da invidiare alla concorrenza» spiega
Guia Sesoldi, mente della campagna. «Ci ribelliamo soprattutto alle madri che vietano il
basket alle figlie per paura che
diventino troppo mascoline».
Palla al centro. «Ma lo sport
non dovrebbe riguardare solo
il gesto atletico, lasciando fuori
mascara, immagine e avvenenza?» si chiede Silvia Gottardi.
Ragazze, occhio: i maschi se
la ridono. Un po’ di contegno.
Gaia Piccardi
Dal fango di Milano spuntano i salti di Marmiton
Il grande favorito conquista il Premio Berlingieri su un terreno oltre l’impraticabilità
La classifica
Premio Giulio
Berlingieri,
corsa siepi
di Gruppo 2,
3.600 metri,
montepremi
33 mila euro,
disputato ieri
a San Siro
1. Marmiton
2. Wrestler
3. Pastoral
Causeway
MILANO Nessuno pensa di
poter mai avere 44 di febbre,
pur se sul termometro quella
temperatura teorica sta scritta:
gli estremi delle scale di misura sembrano esistere solo per
convenzione.
E invece ieri all’ippodromo
di San Siro, a fianco dello stadio dove l’allenamento della
nazionale di calcio saltava per
impraticabilità del campo,
quando la giuria ha infilato
nella pista il pluviometro che
misura lo stato del terreno su
una scala che va dall’1 del «duro» per siccità al 5 del «molto
pesante» per la pioggia, sino al
6 del «paludoso», la lancetta si
è fermata sul 6 soltanto perché
sulla scala non c’era più spazio.
Improbo già galoppare su
questo terreno, epico addirittura saltarvi le siepi del Premio
Giulio Berlingieri al galoppo
per ben 3 chilometri e 600 metri: condizioni estreme nelle
quali si è esaltato il 31enne fantino ceco Jan Faltejsek, che sul
cavallo Marmiton ha coronato
una stagione impreziosita dal
tris consecutivo nella Velká
Pardubická (dal 1874 «festa nazionale» nel leggendario ippodromo d’ostacoli di Pardubice),
dal trionfo nel Gran premio di
Merano, e infine dai successi
milanesi nella Gran Corsa Siepi
e ancora ieri nel Premio Berlingieri.
Fango Marmiton vola verso la vittoria nel Premio Berlingieri
Sotto una pioggia di incessante intensità, resa ancora più
imparabile da violente raffiche
di vento gelido che sferzavano
con ondate orizzontali i viandanti ippici già sfiorati dal dubbio che la giornata fosse più da
tregenda dei pur mitologici pomeriggi del Gran Criterium
1990 con il purosangue francese Steamer Duck o del Gran
Premio del Jockey Club 1979
con il connazionale Scorpio, la
giuria ha dovuto sospendere in
anticipo l’ultima giornata dell’anno: a tutela della sicurezza
dei cavalli, i cui polmoni al
rientro dalle corse soffiavano
come mantici nuvole di vapore
dalle narici, e soprattutto del-
Con uno
zoccolo duro
di 60 mila
tesserate,
più 45 mila
bambine
arruolate dal
minibasket, la
pallacanestro
insegue
il volley
dispiacendosi
del passaggio
di consegne:
fino agli anni
90, trascinato
da una
generazione
di fenomene
(Pollini,
Ballabio
e Fullin, stelle
della Comense
vincitutto),
il basket era
la disciplina
regina in Italia
Calcio
Fanalino di
coda con le sue
10 mila
tesserate,
quasi tutte
dilettanti,
contro
1 milione
e 200 mila
della Germania
e 600 mila
dell’Inghilterra
© RIPRODUZIONE RISERVATA
l’incolumità dei fantini, che in
sella salivano lindi come damerini nelle loro sfavillanti giubbe
colorate e rientravano al dissellaggio dopo la gara indistinguibili uno dall’altro sotto impietrite maschere di fango.
Tutti a casa in anticipo, dunque, a raccontarsi l’ultima minifavola intanto dell’ultima imprevista corsa della stagione:
una Tris ordinarissima ma
«nuotata» alla quota-choc di
40 contro 1 da una cavallina, Eccentrica, che mai aveva vinto
una corsa in vita sua, preparata
da una piccola allenatrice (Stella Giordano), e montata da un
jockey (Julio Escobar) per una
volta fuori dal cono d’ombra
dell’indistinta bolgia di fantinioperai per i quali di solito è già
pagnotta e festa grande trovare
almeno un ingaggio di pur minima categoria.
Luigi Ferrarella
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
44
S
PECIALE
a cura di RCS MediaGroup Pubblicità
graficocreativo
SPECCHIO E BELLEZZA
Sono davvero molti i fattori che quotidiamente mettono a dura prova l’aspetto e il benessere della pelle
Aiutiamola giorno dopo giorno
con attenzioni mirate
P
er avere una pelle sana, levigata
e compatta, bisogna darsi da fare e
questo ad ogni età. Perché
oltre al fisiologico processo d’invecchiamento, sono
davvero molti i nemici che
giorno dopo giorno mettono a dura prova il suo aspetto rendendola secca, priva
di tono, poco elastica e con i
segni precoci del trascorrere
del tempo. Primi fra tutti, in
questo periodo dell’anno, i
fattori climatici, quali le basse temperature, il vento e la
pioggia, uniti alle continue
escursioni termiche dovute
al passaggio dall’ambiente esterno a quello interno
riscaldato: sono un rischio
per il delicato film idrolipidico presente sulla superficie
cutanea che perde la sua
azione protettiva contro la
disidratazione, la perdita di
elasticità e la desquamazione. Ad aggredire quotidianamente la pelle è anche
È possibile avere una cute sana ed esteticamente bella con cure
adeguate e mettendo in atto delle sane abitudini di vita
l’inquinamento ambientale:
facilita la formazione di radicali liberi che accelerano
i processi degenerativi dei
tessuti e l’invecchiamento
cutaneo precoce. Non sono
neppure da sottovalutare i
raggi solari che pur essendo
nella stagione autunnale e
in quella invernale più de-
boli, agiscono in ogni caso
provocando nel tempo una
graduale degenerazione del
tessuto elastico del derma
soprattutto sul viso, sulle
A3 antioxy, la tripla “A” della bellezza
L’inquinamento, i raggi UV, ma anche lo stile di vita e un’attività fisica intensa, possono scatenare
la produzione di radicali liberi, tra i più temuti nemici della pelle poiché responsabili dello stress
ossidativo e della conseguente accelerazione del processo di invecchiamento della pelle.
Da questa consapevolezza e da anni di ricerca cosmetica nei laboratori PLANTER’S è nata A3 antioxy,
la nuova linea dedicata al viso per nutrire e illuminare la pelle, contrastando i radicali liberi.
La formula si avvale della presenza sinergica di 3 elementi vegetali - ANTIOSSIDANTI della FRUTTA,
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Idratante, Crema Viso Nutriente, Crema-Gel Viso Purificante, Fluido-Crema Viso Multi-Protettivo, Gel
Detergente Viso Schiuma Delicata, Acqua Micellare Detergente Delicato, Maschera Viso Nutriente
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La pelle
è un tessuto vivo
che funziona
da tramite
tra ambiente
esterno e
organismo
interno
mani e sul décolleté che sono
le parti del corpo più esposte
alla luce. Si assommano a tutti questi fattori non salutari
per la pelle anche il seguire
un ritmo di vita frenetico, a
scapito delle ore di sonno,
e lo stress eccessivo: incrementano la produzione di
radicali liberi e il conseguente l’invecchiamento precoce
della cute.
AIUTARLA OGNI GIORNO
La prima strategia da mettere
in atto per aiutare la pelle a
difendersi da questi fattori consiste in una corretta
detersione quotidiana, da
effettuare mattina e sera, in
modo da allontanare tutte le
impurità che la impregnano.
Si devono impiegare detergenti delicati, adatti al proprio tipo di cute e che siano
in grado di non modificarne
l’equilibrio. Dopo la pulizia,
andrebbero applicati con regolarità i prodotti cosmetici
indicati per il giorno e per la
notte. Oggi peraltro le moderne ricerche e tecnologie
hanno portato alla creazione
di creme, fluidi e sieri in grado di accompagnare la pelle durante tutte le fasi della
vita grazie a nuove molecole,
spesso derivate da sostanze
contenute nelle piante, capaci dare una risposta ottimale
alle diverse esigenze della
cute. Per il giorno, in linea
generale, andrebbero preferiti prodotti con un’azione
protettiva contro gli attacchi
degli agenti climatici, ma che
contemporaneamente siano
capaci di favorire un’idratazione profonda e duratura e
di normalizzare il metabolismo cellulare e la microcircolazione. Mentre per la notte
sarebbe meglio orientarsi su
prodotti ricchi di sostanze
in grado di riparare le cellule
danneggiate e di contrastare
la comparsa di rughe o il loro
peggioramento.
MA NON BASTA
Non si può, però, certo pensare di avere una pelle con un
bell’aspetto se non si segue
anche un’alimentazione sana
e bilanciata. In particolare si
dovrebbe stare attenti all’equilibrata combinazione dei
vari elementi nutritivi contenuti nei diversi cibi, a una
giusta distribuzione dei pasti
lungo l’arco della giornata e
alla scelta di alimenti sani e
freschi. Non devono soprattutto mai mancare in tavola
Trattamenti
con prodotti
cosmetici mirati,
alimentazione
sana e bilanciata,
attività fisica
verdure e frutta di stagione
che forniscono vitamine, sali
minerali ed oligoelementi
essenziali per le esigenze
fisiologiche dell’organismo
e della pelle. Bisognerebbe
inoltre: bere almeno due litri
d’acqua al giorno; limitare gli
alcolici, le bevande zuccherate e i cibi troppo raffinati
e mettere al bando il fumo
che accelera l’invecchiamento precoce della pelle. Infine
va fatta propria l’abitudine di
praticare dell’attività fisica:
esercita un’azione positiva
sul metabolismo, e facilita
l’eliminazione delle tossine
a tutto vantaggio della pelle.
Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
45
CorriereSalute
I malati
La denuncia
Il punto di vista
di chi combatte
contro un tumore
Il mercato parallelo
che «svuota»
le farmacie italiane
di Vera Martinella
di Ruggiero Corcella
Le pagine del vivere bene
www.corriere.it/salute
Dalla parte del cittadino
Cari farmaci
di GIANGIACOMO SCHIAVI
IL PREZZO GIUSTO
DELLA MEDICINA
L
a vita non ha prezzo, ma ne hanno uno
molto alto i farmaci che allungano la vita
(e in molti casi la salvano). Il farmaco
però è un prodotto e come tale è regolato
anche dalle leggi del mercato: più se ne consuma e più alti sono i ricavi di chi lo produce. A
questo si contrappone, per fortuna, un ostacolo
etico, in quanto la medicina non può essere
rappresentata dalla produzione e dall’inutile
sovradosaggio: deve essere il medico a valutare
e prescrivere, quando è il caso; non le pressioni
del marketing.
Dunque: se un farmaco è indispensabile ed è
disponibile è giusto somministrarlo, a prescindere dal costo e dal reddito del paziente; se
invece è il pretesto per terapie indotte o peggio
per collusioni che sconfinano nel conflitto di
interesse, allora è giusto fermare la giostra degli arricchimenti per le case farmaceutiche.
Resta però una domanda, appesa al vuoto: un
sistema sanitario può permettersi l’utilizzo,
esteso a tutti, di farmaci sperimentali costosissimi che garantiscono un’alta percentuale di
guarigioni? La questione posta dalla nuova
terapia per l’epatite C e da alcuni antitumorali è
seria, come lo è chiedersi quanto valgono tre
mesi di vita in più. Per rispondere stando dalla
parte del cittadino si deve necessariamente
formulare una nuova domanda: che cosa vorremmo per ognuno di noi? Certamente vorremmo essere curati bene, messi nella condizione
di poter vivere al meglio quel poco che ci resta,
eliminando il dolore e con qualcuno accanto.
Diffido degli esperti che parlano di budget da
non sforare quando la pelle è quella degli altri.
Ogni malato, ogni paziente, è una storia a sé: va
rispettato, non si può liquidare come un numero. Se una cura è costosa, bisognerebbe trovare
il modo di garantirla, eliminando altri sprechi.
Ce ne sono tanti: un terzo della spesa sanitaria
italiana è dovuto a duplicazioni, sovradiagnosi,
cattiva organizzazione. Sul prezzo dei farmaci
poi governi e ministri della Salute dovrebbero
chiedere un limite etico: da che cosa è gravato il
costo di un medicinale per essere così alto?
Quando arriva un farmaco concorrente anche
l’altro scende di prezzo. È il valore del brevetto?
Molti farmaci, efficaci e di basso prezzo, con
brevetti scaduti, spariscono dal mercato. Domandatevi perché. L’industria farmaceutica
non è solo una macchina da profitti: è un’impresa salvavita. Molti di noi sono vivi grazie ai
farmaci che le aziende producono, finanziando
gran parte della ricerca medica. Gliene va dato
atto. Ma quel prezzo che può mettere in crisi la
tenuta dei sistemi sanitari suscita qualche sospetto. È davvero quello giusto?
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Per saperne
di più
sui farmaci e
sui loro prezzi
si possono
visitare i siti
di Aifa,
ministero della
Salute ,
Farmindustria
e Federfarma
http://www.
agenziafarma
co.gov.it/;
http://www.
salute.gov;
https://www.
farmindustria.
it/;
http://www.
federfarma.it/
Inchiesta Decine di migliaia di euro per garantire pochi mesi
di vita in più; prezzi decuplicati dopo qualche modifica chimica;
innovazioni capaci di mettere in ginocchio i sistemi sanitari;
medicinali che improvvisamente spariscono. Che cosa
sta accadendo a questa risorsa essenziale per la società?
●Il numero
In Italia riusciamo a spendere
meno che in altri Paesi europei
15
%
+
È la quota di
spesa sanitaria
pubblica per la
farmaceutica
S
econdo gli ultimi dati Istat, la spesa sanitaria pubblica corrente risulta nel 2012
di circa 111 miliardi di euro, pari al 7 per
cento del Prodotto interno lordo e a
1.867 euro annui per abitante. Da un’elaborazione di Farmindustria del 2013, su statistiche Istat
e Aifa (Agenzia italiana del farmaco), la spesa
farmaceutica incide per il 15% sul totale della
spesa sanitaria; il 43% copre i costi per il personale e gli onorari dei medici; il 20% altri beni e
servizi e il rimanente 22% ulteriori voci di spesa.
Il totale della spesa farmaceutica ammonterebbe a 16 miliardi di euro, pari a 270 euro pro capite (370, negli altri grandi Paesi d’Europa). Dati
Ocse 2014 dicono che in Italia la spesa farmaceutica è diminuita ogni anno dal 2009, con una
riduzione di oltre il 6% in termini reali nel 2012,
probabilmente per contenimento dei tetti di
spesa regionali, riduzione dei margini per grossisti e farmacie, taglio dei prezzi dei generici.
46
Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
SALUTE
Inchiesta
Nell’ultimo decennio sono arrivati farmaci contro i tumori
innovativi ma molto più costosi dei precedenti. E ce ne sono
di nuovi alle porte. Ci si chiede, allora, a fronte della spesa sanitaria
sempre più alta, quale sia il loro reale rapporto costo-beneficio
Per saperne
di più
su tutto quanto
riguarda
i tumori
www.corriere.
it/salute/
sportello_
cancro
F
ino ai primi anni 2000 negli Usa un anno di trattamento con un farmaco oncologico costava, in
media, meno di 10mila dollari per paziente; dal
2005 al 2011 la cifra è salita a 30-50mila dollari.
Nel 2012, dei 13 nuovi farmaci approvati dalla
Fda (Food and Drug Administration) 12 costavano più di 100mila dollari per anno.In Europa la
tendenza è stata più o meno la stessa
Nelle ultime settimane si è discusso molto del
prezzo del Sofobuvir, farmaco contro l’epatite C.
Volendo però riflettere in puri (e duri) termini
farmacoeconomici, un medicinale come questo,
a fronte di una spesa “secca”, per quanto ingente, guarisce un malato di epatite C e solleva il
Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) dai costi, diretti o indiretti, che deve sostenere per lui.
Ci si potrebbe allora chiedere, seguendo lo
stesso criterio, se la spesa per i farmaci oncologici “renda” altrettanto, e in che termini valga la
pena che la società se ne faccia carico. «È un pro-
Quanto valgono
tre mesi di vita?
❞
Bilancio
Il tempo che fanno
guadagnare, ma
anche la sua qualità,
concorrono
a informare le scelte
e a nutrire il dibattito
sui nuovi medicinali
blema reale, — commenta Gianpiero Fasola,
presidente del Cipomo (Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri) e direttore
del Dipartimento di oncologia dell’ospedale universitario di Udine — visto che nel primo semestre del 2014 la spesa farmaceutica ospedaliera
ha già sforato il tetto previsto di ben 747,7 milioni di euro, e gran parte di tale spesa è dovuta ai
farmaci oncologici. Eppure, paradossalmente,
assistiamo a un razionamento di fatto di medicinali innovativi in oncologia, perché, visti gli alti
costi, arrivano in ritardo rispetto ad altri Paesi,
mentre continuiamo a mantenere in regime di
rimborso da parte del Ssn farmaci con rapporto
costo-efficacia molto incerto».
«Per diversi dei farmaci oncologici, anche
quelli più nuovi, sarebbe meglio porsi domande
approfondite sul reale rapporto costo-beneficio
e sulla reale portata della loro innovazione —
commenta Silvio Garattini, direttore dell’Istituto
farmacologico Mario Negri, di Milano —. Un
problema che, in origine, va fatto risalire all’Ema
(European Medicine Agency), che non chiede
per la loro approvazione studi comparativi, e
quando si fanno confronti si usano disegni sperimentali di non inferiorità. Quindi un nuovo
farmaco non deve dimostrare di essere superiore a quelli già in commercio per essere approvato in Europa». «A questo si aggiunga — continua Garattini — che spesso gli studi presentati
per l’approvazione del farmaco riguardano risultati rappresentati da end-point cosiddetti surrogati, cioè non incontrovertibilmente capaci di
provare gli effettivi benefici sulla sopravvivenza
del malato e sulla sua qualità di vita, considerando la tossicità».
Quindi allungano la vita ma non ne varrebbe la pena perché sarebbe una vita non di buona qualità?
«La qualità di vita va considerata insieme con
il tempo guadagnato — risponde Garattini—. Se
una terapia aggiunge pochi giorni e magari neppure vissuti bene, c’è da chiedersi se si tratti, talvolta, di una sorta di “accanimento terapeutico”,
e se lo Stato non farebbe meglio a investire gli
stessi soldi in altri settori della sanità».
«Situazioni di questo genere ci sono — conferma Carmine Pinto, presidente dell’Aiom (Associazione Italiana Oncologi Medici) —. Posso
citare un farmaco che, aggiunto alle terapie esistenti, dava solo 1-2 settimane di vita in più nel
tumore del pancreas, e infatti gli oncologi hanno deciso di non usarlo. Sono però solo parzialmente d’accordo sulla tossicità di questi farmaci,
che esiste, ma che semplicemente va conosciuta
e gestita. Non è quella classica dei chemioterapici: si esprime in modi diversi, per esempio a livello cutaneo, ma può essere arginata e non pesare sul rapporto costo-beneficio».
Anche senza arrivare a casi limite di settimane, con questi farmaci si parla spesso di
soli due-tre mesi in più di sopravvivenza.
«Porre il problema in questo modo è fuorviante — puntualizza Pinto —. Un mese di vita o
tre non hanno lo stesso significato per ogni patologia e per ogni situazione. Un farmaco di prima linea che aumenta di un mese o tre mesi la
sopravvivenza per il carcinoma della mammella
(per il quale i dati di sopravvivenza sono già mol-
Valutazioni
A volte va considerato l’aumento
della sopravvivenza raggiunto con
più preparati dati in successione e
non quello legato a un solo prodotto
to buoni ndr) non dà un vantaggio significativo,
ma se aumenta di due mesi la sopravvivenza in
un sarcoma per l’aspettativa di vita è molto breve, è diverso». «Facciamo un esempio concreto
— continua l’oncologo —. Per il carcinoma metastatico del colon abbiamo avuto per molti anni
solo un medicinale, che portava la sopravvivenza
da 6-8 mesi fino a 11. Alla fine degli anni 90 abbiamo introdotto due medicinali che aggiungevano 3 mesi ciascuno. Se li consideriamo singolarmente è una cosa, ma se si danno in successione è un’altra, perché la sopravvivenza aumenta parecchio. Un malato di carcinoma del colon
metastatico alla fine degli anni 90 viveva in media i 12 mesi, oggi ne può vivere 30».
Rimane però il problema dei costi altissimi.
«Un altro esempio può aiutare a capire — interviene Filippo de Braud, direttore del Diparti-
Anche su diagnostica e chirurgia
servirebbero analisi di efficacia
I
costi degli antitumorali sono in crescita, ma secondo
l’oncologo Filippo de Braud,
il tema va affrontato nel suo
insieme: «Più che il caro-farmaco, il vero nemico è la cattiva
medicina, che è fatta da molto
altro. Ci sono molti criteri per
verificare l’uso appropriato di
un farmaco mentre tante decisioni mediche molto più arbitrarie non hanno alcun controllo. Per esempio, quali sono
i criteri con cui si garantisce un
malato e la società sull’indicazione di un intervento chirurgico complesso e ad alto costo ?
Ci sono chirurghi bravi e coscienziosi che sanno riconoscere i propri limiti o di avere
esperienza modesta su certi in-
terventi e altri no ».
Sì, ma io vorrei sempre un
chirurgo che davanti a una situazione senza via d’uscita
avesse il coraggio di provarci.
«Io invece vorrei che il chirurgo avesse anche la capacità
di spiegarmi che nel mio interesse non è il caso di farlo o di
indirizzarmi, eventualmente,
da chi ha miglior esperienza di
lui. Altrimenti gli sprechi sono
enormi, sia per la minor probabilità di guarigione del paziente sia per le conseguenze in termini complicazioni o di nuove
operazioni. Per esempio, un intervento per tumore al pancreas o per sarcoma addominale
può costare, compreso il periodo post-operatorio, decine di
migliaia di euro. Se l’indicazione non è posta attraverso accurati criteri di selezione e se non
vengono attuati da equipe
esperte, centinaia di migliaia di
euro sono sprecati in quegli
ospedali con casistiche molto
limitate. Inoltre è inutile negare che talvolta in chirurgia si
opera di più se l’intervento è
più remunerativo.
«Per non parlare della cattiva diagnostica. Quanti fanno
magari 4 Tac, una dietro l’altra,
perché le prime 3 sono state
diagnostiche? Invece che 500
euro, quell’esame ne costa 2
mila allo Stato, senza contare i
rischi per il paziente».
L. Rip.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
La denuncia
Chemioterapici
vecchi, ma utili,
che spariscono
47
SALUTE
i sono proposte per eliminare dal rimborso
farmaci oncologici con costo-beneficio non più
convincente (si veda l’ articolo sotto) ma, d’altra
parte, c’è anche un problema opposto. Negli Usa
dal 2006 viene denunciata la carenza periodica
di “vecchi” chemioterapici ancora utili come terapia,
perlomeno parziale o iniziale, di diversi tumori.
«E accade anche in Italia» sottolinea Umberto Tirelli,
direttore del Dipartimento di Oncologia Medica
dell’Istituto Nazionale Tumori di Aviano (PN) .
C
«Le motivazioni che vengono riportate per queste
carenze sono di carattere produttivo o regolatorio,
oppure di cessata commercializzazione — precisa
l’oncologo—. Il commercio parallelo (si veda l’articolo alle
pagine successive) può essere una spiegazione, ma, solo
parziale, perché se le aziende produttrici garantissero
che i farmaci in questione fossero prodotti in misura
sufficiente cadrebbe il vantaggio economico che
sostiene questo fenomeno in Europa, e che negli Usa,
almeno a quanto mi risulta, non esiste, per esempio con
PROGRESSO NELLA SOPRAVVIVENZA DOPO 5 ANNI DALLA DIAGNOSI DI TUMORE NEGLI USA
Percentuali
L. Rip.
COSTO MEDIANO MENSILE DEI FARMACI ONCOLOGICI FRA IL 1965 E IL 2013 NEGLI USA
Dollari
70
100.000
65
10.000
60
1.000
55
100
50
10
45
1
19
79
19
81
19
83
19
85
19
87
19
89
19
91
19
93
19
95
19
97
19
99
20
01
20
03
20
05
20
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09
il Messico o il Canada». Le soluzioni al problema?
«Iniziative nei confronti delle industrie che
deliberatamente decidessero di non produrre più
farmaci vecchi, ma ancora utili, perché poco redditivi
rispetto a quelli nuovi — suggerisce Tirelli —. Oppure
disporre che l’Ospedale Militare di Firenze ne tenga
scorta come succede, per esempio, per gli antidoti
ai veleni che possono essere immediatamente messi a
disposizione, se mancassero, negli ospedali italiani».
(scala logaritmica)
1965
1970
1980
1990
2000
2010
Anno di approvazione Fda (Food and Drug Administration)
Anno di diagnosi
Fonte: High Cancer Drug Prices in the United States: Reasons and Proposed Solutions, Journal of oncology practice vol. 10, issue 4
QUANTO HANNO INCISO ANTINEOPLASTICI E IMMUNOMODULATORI SULLA SPESA FARMACEUTICA IN ITALIA NEL 2013
Spesa negli ospedali
Spesa complessiva pubblica negli ospedali e nelle farmacie
Spesa complessiva pubblica e privata
Antineoplastici
e immunomodulatori
Antineoplastici
e immunomodulatori
Antineoplastici
e immunomodulatori
39,23%
18,12%
13,79%
3.305
3.557
mln di euro
Totale
8.425
mln di euro
3.589
mln di euro
Totale
19.627
mln di euro
mln di euro
Totale
26.034
mln di euro
Fonte:
Osmed
2014
(dati 2013)
mento di oncologia sperimentale all’Istituto dei
tumori di Milano e consulente dell’Aifa dal 2000
al 2012 per l’area oncologica —. In questo momento si discute molto di farmaci per il melanoma. Tra questi ci sono gli inibitori di un oncogene, il Braf, la cui mutazione provoca un melanoma che porta a morte rapidamente. Un farmaco
che blocca il Braf può indurre la regressione
della malattia in poche settimane, ma a un costo
tra 90 e 120 mila euro per anno di cura . Vale la
pena o no? Per rispondere bisogna considerare
sebbene ci siano pazienti che non ne hanno beneficio e la media sopravvive circa 9 mesi invece
di 2, ce ne sono altri che restano in remissione
sotto trattamento per anni. Lo Stato quindi
spende in media circa 60-70 mila euro per
ognuno di questi malati. Ma chi non vorrebbe
questo farmaco se ne avesse le indicazioni?».
In questo caso però la medicina non si dà a
tutti i malati di melanoma, ma solo a chi è portatore del gene mutato. È chiaro che i costi totali sono più gestibili. Ma è sempre così?
«È vero — riprende Pinto —. Infatti uno dei
maggiori progressi negli ultimi anni è stata l’individuazione per i nuovi farmaci di marcatori
per selezionare i malati a cui servono davvero.
Questo comporta un risparmio di soldi e anche
di effetti collaterali per i pazienti che non ne be-
Corriere della Sera
neficerebbero. Anche qui vale la pena fare un
esempio. Un paziente con adenocarcinoma del
polmone trattato con la sola chemioterapia ha
12-13 mesi di sopravvivenza. Se però si trova la
mutazione di un gene (EGFR), presente nel 15%
dei casi, si può dare un farmaco per bocca che
costa circa 2-3 mila euro al mese (ce ne sono tre)
e si porta la sopravvivenza oltre i 20 mesi . Altro
caso paradigmatico è quello del carcinoma della
mammella avanzato. In questo caso gioca un
ruolo importante un gene (Her2), espresso in
circa il 20% dei casi. Per queste pazienti aggiungere al primo farmaco specifico per l’Her2 un secondo farmaco, migliora la sopravvivenza di 15
mesi, cioè non poco. Anche in questo caso il costo aggiuntivo è di 2-3mila euro al mese. Certo
anche questi test, che hanno un costo, vanno
usati secondo precisi criteri».
Ci sono altri modi per limitare la spesa sanitaria per questi farmaci?
«Esistono diversi strumenti che si applicano
non solo ai farmaci oncologici — spiega Luca
Pani, direttore generale dell’Agenzia Italiana del
Farmaco —. Il primo è l’istituzione di appositi
registi che monitorano l’efficacia reale del farmaco nel tempo. Il secondo, legato al primo, è
l’adozione di meccanismi di rimborso da parte
dell’azienda al Servizio sanitario in caso di falli-
mento parziale o totale delle terapia» (si veda
articolo alle pagine successive).
«Gli strumenti realizzati dall’Aifa sono utilissimi, — aggiunge Fasola — però le Istituzioni
dovrebbero anche stabilire un limite sostenibile
di costi per anno per ogni nuova terapia oncologica da introdurre nel sistema e, tenendo quella
cifra come riferimento, fare le negoziazioni per
il rimborso».
Sembra un meccanismo molto rigido.
«Andrebbe stabilito in base a parametri che
tengano conto del rapporto fra costo-beneficio
di un nuovo farmaco in relazione a quello di altri
farmaci esistenti con analoga indicazione, e che
considerino la reale qualità di vita oltre che il
tempo guadagnato: un indice del genere esiste e
si chiama Icer (Incremental Cost-Effectiveness
Ratio, in italiano Rapporto costo-beneficio incrementale)».
Paradossi
Terapie avanzate entrano in ritardo
nell’uso clinico perché troppo care,
mentre si continua a rimborsarne
altre dai vantaggi incerti
«C’è però un rischio — interviene Daniela Scaramuccia, della società Valuepartner e membro
della Commissione Sviluppo Sanità Regione
Lombardia —. L’introduzione di tetti specifici
per aree terapeutiche rischia di creare competizioni fra pazienti (per esempio fra i malati di
epatite C e quelli di tumore). Inoltre, per ottimizzare le risorse un indice che tenga contro di tempo e qualità della vita è utile, ma non sufficiente,
perché per cogliere i benefici anche economici
generati da una nuova terapia bisognerebbe verificare quanto risparmio effettivo si genera nel
sistema. Per esempio: se una medicina fa risparmiare perché riduce la necessità di trapianti, si
dovrebbe poi andare a rivedere l’organizzazione
del sistema trapianti e la spesa correlata. Non si
tratta di imprese facili, ma mettendo davvero bene in rete dati e risorse di un sistema sanitario
come il nostro sarebbe possibile ottenere ottimi
risultati».
«In ogni caso la nostra proposta di introdurre
un limite preciso di riferimento garantirebbe risorse certe per i farmaci innovativi e consentirebbe una revisione del prontuario per sospendere dal rimborso quelli senza i requisiti minimi
per restarvi» conclude Fasola.
Luigi Ripamonti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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48
Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
SALUTE
La ricercatrice
Inchiesta
«Come paziente
ho apprezzato
i piccoli successi»
ylvie Menard ha combattuto il cancro per
tutta la vita: 45 anni trascorsi nei laboratori
dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano
come ricercatrice sul fronte del tumore al
seno, gli ultimi 10 anche da paziente, dopo aver
scoperto di avere un mieloma multiplo. «In pochi
giorni da malata ho capito ciò che mi era sfuggito
per anni — racconta —. Da scienziata avevo un
obiettivo chiaro: guarire le persone, per sempre. Il
mio lavoro era basato su statistiche e percentuali.
S
Non riuscivo a comprendere quanto può essere
rilevante ottenere settimane di vita in più per
partecipare a un evento di famiglia o a una cena
con amici. Da malata - e di una forma di cancro da
cui non si guarisce, ma con la quale si può
convivere a lungo grazie ai nuovi farmaci - ho
capito l’importanza dei piccoli successi, di
settimane o mesi guadagnati con una cura
innovativa. Ho imparato che, se anche il cancro
non è guaribile, è fondamentale che sia curabile».
Giorni che contano per chi è malato
Un medicinale che allunga la vita, anche di poco, non ha prezzo per chi è coinvolto
direttamente. Ma non tutti i principi attivi sono in grado di fare davvero la differenza
Inviate
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corriere.it/
sportello_
cancro_dite_
la_vostra_
spazio_libero
_per_i_lettori
P
oter partecipare alla
laurea di un nipote, al
matrimonio di una figlia, fare l’ultima vacanza con la famiglia o trascorrere
ancora un Natale con i propri
cari... desideri che non hanno
prezzo. Il valore di un nuovo
medicinale, che ha un costo
esorbitante per il Servizio sanitario ma consente di vivere una
manciata di mesi in più, per
pazienti e familiari è davvero
inestimabile.
«Senza considerare che non
è possibile prevedere se da una
terapia il singolo malato trarrà
un giovamento “nella media”,
ovvero la sua sopravvivenza
verrà prolungata di qualche
mese come indicano le statistiche relative alle sperimentazioni, o superiore (arrivando a un
anno o più), com’è naturale
sperare quando il tumore t’interessa direttamente». A raccontare il punto di vista di chi il
cancro lo vive sulla propria pelle è Elisabetta Iannelli, segretario generale della Federazione
delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (Favo) e vice-
presidente dell’Associazione
Italiana Malati di Cancro (Aimac). Quando aveva 24 anni
Iannelli si è trovata a combattere contro una neoplasia. Oggi
ha superato i 45, è sposata e ha
una figlia, sta bene e, da avvocato, si è specializzata nella tutela dei diritti dei malati.
«Conosco benissimo il valore di una terapia — dice Iannelli — perché 15 anni fa sono stata salvata da un farmaco innovativo che era stato da poco approvato all’estero, ma non era
❞
Consapevolezza
Chi soffre va aiutato con
sensibilità e delicatezza
a capire quali sono i casi
in cui l’utilizzo di una
cura non necessaria
si può ripercuotere
sui malati stessi
e sull’intera collettività
ancora entrato nella pratica clinica in Italia. Mancava un ultimo passaggio burocratico. Il
mio oncologo chiese alla casa
farmaceutica di poterlo avere
per “uso compassionevole”,
perché l’unica alternativa era
comprarlo di tasca mia all’estero. Oggi posso dire che quel
medicinale mi ha salvato la vita. Era però uno di quelli che
hanno fatto la storia, portando
la guarigione a migliaia di pazienti».
Non tutti i farmaci hanno lo
stesso strepitoso successo. Per
una molecola che cambia completamente le sorti dei malati,
ce ne sono centinaia che hanno
un effetto meno prorompente.
In tempi di crisi tocca fare i
conti anche su questo e parlare
di “sostenibilità del sistema” a
chi ha un genitore, un fratello,
un partner o un figlio malato di
cancro. A chi lotta in prima
persona, sperando di poter veder crescere i propri bambini o
godersi gli anni della pensione.
Favo e Aimac da anni sollecitano medici, aziende produttrici e istituzioni ad affrontare
Elisabetta
Iannelli,
segretario
generale della
Federazione
delle
Associazioni
di Volontariato
in Oncologia
(Favo)
il problema e assumersi le proprie responsabilità. «Il numero
di malati è in aumento, i tagli
in sanità riguardano inevitabilmente anche l’oncologia —
prosegue l’avvocato —. Quello
che noi chiediamo è che sul
fronte dell’organizzazione sanitaria si vada a incidere sugli
sprechi, che esistono e non sulla parte migliore del sistema,
che funziona. E che i pazienti
siano aiutati a comprendere la
loro responsabilità sociale,
perché l’utilizzo di una cura
non necessaria o inutile si ripercuote sui malati stessi e sull’intera collettività. Non ci si
deve accanire nel pretendere a
tutti costi un ulteriore trattamento, quando invece è più
opportuno concentrarsi su cure palliative e antalgiche per
migliorare il tempo restante.
Certo, è fondamentale che a
guidare pazienti e familiari,
con delicatezza e spiegazioni
esaurienti, siano gli specialisti
(oncologi, radioterapisti, chirurghi, magari con l’aiuto di
psicologi), perché il momento
è delicatissimo e l’emotività al-
ta». Il punto cruciale è quello
della discussione delle cure negli stadi più avanzati della malattia.
Numeri alla mano, ben un
quarto dei fondi impiegati per
la terapia di ciascun malato viene sborsato nell’ultimo anno di
vita; di questi fondi il 40% è erogato durante l’ultimo mese. I
medici, lo si sente ripetere da
anni nei convegni scientifici
internazionali, devono imparare a comunicare meglio ciò che
è utile e ciò che non lo è nelle
fasi terminali e più critiche della patologia. Troppo spesso si
finisce per prescrivere “un altro
ciclo” per non spiegare alla famiglia che “non c’è più nulla da
fare”. Qualcosa di utile, invece,
lo si può fare sempre: ci sono le
cure palliative e quelle contro il
dolore, che rendono migliore
la vita del paziente e spesso finiscono per allungargliela. Ma
di frequente, queste cure, vengono usate solo nelle ultime
settimane di vita, mentre sarebbe assai utile anticiparle.
E anche il passaggio dall’ospedale all’hospice o alle cure domiciliari va coordinato
meglio, perché sovente, purtroppo, la dimissione equivale
a un “abbandono”, in cui è difficile trovare i riferimenti giusti. Così, oppressi dalla paura e
dal dolore, molti finiscono per
peregrinare in cerca di un’ulteriore, magari “miracolosa”, cura.
Vera Martinella
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
SALUTE
Inchiesta
49
Tre accordi tra Sanità e Industria
alla spesa totale
1 Tetto
per singolo farmaco
del rischio
2 Condivisione
Sconto fisso (spesso 50%)
a seconda
3 Pagamento
dei risultati
sul prezzo per i primi cicli
di trattamento, ma solo
sui casi di insuccesso
(documentati)
Si negozia con l’azienda,
per un farmaco, un limite di spesa
prefissato, superato il quale i soldi
pagati dallo Stato vanno restituiti
Rimborso (spesso 100%)
del costo sostenuto per i pazienti
che non rispondono al farmaco
(in base a risultati documentati)
Fonte: Rapporto Osmed 2014 (dati 2013)
Corriere della Sera
Si può risparmiare ma non lo si fa
L’Aifa ha adottato meccanismi per la restituzione dei soldi spesi per terapie
inefficaci. Ma nel recupero dei crediti le Regioni non sono tutte efficienti
Sui mancati rimborsi pesa
anche una polemica in merito
all’efficacia del metodi adottati
dall’Aifa per la raccolta dei dati.
All’Agenzia Italiana del Farmaco viene contestato un sistema
di compilazione delle schede
troppo complicato e gravoso
per i medici.
Non solo: dopo una fase in
cui i dati delle schede sono stati
raccolti e gestiti per Aifa da un
fornitore esterno, si è passati a
un nuovo fornitore, e i dati sarebbero diventati, almeno in
parte, irrecuperabili.
«Sono due problemi diversi
— chiarisce Luca Pani, direttore generale dell’Aifa —. Per
quanto riguarda la gravosità del
sistema, vorrei che si tenesse
presente che la prescrizione
La mappa dei rimborsi nel 2012 (valori in euro, arrotondati)
Per saperne
di più
sul tema
dell’articolo
si può visitare
il sito dell’Aifa
http://www.
agenziafarma
co.gov.it
Valle D'Aosta
Rimborsi
effettuati
dalle aziente
farmaceutiche
Lombardia
Bolzano
Prov.Trento
5.808.268 178.102
44.387
844.252
191.249
1.748.601
211.766
20.720
84.087
Friuli V.Giulia
866.433
173.417
192.964
Veneto
Piemonte
U
na delle misure messe
in atto negli ultimi anni
per mantenere in equilibrio i conti del Servizio sanitario nazionale di fronte
alla crescita dei prezzi dei farmaci è quello della cosiddetta
“condivisione del rischio”.
Si tratta, in realtà, di un insieme di meccanismi attraverso
i quali l’Aifa (Agenzia Italiana
per il farmaco) chiede alle
aziende farmaceutiche di assumersi l’impegno di restituire
tutto o parte del capitale impegnato dallo Stato per i loro farmaci in caso di inefficacia totale o parziale della terapia una
volta somministrato ai malati.
«Ci sono diversi tipi di accordo, che possono cambiare da
caso a caso — chiarisce Luca Pani, direttore generale dell’Aifa
—. Per semplificare possiamo
dire che i principali sono il Risk
sharing (condivisione del rischio), il Payment by result (pagamento a fronte del risultato) e
il Cap (tetto alla spesa totale per
singolo farmaco). Sono modalità attraverso le quali, con tempistiche diverse, si paga l’azienda
in base al risultato ottenuto, oppure si chiede la restituzione di
parte dei soldi spesi. Nel caso
del cosiddetto Cap si negozia
prima con l’azienda per un determinato farmaco un limite di
spesa prefissato, superato il
quale i soldi spesi dallo Stato
vanno restituiti».
Sembra però che non tutti i
soldi che dovrebbero tornare
nelle casse della Sanità ci tornino davvero.
«In effetti è un problema —
conferma Carmine Pinto, presidente del’Aiom (Associazione
Italiana Oncologi Medici) —.
Perché la delega al recupero di
questi crediti è affidata alle Re-
28.093
1.950
7.650
Rimborsi esigibili
e non richiesti
dalle farmacie
ospedaliere
1.988.448
437.307
627.838
316.573
1.232.814
Liguria
Rimborsi
non validati
dalle aziende
farmaceutiche
755.644
72.906
497.735
Rimborsi totali
3.020.036
300.122
748.569
Toscana
TOTALE
31.288.450
9.958.653
Sardegna
Campania
Emilia-Romagna
2.684.046
387.685
908.885
Marche
4.183.531 352.114
Umbria
476.726
77.074
213.873
1.362.833
761.155
3.683.801
676.124
157.681
529.027
Basilicata
Sicilia
384.276
45.811
98.622
2.533.302
448.048
702.451
Calabria
426.279
177.832
157.044
Abruzzo
871.320
121.792
185.152
Molise
Puglia
1.720.403
276.018
565.128
269.320
61.747
21.047
Fonte: Rapporto Osmed 2013 (dati 2012)
gioni e alcune, come per esempio Emilia-Romagna e Lombardia, sono molto efficienti, mentre altre recuperano magari solo
una frazione di quanto potrebbero».
La procedura
Oncologi e farmacisti
ospedalieri compilano
le schede relative
a ciascun caso
Responsabilità
Con una singola
prescrizione si può
far spendere allo Stato
cifre minime o enormi
911.337
169.883
232.273
2.561.548
2.966.243
528.709
5.012.231
1.990.123
443.368
532.752
37.693
8.401.121 413.738
3.768.807
3.053.594
3.980.616
1.326.285
1.313.493
4.068.727
767.673
1.178.265
Lazio
2.827.384
465.084
891.063
46.259.333
2.661.019
285.147
822.641
Corriere della Sera
«D’altronde il meccanismo è
complesso — continua Pinto
—. Si fonda su documenti (le
schede Aifa) che devono essere
compilate dagli oncologi, poi
valutate e completate dai farmacisti ospedalieri. Se, per esempio, un malato ha fatto due cicli
di cura invece dei quattro inizialmente previsti, perché magari la terapia non è stata efficace oppure non è stata tollerata,
si deve inviare una scheda per il
rimborso alla casa farmaceutica, dove esistono uffici che esa-
minano il documento e provvedono alla restituzione dei soldi
all’Azienda Sanitaria che ha
comprato il farmaco. È un procedimento in cui ognuno deve
fare bene la propria parte».
Effetti indesiderati
Il trattamento può,
ad esempio, essere
interrotto per
problemi di tossicità
Allo studio
● Le criticità
del sistema
deriverebbero
dall’eccessiva
complessità
● Si studiano
metodi che
semplifichino
il lavoro dei
professionisti
coinvolti
medica è un gesto con cui, con
un tratto di penna, si può far
spendere allo Stato 1 euro oppure 20 mila. Credo sia legittimo responsabilizzare tutti su
questo tema, anche chiedendo
un po’ di sforzo. Un’analisi della
spesa e dei suoi effetti è necessaria se vogliamo conservare il
nostro Sistema sanitario solidale e universalistico. Per ovviare alle difficoltà della raccolta dei dati abbiamo ridisegnato
il sistema informativo, che è diventato più articolato ed efficiente, e tiene traccia in modo
univoco dei pazienti trattati e
dei prescrittori. Stiamo studiando metodi che semplifichino il lavoro, ma i medici devono
essere consapevoli del carico di
responsabilità che si prendono
con i costi che gestiscono.
Quanto al problema del cambio
di fornitore e della riconciliazione dei dati, è in corso un
contenzioso legale per ovviare
ai problemi ch sono stati rappresentati».
L. Rip.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Strategie per consentire l’accesso più ampio possibile alle cure
Idee nate a sostegno di Paesi in via di sviluppo potrebbero ispirare modelli applicabili anche in altre situazioni
D
Esteban
Burrone,
Capo del
dipartimento
di Policy
del Medicines
Patent Pool
di Ginevra
i fronte all’aumento dei
prezzi dei farmaci, i sistemi sanitari, e non solo
quelli dei Paesi in via di
sviluppo, si trovano nella condizione di non poter assicurare terapie fondamentali ai propri cittadini. Il problema non esiste da oggi e
viene discusso da anni a diversi livelli: ha riguardato soprattutto i
farmaci anti-Aids per i Paesi dell’Africa subsahariana e lo studio di
strategie per assicurare lo sviluppo
di terapie e vaccini per malattie
molto diffuse (malaria, Tbc resistente eccetera) ma non remunerative, dal momento che il bacino
d’utenza è rappresentato soprattutto da abitanti di nazioni non in
grado di pagare cifre sufficienti a
restituire gli investimenti necessa-
ri e/o a garantire un utile ai produttori. «Si può trattare anche solo
di nuove formulazioni — spiega
Esteban Burrone, capo del dipartimento di Policy del Medicines Patent di Ginevra, ente istituito sotto
l’egida dell’Oms —. Per esempio,
l’Aids nei bambini viene curata
con medicine per gli adulti. Ma
non potendo dare una grossa pastiglia a un bambino di un anno, si
cerca di rimediare con uno sciroppo, che però ha un sapore terribile,
Impegno internazionale
Il problema ha riguardato
soprattutto i principi attivi
anti Aids per gli Stati
dell’Africa subsahariana
così il bambino la seconda volta lo
sputa, e quindi non fa la terapia».
Le difficoltà da superare possono
anche essere, apparentemente,
banali. «Per esempio, alcuni farmaci hanno bisogno di essere conservati al freddo — ricorda Manica
Balesagaram, medico, direttore di
Access Campaign di Medici senza
Frontiere —. E si può immaginare
che problema sia in certe aree dell’Africa».
La questione di fondo rimane,
però, che da società che devono distribuire utili ai loro azionisti è difficile aspettarsi investimenti sistematici in settori non remunerativi.
Per ovviare, almeno in parte, al
problema, sono state studiate varie strategie fra organizzazioni
non governative, agenzie interna-
zionali (Onu, Oms eccetera) e industrie private.
Uno è appunto il Medicines Patent Pool: l’ente propone alle case
farmaceutiche di cedergli i brevetti per certi farmaci in modo da gestirli collettivamente, insieme ad
altri di altre compagnie.
Lo scopo è porsi come interlocutore unico nei confronti di terze
industrie, produttrici di generici,
per concedere loro il diritto di realizzare i farmaci e commercializ-
Il Medicines Patent Pool
Un interlocutore unico
fra detentori di brevetti
e produttori di generici
per i mercati «poveri»
zarli a basso prezzo in determinati
Paesi, corrispondendo un premio
economico al Patent Pool, il quale
lo girerà a sua volta alle case farmaceutiche proprietarie del brevetto. Il fine è migliorare la disponibilità di farmaci nuovi e più
adatti ai pazienti nei Paesi in via di
sviluppo.
Il Patent Pool, infatti, funziona
da sportello unico per tutte le parti
coinvolte; in questo modo, facilita
il processo legale e burocratico, riduce le spese e accresce l’accesso
alla proprietà intellettuale necessaria per la produzione di medicinali importanti. Le medicine diventano più economiche e più veloci da ottenere.
L. Rip.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
50
Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
SALUTE
Nuove norme
Inchiesta
Le contromisure
per evitare
disagi ai pazienti
l ministero della Salute ha stabilito la procedura
da seguire in caso di indisponibilità temporanea
di un farmaco, con il decreto legislativo
19/2/2014, n. 17 e con una circolare esplicativa
del 18 giugno scorso. In sintesi, se il farmacista
non ha un medicinale richiesto dal cittadino, lo
ordina al grossista che ha l’obbligo di consegnarlo
entro 12 ore (la fornitura è considerata servizio
pubblico). Se il farmaco non è disponibile, il
farmacista deve rivolgersi direttamente alla casa
I
farmaceutica che deve provvedere entro 48 ore.
Se anche l’azienda non adempie, il farmacista
deve segnalare il farmaco mancante e anche il
grossista a cui si è rivolta, alle autorità competenti.
Queste devono accertare eventuali violazioni da
parte del grossista dell’obbligo di servizio pubblico,
che comporta sanzioni di diversa gravità: multa da
3 mila a 18 mila euro, sospensione di un mese
della licenza di commercio o sua revoca in caso di
violazioni ripetute.
L’odissea dei farmaci introvabili
Controlli a tappeto sulla distribuzione, ma alcune categorie di medicinali
continuano a scarseggiare. Colpa del mercato parallelo (ma non solo)
Per saperne
di più
sull’argomento
dell’articolo
consultare:
www.salute.
gov.it
L’
indisponibilità di alcune categorie di medicinali in farmacia è un
fenomeno che non si
blocca. Nonostante la circolare
del ministero della Salute del
giugno scorso abbia introdotto
un sistema di responsabilità e
di controlli (vedi sopra) ben
precisi e più stringenti, le farmacie registrano ancora la
“scomparsa” di farmaci antitumorali, antidepressivi, per il
trattamento del morbo di
Parkinson e dell’ipertensione,
nonché di antiepilettici, broncodilatatori, anticoagulanti e
di preparati anti-colesterolo.
Tutti gli “attori” della filiera
del farmaco sono impegnati a
trovare una soluzione al problema, ma non è così semplice. Da una parte, infatti, Federfarma, Farmindustria e la stessa Agenzia italiana del farmaco
individuano nel “mercato parallelo” dei medicinali all’interno della Ue - e dunque nella catena della distribuzione - la
causa principale delle carenze.
Dall’altra, i grossisti della distribuzione puntano il dito sul-
NASO
O
le aziende produttrici - che a
loro dire limiterebbero i quantitativi “a monte” - e comunque
su un sistema regionale che
concederebbe in modo indiscriminato e senza controlli autorizzazioni a diventare distributori.
Il commercio parallelo di
medicinali, occorre ricordarlo,
è consentito da leggi europee
che si ispirano al principio della libera circolazione delle
merci. In cosa consiste? Grossisti e farmacisti autorizzati
comprano medicinali destina-
5
miliardi di euro
Il giro d’affari del commercio
parallelo di farmaci in Europa.
I medicinali risultati indisponibili
temporaneamente per problemi
di distribuzione, compreso il
commercio parallelo sono:
antiemicranici, antitumorali,
antibiotici, antidepressivi,
antiasmatici, antiepilettici .
ti al mercato italiano, che mediamente costano il 30% in meno rispetto al resto d’Europa,
perché è il Servizio sanitario
nazionale a negoziare il prezzo
con l’industria farmaceutica.
Poi rivendono i medicinali su
mercati dove i prezzi di vendita
sono superiori, come in Germania, nel Regno Unito o nei
Paesi scandinavi, e quindi guadagnano sulla differenza.
Secondo Aifa, per altro, l’indisponibilità di farmaci si verifica in alcune regioni più che in
altre. Le stesse regioni probabilmente (Campania in primis), dove sono concentrate
gran parte delle 360 farmacie
che a detta dell’Associazione
distributori farmaceutici sfruttano le licenze non per fare attività di distribuzione ma solamente per l’export parallelo.
Che la questione delle autorizzazioni alla distribuzione sia
un punto cruciale, lo sottolineano anche Aifa e Federfarma
nazionale: «Continuiamo a fare pressione sulle Regioni —
spiega il presidente Annarosa
Racca — perché diano le auto-
ORECCHIE
CHIE
Vendite vantaggiose
Per alcuni farmaci risultati carenti, i prezzi in Italia
e i prezzi massimi registrati in Germania
(Stato che, insieme all’Inghilterra e ai Paesi
Scandinavi, è considerato uno dei possibili “approdi”
del commercio parallelo di farmaci)
COSTO/EURO
Italia
Germania
TIPO DI FARMACO
(Principio attivo)
Fluidificante del sangue
(Enoxaparina sodica 4000)
Protettivo gastrico
(Esomeprazolo magnesio
triidrato 40 mg)
Per l’iperplasia prostatica
benigna
(Dutasteride)
Per il tumore al seno
(Anastrozolo 1 mg)
34,42
52,30
8,89
14,10
29,41
47
46,78
74,80
52,26
83,60
10,17
16,30
68,43
275,10
Broncodilatatore
(Formoterolo fumarato
soluzione per inalazioni)
Anti ipertensivo
(Irbesartan +
idroclorotiazide 300 mg)
Per il Parkinson
(Pramipexolo dicloridrato
monoidrato 2,1 mg)
Fonte: Federfarma Lazio
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© RIPRODUZIONE RISERVATA
In Europa dibattito in corso tra chi crede
nei vantaggi delle importazioni
e chi vede rischi di «vampirizzazione»
l commercio parallelo di farmaci è oggetto di
dibattito in tutta l’Unione europea. A partire
dai dati sul “giro d’affari”: 5,5 miliardi, secondo l’Efpia (Federazione europea industrie e
associazioni farmaceutiche); 4,5 miliardi a detta
dell’Eaepc (Associazione europea degli importatori paralleli).
L’Eaepc sostiene che la distribuzione parallela
rappresenta meno del 3% del mercato farmaceutico in Europa e che il livello di questo commercio è rimasto stabile negli ultimi 5 anni anche se
la dinamica tra i Paesi può cambiare.
«Il Regno Unito è stato un mercato di importazione leader nel 2004 — dicono gli importatori
paralleli —, ma da allora la sua quota di mercato
si è dimezzata. La Svezia, d’altro canto, ha visto la
penetrazione delle importazioni aumentare a se-
OCC
CHI
Corriere della Sera
rizzazioni soltanto ai veri grossisti e non a chi vuole solo
esportare».
Anche tra chi si dedica al
mercato parallelo, tuttavia, si
fanno dei distinguo: «Le farmacie autorizzate alla distribuzione dovrebbero anche essere
in regola con le Gpdp (Good
parallel distribution practice,
ndr) che sono le norme di buona distribuzione stilate dalla
Commissione europea — sottolinea Claudia Rinaldi, referente dell’Associazione titolari
di autorizzazioni all’importazione parallela di medicinali
dall’Europa (Aip) —. In Italia
invece siamo in pochi e c’è un
problema di controlli». In realtà, le Regioni hanno fatto partire controlli a tappeto. «Le Asl
stanno facendo ispezioni sui
grossisti: non su tutti i 1.100 distributori italiani, ma su quelli
maggiormente conosciuti, cioè
i nostri iscritti» si lamenta Sergio Sparacio, presidente di Adf.
In generale, produttori, distributori e farmacie invocano
un ripensamento delle regole.
Lo ha detto anche il Tribunale
di Roma che ha archiviato la
denuncia presentata un anno
fa da Federfarma Lazio sulla vicenda, ma ha sottolineato che
«la rarefazione di determinate
categorie di farmaci, quantitativamente inidonei a far fronte
alle richieste dell’utenza, è conseguenza negativa di un assetto
normativo carente».
Ruggiero Corcella
I grossisti
Occorre in primo luogo intendersi
sulla definizione di «carenza»
e capire che alla base del fenomeno
c’è la crisi dell’intera filiera
Le industrie
Gli Stati della Ue devono smettere
di comprare prodotti al ribasso,
e concordare un prezzo abbordabile
ottenuto in base a criteri oggettivi
guito delle leggi di liberalizzazione delle farmacie. La Germania è attualmente il più grande
mercato d’importazione con circa il 10 - 11% della
quota. In Italia, l’importazione parallela rappresenta meno dell’ 1% del mercato».
L’Eaepc difende il proprio operato e puntualizza: «Carenze e irreperibilità dei farmaci nella filiera rappresentano un fenomeno che va oltre i
confini dell’Europa è che non può essere addebitato esclusivamente al commercio parallelo. Innanzitutto, va posto l’accento sul significato stesso di carenza, argomento dibattuto in tutti gli
Stati. Non si può parlare di carenze nel caso in cui
sia disponibile sul mercato nazionale il farmaco
equivalente, oppure, come sostiene l’Autorità
della Concorrenza francese, venga dispensato in
un tempo inferiore alle 72 ore. Il fatto è che oggi
le difficoltà di budget di molti sistemi sanitari
mettono sotto pressione i margini di tutta la filiera logistica. In passato il costo legato al mantenimento di riserve di stock da usare in caso di rotture poteva essere tranquillamente sopportato,
oggi no, e di conseguenza la filiera diventa più
sensibile alle fluttuazioni a breve termine».
Le aziende che di dedicano al commercio parallelo, sottolineano piuttosto gli effetti positivi
della loro attività: «La distribuzione parallela
consente ai Paesi importatori di ottenere un risparmio per i sistemi sanitari e i pazienti. A
quanto ammontino tali risparmi dipende dalle
norme nazionali di rimborso».
La Federazione delle industrie, dal canto suo,
se da una parte riconosce che il commercio parallelo è solo una delle cause della indisponibilità dei farmaci, dall’altra aggiunge che «un aumento dei suoi livelli è insostenibile sia dal punto di vista economico che politico, nella misura
in cui questo crea carenze in mercati a basso reddito che vengono utilizzati per alimentare la domanda di commercio parallelo».
In buona sostanza, sembra di capire che si tema una sorta di “vampirizzazione” di alcuni Stati
della Ue a tutto vantaggio dell’export parallelo.
Per evitare quelle che bolla come distorsioni
del mercato, Efpia ha rivolto un appello a tutti gli
Stati membri della Ue «ad abbandonare l’importazione di prodotti a basso prezzo da altri paesi e
ad avere un prezzo abbordabile in ciascun mercato in base a criteri oggettivi».
In particolare, la Federazione delle industrie
farmaceutiche ha chiesto una maggiore compattezza fra i diversi Stati per riuscire a ridurre le interruzioni nella catena di approvvigionamento
dei farmaci e li ha invitati a presentare proposte
concrete in un Forum europeo. L’obiettivo? Raggiungere una maggiore trasparenza in tutti i passaggi della filiera di approvvigionamento dei medicinali, in modo da garantire così un reale accesso ai farmaci da parte dei cittadini .
R. Co.
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Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
Inchiesta
SALUTE
Galenici
Le medicine
preparate
dal farmacista
er farmaco galenico (o preparato galenico)
si intende un medicinale preparato dal
farmacista nel laboratorio di una farmacia,
o di una parafarmacia.
Il termine galenico fa riferimento a Galeno, medico
dell’antica Grecia, che fra il secondo ed il terzo
secolo d. C. adoperò numerose erbe medicinali
o loro estratti come farmaci.
All’interno dei farmaci galenici si distinguono
i preparati galenici magistrali o formule magistrali e
P
Quando il prezzo decuplica
e la molecola resta quasi uguale
Il caso di un preparato per la sclerosi multipla in Olanda (per adesso)
Per saperne
di più
sulle patologie
del sistema
nervoso
corriere.it/
salute/
neuroscienze
Trattamenti
● Per la
sclerosi
multipla
esistono tre tipi
fondamentali
di terapia
farmacologica
● Terapie
dell’attacco
Farmaci dati
per pochi giorni
o settimane
quando
si verifica
un attacco (o
una ricaduta)
● Terapie a
lungo termine
Servono a
modificare la
progressione
della malattia,
la frequenza
degli attacchi
e a ridurre la
disabilità
nel tempo.
● Terapie
sintomatiche
Servono,
insieme ai
trattamenti
fisici e
riabilitativi,
a gestire
i sintomi e
migliorare la
qualità di vita.
D
i recente, in Olanda, come riferito dal
quotidiano De Telegraaf, un farmaco
per la sclerosi multipla, il dimetil-fumarato, prodotto dall’azienda americana
Biogen Idec (in fase di negoziazione del prezzo
per questa malattia anche in Italia) è stato messo
in vendita al costo di circa 13 mila euro l’anno per
paziente. Niente di particolarmente strano. Se
non per il fatto che il dimetil-fumarato è già in
vendita in Olanda, ma per la cura della psoriasi
(non commercializzato da Biogen Idec) a circa
1.200 euro all’anno per paziente. E i medici non
possono prescrivere la versione per la psoriasi ai
pazienti con sclerosi multipla. Com’è possibile?
«Il farmaco è stato registrato molti anni fa in
Germania per la psoriasi dalla nostra azienda,
ma la molecola utilizzata ora per la sclerosi multipla non è la stessa — precisa Giuseppe Banfi,
amministratore delegato di Biogen Idec Italia
—. È stata infatti modificata chimicamente e nel
dosaggio. Il dimetil-fumarato è stato sperimentato per la sclerosi multipla recidivante-resistente, con tutta la trafila necessaria per lo sviluppo
clinico, cioé con studi di tossicità, fase 1, fase 2 e
poi fase 3 in due sperimentazioni su un totale di
circa 3mila pazienti. Sulla base dei dati prodotti
il farmaco è stato approvato nel 2013 negli Usa e
quest’anno in Europa, dove gli è stata riconosciuta la definizione di nuova sostanza attiva».
Una differenza di dieci volte nel prezzo rispetto alla “versione” per la psoriasi, però, non può
non sorprendere, soprattutto se si considera che
il farmaco può essere realizzato in farmacia come preparato galenico (si veda il box in alto nella pagina) e costa, come materia prima, pochi
euro a chilogrammo (in origine il principio attivo era un antimuffa).
Divieto
I medici non possono prescrivere
per la sclerosi multipla
la «vecchia versione»
registrata per la psoriasi
«Il prodotto per la psoriasi è stato lanciato in
tempi diversi, quando lo sviluppo di un farmaco
era meno impegnativo rispetto a oggi — ribatte
l’amministratore delegato di Biogen Idec Italia
—. Per ottenere una nuova indicazione bisogna
ripartire da zero con gli studi e la sperimentazione ed è questo che pesa economicamente, e che
conta. Fare un confronto diventa specioso».
Però il prezzo del dimetil-fumarato per la sclerosi multipla è stato oggetto di riflessione e dibattito anche in Paesi “ricchi” come la Svizzera,
dove nel 2013 è stata depositata un’interpellanza
parlamentare da parte di Kessler Magrit : “Omologazione del dimetil -fumarato per la cura della
sclerosi multipla”. Quanto affermato nell’interpellanza non contraddice il fatto che sia neces-
In Svizzera
Nel 2013 nella Confederazione
Elvetica è stata presentata
un’interpellanza parlamentare
relativa allo stesso principio attivo
sario sostenere costi per produrre i dati per una
nuova indicazione con una molecola esistente e
modificata, però sottolinea che, comunque, la
molecola è realizzabile anche in farmacia a costi
molto bassi rispetto al farmaco venduto dall’azienda (l’interpellanza, con la risposta delle
autorità elvetiche, si può leggere all’indirizzo
www.parlament.ch/i/suche/pagine/geschaefte.aspx?gesch_id=20133442).
Va detto che il preparato industriale, rispetto a
quello galenico può vantare una “gastroprotezione”, tuttavia l’osservazione sulla notevole discrepanza di costi è di particolare attualità anche
in Italia, visto che di recente anche nel nostro Paese è stata presentata un’interrogazione di tenore simile al ministro della Salute da parte di alcuni deputati del gruppo 5Stelle, su un altro farma-
Le cifre della malattia
Il costo sociale della sclerosi
multipla in Italia in un anno
2,7 miliardi di euro
La frequenza della malattia
nelle donne rispetto agli uomini
2a1
Mondo
2,5-3 milioni
di casi
❞
La replica
Il costo per ottenere
l’indicazione è legato
a nuove sperimentazioni
Europa
600 mila
i preparati galenici officinali o formule officinali.
I primi sono medicinali preparati dal farmacista,
in farmacia, sulla base di una prescrizione medica
destinata a un determinato paziente.
I secondi, invece, sono medicinali preparati
autonomamente dal farmacista, in farmacia,
secondo la Farmacopea di un Paese membro
dell’Unione europea, e destinati ad essere
dispensati direttamente ai pazienti che si servono
in tale farmacia.
rato), il medicinale può essere preparato come
galenico, e costare molto meno rispetto a quello
commercializzato dall’azienda farmaceutica e
perciò hanno domandato se si possa ipotizzare
un intervento istituzionale volto ad assicurare il
farmaco galenico ai malati che ne facessero richiesta.
«Abbiamo più volte chiesto all’Agenzia Italiana del Farmaco il rimborso per la Fampridina, —
precisa Giuseppe Banfi — ma l’Aifa ha risposto
di non ritenere sostenibile per l’Italia la nostra
proposta e si è detta non del tutto convinta del
Vicende analoghe
Nella trattativa con il Servizio
sanitario per medicinali come questi
pesa il fatto che sono realizzabili con
esborso molto più basso in farmacia
La diffusione
L’età della diagnosi
nella maggioranza dei casi
20-40 anni
Il tasso di insorgenza
prima dei 18 anni
2-3%
51
Italia
72 mila
Fonte: Aism CdS
co per il trattamento della sclerosi multipla, ancora una volta di Biogen Idec: la Fampridina.
Nell’interrogazione , in sintesi, si sollecitava
un intervento a favore dei malati di sclerosi multipla che in Italia vogliono curarsi con questo
farmaco, che non è rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale e che costa a ogni paziente 550
euro al mese.
Nella loro richiesta i parlamentari hanno sottolineato che (come nel caso del dimetil-fuma-
rapporto beneficio-rischio. Ora presenteremo
nuovamente domanda esibendo nuovi studi».
«Proprio perché esiste una versione galenica
del medicinale, molto economica, il prezzo proposto dall’azienda produttrice è stato giudicato
troppo alto — risponde Luca Pani, direttore dell’Agenzia Italiana del Farmaco —. Noi dobbiamo
mantenere l’equilibrio del sistema. È chiaro che
il prezzo di un farmaco non corrisponde al costo
di produzione, ma al costo di produzione dei dati che ne dimostrano l’utilità, però il prezzo non
può essere sempre completamente staccato dal
valore del prodotto». «In una situazione economica come quella attuale — continua Luca Pani
— è naturale che esistano restrizioni nei casi in
cui si sia di fronte non a una innovazione radicale, ma a operazioni di riadattamento e miglioramento chimico di vecchi farmaci. In questi casi
non è più sostenibile per il sistema far ripartire il
brevetto per altri vent’anni».
Luigi Ripamonti
RIPRODUZIONE RISERVATA
52
Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
SALUTE
@
Corriere.it/ salute
Vivere con il web
a cura di Daniela Natali
Pedagogia
Risponde
Anna Rezzara,
professore
ordinario
di Pedagogia,
Facoltà
di Scienze della
Formazione,
Univ. Bicocca,
Milano
Ho due figlie, una di 22 anni e l’altra
di 12. Il mio problema è la minore: da
qualche tempo ha un atteggiamento
scontroso nei confronti di tutta la famiglia e fa di tutto per chiudersi in camera
con il suo telefono e la sua musica.
Curiosando tra le sue cose, mi sono
accorta che con il telefono fa ben altro
che parlare: riceve messaggi dai suoi
compagni con i compiti già svolti e soprattutto ho scoperto che ha un fidanzatino con il quale si è già baciata e al
quale giura eterno amore.
Ho cercato di rassicurarla su qualunque fosse il motivo del suo comportamento “distaccato” (da noi avrebbe potuto ricevere solo comprensione), le ho
proposto di scrivermi, di messaggiare
con me ma nulla è cambiato.
Come devo fare? È piccola fisicamente (non ha avuto il primo ciclo, non si
trucca, non è né carne né pesce insomma) ma le sue esperienze sia in ambito
scolastico (con il passaggio di compiti),
sia in ambito affettivo mi preoccupano
perché le reputo in anticipo rispetto all’età che ha. Non so come comportarmi.
Lettera firmata
I
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Oltre 160 medici specialisti
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Il sito della settimana
Sindrome
di Poland in rete
È POSSIBILE CHE OGGI
L’ADOLESCENZA INIZI A 12 ANNI?
NON È TROPPO PRESTO?
comportamenti che osserva in sua
figlia sono segnali chiari di preadolescenza. È un periodo di transizione
in cui avvengono graduali mutamenti fisici, mentali e psicologici con
ritmi personali e differenziati, in cui
cambia progressivamente il significato
dei rapporti con famiglia, scuola e amici. In cui si è come sospesi, incerti, tra
l’identità infantile, ormai da lasciarsi alle spalle, e un’identità futura, attraente
e temibile allo stesso tempo, ma comunque ancora indefinita e difficile anche solo da immaginare.
Vuol dire essere, come lei dice “né
carne né pesce”, e questa è una condizione impegnativa proprio per le insicurezze, le ansie che produce.
I preadolescenti hanno nostalgia dell’infanzia e ancora bisogno di sicurezza
e protezione ma provano forte un desiderio nuovo di emancipazione, libertà.
Da parte dei genitori sono da evitare
sia il rifiuto di queste nuove spinte evolutive, sia, all’opposto, ogni anticipazione e accelerazione di quello che maturerà progressivamente.
Non è difficile e laborioso solo per i
ragazzi questo passaggio, ma anche per
i genitori che non li riconoscono più,
proprio come per loro è un lavoro quoti-
diano riconoscersi nei cambiamenti
continui , fisici, psicologici, mentali, di
gusti e di umore.
E spesso non aiuta i genitori neppure
il ricordare la propria adolescenza e
preadolescenza, perché quella dei figli è
diversa: i tempi sono diversi ed è mutano quindi il modo di attraversare l’adolescenza; è mutata la stessa collocazione nel tempo dell’adolescenza, che è
tendenzialmente anticipata.
Che cosa può fare allora un genitore?
Innanzitutto essere convinto che i figli
in questo periodo hanno molto bisogno, a dispetto delle apparenze, che i
genitori continuino a fare i genitori.
Questo momento particolare è una necessaria fase di passaggio, non una malattia che prima o poi passa. È un periodo che ci chiede nuovi modi di essere
genitori. Occorre comunicare, più con
gesti concreti che a parole, che ci accorgiamo dei cambiamenti, che li accogliamo, magari a fatica, ma ne comprendiamo il senso.
È importante essere disponibili al
colloquio, osservare e ascoltare; vigilare
anche sulle esperienze dei figli preadolescenti, ma senza pensare di controllare tutto ciò che fanno, lasciando loro la
possibilità di provare, anche di sbagliare, perché le piccole trasgressioni, gli
insuccessi fanno parte della crescita.
È necessario mostrare interesse per
ciò che fanno e disponibilità a parlarne
senza richieste pressanti, stimolarli a
sperimentarsi in vari campi, sostenendoli, riconoscendo i loro successi, aiutandoli ad accettare gli insuccessi.
I cambiamenti, e le difficoltà, del crescere dureranno un tempo lungo: è importante che i genitori si predispongano a un percorso, a una evoluzione.
Nel suo caso non mi preoccuperei
della precocità della relazione di sua figlia: sono i primi passi di un’educazione
sentimentale, che lei potrà accompagnare quanto più si mostrerà interlocutrice disponibile e comprensiva, senza
giudizi e censure non giustificati dai
fatti.
E non mi preoccuperei neppure troppo dei compiti copiati: sono piccoli
espedienti che servono sia a risolvere
una temporanea difficoltà ad assolvere
il lavoro scolastico - perché magari
troppo presi da altre vicende -, sia, forse, a sentirsi parte di un gruppo che scopre la complicità.
53
Dai forum dei nostri esperti
NEUROLOGIA
L’ansia peggiora il mal di testa?
Da qualche settimana soffro spesso di forti dolori al collo che si irradiano a destra e a sinistra
della testa. A volte ho una sensazione di pressione a testa e a orecchie che dura pochi secondi. Mi
capita poi di sentire fitte alla testa quando mi
piego o mi schiarisco la gola. Sono preoccupato,
tenga presente che sono un ansioso.
Risponde
La Sindrome di Poland,
malattia rara che colpisce un
bambino ogni 20-30 mila,
comporta malformazioni
agli arti e ai muscoli pettorali.
Informazioni per i malati
e i loro familiari si possono
trovare sul sito
dell’Associazione Italiana
Sindrome di Poland
www.sindromedipoland.org
L’area «Aspetti medici»
contiene approfondimenti
sulla malattia, su come si
presenta e che cosa provoca,
sulla diagnosi prenatale.
Nella sezione «Sindrome di
Poland» cliccando su
«Aspetti burocratici»
è possibile scaricare
il questionario per segnalare
difficoltà nell’accesso
ai diritti, non parimenti
riconosciuti in tutte le
Regioni. Particolarmente utile
è l’area «Agevolazioni»: qui
sono disponibili informazioni
sui Centri di diagnosi e cura,
su come ottenere l’esenzione,
e su quali sono le
agevolazioni riconosciute a
chi soffre di questa patologia.
La più cliccata
Alberto
Proietti
Centro Cefalee,
Istituto
Nazionale
Neurologico
Carlo Besta,
Milano
a sintomatologia è variegata e apparentemente con manifestazioni non correlate tra
loro. La predisposizione ansiosa può amplificare i disturbi, favorendone maggiore
intensità e ricorrenza. Tuttavia, l’esordio recente, la frequenza e l’intensità dei disturbi, pur di
breve durata, lo scatenarsi per manovre come
chinarsi o schiarirsi la voce, impongono un approfondimento clinico (anche semplicemente
con controlli dei valori di pressione arteriosa) e
strumentale. Ne parli con il suo medico.
L
FITOTERAPIA
Ci sono erbe contro la disfunzione erettile?
So che contro la disfunzione erettile esistono diversi prodotti chimici non privi di effetti collaterali anche preoccupanti. Ho letto però che esistono prodotti naturali a base di Arginina e Tribulus, e altri ancora, che potrebbero essere utili.
Mi potrebbe precisare quale tra questi prodotti
ha superato prove validate ed è più affidabile.
Risponde
Fabio
Firenzuoli,
Centro
medicina
integrativa
Azienda
ospedaliera
universitaria
Careggi, Fi
unica sostanza naturale realmente attiva
contro la disfunzione erettile è la corteccia di Yohimbee (un albero africano), che
però non può essere utilizzata negli integratori, bensì solo nei medicinali perché può
avere anche effetti collaterali. Invece, le piante di
libera vendita, come il Tribulus, la Damiana o la
Ginkgo, come pure gli integratori di Arginina,
hanno un ruolo marginale nella terapia della disfunzione erettile e dovrebbero essere prescritti
in base alle necessità cliniche del paziente.
L’
DISTURBI DEL SONNO
Effetti della marijuana
sul cervello. Analizzati
consumatori abituali e non,
con tre tecniche di risonanza
magnetica: nei primi
si è notato un quoziente
intellettivo inferiore rispetto
ai volontari di pari età.
Una bimba urla mentre dorme, di pomeriggio
La mia bambina, di 2 anni, ieri durante il sonnellino pomeridiano ha cominciato a urlare e a
piangere fortissimo. Era sudata e con gli occhi
aperti. È convalescente da un’influenza e ha mal
di gola, perciò lanciava anche degli “ahi... ahi”.
La crisi è durata circa dieci minuti. Oggi è capitato lo stesso, sempre nel pomeriggio. Che fare?
Il sito video della settimana
Risponde
Che cosa fare quando i bimbi
hanno l’influenza? I consigli
del dottor Gianpietro
Chiamenti, presidente
della Società italiana medici
pediatri, in una
videointervista, online da
domani su Corriere.it/salute
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Lino Nobili
Centro
medicina
del sonno,
Dipartimento
neuroscienze,
Ospedale
Niguarda,
Milano
li episodi potrebbero essere compatibili
con un quadro di “pavor nocturnus”.
Tali episodi si verificano nel sonno più
profondo, indipendentemente dall’ora.
I principali fattori scatenanti sono la febbre e
qualsiasi fenomeno infettivo, la deprivazione di
sonno e un ritmo sonno-veglia irregolare. Sono
fenomeni che di solito non richiedono farmaci,
ma solo attenzione da parte dei genitori (per evitare che la bimba si faccia male) e la riduzione o
l’eliminazione di eventuali fattori scatenanti.
G
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dall’autoliso delle proteine del pesce, insieme
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informazione sull’influenza, si presenta con
nuovi servizi e sezioni, per essere sempre
più utile e divenire il luogo di riferimento a
cui rivolgersi per capire, in modo semplice
ma approfondito, come l’influenza vada
contrastata e perché la vaccinazione sia uno
strumento efficace per farlo. Fra le nuove
sezioni, quest’anno il sito ne dedica una a
chi soffre di cardiopatie. Il servizio esperti
on-line risponde ai quesiti su influenza,
sua sintomatologia e sull’opportunità della
vaccinazione in soggetti con un quadro
clinico complicato. Un blog sarà il collettore
di tutte le notizie. Il servizio ha ottenuto
il riconoscimento della SIMVIM, Società
Italiana di Medicina di Viaggi e delle
Migrazioni, e della SITECS, Società Italiana
di terapia clinica e sperimentale, che hanno
deciso di sostenere l’iniziativa.
Il progetto ha ottenuto inoltre il Patrocinio
del Ministero della Salute.
Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera
54
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di Maria Volpe
Sopravvivere
a mani nude
(e non solo)
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sperimento sociologico
o reality estremo?
Donne e uomini nudi,
insieme per 21 giorni, in
uno degli angoli più remoti
del pianeta. Lo show
mostra in ogni episodio
coppie di esperti di
sopravvivenza alle prese
con situazioni estreme:
clima ostile, niente cibo,
acqua, vestiti. Per questi
«novelli Robinson Crusoe»
il segreto sarà trovare
subito la giusta affinità tra
di loro e provare a
sopravvivere.
Nudi e crudi
DMax, ore 22.50
Manette a Clini,
Gabanelli indaga
L
a prima inchiesta del
programma di Milena
Gabanelli è su Corrado
Clini, ex ministro Ambiente
arrestato per peculato:
aveva finanziato un
progetto di riqualificazione
ambientale in Iraq per 54
milioni di euro e, secondo i
magistrati, una parte di
quei soldi sarebbero tornati
a lui attraverso una banca di
Lugano. Sotto la lente della
Procura è finita anche la
sua compagna, Martina
Hauser, consulente del
ministero dell’Ambiente.
Seconda inchiesta su Hera,
multiutility tra le maggiori
in Italia: gestisce luce,
acqua, gas e rifiuti per 250
Comuni. La società ha sede
in un’area industriale
dismessa di Bologna, dove
il livello di inquinamento
sarebbe tale da mettere a
rischio i 700 lavoratori.
Report
Rai3, ore 21.45
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Corriere della Sera Domenica 16 Novembre 2014
55
Sul web
Forum «Televisioni»: www.corriere.it/grasso
Videorubrica «Televisioni»: www.corriere.tv
LA TELEVISIONE IN NUMERI
Giovane, interattivo e social: ecco il grande pubblico di «X Factor»
Top & Flop
M
usica, televisione, social media: ecco
il terzetto di successo della tv 2.0,
quella che non si guarda semplicemente sdraiati sul divano, ma si commenta live, si condivide con gli amici,
si trasforma in evento da non perdere.
Questa settimana la musica in televisione domina la classifica di Nielsen Twitter Tv Ratings: al primo posto dei programmi più cinguettati due eventi
legati alla pop music, gli MTV European Music
Awards (quasi 190.000 lettori di tweet relativi, più
di 860 mila cinguettii) e — da oltre un mese in testa
alla classifica — l’ottava edizione di «X Factor»
(175.000 lettori e oltre 115.000 cinguettii nelle ore
CHE DIO CI AIUTI
Elena Sofia Ricci
37.068.000 spettatori,
25,38% di share. Rai1,
giovedì 13 novembre, ore
21.25
CACCIA AL KILLER
Tom Selleck
Per l’ispettore Jesse Stone
449.000 spettatori, 1,83%
di share. La7, sabato 8
novembre, ore 21.21
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26(
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1;
172
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8/ #
precedenti, durante e dopo la messa in onda).
Fra Auditel e «social tv» gli ordini di grandezza
sono molto differenti, ma la dimensione «sociale»
diventa particolarmente rilevante quando il programma pesca fra spettatori giovani: è il caso dell’attuale edizione di «X Factor», che viaggia regolarmente, il giovedì sera, su oltre 1 milione e 100 mila
spettatori medi. Pubblico giovane, pubblico interattivo, pubblico partecipativo: un’area di sovrapposizione rilevante fra televisione e Rete, attraverso
smartphone e tablet (il cosiddetto «second screen»).
Il dato più rilevante di questo «X Factor» targato
Sky, sia rispetto alle edizioni precedenti sia, soprat-
*2 2
*2 tutto, rispetto alle edizioni Rai, è infatti l’età anagrafica del pubblico: gli spettatori con età compresa fra 8 e 15 anni raggiungono il 14% della platea (e
oltre il 35% fra gli abbonati pay).
Questo pubblico — di dodici anni più giovane rispetto a quello delle edizioni Rai, e particolarmente
«vicino» al nuovo giurato Fedez — è senz’altro
quello più attivo su Twitter, su Facebook, su WhatsApp e col televoto. Un pubblico non poi così sensibile alle «sceneggiate» di Morgan, che ha annunciato l’abbandono, ma chissà se ci ripenserà…
In collaborazione con Massimo Scaglioni,
elaborazione Geca su dati Auditel
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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BARI
CAGLIARI
FIRENZE
GENOVA
MILANO
NAPOLI
PALERMO
ROMA
TORINO
VENEZIA
NAZIONALE
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I numeri vincenti
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3
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57 Numero Oro
42
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64
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3
1 5
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Ai 4:
565,73
nessuno
Ai 3:
26,53
nessuno
Ai 5 stella: nessuno
29.751,06
Ai 4 stella: 56.573,00
79
3 9
80
Ai 3 stella:
2.653,00
Ai 2 stella:
100
Agli 1 stella:
10
Agli 0 stella:
5
Lotto Svizzero Estrazione di sabato 15 novembre 2014
6
18
Chance
4
22
29
Joker
Replay
www.corriere.it/giochiepronostici
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LA SOLUZIONE DI IERI
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2
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6
1
4
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5
Come si gioca
Bisogna riempire la
griglia in modo che ogni
riga, colonna e riquadro
contengano una sola
volta i numeri da 1 a 9
Altri giochi su www.corriere.it
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18 Numero Jolly
61 Numero SuperStar
Jackpot indicativo prossimo concorso: 39.300.000,00
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Superenalotto - Combinazione vincente
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GIOCHI E PRONOSTICI SUDOKU DIABOLICO
Estrazioni di sabato 15 novembre 2014
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Domenica 16 Novembre 2014 Corriere della Sera