Relazione introduttiva

X CONGRESSO REGIONALE FILT MARCHE
12 MARZO 2014 CONERO BREAK
via L. Albertini 6 BARACCOLA 60131 ANCONA
RELAZIONE
CONGRESSUALE
Care compagne e cari compagni,
ci troviamo oggi a concludere il 10° Congresso della FILT Marche, nel percorso
congressuale del 17° Congresso della CGIL.
Percorso durante il quale abbiamo dibattuto 2 documenti, al termine il voto ha
sancito la netta affermazione del documento IL LAVORO DECIDE IL FUTURO prima
firmataria Susanna Camusso con il 95,87 dei consensi, contro il 4,13 del documento
IL SINDACATO E’ UN’ALTRA COSA primo firmatario Giorgio Cremaschi.
Abbiamo svolto 55 assemblee di base nelle 5 provincie della nostra regione, a cui
hanno partecipato complessivamente 980 lavoratrici/ri su un totale di 3017 con una
percentuale del 32,48.
Credo di poter affermare che è stato un ottimo risultato, in un contesto difficilissimo
rispetto al 2010, Aziende che non ci sono più, crisi aziendali diffuse, infatti abbiamo
potuto svolgere meno assemblee, ma abbiamo coinvolto più lavoratori/ci.
Abbiamo appena terminato i Congressi provinciali, che hanno determinato l’elezione
di 3 Segretari provinciali e di 2 coordinatori, e ha composto questa assemblea
congressuale di 85 delegati, di cui 14 donne con una percentuale del 19,7%,
superiore di 1,5 rispetto al 2010, una sostanziale presenza di giovani con meno di 35
anni e una buona rappresentanza di giovani extracomunitari, insomma un’opera di
rinnovamento del quadro dirigenziale considerevole.
Sono molto soddisfatto del lavoro sin qui svolto, non solo per i dati numerici, ma
soprattutto perché è mia convinzione, che le donne, i giovani, gli extracomunitari,
porteranno un valore aggiunto all’organizzazione.
Sugli extracomunitari, avevamo visto giusto 4 anni fa quando, con un progetto
cofinanziato dalla FILT Nazionale, abbiamo parzialmente distaccato il giovane Ewo
Emanuel Lolo, che sta svolgendo nel settore della cooperazione un grandissimo
lavoro e ha sindacalizzato tantissimi extracomunitari che difficilmente avremmo
potuto intercettare.
Approfitto della presenza della FILT Nazionale e della CGIL Regionale per chiedere
che con il loro contributo ci venga permesso di continuare questo distacco, perché
sarebbe davvero deleterio per l’organizzazione tutta rinunciarvi, anzi sfrutto
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l’occasione per rilanciare le nostre necessità del settore perché la FILT avrebbe
bisogno, in un contesto dove le agibilità sindacali sono una chimera, di elaborare un
progetto per seguire con attenzione le dinamiche del fondo pensione e della
previdenza integrativa che a volte trascuriamo, ma che è una grossa opportunità da
spiegare ai lavoratori e una buona occasione per avvicinarli al sindacato.
Fatta questa doverosa premessa, vado ai contenuti principali del Congresso, per
approfondire poi maggiormente il tema dei trasporti e il documento nazionale che
come sempre guiderà la nostra azione e strategia nei prossimi 4 anni.
Un congresso dicevo svolto nel pieno della crisi economica, molto aggravata rispetto
a 4 anni fa, in una regione, la nostra, che aveva in un primo momento assorbito
abbastanza bene il colpo, ma nel tempo il tessuto di micro e medie imprese ha
mostrato tutta la sua fragilità e ha determinato un crollo verticale della produzione e
conseguentemente dell’occupazione.
Un dibattito spesso falsato da problemi contingenti; anche se siamo riusciti ad
affrontare alcuni temi, difficile parlare di politica sindacale con lavoratori che non
arrivano a fine mese o peggio temono per le sorti del loro posto di lavoro.
Negli ultimi anni in Italia sono cambiate molte cose: è stato ridotto il numero degli
impiegati pubblici e la spesa per la retribuzione nel pubblico impiego è stata ridotta
del 4%; hanno fatto una riforma pensionistica che ormai farà andare in pensione
tutti a 67 anni, uomini e donne; hanno portato la spesa per i servizi pubblici e per il
funzionamento della macchina politica al di sotto di due punti rispetto alla media
europea; hanno permesso a una grande azienda come la FIAT di disdettare il
contratto nazionale, di farsene uno a propria immagina e somiglianza e di spostare
la sua sede legale all’estero nonostante tutti gli aiuti di stato elargiti nell’ultimo
ventennio.
Tutto questo perché al nostro paese servivano riforme strutturali, serviva rendere
più flessibile il mondo del lavoro e direi che più flessibile di così non si può visto la
quantità di contratti possibili, serviva abbattere la spesa pubblica. E’ stato fatto
tanto, i governi passati hanno fatto tanto, portando il nostro paese in piena
recessione e a questo punto possiamo dirlo, in piena deflazione. Ma continuano a
chiederci sacrifici. L’Europa continua a rimarcare costantemente che i conti non
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vanno bene, che i nostri conti sono addirittura i peggiori tra quelli del vecchio
continente.
Si è tanto parlato di abbattimento dei costi della politica e di eliminazione degli
sprechi, ma quello che abbiamo subito in questi anni sono stati solo gli abbattimenti
dei servizi e dei diritti dei cittadini.
La riforma pensionistica varata dalla Signora Fornero ha destabilizzato socialmente e
economicamente un intera generazione che si è vista allontanare da sotto il naso la
tanto attesa data del ritiro dal lavoro. Ritiro dal lavoro che avrebbe permesso il
ricambio occupazionale di cui i nostri giovani avrebbero tanto bisogno, ritardando di
almeno 5 anni il loro ingresso nel mondo del lavoro. Non possono andare a lavorare
se quei posti sono ancora occupati dai genitori se non addirittura in alcuni casi dai
nonni.
Non a caso i dati ufficiali sulla disoccupazione pubblicati qualche giorno fa sono
molto preoccupanti: si parla di quasi il 13% di disoccupati, ben 3 milioni e
trecentomila persone che sono in cerca di un posto di lavoro, di questi circa 700.000
sono sotto i 25 anni. Il dato peggiore da 35 anni a questa parte. Poi volendo,
possiamo parlare del dato non ufficiale, di quei quasi altri 7 milioni di soggetti
compresi tra i tanti che ormai hanno rinunciato a cercare un occupazione, tra quelli
che fanno lavori temporanei e salutari che non garantiscono un reddito sufficiente
per il sostentamento, possiamo parlare dei cassaintegrati di lungo corso, che sono
fuori dai numeri ufficiali, ma che di fatto sono inattivi. A questo punto possiamo
affermare che la situazione non è solo preoccupante, è decisamente drammatica.
Hanno varato una riforma senza logica e senza uno studio approfondito di quelle
che potevano essere le conseguenze: hanno creato una nuova categoria , quella
degli esodati, lavoratori che si sono visti cambiare le carte in tavola a partita già
giocata. Ancora oggi sono alla mercé del governo di turno che ciclicamente cerca di
trovare una soluzione per qualche migliaio di disperati che potrebbero ritrovarsi
senza alcun sostentamento in attesa del raggiungimento del requisito pensionistico.
Provate ad immaginare il loro stato d’animo.
Sempre la Signora Fornero, ha messo mano alla riforma degli ammortizzatori sociali
e ha di fatto rivoluzionato tutto quello che era il sistema della disoccupazione e
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soprattutto della mobilità che è stata di fatto abolita, eliminando quello che è stato
un salvagente in molte situazioni difficili. Il neonato governo Renzi pare abbia
annunciato la volontà di rivederla e noi aspettiamo, aspettiamo di capire se
verranno di nuovo cancellati i diritti dei lavoratori o se verrà in qualche modo varata
una norma che tiene conto delle nostri basilari richieste per creare un sistema che
tuteli chi è vittima della crisi, chi perde il l’occupazione, una riforma che coinvolga
tutti i lavoratori e tutte le imprese includendo tutte le categorie contrattuali
subordinate e parasubordinate.
Ogni governo che si succede, compreso quello attuale che non abbiamo ancora
capito se di destra o di sinistra, ma aimè propendo per la prima ipotesi, non fa che
rimarcare il fatto che c’è bisogno di una riforma del mercato del lavoro e di
rimettere di nuovo mano al famigerato Art. 18.
Questo Art. 18 sembra la causa di tutti i mali. Noi siamo pronti: siamo pronti però a
fare un accordo che scardini la precarietà e che estenda diritti e tutele. Siamo pronti
a firmare un accordo che abbia come obiettivo primario la crescita, la crescita vera,
quella che si fa investendo nelle nostre imprese, quella che si fa attraverso il lavoro.
Siamo pronti a una riforma che regolarizzi il precariato e che scardini tutte le forme
anomale di ingresso nel mondo del lavoro, partite iva, associazioni in partecipazione
e chi più ne ha più ne metta. Siamo pronti a una riforma strutturale vera, che non
serva solo ad agevolare i licenziamenti facili e ad avere in azienda collaboratori
sottopagati e stagisti sfruttati.
Aspettiamo risposte concrete da questo nuovo governo anche se, visti i presupposti
e le dichiarazioni di Renzi che non ha intenzione di ascoltare i nostri pareri e le
nostre proposte le premesse non sono delle più rosee. La CGIL ha già annunciato che
il sindacato è pronto alla mobilitazione se non ci verrà fornita qualche risposta su
quali sono i progetti di questo governo, compreso il tanto decantato Jobs Act.
Esigiamo una politica che si assuma le sue responsabilità, che prenda decisioni per il
bene del paese con coerenza e consapevolezza.
Una politica che lavori con trasparenza, che lavori allo sviluppo secondo principi
accettabili per tutti. Un politica che torni a lavorare per il bene comune.
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Un politica pulita, cosciente e chiara. Una politica capace di prendere per mano
questo paese e portarci fuori dal baratro della recessione.
Vogliamo che si riportino le risorse alla scuola pubblica, alla scuola di tutti, che si
torni a finanziare la ricerca, quella di eccellenza, quella che tanti nostri connazionali
fanno all’estero dove riescono a trovare spazi e fondi che in Italia, tra burocrazia,
baroni e raccomandazioni è utopico anche solo immaginare.
Vogliamo una politica attenta a quella che è la risorsa turistica e ambientale del
nostro paese, in grado di contrastare gli interessi e gli abusi di alcuni soggetti dediti
alle costruzioni selvagge e all’inquinamento scellerato di angoli di paradiso .
Vogliamo che si faccia un vero programma di sfruttamento delle energie rinnovabili,
che guardi al futuro e che ci eviti la preoccupazione che ogni volta si presenta
quando c’è qualche crisi nell’est Europa o nei paesi arabi per il timore che chiudano
i rubinetti.
Vogliamo si faccia una vera riforma sanitaria e una riforma dell’assistenza sociale
che permetta ai malati e ai loro familiari di vivere la loro condizione con dignità e
rispettabilità che rafforzi il concetto che il diritto alla salute è un diritto di tutti.
Esigiamo una politica attiva contro la violenza sulle donne. E’ inammissibile che in un
paese moderno si assistano ancora a certe scene di brutalità, sopruso e purtroppo in
troppi casi di crudeltà omicida. Come è inammissibile la crescente omofobia che
purtroppo è ancora troppo radicata nella nostra cultura.
Chiediamo che venga data una svolta epocale alla lotta all’evasione, chiediamo che
tutti siano davvero chiamati ad adempiere a quello che è un dovere comune, pagare
le tasse. In proposito è importante sottolineare l’indicazione della CGIL di
un’imposta sulle grandi ricchezze, l’aumento della tassazione sulle rendite
finanziarie e una riforma dell’irpef che abbassandola sui redditi medio, bassi,
consenta un recupero economico significativo del potere d’acquisto. Bisogna che le
famiglie tornino a spendere, tornino a comprare, viaggiare, sprecare in un certo
senso. C’è bisogno di liquidità immediata per rilanciare i consumi, consumi che
darebbero una spinta notevole al rilancio dell’economia, delle produzioni, dei servizi
e di conseguenza dell’occupazione.
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Chiediamo si torni ad investire nel sistema degli appalti delle Pubbliche
Amministrazioni, evitando sprechi, clientelismi, inefficienze e corruzione; che si
acceleri lo sblocco dei pagamenti a quelle imprese che hanno crediti di migliaia di
euro con lo stato, imprese che hanno al loro attivo migliaia di dipendenti che senza
questi soldi vedrebbero il loro posto di lavoro a rischio.
E’ fondamentale dare spinta alla nuova impresa, dimezzare i tempi della burocrazia
e facilitare l’accesso al credito. E’ stata data una grossa mano alle banche negli
ultimi anni, è tempo che loro tornino a dare una almeno una mano a chi fa impresa,
quella vera, quella che produce non quella che specula soltanto.
E’ inconcepibile che secondo gli ultimi dati, nei prossimi anni aumenteranno in
modo esponenziale i super ricchi. I super ricchi che con le loro banche di affari e le
loro speculazioni hanno di fatto affossato l’economia mondiale.
Bisogna tornare a far si che l’agricoltore, l’artigiano, il piccolo professionista torni ad
avere la possibilità di produrre. Il nostro non è un paese fatto solo da grandi
multinazionali, ci sono decine di migliaia di piccole imprese che fanno occupazione e
che sono troppo spesso dimenticate. C’è bisogno che si torni a una finanza etica e
che la macchina dell’economia, quella vera riparta e che stabilisca una giusta
relazione con l’economia finanziaria.
Come se non bastasse, insieme al confronto con i lavoratori sulla situazione
contingente, nella discussione del Congresso è entrato con forza l’accordo del Testo
Unico del 10 gennaio in attuazione degli accordi del 28 giugno 2011 e 31 maggio
2013, un accordo fortemente contestato e contrastato dalla FIOM e dalla minoranza
CGIL.
Io credo invece che sia un accordo storico, inseguito con tenacia dalla nostra
organizzazione , che dovrebbe porre fine alla stagione degli accordi separati,
questione che per fortuna non ha interessato la nostra categoria, dove il buon senso
e i buoni rapporti delle Organizzazioni Sindacali Nazionali hanno sempre riportato la
trattativa sui Contratti Nazionali all’unitarietà.
Un accordo che permette finalmente alle Organizzazioni Sindacali più
rappresentative la legittimità degli accordi, ponendo fine a Contratti pirata spesso
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sottoscritti da piccole Organizzazioni con il solo intento di legittimare il dumping
sociali da parte delle Aziende ai danni dei lavoratori.
Un accordo che permette finalmente di dare voce e forza ai lavoratori, che possono
decidere se validare o meno i Contratti Nazionali.
Insomma finalmente in un paese democratico almeno in ambito sindacale è passato
il concetto che il 50% più 1 significa maggioranza, magari fosse così anche nel nostro
Parlamento.
Infine non di secondaria importanza si stabilisce che un accordo aziendale è valido
solo se sottoscritto dalla maggioranza delle R.S.U. che sono legittimate dal voto dei
lavoratori, e se sottoscritto dalle R.S.A. puo’ essere sottoposto a votazione dai
lavoratori, nel caso lo richiedesse una Organizzazione Sindacale o il 30% dei
lavoratori.
Io credo che questo accordo firmato con Confindustria il 10 gennaio e con
Confservizi esattamente 1 mese dopo, debba essere sottoscritto da tutte le
Associazioni Datoriali, nessuna esclusa, per permettere a tutto il mondo del lavoro di
avere le stesse regole e le stesse opportunità.
Affronto a questo punto i temi della Categoria, le cui criticità rispecchiano quelle che
sono le condizioni del nostro paese.
La nostra politica regionale purtroppo non si discosta molto da quella nazionale, se è
vero che il polo logistico intermodale porto, aeroporto e interporto sta finalmente
portando alla luce i primi risultati che vi illustrerò più avanti, non altrettanto
possiamo dire del trasporto pubblico locale gomma e ferro.
In particolare sulla gomma a fronte dei tagli nazionali non si è perseguita nessuna
politica di risanamento e di sviluppo delle aziende. Due anni consecutivi di tagli di
risorse hanno portato solo minori servizi ai cittadini, diminuzione occupazionale, e
aziende vicino al collasso.
Solo un grandissimo lavoro delle Organizzazioni Sindacali con la Commissione
Trasporti Regionale durante la discussione del Programma Triennale ha impedito un
disastro totale.
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Un programma che originariamente prevedeva solo e soltanto tagli di risorse e di
chilometri, che avrebbe generato una devastazione sociale anche in vista delle gare
ormai prossime dove l’unico obbiettivo era un ulteriore risparmio dovuto ai ribassi
inevitabili sull’offerta per l’aggiudicazione.
Siamo riusciti a mantenere inalterati i chilometri al servizio dell’utenza, anche se
temiamo che a regime e quindi dopo le gare, il taglio delle risorse comporterà
comunque problematiche sulle inevitabili riorganizzazioni aziendali.
Il verbale sottoscritto a gennaio dovrebbe cautelarci sia per quello che riguarda la
clausola sociale, quindi mantenimento occupazionale ed economico dei circa 1500
lavoratori del settore, sia l’inserimento nei bandi di una premialità della qualità e
quantità del servizio offerto, piuttosto che la migliore offerta economica.
Un settore è bene ricordare che aspetta ormai da oltre 6 anni un rinnovo
contrattuale vero.
Non è giustificabile che da dicembre 2007 si è riusciti a concordare ad aprile 2009
solo un biennio economico e un una tantum ad aprile 2013 a parziale copertura del
triennio 2009/11. In sostanza mancano agli autoferrotranvieri 5 anni di aumenti
economici, un’assurdità, una vergogna, difficile anche commentarla.
Il prossimo 19 marzo l’ennesimo sciopero di 24 ore, il 12° da quando si è aperta la
vertenza, una vertenza che sta costando tantissimo ai lavoratori e al sistema
produttivo del paese. Paradossalmente se i governi in questi anni avessero
finanziato il rinnovo contrattuale, le risorse impiegate sarebbero rientrate in misura
maggiore e senza disagi a lavoratori, studenti e pensionati.
Ma i governi non devono finanziare il contratto, ma hanno l’obbligo di creare le
condizioni perché questo avvenga, le aziende ricevono corrispettivi chilometri
finanziati con denaro pubblico e da questi devono ricavare le risorse necessarie.
Non posso prima di chiudere il capitolo del Trasporto Pubblico Locale e non parlare
della fortissima penalizzazione che subiscono le Marche sul fronte del
finanziamento nazionale.
Siamo all’ultimo posto della graduatoria, ed i politici marchigiani devono pressare il
governo per stabilire un minimo di equità, ne va della sopravvivenza del settore,
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delle nostre aziende e dei nostri lavoratori che sono i meno remunerati a livello
nazionale.
Sul versante ferroviario la regione deve e può fare di più. Il contratto in scadenza a
novembre deve essere più incisivo e cautelativo, sia sul rinnovo del materiale
rotabile, sia sulla quantità e qualità del servizio, sia sul mantenimento delle
infrastrutture e strutture in essere.
RFI sta di fatto operando dei provvedimenti solo al risparmio, ridimensionando in
maniera drastica le stazioni presidiate senza curarsi come al solito dei servizi
all’utenza. Ne hanno già fatte le spese Civitanova, San Benedetto,Senigallia, Fano,
Pesaro e prossimamente anche Jesi.
Hanno chiuso il DCO di Macerata e Fabriano ed è di notevole preoccupazione la
sorte degli impianti di quest’ultimo. In un contesto già devastato dalla crisi
manifatturiera, si rischia la perdita o la delocalizzazione di altri posti di lavoro. Dalle
dichiarazioni di Trenitalia parrebbe evitata la chiusura ma della sottoscrizione di un
impegno ufficiale ad oggi non se n’è vista nemmeno l’ombra e le cosiddette voci di
corridoio ci inducono ad aspettarci brutte notizie a breve termine. Nostro obiettivo
primario è quello di scongiurarne la chiusura. Vorremmo che la nostra battaglia
venisse supportata dalla Regione che non può permettersi di gravare quel territorio
di ulteriore stress sociale.
Situazione opposta è quella delle officine di Ancona, dove l’accordo di gennaio ha
portato migliaia di ore di lavoro, in netta controtendenza rispetto al dato nazionale.
E’ di giugno 2013 l’inaugurazione della tratta elettrificata Ascoli-Porto d’Ascoli,
impianto che da una spinta al rilancio infrastrutturale di cui quel territorio e la
nostra regione hanno un disperato bisogno. Purtroppo però è necessaria una
riorganizzazione dei collegamenti da e per il territorio ascolano, che sono di fatto
assenti completamente nei giorni festivi.
Qualche giorno fa è stato chiesto un incontro con la regione Marche e Trenitalia per
capire come vogliono affrontare la situazione del contratto di servizio e useremo
quella stessa sede per segnalare criticità dei servizi e collegamenti ascolani e
regionali.
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Critici sono anche i collegamenti con la capitale. Nonostante le nostre denuncie e le
nostre richieste, che ormai vanno avanti da anni, le corse vengono ridotte e i treni
viaggiano con ritardi continui. La situazione peggiora di giorno in giorno e di certo
non aiutano i ritardi decennali nei lavori per il raddoppio della Orte-Falconara e su
questo chiediamo alla Regione Marche una forte pressione sul Governo in quanto
sono inaccettabili le condizioni strutturali di quella tratta.
In contrapposizione registriamo un potenziamento della tratta Ancona Milano,
collegamento che necessita di un prolungamento di tratta verso Pescara per coprire
il sud delle Marche già fortemente penalizzato da Trenitalia nel servizio a lunga
percorrenza, garantito dal freccia rossa di quest’ultima e dalle 3 cose giornaliere di
NTV.
NTV che nel 2013 ha chiuso in rosso per 76 milioni di euro e che nei giorni scorsi ha
concluso un accordo di solidarietà per un migliaio di dipendenti al fine di scongiurare
circa 80 licenziamenti.
La crisi dei numeri passeggeri non ha risparmiato nemmeno loro, che a fronte di
ingenti investimenti hanno fatto slittare al 2016 l’obiettivo per il raggiungimento del
pareggio di bilancio. Questo a dimostrazione che non sempre privato significa
ottimizzazione, fatturato e ricavo. Nei periodi di crisi di numeri, il privato così come il
pubblico lamenta le stesse criticità e difficoltà.
In riferimento al trasporto merci ferroviario, la crisi del settore sta accelerando da
parte di Trenitalia la volontà di dismettere in pratica questo segmento, affidandolo
alla sua controllata Serfer, con il relativo passaggio dei lavoratori. Tema ancora in
fase embrionale, che sarà questione da dibattere nei prossimi mesi a livello
nazionale ma su cui siamo assolutamente contrari in quanto ci sarebbe bisogno di
un potenziamento per dare finalmente una svolta eco ai nostri trasporti e per
scongiurare un ulteriore ingresso di società straniere sulla nostra rete.
Quando parlo di ferrovie, non posso di certo esimermi dal soffermarmi su quella che
è la situazione degli appalti.
L’eccessiva frammentazione imposta da Moretti e le minori risorse messe in campo
dalle ferrovie, hanno portato a situazione instabili e disarticolate; con i continui
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cambi di appalto sta succedendo di tutto, ditte che offrono massimo ribasso per poi
ovviamente fallire e vertenze a non finire.
Il ricorso agli ammortizzatori sociali è praticamente continuo, l’accredito dello
stipendio non è mai regolare e, oltre alle continue dichiarazioni di sciopero, troppo
spesso purtroppo registriamo fermate spontanee dei lavoratori stanchi della
situazione precaria in cui si trovano. A farne le spese comunque è sempre il
cittadino: sono giornaliere ormai le proteste per treni sporchi e lerci,ma questi
ragazzi ormai sono all’esasperazione e usano le uniche armi che hanno, creare il
disservizio. Ma di questo a Moretti pare che nulla interessa.
Si sta addirittura rischiando che vengano perse le tutele del contratto delle attività
ferroviarie in quanto, in diverse realtà, procedono già ad assunzioni applicando
contratti meno onerosi per le aziende e di contro meno tutelativi per i lavoratori.
Nel prossimo mese di giugno, andranno a gara il servizio pulizia del trasporto
regionale accessori e treni a lunga percorrenza. Sarà un momento molto delicato. La
speranza è che le aziende appaltatrici si rivelino solide e rispettose del contratto
nazionale. Sarà nostro dovere, vigilare e lavorare per il rispetto delle leggi e delle
tutele dei nostri lavoratori.
Lavoratori che stanno purtroppo perdendo le loro tutele sono quelli del comparto
merci. Un comparto che fino a 4 anni fa era in costante espansione occupazionale e
di forte sindacalizzazione.
Quello del merci è uno dei settori che più ha risentito della crisi produttiva del
nostro paese e dell’aumento dei costi del carburante, un settore dove gli
investimenti pubblici sono stati minimi e senza logica e dove il numero delle aziende
strutturate è particolarmente esiguo.
Siamo di fronte a un proliferare di illegalità e spesso anche di criminalità. Troppe
sono le aziende che spostano la loro sede all’estero, in quei paesi che di fatto gli
permettono di eludere tutte quelle che sono le normative a tutela dei lavoratori,
tutela retributiva e tutela della salute.
E’ necessario che si torni rapidamente a un controllo costante e a tappeto di quelli
che sono i mezzi che circolano nel nostro paese: chi sono, cosa portano, da dove
vengono
e
soprattutto
da
chi
vengono
guidati.
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E’ necessario che vengano puniti quei soggetti che cercano di eludere le nostre leggi
a discapito non solo del povero lavoratore costretto a lavorare sottopagato e senza
garanzia, ma anche di tutti noi, di ogni singolo cittadino in quanto queste aziende
evadono centinaia di milioni di euro di tasse.
Chiediamo che sulle nostre strade si rafforzi la presenza delle forze dell’ordine per
un controllo continuo e costante.
E’ dal 2012 ormai che come categoria e confederazione ci siamo attivati con
denunce alle istituzioni pubbliche. Si sono succeduti incontri con prefetti, forze di
polizia e enti di controllo per cercare di dare un freno all’illegalità dilagante del
settore. Abbiamo cercato di tutelare anche quelle imprese sane che cercano di
lavorare nel pieno rispetto del contratto nazionale, imprese che si vedono mettere a
rischio le commesse e vengono soppiantate da queste aziende criminali che non
rispettano gli obblighi contrattuali e contributivi. Non a caso insieme a noi a
combattere questa battaglia ci sono le più importanti associazioni datoriali.
Con la sigla del contratto nazionale inclusivo di tutta la filiera si è raggiunto un primo
importante obiettivo e con il protocollo del 15 febbraio scorso con i rappresentati di
categoria, si è sottoscritto un fondamentale impegno di applicazione delle regole
contrattuali e di lotta all’illegalità e sfruttamento della manodopera. E’ importante
tenere costantemente sorvegliate tutte quelle situazioni cooperativistiche che di
cooperativo hanno solo il nome.
Così come dobbiamo tenere sorvegliata con la Regione la situazione che riguarda i
tre nodi infrastrutturali presenti nel nostro territorio, porto aeroporto e interporto.
E’ fondamentale la realizzazione di una piattaforma logistica ferro-gomma-aria che
dovrà diventare il cuore dello smistamento delle merci, e incoraggiare un aumento
anche del volume dei traffici marittimi nel porto di Ancona.
Tre realtà che presentano situazioni abbastanza difformi tra loro.
L’aeroporto presenta una serie di criticità dovute alla crisi e alla cattiva gestione di
chi era stato chiamato a risollevarne le sorti. Gestione allegra e scellerata, volta allo
spreco e non al risanamento. Elargizione di bonus e benefit che l’aeroporto di certo
non poteva permettersi. Oggi a pagarne le conseguenze sono quei lavoratori che
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vedono il loro posto di lavoro diventare precario e incerto a causa dei 37 milioni di
euro di debiti accumulati.
E’ di pochi giorni fa la sottoscrizione di un accordo che dovrebbe salvaguardare
l’occupazione a fronte di un sacrificio stipendiale. Un sacrificio sofferto e faticoso ma
indispensabile per riportare il costo del lavoro in linea con la media nazionale in
rapporto al fatturato.
In questo contesto difficilissimo il reimpiego di 11 dei 16 lavoratori di carico e
scarico bagagli e merci messi alla porta a giugno dello scorso anno, evidenzia lo
sforzo di intenti che la società ha attuato dietro continue richieste e rivendicazioni
della FILT. Sforzo che si protrae ormai da qualche mese, con continui incontri,
riunioni volte a salvaguardare i livelli occupazionali. I 5 ragazzi rimasti fuori in questa
prima fase, contiamo di reintegrarli con l’arrivo della stagione estiva, che comporta
come ogni anno aumento di traffici. Aumento di traffici che sarebbero necessari
anche nella stagione invernale per riportare l’aeroporto ad una soglia passeggeri che
permetta una sostenibilità finanziaria.
Una parziale sostenibilità che oggi viene garantita dal traffico merci che colloca
l’aeroporto al decimo posto nella classifica nazionale. Di fondamentale importanza è
la concessione trenta cinquennale del Ministero dei Trasporti che permette una
programmazione a lungo termine per raggiungere l’obiettivo prioritario
dell’aumento del trasporto passeggeri.
Sul porto la nomina del nuovo Commissario Rodolfo Giampieri, speriamo a breve
nuovo Presidente, espressione del territorio è un fatto sicuramente importante vista
la sua comprovata esperienza. Esperienza che è stata sicuramente decisiva per dare
risposte celeri e puntuali alle esigenze tecniche ed economiche di Costa Crociere,
che ha di fatto cancellato il porto di Ancona tra i suoi scali nell’anno 2014 ma che
ritornerà nel 2016. Una sortita che di certo penalizza un settore, quello passeggeri
che, considerata il perdurare della crisi internazionale, ha comunque fatto
registrare un piccolo trend positivo dovuto soprattutto alla direttrice greca.
Trend purtroppo non confermato in quello che è il traffico merci che ha registrato
negli ultimi 6 anni una calo di quasi 2,5 milioni di tonnellate e nel 2013 un calo
complessivo del 12% rispetto all’anno precedente. Calo che riguarda tutte le
tipologie di merci a parte di quelle in container che ha registrato un trend positivo
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che va ben oltre i dieci punti percentuali. Cali che comunque sono coerenti con le
criticità verificatesi nell’anno passato come la chiusura della raffineria Api e che
comunque fino ad oggi hanno permesso di mantenere inalterata l’occupazione.
Di particolare riferimento e importanza è il dato crescente, + 18%, dell’export
marchigiano. Dato che testimonia che le imprese marchigiane continuano ad
affermarsi nel mercato mondiale.
Un porto che per svilupparsi ha bisogno del completamento delle sue infrastrutture
come la banchina rettilinea e la diga di sovra flutto che sembrano ormai quasi in
dirittura d’arrivo. Questo permetterà una migliore capacità attrattiva e ricettiva dei
traffici, spazi di lavorazione più ampi e la restituzione del water-front alla città. Una
prospettiva di sviluppo per il porto non indifferente che però rischia di venire
compromessa dal ritardo ormai ventennale dell’uscita a ovest di cui non si
conoscono ancora tempi e oneri di realizzazione e costi di pedaggio. Costi di
pedaggio che se troppo gravosi potrebbero compromettere l’effettiva sostenibilità
del progetto.
Di particolare rilevanza per permettere un piano di sviluppo ambizioso è di certo la
necessità di una riforma del sistema portuale. Un riforma che tuteli l’autorità
portuale delle Marche nell’ambito del processo di riordino nazionale. L’idea di
accorpare le autorità portuali del Ministro Lupi, è profondamente sbagliata. E’
invece indispensabile garantire la loro autonomia finanziaria per permettere un
coordinamento razionale della logistica che permetta attraverso l’intesa delle
Regioni, delle autorità portuali, porti, interporti, reti ferroviarie e viarie di rispondere
alla domanda del mercato e puntare a una maggiore efficienza e competitività
dell’intero ciclo logistico.
Importante nel settore il rinnovo del Contratto Nazionale avvenuto 2 mesi fa.
Un contratto che oltre a dare certezza economica e normativa ai lavoratori, è una
spinta propulsiva in ottica di riforma della legislazione portuale, che deve
riconoscere anche ai dipendenti delle Autorità Portuali il diritto al contratto,
bloccato dall’assurda interpretazione che li equipara ai dipendenti pubblici.
Dopo Aeroporto e Porto, è naturale parlare di Interporto quale volano di sviluppo e
di integrazione intermodale. L’individuazione dell’interporto Marche da parte del
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Parlamento Europeo come Rail-Road Terminal, cioè un nodo di scambio modale
gomma-ferro che permette il collegamento della nostra regione con il Corridoio
Helsinki-LaValletta tramite la linea ferroviaria Bologna-Ancona, avvalora
l’importanza strategica della struttura.
Se ci soffermiamo a guardare gli scenari internazionali, ci rendiamo conto che con il
completamento delle infrastrutture portuali, si consentirà di pianificare azioni ed
attività di notevole importanza.
L’interporto deve diventare il punto di riferimento naturale del Porto per la raccolta
ed il rilancio delle merci da e verso il centro nord Europa, di contro il porto deve
diventare punto di raccolta e di rilancio verso oriente. Nonostante a livello nazionale
siano già attive diverse direttrici ferroviarie, è indispensabile per far diventare
questo circolo il più virtuoso il potenziamento delle relazioni via ferro per il Nord
Europa e farle diventare stabili e regolari.
Gli accordi già stipulati tra Porto interporto e aeroporto in questi anni sono di certo
un buon trampolino di lancio, una buona base, ma ora si necessità di azioni per far
rientrare le infrastrutture di riferimento in un contesto più internazionale e per far
loro assumere un ruolo strategico.
La crisi strutturale in atto, soprattutto quella del trasporto merci su gomma, ha
determinato una diminuzione dei traffici sul tracciato autostradale che si attestano
intorno al 7/8 % annuo. Certo, l’azienda rimane sempre con un forte attivo, ma
questi dati sono secondo me la dimostrazione di come siano collegate le sorti dei
vari settori: calo dei consumi – calo della produzione – calo delle merci trasportate –
calo introiti autostradali.
La fusione di Gemina, holding di controllo di aeroporti di Roma, in Atlantia, holding
di controllo di autostrade, costituisce il punto di approdo di un disegno industriale
volto alla creazione di un operatore di rilevanza internazionale nel settore delle
infrastrutture autostradali e aeroportuali.
L'obiettivo dell'operazione, è quello di creare un operatore leader in Italia e a livello
internazionale, nel settore delle concessioni autostradali e aeroportuali, con la
finalità di creare nuove opportunità di crescita nel settore delle infrastrutture.
In questo contesto assisteremo ad un percorso graduale, all’interno del quale il
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sindacato dovrà necessariamente confrontarsi con logiche industriali di gruppo e
non più come eravamo abituati a livello di singola azienda.
La tutela dell’occupazione, del lavoro, dei diritti e la possibilità di creare nuovi posti,
avrà un perimetro di riferimento notevolmente allargato rispetto al recente passato.
La nomina di un nuovo direttore generale in Autostrade, il cambio di una figura
storica come il responsabile delle relazioni industriali avvenuto in questi giorni,
determina un cambio di passo e chiude definitivamente un epoca, che diciamocelo
pure, era da considerarsi al tramonto ormai da tempo.
Nell’immediato futuro potremmo assistere ad un cambiamento delle relazioni
industriali, passando da un approccio “politico”, con tutto ciò che questo
comportava in termine dilatazione dei tempi della negoziazione, con momenti che
erano vere e proprie liturgie, ad un approccio tecnico/ingegneristico, pragmatico e
determinato, tradotto, insomma per usare una terminologia propria di questo
mondo, “transiteremo” dall’asserire al realizzare.
Il concretizzarsi dei contesti esposti, dovrà vedere un riposizionamento del sindacato
tutto, ma in particolare della FILT, che da sempre è stata l’elemento trainante della
contrattazione, in modo tale da poter cogliere le opportunità che si presenteranno,
coniugando i legittimi interessi di un azienda internazionalizzata, con la tutela degli
occupati, dei loro diritti, ma avendo ben chiaro l’obiettivo di fare nuova
occupazione.
Il piano industriale 2014/2015 in discussione in questi giorni, potrebbe già essere il
banco di prova, in passato in questo settore, abbiamo già dimostrato di poter
vincere anche le scommesse più complesse e difficili.
In questi anni per la prima volta Aspi ha presentato al sindacato un progetto mirato
a depotenziare il servizio di assistenza alla viabilità, passando da squadre dedicate al
pattugliamento di due operatori al mono operatore. Ciò è stato oggetto di molte
contestazioni e trattative, con una particolare attenzione a quella che è la sicurezza
sui luoghi di lavoro.
Molto controverso è stato anche l’ultimo rinnovo contrattuale soprattutto in
riferimento alla creazione di Contact center che nell’immaginario della dirigenza
dell’azienda, dovrebbero in futuro andare a sostituire integralmente i Punti Blu. Di
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certo la nostra preoccupazione riguarda quegli operatori che negli anni passati sono
stati abbagliati da condizioni di lavoro migliori e oggi invece rischiano di vedersi
ricollocare arbitrariamente.
Anche in questo ambito è impossibile non rimarcare il brusco stop che ha subito il
Contratto della Viabilità, che doveva unificare appunto i lavoratori di Autostrade e
ANAS, anche questi ultimi come quelli delle Autorità Portuali equiparati a dipendenti
pubblici, e quindi sottoposti a norme restrittive.
A livello territoriale sul 7° tronco Marche-Abruzzo, grazie a una forte e competente
azione sindacale, si è fino ad oggi riusciti a mantenere buone relazioni ed a
contrattare condizioni di lavoro soddisfacenti.
La panoramica sulla categoria evidenzia quella che è diventata la difficoltà del nostro
operare, del nostro affrontare ogni giorno quelle piccole grandi crisi senza perdere
l’entusiasmo e la voglia di fare e di risolvere. Nuova spinta propositiva ci viene
sicuramente data dal documento congressuale della FILT Nazionale, IL LAVORO
TRASPORTA IL FUTURO.
Un documento come dicevo in premessa che ha l’ambizione di indicare quale
modello di trasporto e quale modello lavorativo vogliamo.
Voglio iniziare commentando i dati contenuti nel documento, che evidenzia una
sofferenza ed un arretramento di tutti i sistemi trasportistici negli ultima 4 anni e la
drammaticità se il raffronto viene fatto con i dati ante-crisi.
Un segnale chiaro, che la dice lunga sulla inesistenza di una politica dei trasporti in
questo paese, perché, se da una parte il segno negativo nel Merci è sicuramente
gran parte derivato dalla crisi, il calo allarmante dei passeggeri non trova nessuna
spiegazione, anzi in tempo di crisi, certe modalità di trasporto avrebbero dovuto
determinare un aumento di trasportati.
Ma come è possibile aumentare il numero dei trasportati se negli ultimi 3 anni si è
pensato solo a comprimere i costi e il Fondo Nazionale Trasporti è stato decurtato di
circa 1 miliardo e mezzo di euro?
Come è possibile se si è permesso a Trenitalia di investire solo sull’alta velocità e di
abbandonare a se stesso il Trasporto Regionale?
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Come è possibile se invece di dare opportunità di trasporto a tutto il sistema Italia, si
è investito solo in alcune nicchie più ricche, dimenticando i pendolari ?
Come è possibile se invece di investire sul sistema infrastrutturale e quindi
potenziando, aumentando, le capacità di trasporto e le opportunità di integrazione
dei vari sistemi trasportistici, si è solo pensato a tagliare risorse e a lavorare in
comparti stagni per ogni singola modalità ?
E sul trasporto merci il trend negativo di tutte le modalità è solo colpa della crisi o
dimostra che nulla si è fatto e nulla si vuol fare per correggere le storture del
sistema di movimentazione delle merci in questo paese?
Le autostrade del mare che dovevano togliere tanti mezzi dalle strade e autostrade
che avrebbero permesso uno sviluppo del sistema portuale, e nello stesso tempo
dare vita alla green economy nel sistema trasporti, dove sono finite?
Il trasporto delle merci su rotaia che doveva contribuire a questa logica dov’è finito?
Il tanto atteso e completato allargamento della galleria di Cattolica, che era di
ostacolo al trasporto di tir su treno, a cosa è servito se a meno di smentite a
tutt’oggi nessun tir è mai stato messo su un treno?
E la discussione sull’accorpamento delle Autorità Portuali fa parte di un disegno
strategico? O è il frutto di una discussione politica fine a se stessa?
La discussione sugli aeroporti fa parte di un disegno strategico? O è il frutto di una
discussione politica fine a se stessa? Si fa tanto parlare della chiusura degli aeroporti
minori, ma se gli studi dimostrano che questa metterebbe a rischio altri segmenti
produttivi e dei servizi con perdite in settori importanti come il turismo per miliardi
di euro, che senso ha? Si vuole forse accentuare il divario economico e sociale tra le
aree più ricche del nord e quelle meno sviluppate del sud?
La privatizzazione della Tirrenia non necessaria e quanto meno inopportuna fa parte
di un disegno strategico? O è stata come lo è stata, una concessione privilegiata agli
armatori privati e di fatto una ulteriore privazione e dismissione di una flotta
pubblica perdendo praticamente il controllo di questa opportunità di trasporto?
Ecco io credo che a queste domande ci sia una sola risposta, la politica deve sedersi
attorno ad un tavolo e costruire un sistema trasporto per il paese, un sistema fatto
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di integrazioni, di sviluppo, di opportunità, di un sistema infrastrutturale a rete, che
permetta una mobilità di persone e merci in linea con il fabbisogno e non con i
favoritismi di questa o quella lobby.
La privatizzazione non può essere spinta oltre il limite. Il pubblico, la cosa pubblica,
deve necessariamente essere il solo ed unico organo di regolamentazione, perché
deve essere la politica a regolare il sistema trasporti, con regole certe e risorse
sufficienti. Quindi non un costo da comprimere, ma un costo necessario per il bene e
lo sviluppo del paese.
Un sogno ? Può essere, ma senza sogni non si costruisce il futuro e se vogliamo
costruire il futuro, non possiamo fermarci alla realtà.
Vorrei chiudere citando un paio di passaggi di una canzone di De Gregori: La storia
siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso; La storia siamo noi che abbiamo
tutto da vincere e tutto da perdere.
Carissime compagni e carissimi compagni bisogna crederci. Bisogna che ognuno di
noi decida di non mollare e continuare a provare a fare la storia, a lottare, a far
valere i nostri diritti. Il popolo della FILT e della CGIL c’è.
Saremo sempre in prima fila per difendere i diritti di tutti, delle lavoratrici e dei
lavoratori, di quelli di sinistra e anche di quelli di destra, dei ragazzi che vanno a
scuola e che hanno il diritto di guardare al futuro con speranza, del pensionato che
dopo una vita di lavoro e sacrificio ha il diritto di godersi una pensione dignitosa,
della mamma di famiglia che deve avere il diritto di scegliere senza costrizioni e
ricatti come crescere i propri figli.
Siamo noi insieme che possiamo fare la storia, noi che possiamo addirittura
cambiare la storia senza subire mestamente gli eventi. Siamo noi, insieme che
dobbiamo ribellarci a quest’Italia che non è più una bella Italia, che non è più la
nostra Italia. Un Italia bisognosa di un rinnovamento politico e democratico. Un
Italia che ha tutte le potenzialità, le energie dell’imprenditoria e della cultura per
tornare grande, per essere l’Italia che sogniamo e che vogliamo e noi, noi della CGIL,
insieme, con passione, convinzione, intelligenza e decisione ce la possiamo fare.
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