SISTEMI TRANSDERMICI

SISTEMI TRANSDERMICI
Per sistema transdermico si intende un dispositivo che consente un'azione sistemica
di un dato principio attivo, mediante assorbimento di quest'ultimo attraverso la pelle.
Vantaggi:
•No metabolismo di primo passaggio;
•Si evita l’ambiente acido dello stomaco;
•No irritazioni a livello gastrico;
•Minore variabilità della concentrazione plasmatica;
•Maggiore compliance dei pazienti;
•No problemi da sovradosaggio e riduzione effetti collaterali.
Svantaggi:
•Il ristretto numero di attivi con caratteristiche idonee alla somministrazione transdermica.
•Variabilità tra i soggetti legata sia alle caratteristiche peculiari della pelle che ad eventuali stati patologici
della stessa.
•Possibile irritazione nel sito di applicazione
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Pelle
La pelle rappresenta l’organo più esteso del corpo umano, costituendo circa il 10% della massa totale. Ha
funzione :
•protettiva;
•omeostatica;
•sensoriale.
La pelle è un organo multistrato piuttosto complesso.
Macroscopicamente si distinguono tre strati:
•epidermide (più esterno, rappresenta circa l’1% dello
spessore),
•derma (intermedio circa l’85%)
•tessuti subcutanei (più interno circa il 14%).
Il derma contiene vasi sanguigni, linfatici e terminazioni
nervose, provvedendo al supporto fisiologico
dell'epidermide.
Dal momento che i vasi sanguigni arrivano fino
all'interfaccia tra epidermide e derma, quest'ultima non
può essere quindi considerata una barriera da dover
oltrepassare.
A: Epidermide; B:Derma; C; Tessuti subcutanei
L'epidermide è a sua volta costituita da due strati: uno più interno e vitale detto germinativo ed uno esterno
detto corneo.
Lo strato germinativo potrebbe essere inteso come una specie di gel acquoso e non rappresenta
pertanto una significativa barriera alla penetrazione delle varie sostanze. Il compito delle cellule in esso
contenute (keratinociti) è quello di rigenerare lo strato corneo.
Lo strato corneo è costituito da strati (15-25) di corneociti, ossia keratinociti definitivamente differenziati,
intrappolati in una matrice lipidica a doppio strato. Il tutto forma uno strato continuo, interrotto soltanto dai
dotti delle ghiandole sudoripare e sebacee, nonché dai follicoli piliferi, che, dal derma, raggiungono la
superficie esterna della pelle. Lo spessore varia dai 10 ai 20 µm a seconda delle varie parti del corpo.
Se esaminato al microscopio, lo strato corneo risulta costituito da cellule individuali di forma grossolanamente
esagonale e piatta, che si sovrappongono le une con le altre a formare tante pile parallele incastonate le une
con le altre.
La posizione di ciascuna cellula nella pila varia col tempo. In circa due settimane, il corneocita passa dalla
posizione basale a quella più esterna, per essere poi definitivamente espulso (desquamazione).
Contemporaneamente, nuove cellule si differenziano e dallo strato germinativo e passano alla base di quello
corneo.
Strato corneo
Corneociti
Strato
corneo
Matrice lipidica intercellulare
Strato germinativo
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Il componente principale dello strato corneo è la keratina, o meglio le keratine, visto che ne esistono di
diversi tipi, con peso molecolare variabile tra i 40.000 ed i 70.000.
Sono dei polipeptidi relativamente poveri in cistina e ricchi in serina e glicina. L'aminoacido che termina la
catena è sempre l'N-acetilserina. Le keratine sono fortemente cross-linkate attraverso ponti disolfuro
intermolecolari
Le keratine iniziano a formarsi nel citoplasma dei keratinociti, quando questi si trovano, ancora in forma
indifferenziata, nello strato germinativo.
Man mano che i filamenti di keratina aumentano, essi tendono a formare uno strato calloso, partendo dalla
superficie interna della membrana cellulare e procedendo poi verso l'interno del citoplasma stesso, fino a
provocare la rottura dei vari organelli cellulari e del nucleo. Una volta consumata la rottura del nucleo,
siamo passati dal keratinocita al corneocita.
Quella che una volta era la membrana cellulare risulta
ora costituita da idrossiacil sfingosine esterificate
(idrossiceramidi) il cui compito è quello di ancorare i
corneociti alle lamelle lipidiche extracellulari.
Queste lamelle lipidiche a doppio strato si formerebbero
dalla fusione bordo a bordo di vescicole lipidiche
appiattite, che si formano contemporaneamente alla
cheratina all'interno dei keratinociti. Al momento della
definitiva differenziazione dei keratinociti, tali vescicole
vengono espulse all'esterno.
Le lamelle lipidiche, a differenza di tutte le membrane
biologiche, non contengono fosfolipidi bensì ceramidi,
colesterolo e derivati, acidi grassi.
Lipidi contenuti nello spazio intercellulare dello
strato corneo
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Lo strato corneo costituisce la vera barriera alla penetrazione o permeazione di corpi o molecole
estranee di qualsiasi tipo, grazie alla sua elevata densità (1,4 g/cm3 allo stato secco), alla bassa
idratazione (15-20% contro una media del 70% per gli altri tessuti) ed all’assenza di vascolarizzazione. È
quindi inverosimile pensare che la via di somministrazione transdermica possa essere con successo
applicata a qualsiasi tipo di principio attivo.
E' possibile comunque valutare a priori se una molecola può essere un buon candidato per la formulazione
di un sistema transdermico, considerando una serie di parametri.
I primi parametri da considerare sono la dose ed il tempo di emivita.
Considerando che un sistema di rilascio opportuno non dovrebbe coprire una superficie corporea superiore
a 50 cm2 (un disco da 8 cm di diametro), onde evitare o non aggravare eventuali fenomeni di irritazione o
sensibilizzazione, è molto difficile riuscire a far passare nella circolazione ematica, in 24 ore, più di 15-20 mg
di principio attivo.
E' chiaro pertanto che solo i principi attivi che agiscono a basse concentrazioni sono dei buoni candidati
alla somministrazione transdermica.
Per quanto riguarda il tempo di emivita, più esso è breve, più sarà difficile riuscire a raggiungere livelli
ematici efficaci, considerando il basso quantitativo di principio attivo che riesce a penetrare la pelle nell'unità
di tempo.
Dosaggio: < 15-20 mg al giorno
Valutazione a priori
Emivita
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Il trasporto attraverso lo strato corneo è un processo di tipo passivo, saranno quindi le proprietà
chimico-fisiche dei candidati alla somministrazione a determinare la possibilità di diffondere e penetrare lo
strato corneo. Possono essere identificate tre rotte attraverso cui una molecole può attraversare lo strato
corneo:
•Intercellulare (attraverso la matrice lipidica dello strato corneo);
•Transcellulare (diffusione e ripartizione attraverso i corneociti ed i lipidi dello strato corneo);
•Attraverso le varie appendici.
Analisi di tipo diffusivo e morfometriche suggeriscono che la rotta intercellulare sia quella principalmente
coinvolta nella diffusione transdermica
Attraversata
l’epidermide
un
composto può poi perseguire
attraverso i vasi sanguinei del
derma o penetrare fino ai tessuti
più profondi.
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le principali caratteristiche chimico-fisiche del principio attivo che ne influenzano l’assorbimento attraverso
la via transdermica sono:
•Solubilità
•Diffusività
La solubilità di una sostanza in due fasi immiscibili dipende dal coefficiente di ripartizione ottanoloacqua. Questo parametro determina se la sostanza è idonea ad essere assorbita dallo strato corneo e
desorbita dallo strato corneo verso i tessuti sottostanti.
Il coefficiente di ripartizione ottanolo-acqua (KOW) per un soluto A è calcolato nel seguente modo:
KOW=[A]ottanolo/[A]water
Dove [A] è la molarità del soluto A nei due solventi immiscibili tra loro quando questi sono entrambi presenti
(imbuto separatore).
Il coefficiente di ripartizione è un indice dell’idrofilicità o lipofilicità di una sostanza. Normalmente è espresso
nella forma logaritimica indicata logP.
La diffusività indica invece la velocità con cui un soluto attraversa una data barriera, dipenderà quindi dalle
possibili interazioni soluto-strato corneo, dalla viscosità dello strato corneo (o dei sui componenti, come la
matrice lipidica) e dalla tortuosità del percorso.
Altri fattori in grado di influenzare l’assorbimento transdermico di una molecola sono :
•Peso molecolare
•Stato di dissociazione
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Tenendo presente lo schema a fianco, vediamo
come il principio attivo, dal punto in cui è contenuto
(drug reservoir), per giungere alla circolazione
ematica (dermis and capillaries), deve attraversare
una serie di ostacoli.
Partendo dal sistema di rilascio ed ipotizzando che
sia un dispositivo a membrana (polimerica), il
principio attivo deve inizialmente ripartirsi all'interno
della membrana per poi iniziare a diffondere
attraverso di essa. Il coefficiente di diffusione in
questo caso, oltre che dalle caratteristiche chimicofisiche del principio attivo, dipenderà anche dalla
natura del polimero scelto per costituire la
membrana polimerica.
Subito dopo incontra lo strato adesivo dove, ancora
una volta, dapprima si ripartisce e poi diffonde. In
questo caso però, la velocità di diffusione è ben più
elevata di quella che si ha attraverso la membrana,
per cui, in effetti, lo strato adesivo non rappresenta
un reale ostacolo.
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A questo punto il principio attivo deve ripartirsi e
diffondere attraverso lo strato corneo. Esso
rappresenta di solito l'ostacolo maggiore. Qui c'è
poca acqua e l'unica via di diffusione possibile è
attraverso il materiale lipidico che circonda i
corneociti.
E' ovvio che più il coefficiente di ripartizione
ottanolo-acqua è elevato, più la molecola si
ripartirà facilmente in questo strato. Molecole
molto polari o addirittura cariche penetrano questo
strato molto difficilmente.
La molecola troppo lipofila incontrerà però serie
difficoltà a ripartirsi e oltrepassare il successivo
strato e cioè quello germinativo, in quanto questo
è molto ricco d'acqua. Rimarrà pertanto trattenuta
dallo strato corneo. Una molecola decisamente
idrofila vi diffonderebbe rapidamente, ma lo strato
corneo gli impedisce di arrivarci.
Sono infatti le molecole che possiedono un
coefficiente di ripartizione di circa 1 o
leggermente più basso (polarità intermedia)
che riescono ad oltrepassare meglio la barriera
della pelle, riuscendo a ripartirsi ugualmente bene
sia nel materiale lipofilo dello strato corneo che in
quello acquoso dello strato germinativo.
Comunque, in definitiva, una regola fissa e schematica non esiste. Per verificare la fattibilità della
formulazione di un sistema transdermico, è necessario paragonare la curva dei livelli ematici ottenuta
tramite somministrazione transdermica con quella ottenuta per via orale.
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Valutazione dell’assorbimento transdermico
Naturalmente, non è ammissibile da un punto di vista etico ne possibile dal punto di vista economico
valutare la fattibilità di un sistemica transdermico direttamente attraverso studi in vivo. Questi motivi, uniti
alla crescente necessità di ottenere informazioni utili riguardanti i rischi tossicologici dovuti al contatto con
una vastissima quantità di entità chimiche varie (cosmetici, detergenti, disinfettanti, concini ecc.) hanno
spinto vari enti a sviluppare protocolli e test in vitro volti alla valutazione dell’assorbimento transdermico.
I test in vitro permettono di ottenere dati in condizioni altamente controllate, dove le uniche variabili sono
rappresentate dalla pelle e dal materiale testato. I test in vitro valutano solamente l’attraversamento
dell’epidermide mentre i test in vivo valutano la concentrazione sistemica (non si hanno informazioni
sulla concentrazione locale).
Anche se la farmacopea riporta
un test in vitro per i sistemi
transdermici,
è
preferibile
seguire quello messo a punto e
suggerito dalla FDA, che
prevede
l'utilizzo
delle
cosiddette celle di Franz, dal
nome dello studioso che le ha
proposte per primo. Con questo
test non si verifica solo come il
P.A. si libera dalla forma
farmaceutica, ma si può avere
anche un'idea più precisa di
quello che è il comportamento in
vivo
e
ottenere
anche
informazioni sulle cinetiche di
diffusione.
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La membrana ideale da utilizzare
dovrebbe essere epidermide umana
tagliata non più spessa di 0,5 mm. Inoltre,
l'età, la razza e il sesso del donatore
nonché la zona del prelievo dovrebbero
altresì essere specificati.
In realtà, molto spesso i test vengono
eseguiti utilizzando pelle animale (topo,
ratto, coniglio), sebbene la composizione
dell'epidermide animale non è esattamente
la stessa di quella umana.
Un'ulteriore alternativa è rappresentata dalle membrane artificiali, appositamente sviluppate per mimare le
proprietà della pelle. Queste devono avere una porosità di 0,45 µm ed uno spessore di 150 µm. Possono essere
in cellulosa acetato o nitrato, eventualmente imbevuti di una fase lipofila (isopropil miristato) nel caso in cui il test
debba essere eseguito su unguenti, o per meglio avvicinarsi alla struttura della pelle.
Il solvente che deve “mimare” il flusso sanguigno è in genere tampone fosfato a pH 7,4 alla temperatura di 32°C.
La cella ne contiene 7 ml, sotto agitazione, ma un certo flusso garantisce le condizioni "sink".
Un anello in Teflon di 2 mm x 17 mm, con un foro di 15 mm di diametro, viene posto sopra alla membrana.
L'interno dell'anello è riempito col materiale da testare, che occuperà dunque un volume di 2 mm di altezza x 15
mm di diametro. Il tutto viene chiuso dal tappo superiore. La superficie di contatto tra la forma farmaceutica e
la membrana è dunque una circonferenza di 15 mm di diametro.
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La correlazione vivo-vitro per i sistemi transdermici è stato un argomento profondante studiato. I risultati
hanno mostrato come i dati in vitro sembrano accurati nella previsione di quelli in vivo, eccetto che nei casi
in cui il composto è soggetto ad estensive trasformazioni metaboliche a livello del derma.
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Metodi per il miglioramento dell’assorbimento transdermico
Per aumentare la quantità di attivo che penetra attraverso la pelle nell'unità di tempo, è possibile ricorrere
all'uso di determinate sostanze dette "promotori di assorbimento“. Tali sostanze dovrebbero avere
caratteristiche ben determinate quali :
•non possedere azione farmacologica
•essere specifiche nella loro azione
•agire immediatamente e per una durata prestabilita
•possedere un'azione reversibile
•essere chimicamente e fisicamente stabili
•essere compatibili con il principio attivo e gli altri componenti della formulazione
•essere incolore, inodore, insapore
•essere non tossiche, non allergeniche, non irritanti
Ovviamente nessun promotore in uso possiede contemporaneamente queste qualità e bisogna accettare dei
compromessi.
E' altrettanto ovvio che non tutti i promotori di assorbimento funzionano indistintamente bene per qualsiasi
tipo di principio attivo. In qualche caso possono anche addirittura ridurne l'assorbimento.
Tra essi i più noti sono:
Etanolo e metanolo
l'effetto promotore dipenderebbe dalla loro capacità di estrarre alcuni lipidi dello strato corneo, soprattutto se
si affianca ad essi anche un cosolvente idrofobico come il n-esano.
DMSO (dimetil solfossido) ed omologhi come il C10MSO (decil metil solfossido)
Agirebbero estraendo diversi componenti dello strato corneo, dai lipidi alle lipoproteine, alle nucleoproteine.
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DMA (dimetil acetamide) e DMF (dimetil formamide)
Agiscono con un meccanismo simile al DMSO
Solventi vari (acetone, tetraidrofurfuril alcol, glicol propilenico)
Alcoli ed acidi grassi
Pirrolidoni
Agirebbero aumentando l'idratazione dello strato corneo
Azone (laurocaprame)
E' uno dei promotori più efficaci, sintetizzato appositamente per questo scopo. Riesce ad aumentare
l'assorbimento sia di principi attivi idrofili che lipofili. Generalmente il quantitativo opportuno da utilizzare è tra
l'1 e il 5%. Questo è un ottimo vantaggio rispetto ai solventi precedentemente nominati che per essere attivi
vanno utilizzati in percentuale ben più elevata (in qualche caso bisogna arrivare al 70%, con possibili
complicazioni di tipo tossicologico). L'effetto promotore è potenziato dall'uso di glicol propilenico come
cosolvente, mentre è inibito dai PEG liquidi. Il meccanismo con cui l'azone agisce non è ancora del tutto
chiaro ( in realtà sembra incorporarsi nel doppio strato lipidico alterandone la microviscosità), ma, se
una singola dose di azone riesce a cambiare la permeabilità di una molecola per i 5 giorni successivi alla
somministrazione, è chiaro che tende a rimanere all'interno dell'epidermide.
Effetto dell’azone sulla penetrazione di metrodinazolo in
esperimenti condotti con pelle umana
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SEPA
Sepa è l’acronimo di ‘‘soft enhancement of percutaneous absorption” e rappresenta una classe di composti
chimicamente correlati. Il termine soft è stato scelto per indicare la modesta tossicità (perlomeno se
confrontata a quella degli altri promotori).
Anche per i sepa il meccanismo d’azione non è ben chiaro, anche se i dati a disposizione fanno pensare ad
un meccanismo simile a quello proposto per l’azone.
Studi comparativi hanno mostrato una maggiore efficacia dei sepa rispetto all’azone.
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Tensioattivi (anionici, cationici, non ionici)
Il loro effetto è concentrazione dipendente. Al di sotto della concentrazione micellare critica, essi aumentano
l'assorbimento delle sostanze, grazie al loro effetto destabilizzante sulle membrane cellulari. Quando invece
la concentrazione supera quella micellare critica e si formano le micelle, la permeabilità diminuisce se il
principio attivo è trattenuto dalle micelle stesse.
Si possono verificare i seguenti casi:
A: Il tensioattivo aumenta la permeabilità ma il P. A. interagisce con le micelle al di sopra della
concentrazione micellare critica.
B: Il tensioattivo aumenta la permeabilità ed il P. A. interagisce debolmente con le micelle al di sopra della
concentrazione micellare critica.
C: Il tensioattivo aumenta la permeabilità ed il P. A. non interagisce con le micelle al di sopra della
concentrazione micellare critica.
D: Il tensioattivo non aumenta la permeabilità ed il P. A. interagisce con le micelle al di sopra della
concentrazione micellare critica.
Velocità di permeazione
E: Il tensioattivo non aumenta la permeabilità ed il P. A. non interagisce con le micelle al di sopra della
concentrazione micellare critica.
Concentrazione di tensioattivo
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Dispositivi transdermici
La somministrazione di attivi destinati alla pelle avviene in genere tramite formulazioni semisolide tipo
unguenti, gel o creme. Queste forme farmaceutiche, pur rappresentando un via possibile, in realtà non
costituiscono sistemi particolarmente idonei alla somministrazione transdermica.
Questi sistemi non permettono di avere un controllo riproducibile del quantitativo di principio attivo assorbito in
quanto la quantità di pomata usata e la superficie su cui viene sparsa non è mai la stessa.
I dispositivi transdermici attualmente utilizzati sono i cosiddetti “cerotti transdermici”.
Tutti i cerotti attualmente disponibili ricadono in tre tipologie principali:
Drug in adhesive
Il principio attivo è contenuto direttamente nello
strato dell’adesivo cha ancorerà il cerotto
all’epidermide.
Drug in matrix (sitemi monolitici)
L’attivo è inglobato in uno strato di matrice
monolitica polimerica (semisolida o liquida),
posizionato tra la copertura posteriore (backing
layer) e l’adesivo. La matrice polimerica oltre a
contenere il farmaco ne controlla anche la
velocità di rilascio.
Drug in reservoir
Sono costituiti, partendo dall'esterno verso la
pelle, dallo strato posteriore di chiusura, dallo
strato che funge da serbatoio (liquido o
semisolido) contenente il P.A., da una membrana
polimerica e dallo strato adesivo. Il compito della
membrana è quello di controllare la velocità di
rilascio del principio attivo verso la pelle .
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I componenti dello strato che contiene il P.A. possono essere i più disparati, purché farmaceuticamente
accettabili almeno per uso esterno.
La stessa cosa dicasi per la membrana che dovrebbe controllare la cinetica di rilascio. Il tipo di polimero e lo
spessore usati possono essere moltissimi, purché, anche in questo caso farmaceuticamente accettabili.
Anche il materiale costituente lo strato adesivo deve essere scelto con giudizio. Intanto bisogna verificare
quanto P.A. migra nello strato adesivo prima ancora che il cerotto venga somministrato e se interagisce con i
suoi componenti. Tale materiale deve garantire un'ottima adesione alla pelle del cerotto per un periodo di
tempo anche lungo, ma deve anche far sì che la rimozione non sia dolorosa. Infine, il materiale adesivo non
deve irritare la pelle. I materiali più usati sono quelli costituiti da resine acriliche, siliconiche o da
poliisobutilene. Cominciano ad essere usati anche vari tipi di idrogeli.
Lo strato posteriore di chiusura è invece molto spesso costituito da lamine ottenute per estrusione di
poliesteri, polietilene, miscele dei due, oppure da lamine metalliche (di solito alluminio). Questi
materiali devono essere “impermeabili” ed inerti sia nei confronti dell’attivo che degli eccipienti. Devono
essere impermeabili in maniera da ridurre la perdita sia dell’acqua eventualmente contenuta nella
formulazione (sistemi reservoir) che di generata dalla sudorazione transepidermiale (favorendo in questo
modo una maggiore idratazione dello strato corneo).
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Formulazione transdermiche attualmente presenti sul mercato
SCOPOLAMINA
Primo sistema transdermico (TTS) introdotto nel mercato nel 1981.
La scopolamina (trattamento di nausea e vomito da movimento), sostanza oleosa insolubile in acqua, è
rapidamente assorbita nel tratto GI e metabolizzata nel fegato. Gli effetti collaterali, dopo somministrazione
orale o parenterale e la breve durata di azione (per via orale viene somministrata ogni 6 h) ne giustificano la
somministrazione per via transdermica.
Il TTS contenente scopolamina ha una struttura multistrato di tipo reservoir di cui fa parte una membrana
porosa che regola la velocità di rilascio del farmaco. Rilascia 0.5 mg di farmaco per 3 giorni e si applica dietro
l’orecchio.
La somministrazione transdermica elimina gli effetti collaterali (disorientamento, disturbi della memoria,
irrequietezza, vertigini, allucinazioni,confusione mentale).
Prodotto commercializzato in Italia: Transcop (Recordati )
NITROGLICERINA
Farmaco utilizzato nel trattamento dell’angina pectoris, con una scarsa biodisponibilità orale (1%), un’ elevata
potenza ( 50-500 ng / ml ), ed una breve emivita (1-4 minuti).
Le formulazioni orali hanno un effetto molto rapido ( inferiore a 2 minuti ) ma una breve durata d’azione (30
minuti nel caso delle compresse sottolinguali e 3 – 5 h per quelle buccali).
In commercio ci sono sistemi transdermici di diverso tipo che comunque forniscono concentrazioni
plasmatiche costanti ed equilvalenti nell’arco di 24h.
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Prodotti commercializzati in Italia
Adesitrin 5 / 10 / 15
Deponit 5 / 10 / 15
Minitran 5 / 10 / 15
Nitroderm TTS 5 / 10 / 15
Nitrodur 5 / 7.5 / 10 / 15
Nitrosylon 5 / 10 / 15
Top Nitro 5 / 7.5 / 10 / 15
Triniplas 5 / 10 / 15
Venitrin T 5 / 10 / 15
Pharmacia & Upjohn
Schwarz Pharma
3M Italia
Novartis Pharma
Sigma – Tau Tau
Knoll Farmaceutici
Schering – Plough
Novartis Farma
AstraZeneca
SISTEMA NITRO-DUR ®
Questo
dispositivo
transdermico
e’
preparato scaldando una soluzione acquosa
di un polimero idrosolubile, glicerolo e alcool
polivinilico e poi abbassando la temperatura
della miscela per formare un gel.
Un triturato lattosio/nitroglicerina e’ disperso
nel gel e la miscela e’ solidificata a
temperatura ambiente. Il disco medicato
ottenuto e’ assemblato su una lamina
impermeabile e munito di un bordo adesivo;
si ottiene cosi’ un dispositivo transdermico
da 20 cm2 che libera 10 mg di nitroglicerina
al giorno per la prevenzione dell’angina
pectoris.
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ESTRADIOLO
Farmaco di elevata potenza (20-100 100 pg/ml), con breve emivita (0.05 h) e rapida clearance (600--800 L/
h).
I sistemi transdermici, di tipo multistrato, forniscono livelli plasmatici, costanti per un periodo di 3.5 giorni.
Sono realizzati in dosaggi diversi e possono contenere associazioni con progestinici.
CLONIDINA
Farmaco di sintesi, antipertensivo, viene assorbito (95%) nel tratto GI , e presenta una emivita di 6 a 20 h.
Gli effetti collaterali e la scarsa compliance da parte del paziente nei confronti del regime di dosaggio orale
ne giustificano l’impiego per via per via transdermica.
Il sistema transdermico contenente clonidina è di tipo multistrato con una membrana che controlla la velocità
di rilascio del farmaco. Il sistema rilascia clonidina per 7 giorni.
La somministrazione transdermica evita i picchi di concentrazione ematica che si osservano dopo
somministrazione orale.
FENTANIL
Farmaco analgesico con elevata potenza (10 µg/Kg), breve emivita (3.7 h), elevato metabolismo epatico,
scarsa biodisponibilità orale (30%).
I sistemi transdermici, disponibili in quattro dimensioni (10, 20, 30, 40 cm2) rilasciano, rispettivamente, 25,
50, 75 e 100 µg/ h fentanil per 3 giorni.
Sono sistemi a “reservoir” multistrato con una membrana che controlla la velocità di rilascio del farmaco. La
somministrazione per via transdermica incrementa il tempo di emivita (17 h) rispetto a quella endovenosa (6
h).
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