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PANORAMA LEGISLATIVO
ISTISSS
Anno VIII – n. 171
Care lettrici e cari lettori,
.in relazione al complesso processo di riforma dello Stato, avviato già con la legge 59/97, con la
legge 127/97, con il d.lgs.112/98, con la legge 133/99 e il d.lgs. 56/00, e concluso con le leggi
costituzionali n. 1/99, n. 2/99 e n. 3/01 e, a seguire, la legge 138/03, l’ISTISSS si è impegnato fin
dal 2007 a seguire con tempestività la legislazione statale e regionale, e i conseguenti atti
amministrativi, nelle materie indicate dall’art. 117 della Costituzione.
Infatti, nel corso di oltre quaranta anni le Regioni in particolare hanno sviluppato una lunga
attività legislativa, programmatoria e di alta amministrazione (con specifici atti di indirizzo)
che le ha portato ad esprimere una propria “cultura” di governo che senz’altro costituisce un
patrimonio storicamente acquisito,da tenere nella dovuta considerazione, anche nella
prospettiva del federalismo e del rafforzamento delle autonomie locali, secondo il principio di
sussidiarietà verticale sancito dall’Unione Europea.
Tenendo conto delle crescenti funzioni che le Regioni vanno più assumendo nel quadro delle
politiche sociali e di welfare, gli atti delle Regioni, espressi, come è noto negli atti di
legislazione, di programmazione, di controllo e di indirizzo, rappresentano il risultato di
notevoli elaborazioni concettuali e dottrinali, che portano a definire un quadro che si
caratterizza come un processo in continua evoluzione, e che sottolinea la diversità e la
peculiarità delle singole Regioni, pur nell’osservanza di una unità di fondo che è riferibile alla
garanzia data dalla Costituzione della Repubblica con i suoi principi e le sue idealità.
Pertanto PANORAMA LEGISLATIVO ISTISSS sono illustrati e commentati (per gli atti più
importanti e significativi) la legislazione e gli atti amministrativi statali e della legislazione e
degli atti amministrativi delle Regioni, articolati per aree tematiche riferite sia alla
articolazione funzionale che si collega alle materie indicate nel dlgs.112/98, sia a più specifici
approfondimenti di campi più “mirati” in rapporto alle realizzazione delle politiche sociali e
di welfare.
La fonte primaria per la redazione del “Panorama legislativo di politiche sociali” è data sia
dalla Gazzetta Ufficiale della Repubblica, per lo Stato, sia dai Bollettini Ufficiali Regionali
delle Regioni per ciò che concerne le leggi regionali, gli atti di programmazione, gli atti di
indirizzo e di amministrazione.
La cadenza di PANORAMA LEGISLATIVO ISTISSS ha una frequenza
quindicinale e viene edito di norma il PRIMO e il SEDICI di ogni mese.
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Tale strumento di conoscenza, oltremodo faticoso ed impegnativo per chi lo redige, è
pubblicato in modo assolutamente gratuito sul sito ISTISSS: www.istisss.it .
Al fine di sostenere lo sforzo e l’impegno che sta dietro alla redazione di PANORAMA
LEGISLATIVO, si richiede pertanto la sottoscrizione dell’abbonamento alla RIVISTA DI
SERVIZIO SOCIALE, che rappresenta l’unica fonte di riferimento per dare continuità al
tema delle problematiche connesse allo svolgimento dell’attività professionale degli operatori
sociali, con puntuali aggiornamenti e approfondimenti specifici.
La Rivista è disponibile a pubblicare testimonianze ed articoli degli operatori sociali (“buone
pratiche”) in base alla valutazione del Comitato scientifico
L’abbonamento annuale è di:
- 40 euro per gli Enti (Comuni, Province, Regioni Consorzi, Enti Assstenza sociale, IPAB,
ASP, ASL, INAIL, INPS e relative sedi decentrate, Università, Istituti Professionali di servizio
sociale, ecc.
- 38 euro per operatori singoli;
- 25 euro per studenti di Istituti Professionali di servizio sociale, iscritti al corso di Laurea di
Servizio Sociale, Sociologia, Educatori Professionali, Psicologia, Laurea Specialistica in
MASSIFE, ecc. (NB: Occorre indicare nella causale il Corso di Laurea e il numero di
matricola)
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PANORAMA LEGISLATIVO ISTISSS E’ REDATTO, IMPAGINATO, ILLUSTRATO E
COMMENTATO DA LUIGI COLOMBINI*
*Già docente di legislazione ed organizzazione dei servizi sociali – Università statale Romatre
NB
L’illustrazione dei provvedimenti, pur redatti e commentati, ha solo valore informativo, e in
ogni caso si rinvia alla lettura ufficiale ed integrale dei documenti nella Gazzetta Ufficiale e
nei Bollettini Ufficiali Regionali
Per comunicazioni, chiarimenti, osservazioni, suggerimenti: [email protected]
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INDICE N. 153
PANORAMA STATALE
EDILIZIA
ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA
Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, relativi al mese di ottobre 2014, che
si pubblicano ai sensi dell’art. 81 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di
immobili urbani), ed ai sensi dell’art. 54 della legge del 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la
stabilizzazione della finanza pubblica). (GU n. 276 del 27.11.14)
ENTI LOCALI
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 6 novembre 2014 - Determinazione a conguaglio del contributo compensativo spettante ai
comuni a seguito dell’abolizione della seconda rata dell’IMU 2013. . (GU n. 271 del 21.11.14)
MINISTERO DELL’INTERNO
DECRETO 6 novembre 2014 - Attribuzione del contributo di 625 milioni di euro ai comuni.
DECRETO 24 ottobre 2014 - Riparto del contributo ex articolo 2-bis del decreto-legge 31 agosto 2013, n.
102, introdotto in sede di conversione dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, per l’attribuzione ai comuni del
minor gettito dell’imposta municipale propria (IMU) relativo agli immobili equiparati all’abitazione
principale, per l’anno 2013. (GU n. 274 del 25.11.14)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
DIPARTIMENTO PER GLI AFFARI REGIONALI, LE AUTONOMIE E LO SPORT
DECRETO 16 gennaio 2014 - Fondo nazionale integrativo per i comuni montani. (GU n. 276 del 27.11.14)
MINISTERO DELL’INTERNO
Integrazioni alla descrizione delle voci contabili dei modelli allegati al decreto 14 maggio 2013, recante:
«Certificazioni di bilancio di previsione 2013 delle amministrazioni provinciali, dei comuni, delle comunità
montane e delle unioni dei comuni.». (GU n. 277 del 28.1114)
FISCO
DECRETO LEGISLATIVO 21 novembre 2014, n. 175 - Semplificazione fiscale e dichiarazione dei
redditi precompilata. (GU n. 277 del 28.1114)
PREVIDENZA
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MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
Approvazione della delibera n. 20562/14 adottata dal Consiglio di amministrazione della Cassa nazionale di
previdenza ed assistenza per gli ingegneri ed architetti liberi professionisti in data 7 maggio 2014. (GU n. 268
del 18.11.14)
PRIVATO SOCIALE
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
Linee di indirizzo per la presentazione ed il sostegno di iniziative formative e di informatizzazione e di
progetti sperimentali ai sensi dell’articolo 12, comma 3, lettere d) ed f), della legge 7 dicembre 2000, n. 383,
da parte delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri di cui all’articolo 7 della medesima legge
– Anno 2014. (GU n. 270 del 20.11.14)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 9 ottobre 2014 - Liquidazione coatta amministrativa della «Cooperativa sociale Pianeta Lavoro
società cooperativa - onlus, abbreviata Cooperativa sociale Pianeta Lavoro onlus», in Dronero e nomina del
commissario liquidatore. (GU n. 272 del 26.11.14)
SANITA’
MINISTERO DELLA SALUTE
DECRETO 7 ottobre 2014 - Protocolli diagnostici nei casi della morte improvvisa infantile e della morte
inaspettata del feto. (GU n. 272 del 22.11.14)
DECRETO 30 ottobre 2014.- Conferma del riconoscimento del carattere scientifico della Fondazione
Istituto Neurologico «Casimiro Mondino» in Pavia, per la disciplina di «Malattie del sistema nervoso. (GU
n. 277 del 28.1114)
PANORAMA REGIONALE
AMMINISTRAZIONE REGIONALE
LAZIO
L.R. 24.11.14, n. 12 Disposizioni di razionalizzazione normativa e di riduzione delle spese regionali. (BUR n.
94 del 25.11.14)
DGR 11-11-14, n. 765 - Convenzione reg. cron. n.12440 del 12/02/2010 tra Regione Lazio e società LAit Spa
per la realizzazione del Sistema Informativo Regionale. Approvazione del Programma Operativo Annuale
2014. (BUR n. 94 del 25.11.14)
DGR 11.11.14, n. 766 - Ratifica Accordo quadro ed Approvazione schema Accordo Operativo tra Presidenza
del Consiglio dei Ministri Scuola Nazionale dell'Amministrazione (SNA), Regione Lazio, Istituto di Studi
Giuridici Arturo Carlo Jemolo e l'Agenzia Sviluppo Amministrazioni Pubbliche (ASAP) per lo svolgimento di
attività di formazione in materia di anticorruzione e trasparenza amministrativa. (BUR n. 94 del 25.11.14)
VENETO
DGR 28.10.14, N. 1939 - Approvazione definitiva del codice di comportamento dei dipendenti
della regione del veneto, adottato con deliberazione di giunta n. 38 del 28 gennaio 2014, ai sensi del
5
decreto legislativo n. 165 del 30 marzo 2001, art. 54, comma 5. (BUR n. 110 del 18.11.14)
ANAGRAFE
LOMBARDIA
DCR 4.11.14 - n. X/508 - Mozione concernente la trascrizione nei registri dello stato civile dei matrimoni tra
persone dello stesso sesso celebrati all’estero. (BUR n. 47 del 17.11.14)
ANZIANI
FRIULI V-GL.R. 14.11.14, n. 22 - Promozione dell’invecchiamento attivo e modifiche all’articolo 9 della legge regionale
15/2014 (in materia di protezione sociale). (BUR n. 47 del 19.11.14)
BARRIERE ARCITETTONICHE
LAZIO
DD 28.8.14, n. G12176 Legge n. 13/1989 e L.R. 18.6.91 n. 21, art. 32 - Disposizioni per favorire il
superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati. Approvazione della
graduatoria regionale anno 2013 - Concessione dei contributi - Importo 9.699.997,74= - Capitolo E56501 EE. FF. 2014/2016 - Macroaggregato di V° livello 12.02 - 2.03.01.02.003 .(BUR n. 90 dell’11.11.14)
BILANCIO
EMILIA-ROMAGNA
L.R. 18.11.14, n.23 - Rendiconto generale della regione emilia-romagna per l'esercizio finanziario 2013.
(BUR n. 331 del 18.11.14)
FRIULI V.G.
L.R. 5.11.14, n. 19 - Rendiconto generale della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia per l’esercizio
finanziario 2013.
EDILIZIA
LOMBARDIA
DGR 14.11.14 - n. X/2648 . Completamento delle iniziative regionali 2014 a sostegno delle famiglie per il
mantenimento delle abitazioni in locazione. (BUR n. 47 del 17.11.14)
UMBRIA
DGR 20.4.14, n. 1321 - Legge 9 dicembre 1998, n. 431 e succ. mod. ed integr. - art. 11 - DCR n. 755 del 20
dicembre 1999 - Fondo nazionale per l’accesso alle abitazioni in locazione - Bando per l’assegnazione dei
finanziamenti relativi all’anno 2014 - Determinazioni. (BUR n. 52 del 12.11.14)
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DGR 20.10.14, n. 1322 - DGR n. 967 del 28 luglio 2014 - Definizione delle linee guida regionali per la
determinazione del canone concordato - Nomina dei componenti in seno al gruppo di lavoro. (BUR n. 52
del 12.11.14)
DGR 3.11.14, n. 1393 - L.R. 28 novembre 2003, n. 23 e s.m.i. - art. 3, comma 9- DD.G.R. n. 971 del 28 luglio
2014 e n. 1187 del 22 settembre 2014 - Interventi a favore di particolari categorie sociali per l’acquisto della
prima casa - Ulteriori determinazioni. (BUR n. 52 del 12.11.14)
ENTI LOCALI
LAZIO
DPGR 14.11.14, n. T00419 - D.G.R. n. 647 del 7 ottobre 2014. – Nomina componenti dell'Osservatorio
regionale per l'attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56 «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle
province, sulle unioni e fusioni di comuni». (BUR n. 92 del 18.11.14)
DCR 12.6.14, n. 1 - Deliberazione del Consiglio delle Autonomie Locali del Lazio del 12 giugno 2014 n. 1.
Elezione del Presidente del Consiglio delle Autonomie Locali (CAL), ai sensi dell'art. 5 della legge regionale
26 febbraio 2007, n. 1 e ss.mm.(Disciplina del Consiglio delle Autonomie Locali). (BUR n. 94 del25.11.14)
DCR 12.6.14, n. 1 - Deliberazione del Consiglio delle Autonomie Locali del Lazio del 12 giugno 2014 n. 1.
Elezione del Presidente del Consiglio delle Autonomie Locali (CAL), ai sensi dell'art. 5 della legge regionale
26 febbraio 2007, n. 1 e ss.mm.(Disciplina del Consiglio delle Autonomie Locali). (BUR n. 94 del25.11.14)
DCR 12.6.14, n. 3 - Deliberazione del Consiglio delle Autonomie Locali del Lazio del 12 giugno 2014, n.3.
Elezione dei Consiglieri Segretari del Consiglio delle Autonomie Locali (CAL), ai sensi dell'art. 5 della legge
regionale 26 febbraio 2007, n.1 e ss.mm. (Disciplina del Consiglio delle Autonomie Locali). (BUR n. 94 del
25.11.14)
DCR 12.6.14, n. 4 - Deliberazione del Consiglio delle Autonomie Locali del Lazio 12 giugno 2014, n.4.
Elezione della Delegazione di Concertazione del Consiglio delle Autonomie Locali (CAL), ai sensi dell'art. 12
della legge regionale 26 febbraio 2007, n. 1 e ss.mm. (Disciplina del Consiglio delle Autonomie Locali).
FAMIGLIA
VENETO
DGR 28.10.14, N. 1963 - Fondo per le politiche della famiglia" Decreto Ministeriale del
Dipartimento per le politiche della famiglia del 29 agosto 2014: Progetto regionale "Interventi a
favore della famiglia-implementazione e sviluppo del sistema regionale Nidi in Famiglia di cui alla
D.G.R. n. 1502/2011".(BUR n. 110 del 18.11.14)
GIOVANI
BASILICATA
DGR 28.10.14, n. 1275 - Intesa tra il Governo e le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano e gli
Enti locali sulla ripartizione del “Fondo nazionale per le politiche giovanili di cui
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all’art. 19, comma 2, del Decreto Legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla Legge 4
agosto 2006, n. 248, relativamente alla quota parte a livello regionale e locale” per l’anno 2013.
Approvazione dello schema di accordo tra il Dipartimento per le Politiche Giovanili della Presidenza del
Consiglio e la Regione Basilicata (BUR n. 44 del 16.11.14)
INTERVENTI ASSISTENZIALI
LAZIO
DD 9.10.14, n. G14367 - "Fondo di solidarietà famiglie lavoratori vittime incidenti mortali lavoro. Elenco
familiari beneficiari contributo anni 2010, 2011, 2012, 2013 e 2014. Impegno spesa euro 270.000,00.
cap.F31900 (BUR n. 92 del 18.11.14)
ISTRUZIONE
LOMBARDIA
DGR 14 novembre 2014 - n. X/2641 - Avviso pubblico per la selezione di progetti pilota finalizzati alla
prevenzione e alla lotta contro la dispersione scolastica. (BUR n. 47 del 17.11.14)
MINORI
CAMPANIA
DGR 21.10.14, n. 475 - Centro regionale per le adozioni internazionali. Adempimenti. (BUR n. 79 del
24.11.14)
SICILIA
DECRETO 15.10.14 - Istituzione della commissione per l’adozione e l’affidamento familiare. (GURS n. 49 del
21.11.14)
DASS 22.10.14 - Avviso pubblico per la presentazione delle istanze da parte dei comuni della Sicilia per la
concessione di contributi per l’adeguamento di asili nido o micro nidi comunali e per il sostegno ai costi di
gestione del servizio di asilo nido o micro nido comunale finalizzato alla riduzione delle rette a carico delle
famiglie dei bambini iscritti. (GURS n. 49 del 21.11.14)
NON AUTOSUFFICIENTI
LOMBARDIA
DCR 4.11.14 - n. X/505 - Mozione concernente il taglio di cento milioni di euro al fondo per le non
autosufficienze (BUR n. 47 del 17.11.14)
DGR 14.11.14 - n. X/2655 - Programma operativo regionale in materia di gravissime disabilità in condizione
di dipendenza vitale, di cui al fondo nazionale per le non autosufficienze anno 2014. Prime determinazioni.
(BUR n. 47 del 17.11.14)
PERSONE CON DISABILITA’
BASILICATA
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L.R. 12.11.14, n. 34 - Modifiche ed integrazioni alla l.r. 18 agosto 2014, n. 26, art. 17 recante “riordino delle
norme in materia di cecità.modifiche ed integrazioni all’art. 16 della legge regionale 16 aprile 2013, n. 7”
(BUR n. 44 del 16.11.14)
FRIULI V.G.
DGR 24.10.14, n. 1967 - LR 8/2012 norme in materia di terapie e attività assistite con gli animali (Pet
Therapy) art. 5: approvazione “Linee guida per gli interventi assistiti con gli animali (IAA) della Regione Friuli
Venezia Giulia”. (BUR n. 47 del 19.11.14)
LOMBARDIA
DCR 4.11.14 - n. X/509 - Mozione concernente il sostegno appello per la revisione del «Nomenclatore
tariffario di protesi, ortesi e ausili - D.m. 332/99» (BUR n. 47 del 17.11.14)
DGR 14.11.14 - n. X/2639 - Intervento straordinario per il sostegno degli alunni disabili nella scuola
secondaria di secondo grado. (BUR n. 47 del 17.11.14)
POLITICHE SOCIALI
BASILICATA
DGR 28.10.14, n. 1277 - Emergenza Sociale: integrazione economica per attività socio-assitenziale
nell’Ambito Zonale “Alto Bradano”. Anno 2014. (BUR n. 44 del 16.11.14)
LAZIO
DPGR 3.11.14, n. T00407 - IPAB Istituto Santa Maria Lauretana o Pia Unione Lauretana Dame Romane di
Roma. Nomina commissario straordinario regionale
DPGR 3.11.14 novembre 2014, n. T00408 - IPAB Ospizio Nicola Calestrini di Roma. Nomina Consiglio di
Amministrazione.
POVERTA’ INCLUSIONE SOCIALE
TOSCANA
DPGR 12.11.14, n. 67/R - Modifiche al D.P.G.R. 17/R/2013 “Regolamento di attuazione dell’articolo 60 della
legge regionale 27 dicembre 2012, n. 77 (Legge finanziaria per l’anno 2013). Interventi di sostegno
finanziario per l’inclusione sociale e la lotta alla povertà”. (BUR n. 54 del 14.11.14)
PRIVATO SOCIALE
BASILICATA
DPGR 10.11.14, n. 389 - Legge Regionale 12 gennaio 2000 n. 1 - Art. 10 - Istituzione dell’Osservatorio
Regionale per il Volontariato. (BUR n. 44 del 16.11.14)
CAMPANIA
DGR 22.9.14, n. 424 - Disposizioni in materia di servizio civile regionale, in coerenza con il programma
"Garanzia Giovani". (BUR n. 79 del 24.11.14)
FRIULI V.G.
L.R. 14.11.14, n. 23 - Interventi regionali per la promozione del commercio equo e solidale. (BUR n. 47 del
19.11.14)
9
LAZIO
DD 6.10014, n. G14138 - Legge Regionale 13 giugno 2001, n. 13 "Riconoscimento della funzione sociale ed
educativa degli oratori" - Scorrimento della graduatoria relativa alla valutazione degli interventi presentati
per l'annualità 2013, ai sensi dell'art. 2 comma 1 bis, finanziamento di n. 28 progetti ammessi a
finanziamento di cui alla determinazione dirigenziale n. G10111 del 14/07/2014.Impegno di spesa di
106.400,00 sul Capitolo R31917 – Esercizio Finanziario 2014 - 2015. (BUR n.92 del 18.11.14)
DD 12.11.14, n. G16063 – Leggi regionali del 27 giugno 1996, n. 24 e del 20 ottobre 1997, n. 30 e successive
modifiche ed integrazioni. Cancellazione dall'albo regionale delle cooperative sociali della cooperativa
sociale denominata "P.G. Melanie Klein cooperativa sociale" codice fiscale 02006900563, con sede legale nel
comune di Civitavecchia (Roma) largo plebiscito 23 , c.a.p. 00053: sezione A. (BUR n. 93 del 20.11.14)
DD 12.11.14, n. G16066 - Leggi regionali del 27 giugno 1993, n . 29 e del 20 ottobre 1997, n. 30 e successive
modifiche ed integrazioni. Iscrizione all'albo regionale delle cooperative sociali della cooperativa sociale
denominata "Terre verdi società cooperativa sociale onlus" codice fiscale 11671421003 con sede legale in
via santa Anatolia 25, c.a.p. 00025, Gerano (Viterbo) sezione B. (BUR n. 93 del 20.11.14)
DD 12.11.14, n. G16068 - Leggi regionali del 27 giugno 1996, n. 24 e del 20 ottobre 1997, n. 30 e successive
modifiche ed integrazioni. Variazione di denominazione e sede legale della cooperativa sociale "Parsec
servizi cooperativa sociale a.r.l." codice fiscale 04489641003 con sede in Roma viale Jonio s.n.c., c.a.p.
00141 iscritta nell'albo regionale delle cooperative sociali – sezione A, in "Pixi cooperativa sociale a.r.l." con
sede in Ladispoli (Roma) via Yvon de Begnac 31, c.a.p. 00055. (BUR n. 93 del 20.11.14)
DD 6.10-14, n. G14200 - Legge Regionale 13 giugno 2001, n. 13 "Riconoscimento della funzione sociale ed
educativa degli oratori" - Scorrimento della graduatoria relativa alla valutazione dei progetti presentati per
l'annualità 2013, finanziamento di n. 64 progetti ammessi a finanziamento di cui alla determinazione
dirigenziale n. G10314 del 17/07/2014. Impegno di spesa di € 256.400,00 sul Capitolo R31917 – Esercizio
Finanziario 2014 - 2015. (BUR n. 94 del 25.11.14)
DD 13.11.14, n. G16203 - Approvazione graduatorie. Avviso Pubblico denominato "Fraternità: promozione
di nuove frontiere per l'integrazione sociale" di cui alle determinazioni dirigenziali del 10 luglio 2014, n.
G09997 e del 29 luglio 2014, n. G10920. (BUR n. 94 del 25.11.14)
DD 14.11.14, n. G16295 - Legge regionale del 28 giugno 1993, n. 29 "Disciplina dell'attività di volontariato
nella Regione Lazio". Contributi per l'anno 2014. Approvazione della graduatoria. Spesa Euro 875.000,00 sul
Capitolo del bilancio regionale H41925, esercizio finanziario 2014 e 2015". (BUR n. 94 del 25.11.14)
LIGURIA
DGR 24.10.14 n. 1323 - Individuazione delle reti territoriali per l'erogazione degli interventi della "Garanzia
per i Giovani in Liguria" ed approvazione dello schema di convenzione con la Regione (d.G.R. 950/2014).
(BUR n. 47 del 19.11.14)
VENETO
DGR 28.10.14, N. 1965 - Comitato di gestione del Fondo speciale regionale - Rinnovo
rappresentanti delle organizzazioni di Volontariato. (L. 11.08.1991 n. 266; L.R. 30.08.1993 n. 40;
D.M. 8.10.1997). (BUR n. 110 del 18.11.14)
PROFESSIONI SOCIO-SANITARIE
LAZIO
10
DGR 4.11.14, n. 744 - Modifica ed integrazione alla D.G.R. 2 settembre 2011, n. 381: "Concessione
dell'autorizzazione allo svolgimento di corsi di formazione di riqualificazione per Operatore Socio Sanitario
in regime di autofinanziamento". (BUR n. 92 del 18.11.14)
PROGRAMMAZIONE SOCIO-SANITARIA
TOSCANA
DCR 5.11.14, n. 91 - Piano sanitario e sociale integrato regionale 2012 - 2015. (BUR n. 55 del 19.11.14)
RISOLUZIONE 5 novembre 2014, n. 278 - Risoluzione approvata nella seduta del Consiglio regionale del 5
novembre 2014 collegata alla deliberazione 5 novembre 2014, n. 91 (Piano sanitario e sociale integrato
regionale 2012 - 2015). Per il riordino normativo dell’organizzazione del servizio sanitario regionale. (BUR n.
55 del 19.11.14)
SANITA’
BASILICATA
DGR 10.10.14, n. 1231 - D.G.R. n. 989 dell'8 agosto 2014. Attivazione del Centro Regionale Sangue.
DGR 28.10.14, n. 1276 - Recepimento della Deliberazione del Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria
Locale di Potenza (ASP) n. 2014/00420 del 5/08/2014 recante l’approvazione del progetto di cui al documento
tecnico-scientifico inerente al programma di campagna vaccinale con il vaccino antipneumococcico 13
valente coniugato (PCV 13) verso la popolazione diabetica lucana da parte degli Specialisti Diabetologi della
stessa Azienda Sanitaria Locale, in attuazione della D.G.R. n. 696/2013 (Programma di campagna vaccinale
con vaccino antipneumococcico 13 valente verso gli anziani e le categorie a rischio. Documento tecnicoscientifico).
DGR 28.10.14, n. 1278 - D.G.R. n. 989 dell’8 agosto 2014. Sistema Trasfusionale in Basilicata. Nomina
Commissione Consultiva Regionale.
DGR 28.10.14, n. 1279 - D.G.R. n. 1034 del 3.09.2014. Commissione Ispettiva per Verifica amministrativa
presso l’Azienda Ospedaliera Regionale San Carlo di Potenza. Presa d’atto della relazione a consuntivo
dell’attività ispettiva.
CAMPANIA
DGR 21.10.14, n. 477 - Reiscrizione nel bilancio, per l'esercizio finanziario 2014, delle economie di spesa
correlate ad entrate con vincolo di destinazione gia' accertate. Attuazione del programma di potenziamento
tecnologico e realizzazione di strutture destinate all'attivita' libero-professionale intramuraria (ALPI), delle
Aziende Sanitarie di cui alla DGRC n. 1219 del 6 luglio 2007. (BUR n.77 del 10.11.14)
DGR 10.11.14, n. 491 - Acquisizione di risorse al bilancio 2014, ai sensi dell'art.1, comma 16, lettera l) della
l.r. n.6/2013. progetti di ricerca sanitaria. (BUR n. 78 del 17.11.14)
LAZIO
Decreto del Commissario ad Acta 12 novembre 2014, n. U00370 - Linee d'indirizzo regionali su: "Unità di
Degenza a Gestione Infermieristica - Modello organizzativo" (BUR n. 93 del 20.11.14)
Decreto del Commissario ad Acta 12 novembre 2014, n. U00379 - Azienda Ospedaliera S.Giovanni
Addolorata- autorizzazione all'assunzione in deroga al blocco del turn over –anno 2014 (BUR n.93 del
20.11.14)
11
Decreto del Commissario ad Acta 12 novembre 2014, n. U00380 - Attivazione della Casa della Salute in
strutture aziendali diverse da quelle in riconversione. Approvazione dello Schema di Intesa. (BUR n. 94 del
25.11.14)
Decreto del Commissario ad Acta 13 novembre 2014, n. U00386 - Percorso Diagnostico Terapeutico
Assistenziale Sclerosi Multipla. (BUR n. 94 del 25.11.14)
LOMBARDIA
DCR 4.11.14 - n. X/506 -Mozione concernente le nuove assunzioni e blocco dell’esternalizzazione
delle attività primarie nella sanità pubblica (BUR n. 47 del 17.11.14)
PUGLIA
DGR 28.10.14, n. 2255 - Piano Regionale Screening. Modifica DGR 1768/2013. (BUR n. 160 del 19.11.14)
SARDEGNA
L.R. 17.11.14, n. 23 - ) Norme urgenti per la riforma del sistema sanitario regionale. Modifiche alle
leggi regionali n.23 del 2005, n.10 del 2006 e n.21 del 2012. (BUR n,. 55. del 20.11.14
SICILIA
DASS 22.10.14 - Recepimento dell’Accordo Stato-regioni sulle medicine complementari del 7 febbraio 2013.
((GURS n. 48 del 14.11.14)
DASS 22.10.14 - Trasferimento della struttura regionale di supporto Centro di controllo qualità dei laboratori
e rischio chimico (CQRC). ((GURS n. 48 del 14.11.14)
DASS 22.10.14 - Modifica ed integrazione della commissione per il PTORS. ((GURS n. 48 del 14.11.14)
TOSCANA
DGR 10-.11.14, n. 994 - D.Lgs. 187/2000. Protezione del paziente dai rischi da radiazioni ionizzanti. Progetto
“Valutazione della dose da esposizioni mediche alla popolazione della Regione Toscana”.(BUR n. 52 del
12.11.14)
VENETO
DGR 28.1014, N. 1983 - DGR n.2635 del 30 Dicembre 2013: attribuzione alle aziende ULSS del
budget 2015 per la macroarea "branche a visita", per erogatori privati accreditati esclusivamente
ambulatoriali. (BUR n. 110 del 18.11.14)
DGR 28.10.14, n. 1984 - N. 1984 - Formazione delle professioni sanitarie infermieristiche e
ostetriche, della riabilitazione, tecniche e della prevenzione. Anno Accademico 2014/2015. D.lgs
del 30.12.1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni. (BUR n. 110 del 18.11.14)
DGR 28.10.14, n. 1985 - Partecipazione della Regione del Veneto all'European Observatory on
Health Systems and Policies (Osservatorio Europeo sui Sistemi Sanitari e sulle Politiche Sanitarie).
DGR n. 2315 del 30/7/2004. Approvazione dell'Accordo "Annex XXV to the Agreement on a
Project called the European Observatory on Health Care Systems (dated May 1998). Extending the
Agreement". (BUR n. 110 del 18.11.14)
STRUTTURE ASSISTENZIALI
UMBRIA
12
REG. REG.LE 10.11.14, n. 4 - Disciplina in materia di autorizzazione al funzionamento dei servizi socio
assistenziali a carattere residenziale per le persone adulte in situazione di disagio e marginalità sociale. (BUR
n. 52 del 12.11.14)
TUTELA DEI DIRITTI
FRIULI V.G.
L.R. 14.11.14, n. 24 - Soppressione dell’Autorità regionale per la vigilanza sui servizi idrici, modifiche alla
legge regionale 9/2014 concernente il Garante regionale dei diritti della persona, nonché modifiche alla
legge regionale 23/1990 concernente la Commissione regionale per le pari opportunità tra uomo e donna.
(BUR n. 47 del 19.11.14)
PANORAMA STATALE
Gazzette Ufficiali pervenute al 29 NOVEMBRE 2014 arretrati compresi
COMPARTECIPAZIONE ALLA SPESA - ISEE
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
DECRETO 7 novembre 2014 - Approvazione del modello tipo della Dichiarazione Sostitutiva
Unica a fi ni ISEE, dell’attestazione, nonché delle relative istruzioni per la compilazione ai sensi
dell’articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 dicembre 2013, n.
159. (GU n. 271 del 21.11.14)
NB
Si rinvia alla lettura integrale del testo
EDILIZIA
ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA
Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, relativi al mese di ottobre
2014, che si pubblicano ai sensi dell’art. 81 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle
locazioni di immobili urbani), ed ai sensi dell’art. 54 della legge del 27 dicembre 1997, n. 449
(Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica). (GU n. 276 del 27.11.14)
Gli indici dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, senza tabacchi, relativi ai
singoli mesi del 2013 e 2014 e le loro variazioni rispetto agli indici relativi al corrispondente mese
dell’ anno precedente e di due anni precedenti risultano:
13
ANNI e MESI INDICI
(Base 2010 - 100) Variazioni percentuali rispetto al corrispondente periodo
dell’anno precedente
di due anni precedenti
2013
Ottobre
Novembre
Dicembre
Media
2014
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
107,1
106,8
107,1
107,0
0,7
0,6
0,6
3,4
3,0
3,0
107,3
107,2
107,2
107,4
107,3
107,4
107,3
107,5
107,1
107,2
0,6
0,5
0,3
0,5
0,4
0,3
0,1
- 0,1
- 0,1
0,1
2,8
2,3
1,9
1,6
1,6
1,5
1,3
1,0
0,7
0,8
ENTI LOCALI
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 6 novembre 2014 - Determinazione a conguaglio del contributo compensativo
spettante ai comuni a seguito dell’abolizione della seconda rata dell’IMU 2013. . (GU n. 271 del
21.11.14)
MINISTERO DELL’INTERNO
DECRETO 6 novembre 2014 - Attribuzione del contributo di 625 milioni di euro ai comuni.
DECRETO 24 ottobre 2014 - Riparto del contributo ex articolo 2-bis del decreto-legge 31 agosto
2013, n. 102, introdotto in sede di conversione dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, per
l’attribuzione ai comuni del minor gettito dell’imposta municipale propria (IMU) relativo agli
immobili equiparati all’abitazione principale, per l’anno 2013. (GU n. 274 del 25.11.14)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
DIPARTIMENTO PER GLI AFFARI REGIONALI, LE AUTONOMIE E LO SPORT
DECRETO 16 gennaio 2014 - Fondo nazionale integrativo per i comuni montani. (GU n. 276 del
27.11.14)
IL MINISTRO PER GLI AFFARI REGIONALI E LE AUTONOMIE
Vista la legge 24 dicembre 2012, n. 228 «Legge di stabilità 2013», art. 1, commi 319, 320, 321, che
nell’istituire il «Fondo nazionale integrativo per i comuni montani», di seguito denominato
«Fondo», prevede l’emanazione di un decreto del Ministro per i rapporti con le regioni e per la
coesione territoriale, ora Ministro per gli affari regionali e le autonomie, di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze, e con il Ministro dell’interno previa intesa in sede di Conferenza
unificata, di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e con il parere delle
competenti Commissioni parlamentari, entro il 30 marzo di ciascun anno, per l’individuazione di
progetti presentati dai comuni montani, da finanziare con le risorse del predetto Fondo;
14
Visto che occorre definire le modalità di individuazione dei progetti, secondo i criteri indicati nei
commi 319, 320 e 321;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 27 maggio 2013 con il quale sono
state delegate alcune funzioni del Presidente del Consiglio dei ministri al Ministro per gli affari
regionali e le autonomie ed, in particolare, l’art. 2, comma 1, lettera p) salvaguardia e
valorizzazione delle zone montane;
Decreta:
Art. 1.
Finalità
1. Il presente decreto, in attuazione del disposto dell’art. 1, commi 319, 320 e 321, della legge 24
dicembre 2012, n. 228 «Legge di stabilità 2013» definisce:
i soggetti destinatari del Fondo;
le modalità di individuazione dei criteri di valutazione e la procedura per la formazione del decreto
di riparto dei fondi;
le modalità di presentazione delle domande di finanziamento, di liquidazione dei fondi e modifi ca e
monitoraggio dei progetti.
Art. 2.
Soggetti legittimati
1. Soggetti legittimati a presentare la domanda di finanziamento e i relativi progetti sono i comuni
classificati interamente montani di cui all’elenco dei comuni italiani redatto dall’Istituto nazionale
di statistica (ISTAT).
Art. 3.
Modalità di individuazione dei criteri di valutazione e procedura per la formazione del decreto di
riparto dei fondi.
1. In sede di Conferenza unificata le amministrazioni statali e le regioni interessate definiscono una
griglia di criteri di valutazione per l’esame dei progetti e i tetti di spesa da utilizzare per la
formazione delle graduatorie, tenendo prioritariamente conto del finanziamento assegnato a progetti
pilota a valere sui fondi di cui all’art. 11 –bis del decreto-legge n. 93 del 14 agosto 2013, convertito
con legge n. 119 del 15 ottobre 2013.
2. Entro il 1° settembre di ciascun anno le regioni competenti, completata l’istruttoria, trasmettono
al Dipartimento per gli affari regionali, le autonomie e lo sport una graduatoria ordinata dei progetti
ammissibili al finanziamento.
3. Entro il 1° novembre dello stesso anno il Ministro per gli affari regionali e le autonomie trasmette
uno schema di decreto che individua i progetti ammissibili alla Conferenza di cui all’art. 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, per l’acquisizione della previa intesa.
4. Lo schema di decreto tiene conto delle risorse disponibili e delle graduatorie regionali dei
progetti ammissibili, in modo da finanziare per quanto possibile almeno un progetto per ogni
ambito regionale.
5. Lo schema di decreto, tenuto conto dell’istruttoria regionale, indica le domande di finanziamento
inammissibili in quanto:
non tempestive;
presentate da soggetti diversi da quelli indicati dal comma 319 della «Legge di stabilità 2013»;
relative a progetti che non riguardino gli ambiti indicati dal comma 321 della «Legge di stabilità
2013»;
relativi a progetti che siano in concorso in altre procedure di finanziamento;
non accompagnate da una documentazione tecnica congrua, adeguata e rispondente, nel caso di
opere, alla normativa tecnica vigente;
che non rispettino le prescrizioni di cui all’art. 2 del presente decreto.
6. Entro il successivo 1° dicembre la proposta di decreto viene trasmessa alle Camere per
l’acquisizione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, da
esprimere entro trenta giorni dalla trasmissione.
15
7. Entro il 30 marzo viene adottato il decreto del Ministro per gli affari regionali e le autonomie di
concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze ed il Ministro dell’interno che individua i
progetti ammissibili.
Art. 4.
Modalità di presentazione delle domande
1. Le regioni, nel cui territorio si trovano i comuni montani indicati al comma 1, provvedono —
entro trenta giorni dalla pubblicazione del presente decreto — ad indicare ai comuni beneficiari i
riferimenti degli uffici cui presentare la domanda di finanziamento e le altre prescrizioni utili.
2. Ciascun comune può presentare un solo progetto per ciascuna annualità di riferimento.
3. Le domande di finanziamento, sottoscritte dal rappresentante legale dell’ente proponente, devono
essere presentate entro e non oltre il termine del 15 maggio dell’anno precedente a quello al quale si
riferisce il finanziamento, a pena di esclusione, alla regione territorialmente competente, in formato
elettronico.
4. Le domande devono essere complete dei progetti preliminari, comprensivi di tutti gli allegati
richiesti dalla normativa vigente e approvati con delibera della giunta comunale, e delle schede con
valore di autocertificazione che saranno allegate al bando del finanziamento e che saranno rese
disponibili anche sul sito http://www.affariregionali.it , compilate in modo esaustivo in tutte le loro
parti.
5. L’utilizzo di dette schede è obbligatoria e non può essere utilmente sostituita da diversa
documentazione a pena di inammissibilità, al fi ne di consentire alle amministrazioni regionali una
adeguata e veloce istruttoria e comparazione dei progetti.
6. La documentazione relativa ai progetti deve contenere le seguenti indicazioni:
a) il comune istante;
b) la classificazione del comune come interamente montano secondo quanto riportato nell’elenco
dei comuni italiani predisposto dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT);
c) la descrizione del progetto che si intende realizzare con l’indicazione degli obiettivi, delle risorse
da impiegare, delle modalità e dei tempi di attuazione;
d) la indicazione del carattere di straordinarietà del progetto con le motivazioni a supporto;
e) la tipologia di intervento;
f) l’area interessata dal progetto;
g) la previsione dei costi di realizzazione complessivi del progetto e l’articolazione dettagliata delle
voci di spesa (ad es. personale, consulenze, acquisto di beni e servizi, investimenti) suddivisi in
parte corrente e in conto capitale;
h) il finanziamento richiesto;
i) i tempi e le fasi di realizzazione del progetto (crono programma fisico finanziario), che dovrà
essere completato entro ventiquattro mesi, se non avente ad oggetto la realizzazione di opere, o
entro quarantotto mesi, qualora preveda la realizzazione di opere; i termini temporali vanno intesi
decorrenti dalla data di concessione del
finanziamento;
j) l’indicazione del referente del progetto;
k) le coordinate di tesoreria comunale (IBAN).
Art. 5.
Liquidazione dei finanziamenti
1. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze si provvede annualmente al trasferimento
dei fondi disponibili alla Presidenza del Consiglio che provvede ad appostarli su capitolo
appositamente istituito nel proprio bilancio 2. Alla liquidazione dei fondi si provvede con decreto
del Capo del Dipartimento per gli affari regionali le autonomie e lo sport.
Art. 6.
Modifiche del progetto successive alla approvazione
1. Sono da considerare ammissibili le sole modifiche del progetto, apportate successivamente
all’approvazione, che riguardino:
16
proroghe adeguatamente motivate rispetto ai tempi e alle fasi di realizzazione del progetto (crono
programma fisico finanziario);
variazioni progettuali rese necessarie in corso d’opera per garantire la sicurezza ambientale e degli
addetti, o per ragioni di carattere straordinario adeguatamente motivate;
utilizzo di economie di spesa per la realizzazione di interventi migliorativi o di completamento.
2. Le modifiche potranno essere autorizzate dal competente ufficio della regione interessata, sulla
base di una formale richiesta da parte dell’Ente titolare del progetto.
Non si ammettono deroghe al di fuori dei casi considerati ai punti precedenti.
Art. 7.
Monitoraggio dei progetti e revoche
1. Le regioni territorialmente competenti procedono al monitoraggio degli interventi finanziati e alla
revoca dei finanziamenti nel caso di mancata attuazione delle opere entro i termini previsti nel
crono programma o in caso di realizzazione non rispondente a quanto approvato.
2. Nel caso di realizzazione parziale degli interventi o delle opere, le regioni procederanno ad una
riduzione del contributo assegnato di entità. proporzionale al mancato completamento di quanto
previsto, qualora le opere completate rispondano comunque ad una parte significativa del progetto
approvato, ovvero alla revoca del finanziamento.
3. Al termine della procedura le regioni competenti presentano alla Presidenza del Consiglio –
Dipartimento per gli affari regionali, le autonomie e lo sport, una relazione dettagliata
sull’attuazione degli interventi.
MINISTERO DELL’INTERNO
Integrazioni alla descrizione delle voci contabili dei modelli allegati al decreto 14 maggio 2013,
recante: «Certificazioni di bilancio di previsione 2013 delle amministrazioni provinciali, dei
comuni, delle comunità montane e delle unioni dei comuni.». (GU n. 277 del 28.1114)
La descrizione di alcune voci del certificato di bilancio di previsione 2014 sperimentale - di cui al
decreto del Ministero dell’interno 22 luglio 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie
generale n. 176 del 31 luglio 2014 - già divulgato sul sito internet della direzione centrale della
finanza locale, alla pagina «http://fi nanzalocale.interno.it/circ/dbp2014.html», sono state integrate e
vengono riportate con evidenziazione, in colore verde, sulle citate pagine del sito internet.
FISCO
DECRETO LEGISLATIVO 21 novembre 2014, n. 175 - Semplificazione fiscale e dichiarazione
dei redditi precompilata. (GU n. 277 del 28.1114)
PREVIDENZA
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
Approvazione della delibera n. 20562/14 adottata dal Consiglio di amministrazione della Cassa
nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri ed architetti liberi professionisti in data 7
maggio 2014. (GU n. 268 del 18.11.14)
Con ministeriale n. 36/0014618/MA004.A007/ING-L-128 del 29 ottobre 2014 è stata approvata, di
concerto con il Ministero dell’economia e delle fi nanze, la delibera n. 20562/14 adottata dal
Consiglio di amministrazione della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri ed
architetti liberi professionisti (INARCASSA) in data 7 maggio 2014, concernente i nuovi
coefficienti di trasformazione (Tabella H50 ex articoli 26.1 e 33.1 RGS2012) e aggiornamento
percentuali di riduzione della pensione di vecchiaia unifIcata (Tabella M ex articoli 20.3 e 34.2
RGP2012).
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PRIVATO SOCIALE
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
Linee di indirizzo per la presentazione ed il sostegno di iniziative formative e di informatizzazione
e di progetti sperimentali ai sensi dell’articolo 12, comma 3, lettere d) ed f), della legge 7 dicembre
2000, n. 383, da parte delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri di cui all’articolo
7 della medesima legge – Anno 2014. (GU n. 270 del 20.11.14)
Note
Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 4 novembre 2014, è stato
determinato il costo medio orario del lavoro dei lavoratori dipendenti dalle imprese del sistema
industriale integrato di servizi tessili e medici affi ni esercenti l’attività di lavanderia industriale, a
valere dal mese di gennaio 2014.
Il testo integrale del suddetto decreto con le allegate tabelle è pubblicato sul sito istituzionale del
Ministero del lavoro e delle politiche sociali: www.lavoro.gov.it
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 9 ottobre 2014 - Liquidazione coatta amministrativa della «Cooperativa sociale
Pianeta Lavoro società cooperativa - onlus, abbreviata Cooperativa sociale Pianeta Lavoro onlus»,
in Dronero e nomina del commissario liquidatore. (GU n. 272 del 26.11.14)
IL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 158, recante il
regolamento di organizzazione del Ministero dello sviluppo economico, per le competenze in
materia di vigilanza sugli enti cooperativi;
Visto il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 135;
Viste le risultanze della revisione ministeriale conclusa in data 23 settembre 2013 e del successivo
accertamento concluso in data 25 ottobre 2013, dalle quali si rileva lo stato d’insolvenza della
società cooperativa «Cooperativa Sociale Pianeta Lavoro Società Cooperativa – Onlus abbreviata
Cooperativa Sociale Pianeta Lavoro Onlus»;
Visto che in sede di revisione il legale rappresentante della suddetta società ha formalizzato la
rinuncia alle controdeduzioni e il consenso alla liquidazione coatta amministrativa;
Considerato quanto emerge dalla visura camerale aggiornata, effettuata d’uffi cio presso il
competente registro delle imprese, relativamente agli organi societari, alla sede sociale ed al rispetto
degli obblighi relativi ai depositi di bilancio;
Considerato che in data 20 dicembre 2013 è stato comunicato, ai sensi dell’art. 7 della legge n.
241/1990, l’avvio del procedimento di liquidazione coatta amministrativa al legale rappresentante
della cooperativa, al Tribunale e alla Camera di commercio competenti per territorio;
Visto che il termine per proporre osservazioni e controdeduzioni è scaduto senza che
all’Amministrazione siano pervenute comunicazioni da parte degli interessati;
Vista la proposta con la quale la Direzione generale per la vigilanza sugli enti, il sistema
cooperativo e le gestioni commissariali all’esito dell’istruttoria condotta, propone l’adozione del
provvedimento di sottoposizione della cooperativa in oggetto alla procedura di liquidazione coatta
amministrativa;
Visto l’art. 2545 -terdecies del codice civile e ritenuto di dover disporre la liquidazione coatta
amministrativa della suddetta società;
Visto l’art. 198 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;
Decreta:
Art. 1.
La società cooperativa «Cooperativa Sociale Pianeta Lavoro Società Cooperativa - Onlus abbreviata
Cooperativa Sociale Pianeta Lavoro Onlus», con sede in Dronero (CN) (codice fi scale
02870140049) è posta in liquidazione coatta amministrativa, ai sensi dell’art. 2545 –terdecies del
codice civile.
18
Considerati gli specifi ci requisiti professionali, come risultanti dal curriculum vitae , è nominato
commissario liquidatore il dott. Giovanni Imberti, nato a Cuneo il 18 settembre 1977, e domiciliato
in Chiusa di Pesio (CN), Frazione Santa Maria Rocca n. 1/E.
Art. 2.
Con successivo provvedimento sarà defi nito il trattamento economico del Commissario liquidatore
ai sensi della legislazione vigente.
Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Il presente provvedimento potrà essere impugnato dinnanzi al competente Tribunale amministrativo
regionale, ovvero a mezzo di ricorso straordinario direttamente al Presidente della Repubblica ove
ne sussistano i presupposti di legge.
Roma, 9 ottobre 2014
Il Ministro: GUIDI
SANITA’
MINISTERO DELLA SALUTE
DECRETO 7 ottobre 2014 - Protocolli diagnostici nei casi della morte improvvisa infantile e della
morte inaspettata del feto. (GU n. 272 del 22.11.14)
IL MINISTRO DELLA SALUTE
Visto l’art. 32 della Costituzione;
Vista la legge 23 dicembre 1978, n. 833, recante “Istituzione del servizio sanitario nazionale”;
Vista la legge 2 febbraio 2006, n. 31, recante “Disciplina del riscontro diagnostico sulle vittime
della sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS) e di morte inaspettata del feto” e in
particolare l’art. 1: - comma 1, che stabilisce tra l’altro che i lattanti deceduti improvvisamente
entro un anno di vita senza causa apparente e i feti deceduti anch’essi senza causa apparente dopo la
venticinquesima settimana di gestazione devono essere prontamente sottoposti con il consenso di
entrambi i genitori a riscontro diagnostico da effettuarsi nei centri autorizzati secondo i criteri
individuati nell’art. 2;
- comma 2, che precisa che “Il riscontro diagnostico di cui al comma 1 è effettuato secondo il
protocollo diagnostico predisposto dalla prima cattedra dell’Istituto di anatomia patologica
dell’Università di Milano. Il suddetto protocollo, per essere applicabile, deve essere approvato dal
Ministero della salute.”;
Visto il decreto del Ministro della salute 21 dicembre 2007, adottato ai sensi dell’art. 2, comma 1,
della citata legge, relativo alla definizione dei requisiti professionali, ambientali, strutturali e
organizzativi, necessari per l’individuazione e l’autorizzazione, da parte delle Regioni e delle
Province autonome, dei centri di riferimento per il riscontro diagnostico sulle vittime della
sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS) e di morte inaspettata del feto;
Preso atto della necessità di dare forza agli interventi dedicati alla salute della donna, nelle diverse
fasi della vita, e del bambino, anche in linea con il documento intitolato Millenium development
goals dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per il periodo 2000-2015 e delle convenzioni
internazionali miranti alla tutela di queste categorie;
Vista l’intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e Bolzano del 29 aprile 2010, con cui è stato approvato il Piano nazionale della
prevenzione 2010-2012, la cui vigenza è stata prorogata al 31 dicembre 2013 con intesa del 7
febbraio 2013;
Considerato il valore strategico rappresentato dal Piano nazionale di prevenzione in cui si afferma il
ruolo cruciale della promozione della salute e della prevenzione e si adotta un approccio di sanità
pubblica che garantisca equità e contrasto alle diseguaglianze;
Considerata l’importanza delle otto azioni promosse dalla Campagna informativa e dal Programma
“Genitori Più”, già inserito nel PNP 2010-2012, diffuse sul territorio nazionale con l’obiettivo
primario di promuovere la salute fi sica e psicologica del bambino e di tutta la comunità, alla luce di
19
una nuova consapevolezza che può condurre i genitori ad adottare stili di vita corretti ed adeguate
misure preventive, sin dalla fase preconcezionale;
Considerato che le attività di ricerca e prevenzione, realizzabili attraverso l’applicazione del citato
protocollo diagnostico, sono in linea con i principi e le priorità avvalorati in occasione delle
giornate dedicate agli “Stati generali della salute”, in materia di diritto alla salute e prevenzione;
Considerato che la morte improvvisa del lattante (Sudden Infant Death Syndrome – SIDS) colpisce
un lattante ogni 700/1000 nati e si pone come la più frequente causa di decesso nel primo anno di
vita, e che la prevenzione si basa anche sulla migliore conoscenza delle alterazioni riscontrabili nei
vari organi e sull’individuazione dei meccanismi che ne stanno alla base;
Considerato che la morte inaspettata del feto (Sudden Intra Uterine Death - SIUD) dopo la 25ª
settimana di gestazione, ha un’incidenza cinque/sei volte superiore a quella della SIDS;
Acquisito il protocollo diagnostico, predisposto dalla I Cattedra di Anatomia patologica
dell’Università degli studi di Milano, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della citata legge n. 31 del 2006;
Visto il parere del Consiglio superiore di sanità reso nella seduta del 5 giugno 2008;
Considerato che in detto parere il Consiglio superiore di sanità ha rilevato che SIDS e SIUD sono
condizioni completamente distinte che richiedono due protocolli diagnostici separati, e che secondo
la letteratura internazionale il caso da esaminare, in fase diagnostica, va indicato con l’acronimo
SUID (Sudden Unexplained Infant Death);
Considerato che il protocollo esaminato non contempla alcune indagini fondamentali per escludere
un maltrattamento fi sico, non specifica le indagini di natura genetica da condurre e l’ iter
diagnostico deve prevedere numerosi accertamenti, indagini radiologiche, esami di laboratorio e
specifici test tossicologici;
Dato atto che con decreto rettorale del 3 dicembre 2007, a decorrere dal 1° gennaio 2008, è stato
disattivato l’Istituto di Anatomia patologica dell’Università degli studi di Milano, insieme alle
attività inerenti la SIDS, compreso il Centro “Lino Rossi – per lo studio e la prevenzione della
morte inaspettata perinatale e della SIDS” e i fondi già in dotazione, per confl uire inizialmente nel
Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche, attivato dal 1° gennaio 2009, e
successivamente nel Dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche e Odontoiatriche
dell’Università degli studi di Milano, istituito il 27 aprile 2012;
Visto il decreto del 4 gennaio 2010 con il quale è stato istituito, presso la Direzione generale della
prevenzione, un apposito Gruppo di lavoro per la predisposizione di elaborati rispondenti a quanto
richiesto nel citato parere del Consiglio superiore di sanità;
Acquisiti gli elaborati predisposti dal citato Gruppo di lavoro, denominati:
- “Protocollo di indagini e di riscontro diagnostico nella morte improvvisa infantile - Legge 2
febbraio 2006, n. 31, art. 1, comma 2”;
- “Morte inaspettata di feto di età gestazionale superiore alla 25ª settimana”;
- “Proposta di modello organizzativo sul territorio e algoritmo operativo in caso di SUID”;
Dato atto che su detti elaborati è stata acquisita la necessaria condivisione dell’Università degli
studi di Milano, nella persona del Rettore, resa con nota del 15 aprile 2013 prot. USM n. 12548, e
del Dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche e Odontoiatriche, resa con nota 5 settembre
2013 prot. USM n. 25948;
Visto il parere favorevole del Consiglio superiore di sanità reso nella seduta del 12 novembre 2013;
Ritenuto necessario approvare il protocollo diagnostico denominato “Protocollo di indagini e di
riscontro diagnostico nella morte improvvisa infantile - Legge 2 febbraio 2006, n. 31, art. 1, comma
2 ”, al fi ne di giungere sul territorio nazionale alla realizzazione di attività di ricerca e prevenzione
attraverso l’applicazione del protocollo diagnostico a tutti i casi di SUID;
Ritenuto necessario approvare il protocollo diagnostico denominato “Morte inaspettata di feto di età
gestazionale superiore alla 25ª settimana”, utile alla definizione dei casi di SIUD;
Dato atto che il capitolo “Organizzazione sul territorio”, di cui al citato “Protocollo di indagini e di
riscontro diagnostico nella morte improvvisa infantile – Legge 2 febbraio 2006, n. 31, art. 1, comma
2”, unitamente all’elaborato “Proposta di modello organizzativo sul territorio e algoritmo operativo
20
in caso di SUID”, saranno oggetto di successivo accordo in sede di Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, in quanto attinenti a
profili organizzativi non attinenti al contenuto del presente decreto;
Decreta:
Art. 1.
Protocollo di indagini e di riscontro diagnostico nella morte improvvisa infantile
1. È approvato il protocollo diagnostico di cui all’allegato 1 (a cui si rinvia), parte integrante del
presente decreto, denominato “Protocollo di indagini e di riscontro diagnostico nella morte
improvvisa infantile - Legge 2 febbraio 2006, n. 31, art. 1, comma 2 ”, per il riscontro diagnostico
sui lattanti deceduti improvvisamente entro un anno di vita senza causa apparente, ai sensi dell’art.
1, commi 1 e 2 della legge 2 febbraio 2006, n. 31.
Art. 2.
Morte inaspettata di feto di età gestazionale superiore
alla 25ª settimana
1. È approvato il protocollo diagnostico di cui all’allegato 2 (a cui si rinvia), parte integrante del
presente decreto, denominato “Morte inaspettata di feto di età gestazionale superiore alla 25ª
settimana”, quale strumento di riscontro diagnostico sui feti deceduti anch’essi senza causa
apparente dopo la venticinquesima settimana di gestazione, ai sensi dell’art. 1, commi 1 e 2 della
legge 2 febbraio 2006, n. 31.
Art. 3.
Entrata in vigore
1. Il presente decreto entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua
pubblicazione sulla Gazzetta Uffi ciale della Repubblica italiana.
Roma, 7 ottobre 2014
Il Ministro: LORENZIN
DECRETO 30 ottobre 2014.- Conferma del riconoscimento del carattere scientifico della
Fondazione Istituto Neurologico «Casimiro Mondino» in Pavia, per la disciplina di «Malattie del
sistema nervoso. (GU n. 277 del 28.1114)
1. È confermato il riconoscimento del carattere scientifico della Fondazione Istituto Neurologico
«Casimiro Mondino» con sede in Pavia, Via Mondino n. 2, per la disciplina di «Malattie del sistema
nervoso»;
2. Il riconoscimento è soggetto a revisione, ai sensi dell’art. 15 del decreto legislativo 16 ottobre
2003, n. 288, all’esito dell’invio dei dati aggiornati circa il possesso dei requisiti e della
documentazione necessaria ai fini della conferma.
21
PANORAMA REGIONALE
Bollettini Ufficiali Regionali pervenuti al 27 NOVEMBRE 2014, arretrati compresi
AMMINISTRAZIONE REGIONALE
LAZIO
L.R. 24.11.14, n. 12 Disposizioni di razionalizzazione normativa e di riduzione delle spese
regionali. (BUR n. 94 del 25.11.14)
Note
Si riportano gli articoli ritenuti di specifico interesse per PANORAMA LEGISLATIVO
ISTISSS
Art. 1
(Disposizioni relative alle spese per il personale)
1. A seguito dell’attuazione dei processi di riorganizzazione finalizzati all’incremento dell’efficacia
e dell’efficienza dei servizi e all’ottimizzazione della funzionalità dell’amministrazione regionale
mediante la razionalizzazione delle strutture esistenti, a decorrere dall’anno 2014, previo accordo di
contrattazione collettiva decentrata con le organizzazioni sindacali rappresentative rispettivamente
del personale non dirigenziale del comparto Regioni ed Autonomie Locali e dell’Area II della
dirigenza, le risorse stabili del “Fondo per la retribuzione di posizione e di risultato della dirigenza”
di cui all’articolo 26, comma 1, lettera a), del contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) del 23
dicembre 1999, sono ridotte del 10 per cento con corrispondente incremento delle risorse stabili del
“Fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività del personale non
dirigente” di cui all’articolo 15 del CCNL del 1° aprile 1999, come integrato dall’articolo 4 del
CCNL del 5 ottobre 2001 comparto Regioni ed Autonomie Locali.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano al personale della Giunta regionale, del Consiglio
regionale e degli enti regionali.
Art. 2
22
(Disposizioni in materia di tassa automobilistica)
Art. 3
(Disposizione per l’autorizzazione alla rinegoziazione dei mutui con la Cassa depositi e prestiti
S.p.A.)
Art. 4
(Iniziative a favore del Mercato ortofrutticolo di Fondi - MOF- S.p.A.)
Art. 5
(Disposizioni in materia di razionalizzazione e riduzione della spesa regionale)
1. Coerentemente con le finalità di cui all’articolo 22, comma 1, della legge regionale 28 giugno
2013, n. 4 (Disposizioni urgenti di adeguamento all’articolo 2 del decreto legge 10 ottobre 2012, n.
174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, relativo alla riduzione dei
costi della politica, nonché misure in materia di razionalizzazione, controlli e trasparenza
dell’organizzazione degli uffici e dei servizi della Regione) ed al fine del contenimento della spesa
pubblica regionale e della razionalizzazione dei costi delle società partecipate, la Giunta regionale,
entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con propria deliberazione,
sentita la commissione consiliare competente in materia di bilancio, partecipazione, demanio e
patrimonio, programmazione economico-finanziaria, autorizza la creazione di un unico nuovo
soggetto derivante dall’accorpamento delle società a controllo regionale Lazio Service S.p.A. e Lait
S.p.A. con modalità che consentano la continuità operativa e funzionale delle società coinvolte e la
piena salvaguardia dei livelli occupazionali.
2. Entro trenta giorni dall’approvazione della deliberazione di cui al comma 1 è nominato, ai sensi e
per gli effetti della normativa vigente, il consiglio di amministrazione del nuovo soggetto. Gli
amministratori del nuovo soggetto sono individuati nel rispetto dei principi di pubblicità e
trasparenza, sulla base di comprovata esperienza e competenza.
Art. 6
(Modifiche alla legge regionale 14 luglio 2014, n. 7 relative a disposizioni in materia di
organizzazione sanitaria)
1. Al fine di dare attuazione a quanto sancito dall’intesa tra il Governo, le Regioni e le Province
autonome di Trento e di Bolzano concernente il nuovo Patto per la Salute per gli anni 2014-2016,
sottoscritta in data 10 luglio 2014, e alla legislazione statale di recepimento, nonché di rispettare
quanto previsto dall’articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre
1997, n. 484 (Regolamento recante la determinazione dei requisiti per l’accesso alla direzione
sanitaria aziendale e dei requisiti e dei criteri per l’accesso al secondo livello dirigenziale per il
personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale), all’articolo 2 della l.r. 7/2014 sono
apportate le seguenti modifiche:
a) al numero 1) della lettera d) del comma 1 le parole da:“tra gli iscritti” a: “insiste l’azienda” sono
sostituite dalle seguenti: “tra i soggetti aventi i requisiti stabiliti dalla normativa statale vigente in
materia, di cui uno designato dal Presidente della Regione, uno dal Ministro dell’economia e delle
finanze e uno dal Ministro della salute”;
b) al numero 1) della lettera d) del comma 1 le parole da: “Qualora il Consiglio” a: “competenza
della Regione Lazio)” sono soppresse;
c) al numero 3) della lettera e) del comma 1 dopo la parola: “possesso” sono inserite le seguenti:
“dell’attestato di formazione manageriale di cui all’articolo 7 del d.p.r. 484/1997 previsto per l’area
di sanità pubblica, nonché”;
d) al comma 2 le parole da: “dalla Regione” a: “università interessata” sono sostituite dalle
seguenti: “dal Presidente della Regione, sentita l’Università interessata, uno dal Ministro
dell’economia e delle finanze e uno dal Ministro della salute”;
e) alla lettera a) del comma 3 le parole da: “dalla Regione” a: “quattro quinti dei componenti” sono
sostituite dalle seguenti: “dal Presidente della Regione, uno dal Ministro dell’economia e delle
finanze e uno dal Ministro della salute”;
23
f) alla lettera b) del comma 4 le parole da: “tra gli iscritti” a: “quattro quinti dei componenti” sono
sostituite dalle seguenti: “tra i soggetti aventi i requisiti stabiliti dalla normativa statale vigente in
materia, di cui uno designato dal Presidente della Regione, uno dal Ministro dell’economia e delle
finanze e uno dal Ministro della salute”.
Art. 7
(Modifiche alla legge regionale 28 giugno 2013, n. 4 relative a disposizioni in materia di
trattamento previdenziale e assegno vitalizio. Disposizioni transitorie)
1. Al comma 5 dell’articolo 1 della l.r. 4/2013 le parole: “dei consiglieri è operata una trattenuta
obbligatoria ai fini previdenziali ai sensi della normativa regionale.” Sono sostituite dalle seguenti:
“è operata una trattenuta previdenziale qualora il consigliere dichiari, entro sessanta giorni dalla
data di prima convocazione del Consiglio, di voler beneficiare del trattamento di cui all’articolo 2.”;
2. All’articolo 2 della l.r. 4/2013 sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 1 le parole da: “determinato con regolamento” a: “dello Statuto” sono sostituite dalle
seguenti: “disciplinato con legge regionale”;
b) al comma 3 prima delle parole: “La quota di contributo” sono inserite le seguenti: “Nel caso in
cui sia stata resa la dichiarazione di cui all’articolo 1, comma 5,”;
c) al comma 4 le parole: “Il regolamento di cui al comma 1 determina” sono sostituite dalle
seguenti: “La legge di cui al comma 1 disciplina”;
d) al comma 5 dopo le parole: “del Consiglio regionale” sono aggiunte le seguenti: “che entro
sessanta giorni dalla nomina dichiarino di voler beneficiare del trattamento previdenziale”;
3. Dopo l’articolo 9 della l.r. 4/2013 è inserito il seguente:
“Art. 9 bis
(Innalzamento dell’età e riduzione dell’assegno vitalizio)
1. Al fine di ridurre i costi della politica e garantire il contenimento della spesa pubblica regionale,
gli assegni vitalizi non ancora riconosciuti a coloro che hanno ricoperto entro la fine della IX
legislatura la carica di consigliere regionale o di assessore non componente del Consiglio regionale,
sono erogati al compimento del sessantacinquesimo anno di età.
2. La corresponsione dell’assegno può essere anticipata, su richiesta, a partire dal sessantesimo anno
di età. In tal caso sulla misura dell’assegno si applica una decurtazione del 5 per cento per ogni
anno di anticipazione fino al raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età.
3. In attuazione dell’articolo 1, commi 486 e 487 della legge 27 dicembre 2013, n. 147
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità
2014), a decorrere dal 1° gennaio 2015 e per un periodo di tre anni, sugli assegni vitalizi diretti e di
reversibilità di importo superiore a quattordici volte il trattamento minimo INPS, è dovuto un
contributo di solidarietà pari al 6 per cento della parte eccedente il predetto importo lordo annuo
fino all’importo lordo annuo di venti volte il trattamento minimo INPS, nonché pari al 12 per cento
per la parte eccedente l’importo lordo annuo di venti volte il trattamento minimo INPS e al 18 per
cento per la parte eccedente l’importo lordo annuo di trenta volte il trattamento minimo INPS. Ai
fini dell’applicazione della predetta trattenuta è preso a riferimento il trattamento pensionistico
complessivo lordo per l’anno considerato.
4. I risparmi derivanti dalle misure di contenimento della spesa adottate ai sensi del comma 3 sono
versati all’entrata del bilancio dello Stato, in conformità a quanto previsto dall’articolo 1, comma
487, della l. 147/2013.
5. A decorrere dal 1° gennaio 2015 e per un periodo di tre anni, gli assegni vitalizi diretti e di
reversibilità sono ridotti secondo le aliquote stabilite nella tabella allegata alla presente legge. Tali
aliquote sono maggiorate del 40 per cento qualora il titolare di assegno vitalizio diretto o di
reversibilità goda di altro vitalizio diretto o di reversibilità da parte della Camera dei deputati, del
Senato della Repubblica, del Parlamento europeo o di altra Regione.
6. I titolari di assegno vitalizio diretto o di reversibilità che hanno un reddito lordo complessivo
annuo ai fini IRPEF inferiore o pari a 18.000 euro possono chiedere l’esenzione della riduzione
temporanea di cui al comma 5 previa presentazione di idonea documentazione.
24
7. A decorrere dal 1° gennaio 2015 e per un periodo di tre anni, l’importo degli assegni vitalizi non
è indicizzato alla variazione del costo della vita accertato dall’ISTAT.”.
4. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, i consiglieri e gli assessori
non componenti del Consiglio eletti o nominati nella X legislatura hanno facoltà di rinunciare
irrevocabilmente al trattamento previdenziale con diritto alla restituzione dei contributi versati,
senza rivalutazione monetaria né corresponsione di interessi.
5. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge la facoltà di cui al comma 4
è riconosciuta, con i medesimi effetti, ai consiglieri e agli assessori non componenti del Consiglio
eletti o nominati entro la fine della IX legislatura che abbiano maturato il diritto o siano titolari
dell’assegno vitalizio diretto o di reversibilità regionale, unitamente ad altro vitalizio diretto o di
reversibilità riconosciuto dalla Camera dei deputati, dal Senato della Repubblica, dal Parlamento
europeo o da altra Regione.
Art. 8
(Modifiche alla l.r. 4/2013 relative alla rendicontazione dei gruppi consiliari, al trattamento
economico dei dipendenti di enti e società regionali e alla pubblicità dei compensi degli
amministratori delle società regionali)
1. Al comma 5 dell’articolo 12 della l.r. 4/2013 le parole: “che lo trasmette entro i successivi cinque
giorni al Presidente della Regione” sono soppresse;
2. All’articolo 13 della l.r. 4/2013 sono apportate le seguenti modifiche:a) la rubrica è sostituita
dalla seguente: “Restituzione delle somme”;
b) all’alinea del comma 1 le parole: “decade dal diritto all’erogazione dei contributi per l’anno nel
corso del quale siano riscontrate le seguenti irregolarità:” sono sostituite dalle seguenti: “ha
l’obbligo di restituire le somme ricevute a carico del bilancio del Consiglio regionale in caso di:”;
c) il comma 2 è abrogato.
3. Al comma 1 dell’articolo 20 della l.r. 4/2013 dopo le parole: “con la Regione” sono inserite le
seguenti: “, gli enti pubblici dipendenti dalla Regione, le società non quotate controllate
direttamente o indirettamente dalla Regione e gli altri enti privati a partecipazione regionale di cui
all’articolo 56 dello Statuto, ai quali la Regione partecipa in misura maggioritaria”.
4. Dopo il comma 5 dell’articolo 23 della l.r. 4/2013 è inserito il seguente:
“5 bis. La Regione, ai sensi del comma 5 bis dell’articolo 13 del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66
(Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale) convertito, con modificazioni, dalla legge
23 giugno 2014, n. 89, pubblica nel proprio sito internet i dati completi relativi ai compensi
percepiti da ciascun componente del consiglio di amministrazione in qualità di componente di
organi di società controllate direttamente o indirettamente dalla Regione.”.
Art. 9
(Modifiche alla legge regionale 18 settembre 2006, n. 10 relative alla finanza etica regionale)
1. All’alinea del comma 26 dell’articolo 1 della l.r. 10/2006, le parole da: “Per gli interventi” a:
“altri enti pubblici e privati” sono sostituite dalle seguenti: “Per gli interventi di cui al comma 25, il
fondo può essere incrementato da: somme appositamente versate da soggetti privati; somme
provenienti da donazioni e lasciti; erogazioni conseguenti a stanziamenti deliberati dallo Stato, dagli
enti territoriali locali e da altri enti pubblici e privati.”.
Art. 10
(Modifiche alla legge regionale 18 febbraio 2002, n. 6 “Disciplina del sistema organizzativo
della Giunta e del Consiglio e disposizioni relative alla dirigenza ed al personale regionale” e
successive modifiche)
1. Alla l.r. 6/2002 sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 7 dell’articolo 20 le parole: “dell’otto per cento” sono sostituite dalle seguenti:
“percentuale stabilito per le Regioni dalla normativa statale”;
b) al comma 6 dell’articolo 38 le parole: “dell’otto per cento” sono sostituite dalle seguenti:
“percentuale stabilito per le Regioni dalla normativa statale”.
Tabella alla l.r. 4/2013
25
(art. 9 bis, comma 5)
Riduzione temporanea dei vitalizi (triennio 2015-2017)
Importo mensile lordo vitalizio Aliquota
fino a euro 1.500,00 8%
da euro 1.501,00 e fino a euro 3.500,00 10%
da euro 3.501,00 e fino a euro 6.000,00 13%
oltre 6.000,00 euro 17%
DGR 11-11-14, n. 765 - Convenzione reg. cron. n.12440 del 12/02/2010 tra Regione Lazio e
società LAit Spa per la realizzazione del Sistema Informativo Regionale. Approvazione del
Programma Operativo Annuale 2014. (BUR n. 94 del 25.11.14)
al fine di favorire lo sviluppo dell'informatizzazione degli uffici e dei servizi dell'Amministrazione
regionale, è stato istituito, in attuazione dell'articolo 32 della legge regionale 06/08/1999 n.14, il
Sistema Informativo Regionale, di seguito denominato SIR, quale insieme coordinato dei flussi
informativi volti al migliore svolgimento delle funzioni della Regione, degli enti dipendenti
regionali e degli enti locali, nonché delle necessarie interconnessioni con altri sistemi informativi
locali e nazionali, pubblici e privatiCon la Legge Regionale n.20 del 03/08/2001 la Regione Lazio ha stabilito le “norme per la
promozione della costituzione della società regionale per l’informatica”, art. 1, 2, 3 e 4, denominata
“Laziomatica”, cui è stato affidato l’incarico per la realizzazione, l'organizzazione e la gestione del
SIRCon la nota n. 80945 del 28/06/2006 la Società Laziomatica Spa comunica il cambiamento di
denominazione sociale della stessa in LAit Spa.
Viene approvata, ai sensi dell’art. 5 della Convenzione n. 12440 del 12/02/2010, il Programma
Operativo Annuale 2014 per la realizzazione, organizzazione e gestione del SIR, allegato A alla
presente deliberazione e di essa facente parte integrante e sostanziale (a cui si rinvia).
Viene approvato il quadro finanziario del sopra indicato il Programma Operativo Annuale 2014,
allegato B alla presente deliberazione e di essa facente parte integrante e sostanziale (a cui si
rinvia).
DGR 11.11.14, n. 766 - Ratifica Accordo quadro ed Approvazione schema Accordo Operativo tra
Presidenza del Consiglio dei Ministri Scuola Nazionale dell'Amministrazione (SNA), Regione
Lazio, Istituto di Studi Giuridici Arturo Carlo Jemolo e l'Agenzia Sviluppo Amministrazioni
Pubbliche (ASAP) per lo svolgimento di attività di formazione in materia di anticorruzione e
trasparenza amministrativa. (BUR n. 94 del 25.11.14)
Note
INTRODUZIONE NORMATIVA
15 "Accordi fra pubbliche amministrazioni" in base al quale i soggetti pubblici possono concludere
tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune;
materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle
pubbliche amministrazioni;
della Pubblica Amministrazione" e in particolare l'articolo 3, comma 2, che stabilisce la possibilità
della Scuola di promuovere e partecipare ad associazioni e consorzi, nonché di stipulare accordi di
programma, convenzioni e contratti con soggetti pubblici e privati;
a prevenzione e la repressione della
corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, che all’art 1 comma 11, prevede che la
Scuola Nazionale dell’Amministrazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e
utilizzando le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, predispone
26
percorsi, anche specifici e settoriali, di formazione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni
statali sui temi dell'etica e della legalità;
Arturo Carlo Jemolo per promuovere l'impegno unitario ed il confronto di quanti, nella pubblica
amministrazione, nelle università, nella magistratura, nel foro e nella società civile intendono
fornire un positivo contributo alla piena attuazione della Costituzione della Repubblica e di
intraprendere ogni iniziativa di studio e di ricerca valida per una formazione culturale pienamente
partecipe del processo democratico del Paese;
dell’Istituto A. C. Jemolo per attivare corsi di formazione, di aggiornamento e di riqualificazione
per gli amministratori, i dirigenti e il restante personale degli enti locali;
associazione denominata "Agenzia per lo sviluppo delle amministrazioni pubbliche" ASAP quale
strumento di innovazione organizzativa, formazione, aggiornamento, qualificazione e
perfezionamento del personale dipendente della Regione e degli enti locali;
- Scuola Nazionale dell’
Amministrazione (SNA), la Regione Lazio e l’Istituto di studi giuridici del Lazio Arturo Carlo
Jemolo per lo svolgimento di attività di formazione specialistica, ricerca e studio stipulato in data 5
agosto 2013;
soci
fondatori sono la Regione Lazio e l'Istituto Regionale di Studi Giuridici del Lazio "A.C. Jemolo";
L’ATTIVITA’ FORMATIVA IN MATERIA DI PREVENZIONE E DELLA CORRUZIONE E
DELL’ILLEGALITA DELLA PUBLICA AMMINISTRAZIONE
Al fine di definire le regole dell’attività formativa del personale regionale, degli locali del Lazio,
delle aziende sanitarie locali e ospedaliere, di enti pubblici e società regionali, in materia di
prevenzione della corruzione e dell’illegalità della Pubblica Amministrazione, viene avviata una
collaborazione fra la Presidenza del Consiglio dei Ministri Scuola Nazionale dell’Amministrazione
(SNA), Regione Lazio, Istituto di Studi Giuridici Arturo Carlo Jemolo e l’Agenzia Sviluppo
Amministrazioni Pubbliche (ASAP) attraverso un Accordo Operativo.
La Regione, con detto Accordo, affida all’Istituto Jemolo, ASAP e SNA la programmazione,
l’organizzazione e la realizzazione dei corsi in materia di Prevenzione della corruzione e
dell’illegalità nella Pubblica Amministrazione, attraverso un’attività didattica approvata da un
istituito Comitato scientifico, rivolta al personale delle aziende sanitarie locali del Lazio, al
personale degli enti regionali del Lazio e al personale delle società regionali.
IL RUOLO DEL COMITATO SCIENTIFICO
Al fine di assicurare l'attuazione delle iniziative previste dall’Accordo operativo di cui all’oggetto,
il Comitato scientifico provvede a definire i contenuti e le modalità di attuazione delle iniziative, a
monitorare lo stato di attuazione delle stesse e i risultati conseguiti, ad individuare le misure da
adottare per la risoluzione delle problematiche eventualmente evidenziate dal monitoraggio e
informare i vertici istituzionali delle Parti sull'andamento complessivo delle attività.
NB
La Regione si riserva il diritto di approvare i dettagli della progettazione delle attività formative
relative al corso di cui all’art.1 dell’Accordo;
La SNA si impegna a progettare il corso di cui all’art.1 fornendo il proprio personale docente;
L’Istituto Jemolo ed ASAP collaborano con la SNA nella progettazione del corso e mettono
a disposizione le strutture logistiche per lo svolgimento delle attività formative;
L’accordo operativo:
decorre dalla data di sottoscrizione e termina il 31 dicembre 2014, salvo proroghe
concordate tra le parti;
pur impegnando le parti al momento della sottoscrizione, rimane sospensivamente
27
condizionato all'esito positivo del controllo da parte degli organi competenti;
non comporta oneri di alcun tipo.
LA RATIFICA DELL’ACCORDO
Viene ratificato l’Accordo quadro tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Scuola Nazionale
dell’ Amministrazione (SNA), la Regione Lazio e l’Istituto di studi giuridici del Lazio Arturo Carlo
Jemolo per lo svolgimento di attività di formazione specialistica, ricerca e studio stipulato in data 5
agosto 2013, nonchè di procedere all’approvazione dello Schema di Accordo operativo in oggetto;
ACCORDO OPERATIVO
TRA
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
SCUOLA NAZIONALE DELL’AMMINISTRAZIONE (SNA)
E
REGIONE LAZIO
E
ISTITUTO DI STUDI GIURIDICI DEL LAZIO ARTURO CARLO JEMOLO
E
L’AGENZIA SVILUPPO AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE (ASAP)
PER LO SVOLGIMENTO DI ATTIVITÀ DI
FORMAZIONE IN MATERIA DI
ANTICORRUZIONE E TRASPARENZA AMMINISTRATIVA
25/11/2014 - BOLLETTINO UFFICIALE DELLA REGIONE LAZIO - N. 94
ACCORDO OPERATIVO
TRA
LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - SCUOLA
NAZIONALE DELL’ AMMINISTRAZIONE (C.F. 80006130613), con sede legale in
Roma, Via dei Robilant, n. 11, successivamente indicata come "SNA", rappresentata
dal………………….., nella qualità di Presidente e rappresentante legale pro-tempore,
domiciliato per la carica presso la sede sopra indicata
E
LA REGIONE LAZIO, successivamente indicata come "Regione", con sede legale in Roma,
Via Cristoforo Colombo n. 212, C.F. 80143490581, rappresentata dal
……………………………. domiciliato per la carica presso la sede sopra indicata,
E
L'ISTITUTO DI STUDI GIURIDICI DEL LAZIO ARTURO CARLO JEMOLO, con sede in
Roma, viale Giulio Cesare 31, (C.F. 96154600587) successivamente indicato come "Istituto
Jemolo", rappresentato dal …………………………, nella qualità di Commissario Straordinario,
domiciliato per la carica presso la sede sopra indicata
E
L' ASSOCIAZIONE "AGENZIA SVILUPPO AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE"ASAP (di seguito denominata ASAP), con sede legale in Via Rosa Raimondi Garibaldi n.7, 00145 –
Roma, codice fiscale n.. 97303980581 Partita IVA 08960781006, rappresentata
……………………………………………………………………….., domiciliata per la carica
presso la sede legale dell’ A.S.A.P.,
E
di seguito congiuntamente indicati come "le Parti";
VISTO
L’Accordo quadro tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Scuola Nazionale dell’
Amministrazione (SNA), la Regione Lazio e l’Istituto di studi giuridici del Lazio Arturo Carlo
Jemolo per lo svolgimento di attività di formazione specialistica, ricerca e studio stipulato in data 5
agosto 2013;
28
la legge 7 agosto 1990 n. 241, e successive modificazioni ed integrazioni, in materia di
procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi e, in particolare,
l'articolo 15 "Accordi fra pubbliche amministrazioni" in base al quale i soggetti pubblici possono
concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse
comune;
il decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in
materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle
pubbliche amministrazioni, c.d. di Riforma del Pubblico Impiego e della Pubblica Amministrazione
(Riforma Brunetta);
il decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 178 recante "Riorganizzazione della scuola Superiore
della Pubblica Amministrazione" e in particolare l'articolo 3, comma 2, che stabilisce la possibilità
della Scuola di promuovere e partecipare ad associazioni e consorzi, nonché di stipulare accordi di
programma, convenzioni e contratti con soggetti pubblici e privati;
la Legge 6 novembre 2012, n. 190 -“ Disposizioni per la prevenzione e la repressione della
corruzione e dell’ illegalità nella pubblica amministrazione” che, all’art 1 comma 11, prevede che la
Scuola Nazionale dell’Amministrazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e
utilizzando le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, predispone
percorsi, anche specifici e settoriali, di formazione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni
statali sui temi dell'etica e della legalità
la Legge Regionale n. 40 del 11 luglio 1987 che ha istituito l’ Istituto di studi giuridici del Lazio
Arturo Carlo Jemolo per favorire il soddisfacimento della domanda di giustizia della società' civile
laziale, al fine di promuovere l'impegno unitario ed il confronto di quanti, nella pubblica
amministrazione, nelle università, nella magistratura, nel foro e nella società civile intendono
fornire un positivo contributo alla piena attuazione della Costituzione della Repubblica e di
intraprendere ogni iniziativa di studio e di ricerca valida per una formazione culturale pienamente
partecipe del processo democratico del Paese;
la Legge Regionale n. 14 del 6 agosto 1999 che all’art. 31 ha stabilito che la Regione si avvale
dell’Istituto A. C. Jemolo per attivare corsi di formazione, di aggiornamento e di riqualificazione
per gli amministratori, i dirigenti e il restante personale degli enti locali;
la L.R. 18 febbraio 2002, n.6 e, in particolare, l'articolo 27 che promuove la costituzione di una
associazione denominata "Agenzia per lo sviluppo delle amministrazioni pubbliche" ASAP quale
strumento di innovazione organizzat iva, formazione, aggiornamento, qualificazione e
perfezionamento del personale dipendente della Regione e degli enti locali.;
l’atto a rogito notaio Votta rep. n. 6878 del 23.05.2003 con il quale si è costituita l’ASAP e dal
quale risulta che i soci i soci fondatori sono la Regione Lazio e l'Istituto Regionale di Studi
Giuridici del Lazio "A.C. Jemolo";
lo Statuto dell’A.S.A.P., modificato in data 24.10.2013 dall’Assemblea dei Soci;
RITENUTO
di stipulare un accordo operativo tra la SNA, la Regione Lazio e l’Istituto Arturo Carlo Jemolo e
ASAP per definire le modalità di realizzazione dell'attività di formazione del personale regionale,
degli enti locali del Lazio, della aziende sanitarie locali delle aziende ospedaliere, di enti pubblici
regionali, delle società regionali, in materia di prevenzione della corruzione e dell' illegalità nella
pubblica amministrazione.
CONVENGONO E STIPULANO QUANTO SEGUE
Articolo I
(Oggetto dell'accordo)
La Regione, affida all’Istituto Jemolo ad ASAP e alla SNA, la progettazione, l'organizzazione e
realizzazione dei corsi in materia di Prevenzione della corruzione e dell' illegalità nella pubblica
amministrazione.
29
L'attività didattica è rivolta ai personale della Regione Lazio, al personale degli enti locali del
Lazio, al personale delle aziende sanitarie locali del Lazio e al personale degli enti regionali del
Lazio, al personale delle società regionali.
La programmazione didattica dei corsi è approvata dal Comitato scientifico di cui all’art.3
dell’accordo quadro.
Il Comitato scientifico provvede in particolare a:
a) definire i contenuti e le modalità di attuazione delle iniziative;
b) monitorare lo stato di attuazione delle iniziative e i risultati conseguiti;
c) individuare le misure da adottare per la risoluzione delle problematiche
eventualmente evidenziate dal monitoraggio;
d) informare i vertici istituzionali delle Parti sull'andamento complessivo delle attività;
Articolo 2
(Adempimenti delle parti)
La Regione si riserva la facoltà di approvare la progettazione di dettaglio delle attività formative
relative al corso di cui all’art.1.
La SNA si impegna a progettare il corso di cui all’art.1 fornendo il proprio personale docente.
L’Istituto Jemolo ed ASAP collaborano con la SNA nella progettazione del corso e mettono a
disposizione le strutture logistiche per lo svolgimento delle attività formative.
Articolo 3
(Durata)
Il presente accordo decorre dalla data della sottoscrizione e termina il 31 dicembre 2014, salvo
proroghe concordate tra le parti.
Articolo 4
(Svolgimento delle attività)
I corsi si svolgeranno presso la Sede dell’Istituto A.C. Jemolo, presso locali ASAP o presso locali
messi a disposizione dagli enti o società per i quali i corsi saranno erogati secondo il calendario
stabilito dalla SNA in accordo con l’Istituto A.C. Jemolo ed ASAP.
Articolo 5
(Quote di iscrizione)
Le spese relative alla realizzazione del corso saranno coperte dalle quote di iscrizione versate dagli
enti di appartenenza dei partecipanti al corso.
Il personale della Regione Lazio potrà partecipare ai corsi a titolo gratuito.
La SNA provvederà a rendicontare all’Istituto Jemolo e ad ASAP le spese sostenute per le attività
formative previste dal presente accordo operativo.
L’Istituto Jemolo ed ASAP provvederanno a versare alla SNA l’importo rendicontato ai sensi del
precedente comma entro 30 giorni dalla data di ricezione del rendiconto.
Articolo 6
Risoluzione dispute
Eventuali disaccordi nell'interpretazione e/o esecuzione del presente atto saranno risolti
amichevolmente tra le Parti.
In caso di mancato accordo il giudice competente è il Foro di Roma.
Articolo 7
Efficacia
Il presente accordo, pur impegnando le parti al momento della sottoscrizione, rimane
sospensivamente condizionato all'esito positivo del controllo da parte degli organi competenti.
Articolo 8
Oneri fiscali
Non sono previsti oneri fiscali né spese di bollo e registrazione per il presente accordo. Ai sensi
dell'articolo 10, comma 1, n. 20) del D.P.R. 633/1972, i corrispettivi che saranno versati saranno
esenti da IVA in quanto versati da ente pubblico a fronte dell'esecuzione di corsi di formazione,
aggiornamento, riqualificazione e riconversione del personale.
30
Letto approvato e sottoscritto in Roma, il …………….
PER LA REGIONE LAZIO
Il Presidente
PER LA SCUOLA NAZIONALE DELL’AMMINISTRAZIONE
Il Presidente
PER L’ISTITUTO DI STUDI GIURIDICI DEL LAZIO A.C. JEMOLO
Il Commissario Straordinario
PER ASAP
L’amministratore Unico
VENETO
DGR 28.10.14, N. 1939 - Approvazione definitiva del codice di comportamento dei dipendenti
della regione del veneto, adottato con deliberazione di giunta n. 38 del 28 gennaio 2014, ai sensi del
decreto legislativo n. 165 del 30 marzo 2001, art. 54, comma 5. (BUR n. 110 del 18.11.14)
Note
Viene disposta l’approvazione definitiva del Codice di comportamento dei dipendenti della Regione
del Veneto, esperita la procedura di consultazione pubblica e acquisito il parere favorevole
dell'Organismo indipendente di valutazione della Regione del Veneto.
ANAGRAFE
LOMBARDIA
DCR 4.11.14 - n. X/508 - Mozione concernente la trascrizione nei registri dello stato civile dei
matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero. (BUR n. 47 del 17.11.14)
“Il Consiglio regionale della Lombardia
premesso che
alcuni sindaci hanno posto o si accingono a porre in essere provvedimenti che ordinano agli
ufficiali di stato civile dei rispettivi comuni di provvedere alla trascrizione dei matrimoni celebrati
all’estero tra persone dello stesso sesso;
evidenziato che
tali direttive non sono conformi al quadro normativo vigente in quanto:
−−come ribadito dalla Corte costituzionale con la pronuncia 138/2010, l’articolo 29 della
Costituzione italiana si riferisce al matrimonio come unione tra persone di sesso diverso;
−−l’articolo 107 del codice civile prescrive espressamente che l’ufficiale di stato civile riceva «da
ciascuna delle parti personalmente, l’una dopo l’altra, la dichiarazione che esse si vogliono prendere
rispettivamente in marito e in moglie»;
−−l’articolo 115 del codice civile prevede che il cittadino sia soggetto alle norme del codice
medesimo «anche quando contrae matrimonio in paese straniero secondo le norme ivi stabilite»;
−−ai sensi dell’articolo 27, comma, 1 della legge 31 maggio 1995, n. 218 (Riforma del sistema
italiano di diritto internazionale privato) la capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre
matrimonio sono regolate dalla legge di ciascun nubendo al momento del matrimonio;
evidenziato,
altresì, che in ogni caso l’ufficiale di stato civile è comunque tenuto a verificare la sussistenza dei
requisiti sostanziali di capacità dei nubendi a contrarre matrimonio e il loro stato giuridico;
preso atto che
in data 7 ottobre 2014 il Ministro dell’Interno, on. Angelino Alfano, ha emanato una circolare
indirizzata a tutti i prefetti e ai Commissari di Governo per le province di Trento e Bolzano con la
quale si richiama l’attenzione affinché la funzione di stato civile venga esercitata nel rispetto delle
norme vigenti e si danno indicazioni affinché, ove fossero state adottate direttive da parte dei
31
sindaci non conformi alla normativa, si rivolga formale invito al ritiro e alla cancellazione delle
conseguenti trascrizioni, avvertendo che in caso di inerzia si procederà all’annullamento d’ufficio;
ribadito che
la disciplina dell’eventuale equiparazione dei matrimoni omosessuali a quelli tra persone di sesso
diverso e la loro conseguente trascrizione nei registri di stato civile rientrano nella competenza
esclusiva del Parlamento, come peraltro affermato all’articolo 12 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e dall’articolo 9 della Carta
dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Carta di Nizza);
richiama i Sindaci lombardi
a non adottare provvedimenti che esorbitano dalle loro competenze o che siano in palese contrasto
con la legge, invitandoli dove ciò fosse già avvenuto ad annullare gli atti assunti;
invita i Prefetti lombardi
ad adoperarsi con sollecitudine affinché vengano ribaditi e rispettati gli elementari principi di
legalità e di certezza della norme, prevedendo la nomina di un commissario ad acta come già
successo alla prefettura di Udine;
invita il legislatore nazionale
ad affrontare e dirimere definitivamente la questione delle unioni civili, garantendo nel contempo il
rispetto dell’articolo 29 della Costituzione e il valore dell’istituto della famiglia naturale fondata sul
matrimonio.”.
ANZIANI
FRIULI V-GL.R. 14.11.14, n. 22 - Promozione dell’invecchiamento attivo e modifiche all’articolo 9 della legge
regionale 15/2014 (in materia di protezione sociale). (BUR n. 47 del 19.11.14)
Art. 1 finalità
1. La Regione riconosce e valorizza il ruolo delle persone anziane nella comunità e promuove la
loro partecipazione alla vita sociale, civile, economica e culturale, facilitando percorsi di autonomia
e di benessere sia fisico che mentale e sociale.
2. La Regione sostiene l’invecchiamento attivo inteso come un processo che valorizza la persona
come risorsa, rendendola protagonista del proprio futuro.
3. La Regione contrasta tutti i fenomeni di esclusione, di pregiudizio e di discriminazione verso le
persone anziane, sostenendo azioni e interventi che facilitano la piena inclusione sociale nella
comunità.
Art. 2 definizioni
1. Ai fini della presente legge si intende per:
a) persona anziana: la persona ultra sessantacinquenne;
b) invecchiamento: il processo che si sviluppa lungo l’intero arco della vita assumendo
caratteristiche differenziate e altrettante diversità individuali che vanno riconosciute dando senso e
valore a tutte le età;
c) invecchiamento attivo: il processo che promuove la capacità continua della persona di ridefinire e
modificare il proprio progetto e contesto di vita, attraverso azioni che favoriscono opportunità di
autonomia, benessere, salute, sicurezza e partecipazione alle attività sociali, allo scopo di migliorare
la qualità della vita e di affermare la dignità delle persone che invecchiano.
Art. 3 programmazione degli interventi
1. La Regione persegue le finalità della presente legge mediante la programmazione di interventi
coordinati e integrati a favore delle persone anziane negli ambiti della salute e della sicurezza, della
partecipazione, della formazione permanente, del lavoro, della cultura e del turismo sociale, dello
sport e del tempo libero, dell’impegno civile e del volontariato.
2. La Regione favorisce la programmazione degli interventi di cui al comma 1 promuovendo le
iniziative territoriali in collaborazione con i Comuni singoli o aggregati, con le Aziende sanitarie,
32
nonché con i soggetti, enti e associazioni che a qualsiasi titolo operano negli ambiti e per le finalità
di cui alla presente
legge, anche attraverso lo strumento dei Piani di zona, di cui all’articolo 24 della legge regionale 31
marzo 2006, n. 6 (Sistema integrato di interventi e servizi per la promozione e la tutela dei diritti di
cittadinanza sociale), e favorisce la costituzione e partecipazione relativamente a network europei e
circuiti nazionali e internazionali.
3. La Giunta regionale definisce le strategie e approva il programma triennale degli interventi per
l’attuazione della presente legge. Nel programma sono definite le modalità, le azioni e le risorse con
cui le Direzioni centrali dell’Amministrazione regionale concorrono alla sua realizzazione.
4. Il programma triennale di cui al comma 3 è predisposto dalla Direzione centrale competente in
materia di tutela della salute e politiche sociali sulla base delle indicazioni fornite dalle altre
Direzioni competenti interessate ed è approvato dalla Giunta regionale con regolamento, previo
parere della competente Commissione consiliare.
5. All’Assessore competente in materia di tutela della salute e politiche sociali sono attribuite le
funzioni di coordinamento dell’attuazione delle azioni previste dal programma triennale di cui al
comma 3. La Direzione centrale competente in materia di tutela della salute e politiche sociali
assume compiti di
coordinamento in ordine all’attuazione del programma avvalendosi di un tavolo di lavoro
permanente tra le diverse Direzioni centrali. Il tavolo ha il compito di predisporre un piano di
attuazione annuale, approvato con deliberazione della Giunta regionale, diretto a rendere operativi
le finalità e gli indirizzi della presente legge.
Art. 4 soggetti attuatori
1. La Regione valorizza e promuove la partecipazione delle persone anziane alle iniziative
realizzate in attuazione degli interventi di cui alla presente legge, in collaborazione con:
a) i Comuni, singoli o aggregati;
b) le Aziende sanitarie e le Aziende pubbliche di servizi alla persona;
c) le Istituzioni scolastiche e le Università delle LiberEtà e della Terza Età;
d) le forze sociali e le associazioni di rappresentanza delle persone anziane;
e) le associazioni di tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti;
f) gli enti e le organizzazioni non aventi scopo di lucro, nonché i soggetti privati che a qualsiasi
titolo operano negli ambiti e per le finalità di cui alla presente legge.
Art. 5 politiche familiari
1. La Regione riconosce la famiglia come risorsa fondamentale nelle politiche di invecchiamento
attivo.
Al fine di favorire le condizioni effettive di sostenibilità delle responsabilità familiari nei confronti
delle persone anziane:
a) promuove ogni azione utile rivolta a supportare in modo integrato le famiglie per la permanenza
più lunga possibile nel contesto domiciliare della persona anziana in alternativa al ricovero in
strutture di cura residenziali;
b) favorisce adeguate politiche che tengano conto dei carichi familiari, con particolare riferimento
alle donne, e puntino a valorizzare le iniziative familiari di presa in cura degli anziani;
c) sostiene l’inserimento delle famiglie all’interno di reti più ampie di auto-organizzazione dei
servizi a sostegno dei compiti familiari di promozione dell’invecchiamento attivo.
Art. 6 formazione
1. La Regione individua nell’educazione e nella formazione lungo tutto l’arco della vita una
modalità fondamentale per vivere da protagonisti la longevità e in particolare:
a) sostiene la mutua formazione inter e intra generazionale, tra appartenenti a culture differenti,
promuovendo il valore della differenza di genere;
b) sostiene percorsi di formazione mirati a offrire strumenti e opportunità di comprensione della
realtà sociale contemporanea nella finalità di potenziare le competenze adattative delle persone
anziane;
33
c) valorizza e sostiene le attività della formazione permanente quali le Università delle LiberEtà o
della Terza età, comunque denominate, dirette all’educazione permanente in diversi settori del
sapere anche con la partecipazione ai progetti europei;
d) sostiene la formazione, l’aggiornamento e la riqualificazione continua di tutti coloro che operano,
a vario titolo e anche con specifiche competenze professionali, nei confronti delle persone anziane.
2. La Regione promuove e sostiene protocolli operativi con le Istituzioni scolastiche per la
realizzazione di progetti che prevedono la messa a disposizione da parte delle persone anziane del
proprio tempo nella trasmissione di saperi alle nuove generazioni; favorisce, altresì, anche con il
concorso di imprese e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, il ruolo attivo dell’anziano
durante l’orientamento o i percorsi di prima formazione.
3. La Regione, al fine di favorire l’inclusione sociale delle persone anziane, promuove e sostiene,
anche attraverso campagne mirate di informazione, di sensibilizzazione, di promozione della salute,
della socialità, percorsi formativi finalizzati a:
a) progettare percorsi di invecchiamento attivo con particolare attenzione all’impegno civile e alla
cittadinanza attiva;
b) sostenere percorsi di formazione delle persone anziane che si occupano di accudire ed educare i
nipoti, facilitando la conciliazione tra la vita lavorativa e familiare dei loro genitori;
c) promuovere corretti stili di vita, di sana e corretta alimentazione e di consumo sostenibili, nonché
di gestione efficace del risparmio;
d) perseguire la sicurezza domestica e stradale;
e) promuovere azioni di contrasto alle dipendenze;
f) favorire le capacità e le competenze delle persone anziane in programmi di impegno sociale, in
forme di sostegno e di accompagnamento a persone in disagio e in difficoltà, con interventi a
carattere comunitario.
4. La Regione promuove iniziative volte a favorire l’accesso delle persone anziane alle tecnologie,
alle informazioni e ai servizi digitali favorendo la sinergia tra tutti gli organismi attivi nel territorio.
Art. 7 impegno civile
1. La Regione favorisce la partecipazione degli anziani alla vita di comunità, anche attraverso
l’impegno civile nel volontariato e nell’associazionismo, in ruoli di cittadinanza attiva responsabile
e solidale, quale forma di promozione dell’invecchiamento attivo.
2. L’impegno civile può tradursi in progetti sociali che, promossi e realizzati dai soggetti attuatori di
cui all’articolo 4, devono essere finalizzati al benessere della comunità e inseriti prioritariamente in
specifici protocolli operativi nel contesto dei Piani di zona.
3. Alle persone anziane che operano nei progetti di volontariato di cui al comma 2 può essere
riconosciuto il rimborso delle spese sostenute, ai sensi dell’articolo 4, comma 3, della legge
regionale 9 novembre 2012, n. 23 (Disciplina organica sul volontariato e sulle associazioni di
promozione sociale), nonché crediti sociali fruibili in servizi regolati dai promotori dei progetti.
4. La Regione sostiene progetti sperimentali o convenzioni tra enti pubblici e soggetti privati,
nonché lo sviluppo dell’associazionismo familiare diretti a sviluppare l’impegno civile degli anziani
favorendo la costruzione di reti di supporto sul territorio che lavorano in modo integrato e
coordinato.
5. La Regione valorizza i Comuni che attivano incontri periodici con le persone che accedono a
trattamenti di quiescenza raccogliendo disponibilità a prestazioni gratuite nell’ambito delle
competenze e professionalità acquisite. I Comuni svolgono un ruolo attivo incrociando disponibilità
espresse e bisogni presenti nella comunità di riferimento.
Art. 8 cultura e turismo sociale
1. La Regione promuove iniziative di innovazione socio culturale dirette a favorire i processi di
inclusione e a diffondere un’immagine positiva della persona anziana quale risorsa per la comunità.
2. Al fine di sostenere il patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale, la Regione:
a) sostiene iniziative di turismo sociale facilitando in particolare l’accesso a eventi musicali, di
teatro, cinema, mostre e musei;
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b) favorisce l’impegno civile delle persone anziane nella promozione della storia, cultura e delle
tradizioni locali.
Art. 9 trasporti sociali
1. Al fine di realizzare una diretta interazione tra politica di sviluppo economico e sociale, assetto
del territorio e organizzazione dei trasporti, la Regione:
a) riconosce al servizio regionale dei pubblici trasporti caratteri sociali con particolare riguardo alle
esigenze lavorative, scolastiche, turistiche, sanitarie e sociali;
b) assegna al servizio stesso un ruolo di compartecipazione allo sviluppo economico della Regione
e di riequilibrio territoriale;
c) armonizza la politica regionale dei trasporti con gli obiettivi di politica sociale finalizzati a
favorire le persone in difficoltà nel muoversi liberamente sul territorio usufruendo, alle stesse
condizioni degli altri cittadini, dei servizi di trasporto collettivo appositamente adattati o di servizi
alternativi;
d) promuove e sostiene servizi di trasporto sociale e assistito nel contesto degli interventi di
pianificazione e qualificazione del sistema di welfare regionale.
Art. 10 salute e benessere
1. Al fine di prevenire processi invalidanti fisici e psicologici, la Regione, anche attraverso un
utilizzo appropriato delle risorse dei Servizi sanitario e sociale regionale e in coerenza con quanto
previsto dal Piano regionale della prevenzione:
a) promuove interventi e azioni finalizzati a orientare il sistema di welfare regionale nella
costruzione del benessere sociale superando logiche assistenzialistiche, a limitare
l’ospedalizzazione e l’inserimento in strutture residenziali, a sostenere la dignità, l’autonomia, la
libera scelta e l’autodeterminazione della persona anziana, anche nelle situazioni di maggior disagio
e di difficoltà, a facilitare e promuovere la co-residenza degli anziani anche attraverso la
sperimentazione di modelli abitativi intergenerazionali;
b) adotta politiche sociali e sanitarie in favore della domiciliarità intesa come sostegno alla persona
anziana nel suo contesto familiare e territoriale, contrastando fenomeni di isolamento ed
emarginazione sociale, di perdita dell’autonomia personale e di allontanamento precoce dal contesto
abituale di vita anche attraverso lo sviluppo di servizi di domotica e teleassistenza;
c) sostiene la diffusione di corretti stili di vita, l’educazione motoria e fisica, anche mediante
campagne di informazione e sensibilizzazione, promuovendo protocolli operativi tra le associazioni
che operano negli ambiti e per le finalità di cui alla presente legge, per estendere su tutto il territorio
regionale le progettualità che si sono dimostrate efficaci;
d) sostiene, in una prospettiva intergenerazionale e culturale, la diffusione di interventi di
prossimità, di spazi e luoghi d’incontro, di socializzazione e partecipazione.
Art. 11 accessibilità all’informazione, ai servizi e alle nuove tecnologie
1. La Regione, al fine di favorire la piena partecipazione e l’accesso all’ambiente fisico, alle
informazioni e alla comunicazione, compresi i sistemi e le tecnologie di informazione:
a) sostiene la diffusione di informazioni e opportunità anche con strumenti tecnologicamente
innovativi e sostenibili da parte delle persone anziane;
b) promuove protocolli operativi tra i soggetti di cui all’articolo 4 diretti a facilitare, anche
economicamente, l’accesso alle informazioni e il sostegno all’utilizzo degli strumenti di cui alla
lettera a);
c) sostiene la ricerca e l’innovazione per il miglioramento degli ambienti di vita, per promuovere
l’accessibilità delle abitazioni e degli spazi di vita e per facilitare la partecipazione a progetti di
ricerca, sviluppo e innovazione nel settore, anche in ambito interdisciplinare e internazionale;
d) promuove l’adozione di strumenti volti a favorire il coordinamento dell’offerta e a garantire una
capillare informazione alla popolazione.
Art. 12 completamento dell’attività lavorativa
1. La Regione, nel rispetto delle norme vigenti in materia, favorisce la realizzazione di interventi
che agevolino il completamento della vita lavorativa, rivolti a persone in età matura e finalizzati a:
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a) favorire la ricerca di modalità graduali di uscita dal lavoro anche attraverso forme di impegno
sociale e civile;
b) promuovere il trasferimento di competenze ai lavoratori più giovani.
Art. 13 clausola valutativa
1. Il Consiglio regionale esercita il controllo sull’attuazione della presente legge e valuta i risultati
ottenuti in termini di azioni e interventi a sostegno dell’invecchiamento attivo.
2. La Giunta regionale avvalendosi della Direzione centrale competente in materia di tutela della
salute e politiche sociali predispone un piano generale di monitoraggio da inviare per le rispettive
competenze alle Direzioni centrali coinvolte.
3. La Giunta regionale, sulla base dei monitoraggi delle singole Direzioni e in particolare della
Direzione centrale competente in materia di tutela della salute e politiche sociali, predispone, con
cadenza triennale, entro il mese di febbraio dell’anno successivo al triennio di riferimento, una
relazione informativa per il Consiglio regionale. La relazione, in particolare, documenta:
a) lo stato di attuazione del programma con evidenza per ambito di azione degli interventi realizzati
e avviati, nonché il livello di coinvolgimento raggiunto;
b) le eventuali criticità emerse in sede di programmazione degli interventi e il grado di
coordinamento e integrazione raggiunti.
4. La relazione prevista al comma 3 è resa pubblica, insieme ai documenti consiliari che ne
concludono l’esame, in particolare, mediante pubblicazione sul sito web del Consiglio regionale.
Art. 14 disposizioni finanziarie
1. Per le finalità di cui all’articolo 3, comma 3, è autorizzata la spesa di 80.000 euro per l’anno
2014, a carico dell’unità di bilancio 8.7.1.3390 e del capitolo 4470 di nuova istituzione nello stato
di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2014-2016 e del bilancio per l’anno
2014, con la denominazione
“Programma di interventi in materia di promozione dell’invecchiamento attivo”.
2. All’onere di 80.000 euro per l’anno 2014 derivante dal disposto di cui al comma 1, si provvede
mediante storno di pari importo dall’unità di bilancio 10.4.1.1170 e dal capitolo 1490 dello stato di
previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2014-2016 e del bilancio per l’anno
2014.
Art. 15 modifiche all’articolo 9 della legge regionale 15/2014
1. Al comma 1 dell’articolo 9 della legge regionale 4 agosto 2014, n. 15 (Assestamento del bilancio
2014), sono apportate le seguenti modifiche:
a) le parole <<all’Istituto Psicopedagogico “Villa Santa Maria della Pace” di Medea>> sono
sostituite dalle seguenti: <<alla Provincia Italiana dell’Ordine degli Scalzi della SS. Trinità di
Roma>>;
b) dopo le parole <<con gravi disturbi generalizzati dello sviluppo>> sono aggiunte le seguenti:
<<di Medea>>.
2. In relazione al disposto di cui all’articolo 9, comma 1, della legge regionale 15/2014, come
modificato dal comma 1, nello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni
2014-2016 e del bilancio per l’anno 2014, all’unità di bilancio 8.1.1.1138, nella denominazione del
capitolo 4865, le parole <<all’Istituto Psicopedagogico “Villa Santa Maria della Pace” di Medea>>
sono sostituite dalle seguenti:
<<alla Provincia Italiana dell’Ordine degli Scalzi della SS. Trinità di Roma>> e dopo le parole
<<con gravi disturbi generalizzati dello sviluppo>> sono aggiunte le seguenti: <<di Medea>>.
NOTE
Avvertenza
Il testo delle note qui pubblicate è stato redatto ai sensi dell’articolo 2 della legge regionale 13
maggio 1991, n.
18, come da ultimo modificato dall’articolo 85, comma 1, della legge regionale 30/1992, al solo
fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali è operato il rinvio.
36
Restano invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Nota all’articolo 3
- Il testo dell’articolo 24 della legge regionale 31 marzo 2006, n. 6 è il seguente:
Art. 24 Piano di zona
1. Il Piano di zona (PDZ) è lo strumento fondamentale per la definizione del sistema integrato degli
interventi e servizi sociali del territorio di competenza dei Comuni associati negli ambiti distrettuali.
Il PDZ costituisce inoltre mezzo di partecipazione degli attori sociali al sistema integrato.
2. Il PDZ è definito in coerenza con la programmazione regionale ed è coordinato con la
programmazione locale in materia sanitaria, educativa, formativa, del lavoro, culturale, abitativa e
dei trasporti e nelle altre materie afferenti alle politiche sociali.
3. Il PDZ è informato ai principi di responsabilità, solidarietà e sussidiarietà e deve garantire un
sistema efficace, efficiente, capace di produrre promozione, prevenzione, cura, tutela e inclusione
sociale, anche attraverso il coinvolgimento delle risorse locali di solidarietà e di auto-mutuo aiuto.
4. Il PDZ definisce in particolare:
a) l’analisi del bisogno;
b) gli obiettivi di sviluppo, tutela e inclusione sociale e i relativi indicatori di verifica;
c) gli obiettivi di sistema dei servizi e le priorità di intervento;
d) le modalità organizzative dei servizi;
e) le attività di tipo integrato previste dagli articoli 55, 56 e 57;
f) le risorse necessarie a realizzare il sistema integrato degli interventi e servizi sociali locali e le
quote rispettivamente a carico dell’Azienda per i servizi sanitari e dei Comuni necessarie per
l’integrazione sociosanitaria;
g) le modalità di coordinamento con gli organi periferici delle amministrazioni statali;
h) le modalità di collaborazione tra servizi e soggetti impegnati nelle diverse forme di solidarietà
sociale;
i) le forme di concertazione con l’Azienda per i servizi sanitari, per garantire la cooperazione
nell’ambito delle aree ad alta integrazione sociosanitaria;
j) le forme e gli strumenti comunicativi per favorire la conoscenza e la valutazione partecipata dei
cittadini in merito alle attività, alle prestazioni e ai servizi disponibili, compresa la redazione, da
parte degli enti e organismi gestori, del bilancio sociale.
5. Il PDZ può prevedere progetti di comunità riguardanti azioni e attività di prevenzione
sociosanitaria e di promozione di adeguati stili di vita, diretti a gruppi a rischio sociale o sanitario,
nonché a fasce di popolazione interessate da problematiche connesse ai cicli vitali dell’individuo e
della famiglia.
6. Il PDZ è definito dai Comuni associati di cui al comma 1, con il concorso delle Aziende per i
servizi sanitari, delle Aziende pubbliche di servizi alla persona, delle Province e di tutti i soggetti di
cui all’articolo 1, comma 4, della legge 328/2000, attivi nella programmazione e delle
organizzazioni dei cittadini e delle loro associazioni, sentito il parere delle rappresentanze
territoriali delle associazioni e degli organismi di cui all’articolo 27, comma 3, lettere h), i), o), q),
r), s), t) e u). Il parere è reso entro trenta giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine, si
prescinde dal parere.
7. Il PDZ è approvato con accordo di programma, promosso dal Presidente dell’Assemblea dei
sindaci di ambito distrettuale e sottoscritto dallo stesso, dai sindaci dei Comuni dell’ambito
territoriale di pertinenza e, in materia di integrazione sociosanitaria, dal Direttore generale
dell’Azienda per i servizi sanitari. È sottoscritto altresì dai Presidenti delle Aziende pubbliche di
servizi alla persona e delle Province, nonché dai soggetti di cui all’articolo 1, comma 4, della legge
328/2000, i quali partecipano alla conferenza finalizzata alla stipulazione dell’accordo di
programma e concorrono all’attuazione degli obiettivi del PDZ con risorse proprie.
8. Il PDZ ha validità triennale e viene aggiornato annualmente nei limiti e secondo le modalità
stabilite con l’accordo di programma di cui al comma 7.
37
9. Le attività sociosanitarie previste dal PDZ devono essere coincidenti con le omologhe previsioni
del Programma delle attività territoriali (PAT).
Nota all’articolo 7
- Il testo dell’articolo 4 della legge regionale 9 novembre 2012, n. 23 è il seguente:
Art. 4 attività di volontariato
1. L’attività di volontariato è svolta nel territorio regionale, tramite l’organizzazione di cui il
volontario fa parte, e si esprime nella cura delle relazioni umane e nella promozione di forme di
sviluppo e coesione sociale ispirate alla responsabilità collettiva attraverso la realizzazione di azioni
concrete a vantaggio di persone, famiglie, comunità e ambienti di vita volte a finalità di carattere
sociale, civile, culturale, ambientale, educativo e formativo.
2. L’attività di volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario.
3. Al volontario possono essere soltanto rimborsate dall’organizzazione di appartenenza le spese
effettivamente sostenute per l’attività prestata entro i limiti preventivamente stabiliti dalla
organizzazione stessa.
Nota all’articolo 15
- Il testo dell’articolo 9, commi da 1 a 3, della legge regionale 4 agosto 2014, n. 15, come
modificato dal presente articolo, è il seguente:
Art. 9 finalità 8 - protezione sociale
1. L’Amministrazione regionale è autorizzata a concedere un contributo straordinario alla
Provincia Italiana dell’Ordine degli Scalzi della SS. Trinità di Roma per l’avviamento del
servizio residenziale per persone adulte con gravi disturbi generalizzati dello sviluppo di Medea.
2. La domanda per la concessione del contributo di cui al comma 1, corredata di una relazione
tecnica e del relativo preventivo di spesa, è presentata alla Direzione centrale salute, integrazione
sociosanitaria, politiche sociali e famiglia entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge.
3. Per le finalità previste dal comma 1 è autorizzata la spesa di 190.000 euro per l’anno 2014 a
carico dell’unità di bilancio 8.1.1.1138 e del capitolo 4865 di nuova istituzione nello stato di
previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2014-2016 e del bilancio per l’anno
2014, con la denominazione “Contributo straordinario all’Istituto Psicopedagogico “Villa Santa
Maria della Pace” di Medea per l’avviamento del servizio residenziale per persone adulte con gravi
disturbi generalizzati dello sviluppo”.
- omissis –
BARRIERE ARCITETTONICHE
LAZIO
DD 28.8.14, n. G12176 Legge n. 13/1989 e L.R. 18.6.91 n. 21, art. 32 - Disposizioni per favorire il
superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati. Approvazione della
graduatoria regionale anno 2013 - Concessione dei contributi - Importo 9.699.997,74= - Capitolo
E56501 - EE. FF. 2014/2016 - Macroaggregato di V° livello 12.02 - 2.03.01.02.003 .(BUR n. 90
dell’11.11.14)
Note
Viene approvata la graduatoria regionale relativa alle domande presentate ai sensi della Legge
13/1989, entro il 1° marzo 2013, riportata negli allegati “1” e “2” , che formano parte integrante del
presente provvedimento, comprensiva delle domande trasmesse in ritardo dai Comuni e delle
integrazioni relative alle domande di variazione di invalidità (a cui si rinvia).
Sono concessi formalmente ai sensi della Legge 9.1.1989 n. 13 ai Comuni elencati nelle tabelle
“A”, “B” e “C”, che formano parte integrante del presente provvedimento, i contributi complessivi
indicati nella colonna (1) per il finanziamento delle domande di cui alla colonna (2) (a cui si rinvia)
BILANCIO
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EMILIA-ROMAGNA
L.R. 18.11.14, n.23 - Rendiconto generale della regione emilia-romagna per l'esercizio finanziario 2013.
(BUR n. 331 del 18.11.14)
FRIULI V.G.
L.R. 5.11.14, n. 19 - Rendiconto generale della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia per
l’esercizio finanziario 2013.
EDILIZIA
LOMBARDIA
DGR 14.11.14 - n. X/2648 . Completamento delle iniziative regionali 2014 a sostegno delle
famiglie per il mantenimento delle abitazioni in locazione. (BUR n. 47 del 17.11.14)
Note
INTRODUZIONE NORMATIVA
• l’art.11 della legge 9 dicembre 1998, n.431, «Disciplina del Fondo nazionale per il sostegno
all’accesso alle abitazioni in locazione», come modificato dall’art.2 della legge 23 maggio 2014
n.80;
• l’art.6, comma 5, del decreto legge 31 agosto 2013, n.102, di istituzione del Fondo destinato agli
inquilini morosi incolpevoli e il decreto attuativo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
n.202 del 14 maggio 2014;
• l’art.1 della legge 23 maggio 2014 n.80;
• l’art.48 della l.r.27/2009, istitutivo del Fondo regionale per il sostegno all’affitto.
L’AZIONE SVOLTA DALLA REGIONE
La Regione Lombardia, al fine di attuare più efficaci strategie di contrasto al fenomeno
dell’emergenza abitativa, ha adottato nell’ultimo anno i seguenti provvedimenti:
• d.g.r.n.1032 del 5 dicembre 2013 e n.1876 del 23 maggio 2014:
−−per la stipula di Accordi di Collaborazione con i Comuni a fabbisogno abitativo acuto, critico ed
elevato, finalizzati all’attivazione di iniziative sperimentali per sostenere le famiglie nel
mantenimento dell’abitazione in locazione con strumenti innovativi (fondi di garanzia,
microcredito, accordi con proprietari) in luogo del tradizionale contributo a fondo perduto;
−−di istituzione del Fondo «Sostegno ai cittadini per il mantenimento dell’abitazione in locazione»;
• d.g.r.n.2207 del 25 luglio 2014 per il sostegno alle famiglie in grave disagio economico nel
pagamento dell’affitto e delle iniziative per favorire la mobilità nel settore della locazione,
attraverso il reperimento di alloggi da locare a canone concordato e la rinegoziazione dei contratti
esistenti a canone inferiore.
L’ULTERIORE PROVVEDIMENTO
Il decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n.202 del 14 maggio 2014, attuativo del
decreto legge 102/2013:
• assegna alle Regioni le risorse destinate agli inquilini morosi incolpevoli titolari di contratti sul
libero mercato;
• stabilisce che le Regioni individuino i Comuni attuatori delle iniziative all’interno dei Comuni
classificati ad alta tensione abitativa dalla delibera Cipe n.87 del 13 novembre 2003, che abbiano
attivato, entro il 30 ottobre 2013, data di entrata in vigore della legge 124/2013 di conversione del
d.l.102/2013, azioni per il contrasto della morosità incolpevole;
• attribuisce alle Regioni la facoltà di adottare Linee Guida da seguire da parte degli organismi
comunali incaricati delle relative attività;
• stabilisce che le Regioni assicurino il monitoraggio sull’utilizzo dei fondi;
• indica infine i criteri che i Comuni devono rispettare per consentire l’accesso ai contributi da parte
degli inquilini morosi incolpevoli e prevede che i Comuni trasmettano ai Prefetti l’elenco degli
39
inquilini che abbiano i requisiti per l’accesso al contributo, al fine della graduazione programmata
dell’intervento delle forza pubblica nell’esecuzione dei provvedimenti di sfratto.
LA DISPOSIZIONE
Vengono adottate le Linee Guida, contenute nell’Allegato A, che costituisce parte integrante e
sostanziale della presente deliberazione, al fine di:
• rendere omogenea sul territorio regionale l’applicazione dell’iniziativa per il contenimento della
morosità incolpevole;
• individuare, in prima applicazione, quali Comuni attuatori tutti i Comuni ad elevata tensione
abitativa di cui alla delibera Cipe n.87/2003 a condizione che abbiano avviato, entro il 30 ottobre
2013, data di entrata in vigore della legge 124/2013 di conversione del d.l.102/2013, azioni per il
contrasto della morosità incolpevole;
• affiancare all’iniziativa destinata al libero mercato una ulteriore iniziativa a sostegno degli inquilini
morosi incolpevoli titolari di contratti a canone moderato, concordato e sottoscritto ai sensi
dell’art.8 della legge 179/1992 in alloggi di proprietà dei Comuni qualificati ad alta tensione
abitativa dalla delibera Cipe 87/2003, dei Comuni classificati a fabbisogno abitativo critico, elevato
ed in aumento dal Prerp 2014-2016 e delle Aler nei territori dei medesimi Comuni;
• attivare e sviluppare il monitoraggio sull’utilizzo dei fondi, che permetterà di rilevare il reale
fabbisogno sul territorio e conseguentemente orientare le future strategie di contrasto all’emergenza
abitativa;
• coordinare gli interventi attivi, evitando sovrapposizioni ed incongruenze, con le iniziative relative
alla morosità incolpevole e alla mobilità locativa ed ottimizzare la risposta offerta ai bisogni
dell’abitare, in particolare adeguando i limiti Isee a quelli stabiliti nel d.m.n.202/2014 modificando
l’art.5 punto 1 lettera a.dell’Allegato 1 alla d.g.r.1032/2013 come segue: «Isee fino al limite massimo di € 26.000,00 o reddito Ise fino al limite massimo di € 35.000,00»;
Viene data completa attuazione alle iniziative a sostegno della mobilità nel settore della locazione
(d.g.r.2207/2014, Allegato 2) dettagliando, nell’Allegato B, parte integrante e sostanziale della
presente deliberazione, le modalità attuative per l’attivazione delle iniziative da parte dei Comuni
aderenti che hanno presentato, entro i termini previsti, specifici piani di attività.
L’ARTICOLAZIONE DEGLI INTERVENTI
Il quadro complessivo degli interventi attivati da Regione a contrasto dell’emergenza abitativa,
risultante dalla presente d.g.r., è quindi così articolato:
• iniziative sperimentali attivate in 17 Comuni ad elevata tensione abitativa per il mantenimento
dell’abitazione in locazione (d.g.r.n.1032/2013);
• fondo sostegno grave disagio economico per l’erogazione di contributi per il pagamento del
canone di affitto (d.g.r.n.2207/2014 - Allegato 1);
• iniziativa finalizzata a favorire la mobilità nel settore della locazione attraverso il reperimento di
alloggi da locare a canone concordato, ovvero attraverso la rinegoziazione e la stipula di nuovi
contratti a canone inferiore (d.g.r.n.2207/2014 - Allegato 2);
• iniziative per il contenimento della morosità incolpevole per gli inquilini sul libero mercato e per i
titolari di contratti a canone moderato, concordato e sottoscritto ai sensi dell’art.8 della legge
179/1992 in alloggi di proprietà di Aler e Comuni.
LE RISORSE
Le risorse destinate con il presente provvedimento alla iniziativa per la morosità incolpevole sono
complessivamente pari ad € 12.385.141,96.
ALLEGATO A
LINEE GUIDA AI COMUNI E ALLE ALER PER L’ATTUAZIONE DELLE INIZIATIVE A
SOSTEGNO DEGLI INQUILINI MOROSI INCOLPEVOLI
Premessa
La contingente e prolungata crisi economica ha prodotto effetti negativi sul lavoro e dunque
sull’occupazione incidendo negativamente sulle famiglie ed in modo particolare su quelle a basso
reddito che abitano alloggi in affitto, sia sul libero mercato che nella Edilizia Residenziale Pubblica
40
(Erp), provocando l’insostenibilità dell’onere del canone di locazione e dei servizi sul reddito
familiare.
Tale congiuntura economica ha prodotto il fenomeno, ormai dilagante, della morosità incolpevole,
che, sempre più spesso conduce, come estrema conseguenza, allo sfratto.
L’incremento degli sfratti dovuti a morosità incolpevole, è dunque un fenomeno nuovo ed in
crescita che deve essere contrastato con azioni nuove e mirate.Contestualmente, occorre indagarne
le attuali proporzioni (numeri assoluti, distribuzione territoriale, ecc.), in modo da mettere a punto
idonee strategie di intervento.
Per il contrasto della morosità incolpevole lo Stato ha istituito un apposito Fondo (DL 102/2013) e
programmato risorse fino al 2020, con uno stanziamento per Regione Lombardia per il 2014 di €
8.385.141,96.
In parallelo Regione Lombardia ha destinato risorse pari ad € 4.000.000,00 per il 2014 per il
contenimento della morosità incolpevole degli inquilini titolari di contratti di locazione a canone
concordato, moderato o sottoscritto ai sensi della Legge 179/1992 in alloggi di proprietà in alloggi
di proprietà dei Comuni qualificati ad alta tensione abitativa dalla delibera Cipe 87/2003, dei
Comuni classificati a fabbisogno abitativo critico, elevato ed in aumento dal Prerp 2014-2016 e
delle ALER nei territori dei medesimi Comuni.
Linee Guida
Le presenti Linee Guida hanno il fine di rendere omogenea sul territorio regionale l’applicazione
della misura sul contenimento della morosità incolpevole, oltre che di consentire il coordinamento
delle diverse misure attive e finanziate da Regione Lombardia in materia di sostegno all’affitto e
contrasto dell’emergenza abitativa, nonché di attuare una efficace attività di monitoraggio sulle
iniziative.
Le Linee Guida si compongono di due Parti:
• la Prima parte è dedicata alle azioni da intraprendersi a cura dei Comuni ad elevata tensione abitativa di
cui alla Delibera CIPE n.87 del 13 novembre 2013;
• la Seconda parte riguarda azioni ed interventi per il contrasto della morosità incolpevole di inquilini
titolari di contratti di locazione a canone concordato, moderato o sottoscritto ai sensi dell’art.8 della
Legge 179/1992 in alloggi di proprietà dei Comuni ad alta tensione abitativa di cui alla Delibera
Cipe 87/2003, dei Comuni definiti dal PRERP 2014-2016 a fabbisogno abitativo critico, elevato ed
in aumento dal Prerp 2014-2016 e delle ALER nei territori dei medesimi Comuni.
Morosità incolpevole
Per morosità incolpevole si intende la situazione di sopravvenuta impossibilità a provvedere al
pagamento del canone di locazione a ragione della perdita o consistente riduzione della capacità
reddituale del nucleo familiare.
La perdita o consistente riduzione della capacità reddituale può essere riconducibile ad una delle
seguenti cause:
a) licenziamento
b) mobilità
c) cassa integrazione
d) mancato rinnovo di contratti a termine
e) accordi aziendali e sindacali con riduzione del l’orario di lavoro
f) cessazione di attività professionale o di impresa
g) malattia grave
h) infortunio o decesso di un componente del nucleo familiare
La consistente riduzione di reddito, riconducibile alle cause di cui sopra, si verifica quando il rapporto
canone/reddito raggiunge un’incidenza superiore al 30%.
La perdita o consistente riduzione della capacità reddituale deve essere successiva alla stipula del
contratto di locazione e porsi, dunque, quale condizione che produce la morosità.
Parte Prima
Morosità incolpevole sul libero mercato - Comuni Cipe Delibera n. 87 del 13.11.2003
41
Destinatari
Ai sensi del combinato disposto dell’art.6 del DL 102/2013 e dell’art.1, comma 2, decreto
ministeriale del 14 maggio 2014, le risorse pari a € 8.385.141,96 sono destinate, in prima
applicazione, a tutti i Comuni ad elevata tensione abitativa individuati dalla delibera Cipe n.87 del
13 novembre 2013, a condizione che abbiano avviato, entro il 30 ottobre 2013 - data di entrata in
vigore della legge di conversione del DL 102/2013 (Legge n.124/2013) – azioni per il contrasto
della morosità incolpevole.
Tale requisito deve essere dimostrato dai Comuni all’atto di adesione alla presente misura, che deve
pervenire ai competenti uffici regionali entro il 31.12.2014.
Il requisito di cui sopra si considera soddisfatto per i Comuni che abbiano aderito all’iniziativa
regionale sul contrasto della morosità incolpevole attivata con D.G.R.n.365/2013, ma va comunque
evidenziato all’atto di adesione.
I Comuni destinatari delle risorse dovranno attenersi ai criteri indicati nel decreto ministeriale
202/2014 illustrati nelle presenti Linee Guida.
Accesso al contributo
I Comuni:
• individuano idonee forme di pubblicità per informare i cittadini potenzialmente interessati delle misure di
sostegno previste dal decreto ministeriale n.202 e dalle presenti Linee Guida;
• comunicano ai Prefetti l’elenco degli inquilini che abbiano i requisiti per l’accesso ai contributi e ciò “per
le valutazioni funzionali all’adozione delle misure di graduazione programmata dell’intervento della
forza pubblica nell’esecuzione dei provvedimenti di sfratto” (art.6).
Gli avvisi o i provvedimenti adottati dai Comuni per informare i cittadini, insieme agli elenchi
trasmessi alle Prefetture devono essere inoltrati alla Regione (per i fini di descritti nella successiva
parte dedicata all’Assegnazione ed erogazione delle risorse).
I Comuni nella definizione degli avvisi o dei provvedimenti e nelle successive valutazioni di
ammissibilità dei richiedenti devono tenere conto dei criteri previsti all’art.3 del decreto ministeriale
e delle indicazioni delle presenti Linee Guida.
In particolare:
• la lettera a) del comma 1, art.3 del D.M., fissa i valori massimi per poter accedere al contributo,
prevedendo che il richiedente debba possedere un reddito I.S.E (Indicatore della Situazione
Economica) non superiore a € 35.000 o un valore I.S.E.E ( indicatore della Situazione Economica
equivalente) non superiore a € 26.000;
• la lettera b) del comma 1, art.3, prevede che la famiglia sia destinataria di un atto di intimazione di sfratto
per morosità con atto di citazione per la convalida.
Ciascun Comune potrà adeguare i limiti di ISE e di ISEE entro il massimo previsto dal decreto
ministeriale in funzione dell’entità di morosità incolpevole accertata nel proprio territorio rispetto
alle risorse finanziarie attribuite dalla Regione.
I Comuni che hanno attivato le sperimentazioni di cui alla D.G.R.n.1032/2013, in ragione della
necessità di coordinare ed integrare le diverse iniziative di sostegno all’affitto, in corso e di
prossima attivazione, potranno modificare l’ISEE-FSA definito negli Accordi relativi all’attuazione
delle misure sperimentali stesse, adeguandolo al limite indicato nel D.M.n.202 del
14.05.2014.L’adeguamento dell’ISEE deve essere validato dalla Cabina di Regia ai fini della
modifica dell’Accordo stesso.
Priorità nell’erogazione del contributo
Le priorità nella concessione dei contributi sono precisate nell’art.5 del decreto ministeriale.Si tratta
di:
a. inquilini nei cui confronti sia stato emesso un provvedimento di rilascio esecutivo per morosità
incolpevole, che sottoscrivano con il proprietario dell’alloggio un nuovo contratto a canone
concordato;
42
b. inquilini la cui ridotta capacità economica non consenta il versamento di un deposito cauzionale per
stipulare un nuovo contratto di locazione.In tal caso il Comune prevede le modalità per assicurare
che il contributo sia versato contestualmente alla consegna dell’immobile;
c. inquilini, ai fini del ristoro, anche parziale, del proprietario dell’alloggio, che dimostrino la disponibilità
di quest’ultimo a consentire il differimento dell’esecuzione del provvedimento di rilascio
dell’immobile.
Si rammenta la previsione dell’art.2, comma 1-ter della Legge 80/2014, recante misure urgenti per
l’emergenza abitativa, per cui i contributi destinati agli inquilini morosi incolpevoli “vengono
erogati dai Comuni in forme tali da assicurare la sanatoria della morosità anche utilizzando le
modalità previste dell’art. 11, comma 3, della Legge 431/1998” (come modificato dalla stessa
Legge 80/2014), per cui “I comuni possono, con delibera della propria giunta, prevedere che i
contributi integrativi destinati ai conduttori vengano, in caso di morosità, erogati al locatore
interessato a sanatoria della morosità medesima, …”.
Stante la libera determinazione del Comune nel valutare in concreto i casi di priorità nella
concessione del contributo, di seguito si suggeriscono alcune chiavi interpretative delle ipotesi di
priorità indicate dal decreto.
L’opzione a) appare adeguata alle parti che pervengono alla determinazione comune di continuare il
rapporto di locazione (a canone concordato), poiché considera e valuta gli interessi delle parti in
causa, tenendo probabilmente in conto anche il ristoro, totale o parziale, della morosità incolpevole
pregressa.Tale situazione è forse quella più coerente con le finalità del legislatore che tende a
facilitare la mobilità della locazione dal libero mercato verso canoni concordati e comunque
inferiori.
L’opzione b) appare adeguata ai casi di stipula di un nuovo contratto, che non riesce a perfezionarsi
a causa della ridotta capacità economica del conduttore di costituire il deposito cauzionale: in
questo caso il Comune potrà valutare l’erogazione di un contributo, previa garanzia della stipula di
un nuovo contratto possibilmente a canone concordato o comunque inferiore al libero mercato.
L’opzione c) ha quale finalità quella del differimento dello sfratto, previo ristoro, anche parziale,
della morosità.
Entità del contributo erogabile ai beneficiari
I Comuni determinano ed erogano agli aventi diritto un contributo in relazione all’entità della
morosità incolpevole accertata nel proprio territorio e tenuto conto delle risorse finanziarie attribuite
dalla Regione.
L’importo del contributo concedibile per sanare la morosità incolpevole non può superare l’importo
del canone annuo risultante dal contratto di locazione ed essere stabilito fino ad un massimo di €
8.000,00.
Assegnazione ed erogazione delle risorse
Le risorse destinate alle iniziative a sostegno degli inquilini morosi incolpevoli, pari ad €
8.385.141,96, sono assegnate ai Comuni attuatori mediante l’utilizzo dei seguenti parametri:
- 40% rapporto tra il numero delle famiglie in affitto rispetto al numero di famiglie residenti;
- 40% dati consolidati relativi al contributo per il sostegno all’affitto del triennio 2011–2013;
- 20% sugli sfratti per morosità emessi.
Le quote finanziarie così calcolate (ed indicate nella Tabella A, a margine delle presenti Linee
Guida) rappresentano per ciascun Comune il limite massimo erogabile.
Le risorse sono trasferite sul Fondo “Sostegno ai cittadini per il mantenimento dell’abitazione in
locazione”, istituito presso Finlombarda S.p.a, con D.G.R.n.1032/2013 e sono erogate ai Comuni
interessati, da parte di Finlombarda e fino all’importo massimo calcolato, a seguito della
trasmissione agli uffici regionali, degli elenchi di cui all’art.6 del richiamato decreto ministeriale,
già trasmesso alle competenti Prefetture, riguardanti la graduazione programmata dell’intervento
della forza pubblica nella esecuzione degli sfratti.
Graduazione programmata della forza pubblica nell’esecuzione degli sfratti
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I Comuni dovranno adottare le misure necessarie per acquisire ogni informazione utile per la
compilazione degli elenchi dei soggetti morosi incolpevoli che hanno i requisiti per beneficiare del
contributo previsto dal decreto ministeriale e dalle presenti Linee Guida Regionali.Tali elenchi
dovranno essere trasmessi alle Prefetture – Uffici territoriali del Governo per l’adozione delle
misure di graduazione programmata dell’intervento della forza pubblica nell’esecuzione dei
provvedimenti di sfratto.
Monitoraggio delle attività poste in essere e delle risorse finanziarie utilizzate
Conformemente alle specifiche definite e comunicate dal Ministero competente, la Regione assicura
il monitoraggio sull’utilizzo dei fondi statali.
In attesa delle indicazioni statali circa le modalità di espletamento del monitoraggio sull’utilizzo
delle risorse, al fine di strutturare una base informativa utile per la messa a punto di strategie di
contrasto della morosità incolpevole, i Comuni aderenti alla presente misura dovranno fornire con
cadenza semestrale a partire da gennaio 2015 ogni informazione utile sulle attività poste in essere in
applicazione del decreto ministeriale e delle Linee Guida Regionali ed in particolare:
a. Numero complessivo famiglie assistite;
b. Entità contributi erogati (anche riferiti a depositi cauzionali necessari alla stipula di nuovi contratti);
c. Numero di nuovi contratti a canone concordato sottoscritti e/o rinegoziati a canone inferiore;
d. Numero di procedure di rilascio differite;
e. Risorse residue.
TABELLA A
ASSEGNAZIONE RISORSE AI COMUNI INSERITI NELLA DELIBERA CIPE 87/2003
COMUNE
PROV.
FONDI
COMUNE
DI MB
41.858,51
AGRATE BRIANZA
COMUNE DI ARESE MI
37.012,63
COMUNE
DI BG
212.256,74
BERGAMO
COMUNE
DI MI
78.403,85
BOLLATE
COMUNE
DI MB
46.971,69
BOVISIOMASCIAGO
COMUNE
DI BS
500.356,60
BRESCIA
COMUNE
DI MI
88.242,61
BRESSO
COMUNE
DI MI
34.834,04
BUCCINASCO
COMUNE
DI VA
124.084,48
BUSTO ARSIZIO
COMUNE
DI MI
33.133,22
BUSTO GAROLFO
COMUNE
DI MI
33.682,20
CANEGRATE
COMUNE
DI MB
45.790,89
CARATE BRIANZA
COMUNE
DI VA
45.711,19
CARONNO
PERTUSELLA
COMUNE
DI MI
50.625,00
CASSANO D’ADDA
44
COMUNE
DI MI
CASSINA
DE’
PECCHI
COMUNE
DI VA
CASTELLANZA
37.625,60
60.464,69
INIZIATIVE A SOSTEGNO DELLA MOBILITÀ NEL SETTORE DELLA LOCAZIONE:
MODALITÀ ATTUATIVE (D.G.R. n. 2207/2014 - ALLEGATO 2) Premessa
La legge 80/2014, di conversione del d.l.n.47/2014, recante misure urgenti per l’emergenza
abitativa, nel ridisegnare l’art.11 della Legge 431/1998, Fondo nazionale per il sostegno all’accesso
alle abitazioni in locazione, ha previsto che quest’ultimo può essere utilizzato “per sostenere le
iniziative intraprese dai Comuni e dalle regioni anche attraverso la costituzione di agenzie o istituti
per la locazione o fondi di garanzia o attraverso attività di promozione in convenzione con imprese
di costruzione ed altri soggetti imprenditoriali, cooperative edilizie per la locazione, tese a favorire
la mobilità nel settore della locazione, attraverso il reperimento di alloggi da concedere in locazione
a canoni concordati, ovvero attraverso la rinegoziazione delle locazioni esistenti per consentire alle
parti, con il supporto delle organizzazioni di rappresentanza dei proprietari e degli inquilini, la
stipula di un nuovo contratto a canone inferiore”.
Tale previsione normativa ha condotto all’adozione della d.g.r.2207/2014, Allegato 2, con la quale è
stata prevista la possibilità per la Regione, i Comuni ad alta tensione abitativa di cui alla delibera
CIPE n.87/2003 e per quelli considerati a fabbisogno abitativo critico, elevato, acuto e in aumento
dal Programma Regionale di Edilizia Residenziale Pubblica (PRERP) 2014-2016 di attivare
iniziative per favorire la mobilità nel settore della locazione, tese al reperimento di alloggi da locare
a canoni concordati, ovvero la rinegoziazione e la stipula di nuovi contratti a canone inferiore,
anche attraverso la costituzione di agenzie o istituti per la locazione o fondi di garanzia o attività di
promozione in convenzione con imprese di costruzione ed altri soggetti imprenditoriali o
cooperative edilizie per la locazione.
Tra le iniziative citate sopra, la d.g.r.n.2207/2014 individua di rilievo strategico quelle che
propongono:
a) la promozione in convenzione con imprese o cooperative edilizie allo scopo di favorire la mobilità
locativa anche attraverso l’utilizzo del patrimonio immobiliare disponibile e invenduto;
b) quelle realizzate in associazione coordinata di più Comuni.
Le iniziative a sostegno della mobilità nel settore della locazione risultano complementari a quelle
introdotte e disciplinate con d.g.r.n.1032/2013, con la quale sono state attivate iniziative
sperimentali da parte dei Comuni ad alta tensione abitativa: entrambe infatti mirano a prevenire e
contrastare le procedure di rilascio dell’alloggio per morosità nei confronti dei nuclei familiari che
si trovano in difficoltà temporanea nel pagamento del canone di affitto, attraverso l’introduzione di
modalità innovative di intervento (fondi di garanzia, agenzie per la locazione, reperimento di nuovi
alloggi attraverso accordi con i proprietari, iniziative di microcredito) ed alternative al classico
contributo a fondo perduto.Conseguentemente, i Comuni che hanno avviato le iniziative
sperimentali a valere sulla richiamata d.g.r.1032/2013 devono coordinare ed integrare le diverse
iniziative programmate ed in corso di attuazione (iniziative sperimentali e quelle riguardanti il
presente Allegato B) al fine di rendere più efficace il contrasto all’emergenza abitativa.
Modalità attuative delle iniziative Comunali
Proprio perché il fine delle iniziative a sostegno della mobilità nel settore della locazione è quello di
favorire il reperimento di alloggi da locare a canoni concordati, ovvero la rinegoziazione e la stipula
di nuovi contratti a canone inferiore, la D.G.R.2207/2014 ha previsto una modalità di assegnazione
delle risorse finanziarie a favore dei Comuni aderenti in ragione dei seguenti elementi forniti dai
Comuni stessi:
a) n.contratti a canone concordato intermediati;
45
b) n.abbinamenti effettuati tra alloggi a canone concordato e nuclei familiari provenienti da alloggi
ERP, di edilizia sovvenzionata o sottoposti a procedure di rilascio;
c) n.di contratti rinegoziati a canone inferiore;
tenuto conto della popolazione in affitto, dei dati consolidati dei beneficiari del contributo sostegno
all’affitto nel triennio 2011-2013 e del piano di attività circa le azioni da mettere in campo a cura
dei Comuni stessi.
In particolare i punti di cui alle lettere a), b) e c) costituiscono esattamente la base di riferimento
che, integrata dagli altri elementi richiesti, dovrebbe dare la precisa dimensione dell’ambito di
intervento di Regione Lombardia e dei Comuni interessati.
Tali dati, tuttavia, stante l’evoluzione repentina ed estremamente diversificata dei fenomeni legati
all’emergenza abitativa, non risultano ancora sufficientemente strutturati e tali, comunque, da
fornire un quadro preciso della casistica possibile caratterizzante la mobilità locativa e, dunque, il
numero dei nuovi contratti a canone concordato introdotti o rinegoziati a canoni più bassi e la
mobilità da alloggi ERP in altri alloggi (sempre con contratti a canone concordato).
Per conseguenza, le risorse stanziate dalla D.G.R.2207/2014 per l’attuazione di iniziative a sostegno
della mobilità nel settore della locazione, pari ad € 6.000.000,00, vengono assegnate ai Comuni
destinatari che hanno aderito alla scadenza del 15.10.2014 alla misura regionale utilizzando i criteri
indicati nella D.G.R.citata:
a) rapporto tra il numero delle famiglie in affitto rispetto al numero di famiglie residenti;
b) dati consolidati relativi al contributo per il sostegno all’affitto del triennio 2011–2013;
c) contenuti del piano di attività presentato.
Nello specifico, la quota pari ad € 4.200.000,00 viene assegnata ai Comuni utilizzando i primi due
parametri.Ciascuno dei due parametri in argomento ha lo stesso peso.
Della quota residua, pari ad € 1.800.000,00, € 1.000.000,00 viene ripartito in egual misura a tutti i
progetti validati ed € 800.000,00 vengono assegnati ai Comuni che propongono iniziative di “rilievo
strategico”, che dunque sono da preferire (art.6, Allegato 2 della D.G.R.n.2207/2014), e cioè che
prevedano:
- la promozione in convenzione con imprese o cooperative edilizie allo scopo di favorire la mobilità
locativa anche attraverso l’utilizzo del patrimonio immobiliare disponibile e invenduto;
- associazione coordinata di più Comuni.
Il trasferimento delle risorse avrà luogo a seguito della validazione dei Piani di attività, con le
seguenti modalità:
- la quota parte riferita ai primi due criteri citati (famiglie in affitto/popolazione residente e dati
consolidati del contributo sostegno affitti) alla validazione del Piano di attività;
- il saldo alla rendicontazione delle risorse economiche già trasferite.
Ai Comuni che hanno attivato le iniziative sperimentali di cui alla D.G.R.1032/2013, ove questi
ultimi abbiano proposto Piani di attività consistenti nel potenziamento delle iniziative sperimentali
stesse, si renderà necessario modificare gli Accordi di collaborazione vigenti.
L’attività di monitoraggio delle iniziative (art.8, comma 2, Allegato 2 della D.G.R.n.2207/2014),
integra l’attività di Regione Lombardia riguardo, non solo all’efficacia degli interventi realizzati da
ciascun Comune a valere sulle iniziative a sostegno della mobilità nel settore della locazione, bensì
al livello di coordinamento fra le diverse iniziative attuate dai Comuni stessi nel contesto delle
strategie regionali sul contrasto dell’emergenza abitativa (sostegno all’affitto, contenimento della
morosità incolpevole e degli sfratti, misure innovative e sperimentali).A tal fine, i Comuni
forniscono con cadenza semestrale una relazione dettagliata che evidenzi:
a) attività svolte per la revisione degli accordi locali per i contratti a canone concordato;
b) numero di accordi e convenzioni sottoscritti con imprese e cooperative edilizie per favorire la
mobilità locativa;
c) numero di nuovi contratti a canone concordato sottoscritti e/o rinegoziati a canone inferiore;
d) entità dei contributi erogati ai fini della stipula di nuovi contratti;
e) risorse residue.
46
Ove le iniziative non venissero attivate nei termini, ovvero i Comuni per due semestri consecutivi
non ottemperassero agli obblighi di rendicontazione sopra descritti, le risorse trasferite si intendono
disponibili e, d’intesa con Regione, dovranno essere utilizzate per nuove iniziative sempre volte a
favorire la mobilità nel settore della locazione da concordare d’intesa con il Comune interessato.
Uffici regionali referenti per le presenti iniziative: Direzione Generale Casa, Housing Sociale e Pari
Opportunità - Struttura Welfare Abitativo.
Modalità attuative delle iniziative Regionali
Regione Lombardia attiverà direttamente iniziative per il sostegno alla mobilità nel settore della
locazione, segnatamente quelle riguardanti la rinegoziazione e la stipula di nuovi contratti a canone
inferiore, per il tramite di Comuni opportunamente individuati ed anche attraverso specifici accordi
con Associazioni dei proprietari, imprese di costruzione, cooperative edilizie per la locazione ed
altri soggetti imprenditoriali (art.3, comma 2, Allegato 2 della D.G.R.n.2207/2014).Le risorse
riservate a tali iniziative ammontano ad € 2.000.000,00.
UMBRIA
DGR 20.4.14, n. 1321 - Legge 9 dicembre 1998, n. 431 e succ. mod. ed integr. - art. 11 - DCR n.
755 del 20 dicembre 1999 - Fondo nazionale per l’accesso alle abitazioni in locazione - Bando per
l’assegnazione dei finanziamenti relativi all’anno 2014 - Determinazioni. (BUR n. 52 del 12.11.14)
Note
I i bandi per l’erogazione dei contributi previsti per il 2014 dal Fondo nazionale per l’accesso alle
abitazioni in locazione, di cui all’art. 11 della legge 9 dicembre 1998, n.431 e successive
modificazioni, siano emanati da tutti i Comuni entro il 30 novembre p.v.;
Per i bandi sono a disposizione risorse statali, attribuite alla Regione con i decreti del Ministero
delle Infrastrutture e dei Trasporti del 12 febbraio 2014 e del 4 settembre 2014, per un importo
complessivo pari a € 1.956.356,18.
La partecipazione ai bandi è consentita solo ai nuclei familiari aventi le caratteristiche previste per
rientrare nella graduatoria di cui al punto 6), lett. A) della delibera di Consiglio regionale n. 755 del
20 dicembre 1999.
L’entità della premialità da attribuire alle Amministrazioni che cofinanziano il Fondo è. stabilita nel
provvedimento con il quale verrà effettuata la ripartizione delle risorse tra i Comuni.
6) di pubblicare la presente deliberazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.
DOCUMENTO ISTRUTTORIO
L’articolo di legge indicato in oggetto istituisce presso il Ministero dei Lavori pubblici il Fondo
nazionale per l’accesso alle abitazioni in locazione, la cui dotazione annua è determinata dalla legge
finanziaria.
Il Fondo, integrato con risorse messe a disposizione dalla Regione, ha la finalità di sostenere
economicamente, mediante la concessione di contributi, i conduttori di alloggi di proprietà pubblica
o privata, titolari di contratti registrati, che pagano canoni di locazione eccessivamente onerosi
rispetto al loro reddito.
I requisiti soggettivi dei potenziali beneficiari, nonché le modalità, le procedure ed i tempi, che i
Comuni sono tenuti a rispettare per l’emanazione dei bandi e per la predisposizione delle
graduatorie definitive, sono stati stabiliti dal Consiglio regionale con deliberazione n. 755 del 20
dicembre 1999, successivamente integrata con ulteriori provvedimenti.
Dall’anno 2000 al 2005 l’attribuzione dei finanziamenti dalla Regione ai Comuni è stata effettuata
solo dopo l’approvazione da parte di quest’ultimi delle graduatorie degli aventi titolo, mentre
dall’anno 2006 è stata adottata la procedura di ripartizione in via preventiva, tenendo conto dei
seguenti criteri:
a) rapporto tra la popolazione residente in ciascun Comune con quella totale della Regione;
b) rapporto tra il numero delle abitazioni condotte in locazione in ciascun Comune con il totale delle
abitazioni condotte in locazione nella Regione;
47
c) media del fabbisogno rilevato negli ultimi tre anni da ciascun Comune a seguito del bandi
emanati per l’assegnazione del contributi.
Il finanziamento a disposizione era preliminarmente decurtato della premialità da attribuire alle
Amministrazioni che cofinanziavano il Fondo.
L’entità dei finanziamenti annualmente a disposizione del Fondo ha subito nel tempo una drastica e
progressiva riduzione, soprattutto per quanto concerne le risorse statali. Per questo motivo la
Regione, pur mantenendo costante il proprio impegno finanziario in modo da soddisfare quanto più
possibile le esigenze dei cittadini, ha ritenuto necessario introdurre alcune modifiche alle procedure
di erogazione dei contributi.
In particolare, nel 2011, è stato stabilito di limitare la platea dei beneficiari, ammettendo a
contributo esclusivamente i nuclei familiari più bisognosi (in possesso di un reddito annuo uguale o
inferiore alla somma di due minime INPS, circa € 12.000) e nel 2012 è stato deciso, quale criterio
aggiuntivo, di far emanare i bandi solo ai Comuni che cofinanziavano il Fondo.
Per i bandi relativi all’anno 2014 sono a disposizione risorse statali per un importo complessivo pari
a € 1.956.356,18, assegnate alla Regione con due successivi decreti del Ministero delle
Infrastrutture e trasporti, il primo del 12 febbraio 2014 e il secondo del 4 settembre 2014. Pertanto,
in presenza di finanziamento statale, è necessario che i bandi vengano emanati da tutti i Comuni,
anche se, valutata l’entità del budget a disposizione, si ritiene opportuno confermare l’accesso ai
contributi solo per la categoria di beneficiari sopra indicata.
Inoltre, come ogni anno, la Regione ha chiesto ai Comuni di indicare l’importo dell’eventuale
cofinanziamento già stanziato nei propri bilanci o da stanziare in quelli di variazione.
Dalle comunicazioni sino ad oggi pervenute risulta un cofinanziamento complessivo pari a €
121.950,00, che, tuttavia, sarà sicuramente suscettibile di integrazioni.
A tali Amministrazioni verrà assegnata una premialità, commisurata all’importo del
cofinanziamento, la cui entità sarà stabilita in maniera puntuale nel provvedimento di ripartizione
delle risorse tra i Comuni.
Infine, si rende necessario disporre che i bandi relativi al corrente vengano emanati da tutti i
Comuni entro il 30 novembre p.v.
DGR 20.10.14, n. 1322 - DGR n. 967 del 28 luglio 2014 - Definizione delle linee guida regionali
per la determinazione del canone concordato - Nomina dei componenti in seno al gruppo di lavoro.
(BUR n. 52 del 12.11.14)
Note
Con la delibera indicata in oggetto la Giunta regionale ha stabilito di costituire un gruppo di lavoro
che avrà il compito di elaborare delle linee guida da fornire ai Comuni per la definizione del canone
concordato di cui all’art. 2, comma 3 della legge 9 dicembre 1998, n. 431 e succ. modo ed integr.
Tale decisione è stata adottata al fine di superare le incertezze e le contraddizioni che sono state
generate dall’applicazione della normativa sopra indicata.
Infatti, la legge prevede che il valore del canone, la durata del contratto e le altre condizioni
contrattuali vengano determinati sulla base di quanto stabilito in apposti accordi definiti in sede
locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente
rappresentative.
Tuttavia, la definizione dei livelli di canone affidata alla contrattazione in sede locale ha
inevitabilmente creato disomogeneità tra territori comunali.
Inoltre, in molti Comuni, gli accordi sono assenti e, pertanto, ai fini della definizione del canone
concordato, si rende necessario applicare quanto disposto dal decreto ministeriale infrastruttureeconomia del 14 luglio 2004, il quale prevede che si debba far riferimento al “Comune
demograficamente omogeneo di minore distanza territoriale, anche situato in altra Regione”.
La delibera citata prevede che il gruppo di lavoro, presieduto dall’assessore regionale alle Politiche
abitative, Stefano Vinti, debba avere la seguente composizione:
• due rappresentanti designati dalla Giunta regionale;
48
• un rappresentante designato dall’Associazione nazionale Comuni d’Italia (ANCI);
• un rappresentante designato da ciascuna delle Organizzazioni sindacali dei proprietari
maggiormente rappresentative
a livello regionale;
• un rappresentante designato da ciascuna delle Organizzazioni sindacali degli inquilini
maggiormente rappresentative
a livello regionale;
• un rappresentante designato da ciascuna delle Associazioni regionali delle cooperative di
abitazione maggiormente rappresentative a livello regionale.
DGR 3.11.14, n. 1393 - L.R. 28 novembre 2003, n. 23 e s.m.i. - art. 3, comma 9- DD.G.R. n. 971
del 28 luglio 2014 e n. 1187 del 22 settembre 2014 - Interventi a favore di particolari categorie
sociali per l’acquisto della prima casa - Ulteriori determinazioni. (BUR n. 52 del 12.11.14)
Note
il punto 1) dell’Allegato B) alla DGR n. 971 del 28 luglio 2014 viene modificato nel seguente modo
“1) DESTINATARI DEI CONTRIBUTI
Sono destinatari dei contributi i nuclei familiari che, alla data di pubblicazione del bando, sono
anagraficamente composti da un solo genitore (vedovo/a, separato/a, divorziato/a, celibe/nubile) e
da uno o più figli minorenni o, se maggiorenni, disabili con un’invalidità pari o superiore al 70 per
cento.
Si considerano separati/e coloro che sono in possesso di sentenza o di provvedimento di omologa
della separazione emessi in data anteriore a quella di pubblicazione del bando.
Sono, inoltre, ammessi a beneficiare delle agevolazioni anche i nuclei familiari monoparentali che,
alla data di pubblicazione del bando, sono anagraficamente inseriti in altro nucleo familiare, purché
si distacchino costituendo un nucleo familiare a se stante entro il termine previsto al punto 6) per il
trasferimento della residenza nell’alloggio acquistato.
I requisiti soggettivi di cui al successivo punto 2) sono verificati esclusivamente nei confronti dei
componenti il costituendo nucleo familiare. In particolare, il valore ISEE è calcolato considerando
la situazione economica di quest’ultimo, ai sensi del D.Lgs. n. 109/98 art.3 comma 2)”;
Viene confermato quant’altro stabilito con le DD.G.R. n. 971 del 28 luglio 2014 e n. 1187 del 22
settembre 2014;
DOCUMENTO ISTRUTTORIO
Con la DGR n. 971 del 28 luglio 2014 sono stati approvati i criteri per l’erogazione di contributi
finalizzati a sostenere l’acquisto della prima casa da parte di alcune categorie sociali: giovani
coppie, nuclei familiari composti da una sola persona e nuclei familiari monoparentali.
Con la successiva DGR n. 1187 del 22 settembre 2014 sono state introdotte alcune modifiche ai
criteri già adottati.
In particolare, è stato ridotto da 75 a 60 giorni il periodo di vigenza dei bandi e sono stati diminuiti i
limiti minimi di ISEE per accedere ai contributi, a seguito delle osservazioni e suggerimenti
formulati da coloro che intendevano beneficiare di tale opportunità.
Tuttavia, dalle ulteriori comunicazioni pervenute dopo l’approvazione dei suddetti provvedimenti è
emersa, con frequenza, una problematica meritevole di adeguata soluzione, relativa ai nuclei
familiari monoparentali, che la citata DGR n. 971/2014 descrive come “genitori soli (vedovi/e,
separati/e, single) con uno o più figli minorenni a carico”.
In alcuni casi, infatti, nel nucleo familiare sono presenti anche, o esclusivamente, figli maggiorenni
disabili, che costituiscono, quindi, per un genitore solo, un impegno sicuramente uguale se non
superiore al figlio minorenne.
Si ritiene, pertanto, necessario accogliere le esigenze manifestate, modificando in maniera
opportuna il punto 1) dell’Allegato B) alla DGR n. 971 del 28 luglio 2014.
49
ENTI LOCALI
LAZIO
DPGR 14.11.14, n. T00419 - D.G.R. n. 647 del 7 ottobre 2014. – Nomina componenti
dell'Osservatorio regionale per l'attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56 «Disposizioni sulle città
metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni». (BUR n. 92 del 18.11.14)
Note
Gli articoli 371 e 372 del regolamento regionale n. 1/2002 e successive modifiche dettano
disposizioni in materia di incarichi di componenti di consulte, comitati ed altri organismi comunque
denominati, prevedendo che questi ultimi possano essere istituiti anche con deliberazione della
Giunta nel rispetto dei criteri previsti dall’articolo 356;
Il regolamento regionale 5 agosto 2005, n. 17 detta“Norme in materia di affidamento di incarichi
individuali di consulenza a soggetti esterni all'amministrazione regionale”, e successive
modificazioni.
La Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome ha istituito una apposita delegazione delle
Regioni incaricata di seguire le problematiche connesse all’attuazione della legge 7 aprile 2014, n.
56 «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni», allo
scopo di definire – sulla base di un accordo comune Stato-Regioni – le funzioni fondamentali e
quelle soggette a riordino, nonché di individuare e distinguere le funzioni il cui riordino è di
competenza statale da quelle il cui riordino è di competenza regionale;
L’Accordo sancito l’11 settembre 2014 in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, prevede l’istituzione di Osservatori regionali,
come sedi di impulso e coordinamento.
A seguito dell’adozione dell’Accordo Stato-Regioni in materia ed al fine di garantire la continuità
amministrativa, la semplificazione, la razionalizzazione delle procedure, la riduzione dei costi
dell’amministrazione e il regolare svolgimento delle funzioni amministrative oggi affidate alle
Province, è necessario che la Regione proceda ad una ricognizione delle funzioni rientranti nelle
competenze regionali (non riconducibili alle funzioni fondamentali di cui all’art. 1, comma 85, della
legge n. 56/2014) e attualmente esercitate dalle Province, alla descrizione delle materie e dei
procedimenti connessi, nonché ad una valutazione del loro mantenimento in capo alle stesse oppure
al loro possibile conferimento ad enti sub-provinciali.
Viene costituito l’Osservatorio regionale per l’attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56
«Disposizioni
sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni».
La sezione politica dell’Osservatorio regionale è così composta:
politica dell’Osservatorio regionale, o, previa delega, dall’Assessore regionale alle “Pari
opportunità, Autonomie Locali e Sicurezza”, Concettina Ciminiello.
suo rappresentante.
e Comuni d’Italia del Lazio (Anci-Lazio),
delegato.
Autonomie Locali del Lazio.
materia trattata.
La sezione tecnico-scientifica dell’Osservatorio regionale è così composta:
gione Lazio, Alessandro Sterpa, con funzioni di
Presidente della Sezione tecnico-scientifica dell’Osservatorio.
50
, Costantino
Vespasiano, o suo delegato.
Generale, Attilio Vallante.
Patrimonio”, Marco Marafini, o suo delegato.
Zamaro, o suo delegato.
Bacci, o suo delegato.
quale Russo, Rina Massenzi, quali rappresentanti
dell’Associazione Nazionale Comuni d’Italia del Lazio (Anci-Lazio).
dell’Unione Province Italiane del Lazio (UPI Lazio).
Si fa riservai di integrare con successivo decreto la composizione dell’Osservatorio regionale in
oggetto con i cinque esperti in materia di autonomie territoriali.
L’Osservatorio regionale è supportato, rispettivamente, con riferimento ai compiti di segreteria e
verbalizzazione delle sedute dal Dirigente pro tempore dell’Area “Politiche per lo Sviluppo SocioEconomico dei Comuni, Servitù militari ed Università Agrarie” e, con riferimento al
settoreinformatico e statistico, dal Dirigente pro tempore dell’Ufficio Sistema Statistico Regionale,
incardinato all’interno dell’Area “Innovazione Tecnologica, Gestione Sistemi informativi e
statistici” della Direzione regionale “Risorse Umane e Sistemi Informativi”.
I componenti dell’Osservatorio regionale operano a titolo gratuito e svolgono le proprie attività
senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, nell’ambito delle risorse finanziarie,
umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.
DCR 12.6.14, n. 1 - Deliberazione del Consiglio delle Autonomie Locali del Lazio del 12 giugno
2014 n. 1. Elezione del Presidente del Consiglio delle Autonomie Locali (CAL), ai sensi dell'art. 5
della legge regionale 26 febbraio 2007, n. 1 e ss.mm.(Disciplina del Consiglio delle Autonomie
Locali). (BUR n. 94 del25.11.14)
Note
Viene proclamato eletto Presidente del Consiglio delle autonomie locali, il Sindaco del Comune di
Albano Laziale, Nicola MARINI.
DCR 12.6.14, n. 2 - Deliberazione del Consiglio delle Autonomie Locali del Lazio del 12 giugno
2014, n. 2. Elezione dei Vicepresidenti del Consiglio delle Autonomie Locali (CAL), ai sensi
dell'art. 5 della legge regionale 26 febbraio 2007, n.1 e ss.mm. (Disciplina del Consiglio delle
Autonomie Locali). (BUR n. 94 del 25.11.14)
Note
Sono proclamati eletti Vicepresidenti del Consiglio delle autonomie locali, i Consiglieri Giovanni
DI GIORGI e Salvatore LADAGA.
DCR 12.6.14, n. 3 - Deliberazione del Consiglio delle Autonomie Locali del Lazio del 12 giugno
2014, n.3. Elezione dei Consiglieri Segretari del Consiglio delle Autonomie Locali (CAL), ai sensi
dell'art. 5 della legge regionale 26 febbraio 2007, n.1 e ss.mm. (Disciplina del Consiglio delle
Autonomie Locali). (BUR n. 94 del 25.11.14)
Note
Sono proclamati eletti Consiglieri Segretari del Consiglio delle autonomie locali i Consiglieri:
MANZI Bruno, CICCONE Tommaso, CATANESI Lucia.
51
DCR 12.6.14, n. 4 - Deliberazione del Consiglio delle Autonomie Locali del Lazio 12 giugno
2014, n.4. Elezione della Delegazione di Concertazione del Consiglio delle Autonomie Locali
(CAL), ai sensi dell'art. 12 della legge regionale 26 febbraio 2007, n. 1 e ss.mm. (Disciplina del
Consiglio delle Autonomie Locali).
Note
Viene eletta la Delegazione di Concertazione del CAL Lazio composta da:
Marini Nicola Presidente di diritto,
Abbruzzetti Luca Consigliere Comunale di Riano (Rm),
Bellucci Achille Presidente della XII Comunità Montana (Monti Ernici),
D’Angeli Dante Sindaco di Ascrea (Ri),
Fiorillo Fabio Presidente ANCI Lazio,
Giovannone Dino Presidente UNCEM Lazio,
Mattogno Massimo Consigliere comunale S. Cesareo (RM),
Meroi Marcello Presidente UPI Lazio,
Piacentini Luisa Consigliere comunale di Marano Equo (Rm),
Robilotta Donato Presidente Aiccre,
Veronesi Angelo Sindaco del Comune di Monte S. Giovanni Campano (Fr).
FAMIGLIA
VENETO
DGR 28.10.14, N. 1963 - Fondo per le politiche della famiglia" Decreto Ministeriale del
Dipartimento per le politiche della famiglia del 29 agosto 2014: Progetto regionale "Interventi a
favore della famiglia-implementazione e sviluppo del sistema regionale Nidi in Famiglia di cui alla
D.G.R. n. 1502/2011".(BUR n. 110 del 18.11.14)
NOTE
PREMESSA
In questi ultimi anni si è assistito, a tutti i livelli di programmazione delle politiche sociali e
trasversalmente a tutti i paesi europei, ad una graduale e crescente valorizzazione dell'entità
familiare attraverso l'adozione di provvedimenti volti a sostenere la famiglia nei diversi ambiti che
spaziano dalla promozione di politiche familiari, alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, alle
attività a favore della prima infanzia e alle responsabilità genitoriali.
Indubbiamente vi è un recupero di attenzione verso la famiglia e il familiare in quanto luoghi e
modalità dell'esplicazione dinamica del vivere sociale per il quale è essenziale rafforzare e
differenziare l'offerta di servizi, interventi ed opportunità di cura alla persona nonché individuare e
potenziare i supporti finalizzati a consentire alle famiglie di vivere appieno e serenamente la
funzione genitoriale.
L'art. 8, comma 6 della L. 5 giugno 2003, n. 131, prevede che in sede di Conferenza Unificata, il
Governo possa promuovere la stipula di intese dirette a favorire il raggiungimento di posizioni
unitarie ed il perseguimento di obiettivi comuni.
L'Intesa approvata in sede di Conferenza Unificata il 5 agosto 2014 tra il Governo e le Regioni, le
Province autonome di Trento e di Bolzano e le Autonomie Locali ai sensi dell'art. 1, comma 1252,
della Legge 27 dicembre 2006 n.296 sullo schema di decreto di riparto concerne l'utilizzo delle
risorse stanziate sul Fondo per le politiche della famiglia per l'anno 2014, repertorio atti n. 103/CU,
in cui si decreta:

di destinare ad attività di competenza regionale e degli Enti Locali risorse pari ad euro
5.000.000,00 per progetti e/o attività a favore della prima infanzia e delle responsabilità genitoriali;

che le risorse in oggetto siano ripartite tra Regioni e Province Autonome applicando i criteri
già utilizzati per la ripartizione del Fondo nazionale per le Politiche Sociali;

che le Regioni e le Province Autonome si impegnino a cofinanziare i progetti e/o le attività
da realizzare con almeno il 20 % del finanziamento assegnato, anche attraverso la valorizzazione di
risorse umane, beni e servizi messi disposizione dalle Regioni e province Autonome;
52

che il Dipartimento per le politiche della famiglia trasferisca in un'unica soluzione le risorse
alle Regioni a seguito di specifica richiesta, da inoltrare entro e non oltre il 30 ottobre 2014 con
indicate, dalle Regioni in accordo con le Autonomie Locali, le azioni da finanziare a favore della
prima infanzia e delle responsabilità genitoriali nonché la compartecipazione finanziaria;

che le Regioni comunichino al Dipartimento per le politiche della famiglia, nei modi e nelle
forme concordate in sede di gruppo paritetico, i trasferimenti effettuati, i progetti e le attività
finanziate e i dati necessari al relativo monitoraggio.
L’AZIONE DELLA REGIONE
La Regione del Veneto ha svolto e sta continuando a sostenere il programma e gli impegni assunti
per lo sviluppo del Sistema regionale dei nidi in famiglia, ai sensi della D.G.R. n. 1502/2011 e della
D.G.R. n. 2907/2013.
Come definito in quest'ultima deliberazione, sono presenti n. 313 Servizi funzionanti che
coinvolgono n. 506 operatori, impegnati nei diversi ruoli e funzioni nel territorio regionale.
La Regione del Veneto si impegna a cofinanziare con proprie risorse,anche attraverso la
valorizzazione di risorse umane e beni e servizi i progetti e le attività con almeno il 20% della quota
delle risorse nazionali, pari a euro 72.800,00 assegnati alla Regione del Veneto come da Intesa di
cui al Decreto Ministeriale in oggetto.
LA DISPOSIZIONE
Viene recepita l'Intesa approvata in sede di Conferenza Unificata il 5 agosto 2014 tra il Governo, le
Regioni e le Province autonome ai sensi dell'art. 1, comma 1252, della Legge 27 dicembre 2006
n.296 sullo schema di decreto di riparto concernente l'utilizzo delle risorse stanziate sul Fondo per
le politiche della famiglia per l'anno 2014, repertorio atti n. 103/CU.
Viene approvato l'Allegato A, parte integrante del presente atto, quale elaborazione del programma
attuativo regionale relativo al progetto "Interventi a favore della famiglia-implementazione e
sviluppo del sistema regionale Nidi in Famiglia di cui alla D.G.R. n. 1502/2011".
ALLEGATO A
PROGETTO REGIONALE
” INTERVENTI A FAVORE DELLA FAMIGLIA:
IMPLEMENTAZIONE E SVILUPPO DEL SISTEMA REGIONALE NIDI IN FAMIGLIA”
SCHEDA PROGETTO
1. TITOLO PROGETTO
“INTERVENTI A FAVORE DELLA FAMIGLIA:
IMPLEMENTAZIONE E SVILUPPO DEL SISTEMA REGIONALE NIDI IN FAMIGLIA”
2. PREMESSA GENERALE
i continui cambiamenti in ambito sociale hanno contribuito a creare una condizione genitoriale
diversa, nuova rispetto a qualche decennio fa ed una cultura dell’infanzia che riconosce il bambino,
quale portatore di capacità, di bisogni psicologici e materiali. Gli studi e le ricerche di ordine
psicologico e sociale dimostrano che è nella relazione con i genitori che il bambino costruisce la
propria visione del mondo e di sé e come le funzioni di cura ed educative costituiscano “la base
essenziale per il buon esito dell’apprendimento permanente, dell’integrazione sociale, dello
sviluppo personale e della successiva occupabilità” (Commissione Europea nella Comunicazione
intitolata “Early Chilhood Education and Care: Providing all our Children with the best start for the
world of Tomorrow “- Febbraio 2011).
3. LINEA DI INTERVENTO DA SVILUPPARE
� A. AMBITO GESTIONALE NIDI IN FAMIGLIA:
- ottimizzazione e potenziamento dell’organizzazione del Sistema regionale e dei singoli servizi, in
accordo con le Amministrazioni locali, che interessano i bambini da 0 a 3 anni e la loro famiglia.
- Individuazione di un innovativo sistema di supporto alle famiglie con bimbi sotto i 3 anni d’età,
finalizzato al miglioramento delle collaborazioni educative e di cura attraverso la fruizione del
servizio adeguatamente organizzato; al monitoraggio sull’andamento del servizio e del grado di
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soddisfazione delle famiglie fruitrici; all’individuazione e al miglioramento dei supporti, anche
economici, a favore delle famiglie.
� B. AMBITO PSICO-EDUCATIVO NIDI IN FAMIGLIA
consolidamento dell’approccio educativo che riconosce la centralità della famiglia-ambiente
competente per lo sviluppo armonico del bambino nella prima infanzia.
Implementazione, quindi, dell’indirizzo psico-corporeo e psico-emozionale, già sperimentato con
successo all’interno dei Nidi in famiglia della Regione del Veneto quale approccio facilitante lo
sviluppo affettivo, relazionale ed emozionale del bambino.
Obiettivo da perseguire attraverso:
• La pratica stessa della modalità che utilizza la famiglia come modello educativo di riferimento, la
casa come luogo dove svolgere le funzioni di cura ed educative, il gruppo ridotto di bambini come
scelta privilegiata per promuovere la relazionalità tra pari e con gli adulti.
• Adeguati interventi formativi finalizzati al rafforzamento delle competenze specifiche necessarie
per la conduzione/coordinamento dei Nidi in famiglia secondo l’orientamento psico-corporeo e
psicoemozionale.
• La messa a punto di un sistema codificato e condiviso per il confronto con le famiglie anche per
sostenere il ruolo genitoriale secondo un approccio multidimensionale ed integrato al fine di
impostare opportunità e servizi effettivamente rispondenti e di supporto alla genitorialità.
4. OBIETTIVI CHE SI INTENDONO PERSEGUIRE
Linea interventi A:
- Promuovere e favorire il diritto dei figli di crescere in un contesto relazionale adeguato ai loro
bisogni
- Promuovere e favorire nel territorio lo sviluppo di un sistema di servizi a favore dei bambini da 0
a3
anni
- Incentivare modalità organizzative e di gestione in linea con le più avanzate tecnologie disponibili
- Promuovere e supportare Accordi e programmi con le Amministrazioni locali per la diffusione dei
servizi e la loro ottimizzazione in una logica di tutela del bambino
- Migliorare la qualità, in termini di efficienza e di efficacia, del sistema complessiva di gestione dei
nidi in famiglia
Linea interventi B:
- Promuovere la cultura dell’infanzia che riconosce il bambino quale persona con capacità, bisogni
psicologici e materiali propri.
- Promuovere la centralità della famiglia-ambiente competente per lo sviluppo armonico del
bambino nella prima infanzia
- Consolidare l’adozione dell’indirizzo psico-corporeo e psico-emozionale quale approccio che
assicura
l’espressione delle potenzialità del bambino negli ambiti affettivo, relazionale ed emozionale
5. TEMPI DI AVVIO DEL PROGETTO
Linea interventi A
Il progetto prenderà avvio entro l’anno 2014
Linea interventi B
Il progetto prenderà avvio entro l’anno 2014
6. AZIONI DI MONITORAGGIO
Linea interventi A
Il monitoraggio riguarda soprattutto gli esiti registrabili alla luce dell’introduzione di sistemi
innovativi sia nella conduzione dei servizi che nella gestione degli stessi per quanto riguarda le
competenze delle diverse Amministrazioni. Anche l’aspetto economico/finanziario rientra nel
monitoraggio al fine di favorire lo sviluppo di una modalità di gestione “accessibile” alle famiglie
nella salvaguardia della qualità del servizio.
Linea interventi B
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Il monitoraggio riguarda soprattutto la valutazione circa lo sviluppo della metodologia e
dell’effettiva incidenza della stessa nel benessere affettivo relazionale del bambino, attraverso il
confronto con le famiglie e le educatrici.
PROGETTO IN GENERALE
In accordo con il Dipartimento per le politiche della famiglia saranno adottate le modalità condivise
Verranno monitorati inoltre gli sviluppi numerici dei servizi e l’andamento della frequenza dei
bambini.
GIOVANI
BASILICATA
DGR 28.10.14, n. 1275 - Intesa tra il Governo e le Regioni e Province autonome di Trento e
Bolzano e gli Enti locali sulla ripartizione del “Fondo nazionale per le politiche giovanili di cui
all’art. 19, comma 2, del Decreto Legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla
Legge 4 agosto 2006, n. 248, relativamente alla quota parte a livello regionale e locale” per l’anno
2013. Approvazione dello schema di accordo tra il Dipartimento per le Politiche Giovanili della
Presidenza del Consiglio e la Regione Basilicata.
INTERVENTI ASSISTENZIALI
LAZIO
DD 9.10.14, n. G14367 - "Fondo di solidarietà famiglie lavoratori vittime incidenti mortali lavoro.
Elenco familiari beneficiari contributo anni 2010, 2011, 2012, 2013 e 2014. Impegno spesa euro
270.000,00. cap.F31900 (BUR n. 92 del 18.11.14)
Note
Con la Legge regionale 16 aprile 2002, n. 8, “Legge finanziaria regionale per l‟esercizio 2002
(legge regionale 20 novembre 2001 n. 25 articolo 11)”, in particolare all‟art. 105 è stato istituito il
Fondo di solidarietà per le famiglie dei lavoratori vittime di incidenti mortali sul lavoro.
L‟art. 2, co. 2, del Protocollo d‟intesa stipulato in data 26 marzo 2010, Reg. Cron. n. 12804 del 13
maggio 2010, stabilisce che “L‟INAIL provvede, attraverso le proprie strutture territoriali
competenti, a raccogliere le richieste di erogazione del beneficio, a svolgere l‟istruttoria delle
domande, il controllo sui beneficiari ed a comunicarne gli esiti alla Regione Lazio”.
Ai sensi dell‟art. 2, co. 2, lett. c) del medesimo Protocollo d‟intesa , “la Regione:… c) procederà ad
erogare i contributi del Fondo regionale nei limiti della disponibilità finanziaria, in base alle
risultanze dell‟istruttoria delle domande”.
L’art. 5 dell‟Allegato “A” della DGR 308 del 30 aprile 2009 - “Disciplina delle modalità di
finanziamento, erogazione e gestione del Fondo di solidarietà per le famiglie dei lavoratori vittime
di incidenti mortali sul lavoro, nonché di individuazione dei beneficiari - articolo 105 della L.R.
8/2002 e successive modifiche”- stabilisce che “Il Fondo regionale prevede l‟erogazione di
contributi una tantum di importo pari ad € 10.000 per ogni lavoratore deceduto”;
Viene impegnata la somma complessiva di € 270.000,00 sul capitolo del bilancio regionale F31900
(Miss./Progr./PdC finanz. – 15.03 1.04.02.05.001), esercizio finanziario 2014, che presenta risorse
disponibili, a favore di n. 27 aventi diritto alla erogazione del contributo straordinario, così come
indicati
nominativamente nell‟allegato 1 che costituisce parte integrante e sostanziale della presente
determinazione (a cui si rinvia).
ISTRUZIONE
LOMBARDIA
55
DGR 14 novembre 2014 - n. X/2641 - Avviso pubblico per la selezione di progetti pilota finalizzati
alla prevenzione e alla lotta contro la dispersione scolastica. (BUR n. 47 del 17.11.14)
Note
PREMESSA
La comunicazione della Commissione Europea del 3 marzo 2010 «Europa 2020: Una strategia per
una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva», prevede la riduzione del tasso di abbandono
scolastico a meno del 10% e la necessità di promuovere nuovi modelli fondati su una stretta
relazione tra istituzioni formative, mondo del lavoro e sistema territoriale e produttivo di
riferimento per lo sviluppo di un’economia dinamica fondata sulla conoscenza, in un’ottica di
sostegno alla cittadinanza basata sulla crescita intelligente, sostenibile e pienamente inclusiva.
Il decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76 reca «Definizione delle norme generali sul diritto-dovere
all’istruzione e alla formazione, a norma dell’articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 28 marzo
2003, n. 53», con cui l’Italia ha individuato nell’obbligo formativo il «diritto-dovere all’istruzione e
alla formazione sino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il
diciottesimo anno di età» ed è stato istituito il Sistema Nazionale delle Anagrafi degli Studenti.
La l.r. 6 agosto 2007, n. 19 «Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione
Lombardia» e in particolare l’art. 2 c.2, indirizza i propri interventi alla realizzazione di azioni che
assicurino alle persone l’accesso a tutti i gradi dell’istruzione e della formazione e alle pari
opportunità formative, nonché il sostegno per il successo scolastico e formativo.
La delibera di Consiglio regionale 9 luglio 2013 n. 78 «Programma Regionale di Sviluppo (PRS)
della X legislatura» riserva particolare attenzione alla dispersione scolastica e mira a creare sinergie
e complementarietà all’interno del sistema educativo come fattori strategici di crescita e sviluppo
del capitale umano, nonché di competitività e inclusività del sistema socio-economico lombardo,
anche promuovendo nuovi modelli caratterizzati da una più stretta relazione tra istituzioni
scolastiche e formative e mondo del lavoro.
LA DISPERSIONE SCOLASTICA IN LOMBARDIA
La Lombardia, con un tasso di early school leavers, giovani di 18-24 anni che hanno abbandonato
gli studi senza aver conseguito un diploma di istruzione secondaria superiore, pari al 16,7% risulta
essere una regione ad alto rischio di dispersione scolastica.
La dispersione scolastica si sviluppa e manifesta principalmente nella scuola secondaria di secondo
grado, ma i fenomeni di malessere scolastico e di dispersione affondano le loro radici nella scuola
secondaria di primo grado.
L’AZIONE DISPOSTA
Vengono i sviluppate strategie preventive che consentano di intercettare il disagio già nella scuola
secondaria di primo grado e riescano a ri-orientare gli studenti verso percorsi di istruzione e
formazione idonei alle proprie attitudini, stimolando nei giovani un senso di partecipazione e
appartenenza alla scuola.
L’AVVISO PUBBLICO
Conseguentemente, viene approvato l’«Avviso pubblico per la selezione di progetti pilota
finalizzati alla prevenzione e alla lotta contro la dispersione scolastica», come da Allegato A parte
integrante e sostanziale della presente deliberazione.
IL FINANZIAMENTO
Al finanziamento per la realizzazione degli interventi di cui al citato Allegato A, concorrono le
risorse complessive pari a Euro 400.000,00.
ALLEGATO A AVVISO PUBBLICO PER LA SELEZIONE DI PROGETTI PILOTA
FINALIZZATI ALLA PREVENZIONE E ALLA LOTTA CONTRO LA DISPERSIONE
SCOLASTICA
Indice
Premessa e obiettivi generali
Obiettivo
Dotazione finanziaria
Soggetti ammissibili alla presentazione dei progetti
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Destinatari degli interventi
Progetti e spese ammissibili
Modalità di selezione delle domande di contributo
Controlli
Modalità di Erogazione del Contributo e Rendicontazione delle spese
Pubblicazioni e informazioni
Informativa ai sensi della legge 7 agosto 1990, n.241
Informativa ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196
Allegati
Riepilogo scadenze
Riferimenti normativi
1. Premessa e obiettivi generali
La Strategia Europa 2020 ha posto, tra gli obiettivi quantitativi da raggiungere a quella data nel
campo dell’istruzione e della formazione, la riduzione al di sotto del 10 per cento della quota di
abbandoni scolastici precoci.
La dispersione scolastica, con la prematura uscita degli studenti dal sistema scolastico, è infatti un
fenomeno che, se non efficacemente contrastato, ha - nel medio-lungo periodo - conseguenze nello
sviluppo del sistema Paese, determinando un impoverimento del capitale umano.
Secondo i dati dell’Unione Europea gli early school leavers in Italia, cioè i giovani di 18-24 anni
che hanno abbandonato gli studi senza aver conseguito un diploma di istruzione secondaria
superiore, rappresentano il 17%1,, con un divario piuttosto rilevante rispetto agli altri Paesi europei.
In Lombardia il dato si attesta al 16,7%2.
Secondo l’indagine “LOST - DISPERSIONE SCOLASTICA: il costo per la collettività e il ruolo di
scuole e Terzo settore”, 2014, promossa da WeWorld Intervita insieme ad Associazione Bruno
Trentin e Fondazione Giovanni Agnelli, tuttavia, l’analisi dei dati relativi alle mancate iscrizioni
porta ad individuare tassi di abbandono molto superiori a quelli suggeriti da Eurostat: combinando i
tassi di abbandono3 della scuola secondaria di I grado con quelli della scuola secondaria di II grado
otteniamo un tasso di abbandono complessivo pari al 30% di ogni coorte di età, quasi il doppio di
quanto classificato ufficialmente come early school leavers da Eurostat, esattamente il triplo
dell’obiettivo di Lisbona 2020.
Il fenomeno della dispersione scolastica è un problema vasto e composito. Il disagio scolastico è
sempre frutto di una combinazione di cause: dietro al termine drop out si nascondano situazioni
profondamente diverse e che richiedono perciò analisi e modalità d’intervento individualizzate.
La dispersione scolastica si sviluppa e manifesta principalmente nelle scuola secondaria di secondo
grado (statale – tecnica e professionale); l’abbandono si accelera dopo il primo biennio delle
superiori e già al termine della scuola secondaria il 23% della popolazione scolastica non è più a
scuola.
I fenomeni di malessere scolastico e di dispersione affondano tuttavia le loro radici nella scuola
secondaria di primo grado, dove i ragazzi non ritengono che la scuola possa rispondere alle loro
aspettative, perché la percepiscono come luogo dove vengono proposte nozioni astratte, avulse da
contesti concreti e operativi.
Tutto ciò fa emergere un sentimento di “disaffezione” nei confronti dell’ambiente scolastico che
genera insuccessi scolastici e formativi che a loro volta, se ripetuti nel tempo, possono portare al
prematuro abbandono della scuola e alla successiva esclusione socio-lavorativa.
L’Anagrafe Nazionale degli Studenti mette in luce che, per l’intero sistema nazionale di istruzione,
nell’a.s. 2011/2012 il numero di alunni “a rischio di abbandono” risulta pari a 3.409 unità per la
scuola secondaria di I grado (0,2% degli alunni iscritti a settembre) e a 31.397 unità per la scuola
secondaria di II grado (1,2% degli alunni iscritti). In Lombardia, per la stessa annualità, il dato
passa allo 0,12% per i maschi e allo 0,09% per le femmine.
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Regione Lombardia, in risposta ai fabbisogni attuali del contesto lombardo e in accordo con il
Programma Regionale di Sviluppo (PRS) della X legislatura, approvato con D.C.R. n. X/78 del
09/07/2013, intende perciò favorire:
- lo sviluppo di strategie preventive che consentano di intercettare il disagio già nella scuola secondaria
di primo grado;
- iniziative che riescano a ri-orientare gli studenti verso percorsi di istruzione e formazione idonei alle
proprie attitudini;
- azioni che stimolino negli alunni un senso di partecipazione e appartenenza alla scuola, recuperare il
protagonismo dei giovani in prima persona.
2. Obiettivo
L’obiettivo dell’iniziativa è proporre a ragazzi a rischio di dispersione o di insuccesso
scolastico/formativo - identificati dalle istituzioni scolastiche - iscritti al secondo o al terzo anno
della scuola secondaria di primo grado un’esperienza in un ambiente simile a quello lavorativo dove
scoprire, attraverso attività laboratoriali, le proprie attitudini e capacità, risvegliare l’interesse e le
motivazioni necessarie a proseguire gli studi e, contestualmente, avere la possibilità di
sperimentare.
Le attività dovranno essere realizzate attraverso una azione sinergica tra scuole secondarie di primo
grado, istituzioni formative o istituzioni scolastiche ad indirizzo tecnico e/o professionale che
dispongano di laboratori attrezzati in partenariato con i soggetti del territorio (cooperative,
associazioni di categoria, enti locali….).
Le proposte dovranno essere caratterizzate da un approccio fortemente concreto e, attraverso l’uso
dei laboratori, dovranno consentire ai ragazzi di progettare e costruire anche semplici manufatti.
Ogni attività dovrà quindi prevedere la realizzazione di un prodotto finale.
Le attività dovranno inoltre prevedere il coinvolgimento di ragazzi tutor delle istituzioni formative o
delle scuole secondarie di secondo grado capofila in qualità di “peer educator” (“educatori alla
pari”), che assumeranno una funzione integrativa e di affiancamento a quella dei professori, con lo
scopo di favorire il passaggio di conoscenze ed esercitare un effetto benefico sulla motivazione
all’apprendimento.
1 European Labour Force Survey, 2013
2 Elaborazioni Isfol-Osservatorio Europa2020 su dati Istat 2014
3 L’abbandono è quantificato dallo scarto tra il dato iniziale degli alunni iscritti e quello relativo agli
alunni che risultano scrutinati alla fine di ogni anno scolastico.
I progetti dovranno approfondire la conoscenza del fenomeno della dispersione nell’ambito
territoriale di riferimento ed elaborare di conseguenza un nuovo modello di intervento
concretamente misurabile.
Al temine del progetto si procederà a valutare se l’idea progettuale proposta può essere estesa e
replicata sul territorio: gli interventi verranno, pertanto, realizzati per la prima volta con l’obiettivo
di essere rinnovati, sviluppati o ampliati ulteriormente in funzione dei risultati ottenuti.
A conclusione del progetto dovranno perciò essere indicati nella relazione finale, attraverso dati
quantitativi e qualitativi, i punti di forza e i punti di debolezza del progetto e le proposte per la sua
prosecuzione, trasferimento e/o replicabilità.
3. Dotazione finanziaria
Per la realizzazione degli interventi previsti dalla presente iniziativa concorrono risorse complessive
pari a 400.000,00= Euro, che trovano copertura sui capitoli 8601, 8602, 8498, 8499, 8501 del
bilancio regionale – esercizio finanziario 2014, salvo ulteriori risorse aggiuntive che potrebbero
rendersi disponibili.
Il contributo regionale massimo riconoscibile per ciascuna proposta progettuale è pari a 32.000,00
euro a copertura massima dell’80% delle spese ammissibili.
4. Soggetti ammissibili alla presentazione dei progetti
I progetti dovranno essere presentati da un partenariato di attori formalizzato da un accordo di rete
da allegare alla presentazione della domanda.
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La composizione minima del partenariato deve prevedere:
- un’istituzione formativa4 o un’istituzione scolastica ad indirizzo tecnico o professionale con
dotazioni laboratoriali adeguate come ente capofila, al quale spetta la presentazione della domanda
e a cui verranno erogati i contributi;
- almeno una scuola secondaria di primo grado.
Un’istituzione scolastica o formativa può essere capofila soltanto di un partenariato. La
presentazione da parte del medesimo capofila di più proposte progettuali sarà motivo di esclusione
di tutte le domande di candidatura presentate.
Nel caso in cui l’istituzione sia articolata in più sedi operative accreditate, la stessa istituzione può
appartenere anche a più partenariati.
5. Destinatari degli interventi
Sono destinatari degli interventi previsti dal presente avviso ragazzi di età compresa tra i 12 anni già
compiuti e 16 anni non compiuti, iscritti per l’anno scolastico 2014/2015 al secondo o al terzo anno
della scuola secondaria di primo grado, a rischio di dispersione o di insuccesso scolastico.
L’individuazione dei destinatari, secondo criteri da specificare nella proposta progettuale, deve
avvenire a cura della/e scuola/e secondaria/e di primo grado previste dall’accordo di rete.
I destinatari finali devono essere residenti o domiciliati in Regione Lombardia.
6. Progetti e spese ammissibili
Il contributo di cui al presente avviso è finalizzato a sostenere per ciascun soggetto proponente un
progetto da realizzarsi nell’arco temporale 1 marzo 2015 - 30 giugno 2015.
I percorsi formativi devono avere luogo presso le sedi accreditate dell’istituzione formativa o la
sede dell’istituzione scolastica.
Il progetto deve essere presentato utilizzando i modelli e format allegati al presente avviso
“domanda di accesso ai contributi”, Allegato A1, e “Scheda progetto”, Allegato A2, e dovrà essere
rendicontato a voucher secondo i seguenti massimali di spesa:
- costo max per allievo: 750 euro;
- max ore per percorso formativo: 40.
La progettazione dei percorsi formativi descritti nel progetto deve contenere i seguenti elementi:
• obiettivi formativi;
• contesto di riferimento e ambito territoriale del progetto;
• numero di allievi per singolo gruppo classe (massimo 8 allievi)
4 Iscritta alla sezione A dell’Albo dei soggetti accreditati di cui all’art. 25 della l.r. n° 19/07, nonché
ai sensi della DGR n. IX/2412 del 26 ottobre 2011 e successivi decreti attuativi.
• numero dei docenti nonché di eventuali altre figure coinvolte con l’indicazione delle loro
competenze. Le attività dovranno inoltre prevedere il coinvolgimento di ragazzi tutor iscritti presso
le istituzioni formative capofila come “peer educator” a cui l’istituzione formativa si impegna a
riconoscere crediti formativi spendibili;
• descrizione del sistema di monitoraggio e di valutazione dei risultati di progetto.
Sono ammissibili al finanziamento le spese sostenute dal soggetto capofila o dai partner per la
realizzazione delle attività formative a far data dalla data di approvazione della graduatoria secondo
il piano dei conti previsto dall’Allegato A2.
7. Modalità di selezione delle domande di contributo
7.1. Termini e modalità di presentazione delle candidature
La domanda di candidatura deve essere presentata tramite pec all’indirizzo
[email protected] utilizzando l’apposito modello allegato al presente avviso
(Allegato A1) e compilando il format (Allegato A2).
Si prega di indicare nell’oggetto della PEC “Presentazione domanda di contributo avviso
dispersione – nome istituzione scolastica/ formativa capofila”.
I file, scaricabili dal portale web di Regione Lombardia - Direzione Generale Istruzione,
Formazione e Lavoro al seguente indirizzo: www. lavoro.regione.lombardia.it, dovranno, previa
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compilazione, essere sottoscritti con firma digitale dal Legale Rappresentante o da altro soggetto
delegato con potere di firma ai sensi dell’art.65 del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82.
La domanda potrà essere presentata a far data dalla pubblicazione del presente avviso fino al 16
gennaio 2015 alle ore 12.00. Farà fede il giorno e l’ora riportate nel messaggio di posta certificata
(daticert.xml).
La domanda è redatta sotto forma di autocertificazione, ai sensi degli artt. 46 e 47 del DPR 28
dicembre 2000, n. 445. La Regione si riserva la possibilità di effettuare controlli sulla veridicità
delle dichiarazioni fornite.
Non verranno prese in considerazione le domande inviate successivamente a tale termine,
incomplete ovvero consegnate con altre modalità.
7.2. Procedure e criteri di valutazione delle candidature
L’istruttoria e la valutazione dei progetti sarà effettuata da un Nucleo di Valutazione appositamente
costituito con provvedimento del Direttore generale competente a seguito di verifica di
ammissibilità.
Il punteggio massimo attribuibile a ciascun progetto sarà pari a 100 punti.
La valutazione di merito sui singoli progetti terrà quindi conto dei seguenti criteri di valutazione:
Criteri Qualitativi di Peso (fino a)
Valutazione
Completezza e livello 10
1. STRATEGIA DI 1.1
di approfondimento
INTERVENTO
dell’analisi
dei
(MAX. PUNTI 15)
fabbisogni
ed
efficacia
della
proposta rispetto agli
stessi
1.2
Individuazione
dei 5
risultati attesi per i
destinatari al termine
delle attività progettuali
Livello di dettaglio e 15
2.
QUALITA’ 2.1
grado di chiarezza del
DELLE ATTIVITÀ
progetto in relazione
PROGETTUALI
all’azione
di
(MAX. PUNTI 35)
riferimento
2.2
Qualità del sistema di 10
monitoraggio
e
di
valutazione proposti per
il progetto
2.3
Incidenza delle attività 8
laboratoriali sul totale
delle attività previste
Significatività
del 12
3. QUALITA’ ED 3.1
partenariato attivato
EFFICACIA DEL
in
termini
di
PARTENARIATO
numerosità e apporti
(MAX. PUNTI 15)
dei singoli soggetti
3.2
Coinvolgimento nel 5
partenariato
delle
amministrazioni locali
11. Informativa ai sensi della legge 7 agosto 1990, n.241
60
Il responsabile del procedimento amministrativo per l’attuazione del bando, ai sensi del capo II
della legge 241/1990 e s.m.i., è l’arch. Alessandro Corno, dirigente della Struttura “Infrastrutture e
strumenti per la qualità del sistema educativo” della Direzione Generale Istruzione, Formazione e
Lavoro.
12. Informativa ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196
Ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, i dati acquisiti in esecuzione del presente Avviso
pubblico sono utilizzati esclusivamente per le finalità relative al procedimento amministrativo per il
quale essi vengono comunicati, secondo le modalità previste dalle leggi e dai regolamenti vigenti.
Titolare del trattamento dei dati è la Giunta Regionale della Lombardia. Responsabile del
trattamento è il Direttore Generale della Direzione Generale Istruzione, Formazione e Lavoro.
13. Allegati
Allegato A1 - Modulo di domanda di accesso ai contributi:
Allegato A2 - Scheda progetto
Allegato A3 - Relazione finale
14. Riepilogo scadenze
e relativo contributo assegnato: entro 45 giorni dalla scadenza della presentazione delle candidature;
15. Riferimenti normativi
- Comunicazione della Commissione Europea del 3 marzo 2010 “Europa 2020: Una strategia per
una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”;
- Decreto legislativo 15 aprile 2005, n.76 “Definizione delle norme generali sul diritto-dovere
all’istruzione e alla formazione, a norma dell’articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 28 marzo
2003, n. 53”;
- l.r. 6 agosto 2007, n. 19 “Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione
Lombardia”;
- Delibera di Consiglio Regionale 9 luglio 2013 n.78 “Programma Regionale di Sviluppo (PRS)
della X legislatura”.
MINORI
CAMPANIA
DGR 21.10.14, n. 475 - Centro regionale per le adozioni internazionali. Adempimenti. (BUR n. 79
del 24.11.14)
Note
PREMESSA
L'articolo 39-bis della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia) statuisce
che le regioni nell'ambito delle loro competenze:
1: concorrono allo sviluppo di una rete di servizi in grado di svolgere i compiti previsti dalla legge
in materia di adozione di minori stranieri;
2: vigilano sul funzionamento delle strutture e dei servizi che operano nel territorio per l'adozione
internazionale, al fine di garantire livelli adeguati di intervento;
3: promuovono la definizione di protocolli operativi e convenzioni fra enti autorizzati e servizi,
nonché forme stabili di collegamento fra gli stessi e gli organi giudiziari minorili.
L’ISTITUZIONE DEL CENTRO REGIONALE
L'articolo 31 della legge regionale 30 gennaio 2008, n. 1 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale della Regione Campania-Legge finanziaria 2008), come modificato
dall’art. 1 della legge regionale 10 maggio 2012, n. 9, ha istituito il Centro regionale per le adozioni
internazionali con il compito di promuovere la semplificazione delle procedure di adozione, di
61
accelerarne i tempi di svolgimento e dare supporto alle coppie nelle diverse fasi del percorso
genitoriale, nel rispetto delle diversità e ricchezza culturale dei bambini da accogliere.
Il comma 3 del citato articolo 31 stabilisce che l'organizzazione e il funzionamento del Centro sono
definiti dallo statuto approvato dalla Giunta regionale, previo parere della commissione consiliare
competente, reso ai sensi dell'articolo 1 della legge regionale 17 ottobre 2005, n. 17 (Disposizioni
per la semplificazione del procedimento amministrativo).
Con deliberazione n. 660 del 3 dicembre 2012, la Giunta regionale, in base a quanto disposto
dall’art. 31, comma 3, ha adottato, in via preliminare, lo Statuto del Centro regionale per le adozioni
internazionali che disciplina i relativi compiti, funzioni e organizzazione, subordinandone
l’esecutività al rilascio del parere da parte della VI Commissione consiliare permanente, competente
ratione materiae..
Con deliberazione n. 257 del 26 luglio 2013, la Giunta regionale ha modificato lo statuto del Centro
per le adozioni internazionali approvato con DGR n. 660/2012, come risultanti dallo schema di cui
all’allegato A e dallo schema di testo coordinato di cui all’allegato B alla deliberazione, a formarne
parte integrante e sostanziale.
IL PIANO DELLE ATTIVITÀ
Viene approvato il "Piano delle attività con gli indirizzi e gli obiettivi da conseguire" (Allegato A)
predisposto dal Direttore del Centro regionale per le adozioni internazionali coerente con gli
indirizzi strategici regionali in materia di politiche sociali, come definiti dalla DGR n. 134 del 27
maggio 2013 (Piano sociale regionale 2013-2015);
Allegato A
Regione Campania - Centro Regionale Adozioni Internazionali . Proposta Piano attività 2015
In base alle disposizioni del Legislatore Regionale il Centro ha il compito di promuovere sul
territorio regionale campano la semplificazione delle procedure di adozione, di accelerarne i tempi
di svolgimento e dare supporto alle coppie nelle diverse fasi del delicato percorso genitoriale, nel
rispetto delle diversità e ricchezza culturale dei bambini da accogliere. Opera in sinergia con i
tribunali regionali per i minori, con il sistema dei servizi territoriali e con la Commissione nazionale
per le adozioni internazionali e gli enti accreditati.
L'obiettivo del Piano di attività del Centro per l'anno 2015 è quello del miglioramento
nell’erogazione dell’offerta sull'intero territorio regionale campano di specifici servizi per le
adozioni – nazionali ed internazionali - da parte degli enti, delle strutture socio-assistenziali e
sanitarie della Regione e degli organismi della giustizia minorile.
A tal fine il Centro - nell'anno 2015 – dovrà provvedere a:
1. Promuovere e realizzare – anche in collaborazione con Enti, Istituzioni, Università, Associazioni
di Famiglie , articolazioni organizzative della Giunta regionale e del Consiglio regionale e gli
Organismi Giudiziari - azioni a titolo gratuito di formazione ed aggiornamento per gli operatori dei
Servizi territoriali. Ciò avverrà attraverso la promozione di incontri e conferenze di studio anche in
collaborazione con la Commissione per le adozioni internazionali di cui all’articolo 38 della legge
sull'adozione. Gli obiettivi di questa tipologia di interventi sono:
valorizzazione dell'esperienza maturata da quanti hanno operato con continuità presso le equipes
multidisciplinari responsabili del percorso adottivo
dei punti di forza, debolezza e opportunità del sistema
l'ascolto delle coppie e per la conduzione dei gruppi
2. Promuovere e realizzare eventi e strumenti di informazione sull'adozione nazionale ed
internazionale e sulle relative procedure, sugli enti autorizzati e sulle altre forme di solidarietà nei
confronti dei minori in difficoltà, anche in collaborazione con gli enti autorizzati di cui all'art. 39
ter. L'obiettivo sarà quello di offrire alle coppie un momento, che precede la domanda di richiesta di
62
adozione, che possa costituire un'opportunità di dialogo con chi sta pensando di intraprendere un
simile percorso in una reale dinamica di gruppo. Uno spazio di informazione e di maturazione tutto
per loro, che non si sovrapponga alla formazione successiva alla dichiarazione di disponibilità, ma
che la preceda rendendo la futura scelta più consapevole e attenta.
In tal modo, si intende diffondere la cultura della genitorialità affettiva non come alternativa alla
genitorialità biologica ma come scelta consapevole finalizzata ad offrire ad un bambino dei genitori
accoglienti, capaci di farsi carico del suo vissuto;trovare una famiglia capace di traghettare il
bambino da un passato doloroso ad un futuro di stabilità affettiva, relazionale ed emotivamente
stimolante.
3. Promuovere la sottoscrizione tra Distretti sanitari, Ambiti sociali, Tribunali per i Minori ed Enti
Autorizzati di specifici Protocolli di Intesa volti a realizzare in ogni territorio, specifici gruppi di
lavoro integrati, dedicati al Percorso Adottivo per consentire di realizzare un “Percorso Adottivo”
uniforme sul territorio regionale.
L'obiettivo è quello di sviluppare una rete di servizi pubblici locali che attraverso una stretta
integrazione socio-sanitaria e con le autorità della giustizia minorile, Tribunale per i minorenni, sia
impegnata nel vigilare sul funzionamento dei servizi che operano nel territorio per l´adozione
internazionale, al fine di garantire livelli adeguati di intervento e nel promuovere la definizione di
protocolli operativi e convenzioni tra enti autorizzati e servizi, nonché forme stabili di collegamento
tra gli stessi e gli organi giudiziari minorili. Si punterà anche al coinvolgimento dell'Ufficio
Scolastico regionale con specifici Protocolli di Intesa che permettano di attivare progetti di
formazione pensati per gli insegnanti poiché per l’inserimento scolastico di un bambino adottato, in
particolare se proveniente da un paese straniero, va attuata una capacità di comprensione e di
accoglienza specifica.
4. Realizzare un sistema di monitoraggio, in collaborazione con i Tribunali per i minori ed i servizi
territoriali regionali, finalizzato a raccogliere informazioni sulle adozioni nazionali e internazionali,
sulle coppie adottive e su quelle che inoltrano domanda di adozione. L'obiettivo è quello di
costruire un flusso informativo e sviluppare competenze nell'analisi, interpretazione e restituzione
dei dati e delle informazioni, ai fini della valutazione del sistema e di una maggiore capacità
comunicativa sulle specifiche di qualità del servizio. I dati raccolti attraverso questo sistema di
monitoraggio confluiranno nel Sistema Informativo Sociale attivato presso la Direzione Generale
12 – UOD 02 (Welfare dei servizi e Pari Opportunità).
5. Stabilire intese a titolo gratuito con gli Ordini Professionali coinvolti, le Associazioni scientifiche
di settore proposte dagli stessi Ordini Professionali, gli Organismi Giudiziari e gli Enti e le
Istituzioni locali, onde consentire il miglior sostegno alle Coppie in fase pre e post adottiva e
favorire l'organizzazione di scambi di esperienze tra le famiglie adottive nel rispetto delle finalità e
dei principi espressi dalla legislazione nazionale. L'obiettivo è quello di costituire gruppi di
sostegno rivolti a tutte le famiglie che sono in attesa o che hanno adottato. Si tratta di gruppi
dinamici a cui i genitori in attesa o che hanno adottato possono incontrare altri genitori con cui
potersi confrontare. Uno spazio dedicato alla condivisione dei vissuti che accompagnano il tempo
dell’attesa, o dell’inserimento dei bambini in famiglia, a scuola, etc. Un luogo dove poter
confrontare le proprie esperienze, fare domande ed apprendere dalle esperienze altrui. Scambiarsi
opinioni, pareri, dubbi, riflessioni, a partire dalla vita di tutti i giorni, dai piccoli momenti della
giornata.
6. Promuovere la realizzazione di progetti propri o la partecipazione a progetti internazionali,
europei, statali, interregionali, locali e del privato sociale, compresi progetti a distanza, finalizzati a
promuovere l’interscambio e la cooperazione tra i soggetti che operano nel settore dell’adozione
internazionale e della protezione dei minori nei Paesi stranieri, per consentire la loro permanenza
nelle famiglie di origine.
L'obiettivo è quello di consentire prioritariamente la permanenza del bambino nella propria famiglia
e nel Paese d’origine, attraverso la realizzazione di progetti focalizzati su attività formative volte a
promuovere forme di tutela dell’infanzia alternative all’istituzionalizzazione e su interventi a
63
sostegno delle esigenze primarie di bambini abbandonati, bambini di strada o allontanati dalle
famiglie d’origine. Si punterà ad investire su azioni di tipo formativo, favorendo lo scambio e la
trasmissione di conoscenze tra coloro, operatori italiani e stranieri, che si occupano quotidianamente
di infanzia abbandonata, di affidamento e di adozione, per provare ad aprire nuovi orizzonti,
favorire scelte coraggiose che partano dalla consapevolezza dell’esistente per rilanciare nuovi
sistemi e modelli organizzativi per entrambi gli
attori in gioco. Lo scambio di esperienze conoscitive e pratiche può rappresentare inoltre la base su
cui costruire valori comuni per una condivisa cultura dell’infanzia.
7. Redigere le previste relazioni - condivise con gli Uffici della Giunta regionale Direzione
Generale 12 – UOD 02 (Welfare dei servizi e pari opportunità) e l’Assessore delegato in materia di
politiche sociali - alla Giunta regionale ed alla Commissione nazionale adozioni internazionali,
contenente i dati sulla propria attività e gli obiettivi raggiunti e da perfezionare.
SICILIA
DECRETO 15.10.14 - Istituzione della commissione per l’adozione e l’affidamento familiare.
(GURS n. 49 del 21.11.14)
Note
INTRODUZIONE NORMATIVA
Legge 4 maggio 1983, n. 184 “Disciplina dell’adozione e degli affidamenti familiari”;
Vista la legge regionale n. 22 del 9 maggio 1986 “Riordino dei servizi e delle attività socio
assistenziali”;
Legge 27 maggio 1991, n. 176 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo
fatta a New York il 29 novembre 1989”;
Legge n. 476 del 31 dicembre 1998 - “Modifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela dei
minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale fatta all’Aia il 29 maggio 1993.
Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184 in tema di adozione di minori stranieri”;
Direttive interassessoriali del 16 giugno 2000, prot. n. 1274, Assessorato degli enti locali e prot. n.
905 Assessorato della sanità, sull’applicazione della legge n. 476/98;
Legge 18 agosto 2000, n. 267 “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”;
Vista la legge 8 novembre 2000, n. 328 “Legge Quadro per la realizzazione del sistema integrato di
interventi e servizi sociali”;
Protocollo d’intesa, sottoscritto in data 26 gennaio 2001 dall’Assessore per gli enti locali,
dall’Assessore per la sanità, dai presidenti dei tribunali per i minorenni della Sicilia e dagli enti
autorizzati, con il quale viene costituito il Coordinamento regionale per la progettazione e la
programmazione di interventi mirati alla soluzione di tutte le problematiche relative all’adozione
internazionale;
Legge 28 marzo 2001, n. 149 “Modifica alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante “Disciplina
dell’adozione e dell’affidamento dei minori, nonché al titolo 8° del Libro I del codice civile”;
Artt. 4 e 5 della legge n. 149/2001, che indicano l’affidamento familiare tra i servizi essenziali e
prioritari che la pubblica amministrazione deve garantire.
L’AZIONE DELLA REGIONE
A seguito della riunione tenutasi giorno 15 maggio 2002 da parte del Coordinamento regionale, è
stata approvata una proposta di integrazione alle direttive interassessoriali;
Nelle
direttiva “Legge n. 476/98 – Adozione Internazionale - Integrazione direttiva
interassessoriale nn. 1274-905 del 16 giugno 2000” prot. nn. 709-2763 del 30 luglio 2002 erano
previste sia la stipula di apposito protocollo d’intesa a livello distrettuale, fra i due servizi (sociale e
sanitario) al fine della completa collaborazione ed integrazione degli stessi su tutto il territorio
regionale, che la costituzione, presso l’Assessorato regionale degli enti locali, del Nucleo operativo
regionale (N.O.R.) con funzioni di supporto tecnico ai comuni capofila per la stipula del protocollo
d’intesa e conseguente attività di monitoraggio e verifica.
64
Fanno parte del Nucleo operativo regionale (N.O.R.) anche i rappresentanti dell’Assessorato degli
enti locali e dell’Assessorato della sanità, dell’equipe adozioni dei comuni di Caltanissetta, Catania,
Messina e Palermo in quanto comuni capofila e sedi dei tribunali per i minorenni della Sicilia.
Con il DASS n. 2906 /Serv.7/U.O. n. 4 del 18 settembre 2002 è stato istituito presso l’Assessorato
EE.LL. il Nucleo operativo regionale (N.O.R.) con i compiti di:
– supporto tecnico ai comuni capofila di ogni area distrettuale per la stipula protocollo d’intesa;
– attività di monitoraggio e verifica sull’applicazione della legge n. 476/98 in Sicilia;
Vista la legge regionale del 31 luglio 2003, n. 10 “Norme per la tutela e la valorizzazione della
famiglia”.
Con il DASS n. 2692/Serv. 13 del 27 novembre 2009 è stato istituito il Coordinamento regionale
sull’affidamento familiare (C.R.A.F.) presso l’Assessorato regionale della famiglia, delle politiche
sociali e delle autonomie locali al fine di assicurare la presenza di istituzioni interessale, nonché di
esperti provenienti dai tribunali per i minorenni responsabili dei centri affido dei comuni di
Caltanissetta, Catania, Messina e Palermo, con i compiti di:
1. mappatura delle risorse esistenti (CAD, servizi, operatori assegnati);
2. raccolta e monitoraggio dati sui minori in affidamento familiare e sulle risorse;
3. rilevazione delle modalità di funzionamento dei centri e servizi già attivati;
4. consulenza agli enti locali sulla costituzione dei CAD, sulle attività di servizio sul territorio, sulla
promozione dell’istituto dell’affido familiare, sulla formazione degli operatori, nonché su specifiche
problematiche inerenti l’affidamento familiare;
5. definizione delle responsabilità nel processo dell’affidamento familiare;
6. elaborazione di direttive, linee guida e circolari esplicative;
7. definizione di buone prassi anche relativamente alla gestione delle problematiche delle famiglie
d’origine dei minori;
8. promozione di iniziative volte a costituire tavoli di confronto tra i CAD che ricadono sul
medesimo territorio provinciale;
9. promozione di iniziative volte a favorire la stipula di protocolli d’intesa, accordi di programma e
protocolli operativi fra istituzioni e/o associazioni del privato sociale coinvolti dell’affido familiare;
10. sostegno delle azioni di promozione della cultura dell’accoglienza;
11. promozione di iniziative di formazione e aggiornamento degli operatori;
12. promozione di iniziative volte a favorire la possibilità di avvalersi di risorse familiari esterne
all’ambito comunale per l’affidamento dei minori.
Le materie che vengono trattate dal Nucleo operativo regionale (N.O.R.) sono complementari alle
materie afferenti il Coordinamento regionale affido familiare (CRAF) che mirano entrambi gli
organi alla soluzione di tutte le problematiche relative alla gestione dei minori sottoposti a
provvedimenti da parte dell’autorità giudiziaria sia in materia di affido che di adozione nazionale e
internazionale.
Viene istituito un unico organo, denominato Commissione per l’adozione e l’affidamento familiare
che unifichi le competenze del Nucleo operativo regionale (N.O.R.) con quelle del Coordinamento
regionale sull’affido familiare (C.R.A.F.);
Decreta:
Art. 1
Per le motivazioni specificate in premessa, è istituita la Commissione per l’adozione e l’affidamento
familiare che unisce le competenze del Nucleo operativo regionale (N.O.R.) per i problemi relativi
all’adozione internazionale, del Coordinamento regionale sull’affidamento familiare (C.R.A.F.) con
i seguenti compiti:
a) supporto tecnico ai comuni capofila di ogni area distrettuale per la stipula protocollo d’intesa;
b) attività di monitoraggio e verifica sull’applicazione della legge n. 476/98 in Sicilia;
c) mappatura delle risorse esistenti (CAD, servizi, operatori assegnati);
d) raccolta e monitoraggio dati sui minori in affidamento familiare e sulle risorse;
e) rilevazione delle modalità di funzionamento dei centri e servizi già attivati;
65
f) consulenza agli enti locali sulla costituzione dei CAD, sulle attività di servizio sul territorio, sulla
promozione dell’istituto dell’affido familiare, sulla formazione degli operatori, nonché su specifiche
problematiche inerenti l’affidamento familiare;
g) definizione delle responsabilità nel processo dell’affidamento familiare;
h) elaborazione di direttive, linee guida e circolari esplicative;
i) definizione di buone prassi anche relativamente alla gestione delle problematiche delle famiglie
d’origine dei minori;
j) promozione di iniziative volte a costituire tavoli di confronto tra i CAD che ricadono sul
medesimo territorio provinciale;
k) promozione di iniziative volte a favorire la stipula di protocolli d’intesa, accordi di programma e
protocolli operativi fra istituzioni e/o associazioni del privato sociale coinvolti dell’affido familiare;
l) sostegno delle azioni di promozione della cultura dell’accoglienza;
m) promozione di iniziative di formazione e aggiornamento degli operatori;
n) promozione di iniziative volte a favorire la possibilità
di avvalersi di risorse familiari esterne all’ambito comunale per l’affidamento dei minori.
Art. 2
La commissione per l’adozione e l’affidamento familiare è così composta:
– dirigente generale del Dipartimento della famiglia e delle politiche sociali;
– dirigente del servizio VI dell’Assessorato della famiglia e delle politiche sociali;
– 2 esperti di politiche sociali e familiari nominati dall’Assessore regionale per la famiglia, le
politiche sociali e il lavoro;
– 1 rappresentante dell’Assessorato della salute;
– 1 rappresentante dell’equipe adozioni e del Centro affidi del comune di Caltanissetta;
– 1 rappresentante dell’equipe adozioni e del Centro affidi del comune di Catania;
– 1 rappresentante dell’equipe adozioni e del Centro affidi del comune di Messina;
– 1 rappresentante dell’equipe adozioni e del Centro affidi del comune di Palermo;
– 1 rappresentante del Tribunale per i minorenni di Caltanissetta;
– 1 rappresentante del Tribunale per i minorenni di Catania;
– 1 rappresentante del Tribunale per i minorenni di Messina;
– 1 rappresentante del Tribunale per i minorenni di Palermo;
– 1 rappresentante dell’ASP di Caltanissetta;
– 1 rappresentante dell’ASP di Catania;
– 1 rappresentante dell’ASP di Messina;
– 1 rappresentante dell’ASP di Palermo;
– 1 unità organizzativa affidamento familiare del comune di Palermo;
– 1 rappresentante ANCI;
– 1 rappresentante dell’A.S.A.E.L.;
– 1 rappresentante dell’unione degli assessorati alle politiche socio sanitarie e del lavoro.
Art. 3
Le funzioni di segreteria e di coordinamento sono svolte dal servizio VI “Politiche familiari,
giovanili e per la tutela dei minori” del Dipartimento regionale della famiglia e delle politiche
sociali.
Art. 4
La durata in carica dei componenti della Commissione per l’adozione e l’affidamento familiare è di
quattro anni. La nomina quale componente della predetta commissione è a titolo gratuito e non è
previsto alcun rimborso da parte dell’Amministrazione regionale dal funzionamento dell’organo
medesimo.
DASS 22.10.14 - Avviso pubblico per la presentazione delle istanze da parte dei comuni della
Sicilia per la concessione di contributi per l’adeguamento di asili nido o micro nidi comunali e per il
66
sostegno ai costi di gestione del servizio di asilo nido o micro nido comunale finalizzato alla
riduzione delle rette a carico delle famiglie dei bambini iscritti. (GURS n. 49 del 21.11.14)
Articolo unico
Per i motivi di cui in premessa, è approvato l’allegato avviso pubblico, parte integrante del presente
provvedimento, avente come oggetto “Avviso pubblico per la presentazione delle istanze da parte
dei comuni della Sicilia per la concessione di contributi per l’adeguamento di asili nido o micro nidi
comunali e per il sostegno ai costi di gestione del servizio di asilo nido o micro nido comunale
finalizzato alla riduzione delle rette a carico delle famiglie dei bambini iscritti” quale iniziativa
prevista nell’ambito della programmazione regionale afferente l’utilizzo della quota del Fondo per
le politiche della famiglia a favore della Regione Sicilia, individuata dalla Intesa in sede di
Conferenza unificata rep. atti n. 48/CU del 19 aprile 2012, per l’integrazione del programma
straordinario dei servizi per la prima infanzia e la realizzazione di un programma che promuova e
sostenga la permanenza della persona anziana presso il proprio domicilio, in coerenza con le
indicazioni e gli obiettivi di servizio del QSN 2007/2013.
Allegato
Avviso pubblico per la presentazione delle istanze da parte dei comuni della Sicilia per la
concessione di contributi per l’adeguamento di asili nido o micro nidi comunali e per il
sostegno ai costi di gestione del servizio di asilo nido o micro nido comunale finalizzato alla
riduzione delle rette a carico delle famiglie dei bambini iscritti
Art. 1
Premessa
In data 4 marzo 2014 è stato sottoscritto dalla Regione siciliana e dal Dipartimento per le politiche
della famiglia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri un apposito accordo per
l’utilizzazione delle risorse afferenti il riparto della quota Fondo per le politiche per la famiglia
annualità 2011 per azioni in favore delle famiglie ad integrazione dei programmi straordinari di
implementazione dei servizi socio – educativi per la prima infanzia e azioni in favore degli anziani e
della famiglia previste dalla Intesa Conferenza unificata rep.48/CU del 19 aprile 2012.
Gli ambiti di intervento e le relative linee guida per l’utilizzazione del fondo in questione sono state
individuate, in adesione a quanto già indicato dalla stessa Intesa, con apposito documento di
programmazione sottoscritto dal dirigente generale di questo Dipartimento, dall’Assessore
protempore e dal presidente dell’ANCI Sicilia in data 31 gennaio 2014 e approvato con il D.A. n.
128 del 6 febbraio
2014.
Per quanto concerne la seconda linea di intervento prevista dall’Intesa, quella afferente i servizi
socio educativi per la prima infanzia (fascia 0-3 anni) sono state individuate alcune iniziative
coordinate a supporto delle attività di programmazione già avviate per l’incremento degli indicatori
afferenti gli obiettivi di servizio previsti per i servizi di cura per minori dalla delibera CIPE n.
82/2007.
Con il presente avviso si dispone l’attivazione della principale linea di intervento prevista
dall’Accordo per i servizi educativi per la prima infanzia, afferente il sostegno per i comuni dotati
di nido e/o micro nido comunale funzionale al consolidamento ed al miglioramento del servizio
reso e alla sua permanenza.
Art. 2
Oggetto dell’intervento
Oggetto dell’intervento saranno asili nido o micro nido comunali secondo due tipologie :
• contributo per interventi da predisporre sulla struttura edilizia.
• contributo straordinario per il sostegno delle spese di gestione finalizzato alla riduzione delle rette
a carico delle famiglie dei bambini iscritti.
Art. 3
67
Finalità e soggetti abilitati a presentare la domanda A. Contributo per interventi da predisporre sulla
struttura edilizia.
Gli interventi ammissibili previsti sono i seguenti ed andranno finanziati secondo il seguente ordine
di priorità:
1. lavori di ristrutturazione e/o adeguamento che rivestano carattere di urgenza in assenza dei quali
si pregiudichi il funzionamento del servizio e, quindi, si determini la sua chiusura;
2. riqualificazione e adeguamento degli spazi esterni parzialmente o totalmente inaccessibili, questi
ultimi aventi ovviamente la precedenza sui primi, soprattutto per motivi di sicurezza ai fini del loro
adeguamento agli standards strutturali regionali previsti per la tipologia dal D.P.R.S. n. 126/2013,
comprese le attrezzature necessarie.
Non potrà essere ovviamente richiesto il contributo per le sole attrezzature.
3. Adeguamento degli impianti alla normativa vigente e agli standards strutturali regionali previsti
per la tipologia dal D.P.R.S. n. 126/2013.
I soggetti beneficiari che potranno presentare istanza sono i comuni dell’Isola già dotati del servizio
funzionante di asilo nido o micro nido comunale.
B. Contributo straordinario per il sostegno delle spese di gestione finalizzato alla riduzione delle
rette a carico delle famiglie dei bambini iscritti
L’intervento riguarda la concessione di un contributo straordinario per il sostegno delle spese di
gestione a carico dei comuni finalizzato alla riduzione delle rette a carico delle famiglie dei bambini
iscritti.
I soggetti beneficiari che potranno presentare istanza sono i comuni dell’Isola già dotati del servizio
funzionante di asilo nido o micro nido comunale individuati quali strutturalmente deficitari ai sensi
dell’art. 242 del T.U.E.L. (D.Lgs. n. 267/2000) e con popolazione residente (ultimo dato ISTAT
disponibile) al di sopra dei 10.000 abitanti.
Ciascun comune potrà presentare una sola istanza e solo su una delle tue tipologie di intervento.
Solo nel caso della tipologia di intervento
A i comuni di Palermo, Catania e Messina, considerata la dimensione territoriale e la quantità dei
soggetti residenti nella fascia d’età oggetto dell’intervento, potranno al massimo presentare due
istanze.
Art. 4
Entità massima del contributo
Il presente avviso presenta una dotazione finanziaria pari ad € 1.600.000,00.
Sia per la tipologia di intervento A che per quella B il contributo massimo concedibile è di €
80.000,00.
Per la tipologia A sono riservate risorse per €1.200.000,00 mentre per la tipologia B sono riservate
le rimanenti risorse per € 400.000,00.
Le eventuali economie registrate su una tipologia potranno essere utilizzate per l’altra.
Nella considerazione che il Dipartimento per le politiche della famiglia Presidenza del Consiglio dei
Ministri, competente per il Fondo in questione, ha disposto l’accreditamento della somma di €
1.281.300,00, di cui € 960.000,00 disponibile per l’iniziativa in questione, quale 60% della quota
prevista per la Regione siciliana così come previsto dall’art. 4 dell’Accordo, il presente avviso avrà
quale
immediata copertura finanziaria la succitata somma disponibile fermo restando lo scorrimento dei
progetti selezionati ad avvenuto accreditamento del rimanente 40% del Fondo.
Art. 5
Documentazione da presentare
Per la tipologia A “Contributo per interventi da predisporre sulla struttura edilizia”:
1) istanza a firma del rappresentate legale del comune dove si specifichi l’entità del contributo
richiesto e l’eventuale quota di cofinanziamento;
2) atto deliberativo della Giunta comunale di approvazione della iniziativa;
68
3) progetto di livello definitivo delle opere da realizzare. In caso di interventi di riqualificazione
degli spazi esterni che prevedano forniture dovrà essere redatto in allegato al progetto apposito
computo separato per tali forniture nonché un elaborato planimetrico con la individuazione di tali
attrezzature.
4) parere tecnico di legge rilasciato dal RUP sul progetto dal quale si evinca il livello progettuale;
5) delibera o determina di ratifica amministrativa del progetto con impegno formale alla copertura
di eventuale cofinanziamento. In caso di deliberazione la stessa potrà essere congiunta a quella di
cui al punto 2);
6) relazione a cura del funzionario responsabile in merito al servizio di nido o micro nido reso
nell’anno educativo ultimo trascorso dal qual si evinca:
a) il numero di iscritti;
b) il numero di personale e la qualifica, specificando quale comunale e quale in convenzione;
c) giorni di apertura e orari;
d) le attività svolte e il progetto educativo, specificando eventuali servizi aggiuntivi. Nel caso di
interventi di cui al punto 2 dell’art. 3 (Riqualificazione spazi esterni) bisognerà riportare e
evidenziare le nuove attività connesse alla completa fruizione degli spazi;
e) costo del servizio, entità e modalità di individuazione delle tariffe e della graduatoria per
l’accesso al servizio;
f) in caso di intervento di cui al punto 1 dell’art. 3 (Lavori di ristrutturazione e/o adeguamento che
rivestano carattere di urgenza) relazione resa in forma di attestazione da parte del funzionario
responsabile del servizio competente e sottoscritta dal legale rappresentante in merito alla urgenza
dei lavori e alla loro indifferibilità con grave pregiudizio per il funzionamento del servizio e, quindi,
il rischio della sua chiusura;
g) in casi di intervento di cui al punto 2 dell’art. 3 (Riqualificazione spazi esterni) relazione resa in
forma di attestazione da parte del funzionario responsabile del servizio competente e sottoscritta dal
legale rappresentante in merito alla parziale o totale inaccessibilità e fruibilità degli spazi esterni
specificandone le cause e rappresentando le condizioni di non sicurezza.
A. Per la tipologia B “Contributo straordinario per il sostegno delle spese di gestione”:
1) istanza a firma del rappresentate legale del comune dove si specifichi l’entità del contributo
richiesto e l’eventuale quota di cofinanziamento;
2) atto deliberativo della Giunta comunale di approvazione della iniziativa;
3) certificazione di strutturale deficitarietà del comune afferente gli esiti del penultimo conto
consuntivo, causa di tale deficitarietà.
Tale certificazione e, quindi, tale condizione verrà verificata dai dati presenti nel sito del Ministero
dell’interno:
4) formale impegno del rappresentante legale in merito al mantenimento in funzione del servizio e
relazione in merito alle modalità di riduzione delle tariffe previste per le famiglie mediante
l’utilizzazione del contributo richiesto;
5) relazione a cura del funzionario responsabile in merito al servizio di nido o micro nido reso
nell’anno educativo ultimo trascorso dal qual si evinca:
a) il numero di iscritti;
b) il numero di personale e la qualifica, specificando quale comunale e quale in convenzione;
c) giorni di apertura e orari;
d) le attività svolte e il progetto educativo, specificando eventuali servizi aggiuntivi;
e) costo del servizio, entità e modalità di individuazione delle tariffe e della graduatoria per
l’accesso al servizio;
Sia per la tipologia A che per la B l’assenza di uno dei documenti o dei contenuti richiesti costituirà
causa di inammissibilità.
Art. 6
Modalità di presentazione della istanza
69
Le istanze, corredate da tutta la documentazione tecnica ed amministrativa necessaria, dovranno
pervenire entro e non oltre 60 giorni alle ore 13.30 presso il Dipartimento della famiglia e delle
politiche sociali in busta chiusa e saranno indirizzate al servizio 4° “Investimenti a sostegno delle
politiche socio-assistenziali e socio-educative”, Assessorato della famiglia, delle politiche sociali e
del lavoro, via
Trinacria n. 34/36 , Palermo con la dicitura “Avviso pubblico per la presentazione delle istanze da
parte dei comuni della Sicilia per la concessione di contributi per l’adeguamento di asili nido o
micro nidi comunali e per il sostegno ai costi di gestione del servizio di asilo nido o micro nido
comunale”.
Ai fini del rispetto del suddetto termine non farà fede il timbro postale bensì il timbro datario
apposto sulla busta dall’ufficio dell’URP del Dipartimento con l’aggiunta dell’orario se la busta sarà
pervenuta l’ultimo giorno utile. Laddove l’ultimo giorno utile dovesse cadere di sabato o domenica
la scadenza verrà ovviamente postergata rispettivamente ai due giorni o un giorno successivo.
Ogni comune può presentare una sola istanza e per una sola delle due fattispecie oggetto
dell’avviso. Solo nel caso della tipologia di intervento A i comuni di Palermo, Catania e Messina,
considerata la dimensione territoriale e la quantità dei soggetti residenti nella fascia d’età oggetto
dell’intervento, potranno al massimo presentare due istanze.
Non sarà ammessa integrazione di documentazione alla scadenza del suddetto termine.
Art. 7
Modalità di selezione delle istanze
Le modalità di selezione sia per la tipologia A che per la B saranno legate ai due seguenti criteri :
a) maggiore valore del rapporto percentuale tra i bambini iscritti all’ultimo anno educativo trascorso
(2013/2014) alla data del 31 dicembre e i bambini residenti nella fascia d’età 0-2 anni come da
ultimo dato ISTAT disponibile;
b) a parità di valore percentuale sulla presa in carico si adotterà il maggiore valore del rapporto
percentuale tra il numero dei bambini residenti nella fascia d’età 0-2 anni e la popolazione
residente, entrambi dall’ultimo dato ISTAT disponibile.
Tutto l’iter istruttorio compreso la formulazione di un piano di finanziamento e le successive fasi di
decretazione e accreditamento sarà a cura del servizio 4° di questo Dipartimento.
Per le due fattispecie oggetto del contributo saranno predisposti due elenchi approvati con decreto
dirigenziale.
Entro giorni 10 dalla notifica dell’ammissione dei progetti ogni comune dovrà far pervenire la
formale accettazione del contributo di cui al presente avviso, pena la perdita del beneficio.
NON AUTOSUFFICIENTI
LOMBARDIA
DCR 4.11.14 - n. X/505 - Mozione concernente il taglio di cento milioni di euro al fondo per le
non autosufficienze (BUR n. 47 del 17.11.14)
“Il Consiglio regionale della Lombardia
premesso che
−−il Fondo Nazionale per le non Autosufficienze (FNA) per il 2014 è stato finanziato con 275
milioni di euro ai quali si sono aggiunti ulteriori 75 milioni destinati esclusivamente in favore degli
interventi di assistenza domiciliare per le persone affette da disabilità gravi e gravissime;
−−Regione Lombardia, con i provvedimenti di riparto del fondo nazionale per le non
autosufficienze, e in particolare con la deliberazione della Giunta regionale 27 settembre 2013, n.
740, ha approvato il programma operativo regionale in materia di gravi e gravissime disabilità
destinando risorse finalizzate a garantire la permanenza a domicilio e nel proprio contesto di vita
delle persone in condizione di dipendenza vitale e che necessitano di assistenza continua nelle 24
ore;
70
−−nell’ambito del citato provvedimento, è stato stabilito di destinare il 35 per cento del FNA,
implementato di 3.500.000 euro, di provenienza dal fondo sanitario regionale per garantire la
realizzazione degli interventi a favore delle persone affette da malattie del motoneurone, ivi compresa la sclerosi laterale amiotrofica, o in stato vegetativo, stimate in 670;
preso atto che
nella Legge di stabilità 2015, lo stanziamento del fondo nazionale per le non autosufficienze, ivi
incluso quello per la vita indipendente nonché quello a sostegno delle persone affette da sclerosi
laterale amiotrofica, è stato ridotto da 350 a 250 milioni;
dato atto che
−−tale riduzione lascia senza aiuto e sostegno migliaia di malati e famiglie, già provati dalle
difficoltà, anche economiche, determinate dalle malattie, con pesanti ricadute sociali andando a
incidere pesantemente sulla qualità della vita dei disabili;
−−per effetto del taglio dei fondi i malati gravi, non autosufficienti, non avrebbero più il sostegno
per l’assistenza e cura domiciliare e in molti casi sarebbero costretti a rivolgersi alla rete ospedaliera
e assistenziale con un conseguente aumento dei costi a carico del Sistema Sanitario Nazionale
(SSN);
considerato che
il fondo per le non autosufficienze è fondamentale per garantire un sostegno per l’assistenza
domiciliare a migliaia di malati gravi e non autosufficienti, tra cui le 6000 persone che in Italia sono
affette da SLA, che per far fronte ai bisogni complessi derivanti dalle loro gravi condizioni psicofisiche sono bisognosi di assistenza vigile da parte di terza persona per garantirne l‘integrità psicofisica;
impegna la Giunta regionale
ad attivarsi tempestivamente in sede di Conferenza Stato-Regioni contro il taglio del fondo per le
non autosufficienze e per l’integrazione dello stanziamento previsto
DGR 14.11.14 - n. X/2655 - Programma operativo regionale in materia di gravissime disabilità in
condizione di dipendenza vitale, di cui al fondo nazionale per le non autosufficienze anno 2014.
Prime determinazioni.(BUR n. 47 del 17.11.14)
Note
INTRODUZIONE NORMATIVA
L.r.6 dicembre 1999, n.23 «Politiche regionali per la famiglia» che all’art.4, comma 12, prevede il
sostegno e la valorizzazione dell’assistenza a domicilio in tutti i settori di intervento sociale e
sanitario, come metodologia e come intervento specifico alternativo all’istituzionalizzazione;
L.r.5 gennaio 2000, n.1 «Riordino del sistema delle autonomie in Lombardia: Attuazione del d.lgs.31
marzo 1998, n.112»;
L.r.12 marzo 2008, n.3 «Governo della rete degli interventi e dei servizi alla persona in ambito
sociale e sociosanitario», e successive modificazioni con l.r.n.2/2012, in particolare:
−l’art.2, comma 1, lettere g) e h) che valorizza e sostiene il ruolo della famiglia anche per la cura
della persona e promuove interventi volti a favorire la permanenza di persone fragili nel proprio
contesto abituale di vita;
−−l’art.10, comma 1, che individua nei titoli sociali e sociosanitari gli strumenti volti a sostenere la
permanenza a domicilio delle persone fragili e a riconoscere l’impegno diretto delle reti familiari
nell’assistenza continuativa;
L.r.30 dicembre 2009, n.33 «Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità»;
DCR .17 novembre 2010, n.88 di approvazione del «Piano Socio Sanitario Regionale 2010/2014»
(PSSR) al capitolo «La rete dei servizi socio sanitari e territoriali», richiama la necessità
dell’approccio multidisciplinare per la lettura dei bisogni complessi delle persone fragili per
promuovere risposte orientate alla presa in carico complessiva della persona e della sua famiglia e
individua tra le azioni prioritarie quella di favorire la permanenza delle persone fragili nel proprio
ambiente di vita.
71
La DGR.15 dicembre 2010, n.983 di adozione del Piano d’Azione Regionale per le politiche in
favore delle persone con disabilità 2010/2020 che individua tra gli obiettivi generali, da perseguire
nell’area della salute e dell’assistenza, quello relativo al sostegno alla famiglia nell’accoglienza e
nella cura.
Delibere della Giunta regionale in materia di interventi a favore di persone in Stato Vegetativo e
per le non autosufficienze:
−−DGR.4 agosto 2011, n.2124 «Linee di indirizzo per l’assistenza di persone in stato vegetativo:
sperimentazione e finanziamento a carico del Fondo Sanitario» che ha fissato a 10 il punteggio
massimo assegnabile con la Glasgow Coma Scale per indicare la condizione di stato vegetativo»;
−−DGR.25 ottobre 2012, n.4222 «Approvazione delle Linee guida propedeutiche agli indirizzi per
l’assistenza a persone in stato vegetativo nelle unità di offerta socio sanitarie»;
−−DGR.27 settembre 2013, n.740 «Approvazione del Programma operativo regionale in materia di
gravi e gravissime disabilità di cui al Fondo Nazionale per le Non Autosufficienza Anno 2013 e alla
d.g.r.n.590/2013.Determinazioni conseguenti».
Richiamati inoltre i seguenti provvedimenti assunti nell’attuale X Legislatura:
DCR.9 luglio 2013, n.78 «Programma regionale di sviluppo della X Legislatura» (PRS) che richiama
la necessità di una rinnovata attenzione alle modalità di sostegno alla famiglia, al suo ruolo sociale e
ai diversi bisogni dei suoi componenti, soprattutto in presenza di particolari situazioni di disabilità
che impegnano le famiglie in modo considerevole sia dal punto di vista delle cure sia da quello
economico;
DGR.14 maggio 2013, n.116 «Determinazioni in ordine all’istituzione del fondo regionale a
sostegno della famiglia e dei suoi componenti fragili: atto d’indirizzo» che prevede di tutelare il
benessere di tutti i componenti della famiglia, agevolando e sostenendo armoniose relazioni
familiari, pur in presenza di problematiche complesse derivanti da fragilità, ed individua, tra i
destinatari prioritari degli interventi, persone con gravi e gravissime disabilità e persone anziane
fragili e non autosufficienti, in condizione di dipendenza, totale o parziale, dall’accudente per le
funzioni vitali e primarie;
DGR.20 dicembre 2013, n.1185 «Determinazioni in ordine alla gestione del servizio socio sanitario
regionale per l’esercizio 2014», in particolare l’Allegato 4 relativo all’ambito socio sanitario.
La succitata DGR .n.116/2013 è volta:
−−ad orientare le politiche verso interventi che sappiano rispondere al recente trend evolutivo della
domanda con esigenze di maggiore flessibilità e qualità, indirizzata ad una rete di sostegno ed aiuto
alle persone fragili e alle loro famiglie, con l’obiettivo di favorire la loro permanenza al domicilio e
valorizzare il ruolo che già la famiglia svolge nella cura e nell’accudimento dei propri famigliari;
−−ad ampliare la programmazione delle reti di Unità d’Offerta e sviluppare le reti di prossimità,
costituite da un complesso di risorse professionali, organizzative e di servizi dedicati a farsi carico
delle persone fragili nei loro contesti di vita;
−−ad accompagnare le persone e le loro famiglie, durante le diverse fasi della vita, con una
realizzazione articolata e flessibile degli interventi, attenta ai bisogni ed alle domande da esse poste;
−−ad offrire risposte prioritariamente orientate alle persone fragili che non accedono alla rete
d’offerta sociosanitaria o che da essa ricevono risposte parziali o frammentarie rispetto ai bisogni
espressi, e ciò anche al fine di garantire un’azione di manutenzione alla rete dei servizi in relazione
allo sviluppo della diversificazione dei bisogni;
Dato atto altresì che la citata la d.g.r.n.1185/2013 individua la Cabina di regia e la valutazione
multidimensionale quali strumenti fondamentali per l’attivazione di azioni integrate, che possano
concretamente favorire uno stretto raccordo tra ASL e Comuni/ Ambiti territoriali e coordinamento
delle attività e degli interventi.
L’art.1 della legge n.296/2006, e in particolare il comma 1264 istituisce un fondo denominato
«Fondo per le non autosufficienze» e il comma 1265 dispone che gli atti e i provvedimenti
concernenti l’utilizzazione del Fondo per le non autosufficienze sono adottati dal Ministro della
solidarietà sociale, di concerto con il Ministro della salute, con il Ministro delle politiche per la
72
famiglia e con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza
unificata di cui all’art.8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281.
Il decreto interministeriale del 7 maggio 2014 «Ripartizione delle risorse finanziarie affluenti al
Fondo per le non autosufficienze, per l’anno 2014», pubblicato sulla G.U.n.214 del 15 settembre
2014, ha disposto le complessive risorse, pari ad euro 340 milioni, attribuite alle Regioni, di cui
alla Lombardia la quota di € 51.714.000, per le finalità di cui all’art.2, del medesimo decreto, nel
rispetto dei modelli organizzativi regionali, per la realizzazione di prestazioni, interventi e servizi
assistenziali nell’ambito dell’offerta integrata di servizi sociosanitari in favore di persone non
autosufficienti, individuando le aree prioritarie di intervento;
−−l’Accordo sancito in sede di Conferenza Unificata il 5 agosto 2014 «Accordo, ai sensi
dell’articolo 3, comma 2, del decreto interministeriale 7 maggio 2014 di riparto del Fondo
Nazionale per le non autosufficienze, annualità 2014, per la definizione di disabilità gravissima e il
connesso utilizzo delle risorse del Fondo per le non autosufficienze» stabilisce che le Regioni
devono destinare una quota non inferiore al 40% delle risorse assegnate per interventi a favore di
persone in condizione di disabilità gravissima, così definite: «persone in condizione di dipendenza
vitale che necessitano a domicilio di assistenza continuativa e monitoraggio di carattere
sociosanitario nelle 24 ore, per bisogni complessi derivanti dalle gravi condizioni psicofisiche, con
la compromissione delle funzioni respiratorie, nutrizionali, dello stato di coscienza, privi di
autonomia motoria e/o comunque bisognosi di assistenza vigile da parte di terza persona per
garantirne l’integrità psico-fisica».
Il citato decreto interministeriale prevede, all’art.5, che le Regioni adottino un piano per
l’attuazione degli interventi di cui al comma 1 dell’art.2 e che il Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali procederà all’erogazione delle risorse spettanti a ciascuna regione una volta
valutata la coerenza del predetto piano con le finalità di cui all’art.2.
L’AZIONE DELLA REGIONE
La Direzione Generale Famiglia, Solidarietà Sociale e Volontariato ha inoltrato il 3 settembre
2014, al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, la proposta di «Piano attuativo Regione
Lombardia – Fondo Nazionale per le Non Autosufficienze 2014» proponendo di destinare una quota
del 45%, pari ad € 23.271.300, superiore alla percentuale indicata dal citato Accordo del 5 agosto
2014 e che successivamente il Ministero ha dato comunicazione di approvazione.
Il decreto interministeriale per il FNA 2014, art 4 «Integrazione socio sanitaria», in ottica di risposta
complessiva ed unitaria ai bisogni delle persone non autosufficienti, richiama la necessità di
flessibilità delle risposte e di integrazione delle risorse ancorché derivanti da fonti diverse di
finanziamento al fine di assicurare un budget di cura coerente con i bisogni della persona e della sua
famiglia;
La DGR n.740/2013, in armonia con gli elementi caratterizzanti il budget di cura, aveva stabilito con
il Programma operativo regionale FNA 2013, di integrare le risorse del FNA con le risorse derivanti
dal Fondo Sanitario Regionale per la realizzazione della Misura B1 a favore delle persone con
disabilità gravissime;
−−il Piano regionale FNA 2014 realizza le misure e) ed f) dell’art.2 del citato decreto
interministeriale, individua in buoni e voucher gli strumenti per compensare economicamente le
prestazioni di cura che vengono rese direttamente dai famigliari o acquistate da assistenti personali quali forme di autosoddisfacimento dei bisogni di cura - oppure per l’acquisto di interventi a
sostegno del mantenimento a domicilio della persona fragile e a complemento dell’assistenza
domiciliare (es.ricoveri di sollievo, prestazioni complementari al Servizio di Assistenza
Domiciliare).
LA DISPOSIZIONE
Viene approvato il «Piano attuativo Regione Lombardia – Fondo Nazionale per le Non
Autosufficienze 2014»;
73
Viene altresì approvata la prima parte del «Programma operativo regionale – FNA 2014«,
relativamente alla Misura B1 per le persone con disabilità gravissima in dipendenza vitale che sarà
realizzata attraverso le ASL, di cui all’Allegato B, parte integrante e sostanziale del presente atto.
I criteri definiti per la valutazione della condizione di dipendenza vitale, coerenti con quanto
disposto dalla normativa ministeriale per il FNA 2014, indicati nel citato Allegato B, sostituiscono i
precedenti criteri stabiliti con la d.g.r.n.740/2013 riferita al FNA 2013.
Viene data continuità ai progetti afferenti alla Misura B1 ex d.g.r.n.740/2013 approvati alla data del
31 ottobre 2014, in considerazione della fase di prima applicazione dell’esercizio intercorso.
Viene rinviata a successivo provvedimento della Giunta regionale l’approvazione della seconda
parte del «Programma operativo regionale –FNA 2014», relativamente alla Misura B2 che sarà
realizzata attraverso i Comuni/Ambiti territoriali.
Sono integrate le risorse di € 23.271.300, derivanti dal FNA, con € 10.000.000, di provenienza dal
Fondo Regionale socio sanitario a sostegno della famiglia e dei suoi componenti fragili costituito
con la citata d.g.r.n.116/2013, per sostenere le persone con i voucher indicati nel citato Allegato B;
Sono ripartite le risorse disponibili come segue:
• euro 23.271.300 derivanti dal FNA: una quota pari al 50% in relazione al numero di persone che
hanno beneficiato del Buono della Misura B1 ex d.g.r.n.740/2013 e una quota pari al 50% in
relazione alla popolazione residente con età inferiore a 65 anni;
• euro 10.000.000 derivanti dal Fondo Regionale socio sanitario a sostegno della famiglia e dei suoi
componenti fragili: una quota pari al 35% in relazione al numero di minori che hanno beneficiato
del Buono della Misura B1 ex d.g.r.n.740/2013 e una quota pari al 65% in relazione al numero di
adulti e anziani che hanno beneficiato del Buono della Misura B1 ex d.g.r.n.740/2013;,
ALLEGATO A
FONDO PER LE NON AUTOSUFFICIENZE 2014 PIANO ATTUATIVO REGIONE
LOMBARDIA
PREMESSA
L’incremento dell’incidenza delle malattie croniche e degenerative, l’invecchiamento della
popolazione, l’aumento dell’aspettativa di vita, la presenza delle diverse comorbosità e la loro
dinamica interazione nel processo disabilitante, che diventano particolarmente rilevanti in età
anziana, configurano un quadro differenziato di bisogni, in alcune situazioni di particolare
complessità, che sollecitano al sistema sanitario, socio sanitario e sociale un sforzo rilevante in
termini di risorse umane ed economiche, senza dimenticare che tali bisogni richiedono alle famiglie
impegni assistenziali, psicologici e finanziari assolutamente nuovi e che spesso disarticolano l’organizzazione della quotidianità familiare.
In talune situazioni, ma soprattutto nelle persone di età avanzata, lo stato di cronicità si accompagna
alla condizione di fragilità che intreccia sia gli aspetti clinici legati alla patologia, sia le risorse
fisiche (aspetti funzionali delle attività corporee e della vita quotidiana), psicologiche (risorse
cognitive, emotive e comportamentali) e sociali (relazioni con gli altri, apertura all’esterno,
interazione con l’ambiente, adattabilità e socialità).La fragilità dunque è una condizione
particolarmente frequente e provoca un conseguente rapido deterioramento dello stato di salute, che
non è completamente spiegabile sulla base di una patologia specifica, anche se ovviamente malattia
e scompenso funzionale si sovrappongono ed interagiscono reciprocamente con la fragilità.
In Lombardia ci sono oltre 2 milioni di anziani con più di 65 anni, le persone con più di 75 anni
sono 971.931 e rappresentano i 10% della popolazione lombarda che conta 9.700.881 di abitanti.Si
può stimare che le persone anziane (maggiori di 65 anni) non autosufficienti e/o fragili siano circa
380.000.A questi si aggiungono circa 310.000 persone con disabilità, corrispondenti al 3,1% della
popolazione residente, di cui circa 26.000 minori (fonte: elaborazione su popolazione lombarda
2012, assumendo dato prevalenza disabilità da “Indagine multiscopo” ISTAT 2005), di queste le
persone con grave/gravissima disabilità è stimabile, sulla base dei dati INPS, in 37.825 persone di
cui 4.831 minori.
74
In tale contesto, in questi ultimi anni è stata posta particolare attenzione al tema delle disabilità
gravissime, anche in considerazione del fatto che il progresso della medicina in campo
farmacologico e tecnologico, coniugato con il miglioramento della qualità dell’assistenza erogata
attraverso i servizi sociosanitari e sociali, ha favorito un prolungamento dell’aspettativa di vita
anche di persone ad alta fragilità.
Il concetto di “disabilità gravissima”, definita dal Decreto Interministeriale relativo al Fondo
Nazionale per le Non Autosufficienze per l’anno 2014, quale condizione di dipendenza vitale di
persone che necessitano a domicilio di assistenza continua nelle 24 ore, non coincide con quella che
esita dalla valutazione della Commissione di accertamento dello stato di invalidità civile, né con
quella per il riconoscimento dell’handicap grave ai sensi della L.104/1992.La Commissione per
l’invalidità civile riconosce l’indennità di accompagnamento alle persone che non sono in grado di
compiere gli atti quotidiani della vita, oppure si trovano nell’impossibilità di deambulare senza
l’aiuto permanente di un accompagnatore.È evidente che tali condizioni non equivalgono alla
“dipendenza vitale”.
Gli interventi, da sostenere con le risorse del Fondo Non Autosufficienza per l’anno 2014, saranno
attivati attraverso le ASL ed i Comuni a favore di persone non autosufficienti e persone con
disabilità gravissima per favorirne la permanenza a domicilio.I beneficiari saranno individuati
attraverso la valutazione multidimensionale effettuata dalle équipe pluriprofessionali attivate in ogni
ASL del territorio regionale che sono anche incaricate di stendere i piani personalizzati.Nel corso
del 2014 con risorse regionali è stato predisposto un piano formativo, che ha coinvolto oltre 700
operatori, per l’addestramento all’uso della scala di valutazione InterRai Home care adottata dalla
Regione come nuovo strumento omogeneo di valutazione multidimensionale, scala che entrerà
formalmente in vigore dal gennaio 2015 in sostituzione dello strumento attualmente in uso.
In Lombardia il Distretto sanitario coincide con l’Ambito territoriale dei Comuni fin dalla loro
costituzione, ciò ha consentito e consente una programmazione degli interventi sociali, di
competenza dei Comuni, in integrazione con quella sociosanitaria di competenza delle ASL,
facilitando pertanto una presa in carico integrata della persona, da un lato, ed un uso razionale e
coordinato delle risorse, dall’altro.A tal proposito si evidenzia che con DGR n.326/2013 è stato
definita la costituzione in ogni ASL di una “Cabina di regia” per promuovere l’integrazione
istituzionale tra ASL e Comuni; la Cabina di Regia è il luogo ove garantire la programmazione, il
governo, il monitoraggio e la verifica degli interventi sociosanitari e sociali erogati da ASL e
Comuni, singoli o associati, nelle aree comuni di intervento.
Tutte le azioni sopra descritte, e quelle che saranno realizzate con il FNA 2014 e di seguito
delineate, si armonizzano con quelle già attivate da Regione Lombardia con i provvedimenti
attuativi della DGR 14 maggio 2013, n.116 “Determinazioni in ordine all’istituzione del Fondo
regionale a sostegno della famiglia e dei suoi componenti fragili: atto di indirizzo”, che ha delineato
le priorità delle politiche regionali di Welfare riguardanti il sostegno innanzitutto delle persone e
delle famiglie con fragilità, considerando la dinamicità dei bisogni e la necessità di individuare
risposte appropriate e flessibili, mirate ad assicurare la permanenza delle persone fragili nel loro
contesto socio familiare di vita e a valorizzare i compiti di assistenza e cura della famiglia.
PERSONE CON DISABILITA’
BASILICATA
L.R. 12.11.14, n. 34 - Modifiche ed integrazioni alla l.r. 18 agosto 2014, n. 26, art. 17 recante
“riordino delle norme in materia di cecità.modifiche ed integrazioni all’art. 16 della legge regionale
16 aprile 2013, n. 7” (BUR n. 44 del 16.11.14)
Art. 1
Modifiche ed integrazioni all’articolo 17 della legge regionale 18 agosto 2014, n. 26
1. Al comma 3 dell’art. 17 della legge regionale 18 agosto 2014, n. 26, è aggiunto il seguente
periodo: “Il contributo è erogato attraverso l’Azienda Sanitaria di Potenza”.
75
2. Il comma 4 dell’art. 17 della legge regionale n. 26/2014 è così sostituito:
“4. La Giunta regionale definisce modalità e criteri di erogazione del contributo di cui al comma
3.”.
3. I commi 5 e 6 dell’art. 17 della legge regionale n. 26/2014 sono abrogati.
4. Al comma 7 dell’art. 17 della legge regionale n. 26/2014 le parole “il Dipartimento interaziendale
di oculistica” sono sostituite dalle seguenti: “l’Azienda Sanitaria Locale di Potenza, sentito il
Dipartimento interaziendale regionale,”.
Art. 2
Abrogazioni
1.
Sono abrogate la legge regionale 16 giugno 2003, n. 22; l’art. 32 della legge regionale 30
dicembre 2009, n. 42; l’art. 27 della legge regionale 30 dicembre 2011 n. 26; l’art. 16 della legge
regionale 16 aprile 2013, n. 7 e tutte le disposizioni incompatibili con la presente legge.
FRIULI V.G.
DGR 24.10.14, n. 1967 - LR 8/2012 norme in materia di terapie e attività assistite con gli animali
(Pet Therapy) art. 5: approvazione “Linee guida per gli interventi assistiti con gli animali (IAA)
della Regione Friuli Venezia Giulia”. (BUR n. 47 del 19.11.14)
Note
L’Accordo 6 febbraio 2003 tra il Ministro della Salute, le regioni e le province autonome di Trento e
Bolzano “in materia di benessere degli animali da compagnia e Pet Therapy” all’articolo 9,
attribuisce alle regioni e province autonome il compito di “agevolare una più ampia diffusione dei
nuovi orientamenti clinico-terapeutici con i cani per disabili e con le tecniche della pet-therapy,
adottando iniziative intese ad “agevolare il mantenimento del contatto delle persone, anziani e
bambini in particolare, siano esse residenti presso strutture residenziali, quali case di riposo e
strutture protette o ricoverate presso Istituti di cura, con animali da compagnia di loro proprietà o
con animali comunque utilizzabili per la pet-therapy”;
La DGR n. 1317 del 01/06/2007 che ha approvato il documento concernente “Indicazioni per
l’applicazione nella Regione Friuli Venezia Giulia dello “Schema di accordo tra il Ministro della
Salute, le Regioni e le province Autonome di Trento e Bolzano in materia di benessere degli animali
da compagnia e pet -therapy”;
La legge regionale 12 aprile 2012 n. 8 “Norme in materia di terapie e attività assistite con gli
animali (pet therapy) che:
• all’art. 1 definisce e promuove la terapia assistita con gli animali (TAA) e l’attività assistita con gli
animali (AAA), riconoscendone il valore terapeutico e riabilitativo, sancendone gli ambiti
applicativi e le modalità di intervento e stabilisce i parametri da adottare al fine di assicurare il
benessere psicofisico dei fruitori dell’intervento terapeutico o ludico-ricreativo e la salute e il
benessere degli animali coinvolti;
• all’art. 4 istituisce la Commissione regionale per le terapie e le attività assistite con gli animali;
• all’art 5 dispone che “La Commissione predispone linee guida per definire e uniformare le buone
pratiche nel campo delle terapie assistite con gli animali (TAA) e delle attività assistite con gli
animali (AAA), da sottoporre all’approvazione della Giunta regionale”;
Visto il decreto n. 802/VETAL del 20/09/2013 che, ai sensi dell’art. 4 comma 3 della L.R 8/2012,
ha costituito la Commissione regionale per le terapie e le attività assistite con gli animali.
Negli ultimi decenni la relazione uomo-animale si è sostanzialmente modificata e si è affermata la
consapevolezza che le persone possono trarre notevoli giovamenti da tale relazione e gli animali
domestici possono svolgere anche un importante ruolo di mediatori nei processi educativi e
terapeutico-riabilitativi.
Gli interventi assistiti con gli animali devono essere improntati su rigorosi criteri scientifici e sul
rispetto della legislazione vigente e richiedono, pertanto, l’applicazione di protocolli che
contemplino la presa in carico del paziente/utente, la stesura di un progetto, la definizione degli
76
obiettivi, la verifica periodica dei risultati raggiunti e la capacità di lavorare in équipe da parte di
specialisti che spesso appartengono ad ambiti scientifici e culturali molto diversi.
In diversi ambiti sia pubblici che privati sono diffuse le terapie assistite con gli animali (TAA) e le
attività assistite con gli animali (AAA), il Ministero della Salute, in collaborazione con il Centro di
Referenza Nazionale per gli Interventi Assistiti con gli Animali, ha predisposto un gruppo
interregionale, a cui anche questa Regione ha partecipato, per avviare un percorso di riflessione
etico, deontologico e giuridico al fine della predisposizione di linee guida nazionali per le IAA
(Interventi Assistiti con gli Animali).
La Commissione regionale ha predisposto un documento inerente “Linee Guida per gli interventi
assistiti con gli animali (IAA) della Regione Friuli Venezia Giulia” con l’obiettivo di standardizzare
i protocolli operativi degli interventi assistiti con gli animali e di armonizzare l’attività degli
operatori che svolgono questo tipo di intervento al fine di tutelare sia il paziente/utente che
l’animale impiegato.
Sono approvate, per le motivazioni espresse in premessa che qui si intendono integralmente
riportate, l’Allegato A “Linee Guida per gli interventi assistiti con gli animali (IAA) della Regione
Friuli Venezia Giulia” (a cui si rinvia.
LOMBARDIA
DCR 4.11.14 - n. X/509 - Mozione concernente il sostegno appello per la revisione del
«Nomenclatore tariffario di protesi, ortesi e ausili - D.m. 332/99» (BUR n. 47 del 17.11.14)
“Il Consiglio regionale della Lombardia. (BUR n. 47 del 17.11.14)
premesso che
−−la fornitura di ausili alle persone disabili è a tutt’oggi disciplinata dal decreto del Ministro della
Sanità n. 332/1999 «Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili
nell’ambito del Servizio sanitario nazionale: modalità di erogazione e tariffe», provvedimento che
indica nel dettaglio le categorie di persone che hanno diritto all’assistenza protesica, le prestazioni
che comportano l’erogazione dei dispositivi riportati negli elenchi 1, 2 e 3 del Nomenclatore
Tariffario delle protesi (allegato 1) e le modalità di somministrazione;
−−lo stesso provvedimento, costituito come ricordato da una parte normativa e da tre elenchi di
dispositivi erogabili, prevede la ridefinizione della disciplina dell’assistenza protesica, le tariffe
massime da corrispondere ai soggetti erogatori dei dispositivi (art. 1) e un aggiornamento periodico
del Nomenclatore, con riferimento al periodo di validità del Piano sanitario nazionale e, comunque,
con cadenza massima triennale, con la contestuale revisione della nomenclatura dei dispositivi
erogabili (art. 11);
considerato che
−−dal 1999 a oggi il suddetto aggiornamento non è mai avvenuto, i dispositivi (protesi, ortesi e ausili
tecnici), le prestazioni erogabili, nonché le tariffe rimborsabili sono ormai del tutto obsoleti; non si
contempla quanto è cambiato in questi 15 anni, nonché tutti i nuovi dispositivi introdotti sul
mercato tanto in sostituzione dei vecchi quanto per rispondere in modo diverso, innovativo, più
efficace alle molteplici necessità delle persone disabili;
−−il ricorso a norme ed elenchi risalenti alla metà degli anni ’90 genera inappropriatezza e sprechi a
tutti i livelli, tanto che lo stesso Ministro della Salute, intervenendo il 31 luglio 2013 alla 13° seduta
della «Commissione per la tutela e la promozione dei diritti umani» del Senato, ha ammesso che
oggi un terzo delle forniture è inappropriato o errato: un terzo delle risorse impiegate viene dunque
sprecato;
evidenziato come
la situazione creatasi penalizzi fortemente i soggetti portatori di disabilità, che vedono
riconoscersi dal servizio sanitario nazionale solo presidi ormai superati dalla tecnologia,
rimborsabili per importi non adeguati all’attuale costo della vita, con l’ulteriore conseguenza che
soltanto le persone che hanno la possibilità di acquistare privatamente i dispositivi tecnologicamen-
77
te moderni e di accedere a percorsi riabilitativi ed assistenziali all’avanguardia, riescono a
recuperare o ad avere una migliore qualità della vita;
preso atto che
oggi nel settore dell’assistenza in materia di ausili a carico dello Stato, i disabili, i medici
prescrittori, le ASL non hanno alcuno strumento efficace per avere certezza né dei diversi modelli
entro i quali si può scegliere il dispositivo né, tantomeno, che il valore del prodotto erogato
corrisponda a quella tariffa indicata, che è stata stabilita quindici anni fa per prodotti presenti sul
mercato, appunto, quindici anni fa;
visto
l’appello con cui la totalità dei soggetti che operano in questo settore - medici, federazioni dei
disabili, professionisti, imprenditori ed operatori commerciali - chiede non solo interventi
appropriati ma al tempo stesso fornisce indicazioni e mette a disposizione le competenze necessarie
per una buona revisione del sistema;
rilevata
la consolidata attenzione alla disabilità di Regione Lombardia come testimoniano:
−−lo Statuto di Regione Lombardia, articolo 2, comma 4, lettera o), in cui si afferma il ruolo della
Regione nella promozione di azioni per rendere effettivi i diritti delle persone con disabilità;
−−il Piano d’azione regionale 2010-2020 per le politiche in favore delle persone con disabilità volto
ad assicurare a ciascuno pari opportunità di realizzazione personale e garantire elevati standard di
qualità della vita;
impegna la Giunta regionale
a promuovere presso il Ministero della Salute l’appello per la revisione del «Nomenclatore
tariffario di protesi, ortesi e ausili – D.M.332/99» al fine di permettere a tutti i cittadini disabili di
accedere a dispositivi tecnologicamente avanzati e a progetti riabilitativi e assistenziali
all’avanguardia, superando al tempo stesso un sistema che obbliga alla discrezionalità alimentando
percorsi virtuosi per fornire, nonostante tutto, l’ausilio adatto a una tariffa più o meno equivalente al
suo valore così come al contrario situazioni incontrollate e incontrollabili in cui bene fornito e
prezzo pagato sono del tutto scollegati tra loro; tutto ciò anche al fine di ottimizzare la spesa per il
Servizio Sanitario e a prevedere, altresì, un’equiparazione che vada a sanare la disparità di
trattamento rispetto alle forniture protesiche successive agli infortuni sul lavoro a gestione INAIL.”.
LOMBARDIA
DCR 4.11.14 - n. X/509 - Mozione concernente il sostegno appello per la revisione del
«Nomenclatore tariffario di protesi, ortesi e ausili - D.m. 332/99» (BUR n. 47 del 17.11.14)
“Il Consiglio regionale della Lombardia. (BUR n. 47 del 17.11.14)
premesso che
−−la fornitura di ausili alle persone disabili è a tutt’oggi disciplinata dal decreto del Ministro della
Sanità n. 332/1999 «Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili
nell’ambito del Servizio sanitario nazionale: modalità di erogazione e tariffe», provvedimento che
indica nel dettaglio le categorie di persone che hanno diritto all’assistenza protesica, le prestazioni
che comportano l’erogazione dei dispositivi riportati negli elenchi 1, 2 e 3 del Nomenclatore
Tariffario delle protesi (allegato 1) e le modalità di somministrazione;
−−lo stesso provvedimento, costituito come ricordato da una parte normativa e da tre elenchi di
dispositivi erogabili, prevede la ridefinizione della disciplina dell’assistenza protesica, le tariffe
massime da corrispondere ai soggetti erogatori dei dispositivi (art. 1) e un aggiornamento periodico
del Nomenclatore, con riferimento al periodo di validità del Piano sanitario nazionale e, comunque,
con cadenza massima triennale, con la contestuale revisione della nomenclatura dei dispositivi
erogabili (art. 11);
considerato che
−−dal 1999 a oggi il suddetto aggiornamento non è mai avvenuto, i dispositivi (protesi, ortesi e ausili
tecnici), le prestazioni erogabili, nonché le tariffe rimborsabili sono ormai del tutto obsoleti; non si
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contempla quanto è cambiato in questi 15 anni, nonché tutti i nuovi dispositivi introdotti sul
mercato tanto in sostituzione dei vecchi quanto per rispondere in modo diverso, innovativo, più
efficace alle molteplici necessità delle persone disabili;
−−il ricorso a norme ed elenchi risalenti alla metà degli anni ’90 genera inappropriatezza e sprechi a
tutti i livelli, tanto che lo stesso Ministro della Salute, intervenendo il 31 luglio 2013 alla 13° seduta
della «Commissione per la tutela e la promozione dei diritti umani» del Senato, ha ammesso che
oggi un terzo delle forniture è inappropriato o errato: un terzo delle risorse impiegate viene dunque
sprecato;
evidenziato come
la situazione creatasi penalizzi fortemente i soggetti portatori di disabilità, che vedono
riconoscersi dal servizio sanitario nazionale solo presidi ormai superati dalla tecnologia,
rimborsabili per importi non adeguati all’attuale costo della vita, con l’ulteriore conseguenza che
soltanto le persone che hanno la possibilità di acquistare privatamente i dispositivi tecnologicamente moderni e di accedere a percorsi riabilitativi ed assistenziali all’avanguardia, riescono a
recuperare o ad avere una migliore qualità della vita;
preso atto che
oggi nel settore dell’assistenza in materia di ausili a carico dello Stato, i disabili, i medici
prescrittori, le ASL non hanno alcuno strumento efficace per avere certezza né dei diversi modelli
entro i quali si può scegliere il dispositivo né, tantomeno, che il valore del prodotto erogato
corrisponda a quella tariffa indicata, che è stata stabilita quindici anni fa per prodotti presenti sul
mercato, appunto, quindici anni fa;
visto
l’appello con cui la totalità dei soggetti che operano in questo settore - medici, federazioni dei
disabili, professionisti, imprenditori ed operatori commerciali - chiede non solo interventi
appropriati ma al tempo stesso fornisce indicazioni e mette a disposizione le competenze necessarie
per una buona revisione del sistema;
rilevata
la consolidata attenzione alla disabilità di Regione Lombardia come testimoniano:
−−lo Statuto di Regione Lombardia, articolo 2, comma 4, lettera o), in cui si afferma il ruolo della
Regione nella promozione di azioni per rendere effettivi i diritti delle persone con disabilità;
−−il Piano d’azione regionale 2010-2020 per le politiche in favore delle persone con disabilità volto
ad assicurare a ciascuno pari opportunità di realizzazione personale e garantire elevati standard di
qualità della vita;
impegna la Giunta regionale
a promuovere presso il Ministero della Salute l’appello per la revisione del «Nomenclatore
tariffario di protesi, ortesi e ausili – D.M.332/99» al fine di permettere a tutti i cittadini disabili di
accedere a dispositivi tecnologicamente avanzati e a progetti riabilitativi e assistenziali
all’avanguardia, superando al tempo stesso un sistema che obbliga alla discrezionalità alimentando
percorsi virtuosi per fornire, nonostante tutto, l’ausilio adatto a una tariffa più o meno equivalente al
suo valore così come al contrario situazioni incontrollate e incontrollabili in cui bene fornito e
prezzo pagato sono del tutto scollegati tra loro; tutto ciò anche al fine di ottimizzare la spesa per il
Servizio Sanitario e a prevedere, altresì, un’equiparazione che vada a sanare la disparità di
trattamento rispetto alle forniture protesiche successive agli infortuni sul lavoro a gestione INAIL.”.
DGR 14.11.14 - n. X/2639 - Intervento straordinario per il sostegno degli alunni disabili nella
scuola secondaria di secondo grado. (BUR n. 47 del 17.11.14)
Note
INTRODUZIONE NORMATIVA
• l.r.6 agosto 2007.n.19 «Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione
Lombardia».
• l.r.28 settembre 2006 n.22 « Il mercato del lavoro in Lombardia»;
79
• Il decreto legislativo 31 marzo 1998 n.112 che concerne il conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali.
• l.r.4 agosto 2003 n.13 «Promozione all’accesso al lavoro delle persone disabili e svantaggiate» che,
in attuazione della l.68/99, prevede il finanziamento, attraverso le risorse del Fondo regionale
disabili di azioni mirate al sostegno di politiche integrate di istruzione, formazione professionale,
inserimento e mantenimento lavorativo;
• legge 5 febbraio 1992 n.104 «Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle
persone handicappate».
L’ INIZIATIVA DELL’UPI LOMBARDIA
Con la nota dell’Unione Province Lombarde del 1 luglio 2014 il Consiglio Direttivo UPL avanza
la richiesta di un contributo finanziario della Regione per i servizi scolastici rivolti agli studenti
disabili nell’anno scolastico 2014-2015, quantificando il fabbisogno complessivo per ciascun
servizio; in particolare, per l’assistenza educativa ad personam si individua un fabbisogno
rapportabile a circa 2.300 allievi;.
Le richieste avanzate dal alcune Amministrazioni Provinciali hanno manifestato la necessità di un
intervento straordinario della Regione per l’anno scolastico in corso, anche mediante l’utilizzo dei
residui dei piani disabili 2010-2012 giacenti nei bilanci provinciali, per finanziare il servizio di
assistenza educativa ad personam quale supporto per l’autonomia e la comunicazione personale
dell’allievo disabile nei percorsi di istruzione secondaria, in attuazione dell’art.13 l.104/92.
LA DISPOSIZIONE
Si provvede alla parziale copertura dei costi dei servizi di supporto per l’autonomia e la
comunicazione personale dell’allievo disabile nei percorsi di istruzione secondaria, in attuazione
dell’art.13 l.104/92 per l’anno scolastico 2014-2015, per un totale complessivo di €.7.000.000,00
POLITICHE SOCIALI
BASILICATA
DGR 28.10.14, n. 1277 - Emergenza Sociale: integrazione economica per attività socio-assitenziale
nell’Ambito Zonale “Alto Bradano”. Anno 2014.. (BUR n. 44 del 16.11.14)
Note
Viene impegnata la somma di euro 120.000,00, necessaria per garantire i maggiori costi di
esercizio, relativi agli adeguamenti contrattuali previsti per i soggetti affidatari di attività socioassistenziali e socio-educative sul territorio Ambito Zonale Alto Bradano. Tale integrazione è rivolta
anche alla necessità di garantire, senza soluzione di continuità, i servizi di cui sopra, espletati in
forma associata e compresi nel piano sociale di zona di riferimento
LAZIO
DPGR 3.11.14, n. T00407 - IPAB Istituto Santa Maria Lauretana o Pia Unione Lauretana Dame
Romane di Roma. Nomina commissario straordinario regionale.
Note
Nelle more della ricostituzione dell’organo di gestione dell’IPAB viene nominato Antonio
Mazzarotto quale commissario straordinario regionale dell’ IPAB Istituto Santa Maria Lauretana o
Pia Unione Lauretana di Roma, per un periodo di dodici mesi al fine di assicurare la gestione
dell’Istituzione e verificarne la situazione amministrativa-contabile.
DPGR 3.11.14 novembre 2014, n. T00408 - IPAB Ospizio Nicola Calestrini di Roma. Nomina
Consiglio di Amministrazione.
Note
Viene nominato il Consiglio di Amministrazione dell’ Ipab Ospizio Nicola Calestrini di Roma nella
seguente composizione:
80
- Guido Magrini Presidente
- Laura Franceschetti Consigliere
- Giulio Franchi de’ Cavalieri Consigliere
- Franco Germoni Consigliere
- Giorgio Mori Consigliere
Tutte le cariche sociali, come previsto dall’art.13 dello Statuto dell’Ente sono a titolo gratuito.
POVERTA’ INCLUSIONE SOCIALE
TOSCANA
DPGR 12.11.14, n. 67/R - Modifiche al D.P.G.R. 17/R/2013 “Regolamento di attuazione
dell’articolo 60 della legge regionale 27 dicembre 2012, n. 77 (Legge finanziaria per l’anno 2013).
Interventi di sostegno finanziario per l’inclusione sociale e la lotta alla povertà”. (BUR n. 54 del
14.11.14)
PREAMBOLO
Visto l’articolo 117 comma 6 della Costituzione;
Visto l’articolo 42 comma 2 dello Statuto regionale;
Vista la legge regionale 27 dicembre 2012, n. 77 (Legge finanziaria per l’anno 2013);
Visto il parere del Comitato tecnico di direzione, espresso nella seduta del 28 agosto 2014;
Vista la delibera di Giunta regionale n. 760 del 15/09/2014 avente per oggetto “Modifica del
D.P.G.R.
17/R/2013 (Regolamento di attuazione dell’articolo 60 della legge regionale 27 dicembre 2012, n.
77 (legge finanziaria per l’anno 2013) “interventi di sostegno finanziario per l’inclusione sociale e
la lotta alla povertà” approvazione ai fini dell’espressione del parere ai sensi dell’articolo 42 dello
statuto;
Visto il parere favorevole, di cui al succitato art. 42 dello Statuto, espresso dalla IV Commissione
consiliare “Sanità e politiche sociali” nella seduta dell’16 ottobre 2014;
Visti i pareri delle competenti strutture di cui all’articolo 17 comma 4 del regolamento interno della
Giunta regionale del 3 febbraio 2014, n.4;
Vista la deliberazione della Giunta regionale 3 novembre 2014, n. 940;
Considerato quanto segue:
1. La previsione, nel progetto di inclusione sociale, dello svolgimento di attività di utilità sociale da
parte del beneficiario del sostegno finanziario ricevuto si rivela di difficile attuazione pratica e
gestionale, oltre che di un’incidenza statisticamente poco significativa.
2. Il rafforzamento della collaborazione tra i soggetti del terzo settore e i servizi sociali territoriali
richiede un flusso informativo costante dai primi verso i secondi in merito all’attuazione degli
interventi effettuati.
Si approva il presente regolamento
Art. 1
Sostituzione del punto 4 del preambolo del d.p.g.r. 17/R/2013
1. Il punto 4 del preambolo del decreto del Presidente della Giunta regionale 23 aprile 2013, n. 17/R
(Regolamento di attuazione dell’articolo 60 della legge regionale 27 dicembre 2012, n. 77
“Interventi di sostegno finanziario per l’inclusione sociale e la lotta alla povertà”) è sostituito dal
seguente:
“L’indicazione dei contenuti del progetto è fondamentale anche nella seconda fase, in cui il soggetto
del
terzo settore valuta proprio sulla base di essi le richieste di sostegno finanziario, verificando la
sussistenza di requisiti puntualmente elencati, ma anche le particolari condizioni di difficoltà
familiare in cui la persona si trova e la natura delle spese che deve sostenere. L’attuazione del
progetto di sostegno ha lo scopo specifico di evitare che i beneficiari possano precipitare in una
condizione di vera e propria indigenza ed emarginazione sociale.”.
81
Art. 2
Sostituzione del punto 6 del preambolo del d.p.g.r. 17/R/2013
1. Il punto 6 del preambolo del d.p.g.r. 17/R/2013 è sostituito dal seguente:
“Allo scopo di evitare duplicazioni di interventi e dispersione di risorse è fondamentale rafforzare la
collaborazione tra soggetti del terzo settore e servizi sociali professionali, anche prevedendo che i
primi comunichino ai secondi gli interventi effettuati.”.
Art. 3
Modifica dell’art. 5 del d.p.g.r. 17/R/2013
1. Nell’articolo 5, comma 3, dopo le parole “lettera i)” sono aggiunte le seguenti “e informano gli
operatori dei servizi sociali professionali in merito agli interventi effettuati”.
Art. 4
Modifica dell’art. 6 del d.p.g.r. 17/R/2013
1. Sono abrogati i commi 5 e 6 dell’articolo 6 del d.p.g.r. 17/R/2013.
AVVERTENZA
Si pubblica di seguito il testo del regolamento emanato con decreto del Presidente della Giunta
Regionale 23 aprile 2013, n. 17/R “Regolamento di attuazione dell’articolo 60 della legge regionale
27 dicembre 2012, n. 77 (Legge Finanziaria per l’anno 2013). Interventi di sostegno finanziario per
l’inclusione sociale e la lotta alla povertà”, coordinato con:
- decreto del Presidente della Giunta regionale 12 novembre 2014, n. 67/R, sopra riportato.
Il testo coordinato qui pubblicato è stato redatto a cura degli uffici della Giunta regionale, ai sensi
dell’articolo 10 della legge regionale 23 aprile 2007, n. 23 (Nuovo ordinamento del Bollettino
Ufficiale della Regione Toscana e norme per la pubblicazione degli atti. Modifiche alla legge
regionale 20 gennaio 1995, n. 9 “Disposizioni in materia di procedimento amministrativo e di
accesso agli atti”), al solo fine di facilitare la lettura. Restano invariati il valore e l’efficacia degli
atti normativi qui richiamati. Le modifiche sono stampate con caratteri corsivi.
Testo coordinato del decreto del Presidente della Giunta Regionale 23 aprile 2013, n. 17/R
“Regolamento di
attuazione dell’articolo 60 della legge regionale 27 dicembre 2012, n. 77 (Legge Finanziaria per
l’anno 2013)Interventi
di sostegno finanziario per l’inclusione sociale e la lotta alla povertà”.
SOMMARIO
PREAMBOLO
Art. 1 - Oggetto
Art. 2 - Modalità dell’intervento regionale
Art. 3 - Contenuti, presentazione e valutazione dei progetti di inclusione sociale
Art. 4 - Destinatari dei progetti di inclusione sociale
Art. 5 - Centri di ascolto
Art. 6 - Tipologia del sostegno finanziario
Art. 7 - Controlli, rendicontazione e revoca dei finanziamenti regionali
Art. 8 - Rendicontazione finale dei progetti e restituzione delle somme residue
LA GIUNTA REGIONALE
PREAMBOLO
Visto l’articolo 117 comma 6 della Costituzione;
Visto l’articolo 42 comma 2 dello Statuto regionale;
Vista la legge regionale 27 dicembre 2012, n. 77 (Legge finanziaria per l’anno 2013);
Visto il parere del Comitato tecnico di direzione, espresso nella seduta del 21 febbraio 2013;
Visti i pareri delle competenti strutture di cui all’articolo 17 comma 4 del regolamento interno della
Giunta regionale n. 3 del 18 marzo 2013;
Vista la deliberazione della Giunta regionale del 25 marzo 2013, n. 208, recante l’approvazione
dello schema di regolamento di attuazione dell’articolo 60 della l.r. 77/2012, ai fini
dell’acquisizione del parere di cui all’articolo 42 dello Statuto;
82
Visto il parere favorevole con osservazioni della competente Commissione consiliare, reso nella
seduta dell’11 aprile 2013;
Considerato quanto segue:
1. L’articolo 60 della legge finanziaria per l’anno 2013 prevede interventi di sostegno finanziario
destinati all’inclusione sociale e alla lotta alla povertà, e ne demanda l’attuazione ad un regolamento
che stabilisce, tra l’altro, la tipologia di tale sostegno, il suo ammontare massimo e le modalità
gestionali, nonché le caratteristiche dei progetti di inclusione sociale.
2. La previsione legislativa di una selezione dei progetti di inclusione sociale tramite bandi pubblici
implica l’articolazione del sostegno regionale in due fasi: nella prima di esse è disciplinato il
rapporto tra la Regione e i soggetti del terzo settore che presentano i progetti di inclusione, e nella
seconda, invece, il rapporto tra tali soggetti e i beneficiari del sostegno finanziario.
3. Per quanto riguarda la prima fase, è necessario, in particolare, predeterminare i contenuti dei
progetti che i soggetti del terzo settore presentano alla Regione, perché l’ammissione al sostegno
finanziario si basa su tali elementi, oltre che su quelli che saranno ulteriormente prescritti dai bandi
pubblici di cui al punto 2.
4. 1 L'indicazione dei contenuti del progetto è fondamentale anche nella seconda fase, in cui il
soggetto del terzo settore valuta proprio sulla base di essi le richieste di sostegno finanziario,
verificando la sussistenza di requisiti puntualmente elencati, ma anche le particolari condizioni di
difficoltà familiare in cui la persona si trova e la natura delle spese che deve sostenere. L'attuazione
del progetto di sostegno ha lo scopo specifico di evitare che i beneficiari possano precipitare in una
condizione di vera e propria indigenza ed emarginazione sociale.
5. Allo scopo di rendere maggiormente efficace e continuativa l’azione a sostegno delle persone in
difficoltà, è necessario prevedere, successivamente all’erogazione del sostegno finanziario, un’
intervento di tutoraggio del beneficiario svolto dal soggetto del terzo settore, e finalizzato
soprattutto all’educazione ad un uso consapevole del denaro.
6. 2 Allo scopo di evitare duplicazioni di interventi e dispersione di risorse è fondamentale
rafforzare la
collaborazione tra soggetti del terzo settore e servizi sociali professionali, anche prevedendo che i
primi comunichino ai secondi gli interventi effettuati.
7. Di accogliere il parere della competente Commissione consiliare e di adeguare conseguentemente
il testo alle osservazioni ivi contenute;
Approva il presente regolamento.
Art. 1
Oggetto
1. Il presente regolamento disciplina, in attuazione dell’articolo 60 della legge regionale 27
dicembre 2012, n.77 (Legge Finanziaria per l’anno 2013) forme di sostegno finanziario a beneficio
di persone in condizioni di particolare fragilità socio-economica, al fine di favorire la loro
inclusione sociale e di sostenere la loro condizione economica.
Art. 2
Modalità dell’intervento regionale
1. La Regione effettua gli interventi di sostegno finanziario di cui all’articolo 1 mediante la
concessione di finanziamenti ai soggetti del terzo settore di cui all’articolo 17, comma 2, lettere a),
b), d) e g) della legge regionale 24 febbraio 2005, n.41 (Sistema integrato di interventi e servizi per
la tutela dei diritti di cittadinanza sociale), per la realizzazione di progetti di inclusione sociale.
2. L’importo massimo di ciascuno dei finanziamenti di cui al comma 1 è fissato in euro 150.000,00.
3. I rapporti tra la Regione e i soggetti attuatori dei progetti sono regolati da apposita convenzione i
cui contenuti sono definiti secondo uno schema tipo approvato con deliberazione della Giunta
regionale.
Art. 3
Contenuti, presentazione e valutazione dei progetti di inclusione sociale
83
1. Il finanziamento è concesso a seguito della pubblicazione di bando pubblico, della presentazione
e della positiva valutazione di progetti diretti a favorire l’inclusione sociale dei soggetti in
condizioni di particolare fragilità.
2. Fatto salvo quanto ulteriormente prescritto dal bando, il progetto di inclusione sociale contiene
l’indicazione dei seguenti elementi:
a) una descrizione generale del progetto proposto, con particolare riferimento agli elementi
innovativi rispetto all’ordinaria attività del soggetto del terzo settore
b) gli obiettivi di tipo qualitativo secondo le priorità indicate dal bando, tra le quali l’inserimento
sociale del soggetto attraverso l’attribuzione di un ruolo rispetto alla collettività, la sua
valorizzazione e responsabilizzazione, il recupero di competenze personali, il miglioramento del
sistema di relazioni con la comunità di riferimento;
c) la programmazione di attività di formazione interna destinate agli operatori dei centri di ascolto
di cui all’articolo
5 comma 1;
d) i costi di gestione del progetto;
e) la forma di compartecipazione del soggetto del terzo settore, consistente nel cofinanziamento del
progetto presentato oppure nella messa a disposizione di strutture e personale per lo svolgimento
delle attività, o comunque nell’assunzione dei relativi oneri economici;
f) le specifiche condizioni di difficoltà personale o familiare dei destinatari del progetto, con
particolare riferimento alle famiglie numerose, alla presenza di situazioni di disabilità grave, alla
presenza di figli minori e di nuclei monoparentali;
g) i criteri di valutazione delle condizioni indicate alla lettera f)
h) l’indicazione dei centri di ascolto coinvolti nella realizzazione del progetto;
i) la programmazione di attività di tutoraggio, con la previsione di un progetto personalizzato nei
confronti dei destinatari del progetto, aventi la finalità di supportare un uso consapevole del denaro
ed il superamento della situazione di marginalità;
j) le regolazioni specifiche dei rapporti con i destinatari del progetto, successivamente
all’erogazione del sostegno finanziario, secondo quanto disposto all’articolo 6 commi 4 e 5;
k) la durata del progetto di inclusione sociale, non superiore ad anni quattro.
l) l’illustrazione della pregressa esperienza del soggetto proponente, derivante dallo svolgimento di
attività analoghe a quelle per le quali è richiesto il finanziamento, e comunque di attività di rilievo
sociale;
m) le modalità di diffusione e pubblicizzazione del progetto presso i potenziali beneficiari.
3. Ciascun soggetto del terzo settore non può presentare complessivamente più di due progetti,
riferiti a distinti ambiti territoriali aventi una popolazione non inferiore a 100.000 abitanti o
comunque corrispondenti ad una zona sociosanitaria.
4. Un progetto può essere presentato ed attuato da più soggetti in collaborazione tra loro. In questo
caso essi individuano un capofila per la presentazione del progetto a seguito del bando regionale.
5. La graduatoria dei progetti ammessi a finanziamento è approvata con decreto del dirigente
regionale competente per materia entro 90 giorni dalla scadenza del termine fissato per la
presentazione dei progetti.
6. La Regione compartecipa agli oneri di gestione dei progetti finanziati nella misura forfetaria del
5% dell’importo complessivo del finanziamento regionale assegnato per l’attuazione del progetto.
Art. 4
Destinatari dei progetti di inclusione sociale
1. Sono destinatari dei progetti di inclusione sociale le persone in possesso dei requisiti di cui
all’articolo 60 comma 3 della l.r. 77/2012 che, secondo quanto definito dal progetto di inclusione
sociale, si trovano in specifiche condizioni di difficoltà personale o familiare ed in una situazione
economica, temporanea e contingente, che non consente loro di sostenere spese necessarie per
motivi di salute o connesse alla situazione familiare, alloggiativa, scolastica, formativa e lavorativa.
Art. 5
84
Centri di ascolto
1. La valutazione della condizione dei destinatari del progetto avviene nell’ambito di presidi
territoriali dei soggetti del terzo settore, denominati “centri di ascolto”.
2. Gli operatori dei centri di ascolto effettuano la valutazione secondo i criteri di cui all’articolo 3
comma 2 lettera g)
ed operano in stretto coordinamento con il personale professionale dei servizi sociali territoriali,
anche per quanto
riguarda l’attuazione delle misure previste dall’articolo 52 comma 3 della l.r. 41/2005.
3. Successivamente all’erogazione del sostegno finanziario gli operatori dei centri di ascolto
svolgono le azioni di tutoraggio previste dal progetto personalizzato di cui all’articolo 3, comma 2,
lettera i) e informano gli operatori dei servizi sociali professionali in merito agli interventi
effettuati.3
Art. 6
Tipologia del sostegno finanziario
1. I soggetti del terzo settore erogano il sostegno finanziario entro il termine di trenta giorni
dall’esito positivo della
valutazione di cui all’articolo 5.
2. L’importo massimo erogabile a ciascun beneficiario è pari ad euro 3.000,00.
3. E’ esclusa la richiesta di garanzie sotto qualsiasi forma e non sono dovute spese di istruttoria né
interessi sulla somma erogata.
4. La restituzione avviene in forma rateale, entro un termine massimo di 36 mesi, secondo le
specifiche modalità previste dal progetto di inclusione sociale.
5. 4 Abrogato.
6. 5 Abrogato.
Art. 7
Controlli, rendicontazione e revoca dei finanziamenti regionali 1. La Regione esercita il controllo in
ordine alla corretta attuazione dei progetti di inclusione sociale ammessi al finanziamento, anche
mediante verifiche presso i centri di ascolto di cui all’articolo 5.
2. I soggetti del terzo settore rendicontano annualmente l’impiego delle somme percepite
utilizzando un’ apposita modulistica approvata con decreto del dirigente regionale competente per
materia e tengono a disposizione della Regione tutta la documentazione relativa ai progetti
finanziati per i tre anni successivi alla completa attuazione degli stessi.
3. Nei casi di mancata o parziale realizzazione dei progetti di inclusione sociale è disposta la revoca,
totale o parziale, dei finanziamenti concessi.
4. Il trattamento dei dati personali per lo svolgimento del controllo di cui al comma 1 è effettuato
nel rispetto delle disposizioni del decreto legislativo 30 giugno 2003, n.196 (Codice in materia di
protezione dei dati personali).
5. Con deliberazione della Giunta regionale sono stabilite le modalità di impianto e di
funzionamento di un basamento informativo per il monitoraggio delle procedure di erogazione dei
finanziamenti, nonché le modalità per l’effettuazione dei controlli e per l’eventuale revoca dei
finanziamenti stessi.
Art. 8
Rendicontazione finale dei progetti e restituzione delle somme residue
1. Alla conclusione dei progetti i soggetti del terzo settore redigono un rendiconto finale sull’attività
svolta in cui sono evidenziati:
a) il numero di contatti complessivamente intercorsi con soggetti in condizioni di disagio;
b) i sostegni finanziari erogati;
c) i costi complessivamente sostenuti;
d) la quota dei costi a carico della Regione, determinata nella misura di cui all’articolo 3 comma 6;
e) le somme non impegnate per la realizzazione dei progetti e gli importi restituiti;
f) gli importi che non è stato possibile recuperare, con l’indicazione delle relative motivazioni;
85
g) i risultati raggiunti, con riferimento agli obiettivi dei progetti di inclusione sociale oggetto di
finanziamento.
2. La rendicontazione finale è approvata con atto del dirigente competente per materia, nel termine
di 60 giorni dalla presentazione del rendiconto da parte dei soggetti del terzo settore di cui
all'articolo 2 comma 1.
3. Le somme di cui al comma 1 lettera e), al netto della quota dei costi sostenuti, sono restituite alla
Regione nel termine di 60 giorni dall'approvazione del rendiconto di cui al comma 2.
1 Punto così sostituito con d.p.g.r. 12 novembre 2014, n. 67/R, articolo 1.
2 Punto così sostituito con d.p.g.r. 12 novembre 2014, n. 67/R, articolo 2.
3 Parole aggiunte con d.p.g.r. 12 novembre 2014, n. 67/R, articolo 3.
4 Comma abrogato con d.p.g.r. 12 novembre 2014, n. 67/R, articolo 4.
5 Comma abrogato con d.p.g.r. 12 novembre 2014, n. 67/R, articolo 4.
PRIVATO SOCIALE
BASILICATA
DPGR 10.11.14, n. 389 - Legge Regionale 12 gennaio 2000 n. 1 - Art. 10 - Istituzione
dell’Osservatorio Regionale per il Volontariato.
Viene istituito, ai sensi e per gli effetti dell’art. 10 della Legge Regionale 12 gennaio 2000 n. 1,
l’Osservatorio regionale per il volontariato, così composto:
• Presidente:
– Presidente della Giunta Regionale o Assessore delegato;
• Componenti:
– Luigi Bradascio, Consigliere Regionale;
– Giovanni Perrino, Consigliere Regionale;
– Rocco Marino, designato dall’ANCI regionale;
– Luciano Antezza, designato dall’UPI regionale;
– Salvatore Cardone, rappresentante Organizzazioni di volontariato;
– Filippo Mormando, rappresentante Organizzazioni di volontariato;
– Gerardo Cicchetti, rappresentante Organizzazioni di volontariato;
– Antonio Terracina, rappresentante Organizzazioni di volontariato;
Virgilio Paradiso, rappresentante Organizzazioni di volontariato;
– Rocco Parigi, rappresentante Organizzazioni di volontariato;
– Giuseppe Di Fazio, rappresentante Organizzazioni di volontariato;
– Anna Maria Colangelo, rappresentante Organizzazioni di volontariato;
– Gianni Russo, rappresentante Organizzazioni di volontariato;
– Dirigente Generale pro-tempore del Dipartimento Politiche della Persona.
L’Osservatorio regionale per il volontariato rimane in carica per la durata
della legislatura nel corso della quale è intervenuta la nomina e comunque fino all’insediamento del
nuovo Osservatorio, secondo quanto previsto dall’art. 10 comma 2 della Legge Regionale n.
1/2000.
CAMPANIA
DGR 22.9.14, n. 424 - Disposizioni in materia di servizio civile regionale, in coerenza con il
programma "Garanzia Giovani". (BUR n. 79 del 24.11.14)
Note
PREMESSA
La Raccomandazione del Consiglio del 22 aprile 2013 pubblicata sulla GUE Serie C 120/2013 del
26 aprile 2013 delinea lo schema di opportunità per i giovani, promosso dalla Comunicazione della
Commissione COM (2013) 144, istituendo una “garanzia” per i giovani e invita gli Stati Membri ad
assicurare a quelli con meno di 25 anni un’offerta qualitativamente valida di lavoro, di
86
proseguimento degli studi, di apprendistato o di tirocinio o altra misura di formazione entro quattro
mesi dall’inizio della
disoccupazione o dall’uscita dal sistema di istruzione formale.
La proposta di Accordo di Partenariato, trasmesso in data 10 dicembre 2013, individua il
Programma Operativo Nazionale per l’attuazione della “Iniziativa Europea per l’Occupazione dei
Giovani” (PON-YEI) tra i Programmi Operativi Nazionali finanziati dal FSE.
La Commissione europea ha preso atto con nota n. ARES EMPL/E3/MB/gc (2014) del Piano di
attuazione della Garanzia Giovani, inviato alla medesima Commissione in data 23 dicembre 2013,
che
definisce le azioni comuni da intraprendere sul territorio italiano.
Il summenzionato Piano al par. 2.2.1 “Governance gestionale” indica che l’attuazione della
Garanzia Giovani venga realizzata mediante la definizione di un unico Programma operativo
nazionale (PON YEI), che prevede le Regioni e le Province Autonome come organismi intermedi.
Il Decreto Direttoriale n. 237/Segr D.G.\ 2014 del 04/04/2014 ha ripartito le risorse del “Piano di
attuazione italiano della Garanzia per i Giovani” tra le Regioni e la Provincia Autonoma di Trento.
LA RICADUTA SULLA REGIONE
Con deliberazione n. 117 del 24/04/2014 la Giunta regionale ha provveduto, tra l'altro, ad approvare
il Programma Attuativo della “Garanzia Giovani”, prendendo atto che la Regione Campania assume
il ruolo di Organismo Intermedio ai sensi di quanto disposto dal comma 7 dell’art. 123 del
Regolamento Europeo 1303/13, demandando alla Direzione Generale per l’Istruzione, la
Formazione, il Lavoro e le Politiche Giovanili l’attuazione del programma.
La Regione Campania, in relazione alla misura “Servizio Civile”, intende emanare propri avvisi
pubblici in sintonia e coerenza con le indicazioni dell’Ufficio Nazionale del Servizio Civile
(UNSC), destinando a tal fine 30 meuro alla relativa linea di azione.
LA DISPOSIZIONE
Viene destinata, nell'ambito della complessiva dotazione di 30 Meuro, prevista da programma
"Garanzia
Giovani", la quota di 15 meuro a finanziamento dei progetti di servizio civile nazionale per
l’attuazione
del programma “Garanzia giovani", per la parte di competenza della Campania, nell'ambito dell'
"Avviso
agli enti: Presentazione dei progetti di Servizio civile nazionale per gli anni 2014 – 2015 (parag. 3.3
del
"Prontuario progetti" approvato con DM 30 maggio 2014) e dei progetti di servizio civile nazionale
per il
programma Garanzia giovani", emanato dall'Ufficio nazionale del Servizio Civile il 16 giugno
2014;
Viene destinata, nell'ambito della complessiva dotazione di 30 Meuro, prevista da programma
"Garanzia
Giovani", la restante quota di 15 milioni di euro al finanziamento della sperimentazione del Servizio
civile regionale, disciplinato dalle linee guida allegate alla presente deliberazione;
Viene approvato, in attuazione della legge regionale 23 ottobre 2007, n.11, articolo 17,comma 4,
l'allegato al presente atto denominato "Indirizzi per la sperimentazione del Servizio Civile
Regionale”.
“Indirizzi per la sperimentazione del Servizio Civile Regionale, in attuazione del programma
GARANZIA GIOVANI”
1. Sperimentazione del Servizio Civile Regionale
In via sperimentale, in attuazione del programma Garanzia Giovani (DGR n. 117 del 24 aprile
2014) è istituito il Servizio Civile Regionale, nel rispetto e nei limiti delle competenze definite
dall'articolo 117 della Costituzione e della legge 6 marzo 2001, n. 64 e in attuazione di quanto
87
disposto dalla legge regionale 23 ottobre 2007, n.11, art. 17, comma 4 e nello spirito degli attuali
orientamenti in tema di Servizio Civile Universale.
Il Servizio Civile Regionale sperimentale ha natura sostanzialmente diversa dal servizio civile
nazionale, non essendo riconducibile al dovere di difesa (nel rispetto degli indirizzi della Corte
Costituzionale, sentenze n. 58 del 2007 e n. 531 del 2005) e rientra nelle possibilità delle Regioni di
istituire e disciplinare, nell’autonomo esercizio della propria competenza legislativa, un proprio
servizio civile regionale, distinto da quello nazionale.
2. Finalità e obiettivi
Il Servizio Civile Regionale, in linea con le finalità nazionali, favorisce la realizzazione dei principi
costituzionali di solidarietà, di promozione della cooperazione, a livello nazionale e internazionale,
la salvaguardia e tutela del patrimonio ambientale e paesaggistico, storico, artistico e culturale, la
tutela e la promozione dei diritti sociali, l'educazione alla pace e alla legalità, la formazione civica e
professionale dei giovani, promuovendone il concorso al progresso materiale e spirituale della
società, la cittadinanza attiva e l'inclusione sociale.
La Regione Campania individua, inoltre, nel Servizio Civile Regionale lo strumento fondamentale
ed imprescindibile per realizzare la crescita del capitale umano in una logica di acquisizione della
responsabilità individuale e collettiva dei giovani, valorizzandone il ruolo nell'ambito delle politiche
e dei servizi per il lavoro, la formazione e l'istruzione.
Tale misura è, infatti, pienamente collocata nell'ambito dei servizi per il lavoro, attraverso i quali i
giovani sono presi in carico sulla base di progetti individualizzati di promozione dell'occupabilità.
La Regione promuove il riconoscimento da parte del sistema universitario e del sistema
dell'istruzione secondaria di secondo grado dei crediti formativi derivanti dalla prestazione del
Servizio Civile Regionale e dalle attività formative connesse e definisce le modalità per la
certificazione delle competenze acquisite, promuovendo misure volte a favorire l'inserimento nel
mercato del lavoro dei soggetti che hanno svolto il servizio civile regionale, anche stipulando
accordi con le associazioni di imprese private, con le associazioni di rappresentanza delle
cooperative e con gli enti senza scopo di lucro.
3. Settori di impiego
Lo svolgimento del Servizio Civile Regionale avviene nei seguenti settori:
a) tutela dei diritti sociali e di cittadinanza delle persone, dei servizi di assistenza, prevenzione,
cura, riabilitazione e reinserimento sociale e socio-sanitario;
b) educazione e promozione culturale;
c) educazione alla pace e alla promozione dei diritti umani, educazione alla convivenza, al senso
civico, al rispetto della legalità; valorizzazione dell'integrazione, dell'interculturalità e della
multiculturalità;
d) salvaguardia, fruizione e valorizzazione del patrimonio ambientale, storico, artistico e
paesaggistico;
e) collaborazione al sistema della protezione civile;
f) interventi di cooperazione internazionale;
g) tutela dei diritti e degli interessi individuali e collettivi dei consumatori e degli utenti; educazione
al consumo consapevole;
h) educazione alle pari opportunità e alla valorizzazione delle differenze di genere; educazione
contro ogni forma di discriminazione.
4. Requisiti dei soggetti ammessi al Servizio Civile Regionale
Sono ammessi a svolgere il Servizio Civile Regionale i cittadini che, alla data di presentazione della
domanda, siano in età compresa fra diciotto e ventinove anni e siano residenti in Campania o ivi
domiciliati per motivi di studio o di lavoro propri o di almeno uno dei genitori. Sono altresì
ammesse tutte le persone diversamente abili ai sensi dell’articolo 1 della legge 12 marzo 1999, n. 68
(Norme per il diritto al lavoro dei disabili) in possesso del requisito di cui al comma 1, lettera b), e
con un'età compresa
tra diciotto e trentacinque anni.
88
5. Requisiti degli enti ammessi al Servizio Civile Regionale
Il Servizio Civile Regionale è prestato sul territorio regionale nell'ambito di progetti presentati da
enti e organizzazioni pubblici e privati che operano nel territorio regionale e che sono in possesso
dei seguenti requisiti:
a) finalità istituzionali volte a promuovere le finalità e gli obiettivi delle presenti linee guida;
b) capacità organizzativa e possibilità d'impiego proporzionate ai progetti e agli interventi previsti.
Possono presentare progetti anche le articolazioni territoriali presenti in Campania di
amministrazioni pubbliche statali e di enti pubblici e privati a carattere nazionale o regionale in
possesso dei requisiti di cui alle sopracitate lettere a), b).
Per esigenze connesse al raggiungimento di particolari obiettivi di interesse regionale, la Giunta
regionale approva progetti di Servizio Civile Regionale, predisposti dalla competente struttura
regionale, da realizzarsi presso i suddetti enti e organizzazioni.
6. Caratteristiche dei progetti
I progetti debbono obbligatoriamente prevedere attività di formazione generale e specifica, che
abbiano come destinatari i volontari in servizio civile regionale, articolate in coerenza con le finalità
e i settori di impiego, comprese nei limiti di durata complessiva, di orario e del monte ore del
servizio civile regionale. L'attività formativa, presentandosi le condizioni e i presupposti previsti
dalla normativa in materia, comporta l’eventuale riconoscimento e la certificazione di competenze e
di crediti formativi ai sensi della legge regionale 18 novembre 2009, n. 14 (Testo unico della
normativa in materia di lavoro e formazione professionale per la promozione della qualità del
lavoro) e dei relativi atti attuativi.
7. Caratteristiche del Servizio Civile Regionale
Il servizio civile regionale volontario dura da sei a otto mesi, prorogabili sino a 12 mesi.
La definizione del periodo sarà stabilita, coerentemente con i bisogni e il profilo del giovane, in
sede di piano individuale personalizzato redatto e sottoscritto dai competenti servizi per il lavoro. Il
numero di ore di servizio può variare tra diciotto e trenta ore settimanali. Il numero di giorni di
servizio non può essere inferiore a tre e superiore a sei la settimana.
L'attività svolta nell'ambito dei progetti di servizio civile regionale non determina l'instaurazione di
un rapporto di lavoro.
Ai soggetti impiegati nei progetti di servizio civile regionale spetta un assegno di natura non
retributiva definito in importo analogo a quello corrisposto per il servizio civile nazionale.
8. Diritti e garanzie dei soggetti ammessi
La Regione Campania garantisce ai soggetti impiegati nei progetti:
a) la copertura assicurativa per i rischi contro gli infortuni e la responsabilità civile, relativamente ai
danni da essi subiti o cagionati durante l'espletamento del servizio;
b) nei casi di progetti all’estero, la copertura assicurativa integrativa per rischi contro gli infortuni e
la responsabilità civile relativamente ai danni subiti anche al di fuori dell’orario di servizio per tutto
il periodo di permanenza all’estero;
c) il congedo di maternità di cui agli articoli 16, 17 e 20 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n.
151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della
paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), da considerare a tutti gli effetti
come periodo di svolgimento del servizio civile senza riduzione dell’assegno;
d) l’esclusione dai giorni di malattia delle assenze dovute ad infortunio subito nello svolgimento del
servizio civile regionale, da considerare a tutti gli effetti come periodo di svolgimento del servizio
senza riduzione dell’assegno.
9. Doveri e incompatibilità dei soggetti ammessi
I soggetti impiegati nei progetti di servizio civile regionale sono tenuti ad assolvere con diligenza le
mansioni affidate, secondo quanto previsto dal progetto. Tali soggetti non possono essere impiegati
in sostituzione di personale, assunto o da assumere, per obblighi di legge, contrattuali o
convenzionali o in base a norme statutarie.
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I soggetti che hanno prestato Servizio Civile Nazionale o Regionale in Campania o in altre regioni,
non possono presentare ulteriore domanda per il Servizio Civile Regionale, ad eccezione di coloro
che hanno cessato il servizio per malattia.
I soggetti che abbiano in corso rapporti lavorativi (o abbiano avuto rapporti lavorativi nell'ultimo
anno, per un periodo di almeno sei mesi) con un ente ammesso a presentare progetti, non possono
presentare domanda per il servizio civile regionale al medesimo ente.
10. Procedure operative
La Direzione Generale per l'Istruzione, la Formazione, il Lavoro e le Politiche giovanili, in coerenza
e nel rispetto degli indirizzi del presente atto, adotta gli atti necessari:
a) per la individuazione degli enti e delle organizzazioni, pubbliche e private, ammessi alla
presentazione di progetti e le procedure per l’iscrizione, la tenuta e l’aggiornamento dell’elenco
degli enti di servizio civile regionale;
b) per la definizione delle procedure per la presentazione dei progetti e dei criteri di ammissione,
approvazione e finanziamento degli stessi;
c) per la definizione delle procedure per l’ammissione dei soggetti, determinando, nei limiti delle
risorse programmate e il numero di volontari da avviare al servizio;
d) per individuare gli elementi essenziali del contratto e l’ammontare dell’assegno per i giovani;
e) per definire l’articolazione dell’orario di servizio;
f) per disciplinare i casi di cessazione dal servizio e di sostituzione dei soggetti ammessi;
g) per disciplinare l’attività di preparazione, supporto e guida al servizio civile regionale;
h) per stabilire le modalità per il monitoraggio, il controllo e la verifica dei progetti;
i) per disciplinare ogni aspetto ulteriore definito nei presenti indirizzi e ad essi conseguente.
FRIULI V.G.
L.R. 14.11.14, n. 23 - Interventi regionali per la promozione del commercio equo e solidale. (BUR
n. 47 del 19.11.14)
Art. 1 finalità
1. La Regione, in coerenza con i principi internazionali e costituzionali, riconosce il valore sociale e
culturale del commercio equo e solidale quale forma di cooperazione volta a realizzare scambi
commerciali con produttori prevalentemente di Paesi in via di sviluppo che valorizzano produzioni,
tradizioni e culture autoctone, al fine di incentivare l’accesso al mercato dei produttori marginali e
perseguire uno sviluppo sostenibile e un modello produttivo fondato sulla cooperazione e attento a
salvaguardare i diritti dei lavoratori che prestano la loro opera in tali attività.
2. La Regione persegue le finalità previste dal comma 1 attraverso:
a) l’informazione dei consumatori per favorire acquisti responsabili;
b) il sostegno, anche economico, di iniziative e progetti, in armonia con quanto previsto
dall’articolo 1, comma 2, della legge regionale 30 ottobre 2000, n. 19 (Interventi per la promozione,
a livello regionale e locale, delle attività di cooperazione allo sviluppo e partenariato
internazionale).
3. Ai fini della presente legge la Regione individua i prodotti e i soggetti del commercio equo e
solidale e definisce, nel rispetto delle norme in materia di tutela della concorrenza, gli interventi per
il suo sviluppo in Friuli Venezia Giulia.
Art. 2 commercio equo e solidale
1. Il commercio equo e solidale è un’attività di cooperazione economica e sociale svolta con
produttori di beni e/o servizi di aree economicamente svantaggiate prevalentemente di Paesi in via
di sviluppo, organizzata in forma collettiva allo scopo di consentire, accompagnare e migliorare il
loro accesso al mercato, quando l’attività sia realizzata mediante accordi di lunga durata tra il
produttore e l’acquirente, aventi i seguenti contenuti:
a) il pagamento di un prezzo equo;
90
b) misure a carico dell’acquirente per il graduale miglioramento della qualità del prodotto e/o del
servizio realizzati dal produttore o dei suoi processi produttivi, nonché a favore dello sviluppo della
comunità locale cui il produttore appartiene;
c) il rispetto dell’ambiente attraverso la promozione di produzioni biologiche, l’uso di materiali
riciclabili e processi produttivi e distributivi a basso impatto ambientale;
d) la trasparenza della filiera anche nei confronti dei terzi;
e) l’obbligo del produttore di garantire condizioni di lavoro sicure, nel rispetto delle normative
stabilite dall’Organizzazione internazionale del lavoro, di remunerare in maniera adeguata i
lavoratori, in modo da permettere loro di condurre un’esistenza libera e dignitosa, e di rispettarne i
diritti sindacali.
2. Le attività di distribuzione e promozione dei prodotti del commercio equo solidale effettuate da
ONLUS o associazioni, fondazioni e comitati al di fuori della loro attività istituzionale sono
soggette alla legge regionale 5 dicembre 2005, n. 29 (Normativa organica in materia di attività
commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande).
Art. 3 prezzo equo
1. Il prezzo pagato ai produttori è equo quando è definito dalle parti all’esito di un processo fondato
sul dialogo, sulla trasparenza e sulla responsabilità reciproca e quando è proposto dal produttore ed
eventualmente modificato insieme dalle parti in seguito alla valutazione congiunta della sua
adeguatezza a sostenere l’impresa del produttore, nonché degli effetti che tale misura produce sulla
filiera produttiva e distributiva fino al consumatore.
2. In relazione all’entità dei prodotti venduti il prezzo deve essere idoneo a generare per l’impresa
del produttore un reddito da destinare agli investimenti e a consentirle di remunerare i lavoratori in
misura adeguata a condurre un’esistenza libera e dignitosa, nonché di coprire gli altri costi inerenti
agli obblighi espressamente assunti dalle parti nel contratto.
Art. 4 individuazione dei prodotti del commercio equo e solidale
1. I prodotti del commercio equo e solidale sono individuati mediante una delle seguenti modalità:
a) provenienza dei prodotti da un’organizzazione del commercio equo e solidale, accreditata ai sensi
dell’articolo 5, comma 2, lettera a);
b) certificazione dei prodotti da parte degli enti affiliati a Fairtrade Labelling Organizations
International (FLO) attraverso l’attribuzione di un marchio di garanzia.
Art. 5 elenco regionale delle organizzazioni del commercio equo e solidale
1. E’ istituito, presso la struttura regionale competente, l’elenco regionale delle organizzazioni del
commercio equo e solidale.
2. Sono iscritti nell’elenco regionale previsto dal comma 1 i soggetti la cui attività non persegue
scopo di lucro, organizzati in forma collettiva, in possesso di uno statuto che sancisce un
ordinamento a base democratica, i quali operano in forma stabile nel territorio regionale e
appartengono a una delle seguenti categorie:
a) soggetti in possesso dell’accreditamento rilasciato, nel rispetto degli standard stabiliti nella Carta
italiana dei criteri del commercio equo e solidale, dagli enti nazionali o internazionali
maggiormente rappresentativi;
b) soggetti che stipulano gli accordi di cui all’articolo 2 con i produttori;
c) soggetti che a prescindere dalle loro attività istituzionali svolgano congiuntamente le seguenti
attività:
1) distribuzione e promozione di prodotti e/o servizi a prezzo equo e solidale secondo quanto
previsto dall’articolo 3;
2) educazione, divulgazione e informazione sui temi del commercio equo e solidale, del divario
Nord/Sud del mondo, dello sviluppo economico e sociale, del commercio internazionale e del
consumo critico;
3) formazione degli operatori e/o dei produttori svolta in Italia o all’estero.
91
3. Le attività di commercio equo solidale sono svolte da soggetti in qualsiasi forma costituiti.
L’iscrizione all’elenco di cui al presente articolo è condizione necessaria per accedere ai contributi
previsti dalla presente legge.
Art. 6 interventi per la diffusione del commercio equo e solidale
1. La Regione, per il conseguimento delle finalità previste dall’articolo 1 promuove e sostiene:
a) le iniziative divulgative e di sensibilizzazione volte a diffondere la conoscenza del commercio
equo e solidale e ad accrescere nei consumatori la consapevolezza degli effetti delle proprie scelte
di consumo, affinché prendano in esame non solo il prodotto, ma anche gli effetti sociali e
ambientali derivanti dalla sua produzione e commercializzazione;
b) le iniziative di informazione e sensibilizzazione sugli attori del commercio equo e solidale iscritti
nell’elenco regionale e sui prodotti del commercio equo e solidale di cui all’articolo 4;
c) le azioni educative nelle scuole, finalizzate a conoscere le problematiche connesse alle
implicazioni delle scelte di consumo, stimolando una riflessione sul consumo consapevole e
alternativo al modello economico dominante;
d) la formazione degli operatori e volontari delle organizzazioni del commercio equo e solidale;
e) la creazione di una apposita sezione, nel portale regionale, dedicata al tema del commercio equo
e solidale in cui ospitare le informazioni e gli eventuali servizi;
f) l’utilizzo dei prodotti del commercio equo e solidale nell’ambito delle attività degli enti pubblici,
nel rispetto delle norme vigenti in materia di acquisto di beni e servizi da terzi;
g) le iniziative nel campo della cooperazione a sostegno e sviluppo della rete dei produttori dei
prodotti del commercio equo e solidale previsti dall’articolo 4.
Art. 7 giornata regionale e fiera del commercio equo e solidale
1. La Regione, al fine di promuovere la conoscenza e la diffusione del commercio equo e solidale,
patrocina la giornata del commercio equo e solidale, promossa annualmente dai soggetti iscritti
nell’elenco di cui all’articolo 5, quale momento d’incontro tra la comunità regionale e la realtà del
commercio equo e solidale, e una fiera per la promozione e la vendita dei prodotti del commercio
equo e solidale.
Art. 8 disposizioni attuative
1. La Regione, con regolamento da assumersi previo parere della Commissione consiliare
competente, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, individua:
a) i requisiti e le modalità di iscrizione delle organizzazioni del commercio equo e solidale
nell’elenco regionale previsto dall’articolo 5, nonché le ipotesi di sospensione e cancellazione dallo
stesso;
b) le tipologie di intervento da finanziare prioritariamente;
c) i criteri di ripartizione delle risorse tra gli interventi previsti dagli articoli 6 e 7.
Art. 9 clausola valutativa
1. Il Consiglio regionale esercita il controllo sull’attuazione della presente legge e valuta i risultati
conseguiti dagli interventi realizzati. A tal fine, la Giunta regionale presenta con cadenza triennale,
entro il mese di febbraio dell’anno successivo al triennio di riferimento, una relazione informativa
che documenta, tra i vari aspetti:
a) il numero e la tipologia delle organizzazioni del commercio equo e solidale iscritte nell’elenco
regionale di cui all’articolo 5, con indicazione dei soggetti finanziati;
b) l’ordine di priorità seguito nel finanziamento degli interventi e i criteri di ripartizione delle
risorse, con evidenza della tipologia delle iniziative finanziate;
c) le attività svolte e i risultati conseguiti dalle organizzazioni del commercio equo e solidale, con
loro eventuali proposte.
Art. 10 aiuti di stato
1. Tutte le agevolazioni previste dalla presente legge sono concesse in conformità alla normativa
“de minimis”.
Art. 11 norma transitoria
92
1. Fino all’istituzione dell’elenco regionale previsto dall’articolo 5 possono accedere ai
finanziamenti previsti dalla presente legge:
a) i soggetti la cui attività non persegue scopo di lucro, organizzati in forma collettiva, in possesso
di uno statuto che sancisce un ordinamento a base democratica, i quali operano in forma stabile nel
territorio regionale che sono iscritti nel registro italiano delle organizzazioni di commercio equo e
solidale (RIOCES) o che nello statuto hanno il commercio equo e solidale come punto
fondamentale e che operano nella Regione Friuli Venezia Giulia da almeno tre anni;
b) coloro che hanno ottenuto il riconoscimento di Bottega del Mondo ai sensi dell’articolo 26 della
legge regionale 29/2005.
Art. 12 abrogazioni alla legge regionale 29/2005
1. L’articolo 26 della legge regionale 29/2005 è abrogato.
2. Il comma 4 dell’articolo 80 della legge regionale 29/2005 è abrogato.
Art. 13 norma finanziaria
1. Per le finalità previste dagli articoli 6 e 7 è autorizzata la spesa di 50.000 euro per l’anno 2014, a
carico dell’unità di bilancio 1.5.1.1033 e del capitolo 9364 di nuova istituzione nello stato di
previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2014-2016 e del bilancio per l’anno 2014
con la denominazione “Interventi regionali per lo sviluppo del commercio equo solidale.
2. All’onere di 50.000 euro per l’anno 2014 derivante dal disposto di cui al comma 1 si provvede
mediante storno di pari importo a carico dell’unità di bilancio 9.1.1.1153 e del capitolo 1600 dello
stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2014-2016 e del bilancio per
l’anno 2014.
La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione. Fatto obbligo a
NOTE
Avvertenza
Il testo delle note qui pubblicate è stato redatto ai sensi dell’articolo 2 della legge regionale 13
maggio 1991, n. 18, come da ultimo modificato dall’articolo 85, comma 1, della legge regionale
30/1992, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali è
operato il rinvio.
Restano invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Nota all’articolo 1
- Il testo dell’articolo 1 della legge regionale 30 ottobre 2000, n. 19 è il seguente:
Art. 1 finalità della legge
1. La Regione, al fine di contribuire alla realizzazione di uno sviluppo equo e sostenibile, alla lotta
contro la povertà, alla solidarietà tra i popoli e alla democratizzazione dei rapporti internazionali,
promuove e sostiene l’attività di cooperazione allo sviluppo e l’attività di partenariato
internazionale.
2. Gli interventi sono indirizzati a favorire lo sviluppo sostenibile delle comunità locali interessate
attraverso:
a) la salvaguardia della vita umana;
b) il soddisfacimento dei bisogni primari;
c) l’autosufficienza alimentare;
d) la promozione e la difesa della democrazia e dei diritti civili e politici e dei diritti del lavoro;
e) la valorizzazione delle risorse umane;
f) il mantenimento dell’identità culturale;
g) la conservazione del patrimonio ambientale;
h) la crescita economica, sociale e culturale;
i) la realizzazione di pari opportunità fra i generi ed il miglioramento della condizione dell’infanzia;
l) le attività di ricostruzione e riabilitazione in seguito a calamità e/o conflitti bellici.
3. La cooperazione allo sviluppo promossa e realizzata dalla Regione, dalle comunità locali
attraverso le proprie rappresentanze istituzionali e associative è definita “cooperazione decentrata”.
93
Tale cooperazione presuppone un analogo coinvolgimento delle comunità locali dei Paesi
interessati.
4. L’esercizio in forma decentrata mira a promuovere i valori della cooperazione allo sviluppo nella
comunità regionale e, in particolare, nelle sue espressioni culturali e sociali.
5. Per le finalità indicate al comma 1, la Regione promuove e sostiene iniziative di cooperazione
allo sviluppo e di partenariato internazionale realizzate da organismi pubblici e privati operanti nel
proprio territorio.
5 bis. Per le finalità indicate al comma 1, la Regione assume altresì iniziative dirette, anche in
attuazione di programmi statali, dell’Unione europea e di Organizzazioni internazionali.
6. La Regione partecipa, promuovendone altresì la realizzazione, ai progetti di cooperazione con
altre Regioni ed Enti locali europei e mediterranei, con particolare riferimento ai progetti concordati
nell’ambito dell’Assemblea delle Regioni d’Europa, della Conferenza delle Regioni periferiche e
marittime d’Europa e dell’Osservatorio interregionale sulla cooperazione allo sviluppo.
LAZIO
DD 6.10014, n. G14138 - Legge Regionale 13 giugno 2001, n. 13 "Riconoscimento della funzione
sociale ed educativa degli oratori" - Scorrimento della graduatoria relativa alla valutazione degli
interventi presentati per l'annualità 2013, ai sensi dell'art. 2 comma 1 bis, finanziamento di n. 28
progetti ammessi a finanziamento di cui alla determinazione dirigenziale n. G10111 del
14/07/2014.Impegno di spesa di 106.400,00 sul Capitolo R31917 – Esercizio Finanziario 2014 2015. (BUR n.92 del 18.11.14)
Note
Sono finanziaTI per la effettiva disponibilità in competenza sul capitolo di bilancio R31917, altri n°
28 progetti che hanno ottenuto un punteggio pari o superiore a 41, così come indicato nell’allegato
A, che è parte integrante della presente determinazione (a cui si rinvia).
DD 12.11.14, n. G16063 – Leggi regionali del 27 giugno 1996, n. 24 e del 20 ottobre 1997, n. 30 e
successive modifiche ed integrazioni. Cancellazione dall'albo regionale delle cooperative sociali
della cooperativa sociale denominata "P.G. Melanie Klein cooperativa sociale" codice fiscale
02006900563, con sede legale nel comune di Civitavecchia (Roma) largo plebiscito 23 , c.a.p.
00053: sezione A. (BUR n. 93 del 20.11.14)
Note
Viene disposta la cancellazione della cooperativa sociale “P.G. Melanie Klein cooperativa sociale”
codice fiscale 00512240771, con sede legale nel comune di Civitavecchia (RM) largo plebiscito 23,
c.a.p. 00053 dall’albo regionale delle cooperative sociali sezione: A.
DD 12.11.14, n. G16066 - Leggi regionali del 27 giugno 1993, n . 29 e del 20 ottobre 1997, n. 30 e
successive modifiche ed integrazioni. Iscrizione all'albo regionale delle cooperative sociali della
cooperativa sociale denominata "Terre verdi società cooperativa sociale onlus" codice fiscale
11671421003 con sede legale in via santa Anatolia 25, c.a.p. 00025, Gerano (Viterbo) sezione B.
(BUR n. 93 del 20.11.14)
Note
Viene disposta l’iscrizione della cooperativa sociale “terre verdi società cooperativa sociale onlus”,
codice fiscale 11671421003 con sede legale nel comune di Gerano (Viterbo) via santa Anatolia 25,
c.a.p. 00025 all’albo regionale delle cooperative sociali di cui all’articolo 3 della legge regionale del
27 giugno
1996, n. 24 come modificata dalla legge regionale 20 ottobre 1997, n 30. Sezione B dal 14
settembre 2014.
DD 12.11.14, n. G16068 - Leggi regionali del 27 giugno 1996, n. 24 e del 20 ottobre 1997, n. 30 e
successive modifiche ed integrazioni. Variazione di denominazione e sede legale della cooperativa
sociale "Parsec servizi cooperativa sociale a.r.l." codice fiscale 04489641003 con sede in Roma
viale Jonio s.n.c., c.a.p. 00141 iscritta nell'albo regionale delle cooperative sociali – sezione A, in
94
"Pixi cooperativa sociale a.r.l." con sede in Ladispoli (Roma) via Yvon de Begnac 31, c.a.p. 00055.
(BUR n. 93 del 20.11.14)
Note
Viene preso atto della modifica della denominazione e della sede della cooperativa sociale “Parsec
servizi cooperativa sociale a.r.l.” codice fiscale 04489641003 con sede in Roma viale Jonio snc,
c.a.p. 00141, iscritta nell’albo regionale delle cooperative sociali sezione A, in “Pixi servizi
cooperativa sociale a.r.l.” con sede in Ladispoli (Roma) via Yvon de Begnac 31, c.a.p. 00055.
DD 6.10-14, n. G14200 - Legge Regionale 13 giugno 2001, n. 13 "Riconoscimento della funzione
sociale ed educativa degli oratori" - Scorrimento della graduatoria relativa alla valutazione dei
progetti presentati per l'annualità 2013, finanziamento di n. 64 progetti ammessi a finanziamento di
cui alla determinazione dirigenziale n. G10314 del 17/07/2014. Impegno di spesa di € 256.400,00
sul Capitolo R31917 – Esercizio Finanziario 2014 - 2015. (BUR n. 94 del 25.11.14)
Note
Sono finanziati per la effettiva disponibilità in competenza sul capitolo di bilancio R31917, altri n°
64 progetti che hanno ottenuto un punteggio pari o superiore a 42, così come indicato nell’allegato
A, che è parte integrante della presente determinazioneDD 13.11.14, n. G16203 - Approvazione graduatorie. Avviso Pubblico denominato "Fraternità:
promozione di nuove frontiere per l'integrazione sociale" di cui alle determinazioni dirigenziali del
10 luglio 2014, n. G09997 e del 29 luglio 2014, n. G10920. (BUR n. 94 del 25.11.14)
Note
Sono approvati, ai fini della realizzazione degli interventi di cui alle determinazioni dirigenziali del
10 luglio 2014, n. G09997 e del 29 luglio 2014, n. G10920, quale parte integrante e sostanziale
della presente determinazione, gli elenchi delle graduatorie finali, di cui “Allegato1”, ”Allegato 2”,
“Allegato 3”, “Allegato 4” e “Allegato 5”, che formano parte integrante e sostanziale del presente
provvedimento:
Allegato 1 - elenco dei progetti ammessi e finanziati nell’ambito territoriale di “Roma
Capitale”, per un totale di n. 97 progetti, con l’indicazione dei beneficiari, dei contributi
assegnati, e delle aree d’intervento di cui all’art. 2 dell’Avviso Pubblico:
Area A ammessi e finanziati n. 21 progetti;
Area B ammessi e finanziati n. 19 progetti;
Area C ammessi e finanziati n. 57 progetti
Allegato 2 - elenco dei progetti ammessi e finanziati nell’ambito territoriale “Resto del territorio
regionale (esclusa Roma Capitale)”, per un totale di n. 115 progetti, con l’indicazione dei
beneficiari, dei contributi assegnati, e delle aree d’intervento di cui all’art. 2 dell’Avviso Pubblico:
Area A ammessi e finanziati n. 22 progetti;
Area B ammessi e finanziati n. 23 progetti;
Area C ammessi e finanziati n. 70 progetti.
Allegato 3 - elenco dei progetti ammessi ma non finanziabili nell’ambito territoriale di “Roma
Capitale” per mancanza di risorse disponibili, per un totale di n. 63 progetti, con l’indicazione dei
beneficiari, dei contributi assegnati, e delle aree d’intervento di cui all’art. 2 dell’Avviso Pubblico:
Area A ammessi e non finanziati n. 1 progetto;
Area B ammessi e non finanziati n. 36 progetti;
Area C ammessi e non finanziati n. 26 progetti.
Allegato 4 - elenco dei progetti ammessi in graduatoria ma non finanziabili, nell’ambito territoriale
“Resto del territorio regionale (esclusa Roma Capitale)”, per mancanza di risorse disponibili, per un
totale di n. 20 con l’indicazione dei beneficiari, dei contributi assegnati, e delle aree d’intervento di
cui all’art. 2 dell’Avviso Pubblico:
Area A ammessi e non finanziati n. 0 progetti;
95
Area B ammessi e non finanziati n. 16 progetti;
Area C ammessi e non finanziati n. 4 progetti.
Allegato 5 - elenco dei progetti non ammessi ai sensi dell’art. 10 e dell’art. 11.2 dell’Avviso
pubblico, con le relative motivazioni di inammissibilità riscontrate, per un totale di n. 370 progetti.
Viene rinviato a successivo atto l’impegno della somma complessiva di 2.500.000,00
DD 14.11.14, n. G16295 - Legge regionale del 28 giugno 1993, n. 29 "Disciplina dell'attività di
volontariato nella Regione Lazio". Contributi per l'anno 2014. Approvazione della graduatoria.
Spesa Euro 875.000,00 sul Capitolo del bilancio regionale H41925, esercizio finanziario 2014 e
2015". (BUR n. 94 del 25.11.14)
Note
Sono approvate ed ammesse al contributo n. 53 Associazioni secondo la graduatoria di cui
all’elenco allegato n. 1 “Ammessi finanziabili”;
Viene i approvato l’elenco di n. 34 Associazioni di cui all’allegato n. 2 “Ammissibili ma non
finanziabili”;
Sono esclude n. 28 Associazioni di cui all’elenco allegato n. 3 “Esclusi”, per le motivazioni a
fianco di ciascuno indicate.
NB
Si rinvia alla lettura integrale per gli allegati
LIGURIA
DGR 24.10.14 n. 1323 - Individuazione delle reti territoriali per l'erogazione degli interventi della
"Garanzia per i Giovani in Liguria" ed approvazione dello schema di convenzione con la Regione
(d.G.R. 950/2014). (BUR n. 47 del 19.11.14)
Note
Viene preso atto che sono state presentate, entro il termine previsto del 22 settembre 2014, le
seguenti candidature per la partecipazione in concorso con i Centri per l’impiego, alle reti
territoriali per l’erogazione degli interventi nell’ambito dell’iniziativa Garanzia per i Giovani in
Liguria:
- Area Territoriale Imperia
Associazione Temporanea denominata: ATS Garanzia Giovani Imperia;
Soggetto proponente e capofila: S.E.I. – C.P.T. con sede a Imperia in Via privata G. Gazzano, n.24;
Composizione dell’AT: numero 18 Partner oltre al Capofila (relativamente alla misura 6 “Servizio
Civile” il Partner in ATS è rappresentato dall’ Associazione Centro Ascolto Caritas Sanremo
(capofila ATS 1 Imperiese Servizio Civile);
- Area Territoriale Savona
Associazione Temporanea denominata: Garanzia Giovani Savona
Soggetto proponente e capofila: Ente Scuola Edile della Provincia di Savona con sede a Savona in
Via Molinero, n. 4 rosso;
Composizione dell’AT: numero 17 Partner oltre al Capofila (relativamente alla misura 6 “Servizio
Civile” il Partner in ATS è rappresentato dalla Società Cooperativa Sociale Progetto Città);
- Area Territoriale Genova 1
Associazione Temporanea denominata: G.G.G. – Garanzia Giovani Genova;
Soggetto proponente e capofila: C.L.P. – Centro Ligure per la Produttività (associazione non
riconosciuta) con sede a Genova in via Boccardo, n.1;
Composizione dell’AT: numero 25 Partner oltre al Capofila (relativamente alla misura 6 “Servizio
Civile”, il Partner in ATS è rappresentato dal Consorzio Agorà Società Cooperativa Sociale);
- Area Territoriale Genova 2
Associazione Temporanea denominata: G.G.T. – Garanzia Giovani Tigullio;
Soggetto proponente e capofila: Opera Diocesana Madonna dei Bambini “Villaggio del Ragazzo”
con sede a Chiavari in Piazza N. S. dell’Orto, n. 7;
96
Composizione dell’AT: numero 17 Partner oltre al Capofila (relativamente alla misura 6 “Servizio
Civile” il Partner in ATS è rappresentato dal Consorzio Agorà Società Cooperativa Sociale);
- Area Territoriale La Spezia
Associazione Temporanea denominata: Garanzia Giovani La Spezia;
Soggetto proponente e capofila: C.C.I.A.A. - Camera di Commercio Industria Artigianato
Agricoltura di La Spezia con sede a La Spezia in Piazza Europa, n. 16;
Composizione dell’AT: numero 20 Partner oltre al Capofila (relativamente alla misura 6 “Servizio
Civile” il Partner in ATS è rappresentato dall’Associazione Mondo Nuovo Caritas);
Il Gruppo di Valutazione ha valutato positivamente i progetti presentati attribuendo a ciascuno di
essi un punteggio superiore a quello minimo richiesto di 600 punti su 1000, come stabilito al punto
20.2 dell’Invito di cui in premessa.
Viene approvata l’individuazione delle Associazioni Temporanee indicate nei progetti di cui sopra
quale Reti Territoriali per l’erogazione degli interventi della “Garanzia per i Giovani in Liguria” in
concorso con i Centri per l’Impiego di riferimento.
Viene approvare lo schema tipo di Convenzione tra la Regione Liguria e la Rete Territoriale
individuata per l’erogazione degli interventi nell’ambito dell’iniziativa Garanzia per i Giovani in
Liguria riportato in allegato A al presente provvedimento, quale sua parte integrante e necessari0 (a
cui si rinvia).
VENETO
DGR 28.10.14, N. 1965 - Comitato di gestione del Fondo speciale regionale - Rinnovo
rappresentanti delle organizzazioni di Volontariato. (L. 11.08.1991 n. 266; L.R. 30.08.1993 n. 40;
D.M. 8.10.1997). (BUR n. 110 del 18.11.14)
Note
Sono nominati, in seno al Comitato di Gestione del Fondo Speciale, quali rappresentanti delle
organizzazioni di volontariato, ai sensi dell'art. 2, comma 2 lettera b), del D.M. 8.10.1997, nonché ai
sensi dell'art. 14 quater L.R. 40/93 (art. 4 L.R. 1/95), i seguenti Signori: Giorgio Gobbo, Daniele
Mattiuzzo, Marilena Bertante e Francesco Magarotto.
La Conferenza regionale per il volontariato ha nominato, in seno al Comitato di Gestione del Fondo
Speciale, quali componenti con voto consultivo, i seguenti Signori: Luigi Lazzaro, Romeo Bristot,
Graziella Lazzari Peroni, Vani Franceschi, Oreste Ferrari, Marco Orsega
PROFESSIONI SOCIO-SANITARIE
LAZIO
DGR 4.11.14, n. 744 - Modifica ed integrazione alla D.G.R. 2 settembre 2011, n. 381: "Concessione
dell'autorizzazione allo svolgimento di corsi di formazione di riqualificazione per Operatore Socio
Sanitario in regime di autofinanziamento". (BUR n. 92 del 18.11.14)
Note
Le Aziende sanitarie della Regione Lazio sono autorizzate ad attuare corsi di riqualificazione
professionale, per il conseguimento dell’attestato di O.S.S., rivolti al personale operante presso le
strutture accreditate al sistema sanitario regionale ed inquadrato con le mansioni di AUSILIARIO
SANITARIO o in possesso del titolo di ADEST o di OTA.
Gli oneri finanziari necessari all’attuazione dei corsi di riqualificazione, simulati nell’Allegato A
della presente deliberazione, sono a valere delle risorse residue del POR Lazio FSE 2007/2013.
Viene destinata al finanziamento dei corsi di riqualificazione la complessiva somma di €
500.000,00, con fondi a valere sulle risorse del Fondo Sociale Europeo, Obiettivo Competitività
Regionale e Occupazione, P.O.R. 2007-2013, Asse I Capitolo A39502
PROGRAMMAZIONE SOCIO-SANITARIA
97
TOSCANA
DCR 5.11.14, n. 91 - Piano sanitario e sociale integrato regionale 2012 - 2015. (BUR n. 55 del
19.11,14)
IL CONSIGLIO REGIONALE
Visto il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria a
norma dell’accordo dell’art. 1 Legge 421 del 23 ottobre 1992);
Visto l’articolo 19 della legge regionale 24 febbraio 2005, n. 40 (Disciplina del servizio sanitario
regionale), che individua i contenuti del Piano sanitario e sociale integrato regionale;
Visto l’articolo 27 della legge regionale 24 febbraio 2005, n. 41 (Sistema integrato di interventi e
servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale), secondo cui la programmazione regionale
degli interventi e servizi sociali è defi nita dal piano sanitario e sociale integrato regionale sopra
citato;
Richiamato lo schema del piano sanitario nazionale 2011 - 2013, trasmesso per l’intesa alla
Conferenza Stato Regioni in data 6 luglio 2011;
Vista la legge regionale 2 agosto 2013, n. 44 (Disposizioni in materia di programmazione
regionale), che abroga e sostituisce la legge regionale 11 agosto 1999, n. 49 (Norme in materia di
programmazione regionale);
Visto. in particolare. l’articolo 17, comma 3, della l.r. 44/2013, ai sensi del quale i procedimenti di
elaborazione di piani e programmi già avviati alla data di entrata in vigore della medesima legge si
concludono secondo le norme vigenti al momento del loro avvio;
Visto il regolamento emanato con decreto del Presidente della Giunta regionale 23 giugno 2011, n.
24/R
(Regolamento di disciplina del processo di formazione, monitoraggio e valutazione degli strumenti
di programmazione di competenza della Regione ai sensi dell’articolo 16 della legge regionale 11
agosto 1999, n. 49 “Norme in materia di programmazione regionale” e dell’articolo 35 della legge
regionale 12 febbraio 2010, n. 10 “Norme in materia di valutazione ambientale strategica (VAS), di
valutazione di impatto ambientale (VIA) e di valutazione di incidenza”);
Vista la decisione della Giunta regionale 27 giugno 2011, n 2 (Modello analitico per l’elaborazione,
il monitoraggio e la valutazione dei piani e programmi re gionali);
Preso atto degli indirizzi di legislatura relativi alle politiche integrate socio sanitarie contenuti
all’interno
dell’Area tematica Diritti di cittadinanza e coesione sociale del programma regionale di sviluppo
2011 – 2015 approvato con risoluzione del Consiglio regionale 29 Giugno 2011, n. 49, nonché
quelli previsti nel documento di programmazione economico e fi nanziaria (DPEF) per l’esercizio
2014 approvato con risoluzione del Consiglio regionale 18 dicembre 2013, n. 219;
Richiamata la decisione della Giunta regionale 27/2011, con la quale è stata approvata l’informativa
preliminare del piano sanitario e sociale integrato regionale 2012 - 2015, disponendone la
trasmissione al Consiglio regionale in osservanza dell’articolo 48 dello Statuto;
Udita la sopracitata informativa, tenuta dalla Giunta regionale durante la seduta consiliare del 28
settembre 2011 ai sensi dell’articolo 48 dello Statuto e preso atto del dibattito svolto sulla stessa;
Vista la deliberazione della Giunta regionale 7 febbraio 2014, n. 74 (Emendamenti alla proposta di
deliberazione al Consiglio regionale n. 38 del 19 dicembre 2011 “Piano Sanitario e Sociale
Integrato Regionale 2012- 2015”);
Vista la nota 31 marzo 2014, prot. 6422/2.14.2, con la quale il Presidente del Consiglio regionale
comunica al Presidente della Quarta Commissione consiliare che:
- il Collegio di garanzia statutaria in data 14 marzo 2014 ha espresso parere ai sensi dell’articolo 14
bis della legge regionale 4 giugno 2008, n. 34 (Costituzione e funzionamento del Collegio di
garanzia), in merito alla proposta di emendamenti di cui alla deliberazione della Giunta regionale 7
febbraio 2014, n. 74 (Emendamenti alla P.D.C.R. n. 38 del 19 dicembre 2011 - “Piano sanitario e
sociale integrato regionale 2012 - 2015”;
98
- il Collegio di garanzia statutaria ha rilevato l’irregolarità del procedimento di concertazione
formalmente attuato sui predetti emendamenti per la mancata presentazione al Consiglio regionale
di specifico documento preliminare, come richiesto ai fi ni dello svolgimento delle attività
disciplinate dall’articolo 48 dello Statuto e dall’articolo 155 del regolamento interno 27
gennaio2014, n. 12 (Regolamento dell’Assemblea legislativa regionale);
- lo stesso Presidente del Consiglio regionale ha proposto ai Presidenti dei gruppi consiliari,
appositamente riuniti in data 19 marzo 2014, di sanare tale difetto procedurale proponendo alla
Quarta Commissione consiliare di preordinare, a qualunque ulteriore iniziativa sul piano sanitario e
sociale integrato regionale 2012 - 2015, la convocazione dei soggetti presenti ai tavoli di
concertazione
istituzionale e generale;
Vista la nota 8 aprile 2014, con la quale il Presidente del Consiglio regionale, acquisiti gli
orientamenti della Quarta commissione consiliare, al fi ne di sanare il predetto vizio procedurale,
convoca due incontri della Quarta commissione consiliare con i soggetti del tavolo di concertazione
istituzionale e generale;
Sottolineato che in data 17 aprile 2014 la Commissione ha provveduto a svolgere i predetti incontri;
Considerati i positivi esiti delle attività di concertazione precedentemente posti in essere dalla
Giunta regionale tramite la Conferenza regionale delle Società della salute riunitasi in data 18
novembre, e del tavolo di concertazione generale riunitosi in data 22 novembre 2011, nonché i
positivi pareri espressi dalla Conferenza regionale delle Società della salute in data 19 dicembre
2011 e dal Consiglio sanitario regionale in data 18 novembre 2011;
Considerato che la Giunta regionale ha defi nito la proposta di piano sanitario e sociale integrato
regionale 2012 - 2015 in conformità alle disposizioni in materia di programmazione regionale;
Dato atto che le risorse coinvolte sono coerenti con gli stanziamenti della legge regionale 24
dicembre 2013, n. 78 (Bilancio di previsione per l’anno fi nanziario 2014 e pluriennale 2014 2016);
Vista l’allegato A (Piano sanitario e sociale integrato regionale 2012 - 2015), che costituisce parte
integrante e sostanziale del presente atto;
Visto il parere istituzionale favorevole della Prima Commissione consiliare espresso nella seduta del
8 febbraio 2012;
Visto il parere favorevole del Consiglio delle autonomie locali espresso nella seduta del 21 marzo
2012 e
ritenuto di recepire le raccomandazioni ivi contenute;
Visto il parere favorevole della Commissione per le pari opportunità espresso nella riunione del 1°
luglio
2014;
Visto il parere favorevole della Commissione di Controllo espresso nella seduta del 24 gennaio
2012;
Visto il parere favorevole della Conferenza permanente delle autonomie sociali espresso nella
seduta del
7 febbraio 2012;
DELIBERA
1. di approvare il piano sanitario e sociale integrato regionale 2012 - 2015, di cui all’allegato A,
parte integrante e sostanziale della presente deliberazione;
2. di prendere atto che il complesso delle risorse attivabili per le politiche integrate socio sanitarie
nel biennio 2014 - 2015 ammonta ad euro 13.583.254.650,87 per la parte sanitaria, ed euro
483.850.799.63 per la parte sociale, come meglio specificato nel quadro finanziario di riferimento
pluriennale di cui al paragrafo 9.4 della sezione contenutistica del piano;
3. di stabilire che la Giunta regionale provveda all’adozione degli atti deliberativi di attuazione del
piano;
99
4. di stabilire che la Giunta regionale provveda al monitoraggio annuale del piano, così come
previsto nella sezione valutativa del piano stesso, anche al fine di predisporre modifiche,
integrazioni e aggiornamenti;
5. di dare atto che le risorse regionali relative al piano, per la parte non impegnata, possono essere
annualmente aggiornate in relazione alle previsioni della legge di bilancio, così come previsto
dall’articolo 15, comma 3, della legge regionale 6 agosto 2001, n. 36 (Ordinamento contabile della
Regione Toscana).
Piano Sanitario e Sociale Integrato Regionale 2012 – 2015
NB
In considerazione della notevole complessità del provvedimento, che richiede una sintesi
ragionata ed approfondita, si riporta di seguito il sommario, rinviando alla lettura integrale
del testo
Sommario
A - SEZIONE CONTENUTISTICA ..................................................................................................................
1.1. Riferimenti normativo-programmatici ......................................................................................
1.2. Quadro Contestuale ...................................................................................................................
1.3. Quadro Conoscitivo ....................................................................................................................
1.4. Risultati del ciclo di programmazione precedente ...................................................................
1.5. Per una sanità pubblica, di qualità, accessibile a tutti ............................................................
1.6. Gli obiettivi generali ...................................................................................................................
1.7. Gli obiettivi specifici ...................................................................................................................
2. La piramide della salute: le azioni .............................................................................................
2.1. La prevenzione, la promozione della salute e dei diritti di cittadinanza: la salute in
tutte le politiche ....................................................................................................................................
2.1.1. Gli stili di vita e la salute ........................................................................................................
2.1.2. Il diritto di vivere in salute e sicurezza .................................................................................
Salute e ambiente ..............................................................................................................................
2.1.3. I diritti di cittadinanza ...........................................................................................................
2.1.4. Il diritto alla casa ...................................................................................................................
2.1.5. Il diritto di crescere in salute ................................................................................................
2.1.6. Il contrasto alla fragilità e alle disuguaglianze ....................................................................
2.1.7. Botteghe della Salute .............................................................................................................
2.2. L’emersione del disagio sociale e la graduale perdita della salute .........................................
2.2.1. La sanità d’iniziativa: dall’attesa alla ricerca attiva .............................................................
2.2.2. L’accesso ai servizi della popolazione immigrata.................................................................
2.2.3. Il sostegno alle persone e alle famiglie ................................................................................
2.2.4. Le risposte alla condizione carceraria ...................................................................................
2.3. Prendersi cura ............................................................................................................................
2.3.1. Garantire la continuità attraverso i percorsi integrati .........................................................
2.3.2. La risposta all’emergenza ......................................................................................................
2.3.3. La risposta al bisogno acuto ..................................................................................................
2.3.4. Curare la persona e non la malattia ......................................................................................
2.3.5. Prendersi cura del dolore .......................................................................................................
2.3.6. La risposta territoriale ai bisogni: le cure primarie sanitarie e sociali ...............................
2.3.7. La punta della piramide .........................................................................................................
3. QUALITA’ , SICUREZZA E APPROPRIATEZZA ........................................................................
3.1. Il rischio clinico ..........................................................................................................................
3.1.1. Controllo delle infezioni correlate all’assistenza ..................................................................
3.1.2. L’emergenza intraospedaliera ...............................................................................................
3.2. L’appropriatezza nell’uso delle risorse .....................................................................................
3.2.1. L’appropriatezza sul Farmaco................................................................................................
3.2.2. L’appropriatezza sulla Diagnostica .......................................................................................
3.2.3. L’appropriatezza sui Dispositivi ............................................................................................
3.2.4. L’appropriatezza sulla Genetica ............................................................................................
3.2.5. L’appropriatezza sulle Medicine complementari e non convenzionali ................................
3.3. Il sistema di autorizzazione al funzionamento e l’accreditamento ........................................
3.3.1. Sanitario.................................................................................................................................
3.3.2. Sociale ....................................................................................................................................
4. IL PATTO CON I CITTADINI ...................................................................................................
4.1. Una comunicazione aperta e accessibile ..................................................................................
4.1.1. Modelli informativi orientati all’utenza: dalla comunicazione di base alle
sperimentazioni sul web ....................................................................................................................
4.2. Le indagini di soddisfazione e l’analisi dei cluster a supporto dell’equità ..............................
100
4.3. Gli strumenti della partecipazione: dalla carta dei servizi ai comitati ....................................
4.4. Salute e la medicina di genere ..............................................................................................
4.5. La tutela della Privacy ............................................................................................................
5. IL RUOLO DEI PROFESSIONISTI ...........................................................................................
5.1. I nuovi ruoli ............................................................................................................................
5.2. Il personale convenzionato ...................................................................................................
5.3. La salute organizzativa ..........................................................................................................
5.4. Il disagio lavorativo dei professionisti della sanità ............................................................
6. GOVERNANCE ISTITUZIONALE E ASSETTI ORGANIZZATIVI ..............................................
6.1. La Governance Istituzionale ..................................................................................................
6.2. La coerenza programmatica: dal PSSIR al Piano di Area Vasta al PAL/PAO al Piano
Integrato di Salute .............................................................................................................................
6.3. L’organizzazione della rete dei servizi e gli attori del sistema ............................................
6.3.1. Area Vasta, Integrazione dei servizi socio-sanitari e socio assistenziali, ESTAR ...........
6.3.2. La rete del Welfare della Toscana: il ruolo degli Enti Locali, le Organizzazioni
Sindacali e il Terzo Settore ............................................................................................................
6.3.3. Gli Istituti Scientifici ..........................................................................................................
6.3.4. Gli altri soggetti ..................................................................................................................
6.3.5. Il governo delle specificità geografiche: aree insulari e montane ..................................
6.3.6. Il ruolo delle farmacie aperte al pubblico nel territorio ..................................................
7. INNOVAZIONE, RICERCA E FORMAZIONE ............................................................................
7.1. Ricerca ...................................................................................................................................
7.2. Telemedicina e teleassistenza ...............................................................................................
7.3. Sistema informativo e tecnologie informatiche ...................................................................
7.3.1. La Carta Sanitaria Elettronica ...........................................................................................
7.3.2. Il sistema informativo della Prevenzione .........................................................................
7.3.3. Il sistema informativo sociale ...........................................................................................
7.4. La formazione in sanità.........................................................................................................
7.4.1 La formazione continua in sanità (ECM) ...........................................................................
7.4.2. La formazione di competenze specifiche ..........................................................................
7.4.3. Le sfide del futuro: la formazione di alta specializzazione e di eccellenza ....................
7.4.4. E-Learning - Formazione a distanza - F@D .......................................................................
7.4.5. I percorsi formativi dei professionisti del sociale e del socio-sanitario .........................
7.5. Le Università ...........................................................................................................................
7.5.1. Il ruolo delle Università Toscane nella formazione in campo socio-sanitario .................
7.5.2. I rapporti Sistema Socio-Sanitario-Università nel campo dell’attività assistenziale ......
7.5.3. Modelli avanzati di integrazione a valenza regionale tra Università e Sistema SocioSanitario nel campo della formazione, ricerca scientifica ed assistenza ....................................
7.5.4. Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ....................................................................................
7.5.5. Museo della Medicina e dell’Assistenza ............................................................................
7.6. Relazioni internazionali .........................................................................................................
7.6.1. Internazionalizzazione del sistema socio-sanitario .........................................................
7.6.2. Rapporti con l’Unione Europea ..........................................................................................
7.6.3. Rapporti con l’Organizzazione Mondiale della Sanità ......................................................
7.6.4. Progetto Mattone internazionale ......................................................................................
7.7. Cooperazione Sanitaria Internazionale ................................................................................
8. SISTEMA DI GOVERNANCE REGIONALE ...........................................................................
8.1. IL GOVERNO CLINICO ............................................................................................................
8.1.1. Strumenti, responsabilità, finalità ....................................................................................
8.1.2. Il Consiglio Sanitario Regionale ........................................................................................
8.1.3. Il Centro Regionale Sangue ...............................................................................................
8.1.4. Organizzazione Toscana Trapianti ....................................................................................
8.1.5. La bioetica in Toscana ........................................................................................................
8.2. LA VALUTAZIONE DEI RISULTATI .........................................................................................
8.2.1. La relazione sanitaria regionale e aziendale e la relazione sociale regionale ................
8.2.2. La valutazione dei processi e degli esiti ...........................................................................
8.2.4. Gli effetti attesi e la valutazione di risultato delle politiche sociali ................................
8.2.5. L’Osservatorio Sociale Regionale ......................................................................................
9. LE RISORSE ...............................................................................................................................
9.1. Assetti economici ...................................................................................................................
9.1.1. Il Fondo Sanitario Regionale .............................................................................................
9.1.2. Il Fondo Sociale Regionale ......................................................................................................
9.1.3. Criteri di ripartizione economica ...........................................................................................
9.1.4. Il Finanziamento Ordinario alle Sds/Zone distretto per il mantenimento e il
sostegno del sistema degli interventi e dei servizi sociali ...............................................................
9.1.5. Il Fondo di Solidarietà Interistituzionale..............................................................................
9.1.6. Il sistema tariffario ................................................................................................................
9.1.7. I controlli regionali sui bilanci e sulla gestione delle Aziende Sanitarie ............................
9.1.8. Il controllo di gestione a livello Regionale .............................................................................
101
9.1.9. Amministrazione e controllo della sanità toscana: gli scenari futuri ...................................
9.2. Valutazione, programmazione, adeguamento e innovazione tecnologico-strutturale ..........
9.2.1. La valutazione tecnologico-strutturale in sanità ................................................................
9.2.2. Programmazione, obiettivi ed azioni per la realizzazione degli investimenti in sanità .....
9.3. Patrimonio storico artistico ............................................................................................................
9.4. Quadro finanziario di riferimento pluriennale ..........................................................................
10. ALLEGATI ........................................................................................................................................
10.1. I livelli essenziali di assistenza e i pesi per classe di età .........................................................
10.2. Lo sviluppo organizzativo dei Dipartimenti di Prevenzione ....................................................
10.3. Orientamenti generali per la costituzione degli assetti organizzativi aziendali ....................
10.4. Il Nomenclatore degli interventi e dei servizi sociali e i livelli essenziali delle
prestazioni sociali ..................................................................................................................................
10.5. Protocollo di Intesa tra la Regione Toscana e le Università degli Studi di Firenze, Pisa
e Siena ...................................................................................................................................................
11. APPENDICE ................................................................................................................................
11.1. Individuazione delle modalità di confronto esterno ................................................................
11.2 Definizione del cronogramma di elaborazione del Piano ...........................................................
B - SEZIONE VALUTATIVA ......................................................................................................................
1. Valutazione di coerenza esterna ......................................................................................................
1.1. Coerenza esterna verticale con PRS e PIT ...................................................................................
1.2. Coerenza esterna orizzontale ........................................................................................................
2. Valutazione di coerenza interna ...............................................................................................
2.1. Coerenza interna verticale ............................................................................................................
2.2. Coerenza interna orizzontale ........................................................................................................
3. Analisi di fattibilità finanziaria .........................................................................................................
4. Valutazione degli effetti attesi ........................................................................................................
5. Sistema di monitoraggio ....................................................................................................................
GLOSSARIO degli acronimi presenti nel Piano ..................................................................................
RISOLUZIONE 5 novembre 2014, n. 278 - Risoluzione approvata nella seduta del Consiglio
regionale del 5 novembre 2014 collegata alla deliberazione 5 novembre 2014, n. 91 (Piano sanitario
e sociale integrato regionale 2012 - 2015). Per il riordino normativo dell’organizzazione del servizio
sanitario regionale. (BUR n. 55 del 19.11.14)
IL CONSIGLIO REGIONALE
Premesso che il diritto alla salute si pone fra i diritti fondamentali dell’individuo e la sua garanzia é
elemento che contraddistingue ogni società civile;
Considerata la particolare contingenza economica che ha colpito la società negli ultimi anni;
Considerato che:
- il perdurare nel tempo di tale diffi cile situazione ha inevitabilmente inciso anche sulle risorse
pubbliche, investendo anche il sistema sanitario nazionale in virtù delle sue stesse caratteristiche di
universalità ed equità;
- anche il sistema sanitario della Toscana ha risentito, di conseguenza, in termini di disponibilità di
risorse, della difficile situazione economica generale, con restrizioni in termini di finanza pubblica,
sia sul versante delle effettive risorse disponibili, sia sull’inasprimento dei vincoli posti alla spesa;
- la Regione Toscana ha affrontato tale situazione impegnandosi al mantenimento della quantità e
della qualità dei servizi e delle prestazioni del sistema, rispondendo alla contrazione delle risorse
disponibili e ai vincoli imposti alla spesa pubblica attraverso iniziative tese all’ottimizzazione delle
risorse e all’efficientamento dei servizi, come contenuto nel piano sanitario e sociale integrato
regionale 2012 - 2015, approvato deliberazione del Consiglio regionale 5 novembre 2014, n. 91.
Tali iniziative si sono concretizzate sia in interventi di revisione dei processi organizzativi, sia in
interventi di implementazione
dell’efficienza del sistema.
Preso atto della proposta di legge di stabilità per l’anno 2015, che prevede, unitamente ad
importanti interventi di razionalizzazione e revisione dei modelli nei diversi ambiti degli assetti
istituzionali, un’ulteriore contrazione delle risorse destinate alle regioni;
Rilevato che la suddetta contrazione di risorse, anche in presenza di ulteriori e programmati
interventi di ottimizzazione della spesa pubblica regionale residuale, inevitabilmente inciderà sulla
102
spesa sanitaria, stanti le caratteristiche di universalità, equità ed efficienza del servizio sanitario
regionale;
Ritenuto pertanto necessario, al fi ne di continuare a garantire i servizi sanitari regionali e l’elevata
qualità degli stessi, nella conferma dei principi di universalità ed equità, affrontare la riduzione delle
disponibilità finanziarie per la sanità toscana attraverso lo strumento di ulteriori iniziative di
razionalizzazione del servizio sanitario regionale concernenti un generale processo di riassetto
organizzativo dello stesso;
IMPEGNA
IL PRESIDENTE E LA GIUNTA REGIONALE
a presentare, quanto prima, una proposta di revisione complessiva dell’organizzazione del servizio
sanitario regionale, con particolare attenzione all’attuale assetto delle aziende e degli enti dello
stesso, nel rispetto dei seguenti principi:
- garanzia del mantenimento del livello e della qualità dei servizi erogati ai cittadini; tendendo conto
del sistema integrato socio-sanitario e delle eccellenze del territorio;
- promozione di processi di riassetto organizzativo in grado di realizzare contestualmente
un’ottimizzazione delle risorse ed un efficientamento dei servizi, attraverso un’ulteriore
implementazione dei livelli di appropriatezza delle cure;
- incremento dei processi di razionalizzazione dei costi strutturali dei servizi, favorendo la
semplificazione delle procedure, nonché la revisione dei modelli di erogazione dei servizi stessi
nella conferma dell’universalità, equità ed efficienza del sistema.
SANITA’
BASILICATA
DGR 10.10.14, n. 1231 - D.G.R. n. 989 dell'8 agosto 2014. Attivazione del Centro Regionale
Sangue.
DGR 28.10.14, n. 1276 - Recepimento della Deliberazione del Direttore Generale dell’Azienda
Sanitaria Locale di Potenza (ASP) n. 2014/00420 del 5/08/2014 recante l’approvazione del progetto
di cui al documento tecnico-scientifico inerente al programma di campagna vaccinale
con il vaccino antipneumococcico 13 valente coniugato (PCV 13) verso la popolazione diabetica
lucana da parte degli Specialisti Diabetologi della stessa Azienda Sanitaria Locale, in attuazione
della D.G.R. n. 696/2013 (Programma di campagna vaccinale con vaccino antipneumococcico
13 valente verso gli anziani e le categorie a rischio. Documento tecnico-scientifico).
DGR 28.10.14, n. 1278 - D.G.R. n. 989 dell’8 agosto 2014. Sistema Trasfusionale in Basilicata.
Nomina Commissione Consultiva Regionale.
DGR 28.10.14, n. 1279 - D.G.R. n. 1034 del 3.09.2014. Commissione Ispettiva per Verifica
amministrativa presso l’Azienda Ospedaliera Regionale San Carlo di Potenza. Presa d’atto della
relazione a consuntivo dell’attività ispettiva.
Note
Viene preso e atto della Relazione a consuntivo dell’attività ispettiva trasmessa in data 17.10.2014
dalla Commissione Ispettiva Regionale di cui alla D.G.R. n. 1034 del 3.09.2014 e agli atti del
Dipartimento Politiche della Persona;
Viene demandata, ai sensi dell’art. 43 della citata L.R. n. 39/2001, al competente Dipartimento
Politiche della Persona la definizione degli eventuali provvedimenti gestionali- amministrativi
scaturenti dalla Relazione a consuntivo dell’attività ispettiva fermo restando l’esercizio del
controllo ai sensi dell’art. 44 della L.R. n. 39/2001 conseguenti ad una eventuale diversa
organizzazione dell’Azienda Ospedaliera Regionale San Carlo.
CAMPANIA
103
DGR 21.10.14, n. 477 - Reiscrizione nel bilancio, per l'esercizio finanziario 2014, delle economie
di spesa correlate ad entrate con vincolo di destinazione gia' accertate. Attuazione del programma di
potenziamento tecnologico e realizzazione di strutture destinate all'attivita' libero-professionale
intramuraria (ALPI), delle Aziende Sanitarie di cui alla DGRC n. 1219 del 6 luglio 2007. (BUR
n.77 del 10.11.14)
Note
PREMESSA
Con D. Lgs. 29 luglio 2000, n. 254 è stato previsto, aggiungendo l’art. 15 duodecies “Strutture per
l’attività liberoprofessionale” al D. Lgs. N. 502/92, che le Regioni provvedano alla definizione di
un programma di realizzazione di strutture sanitarie per l’attività libero-professionale intramuraria,
finanziato con risorse stanziate nell’ambito dei fondi di cui all’art. 20 della legge 67/88Pe0 r tali finalità, con D.M. 8 giugno 2001 sono stati assegnati alla Regione Campania euro
79.253.874,72, cui si aggiungono euro 4.171.256,56 a carico del bilancio regionale, per un totale di
risorse pari ad euro 83.425.131,28.
A seguito di specifica istruttoria viene reiscritto, ai sensi dell'art. 29, comma 4, lettera d), della L.R.
n.7/2002, l’importo di € 4.278.087,65 nella competenza del bilancio per l'e.f. 2014 sul capitolo di
spesa n. 7530 denominato “Strutture Sanitarie per l'Attivita' libero professionale intramuraria ai
sensi del D.M. Sanita' 8/6/2001” (Miss. 13, Prog. 05, Tit. 2, COFOG 07.1, IV Livello Piano dei
Conti 2.030.01.02.000, SIOPE 2.02.03, cod. id. trans. UE 4) al fine di consentire il pagamento di
lavori regolarmente eseguiti, certificati dalle aziende sanitarie titolari degli interventi per richieste di
somministrazioni già pervenute, nella misura della quota del 95% a carico dello Stato, come
dettagliato nell’allegata tabella (allegato n. 1).
DGR 10.11.14, n. 491 - Acquisizione di risorse al bilancio 2014, ai sensi dell'art.1, comma 16,
lettera l) della l.r. n.6/2013. progetti di ricerca sanitaria. (BUR n. 78 del 17.11.14)
LAZIO
Decreto del Commissario ad Acta 12 novembre 2014, n. U00370 - Linee d'indirizzo regionali su:
"Unità di Degenza a Gestione Infermieristica - Modello organizzativo" (BUR n. 93 del 20.11.14)
Note
Viene approvato il documento concernente le linee d'indirizzo regionali su: "Unità di Degenza a
Gestione Infermieristica - Modello organizzativo”, che costituisce parte integrante e sostanziale del
presente decreto, al fine di fornire un utile supporto alle Aziende Sanitarie per la realizzazione delle
Unità di Degenza a gestione Infermieristica.
Gruppo di Lavoro: Linee di indirizzo regionali su “Unità di Degenza a gestione
Infermieristica – Modello Organizzativo” (Determinazione Direzione Salute e Integrazione
Sociosanitaria 11 settembre 2014, n. G12842)
Introduzione
Con le presenti linee di indirizzo sulle unità operative di degenza infermieristica, la Regione Lazio
delinea i principi ed i criteri in base ai quali tali moduli organizzativi ai sensi di quanto disposto dai
Programmi Operativi 2013-2015 (DCA n.247/2014 - Adozione della nuova edizione dei Programmi
Operativi 2013 - 2015 a salvaguardia degli obiettivi strategici di Rientro dai disavanzi sanitari della
Regione Lazio) e dai correlati decreti regionali, dovranno essere istituiti nelle Aziende sanitarie del
Lazio
I principi di riferimento
I principi di riferimento comprendono l’appropriatezza delle cure in base alle effettive necessità
assistenziali di ciascuno, l’accessibilità ai servizi sanitari per tutte le persone presenti sul territorio
regionale, l’eticità nell’assistenza quale garanzia della qualità delle prestazioni infermieristiche
erogate e diretta assunzione di responsabilità dei professionisti infermieri a tutela della salute dei
cittadini assistiti nella gestione dei percorsi di continuità assistenziale.
104
Da questi principi generali discendono la centralità del cittadino nel processo di cura e la necessità
di valorizzazione delle risorse professionali degli Infermieri e degli operatori delle Professioni
Sanitarie del SSR, quale presupposto per l’innovazione organizzativa dei servizi ed il
miglioramento continuo della qualità dell’assistenza.
L’istituzione delle unità operative gestite dal personale infermieristico è una delle soluzioni
organizzative previste dai Programmi Operativi 2013-2015 (DCA 247 del 25/07/2014 e precedenti;
DCA n.87/2009) per riqualificare la rete dell’offerta ospedaliera e territoriale in senso orizzontale
secondo differenti livelli intensità di cura/complessità assistenziale in funzione del bisogno di
assistenza richiesto dalla persona in carico.
In coerenza con le linee di riorganizzazione del SSR previste dai suddetti Programmi Operativi,
nonché dagli obiettivi assegnati ai Direttori Generali delle Aziende sanitarie, le Aziende Sanitarie
hanno l’opportunità, nell’ambito della riorganizzazione dell’offerta territoriale e ospedaliera, di
sperimentare moduli di degenza a gestione organizzativa ed assistenziale infermieristica da
prevedere all’interno sia delle Case della Salute sia dei Presidi Ospedalieri delle Aziende Sanitarie
Locali e/o nelle diverse Aziende Ospedaliere / Aziende Ospedaliere Universitarie, con l’obiettivo di
garantire una risposta appropriata a bisogni di assistenza ad alta complessità assistenziale ed a bassa
intensità clinica valutata sulla base di oggettivi criteri clinico-assistenziali.
IL MODELLO ORGANIZZATIVO DELL“UDI”
In coerenza con quanto già previsto dal DCA 428/2013, l’Unità Degenza Infermieristica (ai sensi
del DCA n.87/2009PSR 2010-2012) dal DCA n.247/2014 sui Programmi Operativi regionali 20132015, è un’area di cure a bassa intensità clinica di tipo intermedio dotata di posti letto funzionali
gestita da personale infermieristico, nella quale sono accolti pazienti:
- senza limiti di età, caratterizzati da non autosufficienza1, anche temporanea, nella fase della
malattia in cui non sono richiesti un elevato impegno tecnologico e la presenza/assistenza medica
continuativa come nel ricovero ordinario per acuti;
- dimissibili dall’ospedale per acuti il cui bisogno sanitario è quello di mantenere e completare la
stabilizzazione clinica raggiunta nel corso del ricovero acuto, e che presentano ancora una necessità
di tutela medica e di assistenza infermieristica continuativa nelle 24 ore prima rientrare a domicilio
o essere trasferiti presso altra struttura;
- che per la particolare situazione socio-sanitaria necessitano di un percorso diagnostico, terapeutico
e di monitoraggio difficilmente gestibile a domicilio con l’Assistenza Domiciliare per la
complessità clinico-assistenziale richiesta o per ragioni di tipo sociale nei casi in cui la famiglia o
una struttura sociale non riescono comunque a supportare il paziente nella malattia, o per l’assenza
di analoga struttura presso la Casa della Salute (CdS).
Obiettivi e funzioni della “UDI”
- Favorire un’appropriata gestione del ricovero ospedaliero fornendo un’alternativa di cura e
assistenza per pazienti post acuti o per soggetti con patologie cronico-degenerative in fase di
riacutizzazione.
- Ridurre giornate di degenza ospedaliera inappropriate, attraverso il monitoraggio dello stato
clinico generale dei pazienti con patologie cronico-degenerative e consolidando i risultati
terapeutici ottenuti nel reparto ospedaliero per acuti, prevenire le complicanze e favorire il recupero
dell’autonomia, in un’ottica di rientro a domicilio, o di ricorso a forme assistenziali territoriali e
residenziali;
- Limitare gli ingressi a carattere definitivo in strutture residenziali, legati all’insorgenza di
difficoltà familiari e sociali o alle difficoltà di gestione delle mutate condizioni fisiche e funzionali
dell’anziano dopo un’evenienza acuta;
- Favorire l’integrazione tra strutture ospedaliere e territoriali e la condivisione di risorse umane e
tecnologiche al fine di assicurare la continuità assistenziale.
1 La non autosufficienza si riferisce all’incapacità dell’individuo di far fronte ai compiti richiesti,
alla motivazione nell’affrontarli e quindi a svolgerli senza la disponibilità di ausili, protesi, etc. che
gli consentano di ridurre al minimo gli effetti della malattia. Quindi, il livello di autosufficienza di
105
una persona è influenzato da malattie, incidenti e lesioni, a prescindere dall’età. Si può modificare
temporaneamente (ad es: dopo un intervento chirurgico o un evento traumatico minore), oppure nel
tempo diminuendo con l’aumentare dell’età.
Requisiti strutturali, organizzativi e tecnologici dell’UDI
In fase di avvio i requisiti strutturali, organizzativi e tecnologici sono quelli previsti per le strutture
a ciclo continuo per l’UDI ospedaliera; per l’UDI nella CdS dal punto 4.8, “Ospedale di Comunità”,
p.278, Allegato C, DCA N.8/ 2011, così come già previsto dal DCA 40/2014.
Livelli di responsabilità organizzativa nell’UDI
L’UDI è si configura come un modulo organizzativo individuabile:
a) all’interno della Casa della Salute ed afferente gerarchicamente alla responsabilità della
Direzione di Distretto di riferimento e funzionalmente alla Direzione Assistenziale Infermieristica.
b) All’interno della struttura ospedaliera ed afferente gerarchicamente alla responsabilità della
Direzione Sanitaria e funzionalmente alla Direzione Assistenziale Infermieristica.
La gestione dell’UDI è affidata ad un Coordinatore Infermieristico il quale risponde funzionalmente
e gerarchicamente alla Direzione Assistenziale Infermieristica.
Medico di riferimento
La tutela clinica dell’utente ricoverato nell’UDI sia in ambito ospedaliero che in ambito territoriale
rimane affidata fino alla dimissione ai Medici di riferimento (MMG nella UDI della Cds o Medico
dell’unità operativa ospedaliera di provenienza dell’utente), i quali:
- Valutano le condizioni di eleggibilità dei pazienti prima dell’ammissione nella UDI;
- Assicurano l’assistenza medica in base al piano terapeutico-assistenziale individuale.
- Dispongono la dimissione dell’utente a conclusione del ricovero.
Coordinatore Infermieristico dell’UDI
La gestione dell’UDI è affidata ad un Coordinatore Infermieristico il quale:
- È responsabile dell’organizzazione della UDI, garantendo una congrua organizzazione e gestione
delle risorse professionali ivi assegnate; dipende gerarchicamente dalla Direzione Assistenziale
Infermieristica;
- Garantisce un’adeguata gestione del rischio clinico attivando sistemi e procedure per identificare,
prevenire e ridurre gli “eventi avversi” relativi alla erogazione delle prestazioni assistenziali
secondo le procedure aziendali vigenti;
- Definisce gli obiettivi, i criteri e gli indicatori per la valutazione degli esiti dell’attività
assistenziale e organizzativa;
- Garantisce la continuità delle attività assistenziali e dei relativi percorsi assistenziali;
- È responsabile dell’aggiornamento e della formazione permanente del personale assistenziale.
- Assicura il supporto e fornisce consulenza per la costruzione ed implementazione di linee guida e
protocolli specifici secondo le migliori evidenze scientifiche disponibili (EBM);
- Assicura i rapporti funzionali con le diverse strutture organizzative aziendali coinvolte nel
funzionamento dell’UDI
Nell’UDI della Cds può coincidere con il Coordinatore della Casa della Salute.
Equipe assistenziale H24
- È composta da personale infermieristico con il supporto del persona socio-sanitario.
- La responsabilità dell’applicazione del piano assistenziale è a carico del personale infermieristico,
che gestisce direttamente il paziente, fornendo prestazioni assistenziali
sulle 24 ore.
Nell’UDI può essere presente inoltre un Infermiere Case Manager nell’UDI con funzioni di:
- Collaborazione alla valutazione multidisciplinare dei pazienti insieme con i Medici di riferimento;
- Collaborazione alla stesura del piano assistenziale individuale con il Medico di riferimento (MMG
e/o Medico Ospedaliero dell’unità operativa di provenienza) stabilendo gli obiettivi dell'intervento
assistenziale e le relative risorse per realizzarlo, verificando l’attuazione e l’efficacia del PAI;
- Coordinamento dei percorsi di continuità assistenziale, finalizzati al rientro a domicilio; rientro a
domicilio in assistenza domiciliare; di trasferimento presso altra struttura residenziale o riabilitativa;
106
Dotazione Organica dell’Unità di Degenza a gestione Infermieristica
Per un modulo fino a 10 letti, dovranno essere garantite le seguenti figure professionali:
- 1 Infermiere Coordinatore
- 1 infermiere Case Manager (se presente in azienda)
- 5 unità Infermieri (organico base) e comunque almeno un’unità per turno sulle 24 ore
- 5 O.S.S. (organico base) e comunque almeno un’unità per turno sulle 24 ore
Inoltre, devono essere previste:
- terapisti della riabilitazione, occupazionali, logoterapisti, psicomotricisti, etc.) anche non dedicati
(rapporto uno a dieci);
- assistente sociale (anche non dedicata);
- medici specialisti a consulenza.
Modalità accesso all’“UDI”
L’accesso all’UDI, tenuto conto dei succitati requisiti organizzativi generali, deve avvenire sulla
base di appositi criteri validati di eleggibilità su proposta del Medico di Medicina Generale e/o
Medico Ospedaliero dell’unità operativa di riferimento e/o del Medico del CAD, concordando
l’accettazione con il Medico referente della CdS e con il coordinatore infermieristico dell’UDI e/o
l’infermiere Case Manager dell’UDI l’iter assistenziale in base alla tipologia dei pazienti.
Tipologie di pazienti eleggibili per l’UDI:
- senza limiti di età, caratterizzati da non autosufficienza, anche temporanea (ad es: con deficit
funzionali transitori) e che necessitano di assistenza infermieristica continuativo senza elevato
impegno tecnologico e la presenza/assistenza medica continuativa come nel ricovero ordinario per
acuti;
- con pregressa malattia acuta dimissibili dall’ospedale per acuti il cui bisogno sanitario è quello di
mantenere e completare la stabilizzazione clinica raggiunta nel corso del ricovero acuto, e che
presentano ancora una necessità di tutela medica e di assistenza infermieristica (ad es: terapia
farmacologica ospedaliera, recupero dell’autonomia in trasferiti presso altra struttura;
- che per la particolare situazione socio-sanitaria necessitano di un percorso diagnostico, terapeutico
e di monitoraggio difficilmente gestibile a domicilio con l’Assistenza Domiciliare per la
complessità clinico-assistenziale richiesta o per ragioni di tipo sociale nei casi in cui la famiglia o
una struttura sociale non riescono comunque a supportare il paziente nella malattia.
Criteri di eleggibilità
Per stabilire l’effettiva eleggibilità per l’UDI e per quantificare il bisogno assistenziale del soggetto
si procede ad una valutazione con opportuni criteri di eleggibilità clinico assistenziali attraverso un
sistema di valutazione integrato medico ed infermieristico (ad es: MEWS, Modificated Early
Warning Score + IDA, Indice di Dipendenza Assistenziale, etc.)
Sono previste le seguenti modalità di ammissione e valutazione dell’utente:
a) il ricovero in UDI è sempre programmato e finalizzato alla risoluzione di un problema attraverso
interventi ad alta/bassa complessità assistenziale e bassa intensità clinica
b) il trasferimento in UDI viene richiesto dal Medico di Medicina Generale se il paziente si
trova al proprio domicilio e/o in assistenza domiciliare (assistenza programmata o integrata), oppure
dal Medico Ospedaliero del reparto di provenienza, eventualmente in modo congiunto con Unità
di Valutazione Distrettuale, previa informazione del Medico di Medicina Generale, qualora il
paziente sia ricoverato presso un ospedale per acuti; la valutazione dell’effettiva eleggibilità avviene
sulla base della valutazione
multidimensionale con opportuni strumenti che tengano in considerazione i requisiti di ammissione.
c) L’accettazione dell’utente in UDI avviene a cura del coordinatore dell’UDI e dell’infermiere
case manager dell’UDI, previa definizione del Piano di assistenza individuale (PAI) in
collaborazione con il Medico di riferimento;
d) La dimissione è concordata tra l’infermiere coordinatore e/o l’infermiere case manager e il
Medico di Medicina Generale oppure dal Medico Ospedaliero del reparto di provenienza, previa
107
consegna all’utente ricoverato una relazione sintetica contenente informazioni sul programma
eseguito durante la degenza e la terapia in atto alla dimissione.
Durata della degenza:
- Nel caso in cui l’UDI sia collocata all’interno della CdS la durata della degenza è 20 giorni.
- Nell’UDI collocata all’interno di una struttura ospedaliera la permanenza massima è pari a 4
giorni, nel caso in cui siano stati definiti tutti i percorsi necessari per la dimissione e/o la continuità
assistenza. Ciò al fine di ridurre al minimo il tempo di ricovero ospedaliero.
Tale periodo è da ritenersi normalmente congruo e sufficiente, secondo evidenze scientifiche e
prassi medica, a consentire il rientro al proprio domicilio, o ad inserire l’utente in un percorso di
assistenza domiciliare , o prevedendo il suo accoglimento in strutture residenziali/semiresidenziali.
I raccordi funzionali dell’UDI
- Reparti Ospedalieri
- Medici di Medicina Generale
- Servizi di Assistenza Domiciliare
- Servizi Aziendali
- Strutture Residenziali (RSA, Hospice) e di riabilitazione
- Etc.
Strumenti per la raccolta dati e sistema informativo
Sulla base dei requisiti organizzativi generali di cui al punto 4.8.3, Allegato C, DCA N.8/ 2011,
devono essere previsti appositi strumenti per gestione della degenza in UDI, quali prioritariamente:
- Scheda per la valutazione clinico-assistenziale multidimensionale e per la verifica dei criteri di
eleggibilità dell’utente attraverso appositi strumenti validati, dei problemi/bisogni sanitari,
riabilitativi, cognitivi, psicologici e di nursing della persona al momento dell’ammissione e
periodicamente;;
- Cartella personale dell’utente contenente tutte le informazioni sanitarie necessarie per la continuità
assistenziale, sistematicamente aggiornata dall’equipe professionale
- Piano assistenziale individuale, contenente gli obiettivi assistenziali con il relativo programma di
intervento alla cui redazione collaborano i componenti dell’équipe professionale, ciascuno per le
proprie competenze, corrispondente ai problemi/bisogni identificati;.
- Modulo di consenso informato.
- Scheda di dimissione, contenente le informazioni amministrative, assistenziali e cliniche
finalizzate ad alimentare lo specifico flusso informativo.
- Protocolli operativi e procedure specifiche.
Attualmente è fase di studio uno specifico sistema informativo per la codifica delle prestazioni
sanitarie effettuate in UDI.
Decreto del Commissario ad Acta 12 novembre 2014, n. U00379
Azienda Ospedaliera S.Giovanni Addolorata- autorizzazione all'assunzione in deroga al blocco del
turn over –anno 2014 (BUR n.93 del 20.11.14)
L’Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata viene 1. autorizzata all’assunzione, con contratto
a tempo indeterminato, tramite lo scorrimento di graduatorie di concorsi pubblici, espletati da
Aziende ed Enti del servizio sanitario della Regione Lazio ed in corso di validità:
DD 14.11.14, n. G16293 Coordinamento regionale della Rete Assistenziale di Cure Palliative della Regione Lazio, istituito
con Determinazione n. 2265 del 19 aprile 2012. Aggiornamento ed integrazione. (BUR n. 94 del
25.11.14)
Note
Viene aggiornato ed integrato il Coordinamento Regionale della Rete Assistenziale di Cure
Palliative, istituito con Determinazione n. B2265 del 19 aprile 2012, con il compito di supporto
tecnico specialistico alla competente Direzione Regionale.
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Sono affidate al Coordinamento Regionale, in coerenza con la normativa nazionale e regionale, le
seguenti funzioni:
della rete della Terapia del dolore e Cure Palliative in età pediatrica
inizione di indirizzi per la sorveglianza epidemiologica
Il Coordinamento regionale sarà composto da:
i Territoriali e delle
Attività Distrettuali e dell’Integrazione Socio Sanitaria
– privata-policlinici universitari) e Ricerca
– sezione Lazio SICP
responsabile Hospice Fondazione Città di Roma
Cattolica del Sacro Cuore
Palliative
i, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
- Fondazione Maruzza Lefebre
Le funzioni di segreteria saranno svolte dalla Dott.ssa Daniela Zeppilli - Area programmazione dei
servizi territoriali e delle attività distrettuali e dell’integrazione socio sanitaria.
Il Coordinamento regionale potrà avvalersi, qualora ritenuto necessario, della collaborazione di
ulteriori esperti e competenti in materia.
Il Coordinamento regionale avrà mandato triennale, eventualmente rinnovabile alla scadenza, e si
riunirà con cadenza almeno trimestrale.
Per l’attività svolta dai singoli componenti non è previsto alcun compenso.
Decreto del Commissario ad Acta 12 novembre 2014, n. U00380 - Attivazione della Casa della
Salute in strutture aziendali diverse da quelle in riconversione. Approvazione dello Schema di
Intesa. (BUR n. 94 del 25.11.14)
Note
PREMESSA
Il Decreto del Commissario ad Acta n. U00251 del 30.7.2014 “Adozione delle Linee Guida per il
Piano Strategico Aziendale 2014-2016” prevede tra l’altro che “..Nella fase di implementazione del
piano strategico regionale sarà necessario per le Aziende Sanitarie: -definire un piano di sviluppo
che sia coerente con i programmi operativi 2013-2015 emanati dalla Regione Lazio, con i vincoli
normativi regionali e nazionali e che, persegua un disegno di integrazione con la rete territoriale
(percorsi diagnostici terapeutici e Casa della Salute.
Il Decreto del Commissario ad Acta n. U00259 del 6.8.2014 “Approvazione dell'Atto di Indirizzo
per l'adozione dell'atto di autonomia aziendale delle Aziende Sanitarie della Regione Lazio”
prevede tra l’altro che “..La Casa della Salute, la cui funzione strategica è rappresentata soprattutto
da un’efficace presa in carico del paziente cronico attraverso percorsi diagnostico terapeutici
assistenziali condivisi, rappresenta un nodo della rete dei servizi territoriali ed è inserita nel
distretto, di cui rappresenta un’articolazione organizzativa..”.
109
Con il Decreto del Commissario ad Acta n. U00040 del 14.2.2014 sono stati approvati i seguenti
documenti:
- “Percorso attuativo delle Case della Salute – DCA 428/2013”, che definisce le indicazioni
attuative per l’attivazione delle Case della Salute;
- “Schema di Intesa Attivazione della Casa della Salute”;
- “Requisiti minimi autorizzativi – Casa della Salute”, ad integrazione dei requisiti di cui al Decreto
del Presidente in qualità di Commissario ad Acta n. U0008 del 10 febbraio 2011;
Inoltre è stato stabilito di prevedere che “..in questa prima fase di avvio, saranno oggetto di Intesa
per l’attivazione della Casa della Salute le strutture oggetto di riconversione ai sensi dei
summenzionati Decreti n. U0048 del 31maggio 2010 e n. U0080 del 30 settembre 2010..”, e che lo
schema di Intesa approvato è specifico per le strutture in via di riconversione.
Per le Case della Salute che dovranno essere attivate in strutture aziendali diverse da quelle in
riconversione, viene disposto un percorso attuativo analogo a quello previsto per le Case della
Salute attivate e da attivare nelle strutture oggetto di riconversione, ai sensi dei Decreti n. U0048 del
31 maggio 2010 e n. U0080 del 30 settembre 2010LA DISPOSIZIONE
Si procede all’approvazione dello “Schema di Intesa Attivazione della Casa della Salute in strutture
aziendali diverse da quelle in riconversione” che dovrà essere utilizzato per l’attivazione di Case
della Salute ubicate in strutture aziendali diverse da quelle in riconversione, Allegato n. 1 e parte
integrante del presente provvedimento;
Viene confermato che, anche per le Case della Salute da attivare in strutture aziendali diverse da
quelle in riconversione, sono vigenti i documenti “Percorso attuativo delle Case della Salute – DCA
428/2013” e “Requisiti minimi autorizzativi – Casa della Salute”, approvati con Decreto n.
U00040/2014.
Viene confermato che anche per le Case della Salute da attivare in strutture aziendali diverse da
quelle in riconversione, come stabilito dal succitato Decreto n. U00040/2014, i controlli saranno
svolti da altra Azienda Unità Sanitaria Locale, rispetto a quella sul cui territorio insiste la Struttura,
secondo lo schema riportato:
ASL RM B
ASL RM D
cita attività di controllo su strutture pubbliche che insistono sul territorio della
ASL RM E
ASL RM C
pubbliche che insistono sul territorio della
ASL RM A
ASL RM G
ella
ASL di Rieti
ASL di Latina
ASL di Viterbo
Viterbo esercita attività di controllo su strutture pubbliche che insistono sul territorio della
ASL RM F
della ASL RM H
110
di controllo su strutture pubbliche che insistono sul territorio della
ASL di Frosinone.
NB
Secondo quanto disciplinato dallo “Schema di Intesa Attivazione della Casa della Salute”, Allegato
n. 2 del Decreto n. U00040/2014, relativamente al punto in cui “La Regione Lazio si impegna
a:.…finanziare, nel caso di interventi di natura edilizia e/o tecnologica che comportino la necessità
di investimenti, l’intervento proposto, previa valutazione di congruità del progetto, del
cronoprogramma e del piano finanziario dei lavori presentati dall’Azienda USL..”, l’erogazione del
finanziamento è subordinata alla presentazione del progetto esecutivo da parte dell’Azienda USL ed
all’acquisizione sullo stesso del parere positivo del Nucleo di Valutazione Regionale per gli
Investimenti in Edilizia e Tecnologie Sanitarie, operante all’interno dell’Area Investimenti in
Edilizia Sanitaria, HTA e NVR.
Decreto del Commissario ad Acta 13 novembre 2014, n. U00386 - Percorso Diagnostico
Terapeutico Assistenziale Sclerosi Multipla. (BUR n. 94 del 25.11.14)
Note
Viene adottato il documento allegato “Sclerosi multipla Rete assistenziale e Percorso diagnostico
terapeutico nella Regione Lazio” parte integrante e sostanziale del presente atto (a cui si rinvia);
Viene dato mandato ai Direttori Generali delle Aziende Sanitarie Regionali di applicare le
disposizioni contenute nel documento allegato “Sclerosi multipla Rete assistenziale e Percorso
diagnostico terapeutico nella Regione Lazio”, parte integrante e sostanziale del presente atto, e di
perseguire gli obiettivi organizzativi e gestionali ivi contenuti.
LOMBARDIA
DCR 4.11.14 - n. X/506 -Mozione concernente le nuove assunzioni e blocco dell’esternalizzazione
delle attività primarie nella sanità pubblica (BUR n. 47 del 17.11.14)
“Il Consiglio regionale della Lombardia.
premesso che
in Lombardia non deve esistere il pregiudizio tra pubblico e privato. Non ci deve essere solo
copetizione, ma un’attiva collaborazione, secondo il principio di libera scelta;
visto che
−−il servizio sanitario lombardo serve una popolazione di 10 milioni di persone, all’incirca un
quinto della popolazione italiana;
−−le risorse gestite sono pari a quasi 18 miliardi di euro all’anno;
−−in Lombardia ci sono 200 strutture di ricovero e cura pubbliche e private accreditate, per 1,7
milioni di ricoveri, di cui il 10 per cento sono pazienti provenienti da altre regioni;
−−nelle strutture pubbliche esercitano la loro professione più di 100.000 persone;
visto, altresì, che
−−le prestazioni ambulatoriali sono aumentate da circa 150 milioni nel 2009 a 170 milioni nel 2013;
−−dal 1997 (l.r. 31/97 «Norme per il riordino del servizio sanitario regionale e sua integrazione con
le attività dei servizi sociali») il numero di persone ricoverate si è ridotto del 26 per cento (da
1.294.000 a 958.000);
−−i dati epidemiologici indicano un continuo e progressivo assorbimento della maggior parte del
costo della sanità da parte dei pazienti con patologie croniche. I dati relativi all’anno 2012 indicano
che in Lombardia questi assistiti rappresentano circa il 30 per cento dei pazienti, per una spesa
complessiva superiore al 70 per cento del totale;
tenuto presente che
solo a Milano ogni anno si presentano al pronto soccorso più di 600.000 persone, di cui circa
120.000 (pari al 20 per cento del totale) in codice bianco;
considerato che
per quanto riguarda le Alte Specialità, in Lombardia ci sono 20 ospedali con reparti di
cardiochirurgia, 15 ospedali con chirurgia toracica, 37 ospedali con chirurgia vascolare;
111
calcolato che
−−dalla riorganizzazione delle alte specialità delle aziende sanitarie si recupereranno cospicue
risorse;
−−con la realizzazione della centrale unica regionale appalti, al posto delle 49 stazioni attuali, si
otterranno subito importanti risparmi nell’ordine di alcune centinaia di milioni di euro da investire
nel personale, nelle strumentazioni e nella riduzione del ticket sanitario;
visto, inoltre, che
−−attualmente gli ospedali pubblici delegano all’esterno alcune attività primarie della sanità, tra cui
infermieristica, emodinamica e odontoiatria;
−−la stessa modalità in futuro potrebbe essere applicata anche per altri reparti, ad esempio,
radiologia e pediatria;
valutato che
−−è fondamentale valorizzare l’eccellenza della sanità pubblica, migliorando l’efficienza e la
qualità del servizio offerto ai cittadini;
considerato, infine, che
−−sulla base delle previsioni di sviluppo del sistema sanitario, la filiera della continuità
assistenziale sarà arricchita dal polo ospedaliero territoriale;
−−per mantenere la stessa professionalità e condivisione pluridisciplinare, è sul personale sanitario
medico e infermieristico ospedaliero che si dovrà contare per il proseguimento della cura delle
patologie croniche;
impegna il Presidente della Regione Lombardia e la Giunta regionale
−−a investire sul capitale umano e assumere infermieri e medici;
−−a valutare il ricorso all’esternalizzazione di servizi sanitari qualora ricorrano esigenze di
particolare efficientamento del sistema e per fornire un servizio migliore ai cittadini;
−−a sostenere all’interno delle opportune sedi istituzionali, in particolare nella conferenza StatoRegioni, lo sblocco del turn over e dei vincoli alle assunzioni e alla spesa di personale,
considerando che Regione Lombardia ha mantenuto l’equilibrio di bilancio, nonostante gli ingenti
tagli a livello nazionale.”.
PUGLIA
DGR 28.10.14, n. 2255 - Piano Regionale Screening. Modifica DGR 1768/2013. (BUR n. 160 del
19.11.14)
Note
Viene modificata la DGR n. 1768/2013, stabilendo che le funzioni di chiamata allo screening
assegnate al Centro Regionale Screening rappresentano un’attività istituzionale delle Aziende
Sanitarie Locali territoriali.
Viene incardinata definitivamente la responsabilità dell’intera gestione degli screening, rientranti
nei LEA, in capo alle Aziende Sanitarie Locali.
Ciascun Dipartimento di Prevenzione organizza le attività di primo livello e sviluppa azioni
coordinate di promozione, sensibilizzazione ed informazione alla popolazione sui programmi di
screening oncologici (mammografico, cervico-uterino e colon retto).
Viene dato mandato ai Direttori Generali delle Aziende Sanitarie di procedere alla riorganizzazione
interna del servizio e all’adeguamento delle dotazioni organiche in modo da garantire le
professionalità necessarie per il compiuto svolgimento di tutte le attività connesse all’esecuzione
degli screening oncologici, sulla base delle linee guida allegate al presente provvedimento (Allegato
1) (a cui si rinvia)
SARDEGNA
L.R. 17.11.14, n. 23 - ) Norme urgenti per la riforma del sistema sanitario regionale. Modifiche alle
leggi regionali n.23 del 2005, n.10 del 2006 e n.21 del 2012. (BUR n,. 55. del 20.11.14
Art. 1
112
Principi generali
1. La Regione, con la presente legge, avvia il processo di riforma del sistema sanitario regionale mediante
disposizioni urgenti finalizzate a:
a) garantire la tutela della salute come diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività;
b) riorganizzare il sistema sanitario regionale mediante il rafforzamento delle attività territoriali e la
razionalizzazione della rete ospedaliera;
c) adeguare l'assetto istituzionale e organizzativo, prevedendo una riduzione del numero delle aziende
sanitarie locali, rispetto all'attuale, in coerenza con le norme di riordino del sistema degli enti locali;
d) garantire il miglioramento della qualità e dell'adeguatezza dei servizi sanitari e socio-sanitari in ogni
territorio, attraverso il rafforzamento di quelli esistenti, l'efficientamento delle strutture organizzative,
garantendo forme di partecipazione democratica e mantenendo l'autonomia dei territori periferici nelle
politiche socio-sanitarie;
e) attuare politiche di prevenzione delle malattie e di promozione della salute e del benessere delle
persone, incentivando la diffusione di corretti stili di vita sotto i profili dell'attività motoria, della pratica
sportiva e dell'educazione alimentare e ambientale;
f) rafforzare il governo del servizio sanitario regionale, anche mediante la riassunzione nell'Assessorato
regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale delle funzioni già assegnate all'Agenzia regionale della
sanità;
g) ridurre il disavanzo della spesa regionale sanitaria, in applicazione della normativa nazionale in materia di
fabbisogni e costi standard;
h ) riorganizzare il sistema dell'emergenza-urgenza, della rete territoriale di assistenza e della medicina del
territorio.
Art. 2
Aggregazione dei fabbisogni in sanità
1. Al fine di favorire la razionalizzazione della spesa e potenziare i processi di pianificazione e aggregazione
della domanda pubblica di beni e servizi sanitari, la Giunta regionale, con specifico provvedimento, sentito il
parere della Commissione consiliare competente in materia di sanità, individua le modalità di
accentramento della committenza delle aziende sanitarie, mediante linee di indirizzo per la
razionalizzazione della spesa sanitaria regionale da conseguire attraverso il governo e la standardizzazione
della relativa domanda, secondo le previsioni di cui all'articolo 1, comma 455, della legge 27 dicembre 2006,
n. 296 (legge finanziaria 2007), e successive modifiche ed integrazioni, e all'articolo 9 del decreto legge 24
aprile 2014, n. 66, convertito con legge 23 giugno 2014, n. 89 (Conversione in legge con modificazioni, del
decreto legge 24 aprile 2014, n. 66, recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale.
Deleghe al Governo per il completamento della revisione della struttura di bilancio dello Stato, per il
riordino della disciplina per la gestione del bilancio ed il potenziamento della funzione del bilancio di cassa,
nonché per l'adozione di un testo unico in materia di contabilità di Stato e di tesoreria).
2. Il provvedimento di cui al comma 1 detta, in particolare, gli indirizzi per la pianificazione e la
standardizzazione dell'acquisto di beni e servizi sulla base dei fabbisogni aziendali, definendo processi di
aggregazione della domanda, indirizzando e monitorando le attività di acquisto dell'apposita centrale
regionale ovvero delle stazioni appaltanti aziendali e sovra-aziendali.
Art. 3
Soppressione dell'Agenzia regionale della sanità e disposizioni per il governo unitario del
servizio sanitario regionale
1. Gli articoli 22 e 23 della legge regionale 28 luglio 2006, n. 10 (Tutela della salute e riordino del servizio
sanitario della Sardegna. Abrogazione della legge regionale 26 gennaio 1995, n. 5) sono abrogati. È
conseguentemente soppressa l'Agenzia regionale della sanità e la rubrica del capo III è così modificata:
"Ricerca e formazione biomedica".
2. Le competenze della soppressa Agenzia regionale della sanità in materia di programmazione sanitaria,
verifica della qualità, congruità e quantità delle prestazioni, nonché quelle in materia di assistenza tecnica
alle aziende sanitarie nello sviluppo degli strumenti e delle metodologie per il controllo di gestione e di
valutazione di atti e contratti che comportino impegni di spesa pluriennali e valutazione del fabbisogno
113
formativo, compreso il personale e le risorse finanziarie previste, sono attribuite alla Direzione generale
della sanità.
3. L'Amministrazione regionale succede in tutti i rapporti e gli obblighi amministrativi e giuridici, attivi e
passivi, debitori e creditizi, di carattere finanziario, fiscale o patrimoniale di cui l'Agenzia regionale della
sanità è titolare alla data della cessazione e in tutte le cause pendenti e le pretese in corso o future ad essa
facenti capo.
4. La Giunta regionale nomina un commissario liquidatore dell'Agenzia soppressa, scelto tra i dirigenti della
Regione in servizio, per l'espletamento delle operazioni di liquidazione, da concludersi improrogabilmente
entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
5. La Giunta regionale, al fine di garantire il governo unitario del servizio sanitario regionale, approva linee
di indirizzo e di coordinamento delle aziende sanitarie regionali per la definizione degli obiettivi assistenziali
ed economici, per il monitoraggio dell'appropriatezza ed economicità dei livelli assistenziali erogati, per il
monitoraggio e la valutazione della gestione economico-finanziaria degli enti del servizio sanitario
regionale. La Giunta regionale, inoltre, emana direttive per la razionalizzazione delle dotazioni organiche
delle aziende e per la gestione omogenea delle procedure concorsuali, per la gestione in maniera accentrata
dei magazzini e della relativa logistica, delle reti informatiche, delle tecnologie dell'informazione e della
comunicazione, delle tecnologie sanitarie e delle misure di supporto all'erogazione delle attività sociosanitarie.
Art. 4
Istituzione dell'azienda regionale di emergenza e urgenza della Sardegna
1. Con l'obiettivo di garantire, gestire e rendere omogeneo, nel territorio della Regione, il soccorso sanitario
di emergenza-urgenza territoriale, è istituita l'Azienda regionale dell'emergenza e urgenza della Sardegna
(AREUS), dotata di personalità giuridica di diritto pubblico, avente autonomia patrimoniale, organizzativa,
gestionale e contabile.
2. L'Azienda è preposta allo svolgimento dei compiti relativi all'emergenza-urgenza attualmente svolti dalle
centrali operative 118 presso le aziende sanitarie, ivi compreso il servizio di elisoccorso, nonché delle
funzioni di coordinamento nel trasporto delle persone, anche neonati, degli organi e dei tessuti, di scambio
e compensazione di sangue ed emocomponenti, e assicura il coordinamento con tutte le aziende del
sistema sanitario regionale e le istituzioni coinvolte al fine di garantire l'efficacia della risposta sanitaria di
emergenza e urgenza.
3. Sono organi dell'Azienda il direttore generale, il collegio sindacale e il collegio di direzione. Il direttore
generale è coadiuvato, nell'esercizio delle sue funzioni, dal direttore amministrativo e dal direttore sanitario.
Per gli organi e per le figure del direttore sanitario e amministrativo si applicano le disposizioni regionali e
nazionali vigenti in materia di organizzazione delle aziende sanitarie.
4. La Giunta regionale, acquisito il parere della Commissione consiliare competente, definisce la sede, il
patrimonio, il personale e le specifiche funzioni dell'AREUS e le interrelazioni con le altre aziende sanitarie,
e provvede alla nomina dei relativi organi, contestualmente al riassetto delle aziende sanitarie locali di cui
alla presente legge. Stabilisce, altresì, la composizione del collegio di direzione, le linee di indirizzo per la
definizione dell'atto aziendale dell'AREUS, secondo quanto previsto all'articolo 9 della legge regionale n. 10
del 2006, al fine della determinazione della struttura organizzativa. Riguardo alla composizione del collegio
sindacale si applica la normativa relativa alle aziende ospedaliere.
Art. 5
Funzionamento dei distretti socio-sanitari, della conferenza territoriale socio-sanitaria, delle consulte
generali e locali di cittadinanza
1. La Giunta regionale, sentita la competente Commissione consiliare, individua ulteriori funzioni che
possono essere delegate ai distretti socio-sanitari e, in particolare, a quelli ricadenti in territori periferici e
disagiati, oltre a quelle loro attribuite dall'articolo 17 della legge regionale n. 10 del 2006.
2. È istituita la Conferenza territoriale socio-sanitaria composta dai rappresentanti degli enti locali che
ricadono nell'ambito territoriale delle ASL e da un rappresentante della Consulta locale di cittadinanza, di
cui al comma 3. Alla Conferenza territoriale socio-sanitaria spettano tutte le funzioni finora attribuite alla
Conferenza provinciale sanitaria e socio-sanitaria dalla legge regionale n. 10 del 2006. La Conferenza, nella
114
prima seduta, elegge, tra i suoi componenti un presidente ed un ufficio di presidenza composto da un
vicepresidente e da un segretario. La prima convocazione della Conferenza territoriale socio-sanitaria è
effettuata dal direttore generale della ASL di riferimento.
3. La Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale, con
specifico provvedimento, sottoposto al parere della Commissione consiliare competente, istituisce la
Consulta generale di cittadinanza e le Consulte locali di cittadinanza e ne definisce composizione, funzioni e
modalità di funzionamento, senza che ne derivino oneri aggiuntivi per l'Amministrazione. La Consulta
generale è composta da rappresentanti di associazioni accreditate a livello regionale che operano nel
settore socio-sanitario, da rappresentanti dei comuni e delle aziende sanitarie locali ed esprime, in
particolare, il parere obbligatorio, ma non vincolante, sul Piano socio-sanitario regionale. Nelle aziende
sanitarie locali sono istituite una o più consulte locali di cittadinanza, le quali esprimono, in particolare,
parere obbligatorio, ma non vincolante, sul programma sanitario annuale e triennale dell'azienda sanitaria
locale.
Art. 6
Istituzione del Codice rosa
1. La Regione istituisce, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza regionale, il Codice rosa in tutti i
pronto soccorso della Sardegna. Il Codice rosa è un percorso di accesso al pronto soccorso dedicato alle
vittime di ogni forma di violenza, senza distinzione e discriminazione alcuna, con particolare attenzione alle
donne. Ogni azienda sanitaria organizza questo servizio entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della
presente legge.
2. La Giunta regionale, entro i successivi trenta giorni, approva le linee guida, sentito il parere della
Commissione consiliare competente anche in riferimento alla legge regionale 12 settembre 2013, n. 26
(Interventi per la prevenzione e il contrasto alla violenza di genere e allo stalking. Modifiche e integrazioni
alla legge regionale 7 agosto 2007, n. 8 (Norme per l'istituzione di centri antiviolenza e case di accoglienza
per le donne vittime di violenza)).
Art. 7
Case della salute
1. La Regione, con l'obiettivo di qualificare l'assistenza territoriale al servizio della persona, di integrare i
processi di cura e di garantire la continuità assistenziale, individua nella Casa della salute la struttura che
raccoglie in un unico spazio l'offerta extraospedaliera del servizio sanitario, integrata con il servizio sociale,
in grado di rispondere alla domanda di assistenza di persone e famiglie con bisogni complessi.
2. Le Case della salute operano per conseguire i seguenti obiettivi:
a) appropriatezza delle prestazioni attraverso percorsi diagnostico-terapeutici e assistenziali, presa in carico
globale e orientamento di pazienti e famiglie;
b) riconoscibilità e accessibilità dei servizi;
c) unitarietà e integrazione dei servizi sanitari e sociali;
d) semplificazione nell'accesso ai servizi integrati.
3. Le Case della salute operano secondo i seguenti criteri e assicurando le seguenti funzioni:
a )garantiscono adeguata continuità assistenziale, secondo le esigenze della rete territoriale di riferimento,
di norma per sette giorni alla settimana e sulle ventiquattro ore;
b) assicurano l'erogazione dei Livelli essenziali di assistenza (LEA) distrettuali e di quelli riferiti all'area
dell'integrazione socio-sanitaria, con riguardo alle attività di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione;
c) promuovono il lavoro di equipe tra le varie figure professionali: medici di medicina generale, pediatri di
libera scelta, medici di continuità assistenziale e dell'emergenza territoriale, specialisti ambulatoriali,
personale sanitario, socio-sanitario e tecnico-amministrativo, operatori sociali;
d) sviluppano percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali comuni e condivisi con tutti i professionisti
dell'equipe territoriale che partecipano al processo di cura ed assistenza, utilizzando linee guida e protocolli
adeguati;
e) sviluppano l'informatizzazione del sistema per consentire l'interrelazione fra i professionisti, e tra questi e
i nodi della rete integrata dei servizi socio-sanitari del distretto e dei servizi sanitari ospedalieri, così da
favorire il massimo livello di integrazione e condivisione delle informazioni;
115
f) garantiscono la funzione di sportello unico di accesso e orientamento all'insieme delle prestazioni ad
integrazione socio-sanitaria (PUA), con possibilità di accedere alla prenotazione di prestazioni specialistiche
ambulatoriali e di ricovero (CUP);
g) prevedono, in rapporto all'ambito territoriale di riferimento, la presenza di adeguati servizi diagnostici e
clinici;
h) prevedono la presenza di ambulatorio infermieristico e ambulatorio per piccole urgenze che non
richiedano l'accesso al pronto soccorso ospedaliero;
i) assicurano, secondo le specifiche previsioni della rete regionale dell'emergenza-urgenza, la presenza di un
servizio di ambulanze per il pronto intervento sul territorio (punto di soccorso mobile 118), nonché di spazi
adeguati per le attività delle associazioni di volontariato, di rappresentanza dei malati, di promozione
sociale.
4. L'organizzazione dei servizi secondo i criteri indicati nel comma 3 avviene attraverso il coinvolgimento
degli operatori sanitari e sociali e con la partecipazione degli enti locali e delle loro rappresentanze
istituzionali.
5. La Giunta regionale, sentita la competente Commissione consiliare, disciplina funzioni e organizzazione
delle Case della salute, prevedendo livelli e tipologie differenziati per la modulazione delle attività di cui al
comma 3, in base alle caratteristiche territoriali e alla programmazione delle reti assistenziali, garantendo
una localizzazione equilibrata delle strutture in tutto il territorio regionale che tenga conto di quelle già
esistenti o previste nei piani sperimentali approvati, nonché delle aggregazioni funzionali territoriali e delle
unità complesse di cure primarie di cui alla normativa vigente.
Art. 8
Ospedali di comunità
1. Al fine di garantire adeguati livelli di cura per tutte le persone che non abbiano necessità di ricovero in
ospedali per acuti, ma che hanno comunque bisogno di un'assistenza sanitaria protetta che non potrebbero
ricevere a domicilio, e limitatamente a periodi di tempo medio-brevi, è istituito l'ospedale di comunità
(OsCo) quale presidio di raccordo funzionale tra l'ospedale per acuti e i servizi territoriali.
2. Gli ospedali di comunità sono individuati con deliberazione della Giunta regionale, sentita la competente
Commissione consiliare, garantendo una localizzazione equilibrata delle strutture in tutto il territorio
regionale che tenga conto di quelle già esistenti o previste nei piani sperimentali approvati nel corso degli
ultimi anni.
3. Le aziende sanitarie locali organizzano, nell'ambito della programmazione e delle specifiche linee-guida
regionali, uno o più ospedali di comunità, anche mediante la ristrutturazione della rete ospedaliera di cui
all'articolo 4 della legge regionale 7 novembre 2012, n. 21 (Disposizioni urgenti in materia sanitaria
connesse alla manovra finanziaria e modifica di disposizioni legislative sulla sanità), e la riconversione di
posti letto per la degenza in strutture già esistenti.
Art. 9
Adeguamento organizzativo e commissariamento delle aziende sanitarie
1. La presente legge, in attuazione delle finalità di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), avvia il processo di
adeguamento dell'assetto istituzionale ed organizzativo delle aziende sanitarie locali della Sardegna, sulla
base delle seguenti prescrizioni:
a) definizione del numero delle aziende sanitarie locali e del loro ambito territoriale di riferimento in
coerenza con le previsioni di cui alla nuova normativa regionale di riordino complessivo del sistema degli
enti locali della Sardegna;
b) incorporazione nell'azienda ospedaliero-universitaria di Sassari del presidio ospedaliero ''SS. Annunziata",
attualmente facente capo all'ASL n. 1 di Sassari;
c) incorporazione nell'Azienda ospedaliera di rilievo nazionale "G. Brotzu" dei presidi ospedalieri
"Microcitemico" ed "Oncologico - A. Businco", attualmente facenti capo alla ASL n. 8 di Cagliari.
2. A seguito dell'incorporazione di cui al comma 1, lettera c), la Regione avvia uno specifico piano di
valorizzazione e sviluppo delle attività di ricerca sanitaria, al fine di verificare il possibile riconoscimento del
nuovo polo ospedaliero-universitario, o di parte dei suoi presìdi, quale Istituto di ricovero e cura di carattere
scientifico (IRCCS).
116
3. La Giunta regionale, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, approva una
deliberazione contenente direttive e linee di indirizzo volte a:
a) definire i rapporti attivi e passivi facenti capo alle precedenti aziende e per la predisposizione dei
necessari documenti contabili, secondo il nuovo assetto delle ASL, nonché per la successione delle aziende
ospedaliere nei rapporti attivi e passivi relativi ai presìdi di cui al comma 1, lettere b) e c) e trasferite dalle
ASL interessate;
b) avviare l'esercizio e la gestione in forma integrata e unitaria da parte delle aziende sanitarie di specifiche
attività tecniche, amministrative e di supporto, finalizzate a forti e progressive forme di aggregazione;
c) costituire, in ciascuna delle aziende sanitarie locali, un presidio ospedaliero unico di area omogenea,
eventualmente ripartito in più stabilimenti, secondo la programmazione regionale, in cui sono garantite le
specialità di base e le funzioni di specializzazione attribuite nell'ambito della rete ospedaliera regionale e
della rete regionale delle emergenze.
4. Per la realizzazione del processo di riforma degli assetti istituzionali ed organizzativi del sistema sanitario
regionale previsto dalle disposizioni del presente articolo la Giunta regionale, entro trenta giorni dalla data
di entrata in vigore della presente legge, provvede al commissariamento straordinario delle aziende
sanitarie e ospedaliere e delle aziende ospedaliero-universitarie; in quest'ultimo caso i commissari sono
nominati d'intesa con i competenti rettori delle università.
5. I commissari straordinari di cui al comma 4 predispongono, entro novanta giorni dal loro insediamento,
un piano di riorganizzazione e riqualificazione dei servizi sanitari secondo le previsioni della presente legge
redigendo, sentita la Conferenza territoriale socio-sanitaria, uno specifico progetto di scorporo e di
riconversione al fine di individuare le attività da trasferire alle strutture territoriali, ai costituendi ospedali di
comunità, alle case della salute e all'AREUS.
6. La Giunta regionale, entro i successivi trenta giorni, approva il piano regionale di riorganizzazione e
riqualificazione che raccoglie, ed eventualmente modifica, i piani predisposti dai commissari. Il piano
regionale è approvato previo, parere della competente Commissione consiliare da esprimersi entro il
termine di quindici giorni, decorsi infruttuosamente i quali, se ne prescinde.
7. I commissari straordinari, per il periodo dell'incarico, di durata non superiore a quattro mesi, rinnovabile
per una sola volta per non più dello stesso periodo, hanno i poteri e il compenso del direttore generale
previsti dalla vigente normativa, ad eccezione dell'emolumento integrativo di risultato. I commissari
straordinari, scelti tra i dirigenti in servizio nella pubblica amministrazione con qualificate e comprovate
professionalità ed esperienza di gestione di strutture in ambito socio-sanitario ovvero tra gli idonei alla
nomina a direttore generale delle aziende sanitarie inseriti nell'apposito elenco regionale, sono coadiuvati
nell'esercizio delle loro funzioni da due dirigenti facenti le funzioni di direttore amministrativo e di direttore
sanitario, individuati secondo le rispettive norme vigenti in materia. Il commissario straordinario e i dirigenti
facenti le funzioni di direttore amministrativo e di direttore sanitario decadono con la nomina del direttore
generale.
8. Dopo il comma 1 dell'articolo 10 della legge regionale n. 10 del 2006, è aggiunto il seguente:
"1 bis. La Giunta regionale, con apposito provvedimento, disciplina:
a) le modalità ed i criteri per la verifica del possesso dei requisiti previsti dall'articolo 3 bis, comma 3 del
decreto legislativo n. 502 del 1992, ai fini della formazione dell'elenco degli idonei alla nomina di direttore
generale delle aziende sanitarie;
b) ulteriori parametri e criteri di valutazione per l'individuazione, tra gli idonei, dei direttori generali delle
singole aziende, al fine di garantire la massima adeguatezza e qualità nella scelta dei professionisti.".
Art. 10
Norme finali
1. Secondo quanto previsto nel decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, come convertito nella legge 8
novembre 2012, n. 189 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 settembre 2012, n.
158, recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela
della salute), che modifica l'articolo 17 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della
disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421), il comma 2
dell'articolo 9 della legge regionale n. 10 del 2006 è sostituito dal seguente:
"2. Sono organi delle ASL il direttore generale, il collegio di direzione e il collegio sindacale. Il direttore
117
generale è coadiuvato, nell'esercizio delle proprie funzioni, dal direttore sanitario e dal direttore
amministrativo.".
2. Nella legge regionale n. 10 del 2006, e nella legge regionale 23 dicembre 2005, n. 23 (Sistema integrato
dei servizi alla persona. Abrogazione della legge regionale n. 4 del 1988 (Riordino delle funzioni socioassistenziali)), e in tutte le norme regionali del settore socio-sanitario che vi fanno riferimento, la locuzione
"Conferenza provinciale sanitaria e socio-sanitaria" è sempre sostituita con "Conferenza territoriale sociosanitaria". Parimenti negli atti regionali nei quali si fa riferimento alla "Conferenza provinciale sanitaria e
socio-sanitaria", il riferimento, dall'entrata in vigore della presente legge, è da intendersi alla "Conferenza
territoriale socio-sanitaria".
3. In attuazione dell'articolo 13 della legge regionale 17 dicembre 2012, n. 25 (Disposizioni urgenti in
materia di enti locali e settori diversi), il Presidente della Regione provvede, entro trenta giorni dall'entrata
in vigore della presente legge, alla nomina dei nuovi organi dell'Istituto zooprofilattico sperimentale della
Sardegna "G. Pegreffi".
4. I pareri obbligatori previsti dalla presente legge sono resi, salvo diversa previsione, entro trenta giorni dal
ricevimento della relativa richiesta; decorso infruttuosamente tale termine, il soggetto richiedente può
procedere ugualmente all'adozione dell'atto o provvedimento sul quale è stato richiesto il parere.
Art. 11
Abrogazioni
1. L'articolo 12 della legge regionale 7 agosto 2009, n. 3 (Disposizioni urgenti nei settori economico e
sociale), è abrogato.
2. Gli articoli 7, 8 e 13 della legge regionale n. 21 del 2012, sono abrogati. L'articolo 9 della legge regionale
n. 21 del 2012, è abrogato a partire dal 1° gennaio 2015, e in via transitoria, esclusivamente per l'anno 2014,
i criteri di cui al medesimo articolo si applicano su base annuale per l'assegnazione delle relative risorse.
3. Le disposizioni in contrasto con la presente legge sono abrogate.
Art. 12
Norma finanziaria
1. Agli oneri derivanti dall'applicazione dell'articolo 4, valutati a regime in euro 600.000 annui, si fa fronte
con corrispondenti risparmi da realizzare sul finanziamento delle spese correnti delle aziende sanitarie
locali, delle aziende ospedaliere, dei policlinici universitari e dell'INRCA, mediante utilizzo di una pari quota
delle risorse iscritte in conto dell'UPB S05.01.001 del bilancio regionale per gli anni 2014-2016 (cap.
SC05.0001) e su quelle corrispondenti dei bilanci per gli anni successivi.
2. Nel bilancio della Regione per gli anni 2014-2016 sono introdotte le seguenti variazioni:
SPESA
In diminuzione
STRATEGIA 05
UPB S05.01.001
Spese per il servizio sanitario regionale - parte corrente (cap. SC05.0001)
2014 euro 150.000
2015 euro 600.000
2016 euro 600.000
In aumento
UPB S05.01.001
Spese per il servizio sanitario regionale - parte corrente
cap. NI (Spese per il funzionamento degli organi dell'AREUS)
2014 euro 150.000
2015 euro 600.000
2016 euro 600.000
118
SICILIA
DASS 22.10.14 - Recepimento dell’Accordo Stato-regioni sulle medicine complementari del 7
febbraio 2013. ((GURS n. 48 del 14.11.14)
Art. 1
Per le motivazioni esposte in premessa, si recepisce il documento concernente “I criteri e le
modalità per la certificazione di qualità della formazione e dell’esercizio dell’agopuntura, della
fitoterapia e dell’omeopatia da partedei medici chirurghi, degli odontoiatri, dei medici veterinari e
dei farmacisti”, allegato 1, che forma parte integrante del presente decreto, concordato ed approvato
dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome in data 7 febbraio 2013 (rep. atti n.
54/CSR), ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
Art. 2
Entro trenta giorni dalla pubblicazione del presente decreto, con successivo provvedimento sarà
istituita la Commissione regionale per le medicine complementari, costituita da esperti, selezionati
dall’Assessore per la salute in base a quanto indicato dal Ministero della salute nella nota n. 40978
del 24 luglio 2014.
Art. 3
Alla realizzazione di quanto delineato nell’Accordo oggetto del recepimento si provvede nei limiti
delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente nelle aziende
sanitarie pubbliche della Regione siciliana, senza che comporti conseguentemente nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica regionale e/o del Fondo sanitario regionale.
Allegato A
Accordo, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le
Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concernente i criteri e le modalità per
la certificazione di qualità della formazione e dell’esercizio dell’agopuntura, della fitoterapia e
dell’omeopatia da parte dei medici chirurghi degli odontoiatri, dei medici veterinari e dei
farmacisti.
Rep. atti n. 54/C5R del 7 febbraio 2013
LA CONFERENZA PERMANENTE PER I RAPPORTI TRA LO STATO, LE REGIONI E LE
PROVINCE AUTONOME Dl TRENTO E BOLZANO.
Nella odierna seduta del 7 febbraio 2013:
Visti gli articoli 2, comma 2, let. b) e 4, comma 1 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che
affidano a questa Conferenza il compito di promuovere e sancire accordi tra Governo e Regioni, in
attuazione del principio di leale collaborazione, al fine di coordinare l’esercizio delle rispettive
competenze e svolgere attività di interesse comune;
Vista la lettera pervenuta in data 7 gennaio 2013, con la quale il Presidente della Conferenza delle
Regioni e delle Province autonome ha inviato il documento recante “Regolamentazione
dell’esercizio
dell’agopuntura, della fitoterapia e dell’omeopatia da parte dei medici chirurghi ed odontoiatri”,
approvato dalla Conferenza medesima nella seduta del 20 dicembre 2012, quale proposta di lavoro
finalizzata al perfezionamento di un apposito accordo in questa Conferenza;
Vista la nota del 9 gennaio 2013, con la quale la proposta di lavoro di cui trattasi è stata trasmessa al
Ministero della salute con la richiesta di far conoscere le proprie valutazioni al riguardo, nonché
ogni eventuale documentazione;
Vista la nota in data 18 gennaio 2013, con la quale il Ministero della salute ha comunicato di essere
favorevole al perfezionamento di un accordo sul documento di cui trattasi;
Considerato che, nel corso della riunione tecnica svoltasi il 28 gennaio 2013, i rappresentanti del
Ministero della salute hanno concordato con i rappresentanti delle Regioni e del Ministero
dell’economia e delle finanze alcune modifiche del documento in parola;
Vista la lettera del 30 gennaio 2013, con la quale il Ministero della salute ha inviato una nuova
versione del documento in parola, che recepisce quanto concordato nel corso della predetta riunione
del 28 gennaio 2013;
119
Vista la lettera in data 31 gennaio 2013, con la quale la predetta nuova versione è stata diramata alle
Regioni e Province autonome;
Vista la nota del 4 febbraio 2013, con la quale il Ministero della salute ha inviato una nuova
versione dello schema di accordo indicato in oggetto recante i criteri e le modalità per la
certificazione di qualità della formazione e dell’esercizio dell’agopuntura, della fitoterapia e
dell’omeopatia da parte dei medici chirurghi, degli odontoiatri, dei medici veterinari e dei
farmacisti;
Vista la lettera in data 4 febbraio 2013, con la quale tale nuova versione è stata diramata;
Vista la lettera in data 6 febbraio 2013, portata a conoscenza dei Ministeri interessati in pari data,
con la quale la Regione Veneto, coordinatrice della Commissione salute, ha avanzato una richiesta
di modifica dello schema di accordo di cui trattasi;
Vista la nota del 6 febbraio 2013, diramata in pari data alle Regioni e Province autonome, con la
quale il Ministero della salute ha inviato la definitiva versione dello schema di accordo indicato in
oggetto, che recepisce la richiesta di modifica avanzata dalla Regione Veneto, coordinatrice della
Commissione;
Considerato che, nel corso dell’odierna seduta, i presidenti delle Regioni e Province autonome
hanno espresso parere favorevole al perfezionamento dell’accordo;
Acquisito, nel corso dell’odierna seduta, l’assenso del Governo, delle Regioni e delle Province
autonome;
Sancisce accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nei
seguenti termini:
Considerati:
– la risoluzione n. 75 del Parlamento europeo del 29 maggio 1997, recante lo statuto delle medicine
non convenzionali e la risoluzione n. 1206 del Consiglio d’Europa del 4 novembre 1999, con le
quali hanno invitato gli Stati membri sono stati invitati ad affrontare i problemi connessi all’utilizzo
delle medicine non convenzionali in modo da garantire ai cittadini la più ampia libertà di scelta
terapeutica ed insieme assicurare loro il più alto livello di sicurezza ed informazione corretta;
– che l’organizzazione Mondiale della sanità, con la risoluzione WHO 56.31 del 28 maggio 2003,
spinge gli Stati membri a formulare e implementare politiche e regolamenti nazionali nei campo
delle MNC, con particolare attenzione alla formazione del personale;
– il decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, recante “Attuazione della direttiva 2001/83/CE (e
successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso
umano, nonché della direttiva 2003/94/CE”;
– che si rende opportuno tutelare la libertà di scelta dei cittadini e quella di cura del medico e
dell’odontoiatra, entrambe fondate su un rapporto consensuale e informato, sul rispetto delle leggi
dello Stato e dei principi della deontologia professionale:
– che risulta necessario procedere alla certificazione di qualità della formazione in agopuntura,
fitoterapia e omeopatia, individuando i criteri e i requisiti minimi ed uniformi sul territorio
nazionale dei percorsi formativi idonei a qualificare i professionisti che esercitano tali attività le
quali restano comunque riservate alle competenze individuate dall’ordinamento statale ai medici
chirurghi e agli odontoiatri, medici veterinari e farmacisti;
– che si rende opportuno consentire ai cittadini di accedere alle cure di professionisti in possesso di
idonea formazione in agopuntura, fitoterapia e omeopatia, affidando ai rispettivi ordini
professionali, competenti per territorio, l’attivazione e la gestione di appositi elenchi di esperti
distinti per professione e disciplina esercitata;
Si conviene:
Art. 1
Campo di applicazione
1. Il presente accordo ha come oggetto la formazione dei medici chirurghi e odontoiatri che
esercitano l’agopuntura, la fitoterapia e l’omeopatia a tutela della salute dei cittadini e a garanzia del
corretto esercizio della professione.
120
2. Ai compiti e alle attività previste dal presente accordo, si deve provvedere con le risorse umane,
finanziarie e strumentali disponibili secondo la legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri
per la finanza pubblica.
3. L’agopuntura, la fitoterapia e l’omeopatia costituiscono atto sanitario e sono oggetto di attività
riservata perché di esclusiva competenza e responsabilità professionale del medico chirurgo,
dell’odontoiatra professionale, del medico veterinario e del farmacista, ciascuno per le rispettive
competenze.
4. L’agopuntura, la fitoterapia e l’omeopatia sono considerate come sistemi di diagnosi, di cura e
prevenzione che affiancano la medicina ufficiale avendo come scopo comune la promozione e la
tutela della salute, la cura e la riabilitazione.
Art. 2
Definizione
1. L’agopuntura è definita come metodo diagnostico, clinico e terapeutico che si avvale
dell’infissione di aghi metallici in ben determinate zone cutanee per ristabilire l’equilibrio di uno
stato di salute alterato.
2. La fitoterapia è definita come metodo terapeutico basato sull’uso delle piante medicinali o di loro
derivati ed estratti, opportunamente trattati, che può avvenire secondo codici epistemologici
appartenenti alla medicina tradizionale oppure anche all’interno di un sistema diagnosticoterapeutico sovrapponibile a quello utilizzato dalla medicina ufficiale.
3. L’omeopatia è definita come metodo diagnostico e terapeutico, basato sulla “Legge dei Simili”,
che afferma la possibilità di curare un malato somministrandogli una o più sostanze in diluizione
che, assunte da una persona sana, inducono i sintomi caratteristici del suo stato patologico. Nella
definizione di omeopatia sono comprese tutte le terapie che utilizzano medicinali in diluizione come
specificato dal decreto legislativo n. 219 del 24 aprile 2006 e successivi atti.
Art. 3
Elenchi dei medici chirurghi e degli odontoiatri esercenti l’agopuntura, la fitoterapia e l’omeopatia
1. A tutela della salute dei cittadini vengono istituiti presso gli ordini professionali provinciali dei
medici chirurghi e degli odontoiatri gli elenchi dei professionisti esercenti l’agopuntura, la
fitoterapia e l’omeopatia. Tali elenchi sono distinti per disciplina.
2. Per la valutazione dei titoli necessari alla iscrizione di detti elenchi, gli ordini professionali
istituiscono specifiche commissioni formate da esperti nelle diverse discipline oggetto del presente
accordo.
Agli esperti nominati nelle commissioni non spetta alcun compenso in relazione all’incarico
ricoperto.
Art. 4
Criteri della formazione in agopuntura, fitoterapia e omeopatia per l’iscrizione negli elenchi
1. Ai fini dall’iscrizione agli elenchi istituiti presso gli ordini professionali provinciali dei medici
chirurghi e degli odontoiatri, il percorso formativo dei professionisti che esercitano l’agopuntura, la
fitoterapia e l’omeopatia deve essere effettuato, con oneri a carico dei professionisti e, comunque,
senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica presso soggetti pubblici o privati accreditati
alla formazione.
2. Il percorso formativo in agopuntura, fitoterapia, omeopatia deve corrispondere ai seguenti
requisiti:
a) durata di almeno 400 ore di formazione teorica, cui si aggiungono 100 ore di pratica clinica, di
cui almeno il 50% di tirocinio pratico supervisionato da un medico esperto della disciplina in
oggetto.
A tale monte orario vanno sommati lo studio individuale e la formazione guidata;
b) master universitari, ovvero corsi di formazione triennali;
c) è fatto obbligo di frequenza minima all’80% delle lezioni sia teoriche che pratiche;
d) il percorso formativo accreditato prevede il superamento di un esame teorico-pratico al termine
di ciascuno degli anni di corso previsti, nonché la discussione finale di una tesi;
121
e) al termine del percorso formativo, verrà rilasciato dai soggetti pubblici e privati accreditati alla
formazione un attestato in conformità ai requisiti richiesti, che consentirà l’iscrizione del
professionista
agli elenchi degli esperti delle singole discipline;
f) gli insegnamenti di tipo generale, non riferiti specificamente alla disciplina in oggetto, non
dovranno superare il 20% del monte ore complessivo di formazione teorica;
g) la Formazione a distanza (FAD) eventualmente inserita nella programmazione didattica non
dovrà superare il 30% delle ore di formazione teorica e dovrà essere realizzata in conformità alla
normativa vigente.
Art. 5
Obiettivi formativi dei corsi di formazione
1. I corsi di formazione nelle singole discipline (agopuntura, fitoterapia, omeopatia) hanno obiettivi
formativi generali comuni e obiettivi specifici che sono desumibili da un programma didattico
scritto.
2. Gli obiettivi generati sono:
a) conoscenza dei principi fondamentali della singola disciplina e dei diversi approcci terapeutici
che la contraddistinguono;
b) aspetti della relazione medico - paziente e con i sistemi sanitari;
c) relazione tra la singola disciplina e il metodo clinico della medicina ufficiale, analizzando le
indicazioni, i limiti di ogni trattamento, i suoi effetti collaterali e le interazioni con la medicina
ufficiale;
d) capacità di raccogliere ed analizzare gli elementi emersi durante la consultazione con il paziente,
fondamentali per la scelta del trattamento più idoneo;
e) apprendimento della semiologia e semeiotica propria di ciascuna disciplina che implichi
procedure e criteri di valutazione peculiari;
f) conoscenza dei modelli di ricerca di base, sperimentali e clinici delle singole discipline ovvero la
individuazione e rappresentazione degli esiti;
g) conoscenza delle specifiche previsioni legislative e deontologiche in materia;
h) individuazione e utilizzo degli indicatori di efficacia, di costobeneficio e di rischio-beneficio per
le singole discipline.
Art. 6
Metodologie formative
1. Le metodologie formative utilizzate nella didattica relativa alla formazione in agopuntura,
fitoterapia e omeopatia, sono quelle abitualmente adottate per trasferire competenze e saperi in
sanità (sapere, saper fare, saper essere e saper far fare), metodologie che devono mirare a favorire la
maggiore partecipazione e interattività possibile tra allievi e docenti.
2. In tal senso la formazione dovrà essere articolata in:
a) lezioni frontali
b) seminari/attività di gruppo/audit/peer review
c) formazione sul campo/tirocinio pratico
d) tutoraggio
e) studio individuale.
3. La formazione teorica potrà essere comprensiva della formazione a distanza nei limiti
precedentemente definiti. Si sottolinea come la formazione sul campo rappresenti un elemento di
primaria importanza nella definizione di un percorso formativo efficace.
Art. 7
Accreditamento dei soggetti pubblici e privati di formazione in agopuntura, fitoterapia e omeopatia
1. Possono essere accreditati le associazioni, le società scientifiche e gli enti pubblici e privati di
formazione che si avvalgono di professionisti qualificati con competenze curriculari specifiche nelle
discipline sopra elencate.
122
2. Le associazioni, le società scientifiche e gli enti pubblici e privati di formazione che richiedono
l'accreditamento devono essere legalmente costituiti.
3. L’accreditanento è rilasciato dalla Regione in cui l’ente ha la sede legale e ha un valore nazionale.
Art. 8
Indicazioni contro il conflitto di interesse
1. Nella definizione dei rapporti tra soggetti privati interessati a promuovere la formazione con
agopuntura, fitoterapia e omeopatia e/o a “sponsorizzare” specifici eventi formativi, allo scopo di
evitare un eventuale conflitto di interesse, si fa riferimento alla normazione in materia prevista dalla
legislazione ECM.
2. Ai fini dell’accreditamento alla formazione i soggetti pubblici e privati accreditati alla
formazione adeguano i criteri e gli statuti associativi secondo quanto stabilito dal presente accordo.
3. Le associazioni, le società scientifiche e gli enti pubblici e privati di formazione che richiedono
l’accreditamento devono annualmente dichiarare assenza di conflitti di interessi;
Art. 9
Criteri cui debbono attenersi i soggetti pubblici e privati accreditati alla formazione
1. Ai fini della definizione dei criteri sufficienti per il rilascio dei titoli idonei all’iscrizione negli
elenchi distinti dei medici chirurghi e degli odontoiatri esercenti l’agopuntura, la fitoterapia e
l’omeopatia, i soggetti pubblici e privati accreditati alla formazione, devono attenersi ai seguenti
criteri:
a) il responsabile didattico del soggetto pubblico e privato accreditato alla formazione deve essere
un professionista di cui al titolo, regolarmente iscritto all’albo professionale dei medici chirurghi e
degli odontoiatri, con almeno 10 anni di esperienza clinica documentata e 7 anni di docenza
specifica nelle discipline oggetto del presente accordo;
b) i docenti titolari della formazione devono essere nel numero minimo di 5 professionisti di cui al
titolo, regolarmente iscritti agli albi professionali, per il tronco comune di attività formative di base,
salvo per quanto riguarda l’insegnamento di tipo generale e devono coprire almeno ii 70% della
formazione teorica;
c) i docenti, siano essi responsabili didattici o altri docenti del soggetto pubblico e privato
accreditato alla formazione, devono essere in possesso di un adeguato curriculum formativo e
professionale nella materia di insegnamento;
d) ogni docente titolare deve avere frequentato una scuola almeno triennale o poter documentare
titoli di formazione equivalenti, e aver maturato almeno 5 anni di pratica clinica nella disciplina
specifica;
e) i docenti che accompagnano gli allievi nel tirocinio pratico (tutor), devono essere iscritti
all’elenco dei medici esperti nella disciplina in oggetto ed avere almeno 3 anni di esperienza clinica;
f) i docenti che non rispondono ai requisiti di cui sopra sono definiti “docenti collaboratori”;
g) i soggetti pubblici e privati accreditati alla formazione devono inoltre garantire all’allievo attività
di tutoraggio nella formazione sul campo in strutture pubbliche o private;
h) i soggetti pubblici e privati accreditati alla formazione devono assicurare la presenza alla verifica
finale di un componente esterno, esperto nella specifica disciplina oggetto della formazione,
designato dall’Ordine provinciale dei medici chirurghi e degli odontoiatri corrispondente alla sede
legale del soggetto della formazione, di concerto con l’ente di formazione.
Art. 10
Fase transitoria
1. La fase transitoria di cui al presente articolo si protrae fino ai 36 mesi successivi alla data di
stipula del presente Accordo.
2. Esse stabiliscono che i soggetti pubblici e privati accreditati alla formazione dovranno adeguare i
programmi didattici, le metodologie formative e l’organigramma didattico alle previsioni contenute
nel presente accordo.
123
3. In fase transitoria, per l’ammissione agli elenchi distinti dei medici chirurghi e degli odontoiatri
esercenti agopuntura, fitoterapia, omeopatia è necessario il possesso di almeno uno dei seguenti
requisiti:
a) attestato rilasciato al termine di un corso nella disciplina oggetto della presente
regolamentazione, di almeno 300 ore di insegnamento teorico-pratico, della durata almeno triennale
e verifica finale;
b) attestato rilasciato al termine di un corsa nella disciplina
oggetto della presente regolamentazione, di almeno 200 ore di insegnamento teorico-pratico, ed
almeno 15 anni di esperienza clinica documentata;
c) attestazione d iter formativo costituito da corsi anche non omogenei che permettano, per il
programma seguito e per il monte ore svolto, di aver acquisito una competenza almeno pari a quella
ottenibile con corsi di cui ai punto a) e b);
d) documentazione di almeno otto anni di docenza nella disciplina oggetto della presente
regolamentazione presso un soggetto pubblico o privato accreditato alla formazione che, a giudizio
della commissione, possegga requisiti didattici idonei.
4. Per i professionisti che non rientrano nei criteri definiti dalle precedenti disposizioni transitorie le
commissioni di esperti nelle diverse discipline oggetto del presente accordo istituite presso gli
ordini professionali, definiscono le modalità di integrazione dei percorsi formativi sulla base della
formazione acquisita. Al termine della fase transitoria, così come sopra normata, l’iscrizione negli
elenchi degli ordini è subordinata unicamente al possesso dell’attestato rilasciato dai soggetti
pubblici e privati accreditati alla formazione che nel frattempo avranno provveduto ad adeguare
l’iter formativo in linea con i criteri definiti dal presente documento.
5. Con successivo accordo, acquisito il parere della Federazione nazionale ordini veterinari italiani e
della Federazione nazionale degli ordini dei farmacisti italiani, si provvederà ad estendere i
contenuti del presente accordo alle professioni di medico veterinario e farmacista.
DASS 22.10.14 - Trasferimento della struttura regionale di supporto Centro di controllo qualità dei
laboratori e rischio chimico (CQRC). ((GURS n. 48 del 14.11.14)
Art. 1
Per le motivazioni indicate in premessa, si dispone il trasferimento del CQRC, con tutte le sue
attività e proprietà intellettuali, dall’Azienda ospedaliera universitaria Policlinico Paolo Giaccone
all’Azienda ospedali riuniti Villa Sofia Cervello.
Art. 2
Nell’ambito della nuova rete ospedaliera all’interno dell’Azienda ospedali riuniti Villa Sofia
Cervello viene individuata l’unità operativa complessa, denominata anch’essa CQRC, con
all’interno i due centri di riferimento di cui ai DD.AA. n. 1682 del 12 settembre 2013 e n. 2006 del
24 ottobre 2013, che dovrà avviare gli appropriati e già previsti percorsi di accreditamento ISO,
volontari, ma che la Regione Sicilia per i processi di miglioramento riferibilità ed eccellenza
intrapresi, ha inteso adottare come proprio standard obbligatorio.
Art. 3
Conseguentemente vengono trasferiti all’unità operativa complessa di nuova istituzione,
denominata CQRC, presso l’Azienda ospedali riuniti Villa Sofia Cervello:
• tutte le tecnologie attualmente in capo all’Unità operativa semplice dipartimentale 92.01 - CQRC
dell’Azienda ospedaliera universitaria Policlinico Paolo Giaccone;
• tutti i compiti finora assegnati al CQRC dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Paolo
Giaccone con i DD.AA. n. 1210 del 29 giugno 2011, n. 2708 del 28 dicembre 2011, n. 1629 del 9
agosto 2012, n. 1682 del 12 settembre 2013, n. 2006 del 24 ottobre 2013 e s.m.i.
Art. 4
All’Azienda ospedaliera universitaria Policlinico Paolo Giaccone rimane l’obbligo:
• di mantenere attivo l’ufficio preposto all’assicurazione ed al controllo qualità laboratori aziendali
giusto
124
art. 2 comma 3 del D.A. 3253 del 30 dicembre 2010;
• di rivolgersi al CQRC dell’Azienda ospedali riuniti Villa Sofia Cervello per le “Indagini chimico
cliniche di II livello in cromatografia e spettrometria di massa” (giusto D.A. n. 2006/2013 e
connessa circolare assessoriale n. 6002 del 22 gennaio 2014) e per i programmi VEQ regionali
obbligatori.
Art. 5
L’Azienda ospedaliera universitaria Policlinico Paolo Giaccone potrà attraverso specifici accordi
interaziendali continuare ad usufruire delle attività e competenze del CQRC dell’Azienda ospedali
riuniti Villa Sofia Cervello per tutte le sue necessità nel campo della ricerca.
Art. 6
Si istituisce un tavolo tecnico congiunto tra le due Aziende, che dovrà terminare i lavori entro 30
giorni dalla notifica del presente decreto, al fine di definire i dettagli tecnico pratici ed organizzativi
relativi a:
• gestione della fase transitoria, al fine di evitare soluzioni di continuità nelle attività in itinere;
• locali, materiali e servizi messi a disposizione durante la fase transitoria;
• trasferimento dei rapporti convenzionali stipulati con altri enti o aziende;
• elenco delle tecnologie che verranno trasferite con relativa valorizzazione per l’eventuale
compensazione tra le due aziende;
• tempistica e modalità di trasporto delle tecnologie;
• elenco del personale attualmente in capo al CQRC dell’AOUP Paolo Giaccone, che l’Azienda
ospedali riuniti Villa Sofia Cervello, sentendo l’attuale direzione del CQRC, ritiene indispensabile
per garantire la continuità delle strategiche attività del CQRC, fermo restando la disponibilità dei
soggetti coinvolti.
DASS 22.10.14 - Modifica ed integrazione della commissione per il PTORS. ((GURS n. 48 del
14.11.14)
Note
Per le motivazioni di cui in premessa, è modificata la commissione regionale per la elaborazione,
revisione e aggiornamento del Prontuario terapeutico ospedaliero/territoriale della Regione
siciliana, con la seguente composizione:
presidente dr. Salvatore Sammartano, dirigente generale del Dipartimento pianificazione strategica;
componenti:
– dr. Umberto Alecci, medico di medicina generale dell’ASP di Messina;
– dr. Giovanni Battaglia, direttore U.O.C. di nefrologia e dialisi P.O. “S. Marta e S. Venera” di
Acireale;
– dr. Roberto Bordonaro, direttore U.O.C. oncologia medicina ARNAS “Garibaldi” di Catania;
– dr. Giancarlo Brucoli, biologo;
– prof. Renato Bernardini, ordinario di farmacologia
del Dipartimento di biomedicina clinica e molecolare dell’Università degli studi di Catania;
– prof. Gioacchino Calapai, medico del Dipartimento clinico-sperimentale del Policlinico
universitario “G. Martino” di Messina;
– prof. Achille Patrizio Caputi, medico del Dipartimento clinico-sperimentale del Policlinico
universitario “G. Martino” di Messina;
– dr. Giovanni D’Avola, reumatologo dell’ASP di Catania;
– dr. Giovanni De Luca, cardiologo dell’AOOR Villa Sofia Cervello;
– prof. Filippo Drago, medico del Dipartimento di farmacologia sperimentale e clinica
dell’Università degli Studi di Catania;
– prof. Mario Palazzo Adriano, farmacologo Università degli studi di Palermo;
– dr. Maurizio Pastorello, responsabile del Dipartimento del farmaco dell’ASP di Palermo;
– d.ssa Giuseppina Fassari farmacista ospedaliero ARNAS “Garibaldi” di Catania;
– dott. Domenico Grimaldi medico di medicina generale ASP di Catania;
125
– d.ssa Rosalia Traina farmacista - consulente Ufficio di Gabinetto Assessorato della salute;
– responsabile del servizio 7 Farmaceutica o suo delegato;
– responsabile del servizio 4 programmazione ospedaliera o suo delegato;
– responsabile del servizio 8 programmazione territoriale ed integrazione socio-sanitaria o suo
delegato;
Segreteria Tecnica - Servizio 7 DPS
– sig. Renato Fortezza;
Segreteria scientifica-Centro regionale di farmacovigilanza
– servizio 7 DPS
– dr. Pasquale Cananzi;
– dr.ssa Claudia Minore;
– dr. Alessandro Oteri;
– dr.ssa Daniela Vitale.
Art. 2
In caso di assenza o impedimento del dirigente generale del DPS, le funzioni di presidente sono
attribuite al responsabile del servizio 7 Farmaceutica o al suo delegato.
Art. 3
I compiti della commissione sono studio, elaborazione e pareri in ordine a:
– prontuario terapeutico ospedaliero/territoriale della Regione siciliana;
– valore terapeutico dei medicinali e compatibilità finanziaria delle prestazioni farmaceutiche;
– linee guida sull’uso di particolari farmaci o classi di farmaci o patologie di grande impatto socioeconomico.
Art. 4
Alla suddetta commissione è attribuito il compito di procedere all’aggiornamento periodico del
PTORS.
Art. 5
Per la validità delle riunioni della commissione, è necessario l’intervento della maggioranza
assoluta dei componenti ed i pareri e le proposte sono adottati con il voto della maggioranza
assoluta dei presenti; in caso di parità, prevale il voto del presidente.
Art. 6
È disposta la decadenza automatica dalla commissione del componente che risulti assente
ingiustificato per quattro riunioni in un anno solare.
Art. 7
La Commissione potrà avvalersi, ove necessario, della consulenza di esperti di specifici settori da
consultarsi mediante audizione, senza oneri a carico dell’Amministrazione.
Art. 8
Ai sensi dell’art. 30 della legge regionale 7 marzo 1997, n. 6 nessun onere aggiuntivo potrà gravare
sul bilancio della Regione per l’espletamento dei lavori della commissione come sopra costituita; le
eventuali spese di missione restano a carico degli enti di appartenenza o a carico dei componenti.
Art. 9
La presente commissione ha validità di tre anni dalla data di insediamento, salvo diverse successive
disposizioni. Art. 10
Sono revocati i DD.AA. n. 365 del 26 febbraio 2013 e 1425 del 24 luglio 2013.
TOSCANA
DGR 10-.11.14, n. 994 - D.Lgs. 187/2000. Protezione del paziente dai rischi da radiazioni
ionizzanti. Progetto “Valutazione della dose da esposizioni mediche alla popolazione della Regione
Toscana”.(BUR n. 52 del 12.11.14)
Note
126
Viene approvato il progetto allegato, parte integrante e sostanziale del presente atto, al fine di
ottemperare a quanto previsto dall’art. 12 del Decreto Lgs. 187/2000 “valutazione delle dosi alla
popolazione”, che dispone che “le Regioni provvedano a valutare le esposizioni a
scopo medico con riguardo alla popolazione regionale ed ai gruppi di riferimento della stessa,
tenendo conto sia dei dati complessivi dell’attività sanitaria in loro possesso sia predisponendo
indagini campionarie e tali valutazione vengano comunicate al Ministero della Salute con frequenza
quinquennale”Viene destinata per la realizzazione degli interventi di cui sopra la somma complessiva di Euro
90.000,00
SEGUE ALLEGATO (a cui si rinvia)
VENETO
DGR 28.1014, n. 1983 - DGR n.2635 del 30 Dicembre 2013: attribuzione alle aziende ULSS del
budget 2015 per la macroarea "branche a visita", per erogatori privati accreditati esclusivamente
ambulatoriali. (BUR n. 110 del 18.11.14)
Note
Viene definita l'entità delle risorse utilizzabili dalle Aziende Sanitarie nell'anno 2015 per gli
erogatori privati esclusivamente ambulatoriali che svolgono attività nell'ambito della macroarea
"branche a visita", sulla base delle verifiche effettuate dalla Commissione Tecnica prevista dalla
DGR n.441/2013.
DGR 28.10.14, n. 1984 - N. 1984 - Formazione delle professioni sanitarie infermieristiche e
ostetriche, della riabilitazione, tecniche e della prevenzione. Anno Accademico 2014/2015. D.lgs
del 30.12.1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni. (BUR n. 110 del 18.11.14)
Note
Vengono con il presente provvedimento si individuano i corsi di studio per le professioni sanitarie
attivati dagli atenei di padova e di verona in rapporto al fabbisogno espresso dalla regione. si
demanda altresì alla definizione di un protocollo d'intesa regione-università degli studi la disciplina
del rapporto di collaborazione in materia di formazione.
DGR 28.10.14, n. 1985 - Partecipazione della Regione del Veneto all'European Observatory on
Health Systems and Policies (Osservatorio Europeo sui Sistemi Sanitari e sulle Politiche Sanitarie).
DGR n. 2315 del 30/7/2004. Approvazione dell'Accordo "Annex XXV to the Agreement on a
Project called the European Observatory on Health Care Systems (dated May 1998). Extending the
Agreement". (BUR n. 110 del 18.11.14)
Note
Si approva la proroga al 31/12/2018 dell'Accordo "Agreement on a Project: The European
Observatory on Health Care Systems" del 22/5/1998, incaricando il Direttore Generale dell'Area
Sanità e Sociale della sottoscrizione del relativo Annex XXV che ne dispone la proroga.
Conseguentemente, si autorizza la prosecuzione della partecipazione della Regione del Veneto alle
attività dell'European Observatory on Health Systems and Policies, con sede a Bruxelles (Belgio) e
si prende atto che la quota associativa per l'anno 2014 è pari ad euro 225.000,00 disponendo
l'impegno della relativa spesa.
Viene approvato il documento "Annex XXV to the Agreement on a Project called the European
Observatory on Health Care Systems (dated May 1998) Extending the Agreement" Allegato A,
parte integrante e sostanziale della presente deliberazione;
Gli oneri connessi alla quota associativa per l'anno 2014 ammontano ad euro 225.000,00 (Invoice
European Observatory on Health Systems and Policies n. 77/13 del 18/12/2013);
STRUTTURE ASSISTENZIALI
127
UMBRIA
REG. REG.LE 10.11.14, n. 4 - Disciplina in materia di autorizzazione al funzionamento dei servizi
socio assistenziali a carattere residenziale per le persone adulte in situazione di disagio e marginalità
sociale. (BUR n. 52 del 12.11.14)
:
Art. 1
(Oggetto)
1. Il presente regolamento, ai sensi dell’articolo 34 della legge regionale 28 dicembre 2009, n. 26
(Disciplina per la realizzazione del Sistema Integrato di Interventi e Servizi Sociali), individua i
servizi socio assistenziali a carattere residenziale per le persone adulte in situazione di disagio e
marginalità sociale per i quali è necessario il rilascio dell’autorizzazione e stabilisce i requisiti delle
strutture che erogano tali servizi, tenuto conto delle disposizioni di cui al decreto ministeriale 21
maggio 2001, n. 308 (Regolamento concernente “Requisiti minimi strutturali e organizzativi per
l’autorizzazione all’esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, a
norma dell’articolo 11 della legge 8 novembre 2000, n. 328”).
2. Ai fini del presente regolamento per disagio e marginalità sociale si intende la condizione in cui
le persone vengono a trovarsi per cause di varia natura, siano esse personali, sociali, economiche,
che concorrono a determinare percorsi di esclusione e allontanamento dall’ambiente sociale.
Rientrano in tale condizione anche le persone adulte anche con figli minori non altrimenti
collocabili, con problematiche sociali, e/o in situazione di marginalità, e/o sottoposti a misure
restrittive della libertà personale.
Art. 2
(Tipologia dei servizi e delle strutture)
1. I servizi e le strutture in ambito socio-assistenziale, in coerenza con il piano sociale regionale
vigente, si configurano come micro-strutture del sistema dei servizi territoriali, con la finalità di
rispondere alle emergenze sociali, al recupero e al reinserimento sociale, idonee a venire incontro ai
bisogni delle persone adulte che, per cause di varia natura, si trovano nelle condizioni di disagio e
marginalità sociale.
2. Le tipologie delle strutture di cui al comma 1, sono:
a) comunità di accoglienza sociale;
b) strutture di pronta accoglienza.
Art. 3
(Comunità di accoglienza sociale)
1. La comunità di accoglienza sociale è un servizio di tipo residenziale a carattere comunitario,
caratterizzata da bassa intensità assistenziale e bassa complessità organizzativa, destinata ad
ospitare persone adulte che si trovano in una condizione di disagio e marginalità sociale, anche con
figli minori non altrimenti collocabili.
2. La comunità di accoglienza sociale può, altresì, ospitare persone adulte prive del necessario
supporto familiare o per le quali la permanenza nel nucleo familiare contrasta con il progetto
individuale e con l’obiettivo di un recupero e reinserimento sociale.
3. La comunità di accoglienza sociale, oltre ad offrire un sostegno a livello abitativo, promuove
l’acquisizione di capacità anche minime di autonomia personale e predispone percorsi e progetti
individuali di recupero per persone adulte in situazione di criticità, volti a superare i fattori di ordine
sociale, economico e culturale che hanno contribuito al disagio e alla marginalità sociale.
4. La comunità di accoglienza sociale può ospitare fino ad un massimo di trenta persone
complessive, ivi compresi i figli minori, con problematiche omogenee ovvero compatibili.
Art. 4
(Struttura di pronta accoglienza)
1. La struttura di pronta accoglienza è una struttura residenziale caratterizzata da elevata flessibilità
organizzativa destinata ad accogliere ed ospitare, in modo immediato, tempestivo e temporaneo,
128
persone adulte, anche con figli minori non altrimenti collocabili, che si trovano in una condizione di
improvviso disagio e marginalità sociale, prive del supporto di una rete familiare adeguata.
2. La permanenza della persona nella struttura di cui al comma 1, ha una durata di novanta giorni. Il
gestore della struttura e l’Ente locale ove la struttura è ubicata, con apposito accordo, possono
stabilire una permanenza maggiore, al fine di consentire il completamento del percorso di recupero,
anche prevedendo l’inserimento del soggetto nella comunità di accoglienza sociale.
3. La struttura di cui al comma 1 può accogliere fino ad un massimo di trenta persone complessive,
ivi compresi i figli minori.
Art. 5
(Accesso nelle strutture)
1. L’inserimento nelle strutture di cui all’articolo 2, comma 2 è effettuato dai soggetti titolari e/o dai
soggetti gestori delle stesse.
2. In caso di erogazione di finanziamenti da parte dell’Ente locale ove la struttura è ubicata
l’inserimento deve essere concordato con l’Ente locale stesso. Le modalità di inserimento sono
stabilite da apposita convenzione stipulata tra la struttura e l’Ente locale interessato.
Art. 6
(Requisiti strutturali per il rilascio dell’autorizzazione)
1. Le strutture di cui all’articolo 2, comma 2, al fine del rilascio dell’autorizzazione al
funzionamento, fermo restando il possesso dei requisiti previsti dalle norme vigenti in materia di
urbanistica, edilizia, prevenzione incendi, igiene e sicurezza, devono prevedere i seguenti requisiti
di tipo strutturale:
a) camere da letto singole, doppie e triple;
b) una zona pranzo e soggiorno;
c) un locale adibito a cucina e dispensa adeguato alla tipologia del servizio offerto;
d) un servizio igienico ogni quattro ospiti;
e) spazi idonei per l’intrattenimento e il gioco dei bambini, nel caso in cui vengano ospitati adulti
con figli minori.
2. Le strutture, in osservanza delle normative vigenti, rispettano il requisito della civile abitazione
anche per quanto riguarda le norme relative all’accessibilità degli spazi e della sicurezza.
Art. 7
(Requisiti organizzativi per il rilascio dell’autorizzazione)
1. Le strutture di cui all’articolo 2, comma 2, al fine del rilascio dell’autorizzazione al
funzionamento, devono possedere i seguenti requisiti di tipo organizzativo:
a) presenza di figure professionali qualificate di cui all’articolo 38, comma 3 della l.r. 26/2009,
ovvero esperienza almeno biennale in relazione alla tipologia del servizio prestato ed alle
caratteristiche ed ai bisogni dell’utenza ospitata;
b) presenza di un responsabile della struttura;
c) adozione di un regolamento interno nel quale sono indicate, tra l’altro, le modalità di
funzionamento delle strutture, ivi compresi i criteri per l’accesso e per le dimissioni degli ospiti;
d) tenuta di un registro degli ospiti contenente le generalità e le informazioni più significative. Tale
registro è costantemente aggiornato e mostrato, su richiesta, ai soggetti preposti alla vigilanza ed al
controllo;
e) predisposizione, per gli ospiti, di un progetto di servizio nel quale sono definiti gli obiettivi, i
percorsi e le attività per la sua realizzazione.
2. Le strutture di cui all’articolo 2, comma 2, per il loro funzionamento, possono avvalersi
dell’apporto del volontariato.
Art. 8
(Rilascio dell’autorizzazione, vigilanza e controllo e monitoraggio)
1. Il gestore della struttura presenta la domanda di autorizzazione al funzionamento, all’ATI ove è
ubicata la struttura stessa.
129
2. L’ATI rilascia l’autorizzazione entro novanta giorni dalla data di presentazione della domanda ai
sensi dell’articolo 20, comma 3, della L.R. n. 8/2011 (Semplificazione amministrativa e normativa
dell’ordinamento regionale e degli Enti locali territoriali).
3. Le modalità di presentazione della domanda e il rilascio dell’autorizzazione sono disciplinate dal
Titolo IV del regolamento regionale 7 novembre 2012, n. 16 (Disciplina in materia di
autorizzazione al funzionamento dei servizi socio-assistenziali a carattere residenziale e
semiresidenziale per le persone anziane autosufficienti).
4. Le attività di vigilanza e controllo e di monitoraggio dei servizi socio assistenziali di cui al
presente regolamento sono disciplinate rispettivamente dagli articoli 17, 18 e 19 del r.r. 16/2012.
Art. 9
(Norme transitorie e finali)
1. Le strutture che alla data di entrata in vigore del presente regolamento operano nell’ambito del
disagio e della marginalità sociale sono tenute a presentare domanda di autorizzazione all’ATI, ove
sono ubicate le strutture, entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente regolamento. Qualora tali
strutture non possiedano i requisiti previsti dal presente regolamento, sono tenute ad adeguarsi alle
disposizioni di cui al presente regolamento entro un termine congruo stabilito tra i gestori e l’ATI
ove sono ubicate le strutture, tenuto conto della natura dell’adeguamento e comunque non oltre
cinque anni dall’entrata in vigore del presente regolamento.
2. Le strutture di cui al comma 1, nelle more dell’adeguamento, possono continuare ad operare fino
al rilascio dell’autorizzazione. A tal fine devono trasmettere apposita comunicazione sulle modalità
e sui tempi dell’adeguamento all’ATI, il quale rilascia un’autorizzazione provvisoria per il periodo
necessario all’adeguamento. Effettuato l’adeguamento stesso, nel termine stabilito, il gestore deve
presentare domanda di autorizzazione ai sensi dell’articolo 8 del presente regolamento.
.
NOTE
Note all’art. 1, comma 1:
— La legge regionale 28 dicembre 2009, n. 26, recante “Disciplina per la realizzazione del Sistema
Integrato di Interventi e Servizi Sociali” (pubblicata nel S.O. n. 1 al B.U.R. 30 dicembre 2009, n.
58), è stata modificata ed integrata dalle leggi regionali 4 aprile 2012, n. 7 (in S.S. n. 2 al B.U.R. 5
aprile 2012, n. 15), 9 aprile 2013, n. 8 (in S.S. n. 3 al B.U.R. 10 aprile 2013, n. 18) e 4 aprile 2014,
n. 4 (in S.S. n. 1 al B.U.R. 5 aprile 2014, n. 17).
Il testo dell’art. 34 è il seguente:
«Art. 34
Autorizzazione al funzionamento dei servizi residenziali, semiresidenziali, diurni e domiciliari.
1. I servizi socio assistenziali a carattere residenziale, semiresidenziale, diurno e domiciliare,
pubblici e privati sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dall’ATI competente.
2. Il rilascio dell’autorizzazione è subordinato alla verifica del possesso da parte della struttura dei
requisiti stabiliti con atto della Giunta regionale sulla base dei seguenti criteri:
a) servizi di tipo familiare o comunitario;
b) bassa intensità assistenziale;
c) bassa capacità di accoglienza;
d) organizzazione modulare;
e) flessibilità di fruizione.
3. La Giunta regionale adotta apposito regolamento con il quale disciplina le modalità per il rilascio
dell’autorizzazione di cui al comma 1 e individua i servizi per i quali è necessario il rilascio
dell’autorizzazione stessa.
4. L’ATI competente può sospendere o revocare l’autorizzazione qualora accerti, anche su
segnalazione delle Zone sociali o dei comuni, la perdita dei requisiti previsti o gravi irregolarità
nella gestione dell’erogazione dei servizi.».
— Il decreto ministrale 21 maggio 2001, n. 308, recante “Regolamento concernente «Requisiti
minimi strutturali e organizzativi per l’autorizzazione all’esercizio dei servizi e delle strutture a
130
ciclo residenziale e semiresidenziale, a norma dell’articolo 11 della L. 8 novembre 2000, n. 328»“, è
pubblicato nella G.U. 28 luglio 2001, n. 174.
Nota all’art. 7, comma 1, lett. a):
— Il testo dell’art. 38, comma 3 della legge regionale 28 dicembre 2009, n. 26 (si vedano le note
all’art. 1, comma 1), è il seguente:
«Art. 38
Valorizzazione delle risorse umane.
Omissis.
3. Le figure professionali presenti nel sistema integrato di interventi e servizi sociali della Regione
sono articolate in figure di base, figure intermedie di primo e secondo livello e figure manageriali.
La definizione dei contesti operativi e delle relative funzioni è demandata al Piano sociale
regionale.».
Note all’art. 8, commi 2, 3 e 4:
— Il testo dell’art. 20, comma 3 della legge regionale 16 settembre 2011, n. 8, recante
“Semplificazione amministrativa e normativa dell’ordinamento regionale e degli Enti locali
territoriali” (pubblicata nel S.O. n. 1 al B.U.R. 21 settembre 2011, n. 41), è il seguente:
«Art. 20
Termini del procedimento.
Omissis.
3. La Giunta regionale, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, con
proprio regolamento individua le deroghe al termine di cui al comma 2. Dette deroghe non possono
comunque superare il termine di conclusione di novanta giorni.
Nei casi in cui, tenendo conto della sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell’organizzazione
amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessità del
procedimento, siano indispensabili termini superiori ai novanta giorni, il limite massimo non può
comunque superare i centottanta giorni.
Omissis.».
— Il testo degli artt. 15, 16, 17, 18 e 19 del regolamento regionale 7 novembre 2012, n. 16, recante
“Disciplina in materia di autorizzazione al funzionamento dei servizi socio-assistenziali a carattere
residenziale e semiresidenziale per le persone anziane autosufficienti” (pubblicato nel S.O. n. 1 al
B.U.R. 14 novembre 2012, n. 49), è il seguente:
«TITOLO IV
Autorizzazione al funzionamento delle strutture socio-assistenziali
Articolo 15
Domanda di autorizzazione.
1. Il gestore ai sensi dell’articolo 34 della L.R. n. 26/2009 presenta la domanda di autorizzazione al
funzionamento della struttura socio-assistenziale a carattere residenziale e semiresidenziale
all’Ambito territoriale integrato (ATI) nel cui territorio è ubicata la struttura utilizzando il modello
Allegato A) al presente regolamento.
2. Ai fini del rilascio dell’autorizzazione la domanda deve essere corredata dai seguenti documenti:
a) il progetto del servizio di cui all’articolo 12;
b) il regolamento interno del servizio di cui all’articolo 13;
c) il registro degli ospiti di cui all’articolo 12;
d) la relazione descrittiva, predisposta dal coordinatore, ai sensi dell’articolo 8, comma 3, lettera a),
contenente le caratteristiche strutturali dell’edificio con particolare riferimento alla superficie e alle
modalità di utilizzo di ogni singolo vano, degli spazi esterni e delle pertinenze con le relative
planimetrie;
e) la copia dell’atto costitutivo e dello statuto per le persone giuridiche, società o associazioni.
3. La domanda deve contenere le seguenti dichiarazioni sostitutive di certificazione o di atto di
notorietà ai sensi della normativa vigente, in particolare:
a) le generalità del richiedente;
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b) il rispetto della normativa vigente in materia di urbanistica, edilizia, antisismica prevenzione
incendi, igiene e sicurezza;
c) la dotazione del personale in servizio nella struttura con l’indicazione della tipologia del
contratto, la durata, la qualifica professionale e il numero delle ore settimanali di servizio previste;
d) l’apporto del volontariato e del servizio civile;
e) il nominativo del coordinatore.
Articolo 16
Modalità per il rilascio dell’autorizzazione.
1. L’ATI, accertata la regolarità formale della domanda di autorizzazione, ne trasmette copia alla
Conferenza di zona di cui all’articolo 19 della L.R. n. 26/2009 competente per territorio che nei
successivi quindici giorni verifica la congruenza tra la programmazione sociale di territorio e la
necessità di strutture socio-assistenziali nello stesso. A tal fine la Conferenza di zona può sottoporre
la domanda al Tavolo zonale di concertazione di cui al medesimo articolo 19 della L.R. n. 26/2009.
2. L’ATI, acquisito il parere positivo della Conferenza di zona, deve avvalersi del supporto della
Commissione tecnica di cui all’articolo 17 per la verifica del possesso dei requisiti ai fini del
rilascio dell’autorizzazione.
3. L’ATI rilascia l’autorizzazione, come da modello Allegato B), al gestore della struttura, entro
novanta giorni dalla data di presentazione della domanda in attuazione di quanto previsto
dall’articolo 20, comma 3 della legge regionale 16 settembre 2011, n. 8 (Semplificazione
amministrativa e normativa dell’ordinamento regionale e degli Enti locali territoriali) e ne trasmette
copia alla Conferenza di zona di cui all’articolo 19 della L.R. n. 26/2009, alla Commissione tecnica
competente di cui all’articolo 17, al
comune capofila di Zona sociale, al comune in cui ha sede la struttura e alla Regione.
4. L’autorizzazione contiene:
a) il nominativo e le generalità o la denominazione e la natura giuridica del gestore;
b) la tipologia del servizio;
c) la denominazione della struttura e la sua ubicazione;
d) la capacità ricettiva;
e) le generalità del coordinatore;
f) la data del rilascio dell’autorizzazione.
5. Ogni modifica alla struttura, all’erogazione del servizio, al progetto di servizio, al personale, al
regolamento interno della struttura, che non comporta la perdita dei requisiti previsti dal presente
regolamento deve essere comunicata e approvata dall’ATI che ha rilasciato l’autorizzazione.
Articolo 17
Commissione tecnica.
1. Per ogni Zona sociale è costituita una commissione tecnica di cui l’ATI si avvale per il rilascio
dell’autorizzazione e per l’attività di vigilanza e controllo.
2. La commissione tecnica è nominata dal Sindaco del comune capofila di Zona sociale ed è
composta da cinque membri di cui uno con funzioni di Presidente, designati dalla Conferenza di
zona di cui all’articolo 19 della L.R. n. 26/2009 tra il personale con competenze in materia di
organizzazione e gestione dei servizi sociali, di igiene e sanità pubblica e di edilizia dei comuni
della
Zona sociale e della Azienda Unità sanitaria locale competente per territorio. La commissione dura
in carica cinque anni e comunque non oltre la durata del mandato amministrativo del Sindaco.
3. La commissione tecnica, in particolare:
a) verifica il possesso dei requisiti per il rilascio dell’autorizzazione al funzionamento delle strutture
socio-assistenziali dandone comunicazione all’ATI;
b) effettua sopralluoghi almeno annuali presso le strutture socio-assistenziali e redige apposita
relazione sugli esiti degli stessi che trasmette all’ATI;
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c) valuta il funzionamento delle strutture e dei servizi in relazione alle condizioni strutturali, alle
modalità organizzative e gestionali, con particolare riferimento ai contenuti assistenziali
comunicando all’ATI le relative risultanze;
d) verifica la permanenza dei requisiti annualmente o in caso di modifiche intervenute
successivamente al rilascio dell’autorizzazione dandone comunicazione all’ATI;
e) effettua controlli per il rispetto di cui all’articolo 9, comma 2.
4. La Commissione tecnica esprime parere in ordine alla sospensione o alla revoca
dell’autorizzazione qualora accerti la perdita dei requisiti o gravi irregolarità.
TITOLO V
Vigilanza e controllo
Articolo 18
Attività di vigilanza e controllo.
1. L’ATI ai sensi dell’articolo 43 della L.R. n. 26/2009, avvalendosi della commissione tecnica,
esercita le funzioni di vigilanza e controllo sulle strutture che erogano servizi socio-assistenziali.
Tali funzioni possono essere disposte anche qualora il comune in cui è ubicata la struttura, il
comune capofila della Zona sociale, la Regione ne rilevino la necessità.
2. Qualora a seguito delle verifiche e dei controlli di cui al comma 1 si riscontri la perdita dei
requisiti previsti per il rilascio dell’autorizzazione o gravi irregolarità nella gestione dell’erogazione
dei servizi l’ATI provvede, ai sensi dell’articolo 34, comma 4 della L.R. n. 26/2009, alla revoca
dell’autorizzazione stessa.
3. Qualora a seguito delle verifiche e dei controlli di cui al comma 1 emergano irregolarità sanabili
della struttura o dei servizi erogati, l’ATI sospende l’autorizzazione ai sensi dell’articolo 34, comma
4 della L.R. n. 26/2009 e diffida il gestore a provvedere a sanarle entro il termine stabilito nell’atto
di diffida. Decorso inutilmente tale termine l’ATI procede alla revoca dell’autorizzazione ai sensi
dell’articolo 34, comma 4 della L.R. n. 26/2009.
Articolo 19
Attività di monitoraggio.
1. La Regione ai sensi dell’articolo 40 della L.R. n. 26/2009 effettua il monitoraggio costante sul
processo di autorizzazione delle strutture e sui servizi erogati attraverso sistematica e periodica
rilevazione degli stessi.
2. Per le attività di monitoraggio di cui al comma 1 l’ATI fornisce alla Regione, entro il 28 febbraio
di ogni anno, le informazioni necessarie riferite all’anno precedente.
3. La Regione istituisce l’anagrafe regionale delle strutture e dei servizi socio-assistenziali per le
persone anziane autosufficienti contenente le informazioni delle strutture autorizzate.».
TUTELA DEI DIRITTI
FRIULI V.G.
L.R. 14.11.14, n. 24 - Soppressione dell’Autorità regionale per la vigilanza sui servizi idrici,
modifiche alla legge regionale 9/2014 concernente il Garante regionale dei diritti della persona,
nonché modifiche alla legge regionale 23/1990 concernente la Commissione regionale per le pari
opportunità tra uomo e donna. (BUR n. 47 del 19.11.14)
:
Art. 1 soppressione dell’Autorità regionale per la vigilanza sui servizi idrici
1. L’Autorità regionale per la vigilanza sui servizi idrici di cui all’articolo 18 della legge regionale
23 giugno 2005, n. 13 (Organizzazione del servizio idrico integrato e individuazione degli ambiti
territoriali ottimali in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36 “Disposizioni in materia di
risorse idriche”), è soppressa con decorrenza dall’entrata in vigore della presente legge, fermo
restando l’obbligo di presentare, entro il termine del 31 dicembre 2014, le relazioni previste
dall’articolo 19, comma 2, lettere k) e l), della legge regionale 13/2005.
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2. Il compenso annuo lordo attribuito all’Autorità regionale per la vigilanza sui servizi idrici, ai
sensi dell’articolo 18, comma 4, della legge regionale 13/2005, con la deliberazione della Giunta
regionale 24 gennaio 2014, n. 117 (Attribuzione all’Autorità regionale per la vigilanza sui servizi
idrici del compenso annuo lordo, comprensivo anche degli oneri sociali e amministrativi), è
rideterminato in ragione della durata effettiva dell’incarico per l’anno 2014.
Art. 2 modifiche alla legge regionale 13/2005
1. Alla legge regionale 13/2005 sono apportate le seguenti modifiche:
a) gli articoli 18 e 19, nonché le lettere d) e f) del comma 5 dell’articolo 21 sono abrogati;
b) al comma 1 dell’articolo 20 le parole <<, nonché agli indirizzi emanati dall’Autorità di
vigilanza>> sono soppresse;
c) al comma 2 dell’articolo 21 le parole <<, su proposta dell’Autorità per la vigilanza di cui
all’articolo 18,>> sono soppresse;
d) alla lettera c) del comma 5 dell’articolo 21 le parole: <<, dandone informazione all’Autorità per
la vigilanza>> sono soppresse.
Art. 3 modifiche all’articolo 16 della legge regionale 9/2014
1. All’articolo 16 della legge regionale 16 maggio 2014, n. 9 (Istituzione del Garante regionale dei
diritti della persona), sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 1 le parole <<del bilancio pluriennale per gli anni 2014-2016 e>> sono soppresse;
b) al comma 2 le parole <<del bilancio pluriennale per gli anni 2014-2016 e>> sono soppresse;
c) dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
<<2 bis. Per gli esercizi finanziari successivi al 2014 gli oneri derivanti dalle finalità previste
dall’articolo 6 fanno carico al bilancio del Consiglio regionale.>>.
Art. 4 modifiche all’articolo 7 della legge regionale 23/1990
1. All’articolo 7 della legge regionale 21 maggio 1990, n. 23 (Istituzione di una Commissione
regionale per le pari opportunità tra uomo e donna), sono apportate le seguenti modifiche:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
<<1. Alla Presidente della Commissione spetta un’indennità mensile, non cumulabile con il gettone
di presenza, il cui ammontare è stabilito con deliberazione dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio
regionale e in ogni caso non superiore all’80 per cento dell’indennità di funzione dei Presidenti di
Commissione permanente del Consiglio regionale.>>;
b) il comma 2 è sostituito dal seguente:
<<2. Alle commissarie spetta un gettone di presenza per ogni seduta della Commissione e delle
sezioni o gruppi di lavoro costituiti ai sensi dell’articolo 6, comma 5, il cui ammontare è stabilito
con deliberazione dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale e in ogni caso non superiore a
100 euro.>>;
c) il comma 3 è sostituito dal seguente:
<<3. I compensi di cui ai commi 1 e 2 sono aggiornati annualmente dall’Ufficio di Presidenza del
Consiglio regionale.>>.
Art. 5 abrogazioni
1. Sono abrogate, in particolare, le seguenti disposizioni:
a) l’articolo 128 della legge regionale 21 ottobre 2010, n. 17 (Legge di manutenzione
dell’ordinamento regionale 2010);
b) i commi 1, 2 e 3 dell’articolo 4 della legge regionale 29 dicembre 2010, n. 22 (Legge finanziaria
2011);
c) il comma 3 dell’articolo 12 della legge regionale 11 agosto 2011, n. 11 (Assestamento del
bilancio 2011);
d) l’articolo 40 della legge regionale 9 agosto 2013, n. 10 (Disposizioni in materia di trattamento
economico e di pubblicità della situazione patrimoniale dei consiglieri e degli assessori regionali,
nonché di funzionamento dei gruppi consiliari. Modifiche alle leggi regionali 2/1964, 52/1980,
21/1981, 41/1983, 38/1995, 13/2003).
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