Turismo, urge chiarezza

Gruppo associazioni Cnai
Martedì 23 Settembre 2014
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L’analisi del Centro studi Cnai sulle misure del decreto Sblocca Italia
Turismo, urge chiarezza
Serve puntare sul settore e non solo sulle nicchie
di
Manola Di Renzo
E
ntrato in vigore il decreto Sblocca Italia. Il
13 settembre scorso il
dl 133/2014 dà il via a
una serie di misure previste
per sbloccare una lunga fila
di opere pubbliche rimaste
dormienti, ma anche specifiche iniziative per semplificare la burocrazia e favorire
il rilancio delle attività produttive.
Uno degli articoli che ha
destato l’interesse del Cnai
è l’art. 31 «Misure per la riqualificazione degli esercizi
alberghieri».
Nei mesi precedenti abbiamo scritto più volte circa
l’importanza di politiche a
favore del turismo, capaci di
integrare, intorno a questa
grande macchina economica,
interventi nei diversi settori, dalla tutela del territorio
e del made in Italy, agli incentivi per il lavoro e gli investimenti.
Il Centro studi Cnai aveva
evidenziato come in Italia
non sia possibile parlare di
organizzazione unica del turismo, ma che il territorio si è
diversificato autonomamente, creando modelli turistici
differenti; questo fenomeno,
seppur sorto per problemi
strutturali e per la mancanza
di azioni politiche coordinate,
creando una frammentazione
del settore turistico, ha dato
anche vita a stili turistici che
si sono impregnati con le culture dei diversi territori, generando tanti diversi piccoli
patrimoni. Essere in grado
di coordinare e creare sinergie tra le attività turistiche
e quelle presenti sul luogo,
permetterebbe di migliorare lo sviluppo di entrambe,
e nel contempo promuovere,
rappresentare ma anche tutelare il territorio; ribadendo la sempre più pregnante
esigenza per le imprese e per
gli enti locali di proteggere la
cultura, le tradizioni, l’arte,
la creatività e l’eccellenza
italiana.
L’esigenza di misure finalizzate al sostegno del turismo deve necessariamente
tenere conto della micro
capillarità dell’impresa italiana, tutelando il nostro
modello e la gestione familiare, peculiarità tipiche di
un sistema aziendale locale
ma anche europeo.
Adesso, il governo ha preferito dare il via a una iniziativa piuttosto singolare,
lasciando a bocca asciutta
tutti gli altri. Come abbiamo anticipato, la ricerca del
Centro studi Cnai, analizzando le diverse sfaccettature
della grande industria del
turismo, ha messo in luce la
ricca frammentazione di tipologie di turismo di cui gode
il nostro Paese, come poche
nazioni al mondo; protagoniste del settore sono aziende
come le strutture alberghiere, ma anche come i camping,
gli stabilimenti balneari, gli
ostelli, i B&B e in prevalenza
caratterizzate dalla stagiona-
lità; mentre questo decreto
legge parla di condhotel.
L’art. 31 recita: «Al fine di
diversificare l’offerta turistica e favorire gli investimenti
volti alla riqualificazione degli esercizi alberghieri esistenti, con decreto (…) sono
definite le condizioni di esercizio dei condhotel, intendendosi tali gli esercizi alberghieri aperti al pubblico,
a gestione unitaria, composti
da una o più unità immobiliari ubicate nello stesso comune o da parti di esse, che
forniscono alloggio, servizi
accessori ed eventualmente
vitto, in camere destinate
alla ricettività e, in forma
integrata e complementare,
in unità abitative a destinazione residenziale, dotate di
servizio autonomo di cucina,
la cui superficie non può superare il quaranta per cento
della superficie complessiva
dei compendi immobiliari interessati…»
Ma cos’è un condhotel? Una
moda arrivata dall’America,
che ha dato un calcio all’ormai fallita multiproprietà e
cerca di sviluppare nuove tec-
niche di investimento nella
pratica dell’hotel - condominio. Praticamente un albergo che consente agli utenti
di acquistare una propria
stanza da utilizzare come
casa vacanze. Nei periodi in
cui la stanza non è utilizzata
la si può affittare come una
classica stanza d’albergo e
lucrarci su. Questo genere
di strutture offrono inoltre
spazi comuni come palestre,
spa, ambienti ricreativi e
ristoranti. I condhotel, oltre
che per le vacanze, sono anche considerati nuove forme
di investimento, tanto che
in America grandi nomi del
settore alberghiero hanno
edifici con questa formula. È
da capire se si vuole importare tutto ciò oppure se dovrà
trattarsi più semplicemente
di un «albergo diffuso» inten-
dendo per tale una struttura
che mira a rivitalizzare un
particolare contesto urbano,
mediante opere di recupero
e valorizzazione di edifici
vecchi non utilizzati, garantendo i normali servizi
alberghieri. Se così fosse, cominceremmo a fare i primi
passi verso una risorsa che
potrebbe costituire la prima
tra tutte. L’unica misura
del decreto Sblocca Italia a
favore del settore turistico
è scritta nell’art.31, quindi
urge chiarezza. L’art.31 non
corrisponde esattamente a
una misura per la riqualificazione alberghiera, semmai
una conversione della struttura alberghiera; può rivelarsi utile al fine di diversificare
l’offerta turistica, ma anche
per il rilancio dell’edilizia e
di quella specifica delle costruzioni di pregio, in più,
un modo per il ripristino del
patrimonio artistico, sempre
che le Regioni rispettino i
principi per l’armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico.
Sempre che l’intento del
governo sia genuino, perché
stranamente a novembre
dell’anno scorso Unicredit
banca e Confindustria Alberghi hanno stretto un accordo per il finanziamento di
ristrutturazioni e riqualificazioni di strutture ricettive.
Unicredit stanzia un plafond
complessivo di 300 milioni
di euro per la concessione di
finanziamenti studiati appositamente per operatori
del settore e il governo con
l’art.31 sblocca i vincoli di destinazione degli immobili.
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