Raccolta interrogazioni a Camera e Senato 29/2014

Attività Parlamentare
Raccolta delle interrogazioni presentate alla
Camera e al Senato
n. 29/2014
2014
INDICE
CAMERA ............................................................................................................................................ 4
Interpellanza urgente sull’intenzione della società Enel Distribuzione spa di procedere ad una
riorganizzazione della propria rete tecnica .................................................................................. 4
Mozione sugli interventi di bonifica del SIN di Porto Torres .................................................... 6
Interpellanza urgente sullo stato dell'iter di elaborazione e adozione della Strategia nazionale
di adattamento ai cambiamenti climatici ..................................................................................... 9
Interrogazione a risposta in Commissione sulla fissazione del valore di concentrazione limite
accettabile per il parametro MTBE nei suoli ad uso industriale e per le acque sotterranee 11
Interrogazione a risposta scritta sull'impianto nucleare ITREC, situato nel centro di ricerca
Enea-Trisaia di Rotondella (Matera) ed utilizzato per la conservazione e la sperimentazione
del ritrattamento del combustibile nucleare .............................................................................. 13
Interrogazione a risposta scritta sulla nomina degli organi dell'autorità portuale di Trieste ... 14
Risposta del Ministro dello sviluppo economico, Federica Guidi all’interrogazione sulle
iniziative in ordine ai progetti industriali del gruppo ENI in Italia finalizzate a garantire la
tutela degli investimenti, della produzione e dell'occupazione ................................................. 16
Risoluzione in Commissione sull’autotrasporto e sui trasporti di «cabotaggio» di merci e
persone ........................................................................................................................................... 20
Interrogazione a risposta scritta sulla condanna del consorzio di bonifica di Piacenza alla
restituzione dei tributi non dovuti .............................................................................................. 21
Interrogazione a risposta in Commissione sulla normativa in materia di esecuzione dei
contratti pubblici .......................................................................................................................... 22
Interrogazione a risposta orale sulle iniziative per salvaguardare gli stabilimenti delle aziende
Terna spa ed Enel distribuzione nella regione Calabria .......................................................... 25
Interrogazione a risposta in Commissione sui chiarimenti circa il livello dello stoccaggio di gas
in Italia e sulla strategia alternativa di approvvigionamento da implementare in caso di
escalation negativa dei rapporti tra l'Europa e la Federazione russa ..................................... 26
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SENATO ............................................................................................................................................ 28
Risposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina,
all’interrogazione sulla normativa applicabile alla combustione dei residui di potatura ....... 28
Interrogazione a risposta scritta sulla bonifica e sulla messa in sicurezza dell'intera area
limitrofa all'ex inceneritore Saspi, in provincia di Lecce ......................................................... 30
EUROPA ............................................................................................................................................ 32
Risposta del Commissario europeo Connie Hedegaard all’interrogazione sull’eliminazione
delle quote di emissione (ETS) .................................................................................................... 32
Interrogazione a risposta scritta alla Commissione sulla natura vincolante della Valutazione
d’Impatto Ambientale .................................................................................................................. 33
Interrogazione a risposta scritta sulle trivellazioni offshore nel Mar Mediterraneo.................. 33
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CAMERA
Interpellanza urgente
sull’intenzione della società Enel Distribuzione spa di procedere ad una riorganizzazione della
propria rete tecnica
PALMA e altri (PD)
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro
dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
la società Enel distribuzione spa, concessionaria in esclusiva del servizio di distribuzione
dell'energia elettrica fino al 2030, a breve intenderebbe procedere all'ennesima riorganizzazione
della propria rete tecnica; il progetto rialloca gli attuali presidi di coordinamento e progettazione
tecnica, denominati zone, e presidi tecnico operativi, denominati unità operative, sopprimendone
oltre la metà; la qualità del servizio elettrico italiano, a identità di tariffa, è diversificata sul territorio
nazionale in termini di durata e frequenza delle interruzioni di energia ed è fortemente penalizzata,
in particolare nelle regioni meridionali; le innovazioni tecnologiche apportate alla rete e le dotazioni
individuali non possono garantire idonea qualità, come da concessione, considerata l'insufficienza
di personale operativo, falcidiato dal parziale reintegro delle copiose fuoriuscite generate dagli
esodi ex articolo 4 della legge n. 92 del 2012 (cosiddetta legge Fornero), che influenza il ripristino
del servizio in caso di guasto attraverso la riduzione del personale in reperibilità;
l'impiego dei fondi comunitari – piano di coesione 2014-2020 – abbisogna di infrastrutture
elettriche tali da consentire la realizzazione delle diverse opere sia infrastrutturali che produttive e la
riorganizzazione in itinere rallenta la capacità progettuale, di coordinamento e operativa necessaria
allo sviluppo economico e la capacità di attrarre investitori specie esteri; il documento di cosiddetto
allineamento organizzativo territoriale della rete elettrica attesta che le innovazioni tecnologiche e le
nuove apparecchiature hanno consentito di ottenere notevoli recuperi di efficienza organizzativa ed
il raggiungimento e il mantenimento di risultati economici positivi; il documento stesso definisce la
riorganizzazione come finalizzata a ulteriori possibili spazi di miglioramento ed ottimizzazione,
procedendo ad aggregazioni di strutture tecnico-operative, tenuto conto delle caratteristiche
impiantistiche e territoriali specifiche: clienti, media tensione più bassa tensione, stato ed estensione
della rete, orografia del territorio; contrariamente a quanto contemplato nel documento stesso, nelle
regioni meridionali ed in particolare per alcune aree della Puglia, della Calabria, della Basilicata,
della Campania (per Salerno-Sala Consilina e Napoli-Pozzuoli), così come nel settentrione per
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Verona-Rovigo, si registra la notevole estensione delle linee e l'enorme numero di clienti serviti:
confrontato con la media delle riaggregazioni italiane, è il doppio o il triplo, vanificando
l'elementare principio che a maggiore criticità deve corrispondere maggiore presidio;
in particolare, l'aggregazione del territorio metropolitano di Napoli a quello puteolano non consente
la valutazione corretta dei parametri della qualità del servizio, essendo essi diversi per centri urbani
ed extra urbani; si include il territorio dell'isola di Ischia e vi sono (e saranno ampliate) criticità
legate alla complessità ed obsolescenza delle linee e alle caratteristiche della clientela, oltre alla
gestione del servizio elettrico ad Ischia già noto per il notevole disservizio dell'agosto 2009;
in particolare, la sede di zona Sala Consilina, in provincia di Salerno, è destinata a scomparire
penalizzando la programmazione e la gestione della rete elettrica e le potenzialità di sviluppo del
Vallo di Diano, del Golfo di Policastro, della Valle del Tanagro e del Cilento costituendosi, a
dispetto dei parametri da documento, a fronte delle due attualmente esistenti (Sala Consilina e
Salerno), un'unica zona provinciale con sede a Salerno che con 100 comuni serviti coprirebbe
un'area pari al 36 per cento della superficie della regione Campania, con oltre 22.000 chilometri di
linee da gestire, pari al doppio ed in alcuni casi al triplo degli altri accorpamenti nazionali;
molte delle nuove zone che andranno a realizzarsi in Italia, ed in particolare Belluno, Pordenone,
Sondrio, La Spezia, hanno dimensioni inferiori per lunghezza e stato delle linee, numero dei clienti,
caratteristiche e orografia del territorio rispetto all'attuale zona di Sala Consilina e non vengono
soppresse, così come Arezzo e Rimini, leggermente superiori, non vengono soppresse;
sarà contemporaneamente soppressa la sede tecnico operativa di Sapri in provincia di Salerno,
accorpando il territorio di riferimento in parte alla sede tecnico operativa di Sala Consilina ed in
parte a quella di Agropoli, penalizzando realtà territoriali contigue quali il Vallo di Diano, il Golfo
di Policastro e la Valle del Tanagro, territorio immenso da gestire con qualche decina di operai;
nell'ottica di scongiurare la soppressione della struttura, tessuto portante del sistema economico
locale, di Sala Consilina e della correlativa struttura di Sapri, e di tener conto della peculiarità del
territorio metropolitano di Napoli che, unito a quello di competenza di Pozzuoli, determina serie
difficoltà di gestione del servizio elettrico e al fine di scongiurare la soppressione della stessa zona
di Pozzuoli, sarebbe opportuno evidenziare ai vertici della società in questione la situazione di
particolare criticità considerate:
a) le enormi e atipiche dimensioni, a livello nazionale, con serie ripercussioni sulla qualità del
servizio dell'intera provincia, della struttura unificata con Salerno, della zona di Sala Consilina,
ricomprendente le aree industriali a forte espansione di Polla e Buccino e le aree ad alta densità
turistica del Golfo di Policastro e della costiera cilentana che vedrebbero penalizzate e seriamente
compromesse le prospettive di sviluppo;
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b) il discutibile miglioramento organizzativo che si otterrebbe con il ritiro dei presidi territoriali –:
se il Ministro dell'economia e delle finanze, in qualità di azionista di riferimento, ritenga utile
richiedere una revisione del progetto per razionalizzare la proposta al fine di renderla funzionale ed
efficace allo sviluppo del territorio, conformemente a quanto indicato in premessa;
se il Ministro dello sviluppo economico intenda valutare attentamente l'impatto sulle future
potenzialità di sviluppo della rete, prodromica all'utilizzo dei fondi comunitari e all'attrazione di
investitori sull'economia del Paese;
se i Ministri interpellati intendano promuovere meccanismi di controllo periodici della qualità del
servizio, dello stato e delle estensioni delle reti, considerato che la riorganizzazione, così come
proposta, penalizza lo sviluppo meridionale, in particolare con aggregazioni territoriali ed
impiantistiche doppie a dispetto di altre aree, quando logica vorrebbe il contrario. (2-00647)
Mozione:
sugli interventi di bonifica del SIN di Porto Torres
PIRAS (SEL)
La Camera,
premesso che:
in data 22 gennaio 2002 veniva sottoscritto il protocollo per gli interventi di risanamento ambientale
dei siti EniChem S.p.A. e Polimeri Europa Srl, sottoscritto dagli enti interessati, inerente le
procedure da adottare nel rispetto del decreto legislativo n. 22 del 1997 e del decreto ministeriale n.
471 del 1999 e in conformità alla delibera di giunta regionale n. 34/22 del 10 ottobre 2001;
nell'ambito di tali accordi e protocolli si prevedeva di risanare e tutelare l'ambiente attraverso azioni
di disinquinamento, bonifica e messa in sicurezza dei siti, di riduzione delle emissioni in atmosfera
e di prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti, non solo con riferimento a quelli previsti dai piani
di caratterizzazione ai sensi del decreto legislativo n. 22 del 1997 di competenza delle imprese, ma
anche a quelli esterni interessati da fenomeni di inquinamento specifico;
l'articolo 14 della legge 31 luglio 2002, n. 179, concernente disposizioni in materia ambientale, su
indicazione della regione Sardegna aveva precedentemente individuato il sito di interesse nazionale
di «Aree industriali di Porto Torres»;
il 7 febbraio 2003 (Gazzetta Ufficiale n. 94 del 23 aprile 2003) è stato emanato il decreto del
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con il quale è stato perimetrato il sito
di interesse nazionale di «aree industriali di Porto Torres»;
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il SIN di Porto Torres è situato nel comprensorio nord-occidentale della Sardegna, si sviluppa a
ridosso del golfo dell'Asinara (area protetta), a ponente della città di Porto Torres, e si estende sul
territorio di Porto Torres e Sassari per una superficie complessiva di oltre 4.500 ettari;
l'area perimetrata si estende su oltre 1.800 ettari e comprende il polo petrolchimico (stabilimenti
Syndial e discariche controllate e non interne agli stabilimenti medesimi quali l'area Minciaredda, la
discarica «Cava Gessi», discariche industriali ed altre aree interessate dallo smaltimento di rifiuti,
stabilimenti Ineos Vinyls-ex EVC, Sasol ed altri), il Polo Elettrico (centrale E.ON.-ex Endesa e
impianti Terna), le aree del Consorzio ASI di Porto Torres;
l'area marina antistante il nucleo industriale, già definita dalla perimetrazione di cui al citato decreto
ministeriale 7 febbraio 2003, comprende il porto industriale di Porto Torres e si estende tra la foce
del Rio Mannu (confine orientale) e lo Stagno di Pilo (confine occidentale) per una superficie
complessiva di circa 2.700 ettari;
nell'ambito della complessa situazione ambientale dell'area di Porto Torres risultano emblematici i
dati relativi all'inquinamento riscontrato nella darsena del porto industriale di Porto Torres: il
rapporto predisposto dalla direzione per la tutela del territorio e dall'Ispra allegato al verbale della
conferenza dei servizi rileva livelli di benzene 417 mila volte oltre i parametri consentiti dalla
normativa, toluene 3300 volte, etilbenzene 226 volte, e altre decine di sostanze cancerogene — tutte
riconducibili comunque alle lavorazioni dello stabilimento chimico e dell'area industriale – ben al di
sopra dei limiti consentiti;
il 22 settembre 2009 è stato stipulato a Roma l'accordo di programma tra la regione autonoma della
Sardegna, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la provincia di Sassari, i
comuni di Porto Torres e di Sassari per la definizione degli interventi di caratterizzazione, messa in
sicurezza d'emergenza e bonifica nel sito di interesse nazionale di «Porto Torres»;
il 5 settembre 2011 la provincia di Sassari attraverso un'ordinanza del settore ambiente intima alla
Syndial di provvedere immediatamente alla messa in sicurezza di emergenza, alla predisposizione
del piano di caratterizzazione e alle conseguenti attività di bonifica dello specchio d'acqua nella
darsena servizi del porto industriale di Porto Torres;
le indagini dell'Arpas avevano rilevato le anomalie di funzionamento del sistema di emungimento e
barrieramento idraulico a causa delle quali le acque di falda contaminate, che circolano sotto l'area
industriale, sono in diretta correlazione con lo stato di contaminazione dello specchio d'acqua
antistante la darsena, constatando così un chiaro rapporto di causa-effetto fra lo stato di
contaminazione a monte del sistema di barrieramento e quello della darsena;
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il 10 novembre 2011 il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, firma il decreto
che autorizza l'avvio dei lavori previsti dal progetto operativo di bonifica e trattamento delle acque
di falda. L'importo dell'intervento è stimato in circa 125 milioni di euro;
i lavori di bonifica e trattamento delle acque di falda, come previsto dal decreto, dovranno iniziare
entro quattro mesi;
il cronoprogramma delle bonifiche che Syndial dovrà effettuare nei prossimi anni prevede, ad oggi,
una spesa totale di circa 530 milioni di euro;
in data 15 novembre 2011 (cinque giorni dopo la firma del decreto del Ministro) la Syndial presenta
ricorso avverso le ordinanze della provincia di Sassari relativamente alle bonifiche e all'urgente
intervento di messa in sicurezza della darsena;
da notizie di stampa apparse sul quotidiano «La Nuova Sardegna» del 29 maggio 2013, si apprende
che «la procura della Repubblica di Sassari ha esercitato l'azione penale certa che il petrolchimico
sia stato l'unico colpevole dell'inquinamento rilevato ormai innumerevoli volte a Porto Torres» e
che «negli anni, nelle fogne dell'impianto, sono finiti reflui industriali contenenti sostanze
pericolose ben oltre quanto permesso dalla legge: mercurio, cromo totale, cadmio, benzene, oli e
idrocarburi, dicloroetano 1,2, sostanze che rientrano nelle classi di cancerogenicità dell'Agenzia
Internazionale di Ricerca sul Cancro di Lione, agenzia dell'organizzazione mondiale della Sanità»,
ovvero che i pericolosi inquinanti sarebbero arrivati a mare attraverso «la mutua diluizione dei
flussi immessi nella rete fognaria», che sarebbe avvenuta «collegando, in sostanza, scarichi degli
impianti produttivi con quelli di raffreddamento, cioè scarichi provenienti da settori diversi», tanto
da causare, a detta del pubblico ministero, «un disastro ambientale insanabile che nulla potrà mai
azzerare i danni a flora e fauna del mare causati dai giganti della Chimica», detto che «le analisi sul
pescato avevano svelato probabilità di cancerogenicità del 100 per cento»;
l'inquinamento ambientale, unitamente a fattori genetici predisponenti, svolge un ruolo importante
nel determinare effetti avversi sulla salute umana, sia a breve che a lungo termine, ovvero che è
abbondantemente dimostrato come i diversi composti chimici, oltre che come cancerogeni, possono
agire come gli interferenti endocrini in grado di modificare le caratteristiche epigenetiche di un
individuo;
nonostante le numerose ordinanze promulgate dalla provincia di Sassari e dai comuni di Sassari e
Porto Torres, i decreti del ministero dell'ambiente, a distanza di quasi 12 anni ancora oggi non si
hanno certezze sull'avvio definitivo del processo di bonifica nel SIN Porto Torres e dei progetti per
il successivo rilancio industriale ed economico che possa garantire l'occupazione e il lavoro nel
territorio,
impegna il Governo
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a far sì che, visto l'ormai accertato inquinamento nel SIN Porto Torres dopo anni di conferenze
servizi, decreti e ordinanze, vengano al più presto attivate le attività di bonifica delle aree
maggiormente contaminate da parte dei soggetti responsabili con la costante presenza e il controllo
del Governo e della regione Sardegna al fine di tutelare la popolazione dall'inquinamento
ambientale. (1-00584)
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
sullo stato dell'iter di elaborazione e adozione della Strategia nazionale di adattamento ai
cambiamenti climatici
MARIASTELLA BIANCHI e altri (PD)
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
per sapere – premesso che:
il cambiamento climatico rappresenta una delle maggiori sfide che l'umanità dovrà affrontare nei
prossimi anni. Una sfida sempre più pressante vista la concentrazione record di gas serra
nell'atmosfera documentata dall'ultimo rapporto dell'Organizzazione meteorologica internazionale
dell'Onu diffuso proprio oggi 9 settembre, che ha mostrato anche una continua accelerazione delle
emissioni di gas serra dovuti all'attività umana e in particolare all'uso di combustibili fossili
(carbone, petrolio, gas). Secondo le evidenze scientifiche presentate sia nell'ultimo rapporto di
valutazione dell'IPCC (Fifth Assessment Report), sia nel recente rapporto dell'Agenzia europea
dell'ambiente (European Environment Agency, EEA) «Climate change, impacts and vulnerability in
Europe 2012 – An indicator-based report» del 2012, nei prossimi decenni la regione europea ed in
particolare la regione del Mediterraneo dovrà far fronte ad impatti dei cambiamenti climatici
particolarmente negativi, i quali, combinandosi agli effetti dovuti alle pressioni antropiche sulle
risorse naturali, fanno della regione del Mediterraneo una delle aree più vulnerabili d'Europa (EEA,
2012);
l'Italia quindi si colloca in un'area dell'Europa particolarmente vulnerabile ai presenti e attesi impatti
dei cambiamenti climatici. Tali impatti negativi sono correlati principalmente ad un innalzamento
eccezionale delle temperature medie e massime, all'aumento della frequenza di eventi meteorologici
estremi (ondate di calore, siccità ed episodi di precipitazioni piovose intense) e alla riduzione delle
precipitazioni annuali medie e dei flussi fluviali, con conseguente possibile calo della produttività
agricola e perdita di ecosistemi naturali; negli ultimi anni si è assistito al ripetersi di eventi
atmosferici particolarmente intensi che, sommati alla fragilità e troppo spesso incuria del territorio,
hanno manifestato in maniera catastrofica la loro pericolosità fino alla perdita di numerose vite
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umane e con danni milionari alle attività economiche; basti pensare agli ultimi drammatici eventi
nel Gargano o a quanto accaduto a Refrontolo nella provincia di Treviso nel mese di agosto 2014, o
ancora all'alluvione a Senigallia e in altri comuni delle Marche nel maggio 2014 o a quella che ha
sconvolto la Sardegna nel novembre del 2013 e l'elenco potrebbe continuare. Ogni anno con l'arrivo
di piogge e temporali di eccezionale, ma sempre più consueta, intensità si accentua la già grande
vulnerabilità del territorio italiano: i fiumi esondano e le colate di fango invadono i centri abitati
travolgendo e spazzando via tutto quello che incontrano sul loro percorso. Le alluvioni hanno
causato in Italia dal 1998, anno dell'alluvione di Sarno, danni per un ammontare di circa 8 miliardi
di euro; negli ultimi anni sono state intraprese a livello europeo varie attività riguardanti il supporto
alle politiche nazionali, regionali e locali di adattamento ai cambiamenti climatici che devono unirsi
alle indispensabili azioni di mitigazione e dunque di riduzione drastica delle emissioni di gas serra.
Nell'aprile 2013 la Commissione europea ha adottato e pubblicato la strategia europea di
adattamento (Sea) con l'obiettivo principale di rendere l'Europa più resiliente agli effetti dei
mutamenti climatici mediante una migliore preparazione e capacità di prevenzione del rischio degli
impatti dei cambiamenti climatici a livello locale, regionale, nazionale e europeo. La strategia
europea di adattamento deve essere un punto di riferimento per le relative strategie nazionali in
Europa già adottate e per quelle in via di preparazione. A oggi, secondo la piattaforma europea
sull'adattamento Climate-ADAPT, 17 Stati membri dell'Unione europea (Austria, Belgio, Bulgaria,
Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Lituania, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo,
Slovacchia, Spagna, Svezia e UK) hanno adottato una Strategia nazionale di adattamento (Sna),
mentre altri ne hanno intrapreso il percorso di elaborazione; l'Italia è tra i Paesi che stanno
elaborando una Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. L'elaborazione è stata
avviata nel luglio 2012 dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che ha
affidato al Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc) il coordinamento tecnicoscientifico per acquisire le informazioni di base necessarie per elaborare la Strategia nazionale di
adattamento ai cambiamenti climatici. Tale coordinamento è stato svolto attraverso l'istituzione di
un tavolo tecnico composto da circa cento esperti nazionali provenienti da università, enti di ricerca
e fondazioni. Questo tavolo ha raccolto ed elaborato tutte le informazioni tecniche su impatti,
vulnerabilità e adattamento necessarie per costruire una Strategia nazionale di adattamento ai
cambiamenti climatici; in aggiunta al tavolo tecnico, è stato istituito dal Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare un tavolo istituzionale composto dai rappresentanti dei Ministeri
e delle altre istituzioni rilevanti ai fini della elaborazione della strategia, tra i quali la Protezione
civile, l'Anci e altri soggetti istituzionali, che, sulla base del lavoro svolto dal tavolo tecnico, ha
fornito ulteriori indicazioni al processo, contribuendo alla elaborazione dei rapporti. Altri soggetti
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interessati a vario titolo nell'elaborazione della Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti
climatici sono stati coinvolti, fin dall'inizio, in questo processo mediante un sondaggio con un
questionario (effettuato in ottobre-novembre 2012), e successivamente con una consultazione online sul documento strategico elaborato che si è svolta tra il 30 ottobre e il 31 dicembre 2013; sono
state inoltre svolte altre consultazioni con incontri ad hoc; tale processo è terminato nel mese di
luglio 2014 con l'elaborazione di un pacchetto di documenti che sono alla base della Strategia
nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. La documentazione, che è stata consegnata al
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, include un rapporto tecnicoscientifico che analizza le vulnerabilità del territorio italiano agli impatti dei cambiamenti climatici,
una sintesi del rapporto stesso e un rapporto tecnico-giuridico che studia la normativa comunitaria e
nazionale rilevante per gli impatti, la vulnerabilità e l'adattamento ai cambiamenti climatici, in cui
vengono analizzate più di 30 tra direttive e regolamenti europei. Infine, è stato consegnato anche un
documento dal titolo «Elementi per una strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti
climatici», che basandosi sui precedenti rapporti fornisce proposte di azioni settoriali e
intersettoriali di adattamento a corto termine (entro il 2020) e a lungo termine –:
se il Ministro sia grado di fornire informazioni sullo stato attuale dell'iter di elaborazione e adozione
della Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici e quali misure intenda
intraprendere affinché si arrivi in breve tempo alla sua completa definizione, adozione e attuazione.
(2-00669)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sulla fissazione del valore di concentrazione limite accettabile per il parametro MTBE nei
suoli ad uso industriale e per le acque sotterranee
CARRESCIA (PD)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per
sapere – premesso che: l'articolo 1, comma 5, dell'allegato 1 al decreto ministeriale 25 ottobre 1999
n. 471 (Regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il
ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell'articolo 17 dei Decreto Legislativo 5 febbraio
1997, n. 22, e successive modificazioni e integrazioni), prevede che «per le sostanze non indicate in
tabella si adottano i valori di concentrazione limite accettabili riferibili alla sostanza più affine
tossicologicamente»;
la citata previsione normativa (adottata nel rispetto del principio del «concerto» imposto
dall'articolo 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22), attribuisce al Ministero dell'ambiente
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il potere di fissare, per le sostanze non rientranti nell'elenco di quelle contemplate nella tabella, il
valore di concentrazione limite accettabile sulla base di un giudizio di equivalenza che richiede
l'individuazione della sostanza tossicologicamente più affine. Tale meccanismo di individuazione
del limite trova applicazione per tutte le sostanze non presenti in tabella, a prescindere dal fatto che
si trovino nel suolo o nelle acque sotterranee. Fra tali sostanze vi è anche il parametro MTBE
(Metil-t-butil etere) che secondo alcuni studi internazionali, come quello svolto dall’International
Agency for Research of Cancer (IARC) o dall’International program on chemical safety può
considerarsi cancerogeno per l'uomo (o per il quale la risposta cancerogena è evidente solo ad alti
livelli di esposizione); come chiarito dal Consiglio di Stato con sentenza n. 2526 del 20 maggio
2014, è scientificamente e giuridicamente corretto prevedere, nell'ambito di una caratterizzazione a
fini
di
bonifica,
un
valore
limite
per
il
parametro
MTBE
pari
a
10μg/l;
l'istituto superiore di sanità con una nota del 6 febbraio 2001 aveva precisato che il parametro
MTBE va assimilato a un idrocarburo a catena lineare a basso numero di atomi di carbonio (con il
conseguente limite pari a 10 μg/l) e, con successivo parere del 12 settembre 2006 n. 43699,
affermato che il parametro MTBE non appartiene alla famiglia degli idrocarburi bensì agli «eteri»
ed ha proprietà tali da alterare dal punto di vista organolettico la qualità delle acque, in quanto
fortemente odorigeno; il decreto legislativo n. 152 del 2006 ha poi introdotto l'analisi di rischio
sito-specifica ai fini della individuazione della «Concentrazione soglia di rischio» (CSR) per i suoli
e per le acque, la quale diviene il valore di riferimento e il valore obiettivo da raggiungere con la
bonifica in un determinato sito; il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2526 del 20 maggio 2014, ha
infine affermato che è scientificamente e giuridicamente corretto prevedere, nell'ambito di una
caratterizzazione a fini di bonifica, un valore limite per il parametro MTBE pari a 10 μg/l;
appare quindi necessario definire anche un valore di riferimento per il parametro MTBE nelle acque
sotterranee da assumere come «concentrazione soglia di contaminazione» (CSC) secondo la nuova
normativa (decreto legislativo 152 del 2006) per i procedimenti di bonifica effettuati secondo i
criteri ex decreto ministeriale 471 del 1999; alla luce di quanto premesso appare lineare assumere
per parametro MTBE nelle acque sotterranee un valore di riferimento di 10 mg/l, in analogia a
quanto adottato dal legislatore per individuare le varie concentrazioni limite per gli altri parametri
riportate nella tabella 2 – allegato 1 del decreto ministeriale 471 del 1999, relativa alle acque
sotterranee;
al fine di evitare ulteriori inutili situazioni di contenzioso fra imprese e pubblica amministrazione e
assicurare una maggiore certezza del diritto agli operatori appare necessario integrare la tabella 2,
allegato 5, titolo V, parte quarta del decreto legislativo 152 del 2006 –:
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se il Governo intenda assumere iniziative per definire per il parametro MTBE una concentrazione
limite nei suoli ad uso verde pubblico e residenziale di 10 mg/kgss e nei suoli ad uso industriale di
250 mg/kgss e se, conseguentemente per quanto concerne le acque sotterranee, intenda assumere
iniziative per integrare le disposizioni vigenti ed assumere come concentrazione limite il valore di
10 μg/l. (5-03500)
Interrogazione a risposta scritta:
sull'impianto nucleare ITREC, situato nel centro di ricerca Enea-Trisaia di Rotondella
(Matera) ed utilizzato per la conservazione e la sperimentazione del ritrattamento del
combustibile nucleare
LATRONICO (FI)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo
economico. — Per sapere – premesso che:
il 21 agosto 2014 all'Itrec di Rotondella (MT) si è verificato un evento anomalo: la percolazione di
liquido contaminato dell'intonaco di protezione del monolite interrato contenente rifiuti radioattivi
derivanti dalle pregresse attività dell'impianto; l'ISPRA ha dichiarato l'assenza di qualsiasi rilevanza
radiologica per i lavoratori, per l'ambiente e le comunità circostanti e sul complessivo stato di
avanzamento degli interventi di messa in sicurezza e bonifica condotte in ITREC dalla SOGIN;
l'impianto ITREC è un impianto nucleare italiano, situato nel centro di ricerca Enea-Trisaia di
Rotondella (Matera) e utilizzato per la conservazione e la sperimentazione del ritrattamento del
combustibile nucleare; la Sogin spa società di Stato incaricata della bonifica ambientale dei siti
nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi provenienti dalle attività industriali, ha rilevato
l'esercizio dell'impianto al fine di attuarne la disattivazione e lo smantellamento, limitandone le
funzioni
alla
gestione
delle
materie
nucleari
presenti
e
dei
rifiuti
radioattivi;
nel centro di Rotondella sono presenti 84 barre di uranio-torio che, negli anni tra il 1969 e il 1971,
ai sensi di un accordo mai ratificato dal Parlamento italiano, giunsero dal reattore di Elk River, nel
Minnesota (Stati Uniti d'America) all'allora Cnen, oggi Itrec; occorre ricordare che la presenza delle
barre americane impedisce ogni ipotesi di trasformazione della struttura in un centro universitario di
studi e di ricerca –:
quali iniziative si intendano intraprendere per assicurare la piena informazione e documentazione
sul materiale presente, stoccato e trattato nell'impianto;
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quale sia lo stato di attuazione dei progetti di messa in sicurezza del sito Trisaia (MT);
se non si ritenga di dover urgentemente valutare la possibilità di restituzione agli Stati Uniti
d'America delle barre provenienti dalla centrale di Elk River. (4-05944)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla nomina degli organi dell'autorità portuale di Trieste
MIGLIORE (MISTO)
— Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il porto di Trieste rappresenta una fondamentale infrastruttura strategica per il sistema di trasporto
dell'Europa e dell'intero Paese, essendo collocato all'incrocio fra le direttrici nord/sud del corridoio
Adriatico Baltico e quelle est/ovest del corridoio n. 5 Lisbona-Kiev; il porto di Trieste presenta
grandi potenzialità di sviluppo dei propri traffici da e verso il centro e il Nord Europa, finora non
pienamente espresse anche a causa del gap infrastrutturale e della concorrenza esercitata dal vicino
porto sloveno di Capodistria; l'area portuale è suddivisa in due diversi ambiti: il primo, denominato
porto nuovo, è sede della maggior parte delle infrastrutture portuali più moderne ed è quello dove
avviene la movimentazione della maggior parte dei contenitori e delle merci; il secondo,
denominato porto vecchio e di estensione pari a circa 600.000 metri quadri, è caratterizzato dalla
presenza di strutture antiquate e inadatte alle moderne attività portuali ed è da molti anni per larga
parte completamente inutilizzato e rappresenta il più grande water front ancora non riqualificato
presente in Europa; il vigente piano regolatore portuale risale al 1957, e da allora si è proceduto
esclusivamente tramite varianti; nel 2010 è stato approvato il nuovo piano regolatore generale,
strumento che affronta con ottica di sistema la realizzazione di opere che porto città e regione
attendono da anni, quali il raddoppio del molo VII, il collegamento tra il V ed il VI, la piattaforma
logistica, e disegna altresì un possibile sviluppo per tutto il water front del porto vecchio; in data 12
dicembre 2011 è stato inviato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per la
valutazione dell'impatto ambientale corredato dallo studio ambientale preliminare integrato (Sapi) e
dalla documentazione necessaria e che in data 16 aprile 2012 si è conclusa la fase preliminare della
stessa con la notifica all'autorità proponente di un parere della commissione VIA-VAS i cui si
fornivano le indicazioni per la stesura dello studio integrato ambientale (Sai) e della
documentazione necessaria ad attivare la consultazione transfrontaliera prevista dalla procedura
medesima; da tale data risultano trascorsi più di due anni senza che l’iter di approvazione
proseguisse; al ritardo nel pieno sviluppo dei suoi traffici e nel rendere pienamente operanti gli
strumenti di programmazione ha contribuito il clima di elevata conflittualità registrata in seno al
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comitato portuale in particolare nel corso dell'ultimo anno; gli organi dell'autorità portuale risultano
in scadenza alla fine dell'anno in corso, e a breve scadranno i tre mesi di tempo ad essa antecedenti
entro i quali provincia, comuni e camera di commercio industria e artigianato dovranno comunicare
la terna di nominativi all'interno della quale nominare, d'intesa con la regione, il nuovo presidente
dell'autorità
portuale;
l'autorità portuale di Trieste in data 7 agosto 2014 ha emanato una richiesta di «manifestazione di
interesse» per il ruolo di segretario generale, richiedendo soltanto la seguente documentazione: a)
curriculum vitae; b) lettera con motivazione della richiesta; c) lettera di referenze; nella
manifestazione di interesse, a quanto consta all'interrogante, non si fa neanche cenno a titoli di
studio richiesti e ai requisiti di esperienza e comprovata qualificazione professionale nel settore così
come disciplinato dall'articolo 10 della legge n. 84 del 1994; l'autorità portuale di Trieste in data 12
febbraio 2014 aveva emanato un avviso per la concessione di aree all'interno del porto vecchio, a
cui aveva risposto, fra gli altri, anche la Curia di Trieste, intenzionata a costruirvi una chiesa. Si è
recentemente appreso dalla stampa che sul sito della diocesi in data 14 luglio 2014 è apparso un
comunicato stampa ufficiale in cui si afferma che la realizzazione dell'opera non comporterebbe
alcun proprio coinvolgimento organizzativo e finanziario. Tuttavia, il «regolamento di esecuzione
del codice di navigazione», al quale il bando rinvia, stabilisce all'articolo 11 che «le spese di
istruttoria, comprese quelle inerenti a visite, ispezioni, consegne, le spese di ogni genere relative
alla stipulazione, alla copiatura, alla registrazione delle licenze e degli atti di concessione e ogni
altra spesa dipendente dalla domanda di concessione, sono a carico del richiedente, il quale deve
eseguire, all'atto della presentazione della domanda, un deposito in numerario presso la cassa
dell'ufficio del compartimento, nella misura da questo stabilita». Il successivo articolo 16 dispone
che: «Il concessionario deve corrispondere anticipatamente le singole rate del canone, nella misura
e alle scadenze determinate nell'atto di concessione. Per le concessioni con licenza di durata non
superiore al biennio il canone è pagato anticipatamente per l'intera durata. Per le concessioni di
durata superiore al biennio il canone è pagato anticipatamente a rate biennali». Inoltre, l'articolo 17
stabilisce che il concessionario debba depositare una cauzione, «il cui ammontare è determinato in
relazione al contenuto, all'entità della concessione e al numero di rate del canone il cui omesso
pagamento importa la decadenza della concessione a norma dell'articolo 47, lettera d) del codice di
navigazione». Da quanto sopra riportato non risulta chiaro nel caso in questione su chi abbiano
pesato i costi di presentazione della domanda e su chi peseranno i canoni obbligatori, o se l'autorità
portuale vi abbia soprasseduto e abbia intenzione di soprassedervi determinando così ad avviso
dell'interrogante, un danno erariale; così come riportato diffusamente sulla stampa locale, il PM
della Corte dei conti avrebbe aperto un fascicolo ipotizzando un danno erariale in seguito alla
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presentazione di un esposto da parte del segretario regionale della CGIL del Friuli Venezia Giulia,
in cui si evidenziava come recenti procedure di reclutamento del personale relative a quattro nuove
assunzioni le cui domande sono scadute in data 22 agosto 2014 non rispettino le regole concorsuali
per
la
pubblica
amministrazione
a
cui
le
autorità
portuali
sono
vincolate;
nella relazione della Corte dei conti relativa agli esercizi 2011 e 2012 venivano rilevate in relazione
all’Authority tre criticità: il superamento della pianta organica vigente nel ruolo della dirigenza; il
mantenimento della partecipazione totalitaria in alcune società che gestiscono i servizi di interesse
generale e le partecipazioni azionarie; l'ingente contenzioso relativo alla riscossione dei canoni
demaniali pregressi; i fatti appresi, qualora inequivocabilmente accertati, determinerebbero
conseguenze negative sul bilancio dell'autorità portuale di Trieste –:
quali determinazioni e iniziative intenda intraprendere nel suo ruolo di autorità di vigilanza ai sensi
dell'articolo 12, comma 2, lettera a), della legge n. 84 del 1994 e in vista dell'imminente scadenza
degli organi dell'autorità portuale, a cominciare dal presidente, e della nomina per il quadriennio
2015-2018. (4-05949)
Risposta del Ministro dello sviluppo economico, Federica Guidi all’interrogazione a risposta
immediata sulle iniziative in ordine ai progetti industriali del gruppo ENI in Italia finalizzate a
garantire la tutela degli investimenti, della produzione e dell'occupazione, presentata da
MARTELLA (PD).
Signora Presidente, come sa l'onorevole, nel mese di luglio di quest'anno è stato attivato, com’è
noto appunto, presso il Ministero dello sviluppo economico, un tavolo di confronto con i principali
interlocutori istituzionali e sindacali, nell'ambito del quale sono stati comunque già fissati ulteriori
incontri ed è stato siglato, come lei ricordava, un verbale che impegna le parti ad un confronto per
definire un nuovo protocollo di relazioni sindacali. In tale occasione si è anche concordato che
comunque il prossimo tavolo di confronto nazionale verrà nuovamente convocato entro il 15
settembre prossimo per procedere alla verifica con le parti interessate – quindi continuerà questa
opera di monitoraggio – circa il rispetto degli impegni assunti con il verbale del 31 luglio scorso che
possono essere focalizzati su alcuni punti. Prima di tutto, la riconversione dei siti critici italiani,
unita a una maggiore integrazione, ottimizzazione e flessibilità delle produzioni. Secondo, la
rifocalizzazione su produzioni a più alto valore aggiunto, attraverso il potenziamento selettivo della
piattaforma tecnologica, l'ampliamento della gamma di prodotti specialistici, lo sviluppo di una
filiera produttiva su base rinnovabile, la cosiddetta «chimica verde», in particolare nei siti da
riconvertire, e l'internazionalizzazione del business per presidiare i clienti sempre più globali e i
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mercati a più alta crescita. Nello specifico, il piano proposto da ENI ad esempio per l'area di Gela
prevede investimenti per 2,2 miliardi di euro e si articola in diversi ambiti, come lo sviluppo
dell'attività upstream in Sicilia. Il piano per quanto riguarda la regione siciliana e l'area di Gela
prevede per l'attività di ricerca e di estrazione di idrocarburi investimenti per circa 1.800 milioni di
euro per il periodo 2014-2017 relativi a importanti progetti di sviluppo di giacimenti
esistenti, offshore e onshore e nuova attività di esplorazione. Per quanto concerne l’offshore, presso
il Ministero dello sviluppo economico sono in corso di completamento i processi, anche
autorizzativi, relativi alla realizzazione di progetti già valutati positivamente dal punto di vista
ambientale. La seconda linea di attività è la realizzazione di una green refinery da 750
chilotonnellate anno. Terzo, la realizzazione di un hub per la ricezione, lo stoccaggio e la spedizione
dei greggi locali. Quarto, la realizzazione di centri di eccellenza e, quinto, il risanamento ambientale
del sito. ENI, per dar corso a quanto previsto nel verbale sottoscritto, che lei ricordava, del 31 luglio
scorso, ha comunque immediatamente proceduto a riattivare le attività manutentive presso la
raffineria di Gela al fine di garantire la conservazione degli impianti e il ripristino dell'efficienza
operativa della cosiddetta «linea 1». E queste ultime attività saranno completate entro la seconda
metà di ottobre 2014 e coinvolgeranno circa 500 risorse dell'indotto ogni giorno. L'ENI ha inoltre
avviato il confronto con le organizzazioni sindacali a livello locale per approfondire i contenuti del
progetto nell'ambito di incontri che si sono svolti con le segreterie territoriali e le RSU, anche nel
giorno 3 settembre scorso, e attualmente sta proseguendo il confronto a livello nazionale.
L'obiettivo è quello di realizzare a breve un accordo di programma per Gela che coinvolga tutti gli
interlocutori al fine di definire un progetto in grado di dare stabilità di lungo periodo industriale e
produttiva al sito di Gela. Analoga attenzione comunque è stata posta anche al sito di Porto
Marghera per quanto attiene al settore della chimica e in ogni modo il negoziato con il sindacato è
in corso e, quindi, continuerà questa operazione di monitoraggio da parte del Ministero e di attività
negoziale fra le parti.
Di seguito il testo dell’interrogazione.
Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
l'8 luglio 2014 si svolgeva l'incontro tra l’Eni e le organizzazioni sindacali Filctem-Cgil, FemcaCisl e Uiltec-Uil, avente ad oggetto il progetto industriale del gruppo petrolifero e, in particolare, la
sostenibilità finanziaria dell'attività di raffinazione del petrolio in Italia, nonché la riorganizzazione
generale degli organici; l'incontro si concludeva con una rottura delle trattative, poiché, secondo
quanto riferito dalla organizzazioni sindacali, l’Eni – nel sottolineare la gravità delle perdite
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registrate nel settore della raffinazione (circa 4 miliardi di euro dal 2009 al 2014), in un quadro di
persistente sovracapacità europea (circa 120 milioni di tonnellate annue pari al 140 per cento
dell'intera capacità di raffinazione italiana), di specifica sovracapacità italiana (stimabile in circa 40
milioni di tonnellate annue) e di costante riduzione dei margini – annunciava di potere garantire la
continuità operativa soltanto della raffineria di Sannazzaro (Pavia) e della propria quota (il 50 per
cento) del sito di Milazzo, restando invece critiche le prospettive delle raffinerie di Gela, di Taranto
e di Livorno, della seconda fase di Porto Marghera e del petrolchimico di Priolo (Siracusa);
in particolare, per quel che riguarda Gela – la cui attività era già bloccata, a causa di un incendio,
dal 15 marzo 2014 – veniva comunicata la decisione di procedere alla cancellazione del piano di
investimenti da 700 milioni di euro – oggetto di impegni sottoscritti con le organizzazioni sindacali
circa un anno fa – la cui attuazione avrebbe dovuto consentire il ritorno della raffineria siciliana a
condizioni di profittabilità a partire dal 2017; più in generale, emergeva dall'incontro – ad avviso
delle organizzazioni sindacali – l'intendimento dell’Eni di procedere ad un complessivo
ridimensionamento della propria attività industriale in Italia nei settori della raffinazione e della
chimica, con un impatto negativo sull'occupazione stimato dalla stesse organizzazioni nell'ordine
delle seimila unità – di cui circa tremila/tremilacinquecento tra occupazione diretta ed indotto
nell'area di Gela – ed un aggravamento del processo di desertificazione industriale del Mezzogiorno
ove – tra il caso di Gela e il caso di Taranto – si palesava il rischio del venir meno di investimenti
nell'ordine di un miliardo di euro; restava, altresì, confermata la necessità della compiuta attuazione
di investimenti già programmati – nell'ordine di 100 milioni di euro a Porto Marghera e di 400
milioni a Priolo – per la prosecuzione del processo di riconversione della raffineria e per la
riattivazione dell'impianto cracking di Eni-Versalis; tali notizie generavano forte allarme sociale e
portavano alla proclamazione dello sciopero generale di Gela del 28 luglio 2014 e dello sciopero
nazionale del gruppo Eni del 29 luglio 2014, con svolgimento della manifestazione nazionale a
Roma, in piazza Montecitorio; da parte sua, il gruppo Eni – in particolare con le dichiarazioni rese
dall'amministratore delegato Claudio Descalzi, in occasione della sua partecipazione alla missione
italiana in Africa guidata dal Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, e con un'intervista
rilasciata da Salvatore Sardo, Chief downstream & industrial operations officer – confermava
ripetutamente le già richiamate difficoltà per l'attività di raffinazione in Italia, assicurando però
l'impegno per la salvaguardia dell'occupazione e prospettando, per Gela, la possibilità di un piano di
riconversione attraverso investimenti per oltre due miliardi di euro nei settori dell'esplorazione di
idrocarburi e della produzione di biodiesel, nonché per la realizzazione di un centro mondiale di
formazione in materia di salute, sicurezza e ambiente; fin dall'infruttuosa conclusione dell'incontro
dell'8 luglio 2014, il Viceministro dello sviluppo economico, Claudio De Vincenti, sollecitava
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comunque – secondo quanto riferito dagli organi di informazione – la presentazione di un piano
industriale del gruppo Eni tale da consentire una compiuta valutazione degli investimenti e dei
processi di riconversione perseguiti a fronte della perdurante crisi del comparto della raffinazione,
mentre lo stesso Ministro interrogato preannunciava l'attivazione di un tavolo sulla crisi del settore
della raffinazione per la valutazione di «seri progetti di riconversione industriale tra cui la chimica
verde e il biofuel»; nella giornata del 31 luglio 2014 riprendeva così il confronto – promosso dal
Ministro interrogato – tra le organizzazioni sindacali e l’Eni circa le situazioni di Gela e di Porto
Marghera, confronto che si concludeva con la condivisione di un verbale di incontro;
nel verbale si premetteva che: le parti ribadivano validità ed importanza degli accordi del 2013 e del
2014 relativi ai siti di Gela e Porto Marghera; Eni, pur rappresentando il peggioramento dello
scenario della raffinazione in Italia e in Europa, aveva predisposto ed illustrato un nuovo piano
industriale per il rilancio e la riorganizzazione del sito di Gela; Eni, ancora, confermava la
realizzazione degli investimenti relativi alla seconda fase del progetto di riconversione della green
refinery di Porto Marghera nei tempi previsti dall'accordo ed inoltre ribadiva la strategicità del
petrolchimico Versalis di Porto Marghera; a fronte dell'auspicata condivisione del quadro
industriale, Eni e organizzazioni sindacali avrebbero avviato, a partire da settembre 2014, il
confronto per definire un nuovo protocollo di relazioni sindacali per la competitività;
sulla scorta delle suddette premesse, nel verbale si conveniva che: le parti avrebbero avviato un
confronto sulla prospettive strategiche del sito Eni di Gela, con il coinvolgimento di tutte le strutture
sindacali territoriali e con termine entro la prima settimana di settembre 2014, in vista della nuova
convocazione del tavolo di confronto nazionale presso il Ministero dello sviluppo economico per il
15 settembre 2014; Eni avrebbe immediatamente ripreso il processo manutentivo per garantire la
conservazione degli impianti ed il ripristino dell'efficienza operativa della linea 1, anche attraverso
il coinvolgimento dell'indotto, nelle more della definizione di un progetto di stabilità di lungo
periodo per il sito di Gela; Eni-Versalis e organizzazioni sindacali territoriali si sarebbero attivate
congiuntamente per valutare le problematiche connesse, a Porto Marghera, al riavvio
del cracking in vista della convocazione di un tavolo nazionale di confronto entro il 30 settembre
2014; il 1o settembre 2014 si sono però riunite le segreterie nazionali Filctem-Cgil, Femca-Cisl,
Uiltec-Uil per una prima valutazione dello stato di attuazione dell'intesa del 31 luglio 2014,
rilevando che «quanto condiviso dalle parti in quell'accordo non ha ancora visto un'applicazione sul
territorio di Gela, soprattutto per gli impegni presi per ripartenza della linea 1, e per l'immobilismo
complessivo sulle condizioni che avrebbero dovuto realizzarsi per la ripresa delle produzioni dello
stabilimento di Porto Marghera» –:
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quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per la verifica del rispetto del verbale
del 31 luglio 2014 in vista dei già programmati e ormai imminenti tavoli di confronto nazionale sui
progetti industriali del gruppo Eni in Italia e – più in generale ed anche in ragione della
partecipazione azionaria di Stato al capitale sociale del gruppo petrolifero – a tutela di investimenti,
produzione ed occupazione in coerenza con gli indirizzi dell'Unione europea in materia di
consolidamento e sviluppo della produzione industriale e di rafforzamento della sicurezza
energetica, anche sotto il profilo dello specifico rapporto tra sicurezza energetica ed importazioni di
prodotti raffinati, nonché alla luce delle annunciate misure finalizzate al potenziamento dell'attività
estrattiva in Italia, di cui al provvedimento «sblocca-Italia», e dunque del valore di un ciclo
industriale integrato tra attività estrattiva ed attività di raffinazione. (3-01011)
Risoluzione in Commissione:
sull’autotrasporto e sui trasporti di «cabotaggio» di merci e persone
BERGAMINI e altri (FI)
La IX Commissione,
premesso che:
il settore dell'autotrasporto, che impiega in tutta Europa direttamente circa 10 milioni di persone,
costituendo il 4,5 per cento dell'occupazione totale e generando il 4,6 per cento del prodotto interno
lordo europeo, si pone come un ambito vitale e di sviluppo, radicato soprattutto nelle zone
frontaliere, per l'economia del nostro Paese; il settore attraversa, a partire dal 2008, un periodo di
durissima
crisi,
dovuto,
oltre
che
allo
sfavorevole
andamento
dell'economia,
anche
all'assoggettamento ad una tassazione particolarmente pesante, e tutto questo nonostante il Governo
Berlusconi abbia raddoppiato i fondi per il settore destinati agli sconti sui pedaggi autostradali, allo
sconto sul bollo di circolazione degli autoarticolati, alla istituzione di un fondo di garanzia per il
credito al settore cui sono state ammesse quasi 10 mila aziende; l'allargamento dell'Unione europea
non ha tutelato le aziende più esposte come quelle attive nel settore del trasporto, poiché, pur
potendo il Paese appellarsi alla clausola di salvaguardia, questa può essere esercitata una sola volta
in
regime
di
reciprocità,
creando
più
problemi
di
quanti
ne
possa
risolvere;
la crisi si è acuita anche a causa dell'attività di imprese europee che effettuano operazioni di
trasporto merci sul territorio nazionale in regime di cabotaggio, spesso in condizioni di concorrenza
sleale; tra le violazioni più ricorrenti vi sono il superamento dell'orario di lavoro, il mancato rispetto
delle normative sul «cabotaggio», l'utilizzo irregolare di manodopera somministrata dall'estero;
in Francia, Belgio, Paesi Bassi e Svezia sono stati nel frattempo adottati provvedimenti restrittivi
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volti a contrastare il dumping sociale nell'autotrasporto; in data 24 giugno 2014, la Commissione
europea – Direzione generale della mobilità e dei trasporti – ha riconosciuto che «le norme sul
cabotaggio possono non essere applicate in modo uniforme» e, per questo, l'Unione europea «sta
valutando la possibilità di modificare la vigente normativa», adottando «una proposta intesa a
chiarire e a semplificare i regolamenti nel 2015»,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative per rivedere, nell'ambito del semestre di presidenza italiana dell'Unione
europea, la normativa comunitaria in materia di trasporti di «cabotaggio» di merci e persone,
considerato l'impegno preso dalla Commissione europea il 14 aprile 2014, con la pubblicazione di
una relazione sullo «stato del mercato europeo del trasporto stradale», con l'annuncio della
revisione dei regolamenti (CE) n. 1071/2009 e (CE) n. 1072/2009 nell'ambito del programma
REFIT (comunicazione del dicembre 2012 – Pour une réglementation de l'UE bien affûtée), in cui
si mira a semplificare e a chiarire la norma in vigore piuttosto che ad aprire ulteriormente il
mercato;
a fare sì che il semestre di presidenza italiana dell'Unione europea sia l'occasione per il nostro Paese
per ridefinire le politiche europee di settore: dal cabotaggio alla concorrenza sleale, alla tracciabilità
delle merci fino all'utilizzo della telematica a bordo dei mezzi come strumento per incrementare la
sicurezza stradale, per aumentare l'efficienza logistica, per ridurre i tempi di attesa di carico e
scarico delle merci stesse. (7-00459)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla condanna del consorzio di bonifica di Piacenza alla restituzione dei tributi non dovuti
GUIDESI (LNA)
— Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare. — Per sapere – premesso che:
il tribunale civile di Piacenza ha accolto il ricorso del comune di Piacenza e ha condannato il
consorzio di bonifica a restituire al comune i tributi non dovuti; i giudici hanno stabilito che la quasi
totalità del territorio comunale, nonché, di conseguenza, degli immobili che vi sono situati, non
dev'essere assoggettata al tributo consortile, in quanto non ricevono un beneficio diretto dallo scolo
delle acque nei cavi consortili; il consorzio di bonifica è stato condannato a restituire più di 160.000
euro oltre agli interessi legali al comune, relativamente ai tributi pagati dallo stesso comune per gli
immobili di sua proprietà tra il 1997 e il 2000; il tribunale ha ritenuto dovuto esclusivamente il
tributo relativo agli immobili di proprietà del comune ubicati nelle zone di Mortizza, Le Mose e
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Dossi di Roncaglia, in quanto tali immobili ricevono un beneficio diretto dallo scolo delle acque nei
cavi consortili che deriva dallo scolo delle acque piovane in impianti gestiti dal consorzio, come il
diversivo Est, il collettore Armalunga e l'impianto di sollevamento Armalunga; nel contempo, il
tribunale ha ritenuto che l'esistenza delle opere gestite dal consorzio conferiscano al territorio – e
quindi, di riflesso, agli immobili che vi sono ubicati – un mero beneficio generico che, in forza delle
leggi in materia e dei precedenti di giurisprudenza consolidatisi, non giustifica la pretesa
contributiva del consorzio stesso; il principio sancito dal tribunale è che il beneficio al restante
territorio comunale, derivante dalla regimazione delle acque e dalle altre opere idrauliche gestite dal
consorzio, è non solo generale, ma anche mediato dalla rete fognaria realizzata dall'amministrazione
comunale e non incide direttamente a favore dei singoli immobili, per cui non è dovuto il contributo
consortile per gli immobili di proprietà comunale siti nelle altre zone della città; si tratta di una
questione aperta da dieci anni; già nel 2010 il tribunale di Piacenza aveva condannato il consorzio
di bonifica a restituire i contributi riscossi per gli immobili della amministrazione provinciale posti
nel territorio urbano di Piacenza, avendo accertato solamente l'esistenza di un beneficio generico e,
quindi, non suscettibile di legittimare l'imposizione di tributi; inoltre, da quanto si apprende dai
mass media (Piacenza sera.it), la sentenza si intreccia con le denunce delle politiche di riscossione
e degli sprechi del consorzio di bonifica piacentino e con la richiesta inviata dal sindaco di Piacenza
nei giorni scorsi al Ministero dell'economia e delle finanze e al demanio regionale di ottenere la
gestione diretta, da parte del comune, degli impianti Finarda, Armalunga, canale diversivo est e
ovest, attraverso una concessione prodromica anche all'acquisizione della proprietà. Ciò
consentirebbe una gestione e manutenzione diretta degli impianti collegati alla rete fognaria da
parte del soggetto gestore della rete, con risparmio di spesa e una funzionalità di cui beneficerebbe
la collettività locale; la articolata decisione del tribunale potrà avere, ovviamente se diventerà
definitiva, risvolti di grande portata per tutta la cittadinanza; i cittadini desiderano sapere se devono
fare azioni legali proprie nei confronti del consorzio di bonifica oppure, viste le altre sentenze di
uguale parere del passato se sia possibile estendere l'esonero a tutti i cittadini interessati, i cui
immobili non godono di benefici diretti derivanti dall'azione del consorzio di bonifica:
di quali elementi disponga il Governo in ordine alla problematica di cui in premessa e quali siano
gli orientamenti in relazione alle istanze del sindaco di Piacenza. (4-05971)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sulla normativa in materia di esecuzione dei contratti pubblici
MANNINO e altri (M5S)
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— Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
secondo ricostruzioni di stampa, il Governo si appresta a presentare un disegno di legge delega
finalizzata al recepimento delle direttive comunitarie nn. 24 e 25 in materia di appalti e
concessioni, e alla riscrittura del Codice dei contratti pubblici di lavori servizi e forniture (decreto
legislativo n. 163 del 2006) e del correlato Regolamento di esecuzione ed attuazione (decreto del
Presidente della Repubblica n. 207 del 2010); secondo le stesse ricostruzioni di stampa, la norma in
questione, tra le altre, cose, dovrebbe stabilire – a tutela dei principi della concorrenza – l'obbligo
del ricorso generalizzato alle gare ad evidenza pubblica, ammettendo deroghe limitate a soli pochi
casi codificati; all'interno del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la
semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, sono state
introdotte disposizioni che – attraverso il coinvolgimento dell'Autorità nazionale anticorruzione
anche rispetto alle fasi di esecuzione dei contratti pubblici – dovrebbero aumentare le forme di
contrasto ai fenomeni di corruzione nel settore degli appalti pubblici che, come dimostrano le
cronache, riguardano diffusamente anche le fasi di esecuzione dei contratti, e dunque tutto quello
che accade a valle dell'aggiudicazione del contratto di appalto; a questo riguardo, e con specifico
riferimento alla tassatività del ricorso a procedure ad evidenza pubblica nel nostro ordinamento e al
pieno rispetto delle disposizioni del Codice dei contratti relative all'esecuzione dei contratti pubblici
– oltre alle note e diffusissime deroghe rispetto allo stesso codice previste per la realizzazione delle
cosiddette grandi opere – va rilevato che, in seguito alla conversione in legge del decreto-legge
n. 201 del 2011, è stato introdotto un regime derogatorio anche per l'esecuzione delle opere di
urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria; con l'articolo 45, comma 1, del
decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, infatti, è
stato inserito nell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (Testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), il comma 2-bis, in base al
quale l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia
comunitaria, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio è a carico del
titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il Codice dei contratti;
in merito all'approvazione del citato comma 2-bis dell'articolo 16 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 380 del 2001 – nella Deliberazione n. 43 del 4 aprile 2012 – l'Autorità per la
vigilanza sui contratti pubblici aveva segnalato quanto segue: «Il campo di applicazione della
norma recata dall'articolo 16, comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del
2001, così come introdotto dall'articolo 45, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011 convertito
nella legge n. 214 del 2011, ovverosia la non applicabilità del Codice per le opere di
urbanizzazione primaria sotto soglia eseguite dal privato titolare del permesso di costruire, appare
23
eccessivamente ampio. La liberalizzazione introdotta consente all'operatore privato di gestire
contratti fino ad un valore di 5 milioni di euro, senza tracciabilità degli eventuali, e consistenti,
ribassi d'asta, subappalti, qualificazione delle imprese esecutrici dei lavori stessi, vigilanza
dell'Autorità, per opere di urbanizzazione di pubblica utilità che saranno acquisite al patrimonio
comunale»;
l'applicazione del comma 2-bis dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380
del 2001 consente di selezionare, senza il ricorso a procedure ad evidenza pubblica, i soggetti che
eseguono opere pubbliche – tali vanno considerate le opere di urbanizzazione destinate ad essere
acquisite al patrimonio dei comuni e connesse alle infrastrutture esistenti – a valere su risorse
pubbliche perché tali vanno considerati i cosiddetti oneri concessori, a detrazione parziale o
integrale dei quali le opere in argomento vengono eseguite; lo stesso comma 2-bis solleva i soggetti
che eseguono opere di urbanizzazione di importo fino a 5 milioni di euro – come evidenziato
dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici – dall'obbligo di rispettare tutte procedure del
Codice dei contratti, finalizzate ad assicurare un ordinato e regolare svolgimento delle fasi di
esecuzione dei contratti pubblici, e dunque senza adeguate garanzie rispetto alla qualità dei lavori
eseguiti, all'accertamento del valore economico delle opere e alla trasparenza e alla tracciabilità dei
flussi finanziari connessi; questa disposizione rende possibile pratiche abusive e corruttive, dal
momento che permette all'amministrazione di «condizionare» il rilascio di permessi di costruire
all'impegno, da parte del titolare del permesso, di affidare direttamente l'esecuzione delle opere di
urbanizzazione primaria a imprese «gradite/segnalate» dalla stessa amministrazione per importi,
fino a 5 milioni di euro; la stessa finalità liberalizzatrice – all'origine della scelta di novellare
l'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 con l'inserimento del
comma 2-bis – viene vanificata dall'affidamento, di fatto a una sola impresa e senza gara
competitiva, di lavori pubblici fino a una soglia di 5 milioni di euro, senza alcuna garanzia
sull'adeguata qualificazione tecnico-economica degli esecutori e sulla qualità e l'effettiva
rispondenza alle esigenze pubbliche delle opere di urbanizzazione che, una volta realizzate,
vengono acquisite al patrimonio delle amministrazioni comunali; in seguito a una denuncia
riguardante inadempimenti del diritto comunitario, la Commissione europea – pur non considerando
l'articolo 16 comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 in contrasto
con il diritto comunitario – ha rilevato che l'interpretazione della norma non è univoca e, in
particolare, che non è chiaro se l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria «a
carico» del titolare del permesso di costruire vada considerata complementare o alternativa
all'obbligo previsto dal comma 1 dello stesso articolo 16, e in particolare se anche in tal caso sia
prevista la possibilità di scomputo totale o parziale della quota relativa agli oneri di urbanizzazione;
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in occasione della conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 24 giugno 2014, n. 90, è
stato accolto un ordine del giorno presentato dalla deputata Claudia Mannino con il quale – ad esito
della riformulazione proposta dal Governo – si impegna lo stesso Governo a valutare l'opportunità
di rivedere, nell'ambito della preannunciata riforma della normativa sui contratti pubblici, l'articolo
16 comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, rimuovendo il
meccanismo derogatorio previsto, e prevedendo – anche per quanto concerne la realizzazione delle
opere di urbanizzazione a scomputo – l'obbligo di ricorrere a gare ad evidenza pubblica e di
applicare integralmente le norme vigenti in materia di esecuzione dei contratti aventi come oggetto
la realizzazione di opere pubbliche –:
se intenda procedere all'abrogazione dell'articolo 16, comma 2-bis, del decreto del Presidente della
Repubblica n. 380 del 2001, cancellando una norma che, come rilevato dalla Commissione
europea, non è chiara e che, in ogni caso, ha consentito e consente, tuttora, di realizzare opere
pubbliche, senza alcuna delle garanzie previste dal Codice dei contratti, concernenti
l'individuazione e la necessaria qualificazione dei soggetti esecutori, la qualità e la ordinata
esecuzione dei lavori, il corretto accertamento del valore economico delle opere, nonché la
trasparenza e la tracciabilità dei flussi finanziari connessi. (5-03510)
Interrogazione a risposta orale
sulle iniziative per salvaguardare gli stabilimenti delle aziende Terna spa ed Enel
distribuzione nella regione Calabria
RAMPELLI (FDI)
— Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
nell'ambito di una fase di riorganizzazione le aziende Terna spa ed Enel distribuzione sembra
abbiano intenzione di dismettere le proprie sedi calabresi; Terna spa si appresterebbe a chiudere la
sede di Cosenza, definita ad esaurimento, e quella di Castrovillari, che sarà accorpata
definitivamente a quella di Rotonda, in Basilicata, nonostante l'80 per cento degli asset che saranno
gestiti da quest'ultima sede si trovino in territorio calabrese; Enel distribuzione, invece, nel piano
nazionale predisposto, che prevede un taglio del 30 per cento delle strutture a livello nazionale,
prospetta per la Calabria un taglio del 50 per cento delle zone e del 40 per cento delle unità
operative; le attuali sei zone potrebbero, quindi, diventare tre con la cancellazione, insieme ad altre
due, di quella di Castrovillari; non appaiono chiare né le ragioni di un taglio così pesante a carico
degli impianti calabresi, né le conseguenze per l'utenza –:
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quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di salvaguardare gli stabilimenti e gli insediamenti
produttivi delle citate aziende nella regione Calabria e al fine di garantire il mantenimento dei livelli
occupazionali e di servizio attualmente esistenti. (3-01013)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sui chiarimenti circa il livello dello stoccaggio di gas in Italia e sulla strategia alternativa di
approvvigionamento da implementare in caso di escalation negativa dei rapporti tra l'Europa
e la Federazione russa
LIBRANDI (SCpI)
— Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
le tensioni geopolitiche riguardanti alcune tra le principali aree di provenienza delle fonti
idrocarburiche utilizzate in Italia – la Russia e la Libia in primis – determinano forti incertezze sulla
stabilità degli approvvigionamenti e sull'adeguatezza della strategia energetica nazionale italiana a
questi nuovi mutati scenari; come dichiarato dalla compagnia energetica polacca PGNiG Gas e
dalla società di trasporto ucraina Ukrtransgaz, ad esempio, Gazprom avrebbe già unilateralmente
tagliato del 24 per cento le forniture di gas alla Polonia per bloccare il cosiddetto «flusso inverso»
(reverse flow) all'Ucraina, cioè la rivendita a quest'ultima del gas acquistato dalla Russia;
nonostante la smentita ufficiale di Gazprom, notizie di riduzioni delle forniture giungono anche da
altri Paesi europei che, con una decisione coordinata con la Commissione europea, hanno accettato
di rivendere gas all'Ucraina dopo il taglio delle forniture operato in giugno dalla compagnia
energetica russa: la Slovacchia, ad esempio, afferma che anche le sue forniture sono diminuite del
10 per cento; una leggera riduzione dei flussi nei gasdotti riguarderebbe anche la Germania,
secondo la compagnia tedesca E.On; per i principali analisti – come l'istituto di ricerca economico
tedesco DIW – l'Europa avrebbe i margini per gestire nel breve periodo un'eventuale interruzione
della fornitura di gas russo, grazie alla maggiore importazione di gas naturale liquefatto (GNL), al
calo dei consumi e all'aumento delle riserve accumulate negli ultimi mesi, con stoccaggi pieni per
circa il 90 per cento; tuttavia, tali stime sono soggetto alla variabile climatica del prossimo inverno
e alle forti instabilità riguardanti anche altri fornitori di gas per l'Italia, come la Libia; per l'Italia,
peraltro, stante il ritardo accumulato negli anni sul piano infrastrutturale (ad esempio, sui
rigassificatori), e su quello della ricerca e della produzione nazionale di idrocarburi, il livello di
dipendenza dal gas straniero costituisce un fattore di obiettiva vulnerabilità e anche nel breve
periodo –:
quale sia il livello effettivo dello stoccaggio di gas in Italia, anche valutato in numero di mesi di
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autosufficienza in caso di interruzione totale delle forniture russe, e se il Governo stia
predisponendo una strategia alternativa di approvvigionamento da implementare in caso di
escalation negativa dei rapporti tra l'Europa e la Federazione russa. (5-03532)
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SENATO
Risposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina,
all’interrogazione sulla normativa applicabile alla combustione dei residui di potatura,
presentata da CASALETTO (MISTO).
Si riferisce che il nuovo assetto normativo concernente la bruciatura dei residui vegetali rientra fra
le proposte emendative in corso di approvazione, mediante la modifica dell’art. 185 del decreto
legislativo n. 152 del 2006 attraverso l’emendamento al disegno di legge recante “Disposizioni in
materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso
eccessivo di risorse naturali”, Atto Camera n. 2093. La novella legislativa restituirebbe ai Comuni
discrezionalità in ordine alla possibilità di effettuare le bruciature di residui vegetali con modalità
controllate, salvo il periodo di potenziale rischio di incendi, dichiarato dalle Regioni, ovvero in quei
casi in cui i Comuni od altre amministrazioni rilevino condizioni meteo-climatiche sfavorevoli o
rischi per la pubblica e privata incolumità.
Peraltro, analoga proposta legislativa riguarda l'articolo 256-bis del decreto legislativo, introdotto
dal decreto-legge n. 136 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 6 del 2014, recante
“Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali ed industriali ed a favorire lo
sviluppo delle aree interessate”. Tale previsione normativa risiede nell’articolo 1 del disegno di
legge “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”, Atto Senato n. 1345, con il quale si
escluderebbe dalla portata della disposizione menzionata il materiale forestale derivante da attività
agricola, che potrebbe, invece, essere bruciato in piccoli cumuli, in quantità giornaliere controllate
ed in aree e periodi previsti dall’autorità locale, tranne nei periodi di massima pericolosità.
Infine, la modifica normativa viene, ulteriormente, suggerita nell’ambito dello schema di decretolegge del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, recante disposizioni urgenti in
materia di semplificazione e competitività nel settore agricolo, nonché di sicurezza agroalimentare,
identificato come “Campo libero”. La proposta emendativa si trova nell’articolo 11 che
aggiungerebbe al comma 6 dell’articolo 256-bis del decreto legislativo n. 152 il comma 6-bis che
introdurrebbe anch’esso la possibilità di bruciature i residui vegetali in aree, orari e periodi previsti
da apposita ordinanza del sindaco competente per territorio.
Di seguito il testo dell’interrogazione.
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Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali - Premesso che:
con riferimento alla prassi in uso presso le aziende agricole di procedere alla gestione dei residui
della potatura mediante combustione controllata sul luogo di produzione, si registrano sul territorio
diverse e contraddittorie interpretazioni della normativa vigente in materia di rifiuti. Mentre, infatti,
in alcune Regioni e Provincie sono stati adottati specifici provvedimenti amministrativi che
legittimano e disciplinano tale attività, in altre realtà territoriali sono state formalizzate dagli organi
di controllo contestazioni per la violazione della normativa, che hanno determinato anche l'avvio di
procedimenti penali a carico di imprenditori agricoli;
il quadro normativo, già di non coerente applicazione, è stato complicato dall'approvazione, in sede
di conversione del decreto-legge n. 136 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 6 del
2014, (decreto "Terra dei fuochi"), del nuovo articolo 256-bis del decreto legislativo n. 152 del
2006, che punisce con sanzioni penali molto onerose la combustione di rifiuti abbandonati ovvero
depositati in maniera incontrollata. Oltre alle aggravanti connesse all'attività di impresa del
trasgressore o al luogo in cui viene commesso il reato, la normativa prevede che alla sanzione di
condanna consegue sempre la confisca dell'area sulla quale è stata posta in essere la condotta
illecita, facendo salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi. Ciò premesso, è
evidente che la ratio della normativa di recente approvazione sia quella di punire le gravissime
fattispecie illecite che hanno caratterizzato, purtroppo, negli ultimi anni, la gestione dei rifiuti in
Campania;
diversamente, a giudizio dell'interrogante, la disposizione non può certamente essere interpretata nel
senso di comprendere nel proprio campo di applicazione la fattispecie di combustione controllata
sul luogo di produzione di residui vegetali che costituisce, invece, una normale e consuetudinaria
pratica agricola e che ha, tra l'altro, il vantaggio di evitare la movimentazione sul territorio, anche
per lunghissimi tratti (vista, nella maggior parte dei casi, l'assenza di impianti) di sostanze naturali
non pericolose e l'inutile intasamento degli impianti di gestione dei rifiuti. Tali operazioni, peraltro,
non si svolgono su rifiuti abbandonati o depositati in maniera incontrollata;
nonostante l'evidente differente campo di applicazione della disposizione indicata, sul territorio
sono state registrate alcune preoccupanti segnalazioni legate all'indirizzo assunto da alcune
amministrazioni o organi di controllo circa la possibile estensione delle sanzioni anche alle
fattispecie di combustione controllata sul luogo di produzione effettuata dalle imprese agricole;
si ricorda che l'articolo 29 del collegato ambientale alla legge di stabilità per il 2014, approvato dal
Governo il 15 novembre 2013, attualmente all'esame della Camera dei deputati (AC 2093), contiene
una specifica disposizione finalizzata a risolvere il problema, riconoscendo ai Comuni la possibilità
di intervenire per disciplinare le operazioni indicate. Tale previsione, però, al momento, non è stata
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approvata in via definitiva e quindi, salvo poterne considerare il contenuto come indirizzo di
riferimento, non è attualmente vigente;
in tale contesto, visto il quadro normativo di riferimento confuso e lacunoso, emerge l'urgente
necessità di tutelare le imprese agricole rispetto a possibili inique contestazioni e sanzioni,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo, al fine di prevenire interpretazioni normative difformi
sul territorio e inique contestazioni alle imprese agricole, non intenda fornire indirizzi generali di
riferimento e disciplinare la fattispecie della combustione controllata dei residui di potatura,
assicurando così il normale esercizio delle attività agricole ed il rispetto dell'ambiente e della tutela
della salute. (4-01953)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla bonifica e sulla messa in sicurezza dell'intera area limitrofa all'ex inceneritore Saspi, in
provincia di Lecce
DONNO (M5S)
- Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute - Premesso che:
tra la città di Lecce e Lizzanello veniva collocato un inceneritore, ora noto come "ex inceneritore
Saspi", che per decenni ha bruciato i rifiuti di Lecce e delle aree limitrofe;
con deliberazione della Giunta comunale n. 779 del 13 ottobre 2010 veniva approvato il progetto
preliminare "Interventi di messa in sicurezza e caratterizzazione sull'area ex inceneritore Saspi"
inserito nella linea di intervento 2.5 asse II - P.O. FESR 2007-2013 (area vasta Lecce), trasmesso
alla Regione Puglia con nota prot. n. 0120299 del 28 settembre 2010;
successivamente con delibera della Giunta comunale n. 591 del 27 luglio 2011 veniva approvato il
progetto definitivo "Interventi di messa in sicurezza e caratterizzazione sull'area ex inceneritore
Saspi", trasmesso dall'ingegnere Borgia, in data 7 giugno 2011, prot. n. 76313, che demandava al
dirigente del Settore ambiente tutti gli atti e provvedimenti successivi;
a seguito dell'adozione di una determinazione a contrarre per l'aggiudicazione dell'appalto
riguardante gli interventi di messa in sicurezza e caratterizzazione, con determinazione n. 56 del 14
febbraio 2012 veniva aggiudicato in via definitiva l'appalto all'Associazione temporanea di impresa
Triversonda S.r.l., con sede a Squinzano (Lecce), e al gruppo Csa S.p.a. con sede a Rimini, per il
ribasso offerto del 28,17 per cento sull'importo dei lavori posto a base di gara;
con determinazione dirigenziale CDR XX n. 65 del 14 giugno 2012 veniva autorizzato il subappalto
delle attività di "pulizia, cernita, raccolta, trasporto e smaltimento c/o centri autorizzati di quanto
contenuto nelle vasche, piazzali strade e tutti gli spazi ricadenti nell'area, indicata nel progetto e nel
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computo metrico, compreso amianto, con la sola esclusione di eventuali fanghi - decespugliamento,
trasporto e smaltimento c/o centri autorizzati di tutti gli arbusti e scarti di potatura, presenti in
qualunque ambiente indicato nel progetto e nel computo metrico" all'impresa subappaltatrice
Serveco S.r.l., con sede in zona PIP (piano per insediamenti produttivi) Montemesola (Taranto), per
un importo di contratto di 45.000 euro;
nel marzo 2013 il procuratore aggiunto di Lecce apriva un fascicolo volto ad accertare
l'inquinamento dei suoli attigui all'impianto;
al proposito, secondo quanto riportato nella cronaca locale di "La Repubblica" del 12 marzo 2013,
venivano contestate "ipotesi di reato di gettito pericoloso di cose, danneggiamento, omessa bonifica
e avvelenamento colposo della falda acquifera" nei confronti di 5 dirigenti dell'ex Saspi;
a giudizio degli interroganti è evidente la sussistenza di un grave pregiudizio ambientale e sanitario
caratterizzato dalla presenza di rifiuti interrati e scorie, con conseguente compromissione del suolo,
dell'aria e della falde acquifere circostanti;
con missiva del 10 luglio 2013 inviata al sindaco di Lecce, il Meetup 5 Stelle per Lecce, nella
persona degli attivisti, chiedeva "l'immediata perimetrizzazione e messa in sicurezza dell'area
inquinata da bonificare";
considerato che dalle evidenze descritte, allo stato dei fatti, sussiste un pericolo per la salute dei
cittadini che risiedono nelle aree prossime all'inceneritore, a cui si aggiunge un grave stato di
degrado ambientale caratterizzato dalla presenza di collinette di rifiuti che costeggiano il fabbricato,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo, nell'ambito delle rispettive competenze, non ritengano necessario
procedere con urgenza alla bonifica e alla messa in sicurezza dell'intera area limitrofa all'ex
inceneritore Saspi;
se, nei limiti delle proprie attribuzioni, non ritengano indispensabile attivarsi per lo svolgimento di
un'esaustiva analisi dei livelli di degrado e di contaminazione ambientale presenti nelle aree
prossime all'ex inceneritore Saspi, con la finalità di porre in essere interventi volti al recupero
funzionale e al ripristino ambientale dei siti inquinati;
se, per quanto di competenza, non ritengano doveroso avviare ulteriori accertamenti circa le
responsabilità connesse al grave stato di degrado ambientale del territorio nonché alla presenza di
possibili abusi di stampo mafioso. (4-02655)
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EUROPA
Risposta del Commissario Connie Hedegaard all’interrogazione sull’eliminazione delle quote di
emissione (ETS), presentata da Monika Flašíková Beňová (S&D) lo scorso 7 agosto.
In order to address the current surplus of allowances in the EU carbon market and make the EU
Emissions Trading System (ETS) more adaptable to changing market circumstances, the
Commission proposes to establish a market stability reserve as part of the 2030 climate and energy
framework. The reserve will complement the existing rules so as to guarantee a more balanced
market, with a carbon price more strongly driven by mid‐ and long-term emission reductions and
with stable expectations encouraging low-carbon investments. It responds to the call from the
majority of stakeholders for a predictable, automatic, non-discretionary mechanism to strengthen
the EU ETS.
The Commission proposes to establish this reserve as of 2021. It could be established before
provided an earlier start will find the necessary majority in the Council and the European
Parliament.
For industry, the Commission has ensured continuity of the current carbon leakage list and proposes
to continue providing more focused free allocation after 2020 if other major economies do not take
comparable climate action.
Di seguito il testo dell’interrogazione.
In January 2014, the Commission proposed that a mechanism be established to support the
stagnating emissions market — the so‐called Stability Reserve CO2 Emissions Trading System.
According to many experts, this mechanism is unclear and in need, in places, of a radical overhaul
aimed at helping companies to lower their greenhouse gas emissions, protect them from foreign
competition and create a space for investments in low‐carbon technologies.
How does the Commission intend to deal with surplus emission allowances?
Is the Commission considering changing the timeframe for launching the mechanism to support the
stagnating emissions market — the Stability Reserve CO2 Emissions Trading System — from 2021,
as proposed, to an earlier timeframe?
Is it considering drafting rules to enable companies in the heavy industry sector to obtain the
majority of the CO2 quotas for free?
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Interrogazione a risposta scritta alla Commissione sulla natura vincolante della Valutazione
d’Impatto Ambientale, presentata da Kateřina Konečná (GUE/NGL) il 2 settembre 2014.
DG ENVI officials are calling on the Czech Republic to introduce provisions into Czech law
making the conclusions of Environmental Impact Assessments (EIAs) binding. However, this
demand has no basis in Directive 2011/92/EU of the European Parliament and of the Council.
How does the Commission explain the actions of DG ENVI officials, who are seeking to impose
legislative changes beyond the scope of Directive 2011/92/EU?
2. The Czech Republic is being forced by DG ENVI officials to introduce provisions into Czech
law for the compulsory verification of the compliance of plans that have undergone the EIA process
with plans assessed under subsequent authorisation procedures (so‐called ‘coherence stamp’).
This requirement, which has no basis in Directive 2011/92/EU of the European Parliament and of
the Council, will lead to a significant increase in bureaucracy and will place a burden on the Czech
public administration.
How does the Commission explain the actions of DG ENVI officials, who are seeking to impose
legislative changes beyond the scope of Directive 2011/92/EU?
Interrogazione a risposta scritta sulle trivellazioni offshore nel Mar Mediterraneo, presentata da
Ignazio Corrao (EFDD), il 26 agosto 2014.
In un sistema mondiale orientato verso l'impiego crescente delle fonti rinnovabili è impensabile che
gli Stati membri dell'UE, impegnati nel rispetto di obiettivi ambiziosi come quello del Pacchetto
clima ed energia 2020, non dirottino tutta la loro attenzione verso soluzioni «green». I paesi del
Mediterraneo pagano già un prezzo troppo alto dovuto a una legislazione in materia assolutamente
irrispettosa della tutela delle coste. Puntare sul petrolio piuttosto che sulla valorizzazione dei litorali
è un attentato alla dignità dei cittadini europei.
Occorre portare avanti un'idea di energia diversa fatta di sistemi puliti rispettosi della salute del
territorio e dei cittadini.
Tutto ciò premesso, può la Commissione far sapere:
1. quali sono le modalità attraverso le quali intende intervenire per arginare gli effetti devastanti che
la proliferazione delle attività estrattive sta causando?
2 quali sono gli strumenti di sorveglianza che intende mettere in campo l'UE per tutelare gli
ecosistemi marini?
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