Lezione_13 - Dipartimento di Fisica

Corso di Fisica Generale I
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Laurea Triennale in Ing. Gestionale
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A.A. 2014/2015
Urti: impulso e variazione della quantità di moto
In un urto due corpi interagiscono intensamente fra loro nel corso di un breve intervallo di
tempo. Anche se usualmente un urto è visto come uno scontro tra due oggetti, in un processo
d’urto non necessariamente le due parti entrano sempre in contatto; ad esempio, in molti casi
l’interazione momentanea (senza contatto) tra due corpi o due particelle può essere trattata
come un processo d’urto.
Nell’urto tra due corpi l’interazione tra essi fa nascere delle forze
mutue molto intense che determinano la variazione delle quantità
di moto di entrambi.
~ (t) la forza che agisce su di esso, dalla
Ad esempio, per il corpo di destra (R), indicando con F
2a legge della dinamica possiamo scrivere
Z tf
~ (t)dt.
~ (t)dt
~=p
~=F
F
→
∆~
p
~f − p
~i =
d~
p
ti
La quantità
J~ =
Z
tf
F~ (t)dt
ti
~ . Dalla precedente possiamo scrivere
è detta impulso della forza F
~=p
∆~
p
~f − p
~ i = J~
Teorema dell’impulso: la variazione di quantità di moto di ognuna particelle
coinvolte in una collisione (urto) è pari all’impulso agente su ognuna di esse.
Giannozzi e Giugliarelli
Sistemi di particelle
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Impulso e serie di urti
Durante un urto la forza tra le particelle è diversa da zero
solo in un breve intervallo di tempo, ∆t, che è quello che determina principalmente il valore dell’impulso. In relazione a
ciò, spesso parlando delle forze coinvolte nei processi d’urto,
parleremo di forze impulsive.
Il valore dell’impulso è pari all’area (indicata in viola) sottostante la curva di sinistra. La
variazione della quantità di moto dipende esclusivamente dal valore dell’impulso (e non dal
modo in cui varia la forza nell’intervallo ∆t): se F è la forza media nell’intervallo ∆t allora
J
J = F ∆t
→
F =
∆t
Supponiamo ora di avere una serie di particelle (proiettili) tutti con la stessa massa m che
urtano a intervalli regolari un corpo fisso. Sia n il numero di urti nell’intervallo ∆t, v la
velocità delle particelle nell’urto, e supponiamo che ogni particella subisca una variazione di
quantità di moto pari a ∆p = m∆v. Nell’intervallo ∆t le
particelle subiscono una variazione di quantità di moto pari
a n∆p. Nello stesso intervallo di tempo il corpo è soggetto
ad un impulso
J = −n∆p = −nm∆v
Quindi il corpo è soggetto ad una forza media
J
∆p
nm
∆m
F =
= −n
=−
∆v = −
∆v
∆t
∆t
∆t
∆t
La forza media è pari alla quantità di massa che raggiunge il corpo nell’unità di tempo
moltiplicata per la variazione di velocità delle particelle.
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Quantità di moto ed energia cinetica negli urti
Le forze di cui risentono le particelle coinvolte in un urto sono forze interne al sistema: in
tal caso, come già visto per un qualsiasi sistema di particelle in assenza di forze esterne, la
quantità di moto deve essere conservata!
In un urto, le quantità di moto e le energie cinetiche delle singole particelle variano. Sappiamo
che la quantità di moto si conserva; si conserva anche l’energia cinetica?
In relazione alla conservazione dell’energia cinetica, distingueremo due tipi di urti:
• Urti elastici: l’energia cinetica totale del sistema (le due particelle) è conservata.
Anche se durante l’urto i due corpi si modificano, le deformazioni che essi subiscono sono
solo temporanee. Infatti, in tal caso si parla di deformazioni elastiche.
• Urti anelastici: sono urti nei quali l’energia cinetica totale non è conservata.
Negli urti anelastici parte dell’energia cinetica viene trasformata in calore o altre forme
di energia. Ciò è dovuto al fatto che nell’urto i corpi possono subire delle deformazioni
permanenti. Nel momento in cui i corpi dopo l’urto rimangono uniti (formando un corpo
unico), si parla di urto completamente (o perfettamente) anelastico.
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Urti anelastici in una dimensione
In un urto anelastico possiamo solo utilizzare la conservazione
della quantità di moto. Cioè potremo scrivere
p1,i +p2,i = p1,f +p2,f
⇒
m1 v1,i +m2 v2,i = m1 v1,f +m2 v2,f
dove m1 e m2 sono le masse delle due particelle.
Se l’urto è completamente anelastico, la conservazione della quantità di moto si scrive
p1,i + p2,i = pf
⇒
m1 v1,i + m2 v2,i = (m1 + m2 )vf
dove ora vf è la velocità finale (comune) delle due particelle dopo l’urto (che ora costituiscono
un unico corpo). In questo caso, la conoscenza delle masse delle particelle e delle loro velocità
iniziali, è sufficiente per il calcolo della velocità vf . Infatti è
m1 v1,i + m2 v2,i
vf =
m1 + m2
Si noti che l’assenza di forze esterne ci dice anche che la velocità del centro di massa non
deve cambiare. Conseguentemente, dato che dopo l’urto le due particelle sono unite, la loro
comune velocità deve coincidere con quella del centro di massa del sistema. Cioè
m1 v1,i + m2 v2,i
p1,i + p2,i
P
vf = vcm =
=
=
m1 + m2
m1 + m2
m1 + m2
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Applicazione: il pendolo balistico
Un proiettile di massa m = 9.5 g viene sparato orizzontalmente verso un blocco di legno, di massa M = 5.4 kg a
riposo e appeso a due corde (inestensibili e di massa trascurabile). Nell’urto il proiettile rimane conficcato nel blocco
e nell’oscillazione che segue l’urto il blocco (+ proiettile) si
solleva di una quota massima pari ad h = 6.3 cm.
Determinare la velocità del proiettile.
L’urto è completamente anelastico: l’energia cinetica non viene conservata!
Essendo l’urto unidimensionale, la conservazione della quantità di moto ci permette di scrivere
m
mv = (M + m)V
⇒
V =
v
M +m
dove V è la velocità del sistema blocco+proiettile subito dopo l’urto.
Durante l’oscillazione che segue l’urto, viene conservata l’energiameccanica
e quindi
M +m 2
1
gh
(M + m)V 2 = (M + m)gh
→
v2 = 2
2
m
p
M +m
⇒
v=
2gh = 630 m/s.
m
Il pendolo balistico viene comunemente utilizzato per la determinazione della velocità dei
proiettili.
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Urti elastici in una dimensione
Consideriamo ora l’urto elastico tra due particelle che si
muovono lungo l’asse x.
Applicando le conservazioni di quantità di moto ed energia cinetica possiamo scrivere le
seguenti


 m1 v1,i + m2 v2,i = m1 v1,f + m2 v2,f

 1 m1 v2 + 1 m2 v2 = 1 m1 v2 + 1 m2 v2
1,i
2,i
1,f
2,f
2
2
2
2
Spostando dei termini tra primo e secondo membro, le due relazioni possono essere riscritte
come segue 
 m1 (v1,i − v1,f ) = −m2 (v2,i − v2,f )

m1 (v1,i − v1,f )(v1,i + v1,f ) = −m2 (v2,i − v2,f )(v2,i + v2,f )
e quindi, dividendo membro a membro, si ottiene
v1,i + v1,f = v2,i + v2,f .
Infine, ricavando v2,f da quest’ultima e sostituendo nella prima relazione giungiamo con
qualche passaggio alle seguenti
v1,f =
m1 − m2
2m2
v1,i +
v2,i ;
m1 + m2
m1 + m2
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v2,f =
2m1
m2 − m1
v1,i +
v2,i .
m1 + m2
m1 + m2
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Urti elastici in una dimensione: i diversi casi
Bersaglio fermo
In tal caso è v2,i = 0 e perciò
m1 − m2
2m1
v1,i ;
v2,f =
v1,i .
m1 + m2
m1 + m2
Si noti che nel caso in cui le masse delle due particelle sono uguali abbiamo
v1,f =
v1,f = 0;
v2,f = v1,i ,
e cioè nell’urto le due particelle si scambiano le velocità!
Bersaglio massiccio
Se supponiamo che m2 ≫ m1 per le velocità dopo l’urto abbiamo
2m1
v1,i + v2,i .
v1,f ≈ −v1,i + 2v2,i ;
v2,f ≈
m2
È importante notare che se la seconda particella è inizialmente ferma (v2,i ) allora avremo
2m1
v1,f ≈ −v1,i ;
v2,f ≈
v1,i .
m2
Questo è, per esempio, il caso in cui una particella urta contro una parete rigida. In tal
caso, se l’urto è elastico, la particella viene riflessa all’indietro con una velocità in modulo
esattamente uguale a quella iniziale. (Ovviamente in tal caso possiamo prendere v2,f = 0!)
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Urti in due dimensioni
Potremo sempre utilizzare la conservazione della quantità di
moto (ora in forma vettoriale)
p
~ 1,i + p
~ 2,i = p
~1,f + p
~2,f
Se l’urto è anche elastico potremo far uso anche della
conservazione dell’energia cinetica
K1,i + K2,i = K1,f + K2,f
Ad esempio, nel caso di figura, scomponendo la prima relazione lungo gli assi potremo scrivere
m1 v1,i + m2 v2,i = m1 v1,f cos θ1 + m2 v2,f cos θ2
.
0 = −m1 v1,f sin θ1 + m2 v2,f sin θ2
Inoltre, in caso di urto elastico, alle precedenti potremo affiancare anche la seguente
1
1
1
1
2
2
2
2
+ m2 v2,f
.
m1 v1,i
+ m2 v2,i
= m1 v1,f
2
2
2
2
Si noti però che anche in questo caso, essendo 4 le incognite (e cioè i moduli delle velocità
finaliv1,f e v2,f e gli angoli θ1 e θ2 con cui escono le particelle), le tre equazioni sopra scritte
non sono sufficienti a determinarle (anche azzerando v2,i , vedi in figura). In generale, negli
urti in due dimensioni, per risolvere il problema è necessario conoscere il valore di una di
queste variabili.
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