cellule del tessuto connettivo - Morfologia umana e biologia applicata

cellule del tessuto connettivo

Le cellule del tessuto connettivo propriamente detto
appartengono a due categorie:
◦ cellule fisse con vita relativamente lunga, risiedono sempre
nell’ambito del tessuto connettivo (cellule mesenchimali fibroblasti,
adipociti)
◦ cellule mobili con vita di breve durata, provengono generalmente
dal sangue e dalle sedi di produzione del sangue stesso come il
midollo osseo (cellule mesenchimali?, granulociti eosinofili, linfociti,
macrofagi, plasmacellule e mastociti)

Cellule mesenchimali: piccole fusiformi o stellate
◦ sono i precursori delle cellule più rappresentative del tessuto
connettivo p.d. cioè dei fibroblasti e probabilmente anche di tutte le
altre cellule del tessuto connettivo (Cellule staminali multipotenti);
◦ Morfologicamente si distinguono difficilmente dai fibroblasti anche
se hanno un numero inferiore di organuli.
◦ Hanno svariate potenzialità maturative e si ritiene che per tutta la
vita rimangano per produrre nuove cellule del tessuto connettivo
Fibroblasti
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fibroblasti: sono i responsabili della produzione delle
componenti del tessuto connettivo p.d. (fibre e
sostanza amorfa)
in genere sono disposti lungo i fasci di fibre collagene e
appaiono nelle sezioni istologiche con una forma
affusata; certe volte possono presentare prolungamenti
o assumere forma stellata
il nucleo appare sempre evidente
al microscopio elettronico mostrano un abbondante
reticolo endoplasmatico rugoso soprattutto quando
sono attivi e ciò si traduce anche, in microscopia ottica,
in una intensa basofilia del loro citoplasma
Fibrillogenesi

con metodi autoradiografici è stato possibile studiare le
modalità di sintesi del collagene, dei glicosaminoglicani e
delle glicoproteine
◦ le catene proteiche vengono allestite a livello del reticolo
endoplasmatico rugoso
◦ la formazione di catene zuccherine avviene nell’apparato del
Golgi
◦ l’assemblaggio delle molecole di collagene avviene all’esterno
della cellula
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seguendo le informazioni contenute nel codice genetico
vengono sintetizzate delle catene polipeptidiche che
sono state individuate con il termine catene alfa
queste si organizzano in modo da formare tre catene
che si avvolgono a spirale nella parte centrale ma
rimangono libere alle estremità
si costituisce così una proteina che prende il nome di
procollagene
Assemblaggio delle molecole di collagene
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le parti non spiralizzate sono denominate telopeptide N (l’estremità
ammino-terminale e telopeptide C (l’estremità carbossi-terminale)
la polarizzazione dei due telopeptidi permette l’orientamento del
procollagene (il telopeptide N si contrappone al telopeptide C)
la molecola di procollagene si organizza come struttura filamentosa
nell’interno del fibroblasta viene poi esocitata nell'ambiente extracellulare
dove si orienta; perciò avremo una serie di molecole filamentose che si
dispongono orientate una di seguito all’altra
il fibroblasta sintetizza inoltre due enzimi che hanno il compito di
allontanare i due telopeptidi (telopeptidasi: N proteasi e C proteasi)
quando le molecole filamentose si sono orientate interviene l’azione dei
due enzimi che staccano i telopeptidi
a questo punto si ottiene una molecola compiuta di collagene o
tropocollagene (2800 A°), molecola che presenta un aspetto lineare con un
ispessimento (testa) ad un’estremità
le fibre reticolari vengono liberate nella stessa maniera, ma a livello
molecolare non tutti i telopeptidi vengono eliminati, alcuni sono trattenuti
ciò non permette il collegamento tra le molecole che compongono la
microfibrilla come avviene per le fibre collagene
in definitiva le fibre reticolari formano fasci più sottili per la presenza dei
telopeptidi
Adipociti
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adipociti o cellule adipose: sono specializzate
nell’immagazzinamento e sintesi di sostanze lipidiche
dato l’ingente accumulo di materiale lipidico, hanno al
loro interno una grossa goccia lipidica mentre il nucleo
e gli organuli citoplasmatici sono spostati alla periferia
della cellula (forma ad anello con castone)
le comuni metodiche istologiche non mettono in
evidenza la goccia lipidica il cui contenuto viene
disciolto dai solventi
per evidenziare il materiale lipidico si devono usare
metodiche come le sezioni criostatiche e quindi
coloranti liposolubili (ad es. Sudan nero o Sudan rosso
o l’ acido Osmico)
possono trovarsi come cellule singole o aggregate in
maniera cospicua e allora costituiscono il tessuto
adiposo
Macrofagi o istiociti
possiedono una spiccata attività fagocitaria nei
confronti di costituenti dell’organismo in via di
degenerazione (ad es. globuli rossi invecchiati)
oppure nei confronti di costituenti estranei
all’organismo
 originano dai monociti del sangue che a loro
volta sono prodotti nel midollo osseo, migrano
nel sangue e al momento del bisogno
fuoriescono dall’endotelio dei vasi e si portano
nel tessuto connettivo per trasformarsi in
macrofagi ed esplicare la loro funzione

aspetti morfologici
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i macrofagi hanno un citoplasma eosinofilo e un nucleo di
forma irregolare
si possono mettere in evidenza sfruttando le loro capacità
fagocitarie: si somministrano dei coloranti detti vitali (tripan
blu, litiocarminio, blu pirrolo) che non interferiscono con le
attività fisiologiche della cellula
i macrofagi prontamente fagocitano questi coloranti che così
permettono il loro riconoscimento
al ME presentano contorni molto irregolari, un nucleo con
profonde insenature e un citoplasma ricco di lisosomi
emettono delle propaggini dette pseudopodi che
permettono loro di migrare verso le zone in cui si trovano
corpi estranei all'organismo con un meccanismo di
movimento detto ameboideo
con le loro propaggini inoltre circondano le particelle da
inglobare
fattori molecolari della fagocitosi


i macrofagi hanno sulla loro superficie recettori per il
frammento C (FC) delle immunoglobuline (anticorpi) e
per il complemento (proteina del siero che interviene
nelle reazioni antigene anticorpo)
la presenza di questi recettori è indispensabile per il
processo di fagocitosi
◦ il corpo estraneo viene ricoperto di anticorpi (opsonizzazione)
◦ ciò facilita il contatto tra la membrana del macrofago che
contiene i recettori e il corpo estraneo che è ricoperto dagli
anticorpi


una volta inglobate le particelle al loro interno
(fagosoma) i macrofagi provvedono a digerirle con
enzimi idrolitici che possiedono in abbondanza
all’interno di organuli chiamati lisosomi
il fagosoma si fonde con il lisosoma (fagolisosoma) e
ciò permette l’azione degli enzimi contenuti nel
lisosoma stesso sui materiali contenuti nel fagosoma
i macrofagi sono “antigen presenting cells”
per la loro attività
fagocitaria intervengono nelle
infezioni per distruggere i materiali
estranei e i detriti tissutali
 inoltre avviano le difese immunitarie
in quanto sono capaci di
“presentare gli antigeni” alle cellule
che producono gli anticorpi ovvero
ai linfociti

altre funzioni dei macrofagi
producono varie sostanze come ad es. il Lisozima,
Interferone, interleuchine, Il fattore di necrosi
tumorale (TNF) ecc.
 in condizioni particolari, per fagocitare corpi estranei di
rilevanti dimensioni, possono fondersi tra loro
costituendo dei complessi polinucleati che vengono
denominati cellule giganti da corpo estraneo
sistema dei macrofagi
 insieme di cellule dell’organismo dotate di attività
fagocitaria:
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◦
◦
◦
◦
◦
macrofagi
microglia
cellule di Von Kupffer (del fegato)
cellule dendritiche e cellule del Langehrans
Osteoclasti ?(del tessuto osseo)
Linfociti
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sono piccole cellule con un grande nucleo rotondo e scarso
citoplasma
si trovano in discreta percentuale (30% circa) tra i globuli
bianchi del sangue
dal sangue migrano nel connettivo e in alcuni organi diventano
molto abbondanti in modo da costituire il tessuto linfoide
(timo, milza, linfonodi, tonsille, appendice, placche del Peyer)
sono le cellule responsabili delle difese immunologiche acquisite
esistono diverse famiglie o sottopopolazioni di linfociti; le
principali di queste risultano essere
 linfociti B (bone marrow derived)
 linfociti T (Thymus derived)


i linfociti B sono le cellule che si trasformano in plasmacellule e
provvedono a produrre anticorpi circolanti
i linfociti T invece producono molecole (T cell receptor) simili
agli anticorpi che rimangono adesi alla loro superficie e sono
responsabili dell’immunità cellulo-mediata:
◦ T citotossici (uccisione di cellule alterate da virus, rigetto dei
trapianti e di fenomeni di ipersensibilità ritardata)
◦ T helper e T regolatori: controllano l'attività degli altri linfociti
distribuzione dei markers nei sottotipi di linfociti
cellula
Principali proteine espresse sulla
membrana
Linfociti B
Linfociti T
BCR, MHC classe II, CD19, CD21
TCR, CD3
 T citotossici
“
“
CD8
 T helper
“
“
CD4
Natural killer
CD16, CD56
Immunità
acquisita
Immunità umorale

Maturazione dei Linfociti B
Struttura dell’anticorpo
Diversità anticorpale
Teoria della selezione clonale
Risposta effettrice del clone attivato
Caratteristiche delle classi principali
degli anticorpi nell’uomo
Caratteristiche
Catene pesanti
Catene leggere
Numero di unità costituite
da 4 catene
IgM
m
Kol
Classe anticorpale
IgD
IgG
IgA
d
g
a
Kol
Kol
Kol
IgE
e
Kol
5
1
1
1o2
1
10
<1
75
15
<1
++++
-
++
-
-
Passaggio attraverso la
barriera ematoplacentare
-
-
+
-
-
Stabilisce legami con
macrofagi e neutrofili
-
-
+
-
-
Stabilisce legami con
mastociti e basofili
-
-
-
-
+
Percentuale del contenuto
totale di Ig nel sangue
Attivazione del
complemento
Plasmacellule
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derivano dai linfociti B e sono le cellule produttrici degli
anticorpi circolanti o Immunoglobuline (Ig) di diverse classi: IgM,
IgG, IgE, IgA, IgD
hanno forma ovoidale e contengono, in posizione leggermente
eccentrica, un nucleo rotondeggiante la cui cromatina è disposta
in zolle che assumono un aspetto particolare detto a ruota di
carro o a quadrante di orologio
il citoplasma è molto ricco di reticolo rugoso che serve per la
sintesi delle proteine anticorpali
il citoplasma è perciò intensamente basofilo tranne che nella
zona corrispondente all’apparato di Golgi che contiene le
proteine sintetizzate e pronte per essere emesse all’esterno
la liberazione degli anticorpi nella matrice extracellulare avviene
in maniera costante e senza che si verifichino interruzioni della
membrana citoplasmatica
nel citoplasma sono anche presenti delle granulazioni PAS
positive denominate corpi di Russel che non contengono i
prodotti di secrezione come ritenuto in passato; probabilmente
sono il deposito di prodotti di sintesi non utilizzabili
Immunità cellulomediata
linfociti T
“Antigen Presenting Cells”

Le cellule dendritichec, insieme ad altre cellule dotate di attività fagocitaria
svolgono il ruolo di cellule che presentano l’antigene (Antigen Presenting
Cells, APC)

Le cellule dendritiche costituiscono una categoria di cellule specializzate in tale funzione.

Le cellule dendritiche appartengono al sistema dei monociti-macrofagi, e devono il nome
al fatto che nella loro forma matura assumono un aspetto stellato, per la presenza di
lunghe e sottili ramificazioni; queste appendici, nelle tre dimensioni, assumono la forma
di veli e per questo le cellule dendritiche sono denominate anche veiled cells.

Fanno parte di questa tipologia di cellule del sistema immunitario le cellule di
Langerhans dell’epidermide e le cellule di microglia, ma le cellule dendritiche si trovano
nella maggior parte dei tessuti e nel sangue.

Nel loro stato “immaturo” sono incapaci di attivare le cellule T, ma essendo dotate di
recettori TLR e di recettori per la porzione Fc delle immunoglobuline, sono in grado di
riconoscere e fagocitare gli antigeni potenzialmente patogeni.

Dopo la cattura dell’antigene le cellule dendritiche immature migrano nelle aree ricche
di cellule T degli organi linfoidi periferici, dove il loro fenotipo cambia drasticamente:
oltre che acquistare la forma dendritica, perdono molti dei recettori citati in precedenza

aumentano in maniera significativa l’espressione delle proteine MHC di classe II sulla
loro superficie.

gli antigeni fagocitati vengono processati nei lisosomi, tagliati in frammenti di 13-17
aminoacidi, e associati alle stesse proteine MHC di classe II.
Sistema maggiore di istocompatibilità
Attivazione dei linfociti T
Sistema maggiore di istocompatibilità
Immunità cellulo-mediata
•Negli organi linfoidi il complesso
molecolare MHC classe II + peptidi
estranei, esposto sulla membrana delle
cellule dendritiche, viene riconosciuto da un
clone di linfociti T che possiedono il TCR
per quel peptide antigenico (selezione
clonale T).
•Si forma un punto di contatto in cui le
membrane delle due cellule stabiliscono
una stretta interazione molecolare,
•A questa partecipano, MHC e peptide,
TCR e co-recettori CD4/CD8 e CD3,
(molecole co-stimolatorie e di adesione).
•Alla selezione fa seguito l’espansione del
clone di linfociti T, stimolata anche dal
rilascio di citochine da parte della cellula
dendritica.
Risposta effettrice di tipo citotossico
Risposta effettrice dei linfociti Th
I linfociti B come
antigen presenting
cells
Mastociti
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sono grosse cellule disposte in genere in posizione perivascolare;
non si conosce con esattezza la loro origine, forse derivano da
cellule staminali del midollo osseo
sulla loro superficie hanno recettori per il frammento C della
classe E delle Immunoglobuline (anticorpi che sono anche detti
reagine e sono particolarmente abbondanti nei soggetti allergici)
questi anticorpi sono diretti verso antigeni allergizzanti o
allergeni (pollini, polveri ecc.)
i mastociti contengono nel loro citoplasma numerosi granuli
basofili, metacromatici e PAS positivi
l'esame dei granuli al ME dimostra aspetti diversi che spesso
ricordano i riccioli di una carta pergamena; probabilmente si
tratta di materiali di tipo lipidico simile a quello delle membrane
cellulari
i granuli contengono sostanze come l’istamina, l’eparina e
leucotrieni (derivati dell’ac. Arachidonico)
I mastociti producono anche altre sostanze come: interleuchine
(IL4,IL5 e IL6) citochine (TNFa, TGFb e bFGF), fattori
chemiotattici per granulociti eosinofili e neutrofili del sangue,
NO, enzimi proteolitici
funzioni dei mastociti
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
in generale l’attività dei mastociti permette di regolare le
reazioni dell’organismo nei confronti di sostanze estranee
una volta che l'organismo ha incontrato un determinato
allergene (polline, polvere, farmaco ecc) produce IgE e questi
anticorpi, circolando nei liquidi biologici, vanno a localizzarsi
sulla superficie dei mastociti perché si legano ai recettori (per
FC delle IgE) presenti sulla loro superficie
un successivo contatto con lo stesso allergene fa sì che questo,
penetrato nell'organismo, raggiunga le IgE specifiche per
l'allergene, legate al recettore per FC sulla membrana del
mastocita
il legame tra allergene e IgE localizzate sulla superficie del
mastocita (specialmente se in siti vicini tra loro) provoca
degranulazione del mastocita e liberazione delle sostanze
contenute nei granuli
Reazioni allergiche
l'istamina, mediatore dell'infiammazione, provoca
vasodilatazione nei distretti vascolari e contrazioni della
muscolatura liscia (aumento della peristalsi intestinale: diarrea,
vomito)
 anche NO è un potente vasodilatatore
 l'eparina, anticoagulante, favorisce la fluidità del sangue e
insieme all'istamina determina fuoriuscita di liquidi dal letto
vascolare (ponfi, edemi)
 i leucotrieni agiscono sulla muscolatura liscia delle vie
respiratorie determinando laringospasmo e broncospasmo
 I fattori chemiotattici richiamano i granulociti dal sangue
 a seconda dell'entità del rilascio di queste sostanze da parte dei
mastociti si verificano fenomeni di ipersensibilità immediata o
allergici circoscritti come , rinite da fieno, orticaria, asma o
generalizzati come lo shock anafilattico

Classificazione del tessuto connettivo propriamente detto
La classificazione del tessuto connettivo propriamente detto tiene conto
delle componenti che si trovano disposte al suo interno
 tessuto mucoso:
◦ prevale la sostanza amorfa
◦ si ritrova nel periodo embrionale ad es. nel cordone ombelicale (gelatina di
Warthon)
◦ nell’adulto è presente nella polpa dentaria

tessuto connettivo fibrillare lasso
◦ non c’è prevalenza di una componente rispetto all’altra, ma cellule, fibre e
sostanza amorfa si equivalgono nella distribuzione
◦ si ritrova, nel sottocute
◦ nelle tonache mucose e sottomucose degli organi cavi
◦ nell’interstizio (stroma) degli organi

tessuto connettivo fibrillare denso
◦ si ha netta prevalenza della componente collagene e a seconda della
disposizione delle fibre collagene può essere ulteriormente distinto in:
 tessuto connettivo fibrillare denso a fasci intrecciati (capsule di
rivestimento degli organi, derma, fasce muscolari ecc)
 tessuto connettivo fibrillare denso a fasci paralleli (tendini)
 tessuto connettivo fibrillare denso a fasci crociati (cornea)
Altri tipi di tessuto connettivo p. d.

a seconda della prevalenza di uno degli altri tipi di
fibre (reticolari o elastiche) si possono inoltre avere:
◦ tessuto reticolare (stroma delicato degli organi
parenchimatosi)
◦ tessuto elastico (parete delle arterie, ligamenti)

a seconda della prevalenza di uno dei tipi cellulari si
possono inoltre avere:
◦ tessuto linfoide (organi linfoidi: timo, milza, linfonodi,
appendice vermiforme, tonsille, placche del Peyer)
◦ tessuto adiposo (es. pannicolo adiposo sottocutaneo)
Tessuto adiposo bianco

tessuto adiposo tessuto adiposo bianco o grasso comune è
costituito dagli adipociti che in certe zone dell’organismo si
accumulano più numerosi
◦
◦
◦
◦
◦
tessuto sottocutaneo
loggia perirenale
ligamenti peritoneali
regione interscapolare, regione ascellare, regione perifaringea,
palmo della mano, pianta del piede
viene anche detto uniloculato perché gli adipociti contengono
un’unica grossa goccia lipidica
 le cellule del tessuto adiposo derivano dalla cellula
mesenchimatica indifferenziata (staminale) che differenziandosi
accumula i grassi che alla fine confluiscono in un’unica goccia

Funzione e Regolazione
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


le cellule immagazzinano i grassi provenienti dal sangue (chilomicroni) o
da loro stessi prodotti a partire da altre sostanze (aminoacidi, glucosio)
l’accumulo avviene sotto forma di trigriceridi
gli adipociti possono, al momento del bisogno, utilizzarli direttamente
oppure mobilizzarli e fornirli all’organismo che ricava energia dalla loro
combustione
Le cellule che assumono caratteri e dimensioni delle cellule adipose
mature producono leptina codificata dal gene ob segnalando la presenza
di una riserva di tessuto adiposo adeguato
La leptina agisce promuovendo un feedback inibitorio sui centri
ipotalamici che controllano la fame e il comportamento alimentare (topi
mutanti carenti di leptina diventano obesi)
Normalmente quando diminuisce il tessuto adiposo diminuisce leptina e
aumenta la fame così il tessuto adiposo viene riportato a livelli adeguati
Nei soggetti obesi i livelli di leptina sono alti, ma la fame non viene
soppressa
Tessuto adiposo bruno
viene detto bruno perché l’abbondanza di vasi e di mitocondri
(citocromi) lo fanno apparire più scuro del tessuto adiposo bianco
 È anche riccamente innervato
 si chiama anche embrionale o fetale perché nell’uomo è presente
durante lo sviluppo embrionale
 si chiama anche multiloculato perché è costituito da cellule
contenenti tante piccole goccioline di grasso
 nell’uomo adulto scompare e le cellule che lo costituiscono
assumono i caratteri uniloculati del grasso bianco
 possono ricomparire cellule con i caratteri del multiloculato in
tumori del tessuto adiposo e in stati di estremo dimagrimento
 è distribuito in sedi specifiche all’interno dell’embrione:

◦
◦
◦
◦
◦
regione interscapolare
regione inguinale
loggia renale
regione perifaringea
attorno ai grossi vasi
Tessuto adiposo bruno: aspetti funzionali

i mitocondri delle cellule del tessuto adiposo bruno hanno
caratteristiche diverse da quelli delle altre cellule:
◦ sono dotati di termogenina (e altre proteine disaccoppianti) che
permette un flusso retrogrado dei protoni
◦ sono privi delle particelle F1 sede della ATPsintetasi


in conseguenza di queste caratteristiche l’energia del flusso
protonico non genera ATP ma dissipa calore
perciò il tessuto adiposo bruno ha funzioni diverse dal grasso
bianco:
◦ nei roditori ibernanti sviluppa il calore necessario per il risveglio
◦ nell’uomo probabilmente produce calore nel periodo perinatale per
abituare il neonato alle condizioni (Temperatura ambiente) successive
alla nascita e diverse da quelle date dalla permanenza nel grembo
materno (Temperatura corporea materna)