Raccolta Interrogazioni a Camera e Senato 20/2014

Attività Parlamentare
Raccolta delle interrogazioni presentate alla
Camera e al Senato
n. 20/2014
2014
INDICE
CAMERA ............................................................................................................................................ 4
Risoluzione in Commissione sullo sviluppo di «chemical» da fonti rinnovabili, con particolare
riferimento all'utilizzo da prodotti di scarto dell'industria agroalimentare, sui processi
biologici efficienti nell'uso delle risorse e dell'energia, con lo sviluppo di bioraffinerie che
utilizzano biomassa, rifiuti biologici e biotecnologici e sui rifiuti cosiddetti e-waste .............. 4
Risoluzione in Commissione sul processo di bonifica e messa in sicurezza dell'area dell'ex
Isochimica di Avellino .................................................................................................................... 7
Interrogazione a risposta scritta sulla messa in sicurezza dei bacini utilizzati per lo stoccaggio
dei reflui chimici in Sardegna........................................................................................................ 9
Interrogazione a risposta scritta sulla piattaforma petrolifera fissa offshore Vega di Edison ed
ENI, situata al largo della Sicilia e sugli intendimenti circa un sensibile incremento delle
aliquote di royalties e di prelievo fiscale .................................................................................... 10
Interrogazione a risposta scritta sulla gestione dei rifiuti in Sicilia, con riferimento ad una
discarica in provincia di Siracusa dove sarebbero stati sversati, ed illecitamente interrati,
rifiuti speciali declassati in rifiuti ordinari, provenienti anche dalla zona industriale del
petrolchimico di Priolo-Melilli-Augusta ..................................................................................... 13
Interrogazione a risposta orale sulla salvaguardia dei livelli occupazionali e sull’emergenza
ambientale del territorio del Sulcis-Iglesiente, anche in riferimento alla presenza delle
centrali termoelettriche ENEL ed alle discariche di rifiuti industriali di Carbonia ............. 15
Interrogazione a risposta scritta sulla riorganizzazione del trasporto e della distribuzione dei
carburanti della raffineria ENI di Taranto................................................................................ 18
Risposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti all’interrogazione sulle
iniziative per il mantenimento dei livelli occupazionali dei trasportatori associati al
consorzio Lts di Taranto, alla luce del ridimensionamento della commessa a favore di tale
consorzio da parte della raffineria Eni di Taranto.................................................................... 19
Interrogazione a risposta immediata in VI Commissione sui chiarimenti in merito alla
normativa sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) .......................... 21
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Risoluzione in Commissione sulla bonifica e messa in sicurezza dell'area ex Isochimica
di Avellino ..................................................................................................................................... 23
Interrogazione a risposta scritta sul progetto di ricerca di idrocarburi denominato «d68 F.R. –
TU» nel Mar Jonio, della società britannica Transunion Petroleum Ltd ................................. 24
Interrogazione a risposta scritta sul progetto di ricerca di idrocarburi al largo delle coste
pugliesi della Global Petroleum Limited, effettuate tramite la tecnologia air-gun ................ 25
SENATO ............................................................................................................................................ 28
Interrogazione a risposta in 10ª Commissione permanente sul servizio d'interrompibilità delle
aziende che forniscono energia elettrica per l'anno 2013 e sulle disposizione dell’ Autorità
per l'energia elettrica e il gas ....................................................................................................... 28
Risposta del sottosegretario per i beni e le attività culturali e per il turismo Francesca Barracciu
all'interrogazione su quali iniziative intenda adottare per il rispetto del patrimonio storicoartistico dell’area di Russi, in provincia di Ravenna, individuata come idonea per la
realizzazione di un impianto di produzione di energia da combustione a biomasse .............. 32
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CAMERA
Risoluzione in Commissione:
sullo sviluppo di «chemical» da fonti rinnovabili, con particolare riferimento all'utilizzo da
prodotti di scarto dell'industria agroalimentare, sui processi biologici efficienti nell'uso delle
risorse e dell'energia, con lo sviluppo di bioraffinerie che utilizzano biomassa, rifiuti biologici
e biotecnologici e sui rifiuti cosiddetti e-waste
FRANCO BORDO (SEL), FERRARA, PALAZZOTTO
Le Commissioni X e XIII,
premesso che:
la bioeconomia rappresenta una delle possibilità, per i settori produttivi del sistema Paese, di
rilancio dell'economia in chiave green con l'utilizzo di sottoprodotti agricoli che rappresentano, se
non valorizzati opportunamente, delle esternalità negative per l'ambiente e la società;
i materiali naturali rinnovabili e, in particolar modo quelli in eccesso, potrebbero essere il punto di
partenza di nuovi e sostenibili cicli di produzione di una nuova politica industriale che sappia
valorizzare le potenzialità inespresse che l'agricoltura può offrire per il rilancio dell'economia;
le realtà di buone pratiche in Italia, in ambito «agro-bioeconomico», sono svariate ma, spesso,
rappresentano solo il frutto di azioni prive di una struttura armonizzata e di sistema, sono il più delle
volte il risultato di studi fatti da singoli soggetti, dalle università e dai centri di ricerca che
rimangono confinati in dinamiche volontaristiche. A tal proposito, è necessario e indispensabile il
supporto del Governo nella programmazione sistematica di medio-lungo periodo delle possibilità di
straordinaria innovazione tecnologica che sono in grado di esprimere;
gli esempi in tale ambito sono svariati. In Puglia una azienda in provincia di Lecce, la Sikalindi, è
riuscita a realizzare, con l'utilizzo delle cladodi dei fichi d'india, molto diffusi nel Sud Italia – che
altrimenti verrebbero potate lasciando le foglie a marcire sul terreno con la conseguente produzione
di gas a effetto serra – delle fibre legnose vegetali con cui poter realizzare complementi d'arredo,
tavoli, librerie, sedie, e altro. Le piante di fichi d'india sono oggetto di potature o sfoltimento,
perché considerate dagli agricoltori delle infestanti, ma con appositi accordi di filiera ciò che poteva
essere un rifiuto si è trasformato in una risorsa rinnovabile. La fibra è presente nelle cladodi in
quantità notevole con delle peculiari ramificazioni che donano a questo nuovo materiale una texture
sempre differente e di elevato pregio estetico e funzionale. Il materiale ottenuto dall'essicazione
delle cladodi viene trattato con prodotti speciali e resine impregnanti per legno che hanno lo scopo
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di preservare il materiale, conferirgli la resistenza meccanica e renderlo impermeabile. Per fare ciò
vengono utilizzati prodotti a basso impatto ambientale, provenienti da aziende con certificazione
ambientale ISO 14001. L'azienda in questione ha avviato una collaborazione con il dipartimento di
ingegneria dei materiali dell'università del Salento al fine di testare resine totalmente naturali.
L'intero processo produttivo avviene all'interno di laboratori artigianali situati nell'area del Salento;
l'istituto di chimica e tecnologia dei Polimeri, ICTP, del Consiglio nazionale di ricerca, CNR, di
Pozzuoli (NA) ha messo a punto tecniche per l'utilizzo di materie prime di origine vegetale, non
utilizzate per scopi alimentari, come le bucce dei pomodori San Marzano, da cui hanno ottenuto un
film biodegradabile, biocompatibile e non tossico da utilizzare per le pacciamature delle piante,
ossia quel processo di protezione e aiuto alla crescita delle piante nella fase più delicata dello
sviluppo con alcuni strati di plastica stesi al suolo. Si pensi, che nel mondo vengono usate ogni anno
circa 700 mila tonnellate di plastiche pacciamanti e che il loro destino è quello di un difficile riciclo,
in quanto contaminate da terree sostanze organiche, o di finire nel terreno compromettendo la
fertilità del suolo. Il vantaggio socio-ambientale del prodotto non è soltanto quello di essere
composto da sostanze organiche, ma di poter essere utilizzato anche sotto forma di spray e non aver
bisogno di essere rimosso, funzionando da ammendante del suolo perché si decompone a contatto
con l'acqua piovana – mantenendo le performance per tempi confrontabili ai tradizionali additivati –
dopo un certo periodo, non lasciando tracce e inquinanti; in Italia l'azienda Bio-on ha realizzato e
brevetto la prima bioplastica PHAs (Polidrossialcanoati) al mondo completamente e naturalmente
biodegradabile in acqua e al suolo. Si tratta della Minerv-PHA, un polimero biologico per la cui
produzione si utilizzano gli scarti della lavorazione della barbabietola e della canna da zucchero, i
quali anziché rappresentare un costo di smaltimento, diventano una risorsa economica con risvolti
positivi sull'ambiente e l'ecosistema. Questo tipo di bioplastica è resistente al calore fino a 200° C, è
impermeabile ai gas e ai liquidi e ha prestazioni meccaniche eccellenti. I seguiti applicativi di
questo polimero biologico sono diversi,
a partire dalla possibilità di utilizzarlo come substrato per
i circuiti elettrici, combinato con opportune nano cariche, può diventare un conduttore di elettricità
con prospettive straordinarie, prima su tutte, quella di ridurre drasticamente l'impatto che il
fenomeno conosciuto e-waste ha sull'ambiente con i suoi 50 milioni di tonnellate di rifiuti prodotti
ogni anno nel mondo dall'elettronica. Alcuni ricercatori dei dipartimenti di ingegneria delle
università di Modena e Reggio Emilia stanno studiando la possibilità di incorporare circuiti elettrici
ed elettronici in substrati plastici, al fine di ottenere un'elettronica flessibile, leggera, facilmente
integrabile e sostenibile. La bioplastica PHAs può essere utilizzata anche per rigenerare un tessuto
umano, in particolare per realizzare la struttura di supporto (scaffold) di colture di cellule ossee;
strutture grazie alle quali è possibile rigenerare un osso umano. In laboratorio è stato dimostrato,
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empiricamente, che questo tipo di bioplastica, opportunamente combinata con particelle di ceramica
o vetrose osteoinduttive in strutture altamente porose, sia adatto alla costruzione di scaffold
compositi privi di citotossicità; il «cluster tecnologico nazionale della chimica verde» è stato creato
nell'ambito della comunicazione (2011)809 della Commissione europea che istituisce il programma
quadro di ricerca e innovazione «Horizon 2020», sotto la priorità «bioeconomy». Il cluster intende
sviluppare a livello nazionale la promozione delle bioindustrie europee a basse emissioni di
carbonio, efficienti sotto il profilo delle risorse, sostenibili e competitive. Le attività si concentrano
sulla promozione della bioeconomia con la trasformazione dei processi e dei prodotti industriali
convenzionali in prodotti e processi biologici efficienti nell'uso delle risorse e dell'energia, con lo
sviluppo di bioraffinerie che utilizzano biomassa, rifiuti biologici e biotecnologici sottoprodotti
derivati dalla produzione primaria e l'apertura di nuovi mercati attraverso il sostegno alla
standardizzazione, alla regolamentazione e alle attività dimostrative/sperimentali e altri, tenendo
conto delle conseguenze della bioeconomia sull'utilizzazione del terreno e delle modifiche di
destinazione del terreno,
impegnano il Governo:
a promuovere un monitoraggio e una successiva catalogazione delle buone pratiche e delle
invenzioni in ambito bioeconomico al fine di strutturarle in un apposito processo ai sistema, o
network della conoscenza, al fine di consentire lo sviluppo delle pratiche esposte in premessa in
chiave
sistemica
e
funzionale
al
rilancio
della
politica
industriale
del
Paese;
a incentivare lo sviluppo di «chemical» da fonti rinnovabili, con particolare riferimento all'utilizzo
da prodotti di scarto dell'industria agroalimentare, residui forestali locali, o comunque a materie
prime
vegetali
coltivate
in
terreni
marginali
o
abbandonati
dall'agricoltura;
ad assumere iniziative per dettare norme di settore snelle, semplici e armonizzale in un testo unico,
al fine di promuovere la costituzione sul territorio nazionale nei «distretti agroenergetici», per
semplificare le procedure per il deposito dei brevetti, per garantire l'accesso al credito, per
prevedere forme di defiscalizzazione del settore ed, eventualmente, la creazione di zone franche a
supporto di investimenti tecnologici ad alto valore aggiunto nel campo della «agro-bioeconomia»;
a porre in essere ogni iniziativa di competenza finalizzata ad adottare un «piano nazionale per la
bioeconomia», già istituito in Europa da Germania, Olanda, Danimarca, Irlanda, Repubblica Ceca
ed in via di definizione in Francia, che introduca un nuovo sistema di politica industriale-ambientale
teso a favorire la riqualificazione ed il rilancio delle aree del Paese deindustrializzate, a sostenere la
ricerca universitaria, l'innovazione pubblica e privata, i processi di internazionalizzazione e le reti di
imprese, e, infine, a incoraggiare la domanda e l'offerta di bioprodotti. (7-00383)
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Risoluzione in Commissione:
sul processo di bonifica e messa in sicurezza dell'area dell'ex Isochimica di Avellino
BRATTI (PD) e altri
La VIII Commissione,
premesso che:
il 3 giugno 2013, gli agenti del Corpo forestale dello Stato di Avellino hanno dato esecuzione al
decreto di sequestro preventivo dello stabilimento e dell'area dove era allocata l'azienda
«Isochimica spa», sita in Pianodardine – Zona A.S.I. di Avellino, disposto in via d'urgenza dalla
procura della Repubblica ai sensi dell'articolo 321, comma 3-bis, del codice di procedura penale;
gli accertamenti eseguiti dai periti nominati dalla procura della Repubblica di Avellino hanno
confermato la presenza di ingenti quantità di amianto, circa 2.276 tonnellate, in gran parte del tipo
crocidolite, irregolarmente smaltito all'interno dello stesso sito dell'isochimica spa, così come era
stato riferito da alcuni lavoratori dell'ex «fabbrica dei veleni» nelle molteplici denunce depositate
presso
la
procura
della
Repubblica
di
Avellino,
già
nei
lontani
anni
84/85;
l'accertamento delle gravi condizioni, in cui lavoravano gli operai dell'ex isochimica fu compiuto, in
sede giudiziale, per la prima volta, dall'allora procuratore della Repubblica di Firenze, dottor
Beniamino Deidda, il quale, nell'anno 1988, dispose la chiusura dei capannoni A e B della predetta
fabbrica.
Successivamente,
vi
fu
la
dichiarazione
di
fallimento
della
società;
il nove maggio 2013, il professor Auriemma, consulente tecnico d'ufficio nominato nel 2011 dalla
procura della Repubblica di Avellino, è pervenuto a conclusioni allarmanti in ordine allo stato dei
luoghi, testualmente dichiarando: «a causa della suddetta criticità, è in atto un pericolo concreto per
la salute pubblica ed incolumità per la dispersione di fibre di amianto nell'area dello stabilimento
dell'ex isochimica. Tale pericolo, a suo tempo rilevato con precedenti studi, è dovuto all'ulteriore
stato di degrado dei manufatti stoccati nell'area». Il professor Auriemma ha, dunque, evidenziato la
pericolosità dello stabilimento dell'ex isochimica, definendolo una bomba ecologica nel cuore della
città, assolutamente da bloccare; gli accertamenti del professor Auriemma sono stati recentemente
confermati anche dai professori Gualtiero Ricciardi ed Umberto Moscato, entrambi nominati
nell'anno 2011, all'atto della nuova indagine voluta dall'allora procuratore della Repubblica di
Avellino, dottor Angelo Di Popolo. I due superperiti, provenienti dall'Università Cattolica del Sacro
Cuore di Roma hanno affermato, senza alcuna esitazione, che: «il pericolo di vita è sussistente...»;
nelle cinquanta pagine dell'ordinanza di convalida del sequestro del sito dell'ex Isochimica spa, a
firma del GIP, dottor Giuseppe Riccardi, si legge: «ricorre altresì il periculum in mora sussistendo il
grave pericolo che la libera disponibilità del sito, dove fu svolta la criminosa attività connessa alla
7
lavorazione dell'amianto, possa aggravare o protrarre le conseguenze dei reati contestati,
compromettendo ulteriormente l'integrità dell'ambiente nonché l'incolumità delle persone e
l'esigenza che i reati di disastro ambientale e omissioni in atti d'ufficio siano portati ad ulteriori
conseguenze»;
è del tutto evidente che l'azione di bonifica e messa in sicurezza del sito nonché il monitoraggio
epidemiologico dei lavoratori e della popolazione residente in prossimità degli impianti dismessi
non può essere a carico esclusivamente delle istituzioni locali considerate le oggettive dimensioni
dell'area e necessita di un'assunzione di responsabilità anche da parte del Governo centrale come
avvenuto già per altri siti nelle medesime condizioni; la caratterizzazione ambientale del sito,
effettuata nel 2006 e il progetto di bonifica, approvato nel 2008, ai sensi del decreto ministeriale n.
471 del 1999 sono stati aggiornati, in accordo con comune e ARPAC, al fine di tener conto di tutti i
dati analitici disponibili e degli aspetti di seguito elencati: la normativa nel frattempo intervenuta in
campo ambientale con il decreto legislativo n. 152 del 2006, che modifica il procedimento di
bonifica prevedendo anche l'analisi di rischio sito-specifica; la modifica della conoscenza dello
stato dei luoghi; la necessità di approfondire le indagini effettuate in fase di caratterizzazione; gli
interventi effettuati e quelli in corso; la necessità di intervenire in modo definitivo anche sulle
coperture dei capannoni, oltre che sui cubi e sull'amianto seppellito nel sottosuolo; la redazione di
tale piano integrativo, stimata da ARPAC in euro 4.500,00, è stata affidata, con DD n. 702 del 16
maggio 2014 alla predetta Agenzia che, tra l'altro, ha partecipato al procedimento ai sensi del
decreto ministeriale n. 471 del 1999 e ha effettuato, nel tempo, ulteriori indagini;
quanto alla copertura finanziaria per la realizzazione della bonifica dell'area Isochimica, si
rappresenta che nel bilancio regionale gestionale 2014/2016 non risulta alcuno stanziamento per
interventi di bonifica, né è possibile utilizzare le risorse del POR FESR 2007/13 Obiettivo
Operativo
1.2
in
quanto
trattasi
di
sito
di
proprietà
e
gestione
privata;
la regione Campania ha richiesto formalmente al MATTM, con nota prot. n. 0961/SP del 13
febbraio 2014, il finanziamento dell'intervento di bonifica dell'area in argomento, indicandolo come
prioritario, a valere sui fondi FSC 2014-2020 destinati al piano nazionale amianto,
impegna il Governo
a procedere, su richiesta della regione Campania all'inserimento del sito in questione tra quelli di
interesse nazionale e quindi ad impegnarsi direttamente nel processo di bonifica e messa in
sicurezza dell'area dell'ex Isochimica nonché a valutare la possibilità del Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare di costituirsi parte civile nel procedimento giudiziario in corso
nei
confronti
dei
responsabili
dei
gravi
fenomeni
di
inquinamento
registrati;
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a coadiuvare l'azione della regione Campania per la bonifica del sito attraverso uno stanziamento di
fondi adeguati;
a verificare la possibilità di assumere iniziative per prevedere misure di sostegno per l'accesso al
trattamento previdenziale a partire dai lavoratori ex dipendenti della fabbrica che ad oggi risultano
colpiti dalle gravi patologie asbesto-correlate;
a prevedere, per quanto di competenza un costante monitoraggio sulle condizioni di salute per tutta
la popolazione residente in prossimità dello stabilimento considerata la sua vicinanza all'area
urbana. (7-00384)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla messa in sicurezza dei bacini utilizzati per lo stoccaggio dei reflui chimici in Sardegna
CORDA (M5S)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che;
la terra di Sardegna rischia di subire uno dei disastri ecologici più gravi della storia italiana;
gli scempi compiuti nell'agro di Furtei rischiano di far esplodere una vera e propria bomba
ecologica, a causa della disastrosa situazione in cui versano le colline sventrate e spoglie, infestate
di laghi al cianuro; nel 1997 la Sardinia Gold Mining annuncia la fusione del primo lingotto d'oro
della nuova Eldorado italiana, nel comune di Furtei, a 40 chilometri da Cagliari;
un giacimento che si estende su di una superficie complessiva di circa 3.000 ettari, a lungo indagato
dall'Agip e poi rilevato da due società minerarie australiane, in aggiunta al finanziamento del 10 per
cento da parte della regione Sardegna; vengono aperte 4 miniere a cielo aperto ed alcuni bacini per
lo stoccaggio dei reflui chimici del trattamento di arricchimento; nel 2008 la concentrazione del
metallo scende però a valori così poco remunerativi che la miniera viene improvvisamente
abbandonata, gli imprenditori australiani spariscono con il loro bottino, i 42 lavoratori vengono
messi in cassa integrazione; questi ultimi ad oggi vigilano sui bacini al cianuro ed intervengono, a
titolo gratuito e volontario, per impedire tracimazioni dei veleni nelle campagne sottostanti;
dopo i primi interventi di emergenza da parte della giunta regionale (deliberazione n. 34/20 del 20
luglio 2009 – stanziamento di 250 mila euro – e deliberazione n. 37/7 del 30 luglio 2009 –
predisposizione del piano di caratterizzazione), l'Esecutivo isolano con la deliberazione n. 43/42
del 6 dicembre 2010, con grave ritardo, affronta sul piano finanziario la pesantissima crisi
ambientale conseguente all'abbandono della miniera d'oro di Santu Miali; la progettazione e
realizzazione dei lavori di ripristino ambientale, per un importo di 16 milioni di euro, da
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completarsi entro il 2015, sono affidate alla società in house I.G.E.A. s.p.a, come di seguito
sinteticamente indicato: progettazione e realizzazione di un impianto di trattamento delle acque
provenienti dal bacino sterili e dalle cavità ex minerarie ubicate nelle aree di coltivazione
denominate «Is Concas, Su Masoni e Sa Perrima»; progettazione e realizzazione della messa in
sicurezza delle medesime aree, con eventuale impermeabilizzazione del fondo e delle pareti e la
ricostruzione volumetrica del profilo e rinaturazione; progettazione e messa in sicurezza
permanente dei bacino di accumulo sterili; viene promessa la «costruzione di un eco-parco», una
volta terminate le attività estrattive, promessa rimasta sulla carta, nonostante gli 80 milioni di euro
fatturati in un decennio di estrazione di metalli preziosi: 5 tonnellate d'oro, 6 mila d'argento e 15
mila di rame; il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore onorevole
Andrea Orlando, nel febbraio 2014, ha precisato che è necessario che la regione Sardegna trasmetta
al dicastero l'istruttoria per il risanamento ambientale, in modo da essere investito istituzionalmente
e prendere provvedimenti –:
se il Ministro abbia ricevuto l'istruttoria che lo investa istituzionalmente e quali iniziative di
competenza intenda adottare per il ripristino ambientale. (4-05055)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla piattaforma petrolifera fissa offshore Vega di Edison ed ENI, situata al largo della Sicilia
e sugli intendimenti circa un sensibile incremento delle aliquote di royalties e di prelievo
fiscale
MARZANA (M5S)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo
economico. — Per sapere – premesso che: la Vega è la più grande piattaforma petrolifera fissa
offshore realizzata in Italia. Il giacimento Vega ricade nella concessione di coltivazione denominata
«C.C6.EO», ubicata a sud della costa meridionale della Sicilia, a largo di Pozzallo, in provincia di
Ragusa, in una area che si estende su di una superficie di 184,8 chilometri quadrati. Le quote di
partecipazione della concessione sono 60 per cento Edison spa, che è anche operatore della
concessione, e 40 per cento ENI spa; il programma di sviluppo di tale giacimento, approvato
contestualmente al rilascio della concessione di coltivazione con Decreto del Ministro dell'industria,
del commercio e dell'artigianato (MICA) del 17 febbraio 1984, prevedeva la realizzazione di n. 2
piattaforme (Vega A e Vega B); poiché ad oggi le attività di coltivazione hanno interessato il solo
giacimento Vega A è intenzione di Edison spa procedere, a completamento del programma lavori
10
approvato, allo sviluppo del Campo Olio Vega B attraverso la realizzazione di una piattaforma fissa
di tipo «minimum facilities», ubicata a circa 6 chilometri di distanza da Vega A, con conseguente
perforazione di n. 4 pozzi iniziali fino ad un massimo di n. 12 pozzi; l'attività di esplorazione
finalizzata alla scoperta di giacimenti petroliferi e idrocarburi comporta per sua natura operazioni
invasive dei fondali e degli ambienti marini e presenta un elevato livello di rischio ambientale,
attinente sia alle modalità tecniche di trivellazione e alle sostanze chimiche impiegate per
controllare i processi, che al rischio di sversamenti nel corso della manutenzione degli impianti e
del trasporto dei materiali estratti; nonostante si possa pensare che questo intervento avrebbe delle
ricadute positive, dal documento Quadro di riferimento ambientale presentato dalla Edison al
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, si legge «I lavori di installazione e
perforazione (...) determineranno una riduzione della superficie utilizzabile per l'attività di pesca
(...)» con evidente riduzione delle già esigue risorse a disposizione del comparto marittimo;
inoltre, in relazione alla possibilità di una stabile occupazione locale, la Edison nello stesso
documento conclude che anche in fase di esercizio non si prevedono significativi incrementi
occupazionali;
da queste considerazioni deriva la convinzione dell'assoluta inopportunità a proseguire o ad
autorizzare nuove trivellazioni nella zona poiché si intaccherebbe l'integrità dei siti marini e
l'immagine ad alto valore naturalistico peculiare del Canale di Sicilia, uno dei mari a più alta
biodiversità del Mediterraneo; si aggiunga il concreto rischio ambientale dato dalla possibilità di
sversamenti di idrocarburi ed incidenti che potrebbero devastare non solo l'economia di Pozzallo,
ma quella dell'intero Canale di Sicilia; a tal proposito la procura del tribunale di Modica ha già
avviato nei confronti di alcuni dirigenti del Campo Vega un procedimento che li vede imputati per il
reato di illecito profitto dovuto allo smaltimento di rifiuti pericolosi non autorizzato per l'attività
estrattiva e di stoccaggio degli idrocarburi del campo petrolifero Vega al largo di Pozzallo;
il Parlamento europeo ha votato il 21 maggio 2013 la risoluzione legislativa in prima lettura sulla
proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla sicurezza delle attività
offshore i prospezione, ricerca e produzione nel settore degli idrocarburi, con la quale si avvia a
compimento il procedimento per l'adozione del nuovo regolamento che prevede sostanziali
innovazioni normative in materia di autorizzazione delle attività estrattive, prevenzione degli
incidenti, responsabilità per il danno ambientale e cooperazione fra gli Stati membri dell'Unione
europea;
va altresì rilevato come l'Italia è una sorta di paradiso fiscale per i petrolieri, infatti, secondo quanto
previsto dal decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, e successive modificazioni e
integrazioni, le royalties gravano per il 10 per cento sugli idrocarburi liquidi e gassosi estratti
11
onshore e per il 4 per cento su quelli estratti in mare, contro una media delle aliquote applicate negli
altri Paesi del mondo che oscilla tra il 20 e l'80 per cento; inoltre in Sicilia, come nel resto d'Italia,
per ogni singola concessione c’è una franchigia annua per le prime 50 mila tonnellate per le
estrazioni offshore equivalenti a 300 mila barili di petrolio. Sotto questa soglia produttiva, le società
non sono tenute a pagare l'esiguo 4 per cento per le estrazioni offshore. Si aggiunga che è la
compagnia l'unica responsabile della corretta misurazione delle quantità prodotte comunicate
mensilmente all'URIG; la regione siciliana, in attuazione della Convenzione di Barcellona per la
tutela e la prevenzione del Mar Mediterraneo, ha già chiesto al Governo nazionale il blocco
temporaneo e immediato di tutte le autorizzazioni per progetti di ricerca e perforazioni offshore,
comprese quelle la cui istruttoria risulta in itinere, in attesa di una celere e puntuale
regolamentazione della materia e la rapida istituzione nel Canale di Sicilia di una zona di protezione
ecologica (ZPE), così come esiste nel Mar Ligure e nel Mar Tirreno; di contro, nel decreto
ministeriale del 27 dicembre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 60 del 12 marzo 2013 è
disposto il più grande allargamento di una zona marina concedibile per attività petrolifera «Zona
marina C – settore sud» che si sovrappone addirittura ai blocchi di mare di Malta per cui si è reso
necessario N1 novembre 2013 un incontro tra il Presidente del Consiglio Enrico Letta e il premier
maltese Joseph Muscat al fine di superare l'impasse sull'esplorazione nelle aree contese attraverso
un accordo che sarà perfezionato entro la fine dell'anno –: quali misure intenda adottare, ed entro
quali termini, a tutela dell'area marina interessata dal progetto di realizzazione della piattaforma
petrolifera Vega B;
se il Ministro intenda sospendere l’iter di tutte le autorizzazioni per nuove attività di prospezione e
coltivazione di giacimenti di idrocarburi nel Mediterraneo in attesa della definitiva approvazione e
dell'entrata in vigore del nuovo regolamento in materia in corso di adozione in sede di Unione
europea e in attuazione della Convenzione di Barcellona già richiamata dalla regione Sicilia;
in che modo e con quali tempi intenda procedere alla istituzione nel canale di Sicilia di una zona di
protezione ecologica come previsto dalla legge n. 61 del 8 febbraio 2006;
se ritenga di dover rivedere il complesso delle autorizzazioni per la ricerca, le prospezioni e le
perforazioni in mare rilasciate a seguito del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 27
dicembre 2012, che ha ampliato la zona marina «C»;
quali iniziative intenda intraprendere per prevedere un sensibile incremento delle aliquote di
royalties e di prelievo fiscale attualmente vigenti eventualmente prevedendo controlli esterni sulla
quantità di idrocarburi estratti. (4-05064)
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Interrogazione a risposta scritta:
sulla gestione dei rifiuti in Sicilia, con riferimento ad una discarica in provincia di Siracusa
dove sarebbero stati sversati, ed illecitamente interrati, rifiuti speciali declassati in rifiuti
ordinari, provenienti anche dalla zona industriale del petrolchimico di Priolo-Melilli-Augusta
MARZANA (M5S)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per
sapere – premesso che:
la tutela dell'ambiente è riconosciuta dal secondo comma dell'articolo 9 della Costituzione, secondo
cui la Repubblica «tutela il paesaggio», mentre la disciplina contenuta nell'articolo 32 della
Costituzione tutela la salute come diritto fondamentale dell'individuo e della collettività;
nonostante queste tutele, la gestione dei rifiuti in Sicilia è diventata un'emergenza infinita, ma anche
la situazione delle discariche dismesse è preoccupante, proprio a causa della grande quantità di
rifiuti convogliati nel corso degli anni, spesso in assenza di adeguata protezione e controllo;
orbene, nel comune di Noto (SR), in contrada Bommiscuro, in territorio contiguo al Comune di
Rosolini (SR), ad una quota di 80 metri sul livello del mare, con una pendenza di 6 gradi circa, con
inclinazione verso la Saia Baroni, normalmente utilizzata per fini irrigui, è ubicata una discarica
dove sarebbero stati sversati, ed illecitamente interrati, rifiuti speciali altamente tossici e nocivi per
la salute pubblica, declassati in rifiuti ordinari, provenienti anche dalla zona industriale del
petrolchimico di Priolo-Melilli-Augusta; la base della discarica presenta un'alta permeabilità per
fessurazione poiché risulta impostata su di un terreno marnoso con strati calcarei molto fratturati,
costituenti il tetto della falda; l'area della predetta discarica risultava gestita e di proprietà della ditta
BODEIN srl, allo stato in fallimento, la cui gestione a far data dal 3 agosto 1995, è passata alla ditta
SBI, Smaltimento bonifiche industriali srl; in data 18 settembre 1992 viene disposto il sequestro
della discarica e i periti d'ufficio nominati dal pubblico ministero della procura della Repubblica
presso la Pretura Circondariale di Siracusa (procedimento penale n. 9116/92), nella perizia da loro
redatta, evidenziavano: «Lo stato dei luoghi (...) è sicuramente difforme dalle condizioni di progetto
(...). Infatti l'area interessata allo smaltimento dei rifiuti presenta: una quota di gran lunga superiore
(...) con quanto progettato dalla stessa BODEIN sin dal 1986; un sistema di intercettazione delle
acque “defluenti” dal corpo della discarica assolutamente non idoneo (...) la presenza di evidenti
fenomeni di ruscellamento con conseguente spandimento di materiale della discarica sia in
direzione del varco di accesso, sia nel vicino uliveto. La tecnica di smaltimento adottata per la posa
dei rifiuti (...) sicuramente difforme (...)»; per quanto attiene ai volumi di rifiuti presenti in
discarica:
«Il
valore
totale
stimato
è
(...)
superiore
alla
capacità
autorizzata»;
13
nel triennio 2000/2002 a seguito del riscontro di un alto tasso di mortalità causata da tumori nella
popolazione del comune di Rosolini, presumibilmente riconducibile all'inquinamento delle falde
acquifere della Saia Baroni utilizzata per l'agricoltura, dai reflui provenienti dalla discarica in
questione, il sindaco di Rosolini, pro tempore, con delibera della giunta comunale n. 316/2 e
successiva integrazione istituì una «Commissione di studio per indagine sul problema malattie
tumorali nel territorio comunale»; l'indagine della commissione ha prodotto un elenco di 139
soggetti deceduti per tumore nel territorio comunale, evidenziando una maggiore mortalità per
tumori nel sesso maschile (anni 2000/02 numero di morti attese 66,69 – numero di morti rilevati 98)
e che interessa maggiormente tumori del polmone (numero di morti attese 17,15 – numero di morti
rilevati
32)
e
del
colon
retto
(numero
di
morti
attese
6,90
–
rilevati
17);
cosicché, sulla scorta dei risultati prodotti dalla (Commissione si avviò un secondo procedimento
penale nei confronti dei proprietari della discarica, accusati di aver conferito in concorso tra loro
rifiuti tossici e nocivi non compatibili con la tipologia « 2B» e cagionanti l'inquinamento delle
acque attigue; nel corso del dibattimento del suddetto procedimento pendente avanti la corte di
assise di Siracusa, ove la provincia regionale ed i comuni di Rosolini e Noto si sono costituiti parte
civile, è emerso che la discarica continua a produrre percolato che si spande nei terreni circostanti,
coltivati ad ortofrutta, con ulteriore pericolo di infiltrazioni e avvelenamento per la falda acquifera
ed il torrente Passo Corrado; difatti, da un decennio a questa parte, Rosolini presenta un tasso di
mortalità per tumore decisamente superiore alle medie provinciali, regionali e nazionali, la discarica
rimane ancora luogo da cui le sostanze inquinanti altamente nocive si diffondono nell'ambiente
circostante: i rilievi compiuti dall'autorità giudiziaria sui luoghi hanno rivelato l'avvelenamento
delle acque di un laghetto attiguo alla discarica, risultate avvelenate dalla presenza di mercurio,
nonché di cloruri e fosfati di gran lunga superiori ai parametri di legge, dei pozzi circostanti l'area
interessata, nonché della faglia superficiale contaminata da idrocarburi policiclici aromatici;
le indagini e i relativi procedimenti penali avrebbero dovuto portare ad immediati interventi di
messa in sicurezza, in vista dell'approvazione di un piano di caratterizzazione e bonifica, invece, ad
oggi, quel sito, rinominato «discarica dei veleni», non risulta ancora bonificato, nonostante l'area in
questione figurerebbe nel piano regionale bonifiche redatto dall'Ufficio del commissario delegato
per l'emergenza rifiuti e per la tutela delle acque in Sicilia, con alta priorità di intervento;
con decreto del Presidente della Repubblica 17 gennaio 1995 è stato approvato il «Piano di
disinquinamento per il risanamento del territorio della provincia di Siracusa-Sicilia Orientale»;
la legge 9 dicembre 1998, n. 426, «Nuovi interventi in campo ambientale», all'articolo 1, disciplina
la realizzazione di interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, anche in caso di
loro dismissione; anche, il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, all'articolo 250, è molto chiaro:
14
«Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli
adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano né il
proprietario del sito né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi [...] sono realizzati
d'ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione,
secondo l'ordine di priorità fissati dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate [...]. Al
fine di anticipare le somme per i predetti interventi le regioni possono istituire appositi fondi
nell'ambito delle proprie disponibilità di bilanci»; l'articolo 20 della legge 23 marzo 2001, n. 93, ha
stanziato complessivi euro 934.967,59 per la realizzazione di una mappatura completa della
presenza di amianto sul territorio nazionale nonché per la realizzazione degli interventi di bonifica
urgente; il decreto ministeriale n. 101 del 2003, articolo 3, prevede, inoltre, che i risultati della
mappatura siano organizzati avvalendosi di sistemi informativi territoriali e trasmessi annualmente,
entro il 30 giugno, dalle regioni al Ministero dell'ambiente e tutela del territorio e del mare, eppure
la regione siciliana e la Calabria non hanno trasmesso alcun dato –:
se ritengano possibile assumere iniziative, anche normative, per sostenere l'ente locale e la regione
siciliana qualora, con proprie risorse, intervengano per la bonifica dell'area citata in premessa,
prevedendo
l'allentamento
degli
obblighi
del
patto
di
stabilità
interno;
se, in riferimento al decreto ministeriale n. 101 del 2003, non intendano richiamare le regioni che
non hanno trasmesso alcun dato e contestualmente esigere informazioni di dettaglio sui
finanziamenti pubblici utilizzati;
se non reputino opportuno promuovere, d'intesa con gli enti territoriali competenti, linee guida, per
una
continua
ed
effettiva
sorveglianza
e
monitoraggio
del
territorio;
quali iniziative intendano promuovere al fine di sensibilizzare la popolazione, a cominciare
dall'ambiente scolastico, sulla corretta gestione dei rifiuti e sui danni provocati alla salute pubblica
dalla contaminazione del suolo e dell'aria. (4-05065)
Interrogazione a risposta orale:
sulla salvaguardia dei livelli occupazionali e sull’emergenza ambientale del territorio del
Sulcis-Iglesiente, anche in riferimento alla presenza delle centrali termoelettriche ENEL ed
alle discariche di rifiuti industriali di Carbonia
CORDA (M5S)
— Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
15
il territorio Sulcis-Iglesiente è costituito da ventisette comuni, di cui ventitré sono nella provincia
Carbonia-Iglesias. In particolare, il comune di Carbonia ha basato la sua economia principalmente
sul settore terziario e sull'industria grazie alla vicina area industriale di Portovesme, frazione nel
comune di Portoscuso. Portovesme ospita un grande polo industriale specializzato nella metallurgia
non ferrosa con la presenza di industrie quali: EurAlluminia Spa, Otefal Sail Spa, Portovesme Srl,
Alcoa, Rockwool Italia Spa, Carbosulcis Spa, divenendo polo unico in Italia per le sue produzioni
di alluminio da bauxite, zinco, piombo e acido solforico, oro, argento e alluminio primario; nella
zona industriale si trovano anche le centrali termoelettriche ENEL, che generano il 45 per cento
dell'energia elettrica prodotta in Sardegna; i dati diffusi da fonti ufficiali ISTAT e dall'Osservatorio
del mercato del lavoro della regione Sardegna evidenziano un progressivo e sostanziale crollo
dell'occupazione in Sardegna, che al IV trimestre del 2013 registra il 18,1 per cento di tasso di
disoccupazione e 34.000 occupati in meno rispetto allo stesso trimestre del 2012, e il permanere di
una forte incidenza di lavoratori precari e di lavoro irregolare; tale situazione è particolarmente
grave in alcuni territori dell'isola, da oltre 20 anni colpiti da processi di destrutturazione produttiva e
deindustrializzazione, con pesanti e disgreganti conseguenze sulle condizioni di vita delle
popolazioni;
nel comune di Carbonia sono presenti tre discariche di rifiuti industriali: una dell'azienda Ecodump
(di Riverso Srl) in località Serra Scirieddus, comune di Carbonia; una della Portovesme S.r.l, in
località Genna Luas, comune di Carbonia ed Iglesias; una della Carbosulcis S.p.a. in località Monte
Sinni, frazione di Cortoghiana, per lo smaltimento residui derivanti dalla centrale ENEL di
Portoscuso;
nel 2012 la discarica Ecodump è finita al centro di un'inchiesta per la quale erano stati notificati
avvisi di garanzia per traffico illecito di rifiuti pericolosi, falso ideologico e attività di gestione di
rifiuti non autorizzata; nel 2012 si è aperta un'indagine per traffico di rifiuti altamente pericolosi
prodotti dagli impianti della Portovesme s.r.l., smaltiti illecitamente in cave del Cagliaritano e nella
realizzazione di riempimenti stradali e piazzali degli ospedali; dal mancato smaltimento sarebbe
generato un risparmio per la società di 3,6 milioni di euro; la Sardegna è una regione posta al centro
del mediterraneo e vive di turismo per la sua bellezza paesaggistica. Non è possibile sottovalutare
l'impatto che hanno le summenzionate discariche che, insieme alla destrutturazione industriale,
hanno reso desolante il territorio; per i richiedenti è necessario intervenire e mettere in sicurezza
territorio e cittadini tutti; il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia
ambientale» stabilisce all'articolo 3-ter, comma 1, che «La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi
naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle
persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai
16
principi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei
danni causati all'ambiente, nonché al principio “chi inquina paga” che, ai sensi dell'articolo 174,
comma 2, del Trattato dell'Unione europea, regolano la politica della comunità in materia
ambientale»;
l'articolo 191 del Trattato dell'Unione europea (ex articolo 174) al paragrafo 2 stabilisce che: «La
politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della
diversità delle situazioni nelle varie regioni della Comunità. Essa è fondata sui principi della
precauzione e detrazione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei
danni causati all'ambiente, nonché sul principio “chi inquina paga”; l'industrializzazione con
l'attuale processo di destrutturazione produttiva, del territorio Sulcis-Iglesiente ha compromesso gli
equilibri naturali provocando danni enormi all'eco-sistema naturale e alla salute fisica e psichica
della popolazione; dai dati emersi dall'ASL 7 del comune di Carbonia si evince un aumento delle
patologie neoplasiche maligne nei territori del Sulcis-Iglesiente da 1.825 casi registrati nell'anno
2006 a 3.044 casi registrati nel 2013 ed, in particolare, nella città di Carbonia, dove tra il mese di
novembre
e
dicembre
dell'anno
2013
si
è
registrato
un
aumento
di
100
unità;
la Sardegna è la regione d'Italia dove si trova l'area contaminata più vasta: 445 mila ettari, dato
diffuso nel 2011 da Greenpeace con il Sin Italy, un rapporto sui siti di interesse nazionale che
devono essere bonificati (e aree più colpite da inquinamento del suolo, sottosuolo, acque
superficiali
e
sotterranee
sono
quelle
del
Sulcis-Iglesiente
e
del
Guspinese);
all'emergenza ambientale del territorio Sulcis-Iglesiente si aggiunge la problematica lavorativooccupazionale, come sopra enunciato; in Sardegna vivono questa situazione migliaia di lavoratori
interinali, i quali hanno perso il posto di lavoro e non hanno alcuno strumento di integrazione al
reddito e nessuna forma di ammortizzatore sociale; si vuole rilevare come i lavoratori interinali exRockwool, a suo tempo impiegati in attività collaterali e di supporto alle più importanti realtà
industriali del territorio, sono stati esclusi da qualsiasi forma di ammortizzatore sociale e in questo
momento si trovano in una condizione di drammatica precarietà –:
se il Governo intenda assumere le iniziative necessarie ad aprire un tavolo di discussione e di
concertazione che coinvolga Stato, regione e tutte le parti interessate per avviare adeguati percorsi
di aggiornamento, qualificazione e riconversione professionale per una ripresa lavorativa e
produttiva;
se si intenda affrontare con urgenza la situazione dei lavoratori di tutto il comparto industriale,
anche considerando la necessità di interventi urgenti di bonifica delle aree industriali dismesse e
conseguente riqualificazione del territorio;
17
se si intenda porre in essere ogni opportuna iniziativa per favorire una ripresa ecosostenibile
dell'attività produttiva. (3-00866)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla riorganizzazione del trasporto e della distribuzione dei carburanti della raffineria ENI
di Taranto
DURANTI e altri (SEL)
— Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro
dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: il nuovo piano di riorganizzazione
presentato dall'ENI per il 2014 ha previsto, a partire dal 1o giugno, il taglio del 50 per cento del
lavoro affidato ai trasportatori dei rifornimenti di gasolio e benzina dalla raffineria Eni di Taranto
del consorzio LTS, assegnandolo alle aziende Gavio e Bertani; la decisione di riorganizzare
drasticamente trasporto e distribuzione dei carburanti è motivata dalla raffineria di Taranto con gli
sviluppi di un'inchiesta avviata tempo addietro della Guardia di finanza («Mare Nero») la quale ha
scoperto una truffa con furto ai danni dell'Eni, nonostante quest'ultima abbia già licenziato i suoi
dipendenti risultati coinvolti. I quali, in base al regolamento della società petrolifera, non potranno
più lavorare con la stessa Eni alla luce di quanto accertato; la revoca della commessa ha spinto i
trasportatori del consorzio Lts (200 in tutto) a fermarsi e a bloccare con le loro autocisterne l'area
esterna alla raffineria per diverse ore, stazionando lungo i bordi della strada statale 106 Jonica
Taranto-Reggio Calabria alle porte della città; come emerge dalla stampa nazionale e locale, la
prefettura di Taranto, insieme al comune di Taranto, ha provato a mediare con i trasportatori e con i
vertici della raffineria. Sembrava essersi aperto uno spiraglio, che però dopo un poco si è richiuso.
Allo stato, quindi, il confronto è interrotto e non risultano soluzioni praticabili nell'immediato volte
a salvaguardare la situazione occupazionale. Nello specifico, i trasportatori contestano sia il venir
meno del 50 per cento dell'appalto complessivo che la quota di subappalto che deriverebbe dalle
nuove aziende affidatarie del servizio, non accettando inoltre di lavorare in conto terzi. E in quanto
all'inchiesta condotta dalla Guardia di finanza, precisano che i soggetti risultati coinvolti sono stati
espulsi dal consorzio stesso;
la raffineria di Taranto copre una vasta area tra Puglia, Basilicata e parte della Campania e della
Calabria e, secondo quanto risulta agli interroganti, ogni giorno partono 200-250 autocisterne –:
quali elementi il Governo intenda fornire alla luce di quanto descritto nella premessa;
quali siano gli effetti diretti e indiretti che potrebbero scaturire dal nuovo piano citato in premessa,
18
sotto il profilo del mantenimento degli attuali livelli occupazionali, tenendo conto soprattutto delle
difficoltà del territorio jonico;
quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere affinché l'ENI mantenga
l'affidamento del lavoro ai consorzi del territorio. (4-05060)
Risposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti all’interrogazione sulle
iniziative per il mantenimento dei livelli occupazionali dei trasportatori associati al consorzio
Lts di Taranto, alla luce del ridimensionamento della commessa a favore di tale consorzio da
parte della raffineria Eni di Taranto, presentata da DURANTI (SEL - n. 3-00871).
Signor Presidente, gli onorevoli interroganti con il presente atto parlamentare richiamano
l'attenzione sulla vicenda occupazionale degli autotrasporti del consorzio Lts di Taranto. Il
consorzio, che svolge per conto di ENI Spa il servizio di trasporto di carburanti della raffineria ENI
di Taranto, ha registrato un dimezzamento delle commesse in favore delle società GA e BT a
seguito
del
nuovo
piano
di
riorganizzazione
presentato
per
il
2014
da
ENI.
Ne è conseguita una forte reazione da parte degli appartenenti al consorzio, che si sono spinti fino al
punto di bloccare l'uscita dei rifornimenti dalla raffineria.
Al fine di risolvere la questione, il prefetto di Taranto ha aperto un tavolo di consultazione,
nell'ambito del quale lo scorso 9 giugno le parti sociali hanno siglato un'intesa con ENI per la
ripresa della distribuzione dei carburanti prodotti dalla raffineria di Taranto. L'accordo, in
particolare, prevede che il consorzio LTS si occuperà della distribuzione, in Puglia e in Basilicata,
dei carburanti e combustibili che, da soli, costituiscono il 50 per cento dei volumi in uscita dalla
base di Taranto; che le società GA e BT rinuncino ai maggiori volumi assegnati da ENI Spa con il
predetto piano di riorganizzazione; che ENI Spa, su richiesta delle ditte appaltatrici, autorizzi gli
incrementi del subappalto dal 30 al 50 per cento; che le società GA e BT si impegnino ad utilizzare
imprese locali per le quote di lavoro che concederanno in subappalto. Nell'ambito del medesimo
accordo il consorzio LTS ha dichiarato l'immediata cessazione dello stato di agitazione, garantendo
la
ripresa
delle
normali
attività
di
trasporto
dalla
base
logistica
di
Taranto.
Posso comunque affermare che la situazione rappresentata dall'onorevole interrogante, con il
presente atto parlamentare, è all'attenzione del nostro Ministero, che si tiene in collegamento con gli
organi territoriali del Governo, che quindi continuerà a monitorare gli sviluppi della vicenda perché
i contenuti dell'accordo vengano puntualmente rispettati.
19
Di seguito il testo dell’interrogazione.
— Al Ministro del lavoro e politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il nuovo piano di riorganizzazione presentato dall’Eni per il 2014 ha previsto, a partire dal 1o
giugno, il taglio del 50 per cento del lavoro affidato ai trasportatori dei rifornimenti di gasolio e
benzina dalla raffineria Eni di Taranto del consorzio Lts, assegnandolo alle aziende Gavio e
Bertani;
la decisione di riorganizzare drasticamente il trasporto e la distribuzione dei carburanti è motivata
dalla raffineria di Taranto a seguito degli sviluppi di un'inchiesta avviata tempo addietro dalla
Guardia di finanza (cosiddetta inchiesta «mare nero»), la quale ha scoperto una truffa con furto ai
danni dell’Eni, nonostante quest'ultima abbia già licenziato i suoi dipendenti risultati coinvolti.
Detti dipendenti, infatti, in base al regolamento della società petrolifera, non potranno più lavorare
con la stessa Eni alla luce di quanto accertato; la revoca della commessa ha spinto i trasportatori del
consorzio Lts (200 in tutto) a fermarsi e a bloccare con le loro autocisterne l'area esterna alla
raffineria per diverse ore, stazionando lungo i bordi della statale 106 Jonica Taranto-Reggio
Calabria alle porte della città; come emerge dalla stampa nazionale e locale, la prefettura di Taranto,
insieme al comune di Taranto, ha provato a mediare con i trasportatori e con i vertici della
raffineria. Sembrava essersi aperto uno spiraglio, che però dopo un poco si è richiuso;
nello specifico, i trasportatori contestano sia il venir meno del 50 per cento dell'appalto complessivo
che la quota di subappalto che deriverebbe dalle nuove aziende affidatarie del servizio, non
accettando, inoltre, di lavorare in conto terzi. E in quanto all'inchiesta condotta dalla Guardia di
finanza, precisano che i soggetti risultati coinvolti sono stati espulsi dal consorzio stesso;
in un articolo pubblicato sulla testata Il Sole 24 ore in data 9 giugno 2014, dal titolo «Raffineria Eni
di Taranto: atteso oggi sblocco trasportatori dopo oltre 10 giorni», viene riportata la notizia che la
situazione di paralisi nella quale versa la raffineria Eni di Taranto dal 29 maggio 2014, a seguito di
uno sciopero indetto dai trasportatori associati nel consorzio Lts di Taranto (logistica, trasporti e
servizi), dovrebbe, per l'appunto, sbloccarsi; la raffineria di Taranto copre una vasta area tra Puglia,
Basilicata e parte della Campania e della Calabria e, per quanto risulta agli interroganti, ogni giorno
partono dalla raffineria tra le 200 e le 250 autocisterne; non appaiono chiare le soluzioni che
saranno cercate per salvaguardare la situazione occupazionale dei trasportatori associati al
consorzio Lts di Taranto –:
se il Governo sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se e quali iniziative di competenza
intenda assumere nell'ambito della vicenda relativa alla raffineria di Taranto, al fine di scongiurare
il rischio del mancato mantenimento degli attuali livelli occupazionali dei trasportatori associati al
20
consorzio Lts di Taranto, anche considerate le difficoltà economiche e sociali in cui versa il
territorio ionico. (3-00871)
Risposta del sottosegretario per l’economia e le finanze Enrico Zanetti all’interrogazionesui
chiarimenti in merito alla normativa sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche
(RAEE), presentata da BERNARDO (NCD 5-02958).
Con il documento in esame, l’Onorevole interrogante, alla luce delle novità introdotte dall'articolo
10, comma 10, del decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 49, concernente l'attuazione della direttiva
2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, chiede chiarimenti in merito alla
tassazione degli avanzi di gestione maturati dai Sistemi Collettivi di gestioni dei rifiuti in
argomento.
In particolare, l'interrogante segnala che prima della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del
suddetto decreto, ovvero quando era ancora in vigore il decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151,
tutti i Sistemi collettivi – soggetti senza fine di lucro che espletano un servizio di pubblica utilità –
hanno operato secondo un regime «particolare», potendo suddividere, alla luce di un interpello fatto
all'Agenzia delle Entrate nel 2008, in cinque esercizi gli avanzi di gestione maturati secondo il
principio di cassa.
Nell'escludere gli avanzi di gestione da ogni tassazione, il comma 10 dell'articolo 10 del decreto
legislativo n. 49 del 2014 non indica modalità e termini della loro regolare gestione, che viceversa
sarebbe necessario definire al fine di una corretta conduzione fiscale dei consorzi.
Tanto premesso, anche alla luce della difficile situazione di mercato in cui operano i soggetti che
finanziano i Sistemi collettivi, l'Onorevole Bernardo chiede al Ministro dell'economia di sapere da
quando decorra la disposizione dettata dall'articolo 10, comma 10, del decreto legislativo n. 49 del
2014 (che, come riportato in precedenza esclude la tassazione degli eventuali avanzi di gestione), e
se detta disposizione trovi applicazione anche ai fini IRAP.
Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si osserva che, sotto il profilo
dell'efficacia temporale, la disposizione contenuta nel comma 10, dell'articolo 10, del citato decreto
legislativo n. 49 del 2014 trova applicazione agli eventuali avanzi di gestione emergenti nel
bilancio relativo al periodo d'imposta in corso alla data della sua entrata in vigore (12 aprile 2014) e
nei bilanci successivi. Inoltre, sulla base del tenore letterale della disposizione che fa riferimento
all'esclusione dal reddito degli avanzi di gestione, è opportuno precisare che la previsione trova
applicazione solo ai fini IRES e che non possa essere estesa anche all'IRAP.
21
Di seguito il testo dell’interrogazione.
—
Al
Ministro
dell'economia
e
delle
finanze.
—
Per
sapere
–
premesso
che:
l'articolo 10, comma 10, del decreto legislativo n. 49 del 2014, di attuazione della direttiva
2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), chiarisce che, per
quanto riguarda i Sistemi collettivi di gestione di questa tipologia di rifiuti, gli eventuali avanzi di
gestione non concorrono alla formazione del reddito; prima della pubblicazione sulla Gazzetta
Ufficiale del suddetto decreto, ovvero quando era in vigore il decreto legislativo n. 151 del 2009
(Attuazione delle direttive 2002/95/CE, 2002/96/CE e 2003/108/CE, relative alla riduzione dell'uso
di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché allo smaltimento dei
rifiuti), tutti i Sistemi collettivi – soggetti senza fine di lucro che espletano un servizio di pubblica
utilità, nati per assolvere collettivamente agli obblighi loro attribuiti dal decreto legislativo n. 151
del 2005 – hanno operato in un regime «particolare» a seguito dell'interpello fatto all'Agenzia delle
entrate nel 2008, potendo suddividere in cinque esercizi i cosiddetti avanzi di gestione maturati,
secondo il principio di cassa;
l'introduzione del comma 10 dell'articolo 10 del succitato decreto legislativo n. 49 del 2014 esclude
gli avanzi di gestione da ogni tassazione, ma non indica modalità e termini della loro regolare
gestione, che viceversa sarebbe necessario definire al fine di una corretta conduzione fiscale dei
consorzi –:
se non ritenga necessario fornire chiarimenti sulla necessità o meno di operare una distinzione tra i
consorzi di vecchia costituzione che già sono gestiti secondo le modalità previste dalla nuova
normativa e quelli di nuova costituzione, se non intenda inoltre chiarire se le disposizioni dettate dal
succitato articolo 10, comma 10, del decreto legislativo n. 49 del 2014 opereranno da ora o dalla
data dall'interpello, per cui eventuali avanzi portati in dichiarazione, ancorché derivanti (a seguito
dell'applicazione dell'interpello) da esercizi precedenti, non sconteranno comunque l'imposta e se ai
fini IRAP varranno le analoghe disposizioni, tutto ciò considerando che i produttori di RAEE –
ovvero coloro che finanziano con contributi propri i sistemi collettivi – attraversano un momento di
mercato molto difficile, motivo per il quale sarebbe opportuno evitare da subito (bilancio 2013) il
versamento di imposte su attività che non hanno una finalità «business». (5-02958)
22
Risoluzione in Commissione:
sulla bonifica e messa in sicurezza dell'area ex Isochimica di Avellino
CERA e DE MITA (PI)
La Commissione VIII,
premesso che: la procura della Repubblica di Avellino, ai sensi dell'articolo 321, comma 3-bis,
CPP, ha disposto in data 30 maggio 2013 il sequestro preventivo dello stabilimento e dell'area dove
era allocata l'azienda denominata «Isochimica SPA», in località Pianodardine, Avellino;
il 3 giugno 2013, gli agenti del Corpo forestale dello Stato di Avellino hanno dato esecuzione al
decreto di sequestro di cui al punto precedente: in data 15 giugno il giudice per le indagini
preliminari ha emesso ordinanza di convalida del sequestro preventivo operato d'urgenza dal
pubblico ministero; gli accertamenti successivamente eseguiti hanno confermato la presenza di
ingenti quantità di amianto (si parla in alcuni documenti di oltre 460 cubi di cemento-amianto
friabile, per un totale di 2.700 tonnellate di materiale) irregolarmente smaltito all'interno della stessa
area di cui sopra; all'atto del sequestro sono stati nominati custodi dell'area il sindaco pro-tempore
di Avellino e il dirigente dell'ambiente del comune di Avellino ed il comune è stato autorizzato ad
accedere all'area sequestrata per l'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza d'urgenza e di
bonifica della zona, anche al fine di impedire l'ulteriore propagazione degli inquinanti ed il
conseguente peggioramento della situazione ambientale; un altro filone delle indagini riguarda i
decessi di dieci dipendenti della «Isochimica S.p.A.» per patologie derivanti dall'eventuale
esposizione ad amianto e le lesioni in danno agli altri lavoratori; come risulta da molte inchieste
giornalistiche, gli operai fino al 1985 lavoravano a mani nude, coperti solo da una mascherina di
carta e pertanto seriamente esposti al rischio di contrarre patologie asbesto correlate;
in base alla migliore letteratura scientifica sull'argomento, le patologie asbesto correlate possono
essere caratterizzate da un lungo periodo di latenza: pertanto tra l'inizio dell'esposizione (anni ’80) e
la comparsa della malattia può sussistere un intervallo di tempo lungo anche oltre 40 anni;
i consulenti Gualtiero Ricciardi e Umberto Moscato dell'università Cattolica del Sacro Cuore di
Roma hanno affermato nella relazione che «per tutti i soggetti esposti sussiste pericolo di vita» e
che non sia «possibile escludere l'insorgenza di neoplasie correlabili ad esposizione ad amianto
anche in altri organi od apparati diversi» dall'apparato respiratorio; la bonifica e messa in sicurezza
del sito non può essere a carico delle sole istituzioni locali, vista la dimensione del fenomeno e
considerata l'estensione dell'area; dal decreto di sequestro si evince che una fitta vegetazione,
sviluppatasi con l'incuria della fabbrica, avrebbe nascosto per anni alcune centinaia di cubi, pertanto
potrebbe essere ancora maggiore del previsto l'onere necessario alla bonifica del sito;
23
si ritiene doveroso, vista la prossimità con abitazioni e scuole, che il Governo si adoperi
direttamente nel processo di bonifica e messa in sicurezza, a causa dell'urgenza dell'intervento,
nonché dell'impegno necessario a completarlo,
impegna il Governo:
ad adottare tutte le iniziative utili, anche di natura normativa, al fine di impegnarsi direttamente nel
processo di bonifica e messa in sicurezza dell'area cosiddetta ex Isochimica, richiamata in premessa,
ad esempio attraverso l'inserimento dell'area tra i siti di interesse nazionale, fermo restando il ruolo
della regione Campania e degli enti locali coinvolti;
a mettere in atto tutte le iniziative, anche di natura normativa, atte a garantire benefici di natura
previdenziale ed assistenziale agli ex dipendenti dell'azienda, cui sia stata diagnosticata o venga
riscontrata in futuro una patologia asbesto-correlata, in quanto esposti ad alto rischio di grave
compromissione della salute umana;
a monitorare lo stato di salute della popolazione residente in prossimità delle aree sopra indicate,
nonché ad assumere le opportune iniziative, per quanto di competenza, al fine di garantire ad essi
l'eventuale opportuna assistenza sanitaria di contrasto alle patologie asbesto correlate. (7-00386)
Interrogazione a risposta scritta:
sul progetto di ricerca di idrocarburi denominato «d68 F.R. – TU» nel Mar Jonio, della
società britannica Transunion Petroleum Ltd
D'AMBROSIO (M5S)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
il decreto-legge n. 5 del 9 febbraio 2012 ha semplificato le procedure di autorizzazione per le
attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi indicate come infrastrutture strategiche
nell'articolo 1 della legge 239 del 2004; la società britannica Transunion Petroleum Ltd, ha
presentato, nel maggio 2013, all'ufficio VIA del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare, alle regioni Basilicata, Puglia e Calabria, alle province di Crotone, Cosenza, Matera,
Taranto e Lecce ed a 49 comuni rivieraschi dell'arco jonico lucano-calabrese-pugliese l'istanza di
avvio della procedura VIA, ai sensi dell'articolo 23 del decreto legislativo 152 del 2006,
relativamente al progetto di ricerca denominato «d68 F.R. – TU» nel Mar Jonio;
l'area denominata d68 CR-.TU è situata nel Golfo di Taranto tra Policoro (MT) e Trebisacce (CS).
Lo specchio d'acqua interessato ha un'estensione complessiva di 623,47 chilometri quadrati e ricade
all'interno
delle
zone
marine
convenzionalmente
denominate
"D"
ed
"F";
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alla concessione di tale permesso, si oppongono, con numerose e fondate argomentazioni, enti
pubblici, cittadini e associazioni; nonostante le numerose e motivate istanze, il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha prescritto alla compagnia di «controdedurre
puntualmente tutte le osservazioni pervenute con la pubblicazione sul sito www.va.minambiente.it»,
nonché di fornire altre 9 integrazioni «alla documentazione depositata in data 9 maggio 2013 per la
procedura di Valutazione di Impatto Ambientale»; il sito ha un alto valore naturalistico, ove sono
presenti habitat marini naturali ed anche specie da proteggere (ad esempio la tartaruga caretta, in
via di estinzione dalle coste italiane); l'area è attigua alla Secca di Amendolara, sito che riveste
importanza comunitaria (codice IT 9310053) ed è nota per la qualità e la quantità di specie ittiche
presenti;
nell'area interessata, la ricerca petrolifera interferirebbe con le attività turistiche, le peculiarità
ambientali, la flora e la fauna marina del Mar Jonio e del Mediterraneo. Ricchezze sulle quali è
basata l'economia locale;
la sola attività di ricerca, ancor prima della vera e propria estrazione petrolifera, si rivelerebbe
fortemente e diffusamente impattante sul territorio –:
se non voglia considerare, per quanto di competenza, il territorio e il mare di una così pregevole
area. (4-05087)
Interrogazione a risposta scritta:
sul progetto di ricerca di idrocarburi al largo delle coste pugliesi della Global Petroleum
Limited, effettuate tramite la tecnologia air-gun
FRATOIANNI (SEL)
—Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
la Global Petroleum Limited ha depositato presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare quattro richieste di indagine geofisica per ricerca idrocarburi, denominate «d 80
F.R-.GP», «d 81 F.R-.GP», «d 82 F.R-.GP», «d 83 F.R-.GP», in un'area di 749,9 chilometri
quadrati, al largo delle coste pugliesi, da Molfetta a Brindisi. Le ricerche, secondo quanto riportato
dal progetto della multinazionale, saranno effettuate tramite la nota tecnologia air-gun, ovvero
enormi cannoni ad aria compressa che restituiscono la composizione del sottosuolo;
la tecnologia air-gun è già all'attenzione della comunità scientifica e delle istituzioni internazionali
per la pericolosità e per i danni che pare arrecare alla fauna marina; a tal proposito, vale la pena
ricordare che nel settembre 2013, il Centro interdisciplinare di bioacustica e ricerche ambientali
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(CIBRA) dell'università di Pavia ha denunciato come una quindicina di cetacei sono spiaggiati sulle
coste italiane del mare Adriatico, probabilmente proprio a causa della tecnologia air-gun, utilizzata
in quelle settimane al largo delle coste croate; va considerato anche che due direttive europee, la
direttiva 2008/56/CE e la direttiva 92/43/CE, mirano a tutelare la fauna marina e i cetacei dalle
forme di inquinamento come l'introduzione diretta o indiretta in ambiente marino, da parte delle
attività umane, di sostanze o forme di energia, incluse le emissioni sottomarine di suoni di origine
antropica;
la Puglia ha nella pesca una delle componenti fondamentali della sua economia, di conseguenza,
bisognerebbe innanzitutto usare cautela e precauzione e non concedere autorizzazioni ad attività di
cui non si conoscono tutte le conseguenze e gli impatti a breve e a lungo termine sull'ecosistema
marino, per ragioni di salvaguardia sia dell'ambiente che dell'economia delle comunità pugliesi. A
questo si aggiunga, inoltre, l'importanza fondamentale del turismo in Puglia, che negli ultimi anni è
diventato un vero e proprio settore trainante, anche per via degli ingenti investimenti pubblici e
privati effettuati. È chiaro che queste realtà economiche si basano sulla tutela della qualità del mare,
della costa e dell'ambiente, per cui sono nettamente incompatibili con la prospettiva di qualunque
tipo di attività estrattiva, che potrebbe avere conseguenze catastrofiche a livello ambientale,
economico e sociale; la regione Puglia e le amministrazioni locali interessate hanno già in più
occasioni rigettato le richieste di ricerche di idrocarburi pervenute negli ultimi mesi, evidenziando
con molta chiarezza tutta la contrarietà politica ad una scelta di politica energetica ed economica,
nettamente in contrasto con la direzione intrapresa a livello locale che punta alla sostenibilità
ambientale –:
quali siano le intenzioni del Governo e del Ministro in materia di politica energetica per l'immediato
e per i prossimi anni;
se il Governo abbia commissionato uno studio, o sia a conoscenza degli effetti che la tecnologia
utilizzata per la ricerca di idrocarburi, denominata air-gun, ha sull'ecosistema marino, sulla fauna e
sui cetacei;
se il Governo non ritenga di dover seguire il principio di precauzione, evitando di accordare
permessi alle ricerche di idrocarburi in Adriatico e Ionio, considerando anche le peculiarità delle
economie locali, basate su pesca e turismo;
se il Governo non ritenga opportuno dare piena attuazione alle direttive 2008/56/CE e 92/43/CE,
per la tutela della fauna marina e del suo habitat. (4-05097)
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SENATO
Interrogazione a risposta in 10ª Commissione permanente
sul servizio d'interrompibilità delle aziende che forniscono energia elettrica per l'anno 2013 e
sulle disposizione dell’ Autorità per l'energia elettrica e il gas
GIROTTO e CASTALDI (M5S)
- Al Ministro dello sviluppo economico - Premesso che:
ai sensi dell'articolo 1-bis del decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239, convertito, con modificazioni,
dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290, "il Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, è autorizzato ad emanare, su motivata e documentata
segnalazione del Gestore della rete di trasmissione nazionale, appositi decreti finalizzati a
promuovere o accelerare la riprogrammazione dell'utilizzo degli impianti idroelettrici, la
concentrazione delle manutenzioni, la possibile riattivazione di impianti in arresto di lunga durata e
l'incremento della capacità interrompibile";
ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n.79, il Ministro delle
attività produttive provvede alla sicurezza ed all'economicità del sistema elettrico nazionale e
persegue tali obiettivi attraverso specifici indirizzi anche con la finalità di salvaguardare la
continuità di fornitura e di ridurre la vulnerabilità del sistema stesso;
con nota datata 5 dicembre 2003, prot. 4241 (prot. Autorità n. 31194 del successivo 9 dicembre
2003), il Ministro delle attività produttive, titolare del potere di definizione di modalità e condizioni
per le importazioni di energia elettrica ai sensi dell'articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 16
marzo 1999, n. 79, come modificato dall'articolo 1-quinquies, comma 5, del decreto-legge 29
agosto 2003, n. 239 convertito, con modificazioni, nella legge n. 290 del 2003, e dell'articolo 35,
della legge 12 dicembre 2002, n. 273, afferma che le esigenze di gestione del sistema elettrico
nazionale degli scorsi mesi pongono in rilievo l'effettiva utilità per lo stesso sistema del servizio di
interrompibilità che ha costituito un elemento importante della riserva di sistema;
con la stessa nota, si è contemplata espressamente la possibilità che i soggetti assegnatari di capacità
di trasporto sulla rete di interconnessione per contratti con clausola di interrompibilità istantanea del
prelievo rinuncino volontariamente a dette assegnazioni, facendo venire meno il presupposto sul
quale è stata basata la remunerazione del servizio di interrompibilità istantanea, consistente
nell'accesso prioritario alla capacità di trasporto sulla rete di interconnessione; e che con la
medesima nota del Ministro viene formulato l'indirizzo secondo cui, in sostituzione di detto
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presupposto,
il
servizio
di
interrompibilità
sia
inquadrato
dall'Autorità
nell'ambito
"dell'organizzazione dell'attività di dispacciamento e nella regolamentazione del sistema di
remunerazione della capacità produttiva (...) ai sensi della legge 27 ottobre 2003, n. 290";
all'articolo 30, comma 18, della legge 23 luglio 2009, n. 99 si prevede che l'Autorità per l'energia
elettrica e il gas definisca, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge, i criteri
e le modalità per l'assegnazione delle risorse interrompibili istantaneamente e interrompibili con
preavviso, da assegnare con procedure di gara a ribasso, cui partecipano esclusivamente le società
utenti finali;
con la deliberazione 28 ottobre 2010, ARG/elt 187/10 come successivamente modificata e integrata,
l'Autorità ha disciplinato le procedure per l'approvvigionamento a termine da parte di Terna delle
risorse interrompibili per il triennio 2011-2013 ai sensi dell'articolo 30, comma 18, della legge
99/09, definendo la quantità massima di potenza interrompibile assegnabile da Terna pari a
3900MW. Al fine di proseguire con il servizio di interrompibilità, l'Autorità ha promosso il
documento per la consultazione 642/2013/R/EEL per raccogliere i pareri e le osservazioni in merito
alla definizione dei principali elementi che dovrebbero caratterizzare l'approvvigionamento del
servizio di interrompibilità a partire dal 1° luglio 2014, al fine dell'adozione dei relativi
provvedimenti. Con deliberazione 634/2013/R/eel, l'Autorità ha coerentemente disposto la proroga
al 30 giugno 2014 dei contratti plurimensili vigenti al 31 dicembre 2013, fatto salvo il diritto del
titolare di recedere unilateralmente entro il 10 gennaio 2014;
all'articolo 1 del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 22
marzo 2010, n. 41, è stato istituito per il triennio 2010-2012 un nuovo servizio per la sicurezza del
sistema elettrico idoneo a garantire con la massima disponibilità, affidabilità e continuità la
possibilità di ridurre la domanda elettrica nelle isole maggiori, attribuendo all'Autorità il potere di
definirne le condizioni. Per il triennio 2010-2012, l'Autorità ha disciplinato il servizio di riduzione
dei prelievi per la sicurezza con la deliberazione 9 febbraio 2010 ARG/elt 15/10 come
successivamente modificata e integrata, prevedendo che Terna organizzi, prima dell'inizio del
triennio, procedure concorsuali (aste) per l'approvvigionamento triennale di risorse per la riduzione
dei prelievi per la sicurezza nelle isole per quantità pari a 500 megawatt in Sicilia ed a 500
megawatt in Sardegna;
con l'articolo 34, comma 1, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 è stata prorogata al 31
dicembre 2015 la scadenza del servizio di riduzione dei prelievi per la sicurezza nelle Isole e ha
conferito all'Autorità il potere di aggiornarne le condizioni per il triennio 2013-2015, secondo le
procedure, i principi e criteri di cui all'articolo 1 del decreto-legge n. 3 del 2010;
29
il meccanismo viene finanziato dai clienti del settore elettrico mediante il pagamento di un
corrispettivo a copertura dei costi per la remunerazione del servizio di interrompibilità del carico
(INT) fissato dall'AEEG (Autorità per l'energia elettrica e il gas) a 0,2102 centesimi di euro per
chilowattora per l'anno 2014;
all'articolo 30, comma 19, della legge 23 luglio 2009, n. 99 si prevede che i clienti finali che
forniscono il servizio di interrompibilità istantanea o di emergenza nei siti che hanno
contrattualizzato una potenza interrompibile non inferiore a 40 megawatt e per la quota parte di
energia sottesa alla potenza interrompibile stessa sono esentati dall'applicazione dei corrispettivi di
cui agli articoli 44, 45, 48 e 73 dell'allegato A della deliberazione dell'Autorità per l'energia elettrica
e il gas n. 111/06 del 9 giugno 2006;
il Rapporto sulla qualità del servizio di trasmissione pubblicato il 27 maggio 2014 da Terna, indica
in 564 gli impianti coinvolti dal servizio di interrompibilità, per una potenza complessiva
contrattualizzata pari a 4.057 megawatt per l'anno 2013;
considerato che:
ai sensi dell'art 3, comma 11, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della
direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica) sono
individuati gli oneri generali afferenti al sistema elettrico, ivi inclusi gli oneri concernenti le attività
di ricerca e gli oneri nucleari di cui all'articolo 13, comma 2, lettera e), del medesimo decreto
legislativo;
ai sensi del suddetto articolo 3, comma 11, del decreto legislativo n. 79 del 1999, i suddetti oneri
sono finanziati tramite componenti tariffarie applicate come maggiorazione del servizio di trasporto
dell'energia elettrica;
l'ultimo periodo dell'articolo 3, comma 11, del decreto legislativo n. 79 del 1999, prevede che la
quota parte del corrispettivo a copertura degli oneri generali di sistema a carico dei clienti finali, in
particolare per le attività ad alto consumo di energia, è definita in misura decrescente in rapporto ai
consumi maggiori;
il decreto del 26 gennaio 2000 del Ministro dell'industria del commercio e dell'artigianato ha
individuato gli oneri generali afferenti il sistema elettrico ai sensi dell'articolo 3, comma 11, del
decreto legislativo n. 79 del 1999;
l'elenco degli oneri generali afferenti al sistema elettrico è stato successivamente modificato
dall'articolo 1, comma 1, della legge 83/03 "Conversione in legge, con modificazioni, del decretolegge 18 febbraio 2003, n. 25, recante disposizioni urgenti in materia di oneri generali del sistema
elettrico. Sanatoria degli effetti del decreto-legge 23 dicembre 2002, n. 281";
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l'articolo 39, comma 1, del decreto-legge n. 83 del 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge 7
agosto 2012, n. 134, prevede che con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze,
di concerto col Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro il 31 dicembre 2012, in
applicazione dell'articolo 17 della Direttiva 2003/96/CE, siano definite le imprese a forte consumo
di energia;
l'articolo 39, comma 3, del decreto-legge n. 83 del 2012 ha disposto che "I corrispettivi a copertura
degli oneri generali di sistema elettrico ed i criteri di ripartizione dei medesimi oneri a carico dei
clienti finali sono rideterminati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, in modo da tener conto
della definizione di imprese a forte consumo di energia contenuta nei decreti di cui al medesimo
comma 1 e nel rispetto dei vincoli di cui al comma 2, secondo indirizzi del Ministro dello sviluppo
economico";
il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, ha
adottato il decreto 5 aprile 2013, che definisce specifici requisiti e parametri per le imprese che
registrano elevati consumi di energia ai fini dell'attuazione di quanto previsto dall'articolo 39,
comma 3, del decreto-legge n. 83 del 2012,
si chiede di sapere:
se risulti al Ministro in indirizzo quali siano stati per l'anno 2013 i costi sostenuti rispettivamente
per il servizio d'interrompibilità istantanea e per il servizio d'interrompibilità con preavviso;
se risulti quanti siano stati gli impianti effettivamente interrotti, quante siano state le interruzioni
effettuate per ciascun impianto e quale sia stata la durata di ciascuna interruzione;
se risulti quale sia stato per l'anno 2013 il numero delle imprese che, avendo messo a disposizione
più di 40 megawatt di interrompibilità, ha beneficiato dell'esenzione dal pagamento di alcuni
corrispettivi ad opera delle imprese interrompibili ai sensi dell'articolo 30, comma 19, della legge n.
99 del 2009, e quale sia stato il gettito complessivo dovuto per l'esonero dell'esenzione dei
corrispettivi di dispacciamento;
se risulti quanti siano stati per l'anno 2013 i consumi complessivi che beneficiano dell'esenzione del
servizio di dispacciamento;
se risulti quale sia la distribuzione del gettito degli oneri generali del sistema elettrico differenziati
per tensione di alimentazione sia in valori assoluti che in relazione ai volumi consumati dalle basse
tensioni non domestiche, medie tensioni, alte ed altissime tensioni, per ciascun anno 2012 e 2013.
(3-01024)
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Risposta del sottosegretario per i beni e le attività culturali e per il turismo Francesca Barracciu
all'interrogazione su quali iniziative intenda adottare per il rispetto del patrimonio storicoartistico dell’area di Russi, in provincia di Ravenna, individuata come idonea per la
realizzazione di un impianto di produzione di energia da combustione a biomasse, presentata
da Montevecchi (M5S- n. 3-00595)
Il Sottosegretario ha riferito che la vicenda ha avuto inizio nel luglio del 2008 quando la società
PowerCrop S.p.A. presentava alla regione Emilia-Romagna domanda per avviare la procedura di
valutazione di impatto ambientale e autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di un polo per le
energie rinnovabili, ai sensi del decreto legislativo n. 378 del 2003, nel comune di Russi. La
proposta progettuale interessava una vasta area dell’ex Zuccherificio Eridania S.p.A, ormai in
disuso, tutelato ai sensi dell’articolo 142, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 42 del 2004.
Nelle vicinanze dell’area d’insediamento sono infatti ubicate la Villa e la Chiesa di San Giacomo,
immobili tra i più significativi e prestigiosi del territorio emiliano-romagnolo e di non minore
importanza nel più vasto scenario culturale nazionale. Il loro rilevante interesse storico-artistico fu
riconosciuto, già all’inizio del XIX secolo, con successive notifiche del febbraio e dell’aprile del
1912 ai sensi della legge n. 364 del 1909, ed il provvedimento di tutela è ancora valido ed operante
in virtù di quanto disposto dall’articolo 128 del decreto legislativo n. 42 del 2004.
La procedura di valutazione di impatto ambientale si concludeva nel febbraio 2011, con il parere
contrario dell'Amministrazione dei beni culturali alla localizzazione dell’impianto, espresso
nell’ambito della Conferenza di servizi indetta dalla regione Emilia-Romagna.
Il parere, ampiamente articolato, si fondava sulla constatazione che il nuovo impianto avrebbe
comportato la realizzazione di volumetrie di forte impatto visivo rispetto alla storica VillaResidenza di campagna dei Rasponi, sita nelle vicinanze, con esiti fortemente deterrenti per le
visuali dello storico complesso. La nuova opera avrebbe dunque inciso in modo negativo sui valori
culturali del bene tutelato, il cui apprezzamento non poteva essere circoscritto al perimetro della
tutela, ma investiva le aree contermini, il cui carattere agricolo disteso sulla pianura costituisce la
cornice storica della Villa sei-settecentesca.
Concluso il procedimento, la Giunta regionale si esprimeva tuttavia positivamente, con delibera n.
395 del marzo 2011, ritenendo non vincolante il parere espresso dalla Amministrazione.
Avverso la delibera regionale presentavano ricorso al TAR dell’Emilia-Romagna le associazioni
Italia Nostra, WWF, nonché organizzazioni non governative, Onlus e singoli cittadini, chiedendone
l’annullamento e comunque la sospensiva.
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Poco prima della sentenza, in data 26 marzo 2012, la Direzione regionale per i beni culturali e
paesaggistici dell’Emilia-Romagna, ai fini della salvaguardia dell’integrità del complesso
architettonico Villa Rasponi e Chiesa di San Giacomo e delle loro condizioni di prospettiva, luce,
visibilità, cornice ambientale e decoro, emanava un puntuale provvedimento ai sensi dell’articolo 45
del Codice dei beni culturali.
Contro tale provvedimento di tutela indiretta veniva presentato ricorso al TAR dell’EmiliaRomagna da diversi cittadini. Il TAR non si è ancora pronunciato al riguardo. Contemporaneamente
Italia Nostra ed altri soggetti presentavano in data 27 aprile 2012, avverso il provvedimento di
vincolo indiretto, ricorso amministrativo ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo n. 42 del
2004.
Con decreto dirigenziale n. 858 del 14 ottobre 2013 il Direttore generale per il paesaggio, le belle
arti, l’architettura e l’arte contemporanee decretava l’inammissibilità dell’impugnativa per alcuni
ricorrenti e l’infondatezza del ricorso per l’Associazione Italia Nostra.
Ritornando ora all’intervento previsto per la realizzazione del polo energetico, il TAR EmiliaRomagna, Sezione II, con la sentenza n. 570 dell’11 aprile 2012, accoglieva il ricorso presentato e
annullava la delibera regionale.
La sentenza del TAR veniva però impugnata davanti al Consiglio di Stato dalla PowerCrop s.r.l. e
da Eridania-Sadam S.p.A. Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 662 dell’11 febbraio 2014,
accoglieva il ricorso annullando la decisione dal Tribunale di primo grado e, per l’effetto,
ripristinava l’efficacia della delibera regionale.
Al fine di chiarire la posizione di questo Ministero nella vicenda, e con specifico riferimento alle
competenze ad esso spettanti, il Sottosegretario rammenta che era in discussione, sostanzialmente,
l’interpretazione di quanto previsto dall’articolo 14.9, letterac), delle Linee Guida per
l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, di cui al decreto 10 settembre 2010
del Ministero dello sviluppo economico.
L’articolo 14.9, lettera c), delle Linee guida limita infatti l’esercizio dei poteri del Ministero dei
beni culturali, nell’ambito dei procedimenti di autorizzazione di impianti alimentati da fonti
rinnovabili localizzati in aree contermini a quelle sottoposte a tutela, ai poteri prescrittivi previsti
dall’articolo 152 del decreto legislativo n. 42 del 2004, che attribuisce al Dicastero un parere
vincolante onde assicurare la conservazione dei valori espressi dai beni protetti dal Titolo I della
Parte Terza del Codice, relativa ai beni paesaggistici.
Nella sentenza, il Consiglio di Stato ha perciò evidenziato che l’articolo 152 sopra richiamato deve
applicarsi in relazione ai beni paesaggistici disciplinati dalla Parte terza Codice dei beni culturali e
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del paesaggio e non ai beni culturali tutelati ai sensi della Parte Seconda del medesimo Codice,
come sono appunto il Palazzo Rasponi e la Chiesa di San Giacomo.
Pertanto il parere dell’Amministrazione dei beni culturali nel procedimento di valutazione di
impatto ambientale, espletato tramite la Conferenza di Servizi, non doveva essere inteso vincolante,
come aveva invece sostenuto il TAR dell’Emilia-Romagna.
Il Sottosegretario ribadisce da ultimo che non risulta invece ancora pubblicata la decisione del TAR
Emilia Romagna sul ricorso presentato avverso il provvedimento in data 26 marzo 2012 con il quale
la competente Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici, ai sensi dell’articolo 45 del
Codice, ha dettato prescrizioni a tutela delle condizioni di prospettiva, luce, visibilità, cornice
ambientale e decoro del complesso architettonico Villa Rasponi e Chiesa di San Giacomo.
L’Amministrazione resta pertanto in attesa di quest’ultima decisione del giudice amministrativo,
alla luce della quale si augura che la questione potrà trovare una definitiva soluzione.
Di seguito il testo dell’interrogazione.
Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo - Premesso che:
in data 23 maggio 2013 ed in data 24 giugno 2013, la prima firmataria del presente atto di sindacato
ispettivo ha presentato rispettivamente le interrogazioni 4-00245 e 4-00416;
si rappresenta l'urgenza di far luce su un'annosa questione che ancora oggi non ha ricevuto la
doverosa attenzione, ma soprattutto i chiarimenti e la definitiva soluzione per l'area di Russi
(Ravenna), ove la società PowerCrop, ora partner di Enel Green Power, intende realizzare un
impianto di produzione di energia da combustione da 300.000 tonnellate all'anno di biomasse, un
polo energetico dalla potenza di oltre 30 megawatt elettrici;
l'impianto dovrebbe essere realizzato a circa 140 metri di distanza da palazzo San Giacomo ed a
500 metri dalla villa romana di Russi, una delle più importanti e meglio conservate del Nord Italia;
palazzo San Giacomo per le sue caratteristiche architettoniche e per l'elevata qualità pittorica dei
suoi affreschi è definito la "Versailles della Romagna";
nei citati atti di sindacato ispettivo si evidenziava la necessità di definire una vicenda che rischia di
gettare nell'oblio un pezzo di storia del nostro Paese, posto che l'area è definita dall'art.10, comma 3,
lettera a), del decreto legislativo n. 42 del 2004 di "interesse storico-artistico" e per il cui restauro
sono stati investiti oltre 3 milioni di euro;
a seguito della presentazione degli atti parlamentari, in data 24 settembre 2013, il Ministro dei beni
e delle attività culturali e del turismo forniva una serie di elencazioni relative a circolari e note
ministeriali in cui, relativamente al secondo quesito ove si precisava che veniva operato dalla
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Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Emilia-Romagna uno stravolgimento
dell'originaria impostazione della tutela indiretta, l'ufficio legislativo rispondeva testualmente: "si
rappresenta che i mutamenti intervenuti nel corso del procedimento sono da considerarsi fisiologici
in quanto si sono verificati alla luce ed in conseguenza degli apporti partecipativi e consultivi
successivamente acquisiti";
considerato che:
ad oggi Regione, Provincia e Comune rinunciano a svolgere il loro ruolo di tutela e valorizzazione
del patrimonio storico-artistico e dell'agricoltura per cui ai cittadini, custodi del valore del territorio
in cui risiedono, a parere degli interroganti rimane solo la marginale alternativa di intraprendere a
proprie spese "battaglie legali" in difesa di un territorio sempre più martoriato e sacrificato agli
interessi di pochi;
inoltre Regione, Provincia e Comune invece di valorizzare il territorio con fatti concreti finalizzati
alla salvaguardia dell'area, monitorando gli interventi azionati nel rispetto della normativa vigente,
al contrario perdono di vista il ruolo loro attribuito, divenendo parte attiva a fianco della
PowerCrop, stigmatizzando che il parere negativo della Soprintendenza non è vincolante;
considerato inoltre che:
a parere degli interroganti gli stessi amministratori locali sotto "i riflettori", non perdono occasione
per definire la villa romana e palazzo San Giacomo i "loro gioielli" trasformandoli in merce di
scambio finalizzata al consenso politico di medio termine, visto che ad oggi la tutela dell'area è
lasciata alla sensibilità di cittadini ed associazioni, giacché le amministrazioni competenti, ancorate
a logiche di natura diversa da quella di interesse storico-artistico, agiscono a fianco di un gruppo
industriale contro gli stessi cittadini, determinando un'anomala distorsione e generando un forte
rammarico popolare;
lo stesso direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Emilia-Romagna, architetto
Carla Di Francesco, già nel verbale conclusivo della Conferenza dei servizi della Regione del 28
febbraio 2011, inseriva il parere negativo, precisamente "contrario alla localizzazione" dell'impianto
perché incompatibile con il valore culturale della splendida villa sei-settecentesca e delle sue
pertinenze;
in data 14 febbraio 2012 si teneva un incontro ufficiale tra la Direzione regionale, la Soprintendenza
e la società, presso lo studio legale Morello-Pittalis-Roversi Monaco, nel quale si giungeva ad un
accordo tra le parti sfociato poi in un decreto emesso dal direttore regionale, con prot. n. 4114 del
27 marzo 2012;
dagli elaborati grafici progettuali del decreto si evincono i requisiti per le dimensioni degli edifici
che vanno da 11 metri con la presenza di opere di un'altezza fino a 12 metri. Il nuovo elaborato
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sembrerebbe adattato ad hoc alle esigenze del proponente, consentendo alla società di costruire
strutture che renderebbero inaccettabili le visuali e l'apprezzamento del palazzo San Giacomo e
delle sue pertinenze;
considerato infine che gli interroganti nel sollevare tali questioni non intendono porsi in contrasto
allo sviluppo produttivo dell'area e dunque contro i lavoratori: al contrario, dissentono al ricatto
della perdita di lavoro a cui sono continuamente sottoposti tutti gli operatori del comparto
confezionamento di Eridania Italia di Russi che tra l'altro non ha alcuna attinenza con la centrale
PowerCrop. Piuttosto intendono sostenere un lavoro che sia in linea con il rispetto della normativa
vigente con prospettive che ossequiano l'ambiente ed il paesaggio, pianificate su basi solide e
lungimiranti,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti e di conseguenza se intenda avviare le
opportune procedure ispettive;
quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda adottare al fine di sanare le criticità sollevate
per ristabilire il rispetto del patrimonio culturale, storico ed artistico dell'area di interesse storicoartistico di Russi in provincia di Ravenna, di palazzo San Giacomo e della villa romana, anche in
virtù della candidatura di Ravenna capitale della cultura 2019. (3-00595)
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