Ristorazione e Catering

N° 24 Novembre-Dicembre 2014 - Ristorazione & Catering - Poste Italiane Spa - Sped. AP. DL 353/03 Conv. in L. 27/02/2004 N° 46 Art. 1 comma 1 - CN/BO - Edizioni Catering srl – Via Margotti, 8 – 40033 Casalecchio di Reno (BO) - contiene I.P. - costo copia euro 3,50
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Ristorazione
Catering
&
Bruno
Piraccini
la fiducia
si guadagna,
non si chiede
MAESTRI
CIBO GIUSTO
PECCATI DI GOLA
Aimo e Nadia
Una contagiosa
umanità
Cioccolato,
che passione
Tradizionale o
moderno? Sempre
panettone
MENÙ
Componi
il tuo menù
sommario
Pag. 7 • Protagonisti
la fiducia si guadagna,
non si chiede
Conversazione con Bruno Piraccini
e Daniele Lambertini di Orogel
di Luigi Franchi
Pag. 15 • fuori casa
La rivoluzione bio
di Mariangela Molinari
valledoro, 60 anni di bell’impresa
di Roberto Martinelli
Pag. 20 • Opinioni a confronto
Roberto Brioschi, restaurant manager Derby Grill
Marco Merighi, maître e sommelier Il Don Giovanni
Sandra Longinotti, giornalista e food stylist
Pag. 22 • Maestri
Aimo e nadia moroni
una contagiosa umanità
di Luigi Franchi
Pag. 26 • Cibo giusto
cioccolato che passione
di Luca Bonacini
Perchè utilizzare Componi il tuo menù?
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Per risparmiare tempo.
Per poter tradurre il tuo menù in inglese, spagnolo, francese, tedesco e russo.
Per essere ispirati dalle sempre più numerose ricette disponibili.
Pag. 28 • Peccati di gola
tradizionale o moderno,
sempre panettone
di Marina Caccialanza
Pag. 31 • A PROPOSITO DI...
etichettatura,
nuove norme comunitarie
di Antonio Longo
Pag. 34 • Meglio Prenotare
Da Cesare, bottega e ristorante
Da Mimmo
Pag. 36 • Rist’ho
expoaccoglienza
di Mariangela Molinari
Pag. 48 • Distribuzione
RZ service, continuità di servizio
e puntualità nelle consegne
di Guido Parri
Pag. 51 • Private Label
zampone e cotechino,
salumi che fanno la storia
di Guido Parri
Pag. 54 • Logistica
il grossista moderno
di Mariangela Molinari
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Pag. 64 • Buon bere
chicchi di cultura
di Alessandra Locatelli
Pag. 67 • Case history
Pag. 18 • SALA E CUCINA
tutto bene?
di Luigi Franchi
Uno strumento
gratuito per
comporre e
tradurre
facilmente il
tuo menù
Pag. 61 • etichetta
wapple,
aperitivo o da tutto pasto?
di Mario Zuffada
l’arte culinaria di wiberg
di Roberto Martinelli
due tigli, azienda dinamica al
servizio della ristorazione
di Eugenio Negri
zarpellon: innovare nel solco
della tradizione
di Valentino Serra
Pag. 64 • COSA SUCCEDE
ROLLI ALIMENTARI
DEMETRA
KOCH
OLEIFICIO ZUCCHI
CALLIPO
AGUGIARO & FIGNA
formec biffi
RUBRICHE
il tuo
Pag. 5 • Editoriale
di Roberto Martinelli
Pag. 11 • opinione
di Mauro Entradi
Pag. 13 • Professione cuoco
di Roberto Carcangiu
Pag. 39 • NOI DI SALA
di Giuseppe Palmieri
Pag. 41 • Matita Rossa
di Giuseppe Schipano
Pag. 43 • Analisi
di Mauro Lamparelli
Pag. 45 • MANGIARE SICURO
di Valentina Gradone
Pag. 57 • Consulenza
di Alberto Fugagnoli
Pag. 59 • Perbacco
di Giuseppe Vaccarini
Pag. 80 • Libri per voi
di Luca Galavotti
ristorazione&catering 3 novembre/dicembre duemila14
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EDITORIALE
di Roberto Martinelli
direttore responsabile
Una sola idea ma chiara
L
il meglio o niente...
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a legge è stata scritta ma le idee per come applicarla non sembrano ancora chiare. La legge
diventata famosa col nome salvifico di “Sblocca
Italia”, approvata in parlamento con un voto di
fiducia che tristemente verrà ricordato perché sui banchi
del governo alcuni parlamentari dell’opposizione si sono
coricati per protesta con le mani sporche d’inchiostro,
contiene un articolo che interessa la produzione agroalimentare italiana. Il punto è questo.
“Sblocca Italia” è un testo di oltre 330 pagine (!), all’articolo 30, Capo VII si fa riferimento alla “Promozione
straordinaria del Made in Italy con misure per l’attrazione degli investimenti” . In particolare al comma 2 lettera
“e”, si specifica in modo molto circostanziato che detta
legge intende attivare la ”realizzazione di un segno distintivo unico – così esplicita il testo - per le produzioni
agricole e agroalimentari al fine di favorire la promozione all’estero e durante l’Esposizione Universale 2015”.
Se non interpretiamo male, il governo e nella fattispecie
i Ministeri dello sviluppo economico, degli affari esteri e
delle politiche agricole, sono tenuti a concertarsi tra loro
per la realizzazione, l’uso e la promozione di un “segno
distintivo” , ovvero di un marchio per di più “unico” che
identifichi e valorizzi il Made in Italy. L’intenzione del
governo è ambiziosa sulla carta ma si smonta purtroppo
nella pratica.
A dimostrarlo allo stesso ministro Martina in un dibattito pubblico appena tre giorni dopo l’approvazione della
legge, sono stati, se pur da posizioni quasi opposte, un
influente rappresentante degli agricoltori e un esponente
dell’industria alimentare. Il rischio in effetti è di aggiungere confusione ai tanti marchi oggi esistenti sui prodotti
agricoli ed alimentari italiani. Benchè il “logo” non verrà
riportato sulle etichette, come ha ribadito lo stesso ministro, rimane aperta la distinzione dei prodotti interamente coltivati sul nostro territorio da quelli lavorati in Italia
ma le cui materie prime provengono dall’estero.
Se si pensa che in certi settori come nella pasta di semola si importa il 70% del grano duro trasformato, il problema non è di semplice soluzione e un “marchio Italia” in
questo settore farebbe più male che bene.
Quindi se il governo vuole creare un marchio per identificare e valorizzare il “brand” Made in Italy per combattere il falso italiano venduto all’estero, occorrerebbe
almeno non commettere gli errori del passato, perché
purtroppo qualcosa di simile l’abbiamo già visto con la
società Buonitalia SpA, lanciata con sfarzo se non ricordiamo male nel 2007, entrata in seguito sotto le competenze di Paolo De Castro quando era ministro delle politiche agricole e portata poi miseramente al fallimento
con 50 milioni di euro di debiti nel 2010 con Luca Zaia
sempre a capo di quel ministero.
Ma ci sarebbero altri casi poco edificanti da ricordare,
purtroppo occorrerebbe andare oltre nel tempo e menzionare progetti creati per promuovere il Made in Italy
agroalimentare o il nostro turismo all’estero ma sempre
con scarsi risultati.
È di queste settimane la notizia delle dimissioni del
direttore del portale Italia.it, il sito che dovrebbe promuovere l’Italia turistica nel mondo proprio a pochi mesi
dall’Expo. Non è bello vedere da una parte progetti per
rilanciare l’Italia e dall’altra bloccare senza motivo quello che sembra funzionare.
In questo modo si dà un’idea dell’Italia che non convince. A volte per cambiare potrebbe bastare anche una
sola idea ma chiara.
ristorazione&catering 5 novembre/dicembre duemila14
La fiducia
protagonisti
si guadagna, non si chiede
Orogel, un gruppo interamente italiano, si racconta.
Conversazione con Bruno Piraccini, amministratore delegato,
e Daniele Lambertini, direttore commerciale food service
Ogni piatto ha
il brodo che si
merita.
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di Luigi Franchi
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rogel, con le sue tre divisioni – surgelati, fresco e confetture - nasce da una piccola cooperativa di produttori
di ortofrutta, alla fine del 1967, che avvertirono la necessità di allearsi, in un territorio, la Romagna, dove la
voglia di stare insieme ne rappresenta uno dei tratti distintivi. Una storia, rimasta in ogni evoluzione sempre
interamente italiana, che ci viene raccontata da Bruno Piraccini, amministratore delegato di Orogel.
“Da questa piccola cooperativa ne ebbero origine altre quattro, tutte con una matrice indipendente, frutto della necessità
assoluta di fare impresa. Nel 1969, il raggruppamento delle cooperative dà vita al consorzio Fruttadoro a cui vengono
demandati compiti di consulenza finanziaria e amministrativa, oltre all’attività di acquisti e vendite collettive. Nei primi
anni ’70 la difficoltà di assorbimento da parte del mercato di enormi partite di verdura, la cui destinazione poteva essere
solo quella del macero, ci spinse ad analizzare nuove soluzioni. Nasce in questo modo la scelta di entrare nel mondo della
surgelazione, allora agli albori in Italia ma con grandi potenzialità di sviluppo, testimoniate dai mercati internazionali”.
Fu così che, il 2 giugno 1975, in occasione della Festa della Repubblica, il ministro dell’agricoltura Giovanni Marcora
posa la prima pietra del nuovo stabilimento Orogel.
Per saperne di più vieni sul nostro sito: www.ufs.com
ristorazione&catering 7 novembre/dicembre duemila14
Come nasce il nome attribuito ad un marchio, oggi tra i più noti
nell’agroalimentare italiano?
“Non volevamo un nome troppo identificato con il prodotto, ma
che nel suo acronimo racchiudesse due concetti: la qualità e la
tipologia di produzione”.
Una scelta che si è dunque rivelata vincente…
“Nel processo di crescita il consorzio Fruttadoro è diventato la
holding del gruppo, con diverse società dirette e in partecipazione. Il sistema genera un fatturato complessivo pari a 340 milioni
di euro (179 milioni il surgelato e 167 milioni il fresco); 2.532
dipendenti e 1.819 soci agricoltori, 12 stabilimenti produttivi e
18 centri di ritiro, 88.900 tonnellate di prodotto surgelato (di cui
27.780 nel canale Food Service) e116.200 tonnellate di fresco;
12.300 coltivati interamente in Italia e, soprattutto, 11 milioni
di italiani che hanno fatto almeno un acquisto nell’arco dell’ultimo anno. Accanto a questo una serie di società partecipate,
tra le quali ne ricordo una con posizione di leader nel settore
vivaistico, specializzata nella produzione di piante con la tecnica della moltiplicazione in vitro. Inoltre siamo partner in diverse
realtà del settore energia, in particolare del biogas, attraverso
cui riutilizziamo i sottoprodotti vegetali derivanti dal processo
agroalimentare per produrre energia”
Un’azienda a spreco zero…
“Esattamente. Noi sosteniamo che la nostra attività nel surgelato ha un elevato livello di sostenibilità, a cominciare dai disciplinari di produzione integrata e biologica, a cui si attengono i
nostri duemila soci agricoltori. Le tecniche di agricoltura sostenibile vengono attuate attraverso una produzione programmata
senza forzature, seguendo semplicemente il ritmo delle stagioni,
con un sistema di irrigazione a goccia che elimina lo sperpero
d’acqua. Il tutto su estensioni agricole esclusivamente in Italia,
accanto alle quali sono sorti gli stabilimenti di trasformazione
che consentono la surgelazione immediata dei raccolti. Infine
sostenibilità nei trasporti, perché gli scarti restano sui luoghi,
e sostenibilità nelle fabbriche grazie alla cogenerazione energetica che ci consente produzione e utilizzo di energia in loco”.
Quali sono stati i punti di svolta più significativi nella vostra storia?
“Individuerei tre fasi importanti. Nei primissimi anni, dove fu
adottata la scelta di produrre a marchio nostro, Orogel, che ci
permise di penetrare nella distribuzione. La seconda negli anni
‘90 quando, da una ricerca di mercato, fu chiaro che nel settore
c’era spazio solo per una marca leader o co-leader: la scelta,
per noi che eravamo ancora una piccola realtà, era quella di
produrre per conto terzi o conquistare la posizione di leader.
Eravamo quarti e la scelta, ambiziosa e coraggiosa, divenne
quella di puntare ad una dimensione di leader, facendo scelte
molto precise in termini di innovazione. Il primo successo è stato il Cubello, uno spinacio surgelato e porzionato. A cui seguì il
Minestrone Leggerezza, infine Verdurì, una gamma di passati di
verdura in gocce. Una politica di innovazione che partiva dalla
naturalità dei prodotti, lasciando spazio alle ricettazioni personalizzate. Infine la svolta attuale, verso prodotti che abbiano caratteristiche di gusto e bontà, ma anche funzione di prevenzione
e tutela della salute, sostenendo progetti di ricerca di diversi
enti, tra cui gli istituti per la ricerca sui tumori”.
Orogel è diventata la prima azienda italiana nei surgelati vegetali e la seconda azienda di marca nel mercato del sottozero.
Come si mantiene una posizione di leadership?
“Investendo ogni anno il 10% del fatturato in ricerca e sviluppo.
Successivamente investendo sull’obiettivo della salubrità, orientando le produzioni verso precise caratteristiche organolettiche e
nutrizionali. Uno degli esempi di maggior successo sono le nostre referenze ricettate di qualità che
raggiungono l’obiettivo di aumentare le proprietà nutrizionali e vitaminiche dei singoli ortaggi,
come nel caso del nostro minestrone con 18 verdure, dove ogni singolo componente ha una cottura separata che risolve il problema della corretta
masticazione, condizione primaria di un modello
corretto di nutrizione”.
A che livello è la percezione di questi elementi di
valore da parte del consumatore e del professionista della ristorazione?
“Oggi è molto aumentata la consapevolezza da
parte del ristoratore rispetto all’utilizzo dei prodotti surgelati e del valore del freddo come miglior tecnica di conservazione. Va comunque
approfondita l’azione di informazione. Noi lo
facciamo tramite il Team Chef che spiega ricettazioni, food cost, opportunità di un prodotto
anti-spreco, comprese le confezioni compostabili
e riciclabili. Questi sono grandi vantaggi per il
ristoratore, a cui va aggiunta la flessibilità di utilizzo. Stiamo crescendo nella ristorazione e nella
gastronomia di qualità, oltre al mondo catering”.
Nel corso dell’intervista si inserisce la riflessione
di Daniele Lambertini, direttore commerciale di
Orogel Food Service, che raffigura un cambiamento nei consumi dove cresce la tendenza verso
una cucina più attenta alla salute, con una costante crescita del biologico, e orientata a nuove
soluzioni di servizio come quelle che il surgelato
riesce ad offrire.
“Questi cambiamenti ci confortano nella nostra
convinzione del buono per natura. Negli ultimi
tempi abbiamo dato vita ad una nuova linea di
vegetali Bio dedicata al food service, caratterizzata da confezioni realizzate con un esclusivo
materiale compostabile. Unitamente a questa
linea, stiamo inserendo sul mercato nuove refe-
ristorazione&catering 8 novembre/dicembre duemila14
renze come il cous cous con verdure, le polpettine di soia, i burger agli
spinaci e ai vegetali grigliati; oltre ad altre novità come la cipolla rossa
di tropea, i fagiolini alla paesana, le melanzane a fette pastellate e a
rondelle panate”.
Gli elementi che Daniele Lambertini ha sintetizzato si ritrovano tutti
nelle nuove confezioni con cui Orogel si è presentata al canale Food Service all’inizio dell’anno. Il packaging di ogni prodotto è stato ridisegnato
con l’inserimento di un QR code che consente, tramite smartphone, di
accedere direttamente ad una serie di informazioni di filiera: scoprire le
zone di coltivazione, le caratteristiche degli ingredienti, i suggerimenti
per il loro migliore utilizzo e alcune ricette elaborate dal Team Chef del
gruppo. Sul retro della confezione è invece indicata la provenienza del
prodotto, nella sua totalità italiano, e una tabella nutrizionale che offre
informazioni chiare. Infine l’informazione, importantissima, su modalità
e tempi di cottura.
Una confezione che racconta è sufficiente a comunicare con l’operatore?
“Agevola tantissimo il nostro compito e focalizza le specificità della nostra azienda e dei nostri prodotti. Ma ovviamente non è sufficiente. –
conferma Daniele Lambertini – Oggi è cambiato il
modello di comunicazione e si sta incentrando sulle relazioni tra gli operatori. Noi abbiamo da tempo
anticipato questa tendenza, dando vita ad una serie
di iniziative quali: la formazione alla forza vendita dei distributori; la creazione di un Team Chef
che, oltre ad essere parte integrante nel processo
di creazione di nuove referenze, si sposta ovunque
vengano richieste dimostrazioni per l’utilizzo dei
nostri prodotti. Ma soprattutto vogliamo cambiare
la strategia nell’annosa vicenda dell’asterisco nei
menu che indica i prodotti surgelati, trasformandolo in un simbolo di qualità degli alimenti surgelati, convinti come siamo che questo processo resti
una delle maggiori garanzie di conservazione delle
caratteristiche organolettiche delle materie prime.
Gli chef devono essere sicuri che scegliere Orogel
è una garanzia di qualità e noi vogliamo soddisfare
questo bisogno”.
Una strategia e una crescita il cui presupposto risiede nella fidelizzazione. All’amministratore delegato
Bruno Piraccini poniamo un’ultima domanda: il
senso di appartenenza ad un gruppo come il vostro,
come si conquista e si mantiene?
“Attraverso un processo di coesione a tutti livelli.
La dirigenza del gruppo, per scelta, è nata e cresciuta dentro l’azienda.
La gara non era e non è primeggiare, ma essere portatori di risultati
per l’azienda. Peri soci agricoltori valgono azioni di supporto agronomico, ma altrettanto la garanzia e la puntualità nei pagamenti, unita
all’incentivazione di premi di produzione legati a parametri qualitativi.
Per quanto riguarda gli oltre duemila dipendenti, li sentiamo tutti molto legati all’azienda e questo ci permette di vivere uno stato di grazia
che però va costantemente alimentato. Noi lo facciamo con azioni di
sostegno verso le situazioni di difficoltà temporanea in cui può capitare di trovarsi, con la formazione dedicata all’inserimento di lavoratori
immigrati, che rappresentano il 10% della forza lavoro. Abbiamo attivato progetti finalizzati alla realizzazione di social housing, asili nido e
strutture ricreative per l’infanzia, insieme agli aiuti per l’acquisto dei
libri scolastici. Qui c’è una rete di protezione per soci e dipendenti
su cui chiunque può fare affidamento. In particolare c’è una cosa non
comune: la trasparenza del network e i valori di onestà e rispetto che ci
identificano, come sostiene sempre l’avvocato Antonelli, tra i fondatori
del nostro sistema: la fiducia si guadagna, non si chiede”.
ristorazione&catering 9 novembre/dicembre duemila14
in apertura:
Bruno Piraccini,
AD Orogel
in alto a sinistra:
Daniele Lambertini,
direttore commerciale
Orogel Food Service
sopra:
Team Chef Orogel
OPINIONE
di Mauro Entradi
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Ultimamente, dialogando con titolari di ristoranti abbastanza affermati e cercando informazioni sulle loro
abitudini di acquisto, mi sono sentito dire: “comunque,
qualsiasi sia l’operatore cui ci rivolgiamo, aziende del
food service che praticano il delivery o Cash & Carry,
paghiamo i prodotti troppo cari”! Ovviamente il raffronto
più frequente va ai prezzi praticati dalle strutture della
moderna distribuzione al consumatore finale e in particolare modo dagli ipermercati. Io vorrei ricordare a tutti
gli operatori dell’ho.re.ca. i quali oggi acquistano, dati
alla mano, da almeno 5-6 fonti i prodotti che gli necessitano e che nella media nazionale, che il fatturato in
acquisto annuo da un singolo distributore, non supera i
10.000 euro.
Ma la stragrande maggioranza degli stessi acquista dal
singolo operatore meno di 5.000 euro all’anno.
In cambio ottiene:
• un servizio di selezione di prodotti adatti per le proprie
esigenze, che non corrispondono propriamente a quelle
di un qualsiasi consumatore;
• una visita di un venditore con il quale analizzare i propri bisogni ed avere risposte adeguate;
• un servizio puntuale di consegna anche più volte la
settimana;
• dilazioni di pagamento.
Se vogliamo fare un paragone, una famiglia media che
acquista 100 euro la settimana da un ipermercato, va a
prendersi i prodotti direttamente, dedicando mediamente fra tempi di percorrenza e di permanenza circa due
ore e paga il prodotto per contante. Il ristoratore potrà
obbiettare, e in taluni casi con ragionevolezza, che non
sempre il servizio tanto decantato sia tale e questo è sicuramente motivo perché l’impresa di distribuzione del
food service si adoperi per migliorarne l’efficacia. Convengo però che ci siano ristoratori bravi che, oltre ad un
servizio efficace, si aspettino e abbiano diritto a condizioni economiche di acquisto più vantaggiose. Bisogna
però avere ben presente che se i prezzi possono sembrare
alti è anche perché i costi complessivi per dare un servizio sono elevati. Uno dei motivi per cui è costoso erogare
servizi è determinato dal fatto che esiste in Italia una
rete di operatori dell’ho.re.ca. troppo inflazionata, con
molti operatori non adeguati e complessivamente con un
fatturato procapite mediamente molto più basso, se lo si
paragona con quanto si riscontra negli altri paesi europei, in primis Francia e Regno Unito. L’operatore che
esprime basso fatturato, a volte per la sua inadeguatezza,
finisce per rivolgere impropriamente le proprie attenzioni solo ai prezzi di acquisto delle materie prime oggetto
del proprio lavoro, alimentari e bevande ed è poco orientato a migliorare il servizio nei confronti del consumatore
finale. Frequentemente si assiste al default degli stessi
e i costi di queste inadempienze finiscono per ricadere
sui migliori, su quelli che sono in grado di gestire ottimamente la propria attività e di rispettare i loro impegni
di pagamento. Torno inevitabilmente sempre sullo stesso
argomento: chi rappresenta gli operatori della ristorazione commerciale deve avviare un’azione che miri a sostenere e far crescere il livello della categoria, evitando una
difesa d’ufficio generalizzata di tutti quanti. È altrettanto
necessario un richiamo alle organizzazioni commerciali
distributive del settore: occorre che selezionino la propria clientela, investendo sugli operatori più adeguati.
Non è più possibile sostenere una attività di servizio rivolta verso operatori che acquistano meno di quanto acquista un nucleo famigliare! Se ciò non avverrà si troverà
a dover recuperare gli alti costi complessivi della propria
attività facendoli ricadere anche sugli operatori finali più
meritevoli, ai quali non resterà che sostenere che i prezzi
di acquisto sono comunque alti!
ristorazione&catering 11 novembre/dicembre duemila14
professione cuoco
di Roberto Carcangiu
presidente Associazione
Professionale Cuochi Italiani
Rivoglio il Signor Cameriere
P
ur essendo uno chef, posso dire senza paura
di essere smentito, di aver imparato molto dai
maÎtre (40 anni fa erano solo nei grandi alberghi
o sulle navi, adesso le cose sono con mio grande piacere cambiate) che hanno attraversato la mia vita
professionale. Sicuramente uno degli errori più grandi
commessi nel settore negli ultimi decenni a tutti i livelli,
è stato quello di aver praticamente cancellato la figura
del maÎtre o direttore di sala o Cameriere (non lo scrivo
a caso con la maiuscola). Non ci si è resi conto del reale
valore professionale del Cameriere o Cameriera che sia,
all’interno dell’azienda.
Il suo lavoro non consisteva solo nel portare al tavolo il
supercallifragilisticospiranitoso, piatto mega preparato
dal signor Chef dio nostro, ma in tutta una serie di skill
che compongono quella stupenda parola chiamata ospitalità. Il Signor Cameriere o Cameriera, che noi per primi
abbiamo relegato al compito di ‘portapiatti’, magari non a
parole sicuramente nei fatti, necessita di una professionalità molto articolata e soprattutto di caratteristiche che
tutto sommato possono essere assolutamente inesistenti in un cuoco. Per lui potremmo dire che l’unica cosa
che conta veramente, perché di valore assoluto, è che
sappia deliziarci con la sua cucina. Il cameriere oltre a
conoscere i piatti, per tecnica di esecuzione e gusto,deve
saper consigliare al meglio orientandoci verso quelle
che sono le necessità produttive della cucina. Deve conoscere profondamente l’animo umano, per poter usare
tutte quelle leve che servono a far si che la nostra esperienza all’interno dell’azienda sia sempre piacevole. Non
dimentichiamoci mai, che per tutti, noi compresi, un’esperienza totalizzante, quando non è solo legata al mero
consumo del cibo, ci fa dire “siamo stati proprio bene“.
Potremmo finire qui queste righe invece voglio continuare a descrivere questo Signor Cameriere: parla almeno
una lingua oltre all’italiano.
Sa stare sul tavolo senza essere visto o peggio ancora
essere invadente. Non decanta la lista dei vini a memoria
secondo la guida del momento, ma cerca di mediare fra
il bisogno del piatto di essere accompagnato nel miglior
modo e il nostro personale palato, senza per questo farci
sentire incapaci o peggio ancora poveri perché non beviamo la bottiglia di cui lui ha in definitiva scelto prezzo
e caratteristiche.
Ha sempre un profumo lieve e gradevole. Abbigliamento
in tono con il locale, ma smart e attuale (basta giacche
nere e camice bianco ghiaccio lise con papillon o cravatte di dubbio colore solo perché è la divisa tradizionale)
fresco e assolutamente su misura. Ovvero elegante.
Sente a pelle il cliente e sa cosa è giusto fare per lui,
facendolo passare indenne attraverso le mille necessità
aziendali; siano esse legate alla cucina piuttosto che alla
cantina o di altra natura.
È piacevole alla conversazione perché ha una cultura generale di buon livello (cultura e non studio), curata/o nella sua persona, mai fuori luogo nelle esternazioni. Cosi
come lo chef deve, nel pieno senso del termine sapere,
dove è prima di capire cosa cucinare. Il buon cameriere
deve avere consapevolezza di dove è, ma soprattutto con
chi è per sapere come essere.
Il buon Cameriere è per me come il buon chef: non ha assolutamente sesso, ovvero la professionalità deve avere
regole e valori assolutamente uguali per entrambe senza
distinzioni di sorta (già il dover chiamare con il femminile o maschile mi infastidisce).
Insomma un perfetto direttore vendite!
ristorazione&catering 13 novembre/dicembre duemila14
La rivoluzione bio
FUORI CASA
Cresce il consumo degli alimenti biologici,
ricercati sempre più spesso pure sulle tavole dei ristoranti
di Mariangela Molinari
I
dati parlano chiaro. E, una volta tanto, sono confortanti. Anche nel nostro Paese il biologico cresce, miete consensi e
si diffonde tra le famiglie, tanto che nel 2014, in base alle rilevazioni di Nomisma, è salita al 59% la percentuale dei
consumatori che scelgono questo tipo di alimenti. E se tra gli scaffali della GDO l’‘organic’ ha registrato un +17,3%
a valore solo nei primi cinque mesi dell’anno, la ristorazione non è da meno.
In base agli ultimi dati forniti da Biobank, infatti, i 182 ristoranti bio che si contavano nel 2004 sono diventati 350 nel
2013. Dal canto loro, le 608 mense scolastiche che dieci anni fa servivano prodotti biologici hanno raggiunto lo scorso
anno quota 1.236, e sono 1,2 milioni i pasti realizzati con prodotti di questo tipo serviti giornalmente a scuola, in particolare negli asili nido; mentre il 23% delle mense dichiara di utilizzare almeno un 70% di prodotti bio. Con questo trend,
stabile e costante, anche le prospettive future sono più che rosee.
ristorazione&catering 15 novembre/dicembre duemila14
Da quando Foppa ha iniziato a distribuire anche referenze di questo tipo, circa cinque anni fa, il loro numero è
progressivamente cresciuto, pur continuando a coprire
una fetta di fatturato ancora molto limitata.
“Se il prodotto è bio – nota Foppa – dispone di un argomento in più per la vendita, ma non viene scelto solo in
virtù di questo: non mi vengono espressamente richiesti
prodotti biologici, ma buoni”. Il grossista sta pensando di
introdurre a breve anche tè e infusi organici ma, ci tiene
a precisare, “Se lo faremo sarà in primo luogo per la loro
qualità. Non è detto, infatti, che questa sia automaticamente elevata solo perché il prodotto è biologico”.
Un concetto declinabile in numerosi format
Che il biologico possa trovate ampio spazio nel fuori casa
e nelle declinazioni più varie è sotto gli occhi di tutti:
dall’uso di prodotti organici (spesso debitamente segnalati in menu) da parte di locali tradizionali a formule che,
strizzando l’occhio alla cucina vegetariana, sposano un
approccio green e sostenibile in ogni aspetto della gestione, fino ad arrivare ai ristoranti stellati e agli hotel.
Qualche esempio? Uno per tutti: il Bio Hotel Elite di
Levico Terme, in Trentino, con cucina biologica e dotato
di certificazione Bios. Senza poi scomodare il ristorante
gastronomico Elsa del Monte-Carlo Beach a Montecarlo,
100% biologico, con tanto di certificazione e stella Michelin, regno dello chef Paolo Sari, a Milano L’Erba Brusca si è dotato persino di un proprio orto, da cui provengono le verdure e le erbe aromatiche utilizzate in cucina,
mentre lo scorso giugno nel centro storico di Parma ha
aperto i battenti Mangia la foglia bio, un’ecogastronomia
vegetariana e vegana, secondo la sua stessa definizione,
che propone ‘una cucina per vivere meglio’. Nato dall’incontro di Lorenza Allari (laureata in scienze forestali),
Carla Soffritti (comunicatrice con la passione per tutto
ciò che è green), Patrizia Ziveri (agronoma nonché cuoca
creativa e insegnante di cucina naturale) e Pietro Tambini
(ristoratore attento e curioso), il locale è aperto dalla mattina al pomeriggio inoltrato e spesso anche alla sera, per
corsi di cucina naturale.
“Utilizziamo solo materie prime biologiche – spiega Patrizia Ziveri – escludendo ogni prodotto di origine animale, ma definire la nostra cucina ‘vegana’ è riduttivo, perché ciò che ci preme è soprattutto proporre piatti leggeri
e gustosi, che contribuiscano al benessere dei clienti”.
Il locale è attrezzato anche per le consegne a domicilio
(effettuate in bicicletta e particolarmente richieste per la
cena), e in pausa pranzo è frequentato da una clientela
trasversale: dagli studenti universitari all’impiegato che
vuole mangiare qualcosa di sano e gustoso senza appesantirsi; dal vegetariano convinto all’incallito onnivoro
che prova qualcosa di diverso e finisce, non di rado, per
diventare un habitué.
“Uno dei nostri punti di forza è l’ampia scelta. – osserva
Patrizia – Il menu comprende almeno cinque primi (riso
rosso o venere con verdure, crema di zucchine, orzo o
farro con verdure e crema di zucca e zenzero, tortino di
miglio e zucca, cous cous, fusilli di kamut alla carbonara
vegan, ecc.), variati in base alle verdure di stagione reperite; quindi un paio di piatti di legumi (molto gettonati
il burger di lenticchie rosse e le polpettine di legumi in
casseruola), contorni e, infine, i dolci, per la preparazione
dei quali sostituiamo lo zucchero con il malto. Il nostro
cavallo di battaglia sono i ‘biscotti del buonumore’, con
fiocchi d’avena, mandorle e cioccolato”.
Frutta e verdura sono acquistate al banco del biologico al
mercato ortofrutticolo cittadino o al Podere Stuard, un’azienda agraria sperimentale del parmense; per il resto,
invece, presso diversi distributori sono scelte le più affidabili marche bio certificate.
Il grossista mette in guardia: bio sì, ma di qualità
E, di fatto, anche loro, i distributori e grossisti più attenti
alle esigenze espresse dal mercato, non possono che organizzarsi per inserire nella propria offerta linee biologiche.
“Al momento contiamo circa una trentina di articoli bio. –
afferma Peter Foppa, titolare dell’omonima azienda altoatesina che da oltre 50 anni si occupa della fornitura di generi alimentari a esercizi gastronomici e alla ristorazione
– Si tratta in prevalenza di latticini e formaggi acquistati
da piccoli produttori locali. Devo dire, però, che la loro
vendita non è tanto trainata dal fatto che sono biologici,
quanto, in prima battuta, dalla loro qualità”.
ristorazione&catering 16 novembre/dicembre duemila14
E Canuti affronta il segmento con una linea dedicata
A credere nelle possibilità del bio sono sempre più spesso anche i produttori. Canuti Tradizione Italiana, per
esempio, storica azienda riminese produttrice di pasta
fresca surgelata, ha appena fatto il suo ingresso in questo
segmento grazie alla nuova linea ‘Biospeciali’, costituita inizialmente da referenze realizzate con quattro farine
speciali: integrale, di grano saraceno, di farro e di grano
khorasan Kamut.
“Un’azienda come la nostra che produce pasta fresca da
oltre 60 anni, – afferma l’amministratore delegato e direttore commerciale Denis Cecchetti – deve porsi obiettivi
di innovazione in linea con i tempi. Proporre paste biologiche con farine speciali coniuga l’attenzione crescente
nostra e del mercato verso prodotti ad alto valore nutrizionale, gustosi e salutari”.
Le quattro farine speciali, capaci di interpretare contenuti diversi in quanto a fibre, proteine, sali minerali, ecc.,
sono intese dall’azienda quali ‘ambasciatrici’ delle altre
referenze, anche ripiene, che nei prossimi mesi andranno
via via a implementare la gamma. “Coerenti con il nostro ruolo di trend setter, – continua Cecchetti – abbiamo interpretato alcuni segnali che arrivano dal retail e
le domande espresse dai nostri clienti in oltre 30 Paesi,
valutando che i tempi fossero maturi per approcciare questo segmento, al momento non ancora battutissimo da chi
si rivolge alla ristorazione professionale. Ci affacciamo al
biologico, dunque, con la consapevolezza che il mondo
sta cambiando e che sempre più persone, anche al ristorante, apprezzano DOP, presidi Slow Food, prodotti a km
0, ricercando un gusto che significhi anche benessere”.
Ma quali vantaggi potranno trarre i ristoratori dall’utilizzo
di questi prodotti? “Il primo beneficio consiste nell’offrire
alla clientela qualcosa che questa sta cercando. – sostiene Cecchetti – Il secondo è il messaggio lanciato: una
premura e attenzione non solo dal punto di vista sensoriale ma anche del benessere della persona. Del resto
ci sono segnali che una serie di operatori del fuori casa,
indipendentemente dalla tipologia dei loro locali, stanno
cogliendo, convinti che non si tratti di una moda passeggera ma di una profonda esigenza. Noi, semplicemente,
facciamo la nostra parte, fornendo un prodotto fresco, surgelato, certificato secondo gli standard di sicurezza più
alti del settore. In tutto questo, continueremo a contare su
quei grossisti, partner storicamente importanti, che abbiano come noi la capacità di credere a uno scenario che
ormai non è più una visione ma una realtà”.
ristorazione&catering 17 novembre/dicembre duemila14
SALA E CUCINA
Tutto bene?
prima e nei ristoranti poi. E pensare che ciò che resta a lungo
di veramente memorabile nel ricordo di una sosta al ristorante
è proprio il servizio, nel bene e nel male: la bella conversazione
che un maÎtre o un cameriere riescono ad instaurare, il dettagliato racconto del piatto tramite la storia delle materie prime,
dei luoghi e dei produttori, il riconoscimento delle abitudini e
dei gusti del commensale. Tutti elementi per i quali, ne siamo
certi, ognuno di noi sarebbe disposto a spendere di più, partendo dalla convinzione che dietro ad un bravo cameriere deve per
forza esserci un bravo cuoco. Perché? Per l’assunto che di bravi
camerieri ce ne sono sempre meno in giro e i grandi chef patron
li cercano come il buon pane.
Il buon esempio della Capanna di Eraclio
È il caso di Maurizio De Marzo, cameriere della Capanna di
Eraclio, il ristorante di Maria Grazia e Pier Luigi Soncini a
Codigoro (FE), con loro da nove anni: “Sono arrivato qui da Torino e non me ne sono più andato.
L’atmosfera del luogo, la semplicità con cui viene
trattata la materia prima, il calore comunitario che
si respira in questa bella famiglia soddisfano in
tutto la mia professione e non posso far altro che
dare il mio contributo al successo del ristorante”.
Sentirlo raccontare in sala la storia delle moeche o
del lungo tempo che ci vuole per pulire una granseola, uno dei piatti simbolo della famiglia Soncini, rende a quel cibo tutto il suo valore e assolve
al compito di promotore culturale di un luogo e di
un prodotto, auspicato da Davide Rampello sulle
pagine del numero scorso di questa rivista.
Perché sta esattamente qui la moderna chiave di
lettura dei protagonisti di una sala di un ristorante
dove non si va più per abbuffarsi. Al ristorante si
cerca rifugio: si va per stare bene a tutto tondo, per
iniziare un viaggio alla scoperta di un territorio,
per imparare una storia.
di Luigi Franchi
...E a furia di risposte fasulle
o convenzionali a quel “tutto
bene?” il ristoratore si chiederà,
all’improvviso, perché calano
gli avventori
V
i imploriamo: non chiedete più “tutto bene?” al
cliente del ristorante, se quella è l’unica forma
di dialogo. Falsifica l’approccio, demotiva la
possibile conversazione, banalizza il lavoro di
tutta la squadra di un locale. Purtroppo è una prassi diffusa, probabilmente cresciuta di pari passo con l’avvento
della porzionatura dei piatti in cucina, iniziata a metà degli anni ’80 in Francia e dilagata in Italia fino a mortificare
la figura del cameriere di cui si è poi cercato di resuscitare in vari modi – emblematico l’ultimo tentativo, quello di
un concorso per cambiare nome alla professione, vinto da
un giovane studente dell’alberghiero, Paolo Artibani, che
ideò il termine ‘convivier’ – l’appeal alla professione, ma
con scarsissimo successo e senza intraprendere l’unica
strada: affermare l’orgoglio della professione nelle scuole
ristorazione&catering 18 novembre/dicembre duemila14
C’è un’altra domanda?
E tutto questo non può essere riassunto con un
“tutto bene?” ad ogni fine portata e ancora al momento del conto. No, non va tutto bene e, spesso, non ci va neppure di spiegare il perché! Per il
semplice motivo che è talmente arido e distaccato
un rapporto che si trincera dietro a quella domanda che l’unica soluzione è non tornare più.
E a furia di risposte fasulle o convenzionali a quel “tutto
bene?” il ristoratore si chiederà, all’improvviso, perché calano
gli avventori. Basta poco, non costa molto di più, in termini
di assunzione, motivare un cameriere fornendo gli strumenti
giusti del saperci fare.
Ci sono esempi straordinari di sale italiane dove al posto di
quella domanda o al posto dell’uscita dello chef, a volte non
indispensabile quando non sa parlare (quante volte ci è capitato un dialogo ai limiti dell’imbarazzante), si trovano camerieri giovani, italiani e non, dedicare anche un semplice sincero
sorriso a distanza, un segno di attenzione che non ha eguali,
che guardano senza essere visti pronti ad intervenire al minimo bisogno, che si muovono a testa alta tra i tavoli evitando il
disperato e mortificante tentativo di richiamare l’attenzione da
parte del cliente. Non è che questi camerieri costano di più,
sono semplicemente più motivati, anche dalla
passione che ci mette il titolare nel fare bene il
proprio mestiere.
L’Oste e il Sacrestano
A proposito di proprietari, ci sono luoghi che fungono da esempio per una qualità dell’accoglienza in cui il “tutto bene?” è bandito dal decalogo.
Uno di questi è in Sicilia, precisamente a Licata:
l’osteria L’Oste e il Sacrestano, che ha compiuto
pochi giorni fa i dieci anni di vita. A fondarla sono
stati Beppe Bonsignore e sua moglie Chiara: siciliani trapiantati a Firenze che, ad un certo punto,
non hanno resistito al richiamo della propria terra
e hanno mollato un lavoro a tempo indeterminato
per aprire il loro locale D.O.S. a denominazione
di origine siciliana. Lui in cucina, lei in sala, entrambi attenti ad ogni dettaglio.
“In osteria sono quello che si diverte e si arrabbia di più, quello col magone prima di ogni cena.
Sono l’oste, colui che parla col commensale prima e durante la cena, cercando di trasmettergli
la mia filosofia, guidandolo in un viaggio: la mia
visione della Sicilia” confessa Beppe, mentre
Chiara “è una guida e una compagna di tavolo
ideale, colei che riesce a rendere tutto perfetto,
esaudisce e capisce i tuoi desideri prima che tu
li esprima. Con garbo, mai invadente. Una splendida padrona di casa” ci confida un cliente che,
come noi, non sopporta la tristezza di quel terribile “tutto bene?”.
ristorazione&catering 19 novembre/dicembre duemila14
opinioni a confronto
Roberto Brioschi
restaurant manager
Derby Grill, Monza
“
Marco Merighi
maître e sommelier
Il Don Giovanni, Ferrara
Quando accogliamo un cliente
nel nostro ristorante, indossiamo il nostro abito migliore:
il sorriso”. Risponde così Roberto
Brioschi, restaurant manager del
Derby Grill di Monza, all’interno
dell’Hotel de la Ville, quando gli si
chiede quale sia il segreto di tanto
successo. “L’impronta del nostro lavoro è stata data dall’esperienza dei
fratelli Nardi, albergatori alla quarta
generazione che hanno oltretutto studiato all’École Hôtelière di Losanna.
I principi che stanno alla base della
nostra quotidianità sono educazione e gentilezza” continua Brioschi.
“L’attenzione di tutto il personale di
sala è rivolta al cliente dal momento
in cui entra nel locale, rispettando
le sacre regole del buon servizio. Ma
ciò che più ci sta a cuore sono le sue
aspettative, che noi cerchiamo non
solo di soddisfare ma soprattutto di
anticipare”. Chi lavora in sala deve
sì avere una profonda conoscenza
del prodotto, per poter rispondere
a eventuali richieste dell’ospite, ma
deve prima di tutto mettere in campo la propria sensibilità, al fine di
creare quella perfetta empatia che
condurrà il cliente a tornare.
“Ciò non è sempre facile… la professionalità si acquisisce studiando ma soprattutto con l’esperienza.
Ogni volta che un nuovo membro
si aggrega allo staff, organizziamo
corsi di formazione in cui spieghiamo quali sono le principali ‘regole
non scritte’ da applicare” conclude
Roberto Brioschi. “È fondamentale,
però, non dimenticarsi del sorriso.
Con quello non si sbaglia mai”.
S
ono un privilegiato, sono
emiliano-romagnolo ho l’ospitalità nel sangue. Essere
ospitali è un’attitudine, fa
parte di un retaggio culturale.
Possedere quest’attitudine per coloro che lavorano nel comparto dell’ospitalità è quasi sicuramente una
condizione sine qua non, ma non è
l’unica.. L’ospitalità è una gran cosa,
l’ospitalità applicata alla ristorazione è un’altra cosa. Come in tutti gli
aspetti qualitativi della vita servono
cuore e ragione. Essere consapevoli
e riuscire con garbo a comunicarlo
sono alla base di chi, come un bravo
cameriere, è chiamato ad offrire un
servizio di ospitalità, ispirare fiducia
con cortesia e professionalità.
Ho bandito nel mio locale l’interrogativo “tutto bene?”
Se siamo dei veri professionisti dobbiamo essere i primi a sapere che sta
andando tutto bene. L’ambiente, servizi igienici inclusi, è accogliente e
pulito, l’accoglienza è stata rapida e
gradevole, tutto ciò che viene servito
è di buona qualità?
Certo che in quel momento per quel
che ci riguarda va tutto bene!
Tutto bene significa che non siamo
sicuri di tutto ciò, ci mettiamo in
giudizio del cliente, che se in quella
giornata e nella sua vita non va tutto
bene non ne siamo noi i responsabili. Se non lo è, vorrà dire che con
quella persona ci metteremo più ragione che cuore e forse chissà che
non riusciremo ad aprire una piccola breccia nel suo di cuore, in fondo
non siamo chiamati a salvare la vita
di nessuno, ma ad allettarla si!
Sandra Longinotti
giornalista pubblicista
e food stylist
Q
uando da bambina i miei
genitori mi portavano al
ristorante “lo spettacolo”
era in sala.
L’accoglienza, il racconto
del menu, il taglio degli arrosti e
dei bolliti al carrello, le cotture alla
lampada facevano parte della piacevolezza del pranzo, e la scelta del
ristorante teneva conto più o meno
consapevolmente del desiderio di
ripetere quell’esperienza, certamente per tornare ad assaporare quella
cucina, ma anche a farsi un po’ ammaliare da quel maestro di sala che
sapeva metterti a tuo agio. È in parte
quello che a fine settembre mi sono
ritrovata a valutare come giurata alla
finale di “Protagonisti della Sala”,
una bellissima sfida fra maestri di
sala organizzata da Marchesi Antinori (www.antinori.it) e JRE (Jeunes
Restaurateurs d’Europe jre.it) per
premiare proprio quel savoir-faire
che veicola e valorizza l’impegno di
chi lavora in cucina. Di personale di
sala preparato adesso c’è grandissima necessità, per formarlo stanno
nascendo nuove scuole, mentre alcuni professionisti della ristorazione,
preoccupati di non riuscire a trovare
persone motivate, hanno deciso di
andare oltre la selezione: mi è piaciuta molto l’iniziativa di Giovanni
Fiorin, Managing Director di Food.
Different e noto startupper del settore, che a settembre ha organizzato
un Open Campus gratuito di 4 giorni
per una quarantina di giovani con lo
scopo di assumere 6 camerieri, dopo
aver fatto capire cosa c’è realmente
dietro l’operatività di un ristorante.
ristorazione&catering 20 novembre/dicembre duemila14
MAESTRI
una contagiosa
umanità
Aimo e Nadia
Moroni
La dialettica è sempre
stato uno dei fattori più
importanti della nostra
storia
di Luigi Franchi
O
gni giornalista ha la sua enciclopedia di riferimento e per noi, che scriviamo di enogastronomia, la più importante rimane la Grande
enciclopedia di gastronomia di Marco Guarnaschelli Gotti, oppure il piacere di trascorrere alcune ore
con Aimo Moroni, sua moglie Nadia e sua figlia Stefania,
nel loro “negozio”, come lo chiama il fondatore de Il luogo
di Aimo e Nadia, in quella Via Montecuccoli 6 di Milano
dove, da più di cinquant’anni si celebra l’amore in tutte le
sue espressioni: per la cucina, per l’arte, per il buon gusto
e tra loro due, Aimo e Nadia, ormai indissolubilmente legati anche nella comune pronuncia.
Da cosa deriva questo piacere?
Dall’enorme conoscenza che la famiglia Moroni mette a
disposizione, in fatto di cucina e di insegnamento, e dalla
contagiosa umanità che tutti e tre riescono a trasmettere.
Risiede in questo il segreto che ha contribuito a formare
la grande famiglia dei Moroni boy’s: a cominciare dagli
eredi di un patrimonio culturale e gastronomico che riescono ad accrescere con intelligenza e passione. Stiamo
parlando dei due chef che continuano la cucina di Aimo
e Nadia: Alessandro Negrini e Fabio Pisani, insieme al
maÎtre Nicola Dell’Agnolo.
A loro si aggiungono – solo per citare i più famosi - l’ar-
ristorazione&catering 22 novembre/dicembre duemila14
cinoto pasticcere Gianluca Fusto; il pastry-chef Galileo Reposo,
oggi al ristorante Vun del Park Hyatt Hotel; Gian Domenico Melandri, che lo ha visto executive chef all’Armani Hotel di Milano; Andrea Galli, chef che ha portato al successo il ristorante
Emilia e Carlo a Milano; Giuliano Baldessari, braccio destro di
Alajmo, oggi chef patron dell’Aqua Crua di Barbarano; Federico
Graziani, miglior sommelier d’Italia nel 1998, anni in cui era
regista di sala da Aimo e Nadia, che oggi produce un suo vino
a Castiglione di Sicilia; Fabio Scarpitti, che oggi gestisce la sua
enoteca Spazio Scarpitti a Milano; Francesco Brussolo, il primo
sommelier nel locale, in anni in cui questa figura in Italia era
merce rara.
E poi lei, Stefania Moroni, alla guida de Il Luogo di Aimo e Nadia, riportato alle due meritatissime stelle, che ha saputo affrontare e vincere con una grandissima dose di coraggio quell’insidioso confine che passa tra il costante confronto e il nuovo,
mantenendo intatto il valore di uno dei più straordinari patrimoni di cultura gastronomica che l’Italia possiede.
Di Aimo e Nadia si sono scritti fiumi di parole riguardanti la loro storia che non serve ripetere qui
per l’ennesima volta, i loro curriculum e riconoscimenti sono talmente vasti che non basterebbero
le pagine a loro dedicate in questo spazio. Li sintetizziamo in alcuni brandelli di una lunga e bella
lettera che scrisse a loro un importante imprenditore italiano e cliente abituale del ristorante:
“Aimo Moroni è completamente privo della fibra
della cattiveria… Non amare quest’uomo equivale
a dimettersi dalla razza umana… Aimo, come tutti
i poeti, è destinato a dare”.
La conversazione che segue non è altro che una
semplice conferma di questo.
Parlando con Aimo, Nadia e Stefania Moroni
Come è cambiata la ristorazione a Milano?
Aimo: “Gastronomicamente moltissimo. Dal mio
arrivo, nel 1946, Milano viveva una condizione
di semplice tradizione, dal risotto alla busecca,
i cosiddetti piatti poveri, ma qui voglio fare una
precisazione: non esiste una cucina ricca o povera, esiste la buona cucina. Con gli anni ho vissuto
la ristorazione in tutti i suoi aspetti: dal lavare i
piatti, nel 1946, per sopravvivere fino a trascorrere, per il resto della mia vita, sette giorni su sette
in cucina. Per diverso tempo la ristorazione a Milano è stata
oggetto di molta troppa ripetitività, pur con un’elevata qualità
della materia prima che rispettava la stagionalità, cosa che è
venuta a mancare. L’arrivo di prodotti da diverse parti del mondo, negli anni Ottanta, ha causato sì una diversificazione però
con interpretazioni spesso sbagliate: basti pensare al significato
che in Italia è stato attribuito alla nouvelle cuisine, ben diverso
dal pensiero del suo fondatore, Paul Bocuse, che la considerava
la più autentica espressione della cucina del mercato. Quella a
cui Nadia e io ci siamo attenuti per tutta la nostra vita. È stato
il mercato a decidere per noi e, ogni giorno, in base a ciò che
trovavo, cambiavo il menu, con buona disperazione di Nadia e
Stefania. E mi piace affermare con forza che non ho mai scimmiottato una ricetta di altri perché poteva avere successo ”.
Stefania: “Non è tanto copiare, ma mettersi in gioco fino in fondo
e trovare dentro di sé la propria fonte d’ispirazione”.
Che ruolo ha un mercato? C’è un metodo per fare
la spesa?
Aimo: “Cercare, guardare, toccare, annusare.
L’ho fatto per tutti questi anni, alzandomi ogni
mattina all’alba. Dal macellaio ho cominciato a
capire le razze, i tagli, gli utilizzi: ad esempio mi
raccontava che le carni piemontesi giovani sono
il massimo per il crudo o le brevi cotture, mentre quelle più vecchie, che costano magari meno,
sono preferibili per le lunghe cotture. Andare a
fare la spesa al mattino è come guardare un puzzle di colori, sentire i profumi, riconoscerli giorno
dopo giorno. Significa avere a disposizione l’Italia nella sua biodiversità, nei suoi territori e nelle
sue persone migliori”.
Cos’è per voi il rispetto per il cibo?
Aimo: “Il ricordo emozionale di quello che vedo,
che preparo, che mangio. Di fronte alla qualità io
non riesco a trattenermi e, per tutti questi anni,
il mio fine non era il cassetto ma il cliente soddisfatto. Per fare grande cucina ci vuole conoscenza
e voglia di metterci l’anima e il tempo necessario.
Non si può affermare un grande cuoco se il suo
lavoro non parte da una grande materia prima,
che va rispettata facendo in modo che tutti gli altri ingredienti contribuiscano ad esaltare quello
principale attorno a cui ruota il piatto”.
Nadia: “Una volta mi è stata fatta una domanda:
se suo marito non avesse fatto il cuoco cosa poteva fare. Null’altro risposi: per lui fare il cuoco è
una missione, è metterci l’anima, è la sua modalità di dialogo”.
Stefania: “Il cibo per Aimo è stato un mezzo per
ristorazione&catering 23 novembre/dicembre duemila14
i ragazzi che sono passati di qua, oltre a quello che era
l’insegnamento e il lavoro, c’era qualcosa di personale e
familiare. L’insegnamento di Nadia era obbligare ad assaggiare per raggiungere il risultato che lei voleva”.
Stefania: “Secondo me, tutte le persone hanno trovato qui
un luogo dove si sta bene. È un clima creato qui dentro:
Nadia è un’insegnante magnifica, verso cui o soccombi o
impari tantissimo. Aimo è uno che invece racconta moltissimo, trasferisce conoscenza. Ma entrambi hanno soprattutto sempre affermato il valore della persona, esortando
tutti a misurarsi con sé stessi, prima che con le tecniche”.
Come avete affrontato il passaggio generazionale tra di
mi diceva del suo sogno di avere un locale tutto suo, con
bella gente competente di cibo. A lui piaceva questo perché, quando il cliente era a tavola, a lui piaceva parlare,
conoscere, intrecciare un dialogo che portava a diventare
amici”.
Cosa ritenete di aver insegnato?
Aimo: “La cucina vuol dire amore, passione, impegno, conoscenza. Fare buona cucina vuol dire avere tutte queste
prerogative per costruirsi una buona reputazione. A tutti
voi, sapendo che questo è forse il problema di più difficile
soluzione dell’impresa italiana?
Aimo e Nadia: “Per noi è stata la gioia più grande sapere
che questo luogo continuava con nostra figlia ed è solo lei
che può rispondere nel modo giusto”.
Stefania: “Io lavoro con loro dal 1986, mi sono misurata
sia in cucina sia in sala. Non volevo fare questo mestiere
e, all’inizio, mi sono detta che ci dovevo comunque provare perché il loro modo di fare questo mestiere era innova-
ristorazione&catering 24 novembre/dicembre duemila14
tivo. Facendolo ho preso atto di cosa mi interessava: stare con le
persone. Ma anche capire che la cucina, fatta in un certo modo,
ha un altissimo valore culturale. Da qui l’idea di unirla con l’arte, anche se questo, negli anni scorsi, ha significato subire forti
critiche. Ma come, scrivevano, cosa c’entrano le performance
artistiche con la cucina di Aimo e Nadia?! In tutto questo i miei
genitori hanno creduto in questo progetto che portava una nuova
stratificazione culturale. Non esisteva la formula ideale per un
passaggio: io me lo sono inventato mettendomi a cercare i collaboratori, gli stessi che, in gran parte sono ancora con noi. In
Fabio e Alessandro ho trovato le persone giuste con cui portare
avanti, insieme a Nicola, il nostro progetto. Il motivo? La dialettica che è sempre stata uno dei fattori più importanti di questa
storia”.
Cosa serve oggi ad un giovane che vuole vincere la sfida nella
ristorazione?
Aimo: “Durante una lezione che ho tenuto al Master della Cucina Italiana di Alajmo ho chiesto ai ragazzi: quando avete scelto
questo indirizzo è perché vi piaceva o per la una scorciatoia dal
mondo della scuola? Siete consapevoli e disposti a rinunciare
alla discoteca, al divertimento nel weekend, per stare in sala e
in cucina? Sappiate che questo mestiere va amato in modo totale
e se ci riuscirete ad amarlo, un giorno mi ringrazierete perché vi
darà grandi soddisfazioni”.
Nessuno meglio di Aimo, di Nadia e di Stefania è testimone di
questa verità, dimostrata con l’etica quotidiana del fare e della
condivisione
ristorazione&catering 25 novembre/dicembre duemila14
AD Padovani L.
il linguaggio. Poco tempo fa mio padre mi disse: ora che
sono a casa a volte non so cosa pensare. Non cosa fare
ovviamente, la sua vita è molto piena, ma proprio il venir
meno di un’abitudine che lo ha accompagnato per tutti
questi anni: andare alla scoperta di un prodotto e il rispetto massimo per le persone e per i territori. Partire dal
rispetto per il cibo, per la provenienza è stato ed è per lui
il modo per mettersi in dialogo”.
Cosa voleva dire rischiare di essere imprenditori in quegli
anni?
Nadia: “investire tutto, ogni giorno, ogni volta. Dando tutto con la speranza di poter raggiungere un risultato. Aimo
CIBO GIUSTO
Cioccolato
che passione
Lo si consuma in tutti i modi e anche la ristorazione ne è attratta
di Luca Bonacini
Un mare di buon cioccolato sembra aver invaso il nostro
Paese, a pochi giorni dalla conclusione della 21° edizione di Eurochocolate, il prezioso ingrediente dimostra, se
ce ne fosse bisogno, di godere di buona salute e di poter
conquistare tutti i potenziali mercati. Il grande appuntamento di Eurochocolate, che porta ogni anno una media
di 800.000 visitatori, è tra i più importanti dell’universo
cioccolato in Italia, e si chiude con un positivo incremento nel trend dei visitatori e delle vendite, totalizzando
5.000 referenze presentate da 80 aziende provenienti da
15 Paesi diversi, 56 eventi dipanati nei dieci giorni della
kermes, 466.000 utenti raggiunti dai post e 5.000 tweet.
Il consumo di cioccolato in Italia
Se il consumo annuo di cioccolato pro capite di Germania
e Nord Europa si attesta sui 10 kg prevalentemente al
latte, l’Italia è ben lontana con i suoi 3,4 kg, in massima parte fondente, suddivisi fra autoconsumo e comparto
professionale, ma si registra comunque una sempre crescente esigenza di qualità da parte del consumatore, pur
ristorazione&catering 26 novembre/dicembre duemila14
registrando una sostanziale flessione nei consumi.
Come evolve il settore? Lo abbiamo chiesto a Fabio Pian, responsabile commerciale di Icam, azienda primaria del comparto: “Malgrado il mercato stia vivendo un momento di stasi,
registriamo un positivo fermento, e un’attenzione particolare
al biologico e ai prodotti naturali, verso i quali ci siamo rivolti
già da alcuni anni, capitalizzando i risultati di una efficace programmazione. Non basta avere un eccezionale prodotto, occorre
valorizzarlo e saperlo spiegare al cliente, un’approfondita conoscenza del prodotto da parte dei nostri commerciali diventa un
valore, saper consigliare quale cioccolato abbinare a un piatto
di pesce, di carni bianche, o di limone e capperi,
caratterizza una proposta commerciale completa,
occorre puntare sulla formazione della forza vendita che deve sempre di più essere formata da tecnici in grado di consigliare al meglio gli operatori.
Per noi è una costante, l’addestramento e la formazione della forza vendita sono al primo posto.”
Aldo Scaglia della cioccolateria Falicetto di Piacenza, originario del Piemonte ma emiliano per
amore, ha fatto della sua bottega un luogo di culto
per il cioccolato, da lui si trovano praline artigianali di eccezionale bontà, alcune di esse brevettate, come il “Piacerino”, un cioccolatino che riporta ai tradizionali croccantini piacentini del 1300.
A lui abbiamo chiesto, come reagisce il mercato
alle novità?
“Il costante confronto a cui si sottopone chi vuole
continuare nella ricerca, porta noi artigiani a continui momenti di incontro, ben vengano dunque
manifestazioni come Eurochocolate e ancor meglio Ciocc in bo, occasioni attraverso le quali intessere relazioni fra colleghi e scambiarci opinioni
condividendo i saperi, poi quando si torna a casa
si sperimenta e nel silenzio del laboratorio, magari
a negozio chiuso, nascono idee e nuovi progetti. Il
fondente è sempre il cioccolato più richiesto e le
novità che si propongono, anche molto particolari
incuriosiscono e vengono acquistate, ma resistono
i classici che vanno per la maggiore, come il gianduiotto, la nocciola, la mandorla, che rimangono
sempre i più gettonati”.
Anche al ristorante si predilige il cioccolato
Anche l’universo della ristorazione ha da tempo
scoperto il cioccolato, facendone un tassello focale
dell’offerta, pur senza esagerare.
Il siciliano Rino Duca, prima di essere chef ha
coltivato per anni la passione per la cucina, mettendola a disposizione degli altri con progetti nel
sociale, ora dopo un percorso professionale di conoscenza attraverso semplici trattorie e ristoranti tristellati, e aver appreso
le tecniche tradizionali e quelle innovative, è arrivato ad aprire
il suo ristorante l’Osteria Grano di Pepe a Ravarino (MO), un
vero laboratorio del gusto, dove propone una cucina siciliana
reinterpretata.
Che importanza riveste nel suo ristorante il cioccolato?
“Nei ristoranti ad alto tasso di creatività ultimamente prevale
l’utilizzo delle erbe e degli ortaggi, nelle carte dei dessert difficilmente si vedono più di un paio di piatti con il cioccolato,
che però non può mai mancare, ad esempio nel
mio locale propongo il cannolo siciliano con una
piccola parte di cioccolato, utilizziamo di più il
fondente ma deve essere di qualità, io preferisco
Valrhona e Domori”.
Anche le boutique del cioccolato sono un’interessante realtà in crescita, come ci conferma Gabriele Mezzaqui del laboratorio artigianale i Sapori
del Borgo Antico, e titolare del temporary Emozioni di cioccolato a Pavullo (MO): “la tendenza
va verso il cioccolato in abbinamento a prodotti
salutari come le bacche di goji o stevia, ma attraggono sempre le varie percentuali di fondente,
con un aumento del consumo di cioccolato con
percentuali di cacao importanti ossia 75%, 80%
o addirittura massa di cacao. La prossima sfida è
la ristorazione, occorre puntare sulla formazione
del personale e sull’uso del cioccolato nella realizzazione di dolci importanti, stiamo istituendo
a questo proposito un’accademia del cioccolato
rivolta agli operatori del settore ristorazione”.
ristorazione&catering 27 novembre/dicembre duemila14
all’inizio del pasto invece che alla fine, per esempio, realizzato con meno percentuale di zucchero. Si nota una tendenza diffusa a produrre panettone ‘biologico’: nel senso
che la maggior parte degli ingredienti lo sono, anche se è
impossibile attribuire un certificato bio al prodotto finito
perché contiene ingredienti che biologici non possono essere, come lo zucchero. È possibile sostituirlo col miele
ma anche riuscendo a non farlo collassare in lavorazione il gusto ne rimane penalizzato. Un’alternativa resta il
panettone farcito con creme, ricetta appannaggio quasi
esclusivo dell’industria per motivi di conservazione: una
crema artigianale morbida deve contenere molte parti di
acqua libera e difficilmente può avere una shelf life di 60
giorni. Ritengo che sia una tendenza destinata a esaurirsi nel giro di un paio d’anni”.
peccati di gola
Tradizionale o moderno,
sempre panettone
di Marina Caccialanza
P
oco importa che la ricetta del “pan del Toni” sia
nata per caso, dall’intraprendenza di un garzone
di cucina (Toni) alla corte di Ludovico il Moro
la notte di Natale. Da quel momento è diventato il dolce delle feste natalizie in continua rivalità con
l’altrettanto famoso pandoro, tanto da dare origine a vere
e proprie fazioni. Il panettone resta uno dei dolci più
apprezzati e conosciuti come ci conferma Paolo Isolati,
direttore marketing Gruppo Bauli: “Il mercato del pandoro e del panettone in Italia ha forti radici legate alla
tradizione e i valori delle festività si traducono in prodotti
unici attraverso i quali il consumatore ricerca qualità e
gratificazione in un momento carico di magia. Il prodotto
di marca racchiude tutti questi valori e in questo senso
non crediamo alla destagionalizzazione del prodotto. La
continua ricerca dell’eccellenza di un leader del merca-
to come Bauli dà le garanzie al consumatore di trovare
un prodotto di marca che è il risultato di una filiera di
produzione attenta e scrupolosa che comprende la cura
del lievito madre, ingredienti di qualità e tecnologia all’avanguardia”. A livello artigianale il panettone sta perdendo quell’identità festiva e invernale che l’ha da sempre
caratterizzato per raggiungere le tavole degli italiani in
diversi momenti dell’anno; la sua ricetta si è arricchita di
varianti e nuovi ingredienti.
Tradizione e qualità innanzi tutto
“Il panettone tradizionale sarà sempre padrone incontrastato delle feste – spiega da Roma Attilio Servi dell’omonima pasticceria – per chi ama la tradizione. Per quelli
che sono pronti a provare gusti nuovi può essere proposto
in maniera alternativa: in abbinamento a un piatto salato
ristorazione&catering 28 novembre/dicembre duemila14
*
scopri di più.....
Le ricette del panettone sul nostro sito
www.ristorazionecatering.it
Il nuovo panettone guarda alla salute
Crede in una pasticceria naturale e sana Claudio Gatti
della Pasticceria Tabiano: “Oggi si tende a produrre una
linea di panettoni con meno grassi e meno zuccheri: una
ricetta alleggerita. È impensabile continuare a produrre dolci che contengano 700/800 g di burro per chilo
di farina. Anche gli zuccheri devono essere diminuiti e
soprattutto bisogna scegliere zuccheri integrali o di canna. Occorre lavorare molto sulla selezione delle farine
per arrivare a un prodotto finito il più possibile naturale
perché il cliente oggi cerca prodotti semplici e digeribili.
Naturalmente, si possono arricchire le ricette tradizionali con ottimi canditi o ingredienti freschi come la zucca o
la crema di mandarino, ma non si deve mai trascurare la
scelta accurata di ingredienti di alta qualità”.
Innovazione e creatività al femminile
Per Anna Sartori, pasticcera in quel di Erba (CO) esistono due tipi di consumo differenti: quello legato al Natale
quando quasi tutti prediligono il panettone tradizionale e
quello del resto dell’anno. “Stiamo studiando nuovi abbi-
namenti di gusto, per adattare il panettone alle diverse
occasioni, come il panettone estivo con le pere sciroppate che, a differenza dei canditi, calorici e asciutti, offrono
una buona idratazione al dolce rendendolo più leggero e
adatto al clima caldo. Cerchiamo di seguire il principio
che il nostro fisico cerca quello di cui ha bisogno: un
prodotto calorico d’inverno, fresco in primavera (come
il gelato) e leggero d’estate. Con questa filosofia in mente possiamo spaziare con le idee e creare nuove ricette
che possano essere identificate con differenti occasioni
di consumo. Quest’anno proporrò una pasta lievitata con
anice stellato, cacao e mela: un nuovo panettone per Natale”. Si rivelano, dunque, particolarmente creative le
donne in pasticceria. Come Anna Chiavazzo che a Casapulle (CE) ha pensato di produrre un panettone nel
quale ha sostituito il burro con panna di latte di bufala.
“È stata una sfida attraverso la quale ho voluto legare
un dolce conosciuto a livello nazionale con un prodotto
tipico della mia terra, il latte di bufala, del quale normalmente non si utilizza la panna. Un casaro l’ha realizzata
apposta per il mio laboratorio, con una massa grassa del
40% per essere in linea col disciplinare del panettone.
Si ottiene un prodotto finito con una consistenza molto
particolare, pastosa, setosa, diversa dal classico panettone ma proprio per questo invitante. La panna di bufala
funge anche da esaltatore degli aromi e dei sapori e migliora la percezione degli altri ingredienti, che possono
variare a piacere: cubetti di arancia, mele e cannella,
misto di spezie o pomodorini canditi”.
ristorazione&catering 29 novembre/dicembre duemila14
PIZZERIA
FARINE SPECIALI
Molino Spadoni presenta un’ampia gamma
di farine di grano tenero speciali per pizza,
che si contraddistinguono per l’allegro
Pulcinella sulla confezione. Una linea di farine
in grado di offrire ogni possibilità all’estro
artigiano dei maestri pizzaioli per realizzare
pizze classiche o al taglio, soffici oppure
croccanti che si contraddistinguono per
equlibrio, lavorabilità ed estendibilità della
pasta e facilità d’impiego.
ETICHETTATURA
Nuove norme comunitarie
dei prodotti alimentari
Il 13 dicembre diventa operativo il
regolamento comunitario
di Antonio Longo
i anche
Disponibilni da 5 Kg:
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Comodevenienti!
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A proposito di...
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ormativa europea sull’etichettatura dei prodotti alimentari: importanti novità in arrivo.
Dal prossimo 13 dicembre entreranno, infatti,
in vigore numerose prescrizioni contenute nel
Regolamento n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del
Consiglio, relativo alle informazioni sugli alimenti da fornire ai consumatori.
Provvedimento che, modificando o abrogando precedenti
regolamenti e direttive comunitarie, operando, in particolare, una fusione della direttiva 2000/13/CE relativa
all’etichettatura dei prodotti alimentari e della direttiva 90/496/CEE relativa all’etichettatura nutrizionale, si
pone il principale obiettivo di rendere obbligatorie, ed
immediatamente applicabili in tutti gli Stati membri, le
norme sull’etichettatura dei prodotti alimentari affinché il
consumatore possa ricevere informazioni essenziali, leggibili e comprensibili al fine di effettuare acquisti maggiormente consapevoli.
Il Regolamento, applicabile agli operatori di tutta la filiera alimentare, compresi gli alimenti forniti dalle collettività e quelli destinati alla fornitura delle collettività,
rafforza, in particolare, la protezione contro gli allergeni.
Principi generali.
Le norme sanciscono che l’etichettatura, la presentazione
e la pubblicità dei prodotti non devono indurre il consumatore in errore sulle caratteristiche, sulle proprietà o
sugli effetti; si vieta, inoltre, di attribuire ad un prodotto
alimentare la proprietà di prevenire, trattare o guarire una
malattia umana, fatta eccezione per le acque naturali minerali e gli alimenti destinati ad un particolare utilizzo
nutrizionale, per i quali esistono disposizioni specifiche.
A chi sono rivolte le norme?
L’operatore responsabile delle informazioni sugli alimenti è colui con il cui nome o con la cui ragione sociale è
commercializzato il prodotto o, se tale operatore non è stabilito nell’UE, l’importatore. Quando si tratta di alimenti
preimballati, le informazioni obbligatorie devono comparire sul preimballaggio o su un’etichetta ad esso apposta
ristorazione&catering 31 novembre/dicembre duemila14
STANCO DEI SOLITI CUBETTI?
DA OGGI LA TUA FANTASIA NON HA PIÙ LIMITI
Modalità
di preparazione:
mentre nelle ipotesi di alimenti non preimballati le informazioni devono essere
trasmesse all’operatore che riceve tali prodotti affinché sia quest’ultimo che
possa fornirle al consumatore finale.
Gli alimenti immessi sul mercato o etichettati prima del prossimo 13 dicembre,
anche se in difformità rispetto ai criteri e ai requisiti stabiliti dal nuovo Regolamento, potranno comunque essere commercializzati sino all’esaurimento
delle scorte disponibili.
Indicazioni obbligatorie.
Le indicazioni obbligatorie devono essere facilmente comprensibili e visibili,
chiaramente leggibili ed eventualmente indelebili.
Esse riguardano la denominazione, l’elenco degli ingredienti, le sostanze che
provocano allergie o intolleranze, la quantità di taluni ingredienti o categorie
di ingredienti; e ancora, la quantità netta dell’alimento, il termine minimo di
conservazione o la data di scadenza, le condizioni particolari di conservazione
e/o le condizioni d’impiego, il nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore o dell’importatore; inoltre, il paese d’origine o il luogo di provenienza, le
istruzioni per l’uso, per i casi in cui la loro omissione renderebbe difficile un
uso adeguato dell’alimento; infine, per le bevande che contengono più di 1,2 %
di alcol in volume, il titolo alcolometrico volumico effettivo; una dichiarazione
nutrizionale, quest’ultima obbligatoria a partire dal 13 dicembre 2016.
Le indicazioni obbligatorie riguardanti la denominazione, la quantità netta e
il titolo alcolometrico volumico effettivo devono apparire nello stesso campo
visivo. Tali informazioni vanno inserite utilizzando una lingua facilmente comprensibile da parte dei consumatori ed eventualmente in più lingue.
Informazioni facoltative.
Anche le informazioni fornite su base volontaria non devono indurre in errore
il consumatore, né essere ambigue o confuse; devono, in ogni caso, basarsi su
dati scientifici pertinenti. Inoltre, le informazioni volontarie non possono occupare lo spazio destinato alle informazioni obbligatorie.
LE 4 REGOLE
DA SEGUIRE
PER UN
RISULTATO
ECCEZIONALE!
Grandi Panieri presenta la linea di verdure surgelate “Foglia a Foglia”.
Agrifood Abruzzo-Covalpa è stata la prima azienda italiana a produrre
con questo innovativo metodo, che permette di mantenere intatte
le foglie delle verdure e preservare le qualità del prodotto fresco.
Foglia a Foglia garantisce alta qualità delle materie prime e provenienza
era chiusa e controllata.
100% italiana, certificata da una filiera
La gamma comprende un assortimento
t completo:
l t
SPINACI
BIETE ERBETTE
BIETE A COSTE
CICORIA
CIME DI RAPA/FRIARIELLI
1
FAI RINVENIRE
VERZA
I risultati migliori per conservare tutta la qualità di Foglia a Foglia si ottengono con
la cottura a vapore (6 minuti). Quando prepari piccole quantità puoi utilizzare il microonde
(bastano solo 2 minuti a 750W) oppure la padella, utilizzando 1 cm di acqua da
eliminare a fine cottura (4 minuti per lato).
2
CONDISCI
Perfora leggeremente la porzione in modo che il condimento penetri all’interno;;
spennella con un’emulsione di olio, limone e sale o con un condimento a piacere.
e.
3
GUARNISCI
risci.
Crea un contorno fantasioso guarnendo la porzione con gli ingredienti che preferisci.
4
SERVI
Ecco un suggerimento di come puoi servire un contorno di sicuro successo:
Spinaci Foglia a Foglia e pomodori glassati al forno (15 minuti a 120°C) con
crema di formaggio aromatizzata al timo e salsa al formaggio sul piatto.
ristorazione&catering 32 novembre/dicembre duemila14
AGRIFOOD ABRUZZO S.r.l. Sede: Via San Bernardino, 196 - 25018 Montichiari (BS) - Tel. 030 99 815 30 Fax 030 99 815 20 – email: [email protected] - www.agrifood.it - Stabilimento: Borgo Strada 14 - 67043 Celano (AQ)
DA
MIMMO
Bergamo
meglio prenotare
Via B. Colleoni, 17 - Tel. 035 237480
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Testi di Luigi Franchi
Via Umberto I, 9 - Tel. 0173 520147
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Chissà cosa penserebbe Leo Longanesi nel vedere l’evoluzione del perentorio consiglio che, nel 1956, diede
a Mimmo Amaddeo, pizzaiolo in quel di Milano, di cui
adorava la bravura nel preparare la pizza. “Bergamo è
una buona piazza, vai!”, disse il celebre editore e il pizzaiolo concluse l’accordo. “due milioni e mezzo subito
e 50.000 lire al mese” ricorda Mimmo “per un locale a
Bergamo Alta, dove siamo tuttora”. Quel tuttora è diventato negli anni uno degli indirizzi più sicuri per mangiar
bene a Bergamo; non solo come pizzeria ma come locale
multitasking, per usare un espressione di tendenza. Oggi
nel locale lavorano Roberto e Massimo Amaddeo, due dei
sette figli di Mimmo, che hanno improntato Da Mimmo
ristorante con pizza DOC, questo il nome, a luogo di freschezza, accessibilità per tutti e felicità. “Siamo uno dei
posti più grandi della città, con oltre 200 coperti, dove
mi piace dire che ogni giorno si riparte da zero: sempre
nuovi clienti, sempre piatti ispirati dalla fantasia che solo
la stagionalità sa esprimere. Un luogo dove il prezzo deve
“Il mio amico incisore Gianni Gallo, quando decisi di
aprire il ristorante, mi disse che dovevo assolutamente conoscere Cesare Pillon, un giornalista che avrebbe
compreso la mia scelta”. Comincia così la conversazione
con Cesare Giaccone, patron del ristorante e bottega che
porta il suo nome, nel corso di un memorabile pranzo organizzato da Aldo Nenzi, giornalista gourmet, per festeggiare proprio Cesare Pillon. “Ci siamo conosciuti alla fine
degli anni Settanta – racconta uno stupito, per la sorpresa
della festa, Cesare Pillon – e, da allora, non ho mai perso occasione di venire a trovarlo, perché è veramente un
gran piacere sedersi alla sua tavola”. Alzi la mano, dunque, chi non conosce Cesare Giaccone e cercheremo di
dar loro soddisfazione. Il suo locale si trova ad Albaretto
della Torre, in piena Alta Langa, piccolissimo comune di
265 abitanti che risiedono sul fil di costa tra il Belbo e
il Tanaro, i cui antenati probabilmente erano brandalucioni, ossia soldati dell’esercito personale di Branda de
Lucioni, autoproclamatosi nel 1799 “comandante della
massa Cristiana” contro gli occupanti francesi. Cesare è
andato e tornato da Albaretto più e più volte e ascoltare il
racconto delle sue avventure americane da solo varrebbe
il viaggio. Ma è la sua cucina, la sua arte da autodidatta
(come ama definirsi) che si esplica anche nella carta del
menu pollockiano con cui ci ha accolto, la sua modestia
che conquistano chiunque transiti (venendo praticamente
apposta) dalle parti di Albaretto della Torre. La sua cucina altro non è che sfrenata curiosità per il buono delle
materie prime: tartufo a non finire, celeberrimo capretto,
verdure autentiche con cui ha composto il memorabile
pranzo che, va detto in maniera chiara, qui non è eccezione ma regola quotidiana. Inoltre è produttore di aceto
di vino, in ogni modo e misura, con ogni vitigno e legno:
sopra al ristorante c’è la sua bottaia.
contribuire anche alla felicità delle persone, quindi accessibile a tutti” racconta Roberto. Se a questo unisci le
storie di cui è ricco questo luogo – “sotto il forno della pizza ci abbiamo dormito per un anno, quando siamo arrivati
qui” – e che Mimmo ha trascritto in un paio di quaderni
dati alle stampe per i propri clienti, il risultato è garantito. “Per noi il cibo è sempre stato questo: storia, economia, turismo e cultura” continua Roberto “che però parte
sempre dalla centralità del prodotto, della materia prima
che deve essere di assoluta qualità. Solo così si riesce nel
mestiere di fare cose buone”. Basta scorrere il menu, per
averne conferma: Parmigiana di melanzane della Signora
Lina, Linguine al pesce spada fresco e capperi con gratinata di pane alle acciughe, Polenta con uovo, Stracchino
all’Antica delle Valli Orobiche e tartufo nero orobico, Tagliatelle alla crema di zucca con fresco di capra e polvere
di rosmarino, Baccalà mantecato con polenta, Faraona
disossata con tartufo nero orobico e salsa di uva fragola.
E poi c’è la proposta della Qualità Vicina, giusto per cambiare l’abusato Km zero. E qualità, per la grande famiglia
Amaddeo, è pensare al lungo periodo, come testimonia il
disegno di un bambino di sei anni che, armato dei pastelli
messi sempre a disposizione al tavolo del locale, ha scritto
“Da Mimmo, il ristorante più intelligente che c’è”.
Da Cesare,
bottega
e ristorante
Albaretto della Torre (CN)
ristorazione&catering 34 novembre/dicembre duemila14
sitatori stranieri, però, pare interessato a prolungare la
visita. Dai trend della domanda, oltre a Milano e Lombardia le mete più papabili sarebbero Liguria, Piemonte
ed Emilia-Romagna. Al di là dei numeri, comunque, un
fatto è certo: il turista Expo sarà consapevole, informato
ed evoluto e, soprattutto, sarà in viaggio con la famiglia,
più che per affari. L’avvertimento, dunque, è chiaro: da
parte degli operatori dell’ospitalità è vietato ogni tipo di
improvvisazione.
rist’ho
expoaccoglienza
di Mariangela Molinari
Nuovi format di accoglienza
in vista di Expo 2015
I
nutile dirlo: le aspettative riposte in Expo Milano
2015 sono elevate. Quasi tutti i settori, infatti, si
attendono dalla manifestazione ricadute positive e,
possibilmente, durature. Del resto, con 21-24 milioni di visitatori nazionali e internazionali attesi nei sei
mesi dell’evento (per il 30% circa stranieri), i benefici
economici stimati per il territorio superano i 34 miliardi
di euro. Ognuno avanza le sue previsioni, ma è chiaro
che tra aumento dei consumi, incoming ed eredità lasciata in termini di nuove imprese, l’impatto maggiore
di Expo 2015 si dovrà, in particolare, ai flussi turistici.
Secondo quanto diffuso dalla Camera di Commercio di
Milano alla presentazione di Bit 2015, la Borsa internazionale del Turismo che si terrà nel capoluogo lombardo
il prossimo febbraio, la ricaduta su questo settore in particolare è stimata in 3,9 miliardi di euro. Ma il tempo dei
pronostici sta volgendo al termine, mentre parte il conto
alla rovescia in vista dell’apertura dei battenti, come dimostrano le grandi manovre che hanno preso il via sul
fronte dell’accoglienza. In prima linea troviamo Explora,
il tourism board ufficiale di Expo Milano 2015, attiva
già dallo scorso anno per mettere in contatto nel modo
più efficace domanda e offerta, anche grazie a Wonderful Expo 2015, il brand promo-commerciale che offre ai
tour operator italiani e stranieri concreti strumenti. Tra
ristorazione&catering 36 novembre/dicembre duemila14
questi figurano i ‘Club di Prodotto’, reti di impresa che
selezionano strutture e operatori in base alle loro caratteristiche, raggruppando l’offerta turistica dei diversi territori secondo specifiche tematiche, in un’ottica sia B2B
che B2C. ‘International Hospitality’, per esempio, unisce
servizi e strutture dedicate a chi proviene da Paesi extraeuropei; ‘Città del Gusto’ promuove, invece, le migliori
food destination del Bel Paese, mentre ‘Hotel di Charme’
raccoglie le strutture di lusso e design.
L’identitkit del turista expo
Ma è possibile tracciare un profilo del visitatore di Expo
2015? In quanto alla sua provenienza, le previsioni tracciate da Explora parlano di 3,3-4,4 milioni di visitatori
in arrivo dall’Europa, e di 2,7-3-6 milioni da Australia,
Brasile, Cina, Canada, India, Giappone, Russia, Corea
del Sud, Usa e Uae. L’affluenza più significativa dovrebbe verificarsi nei mesi iniziali della manifestazione
(maggio-giugno) e in quello conclusivo (ottobre), con
un picco dei visitatori italiani a giugno e settembre, un
boom di presenze di quelli europei a giugno-luglio e di
quelli extraeuropei a luglio e agosto. In quanto ai tempi
di permanenza, i turisti dovrebbero trascorrere in Italia
da quattro a sei giorni (uno a Expo, un paio a Milano e
il restante in qualche altra città). Il 40% circa dei vi-
Così il settore si (ri)organizza
Il settore della ricezione intanto si organizza, tra nuove
aperture, ristrutturazioni e un generale dinamismo delle
compagnie alberghiere, che hanno eletto Milano a location in cui sperimentare nuovi format. Qualche esempio?
La francese Seh (Société Européenne d’Hôtellerie, primo
gruppo alberghiero cooperativo multimarchio in Europa)
ha concluso una nuova affiliazione, la prima per il capoluogo lombardo, per il marchio Qualys-Hotel: l’Hotel
Nasco, strategicamente posizionato sulla direttrice della
fiera e a breve distanza dal centro. A 600 metri dall’aeroporto di Linate, invece, lo scorso agosto ha aperto i battenti Espressohotel, il primo social hotel italiano, frutto
di una riqualificazione condotta con particolare attenzione alla sostenibilità. Il risultato: 110 camere di design
dotate di letti king size, tv a 40’’, doccia XXL e connessione wifi ultraveloce. Al check in il cliente riceve un
‘EspressoPad’ e, grazie alla bacheca studiata ad hoc per
l’hotel, può condividere le proprie attività leisure o di lavoro anche con gli altri ospiti. Nei prossimi mesi l’offerta
della struttura si arricchirà di un ristorante e un wellness
center. Da Linate a Malpensa, dove è stato da poco inaugurato il primo albergo europeo firmato Moxy Hotels, il
brand di Marriott International creato in partnership con
Nordic Hospitality e Inter Hospitality Holding (costola
immobiliare di Ikea) e posizionato in concorrenza con
la fascia economy. L’hotel, il primo presente al Terminal
2 dell’hub milanese, è l’apripista di altri cinque che vedranno la luce in Europa nel corso del prossimo anno,
tutti situati nelle vicinanze di aeroporti o stazioni ferroviarie, e frutto di un nuovo concept pensato per i viaggiatori di nuova generazione, sempre connessi a Internet
e social network. Relax e attenzione per l’aspetto social
e digitale paiono, del resto, i due cardini con cui l’offerta
si va ristrutturando in vista dell’appuntamento clou del
2015. Senza dimenticare la proposta enogastronomica.
Le strategie di UNA Hotels & Resorts
Anche UNA Hotels & Resorts si sta preparando all’evento con importanti investimenti nel restyling delle
strutture milanesi. “Negli ultimi due anni abbiamo rinnovato completamente l’UNA Hotels Scandinavia, a due
passi da Fiera Milano City, e i centralissimi UNA Hotels
Mediterraneo e UNA Hotel Century. – spiega il direttore
commerciale Angelo La Riccia – In quest’ultimo, in particolare, abbiamo utilizzato materiali e soluzioni tecnologiche innovative all’insegna della sostenibilità, in linea,
quindi, con il tema conduttore di Expo 2015. In generale, abbiamo riprogettato le camere in un’ottica di ospitalità 100% italiana (qualità dei materiali, design degli
ristorazione&catering 37 novembre/dicembre duemila14
arredi e armonia degli spazi), per rendere piacevole e rilassante
la permanenza, e a tutto questo si è sommata la preparazione e
formazione continua del personale, per garantire un servizio che
supporti l’ospite in ogni aspetto, anche con informazioni utili e
aggiornate sulla logistica, i trasporti e gli eventi che interesseranno in quei mesi la città. Inoltre, abbiamo stretto un’importante partnership con Explora”. Oltre a un pacchetto pensato ad
hoc per Expo 2015, con tariffe vantaggiose nelle strutture milanesi, la compagnia ha messo a punto iniziative per incentivare i
visitatori a spostarsi in altre città. La partnership con Trenitalia,
per esempio, permette di avere sconti sui biglietti de Le Frecce,
mentre quella con Alitalia di accumulare miglia con soggiorni
nelle strutture UNA Hotels.
La promozione ‘Trip in Italy’, poi, garantisce a chi prenota a Milano uno sconto del 15% su un soggiorno in un qualsiasi altro albergo della compagnia, e sono diversi i pacchetti che prevedono
in omaggio biglietti ATM o abbonamenti giornalieri a BikeMi,
per spostarsi in bicicletta in città, o ingressi alle mostre d’arte.
In coerenza con il tema della manifestazione, inoltre, parte importante dell’offerta sarà il food, con un focus particolare sulla
colazione: un breakfast 100% Italian style e accompagnato da
piatti tipici (e affiancato in ogni caso da menu internazionali,
salati e senza glutine). Non per niente il claim della campagna
promozionale recita ‘Feel the Italian Passion’.
Attenzione alle politiche di prezzo
Ma quali saranno, indipendentemente dal format di accoglienza
offerto, i principi ai quali l’ospitalità dovrà attenersi?
LIFE_ristorazione catering_200x145_pag_tracc.pdf
1
15/10/14
Secondo quanto emerso dal recente forum Innovation for Tomorrow, organizzato a Milano da
Carlson Wagonlit Travel, società specializzata nella gestione dei viaggi d’affari, meeting ed
eventi, non c’è ormai differenza tra chi viaggia
per turismo o per business.
L’ospite di un albergo è in primo luogo una persona, ed è partendo da questo concetto che occorre
ripensare l’accoglienza, all’insegna della ‘customer intimacy’: una reale vicinanza ai bisogni
dell’ospite che, stando ai risultati delle analisi
condotte da Res Hospitalty Business Developers,
si traduce in gentilezza del personale, un’adeguata offerta alimentare, attenta alle più diverse
esigenze, validi collegamenti a Internet e, ovviamente, un buon rapporto qualità/prezzo.
E proprio sul tema dei prezzi si può aprire un
nuovo capitolo: alzarli durante i sei mesi della
manifestazione, come qualcuno ha già maldestramente provato a fare, sarebbe un’azione poco
accorta. Non per niente, su questo fronte è scesa
in campo la stessa Explora, con Expo Hotel price transparency: uno strumento basato su diverse
analisi, grazie al quale sarà indicata una forchetta di prezzi praticabili e gli eventuali aumenti
massimi accettabili.
Il tutto segnalato sulla piattaforma di Explora
wonderfulexpo2015.info.
17:32
ristorazione&catering 38 novembre/dicembre duemila14
NOI DI sala
di Giuseppe Palmieri
Associazione Noi di Sala
Tutti per uno
uno per tutti
L
’Italia è un Paese in cui è davvero difficile fare
gruppo e tenere insieme le fila.
Perché non possono coesistere in maniera costruttiva modelli diversi?
Perché ci si deve sentire costantemente in battaglia invece che in sana competizione?
Lo spirito di collaborazione, di unità e l’associativismo,
non fanno parte del nostro DNA: non rientrano nei parametri di un popolo che al contrario è condannato al
Campanile. Ricordo una vacanza in famiglia sul lago
Trasimeno; avevo 6 o 7 anni e mi fulminò un cartello
stradale che indicava le rocche di “beccati questo e beccati quest’altro”. Mio padre incuriosito si informò e mi
spiegò che era la storia di due piccoli borghi medioevali l’uno di fronte all’altro e della convivenza di due
signorotti che regolarmente si lanciavano di tutto da un
possedimento all’altro.
Capite che il nostro approccio alle relazioni sociali e
professionali viene da lontano. Ho compreso il valore
del nostro progetto di comunicare la Sala e la Cantina,
e siamo determinati a infrangere il sistema dell’eterna
rivalità: a favore di un gruppo che deve e può farcela.
Ci vuole evidentemente maniacalità e determinazione.
Dobbiamo continuare a stare insieme in un Paese che si
divide tutti i giorni. Lanci uno spunto e una riflessione
ed è inquietante il piglio di coloro che reagiscono come
se qualcuno volesse attaccarli.
Ma attaccare chi?
Ma attaccare cosa?
Il nostro ambiente sta diventando il palcoscenico in cui
tutti vogliamo quel maledetto quarto d’ora di notorietà?
E la passione e la dedizione per un movimento slow e in
linea con il basso profilo?
Non vogliamo perdere di vista il senso di normalità.
Il successo personale e professionale arriva se riesci a
vivere tutto ciò con i piedi per terra e la testa tra le nuvole. Oggi più che mai è necessario recuperare il clima
giusto e quella spensieratezza di chi fa quello che fa,
perché gli piace e si diverte.
Abbiamo il dovere di sostenere i più giovani che non
devono avere nessuna fretta.
Non c’è bisogno di eroi o di superstar.
Rischiamo di essere travolti dal suono delle sirene, dobbiamo resistere e continuare un percorso fatto di basso
profilo e altissime prestazioni.
Sento la necessità e ho voglia di condividere questo sfogo. Sono giovane ma è da tanto che faccio il mio amato
mestiere: lo trovo straordinario.
Arrivare a casa stanco è la norma per una donna e un
uomo di Sala&Cantina.
Stanco ma felice: talvolta è un vero privilegio.
Siamo gente abituata a dare il massimo sotto pressione.
Ci hanno proiettato tra le pagine di una rivista o negli
scatti di un post.
Beh, io comincio a sentire l’esigenza di ritornare nel mio
ambiente naturale: tra i tavoli dell’Osteria Francescana,
che ci fanno sentire ogni giorno i protagonisti di una storia fantastica.
Io faccio un passo indietro, perché voglio dare il buon
esempio e sono sicuro che è la strada per poter fare un
passo avanti domani.
C’è un progetto che si chiama Futuro e che appartiene
a tutti noi ed è dedicato a dei perfetti sconosciuti: gli
italiani di Sala&Cantina che verranno.
È l’unica cosa che conta.
Tutti per uno uno per tutti.
ristorazione&catering 39 novembre/dicembre duemila14
MATITA ROSSA
di Giuseppe Schipano
direttore scuola alberghiera e
di ristorazione di Serramazzoni
Expo cap. III
“L’attacco dei cloni”
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Frantoio, Nocellara, Ogliarola: ecco i nuovi alleati di valore di chi, ogni giorno, si misura con la creatività in
cucina. Sono gli oli extravergini di oliva in purezza della nuova linea Monocultivar di Olitalia: ottenuti dalla
spremitura di una sola varietà di olive, con garanzia di totale tracciabilità della filiera. 100% italiane, le
Monocultivar di Olitalia sono state scelte in quanto espressione di tre tipicità organolettiche del nostro Paese.
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Dalla predominanza del fruttato, alle note di piccante e amaro, sino a giungere ad un
sostanziale di tali elementi:
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questi i sentori caratteristici dei tre oli. Ecco i dettagli che possono fare di una preparazione, una creazione di sapore.
Consigliato
dall’Associazione
Professionale
Cuochi Italiani
Sotto assedio. Il mondo della ristorazione è sotto assedio.
Si sono già aperte numerose brecce nelle diroccate mura
e le certezze, un tempo solide, vacillano.
Chi sono gli invasori?
Per primi vennero loro, gli accademici.
Professionisti di altri settori (ambito umanistico compreso), resi forti e spavaldi da una superiore consapevolezza
culturale e stilistica.
Veri e propri pionieri di questo attacco annunciato, intravvidero le potenzialità di un sistema ancora antico,
bisognoso di “svecchiamento”, ripiegato su stesso. Intervennero sul lato estetico della ristorazione, cambiando cifra stilistica, sottraendo piuttosto che aggiungendo,
semplificando piuttosto che complicando.
Le possibilità, anche economiche, di questa operazione
divennero note ad altri, e la piccola breccia si trasformò
ben presto in un varco per tutti i curiosi.
Venne così il tempo degli scienziati, orde di chimici, alimentaristi e nutrizionisti si riversarono all’interno della
roccaforte... e fu la fine.
Oppure l’inizio. Historia docet.
La storia insegna che, nel corso dei secoli, molte civiltà
nacquero a scapito di altre; alcune si assestarono in territori vergini ed inesplorati, altre distrussero o sottomisero intere popolazioni prima di costruire la propria.
L’invasione violenta è sempre da condannare, poiché porta alla distruzione di un intero patrimonio culturale, tuttavia vi sono invasioni “intelligenti”, vera e propria rarità,
il cui scopo non è quello di annullare, ma di conoscere.
Il mio piccolo ed epico racconto non è la storia di una
guerra tra vincitori e vinti, ma la cronaca di un incontro
tra mondi diversi che non hanno, apparentemente, nulla
in comune. Si tratta di una storia al passato (recente) nel
cui futuro stiamo noi, ora, transitando.
Se qualcuno, pochi anni fa, mi avesse chiesto se saremmo stati in grado di dare un apporto innovativo ed essenziale ad una Esposizione universale a tema food, avrei
risposto “assolutamente no”.
No, perché eravamo ancorati ad un modo antico di fare
ristorazione.
No, perché la formazione seguiva a ruota questa triste
obsolescenza.
No, perché ogni tipo di contaminazione con altri ambiti
non veniva accolta, se non da pochi, criticati profeti.
No, perché pur avendo la fortuna di possedere vere eccellenze nel capo delle materie prime, non sapevamo valorizzarle e farle diventare veri e propri must della dieta
moderna.
Di anni ne sono trascorsi davvero pochi, ma qualcosa è
cambiato.
Io mi occupo di formazione, ed i primi cambiamenti li ho
notati proprio qui, dove mi trovo.
Siamo riusciti a sconfiggere l’eterno pregiudizio che legava la formazione professionale alla mancanza di aspettative e di ambizione; siamo riusciti far penetrare la vitalità e la freschezza dei nostri allievi nel vecchiume di
certe materie.
E per una volta c’è stata cooperazione. Il settore professionale ha svoltato lungo la nostra direzione, comprendendo l’esigenza di personale preparato e qualificato.
Qualcuno storce ancora il naso quando un nutrizionista
incontra uno chef o quando un alimentarista siede in cattedra, altri addirittura sorridono nello scoprire che un
collega, laureato, ha guadagnato una stella.
Io non rido e, a chi mi fa la stessa domanda, rispondo: sì,
siamo in grado di affrontare Expo.
ristorazione&catering 41 novembre/dicembre duemila14
analisi
Vera frutta in vero
sciroppo di frutta
La frutta sciroppata Naturera
è un alimento dolce a base
di frutta intera (altamente
selezionati e raccolti a media
maturazione, i frutti di bosco,
le amarene e i lamponi,
vengono lasciati in parte
interi e in parte frullati).
Pronti per gli utilizzi e gli
abbinamenti più raffinati
e fantasiosi, sono ideali
per guarnire e farcire
torte, dessert, gelati,
mousse, ma anche
carne e formaggi.
oli
t
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a
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Ba 80 g
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General Fruit S.r.l. - Via Torquato Tasso, 8/10 - 24060 Credaro (BG) - Italia
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di Mauro Lamparelli
direttore di TradeLab
www.tradelab.it
Si sa, in tempi non facili
bisogna reinventarsi!
L
o sanno bene i gestori dei punti di consumo del
mercato fuori casa che, in presenza di un mercato
flat/in leggero calo negli ultimi due anni, hanno
sviluppato una serie di azioni con l’obiettivo di
aumentare il numero di clienti, incrementare lo scontrino medio e ottimizzare i propri costi fissi (gli spazi, il
personale…) Ma quali sono state le azioni intraprese in
tale senso nei vari canali del fuori casa? Iniziando dai bar
diurni, basta pensare all’incremento dell’offerta di giochi
(gratta e vinci, slot machine…) e servizi (ricariche, pagamenti…) con l’obiettivo di sviluppare maggior traffico (e
sperando di fare anche cross selling!); alla maggiore attenzione al food, specie nel momento della pausa pranzo,
per innalzare lo scontrino medio e all’aumento del numero
di posti a sedere, spesso con la creazione di dehors. Nella
stessa logica sono da considerare i vari eventi/aperitivi/serate a tema organizzati nei ristoranti per attirare, specie in
settimana, più clienti e nondimeno la proposta a pranzo di
menù snelli (piatti unici, combinazioni di primo/secondo
+ contorno/dessert) per attrarre il popolo dei lavoratori e
“sfruttare” la capacità produttiva non solo a cena… Questi fenomeni li ritroviamo anche nel mondo dei locali serali, su cui mi concentrerò maggiormente, i quali, complice
la riduzione delle vendite di superalcolici, hanno messo
in atto un processo di trasformazione che ha visto nell’ampliamento dell’offerta di food e ristorazione la maggiore
leva di crescita del fatturato. Un percorso attivato su tre
fronti: l’ampliamento dell’offerta, non più solo nelle grandi
città, dell’aperitivo lungo o apericena, l’introduzione di un
vero e proprio menù per la cena, l’apertura nell’occasione
del pranzo trasformandosi così da locali prettamente serali a locali multifunzionali. Ma vediamo qualche numero
tratto dall’analisi sul mondo degli Evening & Night che
TradeLab ha realizzato l’estate scorsa. Iniziamo con l’aperitivo. A partire dalle 18.30, tutti i giorni ben 8.500 locali
e pub aprono il sipario su questa occasione di consumo
sempre più radicata nelle abitudini del consumatore più
o meno giovane. Naturalmente ci sono ancora tanti locali
che mettono sul banco olive, noccioline e patatine da sgranocchiare bevendo un aperitivo monodose o un bicchiere
di vino per pochi euro. Ormai però quasi il 50% dei locali
prepara un ricco buffet di piatti caldi e appetizer e “trattiene” i clienti per circa due ore sorseggiando cocktails e
spendendo non meno di 5 euro. Ma non basta la quantità,
gli assidui frequentatori dell’aperitivo lungo citano la qualità del cibo offerto nel buffet tra i primi motivi di scelta
del locale. Circa il 70% degli Evening & Night Bar lavora nell’occasione della cena che, grazie a uno scontrino
medio quattro volte superiore alla media degli scontrini
delle occasioni serali, contribuisce per oltre il 40% al fatturato con un picco che nei pub sfiora il 60%. Parlando
invece del pranzo, circa la metà dei locali sono aperti in
questa occasione di consumo e un quarto organizza anche
il brunch domenicale. Sommando poi pranzo + cena, i locali serali attirano in queste due occasioni circa il 20%
della clientela totale entrando così in concorrenza diretta
con il mondo della ristorazione “classica”. Questi trend
legati al food non sono da sottovalutare e anzi diventano opportunità da cogliere, sia per le aziende produttrici,
sia per i grossisti specializzati in questo comparto. Come?
Da un lato intercettando le nuove esigenze di clienti bar
e ristoranti e proponendo loro un’offerta differenziata in
linea con le scelte di sviluppo che stanno attuando nel
tentativo di reinventarsi. Dall’altro considerando i locali
“superhoreca” come un target potenziale su cui puntare
per ampliare il proprio parco clienti.
ristorazione&catering 43 novembre/dicembre duemila14
MANGIARE SICURO
di Valentina Gradone
nustrizionista di Unilever Food Solutions
Il glutammato monosodico
tra miti e realtà
L
a maggior parte delle informazioni sul glutammato monosodico sono negative, molto spesso
addirittura allarmanti: si è letto che è il responsabile della famigerata sindrome da ristorante cinese, che la sua assunzione può scatenare emicrania, che
è implicato nella comparsa di violente allergie, per citare
solo alcuni dei disturbi che sarebbero correlati all’assunzione di questa sostanza.
Ma quanto c’è di vero in queste informazioni?
Poco, pochissimo, praticamente nulla.
Il glutammato monosodico è il sale sodico dell’acido glutammico, un amminoacido naturalmente presente in molti alimenti.
Oltre a essere il componente di moltissime proteine, svolge, nel nostro organismo, molte funzioni fondamentali.
Una tra tutte: dal momento che è il più importante e diffuso neurotrasmettitore del sistema nervoso centrale, l’acido glutammico permette la trasmissione degli impulsi
da una cellula all’altra.
Insomma, è un elemento di cui il nostro corpo non potrebbe fare a meno.
Dal punto di vista alimentare, grazie alla sua capacità di
esaltare la sapidità degli alimenti, il glutammato è largamente impiegato dall’industria per la preparazione di
dadi da brodo, condimenti, sughi, cibi in scatola, spezie
e molti altri prodotti confezionati: viene considerato una
sostanza sicura (l’Unione Europea lo ha classificato come
un additivo alimentare, contraddistinguendolo con la sigla E621) e aggiunto nella preparazione di una grande
quantità di cibi per conferire loro un sapore migliore, più
deciso: infatti, proprio come il cloruro di sodio, comune-
mente conosciuto come sale da cucina, è in grado di incrementare il gusto del piatto. Nulla di pericoloso quindi:
anzi, può permettere di ridurre il consumo di sale!
Una notizia ancora più rassicurante sulla sua innocuità
è che il glutammato è presente naturalmente in alcuni
alimenti: si trova in elevate quantità in particolare nei
pomodori, nel parmigiano, nei piselli, nel pollame.
Anche se alcune persone dichiarano di essere sensibili
al glutammato monosodico, la scienza la pensa diversamente: non vi sono evidenze cliniche che dimostrino un
collegamento diretto tra il glutammato e gli effetti collaterali segnalati. Le prime smentite arrivarono già 40 anni fa
ma non sono riuscite a scalfire la cattiva fama che questa
sostanza si era ingiustamente conquistata.
La sindrome da ristorante cinese è sempre rimasta una
macchia indelebile, nonostante nessuno si chiedesse
come mai, allora, nei paesi asiatici non ci fosse una costante epidemia di mal di testa…
Tuttavia, negli ultimi anni, nonostante la non pericolosità
del glutammato monosodico, per far fronte all’esigenza
dei consumatori sempre più attenti alle etichette e desiderosi di comprare cibi dagli ingredienti sempre più “puliti”, sugli scaffali dei supermercati sono comparsi numerosi prodotti che riportano la dicitura “senza glutammato
monosodico”: lo sostituiscono con aromi o altre sostanze,
garantendo prodotti molto appetibili, e forniscono ai consumatori un messaggio rassicurante.
Detto ciò si può concludere che la scelta spetta al consumatore: sia che acquisti un prodotto con glutammato,
sia che ne acquisti uno che ne è privo, il palato non ci
rimetterà!
ristorazione&catering 45 novembre/dicembre duemila14
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Nigoline di Corte Franca (BS)
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continuità di servizio e
puntualità nelle consegne
di Guido Parri
L
a Franciacorta è una zona collinare situata tra
Brescia e la parte meridionale del Lago di Iseo,
nota a livello internazionale per la sua vocazione vitivinicola da cui nasce l’omonima DOCG
Franciacorta. Un territorio che, grazie al vino, sta acquisendo anche una propria vocazione turistica. In questo
territorio si forma l’esperienza professionale di Riccardo Zuccali, dapprima titolare di pubblici esercizi e, dal
2005, imprenditore nel canale ho.re.ca. con l’insegna RZ
Service, azienda di distribuzione attiva nelle province
di Brescia e Bergamo. “La conoscenza del settore mi ha
favorito nella scelta di intraprendere questo percorso –
racconta Riccardo Zuccali – prima come rappresentante
di salumi, poi come distributore in proprio, insieme a mia
moglie Roberta”. La decisione viene maturata nel 2005,
con l’insediamento in un capannone a Nigoline di Corte
Franca, nel cuore della Franciacorta, ma la specializzazione, contrariamente ad un territorio ad elevata concentrazione vinicola, non è nel beverage bensì nel food e nel
segmento degli accessori per igiene e pulizia del pubblico esercizio: “Di Franciacorta vendo esclusivamente il
marchio La Torre, perché trattasi di amici di famiglia. La
mia esperienza nasce nel settore del fresco e si è ampliata, poco alla volta, a tutto il mondo food” spiega Zuccali.
Oggi l’azienda accoglie, in un magazzino di 2.000 metri
quadrati, circa 1.200 referenze con l’obiettivo di raggiungere in poco tempo un assortimento completo. Lo scorso
anno è stata introdotta la carne e l’intenzione è quella
di lavorare sulle principali referenze con diverse opzioni
di marca e di prezzo. Il magazzino ospita tre celle per
il gelo e tre per il fresco: “Il prodotto surgelato sta assumendo una dimensione rilevante sul fatturato, pari al
30%, grazie all’elevato grado di servizio e di qualità che
il comparto è in grado di offrire. Riduzione degli sprechi, unita alla costante reperibilità, e possibilità infinite
di ricettazione sono i plus che consentono di contenere
i costi in un momento di crisi come quello attuale”. Un
segmento importante, dunque, che contribuisce al conseguimento dell’ottimo risultato di RZ Service, con una
crescita annua del 15%.
Le motivazioni per il successo
In un momento come quello attuale, dove la crisi sta tagliando i consumi, quello di RZ Service può diventare una
ristorazione&catering 48 novembre/dicembre duemila14
case study. “Nessun segreto – confida
Zuccali – semplicemente una scelta:
quella di credere e praticare la qualità nei prodotti e nel servizio. Scelgo direttamente i prodotti che voglio
commercializzare, li proviamo, ne verifichiamo il giudizio con un panel di
clienti e poi li mettiamo in catalogo,
garantendo la costanza nella
fornitura. Cerchiamo inoltre
di superare la pura logica del
prezzo, puntando sulla qualità del prodotto e l’importanza
del foodcost”. Per quanto riguarda il servizio, invece, in
RZ Service operano sei agenti monomandatari che, sette
giorni su sette, visitano gli
oltre 700 clienti nel territorio
bresciano e bergamasco.
Gli ordini, trasmessi tramite computer, vengono evasi
nell’arco delle 24 ore, con
una particolare attenzione anche alle piccole quantità.
“Sono finiti i tempi delle
grandi scorte di magazzino, i
locali sono sempre più funzionali allo spazio per la clientela, con la riduzione dell’area
magazzino. – commenta il
titolare di RZ Service – Il piccolo ordine incide anche sulla modalità di pagamento che
diventa sostenibile, evitando
insolvenze e criticità”. A questo proposito, RZ Service ha
fatto la scelta di selezionare
in maniera rigorosa la propria
clientela: “Pochi anni fa, nel punto
più critico della crisi economica e
in concomitanza con l’introduzione
dell’art. 62, abbiamo deciso di chiudere i rapporti insolventi che, per la
nostra forza vendita, significavano un
enorme spreco di tempo nel recupero
crediti. Ora la nuova clientela, nella prima fase, paga alla consegna o
all’ordine successivo. Questo ci offre
un buon margine di serenità nell’affrontare quotidianamente il lavoro”
spiega Zuccali. Sempre in termini di
servizio un’altra scelta è quella di lavorare a stretto contatto con le aziende
fornitrici: “Spesso un loro promoter
esce in affiancamento al nostro agente, per spiegare i plus della marca o
le nuove referenze. Altrettanto svolgiamo dei meeting in azienda tra la
nostra forza vendita e il commerciale
dei nostri fornitori. La formazione è
un valore strategico a cui crediamo
molto e ne misuriamo tangibilmente i
risultati”. Non ultimo, ogni due anni,
RZ Service organizza una tre giorni di
fiera per i propri clienti che possono
conoscere i prodotti, sperimentarne
l’utilizzo in cucina, capirne il food
cost. Il prossimo appuntamento è in
programma dal 16 al 18 marzo 2015.
L’ingresso in Cateringross
L’azienda lo scorso anno è
entrata a far parte di Cateringross con una motivazione molto precisa, come ci
racconta Riccardo Zuccali:
“Questo è un settore che sta
rapidamente cambiando e
solo attraverso una forte aggregazione potrà continuare
ad essere competitivo. Inoltre
far parte di un grande gruppo
vuol dire avere la possibilità
di confrontarsi sulle problematiche, capirne la soluzione
adottata da altri, scambiarsi
informazioni sulle tendenze di mercato. Tutte buone
pratiche che favoriscono la
crescita aziendale”. Parlando
di innovazione, in azienda è
stato potenziato il sito internet che consente di ordinare
online. “Una scelta necessaria per stare al passo con
i tempi, anche se nel food
resiste ancora l’abitudine al
rapporto diretto, per vedere
le caratteristiche del prodotto. Almeno per le prime volte, fino a che non
si è conquistata la fiducia del cliente”. Una fiducia che in RZ Service
è costituita da serietà, continuità di
servizio, puntualità nelle consegne.
Sette giorni su sette.
ristorazione&catering 49 novembre/dicembre duemila14
Zampone e Cotechino
private label
Salumi che fanno la storia
Le due nuove referenze di Salumi Reali del gruppo Cateringross
di Guido Parri
Il Cotechino e lo Zampone sono prodotti che vivono decisamente all’insegna della stagionalità; il loro consumo, specialmente per lo zampone, si concentra prevalentemente nel periodo natalizio e la conferma ci viene da Davide Reciputi,
buyer di Cateringross, mentre presenta le caratteristiche dei due prodotti rientrati nella gamma di proposte a marchio
privato – Salumi Reali - del gruppo distributivo: “Il periodo di consumo va da novembre a gennaio, in funzione delle
festività natalizie e delle grandi tradizioni di pranzi a base di maiale che perdurano nella campagne emiliane, in concomitanza con Sant’Antonio, patrono degli animali. L’altro aspetto che connota i due insaccati è la forte connotazione
territoriale che ne delimita i consumi”.
Stiamo parlando infatti di due prodotti estremamente regionalizzati, la cui conoscenza gastronomica è confinata in Emilia-Romagna, Lombardia, basso Veneto e il nord di Marche.
Nonostante ciò Cateringross, in un’ottica di assortimento completo per i propri associati e la loro clientela, ha deciso di
ristorazione&catering 51 novembre/dicembre duemila14
reintrodurre, con un nuovo packaging e un nuovo fornitore, i due prodotti simbolo della salumeria padana.
“Li proponiamo nel classico formato: 500 grammi per il
Cotechino e 900 grammi per lo zampone. – illustra Reciputi – Entrambi in una confezione sottovuoto e astucciata,
la cui vendita non è a peso ma in termini numerici. Abbiamo scelto, come partner produttivo, il leader del settore: i Grandi Salumifici Italiani. Questo rappresenta, per
noi, un forte elemento di garanzia in termini di qualità,
certificazione, puntualità nelle consegne”.
La selezione dei due prodotti è orientata verso una gamma
di fascia alta, convinti che questo, unito al marchio privato che sta sempre più penetrando nel canale ho.re.ca.
rappresenti un ulteriore elemento di esclusività.
“Non abbiamo ovviamente definito una ricettazione particolare, sempre più difficile sia per i costi sia per l’individuazione di un gusto condiviso dal mercato, anche perché
la professionalità del marchio leader con cui abbiamo
avviato il rapporto ci fa stare tranquilli sul piano qualitativo” conferma il buyer di Cateringross.
Un po’ di storia di Zampone e Cotechino
Lo Zampone avrebbe fatto la sua apparizione nel 1511
a Mirandola, in provincia di Modena, all’epoca in cui la
città venne assediata dalle milizie di Papa Giulio II. In
quell’occasione i mirandolesi si sarebbero ingegnati per
evitare che i maiali cadessero nelle mani degli invasori,
macellandoli ed insaccandone le carni macinate nella cotenna, dando così origine al Cotechino, e successivamente nelle zampe, decretando la nascita dello Zampone. Fu
poi l’originalità della forma a rendere l’insaccato famoso
nei secoli successivi fino alla contemporaneità. Verso la
fine del ‘700 nell’immaginario gastronomico collettivo lo
Zampone sostituì (insieme all’altrettanto famoso Cotechino) la salsiccia gialla che rese celebre Modena già nel Ri-
nascimento. Nel 1800 consacrò il successo su larga scala
del prodotto, come testimoniano gli scritti del gastronomo
romano Vincenzo Agnoletti e le numerose testimonianze
letterarie. Emile Zola ammoniva ad esempio “se volete
allegria, mangiate modenese, lo zampone dà gioia ad un
animo triste”.
Il Cotechino viene invece considerato il padre di tutti gli
insaccati. Era già famoso all’epoca dei primi Stati Italiani
come una delle più tipiche e prelibate preparazioni gastronomiche emiliane. Nel Ducato di Milano si parlava
del “coteghin” fatto a Modena, che si è poi diffuso in tutte
le regioni dell’Italia centro-settentrionale. Il compositore Gioacchino Rossini scriveva al signor Bellentani, uno
dei pionieri della produzione su larga scala del Cotechino
Modena, “Vorrei quattro Zamponi e quattro Cotechini, il
tutto della più delicata qualità”.
Le caratteristiche organolettiche
Lo Zampone è ottenuto da carni di suino sapientemente
selezionate unite a cotenna, secondo i dettami dell’antica
ricetta. Il macinato può essere delicatamente aromatizzato con pepe, noce moscata, cannella, chiodi di garofano
e vino. L’impasto così ottenuto viene poi insaccato in un
involucro naturale, rappresentato dalla pelle della zampa
anteriore del maiale, legata all’estremità superiore, come
vuole la tradizione.
Il Cotechino è costituito da parti nobili del maiale e cotenna, come prescrive la tradizione. Le carni vengono
macinate e delicatamente insaporite con spezie ed erbe
aromatiche (chiodi di garofano, pepe, noce moscata, cannella e vino) e in seguito insaccato in budelli.
Il prodotto precotto a marchio Salumi Reali è confezionato in buste ermetiche e sottoposto a trattamento termico
ad elevate temperature per un tempo sufficiente a garantirne la stabilità organolettica.
ristorazione&catering 52 novembre/dicembre duemila14
logistica
Il GROSSISTA
moderno
La figura del distributore assume un’importanza
basilare. Come ci mostrano queste esperienze
di Mariangela Molinari
P
uò l’efficienza e l’esperienza di un distributore
spingere in misura significativa le vendite di determinate linee di prodotto? E come può affiancarsi in questo al produttore?
La risposta al primo quesito è senza dubbio sì. Quella
al secondo giunge da diverse esperienze che presentano,
invariabilmente, una sola morale: per essere proficua, la
collaborazione tra produttori e grossisti va intesa come
partnership a tutti gli effetti. Una case history esemplificativa è fornita a tal proposito da Italcatering e dalla linea
‘Il seme di Nalà’, che, come spiega il titolare dell’azienda
nonché presidente di Edizioni Catering Sergio Esposito,
“è un marchio creato da un paio di anni per firmare una
selezione dei migliori prodotti tipici del territorio campano: dolciumi, vini, olio, sottoli e sottaceti, pasta, salumi,
ecc.”. In questo caso, dunque, il distributore si assume
la responsabilità della scelta delle nicchie più valide e
vi appone il suo marchietto (tra l’altro acronimo dei nomi
dei componenti della famiglia Esposito), facendosi garante della loro qualità presso la clientela cui sono destinate:
le gastronomie, i negozi di specialità e i ristoranti con un
menu improntato alle tipicità del territorio.
Così il distributore valorizza le nicchie del territorio
“Il locale può utilizzare i prodotti nelle proprie cucine e
metterli in vendita in appositi corner. – sottolinea Sergio
Esposito – L’avventore, quindi, può acquistare gli ingredienti con cui sono stati preparati i piatti degustati, per
provare a utilizzarli anche a casa. E in tal modo ristoratore e grossista si trovano uniti nella promozione e vendita di produzioni regionali con tutte le carte in regola
per stare sul mercato”. Al momento la linea, in costante
aggiornamento, conta circa 200 referenze. Forte di questa
esperienza, Esposito lancia un chiaro messaggio: “Oggi
per promuovere il sell-out dei prodotti è indispensabile farli testare a chi li utilizzerà. In questo la figura del
grossista si dimostra imprescindibile. Anche per i piccoli
produttori di specialità”.
Quanto la visione di Sergio Esposito sia corretta lo dimostra pure l’esperienza di Alpi, il distributore di Livigno
con un assortimento a 360 gradi ma un occhio di riguardo
per i prodotti del territorio, essendo concessionario unico della Latteria di Livigno e avendo scelto di distribuire
solo i salumi e i formaggi della zona. “Da subito – ricorda
Thommy Cantoni, socio amministratore dell’azienda –
siamo stati scelti come unico interlocutore per i prodotti
del luogo. I piccoli produttori, quindi, non devono più occuparsi della vendita, ma hanno la garanzia di una distribuzione capillare in tutto il nostro territorio, sia nei punti
vendita che nei ristoranti. Inoltre, grazie a un sistema informatizzato che stiamo ultimando, possiamo garantire la
perfetta tracciabilità della filiera”.
Il punto di vista dell’industria
Che i produttori possano contare su un ruolo più strategico dei distributori è confermato da Unilever. “Negli ultimi
ristorazione&catering 54 novembre/dicembre duemila14
due anni abbiamo potenziato la nostra struttura di vendita
per offrire maggiore capillarità e presenza sul territorio,
essere più vicini alle esigenze del mercato e proporre prodotti e soluzioni per i professionisti. – afferma Roberta
Galante, responsabile nazionale grossisti e cash & carry
– Considerata la nostra storia, sappiamo bene qual è l’equilibrio da trovare per avere un cliente soddisfatto e un
operatore vincente”.
La multinazionale ha avviato una serie di iniziative dedicate proprio ai rivenditori. Tra queste, ‘Professione Cuoco’ mette a disposizione di chef e distributori una serie
di seminari tenuti nei Centri di Eccellenza Unilever da
docenti esperti, per approfondire tematiche specifiche e
ampliare le competenze. “Le attività sono ancora in corso
ma siamo già molto soddisfatti dei risultati, – nota Galante – considerata l’affluenza di oltre 3mila operatori e
rivenditori nelle 100 date proposte”. Molte delle stesse
attività organizzate presso i punti vendita, inoltre, sono
in collaborazione con i grossisti, in particolare nella fase
di lancio di nuove referenze. “Cerchiamo di lavorare per
generare più domanda ma anche più cultura culinaria,
– spiega Galante – mettendo al servizio del grossista la
nostra competenza e offrendo le migliori soluzioni per
ampliare il business. Quest’anno, per esempio, è stata
introdotta la linea Knorr Ridotti di Brodo, estremamente
versatili e utilizzabili sia a caldo che a freddo in ogni
momento della preparazione. Proprio per il loro elevato
contenuto innovativo, i distributori giocano un ruolo significativo nel determinarne il successo”.
Come può essere ripensato, allora, il rapporto con il distributore, per agevolare l’affermazione sul mercato di
determinate linee?
“L’ideale è identificare il giusto operatore per fornire i
prodotti adeguati, che permettano di soddisfare i bisogni
del consumatore finale. – sostiene Galante – Le collaborazioni più significative ci hanno permesso di profilare
meglio il target degli operatori e individuare la migliore
proposta che consenta di incrementare sia il sell-in che
il sell-out. Oggi non possiamo più parlare solo di prodotti
o prezzi, ma di un’offerta a 360 gradi in collaborazione
tra azienda e distribuzione: una partnership che dovrà
sempre più essere il viatico per la generazione di domanda, così da cogliere tutte le sfide e le opportunità di
business dei prossimi anni”.
ristorazione&catering 55 novembre/dicembre duemila14
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a vendita con trasporto è quel tipo di vendita in
cui le parti concordano che il bene oggetto del
contratto venga trasportato da un luogo (quello
in cui si trova al momento della conclusione) ad
un altro (quello di destinazione). In particolare, la vendita con spedizione si concretizza nel momento in cui le
parti convengono che la consegna al compratore si realizzi con la consegna del bene al vettore. Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, la consegna si
realizza con la effettiva attribuzione del bene all’acquirente, mentre il rischio del trasporto sarebbe a carico del
compratore, fermo restando la responsabilità del venditore per la scelta del vettore e le istruzioni impartitegli, nonché per l’integrità della merce al momento della
consegna al vettore. Un problema interpretativo che ha
sempre impegnato dottrina e giurisprudenza è quello di
stabilire se l’apposizione della clausola “franco partenza”, appartenente alla tipologia di clausole che spesso
viene utilizzata dalla parti contraenti per ripartire le spese della spedizione, (“franco partenza”, “franco banchina”, “franco azione arrivo” …), sia in grado di incidere
sulla responsabilità del venditore per vizi e difetti della
merce riscontrati al momento della consegna. In passato
l’orientamento era quello di negare che l’apposizione di
siffatta clausola potesse provocare l’effetto di liberare il
venditore dall’obbligo di garantire l’integrità della merce fino al luogo di consegna, ma solamente a liberarlo
dall’obbligo di consegna. Di recente, la Cassazione civile, con sentenza n. 25423 del 12 novembre 2013, ha modificato tale orientamento, affermando che l’inserimento
della clausola “franco partenza” nel contratto di vendita
con trasporto farebbe venir meno la responsabilità del
venditore per i vizi riscontrati sulle cose trasportate
all’atto della consegna al compratore. Il venditore sarebbe quindi tenuto solamente a garantire l’integrità della
merce al momento della rimessione al vettore, ma non
ad assicurare l’assenza di vizi o difetti alla consegna al
compratore. La Suprema Corte ha adottato tale soluzione
richiamando la disciplina vigente in materia di responsabilità del produttore contenuta negli artt. 118 e 119
del Codice del Consumo, in base alla quale, il produttore
è esonerato da responsabilità se il difetto che ha cagionato il danno non esisteva al momento della messa in
circolazione del bene. La vendita con clausola “franco
partenza” determinerebbe quindi l’obbligo di garantire
l’integrità della merce al momento della consegna al vettore, individuando questo momento come quello della
“messa in circolazione del bene” (come confermato, in
riferimento proprio al contratto di trasporto, dal succitato art. 119). In forza di tale nuovo orientamento della
Cassazione, l’inserimento in un contratto di vendita con
trasporto della clausola “franco partenza” determinerebbe quindi la parziale esclusione della garanzia per i
vizi della cosa venduta, la quale sarebbe invocabile nei
confronti del venditore solamente in riferimento a quelli
esistenti al momento della consegna della cosa stessa al
vettore, ma non per quelli riscontrati nel momento in cui
la merce giunge a destinazione presso il compratore.
Il venditore in tal caso non è tenuto a garantire che la
merce giunga integra a destinazione, continuando a rispondere della sua integrità al momento della consegna
al vettore.
ristorazione&catering 57 novembre/dicembre duemila14
RISTORANTI
PIZZERIE
PERBACCO
di Giuseppe Vaccarini
presidente Associazione della
Sommellerie Professionale Italiana
EXPO 2015
e il vino
E
BAR e PANINOTECHE
MENSE
xpo 2015, il tema è quello del cibo e quindi
un’occasione irrinunciabile per promuovere le
buone pratiche agroalimentari italiane e perché, allora, non anche il vino?
Expo 2015 è un’Esposizione Universale, quindi sarà
una delle tante e ricorrenti manifestazioni universali
che sono state organizzate dalla metà del sec. XIX fino
ai giorni nostri, grandi fiere mondiali fatte non solo per
vendere, ma anche per mettere in mostra invenzioni e
progressi raggiunti come la Torre Eiffel che venne creata
per l’esposizione universale di Parigi del 1889.
La prima esposizione universale fu quella di Londra del
1851 a cui seguì quella di storica memoria della prima
classificazione dei vini di Bordeaux, e la prossima sarà
nel 2015, ci sono più di 150 anni di storia.
Ma Expo non sarà la prima esposizione universale che si
tiene a Milano, in realtà la prima esposizione universale
della città è stata quella del 1906 che ha lasciato in eredità i bei padiglioni delle vecchia fiera.
Si parlerà di cibo, di alimentazione e delle risorse del
pianeta con una previsione di più di 20 milioni di visitatori.
Ogni paese del mondo parteciperà con un suo padiglione, mentre la struttura della fiera rimarrà, finita l’esposizione, a futura memoria, si spera quindi bella e in armonia con l’ambiente.
Insomma una grande occasione per l’Italia per promuoversi anche al di fuori della sede espositiva, magari in
eventi collaterali, con tour organizzati, con visite guidate.
Il legame tra cibo e bevande è così immediato che non
si può immaginare momento migliore per promuove-
re anche il vino italiano che, per altro, gode di grande
fama presso tutto il pubblico che sarà presente ad Expo.
Un’occasione quindi che deve essere sfruttata, che deve,
gioco forza, diventare una risorsa dalle mille e più ricadute positive.
Quale opportunità migliore che avere così tanti ospiti e
poter fare gli onori di casa con una platea così ampia e
così potenzialmente interessata?
Si spera che i produttori italiani di vino sappiano cogliere e sfruttare al massimo le potenzialità di questo enorme
appuntamento, magari anche in anticipo, organizzando,
ad es., dei tour di visite, promuovendo il loro vino accanto al cibo che durante l’esposizione ha già il suo posto
d’onore, parlando o pubblicizzando i loro vini sulle riviste che circoleranno durante l’evento, organizzando dei
concorsi insieme ai produttori stranieri ospiti di Expo,
concorsi per valorizzare i prodotti più interessanti, ma
anche le pratiche produttive più rispettose dell’ambiente
e delle sue risorse come per altro suggerito dallo stesso
tema dell’esposizione, magari cogliendo questa occasione anche per creare delle sinergie e delle utili alleanze,
eventualmente spendibili anche in futuro.
Occorrerà darsi da fare, promuovendo insieme al vino
anche i territori e partecipando al dibattito che sarà
promosso all’interno della manifestazione, non dimenticando che il vino oltre che prodotto è cultura e appunto
territorio e risorse.
E trattandosi di un evento dove si è sempre giocato sulla
spettacolarità e la creatività perché non creare un evento
altrettanto spettacolare anche tra i produttori di vino?
Le risorse ci sono, ora occorre spingere sull’acceleratore.
ristorazione&catering 59 novembre/dicembre duemila14
ETICHETTA
WAPPLE
aperitivo o da tutto pasto?
G
di Mario Zuffada
esperto sensoriale
Come dar valore al
mercato delle mele
rande debutto al Salone Internazionale del Gusto a Torino per
Wapple. Il Consorzio Ortofrutticolo di Belfiore, dopo aver lanciato sul mercato lo scorso 1° ottobre questa bollicina a base
di mela di Belfiore e vino ottenuto da uva garganega tipica
delle zone veronesi, ha sollevato non pochi interrogativi nel mondo vitivinicolo, presentando un prodotto che rispecchiasse nella sua tonalità
la qualità, i profumi e i sapori del territorio in cui è prodotto. Antonello
Marconi Presidente COB (Consorzio Ortofrutticolo Belfiore) ha creduto
fermamente in questa innovativa bevanda, sinonimo di qualità e territorialità, che potesse sempre di più far parlare della mela, in particolar
modo quella di Belfiore considerata da sempre un farmaco della natura,
capace di far fronte a numerose problematiche “Una mela al giorno….
Allunga la vita!” è quanto ha affermato Daniele Banfi, giornalista nel
campo della salute e della sanità, le mele sono una riserva naturale di
antiossidanti come recita il vecchio proverbio “Una mela al giorno toglie
il medico di torno!”. Ricche di molecole antiossidanti le mele rappre-
ristorazione&catering 61 novembre/dicembre duemila14
AD: [email protected]
sentano uno dei frutti più importanti e indispensabili per
il nostro organismo.
Assemblare l’anima della mela con succo d’uva garganega
è stato un connubio perfetto, Wapple è una bevanda leggermente alcolica - 8% vol. a base di vino e succo di mela
- da bere fredda come aperitivo o da abbinare a qualsiasi piatto, capace di soddisfare anche i palati più esigenti,
dando modo a tutti magari di berne anche un bicchiere in
più, grazie al suo basso tenore alcolico.
Il Consorzio Ortofrutticolo do Belfiore ha creduto molto
in questo progetto, questa bevanda aromatizzata a base di
vino vuole diventare un prodotto per tutti, giovani, donne,
uomini o persone che gradualmente cominciano a bere bevande leggermente alcoliche, profumate e non stucchevoli.
Versato nel bicchiere sembra una bollicina qualunque, il
colore è giallo verdolino classica tonalità che si riscontra
nei vini bianchi leggeri, freschi e di conseguenza molto
giovani. In bocca non serve a dire che la mela prevale,
note minerali leggermente laccate lasciano tracce sul palato fruttate e persistenti.
Sapido al punto giusto è un connubio perfetto data la sua
bassa, naturale e voluta gradazione alcolica, pronta a soddisfare qualsiasi palato.
Potrebbe diventare l’alternativa a molti drink del bere miscelato, aggiungendo magari del vermouth o i soliti aperitivi. Se stappate la bottiglia cercate di finirla, è un prodotto
naturale e una volta aperto potrebbe sgasarsi e ossidarsi
rapidamente.
Quando scegli Kv Nordic, il salmone dei grandi chef,
ti regali un momento di salmone senza pari.
Perché è selezionato tra i migliori salmoni
delle acque di Norvegia, Scozia,
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come vuole la migliore tradizione.
Perché la storia di ogni esemplare è unica,
preziosa e interamente tracciata.
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ristorazione&catering 62 novembre/dicembre duemila14
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Chicchi
BUON BERE
di cultura
di Alessandra Locatelli
Qualità in tazza e fattore
umano: gli ingredienti
vincenti del caffè italiano
M
entre leggete questo articolo, probabilmente si sta
bevendo caffè nei pressi della Luna. È la sfida vinta di Lavazza grazie alla partnership con la società
Argotec e l’Agenzia spaziale italiana, dalla quale è
nata IssPresso, la prima macchina espresso a capsule capace di
lavorare nello spazio che l’astronauta Samantha Cristoforetti sta
utilizzando in questi giorni sulla sua navicella Iss. Azzardo, certo, da leggere però in ottica antropologica, come risposta ad una
esigenza dell’uomo, quella del “suo” rito quotidiano, in qualunque luogo si trovi: non solo, in occasione del recente Salone del
Gusto di Torino, Giuseppe Lavazza, vicepresidente dell’azienda
di famiglia, ha evidenziato gli high concepts con cui arrivare a
ristorazione&catering 64 novembre/dicembre duemila14
Expo 2015: difesa della sostenibilità e massima qualità. ¡Tierra!
è allora il caffè proveniente da coltivazioni 100% sostenibili, e
Kafa è la mono-origine 100% arabica dell’Etiopia, mentre Pourover Coffee e Cold Brew Coffee sono due nuovi metodi di preparazione del caffè, basati su tecniche e gestualità che il barista
deve essere preparato a reiterare. Se Lavazza va nello spazio,
Illy salpa verso il mare aperto: Illycaffè e Costa Crociere hanno infatti siglato un accordo in base al quale illy sarà il caffè
espresso servito a bordo di tutte le 16 navi della flotta. Giovanni
Loser, General Manager di Illycaffè, ha commentato: “Illy svolge con grande passione il proprio ruolo di ambasciatore internazionale dello stile vita italiano, ragione per cui crediamo fortemente nelle potenzialità del settore dei viaggi e del turismo”.
Le preparazioni sono state sviluppate appositamente per Costa
in collaborazione con l’Università del Caffè illy, che da 15 anni
si occupa di promuovere e diffondere la cultura del caffè espresso di qualità nel mondo.
Come si evolve il mercato
del caffè
Spazio, mare… ma il mondo
del caffè ha un mercato con i
piedi decisamente per terra:
secondo i dati di NPD Group/
Crest Italy aggiornati a marzo
2014, il consumo di caffè fuori
casa è cresciuto del 3% in totale, con una quota legata alla
fascia mattutina del + 58%, a
tutto vantaggio del business del
breakfast. Quasi la metà dei
consumatori beve almeno 3-4
caffè al giorno per concedersi
un piacere dei sensi, 7000 sono
gli addetti del comparto e oltre
700 le torrefazioni italiane. “6
miliardi di tazzine all’anno per
un fatturato in euro pressoché
equivalente: è questo il dato
espresso recentemente dalla
Fipe che dimostra l’importanza
del caffè al bar. – ci spiega Luigi Odello, Segretario Generale
dell’Istituto Nazionale Espresso Italiano – L’unico modo per difenderlo è garantire la soddisfazione del consumatore”. Posto allora che se si parla di “espresso
a regola d’arte”, stiamo considerando 7 g di caffè macinato erogato per 25 secondi al fine di ottenere 25 ml di prodotto in tazza, cosa fa la differenza? Dopo la qualità del prodotto, il fattore
umano. “In circa tre lustri abbiamo formato tra i 1.000 e i 1.500
baristi, perché consideriamo fondamentale il ruolo del preparatore. – continua Odello – Sostanzialmente il livello di piacere
riscontrato dal cliente del bar è dovuto alla persona che è responsabile della scelta della miscela, della gestione delle attrezzature e del servizio. La parte tecnica può essere trasmessa solo
se dall’altra parte c’è passione e motivazione ad apprendere”.
La cultura di un buon caffè
Fabio Spada è con Cristina Bowerman il proprietario di Romeo
Chef and Baker, il bistrot romano che dalle 9 del mattino saluta
i clienti con l’Haiti Komet Extra Superiore: “Abbiamo scelto di avere una sola, grande miscela,
o meglio un mono-origine, scelta a mano della
torrefazione Giamaica Caffè di Verona, più nota
come la torrefazione di Gianni Frasi, un grandissimo selezionatore e artigiano del caffè che non a
caso adesso collabora anche con i fratelli Alajmo
nella loro nuova avventura parigina, il Caffè
Stern. È stato lo stesso Gianni Frasi a formare i
nostri baristi affinché il caffè sia sempre servito al
meglio, e abbiamo un responsabile che si preoccupa di istruire gli eventuali nuovi arrivi. Teniamo inoltre costantemente sotto controllo i valori
dell’acqua e la grammatura del caffè.”
Ad Argenta, su quella piazza che vide nascere la
cucina creativa italiana con il Trigabolo e la premiata Pasticceria di Mauro Gualandi, Vincenzo
Fontana ha aperto – in continuità con i suoi predecessori – il ristorante e caffetteria Io e Vince:
“A prescindere dalla marca, una buona miscela
deve avere una tostatura uniforme, color tonaca
di frate più scura al sud, sempre più chiara salendo verso il nord Italia. Nella tazzina avremo una
crema densa, una tessitura superficiale, uniforme
nel colore testa di moro, nocciola. Una eccessiva
estrazione conferirà macchie biancastre alla superficie, una estrazione insufficiente ne romperà
la tessitura”. Come si diffonde allora la cultura
di un buon caffè? “Parlando con il cliente, e sapendo quel che si dice. Personalmente, ho fatto
tanta gavetta, ho avuto buoni maestri e fatto molta
ricerca. A chi inizia oggi consiglio di seguire un
buon corso, improvvisare è dannoso”.
ristorazione&catering 65 novembre/dicembre duemila14
VALLEDORO,
case history
60 anni di bell’impresa
Una esplosione di bontà
Boschetti Atelier, le confetture dal sapore unico e intenso
grazie al metodo di lavorazione artigianale, nell’elegante
confezione in vetro da 28g.
I
l 2014 sta per terminare e tra le tante iniziative
di quest’anno che hanno arricchito l’agenda degli
appuntamenti, una la vogliamo ricordare con particolare piacere. Non si tratta di una fiera internazionale di settore o di un convegno di luminari, ma di una
celebrazione per ricordare sessant’anni di un’azienda.
Una delle tante che rendono attivo il nostro Paese nonostante la crisi e le difficoltà del momento.
Una celebrazione tenutasi senza troppo sfarzo ma non
per questo meno ricca di contenuti e curiosità. Per la
verità chi ha pensato al programma ha avuto l’ottima idea
di non fare tutto in un giorno, che probabilmente sarebbe
e
na l
gia
i
t
r
a
o ne
i
z
a
r
lavo
Boschetti Mousse di frutta,
senza zuccheri aggiunti.
Un trionfo di natura e gusto.
costato anche meno in termini economici e fatiche, ma
di certo non avrebbe coinvolto tante persone e generato
tante riflessioni. Organizzare più eventi per incontrare
clienti, fornitori, colleghi imprenditori, uomini delle
istituzioni, del mondo religioso e soprattutto cittadini e
studenti. Appuntamenti di confronto e di ascolto dove al
centro c’è sempre stata l’impresa e intorno ogni aspetto
della vita lavorativa, sociale e politica. L’azienda che ha
saputo mettere assieme tutto questo è la Valledoro.
Produttori di grissini e di altri prodotti da forno, l’azienda
bresciana nota da decenni per i suoi “Bibì Bibò” ricordaBoschetti Alimentare
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Via Fontanelle, 11 - 37055 Albaro di Ronco all’Adige (VR - Italy)
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Tel. 045 6624000 - Fax. 045 6684001
www.boschetti.biz - [email protected]
di Roberto Martinelli
ti da generazioni di bambini che amavano inzupparli nel
latte, o per gli “Zulù”, grissini arricchiti di cioccolato,
buoni e premiati come il più innovativo prodotto dolciario in una recente edizione dell’Anuga in Germania. L’occasione di ricordare in più eventi la vita della famiglia
Zubani e i suoi sessant’anni da imprenditori, è stato un
motivo per festeggiare come una famiglia di imprenditori
può guidare un’azienda secondo sani e profondi principi
umani e solidali, come purtroppo non se ne vedono più
tante. Attualmente l’azienda ha al vertice il dott. Giorgio,
figlio dei fondatori, Ferruccio Zubani e la moglie Rina
Consoli, figure centrali in azienda per decenni fino alla
loro scomparsa. La Valledoro oggi è un’azienda florida e
in continua crescita, ha visto nell’ultimo decennio continui ampliamenti e nuovi sbocchi commerciali in Italia
quanto all’estero esportando in Canada, Giappone, Brasile e in tutta Europa.
Valledoro con le sue giornate celebrative ha voluto confrontarsi con i grandi temi dell’attualità coinvolgendo la
cittadinanza locale, quasi a voler testimoniare che una
impresa nel contesto urbanistico non è soltanto uno scarno opificio con macchine e scatole, ma è vita e vuole
essere confronto tra persone.
In uno di quei momenti c’eravamo anche noi per ascoltare le esperienze di chi vive il difficile rapporto tra impresa e istituzioni.
Invitato d’eccezione, Benhur Tondini, in veste di imprenditore della distribuzione food service, ma anche ricco
dell’esperienza acquisita come sindaco di Cavriana.
Sono stati sei gli appuntamenti celebrati in Valledoro,
uno per tutti ricordiamo quello dedicato alla lotta alla
criminalità e al recupero dei beni confiscati alle mafie
condotto dal direttore della Procura della Repubblica e
della DDA di Brescia, Giuseppe Giuffrida.
Questo di Valledoro è stato secondo noi un bell’esempio di come l’impresa può essere fonte di ricchezza per
chi ci lavora, ma anche la testimonianza che “è ancora
possibile – come ha detto il suo titolare, Giorgio Zubani
– gestire le aziende onorando il dovere al lavoro, promuovendo responsabilmente il bene comune dell’uomo,
della famiglia e della società”.
ristorazione&catering 67 novembre/dicembre duemila14
Valledoro
Via E. Galvaligi, 7
25136 Brescia
Tel. 030 2000794
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L’arte culinaria di
Wiberg
di Roberto Martinelli
400 spezie una volta selezionate vengono conferite nei
cinque stabilimenti sparsi per il mondo (quello storico a
Salisburgo, nel modernissimo di Freilassing in Germania, quello di Istanbul e negli altri due in Canada e Stati
Uniti), analizzate in laboratorio per una verifica di conformità, di nuovo poi controllate con procedimenti tecnici e
meccanici prima di essere stoccate o miscelate e dar vita
a nuove miscele di spezie confezionate e poi vendute in
oltre 80 paesi al mondo. “L’85% dei 140 milioni di euro
“
Stretti sentieri partono alle pendici dei monti Akaishi, le Alpi del Sud del Giappone, a 1.500 metri sopra il livello del mare, cresce il Fiore di pepe Sansho,
specie della nobile famiglia del Pepe di Sichuan…”.
“Sferzata da venti taglienti il nostro viaggio approda nel
Mare del Nord scandinavo, tra le coste dell’Islanda e
della Norvegia, qui ha origine Nordic Flair, miscela di
spezie scandinava, dall’effetto rinfrescante…”.
A leggerlo sembra un magnifico catalogo di un tour operator che fa viaggiare il lettore con la sua fantasia in ogni
angolo del mondo. Invece sono alcune righe di un testo
prese dall’ultimo depliant della linea di erbe e spezie di
“Exquisite” Wiberg, la più nota azienda austriaca produttrice di spezie, nota anche in Italia nel canale della
ristorazione. Nell’universo delle materie prime usate in
cucina quello delle spezie e delle erbe, è per molti considerato tra i più affascinanti e variegati.
Vuoi per la vastità delle specie disponibili, vuoi per l’enciclopedica cultura che occorre possedere per poterle
distinguere, scegliere e dosare. La Wiberg da sempre ha
saputo dimostrare che in cucina l’arricchimento apportato dalle spezie non è scontato, ma il miglior sapore è
sempre frutto dalla migliore qualità. Fin dal 1947, anno
della sua costituzione, questa azienda salisburghese
manda in giro per il mondo personale esperto e motivato
alla ricerca dei migliori raccolti e della più alta qualità.
Oggi Wiberg vanta fornitori provenienti da circa 70 paesi, e proprio la ricerca delle zone più vocate, come la
selezione delle produzioni migliori e dei fornitori più
affidabili, costituiscono garanzia di qualità e affidabilità che Wiiberg riesce a trasmettere ai suoi clienti. Le
ristorazione&catering 68 novembre/dicembre duemila14
in alto a destra:
Marcus Winkler titolare Wiberg
di fatturato - ci dice Marcus Winkler, amministratore e
proprietario di Wiberg nonché terzogenito del fondatore
- va all’estero con un 70% dell’intera produzione ancora
destinata al mercato industriale della trasformazione delle carni, mentre il rimanente 30% va all’arte culinaria”.
Il signor Winkler ci tiene a chiamarla “arte culinaria”
e non semplicemente “mercato della ristorazione” come
usiamo noi, perché in Wiberg esiste una fortissima attenzione al mondo culinario, tanto è vero che nello stabili-
mento di Salisburgo, recentemente ristrutturato, è nata la
Wiberg Academy, un vero centro di ricerca e sperimentazione con diversi laboratori dove si fa formazione e aggiornamento sia per giovani allievi delle scuole professionali,
sia per i clienti Wiberg che arrivano non solo dall’Austria
o dalla Germania che vogliono perfezionare le loro tecniche per meglio utilizzare le spezie in cucina.
Training professionali, seminari, workshop, prove in cucina realizzati dentro uno stabilimento di produzione a
diretto contatto con operai dell’azienda, ma soprattutto
col management della Wiberg, che sono prima di tutto
esperti e appassionati ricercatori, raffinati selezionatori e
maestri di cucina. Un fatto straordinario che il patrimonio
aziendale fatto di uomini e competenze venga messo a disposizione a chi farà uso dei prodotti a marchio Wiberg.
Nella sede salisburghese arrivano ogni anno circa duemila richieste di sviluppo e sono circa 500 i nuovi articoli
collaudati nei laboratori dell’azienda.
L’immagine che se ne trae da questa realtà, non è delle solite che importano zenzero dall’India, origano dalla Sicilia
o sale dall’Himalaya a tonnellate, per metterlo in scatole
per facilitarne l’uso domestico, ma ben altro e molto di più
che ancora altri concorrenti non fanno.
Un’azienda orientata alle necessità dei clienti per dare risposte alle cucine più diverse ed esigenti, offrendo prodotti innovativi per offrire vantaggi, creatività e innovazione.
ristorazione&catering 69 novembre/dicembre duemila14
Wiberg
Adolf-Schemel-Straße 9
Salisburgo (Austria)
Tel. +43 662 63820
www.wiberg.eu
CASE HISTORY
due tigli
azienda dinamica al
servizio della ristorazione
Servizio e prodotti adatti
ad un nuovo modello di
consumo del vino
di Eugenio Negri
I
l servizio per il cliente è l’elemento cardine della
filosofia commerciale della divisione Horeca Due Tigli, azienda di proprietà del Gruppo Cevico, Società
Cooperativa Agricola dell’Emilia Romagna con oltre
5.000 viticoltori associati, tra le aziende leader in Italia
nella produzione e vendita di vino. Il Gruppo ha, infatti,
una quota di mercato del 2,5% nella produzione di vino
in Italia. Due Tigli si presenta come partner specializzato
affidabile, con un’offerta di prodotti ricca e variegata, proponendo vini D.O.C., I.G.T. e vini comuni in diversi formati e con diversi tipi di pack: bottiglia, bag in box, fusto,
brik. L’azienda dispone di due importanti stabilimenti di
imbottigliamento e confezionamento in grado di produrre
vini fermi, vini frizzanti e, con un nuovissimo impianto,
anche vini spumanti extra-dry, dolci e brut.Oltre alle produzioni enologiche proprie della regione di provenienza
che vanno dal Sangiovese, Lambrusco, Trebbiano, Pignoletto e altri vini emiliano romagnoli, Due Tigli è distributore di vini provenienti da diverse regioni vocate. Infatti,
l’azienda ha selezionato partner fornitori e cantine associate in grado di offrire i vini più ricercati dal consumato-
re, dai vini trentini Mueller-Thurgau e Gewuerztraminer,
ai veneti Prosecco Treviso e Valdobbiadene Prosecco
Superiore, i toscani Chianti Classico, Chianti, Vernaccia
di San Gimignano e gli umbri Sagrantino di Montefalco,
Montefalco Rosso, Grechetto. Diversi sono così i marchi
commercializzati, ognuno con un carattere proprio che
lo lega alle proprie origini, tutti destinati in esclusiva ai
distributori del canale Horeca: Masselina, dalle tenuta omonima, i vini romagnoli della Romandiola, antico
nome della Romagna, gli spumanti Vollì, e ancora Tenuta
del Monte, Cavalieri Reali, Selva Masacci, Brusa, Colle del Gelso e Le Pergole. ‘Non solo vino’ può essere un
claim appropriato, infatti, Due Tigli distribuisce i prodotti
di una distilleria artigianale recentemente acquisita dal
Gruppo, la Sprint Distillery.
La gamma proposta va dai liquori tradizionali come grappa, nocino, gin, liquori da pasticceria e da bar, fino a liquori innovativi e unici, orientati ad un consumo moderno, come le creme di liquore D&D alla banana, melone,
pistacchio, menta, nocciola, agrumi e caffè. La gamma
di prodotti dell’azienda, in un’ottica di servizio, è realizzata per semplificare l’attività di acquisto dei clienti
e consentire di operare con successo in un mercato in
continua evoluzione nella distribuzione di Bevande. L’azienda è produttrice anche di diversi vini a marca privata,
di indiscutibile qualità e convenienza, che consentano di
proporsi in ogni periodo dell’anno a prezzi competitivi.
ristorazione&catering 70 novembre/dicembre duemila14
Come affrontare il mercato
Il mercato vede una contrazione dei consumi e un aumento della complessità, con repentine variazioni delle modalità di consumo e con l’affacciarsi di nuove mode tese a sperimentare nuove proposte, ma sempre
alla ricerca di garanzia sulla qualità dei prodotti. In questo contesto,
i distributori diventano un riferimento fondamentale per Due Tigli,
nell’ottica di garantire affidabilità e certezza, un raccordo con il mercato che richiede l’ottimizzazione degli stock, una maggiore frequenza
delle consegne e sicurezza nei pagamenti per la sostenibilità del sistema, a tutela di tutti gli operatori.
Nella ristorazione si sta affermando un modello di consumo con quantità sempre più contenute, ma con la ricerca di proposte particolari, con
vini dal carattere distintivo, molto legati al territorio di provenienza,
ed emerge l’interesse per l’identità dell’azienda produttrice. Per questo segmento del mercato ho.re.ca., Due Tigli propone così vini tipici,
prodotti da aziende del territorio, creando una gamma in grado di soddisfare le esigenze dei ristoratori. Su tutto il territorio, a fianco alle
tradizionali enoteche, sta crescendo la presenza di wine-bar moderni e
innovativi, che fanno dell’aperitivo e della degustazione un momento di
socializzazione e di scoperta di sapori nuovi e freschi, dove la proposta è orientata, principalmente, sul segmento sparkling, ovvero sui vini
bianchi frizzanti e vini spumanti bianchi e, in alcune occasioni, vini
spumanti rosati. Diventa indispensabile rispondere alle richieste del
mercato, ma anche anticipare le tendenze di consumo, e Due Tigli si
propone come azienda dinamica che porta sul mercato nuovi prodotti,
con packaging innovativi caratterizzati da freschezza, modernità e facilità d’uso, con grande contenuto di servizio.
ristorazione&catering 71 novembre/dicembre duemila14
Due Tigli S.p.A.
Via Seganti 73/p
47121 FORLI’ (FC) – ITALIA
Tel. 0543473300
[email protected]
www.gruppocevico.com
ZARPELLON:
case history
innovare nel solco della tradizione
di Valentino Serra
L
’azienda Zarpellon, fondata nel 1935 ai piedi delle Prealpi venete, è un’importante realtà
operante nel settore lattiero caseario. La società
si qualifica per la produzione di formaggi tipici
locali e nazionali come Grana Padano, Parmigiano Reggiano e burro. Con 150 dipendenti, 22.000 metri quadri di superficie coperta e un fatturato di 170 milioni
di euro annuo, oggi Zarpellon rappresenta un punto di
riferimento internazionale per la produzione, il confezionamento e la commercializzazione di burro e formaggi.
La produzione
La società possiede vari siti produttivi. Presso il Caseificio di Camisano Vicentino (VI) sono concentrate le produzioni di burro e Grana Padano. Di quest’ultimo, vero
fiore all’occhiello dell’azienda, vengono prodotte 85.000
forme l’anno. Nel Caseificio di Busseto (PR), invece, Zarpellon ha avviato la produzione di Parmigiano Reggiano,
di cui vengono realizzate circa 20.000 forme l’anno.
Sede
A Romano D’Ezzelino (VI), si trova la sede dell’azienda.
É qui che vengono attuate tutte le operazioni di preparazione, taglio e packaging dei vari articoli, attraverso
l’utilizzo di macchinari e di impianti estremamente all’avanguardia. Queste sofisticate attrezzature consentono di
limitare al minimo indispensabile la manipolazione dei
formaggi lavorati e confezionati, per garantire la massima igiene.
I magazzini
Sempre a Romano D’Ezzelino si trova anche il magazzino di stagionatura del Grana Padano, che vanta una
capienza di 45.000 forme, per 4.000 metri quadrati di
superficie. L’ambiente è ben coibentato e dotato dei
moderni sistemi di controllo della ventilazione, della temperatura e dell’umidità. La struttura di Romano
D’Ezzelino si completa con il magazzino di spedizione e
ricezione della merce.
Un azienda in continuo sviluppo
L’azienda si mette in luce anche per la continua ricerca
di crescita e sviluppo che si è concretizzata nel corso
del 2012 con la messa in opera del nuovo impianto di
burrificazione presso il Caseificio di Camisano Vicentino
e con l’avvio nel 2013 della nuova sala confezione nel
caseificio di Busseto.
ristorazione&catering 73 novembre/dicembre duemila14
Zarpellon
Via S.G.B. De La Salle, 6
36060 Romano d’Ezzelino (Vi)
Tel. 0424 3993
www.zarpellon.it
COSA SUCCEDE
COSA SUCCEDE
Paren,
filiera certificata
L
Koch da 35 anni
nel rispetto della
qualità e della
tradizione
a Industrie Rolli ha sviluppato la più ampia gamma di
vegetali surgelati, al naturale e grigliati, volta a rispondere alle pressanti esigenze sia del consumatore domestico che dell’utenza professionale più esigente.
La produzione Paren, certificata dall’ente certificatore CSQA,
garantisce:
• La provenienza da “coltivazione a Lotta Integrata”. Questo metodo limita l’uso di prodotti chimici attraverso l’impiego di pratiche agricole “naturali” più rispettose dell’ambiente al fine di
ottenere un prodotto finito senza tracce di residui di fitofarmaci;
• il controllo diretto di tutta la filiera produttiva: dalla fornitura
dei semi, alla raccolta con macchinari di proprietà, alla selezione e surgelazione e confezionamento;
• la provenienza nazionale della materia prima
Per saperne di più: www.rolli.it
I nuovi Ragù
Demetra
N
ovità in casa Demetra con l’arrivo per la stagione autunnale di
2 nuovi ragù per arricchire l’offerta dei propri menu: Ragù di
Speck -Ragù rosso con Speck (18%) e carne di bovino. Ragù
di Carne Salada (carne tipica trentina ottenuta da carne bovina magrissima, arricchita
di sale e spezie e lasciata
riposare per 2-3 settimane
prima di essere consumata).
Il Ragù di carne salada
Demetra ha una leggera
presenza di pomodoro che
rende il gusto ricco ed armonioso. Quest’ultimo prodotto
è certificato senza glutine.
Entrambi i prodotti sfruttano
la collaborazione tra l’azienda valtellinese e il Salumificio Val Rendena per l’approvvigionamento della
carne salada e dello speck, quest’ultimo è noto per la qualità dei prodotti
oltre che ad essere locato nella zona di origine della carne salada. Tale indicazione è riportata anche nel logo in etichetta. L’utilizzo ideale dei nuovi
ragù è come condimento per primi piatti di pasta o gnocchi, per la farcitura
di pizze e bruschette o per arricchire una tradizionale polenta.
Per saperne di più: www.demetrafood.it
ristorazione&catering 74 novembre/dicembre duemila14
K
och è un’azienda leader nella produzione di prodotti
surgelati, come ad esempio gnocchi di patate, pasta
sfoglia e per lasagne. Grazie alla sua dinamicità continua a progredire seguendo le indicazioni dei consumatori e assecondandoli nei gusti e nei sapori con prodotti di alta
qualità inserendo nuovi prodotti nel già vasto assortimento. Oggi
l’azienda ha voluto valorizzare uno dei prodotti simbolo dell’Alto
Adige: i Canederli. Un prodotto della tradizione locale realizzato
seguendo la classica ricetta che si tramanda da generazioni e utilizzando esclusivamente prodotti del territorio, un prodotto che si
può avvalere del marchio di Qualità dell’Alto Adige. Una grande soddisfazione per un’azienda che può portare sul mercato europeo la tradizione locale con un prodotto di altissima qualità garantito anche dal Marchio di Qualità dell’Alto Adige
conosciuto in tutto il mondo per la tutela e la valorizzazione di tanti prodotti. Koch è un’azienda di grande tradizione che
continua la sua attività nell’innovazione tecnologica, nella ricerca di nuovi prodotti e nell’ampliamento di nuovi mercati
senza perdere mai di vista il rapporto umano ed il valore sociale.
Per saperne di più: www.kochbz.it
Oleificio Zucchi
amplia l’offerta per
l’Horeca
O
leificio Zucchi, specialista nella fornitura e nella produzione di oli di oliva e oli di semi, ha recentemente
ampliato la sua offerta assortimentale a marchio Zucchi
con una serie di referenze pensate per il canale Horeca,
che includono formati da tavola e da cucina. La gamma prevede sia
prodotti di qualità da portare in tavola, come l’extra vergine Dolce Fruttato e 100% italiano, anche bio, sia prodotti eccellenti pensati per essere utilizzati in cucina, grazie ai formati da 5 litri in PET o alle latte da 3 e 5 litri. Tra le nuove referenze, oltre all’extra vergine Dolce Fruttato, gli evo 100%
italiani, convenzionale e biologico. Completano l’offerta gli
oli extra vergini aromatizzati a spezie ed erbe, - da provare il
condimento aromatizzato all’arancia con una tartare di tonno
o con del salmone, al cranberry con la carne di bufala e la
selvaggina, al tartufo per dare sapore a un risotto, al pesto
su una semplice caprese - gli oli di semi “speciali” – zucca, sesamo, avocado – e gli aceti, di vino, mele e balsamico
di Modena IGP. L’ampliamento assortimentale è parte del
progetto di rilancio del marchio “Zucchi”, che si è concretizzato nel restyling del logo e del packaging, con l’obiettivo
di poter soddisfare le esigenze degli chef e dei consumatori
del settore hospitality, in tutto il mondo.
Per saperne di più: www.zucchi.com
ristorazione&catering 75 novembre/dicembre duemila14
COSA SUCCEDE
C
A&F
M
Y
CM
MY
CY
CMY
Storie di Farina in cucina
K
Callipo, 100
anni di qualità
D
a oltre un secolo al servizio della tradizione e della qualità. Questa è la storia
della Giacinto Callipo Conserve Alimentari fondata nel 1913 a Pizzo (VV) ed
oggi guidata dalla quarta generazione della famiglia. Da allora la Callipo non ha mai abbandonato
il territorio di origine, la Calabria, e ancora oggi
è una delle poche aziende ad effettuare la lavorazione, in tutte le sue fasi, esclusivamente in Italia
nello stabilimento di Maierato (VV).
Utilizza principalmente la specie yellowfin, nota
per la struttura muscolare più compatta rispetto
alle altre specie di tonno e per il colore rosa uniforme, e svolge un ciclo di lavorazione giornaliero
unico, combinando la tradizione artigianale con
l’utilizzo di macchinari altamente tecnologici.
La qualità dei suoi prodotti è dunque la naturale
conseguenza di un’attenzione che comincia dalla
selezione delle materie prime, la scelta dei tranci
migliori, la cottura a vapore sino al confezionamento, ancora manuale per alcuni formati.
Infine la stagionatura, che l’azienda prolunga per
diversi mesi prima della distribuzione, affinché il
sapore intenso del tonno possa amalgamarsi con
quello più delicato dell’olio di oliva. Per una ristorazione da veri gourmet la Callipo propone i Filetti
ed i Tranci di Tonno, disponibili nei formati 1700g,
2400g e 4000g, ancora oggi inscatolati a mano seguendo rigide norme di igiene e sicurezza alimentare. I filetti di Ventresca Callipo, invece, ottenuti
dai fasci muscolari ventrali, la parte più pregiata
del tonno, sono l’ideale per preparazioni raffinate e
ricercate (disponibili nel formato da 1750g).
Per saperne di più: www.callipo.com
Agugiaro & Figna presenta
la nuova linea per il mondo
dell’ho.re.ca.
O
gni cucina racconta una storia. Rievoca aneddoti e parla di passioni, per il cibo, per la tavola, per i sapori. Storie fatte di tradizione e
di rinnovamento. Agugiaro & Figna ha voluto
firmare queste storie con la qualità dei suoi prodotti, per
permettere a chiunque ne avesse una da raccontare, di
farlo con il proprio stile, ma sempre con competenza e
professionalità.
Nasce così A&F Storie di Farina in cucina, la nuova linea che il gruppo molitorio ha voluto dedicare ai professionisti della ristorazione che con creatività potranno
usufruire di una gamma di prodotti ideali in ogni ambito culinario. Lo stile minimale e i colori pastello delle
nuove referenze mettono in risalto l’anima del progetto,
mentre la semplicità della grafica rievoca il vissuto della
marca e lo valorizza.
Agugiaro & Figna ha presentato il 24 Novembre 2014
presso la Città del Gusto di Roma la nuova linea pensata
interamente per il mondo ho.re.ca. Non esiste tradizione senza innovazione. Le due storiche famiglie di antica
memoria molitoria, hanno per questo voluto incoronare
la solida unione sancita più di 10 anni fa, con il nuovo
brand, innovativo nei prodotti ed originale nel packaging. Il gruppo, grazie al know how maturato dalla lunga esperienza nel settore e ad una visione aperta all’esigenze di mercato, ha unito il meglio delle sue linee,
per creare un unico brand di farine e semilavorati che
si affacciasse al mondo della cucina professionale con il
precipuo scopo di abbracciarlo in toto. Tutto quello che
il conoscitore della ristorazione avrebbe sempre desiderato nella propria cucina.
Una gamma di prodotti versatili che possano soddisfare
con competenza tutte le richieste di produzioni, dolci o
salate, in cui uno chef voglia sbizzarrirsi e cimentarsi. Le
singole linee, declinate in più referenze specifiche e de-
dicate alla pasta, pizza e frittura, così come all’arte della
panificazione e della pasticceria, sono state messe a punto dal centro Ricerca&Sviluppo del gruppo. Sempre per
il nuovo marchio, sono in programma anche una linea
per il senza glutine ed una farina di mais per polenta.
A chi vorrà avvalersi della garanzia Agugiaro & Figna
per farne vessillo di eccellenza nel proprio lavoro, A&F
Storie di Farina in cucina darà il massimo del sostegno,
non solo materialmente fornendo come sempre un prodotto di qualità, ma anche con dimostrazioni e corsi formativi. Perché esserci, vuol dire esserci sempre.
Per saperne di più: www.agugiarofigna.com
ristorazione&catering 77 novembre/dicembre duemila14
COSA SUCCEDE
COSA SUCCEDE
BArilla
I buoni risultati di Formec Biffi
La pasta buona che
fa bene anche al pianeta
L’impegno di creare ogni
giorno prodotti buoni per
le persone
L
a storia di Formec è nota ai tanti operatori che ogni giorno si ritrovano tra le mani un prodotto con il marchio
Gaia nel canale ho.re.ca. e col marchio Biffi nel retail. Fondata negli anni ’60 da Pietro Casella, la storia dell’azienda è ricca di ricerca, innovazione e servizio alle varie categorie del mondo alimentare, con una particola
attenzione alla qualità delle materie prime, ai processi produttivi e una visione etica di fare impresa che mette al
primo posto l’uomo e l’ambiente. Il 2014 è stato un anno in cui la crescita in Formec non si è fermata, complice l’ottima
performance del 2013 che ha visto l’azienda chiudere l’anno con un fatturato di 80 milioni, pari ad una crescita del 7%.
29 linee di produzione ad elevata automazione, una produzione just in time, 470 ricette, 1600 referenze commercializzate, più di 200 milioni di pezzi prodotti nell’anno: sono i
numeri che fanno di Formec Biffi l’azienda leader di mercato
in Italia per salse e sughi delle private label.
Forte la presenza nel mercato dei consumi fuori casa, con
la una nuova linea di condimenti e l’implementazione di
nuove referenze nel comparto sughi freschi, in particolare
nel campo delle salse vegetali. Altrettanto significativi sono
i risultati ottenuti con la produzione di salse e affini senza
conservanti, ogm free a filiera controllata, light e sempre più
Bio, nel principio etico che connota questa azienda.
Per saperne di più: www.formec.it
I
l claim scelto per riassumere il proprio modo di fare
impresa la dice già lunga sugli obiettivi che l’azienda si è posta: “Buono per Te, Buono per il Pianeta”.
E, di fatti, per il canale Foodservice in particolare, Barilla, leader mondiale nel mercato della pasta ed
europeo in quello dei sughi pronti, si è posta il fine di
proporre e promuovere prodotti per una ristorazione che
possa definirsi non solo di elevata qualità ma anche sostenibile.
Un esempio concreto è fornito dalla Pasta Selezione Oro
Chef, la linea riservata a questo canale distributivo, per
la quale è stato calcolato l’impatto ambientale generato
dall’intero percorso, dalla produzione fino alla tavola del
ristorante, rendicontandolo e certificandolo per mezzo
della Dichiarazione Ambientale di Prodotto, validata secondo i requisiti del sistema internazionale EPD (Environmental Product Declaration).
Si tratta di una misurazione particolare, condotta in base
alla metodologia del ciclo di vita LCA (Life Cycle Assesment), che va a considerare l’impronta ambientale del
prodotto lungo l’intera filiera, dalla coltivazione delle
materie prime fino alla cottura, e dalla quale è emerso un
esito soddisfacente e incoraggiante: l’emissione di soli
810 g di CO2eq per ogni chilo di pasta Selezione Oro
Chef nel consumo locale, pari a meno di 70 g di CO2eq
per ogni porzione raccomandata (vale a dire 85 grammi
di pasta secca).
Selezione Oro Chef, però, non è stato l’unico brand
aziendale sottoposto all’analisi. Anche la pasta di semola Barilla FoodService da 5 chili, infatti, ha conosciuto
un aggiornamento per quanto riguarda la Dichiarazione
Ambientale di Prodotto EPD, con risultati, pure in que-
Artigiani dei Sapori
sto caso, più che positivi: dalla riduzione della quantità
di risorse idriche impiegate, a un’ulteriore diminuzione
di oltre il 10% di CO2eq emessa in atmosfera per ogni
chilo di pasta utilizzata nella ristorazione italiana rispetto al 2013: dati che sono, tra l’altro, puntualmente riportati, documentati e quindi a disposizione di tutti sul sito
www.environdec.com.
“L’impegno di creare ogni giorno prodotti buoni per le
persone e contemporaneamente anche per il pianeta fa
parte della mission stessa del Gruppo Barilla – ribadisce
Marco Gandolfi, marketing senior manager Out of Home
della società – e la Dichiarazione Ambientale di prodotto
EPD credo sia un elemento distintivo rilevante e contemporaneamente di creazione di valore per il mercato
business-to-business dei prodotti per la ristorazione”.
Per saperne di più: www.barillaffodservice.it
ristorazione&catering 78 novembre/dicembre duemila14
La proposta di uno specialista
ad una rete di distributori qualificati
sull’intero territorio nazionale.
I PRECOTTI
LA COPPA DI TESTA
GLI ARROSTI ITALIANI
I FRESCHI
I SECONDI DI CARNE
Piatti pronti in formato Horeca,
sia monoporzione che multiporzione
ALTRE SPECIALITÀ
SALUMIFICIOVECCHI s.r.l.
ristorazione&catering 79 novembre/dicembre duemila14
via Gualinga, 20/A/B - 41051 Castelnuovo Rangone, Modena, Italy - Tel. (0039) 059 535.319. www.salumificiovecchi.it
libri per voi
di Luca Galavotti
002/2013
D
E
Natale con Gordon
50 superalimenti
Gordon Ramsay
Guido Tommasi Editore
Pag. 144
2014 - euro 20,00
www.guidotommasi.it
AA.VV.
Gribaudo Editore
Pag. 144
2014 - euro 11,90
www.gribaudo.it
i Gordon Ramsay si sa praticamente tutto e
non voglio aggiungere assolutamente nulla,
visto l’avvicinarsi del Natale perché non regalarsi questo bel libro dove l’esperto chef stravolge completamente le ricette della tradizione con un
menù totalmente rivoluzionato. E così, dopo un primo,
inevitabile smarrimento di fronte a piatti in cui non vi
riconoscete se siete legati alla tradizione, i vostri cari e
tutti i vostri amici resteranno strabiliati, oltre che ampiamente soddisfatti. A voi decidere se svelare o meno il
segreto del vostro nuovo Natale.
BTCH13E
cco un valido aiuto che l’editore Gribaudo ha
pubblicato di recente, questo libro o meglio
guida con cui potremo approfondire pregi e
virtù di 50 super alimenti che la natura ci ha
messo a disposizione e per conoscerne il loro utilizzo in
cucina. Sono tutti di facile reperimento e ottimi da gustare. Ricette e consigli utili per cucinare questi cibi che
favoriscono il benessere e adottare così un’alimentazione
sana, bilanciata, per meglio andare incontro alle esigenze di una clientela sempre più attenta alla propria salute.
L
a Quinoa è una pianta erbacea della famiglia degli spinaci e delle barbabietole
ma dotata di semi, definita anche pseudo cereale è ricca di proteine e ha un alto
valore energetico, di facile digeribilità e molto versatile in cucina tanto da essere
utilizzata in tantissime preparazioni dal pane, come contorno fino alla produzione
di bevande. Si coltiva in prevalenza nelle Ande centrali tra Perù e Bolivia. La Quinoa a cui
Slow Food e FAO hanno dedicato questo libro, non è solo un pianta per la produzione di
cibo per le popolazioni che la coltivano, ma rappresenta anche la cultura e la storia di un
popolo che rischierebbe di essere dimenticata ma che al contrario deve essere valorizzata
e fatta conoscere al resto del mondo. Nel libro una serie di domande frequenti per sciogliere ogni dubbio e riuscire a sfruttare tutte le proprietà della quinoa in cucina. In chiusura le
ricette dei cuochi di Terra Madre e di Pietro Leeman, Enrico Crippa, Antonello Colonna,
Mauro Colagreco, Alice Waters e José Andrés.
La Quinoa in cucina
AA.VV.
Slow Food Editore
Pag. 96
2014 - euro 7,90 euro
www.slowfood.it
ristorazione&catering 80 novembre/dicembre duemila14
Approved
Event
Ristorazione
Catering
abbiamo scritto di:
Agugiaro & Figna www.agugiarofigna.com
Roberto e Massimo Amaddeo, Da Mimmo www.ristorantemimmo.com
Barilla www.barillafoodservice.it
Biobank www.biobank.it
Bio Hotel Elite www.biohotelelite.it
Beppe e Chiara Bonsignore, L’Oste e il Sagrestano www.losteeilsagrestano.it
Roberto Brioschi, Ristorante Derby Grill Hotel de la ville www.derbygrill.it
Callipo www.callipo.com
Thommy Cantoni, Alpi www.alpicarni.it
Denis Cecchetti, Canuti www.canuti.com
Anna Chiavazzo, Il Giardino di Ginevra www.ilgiardinodiginevra.it
Demetra www.demetrafood.it
Rino Duca, Ristorante Il Grano di Pepe www.ilgranodipepe.it
Sergio Esposito, Italcatering www.italcateringsas.it
Explora www.exploratourism.it
Expo 2015 www.expo2015.org
Vincenzo Fontana, Io e Vince www.facebook.com/ioevince
Peter Foppa, Foppa food service www.foppa.com
Roberta Galante, Unilever www.unilever.it
Claudio Gatti, Pasticceria Tabiano www.pasticceriatabiano.it
Cesare Giaccone, Da Cesare www.cesaregiaccone.it
Grandi Salumifici Italiani www.grandisalumificiitaliani.it
Gribaudo www.gribaudo.it
Koch www.kochbz.it
Industrie Rolli www.rolli.it
Paolo Isolati, Gruppo Bauli www.bauli.it
Davide Lambertini, Orogel www.orogel.it
Angelo La Riccia, UNA Hotels www.unahotels.it
Giuseppe Lavazza, Lavazza www.lavazza.it
Sandra Longinotti www.blog.sandralonginotti.it
Giovanni Loser, Illy www.illy.com
Antonello Marconi, Consorzio Ortofrutticolo di Belfiore
Maurizio Martina, Ministero delle Politiche Agricole www.politicheagricole.it
Marco Merighi, Ristorante Il Don Giovanni www.ildongiovanni.it
Gabriele Mezzaqui, I sapori del borgo antico
Aimo, Nadia e Stefania Moroni, Il Luogo di Aimo e Nadia www.aimoenadia.com
NPD Group/Crest Italy www.npdgroup.it
Nomisma www.nomisma.it
Luigi Odello, Istituto Nazionale Espresso Italiano www.espressoitaliano.org
Oleificio Zucchi www.zucchi.com
Fabio Pian, Icam www.icamcioccolato.it
Bruno Piraccini, Orogel www.orogel.it
Gordon Ramsay, Guido Tommasi Editore www.guidotommasi.it
Davide Reciputi, Cateringross www.cateringross.com
Paolo Sari, Ristorante Elsa www.paolosari.com
Anna Sartori, Pasticceria Sartori www.pasticceriasartori.it
Aldo Scaglia, Falicetto www.piacerino.it
Attilio Servi, Pasticceria Servi www.attilioservi.it
Slow Food Editore www.slowfood.it
Fabio Spada, Romeo Chef and Baker www.romeo.roma.it
Maria Grazia e Pier Luigi Soncini, La Capanna di Eraclio
Tre Spade www.trespade.it
Marcus Winkler, Wiberg www.wiberg.eu
Zarpellon www.zarpellon.it
Patrizia Ziveri, Mangia la foglia bio www.mangialafogliabio.com
Giorgio e Ferruccio Zubani, Valledoro spa www.valledorospa.it
Riccardo Zuccali, RZ Service www.rzservice.it
N° 24 Novembre-Dicembre 2014 - Ristorazione & Catering - Poste Italiane Spa - Sped. AP. DL 353/03 Conv. in L. 27/02/2004 N° 46 Art. 1 comma 1 - CN/BO - Edizioni Catering srl – Via Margotti, 8 – 40033 Casalecchio di Reno (BO) - contiene I.P. - costo copia euro 3,50
www.ristorazionecatering.it
&
Bruno
Piraccini
la fiducia
si guadagna,
non si chiede
MAESTRI
CIBO GIUSTO
PECCATI DI GOLA
Aimo e Nadia
Una contagiosa
umanità
Cioccolato,
che passione
Tradizionale o
moderno? Sempre
panettone
N° 24 NOVEMBRE-DICEMBRE 2014
Ristorazione & Catering - Poste Italiane Spa - Sped. AP.
DL 353/03 Conv. in L. 27/02/2004 N° 46 Art. 1 comma
1 - CN/BO autorizz. del Tribunale di Bologna n. 6126 del
25/07/1992
EDITORE
Edizioni Catering srl
Presidente: Sergio Esposito
Via Margotti, 8 – 40033 Casalecchio di Reno (BO)
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C
A
M
Y
CM
MY
REDAZIONE E COLLABORATORI
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Massimo Di Cintio, Mauro Entradi, Alberto Fugagnoli,
Luca Galavotti, Valentina Gradone, Cristina La Corte,
Mauro Lamparelli, Alessandra Locatelli, Antonio Longo,
Lucilla Meneghelli, Mariangela Molinari, Aldo Palaoro,
Giuseppe Palmieri, Guido Parri, Giuseppe Schipano,
Roger Sesto, Giuseppe Vaccarini, Mario Zuffada
CY
CMY
K
FOTOGRAFIE
Piu’ che paste,
nuove idee da far fruttare.
Archivio Barilla, Archivio Edizioni Catering, Archivio
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Francesca Brambilla, Serena Serrani, F. Bolis, S. Barbagallo, Ivano Zinelli
PUBBLICITà
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