CERIDONO_RESEARCH AND PROFESSIONAL PRACTICE

3rd EATA Research Conference
RESEARCH AND PROFESSIONAL PRACTICE: HOW RESEARCH CAN TAKE ITS ROOTS IN PRACTICE?
Ricerca e pratica professionale: in che modo la ricerca può affondare le sue radici nella pratica?
May 22-23, 2014 - Hotel Regina Margherita Cagliari - Italy
Contributi per una ricerca radicata nella pratica in Analisi Transazionale
Contributions for a research rooted in practice in Transactional Analysis
Davide Ceridono, CTA Trainer P
IRPIR
Rilevando il bisogno di ricerca nell’Analisi Transazionale, vengono considerate alcune opportunità di
sviluppo nella direzione dell’evidenza basata sulla pratica e della riduzione della distanza tra ricerca e
pratica. Sono individuati alcuni punti chiave per favorire lo sviluppo della ricerca AT nella direzione
indicata. A tale proposito sono presentati i contributi forniti dall’Analisi Transazionale Socio-Cognitiva, in
linea con il filone di ricerca intrapreso da Scilligo, e viene prospettata una modalità per integrare la teoria, la
pratica e la ricerca nella formazione degli Analisti Transazionali. Sono infine riportati alcuni risultati delle
ricerche condotte nei Centri Clinici delle scuole di formazione in psicoterapia che seguono il modello
dell’Analisi Transazionale Socio-Cognitiva.
Noting the need for research in Transactional Analysis, are considered some opportunities for development
in the direction of evidence-based practice and reduction of the gap between research and practice. Some key
points are identified to facilitate the development of TA research in the direction indicated. In this regard, the
contributions from Social-Cognitive Transactional Analysis are presented, according the line of research
undertaken by Scilligo, and is proposed a way to integrate theory, practice and research in the training of
Transactional Analysts. Finally are reported some results of research conducted in the training clinics of the
training schools in psychotherapy that follow the model of Social-Cognitive Transactional Analysis.
L’Analisi Transazionale è una psicologia sociale sviluppata da Eric Berne (1961) negli anni ‘60.
Nel corso degli ultimi quarant’anni la teoria di Berne si è evoluta fino ad includere applicazioni alla
psicoterapia, al counselling, all’educazione, e allo sviluppo organizzativo. In questi diversi campi
applicativi l’AT promuove la salute e la crescita delle persone, delle relazioni interpersonali, dei
gruppi e delle organizzazioni. L’AT ha radici teoriche che affondano nella psicoanalisi e nelle teorie
delle relazioni oggettuali; inoltre ha attinto ai modelli umanistici esperienziali, cognitivi e
comportamentali. L’AT si colloca nel paradigma relazionale secondo cui la personalità si struttura
all’interno delle relazioni interpersonali, e la sofferenza ed il benessere nascono e si mantengono
entro tali relazioni.
L’AT è un approccio nato nella pratica clinica ed è fortemente orientato alla pratica. Come ogni
approccio pratico, soprattutto nel campo della psicoterapia, l’Analisi Transazionale ha bisogno di
sviluppare la ricerca per dimostrare la sua efficacia, per validare le sue teorie, per migliorare la
formazione e la pratica, in ultima analisi, per il benessere dei clienti e della comunità. A questo
proposito esiste una rivista specializzata nella ricerca in AT, di libero accesso nel web:
l’International Journal of Transactional Analysis Reseaarch (www. ijtar.org).
Ricerca e pratica in psicoterapia
Nell’affrontare il tema della ricerca e della pratica, mi pongo dalla mia prospettiva di formatore
di psicoterapeuti Analisti Transazionali. Parlerò più spesso di psicoterapia, perché si tratta del mio
campo applicativo specifico, ma anche perché l’AT è nata come psicoterapia. Quello che dico a
proposito della psicoterapia, in molti casi può essere trasposto agli altri campi applicativi dell’AT.
Pratica basata sull’evidenza ed evidenza basata sulla pratica
La necessità di fornire una base di evidenza empirica alla pratica della psicoterapia ha portato
allo sviluppo del paradigma della Pratica Basata sull’Evidenza (PBE), che propone una pratica
clinica basata sulle prove fornite dalla ricerca (Margison, et al, 2000). In questo ambito, in un primo
tempo si è puntato sulla metodologia delle prove controllate casualizzate (Randomized Controlled
Trial, RCT), che privilegia la validità interna, ossia il controllo dei rapporti causa-effetto tra
Variabile Indipendente e Variabile Dipendente. La ricerca condotta seguendo il paradigma della
PBE ha fornito una serie di prove sull’efficacia di numerosi trattamenti. Il paradigma top-down
della PBE sostiene che la ricerca dovrebbe informare chi lavora in campo applicativo suggerendo
“dall’alto” quali interventi sono più efficaci. Tuttavia le conoscenze fornite da tale ricerca rischiano
di avere poca utilità pratica per vari motivi tra cui la diversità tra i contesti di ricerca e i contesti
clinici. La validità esterna delle prove è scarsa e quindi è molto limitata la possibilità di
generalizzare i risultati.
Per ovviare ad alcuni limiti del modello PBE si è sviluppato il paradigma dell’Evidenza Basata
sulla Pratica EBP in cui si dà spazio alla direzione inversa: si parte “dal basso”, per cui chi è
immerso nella pratica contribuisce ad orientare la ricerca. Nella EBP si parte dalla pratica per
sviluppare una ricerca che tiene conto degli utenti reali e degli operatori reali, e che produce
conoscenze generalizzabili ai contesti in cui si svolge la pratica. In questo modo si privilegia la
validità esterna, ossia la possibilità di generalizzare i risultati. I due paradigmi complementari
possono contribuire insieme allo sviluppo delle conoscenze.
L’evidenza basata sulla pratica (Barkham, Hardy, & Mellor-Clark, 2010) si focalizza su una
questione fondamentale: il trattamento è efficace per questo specifico cliente? Gli obiettivi primari
della ricerca basata sulla pratica sono: a) stabilire l’efficacia dei trattamenti; b) migliorare la qualità
dei servizi, per un particolare cliente e per un sistema di cura; c) comprendere la natura dei
trattamenti psicoterapeutici attraverso l’accumulo delle evidenze riguardo alla pratica.
Un progetto di ricerca basata sulla pratica
Un interessante ed ambizioso progetto internazionale di ricerca basata sulla pratica è stato
proposto da Elliott e Zucconi (2005). Il progetto è finalizzato allo studio dell’efficacia
(effectiveness) della psicoterapia e dei training in psicoterapia attraverso diversi orientamenti
teorici, popolazioni di clienti, e gruppi linguistici/nazionali. Il progetto parte dall’osservazione che
il gap tra ricerca e pratica ha contribuito al fatto che molte forme di psicoterapia sono
sottorappresentate nella lista dei trattamenti basati sull’evidenza. Per sostenere il riconoscimento di
tali psicoterapie è necessario sviluppare la ricerca usando una varietà di metodi. Il progetto,
chiamato International Project on the Effectiveness of Psychotherapy and Psychotherapy Training,
IPEPPT, propone quattro temi di ricerca: l’esito della terapia, il processo terapeutico, i predittori del
cliente, e l’esito del training. I quattro temi dovrebbero essere misurati sia a livello di concetti
panteorici, quali ad esempio l’alleanza terapeutica o la gravità dei problemi del cliente, sia a livello
di concetti specifici relativi al modello di trattamento, alla popolazione dei clienti, alla cultura
nazionale. Questo permette di confrontare i risultati di ricerche condotte con modelli teorici diversi,
e sviluppare una base comune di conoscenze scientifiche. L’IPEPPT, fornisce vari modelli e ricchi
contributi per sviluppare progetti di ricerca basati sulla pratica e finalizzati a studiare l’efficacia. Un
aspetto interessante del progetto è che propone di fare ricerca basata sulla pratica nei centri di
formazione considerando che: a) l’abilità di usare e condurre la ricerca su processo e risultato della
psicoterapia è un aspetto fondamentale della competenza del terapeuta; b) cominciare a fare ricerca
durante la formazione è un buon modo per imparare i metodi di ricerca; c) partecipare ad una
ricerca con rilevanza clinica favorisce un atteggiamento positivo verso la ricerca e l’integrazione di
ricerca e pratica (Elliott e Zucconi, 2005).
Radicare la ricerca nella pratica
Nel gruppo di ricerca dell’IRPIR, l’idea di radicare la ricerca nella pratica non si limita all’uso
del paradigma dell’evidenza basata sulla pratica, ma mira in particolare a ridurre lo scollamento che
separa la ricerca e la pratica e ad orientare la ricerca non solo alla verifica, ma anche alla scoperta.
Proposte per radicare la ricerca AT nella pratica
Per radicare la ricerca AT nella pratica proponiamo di: 1) stimolare gli analisti Transazionali a
raccogliere informazioni in modo sistematico dall’esperienza nei loro campi di applicazione e a fare
ricerca attraverso una metodologia semplice; 2) fare ricerca nei luoghi di formazione e nei centri
clinici delle scuole di formazione; 3) fornire ai futuri CTA una formazione di base nella ricerca, al
fine di promuovere la riflessione sulla pratica e sulla teoria, ed offrire loro la possibilità di fare
qualche esperienza di ricerca collegata alla propria pratica. (Ceridono, 2011; Ceridono, Gubinelli,
De Luca, 2009).
Cosa serve per radicare la ricerca AT nella pratica?
In linea con queste proposte ci chiediamo: di cosa abbiamo bisogno per radicare la ricerca AT
nella pratica? Prima di tutto ci serve fare ricerca in contesti di realtà clinica, dove utenti “reali”
(non selezionati ad hoc a scopo di ricerca) usufruiscono di interventi in cui viene applicata l’AT. In
secondo luogo sono necessarie definizioni chiare degli interventi AT, che permettano di valutare
l’aderenza al modello e di comunicare la propria esperienza. Questo implica definire su base teorica
gli aspetti fondamentali che caratterizzano l’Analisi Transazionale. Per fare ricerca occorrono
inoltre definizioni operative dei concetti teorici AT. Anche questo richiede una riflessione teorica
sull’Analisi Transazionale, ed apre la strada alla possibilità di misurare i concetti su cui si fa ricerca.
Pertanto per radicare la ricerca AT nella pratica dobbiamo anche sviluppare la riflessione teorica e
radicare la ricerca nella teoria AT. Inoltre servono strumenti di osservazione per misurare i concetti
AT, a cui affiancare strumenti panteorici per poter confrontare i risultati con quelli prodotti in
contesti diversi dall’AT. Per coinvolgere nella ricerca chi è impegnato nella pratica, è importante
disporre di strumenti di osservazione facili da usare ed utili non solo per la ricerca, ma anche
direttamente per la pratica stessa. Infine è necessario conoscere ed usare vari metodi di ricerca,
quantitativi e qualitativi, di gruppo e sul caso singolo, che consentano una ricerca non solo orientata
alla verifica, ma anche alla scoperta (Elliott, 2010).
Una riflessione filosofica ed epistemologica
In tutto questo, per non perderci nella foresta della ricerca e della pratica, non può mancare una
riflessione filosofica ed epistemologica sulla ricerca scientifica, che ci aiuti a cogliere i limiti e le
risorse delle diverse posizioni che assumiamo nel relazionarci alla pratica ed al conoscere. A questo
proposito Scilligo (2004, 2009a, 2009b) ha sottolineato i limiti sia della posizione dell’oggettivismo
naturalistico che prevale nella ricerca empirica, sia del soggettivismo estremo tipico del
costruttivismo radicale, ed ha proposto una posizione dialettica in cui rigore scientifico possa
dialogare con la conoscenza che si sviluppa creativamente dall’esperienza.
Contributi per radicare la ricerca AT nella pratica
Presenterò brevemente il “terreno” della ricerca all’IRPIR e alcuni contributi forniti da Pio
Scilligo, da Lorna Benjamin, e dal gruppo di ricerca dell’IRPIR, che ci aiutano a radicare nella
pratica la ricerca AT.
Il terreno della ricerca all’IRPIR: i centri clinici
Il gruppo di ricerca dell’IRPIR, organizzato nel Laboratorio per la Ricerca sul Sé e sull’Identità
(LaRSI), svolge la ricerca pratica soprattutto nei sei centri clinici delle quattro scuole di psicoterapia
che seguono il modello dell’Analisi Transazionale Socio-Cognitiva (Bianchini e Ceridono, 2011;
Ceridono e Bastianelli, 2013; Spallazzi e Gubinelli, 2000). Nei centri clinici gli allievi del terzo e
quarto anno di formazione, conducono un modulo di psicoterapia breve supervisionata, con 2
incontri di intake, 21 sedute, e 2 incontri di follow-up. Gli allievi somministrano una serie di
questionari all’inizio, durante il percorso, alla fine, ed al follow-up, secondo un protocollo comune.
Tutte le sedute sono audio-registrate e in parte trascritte. Fare ricerca sui nostri allievi e sui loro
clienti risponde a diverse esigenze: a) verificare l’impatto del nostro lavoro; b) validare nella pratica
le nostre teorie; c) verificare le impressioni ricavate dal lavoro clinico e di supervisione; d) formare
gli allievi alla ricerca e stimolarli a riflettere sistematicamente sulla propria pratica e sulla teoria; e)
approfondire la conoscenza dei clienti, dei loro problemi e dei loro bisogni nel nostro contesto
terapeutico; f) migliorare la qualità di un servizio che viene offerto in modo quasi gratuito, in
cambio della collaborazione nella ricerca.
La ricerca nei centri clinici delle scuole di psicoterapia ci permette di promuovere un circolo
virtuoso tra formazione, pratica, ricerca e teoria. Costituisce inoltre una base di dati significativi per
l’AT, in quanto negli ultimi dieci anni abbiamo formato oltre 750 Psicoterapeuti Analisti
Transazionali Certificati.
I contributi di Pio Scilligo e del gruppo di ricerca dell’IRPIR
Scilligo credeva fortemente nella necessità sviluppare la ricerca in AT e di collegare la ricerca
alla pratica clinica e alla formazione. A questo proposito ha introdotto nei corsi di formazione in
psicoterapia alcune unità didattiche sulla metodologia della ricerca scientifica, e su strumenti
statistici e psicometrici. Inoltre ha sviluppato dei progetti di ricerca nei quali gli allievi sono soggetti
e al tempo stesso collaboratori alla ricerca. Scilligo aveva intrapreso a partire dagli anni ’80 un
filone di ricerca che si è mosso verso tre obiettivi interconnessi:
1) conferire fondamento teorico ai concetti di base dell’AT, utilizzando un numero limitato di
concetti di alto livello di astrazione, con chiaro potere esplicativo, e consolidato valore scientifico;
2) sviluppare definizioni operative dei concetti AT, strettamente connesse ai costrutti teorici di
livello di astrazione superiore;
3) sviluppare strumenti di osservazione che permettano di fare ricerca empirica usando questi
concetti.
Il filone di ricerca condotto da Scilligo ha condotto a diversi frutti, che sono stati integrati nello
sviluppo dell’Analisi Transazionale Socio-Cognitiva ATSC (Scilligo, 2009, 2011). L’ATSC spiega
la mente e il comportamento attingendo alle conoscenze in numerosi ambiti scientifici, quali i
modelli relazionali della psicologia sociale, le teorie cognitive degli schemi, le neuroscienze, la
teoria dell’attaccamento.
Nell’ATSC, per collocare i concetti dell'AT nel contesto scientifico più ampio e per facilitare la
ricerca, Scilligo ha proposto un nuovo modello di stati dell’Io definito in termini dimensionali. Il
modello si basa su dimensioni fondamentali su cui convergono le conoscenze di diversi modelli
teorici in ambito psicologico, nonché delle discipline biologiche e sociali. Nello specifico Scilligo
ha formulato due tipi di definizioni degli stati dell’Io (Scilligo, 2006, 2009; Ceridono, Gubinelli e
Scilligo, 2009; De Luca e Tosi, 2011): la definizione teorica dimensionale degli stati dell’Io nei
termini di dimensioni evoluzionistiche ed evolutive; la definizione operativa degli stati dell’Io e
delle transazioni per mezzo della Structural Analysis of Social Behavior (SASB) di Lorna Benjamin
(1974, 1996). Coerentemente con tali definizioni, Scilligo ha introdotto l’uso dei questionari Anint
(Intrex) basati sulla SASB per la misurazione degli stati dell’Io in termini di processi relazionali
interpersonali e intrapsichici (Scilligo, 2000, 2009; Scilligo e Benjamin, 1993). Inoltre, sempre sulla
linea della definizione operativa dei concetti dell’AT, Scilligo ha creato il questionario Espero per
le ingiunzioni e le controingiunzioni, utilizzabile per la ricerca e per la clinica (Scilligo, 2005).
La SASB di Lorna Benjamin: uno strumento per la ricerca e la pratica
Nella ricerca condotta da Scilligo e dal gruppo dell’IRPIR, la Structural Analysis of Social
Behavior (SASB) di Lorna Benjamin (1974, 1996, 2003) svolge un ruolo centrale. La SASB
fornisce due tipi di strumenti di misura: un sistema di codifica del comportamento, e una serie di
questionari. La propongo alla vostra attenzione in quanto è uno strumento che permette di studiare
molti concetti dell’AT. Sebbene sia adottata dall’Analisi Transazionale Socio-Cognitiva, la SASB si
può usare anche con modelli teorici diversi, AT e non AT, pertanto può essere considerata uno
strumento transteorico.
La Structural Analysis of Social Behavior, SASB, creata da Lorna S. Benjamin (1974, 1996,
2003), è un metodo per descrivere il comportamento interpersonale e intrapsichico. La SASB è
come una bussola che permette di orientarsi in un mare di dati relazionali, operando distinzioni
fondamentali. Si applica alle relazioni sane e patologiche, quindi permette di descrivere sia i
problemi sia gli obiettivi di cambiamento e può essere usata in ogni campo dell’AT. Il metodo è
utile sia nella ricerca, sia nella pratica clinica.
La SASB descrive il comportamento per mezzo di tre dimensioni.
La prima dimensione è il Focus, con due focus interpersonali ed uno intrapsichico.
Il focus sull’altro implica azioni transitive, chiamate anche comportamenti tipici del “genitore”.
Per esempio, il terapeuta ascolta il cliente.
Il focus su sé nella relazione con l’altro implica stati o azioni intransitive, chiamate anche
comportamenti tipici del “bambino”. Per esempio, il cliente si apre con il terapeuta.
Il focus introietto è intrapsichico ed implica azioni transitive rivolte verso se stessi, ovvero
azioni riflessive. Per esempio, il cliente si ascolta.
La seconda dimensione è l’Affiliazione, che descrive l’affettività dell’azione su di un continuum
da ostile ad amichevole.
La terza dimensione è l’Interdependenza, che descrive il potere nell’azione su un continuum da
dare potere a togliere potere. I poli hanno nomi differenti secondo il tipo di focus: dare autonomia e
controllare per il focus altro; separarsi e sottomettersi per il focus sé; spontaneità ed autocontrollo
per il focus introietto.
L’intersezione dell’Affiliazione (affettività) e dell’Interdipendenza (potere) per ciascun tipo di
focus, genera tre superfici. Ogni superficie ha quattro ampie categorie di comportamento. Nel
modello completo della SASB ogni superficie ha 36 categorie di comportamento con differenti
gradi delle due dimensioni.
Come ha osservato Henry (1996), l’uso della SASB permette di concettualizzare, analizzare ed
esprimere attraverso lo stesso sistema di misura: a) i problemi ed il modo di funzionare del paziente
in termini interpersonali ed intrapsichici; b) l’origine eziologica dei problemi nella storia evolutiva
relazionale; c) il processo terapeutico; 3) l’esito del trattamento. Ne derivano vantaggi negli ambiti
della teoria, della ricerca, della pratica clinica e della formazione. L’uso della SASB permette di
seguire un principio di congruenza che conferisce significatività teorica alla ricerca (Strupp,
Schacht, Henry, 1988), e consente di guidare la pratica clinica con l’uso di principi predittivi e di
quadri concettuali di elevato livello di astrazione, applicabili tanto ai microprocessi quanto ai
macroprocessi. Inoltre l’uso della SASB facilita la formazione, in quanto offre agli allievi un
sistema concettuale semplice, basato su pochi concetti definiti in modo molto chiaro che possono
essere combinati insieme per descrivere e spiegare i fenomeni in modo complesso.
L’ATSC usa le dimensioni della SASB per fare l’analisi degli Stati dell’Io e l’analisi delle
Transazioni in modo specifico, e per definire operativamente i concetti teorici fondamentali
dell’Analisi Transazionale. Nell’Analisi Transazionale Socio-Cognitiva gli stati dell’Io sono
descritti in termini di processi relazionali usando le dimensioni della SASB. Combinando le due
dimensioni dell’Affiliazione e dell’Interdipendenza, descriviamo 12 prototipi di stati dell’Io divisi
in quattro categorie: Liberi, Protettivi, Critici, e Ribelli. In ogni categoria sono distinti anche
Genitore, Adulto e Bambino.
Alcuni studi condotti dal gruppo di ricerca dell’IRPIR
Il gruppo di ricerca dell’IRPIR ha condotto diversi studi soprattutto sugli allievi delle scuole di
formazione in psicoterapia e sui loro clienti seguiti nei centri clinici delle scuole.
Uno studio di gruppo sul processo si è focalizzato sugli Stati dell’Io nella relazione terapeutica.
Lo studio, condotto su 288 clienti dei centri clinici e sui loro terapeuti, ha indagato come i clienti
percepiscono se stessi ed il terapeuta all’interno della relazione terapeutica. La relazione è stata
descritta con i questionari Anint basati sulla SASB, con cui sono definiti operativamente gli stati
dell’Io. I risultati mostrano che la relazione è complementare e sia nel terapeuta sia nel cliente sono
molto attivati gli stati dell’Io Liberi e Protettivi, soprattutto l’Adulto Libero e l’Adulto Protettivo, e
sono molto bassi gli stati dell’Io Critici e Ribelli. Emerge dunque la percezione di una relazione
dove il terapeuta è soprattutto impegnato ad ascoltare empaticamente il cliente rispecchiandolo e
confermandolo (Adulto Libero) e a stimolare il cliente costruttivamente a riflettere (Adulto
Protettivo), mentre il cliente è impegnato ad aprisi e rivelarsi (Adulto Libero) ed a prendere gli
stimoli a riflettere offerti dal terapeuta (Adulto Protettivo) (Ceridono e Viale, 2013).
Sullo stesso campione di 288 soggetti è stata effettuata una valutazione di gruppo dell’esito del
trattamento, studiando la percezione di sé dei clienti pre- e post-trattamento. La percezione di sé è
stata misurata con il questionario Anint (Scilligo, 2000) in termini di stati dell’Io Sé. I risultati
hanno rivelato cambiamenti significativi coerenti con gli obiettivi terapeutici: crescono gli stati
dell’Io Liberi e Protettivi e si riducono quelli Critici e Ribelli (Ceridono e Viale, 2013). I risultati
sono stati confermati in una replica condotta su 63 soggetti (LaRSI, 2014a, dati non pubblicati).
A fine di valutare l’esito del trattamento, nei centri clinici delle scuole collegate all’IRPIR, è
stato recentemente introdotto anche l’uso del questionario CORE-OM (Evans et al., 2002; Palmieri
et al., 2009) pre- e post-trattamento. Uno studio preliminare condotto sui 63 soggetti dello studio
sopra citato ha rivelato che il 29% dei clienti ha un cambiamento statisticamente attendibile e
clinicamente significativo. Tra i clienti che all’intake avevano punteggio clinico, un terzo rimane a
livelli clinici, e due terzi scendono sotto la soglia clinica (LaRSI, 2014a, dati non pubblicati).
Un altro studio preliminare condotto sullo stesso campione di 63 clienti, usando i dati raccolti
all’intake, ha indagato le correlazioni del CORE-OM con gli Stati dell’Io Sé rilevati con l’Anint
(Scilligo, 2000), con le Ingiunzioni rilevate con l’Espero, e con le dimensioni dell’attaccamento
adulto rilevate con l’ECR-R (Fraley, Waller e Brennan, 2000). I risultati mostrano che il punteggio
totale del CORE-OM all’intake correla positivamente con le scale dell’Anint degli Stati dell’Io Sé
che indicano patologia, e negativamente con quelle che indicano salute. Inoltre i punteggi delle
scale del CORE-OM correlano positivamente con il punteggio totale delle ingiunzioni dell’Espero,
e con il punteggio di Ansia nell’attaccamento dell’ECR-R (LaRSI, 2014b, dati non pubblicati).
Infine, ricordiamo uno studio che ha indagato le relazioni delle ingiunzioni e delle spinte con le
dimensioni dell’attaccamento adulto (Bianchini et al., 2010). L’indagine è stata condotta su 945
soggetti (maschi 41%, femmine 59%; clinici 27%, non clinici 73%). Le ingiunzioni e le spinte sono
state rilevate con il questionario Espero (Scilligo, 2005); le dimensioni dell’attaccamento adulto,
Ansia ed Evitamento, sono state misurate con il questionario ECR-R (Fraley, Waller e Brennan,
2000). I risultati hanno rivelato che nei quattro stili di attaccamento ci sono diversi profili di
ingiunzioni e spinte. I soggetti con attaccamento sicuro (Ansia bassa, Evitamento basso) hanno
bassi livelli su tuttre le ingiunzioni e sulla spinta compiaci e medi sulle altre spinte; al contrario
quelli con attaccamento evitante impaurito (Ansia alta, Evitamento alto) hanno livelli elevati in tutte
le ingiunzioni e nella spinta Compiaci.. I soggetti con attaccamento evitante indifferente (Ansia
bassa, Evitamento alto) hanno alte le ingiunzioni Non Sentire e Non essere Intimo
Psicologicamente, basse le altre ingiunzioni, ed alta la spinta Sii Forte. Diversamente, i soggetti
con attaccamento preoccupato (Ansia alta, Evitamento basso) presentano un profilo pressoché
speculare con basse le ingiunzioni Non Sentire e Non essere Intimo Psicologicamente, superiori alla
media le altre ingiunzioni, bassa la spinta Sii Forte, ed elevate Dacci Dentro e Sii Perfetto.
Questa ricerca, anche se non rientra nel modello della ricerca basata sulla pratica, assume
interesse particolare ai fini di conferire fondamento teorico ai concetti AT, in quanto dei costrutti
centrali dell’AT sono messi in relazione con una teoria con solido fondamento scientifico quale la
teoria dell’attaccamento. Riteniamo infatti che la ricerca basata sulla pratica debba anche essere
fondata in modo valido nella teoria.
Conclusioni
Oggi le condizioni sono mature affinché la ricca esperienza pratica di cui è portatrice l‘Analisi
Transazionale possa integrarsi con i metodi e gli strumenti di ricerca attualmente disponibili, per
sviluppare una ricerca radicata nella pratica a beneficio della comunità Analitico Transazionale e di
tutti gli utenti.
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