Corriere della sera - 12.06.2014

GIOVEDÌ 12 GIUGNO 2014 ANNO 139 - N. 138
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SE VINCE AL QAEDA E PERDE L’OCCIDENTE
Lana Del Rey
«Violenza? Ogni coppia
decide qual è il limite»
Con il Corriere
Inserto di 24 pagine
Tutto sui Mondiali
Su Sette
Viaggio nella burocrazia
con il libro di Stella
di Andrea Laffranchi
a pagina 41
Oggi in omaggio
con il quotidiano
Domani il magazine
in edicola con il Corriere
Giannelli
Napoli
LA RINASCITA
DEL CALIFFATO
Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano
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Indagati il numero due Bardi e il predecessore, arrestato un colonnello
Guardia di Finanza sotto choc.
Gli investigatori si sono presentati nella sede del Comando generale delle Fiamme Gialle a Roma su mandato dei pm di Napoli
Piscitelli e Woodcock. Hanno
perquisito gli uffici del numero
due del Corpo, il generale Bardi,
indagato per corruzione nell’ambito di un’inchiesta su verifiche
fiscali e tributarie «pilotate». Indagato anche il predecessore di
Bardi, Spaziante. Per la stessa indagine a Livorno arrestato il comandante provinciale Mendella.
I «VENDUTI» E LA RESA DEI CONTI
di FIORENZA SARZANINI
I
magistrati varcano il portone del Comando generale della
Guardia di Finanza e il pensiero corre all’estate di tre anni fa
quando un’altra inchiesta su alcuni generali delle Fiamme
Gialle convinse l’allora procuratore di Napoli, Giandomenico
Lepore, a recarsi a Roma per manifestare stima ai vertici. Così
si comprende che anche questa volta la mazzata è forte, perché
l’accusa infamante di corruzione agli ultimi due comandanti in
seconda — Vito Bardi ed Emilio Spaziante — potrebbe essere
soltanto il primo passo di un’indagine che porta lontano.
ALLE PAGINE 2 E 3 Haver
CONTINUA ALLE PAGINE 2 E 3
Napolitano: indipendenza da tutelare. Sulle riforme sostituito il dissenziente Mineo
Limiti anacronistici
Governo battuto sulla giustizia
SUI FAMILIARI
A CARICO
LA PEGGIOR
NORMA FISCALE
Sì alla responsabilità civile dei giudici, franchi tiratori nel Pd
Il premier in Cina prova a
minimizzare («Tempesta in
un bicchiere») ma il governo è andato sotto sulla giustizia. Per 7 voti è passato
l’emendamento della Lega
per la responsabilità civile
«diretta» dei magistrati.
Molti i franchi tiratori pd.
L’Italia in Brasile, con il solito scetticismo
ALLE PAGINE 8 E 9
Di Caro, M. Franco
Gorodisky, Martirano
La maggioranza
E ora si apre
la partita
dei migranti
di F. VERDERAMI
A PAGINA 9
Blocchi e cortei: «Illegale l’app dei noleggi»
REUTERS / ERIC GAILLARD
to il regime di Gheddafi
per lasciarsi alle spalle un
Paese distrutto e ingovernabile, devastato da una
guerra civile fra milizie
tribali e islamiste.
Non è certamente questo che Barack Obama voleva quando pronunciò il
suo generoso discorso
nell’aula magna dell’Università del Cairo, all’inizio
del primo mandato. Sapeva che la guerra irachena
era stata un errore e nessuno più di lui sperava di
archiviare la sciagurata
politica di Bush per consentire al suo Paese d’imboccare una strada diversa. Ma cercò di mascherare la sconfitta con qualche
successo militare, rafforzò
i due contingenti americani e sperò di andarsene
dall’Iraq e dall’Afghanistan dopo una decorosa,
anche se temporanea, vittoria. Con il fallimento di
questa ultima operazione,
la responsabilità dell’insuccesso appartiene, inevitabilmente, anche all’uomo che occupa ora la
Casa Bianca.
Spetterà a lui quindi,
nei prossimi due anni,
impedire la rinascita del
Califfato. Può contare sulla collaborazione della
Turchia e ha due carte, entrambe difficilmente confessabili e terribilmente
scomode. È costretto a
sperare che la guerra siriana non venga perduta
da Assad. Deve concordare un’azione comune con
l’Iran, lo Stato sciita che ha
una considerevole influenza sul regime di Bagdad e un forte interesse a
impedire la vittoria dell’estremismo sunnita. Ma
dovrà battersi contro
quella fazione della società politica americana che
ha ispirato la politica di
Bush e che lo detesta. I
neo conservatori dicevano
di volere cambiare la carta
del Medio Oriente: un
obiettivo, purtroppo, perfettamente raggiunto.
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Soldi nascosti e vacanze regalate
Corruzione ai vertici della Finanza
di SERGIO ROMANO
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Fondato nel 1876
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uando decise
l’invasione
dell’Iraq, agli
inizi del 2003,
George W.
Bush, presidente degli
Stati Uniti, sostenne di
avere due buone ragioni:
il regime di Saddam Hussein nascondeva nei suoi
arsenali armi di distruzione di massa e i Servizi iracheni avevano rapporti
organici con Al Qaeda,
l’organizzazione di Osama bin Laden che aveva
lanciato un attacco terroristico contro le Torri gemelle nel settembre di
due anni prima. Non era
vero. Le armi non furono
mai trovate e i rapporti
con Al Qaeda non vennero provati. Oggi, undici
anni dopo, una costola di
Al Qaeda, lo «Stato islamico dell’Iraq e del Levante», ha conquistato Falluja, ha espugnato Mosul,
ha costretto il governo di
Bagdad a proclamare lo
stato di emergenza e controlla un territorio, a cavallo della frontiera siriana, dove potrebbe risorgere il Califfato sognato
da bin Laden.
Le responsabilità non
sono interamente americane. Non saremmo a
questo punto se la rivolta
contro il regime siriano di
Bashar Al Assad non avesse chiamato in Siria una
legione islamista molto
più numerosa e agguerrita delle cellule di Al Qaeda
che operavano nella regione dieci anni fa. Ma un
nucleo importante si è addestrato probabilmente
nelle montagne dell’Afghanistan, dove la guerra
americana, combattuta
per tredici anni, non è riuscita a impedire il ritorno
dei talebani; mentre altri
provengono dal Pakistan,
ambiguo alleato degli Stati Uniti, o addirittura dalla
Libia, a un tiro di schioppo dalle nostre coste, dove
gli americani, sollecitati
dalla Francia e dalla Gran
Bretagna, hanno abbattu-
In Italia EURO 1,40
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Concediamoci almeno le illusioni
di ALDO CAZZULLO
A PAGINA 45 - Gli altri servizi nello Sport da pagina 44 a pagina 49
I tassisti contro Uber:
la protesta è mondiale
Blocchi e cortei contro
Uber, applicazione per telefonini che mette in rete le
automobili a noleggio con
autista in 128 città di 37 diversi Paesi, creando un servizio di taxi alternativo.
«L’iniziativa non rispetta le
regole. Aggira le leggi. È illegale», protestano in tutto
il mondo i tassisti uniti.
A PAGINA 18 Santucci, Valtolina
Sardegna Dallo sceicco 1,2 miliardi per un ospedale, ma la Regione frena
Liti, veti. Il Qatar minaccia di andarsene
di SERGIO RIZZO
S
toria del progetto Qatar sull’ospedale San Raffaele e della Sardegna
che può diventare «la Silicon Valley
della ricerca sanitaria». Tutto inizia un
paio d’anni fa, quando lo sceicco Hamad Bin Kalifa Al Thani, che nel 2013
avrebbe abdicato in favore del figlio
trentatreenne, annuncia investimenti
in Costa Smeralda: tra questi, 1,2 miliardi per il San Raffaele di Olbia, una
specie di ecomostro mai completato.
Segue un tormentato percorso di liti,
veti. E il Qatar minaccia di andarsene.
A PAGINA 21
Il caso di Bologna
I tagli
Cambia sesso
dopo le nozze
I giudici: l’unione
non va annullata
Città più al buio
per risparmiare
200 milioni
L’idea di Cottarelli
di ELENA TEBANO
di ANTONELLA BACCARO
A PAGINA 23
A PAGINA 12
Nel 2015
Il bollo auto
aumenterà
fino al 12%
di ANDREA DUCCI
A PAGINA 12
di MASSIMO FRACARO
e NICOLA SALDUTTI
S
i può vivere con 236,75
euro al mese?
Ovviamente no. Ma se lo
chiedete al Fisco la risposta,
incredibilmente, sarà un sì
secco. Vi chiediamo un po’
di pazienza ma provate a
moltiplicare 236,75 per 12
(i mesi dell’anno) e
otterrete uno dei tanti
numeri malefici del Fisco:
2.841 euro (per la
precisione 2.840,51 euro).
È il limite oltre il quale non
si può essere considerati
familiari a carico. Se si sta
sotto si dipende
(fiscalmente) dal coniuge,
dai genitori, dai figli o da
qualche altro familiare. Chi
sfora il limite perde questo
status e i suoi benefici. La
differenza non è da poco.
Se si è a carico, il familiare
ha diritto alle detrazioni
d’imposta, ma soprattutto
potrà scontare alcune spese
sostenute dal soggetto
senza redditi o titolare di
redditi bassi, ad esempio
quelle mediche.
A PAGINA 12
2
Primo Piano
Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
#
Al vertice
Il generale Vito Bardi, comandante
in seconda della Guardia di Finanza
Fisco e mazzette L’inchiesta
«Un milione per verifiche pilotate»
Inchiesta sulla Guardia di Finanza
Indagato il numero due Bardi, arrestato il capo di Livorno
Accuse a Spaziante, già coinvolto per il Mose. Padoan: addolorato
Le tappe
L’indagine di Napoli
e gli arresti
La Procura di Napoli ha
ottenuto l’arresto del
comandante provinciale
delle Fiamme Gialle di
Livorno, Fabio Massimo
Mendella e il commercialista
Pietro De Riu. Le accuse sono
di concorso in concussione
per induzione e rivelazione di
segreto di ufficio
La perquisizione
nella sede della GdF
A Roma la Digos,
sempre nell’ambito
dell’indagine di Napoli,
ha compiuto un blitz
nella sede del Comando
generale della Guardia
di Finanza per perquisire
l’ufficio del generale Vito
Bardi, vicecomandante
delle Fiamme Gialle
Le accuse dei pm
al vicecomandante
Il generale Vito Bardi è
indagato per corruzione
nell’inchiesta dei pm
Vincenzo Piscitelli e John
Henry Woodcock,
coordinati dall’aggiunto
Alfonso D’Avino, per le
presunte anomalie in
alcune verifiche fiscali
Le nuove accuse
a Spaziante
Nell’ambito della stessa
inchiesta è indagato
anche il predecessore di
Vito Bardi ovvero il
generale Emilio
Spaziante, che è stato
arrestato nell’inchiesta
di Venezia sul Mose
con l’accusa di aver
intascato una mazzetta
ROMA — Mazzette da un
milione di euro versate al colonnello Fabio Massimo Mendella, ma soprattutto al generale Vito Bardi, comandante in
seconda della Guardia di Finanza, indagato per corruzione. Il blitz nella sede del Comando generale delle Fiamme
Gialle — scattato per il suo
coinvolgimento — ha lasciato
sbigottiti gli altri alti ufficiali
già al lavoro, come ogni giorno: gli investigatori si sono
presentati nella sede di viale
XXI Aprile con l’ordine di perquisizione firmato dai magistrati di Napoli che coordinano l’indagine capace di provocare un terremoto nel Corpo,
da sempre in prima linea nella
lotta alle tangenti e all’evasione fiscale. L’ufficio di Bardi è
stato passato al setaccio per
l’inchiesta dei pubblici ministeri Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock sulle verifiche tributarie e fiscali «pilotate» che ha portato all’arresto
del comandante provinciale
della Guardia di Finanza di Livorno, Fabio Massimo Mendella, e del commercialista napoletano Pietro De Riu per una
maxitangente — reiterata nel
tempo — da un milione di euro.
Uno choc, per la Finanza. I
pm partenopei hanno iscritto
sul registro degli indagati anche il nome del generale in
pensione Emilio Spaziante, arrestato appena una settimana
fa per l’indagine della Procura
di Venezia sulle mazzette pagate per il Mose. «Una parte
della Nazione è sana, nelle indagini le forze di polizia giudiziaria non hanno avuto remore a occuparsi di vicende anche al proprio interno: è stata
la stessa Guardia di Finanza
che ha proceduto nei confronti di altri esponenti del corpo»,
ha sottolineato il presidente
dell’autorità Anticorruzione,
Raffaele Cantone, da poco insediatosi e già alle prese con
una serie di casi spinosissimi.
«La notizia mi addolora, esprimo la mia totale fiducia nella
Guardia di Finanza e nei suoi
membri», ha detto a chiare lettere il ministro dell’Economia,
Pier Carlo Padoan. Dal quale,
contemporaneamente, è partito un duro monito: «Il contrasto alla corruzione, ovunque si celi, va avanti. E gli ultimi sviluppi lo dimostrano...».
L’inchiesta sfociata nei clamorosi provvedimenti di ieri
potrebbe essere comunque
solo all’inizio. Oltre a Bardi e
Spaziante — sospettati dai
magistrati di essere «a libro
paga» di chi voleva evitare
guai dagli accertamenti sui libri contabili — potrebbe presto coinvolgere altri ufficiali.
Dal provvedimento di 43 pagine del gip Dario Gallo traspare
evidente il fatto che ulteriori
Colonnello
Fabio Massimo Mendella,
comandante provinciale
della Guardia di Finanza
di Livorno dal luglio
scorso, in una foto di
archivio. È stato arrestato
con l’accusa di concorso
in concussione
nell’ambito di
un’inchiesta della Procura
di Napoli
filoni d’indagine potrebbero
essere già in movimento e che
l’arresto di Mendella forse è
solo la punta dell’iceberg.
Gli accertamenti di Piscitelli
e Woodcock hanno ricostruito
come, trasferito da Napoli a
Roma, il colonnello avesse
suggerito agli imprenditori
Giovanni e Francesco Pizzicato di trasferire nella Capitale
anche la loro società «Gotha»,
specializzata nel settore dei
materiali ferrosi: «Il concreto
rischio di un pregiudizio fiscale, economico e professionale
— ha ricordato inizialmente il
gip — induceva Giovanni Pizzicato a versare in tempi diversi, e in modo comunque frazionato, versamenti iniziali di
15 mila euro mensili, poi ascesi a 20 mila e quindi a 30 mila,
per una somma complessiva
di oltre un milione di euro, oltre a utilità di vario genere ed
economicamente rilevanti,
quali soggiorni in Sardegna,
cene e altri donativi in corso di
accertamento». Poi, il passaggio che allude a nuovi scenari
investigativi: «Mendella, a soli
due giorni di distanza dall’avvenuto trasferimento a Roma
della sede legale della “Gotha”,
ha chiesto l’autorizzazione al
Comando provinciale di poter
eseguire, in deroga alla ripartizione delle competenze per
fascia di volume d’affari, la verifica extraprogramma nei
confronti, tra le altre società,
della “Gotha”: l’autorizzazione
fu rilasciata il giorno successivo (vale a dire il 24 febbraio
2011) dal comandante provinciale, Ignazio Gibilaro». Il giudice, su questo punto, dimostra di non avere alcun dubbio: Mendella — una volta trasferito a Roma — si era dato da
fare «al fine di creare le condizioni giuridiche-formali per
poter avviare una verifica fiscale e in tal modo continuare
a mantenere in maniera esclusiva e in prima persona i rapporti intrattenuti con Giovanni Pizzicato».
Flavio Haver
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1
43
Milione
Ammonta a un milione
di euro la cifra che il comandante della Guardia di Finanza di Livorno
Fabio Massimo Mendella è accusato di aver
percepito per «pilotare»
verifiche fiscali favorendo alcune società
Pagine
Sono quelle dell’ordinanza che ha portato
all’iscrizione nel registro degli indagati del
generale Vito Bardi,
comandante in seconda della Guardia
di Finanza
L’analisi L’esigenza di dare fiducia alla parte sana
Il comandante,
l’ira e l’ipotesi
di un discorso
pubblico
SEGUE DALLA PRIMA
Esplode la rabbia perché tutto
questo «arriva nel momento che per
noi è di grandissima e soddisfacente
attività». Ai piani alti di viale XXI
Aprile non si riesce a nascondere «lo
scoramento per quanto sta accadendo, ma anche l’ira perché questi sono
i frutti avvelenati di una stagione
passata che purtroppo non possiamo
ritenere definitivamente archiviata».
Spaziante è agli arresti per ordine
dei giudici di Venezia che lo indicano
come uno dei «burattinai» dello
scandalo legato al Mose; la perquisizione nell’ufficio e nell’abitazione di
Bardi va avanti fino a sera. Non è la
prima volta che il generale incappa
in un’inchiesta della magistratura.
Fu indagato nell’ambito degli accertamenti sulla «cosiddetta» loggia P4
Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
3
Primo Piano
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❜❜
Bisogna ricordare che i gravi episodi di corruzione nella politica e nelle imprese arrivano
in tribunale grazie al nostro lavoro e alla magistratura
Cocer Rappresentanza del personale militare
L’ordinanza
La paga del colonnello
«Trentamila al mese
e gite con i calciatori»
DALLA NOSTRA INVIATA
NAPOLI — I soldi in contanti gli
sarebbero stati consegnati nelle
scatole dei telefonini cellulari. Ma
evidentemente quei 30 mila euro al
mese non bastavano. E allora il colonnello della Guardia di Finanza
Fabio Massimo Mendella si faceva
pagare anche le vacanze in Sardegna, oppure le gite in barca a Capri
con i calciatori del Napoli. Atteggiamento spregiudicato che i magistrati di Napoli inseriscono in un
vero e proprio «sistema» di corruzione che avrebbe avuto tra i referenti il generale Vito Bardi, comandante in seconda della Guardia di
Finanza. Il sospetto degli inquirenti è che proprio a lui possa essere
giore Fabio Massimo Mendella,
con il quale fu organizzata una cena presso uno dei locali che all’epoca gestivamo, “La Scalinatella”
di Napoli... De Riu ci propose di
trovare un accordo economico con
Mendella, in misura proporzionale
al volume d’affari della società. Mi
fu detto che con 15 mila euro al
mese avremmo potuto star tranquilli... Cominciai quindi a pagare,
ma poi nel tempo i versamenti so-
di consegnarli al dottor De Riu.
L’ultimo dei pagamenti è avvenuto
a settembre, ottobre del 2012. Il
contante lo abbiamo ritirato in
banca in Italia fino al 2011 più o
meno, poi ho utilizzato somme che
venivano prelevate dai conti presenti in Lituania e Bulgaria».
«Soldi ai due generali»
Fila tutto liscio, poi Mendella
viene trasferito a Roma. Ma lì
L’accusa
«Il vicecomandante e altri
generali inseriti in un
sistema che si spartiva le
mazzette»
e poi prosciolto. Nel 2009, mentre a
Bari era in corso l’indagine sulle feste
nelle residenze di Silvio Berlusconi,
organizzò una riunione «riservata»
con alcuni ufficiali della Finanza e il
futuro procuratore Antonio Laudati,
poi rinviato a giudizio con l’accusa di
abuso d’ufficio e favoreggiamento
per aver «pilotato» le verifiche nei
confronti del premier.
Comportamenti chiacchierati che
comunque non gli hanno impedito
di diventare il numero due del Corpo. Lo impone la legge che prevede
l’assegnazione dell’incarico al più
anziano tra i generali. Una norma che
mai nessuno ha chiesto di modifica-
I punti di forza
Capolupo vorrebbe elencare
tutte le indagini avviate e i
successi ottenuti nella lotta
alla corruzione e alle ruberie
re pur nella consapevolezza che regole diverse avrebbero invece potuto
evitare proprio il ritorno dei «frutti
avvelenati». E adesso con questo si
fanno i conti, con il timore che «una
nuova bufera travolga tutti, anche
chi lavora giorno e notte e lo fa da
anni proprio per dimostrare la nostra capacità investigativa, la nostra
volontà di stanare gli evasori, i corrotti, i ladri». Ecco perché in serata si
fa strada l’ipotesi di un’uscita forte
del comandante generale Saverio Capolupo.
L’idea è quella di un discorso pubblico, da pronunciare già domani in
televisione o nel corso di una cerimonia ufficiale, contro i «venduti»,
«in modo da dare fiducia alla parte
sana che è quella vera e soprattutto
più consistente. Per tenere alto il
morale della “base” e ribadire che i
primi a voler fare pulizia siamo proprio noi». E allora si pensa di elencare tutte quelle indagini avviate per
stanare i politici che hanno usato a
fini personali i soldi pubblici, per
smascherare gli accordi illeciti tra le
banche oppure per far emergere le
«ruberie» degli amministratori di
Mps. Ma anche di «esaltare il lavoro
quotidiano delle migliaia di sottufficiali che ogni giorno effettuano verifiche fiscali, controlli sulla spesa
pubblica, accertamenti di danno all’Erario».
Si pensa in particolare all’ultima
indagine, quella del Mose di Venezia.
«Perché — evidenziano i vertici — è
vero che alcuni finanzieri anche di
grado alto sono stati coinvolti, ma
siamo stati proprio noi a scoprirli e li
abbiamo trovati in buona compagnia con ministri, politici, magistrati». Dopo gli arresti, durante la conferenza stampa organizzata a Venezia, il comandante regionale Bruno
Buratti aveva elogiato il «lavoro di
squadra» sottolineando i quattro anni trascorsi dagli investigatori a ricostruire il «sistema» delle mazzette
che ha sottratto alle casse dello Stato
centinaia di milioni di euro.
La preoccupazione di chi deve
guidare la truppa è che adesso prevalga un sentimento di ribellione, la
delusione «di chi si dà da fare per stipendi minimi, mentre i colleghi rubano e fanno vita da nababbi». Ecco
perché si riflette sulla necessità di
lanciare un segnale forte, ma anche
di effettuare una «revisione» degli
incarichi proprio per riuscire a impedire che gli ufficiali più chiacchierati ottengano posti di comando o
comunque incarichi prestigiosi. È
successo nel passato ed evidentemente continua ad accadere in una
spirale che va interrotta se davvero si
vuole proteggere la parte sana. Ed
evitare la beffa di prendere lezioni da
chi invece non è affatto al di sopra
del sospetto.
Il finanziere modello, spiegò Bardi
in un’intervista rilasciata nel 2012 «è
cittadino non avulso dal contesto
che lo circonda, di sani principi e
pronto ad affrontare le difficoltà».
Un esempio che forse lui ha deciso di
non seguire.
Fiorenza Sarzanini
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
finita una parte dei soldi versati dai
fratelli Pizzicato, amministratori
della «Gotha spa» che si occupa di
metalli e gestori di alcuni locali
notturni napoletani per evitare le
verifiche fiscali. Non è l’unico. Anche altri alti ufficiali tuttora in servizio — oltre all’ex numero due
delle Fiamme Gialle Emilio Spaziante — potrebbero aver partecipato alla spartizione delle «mazzette» pagate dagli imprenditori. Un
dubbio alimentato da quanto raccontato al procuratore aggiunto
Vincenzo Piscitelli e al sostituto
Henry John Woodcock proprio da
Giovanni Pizzicato che sostiene di
aver ricevuto anche notizie sulle
indagini in corso, compresa la decisione «di mettere sotto controllo
42 utenze».
«Fondi in Romania e Lituania»
È il 14 novembre scorso quando
l’imprenditore decide di collaborare. E dichiara: «Nel 2005 venni avvicinato da un mio collega Pietro
Luigi De Riu e mi disse che sarebbe
stato bene che per la mia attività
incontrassi un suo amico, il mag-
no cresciuti a 20 mila e poi fino a 30
mila euro. Non abbiamo avuto mai
alcun controllo generale o comunque mirato dalla Guardia di Finanza. Complessivamente avrò versato
oltre l milione di euro. Questi versamenti sono stati tutti quanti effettuati a Napoli... in qualche circostanza io avevo messo i soldi contanti in una confezione di un cellulare richiedendo alle mie segretarie
L’ordinanza
Nella richiesta delle misure cautelari
per De Riu e Mendella si legge che i
due «inducevano lo stesso Pizzicato
(commercialista, ndr) a versare...
con versamenti contanti iniziali di
euro 15 mila mensili poi ascesi a
euro 20 mila e quindi a 30 mila
mensili, la somma complessiva di
oltre un milione di euro»
avrebbe trovato la soluzione: trasferire nella capitale la sede della
«Gotha spa» in modo da poter far
partire una verifica «pilotata». Racconta Pizzicato: «De Riu mi aveva
detto che questa verifica per poter
essere autorizzata, in quanto di
competenza territoriale di altro Comando, aveva richiesto una speciale autorizzazione concessa da due
generali, uno dei quali mi fu detto
essere il generale Spaziante. De Riu
mi disse anche che successivamente c’era stata una segnalazione da
parte del colonnello Baldassari di
Napoli. Quest’ultimo, poi trasferito
anche lui a Roma, aveva segnalato
questa anomalia richiedendo spiegazioni al Comando generale sul
perché la verifica era stata aperta
dal Comando di Roma. In proposito devo aggiungere che il De Riu, in
relazione a questa verifica mi aveva
richiesto la somma di euro 150 mila perché a suo dire erano stati
coinvolti, data la natura straordinaria dell’iniziativa, i generali che
avevano autorizzato la stessa. Io
anche in questa occasione ritenni
d dover pagare».
di
I barca con i calciatori
In
Ci sono le «mazzette»,
m anche gli svaghi. L’imma
p
prenditore
ha svelato di
aaver «pagato nel 2007 una
ssettimana di soggiorno al
rresidence “Smeraldina” di
P
Porto Rotondo dove allogg
giarono
sia il De Riu che il
M
Mendella,
che era con la sua
compagna, e io, che ero
presente, pagai tutte le cene
della settimana». Ma anche
di aver organizzato nel 2006
una gita «a Capri con il presidente degli industriali napoletani, Paolo Graziano,
amico di Mendella, che festeggiava a bordo della sua
barca il suo compleanno. La
barca di Graziano era un
Mangusta e a bordo della
stessa c’era l’ex calciatore del
Napoli Ciro Ferrara con la famiglia di Fabio Cannavaro,
quest’ultimo a bordo della
sua barca. La barca del Graziano fu da noi raggiunta con
un gommone che era di proprietà di mio cugino, Sergio
R
Reale.
Noi partimmo da Ischia
dove io ero con la mia barca, a bord
do della
quale c’era Mendella con
su compagna, oltre De Riu con
la sua
s fidanzata dell’epoca». Nella sua
l’or
l’ordinanza
il giudice elenca gli
elementi di riscontro ai viaggi. E
poi allega le intercettazioni di conversazioni durante le quali il colonnello Mendella fa finta di incontrare «belle donne» quando invece vede il commercialista De Riu
per farsi consegnare le tangenti.
F. Sar.
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Il personaggio Il magistrato in coppia con il procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli
Dalla P4 alle Fiamme Gialle, riecco Woodcock
DALLA NOSTRA INVIATA
NAPOLI — È la coppia che si ricompone dopo la promozione a
procuratore aggiunto di Vincenzo
Piscitelli e il trasferimento alla Direzione distrettuale antimafia di
Henry John Woodcock. In attesa di
trovarsi il 19 giugno faccia a faccia
con l’ex premier Silvio Berlusconi
chiamato a deporre nell’aula del
tribunale di Napoli in un processo
che vede imputato Valter Lavitola,
i due magistrati tornano al centro
della scena con un’inchiesta che
scuote i palazzi romani. L’indagine
sulle mazzette che sarebbero state
versate ai vertici della Guardia di
Finanza promette infatti di avere
eco proprio come quelle che l’hanno preceduta.
Alla fine i fili che legano i vari
fascicoli sono sempre gli stessi.
Il pm
Henry John Woodcock, sostituto
procuratore del Tribunale di Napoli,
ha seguito tra le altre inchieste
Savoiagate e Vallettopoli nel 2006,
e lo scandalo Lega nel 2012
Perché tutti hanno come origine
gli accertamenti su quel gruppo di
potere, denominato P4, che avrebbe coinvolto anche l’ex parlamentare del Pdl Alfonso Papa e il faccendiere Luigi Bisignani. È proprio partendo da quelle verifiche e
dal ruolo avuto da alcuni imprenditori partenopei che gli inquirenti hanno esplorato la fitta rete di
relazioni che coinvolge uomini
degli apparati, politici, alcuni
esponenti delle istituzioni, manager di aziende statali.
La strategia dei due pubblici
ministeri si conferma però quella
di non approdare a un unico processo, cercando di tenere separati i
vari episodi e tentando di arrivare
per ognuno di essi a un singolo
giudizio. Tecnica che qualche volta funziona e altre volte si scontra
invece con la mancanza di prove
concrete, oppure con la questione
legata alla competenza territoriale.
Più volte i magistrati di Napoli
sono stati accusati di aver valicato
i propri confini, di essere andati
oltre il consentito. Loro hanno di
contro fatto valere il «verdetto»
dei giudici per le indagini preliminari o addirittura dei collegi del
tribunale che hanno invece fornito
riscontro al loro impianto accusatorio. Ma pure la scelta degli indagati di arrivare al patteggiamento,
ammettendo le proprie colpe.
Al palazzo di Giustizia la sensazione è che questa possa essere
l’ennesima estate «calda» e che i
provvedimenti presi ieri in questa
inchiesta che coinvolge la Guardia
di Finanza siano in realtà soltanto
il primo passo.
F. Sar.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
Primo Piano
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Le tangenti a Venezia
Lo schema
Ecco, secondo l’accusa,
il meccanismo delle
operazioni sospette
dal 2008 al 2013
I finanziamenti pubblici
I fondi arrivano al
Consorzio Venezia Nuova
per realizzare il Mose
1
7
Le commesse
Il Consorzio assegna
2
la commessa per la
costruzione del Mose
a un’azienda consorziata
Il giro
L’azienda consorziata
3
trasferisce la commessa per
l’acquisto di forniture a una
finta società con sede all’estero
La curia veneziana
La sovrafatturazione
La società fittizia esegue
l’acquisto consegnando
all’azienda consorziata
una sovrafatturazione
8
DAI NOSTRI INVIATI
VENEZIA — La regola di tenersi
lontano da politici e potenti assortiti
veniva sempre presa alla lettera. Ogni
volta che si doveva realizzare una
pubblica strada bisognava tener conto delle residenze dei soliti noti. «Se il
tracciato passava sul terreno di qualcuno che non andava bene, si faceva
modificare. Non è una cosa da poco»,
racconta ai pm di Venezia l’ex segretaria di Galan Claudia Minutillo il 4
marzo 2013 in una deposizione dagli
accenti liberatori. «Le faccio un esempio pratico: la Pedemontana veneta.
Una cosa che non dimenticherò mai.
Ricordo che il tracciato passava per
800 metri in trincea, quindi sotto, vicino ad una villa di una persona molto importante, di un inglese peraltro,
che scomodò il mondo perché di là
non voleva che passasse». E infatti
non è passata. Le esigenze del privato
venivano prima di ogni pubblico interesse.
Mazzacurati e il rinfresco
Un altro esempio. Le regalie di Giovanni Mazzacurati, l’ex presidente del
Consorzio Venezia Nuova (Cvn). Era
molto generoso con gli amici, con la
Mostra del Cinema. Sempre a spese
del Consorzio, come è noto finanziato
solo da soldi pubblici. «Abbiamo le
tasse da pagare anche a novembre —
gli dice la figlia Elena al telefono —. Ci
facciamo fare un anticipo dal Consorzio». Il padre-presidente chiede l’anticipo. Scrivono gli inquirenti: «L’uso
privatistico delle risorse pubbliche si
concretizza nel sostenere anche i costi
dell’installazione di impianti di climatizzazione in abitazioni private,
futuri rinfreschi da fare alla Mostra
del Cinema».
La casa in piazza di Spagna
Come la casa che i coniugi Mazzacurati volevano acquistare a Roma,
Piazza di Spagna, 230 metri quadri.
«Anche se non abbiamo tutti i soldi
penso che mescolando dentro il Consorzio in una certa forma forse mi riesce». Facile, efficace. E poi i dipendenti del Consorzio usati come maggiordomi. Uno lo manda a riparare
una perdita d’acqua nell’appartamento della moglie, un altro va a fare la
coda dal medico. E se c’è bisogno dell’aria condizionata in casa interviene
un’azienda consorziata, mentre se la
nipote ha bisogno del pediatra ci pensa lui, con il motoscafo del Consorzio.
Infine il triste capitolo dedicato al
compianto figlio regista, Carlo, che
quella volta doveva pagare le tasse.
«Devo pagare 265 mila euro di tasse, il
lavoro è costato 450 mila euro, 150
mila è il mio stipendio di un anno e il
resto sono tasse». I consulenti fiscali
del Consorzio cercano la soluzione.
Trovata: «Si potrebbe far fare una fattura di costi al Consorzio». Mazzacu-
4
L’utilizzo
Questo fondo nero sarebbe stato usato dal Consorzio attraverso:
Falsi contratti di consulenza
False fatturazioni
Partecipazioni agli utili
Finanziamenti illeciti
delle società
che eseguivano i lavori
9
6
I destinatari
Soggetti pubblici e privati
Il ritorno
Questa società estera
avrebbe consegnato
la somma della
sovrafatturazione
all’azienda consorziata
che a sua volta l’avrebbe
ceduta al Consorzio
Venezia Nuova
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Il fondo nero
La cifra in eccesso nella
fattura gonfiata sarebbe
stata girata a un’altra
società con sede all
estero
all’estero
25 milioni di euro
I fondi neri che secondo
i pm sarebbero stati
ottenuti da fatture
false o maggiorate
Una delle paratie del Mose, il sistema per la difesa
di Venezia e della laguna dall’acqua alta
I verbali
«Tasse e spese di casa Mazzacurati
pagate con i soldi del Mose»
rati autorizza una nota di addebito.
Dopo il Mose, l’ospedale
L’ingegnere progettava il futuro.
Negli anni gli interessi del Cvn sono
andati oltre la salvaguardia di Venezia
e della laguna che avrebbe dovuto essere l’obiettivo esclusivo. Nel 2010
Mazzacurati inizia a puntare sulla terraferma. L’obiettivo è il futuro Ospedale di Padova. La ragione è semplice:
quel nosocomio sarebbe stato il Mose
del futuro, la gallina d’oro dei «prossimi 20 anni». Per gli inquirenti è
un’ipotesi concreta: «Nonostante l’età
avanzata Mazzacurati (oggi ha 82 anni, ndr) continua a cercare nuove fonti di guadagno per conto proprio e per
altri soggetti, visto che la costruzione
del Mose è in fase terminale».
Orsoni e le banche
Il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni attende la decisione della procura
in merito alla richiesta di revoca degli
arresti domiciliari. Intanto dalle carte
dell’inchiesta che lo riguardano
emerge un retroscena. Una parte dei
finanziamenti per la campagna elettorale del 2010 versati da un’azienda
5,49
miliardi di euro Il valore complessivo
per la realizzazione del sistema Mose,
l’opera (una diga mobile di 360 metri)
pensata per difendere Venezia
e la laguna dall’acqua alta. La cifra
è stata stabilita da un atto contrattuale
che risale al 2005 tra Magistrato alle Acque
di Venezia e Consorzio Venezia Nuova
consorziata, la Sitmar Sub Carl, si sarebbe poi tradotto in un aumento del
prezzo per la vigilanza di cinque barche del Consorzio da parte della Sitmar. Il dirigente della società Nicola
Falconi, arrestato, che aveva fatto arrivare al comitato di Orsoni 247 mila
euro, ha ottenuto in cambio un aumento di prezzo sul contratto di vigilanza. «Si ritiene fondatamente che la
revisione del prezzo per le barche nell’ambito del contratto tra Consorzio e
Sitmar Sus Scarl non sia altro che la
ricompensa concessa da Mazzacurati
al Falconi per aver versato al comitato
di Orsoni 247 mila euro a titolo di finanziamento». I magistrati stanno
decidendo se revocare o meno la misura cautelare nei riguardi del sindaco. Pare che Orsoni abbia spiegato nei
dettagli il percorso fatto dai 560 mila
euro che gli vengono contestati come
finanziamento illecito. Avrebbe indicato i veri destinatari di quella somma, tutti compagni di partito.
Galan e la banca
L’accusa nei confronti di Giancarlo
Galan è molto più pesante: corruzione. A motivarla, anche una sua legge-
rezza di tipo “bancario”. Da una rogatoria avviata con San Marino è emerso che Galan aveva acceso un conto
alla S. M. International Bank. E che su
questo conto operavano la sua ex segretaria Claudia Minutillo e una dipendente della Bmc di William Colombelli. Minutillo e Colombelli furono arrestati lo scorso anno per un giro
di false fatture.
«Vogliamo Pollari»
Quando Baita e Mazzacurati si rendono conto di avere bisogno di nuovi
«infiltrati» capaci di anticipargli le
mosse degli inquirenti cominciano a
finanziare «Il Punto». Un giornale romano che secondo Mirco Voltazza,
imprenditore incaricato degli stanziamenti, è «infiltrato dai servizi segreti». Il titolare è Vincenzo Manganaro, ex carabiniere, che si presenta
da Baita con credenziali ottime, a suo
dire, lasciandogli intendere di poter
influire su «certe situazioni» attraverso la sua amicizia con un «altissimo ufficiale». È l’ex generale della
Guardia di finanza nonché ex direttore del Sismi, Nicolò Pollari. «È lui
che cerchiamo» dice Baita. A volte ritornano.
Il Patriarca:
ora esame
di coscienza
della Chiesa
Invita a «tenere la barra
dritta, a dispetto dei venti
impetuosi». Si dice
«preoccupato», ma allo
stesso tempo speranzoso.
E chiede «un urgente
esame di coscienza» alla
città e alla Chiesa di
Venezia. Dopo lo scandalo
sui lavori del Mose parla il
patriarca Francesco
Moraglia in un’intervista
al settimanale diocesano
Gente Veneta. «Prima di
ergersi a giudici di una
situazione che è ancora in
divenire — spiega —, è
bene riflettere con
pacatezza. È però urgente,
in attesa che i fatti siano
accertati e i giudizi emessi,
avviare un serio esame di
coscienza». Moraglia,
subentrato da due anni
all’arcivescovo Angelo
Scola alla guida della
chiesa veneziana, ritiene
che «nessuno debba e
possa godere di questa
situazione». Sugli effetti e
le conseguenze
dell’inchiesta, poi, invita
alla prudenza. «Ricordo
che già ai tempi di
Tangentopoli mi sentivo
in sintonia con chi diceva
che “i magistrati parlano
con le sentenze”.
Un’affermazione di
metodo saggia e volta al
vero bene comune».
Moraglia non entra nei
casi specifici che sfiorano
anche la chiesa veneziana.
Dalle carte, per esempio,
emerge il nome della
Fondazione «Marcianum»,
creata da Scola. Secondo
l’ex numero uno del
gruppo Mantovani,
Piergiorgio Baita,
Giovanni Mazzacurati
avrebbe corrisposto
somme di denaro alla
«Marcianum» spiegando
che era stata «una esplicita
richiesta del Patriarca
Scola». Il Consorzio
Venezia Nuova, per altro, è
tra i soci fondatori della
«Marcianum».
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Andrea Pasqualetto
Marco Imarisio
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L’intervista L’ex sindaco: io incoerente? Accuse ridicole
«È vero, ho chiesto aiuto per un’azienda. E allora?»
Cacciari: non ho fatto interessi miei
E le mie lettere erano alla luce del sole
DAL NOSTRO INVIATO
VENEZIA — Così fan tutti?
«Manco per sogno. Non ci provare,
non te lo permetto».
Anche lei, professor Cacciari?
«Che bel segreto di Pulcinella. E mica
l’ho fatto una volta sola, di chiedere un
intervento a Giovanni Mazzacurati e al
Consorzio Venezia Nuova».
Non erano i suoi nemici del Mose?
«Ma che discorso è? Se ho bisogno di
chiedere aiuto per un’impresa che sta fallendo da chi vuole che vada, dal mendicante di Rialto? Sono cose ufficiali, le
mie».
Nero su bianco?
«Tutto, per quel che mi ricordo. Ho
scritto a Mazzacurati, ad altre associazioni cittadine, ho chiesto aiuti anche all’Eni, con cui baruffavo un giorno sì e l’altro pure per via di Porto Marghera».
Ha qualche ricordo inedito?
«Sicuramente nel 1996 chiesi in modo
del tutto trasparente a Mazzacurati di
aiutarmi a ricordare come si deve l’alluvione di trent’anni prima».
E lui?
«Mai cacciato una lira, a mia memoria.
E non ci vuole molto a capire perché. Non
aveva interesse a farlo».
Non sente odore di incoerenza?
«Sento odore di ridicolaggine e di piccole vendette personali da parte dei meschini di sinistra. Come si fa a dare retta a
simili boiate?»
Filosofo
Massimo Cacciari è nato a
Venezia nel ‘44. È stato sindaco della sua città dal ‘93
al 2000 e dal 2005 al 2010
È consolante trovarsi in buona compagnia?
«Ma smettila di fare il mona. Non permetto paragoni. Il mio caso è molto diverso da quello del patriarca Scola e da
Enrico Letta».
Le faccio notare che non si tratta di
due noti criminali...
«Certo, anche se Letta era tra quelli del
centrosinistra nazionale che non mi hanno mai dato ascolto sul Mose, come Prodi
e D’Alema».
Dov’è la differenza?
«Io non ho mai chiesto favori personali, ma solo interventi per aziende in
crisi o per faccende di interesse locale,
come la squadra di calcio. Facevo il mio
mestiere di sindaco».
Preoccupato?
«Stai scherzando? Neppure infastidito.
La gente mi conosce, e sa bene come sono andate le cose, allora e oggi».
Era amico di Mazzacurati?
«Parola grossa. Immaginavo quel che
poi sarebbe successo, anche perché con
un governatore come Galan che andava
in giro sventolando la bandiera del Mose
le domande sorgevano spontanee. Ma
dell’ingegnere ho sempre avuto grande
stima».
Lo conosceva bene?
«Abbastanza. Abbiamo avuto centinaia di rapporti e incontri, mica è un crimine. Intanto era un uomo colto, cosa non
da poco e molto rara in quel consesso.
Prima dell’inchiesta tendevo anche a
considerarlo una persona perbene».
L’ha fatto per avidità?
«Non credo. Lui no. Da tecnico, Mazzacurati era l’unico davvero innamorato
di quell’opera. Ne era entusiasta. La sua
missione di vita. Avrebbe fatto di tutto
per realizzarla. E in effetti».
Quindi fingevate di essere nemici?
«Mazzacurati sapeva come la pensavo.
Credo che anche lui provasse stima nei
miei confronti, proprio perché sapeva che
ero distante da lui e in-cor-rut-ti-bi-le».
Chiedere un favore non significa creare un precedente?
«Un intervento, non un favore! C’è differenza. Comunque questo è giustizialismo di bassa lega. Non avevano alcun interesse a blandirmi. Era noto che non
avrei mai cambiato idea».
Avversario e richiedente?
«Ci può stare. Senza alcun imbarazzo.
Ho sempre detto peste e corna del Mose,
e in quei paraggi non ero certo gradito.
Avevo la coscienza così libera e tranquilla
che mi potevo permettere di chiedere cose utili alla città senza neppure essere
sfiorato dall’ombra del do ut des».
Quante volte figliolo?
«Con il Consorzio, con Eni, con Fincantieri. Sempre per salvare aziende e
posti di lavoro. Mai per me. In quindici
anni da sindaco di Venezia l’avrò fatto almeno un migliaio di volte. Abbondiamo,
che non vorrei mai dimenticarmene
qualcuna...».
M. Ima.
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Primo Piano
Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
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L’esposizione di Milano
Pronte le norme per Expo:
definito il ruolo di Cantone
Domani il voto: novità sui contenziosi con le imprese
E Italferr affianca Infrastrutture Lombarde alla guida
Piastra
Expo Centre
13,7
197,5
milioni
di €
I paesi
Febbraio
INIZIO COSTRUZIONE DEI PADIGLIONI :
Aprile
Maggio
Giugno
ITALIA
Germania
Uzbekistan Santa Sede Cile
Cina
Angola
Uruguay Messico
Azerbaijan Giappone
Luglio
Israele
mag 2014
gen 2015
nov 2011
ott 2014
98,6
milioni di €
set 2012
mar 2015
Inizio lavori
Previsione di fine lavori
Cascina
Triulza
9,4
%
milioni di €
Avanzamento
lavori
Open Air
Theatre
15
8,1
dic 2014
milioni
ili i di €
Oman
Bahrein Svizzera Kuwait
Corea S.
E. Arabi Bulgaria Guinea Francia Monaco
Agosto
83
milioni
di €
set 2013
MILANO — Il programma per
mettere Expo in sicurezza è
pronto. Lo ha definito, limando
punto per punto, la presidenza
del Consiglio lavorando con i
tecnici dei ministeri delle Infrastrutture e della società che gestisce l’evento. La regia affidata
ad Antonella Manzione, che il
premier Renzi ha voluto come
capo del suo dicastero degli Affari giuridici e amministrativi,
ha risolto tre dei quattro punti
che il commissario unico Giuseppe Sala aveva posto al premier, inserendo un capitolo
Expo nel maxi decreto che verrà
votato domani pomeriggio dal
Consiglio dei ministri.
E dunque. La prima novità è il
rapporto con Italferr, la società
braccio operativo del gruppo
Ferrovie dello Stato, che affiancherà l’attuale direzione dei lavori del cantiere del sito espositivo, fin qui in capo alla società
regionale Infrastrutture Lombarde. Il rapporto con Italferr richiama a Marco Rettighieri, nominato direttore generale dei lavori di Expo dopo l’arresto del
top manager Angelo Paris nell’ambito dell’inchiesta sulla mini-cupola che cercava di pilotare alcuni appalti dell’esposizio-
Interferenze
49
Uk
220
nov 2013
nov 2014
Kazakistann
Settembre
Ottobre
Venezuela Irlanda
Vietnam Bielorussia
2 5' (
(0
0 ( 35
2*5(662
*5(
(662
Brasile
Lettonia Colombia Rep. Ceca Ungheria Austria
Argentina Russia
Estonia
Slovacchia Slovenia Iran
Malesia
Spagna
Qatar
Nepal
Sri Lanka Moldavia
Lituania Belgio
Tailandia Romania Usa
ne. Rettighieri, già al lavoro da
un mese, era direttore generale
operativo di Italferr e potrà utilizzare le competenze e gli uomini della società che aveva guidato con successo. Secondo
punto: saranno elencate una serie di procedure cui Expo potrà
ricorrere nel caso di contenziosi
con le imprese impegnate nel sito. Il caso più urgente riguarda i
rapporti con Maltauro, l’azienda
vicentina che si è aggiudicata
due appalti Expo ed è finita nel
mirino dei pm milanesi: l’ex ad
Enrico Maltauro è agli arresti
con l’accusa di corruzione e associazione a delinquere. L’ipotesi su cui si lavora è creare una
sorta di amministrazione controllata per la parte che riguarda
gli appalti Expo, in modo che la
«Grandi aspettative»
Sala al Bureau di Parigi
«Grandi aspettative dai
Paesi su Milano 2015»
Ucraina
Ecuador
Cluster
Lo scheletro di uno
dei nove padiglioni
in cui si raggruppano
i Paesi sulla base
dello stesso prodotto
Polonia Arabia Saudita
ta
Marocco
società non si debba interfacciare con Maltauro. Infine, sarà definito il rapporto fra Anac ed
Expo in modo da precisare, finalmente, la collaborazione con
il magistrato Raffaele Cantone
che ieri ribadiva: «Al momento,
il nostro è un potere monco».
Risolte le prime tre questioni,
rimane senza risposta la possibilità, sollecitata da Expo, di affidare a Fiera spa l’incarico di
occuparsi di tutti gli allestimenti dei padiglioni affidati alla società (non quelli dei Paesi). Per
D’ARCO
questo, si stanno cercando altre
vie che esuleranno dal decreto.
Nel frattempo, non si smorza
la polemica a distanza fra il governatore lombardo Roberto
Maroni, che ha ventilato l’ipotesi di non arrivare in tempo con i
lavori conclusi attaccando il governo per le inadempienze rispetto agli impegni presi e il
premier Matteo Renzi che ieri da
Shanghai ha accusato il governatore di essere stato «scorretto,
perché non è vero che i lavori
sono stati rallentati». Semmai,
se problemi ci sono, «dipendono da Milano e non dal decreto», ha incalzato Renzi. Maroni
non arretra: «Il mio non è allarmismo ma un allarme fondato».
Infine, ieri il commissario Sala era a Parigi per l’assemblea
generale del Bureau International des Expositions, l’organismo che gestisce le esposizioni.
Malgrado le notizie che arrivano
da Milano, «i Paesi sono tranquilli e continuano a esserci
aspettative molto alte rispetto
all’Expo di Milano». Sala ha
confermato che la definizione
degli ultimi spazi disponibili e
le assegnazioni avverranno entro giugno. Già 53 Paesi hanno
firmato il contratto di partecipazione con il loro padiglione e la
società, che sta seguendo i lavori di scavi e fondazioni delle prime 15 nazioni, ha pronto il cronoprogramma degli arrivi. A
settembre ci saranno in cantiere
più di 3.000 operai di nazioni
diverse: una città nella città.
Elisabetta Soglio
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L’inchiesta L’ex senatore pdl accusato dal suo braccio destro
Cattozzo: «Ho dato io a Grillo
i soldi della tangente Maltauro»
MILANO — «Dall’imprenditore Maltauro ho ricevuto
490.000 euro: 300.000 ho trattenuto per me, la differenza
l’ho suddivisa tra me, il senatore Luigi Grillo e il professore
Gianstefano Frigerio. La consegna delle loro quote avveniva da parte mia in contanti (...).
Per l’appalto Sogin io avevo sostanzialmente un incarico da
parte del senatore Grillo di definire la questione economica
con Maltauro, ho trattato con
Maltauro e, quando abbiamo
definito l’1,5% sul valore dell’appalto, sono andato da Grillo e gli ho chiesto se andava
bene questa percentuale. Lui
ha detto che gli andava bene».
Sotto i primi omissis che
iniziano a cadere negli interrogatori ai pm Claudio Gittardi e
Antonio D’Alessio, crolla anche la diga degli arrestati l’8
maggio nell’inchiesta su Expo.
E Sergio Cattozzo, l’ex braccio
destro di Luigi Grillo affonda
proprio l’ex senatore pdl (fino
al 2013) e a lungo presidente
della Commissione Infrastrutture, in un match oggi tutto interno all’alfaniano Ncd, nella
cui Assemblea nazionale militano entrambi.
«Ho conosciuto Maltauro
grazie al senatore Grillo e su
sua indicazione ho avuto un
primo colloquio con l’imprenditore — spiega Cattozzo ai pm
il 14 maggio —. Ho subito raggiunto un accordo in relazione
alla gara Sogin a Saluggia (Vercelli) per un impianto di cementificazione dove Maltauro
partecipava insieme a Saipem». Che accordo? «Se io fossi stato in grado di riferire a lui
notizie riservate sulla gara»,
grazie «alla conoscenza che
Roma
Il Papa
contro
i corrotti
Chi corrompe
o è corrotto
non avrà vita
eterna. L’ha
detto il Papa
denunciando
anche chi fa
armi e tratta
di persone
avevo con Nucci e Alatri» (vertici di Sogin), «Maltauro
avrebbe ricompensato poi con
denaro sia me sia il senatore».
Messo di fronte ai bigliettini
che aveva cercato di nascondere nelle mutande durante la
perquisizione, Cattozzo ricostruisce: «In relazione alle
somme riportate nel documento uno, ribadisco che
300.000 euro sono stati incassati da me. Al senatore Grillo,
come da prospetto numero tre,
ho consegnato 51.500 euro, e
al professor Frigerio in contanti 56.500 euro. Riguardo agli
80.000 euro nella colonna di
sinistra del documento uno,
ho trattenuto per me 30.000
euro, mentre nello studio di
Frigerio ho suddiviso in parti
490.000 euro
«Di 490.000 euro,
300.000 per me e il
resto per lui e Frigerio»
uguali gli altri 50.000 da destinare a Frigerio, a Grillo e a
me». Grillo negava di aver preso soldi e affermava di aver
ringraziato Maltauro solo per
del vino della sua vigna acquistato dall’imprenditore a Natale 2013. Ma Maltauro ai pm dice: «Grillo mi ringraziava facendo riferimento a un precedente incontro avuto da lui con
“Sergio” (cioè Cattozzo, ndr):
ho interpretato questa telefonata come chiaramente riferita
al fatto che Cattozzo aveva consegnato a Grillo il denaro che
io avevo consegnato a Cattozzo». Ieri intanto l’ex manager
Expo Angelo Paris ha ottenuto
i domiciliari, negati per ora a
Maltauro solo perché il gip
vuole indicati eventuali familiari in grado di provvedere alle
sue necessità domestiche.
Luigi Ferrarella
[email protected]
Giuseppe Guastella
[email protected]
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Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
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Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
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Magistrati La responsabilità civile
Governo fermato sulla giustizia
dai franchi tiratori del Pd
Il premier: cambiamo al Senato
Napolitano: l’indipendenza dei giudici non è privilegio
Il deputato renziano
Giachetti: traditore io?
Su questo tema
mi batto da trent’anni
ROMA — Roberto Giachetti, deputato del Pd e vicepresidente
della Camera, ieri si è dichiarato — e ha votato — a favore
dell’emendamento sulla responsabilità civile dei magistrati.
Un pronunciamento contro le indicazioni del governo. «Ma
no... Su questo tema io mi batto da 30 anni: ero con i Radicali
per il referendum del 1984; l’anno scorso ho sottoscritto la
richiesta di una nuova consultazione popolare; e sottopongo
costantemente la questione al gruppo pd».
Lei è un renziano doc, e c’è chi ritiene improbabile un
dissenso tra voi due.
«A volte la pensiamo diversamente: sull’amnistia, per
esempio, lui è contrario e io a favore. Sono renziano doc, ma
con una mia cultura e una mia autonomia. E comunque
siamo entrambi convinti che il Paese
ha bisogno di riforme. Poi, un
giudice accusato di dolo o colpa grave
verrebbe giudicato da altri
magistrati, e io ho totale fiducia nella
categoria».
Ma esiste già una sede dove i
magistrati vengono giudicati.
«Chiediamo al Csm quanti sono i
magistrati che, in ragione di tutte le
cause avviate, sono stati intaccati…»
Vuole dire che secondo lei il Csm è
in qualche modo inadempiente?
«No. Ma è evidente che qualcosa non
funziona».
Il vice presidente del Csm, Michele
Montecitorio
Roberto Giachetti, 53 Vietti, fa sapere che «non potrebbe
anni, del Pd, vicepre- essere tollerata la sottomissione
sidente della Camera della magistratura al potere
legislativo o a quello esecutivo». E
Giorgio Napolitano, che presiede quel Consiglio, ha detto
che la tutela dell’indipendenza del giudice «non
rappresenta un mero privilegio».
«La storia dell’indipendenza viene tirata fuori ogni volta che
si tenta di cambiare qualcosa per la magistratura».
A quanto pare, il presidente del Consiglio dice che la
norma va cambiata a Palazzo Madama, quella Camera che
lui vorrebbe abolire.
«Io mi auguro che regga il principio, e che entri nella riforma
della Giustizia. Sono 2 anni che mi dicono di aspettare
perché serve un provvedimento organico. E oggi, nei
responsabili giustizia del mio partito, vedo un atteggiamento
fotocopia...».
Daria Gorodisky
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ROMA — Il «gran pasticcio»
andato in scena alla Camera —
dove il governo va sotto con il voto segreto su un emendamento
della Lega alla legge comunitaria
riguardante la responsabilità civile dei magistrati — riaccende
polemiche e sospetti tra politica
e giustizia. A questo punto, il capitombolo della maggioranza,
tanto per usare le parole del
Guardasigilli Andrea Orlando,
«non aiuta ad affrontare seriamente il tema che va quindi rapidamente corretto...». Dalla Cina,
Matteo Renzi sdrammatizza: «È
una tempesta in un bicchiere, reazioni esagerate», fa sapere il
premier tramite lo staff e poi annuncia che la norma sarà modificata al Senato, confidando in un
secondo tempo offerto proprio
da quel bicameralismo paritario
che vorrebbe azzerare. Il clima
però rimane rovente: Consiglio
superiore della magistratura, Associazione nazionale magistrati e
toghe della Corte dei Conti parlano di «norma incostituzionale» e
di «attentato all’indipendenza
della giurisdizione» mentre si
indaga sulla corruzione.
Ma in una giornata così concitata arriva anche la voce del capo
dello Stato che, con un discorso
«preparato e definito ben prima»
del voto di ieri per l’udienza con
la Rete europea dei Consigli di
Giustizia, ha comunque centrato
il tema dell’equilibrio richiesto a
tutti i magistrati: «La tutela dell’indipendenza assicurata al giudice dagli ordinamenti non rappresenta un mero privilegio....»,
dice Giorgio Napolitano. Aggiungendo però che tale tutela
«trova la sua ragione e il suo giusto bilanciamento nel rispetto da
parte dei magistrati dei principi
deontologici...».
Il governo, dunque, scivola su
una buccia di banana lanciata alla Camera dalla Lega: il «botto»
avviene con la complicità di Forza Italia, che chiede lo scrutinio
segreto, dei grillini che si astengono per creare un caso tra i democratici e, soprattutto, di 30-40
franchi tiratori del Pd che tradiscono il governo.
L’emendamento approvato riproduce la norma già votata nel
2012 da un’assemblea in cui il
centrodestra era ben più forte,
anche se poi quel giro di vite sulla responsabilità civile «diretta»
dei magistrati presentato dal leghista Gianluca Pini — per i casi
di «dolo o colpa grave» o «per
violazione manifesta del diritto»
— si arenò al Senato con il governo Monti. Ma ieri, improvvisamente, quel testo è uscito dal
sonno. Il copione è lo stesso: la
norma che introduce la responsabilità diretta — oggi non si può
citare direttamente il proprio
giudice ma ci si può solo rivalere
sullo Stato — viaggia col treno
della legge comunitaria 2013 ed è
sempre il leghista Pini a proporla, spacciandola per la risposta
più adeguata alla procedura di
infrazione 2230/2009 che però si
riferiva alla «violazione manifesta del diritto dell’Unione europea».
L’argomento scotta ma nessuno, nella maggioranza e nel Pd dà
l’allarme. Non si agita più di tanto il sottosegretario Sandro Gozi,
presente in aula per il governo
che pure esprime parere contrario all’emendamento Pini; non
interviene il relatore, il dalemiano Michele Bordo; cade dalle nuvole il capogruppo del Pd Roberto Speranza e anche il segretario
d’aula Ettore Rosato, di solito un
mastino con i democratici, si lascia prendere in contropiede da
Roberto Giachetti (renziano di
ferro) che, con la sua dichiarazione di voto favorevole, disorienta non pochi colleghi. Nei secondi concitati che precedono la
votazione non si trova, poi, un
solo membro della commissione
giustizia disposto a parlare con
Giachetti: Danilo Leva è in missione, David Ermini è impegnato
a leggere l’ordinanza di arresto di
Galan (anche se poi farà in tempo
a votare) mentre il ministro Orlando, la presidente della com-
missione Giustizia Donatella
Ferranti e la presidente dell’Antimafia Rosy Bindi sono tutti impegnati a un seminario sui reati
ambientali. E quando la frittata è
fatta — 187 favorevoli, 180 contrari, 214 presenti per il Pd — ir-
La responsabilità
dei magistrati
Dolo o colpa grave
per chiedere i danni
La norma
La legge europea
e l’emendamento
1
Durante l’esame sulla
legge europea 2013bis alla Camera (sugli
obblighi per l’adesione
all’Ue), è passato un
emendamento del
leghista Gianluca Pini
2
Il testo riguarda la
responsabilità civile dei
magistrati: la possibilità
che possano essere
chiamati a pagare per i
danni arrecati da errori
commessi
3
Per il testo può agire
contro lo Stato e il
magistrato chi ha
subito danni per atti «in
violazione manifesta
del diritto o con dolo o
colpa grave»
rompe in aula la responsabile
Giustizia del Pd, Alessia Morani.
Ma è troppo tardi. Anche se, poi,
in Transatlantico la parola d’ordine dei renziani è una sola:
«Sdrammatizzare, ripareremo al
Senato. E l’ex deputato Osvaldo
Napoli (FI) ironizza: «Ma Renzi
vuole abolirlo il bicameralismo?». L’unico che alza la voce
nella maggioranza è l’ex pm
Dambruoso (eletto con Scelta civica): «Questo voto rappresenta
un pericoloso incidente per il governo... Gli indagati per l’Expo
staranno brindando... Renzi
chiarisca». La voce di Dambruoso, però, resta isolata se si escludono le parole dure dell’ex pm
Felice Casson, ora senatore del
Pd.
Dino Martirano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
❜❜
L’emendamento approvato è un pasticcio, non aiuta ad
affrontare seriamente il tema Andrea Orlando, ministro della Giustizia
Inaugurazione Il capo
dello Stato Giorgio
Napolitano ieri alla Rete
europea dei Consigli di
Giustizia
Primo Piano
italia: 51575551575557
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9
È un fatto grave che viene quando la magistratura è
impegnata nel contrasto alla corruzione
La nota dell’Anm
Le trattative Il relatore Calderoli: il 90% del lavoro è fatto. Ma Berlusconi aspetta un incontro con Renzi
Riforme, linea dura dei Democratici
Sostituito il dissenziente Mineo
In commissione va Zanda. L’escluso: autogol per esecutivo e partito
ROMA — Il governo va alla stretta
finale sulle riforme, con il Pd che arriva
allo strappo, sostituendo in commissione il «dissenziente» Corradino Mineo con il capogruppo Luigi Zanda. E i
segnali che arrivano da Palazzo Madama sono quelli di un tentativo di intesa
che si allarghi anche alle opposizioni,
dalla Lega a Forza Italia, ma anche di
una dimostrazione di autosufficienza.
«Il lavoro sulle riforme? Nove decimi, è fatto», sorride Roberto Calderoli,
relatore del ddl. Parole che fanno il paio con quelle di Anna Finocchiaro, pure relatrice: «Per scaramanzia, non dico che siamo alla vigilia dell’accordo...». E il fatto che l’esponente della
Lega e quella del Pd spargano ottimismo fa capire come, da una parte, si
sono compiuti passi avanti importanti
nella trattativa per convincere il Carroccio, dall’altra che il governo vuole
dare il segnale che la sua maggioranza
si è già ampliata, e non dipende nei
numeri dalle decisioni che dovrà
prendere FI.
Che il Pd sia ormai pronto a tutto
per votare in commissione le riforme
senza rischi, quasi accerchiando Berlusconi o comunque dimostrandogli
che può fare a meno di lui, lo si è capito ieri sera quando, alla fine di una
giornata di tensione massima, i vertici
del gruppo hanno deciso di sostituire
Mineo. Lui, membro della commissione dichiaratamente contrario al testo della maggioranza, con il suo voto
rischiava di essere decisivo per far
pendere da una parte o dall’altra l’ago
della bilancia (sarebbe potuta finire 14
a 15 contro la maggioranza). Una
mossa che agita il Pd, anticipata nel
pomeriggio dall’avvertimento ultimativo al collega che aveva lanciato la
stessa Finocchiaro: «In una commissione in cui c’è un solo voto di scarto
tra maggioranza e opposizione, una
critica così radicale non è solo
un’espressione di libertà di coscienza,
ma pone un’alternativa tra il fare e non
fare le riforme». «È un errore — ribatte il senatore della sinistra Pd —: non
è utile né a Renzi né al governo né al
Pd cercare di far passare in commissione le riforme con un muro contro
Il faccia a faccia
Molto probabile che il premier
e l’ex Cavaliere si vedano
entro martedì, giorno in cui si
inizia a votare in commissione
muro. È un autogol per il governo e
per il Pd. Il problema non sono io, ma
uscire dall’impasse».
Si consuma così il secondo atto di
forza nella maggioranza, dopo quello
del capogruppo dei Popolari per l’Italia
Lucio Romano rispetto a Mario Mauro,
sostituito due giorni fa perché anche
lui contrario al testo e decisivo per i
numeri della commissione. Ora la palla passerà agli azzurri, per la soluzione
di quello che ormai è diventato un nodo politico, più che tecnico.
Ieri sera Berlusconi si è riunito con i
fedelissimi per fare il punto, e il dilem-
ma è sempre lo stesso: rimanere dentro l’accordo, pretendendo alcune modifiche profonde al testo di riforma del
Senato, o chiamarsi fuori? Nel testo sono tanti i passaggi che non vanno giù
agli azzurri, a partire dall’eleggibilità
dei membri di palazzo Madama che i
senatori azzurri a grande maggioranza
pretendono.
Ma, appunto, non è solo una questione di trattativa sui singoli punti. Il
tema è politico, e divide FI fra chi come
Brunetta è più propenso alla linea dura
con il governo Renzi, e chi come Romani ritiene che ci si debba pensare
mille volte prima di porsi ai margini
del percorso delle riforme, rompendo
così definitivamente anche con Alfano
e pregiudicando l’ipotesi di un’alleanza futura.
Ancora più difficile sarebbe la scelta
di votare contro il testo qualora la Lega
davvero dovesse, come sembra nelle
ultime ore, chiudere l’accordo col Pd
grazie alla concessione delle modifiche richieste al testo. Ma Berlusconi
non avrebbe ancora preso una decisione definitiva. Lo raccontano oscillante,
tentato tra la linea dura e quella della
trattativa, anche per il timore di subire, in caso, «ritorsioni» sulla legge
elettorale. Sarà quindi risolutivo l’incontro con Matteo Renzi per siglare un
nuovo patto o rompere quello vecchio.
Difficile che già oggi i due leader possano incontrarsi, molto probabile che
lo facciano entro martedì, giorno in
cui si inizierà a votare in commissione.
Paola Di Caro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il retroscena Renzi parla di «tempesta in un bicchiere» ma emerge la difficoltà di un intervento organico sulla magistratura
Toghe e migranti, le partite aperte del leader
L’ondata di sbarchi da affrontare. Da Alfano a Casini: addio a «Mare nostrum»
ROMA — Adesso Renzi dovrà
«metterci la faccia». Perché se da
leader del Pd è stato abile in
campagna elettorale a schivare
gli argomenti, incassando con il
bonus Irpef un formidabile dividendo nelle urne, da presidente
del Consiglio è chiamato ora a
sciogliere i nodi della giustizia e
dell’immigrazione: il primo si è
attorcigliato ieri alla Camera, dov’è passata la norma sulla responsabilità civile dei giudici
che è stata presentata dalla Lega
e ha spaccato in Aula i Democratici; il secondo si va drammaticamente aggrovigliando giorno
dopo giorno con gli sbarchi sulle
coste italiane, che impongono
una decisione definitiva rispetto
all’operazione Mare nostrum.
Sul voto di Montecitorio, il
premier ha cercato di derubricare il passo falso della maggioranza, la cui debolezza in materia di
giustizia è stata messa a nudo da
M5S, che ha spiazzato il Pd decidendo di astenersi. E sarà pure
«una tempesta in un bicchier
d’acqua», come l’ha definita
Renzi, perché in effetti non ha
implicazioni sulla stabilità del
governo. Ma torna a sollevare
una questione irrisolta che si
trascina da un ventennio: la riforma della magistratura. Lo psicodramma vissuto dai rappresentanti del governo alla Camera
evidenzia quale sia la sensibilità
su questo nervo scoperto: non si
era mai visto il sottosegretario
Gozi perdere il suo aplomb e lanciarsi livido in volto verso i banchi del Pd, da dove è stato ricacciato indietro.
Quella trentina e passa di
franchi tiratori democratici sono
il sintomo di una frattura che
Renzi dovrà comporre prima di
affrontare un tema che, secondo
il capogruppo pd Speranza, «bisogna avere il coraggio di mettere in agenda»: «Certo va deplorato l’atteggiamento dei Cinquestelle, e va detto che non è con
un emendamento che si risolve
un problema tanto delicato. Ma
sulla responsabilità dei magistrati è ormai maturo il tempo di
allinearci alle normative europee, dato che siamo l’unico Paese a esser rimasto indietro. E soprattutto dobbiamo mettere in
campo la riforma della giustizia».
Riuscirà il premier a infrangere l’ultimo totem? Perché il voto
della Camera ha scatenato la reazione dell’Anm, che — dice l’ncd
Cicchitto — «da anni continua a
fare opera di lobbing e blocca
l’azione dei governi». Come non
bastasse, il combinato disposto
dell’esternazione di Napolitano e
del suo vice presidente al Csm
Vietti, imporranno al premier un
cambio di timing e un approccio
più prudente. Non a caso il
Guardasigilli Orlando ammette
che «il pasticcio non aiuta». Ma
Renzi, che due mesi fa aveva
chiesto ai magistrati di «portar
rispetto» verso le decisioni della
politica, e che ieri invece è parso
rinculare dicendo che l’emendamento votato alla Camera sarà
cancellato al Senato, potrà far
marcia indietro dopo aver annunciato di voler riformare la
giustizia?
Su questo tema di tempo ne
avrà per «metterci la faccia». Di
tempo invece non ne ha più per
intervenire sull’emergenza migranti e decidere le sorti dell’operazione Mare nostrum. Ieri
la nota congiunta dei presidenti
delle commissioni Difesa dei due
rami del Parlamento è stato un
segnale chiaro: «Così non si può
andare avanti. Attendiamo che il
governo sciolga un nodo non più
rinviabile». Le parole di Casini e
Cicchitto vogliono essere (anche) un sostegno ad Alfano, che
attende il rientro di Renzi dall’Asia per affrontare l’argomento. Non basta, non può bastare la
mozione di maggioranza che oggi verrà votata in Parlamento.
Il fatto è che sul Viminale è
stato fin qui caricato politicamente e mediaticamente un peso che andrebbe diviso per competenze: gli Esteri per il problema libico, la Difesa per il pattu-
I sindacati: un successo
Sciopero Rai
Stravolti
i palinsesti
Ieri la Rai è stata bloccata da uno sciopero
parziale contro il previsto taglio di 150
milioni al bilancio dell’azienda. Presidi si
sono tenuti davanti alle sedi regionali (foto
Ansa), mentre i palinsesti radio e tv sono
stati stravolti. I sindacati: un successo.
gliamento in , oltre gli Interni cui
spetta l’accoglienza. Invece fin
qui è andato in scena una sorta
di scaricabarile, e per tutto il periodo della campagna elettorale
— con palazzo Chigi in posizione defilata — è stato su Alfano
che si è concentrato l’attacco di
Lega e Forza Italia, ancora in corso. Dentro Ncd è montata la rivolta verso il premier, culminata
in una riunione l’altra sera: «Ora
basta, Renzi fa finta di nulla e intanto noi veniamo massacrati».
È vero, più volte Napolitano
ha coperto la missione, anche ieri ha detto che «noi non abbiamo
girato la testa dinnanzi a questo
dramma». E non ha mai smesso
di perorare la causa, mettendo in
campo riservatamente le proprie
conoscenze internazionali, per
esortare l’Europa e l’Onu a intervenire. Ma finora l’appello non è
stato raccolto. Anzi, nelle riunioni tecniche i partner europei se
ne lavano le mani: «Non avete
concordato con noi questa iniziativa». Così Alfano è uscito allo
scoperto: «L’Europa non dà risposte e noi siamo stanchi. Sappiamo che il dramma non finirà
con la fine di Mare nostrum, ma
questa operazione è da considerarsi superata».
Toccherà ora a Renzi intervenire, usando la prima fiche del
grande consenso ottenuto nelle
urne al tavolo del Consiglio europeo di fine giugno, vigilia del
semestre italiano. Toccherà al
premier «metterci la faccia» per
portare a casa il risultato.
Francesco Verderami
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La Nota
di Massimo Franco
Il pasticcio mostra
crepe e inquietudini
della maggioranza
C
he si tratti di un pasticcio e di
una trappola parlamentare, nessun dubbio. Ed è altrettanto sicuro che tenderà i rapporti tra
politici e magistrati mentre fioccano mandati di cattura e imputazioni per
scandali vecchi e nuovi. Ma l’approvazione
di un emendamento leghista che introduce
la responsabilità civile dei giudici promette
di avere contraccolpi al di là della tradizionale contrapposizione tra potere legislativo
e giudiziario. Ritorna in primo piano la tenuta del Pd nel ramo del Parlamento, la Camera dei deputati, dove gode di una maggioranza schiacciante: si parla di almeno
una trentina di franchi tiratori del partito
del premier. E incunea qualche contraddizione nella volontà di riformare radicalmente il Senato.
Dalla Cina, dove è in missione, il presidente del Consiglio avrebbe minimizzato il
voto come «una tempesta in un bicchiere
d’acqua». La norma, avrebbe rassicurato,
«sarà modificata a scrutinio palese al Senato». È quanto dicono ufficialmente altri
esponenti del Pd, a cominciare dal capogruppo a palazzo Madama, Luigi Zanda. Lo
stesso Guardasigilli, Andrea Orlando, bolla
la vicenda come «un pasticcio che va rapidamente corretto». Per gli avversari della
p ro p o s ta c h e
vuole abolire il
bicameralismo,
però, l’idea di
un Senato chiaIl paradosso di un mato a sanare lo
civolone a
governo costretto sMontecitorio
è
a ricorrere al
una sottile nemesi.
Senato per
È vista come
correggerlo
una conferma
dell’esigenza di
non svuotare il
suo ruolo, proprio mentre si parla di accordo prossimo e viene blindata la commissione Affari costituzionali escludendo il dissidente del Pd Corradino Mineo. I berlusconiani chiedono provocatoriamente a Renzi
se per caso non riscopra il bicameralismo. Il
fatto che questa trappola scatti nel giorno in
cui il Consiglio superiore della magistratura
sottopone a una sorta di «processo» interno
il giudice che parlò della condanna inflitta a
Silvio Berlusconi prima delle motivazioni,
le dà contorni ancora più politici. E rianima
vecchi fantasmi. Il Nuovo centrodestra cerca di esorcizzare «rivalse della politica sulla
magistratura».
Ma introdurre la responsabilità civile con
un voto che ha visto la saldatura tra M5S, FI,
Lega, più uno spezzone occulto del Pd, è un
segnale preoccupante. Il Senato potrà anche
cancellarlo a scrutinio palese. Rimane tuttavia il problema di un gesto ostile: verso la
magistratura ma anche verso palazzo Chigi.
Michele Vietti, vicepresidente del Csm, ritiene che sia in gioco «non un privilegio ma
l’indipendenza di giudizio del magistrato».
Il capo dello Stato, Giorgio Napolitano,
puntella questa tesi invitando a «coniugare
equità e imparzialità». Napolitano difende i
giudici ma ribadisce che la loro credibilità si
fonda anche sul rispetto di alcuni «limiti».
Un equilibrio difficile, che il voto di ieri sbilancia di nuovo, pericolosamente.
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10 Primo Piano
Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Il governo Il viaggio
Onori e complimenti: Renzi alla prova cinese
DAL NOSTRO INVIATO
PECHINO – Xi Jinping è allegro e lo accoglie come un
ospite di riguardo. Non è un
dettaglio. Il presidente della
Cina di solito sceglie cosa comunicare con molta ponderazione e se per l’arrivo del capo
del governo italiano ci tiene a
congratularsi per le riforme
annunciate da Renzi, aggiunge che ama il nostro Paese,
che è «il primo» che preferisce visitare «da turista», che
ha già visto Roma, Firenze,
Sorrento, Pisa e Napoli e la Sicilia e ora vuole un altro elenco di città italiane in cui recarsi, la nostra diplomazia non
può che gongolare.
In piazza Tienanmen per
l’arrivo del presidente del
Consiglio italiano c’è la sincronia dei colpi di cannone,
un picchetto d’onore che
Preparativi e incontri
Xi Jinping apprezza le riforme. La replica: da voi grandi capacità di programmare e realizzare
comprende soldatesse, scelte
anche in base all’estetica,
dunque molto carine, una novità del protocollo cinese, un
body language con il primo
ministro Li Keqiang in qualche modo ostentato, segnali
che lo staff di Renzi nota e rimarca, vista la proverbiale rigidità dei politici formati alla
La cerimonia Gli ufficiali controllano aspetto e divise della guardia d’onore. A destra, la stretta di mano tra Matteo Renzi e Tony Blair (Reuters, Afp, Ansa)
Gli accordi
Firmata un’intesa di
cooperazione strategica
Poi altri venti accordi tra
aziende italiane e cinesi
scuola del governo di Pechino.
A margine degli accordi
commerciali, di una ventina
di intese che coinvolgono le
nostre imprese (anche nei
protocolli di marketing del
potente portale Alibabà), della prima sessione di un Business forum che vede il massi-
mo delle nostre aziende che
qui hanno interessi commerciali o finanziari discutere di
progetti futuri con gli omologhi di Pechino (il presidente
degli italiani è Andrea Guerra,
amministratore delegato di
Luxottica), l’atmosfera dell’agenda istituzionale di Renzi è all’insegna dell’apertura
di credito. Ci sono margini e
spazi da recuperare, per l’Italia, l’accoglienza riservata al
nostro premier è di buon auspicio.
Ma non solo, Xi Jinping si
dice sicuro che l’Expo di Milano sarà «un evento spettacolare» (la Cina parteciperà con
tre padiglioni), firma un accordo di cooperazione strategica per i prossimi tre anni
con il governo italiano, «i nostri Paesi sono tradizionalmente amici» rimarca, fa persino gli auguri alla nazionale
italiana per l’esordio ai mondiali di calcio in Brasile, manda i suoi saluti al presidente
della Repubblica, Giorgio Napolitano, conosciuto durante
le celebrazioni per i 150 anni
dell’unità d’Italia.
Renzi da parte sua offre
meno colore ma non meno rispetto, sottolineando con
umiltà che «da voi dobbiamo
imparare la capacità di programmazione e di realizzazione». Agli incontri ufficiali
partecipa anche il ministro
dello Sviluppo economico,
Federica Guidi, che sottolinea
come «in Cina è quasi impossibile fornire e vendere se non
si hanno basi produttive qui.
Le imprese devono fare il loro
mestiere rischiando, certo in
una cornice realistica e quindi
il governo deve realizzare un
piano sistema paese molto
forte che coinvolga le imprese
ma anche le banche».
Fra gli accordi siglati da segnalare quello dell’Enel, con
due intese con China Huaneng Group e China National
Nuclear Corporation, due
aziende cinesi leader nel settore elettrico. I contratti prevedono una cooperazione
scientifica e tecnologica, nello sviluppo di progetti elettri-
Le basi
Il ministro Guidi: fornire
e vendere qui è quasi
impossibile se non si
hanno le basi produttive
ci da fonti energetiche convenzionali e rinnovabili, nonché nella gestione di carbon
assets e carbon strategy. Francesco Starace, l’ad di Enel, ha
anche siglato un memorandum of understanding con
Qiu Jiangang, vicepresidente
di China national nuclear corporation, l’azienda statale responsabile di tutti gli aspetti
dei programmi nucleari cinesi. L’intesa traccia il quadro
per lo scambio di informazioni e di best practice relative
allo sviluppo, progettazione,
costruzione, gestione e manutenzione di centrali nucleari.
M. Gal.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il presidente Ferrari: si è riaccesa la speranza
Montezemolo lo sprona
«Ora decisioni coraggiose»
MILANO — L’apertura di credito è netta: «Dobbiamo credere e
dare il massimo stimolo, il massimo sostegno perché si
facciano quelle riforme che per troppo tempo abbiamo atteso, e
di cui l’Italia ha bisogno». Perché «siamo in un momento
straordinariamente fondamentale per il nostro Paese: ognuno
è chiamato a fare la sua parte». Così il presidente della Ferrari,
Luca Cordero di Montezemolo, all’assemblea annuale di
Confindustria Firenze. L’ex leader degli industriali non esita a
fare nome e cognome: «In Italia si è riaccesa la speranza e
questo è un fatto importante di cui dobbiamo dare merito al
presidente del Consiglio Matteo Renzi». Il presidente Ferrari
rievoca il suo primo incontro con l’attuale premier: «Mi ricordo
quando sono venuto qui nel 2005 nella veste di presidente di
Confindustria e sentii un discorso che mi piacque molto di un
giovane e allora coraggioso presidente di Provincia che grazie
alla capacità e al coraggio è oggi presidente del Consiglio». Ad
ogni modo, ha aggiunto Montezemolo, «con le elezioni
europee, l’Italia ha dato un segnale forte di volontà di
cambiamento. Ora c’è bisogno di decisioni coraggiose e
urgenti». Anche perché «c’è fame d’Italia nel mondo, c’è fame
di made in Italy, dei nostri prodotti di qualità». Secondo il
presidente Ferrari «l’export è la forza dell’Italia e sottolineo
come l’export italiano abbia superato di gran lunga la Francia e,
nell’ultimo anno, anche la Germania. Bisogna fare così, andare
in giro nel mondo a portare imprese, credere di più in loro che
sono il vero motore della crescita italiana». Montezemolo ha
poi aggiunto una prescrizione pratica: «Bisogna chiudere tutti
quei consigli di amministrazione che servono solo a dare un
posto ai politici trombati». L’appello conclusivo richiama le
banche («Per troppo tempo, e lo dico con tutto il rispetto,
hanno dato soldi a chi già li aveva e non li hanno dati a chi se li
meriterebbe. Devono affiancare le imprese che rischiano»), ma
anche gli stessi imprenditori: «Basta piangerci addosso».
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Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
Primo Piano 11
italia: 51575551575557
Il premier L’accusa sul passato: la politica italiana è stata il peggior direttore commerciale
La spinta a investire fuori:
così si salvano posti in Italia
Poi avverte: all’assemblea pd vedrete cosa vuol dire il 40%
DAL NOSTRO INVIATO
Stretta
di mano
Il premier
Matteo
Renzi, 39
anni, con il
presidente
cinese Xi
Jinping, 60
(Reuters)
33
miliardi è il valore degli scambi commerciali tra Italia e Cina.
Le esportazioni dal nostro Paese si attestano intorno ai 10
miliardi, mentre importiamo da Pechino per 23 miliardi.
Esportiamo soprattutto macchinari e apparecchiature, e acquistiamo per lo più prodotti di elettronica. Sono circa cinquanta gli imprenditori che hanno partecipato alla missione
in Asia al seguito del premier Matteo Renzi e del ministro
dello Sviluppo economico Federica Guidi
PECHINO — Non si spinge
a dire che bisogna rottamare
la nostra politica estera, almeno quella commerciale, preferisce glissare quando gli viene
fatta la domanda, ma su una
cosa si dice convinto, «per salvare l’industria italiana bisogna cambiare cultura, rovesciare i luoghi comuni, cominciare a dire che delocalizzare non è negativo, investire
fuori dal Paese significa salvare posti di lavoro in Italia, può
sembrare un paradosso ma
non lo è, gli altri Paesi europei, dalla Danimarca alla Germania, hanno qualcosa da insegnarci e noi dobbiamo ripensare il modo in cui facciamo sistema all’estero».
«La politica italiana è stata a
lungo il peggior direttore
commerciale del nostro Paese», dice chiaramente il capo
del governo, mentre nella hall
del Kempinsky di Pechino, all’ora di pranzo, fa il suo ingresso Tony Blair, per il secondo colloquio a tu per tu nel
giro di due mesi: i due si appartano per 20 minuti al 15°
piano dell’hotel che ospitò
anche Mario Monti, due anni
fa, cosa si dicono non lo saprà
nessuno, ma come emissario
di banche d’affari l’ex premier
britannico avrà certamente
qualcosa da consigliare a chi
cerca di vendere il made in
Italy in modo diverso dal passato.
Di mattina con la moglie
Agnese Renzi fa visita alla Città Proibita, con guida d’eccezione del governo cinese, nel
primo pomeriggio, prima di
recarsi all’Assemblea del Popolo, trova il tempo per una
breve chiacchierata al bar del-
l’albergo: un tè verde accompagna un bilancio della visita
in Asia, la convinzione che
«occorre voltare pagina, cambiare cultura, uscire dallo
schema secondo cui una parte
dei nostri vede la Cina come
luogo di delocalizzazione».
Renzi fa un esempio che tocca
diverse azienda italiane che
hanno radicato stabilimenti
all’estero, dalla Piaggio in
Vietnam ad altri gruppi in altri Stati: «Si sono salvati posti
di lavoro in Italia con la produzione a la vendita in altri
continenti, dunque occorre
uscire da questi luoghi comuni».
La Città proibita
Con la moglie Agnese la
visita alla Città proibita
Poi in hotel venti minuti
di colloquio con Blair
Anni fa, non troppi, la propaganda della Lega, le analisi
di Giulio Tremonti, dicevano
esattamente il contrario: la Cina come minaccia, come concorrente sleale, come mercato
da snobbare o da cui difendersi. Sicuramente si sono
persi anni preziosi, fette di
mercato colmate da altri concorrenti, anche europei: a Pechino circolano più Bmw e
Mercedes che in molte città
tedesche. Insomma aprire
fabbriche all’estero «significa
anche salvare posti di lavoro
da noi», ecco perché occorre
un «nuovo piano di sistema,
che coinvolga anche le banche
italiane, oltre che le imprese,
per vendere tutto quello che
finora non siamo stati in grado di commercializzare».
A parole è forse più semplice che nella realtà, il discorso
di Renzi svela l’ansia di un
tempo da recuperare: anche al
presidente della Cina fa l’elogio della velocità, la tartaruga
dei Medici che negli affreschi
di Palazzo Vecchio si muove
con l’aiuto di una vela, unendo la velocità alla ponderazione, come nell’iconografia cinese tocca al cavallo. Insomma «fare sistema» diventa una
sorta di mantra, abbinato all’imperativo di fare in fretta.
Ed ecco perché a metà luglio
«faremo un’altra missione in
Africa, anche lì fisseremo dei
target, come per il Vietnam,
dove dobbiamo arrivare a 5
miliardi di interscambio». Un
altro sorso di tè verde, quindi
una conclusione, «nessuno in
Italia ha capito che il nostro
Paese ha occasioni di business
pazzesche, se la Cina investe
nei consumi e noi ci facciamo
trovare preparati recuperiamo
alcuni miliardi di dollari di
prodotti che imitano i nostri
marchi ma non sono fatti in
Italia, facciamo bingo! Il mondo ha fame di Italia, ma l’Italia
non si vende come potrebbe».
Avere appena preso più del
40% dei voti può del resto autorizzare un filo di ottimismo
in più del solito, e infatti «vedrete cosa faremo sabato
prossimo all’assemblea del
Pd, spiegheremo cosa significa avere tanto consenso, faremo una riflessione molto importante, anche sulle riforme,
sulle conseguenze del voto
delle Europee. Finora le analisi dei media sono state imbarazzanti». E Berlusconi?
«Aspettate sabato, per ora è
più importante il Pd».
Marco Galluzzo
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I democratici Congelato il nuovo assetto al Nazareno. I nomi non dovrebbero arrivare alla direzione di oggi né al raduno di sabato
Rinvio sulla segreteria. Lunga lista per il toto-presidente
In primo piano Orfini, poi De Micheli
Ma c’è chi ipotizza sorprese
con Chiamparino, Zingaretti o Prodi
ROMA — «Per la nuova segreteria abbiamo bisogno di più
tempo». Il messaggio viaggia su
una linea retta lunga ottomila e
passa chilometri. Sono quelli
che separano Pechino, dove ieri
ha fatto tappa il tour asiatico di
Matteo Renzi, dal Nazareno, sede del quartier generale nazionale del Partito democratico. Ed
è il segno che, a meno di sorprese sempre possibili, nell’Assemblea nazionale del Pd in programma dopodomani a Roma
non dovrebbe essere varata la
nuova squadra che sostituirà i
membri dell’esecutivo del partito che oggi stanno al governo o
sono emigrati al Parlamento europeo.
«Serve tempo», è il leitmotiv
dominante tra i renziani ortodossi. Tempo per trovare una
«quadra» che ricompatti il partito all’indomani delle polemiche sulla sconfitta di Livorno.
Tempo per far sopire la diatriba
avviata sul dibattito «vecchionuovo», che s’è innescato sulle
inchieste giudiziarie di Milano e
Venezia. Tempo per individuare
quelle figure, che saranno rappresentative di tutte le anime
del partito, che comporranno
una squadra coordinata da Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani, che sabato saranno formalmente investiti nel loro ruolo di vicesegretari. E soprattutto
tempo per identificare il mister
X che sarà chiamato a presiederla, quell’assemblea.
Col presidente del Consiglio
in Asia, e soprattutto a ventiquattr’ore dalla direzione del
partito chiamata ad approvare il
bilancio, le strade sono due. O,
come qualcuno della cerchia ristretta di Renzi ipotizza, congelare il dibattito sulla presidenza
del Pd e rinviarlo di qualche settimana. Oppure accelerare la ricerca di quella soluzione che, almeno per il momento, all’orizzonte non s’intravede con nettezza.
Nelle quaranta ore scarse che
separeranno il ritorno dall’Asia
dall’appuntamento di sabato,
toccherà a Renzi individuare
una soluzione. La pista più battuta, almeno per ora, è quella
che porta a Matteo Orfini, uno
dei frontmen della sinistra dei
Giovani Turchi. Nettamente più
distanziata la nomination di Paola De Micheli, vicinissima a
Le scelte
Serve più tempo per le
deleghe nell’ufficio del
leader dopo le polemiche
per lo stop di Livorno
Enrico Letta, che comunque sarà la candidata dell’«Area democratica». Agli occhi dei renziani,
quest’ultimo nome ha un solo
pregio. Libererebbe una casella
tra i vice del capogruppo Roberto Speranza, che i fedelissimi del
premier occuperebbero probabilmente con Matteo Richetti.
Eppure qualcosa non torna,
in questo canovaccio. «Troppo
da partito tradizionale», si mormora tra i banchi del Pd di Montecitorio. «Troppo poco renziano», come alcuni deputati hanno fatto notare al vicesegretario
Guerini. Non è un caso se, tra i
parlamentari democratici, gira
I fronti aperti
Nel fine settimana
l’assemblea nazionale
1
Sabato si svolgerà l’assemblea
nazionale del Pd che dovrebbe,
tra l’altro, sostituire i membri
della segreteria eletti in Europa
o approdati al governo.
Ma la situazione è complicata
e non è detto che si arrivi subito
agli avvicendamenti.
Gli incarichi
al vertice
2
Lorenzo Guerini e Debora
Serracchiani sabato dovrebbero
essere ufficialmente investiti
dell’incarico di vicesegretari
del Partito democratico.
Resta invece un’incognita
il nome che sarà proposto
per la presidenza del partito.
Il nodo da sciogliere
sulla presidenza
3
Mentre il segretario prosegue
il viaggio in Asia, nel partito è
accesa la discussione su chi sarà il
sostituto di Cuperlo. Al momento, il
nome più citato è quello di Matteo
Orfini, seguito da quello di Paola
De Micheli. Ma resta il dubbio
di una sorpresa «renziana».
da ieri una lista di «autorevoli
personalità» della storia del Pd
che — a loro insaputa — potrebbero ricevere nelle prossime
ore una telefonata in vista di una
possibile candidatura unitaria
alla presidenza dell’Assemblea.
In questa lista c’è il nome di Nicola Zingaretti, presidente della
Regione Lazio. E anche quello di
Sergio Chiamparino, fresco di
vittoria alle regionali del Piemonte. Senza dimenticare i «sogni impossibili», e cioè che questa proposta venga fatta a uno
dei «padri» del Pd, Romano
Prodi e Walter Veltroni (che però non si sa se accetterebbero).
La soluzione «fantapolitica» è
quella che rimanda a Enrico Letta, il cui nome (insieme a quello
di Massimo D’Alema) viene però associato alla casella italiana
nella Commissione europea. Ma
lo schema a sorpresa, questo sì,
sarebbe «renziano». E ha un
precedente, nel metodo, nella
storia recente. Quando una notte di due mesi fa, a poche ore
dalla chiusura delle liste per le
Europee, Renzi tirò fuori dal cilindro i cinque capilista donne.
Di cui quattro, quella notte, caddero dalle nuvole.
Tommaso Labate
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’appuntamento
E oggi è ospite
al Porta a porta
(finanziario)
della tv cinese
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PECHINO — Il programma
ha un doppio nome, in
cinese Duihua e in inglese
Dialogue, perché è studiato
per un’audience elevata,
composta dalla business
community cinese e
straniera che opera nella
Repubblica popolare. Un
talk show che nel formato
è una sorta di Porta a Porta
in mandarino. E di questa
trasmissione sarà ospite
Matteo Renzi. La
registrazione è prevista
questa mattina negli studi
della CCTV 2, il secondo
canale della tv di Stato di
Pechino e andrà in onda in
seconda serata domenica,
con 4 repliche nel corso
della settimana. Oltre
all’intervistatore, Renzi si
troverà di fronte un
pubblico autorizzato a fare
domande. L’atmosfera è
rilassata e spiritosa, per
quanto lo può essere la
stampa cinese, pur sempre
controllata dall’ufficio
propaganda del partito
comunista. Ma è un
palcoscenico ambito, come
dimostra l’elenco di ospiti
del passato: da Hillary
Clinton al segretario
generale dell’Onu Ban Kimoon, a Pascal Lamy ex
direttore generale del Wto,
a Bill Ford, nipote del
fondatore della Ford, fino a
Jack Ma, il genio dell’ecommerce che ha
incontrato il premier a
Pechino e ha firmato un
accordo per distribuire in
Cina i prodotti della nostra
industria agroalimentare
con la sua piattaforma
Taobao di Alibaba. Duihua
è uno dei programmi di
punta di CCTV 2, canale
dedicato all’economia
globalizzata. Renzi in
questi due giorni in Cina
ha usato spesso metafore
nei suoi discorsi: un genere
amato dai politici cinesi. Il
pubblico di Duihua sentirà
il premier parlare della
tartaruga, simbolo di
resistenza, longevità,
prudenza e saggezza alla
quale Cosimo I de’ Medici
aggiunse una vela, simbolo
di azione e rapidità.
Guido Santevecchi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
12 Primo Piano
Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Il governo Le misure
I punti della riforma
Mobilità obbligatoria No al «trattenimento Sblocco graduale
per i dipendenti
in servizio»
del turnover
1
I dipendenti pubblici
potranno essere
spostati da un ufficio
a un altro entro 50
chilometri. Ed entro
100 chilometri per
«motivate esigenze»
2
Viene cancellato
l’istituto del
«trattenimento in
servizio» che
consente di restare al
lavoro oltre l’età di
pensionamento
3
Nel 2014 si potrà
assumere fino ad una
spesa del 20% di quella
relativa al personale
uscito. La percentuale
sale ogni anno fino al
100% nel 2018
Permessi sindacali
tagliati da agosto
4
Dal prossimo primo
agosto 2014
verranno tagliati del
50% distacchi,
aspettative e
permessi sindacali in
corso
Limiti agli incarichi
nelle Authority
5
I membri delle
Authority, cessato
l’incarico, non possono
essere nominati in una
altra Autorità per un
periodo pari alla durata
del precedente incarico
Banca dati delle
società partecipate
6
Scatta il censimento
online degli enti
pubblici. Inoltre le
amministrazioni
dovranno comunicare
al Tesoro tutte le
società partecipate
Una sola scuola
di formazione
7
Le attuali 5 scuole
di formazione per
dirigenti pubblici
vengono unificate
nella «Scuola
nazionale
dell’Amministrazione»
Dipendenti pubblici in mobilità, bollo auto +12%
Trasferimenti obbligati entro 100 chilometri. Prepensionamenti in caso di esuberi
La tassa crescerà solo nel 2015. Dimezzati i distacchi sindacali, stretta sulle Authority
✒
L'analisi
FAMILIARI A CARICO,
LA PEGGIORE NORMA
DEL GROVIGLIO FISCALE
di MASSIMO FRACARO e NICOLA SALDUTTI
SEGUE DALLA PRIMA
Mettiamo a confronto due famiglie. In una la moglie è
nullatenente e ha speso 1.000 euro tra medicine e
alcune visite specialistiche. Il marito avrà diritto alla
detrazione per coniuge a carico, variabile in base al
reddito (mediamente 690 euro) e potrà anche
beneficiare della detrazione del
19% sui costi sanitari pagati per
conto della moglie con un
La norma
risparmio di 165 euro. Ora
ipotizziamo che la moglie abbia
Limite
un reddito di 2.900 euro
2.841 euro è il
derivante dal possesso di alcuni
limite massimo di
fabbricati non affittati — come
reddito che
ad esempio una casa sfitta o
consente di
data in uso ad un figlio e situate
essere considerati
nello stesso Comune di
«coniugi a
residenza — e che non gli
carico». Al di
garantiscono alcuna entrata. In
sotto di questa
pratica è senza introiti. Ma con
soglia il coniuge
2.900 euro supera il famigerato
che lavora (di
limite. Di conseguenza il marito
solito il marito)
non avrà diritto ad alcun
ha diritto a una
beneficio: né alla detrazione
detrazione che
d’imposta, né potrà scontare
varia in base al
dalla sua Irpef le spese sanitarie
reddito ma in
con una perdita di 855 euro.
media è pari a
Eppure la situazione è la stessa.
650 euro.
E’ chiaro che il limite è
L’Europa
anacronistico, basta poco per
Tra le
superarlo senza per questo poter
raccomandazioni
essere considerati in grado di
del consiglio Ue
mantenersi da soli. Inoltre è
della scorsa
bloccato da quasi una ventina
settimana anche
d’anni: se solo fosse stato
la modifica del
aggiornato con l’inflazione oggi
sistema delle
dovrebbe arrivare almeno 4.000
detrazioni per
euro. Non è molto, ma
coniugi a carico:
probabilmente molte famiglie si
incentiverebbero
sarebbero negli anni salvate da
le donne a non
questa micidiale trappola. Si
lavorare
sono succeduti governi e
governi, sono cambiate mille
norme, ma quella è rimasta
invariata. E non è finita. Per calcolare i 2.841 euro si
deve tenere conto pure della rendita dell’abitazione
principale, anche se non dà alcun reddito. Oltre al
danno la beffa.
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ROMA — Per ora sono 26 articoli, ma la bozza sulla riforma
della Pubblica amministrazione
potrebbe essere destinata a qualche sforbiciata nelle prossime
ore. Il testo indica i punti cruciali
del decreto light (alcune misure
saranno dirottate su un disegno
di legge), che il governo si appresta a varare domani. Il primo
articolo, per ora, è quello sull’impossibilità di restare in servizio dopo l’età di pensionamento. La tagliola scatta dal 31
ottobre. Viene cioè eliminato
l’istituto del trattenimento in
servizio. Il secondo articolo specifica il nuovo turnover. In sintesi, stabilisce le assunzioni e le
uscite nel perimetro della P.a.
non più in base al numero delle
persone, bensì alla spesa totale
per i loro stipendi. Così, nel 2014
nelle amministrazioni si potrà
procedere ad assumere personale nel limite di spesa pari al 20%
di quella relativa al personale
uscito lo scorso anno. Questa
percentuale sale con gradualità
negli anni successivi. Fino ad ar-
rivare al 2018, quando le amministrazioni potranno assumere
per un limite di spesa pari al
100% di quella relativa al personale cessato di ruolo.
Un articolo della bozza fissa
anche i criteri della mobilità obbligatoria, stabilendo che si possano «ricoprire i posti vacanti
mediante passaggio diretto di
dipendenti con la stessa qualifica, in servizio presso altre amministrazioni». Per agevolare le
procedure è previsto un portale
per fare incrociare domanda e
offerta di mobilità.
Novità anche sul fronte dei
trasferimenti. Il provvedimento
indica che i dipendenti pubblici
potranno essere spostati senza
assenso in un diverso posto di
lavoro, purché nell’arco di 100
chilometri: entro 50 chilometri
le diverse sedi sono considerate
«stessa unità produttiva», mentre tra 50 e 100 chilometri devono esserci esigenze organizzative e produttive. Un mini rivoluzione che, se confermata nella
versione definitiva, prosegue
con il taglio, dall’1 agosto, del
50% dei distacchi e dei permessi
3,2
milioni di dipendenti pubblici in Italia. Di questi solo il
10% ha meno di 25 anni. Il
34% può contare su una laurea. Nel quadriennio 20072011 sono diminuiti del 4,7%
per ogni sigla sindacale. Nel decreto dovrebbe inoltre finire la
misura sul prepensionamento
dei dirigenti: in caso di esuberi e
in assenza di criteri e modalità
condivise con i sindacati, «la P.a.
procede alla risoluzione unilaterale, senza possibilità di sostituzione, del rapporto di lavoro di
coloro che entro il biennio successivo maturano il diritto alla
pensione». Per le amministrazioni scatta il divieto di assegnare incarichi dirigenziali a soggetti in pensione. Alla vigilia del varo del provvedimento il testo
predispone l’unificazione delle
scuole di formazione della Pubblica amministrazione. Finiranno tutte (Scuola Superiore dell’Economia, Istituto Diplomatico, Scuola superiore dell’Amministrazione dell’Interno, Centro
di formazione della Difesa e
Scuola superiore di Statistica)
sotto il cappello della Scuola nazionale dell’Amministrazione
che ne accorpa le funzioni. Per i
componenti delle autorità indipendenti (Antitrust, Privacy,
Agcom, Energia, Consob) ci sarà
una stretta sul rinnovo degli incarichi. Non potranno più essere
nuovamente nominati componenti di un’Autorità indipendente «per un periodo pari alla durata dell’incarico precedente».
Nelle stesse Authority si potranno effettuare assunzioni solo
con «concorsi unici con cadenza
annuale». L’articolo 15 della
bozza indica l’istituzione dell’archivio unico per la gestione di
una documento unico (riassume
di dati di libretto di circolazione
e certificato di proprietà) dell’auto. In dettaglio, il Pra è destinato a passare dall’Aci sotto la
vigilanza del ministero delle Infrastrutture. Lo stesso articolo
specifica che gli importi annuali
delle tasse automobilistiche potranno aumentare, per il solo
2015, fino ad un massimo del
12%. In vista delle mosse del governo oggi i sindacati incontreranno il ministro della Funzione
Pubblica, Marianna Madia.
Andrea Ducci
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Spending review Risparmi per 200 milioni
Cottarelli: basta
con la paura del buio
E rilancia i tagli
all’illuminazione
ROMA — Lassù qualcuno ci
osserva (e critica). Secondo il
commissario alla Revisione della spesa pubblica, Carlo Cottarelli, gli analisti economici delle
grandi banche internazionali,
«per illustrare il persistente
spreco di denaro pubblico nel
nostro Paese», utilizzano le foto
dell’Europa prese da satelliti di
notte, dove l’Italia appare più illuminata di altri Paesi. Basterebbe spegnere le luci «non necessarie» per risparmiare 100200 milioni nell’immediato,
scrive Cottarelli sul suo blog, riprendendo un’idea che era stata
proposta anche dal premier Mario Monti, poi però naufragata.
Nelle foto che il commissario
pubblica, l’Italia, specie il Nord,
sembra in piena luce come solo
il Belgio, Londra, parti dell’Inghilterra e Parigi. Risultato: il
consumo annuo pro capite per
illuminazione pubblica in Italia
è di 107 kWh, più del doppio di
Germania e Gran Bretagna e un
terzo in più della Francia. A Berlino gli abitanti per punti luce
sono 15,6: a Milano sono 9,4.
«Questo comporta uno spreco di denaro pubblico — prosegue — (l’illuminazione stradale
costa circa due miliardi di euro e
grava prevalentemente sui Comuni) e un inquinamento luminoso i cui danni non vanno sottovalutati». Cottarelli ammette
che non è la prima volta che la
questione viene sollevata in Italia incontrando molte obiezioni. Ad esempio, che l’elevata illuminazione derivi dalle «abi-
Italia-Europa: il confronto
Per testimoniare l’enorme spreco di denaro pubblico
nel nostro Paese il commissario alla spending review,
Carlo Cottarelli, ha pubblicato sul blog ospitato dal sito
revisionedellaspesa.gov.it le immagini dell’Europa
(e dell’Italia) prese dal satellite
tudini latine di passare all’aria
aperta le serate». Il commissario
smentisce: l’Italia appare molto
più luminosa anche all’una e
trenta di notte, «quando si può
presumere che la maggior parte
degli italiani stia ormai a letto».
Il commissario ricorda che
non è dimostrato il legame tra
intensità della illuminazione
stradale e tasso di criminalità. E
che poi non si tratterebbe di
spegnere le luci, ma di sostituirle con tecnologie Led, riducendo l’illuminazione di strade a
scorrimento veloce, di aree ad
uso industriale o artigianale e di
zone urbanizzate non edificate.
Infine Cottarelli respinge la tesi
che lo spegnimento delle luci
manderebbe in fallimento le
municipalizzate, che secondo
lui vanno rese efficienti e non
salvate a tutti i costi.
Per risparmiare fino a un miliardo è possibile investire sull’ammodernamento dell’illuminazione attraverso forme di
partenariato pubblico privato o
mobilizzando fondi europei.
«Occorre un po’ di coraggio e
smettere di avere paura del buio
— conclude — (su questo anche i gufi saranno d’accordo!)».
Antonella Baccaro
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Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
Primo Piano 13
italia: 51575551575557
Missione di Padoan negli Usa
«C’è più fiducia sull’Italia»
esempio il «falco» Jürgen Stark, ex capo economista della Bce —
hanno accusato di favorire i Paesi del Sud Europa. A giudizio della
Cancelliera le misure riformatrici vanno portate a termine senza
esitazioni. L’Europa si trova ad affrontare nei prossimi cinque anni
sfide troppo importanti. Non si può fermare prima che il cammino
sia concluso. Le parole di Angela Merkel non rappresentano un
segnale di ostilità nei confronti della Bce dopo gli attacchi contro
Draghi giunti da esponenti del suo partito e i più consistenti
allarmi provenienti dal mondo economico e dalla stampa
conservatrice. Come spesso accade, il più realista è stato il ministro
delle Finanze Wolfgang Schäuble, secondo cui la Bce fa «un buon
lavoro», riducendo i tassi, in una fase caratterizzata dalla bassa
inflazione. Anche lui comunque, ricevendo una settimana fa il
collega italiano Pier Carlo Padoan, aveva insistito sul fatto che «le
riforme sono essenziali e quelle le devono fare i governi». Di questo,
come si è visto ieri, i tedeschi sono assolutamente certi.
che l’attività investigativa in atto conferma che la lotta alla corruzione sta andando avanti con
vigore».
Ricostruendo i giorni di incontri spesi tra i palazzi dell’Amministrazione Obama, le finanziarie che hanno una forte
presenza a Washington (Tudor e
Carlyle su tutte) e i colloqui avuti a Wall Street e coi capi di
BlackRock e di altri gruppi come
quello di Warren Buffett, Padoan ha raccontato che il ministro
del Tesoro Usa Jacob Lew gli è
parso interessato soprattutto alla stabilizzazione fiscale dell’Italia e ai piani di Renzi per il semestre a guida italiana della Ue: un
mandato che sarà caratterizzato
da una forte spinta al rilancio
delle economie e dell’occupazione soprattutto nei Paesi con
le situazioni più difficili dal lato
degli equilibri sociali.
Il ministro ha aggiunto che il
fatto che ora a Roma ci sia «un
governo stabile e forte» è stato
apprezzato tanto dai ministri
americani che vedono in questo
la premessa per un’azione più
incisiva dell’Italia nella Ue per la
crescita, quanto dagli investitori: sperano che questa sia la volta buona per condurre in porto
riforme strutturali tante volte
annunciate. Ma l’economia italiana e di tutta l’Europa non è
penalizzata da un euro troppo
forte? «Certo, l’eccessiva debolezza del dollaro non ci aiuta, ma
bisogna tenere conto che, in una
situazione di forte attivo delle
partite correnti in Europa, l’euro
finisce per essere sostenuto dal
forte afflusso di capitali in arrivo
dai Paesi emergenti».
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Massimo Gaggi
«Ma gli investitori chiedono certezze sulle regole»
DAL NOSTRO INVIATO
NEW YORK — Più fiducia
nell’Italia e maggiore interesse
da parte americana a investire
nel nostro Paese. Concludendo i
suoi tre giorni di visite a
Washington e a New York dove
ha spiegato al governo Usa e alla
comunità finanziaria i piani dell’esecutivo Renzi, il ministro
dell’Economia Pier Carlo Padoan ha presentato un bilancio positivo di una missione il cui esito, ha detto ai giornalisti, è «uno
sprone ad andare avanti con le
riforme».
Uomo di poche, essenziali parole, poco propenso ai toni
trionfalistici, Padoan ha spiegato che i suoi interlocutori hanno
mostrato di apprezzare il clima
di maggior stabilità politica in
Italia che deriva dal risultato
delle elezioni europee di pochi
giorni fa. Poi, pur spigando di
aver illustrato nei dettagli le ambiziose riforme strutturali e il
piano di privatizzazioni che sono al centro del programma di
Matteo Renzi, Padoan ha detto
di aver presentato ai suoi interlocutori un governo che si muove in una linea di continuità rispetto a quello che lo ha preceduto. E questo, ha aggiunto, «è
stato apprezzato: offre un’immagine di credibilità e di stabili-
tà». E i segnali di ripresa del Pil?
«Le cifre del governo per adesso
non cambiano» ha tagliato corto
il titolare dell’Economia.
Ma cosa chiedono Larry Fink
di Blackrock e gli altri investitori
americani per tornare a scommettere sull’Italia? «Chiedono
più trasparenza, semplificazione delle regole e certezza del diritto che agevolazioni e sgravi fi-
scali» sostiene il ministro. Il
quale ha anche illustrato ai suoi
interlocutori il funzionamento
del nuovo sistema di fatturazione elettronica appena introdotto in Italia: «Un modo semplice e
trasparente di fare affari con la
nostra Pubblica amministrazione».
Un problema particolarmente
sentito nel giorno in cui dall’Ita-
lia giunge la notizia di una
Guardia di Finanza in piena
tempesta con l’arresto di alti ufficiali e i vertici, di oggi e di ieri,
finiti nel registro degli indagati.
«E’ una notizia che mi addolora» commenta il titolare del dicastero nel quale è inquadrato il
corpo dei finanzieri. «Al tempo
stesso» aggiunge, «noto che le
accuse riguardano casi limitati e
A Washington Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan,
stringe la mano al segretario al Tesoro Usa, Jacob Lew (Ansa)
✒
Merkel, l’incontro con Draghi e la spinta di Berlino per le riforme «necessarie»
di PAOLO LEPRI
G
Bce
Mario Draghi
li interventi della Bce non risolvono tutti i problemi. Angela
Merkel mantiene alta la guardia, incontrando Mario Draghi
meno di una settimana dopo le misure annunciate dal numero uno
di Eurotower, e sottolinea la necessità di concentrarsi sulle misure
opportune per migliorare la competitività in Europa. Del resto,
proprio le decisioni prese a Francoforte giovedì scorso dimostrano,
nell’ottica della Cancelliera, che la crisi della zona euro «non è
completamente superata». È il «contributo politico» il concettochiave della linea ribadita ieri dalla donna più potente del mondo. I
suoi collaboratori hanno insistito sulla natura «riservata e
regolare» della consultazioni con Draghi e lei stessa ha ricordato
che è «una buona usanza» non commentare le decisioni
«indipendenti» della Bce. Ma quello che doveva dire lo ha poi detto.
Cosa vuol dire «contributo politico» ? Che i governi devono fare la
loro parte, che è essenziale, per «continuare sulla strada delle
riforme decise». Non ci si può affidare, insomma, solo alla
bacchetta magica dell’uomo che altri in Germania — come per
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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italia: 51575551575557
Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
Primo Piano 15
italia: 51575551575557
Il Movimento Le polemiche
Lo sfogo di Pizzarotti:
«Voi la bile, io il sorriso»
Scontro finale con Grillo
Livorno
Nogarin debutta:
trasporti pubblici
gratis per tutti
«Punterò sul trasporto
pubblico e cercherò di
renderlo gratuito per
tutti». Il neosindaco di
Livorno, il cinquestelle
Filippo Nogarin, 44 anni,
l’ha annunciato ieri,
subito dopo aver firmato
ufficialmente l’incarico da
primo cittadino (nella foto
Ansa con la sorella
Ginevra). «Anche se non
sarà possibile attuarlo
subito, questo resta il
nostro obiettivo», ha
aggiunto Nogarin.
Il sindaco nel mirino sul blog, rottura vicina
DAL NOSTRO INVIATO
Nello staff M5S
Emissario
di Casaleggio
a Bruxelles
Nella comunicazione
Filippo Pittarello, 36 anni
(e.bu.) Dalla Casaleggio
associati a braccio destro
del capo della
comunicazione dei
Cinquestelle a Bruxelles.
Filippo Pittarello, 36
anni, bocconiano, sarà il
più stretto collaboratore
di Claudio Messora nel
gruppo comunicazione
del M5S in Europa: per
assumere questo incarico
lui — che in un’intervista
al quotidiano Europa si è
definito un
«tranquillizzatore» —
lascerà dopo oltre cinque
anni il suo impiego a
Milano. Pittarello era già
salito alla ribalta delle
cronache politiche lo
scorso anno quando nei
primi mesi della
legislatura fu
protagonista di un
discorso ai parlamentari
cinquestelle definito da
alcuni «motivazionale».
Per l’emissario di Grillo e
Casaleggio a Roma ora si
apre una nuova
avventura.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
PARMA — «C’è chi versa fiumi di bile e svuole spaccare il
Movimento, io la rivoluzione la
faccio con il sorriso». Stavolta
Federico Pizzarotti non ci sta,
risponde per le rime, contribuisce a scaldare il già caldo popolo della Rete, ma forse mai
come ora avverte, anche se
pubblicamente non lo ammette, un senso di distacco, la consapevolezza che a forza di strattoni il suo legame con Grillo e
Casaleggio è irrimediabilmente perduto. Ogni giorno ce n’è
una per il sindaco di Parma. A
poche ore dalla fronda di una
ventina di attivisti stellati che
hanno ruvidamente preso le
distanze dall’azione amministrativa di Pizzarotti, accusandolo di aver deviato rispetto alle indicazioni del Movimento,
il sindaco è stato ieri preso di
mira dal consigliere comunale
bolognese, Massimo Bugani,
una sorta di garante dell’ortodossia grillina in Emilia, che,
sul blog del comico-tribuno,
ha attaccato frontalmente Pizzarotti per alcune dichiarazioni
da lui rilasciate alla trasmissione Otto e mezzo su La7.
Parole che la dicono lunga
sulla voragine che ormai divide
i vertici pentastellati dal loro
sindaco-simbolo: «Non mi
piace chi fa il furbo e soprattutto chi lo fa nel M5S» è l’incipit
di Bugani. Che poi punta il dito
contro «le mancate promesse
elettorali» del primo cittadino,
a cominciare dall’inceneritore
di Iren (regolarmente partito),
contro il quale Pizzarotti (ma
pure Grillo, è bene ricordarlo)
aveva annunciato guerra a tutto campo. Ma questo è solo
l’antipasto. In realtà Pizzarotti,
già sotto accusa per il risultato
di Parma alle Europee (19%) e
per il mancato aumento degli
iscritti al meetup, è sospettato
dai vertici di contatti con i dissidenti e di lavorare per la costruzione di una rete di sindaci
(non ancora dimenticato il suo
incontro con il pd Civati e il
sindaco di Milano Pisapia). Su
questo, non a caso, picchia Bugani: «Quando in tv gli hanno
chiesto se lui sarà il leader dei
fuoriusciti, anziché dire “no,
non ci penso nemmeno”, ha affermato: “Ho già molti impegni
e il prossimo anno sarò anche
presidente della Provincia…”.
Roba da accapponare la pelle».
Troppo, anche per uno che
tende a smussare come il sin-
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Lo scenario
Il primo cittadino
è sospettato di trattare
con i dissidenti e altri
amministratori locali
daco di Parma: «Chi è che vuole spaccare il Movimento? — è
la replica su Facebook —. Mi
viene da chiedermi per quale
motivo sia concesso a un consigliere comunale come Bugani di utilizzare il blog di Beppe
per sparare pubblicamente
contro di me, facendo così il
gioco dei partiti. Nonostante le
voci che mi davano in uscita
dal Movimento, io sono ancora
qua e a differenza di Bugani
non sparo contro i miei compagni di avventura per creare
una corrente interna. Questa è
vecchia politica: abbiamo capito chi cerca di spaccare il Movimento». Con il sindaco si
schiera l’intero gruppo comunale, mentre i fuoriusciti emiliani lo incalzano: «Esca dal guscio e dica ciò che pensa» afferma Favia, che definisce Bugani
«commissario politico di Casaleggio».
Una guerra intestina che rischia di avere ricadute anche
sull’azione amministrativa di
Parma. Tema, i rifiuti. La mezza
apertura con la quale l’assessore Folli ha risposto alla proposta pd di realizzare in centro
cassonetti interrati è in rotta di
collisione con quanto affermato dalla Comunicazione 5 Stelle
che definisce la proposta «costosa e inutile». Intanto, al Senato, respinte a scrutinio segreto le dimissioni delle ex 5
Stelle Laura Bignami e Maria
Mussini, espulse per aver solidarizzato con alcuni dissidenti
e confluite nel gruppo misto. A
favore delle dimissioni hanno
votato solo i senatori di Grillo.
Tutti gli altri gruppi contro.
Francesco Alberti
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Il primo comunicato sindacale
Non era mai accaduto che le rappresentanze sindacali del
Quirinale intervenissero pubblicamente. Lo hanno fatto
ieri «per difendere» — si legge in un comunicato firmato
da varie sigle — «la dignità e l’immagine del personale».
Il riferimento, anche se nessun organo di stampa viene
citato nel documento, è ad alcuni articoli sulle spese per
il personale del Quirinale: i sindacati dicono di non poter
«rimanere inerti di fronte al sostanziale
disconoscimento dei sacrifici fatti dai dipendenti della
presidenza della Repubblica per contribuire al
risanamento della finanza pubblica». Le rappresentanze
sindacali ricordano le misure più significative prese
negli ultimi anni «su impulso del presidente
Napolitano» per ridurre le spese: dalla cancellazione di
diverse indennità al blocco delle retribuzioni più elevate,
dalla riduzione del numero e dei compensi del personale
non di ruolo all’aumento dell’orario di lavoro, fino alla
riduzione delle ferie e al blocco del turnover. I dipendenti
del Quirinale ricordano che negli ultimi anni la
riduzione media delle loro buste paga è stata del 10 per
cento e che, complessivamente, i tagli di spesa hanno
comportato risparmi per «circa 60 milioni di euro»
tenendo bloccati gli stanziamenti per il Quirinale «al
livello del 2008». I sindacati sostengono nel loro
comunicato che ulteriori tagli alla dotazione a carico del
bilancio dello Stato per il quadriennio 2014-2017
«potrebbero mettere a rischio la funzionalità di una
struttura complessa».
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TEL 02 38 598 000
Quirinale, i lavoratori:
da noi tagli e sacrifici
16
Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
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Esteri
Iraq nel caos I miliziani conquistano metà del Paese, comprese aree ricche di petrolio attorno a Kirkuk. In ostaggio 48 turchi a Mosul
I jihadisti in marcia, obiettivo Bagdad
Cade anche Tikrit, la città di Saddam. Esercito in rotta, mobilitati i comitati popolari
simbolo del regime baathista
defenestrato dagli americani nel
2003. Se guardiamo la carta geografica non è difficile capire il
significato di questa mossa.
Tikrit si trova a soli 150 chilometri dalla capitale. Dalla parte
della regione di Al-Anbar, presso Abu Ghraib, i miliziani sono a
una ventina di chilometri da Bagdad. Si sono posizionati a nord
e ovest per accerchiarla, ben
presto potrebbe cominciare la
battaglia finale per il cuore pulsante del Paese. «Domini Bagdad e comandi l’Iraq», diceva
Saddam.
Ieri hanno anche terminato le
operazioni per assumere il controllo di Kirkuk, che al pari di
Mosul si trova tra i campi petroliferi più ricchi della regione.
Seguendo il corso del Tigri i miliziani, che viaggiano su veloci
pick up, hanno quindi raggiunto la raffineria di Beiji, la più importante del Paese. Qui militari
e poliziotti lealisti si sono dati
alla fuga. Ancora scene di soldati che abbandonano le divise ed
entrano nelle case per prendere
abiti civili; ancora armi, munizioni ed elmetti gettati per le
strade. Arrivati alla raffineria, i
miliziani hanno trattato con le
250 guardie, che in pochi secondi si sono dileguate dopo la promessa che se non avessero combattuto nessuno avrebbe torto
loro un capello. Il tentativo degli
estremisti è però adesso quello
di trovare un modus vivendi
con i civili. Queste vittorie li
hanno rapidamente trasformati
La sigla
Isis
‘‘
Isis o Isil? Le
due sigle si
riferiscono allo stesso
gruppo, tradotto in
italiano Stato
Islamico dell’Iraq e
della Siria, oppure
del Levante. Il nome
arabo recita «di Iraq
e di Sham», ovvero
della Grande Siria
storica, più ampia
dell’attuale ma più
piccola del Levante.
Di qui la confusione
da un piccolo gruppo di guerriglieri operante nelle campagne
a responsabili di grandi zone
urbane, banche, strutture produttive. Quasi il 55% dell’Iraq è
sotto il loro dominio. Ankara
chiede notizie dei 48 turchi che
si trovavano nel consolato di
Mosul, compreso il console. La
fuga di oltre 500 mila persone
da Mosul, quasi un terzo degli
abitanti, rappresenta però uno
smacco per loro. Ieri avevano
inviato pattuglie a bussare nei
quartieri più colpiti per cercare
di rassicurare e chiedendo alla
gente di tornare a lavorare.
Ma l’impressione è che il peggio debba ancora venire. Maliki
promette battaglia. L’Iran lo sostiene con ogni mezzo. «Siamo
vittime di un complotto», ha
tuonato il premier riferendosi ai
volontari stranieri (tra cui molti
europei) che combattono nelle
file dell’Isis. «Risolveremo questa crisi con le nostre forze. Abbiamo la volontà e i mezzi». Si
pensa alla creazione di comitati
popolari armati. Il ministro degli Esteri iracheno, Hoshyar Zebari, un curdo originario di Mosul, ha osservato che le forze militari dell’enclave curda nel nord
coopereranno con l’esercito per
combattere l’Isis. Anche il leader
estremista sciita, Muqtada al Sadr, ha promesso le sue «Brigate
Bader» per creare «unità della
pace» finalizzate alla difesa dei
siti religiosi musulmani e cristiani.
Lorenzo Cremonesi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’avanzata Un video diffuso ieri dall’Isis mostra un raduno di miliziani nella provincia irachena di Ninive: i terroristi proseguono la loro marcia verso la capitale Bagdad (Afp)
Il movimento Come opera il gruppo terrorista che punta alla creazione di uno Stato islamico tra la Siria e l’Iraq
Bombe, sequestri, kamikaze
Così Isis ha oscurato Al Qaeda
WASHINGTON — L’Isis è una tribù
di guerra. Un movimento ben organizzato. Con un’agenda che non tiene
conto dei confini coloniali. Dunque
punta alla creazione di uno Stato islamico che, per ora, ingloba una parte
di Siria e di Iraq. Un punto di partenza
e non di arrivo.
Il successo nella provincia di Ninive è l’inevitabile conseguenza di una
lunga campagna, portata avanti con
determinazione e favorita dall’incapacità dei governativi, poco disposti
a battersi e mal guidati. L’Isis ha intensificato gli attacchi a partire dal
2012 alternando terrore e guerriglia.
Al pari di altre fazioni islamiste ha
dosato le tattiche. Dove aveva già una
presenza territoriale ha evitato attacchi indiscriminati mentre in aree in
mano al nemico ha impiegato la falce,
con largo uso di attentatori suicidi.
Chiunque doveva pagare. La discriminazione di Bagdad nei confronti
dei sunniti ha fatto il resto, spingendo molte tribù a ribellarsi al regime
sciita. Oggi l’Isis è la punta di lancia,
ma in parallelo si muovono gruppi
minori, alcuni reduci della resistenza
agli Usa. Nazionalisti, islamici, ex
baathisti celati dietro tante etichette.
Non vanno d’accordo tra loro, ma sono uniti nel picchiare sui lealisti.
Al centro della strategia dettata
dall’emiro del movimento, Abu Bakr
Al Baghdadi, tre punti, che troviamo
tanto in Iraq quanto in Siria. Primo.
Ripulire l’area dal nemico. Secondo.
Controllarla in modo ferreo. Terzo.
Costruire il consenso. E in omaggio a
questi dogmi l’Isis ha perseguito in
modo spietato alcuni obiettivi. Intan-
to la cacciata degli sciiti. Quindi la
lotta alla Sawa, la milizia anti-qaedista. Tenendo in mente questi bersagli, ha puntato alcuni luoghi simbolo.
Ramadi, Falluja e infine Mosul. Solo il
tempo dirà se l’Isis riuscirà a «tenere»: spesso, con le sue rigide regole di
vita e le esecuzioni sommarie, ha
spaventato i civili. Flessibile il modus
operandi. Per rendere insicure le
strade l’Isis ha impiegato un gran numero di ordigni improvvisati. Quindi
ha preso di mira gli avamposti. Con
manovre sempre più sofisticate è stato in grado di assaltare le prigioni.
Nel quadro della «pulizia etnica» si è
dedicato alla distruzione delle case di
agenti e soldati. Terra bruciata per indebolire l’avversario. Infine raffiche
di autobomba. In particolare nei
quartieri sciiti di Bagdad. Numerosi
gli attentatori suicidi. Tra loro molti
gli stranieri. Di recente la fazione ha
diffuso informazioni sugli attacchi
kamikaze condotti nei 16 «wilayat», i
La mappa
RAQQA
Controllata dai jihadisti
dal marzo 2013, la città
nel Nord della Siria
la «capitale» dell’Isis
Hasakah
Erbil
Aleppo
Hama
Homs
SIRIA
Damasco
Tikrit
Ramadi
Bagdad
KIRKUK
Prossimo obiettivo
dell’Isis è la città
multietnica, con molti
curdi, vicina al maggior
giacimento di petrolio
IRAQ
Bandiera
dell’Isis
CITTÀ CONTROLLATE
DALL’ISIS
CITTÀ CONTESE
ZONE CONTROLLATE DALL’ISIS
ZONE SOTTO ATTACCO
PRESENZA DI OPERAZIONI ISIS
Fonte: New York Times
MOSUL
La seconda città irachena
è stata conquistata
il 10 giugno dall’Isis,
dopo tre giorni
di combattimenti
FALLUJA
Da oltre sei mesi
i jihadisti dell’Isis hanno
preso il controllo
della roccaforte sunnita
a 70 km da Bagdad
CORRIERE DELLA SERA
distretti, dove l’Isis vanta una sua
presenza. La fascia esplosiva è stata
indossata da francesi, danesi, russi,
nord africani, arabi del Golfo. A conferma di un carattere trasnazionale.
Tutto questo è stato reso possibile
da una rete autonoma. Secondo gli
Usa il movimento dispone di diverse
fonti economiche: singoli individui e
associazioni private; tassa rivoluzionaria; estorsioni; sequestri di persona in Iraq e in Siria. Nella sola Mosul
— dicono le autorità — i jihadisti sono stati capaci di raccogliere cifre
consistenti ogni mese. E questo ben
prima di innalzare il loro vessillo nero. Le cifre oscillano tra 1 e 8 milioni
di dollari. A queste si somma il bottino saccheggiato nelle banche in queste ore. E non va dimenticato che il
conflitto siriano ha portato armi, riscatti, combattenti e prestigio.
Arriviamo così alla sfida interna.
Al Baghdadi prima si è scontrato con
i gruppi ribelli «pragmatici» in Siria,
poi ha messo in discussione l’autorità del leader qaedista Ayman al
Zawahiri. E dopo averne ignorato la
scomunica ne ha preso le distanze
convinto di essere molto più autorevole. Lui ha la tunica sporca della battaglia e non quella immacolata indossata dal dottore egiziano nei rari
video. Una scelta premiata da altre
organizzazioni mediorientali che
hanno pronunciato un giuramento di
fedeltà in favore dell’Isis. Solo gli ideologi «anziani» sono rimasti legati
alla vecchia guardia. Uno scisma storico. Oggi a far paura è l’Isis e non Al
Qaeda.
Guido Olimpio
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✒
DAL NOSTRO INVIATO
GERUSALEMME — Dopo
Mosul, prossimo obbiettivo: Bagdad. L’avanzata diventa conquista, la vittoria si trasforma in
trionfo. È come una cascata
inarrestabile l’offensiva degli
estremisti dello «Stato Islamico
dell’Iraq e del Levante» (Isis), la
milizia sunnita attiva anche in
Siria e lanciata nella guerra totale contro il governo del premier
sciita iracheno Nouri al Maliki.
Tra lunedì mattina e martedì sera avevano occupato l’intera
provincia di Ninive, compresa
Mosul, la seconda città dell’Iraq.
E nelle ultime ore hanno segnato nuove vittorie. La più eclatante è la presa di Tikrit, città natale
di Saddam Hussein e luogo-
L'analisi
LA GUERRA
TOTALE
SCIITI-SUNNITI
di ROBERTO TOTTOLI
L
a conquista di Mosul, di
Ninive e Tikrit da parte del
gruppo qaedista dello Stato
Islamico dell’Iraq e del Levante
(Isis) apre nuovi scenari
allarmanti. In un’area devastata
da attentati, divisioni, a ridosso
della infinita guerra civile
siriana, l’avanzata jihadista
mina il debole stato iracheno e
prelude a una ulteriore
divisione del paese dal nord
curdo e soprattutto dal resto
del paese a maggioranza sciita.
Benché dominato per decenni
dal sunnita Saddam Hussein, la
maggioranza irachena è di
confessione sciita.
L’occupazione americana ha
inevitabilmente dovuto fare i
conti con questa realtà. Non
necessariamente filo-iraniani,
gli sciiti iracheni hanno avuto
un ruolo centrale nei governi
che si sono succeduti negli
ultimi anni, fronteggiando
minacce di vario tipo e il
riaffiorare dei contrasti con
una minoranza sunnita privata
del potere e messa sotto
pressione dal radicalismo
jihadista. Scontri, attentati e
stragi hanno toccato anche i
luoghi sacri e le moschee degli
uni e degli altri,
approfondendo vecchie ferite e
rivalità. La prova di forza
qaedista prelude infatti a una
stagione di ancor più forte
rivalità confessionale,
sinistramente rinvigorita dai
messaggi di appoggio al
governo iracheno da parte della
Siria da un lato e dalle azioni
anti-turche dei jihadisti
dall’altro. Non meno
drammatico, in questo quadro,
è il destino delle altre
minoranze etniche e religiose
(turcomanni, armeni, cristiani
nestoriani e assiri, etc.), che
continuano ad abbandonare
città come Mosul e le regioni
circostanti ormai devastate nei
loro tradizionali equilibri. Il
jihadismo qaedista sta
mostrando una forza
inaspettata e una capacità di
polarizzare lo scontro anche in
Iraq su una sempre più
accentuata connotazione
confessionale. Il richiamo al
radicalismo sunnita avviene
sistematicamente in funzione
anti-sciita e benché sia
accompagnato ovunque da
esodi e terrore diffuso, riesce a
conquistare posizioni sul
campo, a tenere testa ad eserciti
regolari e a richiamare militanti
da ogni dove. Nell’equilibrio
precario di tutta la regione, il
jihadismo sunnita è riuscito a
spezzare forse definitivamente
ogni possibilità di pacificare il
Paese. E tutto ciò a ridosso
della Siria, dove la minoranza
sciita ancora controlla il paese,
ma dove l’opposizione jihadista
potrà d’ora in poi contare su un
alleato più forte in Iraq, grazie
alle regioni conquistate
dall’Isis.
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Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
Esteri 17
italia: 51575551575557
✒
Stati Uniti Battuto (a sorpresa) alle primarie in Virginia
«Troppo moderato»
La caduta di Cantor
e il ritorno dei Tea Party
Quindici anni
all’icona
della rivolta
egiziana
di CECILIA ZECCHINELLI
A
Si dimette il numero 2 dei repubblicani
DAL NOSTRO INVIATO
NEW YORK — La bomba è
scoppiata dentro il partito repubblicano, ma le schegge arriveranno fino alla Casa Bianca: la sconfitta a sorpresa alle
primarie del leader della maggioranza repubblicana alla Camera, Eric Cantor, battuto alle
primarie del suo Stato, la Virginia, da uno sconosciuto (e
squattrinato) professore di
economia sostenuto dai Tea
Party cancella dalla scena politica un personaggio-chiave del
fronte conservatore. Giovane,
irruento, ambizioso, Cantor, il
«numero due» del suo partito
al Congresso dietro lo «speaker» John Boehner, era considerato il naturale candidato alla sua successione. E, secondo
molti, Boehner si preparava a
mettere a disposizione il suo
incarico dopo le elezioni di
«mid-term» del prossimo novembre.
Ora tutto cambia e Boehner,
che ha superato brillantemente le primarie dell’Ohio lasciando a molta distanza i candidati dell’ultradestra che avevano cercato di sbarrargli la
strada, potrebbe anche restare
al suo posto. Così come al Senato il leader della minoranza
repubblicana Mitch McConnell, un uomo dell’«establishment» lungamente attaccato
dai candidati dei Tea Party che
lo accusavano di collaborare
troppo coi democratici e con la
Casa Bianca, alla fine l’ha
spuntata con ampio margine.
Fino a due giorni fa la stagione
delle primarie sembrava, in
campo repubblicano, una rivincita degli uomini del vecchio sistema di potere più abi-
168.
000
dollari la cifra spesa da Eric
Cantor solo per i banchetti,
a base di bistecche,
offerti per sostenere
la sua candidatura
200.000
dollari il budget totale
a disposizione
dell’avversario di Cantor,
Dave Brat, il professore
che l’ha sconfitto
tuati alle manovre di palazzo,
ma anche a negoziare realisticamente coi democratici e col
presidente, rispetto all’ala radicale che negli ultimi due anni ha legato le mani a Obama,
ma ha anche paralizzato il
Congresso.
La sconfitta di Cantor cambia questo scenario in una misura che non è ancora facile da
determinare, ma già si vede all’orizzonte una vittima di questa svolta: la riforma dell’immigrazione. La regolarizzazione degli immigrati clandestini
sembrava l’unico terreno sul
quale democratici e repubblicani erano in grado di raggiungere un accordo in quest’epoca
di scontri epici su tutti i fronti.
Muro contro muro su ogni
questione, ma molti repubblicani si erano convinti che era
anche nel loro interesse disinnescare la mina dell’immigrazione clandestina, anche perché le loro rigidità gli avevano
inimicato l’elettorato ispanico
e irritavano gli imprenditori,
sempre a caccia di manodopera flessibile e a basso costo. Ma
i leader conservatori fin qui
non hanno avuto il coraggio di
siglare un accordo con la Casa
Bianca e difficilmente lo faranno dopo l’uscita di scena di
Cantor: infatti Dave Brat, il
professore ed ex seminarista
che l’ha battuto, durante la
campagna ha attaccato il leader repubblicano accusandolo
soprattutto di essere impegnato a negoziare con la Casa
Bianca un’amnistia per i lavoratori illegali stranieri.
L’uscita di scena di Cantor
non suscita rimpianti alla Casa
Bianca, che ha sempre avuto
rapporti pessimi con lui. Fin
dal primo fallimento di un suo
negoziato con Boehner, tre anni fa, Obama si convinse che lo
«speaker» non aveva potuto
siglare un compromesso perché pugnalato alle spalle dal
suo vice che aveva fomentato
(o cavalcato) una rivolta nel
partito contro l’accordo coi democratici sul bilancio federale.
Uscita di scena
Il leader della
maggioranza
repubblicana alla Camera
Eric Cantor, 51 anni, con la
moglie Diana, dopo la
sconfitta alle primarie in
Virginia. A batterlo è stato
Dave Brat, uno
sconosciuto e squattrinato
professore di economia
sostenuto dai Tea Party.
Esce dalla scena politica
un personaggio chiave del
fronte conservatore
(Ap/Steve Helber)
Diversi ex collaboratori di
Obama ieri hanno rilasciato
dichiarazioni dure («un Congresso senza Cantor è un Congresso migliore»), mentre Dan
Pfeiffer, uno dei più stretti collaboratori del presidente, ha liquidato il caso come la sconfitta di un politico opportunista,
che non ha mai seguito una linea precisa. Ma l’ex stratega
elettorale di Obama, David
Axelrod, avverte: «È una vittoria degli elettori che scelgono
candidati anti-tutto: è una
sconfitta per il Paese».
Con un Congresso sempre
più paralizzato, da oggi Obama
dovrà contare ancora più che
in passato quasi solo sui suoi
poteri esecutivi presidenziali.
Massimo Gaggi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Regalo agli avversari della secessione
Il regista e il Front National
Dalla scrittrice Rowling un milione
contro l’indipendenza della Scozia
Godard «candida» Marine Le Pen
«La vorrei come primo ministro»
Harry Potter JK Rowling, 48
anni, è l’autrice della
popolare saga di Harry Potter
LONDRA — Meglio stare insieme. J.K. Rowling, l’autrice
di Harry Potter, è contraria alla secessione della Scozia dal
Regno Unito. E ha finanziato con un milione di sterline la
campagna «Better Together» contraria all’indipendenza e
guidata da Alistair Darling, scozzese, ex cancelliere dello
Scacchiere nei governi laburisti. L’annuncio in un blog:
«È meglio rimanere uniti non per mancanza di fiducia
nelle notevoli capacità degli scozzesi — sostiene la
Rowling — ma perché vengono minimizzati i rischi». La
scrittrice inglese che vive a Edimburgo è particolarmente
preoccupata dall’impatto sull’economia e sui
finanziamenti della ricerca medica in Scozia. «Spero solo
con tutto il cuore che non avremo mai motivo di
guardare indietro e sentire di aver fatto un grave errore
storico». Molte celebrità scozzesi hanno rifiutato di
rendere noto come voteranno, tuttavia c’è un’eccezione:
l’ex James Bond Sean Connery è un noto sostenitore
dell’emancipazione da Londra.
Nouvelle Vague Jean Luc
Godard, 83 anni, è stato un
esponente della Nouvelle Vague
PARIGI — Detto da lui fa un po’ impressione. Jean-Luc
Godard che «candida» Marine Le Pen alla guida del
governo francese. E spiega: «Speravo che alle elezioni il
Front National arrivasse in testa. Trovo che Hollande
dovrebbe nominare Marine Le Pen primo ministro». La
proposta al presidente francese in un’intervista a Le
Monde. Secondo il regista della Nouvelle Vague, che ha
compiuto 83 anni lo scorso dicembre, sostituire Valls con
la Le Pen servirebbe: «Per smuovere un po’ le cose. Si
faccia almeno finta di smuoverle. Fare finta è sempre
meglio che non fare nulla». Dichiarazioni che hanno
provocato sconcerto e sorpresa nella sinistra intellettuale
francese anche se Godard, che ha appena ricevuto
l’ennesimo premio al Festival di Cannes, si era già
distinto in passato per le sue prese di posizione
eterodosse. Il dibattito dentro la gauche dopo il successo
di Marine Le Pen non ha risparmiato critiche a chi aveva
sottovalutato le potenzialità del Front National.
laa Abdel Fattah — 32
anni, professione
informatico e dissidente — in
Egitto era già una figura chiave
dell’opposizione contro
Mubarak e poi della
Rivoluzione, nonché il suo
blogger più noto (e per forza di
cose, solo Internet concede
libertà d’espressione). Da ieri è
diventato il simbolo principale
della Restaurazione imposta
da Al Sisi, il generale nominato
raìs domenica scorsa ma già da
un anno alla guida del Paese.
Senza neanche poter entrare
nel tribunale dove si discuteva
il suo caso (l’hanno arrestato
sulla porta e trascinato in
cella), Alaa è stato condannato
a 15 anni per aver protestato in
novembre contro la legge che
vieta ogni protesta. E per aver
contestato i sempre più ampi
poteri dell’esercito, confermati
dalla nuova Costituzione, che
comprendono la possibilità di
giudicare civili nelle corti
militari. Con Alaa sono stati
condannati alla stessa pena
altri 24 attivisti. Nessuno
violento, nessuno sospettato di
far parte dei «terroristi»
Fratelli musulmani che già
riempiono carceri e cimiteri,
semplicemente oppositori laici
e democratici. E con loro sono
in cella molti altri
rivoluzionari, come i capi del 6
Aprile. La lista continua ad
allungarsi. La sorella di Alaa,
Mona Seif (anche lei attivista
come l’intera famiglia, dal
padre avvocato ed ex
prigioniero politico alla moglie
Manal), ha rivelato che il
giudice Al Feqy che ha emesso
la sentenza è lo stesso che Alaa
accusò nel 2005 di brogli
elettorali. Già allora il blogger
finì in carcere, ma per 45
giorni. Ora si tratta di 15 anni.
Il messaggio lanciato dal
Nuovo Ordine è che questa
volta non si scherza. «Ci
vorranno 25 anni per avere la
democrazia, ma in due vi
prometto di riportare
sicurezza e stabilità», ha
dichiarato Al Sisi. Obiettivi
che pensa di raggiungere
tornando al passato (anche il
giudice Al Feqy è un simbolo:
del fatto che nulla cambia) ma
con una determinazione a
reprimere che il vecchio
Mubarak alla fine forse non
aveva più.
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18
Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Cronache
Mobilità Da Rio a Berlino, da Londra a Barcellona, centinaia di auto in strada nelle capitali per arginare la app dei noleggi
Blocchi e cortei, la protesta globale dei taxi
Sciopero internazionale contro «Uber». Che replica: unitevi a noi
MILANO — Samba-protesta. Brasile, vigilia del Mondiale. Slogan d’apertura: O taxi do Rio è amarelo. Come dire: non avrai altri taxi all’infuori dei nostri. A Barcellona
è una lunga marcia (a piedi).
Striscione: Fuera app’s ilegales! Sugli stendardi a Parigi,
un giaguaro rosso spalanca le
fauci: Touche pas à mon taxi,
non toccate il mio taxi. Berlino: in ordine teutonico, mille
auto incolonnate davanti allo
stadio. Solo un messaggio
nella mattinata di Londra.
Orario: 2 pm (le 14). E luogo:
Trafalgar Square. L’esercito
dei black cabs ha risposto.
Compatto. Imbufalito. E ha
bloccato la città in un corteo
dilagante. Infine, vernice nera
su lenzuolo nel centro di Milano: «Nell’Italia dei corrotti,
l’illegalità regna sovrana».
Tassisti riuniti in stazione
Centrale: per uno sciopero
globale. Uber go home.
Il nemico comune ha un
colore: nero. Nero come le
berline vip con autista che lavorano con Uber. È un’azienda californiana. Leggera e
«immateriale». Il valore è tutto nella tecnologia: un’applicazione per telefonini che
mette in rete le auto a noleggio con autista (Ncc) in 128
città di 37 diversi Paesi. Crea
In Europa
Berlino Davanti allo stadio Olimpico sono
stati posizionati 500 taxi in fila per 20 (Getty)
Milano Taxi fermi dalle 8 di mattina e attimi
di tensione alla Stazione Centrale (Newpress)
Londra
Diecimila
tassisti hanno
incrociato
le braccia nella
capitale inglese
(Photomasi)
un servizio taxi alternativo.
«Che però non rispetta le regole. È illegale», urlano i tassisti del mondo uniti. Che da
mesi si scambiano migliaia di
tweet tra Milano, Europa, Sud
America. E ieri hanno scatenato una protesta che potrebbe passare alla storia. Contro
un’azienda multinazionale (e
i colossi come Google e Goldman Sachs che la finanziano),
sciopero unitario e intercon-
tinentale. In Italia i taxi hanno
bloccato il servizio a Milano,
Verona, Bologna, Napoli. A
Roma solo volantinaggi di
propaganda: «Altrimenti si
regalano solo pubblicità e
guadagni extra a Uber».
L’applicazione per gli
smartphone sviluppata a San
Francisco funziona di fatto
come se fosse un centralino
dei radiotaxi. Solo che si fa
tutto con l’app, anche il paga-
DISRUPTIVE
BY
DESIGN
mento, attraverso carta di
credito. Allo sciopero di ieri,
Uber ha risposto con un’offerta ai clienti (corse scontate in
tutta Europa) e una ai tassisti:
UberTaxi, derivazione della
tecnologia madre dedicata ai
tassisti. E il general manager
per l’Europa occidentale,
Pierre Gore-Coty, ha spiegato:
«Quella che stiamo vedendo
nelle strade è semplicemente
un’industria che non ha avuto
Madrid Calci e spintoni contro gli autisti dei
taxi privati al lavoro durante lo sciopero (Ap)
concorrenza per decenni».
Sul tema, l’obiezione dei tassisti è lapidaria: «Concorrenza sleale».
Per capire, ci si può concentrare su un oggetto: il tassametro. I costi di una corsa
in taxi, dall’Italia, a Londra,
alla Spagna, sono regolati
dalla legge. Il tassametro,
controllato dalle autorità, è la
garanzia del rispetto della
legge. Le tariffe di Uber sono
invece stabilite da un algoritmo dell’applicazione (di solito un 20 per cento in più rispetto al taxi; una fetta va a
Uber, il resto all’autista).
L’azienda ha lanciato un’aggressiva campagna di marketing che impasta lusso, modernità e slancio tecnologico
contro (è implicito) l’arretratezza monopolistica dei taxi.
In realtà, messa così, la questione è mal posta. L’applicazione per telefonini(anche
molti radiotaxi l’hanno sviluppata per le loro auto) è un
accessorio trascurabile. Il
cuore del problema è: chi ha
diritto di fare il tassista? Quali
regole deve rispettare? E soprattutto: le regole devono
valere per tutti o (come accade in questi mesi) solo per
quelli che oggi fanno i tassisti
«all’antica», con licenza? Uber
sta sul mercato aggirando le
leggi. Le leggi, è altrettanto
vero, sono arretrate. Uber
continua a lavorare. I tassisti
l’hanno ribattezzata: Ruber.
Gianni Santucci
Giacomo Valtolina
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Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
Cronache 19
italia: 51575551575557
L’intervista di Esposito prima delle motivazioni
«Violato il riserbo sulla sentenza»: a processo il giudice di Berlusconi
ROMA — Il giudice Antonio
Esposito sarà giudicato. Lo ha
deciso la procura generale della
Cassazione: Esposito (nella foto),
presidente del collegio che in
Cassazione ha condannato Silvio
Berlusconi, ha violato i doveri di
riserbo e correttezza. E quindi il
prossimo 20 giugno la vicenda
verrà affrontata dalla sezione
penale del Consiglio superiore
della magistratura. Tutto per
quell’intervista al Mattino. Era il 6
agosto, cinque giorni dopo la
sentenza con cui la Cassazione
aveva condannato Silvio Berlusconi
per frode fiscale per i diritti
Mediaset e il giudice Antonio
Esposito aveva rilasciato una lunga
intervista al quotidiano
napoletano. Appena cinque giorni
e le motivazioni della sentenza
ancora non erano state depositate.
Il giudice parlò tranquillamente
con il quotidiano che titolò
l’intervista: «Berlusconi
condannato perché sapeva». Del
resto nell’intervista Esposito era
stato piuttosto esplicito, spiegando
i meccanismi che avevano portato
alla condanna. La procura generale
della Cassazione non ha dubbi: «Un
comportamento gravemente
scorretto nei confronti degli altri
magistrati componenti il collegio»
e «in violazione dei doveri generali
di riserbo». Ma c’è di più. La
procura generale della Cassazione
contesta a Esposito di aver violato il
dovere di riserbo non soltanto per
l’intervista, ma anche per interessi
privati. In particolare «per aver lui
stesso sollecitato, utilizzando
canali personali privilegiati ai quali
già in precedenza aveva fatto
ricorso, la pubblicità di notizie
relative alla propria attività di
ufficio e alla trattazione del
processo in Cassazione». E di aver
fatto questo «immediatamente
dopo la lettura in pubblica udienza
del dispositivo della sentenza,
all’esito della camera di consiglio,
nella serata del primo agosto
2013». Il tutto «nonostante
dovessero sconsigliarlo a questo
comportamento oltre alla
particolare risonanza mediatica
che aveva accompagnato la
celebrazione del processo, anche
l’elevata funzione svolta
nell’ambito del collegio
giudicante».
Al. Ar.
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Il rapporto dell’antimafia
«Affari in comune con Scajola»
Gli investimenti di lady Matacena
La vicenda
Gli arresti
L’8 maggio scorso
viene arrestato l’ex
ministro dell’Interno
Claudio Scajola
I provvedimenti
Custodia cautelare
in carcere anche per
Amedeo Matacena
(latitante), sua
moglie Chiara Rizzo,
Martino Politi
(collaboratore dei
Matacena). Ai
domiciliari finiscono
la madre di
Matacena, Raffaella
De Carolis, la
segretaria Maria
Grazia Fiordalisi, la
segretaria di Scajola
Roberta Sacco e
Antonio Chillemi,
collaboratore di
Matacena
L’accusa
Gli indagati,
secondo l’accusa,
«prendono parte
a una associazione
per delinquere» e
avrebbero fatto di
tutto per proteggere
la latitanza di
Amedeo Matacena
REGGIO CALABRIA — «La disamina della documentazione ha consentito di confermare i rapporti e le relazioni d’affari tra i coniugi MatacenaRizzo e Claudio Scajola», scrivono gli
investigatori della Dia nel rapporto
inviato alla Procura di Reggio Calabria
sui documenti sequestrati all’indomani dell’arresto dell’ex ministro e
della moglie dell’ex deputato di Forza
Italia tuttora latitante a Dubai, condannato a cinque anni di carcere per
collusione con la ‘ndrangheta. Dunque Scajola e il compagno di partito in
fuga avevano affari in comune, gestiti
anche attraverso Chiara Rizzo, la consorte di Matacena in via di separazione davanti al tribunale di Montecarlo.
A sostegno degli interessi comuni,
gli analisti della Dia citano le carte trovate all’interno di una «busta contenente documentazione personale»
intestata all’ex onorevole. Lì c’era
«una email datata 11.08.2012 spedita
da Maria Teresa Scajola, moglie di
Scajola Claudio, a Amedeo Matacena,
avente ad oggetto: Progetti Comuni
con Paesi non membri dell’Unione
europea. In particolare l’email fa riferimento al G.S.E., Gestore dei Servizi
Energetici, ed alla posizione dei paesi
membri Ue e dell’Italia per lo sviluppo
delle energie rinnovabili nei paesi
Balcani, Ucraina e Moldavia». In
un’altra lettera all’ex parlamentare —
all’epoca già condannato per concorso esterno con la mafia calabrese, ma
non ancora in via definitiva — la stessa signora Scajola «si sofferma sul
ruolo dell’Italia per quel che riguarda
l’elettricità prodotta nei Balcani, con
particolare riguardo alla strategia
energetica dell’area che sarebbe stata
adottata dai ministri il successivo ottobre 2012».
Claudio Scajola è stato ministro
dello Sviluppo economico fino al
2010, e il sospetto degli inquirenti è
che abbia utilizzato conoscenze e rapporti instaurati all’epoca del suo impegno governativo per indirizzare gli
investimenti economici suoi e dei coniugi Matacena. In una delle cartelle
intestata al «progetto Itacoprecast
concernente la veloce realizzazione di
unità immobiliari prefabbricate da realizzare in vari Paesi esteri» è stata
trovata «documentazione relativa a
procedimenti penali che hanno interessato Matacena Amedeo». Nello
stesso raccoglitore c’era pure «un appunto di cinque pagine, concernente
il valore di perizia di 18 resort/hotel
appartenenti alla catena Una Hotel. È
presente un appunto concernente note indicative sugli alloggi sociali in
Costa d’Avorio e informazioni varie
sui vantaggi offerti dallo Stato africano per i progetti immobiliari».
Con la condanna per ‘ndrangheta
seppure non definitiva sulle spalle,
l’ex onorevole ha ottenuto — stando
alla documentazione trovata — un incarico di consulenza della società Tecnofin, attiva nel settore dei prefabbricati, per «consulenza professionale
consistente nel rappresentare la Srl
nella gestione dei rapporti con le istituzioni pubbliche, gli enti e le aziende
private, su tutto il territorio nazionale, cinese, brasiliano, libico, iracheno
e indiano».
Dopo essersi districati nel mare di
atti relativi alle tante società dai nomi
più disparati, gli analisti finanziari
della Dia sono arrivati alla conclusio-
Sicilia
«Dodici dispersi in mare». Indagine della Procura
Ancora nuovi dispersi in mare durante le operazioni di soccorso dei migranti nel Canale di
Sicilia. Dodici cittadini extracomunitari sarebbero caduti in acque libiche l’altroieri durante
un salvataggio da parte di una motonave maltese. Lo hanno raccontato alcuni superstiti
sbarcati a Pozzallo, nel Ragusano, e la Procura di Ragusa ha aperto un’inchiesta. La
magistratura italiana sta valutando in particolare la posizione del comandante, che nella sua
relazione dopo l’arrivo nel porto di Pozzallo ha omesso di parlare della tragedia (nella foto
LaPresse, l’arrivo di un gruppo di migranti martedì a Porto Empedocle).
ne che «i coniugi Matacena-Rizzo detengono il controllo in via diretta e/o
mediata, di una vasta galassia societaria, organizzata secondo lo schema tipico delle “scatole cinesi”». Un meccanismo utile a occultare la reale proprietà e i reali beneficiari delle attività
economiche. Secondo gli investigatori, l’ex deputato e signora «pur non rivestendo, in molti casi, alcuna carica
formale, de facto hanno orientato le
scelte strategico-gestionali del gruppo di imprese, esercitando una influenza dominante sulla conduzione
delle stesse».
Nel suo interrogatorio del 6 giugno
scorso la collaboratrice di Matacena
— Maria Grazia Fiordelisi, indagata e
arrestata nell’indagine reggina — ha
Insieme
L’ex parlamentare Amedeo Matacena
con la moglie
Chiara Rizzo
spiegato ai pubblici ministeri che
«Rizzo Chiara aveva un ruolo attivo e
consapevole in relazione all’amministrazione di tutte le compagini societarie del gruppo Matacena, visto che
era lei, unitamente al marito, a darmi
le disposizioni che ero chiamata a
eseguire». La donna ha anche rivelato
che «sul conto corrente acceso presso
una banca delle Seychelles vi era nella
disponibilità della Rizzo circa 1 milione di dollari» che bisognava trasferire
a Montecarlo per giustificarne la provenienza e poterlo utilizzare per le
«spese correnti» della signora.
Anche la Fiordelisi parla degli investimenti all’estero della coppia:
«Quando la situazione patrimoniale
stava precipitando in via definitiva, la
Rizzo e il Matacena pensarono di ricorrere a finanziamenti internazionali
privati legati a investimenti stranieri
da effettuare nei Paesi in via di sviluppo, soprattutto in campo energetico.
In relazione a tali investimenti posso
precisare che quando parlai del ruolo
del ministro Scajola, che avevo appreso essere interessato nella sua veste
governativa, registrai la reazione del
Matacena che mi sembrò sorpreso;
non posso essere certa che lo fosse,
ma questa è stata la mia sensazione».
Giovanni Bianconi
Carlo Macrì
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20
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Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
Il caso
Cronache 21
italia: 51575551575557
Il Qatar vorrebbe farne un polo sanitario di eccellenza. Il sospetto che le limitazioni imposte dalla giunta servano a difendere vecchie rendite di posizione
La vicenda
L’annuncio
Il 3 febbraio 2014 il
premier Enrico Letta
spiega da Doha che «c’è
un importante
investimento del Qatar
per l’ospedale di Olbia»
L’accordo
Il 21 maggio viene
firmato il protocollo per
il completamento e la
trasformazione in
Istituto di ricovero e cura
a carattere scientifico
Dal progetto
di don Verzé
ai lavori mai finiti
L’ospedale San Raffaele di
Olbia (sopra nella foto di
Antonio Satta/L’Unione Sarda)
è stato voluto da don Luigi
Verzé
I lavori, avviati nel 2006, non
sono ancora finiti, anche a
causa del crac del San Raffaele
nel 2011. Il 31 dicembre dello
stesso anno don Verzé muore
Nel 2012 la Santa Sede e il
gruppo Malacalza presentano
un’offerta di acquisto
dell’ospedale. Nel febbraio
2014 arriva un fondo del Qatar
Olbia, i troppi veti sul San Raffaele
Lo sceicco pronto a investire altrove
Sul piatto 1,2 miliardi. Ma la Regione: no a cardio e neurochirurgia
scelto Olbia. Perché l’abbiano fatto ha forse a che
vedere più con i rapporti diplomatici costruiti in
questi due anni che con l’esistenza di un abbozzo
di ospedale sulla costa sarda. Anche perché i costi di adattamento al progetto che hanno in mente gli arabi non sono certo irrilevanti. Per capirci,
si parla di una cifra intorno ai 400 milioni. Sapendo come funziona la burocrazia italiana si
polaroideyewear.com P8419A
ROMA — Titolo dell’Ansa di sei giorni fa: «Sì
unanime per progetto Qatar su San Raffaele».
Nella sinfonia di violini spiccava l’assolo del sindaco di Olbia, Gianni Giovannelli. «La Sardegna
può davvero diventare la Silicon Valley della ricerca sanitaria a livello mondiale», dichiarava
entusiasta dopo aver incontrato Faisal Bin Thani
Al Thani, cognato dello sceicco Kamim Bin Hamad Al Thani. Probabilmente ignorando che nelle stesse ore quell’investimento da 1,2 miliardi di
euro della Qatar Foundation stava già traballando.
La storia comincia un paio d’anni fa, quando
lo sceicco Hamad Bin Kalifa Al Thani, che nel
2013 avrebbe abdicato in favore del figlio trentatreenne, incontra il presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano insieme all’allora presidente
della Regione Sardegna Ugo Cappellacci. Ci sono
in ballo investimenti turistici in Costa Smeralda,
ma sullo sfondo già si profila la sagoma del San
Raffaele di Olbia, una specie di ecomostro mai
completato che si affaccia sul mare cristallino, lascito del crac della Fondazione di Don Luigi Verzé. Il 3 febbraio scorso, l’annuncio del premier
Enrico Letta da Doha: «C’è un importante investimento del Qatar per l’ospedale di Olbia».
Grazie al petrolio il piccolo emirato arabo trabocca di denari. Il che gli ha consentito di avviare
una politica di massicci investimenti esteri. Ma
non compra soltanto pacchetti azionari in borsa
o quote di industrie: spende anche un sacco di
soldi nel campo sociale, dell’educazione e della
sanità. Gli investimenti nella sola ricerca raggiungono il 2,8 per cento del Prodotto interno
lordo: 6 miliardi di dollari. Nei piani della Qatar
Foundation c’è da tempo, per esempio, la creazione di un centro sanitario di eccellenza mondiale. Potevano andare in Germania, ma hanno
Stretta finale
Sono previsti 280 posti letto
convenzionati, la struttura darà lavoro
a un migliaio di persone. Serve un
accordo entro il 24 giugno o salta tutto
(nella foto Ansa da
sinistra il governatore
sardo Francesco Pigliaru,
il premier Matteo Renzi, il
direttore di Qatar Science
& Technology Lucio Rispo
e il sottosegretario
Graziano Delrio)
I veti
L’assessorato regionale
alla Sanità ha posto una
serie di veti (divieto di
realizzare reparti di
cardiochirurgia,
neurochirurgia, terapia
intensiva) che gli
investitori arabi
considerano
inaccettabili
potevano prevedere difficoltà soprattutto su quel
versante. Mentre invece i primi siluri sono arrivati da un fronte ben diverso. Che il blocco del
potere sanitario regionale, dove si cortocircuitano baronie ospedaliere, burocrazia locale e politica, non avesse fatto salti di gioia apprendendo
la notizia, era intuibile. Ma non si potevano certo
prevedere le proporzioni della controffensiva.
In ballo ci sono: una struttura ospedaliera
orientata alla ricerca da 280 posti letto convenzionata con il servizio sanitario, un migliaio di
nuovi posti di lavoro per una Regione dove la disoccupazione giovanile viaggia intorno al 50 per
cento, un investimento complessivo di 1,2 miliardi nell’arco di
un decennio e
l’opportunità per
le nostre università di accedere
ai finanziamenti
del fondo sovrano del Qatar. E la
trattativa che va
avanti da oltre
un anno è arrivat a a u n p u n to
morto. Motivo?
L’assessorato regionale alla Sanità della nuova giunta di centrosinistra guidata da
Francesco Pigliaru ha posto una serie di veti che
gli investitori arabi considerano inaccettabili,
sospettando che servano a mettere alcune rendite di posizione al riparo della concorrenza. Il primo veto è al reparto di cardiochirurgia, con la
motivazione che è già presente in altre città, come Sassari. Il secondo è a quello di neurochirurgia, di cui dispongono gli ospedali di Sassari e
Nuoro. Il terzo è alla terapia intensiva. E il quarto
è a una decina di posti letto dedicati alla riabilitazione. Il direttore generale dell’assessorato, Giuseppe Maria Sechi, medico ed ex direttore della
Asl di Cagliari, sarebbe irremovibile. Con lui anche l’assessore Luigi Arru, ematologo dell’ospedale San Francesco di Nuoro nonché presidente
dell’ordine dei medici di Nuoro (incidentalmente fratello del presidente del Banco di Sardegna
Antonio Angelo Arru).
A pochi giorni dalla scadenza fissata negli accordi per chiudere la partita, ovvero martedì 24
giugno, non si vede una via d’uscita. Anche perché la sanità è materia che dipende dalla Regione, e per di più la Sardegna ha uno statuto che le
garantisce larga autonomia. Il governo ha dunque in mano l’unica arma (spuntata) della moral
suasion. Resta il fatto che se per il 24 giugno la
cosa non dovesse risolversi, lo sceicco del Qatar è
deciso ad abbandonare l’operazione di Olbia per
andare a investire quel miliardo e 200 milioni in
un altro Paese europeo. Con ripercussioni che
purtroppo non si fermerebbero alla Sardegna.
Perché sarebbe molto complicato per il fondo sovrano dell’emirato, dopo un esito del genere,
mettere altri soldi in Italia. Per esempio in una
grande impresa in difficoltà qual è l’Ilva, come
pure era stato ipotizzato.
A questo punto vorremmo sapere se qualcuno
ancora si meraviglia perché nessuno viene a investire qui. Nel 2013, dice il Censis, sono entrati
in Italia 12,4 miliardi, con un calo del 58 per cento rispetto al 2007. Una cifra pari all’1,6 per cento
di tutti gli investimenti esteri mondiali, contro il
2,8 della Spagna, il 4,8 della Francia, il 5,8 della
Gran Bretagna. E al Sud, che ne avrebbe un bisogno disperato, non arrivano che le bricioline: il 5
per cento di quell’1,6 per cento, secondo la Confindustria.
Sergio Rizzo
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L’ambasciatore a «Oggi»
All’Humanitas
«Non sono pedofilo
Roma non mi aiuta»
La radioterapia Gps
colpisce solo il tumore
«Mi sarei aspettato di più dall’ambasciata e
dalla Farnesina: era così difficile ricordare tutto
quello che ho sempre fatto per i bambini?». A
oltre due mesi dall’arresto nelle Filippine, parla
per la prima volta l’ambasciatore italiano in
Turkmenistan, Daniele Bosio, 46 anni, accusato
di atti di pedofilia. Lo fa in una intervista al
settimanale Oggi che, nell’edizione in edicola,
ha raccolto la sua confessione e pubblica sul sito
le foto di lui in una cella con altre 80 persone.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Una radioterapia «pensante» Gps assistita
grazie all’innovativo sistema Calypso. Un
Google map del tumore da colpire. Il bersaglio
è Gps segnalato, l’errore è praticamente sotto
zero. Di conseguenza si sparano saette di
altissime radiazioni, micidiali per il bersaglio e
innocue a pochi millimetri di distanza. Si
chiama Edge e di questa apparecchiatura gli
italiani possono usufruire grazie all’Istituto
Humanitas di Rozzano (Milano) nel reparto di
Radioterapia e radiochirurgia diretto da Marta
Scorsetti. È il terzo al mondo dopo Lisbona e
Detroit. Si tratta di un innovativo acceleratore
lineare made in Usa per il trattamento di
tumori cerebrali. Colpisce consentendo la
massima libertà, oggi possibile, al paziente. E
grazie a Calypso consente di operare tumori al
polmone, al fegato e alla prostata attaccando
solo la lesione, indicata dal Gps, con maggiore
precisione e risparmiando il tessuto sano.
M. Pap.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
Cronache 23
italia: 51575551575557
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La sentenza Accolto il ricorso di due sposi di Bologna dopo che il matrimonio era stato annullato
Il colloquio La moglie
Protagonista
Alessandra
Bernaroli,
43 anni, uno dei
coniugi bolognesi che si sono rivolti alla
Corte costituzionale dopo
l’annullamento
delle nozze in
seguito al cambio di sesso.
Alessandra prima era un uomo di nome
Alessandro. Nel
2009 il Tribunale di Bologna
le ha riconosciuto il cambio
di genere ma ha
anche disposto
l’annullamento
del suo matrimonio
(foto di Alessandro
Di Meo/Ansa)
«Non è più lo stesso
ma l’amore tra noi
è rimasto vivo»
Cambio di sesso dopo le nozze
«La legge tuteli la coppia»
La Consulta impone la disciplina dell’unione civile
Le tappe
L’operazione
e il riconoscimento
Alessandro Bernaroli,
sposato, decide di
cambiare sesso. Nel
2009 il Tribunale di
Bologna riconosce il
cambio di genere
L’annullamento
del matrimonio
Il riconoscimento però
annulla il matrimonio,
con una sorta di divorzio
imposto. La coppia
avvia una battaglia
legale per chiedere di
rimanere sposata
La decisione
della Consulta
Ieri la Consulta ha
stabilito che, se lo
chiedono entrambi, la
norma che annulla le
nozze se uno dei due
coniugi cambia sesso è
illegittima
Chi cambia sesso non può
essere costretto automaticamente al divorzio, ma non è
neppure possibile far dipendere il mantenimento del matrimonio dalla volontà dei coniugi, perché la legge italiana
non prevede le nozze omosessuali. Tocca al Parlamento,
adesso, introdurre quanto
prima una forma di regolamentazione di queste nuove
unioni. Lo stabilisce la sentenza con cui la Corte costituzionale ieri sera ha accolto il
ricorso di Alessandra Bernaroli, donna transessuale emiliana di 43 anni, contro lo
scioglimento del suo matrimonio, stretto nel 2005 quando era ancora un uomo. La
Consulta ha infatti dichiarato
incostituzionale la legge 164
del 1982 che annulla le nozze
se uno dei due coniugi cambia sesso, stabilendo l’obbligo
«ove entrambi lo richiedano,
di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata».
Nel pronunciamento dei giudici c’è così un forte richiamo
al Parlamento perché faccia
presto a regolamentare questo tipo di unioni tra persone
dello stesso sesso.
Il caso era stato discusso
martedì, dopo che un anno fa
la Corte di Cassazione si era
rivolta alla Consulta. Ieri la
sentenza. Nel dispositivo (ci
vorranno alcune settimane
per conoscerne le motivazioni) i magistrati riconoscono
la specificità del matrimonio
in cui uno dei coniugi diventa
transessuale perché è «fuori
dal modello del matrimonio»
e «con il venir meno del requisito, per il nostro ordinamento essenziale, della eterosessualità, non può proseguire come tale». Ma spiegano
anche che la loro unione «non
è neppure semplicisticamen-
te equiparabile a una unione
di soggetti dello stesso sesso,
poiché ciò equivarrebbe a
cancellare, sul piano giuridico, un pregresso vissuto, nel
cui contesto quella coppia ha
maturato reciproci diritti e
doveri» che non sono «sacrificabili». In quel caso, infatti,
l’unione tra i due, una di
quelle «formazioni sociali» i
cui «diritti inviolabili» sono
tutelati dall’articolo 2 della
Costituzione, perderebbe le
tutele che pure fino a quel
momento aveva finendo in
una sorta di limbo giuridico.
Ecco dunque la necessità di
Gli articoli
La legge del 1982
sui cambi di genere
1
La Consulta ha
dichiarato illegittimi
due articoli (il 2 e il 4)
della legge 164 del 14
aprile 1982 nella parte
dove si stabilisce che
la sentenza che
rettifica l’attribuzione
del sesso «provoca
lo scioglimento
del matrimonio»
I diritti sanciti
dalla Costituzione
2
La Consulta ha
basato la sua
sentenza sull’articolo
2 della Costituzione
che «riconosce e
garantisce i diritti
inviolabili dell’uomo,
sia come singolo sia
nelle formazioni
sociali ove si svolge
la sua personalità»
stabilire nuove forme di regolamentazione: «Sarà, quindi,
compito del legislatore introdurre una forma alternativa
(e diversa dal matrimonio)
che consenta ai due coniugi di
evitare il passaggio da uno
stato di massima protezione
giuridica a una condizione, su
tal piano, di assoluta indeterminatezza». Già nel 2010, con
la sentenza 138, i giudici costituzionali avevano richiamato il Parlamento chiedendo una forma di riconoscimento per le unioni tra persone dello stesso sesso. Ma ne
avevano lasciato i tempi e i
modi alla discrezionalità della
politica. Adesso, visto che con
il caso della coppia emiliana
si è creato un vuoto di legge, il
richiamo diventa urgente:
«Tale compito — scrivono i
magistrati della Consulta — il
legislatore è chiamato ad assolvere con la massima sollecitudine per superare la rilevata condizione di illegittimità della disciplina in esame
per il profilo dell’attuale deficit di tutela dei diritti dei soggetti in essa coinvolti».
Per l’avvocato Francesco
Bilotta, che ha rappresentato
Alessandra Bernaroli di fronte
alla Corte costituzionale, si
tratta di «una vittoria a metà.
La legge è stata dichiarata incostituzionale come chiedevamo, ma tuttora questa coppia si trova senza tutele, che
pure sono fondamentali, fino
a che il Parlamento non si deciderà a legiferare a riguardo».
«È stata una battaglia durissima, in cui non credeva
nessuno, ma rifarei tutto: ne è valsa la pena».
La voce di Alessandra, 41 anni, trema di emozione. La
Corte costituzionale ha appena accolto il ricorso contro lo
scioglimento delle sue nozze con Alessandra Bernaroli, 43
anni, bancaria. Stanno insieme da venti anni e sono sposate da quasi dieci anni, da quando Bernaroli si chiamava
ancora Alessandro ed era un uomo. Soltanto dopo le nozze
la moglie ha scoperto il suo disagio, quello che in termini
medici si chiama «disforia dell’identità di genere».
«Ci siamo conosciute che io avevo 22 anni e Alessandra
24», dice parlandone al femminile. «All’inizio, sapere che
voleva cambiare sesso è stato un passaggio dolorosissimo,
per me e anche per la mia famiglia. Non nascondo che ho
avuto bisogno di tempo per capire». Eppure è sempre stata accanto all’uomo che aveva sposato, nel percorso che lo
ha portato a diventare donna: dalla terapia con gli ormoni,
all’operazione in Thailandia nel 2008. Fino al novembre
2009, quando dopo aver chiesto i documenti con il nuovo
nome all’anagrafe, Alessandra Bernaroli si è vista cancellare lo stato civile: «non documentato», c’era scritto.
Le due donne hanno deciso di lottare insieme per salvare quel matrimonio che da credenti hanno celebrato in
Chiesa. Sono iniziati cinque anni scanditi dai ricorsi in tribunale, chiusi dalla sentenza di ieri. «È ovvio che alcune
cose sono cambiate: è innegabile — concede
Alessandra —. Ma lei è
sempre la persona che
ho sposato: l’importante
La necessità
è avere un pensiero coHo capito il suo
mune, ideali comuni.
bisogno di realizzare Quello che conta è la
condivisione di vita. Soquello che aveva
no vent’anni che ci conosciamo, abbiamo sempre
nascosto per anni
fatto tutto insieme». Anche di fronte a una prova
così fuori dall’ordinario:
«Abbiamo cercato di capire e vedere oltre. Ci siamo riuscite grazie a un
Il dolore
legame d’amore fortissiAll’inizio è stato
mo», dice con orgoglio.
Accanto a lei, mentre
molto doloroso
al telefono dalla losia per me che per parla
ro casa di Finale Emilia,
c’è l’altra Alessandra, ufla mia famiglia
ficialmente donna solo
da cinque anni. Fa fatica
a trattenere la goia: «Quando ho iniziato la mia battaglia
nessuno mi dava retta: associazioni gay, sindacati, avvocati — ricorda —. Pensavano tutti che fosse pazza. Sono dovuta andare in strada in centro a Bologna con in mano un
cartello». Sopra, una scritta: «Nessuno a favore, tutti contro». «E invece alla fine la Corte costituzionale ci ha dato
ragione, è una vittoria civile bellissima», rivendica adesso.
Intanto i telefoni squillano, amici e parenti chiedono
notizie della sentenza. Ma Alessandra e Alessandra adesso
vogliono solo un po’ di riposo: «Dopo questa grande
esplosione di felicità, vogliamo goderci il momento, stare
bene e tranquille. Abbiamo compiuto un percorso che per
noi è stato un’esperienza di vita: siamo cresciute, culturalmente e anche professionalmente. E stata un’esperienza
irripetibile».
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Elena Tebano
@elenatebano
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E. Teb.
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Il voto in Commissione alla Camera
L’OCCASIONE PERSA PER VIETARE LE ESCHE VIVE NELLA CACCIA
La commissione Politiche Ue della Camera ha respinto, col parere negativo di governo e relatore e il voto determinante di Pd e Lega, un emendamento all’articolo 15 della Legge comunitaria presentato dai 5 Stelle e appoggiato da Sel e parte di Forza Italia, per eliminare la caccia che usa uccelli vivi
come richiami. «Scelta grave e imbarazzante, che mantiene le sofferenze di
migliaia di uccelli ed è l’anticamera per una procedura d’infrazione europea», dicono le sigle animaliste. «Una pagina nera», commenta Michela
Vittoria Brambilla (Fi). Esulta la Lega: «Sarebbe stato devastante per il mondo venatorio. Tutelata l’identità di una caccia che ha oltre cinque secoli».
di DANILO MAINARDI
C
i sono alcune scelte politiche
che danno la misura della civiltà di un Paese e l’Italia, votando
contro l’uso di richiami vivi nella
caccia, ha perso un’occasione. Un voto che, pur con qualche inghippo amministrativo in più, di fatto mantiene
viva una tradizione barbara e crudele
che si fonda su un’inaudita e gratuita
sofferenza di animali con l’unico scopo di poterli usare come richiamo in
attività venatorie che ancora, vergo-
gnosamente, vengono praticate in
otto regioni del nostro Paese.
Un voto di inciviltà politica che offusca quell’immagine di Paese che
cambia, per la quale questo governo
ci sembrava si stesse seriamente adoperando. Di fatto, con una nota del
febbraio scorso, la Commissione europea aveva già avviato una procedura di infrazione contro l’Italia sull’uso
dei richiami vivi nella caccia e il voto
ora espresso non è certamente la risposta che ci si attendeva.
Un voto anche di ignoranza scien-
tifica, perché la ricerca internazionale da tempo ha documentato che
stress ed emotività che si ritenevano
appartenere soltanto a poche specie
sono parte anche della sfera emotiva
di molte altre, sino a toccare anche gli
invertebrati. Dolore e sofferenza sono
realtà che vanno dunque ben al di là
della nostra specie. Ma anche senza il
supporto della scienza, penso sia facile immaginare in che stato vengono
ridotti le migliaia di esemplari di uccelli selvatici di diverse specie, catturati, rinchiusi, sottoposti a trattamenti ormonali per indurne il canto
fuori stagione. O anche mantenendoli al buio nel periodo primaverileestivo e ridando poi la luce all’inizio
dell’autunno. I poveretti iniziano così
a cantare fuori stagione ed è proprio
quel canto a ingannare, attirandoli, i
loro ingenui compagni. E dopo aver
fatto il loro illusorio richiamo semmai anche fossero liberi in natura,
non sarebbero in grado di volare, di
procurarsi il cibo, di sfuggire ai predatori. La loro sorte sarebbe segnata.
Tutto ciò ha un solo nome: maltrattamento. La Lipu (Lega italiana
per la protezione degli uccelli) ci informa che sono sette le specie usate
come richiamo: merli, colombacci,
storni, pavoncelle, allodole, cesene,
tordo bottaccio e tordo sassello. Sono
stimati essere mediamente 50.000 i
piccoli uccelli migratori ufficialmente catturati ogni anno. A questi si aggiungono quelli allevati allo scopo.
La cattura avviene tramite reti posizionate nei pressi di valichi montani
dove avviene il passo migratorio. Una
volta catturati, gli uccelli sono posti
in sacchi e trasferiti nei luoghi dove
saranno ceduti ai cacciatori, per cominciare così l’orribile detenzione.
Gabbie minuscole, pessime condizioni generali ma accurata applicazione di quei fattori determinanti la
Il cibo buttato via
Lotta allo spreco
fondi in ritardo
Quattro milioni di persone
sono senza cibo per «colpa di
promesse non mantenute dal
governo e lungaggini
burocratiche». Così Marco
Lucchini, direttore del Banco
Alimentare che ha lanciato una
colletta sabato 14 per riempire
i magazzini delle associazioni
di beneficenza. Gli 85 milioni
di fondi previsti per gli aiuti
agli indigenti devono ancora
essere sbloccati dai ministeri
di Welfare e Agricoltura.
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soppressione della naturale fisiologia
e del normale comportamento, creando così inconsapevoli maestri di
inganno.
Infine un voto di inciviltà culturale
perché stiamo trasmettendo alle
nuove generazioni non soltanto
qualcosa di culturalmente sbagliato,
ma anche di inutile e anacronistico.
Perché questa pratica è davvero fuori
da ogni logica attuale e — ne sono
convinto — in breve tempo sarà definitivamente bandita. Stanno arrivando nuove generazioni, quelle che negli anni passati abbiamo formato sui
temi della sostenibilità e dell’etica
ambientale. E non solo, c’è tanta gente ormai che ha acquisito una nuova
consapevolezza sulla conservazione
della natura. Non tarderà dunque
l’Italia a dare la risposta attesa all’Europa. Volendo, già il Senato potrebbe
esprimersi diversamente.
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24
italia: 51575551575557
Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
Cronache 25
italia: 51575551575557
Ambiente
Il no degli agricoltori bio agli Ogm: l’Italia punti sulle colture tipiche
La battuta che ferisce di più il mondo
del biologico è quella di uno dei
promotori dell’appello dei 716
agricoltori pro-Ogm: «Se mi trovassi
davanti una polenta ogm e una
biologica, non avrei dubbi. Quella
biologica potrebbe essere piena di
tossine...» ha detto ieri al Corriere
Franco Nulli, imprenditore lombardo.
«Totalmente falso — protesta Paolo
Carnemolla, presidente di Federbio —.
Semmai tutte le ricerche dimostrano
che nei prodotti biologici il contenuto
delle micotossine è significativamente
inferiore a quello che si rileva in quelli
coltivati in modo diverso». Ovviamente
il nodo non è solo questo. Di fronte alla
richiesta di oltre 700 agricoltori — e
all’apertura della scienziata e senatrice a
vita Elena Cattaneo — il comparto del
naturale mostra i suoi «muscoli». «Con
43.815 imprenditori abbiamo il primato
in Europa e siamo ottavi nel mondo —
elenca il presidente Carnemolla —. Il
nostro Paese è vocato per il tipico e per
la qualità, è forte la preoccupazione che
la contaminazione accidentale con gli
Ogm vanifichi il nostro lavoro». Timori
condivisi da Roberto Moncalvo, alla
guida della Coldiretti: «Quando lo
scorso anno venne seminato in Friuli
mais transgenico la Forestale misurò un
inquinamento nei campi vicini del 10
per cento. In Italia, con una estensione
La scheda
Gli Ogm
Nel mondo sono 27 i Paesi che
coltivano gli organismi
geneticamente modificati. In
Italia sono vietate coltivazione e
sperimentazione
L’appello
In una lettera alla senatrice a vita
Elena Cattaneo, 716 imprenditori
agricoli hanno chiesto al governo
di poter seminare piante ogm
media degli appezzamenti di 8 ettari,
non è possibile la coesistenza». Proprio
per quelle pannocchie fatte crescere per
sfida da Giorgio Fidenato è attesa in
questi giorni la decisione del Consiglio
di Stato. A bloccare in Italia la
coltivazione di organismi modificati fu
agli inizi del 2000 il governo Amato e
l’allora ministro Alfonso Pecoraro
Scanio. «Venne istituita una
commissione, anche con il contributo
di Rita Levi Montalcini — ricorda
Pecoraro Scanio —. La conclusione fu
che non c’era nessun elemento di
sicurezza sugli effetti di una semina in
campo aperto. Tanto per capirci, tutti
dovrebbero ricordarsi quanti scienziati
sostenevano che alimentare gli animali
con farine animali non aveva
conseguenze. Quando scoppiò mucca
pazza gli scienziati erano scomparsi.
Non dico che l’Ogm è come il prione,
ma il principio di precauzione deve
valere sempre». Fiorello Cortiana, l’ex
vicepresidente della commissione
Agricoltura del Senato che volle
l’indagine conoscitiva sugli Ogm, invita
la senatrice Cattaneo a rileggersi «la
relazione finale, approvata
all’unanimità. Usciamo dall’ipocrisia,
qui non c’entra la fame nel mondo ma
la brevettabilità della conoscenza
umana». Gianfranco Bologna, direttore
scientifico del Wwf, tiene invece a
sottolineare l’importanza della
biodiversità. «La vera priorità è la sua
conservazione altrimenti non c’è futuro
per la specie umana». Il Wwf è tra i
sostenitori del «Protocollo di Milano»,
promosso dala Fondazione Barilla
Center for Food & Nutrition per far sì
che Expo 2015 assuma impegni
concreti anche su questi temi. «Sugli
Ogm — conclude Bologna — la
conoscenza scientifica è ancora in fase
embrionale, serve grandissima cautela
per non distruggere i nostri
ecosistemi».
Riccardo Bruno
[email protected]
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Società Le fotografie inviate a Dolce e Gabbana in un master dell’Università Cattolica di Milano
Un album delle famiglie del mondo
Intimità e nostalgia in duemila scatti
La comparsa di mamme single e nuovi papà accanto ai gruppi con velo e colbacco
di PAOLO DI STEFANO
Gli stilisti
P
iù che una rassegna sulla
famiglia com’è, è una rassegna
sulla famiglia come vorrebbe
essere, o meglio come vorrebbe apparire
a futura memoria. Da quando,
nell’ottobre scorso, Domenico Dolce e
Stefano Gabbana hanno deciso di
avviare una raccolta di fotografie
familiari per farne un mega-archivio da
consegnare alle ricerche sociologiche
del Centro Moda Cult dell’Università
Cattolica di Milano, il sito #DG Family è
stato inondato da una valanga di
duemila documenti provenienti da tutto
il mondo. Il che è già in sé significativo
della diffusa voglia di esibire la propria
intimità domestica. L’ambizione, più o
meno dissimulata, è doppia. Da una
parte sondare come agisce
l’immaginario pubblicitario nella realtà
emotiva: che effetti di desiderio produce
Domenico Dolce
È nato il 13 agosto 1958
a Polizzi Generosa
(Palermo). Fin da ragazzino
collabora con il padre
nell’azienda di
abbigliamento
di famiglia e giovanissimo
figli e nipoti vestiti a festa e schierati su
tre file; ecco i matrimoni anni ‘50, con
lunghe tavolate contadine; ma anche
immagini dai colori sbiaditi, con sparute
famigliole forse in vacanza, i bimbi
seduti sul cofano dell’auto e mamma e
papà moderatamente soddisfatti del
loro benessere middle class. La nostalgia
dei bei tempi andati non sembra
conoscere confini geografici, perciò il
riflesso automatico è stato quello di
andare a rispolverare dalle credenze i
vecchi album: esiste in versione italiota,
con picciriddi vivaci dai piedini nudi e
focacce calde sulla tavola; in versione
russa, nel pieno della foresta, con
colbacchi e baffoni spioventi similTolstoj; in versione araba, con soli
uomini tra gli adulti e bambine
rigorosamente munite di velo. Come
dire: con tutta la buona volontà, quella
felicità (per lo più povera, ma dignitosa),
cari D&G, ce la siamo lasciata alle spalle.
Certo, nella lunga sequenza non è poi
difficile captare onde d’intesa, sinceri
moti di tenerezza, esplosioni di gioia
nelle bocche e negli occhi di bambini
Gli studenti
Carla Lunghi: «Per raccogliere
qualcosa di simile l’università
avrebbe impiegato chissà
quanto tempo»
una campagna di moda da sempre
impostata sui valori tradizionali della
famiglia. Dall’altra, nell’ottica di quelli
che rispondono all’invito, fare il
massimo sforzo di identificazione nel
brand. Una sorta di duplice movimento
tra vissuto e messaggio pubblicitario.
Una verifica anche psicologica, oltre che
sociale. Come se l’appello fosse: al netto
delle tristezze quotidiane, immagina la
tua famiglia in uno spot di D&G. Stefano
Gabbana lo definisce infatti «un gioco di
rispecchiamento». Il gruppo master del
Milano Fashion Institute della Cattolica,
con la studiosa Carla Lunghi a capo di 8
studenti (oltre gli italiani, due russi, un
polacco e un indiano), ha cominciato a
classificare i materiali pervenuti: «È un
patrimonio enorme e di grande
i n te ress e — d i ce L u n g h i — p e r
raccogliere qualcosa di simile
l’università avrebbe impiegato chissà
quanto tempo».
Lasciando perdere i casi in cui l’effetto
imitativo è esplicito, a giudicare dai
numerosi scatti in bianco e nero, la
felicità familiare è un valore vintage. Una
sorta di nostalgia: ecco un gruppo di
nonni e nonne, madri e padri, zii e zie,
Ritratto di famiglia
«Small», «large», «extralarge». Famiglie che ci riportano indietro nel tempo o in Paesi lontani. Qui sopra, una
piccola selezione dei ritratti, circa duemila, che sono
stati mandati in sette mesi sul sito www.dolcegabbana.com/dgfamily da persone di tutto il mondo. L’invito
dei due stilisti a raccontare la propria famiglia con uno
scatto è partito il 30 ottobre 2013. I contributi serviranno a fare un grande archivio da consegnare alle ricerche sociologiche del Centro Moda Cult dell’Università Cattolica di Milano. I più numerosi a rispondere
sono stati gli italiani (hanno spedito 379 fotografie),
poi gli statunitensi (265), i russi (199), gli inglesi (119)
Su «Sette»
La burocrazia,
il male italiano
raccontato
dal libro di Stella
Snellire la burocrazia italiana. Un proposito
che una lunga lista di ministri ha provato a
realizzare ma con scarsa fortuna. Sette, il
settimanale del Corriere della Sera, in
edicola da domani, dedica il servizio di
copertina (foto a a sinistra) proprio alla
burocrazia del nostro Paese. «Secondo un
sondaggio di Pagnoncelli — scrive Sette —
il 49 per cento degl’italiani è convinto che la
vera opposizione a Renzi non la faranno i
grillini, ma i burosauri». Il settimanale si
basa e racconta il nuovo lavoro di Gian
Antonio Stella, inviato ed editorialista del
Corriere della Sera, che in «Bolli sempre
bolli fortissimamente bolli» (edizioni
Feltrinelli) smaschera, con la sua consueta
«penna», tante assurdità e incongruenze di
un sistema che paralizza lo sviluppo
dell’Italia.
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arriva a Milano con il sogno
di diventare stilista. La sua
fonte di ispirazione
principale resta la Sicilia,
nutre un grande amore per
l’architettura moderna, non
è appassionato di gadget
tecnologici, ama la
fotografia (è suo lo scatto
sopra con Stefano Gabbana)
Stefano Gabbana
È nato il 14 novembre
1962 a Milano. Grafico
pubblicitario, neppure
ventenne nello studio di
Giorgio Correggiari dove
lavora conosce il siciliano
Domenico Dolce di quattro
anni più grande. Il loro
marchio debutta
nell’ottobre 1985 tra i
giovani stilisti di Milano
Collezioni. Sportivo,
amante dei cani labrador
(ne ha tre: Dalí, Rosa e
Totò), è molto interessato
alla tecnologia (è su
Twitter:
@stefanogabbana).
Collezionista d’arte, ha
gusti classici (Chagall, Dalí:
il sogno impossibile è un
Caravaggio) che
contrastano con i gusti
contemporanei di
Domenico Dolce (Basquiat,
Fontana, Damien Hirst)
abbarbicati ai nonni o di genitori che
mostrano il bebè. Nell’immaginario
onirico che si intende proporre, infatti,
non viene certo escluso il tentativo di
restare fedeli al presente: come nel pic
nic in cui un giovane papà e una mamma
molto bellina, entrambi in camicia
bianchissima e jeans, distesi su un plaid
cingono la piccola intenta a spennellare
su un grande foglio: ne emerge un senso
di protezione più paterno che materno,
secondo i cliché della postmodernità
liquida. A proposito di genere, salta
all’occhio la prevalenza femminile,
specie quando il gruppo di famiglia è
ormai a colori: se il genitore è uno solo,
di solito è una mamma. Le grandi
categorie «stilistiche» sono quelle della
solennità multigenerazionale con
gerarchie ben visibili, della allegra
convivialità allargata (in occasioni
fe s t a i o l e ) , d e l l a p i ù c o m p o s t a
domesticità quotidiana. Nessuna
trasgressione, le relazioni sono quelle
tradizionali. Gli scenari e i contesti:
salotti, sale da pranzo con tendaggi
fioriti di sfondo, dehors di casa, cortili e
ballatoi generalmente modesti a
significare, forse, che la soddisfazione
non sta (non stava) nel benessere
esibito, ma nel decoro e nella sobrietà
del passato, quando un matrimonio, un
compleanno o una cresima
confermavano la solidità e la solidarietà
del clan. Nessuno sfoggio di ricchezza
sfacciata, dunque. Il non luogo è
bandito: fa eccezione una coppietta
allegra che sbracciandosi da lontano sta
per imbarcarsi su un aereo. È
un’istantanea molto suggestiva, di
movimento, in bianco e nero, anni
Sessanta: il saluto di due novelli sposi
che confidano in un futuro radioso?
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Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
BANDO DI GARA PER L’AGGIUDICAZIONE DELL’AEROPORTO DI RIMINI
Giunta Regionale della Campania
Direzione Generale 02 “Sviluppo Economico ed Attività produttive”
U.O.D. “Energia e Carburanti”
Centro Direzionale di Napoli, isola A/6 - Napoli
AVVISO
Con il Decreto Dirigenziale n. 192 del 17/03/2014 questo Direzione, ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs.
387/2003, ha rilasciato l’autorizzazione unica per la realizzazione di un parco eolico nei Comuni
di Lacedonia, Aquilonia e di Bisaccia alla società ALISEA srl Unipersonale, avente sede in
Roma, alla via del Corso, 75/10. Per quanto sopra, ai sensi dell’art. 16 - commi 7 e 8 - del D.P.R.
n. 327/2001 come modificato, ai proprietari attuali degli immobili necessari alla costruzione e
alla messa in esercizio dell’impianto de quo ai quali non è stato possibile inviare la comunicazione
personale di cui all’art. 17 del medesimo D.P.R. 327/2001, in quanto deceduti o irreperibili, si
comunica che la società ALISEA srl Unipersonale, beneficiaria del suddetto provvedimento
dirigenziale, essendone abilitata, ha chiesto l’attivazione del procedimento ablativo relativamente
ad una fascia delle aree riportate, come segue, nel Nuovo Catasto dei Terreni del comune di
Lacedonia, con le modalità contenute nell’art. 22 del D.P.R. 327/2001 come modificato:
• Foglio 5 p.lla 61
proprietario MONACO GIUSEPPINA, FU VITO (sconosciuta)
• Foglio 5 p.lla 62
proprietario AUTERIO LEONARDO (deceduto)
• Foglio 5 p.lla 74
proprietario MONACO GIUSEPPINA, FU VITO (sconosciuta)
• Foglio 5 p.lla 81
proprietario RUGGIERO VENERILDA (deceduta)
• Foglio 5 p.lla 93
proprietario PANDISCIA GIUSEPPINA (deceduta)
• Foglio 5 p.lla 94
proprietario RUGGIERO VENERILDA (deceduta)
• Foglio 5 p.lla 95
proprietario RUGGIERO VENERILDA (deceduta)
• Foglio 5 p.lla 96
proprietario RUGGIERO VENERILDA (deceduta)
• Foglio 5 p.lla 98
proprietario PETINO MARIA (sconosciuta)
• Foglio 5 p.lla 292
proprietario RUGGIERO VENERILDA (deceduta)
• Foglio 5 p.lla 302
proprietario AUTERIO LEONARDO (deceduto)
• Foglio 5 p.lla 302
proprietario RUGGIERO VENERILDA (deceduta)
• Foglio 5 p.lla 303
proprietario AUTERIO LEONARDO (deceduto)
• Foglio 5 p.lla 303
proprietario RUGGIERO VENERILDA (deceduta)
• Foglio 15 p.lla 34
proprietario PAPALEO PASQUALINA (deceduta)
• Foglio 15 p.lla 38
proprietario PAPALEO PASQUALINA (deceduta)
• Foglio 15 p.lla 116 proprietario PAPALEO PASQUALINA (deceduta)
• Foglio 19 p.lla 36
proprietario LATTARULO ANTONIO (deceduto)
• Foglio 37 p.lla 33
proprietario PIO FILOMENA, FU GIUSEPPE (sconosciuta)
• Foglio 37 p.lla 33
proprietario TORCIA ANNA (sconosciuta)
• Foglio 37 p.lla 33
proprietario VIGORITA ALDO (deceduto)
• Foglio 37 p.lla 33
proprietario VIGORITA ELISA (sconosciuta)
• Foglio 37 p.lla 33
proprietario VIGORITA ANNA (sconosciuta)
• Foglio 37 p.lla 33
proprietario VIGORITA FRANCESCO, FU GIUSEPPE (sconosciuto)
• Foglio 37 p.lla 33
proprietario VIGORITA GIUSEPPE (sconosciuto)
• Foglio 37 p.lla 42
proprietario PANDISCIA GIUSEPPE, ANTONIO (sconosciuto)
Il responsabile del procedimento è il Direttore Generale della D.G. 02, Dr. Francesco P. Iannuzzi.
C.C.
Il Dirigente della UOD 04
Il Direttore Generale
Fortunato Polizio
Francesco P. Iannuzzi
TRIBUNALE DI MONZA
Sezione Fallimentare
Per maggiori dettagli www.tribunale.monza.giustizia.it e www.astalegale.net
Si rende noto che il Giudice Delegato, dott. Giovanbattista Nardecchia al Fallimento La Fonte SpA
in liquidazione (n. 127/2014) ha disposto la vendita senza incanto dell’azienda La Fonte SpA (già
BIOFARMITALIA SPA) operante nel settore della produzione e della commercializzazione a livello
nazionale e internazionale di prodotti cosmetici e farmaceutici, attraverso la ricerca e la realizzazione di prototipi e formule innovative. L’azienda è composta degli impianti, degli stampi, delle
attrezzature, delle macchine elettroniche, degli elaboratori, dei marchi, dei loghi, dei brevetti rinnovati e dei brevetti scaduti, e degli altri beni intangibili, dei contratti commerciali e di locazione,
della realizzazione e dello sviluppo dei progetti di ricerca, come meglio precisato nell’ordinanza
di vendita. Compresi i contratti relativi all’azienda ceduta, che saranno ancora pendenti alla data
del trasferimento, (tra questi i rapporti di lavoro subordinato con riferimento al numero di dipendenti in forza alla data di aggiudicazione, che allo stato sono 56) con esclusione dei debiti,
dei crediti e delle partecipazioni. Data della vendita senza incanto: 16 luglio 2014 ore: 15,30.
Prezzo minimo: euro 4.477.000,00, oltre al valore delle rimanenze di magazzino, da definirsi
all’atto del trasferimento. Rilancio minimo euro 50.000,00. Il prezzo di euro 4.477.000.00 è
così composto: euro 3.152.194,71 per immobilizzazioni materiali; euro 1.324.714,00 per intangibili e avviamento. Luogo ove si terrà la vendita: Tribunale di Monza stanza Giudice Delegato,
Via Vittorio Emanuele n. 5. Il termine per il deposito delle offerte è fissato alle ore 12,00 del
15 luglio 2014. Le modalità di presentazione delle offerte e le altre condizioni della vendita sono
regolate dall’ordinanza di vendita reperibile sul sito internet www.tribunale.monza.giustizia.it
nonché presso i Curatori fallimentari dott.ssa Laura Arosio e dott. Ciro Fiore (PEC
[email protected]). Prima di fare l’offerta leggere attentamente l’ordinanza del
Giudice e i suoi allegati.
TRIBUNALE DI PALMI
Richiesta di dichiarazione di morte presunta
Il Tribunale di Palmi con decreto emesso in data 7.4.2014
nella procedura n. 12/2014 V.G. ordina le pubblicazioni
per la richiesta di morte presunta di 1) Romeo Francesco
nato a Taurianova (già Radicena) l’8.1.1893; 2) Romeo
Maria Caterina nata a Taurianova (già Radicena) il
4.1.1894; 3) Romeo Alfredo nato a Taurianova (già Radicena) il 25.9.1902 dei quali non vi è traccia di ulteriori vicende anagrafiche, con l’invito previsto dall’art. 727 cpc.
Palmi 8.5.2014
avv. Antonio Guerrisi
Giunta Regionale della Campania
Direzione Generale “Sviluppo Economico ed Attività Produttive”
U.O.D. “Energia e Carburanti”
Centro Direzionale Isola A/6 - 80143 Napoli
AVVISO DI APPROVAZIONE PROGETTO
PREMESSO
• che la Società ALISEA Srl Unipersonale, con sede legale in Roma (RM), in Via Del
Corso, 75/10, ha presentato a questa Regione istanza, tendente ad ottenere, ai sensi
del D.Lgs. 387/2003 - art. 12, l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di un
Parco Eolico nel Comune di Lacedonia (AV) ed opere connesse che interessano il
Comune di Lacedonia (AV), Aquilonia (AV) e Bisaccia (AV);
• che l’autorizzazione già rilasciata con Decreto Dirigenziale 255 del 07/06/2013, per
effetto dell’ ordinanza n. 132/2014 (R.G. 4375/75) TAR Campania, deve essere estesa
anche a n. 6 (sei) aerogeneratori precedentemente esclusi;
PER QUANTO SOPRA SI COMUNICA
che con il Decreto Dirigenziale n. 313/2014, successivamente integrato dal decreto
dirigenziale 334/2014, questa Regione ha esteso l’approvazione rilasciata ai sensi
dell’art. 12 del D.Lgs. 387/2003, del progetto definitivo del parco eolico nel Comune
di Lacedonia con opere connesse nei comuni di Lacedonia, Aquilonia e Bisaccia, anche
alla parte relativa agli ulteriori n. 6 (sei) aerogeneratori, dichiarando la pubblica utilità,
l’indifferibilità ed urgenza dell’opera.
La costruzione del connesso elettrodotto interesserà dei tratti di terreno ricadenti
nelle proprietà sottoelencate:
Catasto dei terreni del:
COMUNE DI LACEDONIA
Foglio 19, particelle: 12-13-15-16-17-24-80-101-102-109-110
Foglio 20, particelle: 19
Foglio 21, particelle: 1-2
Foglio 35, particelle: 47-48-50-51-58-62-71-72-74-75-92-94-95-124-125-135-140155-156-157-158-159-161-182-204-205-206-212-282-286288-289-290-344-348-349-352-368-369-374-505-545
Foglio 47, particelle: 3-4-5-10-11-12-13-14-15-16-18-19-21-22-23-24-25-26-2728-29-30-40-41-42-53-54-55-56-65-66-67-75-77-90-91-93105-113-171
Foglio 48, particelle: 1-8-121-448-457-462-464-465-479-503-504-507-510
Foglio 53, particelle: 7-8-19-20-21-39-40-41-42-57-58-59-73-74-75-88-89-90-99169
COMUNE DI AQUILONIA
Foglio 2, particelle: 56-68-71-72-73-74-79-105-153-154-155-156-158-175-176177-178-182-183-191-192-194-195-196-217-218-224-225228-231-233-304
Foglio 4, particelle: 5-54-55-56-59-142-143-145-146-147-148-149-156-157-158159-160-207-215-239-240-241-245-306-307-308-316-335338-339-346-576-577
COMUNE DI BISACCIA
Foglio 55, particelle: 184
Foglio 57, particelle: 94-95-96-131-132-134-135-170-171-172-173-175-191-197201-226-227-228-229-230-237
Foglio 58, particelle: 19-22-25-27-77-81-83-86-87-89-126-133-134-135-136-141152-153-169-174-175-176-177-187-188-315
Foglio 60, particelle: 86-87-90-91-93-95-96-97-100-102-103-104-105-106-107109-144-145-146-156-160-166
Foglio 62, particelle: 6-12-27-30-31-40-45-49-50-55-65-69-70-71-72-73-75-76-7778-81-85-86-89-92-93-94-99-105-106-108-218-219-225-233239-240-243-245-246
Foglio 63, particelle: 400-441
Foglio 64, particelle: 28-29-31-37-40-42-57-59-90-91-92-93-94
Foglio 70, particelle: 47-48-52-58-103-104-115-206-257-263-269-270-271-272273-274-292-294
Foglio 76, particelle: 1-2-3-5-10-11-12-13-14-127-144-241-242-243-369-375-376377-378-383-608-643
Foglio 77, particelle: 14-15-16-72-89-95-97-98-99-171
Foglio 78, particelle: 9-10-11-12-13-14-15-25-32-33-34-46-54-140
Per quanto sopra, si informa che la società ALISEA srl Unipersonale, con sede in
Roma (RM), in Via Del Corso, 75/10, beneficiaria del suddetto provvedimento, essendone abilitata, ha chiesto l’attivazione del procedimento espropriativo relativamente
agli immobili occorrenti alla realizzazione del parco eolico e delle opere connesse di
che trattasi, con le modalità contenute nell’art. 22 del D.P.R. n. 327/2001 come modificato, sui quali, contestualmente all’approvazione del progetto de quo, è stato apposto il vincolo preordinato all’esproprio (o all’asservimento).
Tale comunicazione è resa alle ditte catastali interessate dalle sole infrastrutture
lineari energetiche connesse all’opera, ed alle quali l’approvazione del progetto
è comunicata solo mediante la presente comunicazione.
Il responsabile del procedimento è il Direttore Generale della D.G. 02 “Sviluppo Economico ed Attività Produttive”, Dr. Francesco P. Iannuzzi.
C.C.
Il Dirigente della UOD 04
Il Direttore Generale
Fortunato Polizio
Francesco P. Iannuzzi
La società Aeradria S.p.A. con sede in Miramare di Rimini (RN), via Flaminia 409, dichiarata fallita in data 26/11/2013, già concessionaria dell’attività
di volo e di altre attività commerciali, gestisce l’esercizio provvisorio dell’Aeroporto di Rimini sino al 31/10/2014 e risulta proprietaria di beni mobili,
attrezzature, beni immateriali, rapporti commerciali e di lavoro (il “Compendio Aziendale”) tali da garantire l’operatività sino a detto termine.
Le infrastrutture, la pista e tutti i beni immobili, poiché costruiti su terreno demaniale, sono di proprietà dello Stato il quale, attraverso l’ENAC, ne garantisce l’utilizzo trentennale attraverso una concessione.
Per i motivi di cui sopra, i bandi di gara per rilevare l’attività dell’aeroporto di Rimini sono due, il primo promosso da ENAC, con oggetto la concessione
trentennale della gestione totale dell’aeroporto ed il secondo, promosso dalla fallita Aeradria S.p.A., con oggetto il Compendio Aziendale.
L’acquisto del Compendio Aziendale, oltre all’aggiudicazione della concessione trentennale, permetterebbe la normale prosecuzione dell’attività di
volo senza interruzioni di sorta. In seguito le principali caratteristiche dei bandi di gara:
BANDO PROMOSSO DA ENAC (estratto)
Procedura: aperta ai sensi dell’art. 704 del Codice della Navigazione. Il bando di gara, il disciplinare e lo schema di concessione (in italiano) sono
reperibili presso il sito http://www.enac.gov.it.
Chiarimenti e informazioni complementari su bando di gara, disciplinare e schema di convenzione potranno essere richiesti al RUP: “Dott.ssa
Elisabetta Bergamini, Direzione Sviluppo Aeroporti, tel. + 390644596556, fax +390644596401, posta elettronica: [email protected].
Oggetto: concessione trentennale della gestione totale dell’aeroporto di Rimini, con esclusione delle aree, immobili e impianti oggetto dell’atto di affidamento alla Repubblica di San Marino.
Requisiti per l’ammissione: tutti gli operatori economici nazionali e comunitari, anche in raggruppamento temporaneo d’impresa. Sono ammessi
anche soggetti stranieri non comunitari, a condizione che entro 30 giorni stabiliscano sede secondaria presso l’aeroporto e che lo Stato di provenienza
ammetta imprese italiane a condizione di reciprocità. Il capitale sociale minimo dell’offerente è fissato in euro 120.000,00, da incrementare ad
€ 3.098.741,00 in caso di aggiudicazione e l’oggetto sociale deve ricomprendere lo sviluppo, progettazione, realizzazione, adeguamento, gestione,
manutenzione ed uso degli impianti e delle infrastrutture per l’esercizio dell’attività aeroportuale.
Procedura di aggiudicazione: la gestione verrà aggiudicata sulla base dell’offerta con il miglior punteggio con riferimento ai seguenti elementi:
1) Progetto della struttura organizzativa che sarà resa disponibile dal concorrente ai fini della gestione della infrastruttura aeroportuale oggetto di
concessione (max 30 punti);
2) Strategie societarie finalizzate allo sviluppo dell’attività aeroportuale e previsioni di traffico per il periodo concessorio (max 20 punti);
3) Piano degli investimenti (max 20 punti);
4) Piano economico finanziario (max 15 punti);
5) Compenso per le opere eseguite dalla precedente società di gestione aeroportuale fino ad un massimo di € 6.653.977,33 corrispondente al
valore degli investimenti realizzati e non ammortizzati (max 15 punti).
Modalità di presentazione e scadenza: Il plico contenente l’offerta dovrà pervenire, pena l’esclusione, entro e non oltre le ore 13.00 del giorno
14/07/2014 al seguente recapito: Ente Nazionale per l’Aviazione Civile - Direzione Centrale Sviluppo Economico - Direzione Sviluppo Aeroporti - Viale
del Castro Pretorio, n. 118 00185 Roma. Il plico dovrà contenere le seguenti buste:
• Busta A, documenti per l’ammissione alla gara;
• Busta B, offerta tecnica;
• Busta C, offerta per compenso per opere eseguite, da produrre anche nell’ipotesi in cui l’offerta sia pari a 0.
Per il contenuto delle buste e le dichiarazioni da rendere osservare scrupolosamente il disciplinare di gara.
Cauzione: l’offerta dei concorrenti dovrà essere corredata, da una cauzione provvisoria pari a € 10.000,00. Il concorrente dovrà, inoltre, produrre
l’impegno di un fideiussore a rilasciare, in caso di aggiudicazione della concessione, idonea cauzione definitiva in conformità a quanto previsto all’art.
18 dello Schema di convenzione.
Sopralluogo obbligatorio: il concorrente dovrà obbligatoriamente eseguire il sopralluogo delle aree e della infrastruttura aeroportuale oggetto
dell’affidamento. A tal fine gli interessati potranno fare riferimento a ENAC Direzione Aeroportuale di Bologna-Rimini presso l’Aeroporto di Rimini,
Tel 0541373244; fax 0541375259: indirizzo di posta elettronica [email protected].
BANDO PROMOSSO DAL FALLIMENTO AERADRIA (estratto)
Procedura: competitiva ai sensi dell’art. 104 ter, VI° comma e art. 107 L.F.
Il disciplinare di gara è disponibile anche in lingua inglese presso il sito www.riminiairport.com. Ogni chiarimento sulla procedura e sul
bando di gara dovrà essere richiesto a mezzo mail all’indirizzo di posta elettronica del Curatore Fallimentare: [email protected] or
[email protected].
Oggetto: Compendio Aziendale composto dai seguenti beni e diritti: impianti e attrezzature amovibili, mezzi di rampa, arredi e mobili, macchine elettriche e elettroniche, software e sito internet, avviamento, diritto d’indennizzo (di cui al punto 5 della procedura di aggiudicazione del bando ENAC,
sino ad un massimo di € 6.653.977,33).
Requisiti per l’ammissione: i medesimi di cui al bando ENAC.
Prezzo a base d’asta: € 10.000.000,00 (euro dieci milioni).
Modalità di presentazione e scadenza: le buste contenenti l’offerta dovranno essere recapitate all’attenzione del Notaio Dr.ssa Giorgia Dondi, Via
Sigismondo Pandolfo Malatesta n. 27, 47921 Rimini (RN), entro le ore 13,00 del 14 luglio 2014 (il medesimo del bando ENAC). Nella offerta dovrà
essere contenuto:
• il modulo compilato con le generalità dell’offerente, unitamente a copia del documento d’identità del sottoscrittore dell’offerta;
• la dichiarazione relativa al possesso dei requisiti soggettivi;
• l’impegno a mantenere ferma l’offerta fino al 31 marzo 2015;
• l’impegno a rilevare, nelle forme consentite dagli accordi sindacali attualmente in essere, un numero di lavoratori dipendenti da specificare;
• un certificato di camera di commercio aggiornato (se italiano) per ogni partecipante all’eventuale RTI.
Cauzione: € 500.000,00 (euro cinquecentomila) sostituibile a scelta dell’offerente con garanzia autonoma a prima richiesta.
Aggiudicazione: l’aggiudicazione verrà effettuata il 22 luglio 2014 presso la sede dell’Aeroporto, alla presenza del Notaio. In caso di più offerte si
aprirà la gara partendo dall’offerta più alta, con aumento minimo di euro 100.000,00; a parità di prezzo, prevarrà chi si sia impegnato ad assumere
il maggior numero di dipendenti. La consegna del Compendio Aziendale sarà sospensivamente condizionata al fatto che l’Aggiudicatario risulti anche
aggiudicatario definitivo del bando ENAC.
Compensazione con diritto d’indennizzo del Bando ENAC: l’aggiudicatario avrà diritto di compensare l’eventuale offerta d’indennizzo contenuta nel
bando ENAC con il diritto di credito di segno opposto acquisito all’interno del Compendio Aziendale.
Pagamento: entro 30 giorni da quando sarà risultato vincitore del Bando Enac, l’Aggiudicatario dovrà consegnare alla Curatela, una garanzia autonoma
per un importo pari alla metà del prezzo di aggiudicazione, al netto della Cauzione. Entro 30 giorni dal rilascio dell’ultima certificazione necessaria
per l’esercizio dell’attività aeroportuale, l’aggiudicatario dovrà versare una somma pari all’intero prezzo di aggiudicazione.
Per tutto quanto non espressamente riportato negli estratti di cui sopra occorre consultare i disciplinari di gara presenti nei siti già riportati di Enac
e dell’Aeroporto di Rimini. Non si assumono responsabilità per eventuali comportamenti determinati da una mera lettura del presente estratto, non
accompagnata dalla lettura dei documenti originali qui citati.
Per la pubblicità legale e finanziaria
rivolgersi a:
Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano
Tel. 02 2584 6665/6256 - Fax 02 2588 6114
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00142 Roma
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80133 Napoli
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Tel. 080 5760 111 - Fax 080 5760 126
RCS MediaGroup S.p.A.
Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano
Comunicazione di avvenuto rilascio
dell’Autorizzazione Unica
per un impianto eolico da 1 MW
sito nel Comune di San Severo (FG)
Si comunica che la Regione Puglia - Servizio Energia, Reti e Infrastrutture
materiali per lo Sviluppo - Ufficio Energia e Reti Energetiche ha rilasciato, in
data 13/12/2013, con Determina Dirigenziale n. 147, alla Società DOMITILLA
ENERGIA s.r.l., l’Autorizzazione Unica ai sensi del D.Lgs. n. 387/2003 relativa
alla costruzione e l’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica
da fonte rinnovabile eolica della potenza elettrica di 1 MW, sito nel Comune
di San Severo (FG), in località “Cappelli”, nonché delle opere di connessione
e delle infrastrutture indispensabili alla costruzione ed esercizio dell’impianto
stesso. La relativa Determina di Autorizzazione Unica è stata pubblicata sul
BURP n. 1 del 02/01/2014. Società Domitilla Energia s.r.l., con sede legale in
Piazza castello n. 19 - 20121 Milano - P.iva 06064320960.
Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
27
italia: 51575551575557
Economia
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Il caso Il dossier sui tributi di Irlanda, Olanda e Lussemburgo e possibili violazioni delle norme sugli aiuti di Stato
GUAIO PER AIRBUS,
EMIRATES
Tre big nel mirino dell’Europa sulle tasse
ANNULLA L’ORDINE
DA 16 MILIARDI
Indagine su Apple, Starbucks e Fiat Finance. «Nessuna violazione delle regole»
16
miliardi di dollari
il valore della
commessa per
Airbus ora ritirata
da Emirates
cancellazione è dovuta a
una revisione dei requisiti
della flotta. Tant’è che il
vettore del Golfo all’ultimo
Airshow di Dubai ha
ordinato un numero record
di A380. Ma è un fatto che
la decisione di Emirates di
rinunciare all’ultimo nato
tra i jet per passeggeri del
costruttore europeo, in
servizio entro fine anno,
arriva 6 mesi dopo il mega
ordine arabo per 150 nuovi
Boeing a lungo raggio, che
il costruttore americano si
prepara a lanciare sul
mercato per affiancare il
Dreamliner e il 777.
La vicenda è l’ennesima
dimostrazione di quanto
sia cresciuta la leva
finanziaria dei grandi
carrier del Golfo sui
costruttori di aeroplani,
anche alla luce delle
difficoltà crescenti dei
vettori europei ed
americani. Ieri è toccato a
Lufthansa, seconda
maggiore compagnia
continentale, lanciare un
profit warning per i
prossimi 2 anni.
Giuliana Ferraino
@16febbraio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Le tasse degli Over the top
Google
2011
2012
2013
Apple
2011
2012
2013
Amazon
2011
2012
2013
Facebook
2011
2012
2013
Usa
49,9%
40,8%
26,4%
3,2%
5,3%
8,6%
21,0%
19,4%
15,7%
75,3%
70,2%
61,0%
2,5%
1,9%
3,7%
24,2%
25,2%
26,2%
39,5%
46,0%
1,6%
11,2%
N/D
N/D
31,2%
78,7%
31,8%
37,8%
40,1%
37,2%
N/D
N/D
N/D
41,0%
89,3%
45,5%
TASSE SULLE VENDITE
DAL NOSTRO INVIATO
BRUXELLES — La Commissione europea ha lanciato l’attesa indagine sui Paesi Ue che
concedono condizioni da paradiso fiscale a singole multinazionali straniere. Il commissario per la Concorrenza, lo spagnolo Joaquin Almunia, ha annunciato l’attenzione su tre casi
specifici: Fiat Finance, che agisce da «tesoreria» del gruppo
automobilistico di Torino/Detroit, per il Lussemburgo, il colosso dell’informatica Apple
per l’Irlanda e la catena di caffè
Starbucks per l’Olanda. Sotto
pressione è finito soprattutto il
Lussemburgo perché — a differenza di Irlanda e Olanda —
non ha fornito tutte le informazioni richieste da Bruxelles, che
ha così aperto anche una apposita procedura d’infrazione sul
Granducato.
A Bruxelles si sono mossi
sull’onda dell’irritazione dei
contribuenti tartassati con le
misure di austerità anti-crisi,
che non vogliono più sentire
parlare di imprese, banche e
ricchi investitori beneficiati dal
ricorso ai paradisi fiscali.
«Quando il bilancio dello Stato
si restringe e ai cittadini sono
richiesti sforzi per fronteggiare
le conseguenze della crisi — ha
dichiarato Almunia —, non è
accettabile che grandi multinazionali non paghino la loro giusta quota di tasse».
TASSE SUGLI UTILI
Mentre Alitalia spera
sull’alleanza con Etihad
per poter sopravvivere, dal
Golfo arrivano cattive
notizie per Airbus che, a
sorpresa, perde una
commessa da 16 miliardi di
dollari. Emirates, la
compagnia di Dubai, ha
cambiato idea e ha
cancellato un ordine per 70
Airbus A350. La notizia,
che per Airbus significa
una perdita del 9% del
portafogli ordini, ha fatto
precipitare il titolo in
Borsa a Parigi, dove ha
chiuso in ribasso del 3,1%,
dopo aver perso oltre il 4%,
mentre il titolo Rolls Royce,
fornitore esclusivo dei
motori di Airbus, è sceso
del 5,5% sul listino di
Londra.
Gli ordini della compagnia
araba per gli Airbus A350
risalgono al 2007 e le prime
consegne erano previste
per il 2019. Ufficialmente
Emirates afferma che la
massimo le imposizioni fiscali.
La pratica viene definita in inglese «transfer prices».
L’azione della Commissione
riguarda gli Stati, che potrebbero però essere richiesti di recuperare gli aiuti fiscali dalle
multinazionali. Ma Fiat, Apple
e Starbucks ritengono di aver
operato correttamente in Lussemburgo, Irlanda e Olanda.
Fiat Finance ha escluso di aver
ottenuto facilitazioni fiscali. Si
dice «convinta della legittimità
del processo di tax ruling in
La «tax ruling»
Sotto accusa la pratica
che consente di
concordare in anticipo
le tasse sui profitti
Totale
1,2%
1,6%
2,2%
6,8%
5,2%
3,8%
20,0%
23,2%
19,1%
0,9%
0,7%
1,0%
7,7%
9,0%
7,7%
1,0%
1,2%
0,0%
0,1%
0,1%
0,5%
0,6%
0,7%
0,2%
33,2%
16,5%
32,9%
0,5%
0,6%
1,5%
18,7%
8,7%
15,9%
Fonte: report della Commissione di esperti sulla tassazione dell’Economia digitale della Commissione europea
Il commissario spagnolo ha
chiarito che «le autorità nazionali non possono adottare misure che permettano ad alcune
aziende di pagare meno tasse,
rispetto a quanto dovrebbero
se le norme fiscali fossero applicate in modo equo e non discriminatorio».
Sotto accusa è finita la pratica del «tax ruling», che consente alle multinazionali di concordare in anticipo (nei paradisi fiscali per le imprese tipo
Lussemburgo, Irlanda e Olanda) come verranno tassati i
profitti. Le autorità locali rilasciano specifiche lettere, dette
«confort letter», per confermare l’applicazione delle condizioni predefinite. In questo
modo le imprese possono organizzare operazioni infragruppo per minimizzare al
Non Usa
13,3%
9,2%
5,7%
D’ARCO
Lussemburgo» e sostiene di
averlo chiesto «per chiarire le
regole di transfer pricing da applicare alle sue attività di finanziamento a società controllate e
collegate di Fiat nel mondo».
Almunia ha affermato che
l’azione dei suoi servizi è allo
stato iniziale e dovrà considerare le difese dei tre Stati e di
eventuali «parti terze».
Nel caso di Apple un’inchiesta del Senato Usa ha fatto
emergere una aliquota di appena il 3,7% per i suoi introiti extra Usa l’anno scorso. Starbucks
ha ammesso, in una investigazione del Parlamento britannico, di aver concluso un accordo
con l’Olanda, che consente una
tassazione «molto bassa».
L’omaggio al Papa
Ivo Caizzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Editoria L’amministratore delegato, Jovane, al summit di Torino
I piani digitali Rcs Mediagroup
«Così il web a pagamento»
DAL NOSTRO INVIATO
TORINO — L’introduzione di
un livello di pagamento per l’accesso alle notizie, anche online, e
regole condivise contro i nuovi
“monopoli” della Rete. Nella
giornata conclusiva del Convegno mondiale dell’editoria di Torino, Wan-ifra, sono stati Pietro
Scott Jovane, amministratore
delegato di Rcs MediaGroup, la
società che edita il Corriere della
Sera, e Carlo De Benedetti, presidente del gruppo L’Espresso, a
tirare le fila delle sfide da affrontare per l’industria dei media. Jovane ha riconfermato che il
gruppo è al lavoro per introdurre
sul Corriere.it «una membership
a pagamento». «Il tema oggi è
quanto si riesce a trasferire la
diffusione cartacea in abbonamenti su tablet. Sul web la modalità di creare un club e offrire
servizi specifici di qualità a pagamento è la strada obbligatoria
per gli editori. Lo abbiamo fatto
in Spagna (con El Mundo, ndr)
da soli e per primi. Ed è andata
bene. Anche in Italia ci muovere-
mo in autonomia». «A fine anno
— ha poi aggiunto il manager —
lanceremo il nuovo sito del Corriere.it in un’ottica nuova». «In
Rcs abbiamo cercato di costruire
prodotti con un’offerta indipendente dall’andamento del mercato. Partiamo con l’iniziativa
della Gazzetta dello Sport (oggi
uscirà per la prima volta stampata su carta azzurra per i Mondiali
Il forum
Pietro Scott Jovane, ad di Rcs
durante il Forum mondiale
dell’editoria ieri al Lingotto,
Torino (Ansa/Di Marco)
di calcio, ndr)». «La nostra strada — ha specificato — è guadagnare quote di mercato in un
mercato che declina. Ma il problema del mercato è generalizzato a livello mondiale». Jovane —
che durante la presentazione ha
ricordato anche il lancio di nuovi
prodotti come il Corriere Innovazione — ha detto infine che potrebbe esserci una prossima riunione del consiglio
di amministrazione
del gruppo editoriale
per fare il punto sulle
azioni di risparmio
ordinarie ma, ha anche aggiunto, l’uscita del direttore del
Corriere della Sera,
Ferruccio de Bortoli,
«non è assolutamente all’ordine del giorno». Nel suo intervento De Benedetti
ha espresso preoccupazione per
il potere sempre più evidente dei
gruppi come Google nella nuova
gerarchia di Internet. «Dovremmo aprire lo sguardo per pensare
a nuove collaborazioni e [...] ca-
pire chi sono i veri concorrenti.
Fin dagli anni Ottanta con Repubblica siamo stati grossi concorrenti del Corriere. E siamo ancora concorrenti perché siamo
sullo stesso mercato. Ma oggi gli
editori devono mettersi d’accordo perché altrimenti nessuno resisterà al quadro globale. Noi abbiamo tutti paura di Google: loro
si descrivono come un’azienda
tecnologica ma usano concetti e
criteri che appartengono ad altri
spazi». Secondo De Benedetti
Google è in condizioni di creare
«un monopolio delle conoscenze digitali». C’è un’uniformità
che «non ha precedenti». La soluzione? L’editore ha chiamato in
causa i politici e le istituzioni europee. «Dobbiamo pensare a un
sistema diverso di proprietà anche in termini di Antitrust oppure cambiare il sistema di ricerca
di Google, sia che si monetizzino
le news sia che si lascino gratis.
Questa separazione funzionale
permetterebbe di vietare la raccolta dei dati che emergono dall’utilizzo dei motori di ricerca».
La tecnologia per De Benedetti
potrebbe anche essere la soluzione ma non va affrontata separatamente. Perché anche i più
grandi gruppi editoriali avrebbero difficoltà a sostenere investimenti così importanti.
Massimo Sideri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Omaggio Ieri gli operai di Pomigliano hanno regalato
al Papa una Panda blu prodotta nello stabilimento
Fiat, accordo sul reintegro
dei delegati Fiom
MILANO — «Il rientro dalla porta principale», come
l’aveva simbolicamente definito qualche tempo fa
Maurizio Landini, segretario generale Fiom, dovrebbe
concretizzarsi all’inizio di settembre. Ieri il numero uno
delle tute blu Cgil ha annunciato di aver «chiuso il
contenzioso giudiziario» con il Lingotto che prevede il
reinserimento dei 19 delegati metalmeccanici Cgil nello
stabilimento di Pomigliano. Delegati che avevano
presentato il ricorso per discriminazione sindacale per le
mancate assunzioni nell’ex newco Fabbrica Italia
Pomigliano. Al netto della mediazione che verrà
suggellata il prossimo 27 giugno al Tribunale di Roma la
priorità Fiom è un’altra. E l’ha espressa lo stesso Landini:
«Ora assemblee unitarie in tutti gli stabilimenti». Qui né
Uilm, né Fim-Cisl sembrano disposti a concedere molto.
«Se i metalmeccanici della Cgil vogliono trattare insieme
agli altri sindacati devono firmare il contratto specifico
con il gruppo automobilistico», ha detto Rocco
Palombella, segretario generale Uilm.
Fabio Savelli
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Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
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Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
Economia 29
italia: 51575551575557
Riassetto Il patto con Piazzetta Cuccia, Intesa e Telefonica verrà sciolto
L’operazione 750 milioni
La vendita
Generali esce da Telecom
Via alla scissione di Telco
UnipolSai, va
all’estero il bond
per Mediobanca
Al Leone il 4,3% del capitale e 475 milioni di debiti
UnipolSai ha collocato ieri un bond
subordinato da 750 milioni finalizzato a
rimborsare metà del debito complessivo
che il gruppo ha con Mediobanca, per
circa un miliardo «ereditato» da Fonsai.
La compagnia guidata da Carlo Cimbri
ha così rispettato in anticipo, e per il
doppio di quanto previsto entro il 2015,
anche la terza prescrizione che l’Antitrust aveva indicato per dare l’ok alla fusione fra la società bolognese e quella ex
Ligresti. Per quanto riguarda le altre due,
ha già provveduto a cedere gli asset ex
Milano ad Allianz e a vendere sul mercato la partecipazione, pari al 3,8% in Piazzetta Cuccia.
Il bond perpetuo,
rivolto agli investitori istituzionali e
che sarà quotato in
L u ss e m b u r go , è
stato collocato da Jp
Morgan, Mediobanca e Unicredit.
La domanda è stata
pari a oltre 2,2 miliardi e il portafoglio
Ceo Carlo Cimbri
ordini ha visto la
presenza di investitori esteri pari a circa il
70% del totale. I titoli pagano una cedola
fissa del 5,75% fino alla prima data per il
rimborso anticipato, prevista nel giugno
2024. Successivamente il rendimento sarà parametrato al tasso euribor a tre mesi
più uno spread di 518 punti base.
L’elevato interesse internazionale per
il terzo gruppo assicurativo italiano (e
primo nei rami danni) rappresenta un
segnale di attenzione degli asset manager esteri nei confronti da un lato del
merger che ha dato vita alla nuova compagnia e dall’altro del nostro mercato in
generale.
Le Generali danno ufficialmente il via allo scioglimento
di Telco, la società che con il
22,4% è stata finora l’azionista
principale di Telecom Italia.
Ieri il consiglio del Leone presieduto da Gabriele Galateri
ha deliberato di esercitare, come previsto dal patto, l’opzione di scissione e ha dato mandato al group ceo Mario Greco
di definirne le modalità.
«L’uscita da Telco», si legge
nella nota diffusa al termine
del board che si è tenuto a Roma, «è in linea con la strategia
del gruppo di gestire i propri
asset in maniera attiva e permetterà una maggiore facilità
nella gestione dell’investimento».
E sempre ieri il gruppo triestino ha comunicato di aver
perfezionato la cessione di Fata a Cattolica. Beneficio per il
Leone è di 194,7 milioni con
un impatto positivo sull’indice di Solvency di 0,7 punti percentuali. Il totale delle dismissioni «non core» passa dunque così a 2,6 miliardi sui 4 indicati da Greco come target
nel piano triennale. Cattolica,
che con questa acquisizione
diventerà il quarto gruppo italiano nel ramo danni, ha avuto
come advisor finanziari SocGen e Mediobanca.
Per quanto riguarda Telco
Generali, che detiene il 19,3%
della società il cui primo azio-
Il manager
Mario Greco, 54
anni. Da
quasi due è
amministratore
delegato di
Generali. Ex Mc
Kinsey e Allianz.
Ha ricoperto
il ruolo di Ceo
di Zurich
Insurance
nista è Telefonica con il 66%,
sfrutterà dunque la prima finestra utile per uscire prefissata a suo tempo fra il 15 e il 30
giugno. E analogamente procederanno Mediobanca e Intesa Sanpaolo, socie con il 7,3%
ciascuna. Piazzetta Cuccia non
ha bisogno di passaggi in consiglio perché ha già deliberato
l’operazione approvando nel
giugno dello scorso anno il
piano triennale che prevede
l’uscita dai patti, tra cui appunto quello Telco-Telecom. A
quanto risulta poi il consiglio
di gestione di Intesa ha deciso
di esercitare il diritto la settimana scorsa e ha dato mandato a procedere all’amministratore delegato Carlo Messina.
I tempi della scissione dipenderanno anche da quelli di
notifica alle autorità argentine
e brasiliane. Quando comunque sarà definita il Leone avrà
in portafoglio il 4,3% circa diretto di Telecom e una quota di
debiti vicina a 475 milioni,
mentre le banche si ritroveranno con l’1,6% della compagnia telefonica e debiti per 170
milioni. La spagnola Telefonica sarà il primo socio con il
15%.
Infine Sergio Balbinot, numero due a Trieste (è il vice di
Greco nel comitato internazionale dei 10 top manager del
gruppo) e capo della attività
assicurative del gruppo è stato
confermato alla presidenza
dell’organizzazione degli assicuratori europei.
Sergio Bocconi
Bankitalia cede il 60,3%
di Bonifiche Ferraresi
La Banca d’Italia (nella foto il soffitto del salone di Palazzo
Koch) ha ceduto ieri a B.F. Holding spa il 60,3% del
capitale di Bonifiche Ferraresi per 103,5 milioni di euro.
Ieri ha sottoscritto il contratto di compravendita
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La proposta di Equita sim
La Procura di Vallo della Lucania
«Borsa, incentivi fiscali per il rilancio» Mussari e Vigni a giudizio per usura
Cinque misure per risvegliare in Italia l’interesse sull’investimento azionario. Equita
Sim le ha illustrate ieri a Roma nel corso di un convegno a Roma organizzato
insieme a Borsa Italiana, e sono incentrate sulla fiscalità. A partire dall’abolizione
della Tobin Tax «inefficiente e dannosa» si legge nello studio. Equita propone una
modulazione del prelievo sul capital gain in funzione del periodo di investimento.
Poi l’introduzione di una «super Ace» (Aiuto alla crescita economica, ndr) per le
società che si quotano e un credito di imposta per i costi di quotazione. Infine
incentivi agli intermediari per la produzione di ricerca sulle small cap.
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Il gip di Vallo della Lucania, Valeria Campanile, ha rinviato a giudizio
l’ex presidente di Mps Giuseppe Mussari e l’ex direttore generale Antonio
Vigni per usura bancaria nell’ambito di un procedimento avviato dopo
l’esposto di un cittadino di Agropoli. Dalle indagini è emerso che a fronte
di un tasso soglia medio del 14,753% Mps avrebbe riscosso un Teg medio,
che è il tasso effettivo globale, di quasi il 35%. Mussari e Vigni sono finiti
nell’inchiesta perché in qualità di presidente e direttore generale
avrebbero autorizzato interessi usurari ai danni del cliente della banca.
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S. Bo.
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Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
Economia 31
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Il negoziato L’ipotesi della società ad hoc per i dipendenti
Etihad investirà
1,25 miliardi su Alitalia
E vuole 2.251 esuberi
I sindacati: sì al piano, ora gli strumenti
ROMA — Scendono i toni
della protesta dei sindacati sul
piano degli esuberi che il vettore
emiratino Etihad propone per
acquistare fino al 49% di Alitalia.
Merito delle rassicurazioni fornite ieri dal ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, e del Lavoro, Giuliano Poletti, anche a
margine del tavolo al quale ieri
hanno incontrato i vertici sindacali. «Quello che ci interessava,
era sapere se il governo fosse disposto a sostenere queste persone - ha commentato il leader
della Cisl, Raffaele Bonanni - e il
governo ce lo ha assicurato al
100%».
Ma soprattutto merito del
piano, che ai sindacati sembra
piaciuto perché, come ha osservato per la Cgil, Fabrizio Solari
(che nella trattativa con Air
France-Klm nel 2008 fu tra i fautori del «no»), punta finalmente
sull’intercontinentale di cui è
previsto un aumento del 40%
nel quadriennio con sette aerei
di lungo raggio in più. In ballo ci
sono 1,25 miliardi di investimenti entro il 2018 (di cui 560
milioni subito di capitale sociale). L’utile è previsto nel 2017,
quando il fatturato sarà di 3,6
miliardi.
Quanto agli scali, Fiumicino
prevale con sette nuove destina-
zioni di lungo raggio e 16 nuove
rotte. Malpensa vedrebbe l’incremento dei voli (non delle destinazioni) settimanali entro il
2018 da 11 a 25, ma soprattutto
diventerebbe uno dei tre hub
mondiali del cargo di Etihad, insieme a Abu Dhabi e Pechino.
Infine su Linate c’è indecisione
perché la liberalizzazione delle
rotte, richiesta dagli arabi per
aumentare i voli di medio raggio
e portare quelli Extra-Ue, deve
Le misure
L’investimento
della compagnia
1
Il gruppo emiratino è
pronto a investire oltre
1 miliardo
di euro per rilevare
fino al 49% dell’Alitalia
Al tavolo Il piano Etihad tra le carte di Lupi (Benvegnù-Guaitoli)
per forza riguardare tutti i vettori di quello scalo, per questo se
ne stanno ancora valutando i
costi e i benefici.
Le dolenti note attengono all’organico di Alitalia che passerà
dagli attuali 13.721 a 11.470 dipendenti. Gli esuberi dunque
sarebbero 2.251, compresi i 787
lavoratori in Cig a zero ore, che
Intercontinentale
e 7 aerei in più
2
Il piano punta
sull’intercontinentale:
un aumento del 40%
in 4 anni e 7 aerei di
lungo raggio in più
saranno in Cig sino a marzo
2015; 380 del personale di volo e
1.084 di quello di terra. «Il tema
degli esuberi sarà affrontato domani (oggi per chi legge, ndr)
nell’incontro azienda-sindacati
e il governo ha detto che farà
tutto il possibile» ha detto Lupi,
sottolineando che la trattativa
va chiusa «entro il 15 luglio».
Poletti ha affermato che «tutti
gli strumenti che abbiamo a disposizione secondo le leggi ora
in vigore siamo pronti a utilizzarli al meglio», con ciò escludendo regimi speciali, come
quello che consentì ai lavoratori
della vecchia Alitalia di garantirsi sette anni di ammortizzatori
sociali.
Secondo Solari, il piano industriale presentato da Etihad è
«condivisibile» nei suoi principi, anche se ancora «prudente».
L’impressione è cioè che Etihad
stia tenendo i motori al minimo
per verificare l’affidabilità dell’interlocutore e le reali prospettive di sviluppo, appurate le
quali, potrebbe anche elevare il
proprio impegno. Ai sindacati
dunque sta la responsabilità di
non spaventare Etihad con toni
alti e richieste impossibili. Tuttavia Solari non può fare a meno
di osservare che «allo stato non
sono gestibili le ricadute occupazionali» che il piano comporta.
La promessa d’istituire un tavolo governativo, che si incontrerà regolarmente con il ministro del Lavoro e dei Trasporti,
lascia immaginare soluzioni
«creative», come quella che si
produsse con i lavoratori della
vecchia Alitalia, una parte dei
quali approdò in nuove società
fornitrici di servizi.
Intanto Lufthansa ha tagliato
le stime di crescita per quest’anno e il prossimo. Il titolo è crollato del 16% in Borsa. Non succedeva dall’11 settembre.
Antonella Baccaro
Alleanza
Siemens rilancia
su Alstom
con Mitsubishi
Siemens rilancia la
battaglia per
l’acquisizione di Alstom
alleandosi con il gruppo
giapponese Mitsubishi
Heavy Industries, in
vista di una eventuale
offerta congiunta. Da
fine aprile Siemens
compete con l’offerta di
12 miliardi di General
Electric.
Giovani e imprese
Idee e start up, ecco i 20 cantieri
del progetto di ItaliaCamp
ROMA — Una ventina di progetti con l’obiettivo
di fare crescere il Paese. L’iniziativa di ItaliaCamp è
basata sul contributo e il lavoro di giovani, spesso
trentenni, intenzionati a fornire idee e impegno in
progetti che spaziano dalle cosiddette smart city
(città intelligenti e sostenibili) agli open data in
un’ottica di maggiore trasparenza. Uno dei
modelli adottati è quello della partecipazione
diretta e dal basso alle politiche pubbliche.
Ribattezzato Advocacy Italia è stato presentato ieri
a Palazzo Chigi con il patrocinio della Presidenza
del Consiglio. Il modello di ItaliaCamp si rifà alla
teoria dell’«economia delle soluzioni», per ridurre
il divario tra le aspettative dei cittadini e i servizi
offerti. Finora ItaliaCamp (tra i soci Enel Green
Power, Poste Italiane, Invitalia, Ferrovie, Rcs, Sisal,
Terna, Unipol e Wind) ha generato un indotto di
20 milioni di euro, ossia il risultato delle idee già
tradotte concretamente in progetti, tra le altre c’è
la cosiddetta srl (società a responsabilità
limitata)semplificata per i giovani, da costituire
con appena 1 euro di capitale sociale. Ieri durante
la conferenza stampa a Palazzo Chigi il presidente
dell’associazione Italiacamp, Fabrizio Sammarco,
ha indicato alcuni dei progetti selezionati. «Ci
sono idee che puntano alla valorizzazione
dell’Expo, in modo che si parli dell’evento anche
oltre i confini di Milano». Sammarco ha
sottolineato anche, «l’utilizzo dei fondi confiscati
alla mafia, stimati in circa 3 miliardi, per
finanziare
l’innovazione».
L’indotto
Queste e altre
iniziative saranno
L’iniziativa ha
presentate
generato 20
nell’assemblea
generale di
milioni di indotto
Italiacamp, a Reggio
Emilia il 21 e 22
giugno. Il passo successivo sarà inviare un elenco
delle migliori idee direttamente al governo.
Adottando proprio il modello advocacy, che punta
a mettere insieme, confrontandosi, i cittadini gli
esperti e i decisori.
Andrea Ducci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Professionisti Per uno su cinque possibili misure di sostegno al reddito
Premessa: la maggior parte di coloro (notai esclusi)
che ha letto il titolo e il tema
di questo pezzo avrà reagito
con incredulità o fastidio.
Comprensibile. Perché finora la categoria dei notai, nell’immaginario popolare, rappresenta i professionisti più
facoltosi d’Italia. In realtà è
ancora così per un numero
sempre più esiguo di loro.
I dati diramati dalla Cassa
di previdenza notarile e da
Federnotai ci dicono che il
fatturato medio della categoria, dal 2006 a oggi, è sceso
del 60% con una diffusione
geografica pressoché omogenea su tutto il territorio
nazionale. Ma c’è di più, nello stesso arco di tempo, gli
atti hanno subito una riduzione del 65% per un doppio
effetto combinato: un calo
del 43% delle compravendite
e un crollo del 55% dei mutui.
«Ad influire sui risultati
economici del settore —
spiega Rosaria Bono, vicepresidente di Federnotai — è
stata certamente la crisi del
mercato immobiliare; gli atti
relativi al trasferimento di
proprietà di beni immobili e
servizi connessi rappresentano infatti la metà circa dei
compensi annotati a repertorio. Un dato che coincide con
il calo dei mutui e degli atti
societari».
La crisi però non colpisce
indiscriminatamente: a pagare lo scotto più alto sono i
giovani e i residenti nelle regioni meridionali. C’è un altro dato che fornisce bene la
dimensione del fenomeno: il
20% dei giovani notai avrebbe diritto all’assegno di inte-
grazione da parte della Cassa
di previdenza di categoria. Si
tratta di un’integrazione che
scatta quando un notaio non
raggiunge il reddito minimo
pari a 25 mila euro lordi l’anno. Nel 2012 erano stati 131
gli assegni erogati dalla Cassa mentre nel 2013 sono saliti a 167 con una crescita del
21%. «In realtà sarebbero
molti di più se l’accesso a
questi fondi non fosse così
E-commerce
Class, accordo
a Pechino
con Century
Fortunet
Firmato tra Class Editori
e il gruppo cinese
Century Fortunet
Limited un contratto per
lo sviluppo, in Italia, di
CCIGMall, la piattaforma
di e-commerce B2B
fondata da Century
Fortunet Limited. La
firma è avvenuta ieri a
Pechino, in occasione del
Business Forum sinoitaliano e alla presenza
dei primi ministri Matteo
Renzi e Li Keqiang. La
piattaforma di ecommerce CCIGMall, che
è in piena conformità
con i principi del Wto di
non discriminazione,
commercio equo e
trasparenza.
complesso — precisa la vicepresidente di Federnotai —
infatti si tiene conto della residenza, di eventuali altri introiti e di altri fattori di reddito».
Di tutt’altro tenore è la
questione che riguarda il secondo «paracadute», quello
che interviene nel caso di
mancato versamento del sostituto d’imposta da parte di
notai disonesti che (magari
appellandosi alla crisi) non
versano i soldi dei cittadini
che effettuano regolare atto
notarile. «Si tratta di un fenomeno del tutto marginale
— osserva Bono — in quei
casi a intervenire è il Fondo
di garanzia istituito nel 2005
dal Consiglio notarile che risponde di eventuali danni civili. Quindi i cittadini vengono protetti anche nell’eventualità in cui qualche notaio
disonesto non dovesse versare il sostituto d’imposta. A
tal proposito la novità è che
stiamo aspettando i decreti
attuativi della finanziaria che
prevede il deposito del prezzo e un conto segregato imposte comprese. In pratica si
affida ai notai non solo il versamento delle imposte ma
anche il prezzo pagato per
l’immobile. Il tutto in un
conto segregato che mette al
sicuro da eventuali possibili
manipolazioni. Segno evidente dell’immutato vincolo
di fiducia tra Stato, cittadini e
notariato». Uno dei pochi
aspetti immutati di una professione che sta rapidamente
cambiando pelle, ruolo e
prospettive future.
Isidoro Trovato
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Anche i notai (giovani) a rischio
E la cassa apre due paracadute
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La lista completa dei comparti Invesco autorizzati in Italia
è disponibile sul sito www.invesco.it
Num tel: 178 311 01 00
www.compamfund.com - [email protected]
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32,000
3044,000
18,270
16,490
12,230
19,100
13,800
14,730
14,010
10,628
9,527
14,450
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10,841
32,470
31,050
10,992
5,748
5,817
62,930
15,850
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10,438
13,056
11,893
46,210
32,160
3027,000
18,430
16,630
12,310
19,140
13,830
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198,670
172,890
123,630
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126,880
131,960
134,040
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122,180
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127,900
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100,270
12,127
112,581
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dall’indicazione, riportare la dicitura
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03/06
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116,310
125,120
98,070
103,540
101,590
104,560
107,170
108,910
108,960
105,500
102,830
96,440
111,910
104,920
107,170
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99,540
101,520
101,830
112,970
115,330
124,930
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104,220
106,870
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108,270
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10/06 EUR
86,650
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10/06 USD
85,320
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103,190
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5,542
5,766
7,269
7,276
5,341
4,923
4,586
4,357
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5,353
6,112
5,614
67,570
66,920
114,020
120,280
111,880
106,820
86,480
85,150
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1335243B
Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
Piazza Affari
CROLLANO I DIRITTI SU MPS
TELECOM IN CONTROTENDENZA
di GIACOMO FERRARI
Pausa tecnica per le Borse
europee dopo le quattro sedute
consecutive di rialzo propiziate
dalle misure della Bce volte ad
accrescere la liquidità e a
frenare l’euro. Ieri tutti gli
indici hanno ceduto qualche
frazione di punto, mentre il Ftse-Mib di Piazza
Affari è risultato il peggiore, con un calo dell’1,24%.
Particolarmente colpito il comparto bancario. La
maglia nera è toccata a Monte Paschi (-20,08%), al
centro di aggiustamenti legati all’aumento di
capitale che hanno coinvolto anche il diritto di
opzione, giù a sua volta del 7,68%. Hanno inoltre
perso terreno Mediobanca (-2,88%), Mediolanum
(-2,7%) e Banco Popolare (-2,5%). Dopo la pausa
di martedì, sono tornate le vendite anche su Yoox
(-2,59%). Tenaris (-2,4%) ha risentito invece delle
difficoltà della concorrente francese Vallourec,
colpita dal downgrading di Exane. Soltanto quattro
(e con variazioni minime), infine, i titoli in rialzo
nel paniere delle blue-chips. Si tratta nell’ordine di
Buzzi-Unicem (+0,52%), Salvatore Ferragamo
(+0,33%), Telecom Italia (+0,25%) e Tod’s
(+0,15%).
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Sussurri & Grida
Cucinelli, un trust per la successione in famiglia
(m.s.s.) Tra le motivazioni per cui martedì Governance consulting ha assegnato a Brunello Cucinelli il
premio Lorenzetti ci sono le «eccellenti politiche di
successione». E, secondo indiscrezioni, queste politiche di successione nelle prossime settimane avranno
uno sviluppo importante. Dopo il patto generazionale
varato lo scorso dicembre l’imprenditore umbro sta
per concludere un riassetto che prevede la costituzione
di un trust: vi confluirà la partecipazione in Brunello
Cucinelli (63,321%), gli immobili del borgo di Solomeo
dove ha sede l’impresa e la Fondazione Cucinelli (cui
fanno capo, tra l’altro, la Scuola delle arti e dei mestieri,
il teatro, l’Accademia e la biblioteca). Obiettivo dell’operazione sarebbe proprio quello di proteggere nel
lunghissimo periodo l’unitarietà della proprietà societaria e anche del progetto filosofico che la sostiene.
ne del Foreign Investors Council (Fic), che raccoglie i
principali investitori stranieri nel Paese. Presenti anche rappresentanti di Total, Exxon, Chevron e LukOil
ma non risulta che il presidente kazako abbia avuto altri incontri. Pare evidente che quando parla di «difficoltà», Nazarbayev si riferisca ai guai del giacimento
Kashagan, fermo probabilmente fino a fine anno.
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Descalzi da Nazarbayev (per Kashagan)
Il contratto in mare per i 20 del gruppo
d’Amico (con 4 donne)
«Le relazioni tra Italia e Kazakistan sono sempre state ad alto livello». «Ho fiducia che, nonostante le difficoltà, saremo in grado di portare avanti gli obiettivi
che ci siamo posti». A parlare è il presidente kazako,
Nursultan Nazarbayev, che ieri ha incontrato il Ceo
Eni, Claudio Descalzi alla vigilia della visita di Matteo
Renzi. Con Nazarbayev il ministro dell’energia Uzakbai
Karabalin e il ceo di KazMunayGas Sauat Mynbaev.
Oggi all’Hotel Rixos di Borovoe si apre la XXVII edizio-
(i.co.) Alcuni sono già partiti, gli altri si imbarcheranno entro l’estate con una lettera di assunzione in tasca. Sono i 20 neodiplomati dell’I.T.S. «Fondazione G.
Caboto» di Gaeta che hanno seguito un corso a suo
modo unico: quello di specializzazione in tecnico superiore per la mobilità-conduzione del mezzo navale,
successivo all’Istituto superiore nautico (e integrabile
con un biennio universitario per la laurea di primo livello). Ai 20 giovani la settimana scorsa è stata conse-
gnata anche una lettera di assunzione, un «biglietto»
per l’imbarco immediato sulle navi del Gruppo d’Amico società di navigazione (la controllata d’Amico International Shipping è quotata sul segmento Star), gruppo Carboflotta e Fratelli d’Amico. A bordo saliranno
con un contratto di «convenzione d’imbarco da turno
particolare» e il loro ruolo di partenza sarà quello di
terzi ufficiali di coperta e di macchina. Potranno guadagnare dai 2.500 ai 3 mila Euro netti al mese a seconda delle navi sulle quali saranno imbarcati (carico secco e cisterne), uno stipendio corrisposto per la durata
dell’imbarco, cioè dai tre ai quattro mesi. Il titolo di capitano arriverà dopo 24 mesi di navigazione (primo
ufficiale). Dopo altri 12 mesi a bordo, i capitani diventeranno comandanti-direttori di macchina, una nomina comunque decisa dall’azienda in base al merito. Il
livello del capitano corrisponde a quello di un manager. Tra i futuri comandanti diplomati a Gaeta ci sono
anche quattro donne. Tra di esse Adelaide Capuano, di
Fondi, in provincia di Latina, 21 anni: «Sono l’unica
che naviga in famiglia, mi rendo conto del fatto che sia
una carriera difficile, soprattutto per una donna, ma è
l’unico modo per sentirmi libera». Il rapporto con i
colleghi maschi? Non semplice, ma una volta salite
sulla nave le donne vengono accolte per la loro professionalità.
@IreConsigliere
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Sopaf, in appello assolti i fratelli Magnoni
Sono stati assolti ieri dalla Corte d’Appello di Milano
i fratelli Aldo e Giorgio Magnoni, di Sopaf, e gli altri
cinque imputati nel processo su una presunta truffa ai
danni della Cassa di Risparmio di Ferrara. Per i due fratelli Magnoni il pg aveva chiesto tre anni di carcere.
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34
Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
FINANZIATI DA BORSE DI STUDIO
Quattro video sulla tv
girati da giovani artisti
e trasmessi da Sky
Si chiama «Artevisione». È il progetto pluriennale di Sky
Arte per il Sociale e Care Of (che sarà presentato oggi a
Milano), finalizzato a promuovere la creatività di giovani
artisti. Dal progetto sono nati quattro video-opere (una
sequenza nella foto)firmate da giovani aspiranti Matthew
Barney, che andranno in onda a partire da giugno su Sky
Arte HD. Gli artisti sono: il collettivo Zimmerfrei
(«Intervallo», giovedì 26 giugno, ore 20.50), Bertocco
Ciascun artista, utilizzando il proprio linguaggio, ha
proposto una riflessione inedita e artistica sul «medium»
televisivo nelle sue diverse declinazioni: il «dietro le
quinte» della messa in onda, i tempi sospesi fra
produzione e visione, il potere aggregante del mezzo, la
sua capacità di produrre effetti sull’immaginario e di
spettacolarizzare la realtà.
(«Family Show», 24 luglio, ore 20.45), Giuseppe Fanizza
(«Spectaculum», 28 agosto, ore 20.50) e Yuri Ancarani
(«San Siro», 4 settembre, ore 20.45). Questo progetto, di
durata biennale, ha offerto agli artisti 4 borse di studio
per la realizzazione dei loro video, mettendo loro a
disposizione gli strumenti necessari alla produzione e uno
studio presso la FDV Residency Program, programma di
residenze per artisti della Fabbrica del Vapore di Milano.
Cultura
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ilClassico
Lo sguardo di Rembrandt (a cura di Benjamin Binstock, trad. di
Gisela Jaager Grassi, Castelvecchi, pp. 154, 14) di Alois Riegl
(1858-1905) raccoglie riflessioni sulla pittura olandese del XVI
e XVII secolo. Viennese, Riegl aveva scritto Il moderno culto dei
monumenti, bibbia della conservazione architettonica. (m.be.)
Religione La tecnica spirituale insegnata ai discepoli dal fondatore della Compagnia di Gesù: non ascetica, ma aperta alla gioia e alla grazia
Ieri come oggi, sulle orme del Maestro
Ignazio di Loyola, esercizi d’immaginazione per tornare a vivere la realtà di Cristo
di PIETRO CITATI
I
Giovan Battista Gaulli, detto il Baciccio, «Gloria di Sant’Ignazio», bozzetto per la decorazione della chiesa del Gesù a Roma, circa 1683
Gli scritti
Un continuo pellegrinaggio alla fonte della fede
I due volumi del santo in edicola con il «Corriere»
Due volumi di Ignazio di Loyola sono
compresi ne «La biblioteca di Papa
Francesco» che escono ogni giovedì con il
«Corriere della Sera» (10,90 oltre al
prezzo del quotidiano, e anche in ebook a
partire da 4,99). Il primo, «Esercizi
spirituali», con prefazione di Diego Javier
Fares, è uscito il 5 giugno scorso. Può essere
ancora richiesto chiamando il numero
dell’Ufficio arretrati 800.615121, oppure
richiedendo la copia direttamente al
proprio edicolante oppure online
collegandosi al sito www.corrierestore.it,
all’interno della sezione delle «Religioni»
L’altro volume di Ignazio di Loyola, «Il
racconto del pellegrino. Autobiografia», con
la prefazione di Antonio Spadaro, sarà
disponibile nei punti di vendita a partire dal
4 settembre per una settimana
Ignazio di Loyola (1491-1556) è nato in
Spagna, ha fondato l’ordine dei gesuiti ed è
stato proclamato santo da Papa Gregorio XV
Nei suoi celebri «Esercizi» propone Gesù
come esempio da imitare fino a poter dire
con san Paolo «non sono più io che vivo,
ma Cristo vive in me».
suiti cercavano di ritrovare la natura della
propria anima: ciò che essa aveva di autentico, di originario, di puramente spirituale.
L’emozione era grandiosa. Ma, al tempo
stesso, essi trovavano in sé molte cose diverse: tumulti, peccati, passioni, disordini,
sventure; gli effetti che la caduta aveva prodotto su ciascuno di loro. Così condannavano i disordini, le passioni e i capricci. Rafforzavano la volontà della ragione: certi che
la ragione, sebbene nata dopo il peccato
originale, sarebbe riuscita a salvarli dal peccato. Non temevano di appoggiarsi ad essa
e alla sua sostanza umana: anzi cercavano
di renderla più robusta e affinata, più solida e complicata.
Qualche volta i padri gesuiti si sentivano
soffocare. La vita morale, sia pure virtuosa,
costringeva la loro anima; gli altri esseri
umani opponevano limiti e negazioni al loro slancio amoroso. Avevano bisogno di
spazio. In alcuni testi cristiani trovarono
l’invito a una severissima e strettissima
condizione ascetica. Ma, proprio in Sant’Ignazio, scoprirono l’invito ad abolire
ogni ascetismo e ogni strettezza. Come lui, i
padri gesuiti amavano il cosmo: ammiravano tutte le creature, le stelle, le comete, le
erbe e gli animali; visitavano le più lontane
regioni del mondo; non rifiutavano i piaceri del corpo; e si ergevano sopra i cieli,
ascoltando il palpito della creazione.
La Compagnia di Gesù esigeva dai padri
attività estremamente complicate: essi dovevano, per esempio, lavorare come economi e amministratori. Sebbene ordini più
spirituali condannassero queste attività
pratiche, i padri gesuiti le difendevano con
cautela e tenacia. Si rendevano conto che il
rapporto quotidiano con la realtà allargava
la loro mente, rendeva più sinuosa la loro
intelligenza e la loro fantasia.
Come Sant’Ignazio, avevano altri timori:
l’astrazione dello spirito puro, la follia della
mente abbandonata a se stessa. Gli Esercizi
spirituali erano strettamente legati al tempo del giorno, della settimana, del mese,
dell’anno. La vita di ogni gesuita obbediva
al tempo. Un certo esercizio doveva essere
compiuto all’alba di ogni giorno: allora bisognava guardarsi con diligenza da un particolare peccato; dopo pranzo un altro esercizio ricordava loro quante volte erano caduti in quel peccato.
Tutti i padri gesuiti conoscevano il tempo proprio di ciascuno di loro: l’ordine temporale conteneva una grande e nascosta sapienza, che essi non avrebbero mai finito di
apprendere. Solo coincidendo col tempo,
solo facendolo battere regolarmente sugli
orologi del cuore, essi tenevano aperta
l’anima, e permettevano a Gesù Cristo e allo
Spirito Santo di penetrare dentro di essa.
Chi compiva gli Esercizi spirituali correva un rischio: quello degli scrupoli; vale a
dire i peccati immaginari, ricordi di peccati
passati, dubbi, incertezze, insoddisfazioni,
disgusti, torture dell’intelligenza. Da soli, i
padri gesuiti non riuscivano a liberarsi dagli scrupoli; e rimanevano invischiati nei
relitti della propria anima. Non restava loro
che pregare a lungo Gesù e lo Spirito Santo,
aprendo l’anima alla sovrabbondante grazia di Dio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
©T&CO. 2014
gnazio di Loyola, il
fondatore della
Compagnia di Gesù, aveva un’immensa immaginazione, e la coltivava e la faceva coltivare dai padri
gesuiti, quando essi
eseguivano gli esercizi
spirituali, il cuore dell’insegnamento praticato nella Compagnia.
Imponeva loro di fissare con la mente i
grandi e minimi aspetti dell’immaginario
cristiano: la nascita di Gesù, la sua infanzia,
il battesimo, la tentazione, la passione, la
crocifissione, la sepoltura, la resurrezione.
I gesuiti dovevano rovistare con un’intensità implacabile ciò che portavano dentro il
cuore: niente doveva sfuggire loro, nemmeno un sasso o una pianta o un filo d’erba dei
sentieri che Gesù aveva percorso; nemmeno una parola che egli aveva pronunciato
nelle sinagoghe o lungo il mare. «Bisognava considerare da lontano la strada da Betania a Gerusalemme, se ampia o stretta, se
piana o montuosa»: guardare la tavola a cui
Gesù era seduto, i piatti, le bottiglie, i bicchieri. Così la mente dei gesuiti scendeva
dentro se stessa; e apprendeva l’insegnamento che Gesù Cristo aveva depositato nel
paesaggio che aveva percorso, o nella stanza dove era vissuto.
Quante volte Dio, o Gesù, o lo Spirito era
apparso alla mente dei padri gesuiti! La natura di Dio era un dono: pronto a illuminare
e perfezionare con i raggi della sua grazia il
cuore dei padri. Era disposta a effondersi,
sempre più generosa e più vasta; e a ricevere ciò che dagli uomini saliva verso di lui:
«Prendi, Signore, e ricevi/ tutta la mia libertà,/ la mia memoria,/ il mio intelletto,/
e tutta la mia volontà/ tutto ciò che ho e
posseggo;/ tu me lo hai dato,/ a te, Signore, lo ridono;/ tutto è tuo».
Dio confortava, consolava, addolciva con
una gioia inesauribile. «Ridete, figliolo,
Ignazio disse a un novizio, e siate allegri nel
Signore, poiché un religioso non ha nessun
motivo per essere triste e ne ha mille per
gioire».
Quando si voltavano indietro, i padri ge-
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Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
Premi Entrano anche Pecoraro e Cilento. Sfidanti racchiusi in soli undici voti. Esclusi i piccoli editori
Istantanee
Strega, Catozzella guida la cinquina
Una cena a Schio, l’ex città dei tessuti
I RAGAZZI MI CHIEDONO:
«TUTTO BENE?»
Sorprese al primo verdetto: i favoriti Piccolo e Scurati rincorrono
di PAOLO FALLAI
LABORATORIO PER BAMBINI AL MUSEO «MADRE» DI NAPOLI
di CLAUDIO MAGRIS
A
Schio, un sabato sera. La Manchester
italiana, si diceva sino a pochi anni fa,
quando l’industria tessile faceva della piccola città un
florido cuore del sanguigno,
terrigno e ruspante Veneto,
esempio di come vadano
d’accordo carnalità e devozione, robusto lavoro e dolce
cinica vita. Ora la crisi ha in
parte svuotato di soldi e di
allegria la ricca cittadina, i
tessuti si fanno in Cina. Ce-
❜❜
Sono in una
pizzeria. C’è un
unico avventore.
Mangia guardando
fisso davanti a sé
no, da solo, in una pizzeria.
C’è un unico altro avventore.
Mangia guardando fisso davanti a sé. Se non ci fosse lui,
la sala sarebbe semplicemente uno spazio fisico
provvisoriamente vuoto, che
non fa né bene né male a
nessuno. La sua presenza, la
sua lontananza inaccessibile
e il suo sguardo perso rivolto
alla parete la riempiono invece di una infinita e sconsolata solitudine. Talvolta non
si è mai così soli come quan-
Cultura 35
italia: 51575551575557
do si è in due. Una piccola
sacra rappresentazione dell’esilio dall’Eden.
Esco a fumare il mio sigaro. La sera è umida, qualche
inoffensiva goccia stilla dall’aria. Mi siedo sul marciapiede, fumando. Passa davanti a me un piccolo gruppo di ragazzi e ragazze, un
paio arrivati da qualche Paese africano. Passandomi davanti, uno di questi, con un
accento già quasi veneto mi
chiede, chinandosi verso di
me: «Tutto bene?». Evidentemente da una parte la mia
età dall’altra l’abito e l’impermeabile non particolarmente eleganti, ma inequivocabilmente e rispettabilmente
borghesi, rendono sospetta
quella postura. Li rassicuro,
anche se l’espressione, «tutto bene», presa alla lettera,
potrebbe essere impegnativa e discutibile.
Chiacchieriamo un po’,
uno mi dice che proviene dal
Senegal, una ragazza nata e
sempre vissuta nella vicina
Thiene fa la barista. Mi viene
in mente che non ho mai
chiesto «tutto bene?» a nessuno accovacciato a terra. I
ragazzi si allontano ridendo.
È stata proprio una bella sera, penso con gratitudine alzandomi e avviandomi verso
l’albergo, e la loro, come è
giusto, sarà probabilmente
ancora più bella. Tutto bene.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’
ingordigia dei grandi gruppi, stavolta, non ha lasciato neanche un posto
in cinquina ai piccoli editori: Mondadori/Einaudi ne ha portati addirittura due. Sembra tutto secondo copione anche
per questa edizione dello Strega. Guida la cinquina Giuseppe Catozzella con Non dirmi che
hai paura (Feltrinelli). La sua storia di immigrazione, che ha preso 57 voti, nei giorni scorsi aveva già vinto la prima edizione del Premio
Strega Giovani (400 gli studenti che hanno
partecipato da tutta Italia) e il voto collettivo
della Dante Alighieri.
Il favorito della vigilia, se per vigilia si intende almeno dall’anno scorso, Francesco Piccolo con Il desiderio di essere come tutti (Einaudi) ha preso 53 voti. È arrivato terzo in questa classifica molto parziale ma il suo romanzo di autocoscienza collettiva della sinistra
italiana conterà i voti «veri» solo al Ninfeo di
Villa Giulia. Quello che si presenta come il più
accreditato a contendergli la vittoria, Antonio
Scurati con Il padre infedele (Bompiani), ne
ha conquistati 55, arrivando secondo. Anche
lui giocherà le sue carte soprattutto in finale.
Scurati, presentato dall’ultimo vincitore
dello Strega, Walter Siti e da Umberto Eco,
propone un romanzo che affronta un tema rovente come il ruolo dei padri e si mette nuovamente in gioco, evento raro tra gli scrittori,
dopo la delusione del 2009 quando fu Tiziano
Scarpa a vincere lo Strega superandolo per un
solo voto. Candidato da tutti a fare il terzo incomodo, Francesco Pecoraro con La vita in
tempo di pace (Ponte alle Grazie) ha ricevuto
49 voti e punta a diventare una possibile scelta
per chi ha sostenuto fin qui i piccoli. Completa la cinquina Antonella Cilento con Lisario o
il piacere infinto delle donne (Mondadori),
con 46 voti e uno sgargiante completo color
aragosta. Il suo romanzo ha avuto un’ottima
accoglienza critica e il voto ha smentito chi
pensava che potesse pagare la necessità del
gruppo Einaudi/Mondadori di non correre rischi.
Con questa spaccatura tra i grandi editori e
gli altri, quello che si è giocato oltre la cinquina è un vero e proprio campionato dei piccoli:
lo ha vinto, a soli tre voti dalla quinta posizione, Elisa Ruotolo con Ovunque proteggici
(Nottetempo) che ha avuto 43 preferenze. A
seguire Come fossi solo (Giunti) di Marco Magini (22 voti); Bella mia (Elliot) di Donatella Di
Pietrantonio (19 voti); La terra del sacerdote
(Neri Pozza) di Paolo Piccirillo (17); Nella casa
di vetro (Gaffi) di Giuseppe Munforte (13). Ha
ottenuto 10 voti la candidatura personale di
Giorgio Pressburger con Storia umana e inu-
In corsa
Il presidente De Mauro e il ministro Franceschini ieri a Casa Bellonci (foto Benvegnù-Guaitoli)
La cinquina dei
finalisti. Dall’alto:
Giuseppe Catozzella
(57 voti), Antonio
Scurati (55 voti),
Francesco Piccolo
(53 voti), Francesco
Pecoraro (49) voti,
Antonella Cilento
(46 voti)
mana (Bompiani). Con la sua sola presenza —
primo romanzo a fumetti mai ammesso al
Premio Strega — Gipi aveva già ottenuto di
scompaginare acque fin troppo ferme. I 17 voti
presi da unastoria (Coconino Press-Fandango) non sono né pochi né tanti: sono un mezzo miracolo.
La sauna di Casa Bellonci era stata animata
dall’esordio come votante del ministro per i
Beni culturali, Dario Franceschini, nominato
quest’anno tra gli «Amici», e da amico ha subito definito «un’eccellenza» il premio Strega:
«Riesce nella magia, con la cinquina e con la
vittoria finale, di far crescere le vendite».
Franceschini ha promesso «sostegno» al Premio e al Centro per il Libro che negli ultimi
anni ha subito una forte diminuzione dei fondi, rivelando il suo progetto di lanciare un
grande Festival della lettura nelle scuole italiane, dalle elementari alle superiori: «Possiamo farlo un venerdì e un sabato, d’accordo
con i vertici scolastici, portando nelle aule
editori, scrittori, festival e premi letterari.
Ognuno può fare la sua parte per coltivare la
lettura con i ragazzi e i bambini».
Tutto scontato quindi per la serata finale
del 3 luglio? Proprio no. Il gruppo Mondadori/Einaudi dovrà concentrarsi su Piccolo, ma
sembra difficile che possano esporre Antonella Cilento a un ruolo di mera comparsa. E poi
lo scarto dei voti tra il verdetto sulla cinquina e
quello finale è una tradizione antica. Sembra
quasi che l’opera di svecchiamento avviata da
Tullio De Mauro e dal coordinatore della Fondazione, Stefano Petrocchi, cominci a dare
di STEFANO BUCCI
N
ell’oscurità, oltre gli schermi che
senza soluzione di continuità
trasmettono i trentasei piccoli
film di João Maria Gusmão e Pedro Paiva, si ritrovano fantasmi eccellenti: il
cinema dei fratelli Lumière e di Georges Méliès; la filosofia di Henri Bergson e Friedrich Nietzsche; la poesia e la
scrittura di Victor Hugo e Jorge Luis
Borges; la patafisica (ovvero «la scienza delle soluzioni immaginarie») di Alfred Jarry; le prime ricerche di Isaac
Newton. Sono, dunque, ombre e pensieri antichi che i due giovani artisti
portoghesi (protagonisti della monografica curata da Vicente Todolí che si
apre oggi all’Hangar Bicocca di Milano,
in programma fino al 26 ottobre,
www.hangarbicocca.org) si propongono però di attualizzare. Trasformandoli «in un caleidoscopio sorprendente, capace addirittura di aprire una
nuova percezione del mondo».
Ancora una volta, accanto ai Sette
palazzi celesti di Anselm Kiefer (opera
simbolo di questo spazio industriale
riconvertito con successo all’arte contemporanea) e alle Installations di Cildo Meireles (mostra in corso fino al 7
luglio), l’Hangar ha scelto la via di
un’unica grande installazione che oltre
ad accogliere la produzione filmica del
duo Gusmão (1979)-Paiva (1977) invita
João Maria Gusmão (Lisbona, 1979) e Pedro Paiva (Lisbona, 1977), «The soup» (2009)
il visitatore a muoversi liberamente
nello spazio «per trovare punti di vista
sempre differenti, visto che la percezione cambia con il variare della prospettiva scelta».
A questo servono dunque quei piccoli film proiettati in un silenzio praticamente assoluto, rotto solo dalla macchina da proiezione. Come Eye Eclypse
(2007) ispirato alle similitudini tra l’occhio, l’uovo e la luna; come The Soup
(2009) dove un gruppo di scimmie è
impegnato ad afferrare e a mangiare
patate da una pentola; come 3 Suns
(2009) che prende spunto dai primi
esperimenti ottici di Isaac Newton (i
due lavori hanno rappresentato il Portogallo alla 53ª Biennale di Venezia). O
come le tre camere oscure (Motion of
astronomical bodies, 2010; Camera inside camera, 2010; Before falling
asleep, 2014) che confermano l’interesse dei due artisti per le origini del cinema e che ricreano «il principio della visione sulla retina, il meccanismo con
cui le immagini si imprimono al contrario sulla retina, prima di essere rielaborate dal cervello umano».
Nulla è mai come sembra sembrano
voler dire le opere di Gusmão e Paiva,
entrambi nati a Lisbona, che si sono
conosciuti al terzo anno del corso di
La serata
Quinto e sesto piazzamento divisi
da tre preferenze. Franceschini:
«Questa è un’eccellenza. Ora un
festival della lettura nelle scuole»
serata del 3 luglio a Villa Giulia, considerata la
forza dei contendenti, Piccolo, Scurati e Pecoraro e senza dimenticare la fresca vivacità di
Catozzella e il successo della Cilento.
Il resto lo fanno i corteggiatissimi votanti
del Premio Strega che sono sempre più inclini
a promettere il loro voto a chiunque li cerchi.
Per telefono, per mail, perfino vergando eleganti biglietti in bella calligrafia. Facendo impazzire i poveri staff incaricati di fare i conti
(meritano solidarietà) e divertendosi come
matti. Non sono meravigliosi?
@pfallai
© RIPRODUZIONE RISERVATA
In Friuli
Mostre All’Hangar Bicocca di Milano una monografica dedicata a due giovani artisti portoghesi
L’altro universo di Gusmão e Paiva:
niente è come sembra (neppure il film)
qualche frutto. Intanto l’allargamento della
platea dei 400 «Amici della domenica» con i
60 lettori scelti dalle librerie indipendenti e i
quindici voti collettivi espressi da scuole, università e Istituti Italiani di Cultura all’estero,
qualche incertezza la regala. Sembra, e bisognerebbe sottolineare l’ipotesi con un pennarello, che possa emergere un po’ di inquietudine tra chi era abituato a fare i calcoli a marzo, per riscuotere a luglio. Briciole di incertezza che potrebbero mettere un po’ di sale alla
pittura all’università (la prima mostra
«in coppia» è del 2001). I loro pappagalli (poco) parlanti, i loro uomini che
mangiano (davvero) pietre, i loro taxisti che scendono (e risalgono) da auto
in corsa, i loro stranissimi (e inquietanti) pesci ancora vivi dentro al piatto
sono così «ombre eterne», metafore
senza tempo della condizione umana.
Poco importa allora che si tratti di
immagini spesso spiazzanti se non addirittura disturbanti. Perché l’effettostraniamento è una delle idee chiave
della mostra dell’Hangar Bicocca: cominciando dal pappagallo (Papagaio è
appunto il titolo della mostra) che
compare nel primo lavoro del percorso, un pappagallo «ripreso a velocità
estremamente rallentata mentre pronuncia parole incomprensibili e che
diventa metafora dell’impossibile tentativo dell’uomo di proiettare la propria immagine sugli animali».
Ma Papagaio è anche il titolo di una
delle produzioni realizzate ad hoc per
Hangar Bicocca, un film di quaranta
minuti totalmente «diverso dai soliti»
(per i due artisti è la prima volta) girato
in un’ex colonia portoghese nel Golfo
di Guinea. Dove si intrecciano danze,
balletti, frammenti di una trance collettiva che segue una cerimonia animista. Gli artisti l’hanno scelto (e girato in
loco), per tanti motivi: ma prima di tutto perché Gusmão e Paiva amano cimentarsi con esperienze e immagini
non ancora inserite nei comuni codici
di rappresentazione. Niente di meglio
per dimostrare, secondo loro, che
quello che appare non è mai la verità.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
A sinistra, il Castello di Villalta, che
ospiterà domenica i
finalisti del Premio
di poesia: Valerio
Magrelli, Alba
Donati, Maurizio
Cucchi, Emilio
Rentocchini,
Raimondo Iemma
e Michele
Montorfano
Sei poeti per il Villalta
e domenica il reading
A
nnunciati i sei finalisti del friulano Premio Castello
di Villalta Poesia, giunto alla seconda edizione e
nato con lo scopo di avvicinare poeti di generazioni
diverse. Due sono infatti le giurie del riconoscimento
presieduto da Marina Gelmi di Caporiacco: l’una,
«senior», di autori e critici editi e riconosciuti (Antonella
Anedda, Alberto Bertoni, Roberto Galaverni, Antonio
Riccardi, Gian Mario Villalta), e una seconda giuria di
giovani (Roberto Cescon, Tommaso Dio Dio, Massimo
Gezzi, Azzurra D’Agostino e Franca Mancinelli). Il lavoro
delle giurie ha portato a una prima rosa di sei nomi, da
cui verranno scelti prima tre superfinalisti e poi, a
novembre, il vincitore. Intanto, i finalisti sono Maurizio
Cucchi con Malaspina (Mondadori), Alba Donati con
Idillio con cagnolino (Fazi), Valerio Magrelli (nella foto)
con Il sangue amaro (Einaudi), Emilio Rentocchini con
Stanze di confine (Il Fiorino), Raimondo Iemma con Una
formazione musicale (Le voci della luna) e Michele
Montorfano con Mnemosyne (Lieto Colle). I sei poeti
verranno presentati al pubblico nella serata di domenica
15 al Castello di Villalta a Fagagna, in provincia di Udine
(ore 18.30), con un dibattito insieme ai giurati sui temi
della poesia e con letture dai testi finalisti. (ida bozzi)
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36
Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
Eventi
AXEL HARTMANN
italia: 51575551575557
LA RASSEGNA
DI VERONA
Il dibattito Smart Energy Expo catalizzatore di scommesse
imprenditoriali da presentare nel corso del semestre europeo
Energia
Come fermare
l’inefficienza
S
i chiamano smart meter
e sono i contatori energetici intelligenti di ultima generazione che
permettono di capire in tempo
reale quanta energia si sta consumando all’interno della propria abitazione. Nel mondo ne
verranno installati circa 800
milioni secondo Telefonica,
mentre in Italia Enel ne ha già
montati 34 milioni e prevede
di allacciarne altri 50 milioni
in tutta Europa entro 2018. I
nuovi contatori, in grado di far
dialogare gli edifici con le reti
elettriche intelligenti, sono
utili per avere un riscontro di
quanto effettivamente si risparmia dopo un intervento di
riqualificazione. In particolare,
tra dieci anni l’80% delle case
europee dovrà esser dotato di
questi convertitori per arrivare
ad una copertura del 100% nel
2022. Ma l’Italia sembra arrivare piuttosto preparata, visto
che l’efficienza energetica è il
settore dove gli investimenti
pubblici hanno triplicato gli
stanziamenti negli ultimi dieci
anni, registrando un +148%. Di
smart meter e molto altro si
parlerà a Smart Energy Expo,
la prima manifestazione internazionale dedicata all’efficienza energetica ed alla white e
green economy, dall’8 al 10 ottobre a Veronafiere. Se l’edizione dello scorso anno si era
conclusa con delle proposte
concrete che hanno contribuito alla stesura della Strategia
energetica Nazionale del governo, quest’anno si farà un
passo in più, visto che l’Italia
nel secondo semestre dell’an-
Le strategie anti-sprechi
L’Italia è in prima fila
con le piccole eccellenze
no sarà Presidente di turno del
Consiglio dell’Unione Europea. «Daremo un contributo al
semestre di Presidenza in modo diretto ed efficace coinvolgendo imprese, P.A., professionisti e cittadini, con nuove
soluzioni, prodotti e fornendo
risposte concrete ad ogni esigenza del settore» dichiara il
Idea vincente dal Sud
Le prese elettriche
che aggiornano
e fanno dialogare gli
elettrodomestici datati
stallazione di pannelli solari ai
cappotti termici» continua il
prof. che insegna anche Economia e Gestione delle Imprese all’Università di Verona.
Novità tra gli stand
Smart Building Project è una
di queste piccole eccellenze del
paese. Si tratta di un gruppo di
l’Università di Cosenza, il professore ha deciso di tentare
l’avventura imprenditoriale nel
campo ingegneristico. «Si tratta di prese elettriche intelligenti che, se da un parte si collegano ai normali attacchi della
corrente, dall’altro comunicano con la centralina elettrica,
grazie ad un dispositivo smart
Dati in milioni di dollari
306,7
300
Francia
276,1
265,1
Germania
ITALIA
200
223,9
182,8
183,2
Spagna
152
Regno Unito
150
125
74,4
50
38,3
21,3
3,5
71,6
34,9
23,4 7
0
2002
0
2003
76
83,8
121,5
83,6
27,6 4 24,6 5
0
2004
0
2005
14,1
8,2
5,8
2006
130,4
166,4
130,7
117,7
119,6
63,6
52,6
31,9
27,6
171,8
163,8
95
86,7
31,9 34,2
210
134
106,7
100
0
incorporato», spiega. È così
possibile dialogare a distanza,
accendendo e spegnendo un
elettrodomestico, regolandone
il consumo, avendo sempre
ben presente quanto si spende.
In pratica, grazie a questo dispositivo, anche chi ha lavatrici
«datate» potrà renderle intelligenti e in grado di «parlare»,
Il risultato raggiunto
Testa, presidente del
comitato scientifico:
«Abbiamo sviluppato una
filiera tutta nazionale»
Investimenti pubblici in ricerca e sviluppo nell’energia
250
direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani.
«Siamo stati i primi a realizzare una fiera dedicata esclusivamente all’efficienza energetica, che oggi l’Italia è in grado
di realizzare interamente in
“casa” perché ha tutte le competenze scientifiche e tecnologiche necessarie», spiega Federico Testa, Presidente del
Comitato Scientifico di Smart
Energy Expo. «Nel corso di
questi anni abbiamo sviluppato una filiera, formata da grandi e piccole aziende all’avanguardia, in grado di coprire
tutte le fasi produttive, dall’in-
giovani ingegneri under 30 che
si sono aggiudicati un bando
del Miur sull’innovazione sociale destinato alle regioni del
sud. «È un progetto del valore
di 625 mila euro, che ci piacerebbe commercializzare», afferma l’ ideatore Raffaele De
Rose. Dopo un dottorato al Dipartimento di elettronica del-
11,5
2007
37,8
11,2
13,9
2008
2009
25,3
18,5
2010
2011
2012
Fonte: Elaborazioni I-Com su dati IEA e OECD
D’ARCO
gestendole a distanza. È anche
un modo per valorizzare i vecchi elettrodomestici esistenti,
ancora molto diffusi al sud.
«Ulteriori applicazioni prevedono invece di gestire l’elettricità proveniente da fonti alternative come i pannelli fotovoltaici» continua l’ingegnere calabrese. Il sistema è in grado di
capire quando si è dinanzi ad
un sovraccarico di energia e,
invece di far scattare il contatore, l’energia si direziona altrove, dove l’accumulo è più basso. «Al momento la scatoletta
della smart box è un pò rozza,
vorremmo ottimizzarla con
idee di design», aggiunge De
Rose.
Start up energetiche
Tra le altre anteprime che
verranno presentate durante la
manifestazione Smart Energy
Expo c’è anche Midori, una
start up dell’Incubatore del Politecnico di Torino (I3P). Propone strumenti innovativi di
smart metering e di analisi
energetica e ha inventato un
modulo Kiui Pig che, a partire
dall’analisi dei consumi, fornisce suggerimenti personalizzati, semplici e molto intuitivi,
per ridurre il più possibile gli
sprechi. L’azienda Alpiq proporrà invece nuove colonnine
per la ricarica veloce dei veicoli
elettrici.
Un canale web per la cogenerazione
Quest’anno tra gli stand c’è
una novità interattiva in più.
Cogeneration Channel è un
nuovo canale tv totalmente
dedicato al mondo della cogenerazione lanciato da AB, leader nella produzione in contemporanea di energia elettrica e calore, che durante la fiera
proporrà interviste ed approfondimenti esclusivi.
Barbara Millucci
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La storia Il sistema digitale creato dal Fab Lab per rendere i cittadini partecipi della gestione urbana. Avviato con un crowdfunding, ora ha il sostegno di grandi aziende
Una città mappata «dal basso», la sfida di Barcellona
M
appare le città grazie ai dati inseriti dai cittadini. Creando nuove
cittadinanze di gross democracy (democrazie dal basso), in grado di far ripartire l’economia secondo nuove logiche produttive. Si chiama Smart Citizen ed è una piattaforma creata dal
Fab lab (laboratorio di fabbricazione
digitale) di Barcellona in grado di
coinvolgere e rendere i cittadini partecipi nella gestione della città. Il sistema collega in modo intelligente tra
loro dati, persone, conoscenze, con
l’obiettivo di dar vita a nuove città parallele, dove le economie produttive
possano tornare ad avere slancio, perché in grado di produrre nuovi oggetti richiesti dalla collettività.
«Grazie ai dati delle amministrazioni pubbliche ed i cittadini avremo
nuove città che non saranno più semplici planimetrie o spazi geometrici,
ma luoghi dotati di senso in grado di
mappare anche le nostre sensazioni e,
sulla base di queste, regalarci nuovi
spazi urbani più vivibili, rispettosi
dell’ambiente e più vicini a quelle che
sono le nostre esigenze», racconta
l’architetto Silvia Brandi coordinatri-
ce accademica dell’Iaac, l’Istituto di
tecnologia avanzata della Catalogna.
«Il progetto è nato da una ricerca di
studenti che, come istituto, abbiamo
deciso di affiancare». A quel punto
sono partite due campagne di
La siesta Studenti all’esterno del Museo di arte contemporanea (Getty)
crowdfunding, la prima sulla piattaforma spagnola Goteo, dove sono stati raccolti oltre 13 mila euro, la seconda su Kickstarter da cui sono arrivati
68 mila dollari in 30 giorni. «Oggi al
nostro progetto di democrazia partecipata collabora anche Cisco», aggiunge l’architetto italiano. Le nuove
mappe cartografiche, che si delineano
in tempo reale grazie agli open data,
possono segnalare il grado di inquinamento, il rumore, l’illuminazione,
l’umidità dei luoghi in cui si vive. Ma
anche fornire indicazioni su dove un
cittadino vorrebbe veder installato un
ricaricatore solare per cellulari. Tutti
elementi utili a vivere meglio negli
scenari delineati nella terza rivoluzione industriale.
Visualizzare i dati sulle mappe è
una sfida importante perché permette
di creare nuova conoscenza. Non solo
rendendo più consapevoli i cittadini
che possono così decidere del loro futuro, ma anche le amministrazioni
che possono capire in che luoghi erogare servizi utili alla collettività. Gli
open data referenziati, ad esempio,
permettono di capire dove la popolazione maggiormente invecchia e decidere di creare in quel punto del cursore un ospedale. «Dobbiamo ridefinire
il significato della parola cittadinanza,
dal momento che fino ad ora abbiamo
pensato alle città solo come luoghi di
consumo e spazi da usare», afferma
Tomas Diez, ideatore del Fab Lab di
Le info dagli open data
Un esempio: capire dove
la popolazione invecchia
maggiormente. Per decidere
così di costruire un ospedale
Barcellona. «In questo contesto le tecnologie saranno cruciali, in particolare le piattaforme open source come
Arduino che offrirà alla gente possibilità di agire nella realtà, fornendo gli
strumenti per creare nuova economia», oltre ad un nuovo senso di appartenenza alla propria città. Nei Fab
Lab più sperimentali del mondo, infatti i beni si producono concretamente, ma non su larga scala. Si tratta
spesso di piccoli oggetti, come dispositivi tecnologici o stampanti 3D, che
si adattano alle esigenze locali. «Durante il prossimo FAB10, il decimo Fab
Lab Conference, che si terrà il 2 luglio
a Barcellona — continua Diez — lanceremo Fab City, un’iniziativa che studierà come applicare i nuovi concetti
di produttività nelle città, partendo
proprio dalla fabbricazione digitale».
Così magari in futuro, per eleggere
sindaci e governi durante le elezioni,
smetteremo di usare ancora matite ed
enormi scatoloni di carta.
B. Mil.
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Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
Eventi 37
italia: 51575551575557
L’appuntamento A Verona dall’8 al 10
ottobre, la seconda Smart Energy Expo
(www.smartenergyexpo.net) è la manifestazione
internazionale che presenta soluzioni, prodotti e
tecnologie per l’efficienza energetica nella
nostra società, dall’industria ai trasporti,
dall’agricoltura alle città, dal terziario ai servizi.
Il summit A inaugurare la tre giorni di Smart
Energy Expo sarà il Verona Efficiency Summit,
che punterà a sviluppare, grazie alla presenza
di autorevoli esponenti del mondo istituzionale,
politico e finanziario, proposte concrete di policy
sull’efficienza energetica, partendo dall’analisi
dello stato dell’arte del settore.
Scarica
l’«app»
Eventi
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gallery fotografiche e la mappa degli
appuntamenti più importanti in Italia.
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di Apple la nuova applicazione
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Sera Eventi».
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Lo scenario mondiale Le indicazioni della Iea per razionalizzare i consumi a fronte di una domanda in crescita
Aumenta l’impegno per il risparmio
Al «carburante invisibile» 8.000 miliardi
Le previsioni fino al 2035. «Con più saggezza, forniture sicure e meno care»
di DANILO TAINO
N
34
i milioni di contatori intelligenti già
installati dall’Enel nelle case in Italia
per capire in tempo reale quanta
energia si consuma
Il picco della
sostenibilità
Lo Shard di
Londra, progettato
da Renzo Piano: il
95% dei materiali
di costruzione è
riciclato; il sistema
elettrico e di
riscaldamento
consente un
ulteriore risparmio
del 10% sulle
emissioni di CO2
ei prossimi 15 anni, gli investimenti a maggiore crescita nel mondo
dell’energia saranno quelli che riguardano l’efficienza, soprattutto
nei trasporti e nelle costruzioni. Lo prevede
il World Energy Investment Outlook appena pubblicato dalla Iea, l’Agenzia internazionale per l’Energia. Non è cosa da poco:
significa che il mercato e la razionalità alla
fine stanno convergendo, con benefici economici e con riduzioni significative di
emissioni a effetto serra.
L’analisi della Iea — agenzia che opera a
nome dei maggiori consumatori di energia
— calcola che nel 2013 siano stati investiti
1.600 miliardi di dollari per rispondere alla
domanda e altri 130 per migliorare l’efficienza energetica. Un rapporto di dodici a
uno. Tra ora e il 2035 — stima l’organizzazione — questi investimenti dovranno crescere stabilmente, per fare fronte alle necessità. Nel periodo, dunque, saranno messi in campo 40 mila miliardi di dollari per
garantire le forniture: meno di metà per rispondere alla domanda crescente e l’altra
parte per fare fronte al declino della produzione di campi di gas e petrolio già in uso e
per rimpiazzare impianti di produzione di
energia e di raffinazione obsoleti. Oltre a
questi 40 mila miliardi, nello stesso periodo
saranno investiti ottomila
miliardi di dollari in efficienza energetica, il 90% dei
quali nei trasporti e nell’edilizia. Il rapporto scenderà
dunque a cinque a uno. Il
cosiddetto «carburante invisibile», cioè il risparmio
energetico, assumerà insomma un ruolo sempre più
rilevante nelle strategie dell’industria e nell’economia:
già in tempi non lunghi si
dovrebbe arrivare a investimenti annui di 550 miliardi
di dollari nell’efficienza.
Maria van der Hoeven — il direttore esecutivo della Iea che il prossimo ottobre parteciperà al Verona Efficiency Summit — dice che il mandato della sua organizzazione
è garantire la sicurezza delle forniture e la
disponibilità di energia a prezzo abbordabili. «Aumentare l’efficienza energetica —
aggiunge — è il principale mezzo per raggiungere questi obiettivi: permette di abbattere la richiesta di energia primaria e
consente di ridurre le importazioni». Un ri-
Città/campagna L’Eagle Street Rooftop Farm a Brooklyn, uno degli orti newyorchesi sui tetti delle case che servono mercati e ristoranti
Alla guida
Maria van der Hoeven,
olandese, 64 anni, è dal
settembre 2011 direttore
esecutivo della Iea
(International Energy Agency),
fondata dall’Ocse dopo lo
shock petrolifero del 1973 per
coordinare le politiche
energetiche dei Paesi membri
al fine di assicurarne la
crescita economica.
Sarà a Verona in ottobre
sparmio energetico fondato sull’efficienza
potrebbe portare, secondo i calcoli della Iea,
a consumare il 50% in meno di energia nell’industria, l’80% in meno nell’edilizia e
quote altrettanto elevate nei trasporti. Con
benefici annui superiori ai mille miliardi di
dollari solo nei Paesi industrializzati.
I 48 mila miliardi di dollari di investimenti entro il 2035 sono una cifra enorme.
Ma — avverte l’agenzia — sono una semplice risposta alla crescita della domanda e
alla necessità di rinnovare gli impianti: sono decisamente insufficienti se oltre a garantire la sicurezza energetica si vogliono
anche ridurre le emissioni di gas serra. La
previsione della Iea è che per mantenere
l’aumento della temperatura della Terra entro i due gradi centigradi (rispetto alla temperatura pre-industriale) occorrerebbero
in realtà non 40 mila miliardi per garantire
Uno sforzo maggiore
I fondi messi in campo, tuttavia, sono
insufficienti per contenere l’aumento
della temperatura della Terra e
arginare l’emissione di gas serra
le forniture ma 53 mila miliardi, perché
produrre la stessa quantità di energia riducendo drasticamente i combustibili fossili è
altamente costoso; e per l’efficienza servirebbero non ottomila miliardi ma 14 mila.
In uno scenario di riduzione decisa dei gas
serra (se qualcosa del genere venisse deciso
al summit di Parigi del 2015), gli investimenti in risparmio energetico potrebbero
superare i mille miliardi di dollari l’anno.
Al momento, gli investimenti nel settore
energia sono per lo più influenzati o direttamente effettuati dagli Stati. Ma, viste le
quantità richieste, in futuro occorrerà attrarre capitali privati. E per farlo sarò necessario ridurre le incertezze politiche e le distorsioni delle regole. «Persino per i progetti di efficienza, che noi stimiamo siano
già oggi per il 60% autofinanziati — dice la
Iea — gli sforzi finanziari di crescita richiesti probabilmente dipenderanno da un
grande ricorso al credito a al capitale di rischio».
C’è ancora molto da fare, certo. Ma, lentamente, anche uno dei settori più regolati al
mondo sembra avviato a seguire regole più
lineari di business e di mercato. Un’opportunità.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La metamorfosi della progettualità
L’architettura intelligente? Quella impalpabile
di LUCA MOLINARI
E
ntrando nel padiglione francese della Biennale d’architettura appena inaugurata si è accolti
da un grande modello della villa
usata per il film «Mon uncle» di
Jacques Tati, una gustosa parodia
del rapporto tra uomo e modernità, dove tutta una serie di ammennicoli tecnologici alla moda, che
avrebbero dovuto semplificare la
vita degli abitanti della casa contribuivano, invece, a renderla goffa e infernale.
Dall’avvento della Rivoluzione
Industriale l’uomo ha progressivamente cercato di piegare la modernità da forza distruttrice a
strumento per migliorare la qualità della propria vita, gratificando
quella ricerca del comfort proprio
dello stile borghese e urbano. E in
effetti, dal reticolo di tubature che
ha cominciato a innervare le nostre case dalla seconda metà del
XIX secolo fino alla dimensione
impalpabile della fibra ottica contemporanea, l’architettura ha
avuto modo di confrontarsi con
una sezione del muro sempre più
sottile, e con la possibilità di usare
la ricerca del benessere ambientale ed energetico come occasione
di sperimentazione progettuale
sempre più evoluta.
Quello che è avvenuto in questi
ultimi decenni appare come una
evoluzione molto interessante
della visione stessa dell’architettura e di come possa cambiare la
qualità della nostra vita quotidiana. Si è passati, infatti, da una fase
storica in cui le macchine, i pannelli fotovoltaici, le connessioni
tecnologiche e le strutture diven-
nero elementi visibili del linguaggio architettonico, alla fase attuale
in cui tutto sembra essersi vaporizzato e ridotto a pochi micron di
spessore.
La terza Rivoluzione Industriale, quella che ha trasformato la
produzione di beni materiali in un
costante flusso di informazioni
impalpabili e fluide, sta generando conseguenze significative sul
nostro modo di progettare e di
abitare le case. I parametri si sono
spostati dai criteri di «efficienza»
Cambio di prospettiva
Non si tratta più di lusso
domotico ma di materiali
sempre più capaci di essere
empatici con l’ambiente
scientifica e performativa dell’architettura a quello della sua «intelligenza», coniando il tema, ormai molto abusato, della «smart
city and architecture».
Ma al di là delle terminologie
alla moda il dato sostanziale riguarda una vera e propria metamorfosi che sta avvenendo concretamente a causa di un progressivo abbassamento dei costi di
produzione e di una diffusione di
mercato sempre più globale e capillare.
Non si tratta più del «lusso»
domotico che solo alcune ricche
abitazioni si potevano permettere, ma della possibilità che i materiali diventino sempre più capaci
di elaborare informazioni e di definire relazioni empatiche con
l’ambiente e chi lo abita, modificando gli spazi della nostra vita a
seconda delle condizioni ambientali e del nostro stato d’animo.
I lavori di ricerca di Centri Studi
come il MIT Senseable Lab, o di
studi come i francesi Coloco e
Jakob and MacFarlane ma anche la
continua azione di promozione
sull’intelligenza ambientale dello
studio di Renzo Piano e dei suoi
allievi, stanno generando in questi anni prototipi e prime sperimentazioni sia su scala privata
che comunitaria che dimostrano
chiaramente come, grazie alle tecnologie digitali di cui ormai siamo tutti dotati, si potrà costruire
una gamma di relazioni attive con
gli ambienti e le materie che li costituiscono permettendoci di
condizionare la qualità dell’ambiente in cui vivremo nei prossimi
anni.
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38
Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
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IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE
✒
«La delinquenza non è un comportamento che dura tutta la vita», dice a Le Monde il francese Philippe
Pottier, direttore della Scuola nazionale
dell’amministrazione penitenziaria d’Oltralpe, a sostegno della riforma carceraria
che il Parlamento di Parigi si appresta ad
approvare. Ha ragione: chi sbaglia o commette reati una volta, non è detto che continui a farlo sempre. Anzi, normalmente avviene il contrario, a parte i delinquenti seriali o «professionali». Ecco perché in Francia il ministro della Giustizia vuole
introdurre, per i condannati a pene inferiori a 5 anni, la possibilità di non andare in
galera introducendo la cosiddetta «costrizione penale»: obblighi e proibizioni da rispettare sotto il controllo del giudice.
Con le debite proporzioni e differenze, è
quello che in Italia prevede l’affidamento in
prova ai servizi sociali, applicabili ai condannati sotto i 4 anni di prigione o a chiunque abbia un residuo di pena della stessa
entità (fatte salve alcune eccezioni). Per una
volta la legislazione italiana viene presa a
esempio, e ci sarebbe da esserne fieri. Un
motivo in più per applicare bene, da noi,
quella norma. Cominciando a dotare gli uffici dei giudici di sorveglianza di più perso-
nale e di strutture più adeguate, per meglio
decidere a chi concedere i benefici e a chi
no. Perché s’è dimostrato che, attraverso le
pene alternative e i cosiddetti «percorsi
personalizzati» durante il periodo di detenzione, la recidiva (cioè la tendenza a reiterare reati) diminuisce. «Eliminarla del tutto
non si può, ma diminuirla sì», sostiene ancora Pottier; e ha ragione ancora una volta.
La dimostrazione arriva sempre dall’Italia dove, dalla legge Gozzini in poi (1986), le
riforme che tendono ad anticipare l’uscita
dal carcere rispetto al famigerato «fine pena» hanno modificato in meglio, nella stragrande maggioranza dei casi, i comportamenti dei condannati, dentro e fuori le prigioni. Nonostante alcune «controriforme»
e le difficoltà derivanti da un sistema carcerario al quasi-collasso e sanzionato dalla
Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha
rinviato le sanzioni sulla base di qualche intervento d’urgenza deciso dal governo e le
promesse di nuove misure. Le parole dell’alto funzionario francese sono un ulteriore stimolo a proseguire su quella strada,
senza fermarsi e tantomeno tradire le
aspettative.
Giovanni Bianconi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
QUELLA STRANA AUTHORITY SUI MILITARI
PER CONTROLLARE LE SPESE DELLA DIFESA
✒
Matteo Renzi promette guerra
alla burocrazia, ma nel Pd c’è
chi lavora per creare nuovi apparati burocratici. Finora è passata sotto silenzio
una proposta di legge che vuole dar vita
a un’Authority destinata a controllare le
spese militari. L’idea è venuta a Paolo
Bolognesi, pd, membro della commissione Difesa della Camera e presidente
dell’Associazione vittime
della strage di Bologna.
All’iniziativa si sono associati 44 parlamentari pd,
fra cui Gian Piero Scanu e
Gianni Cuperlo. Ma a che
serve un’Authority se le
commissioni Difesa di
Camera e Senato hanno
già la facoltà di controllare come sono impiegati i
fondi delle Forze armate?
«C’è la necessità — secondo Gian Piero
Scanu — di un organismo di verifica indipendente, perché più volte abbiamo
riscontrato reticenze da parte dei militari». L’ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica, Dino Tricarico, ha chiesto «di fare i nomi, di spiegare chi e in
quale circostanza si è reso responsabile
di reticenza, nessuno mi ha voluto rispondere». L’Authority dovrebbe esse-
re presieduta da un magistrato della
Corte dei conti, affiancato da quattro
membri designati da Camera e Senato,
più una diecina di funzionari. Spesa
prevista: tre milioni di euro all’anno. Se
l’Authority ritiene che l’acquisto di un
sistema d’arma sia eccessivo o non necessario, il suo parere diventa «obbligatorio» per il governo. Prendiamo il caso
degli F35: se l’Authority
stabilisse che i costi sono
lievitati troppo, il governo dovrebbe rivedere il
programma di acquisizione. È un punto molto
delicato che rischia di
creare un conflitto con le
linee guida del Libro
bianco che il ministro
della Difesa, Roberta Pinotti, anche lei pd, sta
preparando. Il Libro bianco dovrà disegnare la nuova identità delle Forze armate, precisare la loro missione per i
prossimi anni e indicare quali mezzi
servono. L’Authority potrebbe opporsi
alla dotazione di certi armamenti e far
saltare i piani.
Caso Juncker, un pasticcio europeo
Cercasi volto nuovo per il rilancio
di RICARDO FRANCO LEVI
L’
immagine dei primi ministri di
Germania, Regno Unito, Olanda
e Svezia accovacciati in una barchetta di legno a remi che gira
in tondo sul lago svedese di
Harpsund, con indosso improbabili giubbotti di salvataggio e sul viso imbarazzati
sorrisi di circostanza, si presta fin troppo
facilmente a essere vista come l’immagine
di un’Unione Europea persa nel tentativo
di trovare la soluzione per la nomina del
prossimo o della prossima presidente della Commissione Europea.
Sul nome di Jean-Claude Juncker, l’ex
primo ministro lussemburghese
candidato alla presidenza dal Partito
popolare europeo, la forza politica uscita
vincitrice dalle recenti elezioni, è in corso
un braccio di ferro. Lo vuole il Parlamento
Europeo per affermare la propria autorità
nei confronti dei governi. Per le opposte
ragioni, anche se non tutti lo dicono
apertamente, non lo vogliono i capi di
Stato e di governo.
Considerando che la nomina deve partire
con la designazione da parte dei governi
ma deve terminare con l’approvazione del
Parlamento, alla fine dei giochi sarà
obbligatorio trovare un’intesa. Al
momento, tuttavia, si può ben dire
che ci si trova in un bel pasticcio.
Un bel pasticcio, per colpa di tutti
La realtà è che l’Unione Europea si è
cacciata in un angolo.
Nel conto delle responsabilità per essere
arrivati a questo punto, nessuno si può
chiamare fuori. Colpisce, ad esempio, che
tra i candidati delle tre maggiori famiglie
politiche europee — il lussemburghese
Juncker per i popolari, il tedesco Schulz
per i socialisti, il belga Verhofstadt per i
liberali — non ci fossero né una donna,
né un volto nuovo, né un rappresentante
della più recente e allargata Unione.
Quanto a Juncker in particolare, i suoi
limiti come possibile presidente della
Commissione — primo fra tutti l’essere
un simbolo quasi perfetto della
continuità, con il suo record di presenze
nel Consiglio Europeo e la sua presidenza
dell’Eurogruppo nell’intera stagione
dell’austerità — erano ovviamente ben
presenti quando fu scelto dal Ppe. E se è
vero che la spinta decisiva a suo favore
venne proprio dalla cancelliera Merkel —
perché, parlando il tedesco, avrebbe
meglio contrastato il candidato socialista
nella campagna elettorale in Germania —,
il cerchio delle responsabilità si chiude.
Come si esce dall’angolo?
Per quanto la nomina di Juncker possa
rappresentare un felice passo avanti
BEPPE GIACOBBE
NON SI RESTA DELINQUENTI PER LA VITA
LA FRANCIA «COPIA» LA LEGGE GOZZINI
nell’affermazione di una più compiuta
democrazia europea, le possibilità che
essa abbia successo sono molto scarse.
E se anche questo fosse il risultato finale,
ci sarebbe da mettere in conto un forte
contrasto fra le istituzioni, con la
Commissione sostenuta dal Parlamento,
da un lato, e avversata dal Consiglio
Europeo, dall’altro.
Comunque vada a finire, insomma, si
rischia di perdere.
Che fare, allora? La via obbligata è quella
dell’intesa tra governi e Parlamento,
lasciando, se così dev’essere, che la
candidatura Juncker sfiorisca
naturalmente per aprire la porta a una
diversa soluzione, mettendo in conto che
la prima designazione del Consiglio possa
essere bocciata dai parlamentari e che
l’intero processo possa occupare buona
parte del semestre italiano di presidenza.
Su chi puntare?
In questa situazione, fioccano i nomi dei
possibili, nuovi candidati, come la
francese Christine Lagarde, attuale
direttore generale del Fondo monetario
internazionale, o Pascal Lamy, anch’egli
francese, già direttore dell’Organizzazione
mondiale per il commercio e, prima
ancora, commissario europeo. Due
candidature di prestigio ma entrambe,
per ragioni diverse, improbabili.
Se non questi, su chi puntare? Più che
dai nomi, per l’eventuale dopo Juncker,
conviene partire da un identikit. L’ideale
sarebbe una personalità capace di
rappresentare un fattore insieme di novità
e di equilibrio, tra le politiche e tra le
istituzioni: una donna, giovane ma con
esperienza di governo ad alto livello,
simbolo di politiche sensibili alla
solidarietà ma aperte alle riforme. Esiste
una figura così? Forse sì: Helle ThorningSchmidt, donna, quarantotto anni, leader
del Partito socialdemocratico danese,
prima donna ad essere eletta, tre anni fa,
primo ministro della Danimarca, il paese
della flexsecurity, fuori dall’euro ma non
del tutto con la moneta nazionale, la
corona, legata all’euro da un cambio fisso.
E l’Italia?
In questa complicata situazione, a cosa
può aspirare l’Italia? Con Mario Draghi
alla Banca centrale europea, nessun
italiano può arrivare alla guida di un’altra
delle istituzioni dell’Unione. Anche per
questo, bene fa il presidente del
Consiglio, Matteo Renzi, a stare lontano
dal gioco dei nomi e a concentrarsi,
piuttosto, sul progetto politico per
l’Europa.
Progetto che, visto dall’Italia, non può
avere altra priorità che non sia lo sviluppo
e l’occupazione, con una speciale
attenzione al mondo della produzione, a
partire dagli investimenti per la crescita:
nelle reti dell’energia, dei trasporti e delle
comunicazioni, nella ricerca. Questo
potrebbe essere il campo su cui puntare
ad avere un ruolo, idealmente di regia,
all’interno della futura Commissione.
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Marco Nese
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IL DIBATTITO SULLA LEGGE
L’EDUCAZIONE UMANISTICA NEGLI USA
UNA RISCOPERTA PREZIOSA PER L’ITALIA
✒
Negli Stati Uniti, al centro dell’impero, tentano in tutti i modi
di dimostrare il valore fondamentale di
un’educazione o di un’istruzione umanistica anche nel mondo tecnologico e
nelle nuove professioni della contemporaneità, anche per manager e finanzieri, per politici e scienziati, per giornalisti e spin doctor. È uscito in proposito quasi un manifesto — s’ intitola
«Beyond University» — di Michael
Roth, presidente della Wesleyan University, il quale ripercorre nella storia americana la vicenda della liberal education
come centro dell’istruzione, fin dai Padri Pellegrini, dai Franklyn, Jefferson e
poi Emerson, fino a Rorty e Martha Nussbaum, passando per William James e
Dewey. E soprattutto cerca di spiegare
per quale ragione una formazione umanistica — articolata in «tradizione filosofica» (attitudine sistematica all’indagine) e tradizione retorica (attitudine
alla discussione e al dialogo) — è importante ben «oltre l’università»: serve
infatti a coltivare il pensiero critico, la
consapevolezza, la responsabilità, l’empatia, a costruirsi una personalità. Da
essa discendono cittadini attivi — «individui» — e non consumatori passivi.
Ed è l’unico elemento attuale di resistenza alla cultura di massa.
Un insegnamento prezioso per noi
che siamo alla periferia dell’impero e
che, in modo autolesionistico, sembra
che intendiamo sbarazzarci proprio dei
gioielli di famiglia (smantellamento del
liceo classico, indifferenza verso la nostra tradizione musicale — che infatti
riscoprono altrove — , ecc.). Solo che
verrebbe voglia di dire: americani, ancora uno sforzo! L’educazione umanistica va difesa non tanto e solo in quanto
utile dal punto di vista civico (una cosa
sempre un po’ inverificabile, come
l’idea di rieducare i criminali attraverso
lo studio), ma perché ci abitua all’idea
che nelle nostre vite iperattive ha diritto
di esistenza il gratuito, l’inutile, ciò che
è — almeno immediatamente — improduttivo. Questa la verità ultima dell’umanesimo, oltre l’università e anche
oltre l’educazione civica.
Filippo La Porta
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Tra fine vita e ipocrisie di Stato
di MICHELE AINIS
F
ra i troppi ministeri ospitati dal nostro troppo Stato, ce n’è invece uno
di cui s’avverte la mancanza: il ministero della Sincerità. Se mai venisse
istituito, ecco il nome giusto per dirigerlo: Giuseppe Saba. Non è giovane (87 anni), non è donna, ha perfino un titolo di studio (era ordinario di Anestesiologia). Peccati
imperdonabili, alle nostre latitudini. Ma il
peccato più grave l’ha commesso qualche
giorno fa, rilasciando un’intervista a L’Unione Sarda. Dove candidamente ammette
d’avere aiutato un centinaio di malati terminali, per farli morire senza sofferenze. Dove
pronunzia a voce alta la parola tabù: eutanasia. Dove denuncia l’ipocrisia verbale di chi la
chiama «desistenza terapeutica», come se
non ci fosse in ogni caso una spina da staccare. E dove infine racconta che la dolce morte
costituisce una pratica diffusa, diffusissima,
nei nostri ospedali. Si fa, ma non si dice. Lui
invece l’ha detto.
Non che la notizia ci colga alla sprovvista.
Lo sapevamo già, lo sa chiunque abbia assistito all’agonia di un amico o d’un parente,
con i medici che armeggiano dentro una
stanza chiusa. E i pochi dati in circolo ne offrono la prova. Secondo un’indagine condot-
ta nel 2002 su venti ospedali di Milano, l’80
per cento dei camici bianchi pratica l’eutanasia passiva (ovvero l’interruzione delle cure),
il 4 per cento quella attiva (con l’uso di un farmaco letale). Mentre la ricerca più nota —
quella imbastita nel 2007 dall’Istituto Mario
Negri — stima 20 mila casi l’anno di pratiche
eutanasiche. Ma questa è l’esperienza, non la
giurisprudenza. Per i nostri codici, se raccogli l’estremo appello di chi non ne può più, rischi la galera. «Omicidio del consenziente»,
così viene definito. Anche se il tentato suicidio, di per sé, non è reato. Dunque puoi ucciderti soltanto se stai bene, se ne hai la forza
fisica. Non se sei inchiodato a un letto come
Eluana, come Welby, come tanti povericristi
di cui non abbiamo visto mai la croce.
Per carità, parliamone. Ma sta di fatto che
il nostro legislatore è muto come un pesce.
Aprì bocca nella legislatura scorsa, però
avrebbe fatto meglio a stare zitto. Con il disegno di legge Calabrò sul testamento biologico, che definiva l’alimentazione e l’idratazione forzata «forme di sostegno vitale», quindi
irrinunciabili. Come se le cure mediche fossero invece sostegni mortali. E comunque
quel disegno di legge non si è mai tradotto in
legge. Né più né meno dell’iniziativa popola-
re depositata in questa legislatura dall’associazione Coscioni, che giace da trecento giorni nei cassetti della Camera. Sulle volontà del
fine vita in Italia c’è un buco normativo, che
ci distingue dagli altri Paesi occidentali (Usa,
Germania, Francia, Inghilterra e via elencando). Nonostante i moniti dei nostri grandi
vecchi, da Montanelli a Veronesi. O di Napolitano, che tre mesi fa ha sollecitato (invano) il
Parlamento.
Sicché il diritto alla salute si è tramutato
nel dovere di soffrire. A meno che non incontri un medico pietoso, e soprattutto silenzioso. Di qua il diritto, anche se è un legno storto; di là la compassione, che tuttavia prova
soltanto chi ha passione. Ecco, è questa la
frattura che ci separa dal resto del pianeta. È
il solco che divide il dover essere dall’essere,
la realtà dalla sua immagine legale. È la discrezionalità che in ultimo circonda l’operato
di ciascuno, o perché le leggi sono troppe (da
qui la corruzione), o perché non c’è nessuna
legge in questa giungla. Ed è infine l’ipocrisia
di Stato, con le sue doppie leggi, con la sua
doppia morale. Ci salverà, forse, un bambino.
Oppure un vegliardo, come Giuseppe Saba.
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Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
39
italia: 51575551575557
Lettere al Corriere
COME I BELGI RICORDANO IL 1914
STORIE DI MASSACRI E VENDETTE
Risponde
Sergio Romano
Caro Heinze,
a distruzione delle città
europee dipende in buona parte dall’uso dei
bombardieri e fu molto più
devastante nella seconda
guerra mondiale. Ma non
sempre il ricordo di quelle vicende è politicamente «comodo». Mentre i tedeschi hanno
cominciato a scriverne soltanto nel primo decennio del
nuovo secolo, gli italiani non
si considerano autorizzati a ricordare che quei bombardamenti furono prevalentemente anglo-americani, vale a dire
di Paesi che divennero, dopo
l’8 settembre, amici e alleati.
Quanto alle città belghe unite
nella memoria della Grande
guerra (Visé, Aarschot, Andenne, Tamines, Dinant, Louvain e Termonde), non credo
che vogliano ricordare soltanto le distruzioni provocate
dalle battaglie. Credo piuttosto che pensino principalmente alle rappresaglie tedesche contro la popolazione civile.
Il caso scoppiò nella tarda
AGGETTIVO «IMPORTANTE»
MISURE DETERRENTI
Uso o abuso?
Grossi scandali
Caro Romano, quando si usa
l’aggettivo «importante» o
«più importante», non so
mai immediatamente che
cosa si voglia comunicare.
Devo fare una sosta e
pensarci su. Questo perché a
volte lo si usa nel senso
qualitativo e a volte
quantitativo: questo genera
confusione. Mi creda,
quando «inciampo» in
questo termine raramente so
subito se vuole dire saliente,
influente, rilevante, potente,
prestigioso, famoso, insigne,
maggiore, notevole,
fondamentale,
determinante, autorevole,
influente, ragguardevole,
considerevole, consistente,
cospicuo, sostanzioso.
Ogni volta che scoppia uno
scandalo di grosse
dimensioni immediatamente
la politica scopre la
necessità di un nuovo
provvedimento,
commissione o altro, che
dovrebbe servire a risolvere il
problema della corruzione
per il futuro, cosa che ogni
volta puntualmente non si
verifica. A mio avviso non è
questa la strada: occorre
agire in modo deterrente. Per
esempio, quando un
funzionario che ricopre una
responsabilità pubblica
viene condannato per reati
di questo tipo, oltre all’
aspetto penale, dovrebbe,
Leggo sulla stampa belga che
sette città del Belgio
organizzano nelle prossime
settimane una serie di
manifestazioni per ricordare
le distruzioni della Prima
guerra mondiale di cui si
ricorda quest’anno l’inizio. A
Dinant, dove sono tornato di
recente, è sopravvissuto poco,
a parte la secolare cittadella
militare. Remarque e
Hemingway hanno raccontato
le battaglie in trincea. Non
crede che si tenda a
dimenticare come anche la
Grande Guerra, non solo il
conflitto successivo, abbia
comportato la distruzione di
molte città, soprattutto in
questo Paese?
Piero Heinze
Bruxelles
L
A. Quabius
[email protected]
Capisco la sua osservazione. Anch’io mi chiedo da
tempo se non si stia facendo
un uso eccessivo della parola.
Dopo tutto le cose davvero
importanti non sono poi così
numerose.
Le lettere, firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a:
«Lettere al Corriere» Corriere della Sera
via Solferino, 28 20121 Milano - Fax al numero: 02-62.82.75.79
La tua opinione su
sonar.corriere.it
Il governatore Roberto
Maroni sull’Expo: subito
il decreto del governo:
rischiamo di non finire i
lavori. Condividete?
estate del 1914 e fu per parecchi mesi l’argomento più frequentemente utilizzato contro
la Germania dalla propaganda
francese. Apparvero articoli in
cui le truppe tedesche venivano accusate di avere fatto strage di civili nelle città occupate
e di avere compiuto orrendi
delitti. Si raccontava che ai
bambini venissero tagliate le
mani o addirittura che venissero infilzati sulle baionette. I
tedeschi negarono gli atti di
ferocia, ma ammisero alcune
rappresaglie e sostennero di
avere punito in tal modo chi
prestava aiuto ai franchi tiratori. Qui occorre fare un passo
indietro e ricordare che l’esercito prussiano, durante la
guerra contro la Francia del
pur senza arrivare al «taglio
della mano», essere
condannato a pagare
qualche cosa come 10 volte il
danno che ha causato con il
sequestro, se serve, del suo
patrimonio.
1870, si era effettivamente imbattuto in formazioni di cecchini che apparivano improvvisamente sui fianchi e alle
spalle. Sembra che il ricordo
di quella guerra così poco “cavalleresca” fosse una delle
maggiori preoccupazioni dei
tedeschi sin dall’inizio delle
operazioni. Vi furono in Belgio probabilmente episodi di
resistenza, ma non tali da suggerire le attività di un movimento coordinato e organico.
Agli occhi delle autorità del
Reich, tuttavia, questa presunta strategia belga era vergognosa e imperdonabile. In
un libro di Max Hastings, pubblicato ora dall’editore Neri
Pozza (Catastrofe 1914), vengono attribuite all’imperatore
Guglielmo II queste parole:
«La popolazione del Belgio
(…) si è comportata in modo
diabolico, per non dire bestiale, nemmeno una virgola meglio dei cosacchi. Hanno tor-
mentato i feriti, li hanno picchiati a morte, ucciso medici e
infermieri (…). Il re dei Belgi
deve essere informato immediatamente che siccome il suo
popolo si è posto al di fuori di
ogni osservanza delle usanze
europee (…) sarà trattato di
conseguenza».
Vi furono osservatori stranieri, soprattutto inglesi e
americani, che rifiutarono di
credere alle voci diffuse allora
in Europa. Ma vi furono anche
militari tedeschi che descrissero in diari e memorie, gli
episodi di cui erano stati testimoni, spesso giustificandoli.
Probabilmente non vi furono
mani tagliate e bambini infilzati, se non per opera di qualche psicopatico. Ma quelle vicende ebbero l’effetto di creare una percezione della «barbarie tedesca» che favorì le
clausole più inutilmente severe del Trattato di Versailles.
Ho letto che in uno di quegli
incontri, De Gaulle, parlando
del nostro Paese aveva detto:
«L’Italia non é un paese
povero: é un povero paese».
Da piccolo italiano avevo
trovato la frase sprezzante e
inaccettabile. Però,ora visto
quello che è successo negli
ultimi 25 anni, mi viene da
pensare che forse, il
generale, avesse ragione.
discrezionalità a chi ne
detiene l’applicazione (alti
burocrati a qualsiasi livello)
per cui si può fare tutto e il
contrario di tutto. Credo che
ciò sia voluto a bella posta
proprio per poter creare le
condizioni di avere mano
libera nelle scelte, nelle
determinazioni. Buon senso
vorrebbe che per sventare
qualsiasi tentazione, si
riuscisse a scrivere norme
senza lasciare alcun margine
d’interpretazione!
Ermanno Pirola
[email protected]
Silvano da Porretta
s.da.porretta@ali
DE GAULLE E MONTANELLI
APPLICAZIONE DELLE LEGGI
Giudizio sull’Italia
Troppa discrezionalità
Verso la fine degli anni 50
Indro Montanelli incontrò
più volte il Generale Charles
de Gaulle nel suo ritiro di
Colombey-les-Deux Eglises.
Il Parlamento, approvando
leggi, regolamenti e percorsi
incomprensibili ed
impraticabili, lascia ampi
spazi e margini di
SUL WEB Risposte alle 19 di ieri
La domanda
di oggi
Si
La Consulta: il divieto
della fecondazione
eterologa favorisce chi
ha i soldi per andare
all’estero. Concordate?
47
No
53
Su Sette del 6 giugno Aldo Grasso ha
invitato i lettori a fotocopiare le pagine
259 e 260 di un libro del suo collega del
Foglio Claudio Cerasa «dove si racconta di
come Salvatore Settis e il suo allievo
Tomaso Montanari combattano con
intemerata spietatezza i ministri della
cultura di destra e diventino agnellini col
ministro Massimo Bray, deputato Pd,
specie (insinua maliziosamente Cerasa)
se i due ricevono dall’ex ministro nomine
importanti nell’ambito dei Beni culturali».
Cercando di capire l’origine di questa
gratuita palata di fango, sono andato a
leggere le due paginette di Cerasa. Lì ho
scoperto che sarei stato presidente della
commissione per la riforma del Mibac: un
falso, non so se dovuto a incapacità
professionale o a una dolosa volontà di
diffamare. Di quella commissione ero un
membro su venti: e senza nemmeno il
rimborso dei dieci viaggi a Roma
necessari a prender parte alle riunioni.
Sarebbe questa l’importante nomina
ministeriale? E poi, dove sarebbe la
scoperta? Ho raccontato passo passo i
lavori della commissione sul mio blog del
Fatto Quotidiano e in quello delle «Buone
notizie» del Corriere della sera, e ne ho
parlato in un libro. Non basta. Nelle pagine
che Grasso vorrebbe far volantinare c’è un
altro falso: quella di una mia benevolenza
verso l’attuale ministro Dario Franceschini
e verso il governo di Matteo Renzi.
Chiunque, anche solo andando su Google,
può capire che si tratta di un comico
ribaltamento della realtà. Chiunque, ma
non i baroni del giornalismo italico: che
dopo una certa età non consultano le
fonti, preferiscono trascrivere insinuazioni.
Tomaso Montanari
[email protected]
Tomaso Montanari poteva almeno
risparmiarsi la sua abituale e, in questo
caso, disinformata arroganza («palate di
fango», «baroni del giornalismo», «dopo
una certa età»…). Nel mio articolo apparso
su Sette (dove sarebbe stato più corretto
indirizzare la lettera), recensendo il libro di
Claudio Cerasa Le catene della sinistra
(Rizzoli), sottolineavo una questione di
metodo. Montanari, a torto o a ragione, è
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DIRETTORE GENERALE DIVISIONE MEDIA
Alessandro Bompieri
Italians
di Beppe Severgnini
Studiare non basta
Imparate a imparare
E
Pericle, dal discorso agli
Ateniesi del 461 a.C. «Qui il
nostro governo favorisce i
molti invece dei pochi: e per
questo viene chiamato
democrazia. Qui ad Atene
noi facciamo così». Dopo
2500 anni qui in Italia siamo
i nuovi maestri del mondo:
abbiamo inventato una
forma di governo
avveniristica: la
cleptocrazia.
Alberto Angelucci, Pesaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Franco Bellini, Udine
FORME DI GOVERNO
La cleptocrazia
❜❜
Vauro
FONDATO NEL 1876
CONDIRETTORE
E-mail: [email protected]
oppure: www.corriere.it
oppure: [email protected]
ric Schmidt, il grande capo di Google, non è un americano facile da intervistare: Bruce Springsteen è più
simpatico, Jezz Bezos più divertente, Scarlett Johansson più attraente. Ma ha un merito: a domanda, risponde. Ogni tanto, per controllare una risposta,
cerca su Google; ma questo è comprensibile.
Nell’intervista di martedì sul Corriere abbiamo affrontato
diversi temi (Italia, Europa, Usa, editoria, sorveglianza di massa). Uno non ha trovato spazio quel giorno sul giornale, e vorrei tornarci sopra. Il tema è questo: studiare, oggi, serve ancora? L’università non è diventata un parcheggio? Costoso e coperto negli Usa, non custodito in Italia (infatti ci soffiano alcuni dei laureati migliori).
«Per qualcuno l’educazione superiore non è un buon modo
di usare il proprio tempo: si sbaglia», aveva detto Schmidt nel
2013 alla Sxsw, importante fiera di tecnologia. «Se tutto ciò a
cui tenete sono i soldi, dovreste andare al college. Se tutto ciò
a cui tenete è la cultura e la creatività, dovreste andare al college. Se tutto ciò a cui tenete è divertirvi, dovreste andare al college. Andate al college. Non potrei essere più chiaro di così”.
Un altro uomo Google, Laszlo Bock, direttore del personale, ha spiegato perché questo non basta, però. Cosa cerca la
società nei nuovi assunti? «Primo: capacità cognitiva, che
non è quoziente di intelligenza
(Iq). È capacità d’imparare. Abilità di trattare informazioni al
volo, e combinarle. Secondo:
capacità di leadership. Quando
L’università è
parte di un gruppo, sai farti
fondamentale. sei
avanti e condurre? E, quand’è
necessario, sei capace di tirarti
Ma va avanti
e lasciar condurre alchi combina le indietro
tri?». Occorrono responsabilità
e
umiltà:
insieme. Ecco perché i
informazioni
migliori prodotti delle business
school spesso arrivano a un certo punto e non oltre: non accettano il fallimento, non sanno
trarne un insegnamento. «Se tutto va bene, si considerano
dei geni. Se le cose si mettono male, la colpa è di qualche idiota, del mercato, delle risorse che mancano».
Lo studio, in sostanza, è utile; ma non basta. Come ha riassunto Tom Friedman sul New York Times: il mondo del lavoro
vuole sapere cosa sapete, non dove l’avete imparato. Detto ciò,
Schmidt non ha dubbi. Martedì mi ha detto: «Le persone che
criticano il college vengono da un altro pianeta». «Da secoli
l’università è il luogo adatto a ragazzi tra i 18 e i 22 anni, non
ancora maturi per il mondo del lavoro. In Italia dovreste saperlo: a Bologna è nato il primo ateneo. E chi va al college poi
guadagna di più. Storia ed economia, quindi, sono dalla mia
parte. Non solo: lo studio insegna l’ambiguità. C’insegna che
potrebbe esserci un’altra possibilità. Ci allena a pensare. Preferiamo gente che dice: “Non sono d’accordo con te, ma capisco possa accadere”, o gente che, quando non è d’accordo,
prende una pistola e ti spara?»
La risposta è facile. Non ho dovuto neppure cercarla su Google.
Interventi & Repliche
Il metodo di una certa sinistra
@
PUBBLICITÀ
RCS MediaGroup S.p.A. Divisione Pubblicità
Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano - Tel. 02-25846543 - www.rcspubblicita.it
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3,00; CH Tic. Fr. 3,00 (quando pubblicato con Style Magazine Fr. 3,50);Cipro € 2,00; Croazia Hrk 15; CZ Czk. 64; Francia € 2,00; Germania € 2,00; Grecia €
2,00; Irlanda € 2,00; Lux € 2,00; Malta € 2,00; Monaco P. € 2,00; Olanda € 2,00; Portogallo/Isole € 2,50; SK Slov. € 2,20; Slovenia € 2,00; Spagna/Isole € 2,50;
sempre stato molto critico nei confronti
delle politiche del ministero dei Beni
culturali, ma appena si è insediato il
ministro Massimo Bray, di area Pd, i suoi
rilievi hanno preso un’altra piega.
Montanari ammette di essere stato
chiamato a far parte di una commissione
voluta dal ministro (si lamenta solo di non
essere stato rimborsato), della cui stima si
sente evidentemente gratificato ancora
adesso, visto che l’altro ieri, martedì 10
giugno, così ho letto sul sito di «minimum
fax», Massimo Bray e Giuseppe Civati
hanno presentato a Palazzo Massimo, a
Roma, un libro di Montanari. Ripeto, a me
interessava solo sottolineare il metodo di
una certa sinistra.
Aldo Grasso
EDIZIONI TELETRASMESSE: RCS Produzioni Milano S.p.A. 20060 Pessano con Bornago
- Via R. Luxemburg - Tel. 02-95.74.35.85 • RCS Produzioni S.p.A. 00169 Roma - Via Ciamarra 351/353 - Tel. 06-68.82.8917 • Seregni Padova s.r.l. 35100 Padova - Corso Stati Uniti
23 - Tel. 049-87.00.073 • Tipografia SEDIT Servizi Editoriali S.r.l. 70026 Modugno (Ba) Via delle Orchidee, 1 Z.I. - Tel. 080-58.57.439 • Società Tipografica Siciliana S.p.A. 95030
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House, Airport Way, Tarxien Road – Luqa LQA 1814 - Malta • Hellenic Distribution Agency (CY) Ltd 208 Ioanni Kranidioti Avenue, Latsia - 1300 Nicosia - Cyprus • FPS Fernost
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0,62 + € 0,50 + € 0,78; sab. Corsera + Io Donna + CorBo € 0,62 + € 0,50 + € 0,78. A Firenze e
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0,78.
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Spettacoli
L’annuncio del ministro Franceschini
Dal 2015 un fondo di 500 mila euro per aiutare il jazz
Un fondo di 500 mila euro per il jazz. Lo ha
annunciato il ministro per i Beni e le Attività
culturali e il Turismo, Dario Franceschini:
«Abbiamo previsto un fondo straordinario di
500 mila euro per interventi strutturali a favore
del mondo del jazz, e soprattutto dei giovani
musicisti. Il fondo, che non si sostituisce al Fus,
sarà operativo dal 2015 con un bando pubblico».
L’intervista In arrivo il nuovo disco «Ultraviolence», ispirato alla West Coast. «Sento di essere un po’ selvaggia»
Sul palco
Lana Del Rey,
27 anni,
è al suo
secondo album
❜❜
C’è sempre un elemento
«U
ltraviolence». Titolo
perfetto per un album metal, combat
rock o gangsta rap (a
seconda di come uno vuole interpretare la parola violenza). Sorprende
trovarselo stampato a fianco del viso
(e sulle curve) di una bambola malinconica come Lana Del Rey che lo
ha scelto come titolo del suo secondo album, in uscita il 17 giugno.
«È vero — ride la 27enne cantautrice americana —. Amo il metal, ma
in questo caso mi piaceva l’impatto
di una parola seducente come “ultra” vicino al suono della parola “violenza”». Un concetto, quello della
violenza, da legare alla sfera fisica o a
quella psicologica? «Negli ultimi
due anni ho più volte percepito nell’aria dei segnali di aggressione. E
così ho capito che la violenza può
anche essere una cosa emotiva. Nelle
relazioni però a me piace anche avere una forte fisicità. Quindi penso
che dipenda dalla situazione... ma
per me incarna la parola passione».
Nelle relazioni però la violenza per
una donna è una tragedia non è una
scelta. «Penso che dipenda dai singoli, ognuno ha un proprio standard
per decidere se mantenere o meno
un legame di coppia. Ed è diverso
per ciascuno. Amo le donne. E voglio
che tutti possano avere una sana e
solida relazione». Frasi ancora più
pericolose di quelle pronunciate alla
rivista americana Fader e che le hanno attirato le critiche di molte donne. «Per me il tema del femminismo
è di scarso interesse — aveva detto
—. Sono più interessata, chessò, alla
SpaceX o Tesla (i progetti di viaggi
spaziali e auto elettriche di Elon Musk ndr), a quelle che saranno le nostre opportunità nella galassia. La
mia idea di vera femminista è una
donna che si sente abbastanza libera
di fare ciò che vuole».
«Ultraviolence» si porta sulle
spalle la pressione di replicare il successo del precedente. «Born to Die»,
pubblicato nel 2012, ha venduto circa
6 milioni di copie nel mondo. Come
produttore questa volta è stato chiamato uno dei personaggi übercool
del mondo rock, Dan Auerbach dei
Black Keys: «Il disco si ispira alla
West Coast americana, ma ha un gusto East Coast. Amo entrambe —
racconta lei —. Sono nata a Est, ma
la California in questi anni è stata
una specie di fuga per me: vado in
spiaggia e mi sembra di galleggiare
ai limiti del mondo. Sotto sotto nel
disco ci sono anche influenze jazz».
di malinconia nella mia
vita, comunque mi piace
l’idea di arrivare in cima
La serata dei David
Ruffini in casa Rai
modello di stile
da cinepanettone
di ALDO GRASSO
C
ose che succedono solo in Rai
e per le quali nessuno
sciopera. Durante la
premiazione dei David di Donatello,
trasmessa martedì in diretta su Rai
Movie e in differita su Rai1, il
presentatore Paolo Ruffini,
credendo di essere a «Colorado» o in
qualche cinepanettone ha accolto
Sophia Loren (foto) con questa
«ruffinata» battuta: «Lei è sempre
una topa meravigliosa lei, se lo lasci
dire, una cosa fantastica...». La
signora non l’ha presa bene e, alla
prima occasione, lo ha rimbeccato:
«Proprio una bischerata!». Non
contento di credersi Benigni, Ruffini
ha infilato altre gaffe. Marco
Bellocchio lo ha ripreso per essere
stato introdotto come recente
scoperta degli americani («Ma che
Lana Del Rey e l’amore violento
«Ogni coppia stabilisce il limite»
finita pure in rehab. In «West Coast»
usa un modo dire che più o meno
suona così «se non bevi, non ti diverti». «Sento ancora la tentazione di
uscire ed essere un po’ selvaggia —
confessa —. La California è un posto
incredibile: fra personaggi e party
Los Angeles è una fonte ispirazione.
Mi piace uscire e fare follie, ma cerco
di stare “sana”». In «Florida Kilos» si
parla di spacciatori: «Mi ha ispirato
un documentario che si chiama Cocaine Cowboys che parla dei trafficanti a Miami negli Anni 70. Mi attirano quelli che usano metodi illegali
per avere ciò che vogliono. Quando
ero una ragazzina pensavo di avere il
diritto di avere tutto ciò che desideravo a qualsiasi costo. Mi piace l’idea
di arrivare in cima con il tuo metodo,
che sia legale o illegale». L’ultima
cosa illegale che ha fatto? «Gliela direi, ma finirei nei guai».
domande mi fai? Non sono stato
scoperto ora»); Paolo Virzì ha
cercato di sdrammatizzare («Io
capisco tutto, però modera un po’ il
linguaggio, il lessico, sennò poi
devono sottotitolare. Fai a modino,
Paolino»); Valerio Mastandrea lo ha
impallinato chiedendo al pubblico,
visibilmente a disagio, un applauso
«per un altro attore che ci ha
provato e non c’è riuscito». Per non
addossare tutte le colpe a Ruffini, la
copresentatrice Anna Foglietta ha
chiamato in causa l’autore Marco
Giusti (felice per aver messo a
segno un altro stracult). Sarebbe
tuttavia ingeneroso prendersela
solo con Ruffini, che è quello che è.
La Rai non è capace di allestire una
qualunque cerimonia di
premiazione, sia essa il David o il
Festival di Venezia. Non dico gli
Oscar, ma almeno un po’ di
professionalità, quella sì. E poi,
dopo simili scene, non
lamentiamoci se lo Stato taglia i
fondi al cinema.
Andrea Laffranchi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
È accusata di antifemminismo. «No, voglio donne libere»
Il successo di Lana era arrivato assieme alle critiche. Molti la vedevano
come un personaggio costruito a tavolino. A partire dal nome. Quello
vero è Elizabeth Grant ma lo aveva
abbandonato dopo che il suo primo
disco era passato inosservato. E il
fatto di essere figlia di un magnate
del web aveva fatto pensare a chissà
quali strategie Internet per lanciare
un’artista più di plastica delle sue
stesse labbra. Magari è anche stato
così, ma le sue canzoni avevano
spessore: immaginario da noir Anni
50, archi sognanti e ritmiche hip
hop. «Sono rimasta colpita dalle critiche. Sono una che interiorizza. La
mia carriera riflette più la storia del
giornalismo che non quella della
mia vita. La gente scrive quello che
altri pensano di me invece di parlare
di quello che dico nelle canzoni».
Una delle nuove si intitola «Money Power Glory». Meglio i soldi, il
potere o la gloria? «L’ho scritta in
modo sarcastico. Quello che cercavo
col primo disco era il rispetto mentre sentivo che quello che mi veniva
concesso da molti era poter fare soldi, avere gloria ma non come intendo io, o prendermi i loro insulti». La
sua vena malinconica esce tutta in
«Sad Girl». Si vede così. «Ho i miei
momenti di tristezza. Cerco sempre
la speranza nelle cose, sebbene alla
fine senta sempre che c’è un elemento di malinconia che scorre nella mia
vita».
Adolescenza turbolenta la sua. È
Dalla serie tv «Sherlock»
Cumberbatch diventa un manga
Sherlock Holmes parla giapponese. Il celebre
detective creato dalla penna di Sir Arthur Conan
Doyle e interpretato dal 37enne attore inglese
Benedict Cumberbatch (con Martin Freeman nei
panni dell’amico e assistente John Watson)
nell’omonima serie targata Bbc diventa per la
seconda volta un manga. L’adattamento della
nuova stagione, «The Blind Banker», è disponibile
dal 7 giugno. Per ora nelle librerie giapponesi.
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42 Spettacoli
Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
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In Platea
A TUTTO CECHOV
Tre sorelle; Zio Vanja Di
Konchalovsky; Un Vanya Marcelo
Savignone (foto); Un gabbiano,
Merolli. E Arturo Cirillo (in scena,
Napoli Festival)
7 giorni
sul palco
di CLAUDIA PROVVEDINI
Il concerto
Gatti guida la Mahler,
emozione a Dresda
nel ricordo di Abbado
di ENRICO GIRARDI
Gesto Il direttore d’orchestra Daniele Gatti (52)
D
ura né troppo né troppo poco — tre settimane
circa tra maggio e giugno —, si celebra in luoghi
che trasudano storia e cultura quali offre la
splendida città sassone e si avvale di una
programmazione originale, ingegnosa, niente a che
vedere con la routine che affligge altrove. Perciò il
festival di Dresda è divenuto rassegna musicale tra le
più quotate d’Europa. Quest’anno l’ha inaugurata
Daniel Barenboim, l’hanno proseguita solisti,
cameristi, ensemble e orchestre di pregio (tra cui il
Gewandhausorchester con Chailly) e doveva
concluderla Claudio Abbado con il Lobgesang di
Mendelssohn a capo dell’Orchestra Mozart entro le
gloriose mura ricostruite della Frauenkirche, chiesa
simbolo della cultura (più ancora che della religione)
tedesca. Senza Abbado, la formazione bolognese di
fatto non esiste più. Come dunque concludere il
festival? A Dresda hanno pensato di chiamare
Daniele Gatti, direttore milanese che indirettamente
può dirsi allievo di Abbado. E con lui la Mahler
Chamber Orchestra, altra creatura abbadiana, ad
eseguire un programma che sa tanto di omaggio al
maestro scomparso: una manciata di Lieder di
Mahler cantati da Waltraud Meier, l’Addio di Wotan e
l’Incantesimo del fuoco dalla Walkiria wagneriana
con René Pape e la Renana di Schumann (altra
bandiera della cultura tedesca). Perché proprio
questa Sinfonia? Perché, incisa da poco la Seconda,
era la Terza di Schumann, detta appunto Renana, la
pagina che Abbado stava ristudiando in vista di una
nuova registrazione. Niente torpedoni itineranti da
ogni dove, dunque, come quando suonava Abbado,
ma la chiesa era piena lo stesso e il concerto è stato
bellissimo. Bravi Gatti e i suoi musicisti a difendersi
dalle insidie acustiche prodotte dai riverberi lunghi
della chiesa. Bravi soprattutto a trovare fluidità,
chiarezza d’eloquio e potenza espressiva, ma senza
esibire i muscoli della retorica, in questo programma
al contempo così denso e così infido. Non c’è stato
nulla di dimostrativo o di necessariamente
«originale» nella lettura di Daniele Gatti, a dire di un
continuo progresso che gli fa molto onore. La classe
infinita della Meier continua a rapire il pubblico.
Pape si conferma il cantante eccezionale che è, anche
se il suo Wotan è meno eccezionale di altre sue cose.
Applausi a non finire.
teatro e musica
RELIGIONE E SPORT
Discorso celeste Lorenzo Gleijeses
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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8
CLASSICA Bach - Ligeti
Armstrong, un talento
con spirito matematico
Ventiduenne di Los Angeles,
studi anche in matematica,
chimica e composizione,
Kit Armstrong è un pianista
«sui generis» perché affronta
la letteratura specifica non
come semplice interprete ma
alla luce della sua natura
di compositore. In altre parole, è più «trascrittore»
che esecutore. E di fronte a testi come quelli
per tastiera di Bach, può reinterpretare tale
materia pensata per l’organo o il clavicembalo
nell’ottica di una vera e propria ricostruzione
moderna adattata alla specificità del pianoforte.
Il risultato è che le sue esecuzioni/trascrizioni
dei Preludi Corali di Bach incisi in questo cd Sony
sono interessantissime, così come lo sono
la sua stessa «Fantasia sul nome B.A.C.H.» e la
selezione di «Musica ricercata» di Ligeti, a loro
volta composizioni d’oggi ma intrise dello
spirito di Bach. (E. Gir.)
dischi
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voto
8
SCHNITZLER
Il ritorno di Casanova Rivisitato da
Federico Tiezzi, con Sandro
Lombardi, musiche dal vivo di Vivaldi
King Lear Il regista premio Oscar reinterpreta la tragedia di Shakespeare. Dal 23 arriva nei cinema
Il re senza speranza di Mendes
di FRANCO CORDELLI
Sul palco Simon
Russell Beale (53)
è «Re Lear»
al National Theatre
di Londra
I
n compagnia di Lear. Giornate intere con lui. Una settimana. Più d’una
settimana. Tra i film di Grigorij Kozincev e di Peter Brook, entrambi del
1971, c’è un abisso. Per il regista inglese,
Lear è quello che è, un uomo tradito
negli affetti familiari. Per il regista russo, il re è ciò che produce, un popolo
disgraziato, il popolo che in Shakespeare non si vede: per Kozincev re valeva
despota, tiranno.
Poi ho riletto la traduzione di Emilio
Tadini. C’è nel suo lavoro una maniacalità, nella punteggiatura, che trasforma
la tragedia con la sua ritmica non in
battere ma in levare in un dramma
espressionista, coerente con l’ultima
fase creativa dello scrittore milanese.
Un Lear diverso ci attende al National
Theatre; ed è l’opera di un regista straordinario. Prima di diventare conosciuto per i suoi film, da American Beauty a Era mio padre, Sam Mendes aveva fondato il Donmar, uno dei centri
propulsori del teatro inglese; e con Kevin Spacey dirige l’Old Vic. Com’è, o chi
è, il King Lear di Mendes (dal 23 lo
spettacolo sarà proiettato nei cinema
di tutta Italia, ndr)? La risposta è nella
fisicità del protagonista, Simon Russell
Beale. Egli è di bassa statura e corpulento: il contrario esatto del Lear di Kozincev, magro per quanto divorato dalla volontà di controllare il mondo intero.
Il Lear di Mendes, nonostante la
troppa carne di cui si è nutrito, ha superato gli ottanta, con quel corpo e
quell’insana alimentazione, perché è
fondamentalmente ingenuo o, forse,
non troppo intelligente. Ma un re è un
re, e siccome è un re dura finché dura o
finché vuole durare. Colui che rimane a
tutt’oggi il più appassionato tra i commentatori di Shakespeare, Andrew C.
Bradley, non omette di notare gli errori
di cui la tragedia è costellata. Massimo
tra tutti: perché Cordelia muore? Che
bisogno c’era che morisse? Ma Bradley
è un uomo dell’Ottocento, per lui ogni
personaggio ha la sua autonoma vita.
Per noi è diverso: per noi ogni personaggio è l’espressione della volontà di
un autore. Con la sua fede nell’autonomia di ciascuna figura Bradley si chiede: che fine fa il Buffone? Egli a un certo punto scompare. Mendes risponde a
questa domanda e la risposta è il perno
intorno a cui ruota la sua interpretazione di King Lear.
Quando il re compare, accanto a lui,
indisgiungibile, c’è il Buffone (un
ometto, un borghesuccio, al quale il regista offre una presenza di assoluto ri-
lievo). I due non si separano mai, fino a
quando vediamo il Buffone sprofondare in una vasca. La vediamo bene, questa sparizione, almeno come vediamo
bene che da quel momento a essere un
buffone e anche un matto, è Lear. Follia
e ragione prima convivevano, ma erano
diverse. Ora sono tutt’uno. In verità il
Buffone non aveva autonomia di persona, non era che un personaggio-ombra, chiamato a rappresentare ciò che
di latente c’era in Lear: la sua ignoranza
della vita interiore. E quando finisce
d’essere ciò che è a causa delle disgrazie, e diventa meno ignorante, il re scivola poco a poco nella follia.
Ma ciò che fa davvero grande lo spettacolo di Mendes è il ritmo, la sua velocità. C’è in esso il cinema di tempesta e
di guerra, c’è la contemporaneità dei
costumi (poiché gli uomini sono sempre uguali a se stessi), e c’è soprattutto
la simultaneità di due vicende, quelle
di due uomini mediocri, Lear e Glouce-
ster, che in Shakespeare corrono parallele fino a sfiorare una certa meccanicità. Mentre il palcoscenico diventa un
cimitero (vi sono a terra sei morti)
quella meccanicità, che è contrapposizione e somiglianza, Mendes l’annulla
nella potenza di una visione in cui tutto
il mondo è lo stesso, quale noi lo vediamo ogni giorno, uscendo da teatro.
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9
Discorso celeste Terza parte del progetto del gruppo Fanny & Alexander
Il colore degli sportivi tra podio e paradiso
di MAGDA POLI
I
l celeste è il terzo colore a segnare il
percorso del gruppo Fanny &
Alexander nei linguaggi del nostro oggi. Dopo gli spiazzanti, ben centrati
Discorso grigio, il politico, grigio come l’indifferenziato che contiene il
tutto e nasconde il nulla, fa confondere realtà e finzione, vero e falso, e Discorso giallo, l’educazione in una società sempre più formata e uniformata
a modelli televisivi, in Discorso celeste
(il 15 al Festival delle Colline Torinesi)
Chiara Lagani, drammaturgia e costumi, Luigi De Angelis, regia, scene e luci, guidano Lorenzo Gleijeses lungo
una performance che non riesce compiutamente a raccontarsi ma è ricca di
spunti.
Celeste, colore della nazionale di
Protagonista Lorenzo Gleijeses (34)
calcio, colore che sa di famigliare e di
santità, colore scelto per stendere la
metafora dello sport come ricerca impervia e affannata del trascendente,
come disciplina, volontà di superamento, un valore tensione verso l’alto
del podio uguale all’alto dei cieli. E in
tuta sportiva esordisce il bravo Lorenzo Gleijeses, l’Inno d’Italia e la corsa ha
inizio. Una telecronaca di una partita
di calcio si interseca alle parole di Papa
Francesco e il celeste del nostro Paese
si svela in tutta la sua forza. Una voce
dall’alto impartisce ordini, commenta,
suggerisce, è la voce del padre, quello
eterno? Forse, ma è anche la voce del
padre dell’attore, Geppy Gleijeses, è il
bisogno di guida o è l’insidiosa scorciatoia dell’eseguire ordini?
L’attore è instancabile nel suo correre, parare, saltare, giocare a tennis, tirare di pugilato, segue il padre, cerca
di superare se stesso, ma ricade sempre a terra. E forse la trascendenza va
cercata stendendo letteralmente la
mano verso il prossimo, grazie a una
proiezione in 3D.
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7
POP Minoranza rumorosa
JAZZ Anthem For A New Day
ROCK 48:13
Sacco ora corre da solo
con il suo stile energico
Il piano di Helen Sung
sorprende per originalità
Kasabian a difesa del rock
ma con l’elettronica
Danilo Sacco è una delle migliori
voci della musica leggera italiana.
Ha un’intonazione precisa, potente,
ricca d’enfasi. È stato per quasi
vent’anni la voce dei Nomadi dopo
la scomparsa di Augusto Daolio. Il
contesto era perfetto: non avendo
grande presenza scenica era il
naturale completamento di una band corale. Due anni fa
la decisione di mettersi in proprio. Prima ha tentato un
tour con la band di Guccini, poi ha costituito una sua band
e si è messo a scrivere. E ha pubblicato un disco di forte
impegno ed energia intitolato «Minoranza rumorosa»
(E20 Sound/Self). Certo, abituati a un repertorio come
quello dei Nomadi la sfida è impari. Ma lui ci prova, scrive
versi, musiche e canta. Nei testi ci sono intuizioni felici
come «Ti togli il pane per non ingrassare, ma ingrassi gli
altri con il tuo cellulare, l’affitto è alto, il morale a terra, ma
dalla tele dicono che poi tutto passa». Lo stile energico da
cantante puro, d’altri tempi, gli sta schiudendo Paesi
come Croazia e Russia. (Mario Luzzatto Fegiz)
Helen Sung, giovane pianista
d’origine cinese e texana di
nascita, dopo un’intensa attività
in ambito accademico ha deciso
di dedicarsi al jazz; con «Anthem
For A New Day», pubblicato
dall’importante etichetta
Concord, mostra saggiamente
di non voler edulcorare lo spirito della tradizione
afroamericana con rimandi troppo insistiti al mondo
classico. Pur omaggiando in modo originale
diversi storici colleghi di strumento (Monk, Ellington,
Corea e il delizioso Stanley Cowell di «Equipoise»)
sono suoi i brani che convincono maggiormente,
grazie anche a un bel gruppo di solisti nel quale
spiccano il sax di Seamus Blake e soprattutto la
tromba di un’altra importante donna jazzista,
Ingrid Jensen. C’è solo un pizzico di eclettismo di
troppo, come a voler contentare tutti, che finisce
per apparire convenzionale; ma la classe è ben in
vista. (Claudio Sessa)
Rock e chitarre non se la passano
tanto bene. Riempiono ancora gli
stadi ma con la nostalgia, vedi
Pearl Jam e Rolling Stones. C’è solo
un gruppo rock nato nel nuovo
Millennio che abbia aspirazioni da
stadio. Sono i Kasabian che con
«48:13» (Columbia/Sony) - il titolo
è la durata dell’album, il silenzio di «4’33’’» di John Cage
non c’entra nulla - arrivano al quinto album. Alle chitarre
rock hanno sempre sovrapposto synth ed elettronica, ma
qui il loro viaggio si sposa ancora di più verso la seconda
dimensione. Se «Stevie» privilegia il primo mondo con un
che di colonna sonora, «Bumblebee» e «Eeh-zeeh»
spingono nell’altra direzione (ma del primo mondo hanno
l’attitude da coro). Rispetto al precedente «Velociraptor»
c’è più sperimentazione, vedi la coda dilatata di «Treat» o
il cambio di passo di «Explodes», ma anche meno varietà.
Resta da scontare la trasparenza del cantante Tom
Meighan, sovrastato dalla figura e dal suolo di Sergio
Pizzorno, chitarrista e autore. (Andrea Laffranchi)
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«vittima» di Fanny & Alexander;
supermarket nevrotico di Okada;
Luft aus Stein di Habermehl (in
scena, Colline torinesi)
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Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
(fino al 15, museo Bargello, Firenze)
LA CARRIERA DI UN LIBERTINO
Il Faust di Stravinskij Dirige Noseda,
regia Mc Vicar, nel cast Capalbo e Bo
Skovus (fino al 18, Regio, Torino)
cinema
FACE A FACE
7 autori italiani Russo, Deflorian e
2
FABBRICA EUROPA
Sul tema della caduta Si sfidano
Carrozzeria Orfeo,Lo Sicco Civilleri,
Vie del Fool, Biancofango, Macelleria
Ettore (13-14, Pontedera)
EDGE OF
TOMORROW
di Doug Liman
420.505
Classifica
Cinetel relativa
all’ultimo
weekend
LEGENDA
in discesaU in salitaW
novità N stabile =
Se Parigi può guarire
una coppia logorata
Ancora in coppia con
Kureishi, Michell, regista
di Notting Hill, si mette più
carino che mai per accogliere il remake di un viaggio di nozze parigino di
una coppia inglese logorata dall’uso. Sotto l’onnipresente Tour Eiffel, i due si rinfacciano un po’ di
vita ma trovano il tempo di visitare la tomba di
Beckett e per un party da un amico radical chic.
Citazioni da Godard, attori con rughe super: la
commedia risulta gradevole. Troppo. (m. po.)
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Metamorfosi faustiana
di un’attrice in declino
Ari Folman (Valzer con
Bashir) si butta a capofitto
nella poetica digitale e narra di un’attrice (Robin Wright) sul viale del tramonto
che accetta dalla major la
metamorfosi faustiana in
un’immagine virtuale per
sempre giovane, cedendo il proprio corpo. Lei
entra in un mondo artificiale di bellissimi disegni floreali dove il cuore pulsa in algoritmi. Tema attuale, anche se il fantasy rischia la parte del
leone in un film comunque seducente. (m. po.)
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DAL VIVO
Cabiria Partitura di Pizzetti e Mazza
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7,5
LOLA CHE DILATI LA CAMICIA
Cristina Crippa Nel labirinto della
memoria di Adalgisa Conti, in scena
anche P. Savastano, regia Marco
Baliani (fino al 21, ElfoPuccini,
Milano).
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Law scassinatore scopre
il mondo degli affetti
Lanciato svogliatamente dalla Fox questo noir
esistenziale ha una forte
dose di originalità sia nella forma sia nei contenuti
e un protagonista, Jude
Law, che strapazza alla
grande il personaggio di
uno scassinatore iniziando con un monologo
sul suo sesso quasi elisabettiano. Un film dai
dialoghi potenti che vira verso una catarsi di
famiglia che Law, 13 chili in più e molti capelli in meno, esprime magnificamente. (m. po.)
Q
ualcuno saggio, acuto e generoso dice che la vera novità sta
nella ripetizione. Il cinema l’ha
preso alla lettera, soprattutto
chi racconta saghe sentimentali esposte all’usura del tempo come Richard
Linklater (con Ethan Hawke e Julie
Delpy Prima dell’alba, del Tramonto e
di Mezzanotte) o Cédric Klapisch che
ritrova nel divertente Rompicapo a
New York (Puzzle cinese in originale)
gli ex ragazzi dell’Erasmus dell’Appartamento spagnolo, quarantenni reo
confessi le cui vite si sono assai complicate sessualmente e geograficamente, con figli, traslochi, inseminazioni, coppie di fatto, green card, padri assenti, babysitter disinibite, mentre sotto sotto non è ancora del tutto
spenta la voglia di rinnovare il mondo.
Allora: Xavier (un davvero 40enne
Romain Duris sempre più simpatico e
brillante), conosciuto 12 anni fa a Barcellona e inseguito poi a San Pietroburgo in Bambole russe, è ora a Parigi
ma con le carte di divorzio e il biglietto
d’aereo in mano. Wendy è innamorata
di un altro e si sposta coi figli a New
York, pronti alla divisa del college. E
nella Grande Mela arriva anche la ex
fiamma di Xavier, anche lei sposa
pronta a riprendere il discorso mentre
Garibaldi, Palermo)
Dom Hemingway
di MAURIZIO PORRO
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7,5
Gabrielle
L’amore che fa i conti
con il disagio psichico
Insieme Audrey Tautou (37 anni) e Romain Duris (40) in una scena del film
un’amica omosessuale che convive
con una cinesina vuole dal nostro eroe
il seme per diventare madre. Quindi
tutti in corsa e di corsa tra Manhattan
e Brooklyn, Central Park e Chinatown,
ponti e terrazze neo realiste.
Xavier è il nuovo Antoine Doinel
(doppio di Truffaut dai 400 colpi in
poi) cui questo millennio offre nuove
probabilità e imprevisti di incastri affettivi, le scatole cinesi del titolo. Alla
fine non si tradisce il gruppo.
Tenendo ferma la macchina ad al-
5 volte più resistente del normale titanio
40% più leggero dell’acciaio inox
Vetro Zaffiro, prezioso ed inscalfibile
da 178 a 298 euro
INVENZIONI A 3 VOCI
Compagnia Zappalà Danza Transiti
humanitatis: J.S.Bach per pianoforte,
violino e tre danzatrici (14-15,
Il guaio di avere quarant’anni
e fuggire dai rebus del cuore
Crediamo che anche il migliore dei materiali possa essere sempre migliorato:
Super Titanio 5 volte più resistente del normale titanio
Collezione
per il film muto, dirige Brock;
Mascagni per Rapsodia satanica di
Oxilia, dirige Panni (17; 21,
Auditorium Rai, TO)
Rompicapo a New York Brillante commedia firmata da Klapisch
Le Week-End
The Congress
W
MARIONETTE COLLA
La famiglia dell’antiquario Goldoni,
borghesia veneta decadente ma in
una commedia ‘800 (foto).
Compagnia Colla (fino al 15, Piccolo
Grassi, Mi)
Tagliarini, Calamaro, Paravidino,
Borrelli, La Ruina sulle scene
francesi (dal 12, la Colline, Parigi)
Box
office
1
= 1111111111
MALEFICENT
di Robert
Stromberg
1.695.646
Spettacoli 43
italia: 51575551575557
Energia inesauribile grazie alla carica luce
tezza di sentimenti, Klapisch muove i
bastoncini del suo «Shangai», capace
d’essere amaramente dolce e dolcemente amaro nel raccontare le delusioni degli ex studenti che danno
l’esame dell’arte di arrangiarsi lungo
un romanzo di formazione che si stoppa sulle precarietà ma tiene fermo il
bandolo affettivo. Insieme e senza
pregiudizi, si vince, è un happy end.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
1111111111
€ 298
voto
Premiato dal pubblico
a Locarno, questo melò di
Louise Archambault, dal
Canada, racconta come è
difficile volersi bene in regime di disagio psichico.
Lui e lei cantano nel coro
e si amano ma hanno tutti
contro, la vita quotidiana e quella sessuale, i
parenti e i medici. Il film partecipa di un tema
trattato dal cinema con discrezione, mostrando la vera Gabrielle Marion-Rivard che vive in
prima persona il suo dramma. (m. po.)
7 1111111111
voto
7
44
Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
MondialiBrasile
✒
L'analisi
VERDEORO
ALL’EUROPEA
PER VINCERE
di MARIO SCONCERTI
U
n anno fa di questi tempi
il Brasile era la 22ª
nazionale al mondo nelle
classifiche ufficiali Uefa. Ora
è la favorita del torneo. Nel
mezzo c’è stata una
Confederation Cup che è
stata molto chiara nei
risultati e nel tipo di calcio
del nuovo Brasile. Potrà o
meno accadere quanto
successe nel 1950 quando il
Brasile perse in casa il
mondiale all’ultima partita,
niente è sicuro nel calcio, ma
sarà comunque una storia
diversa. Questo non è più il
Brasile che ama se stesso,
tocca il pallone e si guarda.
Questo Brasile ha 18
giocatori su 23 che giocano
da tempo in Europa. Ci
siamo scolarizzati a
vicenda. Lo stesso Scolari è
stato spesso contestato per
essere un tecnico che guarda
soprattutto al risultato. È
finita l’epoca dei grandi
numeri dieci, tutto ha un
senso tattico anche nel
Brasile di oggi. Per questo è
probabile vincano, perché
giocano all’europea con
giocatori loro. In più hanno
un vantaggio già intravisto
un anno fa nella
Confederation Cup: avranno
diritto al gioco duro. Questo
significa oggi giocare in
casa. Poter affondare il
colpo. Difficile invece
valutare davvero la
comunione con l’ambiente.
Quasi nessuno dei nazionali
brasiliani attuali è abituato
al proprio clima. Molti
giocano in Inghilterra, altri
in Francia, in Italia,
qualcuno in Russia. Più
normale pensare che se sarà
un problema, lo sarà per
tutti. Il Brasile non ha i
migliori giocatori in
assoluto. Non lo è ancora
Neymar, non lo sono i vari
centravanti. Ma la somma
degli individui dà una
squadra quasi perfetta nella
nostra modernità. I
difensori difendono, i
centrocampisti sanno
impostare e chiudersi, gli
attaccanti hanno colpi e
fisico. Sarà un problema di
dosi. Un mondiale si vince
non eccedendo, sapendo
aspettare e accettando di
diventare a tratti timidi. Il
vero pericolo per il Brasile,
quello a cui non sono
davvero abituati, è la
pressione del pubblico. Il
brasiliano fischia presto se
non si diverte e considera un
sacrilegio non divertirsi
guardando calcio. Tutto
deve essere un eccesso. Non
è questo il modo per
allenarsi a vincere un
mondiale oggi. Già con la
Croazia stasera potrebbe
non essere facile. Modric e
Mandzukic sono all’altezza
dei pari ruolo brasiliani.
Kovacic e Rakitic sono
giocatori internazionali. Ma
il vento soffia alle spalle del
Brasile. E per fermarlo
servirà una squadra che
forse ancora non c’è.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
San Paolo, ore 22
ORD EM E P
ROGRESS
GRESSO
SO
O
Brasile
Croazia
(4-2-3-1)
12 Julio Cesar
2 Dani Alves
3 Thiago Silva
4 David Luiz
6 Marcelo
17 Luiz Gustavo
8 Paulinho
7 Hulk
11 Oscar
10 Neymar
9 Fred
(4-2-3-1)
1 Pletikosa
11 Srna
21 Vida
6 Lovren
2 Vrsaljko
10 Modric
7 Rakitic
22 Eduardo
20 Kovacic
4 Perisic
9 Jelavic
Arbitro: Nishimura (Giappone)
Tv: ore 22 Raiuno, SkyMondiale 1
I predestinati
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
SAN PAOLO — Alla vigilia della
finale di Yokohama (30 giugno
2002, 2-0 alla Germania) un giornalista brasiliano chiese a Luiz Felipe Scolari se si affidasse a Ronaldo,
allora non un fratello grasso (con
affetto, copyright Gianni Brera) come ora, ma nel pieno del suo calcio
elettrico. «No, io mi affido a Sant’Antonio». Ronaldo fece una doppietta, ma questa è un’altra storia.
La storia della Penta. Quella della
Hexa comincia oggi alle 17 (le 22 in
Italia) contro la Croazia nello stadio
di Itaquera dove si lavora ancora e
si finirà (forse) a pochi istanti dalla
cerimonia inaugurale. I brasiliani si
sentono predestinati. In questo caso due volte. Perché hanno sempre
l’idea meravigliosa di essere superiori; e perché questa volta giocano
in casa. Ma se c’è un commissario
tecnico in grado di alleggerire il peso del destino, questo è proprio
l’uomo di Passo Fundo.
Il professor Felipe Scolari, 65 anni, come tutti i brasiliani prende
molto seriamente il futebol, ma
non le sue sovrastrutture. Nel suo
Il Brasile convinto di essere «il migliore»
Scolari & Neymar badano al sodo
«Abbiamo un dovere: diventare campioni»
ritiro entrano tattiche e allenamento, fiducia e convivialità (con giudizio), ma non quel senso per la
tragedia (calcistica) che accompagna inevitabilmente il popolo. Scolari ha lasciato fuori la leggenda di
Moacyr Barbosa, sciagurato portiere della finale del 1950 (il Maracanazo), esaltato da letterati e intellettuali d’ogni latitudine amanti
dei meravigliosi perdenti, ma anche i precedenti dell’arbitro giapponese Yuichi Nishimura, ultimo a
dirigere il Brasile in Coppa del
Mondo, nel quarto di finale 2010
perso con l’Olanda. Felipao non si
nasconde, certo. Sa bene quello che
vogliono quelli che gli hanno dato
il gradimento (62 per cento), sa
quello che lo aspetta se non lo ottiene. Le medaglie sul petto non
contano. «Abbiamo l’obbligo di
vincere. Non si organizza una Coppa del Mondo per arrivare terzi o
quarti».
Il metodo Scolari parte soprattutto dal segno più. In questa vigilia così agitata, tra scioperi, proteste, polemiche e cantieri aperti, per
Felipao il bicchiere è mezzo pieno,
anzi trequarti. «Ho visto l’entusiasmo della gente, al campo d’allenamento, alla partenza, all’arrivo, qui
allo stadio Itaquerao, che è bellissimo e prontissimo. Io vedo solo le
99 cose positive, l’unica negativa
sta fuori. Questa squadra ricorda
quella del 2002». È un grande gestore delle risorse umane, Felipao,
Si parte dalla Croazia
I padroni di casa partono dalla
Croazia e la stella del Barça
pensa al collettivo: «Brillare
senza il titolo non vale...»
e trova sempre un punto d’incontro
tra esigenze personali e generali. In
Giappone fu la Fede. Quella era una
nazionale di Credenti. Portavano
canotte e maglie della salute con
scritto «io appartengo a Gesù», alla
fine si inginocchiarono insieme a
pregare. Lui, devoto a Nossa
Senhora de Caravaggio (Rio Grande do Sul) trovò terreno fertile.
Questa è una nazionale meno religiosa e quindi ha fatto ricorso agli
aspetti psicologici e motivazionali.
Accanto al suo libro preferito,
«L’Arte della Guerra di Sun Tzu», ha
messo un nuovo volume, «Come
diventare un leader servitore», cioè
come esercitare la leadership con
convincimento, non con l’esercizio
del potere. E ha lavorato bene, se la
sua stella più brillante, Neymar dichiara: «Il bel gioco è l’ultima delle
nostre preoccupazioni. La prima è
vincere. Finalmente è l’ora, come
dice il commissario tecnico. Mi ricordo il Mondiale del 2002. Ronaldo era il mio idolo e ora tocca a me.
Ma il mio obbiettivo è collettivo.
Brillare senza la Copa non vale
niente».
A dimostrazione del rapporto
che lega il tecnico al giovane fenomeno, 22 anni, i due si inventano
uno sketch nella rilassata conferenza stampa. Un giornalista chiede a
Neymar di fare una domanda a Scolari. E lui: «Gioco, professore? Mi
faccia dormire tranquillo». E l’allenatore: «Puoi dormire tranquillo».
Il clima è ottimo e abbondante, toda joia, toda beleza. Vietato pensare
all’insuccesso per definire il quale,
in Brasile, comunque, hanno una
bellissima espressione: fracasso retumbante. Dà l’idea, eh?
Roberto Perrone
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in tv
Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
Sport 45
italia: 51575551575557
Le quote Snai
Le partite di oggi
Le partite di domani
SAN PAOLO
Girone A
NATAL
Girone A
SALVADOR DE BAHIA
Girone B
CUIABA
Girone B
BRASILE
CROAZIA
ore 22.00
Raiuno, Sky Mondiale 1
MESSICO
CAMERUN
ore 18.00
Sky Mondiale 1
SPAGNA
OLANDA
ore 21.00
Raiuno, Sky Mondiale 1
CILE
AUSTRALIA
ore 24.00
Sky Mondiale 1
1
Brasile-Croazia
Messico-Camerun
Spagna-Olanda
Cile-Australia
X
2
1,28
5,25
2,20
3,10
1,83
3,30
1,42
4,25
11
3,50
4,75
8,00
C.D.S.
Ambizioni, difficoltà e tifo
UN PAESE ORGOGLIOSO DI ESSERCI
PER DIMENTICARE LA CRISI
Stella Neymar, la grande speranza del Brasile (Afp)
da uno dei nostri inviati
ALDO CAZZULLO
Gli avversari
La carica della torcida a scacchi bianchi e rossi
SAN PAOLO — (r.per.) Nella sterminata
megalopoli c’è anche spazio per la torcida
croata. È il bairro della Mooca dove negli
anni 1924-25 del secolo scorso si
trasferirono molte delle migliaia di croati
che attraversarono l’oceano a caccia di un
lavoro e di una vita migliore. Più che
all’agricoltura si adattarono meglio al lavoro
nell’industria. Qui sorge la «Società amici di
Dalmazia-Croazia», nata come «Società
amici della Jugoslavia». Spariti Tito, eredi e
nazione multietnica, qui è rimasta la
Croazia del c.t. Kovac (foto), con bandiera a
scacchi e foto di Davor Suker. «Siamo allegri
come i brasiliani — dicono — ci piace
conversare e ballare». La Croazia ha chiesto
di poter sostituire il centrocampista Ivan
Mocinic — infortunato a una caviglia — con
Milan Badelj.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
SAN PAOLO — Alla fine il Brasile è
pronto. Dilma, come i brasiliani chiamano familiarmente la loro leader,
avrebbe fatto meglio ad attendere la
fine del Mondiale prima di dire che «i
pessimisti sono stati sconfitti». Ma
intanto da oggi un grande Paese, a
lungo relegato in un mondo definito
«terzo», si riaffac-cia sulla scena internazionale, con quella che potrebbe essere la prima manifestazione
globale dopo la grande crisi.
Il clima non è certo di euforia. Ma
non è neppure di rivolta. Per oggi sono annunciate manifestazioni in sette grandi città, a cominciare da San
Paolo, che ospita la prima partita, su
cui grava ancora la minaccia dello
sciopero della metropolitana; e ieri il
pullman della Croazia, rivale del Brasile, è sfilato tra due ali di folla plaudente. Però siamo lontani dall’atmosfera di guerra che un anno fa segnò
la Confederations Cup. Prevale
un’apertura di credito, supportata
non tanto dal consenso alla «Copa»
quanto dall’orgoglio nazionalista di
sentirsi sotto lo sguardo del mondo,
e dal tifo per la propria squadra, anzi
Seleçao, che resta di gran lunga il
sentimento prevalente.
Quando si era aggiudicato il Mondiale 2014 e l’Olimpiade del 2016, il
Brasile cresceva a doppia cifra, come
il commercio mondiale. Quest’anno
il Brasile crescerà dell’1,5%, il commercio mondiale poco di più. Dilma
Roussef è scesa al 34% delle intenzioni di voto alle presidenziali del prossimo ottobre, qualcuno nel partito
dei Lavoratori pensa a un clamoroso
ripescaggio di Lula. Per guadagnarsi
la pace sociale Dilma ha concesso
tutto a tutti: solo in questi giorni, 4
mila nuove case al movimento dei
Senzatetto e il 20% di posti riservati
nell’amministrazione pubblica ai neri. Non bastassero le concessioni, è
pronto il bastone: 172 mila uomini
mobilitati tra esercito e polizia, molti
più che nella seconda guerra mondiale. Secondo il sondaggio condotto
dal quotidiano O Globo nelle 12 città
che ospitano il Mondiale, soltanto
una — Manaus, in mezzo alla foresta
amazzonica — pensa che i benefici
supereranno gli svantaggi. La calma
apparente del gigante brasiliano potrebbe diventare un ulteriore ele-
mento di pressione su un torneo che
vede i padroni di casa favoriti naturali. Proprio per questo, si scrutano con
ansia i segni nefasti: il c.t. Scolari è al
secondo lutto familiare in due settimane; prima è morto il cognato, ieri
il nipote, in un incidente d’auto. Pelé
ha il figlio sotto processo per spaccio
di droga. E dal Venezuela, dove ha reso omaggio al defunto Chavez e al
suo erede Maduro, arriva l’anatema
di Maradona: «I favoriti non vincono
mai...».
Il resto del pianeta inizia il Mondiale con il timore che il torneo serva
solo a scegliere una vittima da sacrificare al Brasile in finale; ma anche
con il sorriso di ventenni giunti alla
prova della vita, dietro i quali ci sono
Paesi che sperano di scrollarsi di dos-
do non aperta ostilità in una parte
dell’ambiente. Come sempre, i suoi
odiatori sono pronti a trasformarsi in
laudatori alla prima vittoria, o a sommergerlo in un’ondata di disprezzo
alla prima sconfitta. Fare peggio che
in Sudafrica sarà impossibile: allora
non passammo il girone sulla carta
più facile; stavolta siamo finiti nel girone più duro. Quasi tutti gli azzurri
sono al primo Mondiale, in molti
mancano di esperienza internazionale, mentre i veterani — Pirlo, Buffon,
Chiellini, De Rossi — sono reduci da
una stagione che li ha spremuti sul
piano fisico e nervoso. Ma un conto è
non farsi illusioni fuori luogo; un altro è liquidare prima del tempo una
stagione, un gruppo di atleti, e una
persona per bene come Prandelli.
so la depressione degli anni di crisi. I
giornali e i siti brasiliani sono pieni
di foto di tedeschi che festeggiano
con gli indios e di inglesi che ballano
nelle favelas. Poco o nulla sugli italiani, che della depressione hanno forse
il primato.
L’Italia arriva al Mondiale come
d’abitudine: senza tifoseria al seguito, e con una squadra circondata dallo scetticismo. Il tentativo di Prandelli di riconciliare la nazionale con
la nazione, e di ripristinare un minimo di regole nel calcio dell’era postMoggi, gli ha causato irrisione quan-
Confrontarci con il Brasile ci farà
bene. Il gigante sudamericano —
grande 29 volte l’Italia, con oltre 200
milioni di abitanti — ha appena superato la nostra produzione industriale: e l’annuncio non è stato dato
trionfalmente dalla Confindustria
brasiliana, ma dolentemente da
Squinzi. L’Italia che sembra aver
smarrito il senso di sé e la fiducia
nell’avvenire potrebbe aver qualcosa
da imparare da un popolo giovane,
che in cinquant’anni si è quadruplicato, che con sacrifici oggi inimmaginabili ha costruito una nazione
grande come un continente, ha trasformato un dialetto spagnolo nella
più musicale delle lingue, ha generato un movimento per chiedere investimenti pubblici e nuovi diritti, ha
terminato all’ultimo giorno utile gli
stadi del Mondiale; e ora farà di tutto
per vincerlo.
Fiducia nell’avvenire
Il gigante sudamericano con
oltre 200 milioni di abitanti
ha appena superato l’Italia
nella produzione industriale
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La Fifa
Blatter si candida all’eternità: ho il fuoco dentro
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
SAN PAOLO — Il Transamerica
Expo Center è il fortino dove Sepp
Blatter annuncia che il suo tempo non
è tramontato, come sostengono le federazioni europee capeggiate dal presidente olandese Michael Van Praag.
«Ho ancora il fuoco dentro» dice l’anziano colonnello svizzero davanti a un
congresso distratto che, durante le
lunghe (e sostanzialmente inutili) relazioni che si susseguono, consulta tablet, spedisce mail o sms, s’annoia in
genere. Attorno agenti di polizia, soldati, guardie di sicurezza private montano la guardia ai dignitari Fifa sotto
attacco.
Ma Blatter non appartiene a quelli
che si sentono attaccati. Anzi. Senza
mai pronunciare la formula «mi ricandido», praticamente annuncia che «la
mia missione non è finita e sono pron-
to ad accompagnarvi nel futuro». Blatter V è pronto a cominciare tra un anno, il 29 maggio 2015 a Zurigo, ma è
nato qui, in questa fiera nella zona Sud
di San Paolo. «Mi sento bene, il mio
mandato terminerà il 29 maggio 2015,
ma vi dico che insieme costruiremo
una nuova Fifa. Abbiamo il budget per
il 2014-2018. Voi deciderete per chi
votare ma io sono pronto ad accompagnarvi». A 79 anni, nel 2015, il presidente non molla ed è pronto a raggiungere il ventennale (ah, il ventennio, va sempre di moda).
L’Europa non lo vuole più, lo attacca
Nulla di fatto
Nulla di fatto su Qatar 2022,
Garcia non rende note le
conclusioni della sua inchiesta
in tutti i modi, ma solo dietro le quinte, nessuno ha il coraggio di salire su
un palco a dirlo. L’Europa è importante, certo, ma un vecchio e solo continente. Tutti gli altri sono con lui. Blatter mostra i conti: 1 miliardo e 55 milioni di euro in cassa. Ricorda a Confederazioni e Federazioni che molto di
questo denaro finisce a loro e che del
doman non v’è certezza. Per non correre rischi chiede all’assemblea di rigettare, per alzata di mano (le macchinette sono opportunamente saltate),
le due istanze che avrebbero potuto
bloccarlo, quelle sul limite d’età e di
mandati. E vince. Salgono a parlare
una teoria di sostenitori. Theo Zwanziger, 69 anni, membro del comitato
esecutivo: «Noi abbiamo dei giovani,
certo, ma questi possono beneficiare
ancora dell’esperienza degli anziani».
Constantin Omari, presidente della Federcalcio congolese, cita Madiba:
«Nelson Mandela è diventato presidente a 75 anni e noi rispettiamo la sua
memoria».
Blatter era entrato in campo con lui,
quattro anni fa a Johannesburg, su una
macchinetta elettrica, ma oggi starà
sottotraccia. Dentro il bunker è forte e
amato a maggioranza. Fuori no. Per
avere dalla sua il Resto del Mondo ha
usato l’arma del razzismo, mostrando
l’Europa come il solito vecchi colonialisti. Anche sul fronte Qatar è un successo: Michael J. Garcia, che ha condotto l’inchiesta spiega il come, ma
non i contenuti e neanche quando li rivelerà. Dopo l’estate, in acque tranquille. «Devo riconoscere che in questo tempo di grandi cambiamenti anche la nostra organizzazione deve
cambiare» la concessione dell’inossidabile Sepp. L’organizzazione. Non lui.
r.per.
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Palla avvelenata
Bravi ma non modesti
La gaffe degli argentini
Poiché nelle vene degli argentini scorre molto sangue italiano
(e napoletano), la scelta era apparsa strana. Infatti dai social
network il bombardamento è partito appena la foto ha cominciato
a circolare. All’entrata del ritiro la Federazione aveva fatto apporre
la scritta «Bienvenidos futuros campeones», dimenticando
che a Buenos Aires e dintorni uno che porta male lo chiamano
«Jetta», che viene appunto dal partenopeo iettatura. D’altra
parte gli argentini non sono rinomati per la loro modestia,
né per la sobrietà alla vigilia delle grandi sfide. Poche
ore e il dilemma è stato risolto da Carlos Bilardo, il direttore
tecnico della Selección. Campione del mondo
nel 1986 e soprattutto nipote di siciliani. La scritta
è stata sostituita subito, con un cortese
ma neutro «Benvenuti», in spagnolo
e portoghese. Per il resto
si vedrà, muchachos.
r.co.
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46 Sport
Mondiali
Brasile
Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
La nazionale
Formazione
Verratti
recupera
Balotelli
fuori fase
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
MANGARATIBA — (a.b.)
Marco Verratti ha smaltito la
febbre. Il suo recupero,
all’apparenza, non è in
discussione, ma Prandelli
vuole vedere come reagisce: a
Manaus l’umidità potrebbe
fiaccarne il fisico indebolito.
Verratti è più vicino al
debutto, ma Thiago Motta
resta in preallarme. Per il resto
la formazione dovrebbe essere
confermata. Prandelli ieri ha
provato tre squadre: la terza
parrebbe quella giusta con
Barzagli e Chiellini nel cuore
dell’area, Darmian e De Sciglio
esterni, De Rossi davanti alla
difesa, la mediana di qualità
con Verratti e Pirlo, Candreva
e Marchisio incursori. Di
punta Balotelli, anche se
Mario è sembrato sempre più
fuori fase e Immobile spinge
alle sue spalle. È stato provato
Insigne per Marchisio, forse la
soluzione per l’ultima
mezz’ora se si dovesse
rimontare. Domani rifinitura.
Gli italiani all’Arena
Amazonas saranno un
migliaio, solo 250 quelli che
arriveranno dall’Italia. Molti di
più gli inglesi: tra 6 e 10 mila.
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Lapo Elkann
«Tifo Italia,
contento
se vinciamo
con fortuna»
MILANO — «Se vinciamo
perché siamo più bravi
sono contentissimo, se
vinciamo perché siamo
più fortunati sono
altrettanto contento». Lapo
Elkann tifa apertamente
Italia e lancia gli azzurri a
due giorni dal debutto in
Brasile. «Credo che la
squadra di Prandelli abbia
talento e talenti e mi
auguro che non si arrenda
in tutti i settori del campo
— aggiunge
l’imprenditore —. Mi
auguro che tutti i giocatori
abbiano il senso di
responsabilità del ruolo,
l’Italia viene prima di tutto.
Dobbiamo sostenerla,
guardarla e tifarla». Elkann
racconta il suo amore per
la maglia azzurra: «La
passione per la nazionale è
grande come quella per la
Juventus, se non di più in
certi contesti perché è il
nostro cuore e la nostra
bandiera». Nel cuore del
nipote dell’Avvocato c’è
spazio anche per il Brasile:
«Lì ho vissuto sei anni
della mia vita, da bambino
— dice —. Comunque se
l’Italia arriverà in finale ci
andrò di sicuro».
A fuoco Andrea Pirlo, 35 anni, si allena con i compagni di nazionale. Il centrocampista della Juventus è il giocatore italiano più temuto dagli inglesi che per fermarlo hanno studiato una «gabbia» speciale (LaPresse)
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
MANGARATIBA — Tutto in poche ore:
l’annuncio del rinnovo biennale con la Juventus e l’addio alla nazionale. Due anni ancora
con i bianconeri, solo un mese (ma molto intenso) con gli azzurri. Da Torino a Mangaratiba, occhi puntati su Andrea Pirlo che tra due
giorni dovrà guidare l’Italia nella partita più
delicata, difficile, insidiosa perché l’Inghilterra è forte, Manaus un’incognita e l’esordio
Mondiale è sempre un terno al lotto. Prandelli
ha scelto la formula con il doppio regista
(confidando nel recupero di Verratti) per controbattere la fisicità e la corsa dei giovani inglesi. Ma toccherà a Pirlo, più che al bimbo
abruzzese, alzare il livello qualitativo. Lui e
Buffon sono i nostri top player, almeno sino a
quando Balotelli non si deciderà (se mai ci
riuscirà) a fare il salto di qualità.
La giornata speciale dello juventino comincia presto, al campo di allenamento, con
l’abbraccio a Juninho Pernambucano, il mago
dei calci da fermo. Il brasiliano regala al regista italiano la maglia numero otto del Vasco
da Gama e quella della Selecao. Andrea ricambia con quella azzurra numero 21 che Maria
Clara, la figlia dodicenne dell’ex centrocampista del Lione, indossa con orgoglio. Juninho si
inchina. «Non fate paragoni. Pirlo è più forte
di me, ha marcato la storia e può lasciare il segno sul Mondiale. Quanto alle punizioni, io le
calciavo meglio da lontano, lui da vicino».
Pirlo ringrazia. Per il più brasiliano degli az-
Pirlo, la qualità azzurra
«Io sono qui per vincere
Poi saluto la compagnia»
Il «brasiliano» dell’Italia rinnova con la Juve
Juninho: «Nelle punizioni sei più forte di me»
109
le partite
disputate da Andrea
Pirlo in nazionale,
con 13 gol. Ha vinto
il Mondiale 2006
e ha conquistato
la finale degli
Europei di PoloniaUcraina nel 2012
zurri il terzo mondiale «è da ricordare tutta la
vita». Perché sarà l’ultimo. Lo aveva anticipato nel suo libro, salvo poi tornare indietro.
Ora lo ribadisce. Nel giorno in cui la Juve annuncia di averlo blindato per due stagioni, il
regista chiude con la maglia azzurra lasciandosi una porticina aperta: «Se ci sarà bisogno
non mi tirerò indietro. Ma penso di finire qui.
Ho una certa età ed è giusto dare spazio ad altri. E poi se vengo e non gioco mi incazzo...».
È un peccato immaginare l’Italia senza il
suo talento. Basta vedere con quanto impegno si allena e la qualità delle giocate per capire che le speranze di andare avanti in Brasile
passano dai suoi piedi. «Ho fiducia in questa
squadra. Non gioco per accontentarmi, non
sentirete mai dirmi: voglio passare il primo
turno. Sono qui per vincere. Lo avevo detto in
Germania e lo ripeto ora in Brasile. Avverto lo
scetticismo che si respira in Italia, ma il gruppo è solido e consapevole della propria forza.
Sappiamo dove possiamo arrivare».
Pirlo è allegro, divertente, convinto. Tutto
con il solito filo di voce. Ad un collega argentino che gli chiede di insegnargli a battere le
punizioni, replica: «Meglio se lasci perdere».
E ai brasiliani che gli ricordano l’applauso
struggente del Maracanà nel giorno della sua
centesima maglia azzurra, peraltro bagnata
con un gol, risponde sognante: «Un momento
bellissimo che mi è rimasto dentro». E se i
Mondiali saranno l’epilogo della lunga corsa
in nazionale, la carriera non si ferma: «Ho
scelto di rimanere a Torino perché alla Juve
sto bene e spero di continuare a vincere. Spero che i prossimi due anni siano belli come i
primi tre. Ora proveremo a vincere la Champions».
Nell’allenamento di ieri mattina non ha azzeccato una punizione, ma è un dettaglio. I
calci da fermo sono l’arma in più del suo
enorme bagaglio: «Spero di arrivare al record
della serie A. Me ne mancano tre o quattro».
Con tre raggiunge Sinisa Mihajlovic, con
quattro diventa il numero uno. Appuntamento alla prossima stagione. Prima c’è il Mondiale. E un centrocampo nuovo da dividere
con Verratti: «Con Marco non ci pestiamo i
piedi perché chi sa giocare a calcio s’intende
senza problemi. Stiamo provando questa soluzione con un giocatore bloccato dietro e due
liberi di spaziare e creare gioco. Un sistema
che ci piace e darà grandi risultati. Così non
diamo punti di riferimento».
Tra due giorni a Manaus il campo lascerà il
posto alle parole. Dopo tanti allenamenti e
tante supposizioni, finalmente si gioca. Pirlo
è pronto: «Non temo l’umidità della foresta
amazzonica. Le condizioni saranno difficili
per noi come per loro. Gli inglesi sono più
forti e più giovani rispetto all’Europeo, ma
sappiamo come affrontarli. Sono certo che faremo una grande partita». E ha tutta l’aria di
essere una promessa.
Alessandro Bocci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il personaggio Due anni fa agli Europei venne beffato dal rigore di Pirlo: «Ma non ho mai pensato che lo abbia fatto per umiliarmi»
Hart portiere col cucchiaio sullo stomaco
«Se ricapita non mi farò fregare ancora»
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
RIO DE JANEIRO — Tutti e due si
battono per debellare la forfora dal
pianeta, pubblicizzando due diversi
marchi di shampoo che hanno lo stesso nobile obiettivo. Ma Charles Joseph John Hart, detto Joe, ha qualcos’altro che non riesce a togliersi dalla testa, da un paio di anni. Da una notte
torrida di Kiev, quando Andrea Pirlo
— erano i quarti di finale dell’Europeo — ribaltò la serie dei rigori con
quello che noi chiamiamo «cucchiaio», gli inglesi «Panenka» in onore del
primo che ha calciato così, e a tutte le
latitudini è considerato un piccolo
grande gesto di follia. «Lui ha fatto
quello che doveva fare — dice il portiere del Manchester City, un armadio
di 196 centimetri di cui Pirlo ha trovato la chiave — non ho mai pensato
che l’avesse fatto per umiliarmi e non
mi farò fregare un’altra volta».
Hart e Pirlo sabato si troveranno di
fronte per la prima volta da allora. E
un fallo in area può sempre capitare:
«D’accordo, ma sono due partite completamente diverse — dice il numero
21 azzurro — e non credo ci saranno
dei problemi psicologici per gli inglesi, le emozioni della prima partita di
un Mondiale sono completamente diverse». Nella sua riuscita autobiografia il giocatore della Juventus racconta
come la «colpa» del famigerato cucchiaio sia stata proprio del portiere
inglese: «Ho deciso all’ultimo, cioè
quando ho visto Hart fare un sacco di
sceneggiate sulla linea di porta. Ho
preso la rincorsa e ancora non avevo
ben chiaro come mi sarei comportato,
lui si è mosso e quello è stato il momento della decisione. Non l’ho fatto
per esibizionismo ma per puro calcolo, era la cosa meno pericolosa da fare».
L’Inghilterra comunque si preoccupa soprattutto di Pirlo e delle sue giocate, più che del proprio portiere. Ed è
già un grosso passo in avanti per una
nazionale che sia nel 2002 (papera di
Seaman su Ronaldinho) e nel 2010
(Green inguardabile contro gli Stati
Battuto
Il rigore calciato da Pirlo a Kiev
il 24 giugno 2012 nei quarti di finale
degli Europei in Ucraina e Polonia:
Hart è beffato, l’Italia si qualifica per
le semifinali con la Germania (Ansa)
Uniti e subito tagliato da Capello) ha
pregiudicato il suo cammino per colpa della pochezza tecnica dei propri
portieri. Certo, Hart non è un fenomeno, ma dopo le sette panchine consecutive nel City lo scorso autunno, ha
cambiato mentalità e anche rendi-
mento, presentandosi in Brasile con
la stessa affidabilità per la quale alla
Meole Brace School Science College
era stato eletto dai suoi compagni come rappresentante nel consiglio di
classe : «Abbiamo grande rispetto per
l’Italia — dice Joe — ma i paragoni
con due anni fa sono inutili. Noi siamo cresciuti molto e loro sono diversi. Anche il contesto della partita sarà
completamente differente. Sono contento di rivedere il mio grande amico
Balotelli (ex compagno al City), un ragazzo divertente e una brava persona.
Io dopo essere stato in panchina tante
partite ho imparato molte cose che mi
hanno fatto crescere: il pallone non
gira attorno a me e ci sono altri grandi
portieri».
Non nella nazionale di sua Maestà,
anche se Foster del Celtic è una riserva
sicuramente dignitosa. Ma questa
nuova Inghilterra è una squadra a trazione anteriore e punta soprattutto
sulla qualità del suo gioco d’attacco:
«L’Italia farebbe bene a preoccuparsi
di noi — minaccia non a caso Wayne
Rooney —. Credo che questa sia la
miglior squadra in cui abbia mai giocato». Portiere compreso. E per gli inglesi, cucchiaio a parte, non è certo un
dettaglio secondario.
Paolo Tomaselli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
Sport 47
italia: 51575551575557
La nazionale si allena sotto la pioggia!
Training under the rain!
Un tweet
al giorno
Giorgio Chiellini
Il tifo Dal Messico all’Argentina al Brasile, pronti a rivivere grandi emozioni
Erba bruciata
Il calcio dopo mezzanotte
Ritornano le notti magiche
Indimenticabile la prima, il 4-3 alla Germania nel ’70
Preoccupante Le pessime condizioni del prato di Manaus a due giorni dal debutto azzurro
Manaus, non basta il caldo
anche il prato è un problema
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
RIO DE JANEIRO — L’allarme lo rilanciano
— perché non è la prima volta — sempre
gli inglesi: il terreno di gioco dell’Arena
Amazonas di Manaus dove sabato giocano
Italia ed Inghilterra fa semplicemente
pena. I problemi sembrano soprattutto
estetici: l’erba in molti punti risulta
bruciata e ampie macchie marroni si
estendono, soprattutto nell’area di rigore.
La causa è probabilmente l’eccesso di
fertilizzante (anche se la Fifa nega e
minimizza il problema), che ha finito per
pregiudicare la crescita del manto erboso.
I primi uomini degli staff delle due
nazionali sono atterrati ieri notte a
Manaus e oggi verificheranno di persona
le condizioni del campo di gioco, dove le
due nazionali devono sostenere anche gli
allenamenti di rifinitura domani sera:
«Sappiamo che l’erba è bruciata — spiega
Demetrio Albertini, capo delegazione
azzurro — adesso vogliamo capire». Per i
Leoni l’erba spelacchiata è solo l’ultimo
dei problemi legati alla sede in Amazzonia,
dopo l’uscita del c.t. Hodgson prima del
sorteggio di dicembre: «Quel che conta è
evitare Manaus» disse il buon Roy, salvo
poi correggersi più volte, per evitare altri
incidenti diplomatici e il tifo contro dei
brasiliani. Il c.t. Prandelli è stato informato
ovviamente della situazione e attende
l’esito dell’ispezione di oggi. Anche se per
tutti la preoccupazione maggiore resta
quella delle condizioni climatiche di una
partita che si giocherà alle 18 locali ma
inizialmente era stata prevista per le 21 ed
è stata anticipata per esigenze televisive: al
momento del calcio d’inizio è prevista una
temperatura di 32 gradi con il 68% di
umidità. Durante l’incontro calerà il sole e
anche il caldo, con 26 gradi previsti nel
secondo tempo, ma l’umidità salirà fino
all’83 %, facendo sudare i giocatori e i
46mila spettatori che l’Elefante Bianco,
come è stato ribattezzato, può tenere sulla
sua nobile groppa: l’impianto che ospiterà
solo quattro partite di qualificazione — in
una città che non ha squadre di alto livello
che lo potranno riutilizzare — è costato
220 milioni di euro, 55 a partita.
p.tom.
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Tutti pronti per sabato notte? Chiamati gli amici, allertato il pizzaiolo takeaway, fatto spazio nel freezer per qualche
cassetta di gelato? La partita con l’Inghilterra non sarà soltanto l’esordio degli azzurri al Mondiale brasiliano ma il rinverdimento d’una allegra cerimonia del tifo:
quello oltre la mezzanotte. Servono pochi
ingredienti: entusiasmo, compagnia rumorosa, tricolore, trombette e la speranza
d’una «zona franca» da lamentele condominiali. Qualcosa metà fra la rimpatriata
scolastica e un Capodanno estivo con son
et lumière.
Difficile dire (lo è stato pure quando abbiamo trionfato) dove può arrivare l’Italia. Di certo però, dato il fuso orario, il calendario brasilero offre potenzialmente
un ricco numero di queste notti magiche,
giusto per citare il popolare inno di Nannini-Bennato a Italia ’90.
Magiche prima di tutto per il gusto delle emozioni fuori orario, con le finestre
aperte e le strade deserte, con la gioia dell’attesa e il relax nel durante: dopo mezzanotte non c’è sms o mail che ci sposti verso altri pensieri, men che meno il lavoro.
Ma anche perché in qualche modo figlie
della notte magica per eccellenza quella
che alle 23,55 del 17 giugno 1970 ci portò,
dallo stadio Azteca di Città del Messico, le
immagini di Italia-Germania 4-3. Una
partita? No, una pagina di storia del calcio, di costume e una sorta di manifesto
generazionale (come i Beatles e Che Guevara) almeno fino a quando elevandosi a
leggenda ha annullato ogni confine nazionale e temporale.
Italia-Germania 4-3 è diventata un
film, è stata citata a teatro, nei talk-show
politici nei salotti e nelle mense, nelle tesi
di laurea e di recente nelle dispute economiche sull’euro. La conoscono bene, in
quanto programmata ciclicamente dalla
tv, gli attuali adolescenti anche se sono
stati i loro nonni a gustarsela dal vivo in
bianco e nero attingendo con gli amici a
tavoli carichi di panini tostati e giardiniera (sottaceti), Baci Perugina, birre e chinotti per stare al passo emotivo del fortunoso pareggio tedesco (1-1) al novantesimo minuto e soprattutto dell’alternarsi di
cinque gol nei tempi supplementari.
Anche se quella era soltanto una semifinale, alle 3 di notte, poco dopo il decisivo
In piazza Si festeggia con un sombrero,
è il ‘70, il Mondiale delle prime notti magiche. In alto, tutti in piazza nel 1982 (Olympia)
gol di Rivera, l’Italia (intesa come Paese)
si riversò in piazza con una gioia mai vista. Erano tempi calamitosi per le manifestazioni di piazza, ma per quell’unica volta destra e sinistra (Fronte della Gioventù
e Movimento Studentesco) firmarono tacitamente la tregua.
Ci sono state altre notti magiche di
mondiali dopo la mezzanotte. Piena di ottimistici presagi per esempio il 10 giugno
1978 la vittoria, 1-0 con col di Bettega,
contro i padroni di casa dell’Argentina.
Splendida partita con i fallosissimi sudamericani alle corde e gli azzurri veloci come gazzelle: nelle case in Italia alle 2 di
notte (l’ora in cui finirà sabato il match
con l’Inghilterra) si brindò pregustando
la coppa, che poi andò proprio agli argentini.
Pure Brasile-Italia, finale mondiale del
17 luglio 1994 a Pasadena (Usa), ha avuto
il suo epilogo verso mezzanotte, con gli
italiani ipnotizzati davanti a Roberto
Baggio, peraltro eroe azzurro di quel torneo, che sbagliava (e poi piangeva) il rigore decisivo consegnando la Coppa al Brasile. A volte una notte magica può essere
anche malinconica.
Gian Luigi Paracchini
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Le storie È il grande riscatto di giocatori come l’ecuadoriano Valencia che mungeva le mucche o dell’uruguayano Rios, ex Palermo, che faceva l’imbianchino
Clandestini e pastori, erano diseredati ma adesso fanno gol
Lambert inscatolava barbabietole,
il ghanese Atsu vendeva acqua ghiacciata
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
RIO DE JANEIRO — E dopo il lavoro, andiamo a giocarci questo Mondiale: il muretto è stato tirato su bello dritto, la parete è imbiancata, gli
scatoloni sono ben posizionati, il
latte fresco è pronto, i sacchetti di
acqua ghiacciata torneranno utili.
Gli operai del pallone scendono in
campo con orgoglio nel Mondiale
delle diseguaglianze: su 736 giocatori ben 116 (il 16%) gioca nelle prime
dieci multinazionali del pallone. Tra
gli altri c’è molta manovalanza. E
non solo nelle nazionali dei Paesi più
problematici: Rickie Lambert, attaccante 31enne del Liverpool, quando
da ragazzino lasciò i Reds andò a lavorare in una fabbrica che inscatolava barbabietole, per 20 sterline al
giorno, in attesa di trovare una nuova squadra da cui ripartire: «Mi è
servito per capire che niente mi era
dovuto e che se non davo il massimo
non avrei mai potuto realizzare i
miei sogni». Anche il suo compagno
di nazionale Ben Foster, portiere di
riserva, usava le mani per fare altro:
dopo il college ha lavorato come
cuoco al Cafe Rouge di Lemington.
Ma i dopolavoristi inglesi, come lo
svizzero Schar che prima di sfondare
col Basilea lavorava in banca, in fondo sono dei dilettanti: Enner Valencia, attaccante rampante dell’Ecuador, è cresciuto pascolando le mucche, mungendo il latte che poi assieme al padre andava a vendere al
mercato: così si è guadagnato il primo paio di vere scarpe da calcio. E
chissà se qui in Brasile, passando ai
bordi delle favelas, ripenserà a quei
giorni. Se lo farà, non sarà l’unico.
Christian Atsu, 22enne del Chelsea
in prestito al Vitesse in Olanda, arriva al Mondiale con il Ghana dopo
una lunga strada: all’inizio, era quella dei sobborghi di Accra, dove Chris,
ultimo di undici figli, guadagnava
qualche soldo vendendo sacchetti di
acqua gelata. Samuel Eto’o oggi è
uno dei giocatori più ricchi, ma da
bambino scaricava pesce al mercato
di notte, assieme al padre. E anche il
nigeriano Azubuike Eqwueke lavorava col suo vecchio, facendo l’ap-
prendista nel negozietto di legname.
Ma se tanti africani crescono nelle
scuole calcio controllate dalle grandi
d’Europa, sono soprattutto i «latinos» quelli che devono sudarsi ogni
metro. Il messicano Carlos Salcido
ha cercato di varcare il confine verso
gli Usa per tre volte, senza riuscirci
mai. Ha lavorato in un magazzino e
un autolavaggio, poi è stato visto dagli osservatori del Chivas in una partita dove non doveva nemmeno gio-
Rivincite
Da sinistra, gli inglesi
Lambert e Foster, il
messicano Carlos
Salcido, che per tre volte
ha cercato di varcare il
confine con gli Stati
Uniti e ha poi sbarcato il
lunario in un magazzino
e in un autolavaggio
prima di sfondare come
calciatore, e il ghanese
Christian Atsu, 22 anni
del Chelsea, che ha
trascorso l’infanzia nella
povertà più assoluta
(Afp, Ap, Reuters)
care. Perché ci vuole anche fortuna,
se a 20 anni vendi ancora pesce al
mercato di Puerto Colombia o controlli biglietti negli autobus, ma Carlos Bacca detto Peluca (parrucca),
che ha appena vinto l’Europa League
con il Siviglia, si è preso il suo tempo
e le sue rivincite: ora, su un altro
mercato, vale una ventina di milioni.
Per l’Uruguay non ha prezzo la
«garra» (lo spirito battagliero) di
Arevalo Rios: l’ex mediano del Palermo ha fatto l’imbianchino e il carpentiere. E al primo allenamento con
la Celeste ci è andato in autobus . Per
pagarsi il tragitto per l’allenamento,
Randall Brenes del Costa Rica passava invece il suo tempo libero lavorando in una copisteria. José Holebas della Grecia faceva il magazziniere, prima di debuttare nel professionismo, addirittura 23 anni.
Amaranto Perea, colonna della Colombia, da ragazzino vendeva invece
i gelati per le strade di Turbo, ma a 37
anni è stato scartato dieci giorni prima del Mondiale: il carretto passava
e quel terzino gridava cose che non
si possono riferire.
Paolo Tomaselli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
48 Sport
Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Mondiali
Brasile
I campioni
La Spagna ricomincia
dove aveva lasciato
Del Bosque conserva
la generazione triplete
il gol segnato al minuto 116, quello che
aveva interrotto una specie di maledizione mondiale, che sembrava gravare
sulla Roja, consegnando la coppa nelle
mani di Casillas. Ed era riuscito a commuovere la Spagna, con quel messaggio
sotto la maglia, dedicato a Dani Jarque
(«siempre con nos otros»), il capitano
dell’Espanyol, morto per crisi cardiaca
nel 2009, a 26 anni, mentre era in ritiro a
Coverciano.
Alla sfida di domani, Iniesta, 30 anni,
di Fuentealbilla, 170 centimetri di altezza per 65 chili, si presenta con 97 presenze e una popolarità che ha superato
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
RECIFE — La Spagna, campione
uscente (2010) e campione di tutto (due
titoli europei nel 2008 e nel 2012), ricomincia domani a Salvador (ore 21) dal
punto esatto in cui aveva lasciato quattro anni fa a Soccer City, Johannesburg.
L’avversario è sempre lo stesso: l’Olanda. Allora, 11 luglio, era la domenica
della finale, vinta al secondo supplementare; questa volta gli olandesi capitano nella partita d’esordio. Andres
Iniesta è pronto a rimettere insieme i ricordi, proiettandoli verso il futuro: suo
anche le divisioni fra tifosi del Barça e
del Real. Lo amano tutti, in tutta la Spagna e per questo «mi sento un privilegiato. Sono fiero di quello che ho fatto e
di essere stato al posto giusto, nell’attimo in cui si è decisa la finale. Ho segnato io, ma per conto di tutti, anche di chi
era venuto prima della nostra generazione e aveva sofferto per non essere arrivato al titolo».
Anche se è reduce da una stagione
dolorosa (la morte di Tito Vilanova) e
tormentata con il Barça, che ha perso la
Liga all’ultima giornata, Iniesta resta
uno degli uomini sui quali Vicente Del
Bosque, un campione del mondo di
saggezza, sa di poter contare in maniera
totale, perché «lui ha tutto, il carattere,
la qualità del gioco, il senso del gol».
Anche perché, ha spiegato Iniesta, «io
non mi considero più bravo degli altri,
perché il calcio è sport di squadra e da
soli non si vince niente».
Adesso si ricomincia, dopo la sconfitta nella finale con il Brasile nella Confederations Cup (0-3, 30 giugno 2013)
contro un’Olanda molto diversa da
quella di 4 anni fa, a partire dal c.t. (Van
Gaal, che sta per lasciare), che ha aperto
ai giovani, anche se c’è sempre Sneijder
Risate Koke e Javi Martinez durante la conferenza stampa spagnola (Afp)
e c’è Robben che non ha ancora metabolizzato la sconfitta di Soccer City: «È
tremendo perdere una finale mondiale
ai supplementari, quando ci penso non
dormo la notte». Del Bosque, invece, ha
puntato su una soluzione conservativa,
insistendo sulla generazione del triplete
euromondiale, con pochissimi innesti
(Diego Costa). La sfida della Spagna è
questa: arrivare il più in alto possibile
Corsi e ricorsi
Domani l’esordio contro
l’Olanda, battuta nel 2010
Iniesta: «Segnai io per tutti...»
con i veterani, in un Mondiale anomalo,
dove la tecnica dovrebbe avere un ruolo
ben più importante rispetto al Sudafrica, quando il clima consentiva di giocare ad alti ritmi. La partita con l’Olanda
darà la prima risposta, senza dimenticare che la Spagna aveva perso l’unica
gara del Mondiale 2010 proprio all’esordio, a Durban, contro la Svizzera.
Fabio Monti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il cammino
verso la Coppa
GIRONE A
GIRONE B
GIRONE C
GIRONE D
GIRONE E
GIRONE F
GIRONE G
GIRONE H
domani Messico
Incontro
domani Spagna
Olanda
21
14/6
Colombia
Camerun
18
domani Cile
Australia
24
15/6
C. d’Avorio Giappone
Grecia
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Data
Incontro
18
14/6
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18
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Data
Incontro
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Data
Incontro
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Data
Incontro
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Data
Incontro
21
15/6
Svizzera
Ecuador
18
15/6
Argentina
Bosnia
24
16/6
Germania
Portogallo
18
17/6
Belgio
Algeria
18
Inghilterra ITALIA
24
15/6
Francia
Honduras
21
16/6
Iran
Nigeria
21
16/6
Ghana
Stati Uniti
24
17/6
Russia
Sud Corea
24
19/6
Uruguay
Inghilterra
21
20/6
Svizzera
Francia
21
21/6
Argentina
Iran
18
21/6
Germania
Ghana
21
22/6
Belgio
Russia
18
Costa Rica
Ore
17/6
Brasile
Messico
21
18/6
Australia
Olanda
18
19/6
Colombia
18/6
Camerun
Croazia
24
18/6
Spagna
Cile
21
19/6
Giappone Grecia
24
20/6
ITALIA
Costa Rica
18
20/6
Honduras Ecuador
24
21/6
Nigeria
Bosnia
24
22/6
Stati Uniti
Portogallo
24
22/6
Sud Corea Algeria
21
23/6
Camerun
Brasile
22
23/6
Australia
Spagna
18
24/6
Giappone Colombia
22
24/6
Costa Rica Inghilterra
18
25/6
Honduras Svizzera
22
25/6
Nigeria
Argentina
18
26/6
Portogallo
Ghana
18
26/6
Algeria
Russia
22
23/6
Croazia
Messico
22
23/6
Olanda
Cile
18
24/6
Grecia
22
24/6
ITALIA
18
25/6
Ecuador
22
25/6
Bosnia
Iran
18
26/6
Stati Uniti
Germania
18
26/6
Sud Corea Belgio
22
Classifica
P G V N P F S
Classifica
P G V N P F S
Classifica
C. d’Avorio
C. d’Avorio
P G V N P F S
Classifica
Uruguay
P G V N P F S
Classifica
Francia
P G V N P F S
Classifica
P G V N P F S
Classifica
P G V N P F S
1 OTTAVI DI FINALE
2 OTTAVI DI FINALE
3 OTTAVI DI FINALE
4 OTTAVI DI FINALE
5 OTTAVI DI FINALE
6 OTTAVI DI FINALE
7 OTTAVI DI FINALE
8 OTTAVI DI FINALE
1ª girone A - 2ª girone B
1ª girone C - 2ª girone D
1ª girone E - 2ª girone F
1ª girone G - 2ª girone H
1ª girone B - 2ª girone A
1ª girone D - 2ª girone C
1ª girone F - 2ª girone E
1ª girone H - 2ª girone G
Belo Horizonte 28/6 ore 18
Rio de Janeiro
Brasilia
Porto Alegre
Fortaleza
Recife
San Paolo
Salvador
28/6 ore 22
9 QUARTI DI FINALE
30/6 ore 18
30/6 ore 22
10 QUARTI DI FINALE
29/6 ore 18
29/6 ore 22
11 QUARTI DI FINALE
1/7 ore 18
Classifica
P G V N P F S
Le città del Mondiale
1/7 ore 22
12 QUARTI DI FINALE
Fortaleza
Manaus
na
Vincitore 1 - Vincitore 2
Fortaleza
Vincitore 3 - Vincitore 4
4/7 ore 22
Rio de Janeiro
FINALE 3° E 4° POSTO
Perdente 14 - Perdente 13
13 SEMIFINALI
Vincitore 9 - Vincitore 10
Belo Horizonte
4/7 ore 18
Vincitore 5 - Vincitore 6
8/7 ore 22
Brasilia
12/7 ore 22
FINALE
Vincitore 14 - Vincitore 13
Tutte le partite in diretta online su
www.corriere.it
Rio de Janeiro
13/7 ore 21
Salvador
Vincitore 7 - Vincitore 8
5/7 ore 22
Brasilia
5/7 ore 18
Cuiaba
Brasilia
Salvador
Belo Horizonte
14 SEMIFINALI
Vincitore 11 - Vincitore 12
San Paolo
Natal
Recife
B R A S I L E
9/7 ore 22
S U D
A M E R I C A
San Paolo
Curitiba
Rio
de Janeiro
Porto Alegre
CORRIERE DELLA SERA
Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
Mondiali
Brasile
Sport 49
italia: 51575551575557
Il fenomeno
Fischietti
Il problema
sarà avere
arbitraggi
uniformi
di PAOLO CASARIN
L
a squadra arbitrale di
Brasile 2014 è pronta; le
direttive tecniche sono state
ripetute all’infinito da
Busacca, è arrivato il
momento di passare al
fischio e alla fatale
bandierina. In particolare, a
Nishimura, arbitro di
Brasile-Croazia, è stato
detto di essere coerente con
le disposizioni date anche
alle squadre e cioè: garantire
aree prive di trattenute e
simulazioni, mostrare i
cartellini con prudenza e
dopo un avvertimento ,
interpretare con cautela le
azioni con chiara occasione
da gol. Agli assistenti di
linea è stato raccomandato
che, nel dubbio, la bandiera
sarà tenuta bassa. Si
potrebbe dire che le uniche
novità di Brasile 2014
saranno il time-out, deciso
dal medico in caso di forte
caldo-umido, e lo spray
evaporante per stoppare a
9,15 il muro della barriera.
Per il gol fantasma ci
penserà la tecnologia di
Blatter. Sembra tutto facile,
ma non sarà così. Gli arbitri
selezionati pur disponendo
di una buona esperienza
internazionale, provengono
da aree dove si gioca un
calcio differente per livello
tecnico e grado di
applicazione delle regole. Al
Mondiale non ci sono i primi
33 arbitri al mondo, ma i
primi di ogni
confederazione, nessuna
esclusa. La volontà di
modificare le norme, in
Europa soprattutto, corre
troppo veloce rispetto al
tempo di assorbimento dei
giocatori e soprattutto di
arbitri e guardalinee di tutto
il mondo . Anche nelle tante
riunioni tra questo gruppo
di arbitri sono emerse
profonde differenze di
interpretazione che Busacca
ha cercato di spiegare. È
appena il caso di ricordare
che il fuorigioco partorito
dall’Ifab nel 2013 è lontano
dall’essere capito
interamente e, soprattutto,
condiviso. Un momento di
analisi arbitrale importante
sarà costituito dal confronto
tra i fischietti europei reduci
dalle partite con
l’arbitraggio a sei e tutti gli
altri che hanno diretto, come
sempre, con i soli assistenti
di linea. Gli europei ne
risentiranno? E poi dopo
Brasile 2014 prevarrà la
tecnologia di Blatter (occhio
di falco sulla linea) o si
allargherà l’adozione degli
arbitri di fondo campo di
Platini? Per ora è certo che in
Europa arriverà lo spray
evaporante per tenere a
distanza le barriere.
Sperando che non evapori
prima che il muro sia
formato, come successe
qualche tempo fa…
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Prima e dopo
In alto, il saluto all’Argentina
«futura campione del mondo»
all’ingresso del ritiro e, sotto,
la sostituzione con un più misurato
«benvenuti». A sinistra, l’arrivo
di Leo Messi in Brasile sull’aereo
che porta la sua immagine
e quella di Gonzalo Higuain
(Afp, Reuters)
Leo, i 3 dubbi del numero 1:
la salute, le cifre e Ronaldo
Messi domenica contro la Bosnia dopo una stagione
meno brillante e con 1 solo gol negli ultimi 2 Mondiali
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
RIO DE JANEIRO — Segnerà o vomiterà? Oppure segnerà e vomiterà, come
gli capita spesso, per esempio nell’ultima amichevole dell’Argentina prima di
partire per il Brasile, il 2-0 alla Slovenia?
Il Mondiale di Leo Messi è un punto
interrogativo, anche se sembra assurdo
dirlo di un giocatore che in stagione ha
vinto meno del solito (solo la Supercoppa spagnola, contro l’Atletico Madrid, 1-1 fuori casa e 0-0 al Camp Nou,
21 e 28 agosto 2013) ma segnato 47 gol
in 53 partite: 31 gare e 28 gol nella Liga,
7 e 8 in Champions League, 6 e 5 in
Coppa del Re, 2 e 0 in Supercoppa spagnola, 7 e 6 con l’Argentina.
Tre sono i problemi che Messi si è
portato dietro, in attesa di affrontare la
Bosnia, al Maracanã, domenica (mezzanotte in Italia): 1) la salute; 2) i numeri di Germania 2006 e Sudafrica
2010; 3) il confronto con Cristiano Ronaldo.
Punto primo: la salute. I «vomitologi» spiegano che Leo, dopo una prima
volta testimoniata dalle telecamere in
un Barça-Real del 2011, è stato male in
campo almeno cinque volte negli ultimi quindici mesi: contro la Bolivia (altura?), contro Real Sociedad e Athletic
Bilbao, contro la Romania e contro la
Slovenia. «Mi capita spesso, ma ho fatto mille esami e non è uscito nulla», ha
commentato Messi. Per il c.t. Sabella è
nervosismo, per il suo ex allenatore
Martino è un mistero, per i pessimisti è
il segnale che Messi ha chiesto troppo
al suo fisico e non è più quello di prima.
Punto secondo: i numeri mondiali.
Tra Germania 2006 e Sudafrica 2010,
Messi è fermo a 8 presenze e un solo
gol. Quello contro la Serbia, nella sua
«prima» mondiale, il 16 giugno 2006.
Entrò al 75’ e segnò all’88’ il gol del 6-0.
«Credo di aver capito cosa non ha funzionato — ha raccontato Messi —. In
Germania abbiamo giocato bene e siamo stati sfortunati. Ho sofferto per le
critiche ingiuste di chi diceva che mi
importava più del Barça che dell’Argentina. In Sudafrica è stata colpa di
noi giocatori, anche se è stato più facile
prendersela con l’allenatore, Maradona».
Punto terzo: i confronti. Detto dei
suoi numeri stagionali (47 gol in 53
partite), il problema sono le cifre di
Protagonisti
Portogallo Ronaldo (Reuters)
Uruguay Luis Suarez (Epa)
Il giallo
Cristiano Ronaldo: 61 gol in 54 partite
e, soprattutto, la vittoria della Champions League e della Coppa del Re. CR7
ha segnato 31 gol in 30 gare di Liga; 17
(record) in 11 di Champions; 3 in 6 di
Coppa del Re; 10 in 7 con il Portogallo,
che ha portato quasi da solo al Mondiale, sbaragliando la Svezia di Ibra nel
playoff. Non c’è dubbio su chi sia stato
il numero uno in stagione. Luis Suarez,
l’altro grande atteso al Mondiale, ha segnato 38 gol in 50 gare: 31 in 33 di Premier League; nessuno in 4 gare tra F.A.
Cup e Coppa di Lega; 7 in 13 con l’Uruguay.
Messi sa che qualcuno ha cominciato a dubitare di lui. Non certo Diego
Maradona, che su «Olé» ha difeso la
Pulce e attaccato Pelé, che aveva osato
dire che il gioco di Leo è molto brasiliano: «Pelé dovrebbe stare in un museo.
Leo è argentino, più argentino di me.
Messi e Neymar? È lo stesso paragone
che c’è tra me e Pelé. È un po’ che non
parlo con Leo. Gli direi solo di non
ascoltare i cretini, che purtroppo sono
tanti. E che battere il Brasile in finale
sarebbe un orgasmo».
Nell’allenamento aperto al pubblico,
ieri, a Cidade do Galo, Higuain e Palacio
hanno lavorato ancora a parte e rischiano di saltare la Bosnia. Sabella ha provato: Romero; Zabaleta, Fernandez, Garay, Rojo; Gago, Mascherano, Di Maria;
Lavezzi, Messi, Aguero. I biglietti per la
sgambatura sono andati a ruba. Chissà
se tra i tifosi c’era anche qualche esponente delle Barras Bravas, gli ultrà che
la polizia argentina ha segnalato a
quella brasiliana in una lista di oltre
3.000 nomi.
Luca Valdiserri
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Drone spia
l’allenamento
della Francia
Giallo nel ritiro della
Francia a Ribeirão Preto,
nell’interno dello stato di
San Paolo. L’allenamento
di martedì pomeriggio è
stato disturbato dal
sorvolo di un drone, e il
fatto ha suscitato stupore
e interrogativi. Quando
l’apparecchio comandato
a distanza ha fatto la sua
apparizione sopra la testa
dei Bleus in molti hanno
scherzato e fatto battute.
Un po’ meno lo staff
tecnico e in particolare il
ct Didier Deschamps, che
sembra intenzionato a
chiedere chiarimenti.
Anche in vista dei
prossimi allenamenti che
dovrebbero essere a
porte chiuse. Oggi molti
media francesi titolano
«I Bleus spiati?».
Il libro
I francobolli
raccontano
i mondiali
Tendenze Il Brasile si allena davanti a tifosi e giornalisti, per vedere la Germania serve una chiatta
Aperti o chiusi, ogni squadra ha il suo ritiro
RIO DE JANEIRO — C’è chi fa vedere tutto, a curiosi e giornalisti, e chi
non apre praticamente mai i cancelli.
C’è infine chi è arrivato in Brasile all’ultimo momento, senza temere
cambi di clima e fusi orari. Diverse
strategie di affrontare il Mondiale, tra
nazionali grandi e piccole. La più
aperta, quasi sfacciata, è la Seleçao
brasiliana: al ritiro di Teresopolis le
telecamere sono puntate sul campo
molte ore al giorno, già da due settimane, e i giocatori interagiscono volentieri con i tifosi. Si è visto il c.t.
Scolari istruire e rimproverare i suoi, i
presenti hanno potuto cogliere i diversi schemi dei calci da fermo, come
il tecnico vuole che la squadra inizi le
partite (pressing insistente nel campo avversario), come sono organizzate le ripartenze. Scolari sostiene di
non aver nulla da nascondere, la
squadra che scenderà oggi in campo
è nota da un anno e lo schema di gioco è quasi fisso. Ma c’è anche il desiderio di caricare la torcida all’appuntamento unico del Mondiale in casa,
con tutte le implicazioni psicologiche
del caso. Trasparenza massima per
far sentire in campo un Paese intero
di 200 milioni di abitanti.
Poiché la Fifa chiede solo una quota minima di «apertura», durante la
preparazione, ogni squadra è libera di
scegliere la propria strategia. La scelta
della sede è il primo indizio. Più riservatezza per chi sta in resort chiusi
Riservati
L’Italia nella categoria
«riservati», inglesi e olandesi
alloggiano in hotel normali e
si vedono spesso alla spiaggia
(come Italia e Germania) o quartier
generali di club locali (come Spagna e
Argentina): tutte queste squadre non
devono nemmeno prendere il pullman per andare al campo d’allenamento. Inglesi e olandesi, che hanno
scelto hotel «normali» a Rio, vengono
visti spesso in giro per la città. O sulla
spiaggia di Ipanema come i tulipani,
che si tuffano in acqua o corrono sulla
sabbia morbida davanti all’albergo.
Anche la Spagna, come il Brasile,
sembra aver poco da temere da eventuali spie. Gli allenamenti dei campioni in carica sono aperti, e chi li ha
visti è rimasto impressionato: la stessa velocità e capacità di giocare a memoria che hanno impressionato il
mondo nell’ultimo decennio. Per
scrutare gli argentini, blindati vicino
a Belo Horizonte, c’è invece chi ha dovuto scalare un collina vicina e dotarsi di binocolo. Per arrivare al ritiro
della Germania, sul litorale di Bahia,
bisogna addirittura procurarsi una
chiatta e attraversare un fiume. Abbastanza chiusi anche colombiani e inglesi. L’Italia è nella categoria dei riservati. Troppo difficile per i tifosi arrivare a Mangaratiba e il pubblico degli allenamenti aperti è composto
appena dai figli dei dipendenti del
Portobello. Ai giornalisti viene concessa un’ora al giorno, ma spesso non
vedono null’altro che corse e riscaldamenti. Molte squadre, finora, hanno scelto uscite pubbliche di sapore
sociale: visite a favelas, a comunità
indigene, a scuole di capoeira. Unica,
infine, la scelta del Portogallo di Cristiano Ronaldo. È arrivato in Brasile
martedì, meno di una settimana prima della partita d’esordio con la Germania.
Rocco Cotroneo
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Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
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Cesena e Latina si giocano la A Atletica, Lavillenie si ferma a 5,77 Al via la nuova giustizia sportiva
Sarà Cesena-Latina (domenica gara d’andata, mercoledì 18 il ritorno) la
finale dei playoff di serie B per designare la terza promossa in serie A dopo
Palermo ed Empoli. Dopo la vittoria a Modena, al Cesena basta l’1-1 al Manuzzi per centrare la finale, mentre il Latina chiude 2-2 anche la gara di ritorno con il Bari ma passa il turno per il miglior piazzamento in campionato.
Il francese Renaud Lavillenie, primatista del mondo del salto con
l’asta con m 6.16, ha vinto a Oslo fermandosi però alla quota di m 5,77.
Miglior prestazione stagionale mondiale nei 110hs per l’altro francese
Martinot-Lagarde: 13’’12. Libania Grenot ha conquistato il 4° posto sui
400 in 51’’79, suo primato stagionale.
Via libera alla nuova giustizia sportiva. A distanza di sei mesi dalle
modifiche statutarie che hanno introdotto la Superprocura e l’abolizione di Tnas e Alta Corte in favore del Collegio di garanzia, la riforma voluta dal presidente del Coni Giovanni Malagò incassa il sì della Giunta Coni e del Consiglio nazionale, con il solo voto contrario di Barelli (nuoto).
L’incontro Il tecnico del passato e quello del futuro rossonero a confronto
Inzaghi a lezione da Sacchi
«Imponi la tua idea di calcio»
E Berlusconi li chiama: «Vi invidio, vorrei essere con voi»
Mercato
Mancini, addio Gala
Reja saluta la Lazio
MILANO — Roberto Mancini saluta il
Galatasaray. È durata poco meno di
nove mesi l’avventura del tecnico
italiano a Istanbul: ieri è arrivata la
risoluzione consensuale del contratto
che lo legava per altre due stagioni al
club giallorosso con cui ha vinto la
coppa di Turchia e raggiunto gli ottavi
di Champions. Un epilogo che arriva un
po’ a sorpresa ma che è maturato nella
Libero Mancini
differenza di vedute sul futuro tra il
tecnico, che puntava a una rivoluzione nella rosa, e la società,
obbligata a tenere sotto controllo il bilancio. «Abbiamo posto
fine al rapporto di comune accordo. Capisco le esigenze del
club, quando ho firmato gli obiettivi della società erano
diversi» ha spiegato Mancini, che ora pensa anche alla
possibilità di allenare una nazionale. Svolta alla Lazio. Fumata
nera nell’incontro di oltre tre ore tra il presidente Lotito e
Reja: si va verso la separazione. In pole position per la
panchina biancoceleste c’è ora Stefano Pioli: pronto per lui un
biennale a 500 mila euro a stagione. Il Milan ha accolto Jeremy
Menez: «Sono un giocatore diverso rispetto a quello visto a
Roma, lo dimostrerò». Oggi il francese sosterrà le visite
mediche e domani firmerà un contratto triennale. Galliani ha
poi strappato alla Fiorentina Gianni Vio, il «mago» delle palle
inattive che entra così nello staff di Inzaghi. Mirino puntato
verso la Spagna per la Juve. Torna di moda il nome di Adriano,
esterno del Barcellona che piace anche alla Roma. Il Real
Madrid ha fissato prezzi e formule di acquisto per Morata: 30
milioni cash, oppure prestito con diritto di riscatto fissato a
18-20 milioni e diritto di riacquisto per gli spagnoli. Intanto
Carlos Tevez conferma: «Un giorno tornerò al Boca Juniors ma
non so quando, visto che ho ancora due anni di contratto con
la Juve». Pepe Reina spaventa il Napoli: «Ho un contratto con
il Liverpool, ma ci sono anche possibilità che vada di nuovo
via. L’Atletico Madrid? L’interesse fa piacere, ma aumenta la
voglia di tornare in Spagna ogni anno che passa».
Filippo Bonsignore
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Diritti tv caldissimi
Mediaset e Sky
botta e risposta
MILANO — A lezione dal
maestro. Metti una sera a cena
nel cuore di Brera Arrigo Sacchi e Filippo Inzaghi, l’alfa e
l’omega della guida tecnica
del Milan nell’era Berlusconi.
Il genio innovatore di Fusignano e l’ultimo designato a
sedere sulla panchina rossonera. Il primo veniva dalla B e
aveva impressionato il Cavaliere battendo il Milan in coppa Italia a San Siro, il secondo
ha esperienza solo di settore
giovanile ma è reduce da un
successo nel Trofeo di Viareggio. Una serata di ricordi, consigli, suggerimenti prima di
iniziare in maniera ufficiale la
stagione il 9 luglio prossimo.
A discutere del Milan che fu e
di quello che verrà. Ad Adriano Galliani, il fil rouge degli
ultimi ventotto anni , è toccato
il compito di officiare la cerimonia di investitura del neo
tecnico. Una sorta di passaggio di consegne (alla presenza
anche di Andrea Maldera, tat-
tico del futuro staff di Pippo),
per trasmettere il Dna da allenatore del Milan. «Non farti
comprare giocatori che siano
già per forza affermati, conta
che siano funzionali alla tua
idea di calcio», ha detto l’ex
c.t. (partito ieri per Rio dove
commenterà il Mondiale). Ha
fatto presente a Pippo che in
un campionato, senza coppe e
con l’intera settimana di lavoro sarà fondamentale affidarsi
a giocatori che abbiano voglia
di impegnarsi. Partendo soprattutto dal presupposto che
è meglio contare su un ragazzo tecnicamente non eccelso
ma serio, piuttosto che su un
talento inaffidabile.
Dicono che Inzaghi abbia
annuito, chiesto lumi su quella che era la programmazione
del lavoro ai tempi di Arrigo.
Ha ascoltato aneddoti su quella squadra meravigliosa che
ottenne risultati tali da far
pervenire a Sacchi offerte faraoniche dal Real Madrid. Poi
Arrivi Pippo Inzaghi, 40 anni, e nel tondo Jeremy Menez, 27 (Ipp, Buzzi)
dal tavolo è partita la telefonata al presidente Berlusconi che
desideroso di tornare a occuparsi con maggior intensità
del Milan ha replicato. «Vi invidio molto, vorrei essere lì
con voi».
Insomma, visto da fuori pare che la coesione, dopo i mesi
tormentati all’insegna della
divisione e dell’incomunica-
bilità della gestione Seedorf,
sia tornata all’interno dell’ambiente Milan. Fattore che lascia ben sperare anche per i risultati futuri. Scontato che a
tavola si sia discusso del futuro di Arrigo Sacchi: il presidente Berlusconi vorrebbe un
ritorno in società del tecnico
romagnolo, legato alla Figc fino al 30 giugno prossimo, da
un contratto come coordinatore tecnico delle nazionali
giovanili. Il Milan gli ha già
proposto il ruolo di supervisore del settore giovanile, ma
l’ex c.t., stanco, vorrebbe fermarsi per qualche tempo.
Adriano Galliani gli ha rinnovato la proposta dandosi appuntamento al mese prossimo, quando Sacchi tornerà
dal Brasile e la stagione del
Milan avrà inizio. Inzaghi, che
negli ultimi giorni sta ricevendo messaggi affettuosi dai ragazzi della Primavera, saluterà
oggi la sua squadra con un regalo speciale, cioè con una visita al museo del Milan. Ieri ha
convocato tutte le componenti
dello staff tecnico, medico
(assente Tavana, in ferie), atletico e della comunicazione a
Milanello (con visita a Milan
Lab). Non lascia nulla al caso,
ed è meticoloso: in questo da
Sacchi ha già capito la lezione.
Monica Colombo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Formula 1
Montezemolo: «Ferrari
in un momento difficile
ma cresceremo presto»
«Un momento difficile per la Ferrari, ma abbiamo un grande
potenziale di crescita e miglioramento già da quest’anno». È la
sintesi, lucida e sincera, di Luca Cordero di Montezemolo,
durante l’assemblea di Confartigianato a Firenze. Quel «grande
potenziale», evocato dal presidente della Rossa, si può
raggiungere «giorno per giorno con determinazione, e mi
aspetto proprio questo». L’imperativo è migliorare già nella
stagione in corso, ma puntando decisamente a quella
successiva: « Dobbiamo lavorare molto per una grande sfida per
l’anno prossimo e Mattiacci sta lavorando su tante aree di ogni
tipo perché c’è veramente molto da fare». Montezemolo entra
nelle strategie tecniche quando precisa: «Dobbiamo
concentrarci su un sistema macchina-motore molto più
integrato per l’anno prossimo». Ha poi scherzato con don Corso
Paura
Oltre 850 milioni all’anno per la
serie A. A tanto ammonterebbe
l’offerta monstre predisposta da
Mediaset per i diritti di tutti i
match della Serie A in digitale per
il triennio 2015-18 e che sarebbe
così composta: 548 milioni per i
match delle big della Serie A, più
306 milioni per le 132 partite
Sport tv in campo delle squadre minori. Totale: 854
milioni. Una cifra record ma
tarata sull’obiettivo minimo di raccolta annua dei
club di A — 850 milioni, secondo le indiscrezioni—,
incassi che dovrebbero essere integrati dalla vendita
dei diritti esteri. Lo scorso 5 giugno, il gruppo di
Cologno Monzese ha presentato due buste all’advisor
Infront per il pacchetto B, quello cioè riguardante
248 partite delle migliori squadre di Serie A per il
digitale terrestre. La prima, già nota, di 280 milioni
(superata dai 420 milioni messi sul piatto da Sky); la
seconda, questa, condizionata alla mancata
assegnazione del pacchetto per i diritti satellitari.
«Nessun colpo di scena — è la reazione di Sky — le
offerte condizionate non sono valide, come è
chiaramente indicato nel bando di gara. La cifra
cumulata da noi offerta supera abbondantemente
quella di Mediaset».
Dell’auto sono
rimasti solo
rottami, ma
il francese Loic
Duval, uscito
di pista durante
le prove
a Le Mans,
è uscito vivo
dalla sua Audi
f.bon.
Guicciardini, presidente dell’Opera della Madonnina del Grappa
di Firenze: «Speriamo di poter tornare a vincere, lei e i suoi
ragazzi pensino anche alla Ferrari». Montezemolo ha donato al
sacerdote un vecchio motore Ferrari per consentire di esercitarsi
ai ragazzi della scuola di formazione intitolata a don Facibeni.
Intanto Lewis Hamilton è stato «pizzicato» a Maranello. Non è
la prima volta che il pilota britannico va in visita all’azienda del
Cavallino. Hamilton , già vincitore di quattro Gran Premi
quest’anno con Mercedes e campione del mondo nel 2008 con
la McLaren, ha da sempre una grande ammirazione per la
Ferrari e probabilmente in questi giorni ne ha aggiunta una alla
sua collezione personale. Dopo 7 gare del Mondiale, la
Mercedes domina con la leadership del tedesco Nico Rosberg
(140 punti) davanti al compagno di scuderia Hamilton (118).
Molto staccato il primo dei ferraristi, Fernando Alonso, che ha
69 punti, 10 in meno dell’australiano Daniel Ricciardo (Red
Bull), vincitore in Canada nell’ultimo Gp non vinto dalle
Mercedes. Prossimo appuntamento il 22 giugno in Austria.
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Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
La Direzione e la Redazione del Corriere della
Sera sono vicine a Laura per la scomparsa del
papà
Alessandro Ballio
Ferruccio de Bortoli, Luciano Fontana, Antonio
Macaluso, Daniele Manca, Giangiacomo Schiavi,
Barbara Stefanelli, Stefano Agnoli, Francesco Alberti, Giovanni Angeli, Luca Angelini, Alessandra
Arachi, Benedetta Argentieri, Cristina Argento,
Marco Ascione, Antonella Baccaro, Enrico Bagnoli, Roberto Bagnoli, Paolo Baldini, Alessandro Balistri, Andrea Balzanetti, Carlo Baroni, Francesca
Basso, Pierluigi Battista, Francesco Battistini, Gianluca Bauzano, Adriana Bazzi, Paolo Beltramin,
Renato Benedetto, Gianmario Benzing, Giovanni
Bianconi, Alessandro Bocci, Sergio Bocconi, Donatella Bogo, Fabio Boni, Riccardo Bozzi, Antonio
Bozzo, Fausto Brambilla, Marzio Breda, Riccardo
Bruno, Stefano Bucci, Goffredo Buccini, Fulvio
Bufi, Rossella Burattino, Emanuele Buzzi, Fabrizio
Caccia, Manuela Cagiano, Enrico Caiano, Ivo
Caizzi, Maria Antonietta Calabrò, Domenico Calcagno, Wladimir Calvisi, Alessandro Cannavò,
Valerio Cappelli, Alessandro Capponi, Maurizio
Caprara, Antonio Carioti, Davide Casati, Antonio
Castaldo, Marco Castoldi, Alessandra Cattaneo,
Federica Cavadini, Fabio Cavalera, Giovanna
Cavalli, Aldo Cazzullo, Federico Cella, Sandra
Cesarale, Marco Cianca, Carlo Cinelli, Gianluigi
Colin, Claudio Colombo, Paolo Conti, Alessandra Coppola, Ruggiero Corcella, Anna Corno,
Luigi Corvi, Emilia Costantini, Lorenzo Cremonesi, Marco Cremonesi, Manuela Croci, Matteo
Cruccu, Laura Cuppini, Fabio Cutri, Daniele Dallera, Ilenia Damiata, Serena Danna, Cristina
D’Amico, Paola D’Amico, Vito D’Angelo, Alessandra D’Ercole, Margherita De Bac, Marika De
Feo, Roberto De Ponti, Federico De Rosa, Marco
Del Corona, Bruno Delfino, Claudio Del Frate,
Enzo D’Errico, Paola Di Caro, Francesco Di Frischia, Lavinia Di Gianvito, Maurizio Di Gregorio,
Giuseppe Di Piazza, Paolo Di Stefano, Dario Di
Vico, Maurizio Donelli, Antonio D’Orrico, Gabriele Dossena, Pasquale Elia, Paolo Fallai, Andrea
Fanti, Maurizio Faravelli, Michele Farina, Giuseppina Fasano, Giuliana Ferraino, Luigi Ferrarella,
Luciano Ferraro, Dario Fertilio, Fulvio Fiano, Fabio Finazzi, Flavia Fiorentino, Cinzia Fiori, Michele Focarete, Maurizio Fortuna, Paolo Foschi, Paolo Foschini, Massimo Fracaro, Massimo Franco,
Renato Franco, Davide Frattini, Gianna Fregonara, Angela Frenda, Rinaldo Frignani, Lorenzo
Fuccaro, Alessandro Fulloni, Massimo Gaggi, Andrea Galli, Marco Galluzzo, Nicola Gandelli, Anna Gandolfi, Sara Gandolfi, Andrea Garibaldi,
Mario Garofalo, Luca Gelmini, Angela Geraci,
Mario Gerevini, Mara Gergolet, Antonella Gesualdo, Maurizio Giannattasio, Marco Gillo, Elio
Girompini, Cesare Giuzzi, Roberto Gobbi, Iacopo
Gori, Davide Gorni, Daria Gorodisky, Agostino
Gramigna, Roberto Gressi, Laura Guardini, Giuseppe Guastella, Monica Guerzoni, Fabrizio Guglielmini, Flavio Haver, Roberto Iasoni, Marco
Imarisio, Mariolina Iossa, Luigi Ippolito, Paolo
Isotta, Antonia Jacchia, Andrea Laffranchi, Irene
Lasalvia, Paolo Lepri, Marco Letizia, Paolo Ligammari, Carlo Davide Lodolini, Michele Lovison, Nino Luca, Piergiorgio Lucioni, Davide Lucisano,
Chiara Maffioletti, Alessandra Mangiarotti, Michele Manno, Michela Mantovan, Roberto Marabini, Chiara Nilla Mariani, Enrico Marro, Cristina
Marrone, Biagio Marsiglia, Laura Martellini, Dino
Martirano, Giuditta Marvelli, Fabrizio Massaro,
Luca Mastrantonio, Viviana Mazza, Maria Teresa
Meli, Ernesto Menicucci, Gianluca Mercuri, Dino
Messina, Luca Milani, Stefano Montefiori, Daniela Monti, Fabio Monti, Grazia Maria Mottola,
Massimo Mucchetti, Alessandra Muglia, Elsa Muschella, Cristina Musetti, Maria Serena Natale,
Daniela Natali, Maurizio Natta, Andrea Nicastro,
Carlotta Niccolini, Riccardo Nisoli, Luigi Offeddu,
Guido Olimpio, Paolo Ottolina, Ester Palma, Pierluigi Panza, Mario Pappagallo, Marcello Parilli,
Alessandro Pasini, Andrea Pasqualetto, Carlos
Passerini, Emanuela Pelati, Tommaso Pellizzari,
Fabrizio Peronaci, Roberto Perrone, Matteo Persivale, Wilma Petenzi, Paola Pica, Gaia Piccardi,
Virginia Piccolillo, Sergio Pilone, Francesca Pini,
Ferruccio Pinotti, Carmen Plotino, Raffaella Polato, Paola Pollo, Franca Porciani, Mario Porqueddu, Venanzio Postiglione, Michela Proietti, Luisa
Pronzato, Alessandra Puato, Rita Querzè, Alessia
Rastelli, Paolo Rastelli, Pierenrico Ratto, Stefano
Ravaschio, Arianna Ravelli, Simona Ravizza, Massimo Rebotti, Sara Regina, Alessio Ribaudo, Monica Ricci Sargentini, Stefano Righi, Luigi Ripamonti, Orsola Riva, Roberto Rizzo, Sergio Rizzo,
Stefano Rodi, Maria Laura Rodotà, Fabrizio Roncone, Elisabetta Rosaspina, Corrado Ruggeri, Ilaria Sacchettoni, Annachiara Sacchi, Maria Silvia
Sacchi, Alessandro Sala, Nicola Saldutti, Paolo
Salom, Lorenzo Salvia, Stefano Salvia, Guido
Santevecchi, Giovanni Santucci, Giuseppe Sarcina, Fiorenza Sarzanini, Edoardo Sassi, Ugo Savoia, Alfio Sciacca, Andrea Senesi, Mario Sensini,
Elvira Serra, Massimo Sideri, Elisabetta Soglio,
Maria Rosaria Spadaccino, Martino Spadari, Daniele Sparisci, Matteo Speroni, Armando Stella,
Gian Antonio Stella, Giovanni Stringa, Cristina
Taglietti, Danilo Taino, Stefania Tamburello, Elena Tebano, Massimo Tedeschi, Franco Tettamanti, Paolo Tomaselli, Marco Toresini, Armando Torno, Giuseppe Toti, Alessandro Trocino, Antonio
Troiano, Isidoro Trovato, Giampaolo Tucci, Stefania Ulivi, Luca Valdiserri, Paolo Valentino, Flavio Vanetti, Gian Guido Vecchi, Silvia Vedani,
Maria Teresa Veneziani, Pier Luigi Vercesi, Francesco Verderami, Rossella Verga, Lorenzo Viganò, Edoardo Vigna, Maria Luisa Villa, Marco Vinelli, Paolo Virtuani, Maria Volpe, Giovanna
Volta, Claudia Voltattorni, Carlo Vulpio, Luca Zanini, Cesare Zapperi, Cecilia Zecchinelli, Giulia
Ziino, Massimo Zingardi, Roberto Zuccolini, Diamante D’Alessio, Segreteria di Redazione Corsera, Segreteria di Direzione, Centro Documentazione. - Milano, 11 giugno 2014.
A Miami il giorno 30 maggio 2014 è mancato
all’affetto dei suoi cari
Joe Ghiringhelli
Ti stringono in un grande abbraccio la tua adorata moglie Tullia, i figli Francesca e Andrea, con
i cognati Odoardo e Patrizia e il nipote Alessandro.- La Santa Messa si svolgerà sabato 14 giugno a Mandello del Lario (LC) presso la chiesa di
San Zenone alle ore 15.30.
- Milano, 12 giugno 2014.
Riccardo, Valentina e Gaia si stringono a Tullia,
Francy e Andy ricordando il caro
Partecipano al lutto:
– Mario Luzzatto Fegiz.
– Giacomo Ferrari.
– Marisa Fumagalli.
– Giuseppina Manin.
– Paolo Mereghetti.
– Antonio Morra.
– Ottavio Rossani.
– Edoardo Stucchi.
RCS Quotidiani partecipa al lutto di Laura Ballio per la perdita del padre
Alessandro Ballio
- Milano, 11 giugno 2014.
Joe
ed i momenti felici vissuti insieme.
- Genova, 11 giugno 2014.
Marco, Milla, Federico e Filippo sono vicini a
Tullia, Francesca e Andrea in questo triste momento, per la prematura scomparsa di
Giuseppe Ghiringhelli
- Genova, 11 giugno 2014.
Tito, Guia e Giorgio ricordano con nostalgia il
caro
Amedeo e Luisa Ponzani con Paolo e Giovanna, Marta e Giulio e tutti i nipoti abbracciano
Ughi, Iria, Fabiola e Nadia partecipando con affetto al loro grande dolore per la prematura
scomparsa di
Vivide
- Milano, 11 giugno 2014.
Partecipano al lutto:
– Emilio e Paola Respighi.
Alessandro
e sono vicini a Tullia, Francy e Andy.
- Milano, 11 giugno 2014.
Cristina, Rinaldo, Elena sono vicini a Tullia,
Francesca e Andrea nel ricordo di
- Milano, 11 giugno 2014.
Pier Luigi Vercesi e famiglia sono vicini a Laura
nel triste momento in cui è venuto a mancare il
suo caro papà
Joe
e della vita felice condivisa nei tanti e lunghi anni
della nostra amicizia.
- Milano, 11 giugno 2014.
- Milano, 11 giugno 2014.
Partecipano al lutto:
– Renato, Ilaria, Francesco, Beatrice Facconi.
– Donata e Piero Baldini.
– Roberto Pistorelli.
– Massimo Nicolazzi.
Gli amici Stefania e Papik, Maria Helene e Ranieri, Giovanna e Claudio abbracciano Laura con
affetto nel dolore per la perdita del padre
Cari Tullia, Francesca e Andrea siamo terribilmente addolorati per la vostra perdita
Alessandro
Joe
Alessandro Ballio
- Milano, 11 giugno 2014.
Con tanto dolore, Vittorio Viterbo piange la
scomparsa di
Sandro Ballio
sarà sempre nei nostri cuori.- Con affetto.- Andrea e Viviana. - Milano, 11 giugno 2014.
Elisabetta e Giulio, Bruna e Maurizio, Loredana
e Franco, Paola e Claudio, Elisabeth e Peppo, Luisella e Paolo, Alda e Franco ricordano con grande affetto
che ricorda con grandissimo affetto.
- Milano, 11 giugno 2014.
L’Accademia Nazionale dei Lincei annuncia
con profondo dolore la scomparsa del socio della
Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali
Prof. Alessandro Ballio
Joe
l’amico e compagno di tanti momenti gioiosi e si
stringono a Tullia, Francesca e Andrea.
- Milano, 12 giugno 2014.
Roberto e Silvia con Gianluca e Benedetta si
stringono a Tullia, Francesca e Andrea e a tutta
la famiglia per l’improvvisa scomparsa di
- Roma, 12 giugno 2014.
La Commissione Giovani e Tirocinio Professionale di ODCEC Milano, è vicina al suo delegato,
dottoressa Vittoria Alfieri, per la perdita della
mamma
Gianluca abbraccia forte Andrea per la perdita
di suo papà
Elsa Baldi
Joe
- Milano, 11 giugno 2014.
- Milano, 11 giugno 2014.
A
Con grande affetto, Luca, Matteo e Stefano ricordano il caro amico
Joe
Antonio Bertini
Molti positivi ricordi nutrono il nostro affetto per
Tullia, Francesca, Andrea.- Enzo, Carla, Giulia,
Ludovico. - Milano, 11 giugno 2014.
e si uniscono al dolore della famiglia.
- Londra, 11 giugno 2014.
La nipote Patrizia Bettini e la sorella Maria Wilma Meroni annunciano la morte del
Dott. Ezio Mario Meroni
con grande tristezza.
- Milano, 10 giugno 2014.
Anna e Mimmo sono affettuosamente vicini a
Gigi per la scomparsa del papà
Ing. Manlio Tesio
- Milano, 11 giugno 2014.
I collaboratori tutti dello Studio Legale Redaelli
Spreafico, partecipano commossi al dolore della
famiglia Ghiringhelli, per la perdita del loro caro
Joe
- Milano, 11 giugno 2014.
L’amica Tullia ha perso improvvisamente
Joe
il compagno della sua vita.- I soci, gli amministratori e i collaboratori di Medica S.r.l. si stringono con immenso affetto intorno a lei in questo
momento intriso di dolore.
- Milano, 12 giugno 2014.
ed abbracciano Giovanna, Emilio, Carla e Uberta. - Milano, 11 giugno 2014.
Fabrizia ed Ottavia Casagrande nel ricordo
dello zio
Stefano Sioli Legnani
abbracciano con grande affetto Giovanna, Emilio, Carla e Uberta. - Milano, 11 giugno 2014.
Vivide
Gibi e Bona Borromeo con Vitaliano e Federico
sono affettuosamente vicini a Giovanna e ai suoi
figli e piangono la scomparsa del caro vecchio
amico
e ne condividono con animo commosso il dolore.
- Milano, 11 giugno 2014.
Stefano Sioli Legnani
Addio, cara
Vivide
Un bacio, Antonello.
- Montevecchia, 11 giugno 2014.
Gigi e Pinin Della Beffa sono affettuosamente
vicini a Iria e alla sua famiglia nel dolore per la
prematura scomparsa della cara
Vivide
- Milano, 11 giugno 2014.
Luigino e Vittoria con Antonella, Gilberto e
Beatrice desolati per la scomparsa di
Vivide
con il quale hanno passato tanti momenti felici.
- Milano, 11 giugno 2014.
Stefano Sioli Legnani
nel ricordo di tanti anni felici passati insieme a
Bussero. - Milano, 11 giugno 2014.
Gianco e Bona Boniello con i loro figli sono vicini con molto affetto a Giovanna, Carla, Uberta
ed Emilio nel ricordo di
Stefano Sioli Legnani
- Milano, 11 giugno 2014.
Omi Campanini Bonomi e figli sono vicini a Iria
e a tutti i suoi cari in questo drammatico momento per la perdita dell’adorata
Rosita, Luca, Angela e tutti i Missoni abbracciano Giovanna, Emilio, Carla e Uberta nel loro
grande dolore ricordando
Vivide
Stefano
- Milano, 11 giugno 2014.
Enrico e Nicola si stringono a Daniele e Tito
ricordando
Vivide
amica dotata di rara sensibilità.
- Milano, 11 giugno 2014.
vicini con l’affetto e l’amicizia di una vita.
- Sumirago, 11 giugno 2014.
Vivide
Carlo Lavinia con Anna Ottavia Guido abbracciano forte Iria e Tito nel ricordo dell’amata
Vivide
- Rocca de’ Giorgi, 11 giugno 2014.
Massimo, Antonella e tutti gli amici di Lowe Pirella sono vicini alla famiglia per la perdita di
Vivide Ponzani
- Milano, 11 giugno 2014.
Vivide Ponzani
Partecipano al lutto:
– Febo e Luisa Borromeo d’Adda.
– Mariolina Valtolina.
– Gianni Belgiojoso.
– Achille e Giovanna Colombo Clerici.
Lunedì 9 giugno è mancato nella sua amata
Bussero il
N.H.
Stefano Sioli Legnani
Lo annunciano addoloratissimi, a funerali avvenuti, la moglie Giovanna, i figli Emilio, Carla ed
Uberta, la sorella Marisa Casagrande, i nipoti Vittorio, Carlotta, Giulio e Olivia e tutti i parenti.Un particolare ringraziamento per l’aiuto prezioso al Dottor Alessandro Rossi e al Dottor Luciano
Isa, a Enrico Chiappa, Carmelo Nova, Assunta
Ciarcelluti, Liana Gomez, Ivana Tassorello e a Roberto Caprera. - Bussero, 11 giugno 2014.
Giorgio e Marisa Casagrande profondamente
addolorati per la scomparsa di
Stefano Sioli Legnani
sono vicini a Giovanna, Emilio, Carla e Uberta.
- Milano, 11 giugno 2014.
Angelo Nattino
carissimo amico di lunga data.
- Roma, 11 giugno 2014.
Il Presidente dell’Associazione Bancaria Italiana, Antonio Patuelli, e il Direttore Generale, Giovanni Sabatini, sono vicini all’amico Giampietro
Nattino in questo momento di grande dolore per
la scomparsa dell’amato fratello
Angelo Nattino
- Roma, 11 giugno 2014.
Andrea Caraceni, Massimo Gionso e la CFO
SIM S.p.A. sono vicini al dottor Giampietro Nattino e famiglia per la scomparsa del
dott. Angelo Nattino
- Milano, 11 giugno 2014.
Stefano
Cesare Guariento Corbellini si unisce al dolore
di Daniela, Elide e Giampi per la perdita dell’amico di sempre
Angelo Nattino
- Pieveottoville, 10 giugno 2014.
Cara Mariangela, la tristezza di non avere più
Ebi
tra noi e le nostre lacune umane vengono lavate
dalla consapevolezza di aver avuto il dono di conoscerlo.- Ebi mi ha voluto bene ed era orgoglioso che la sua Mariangela fosse la mia madrina.Da lui ho imparato molto, ma soprattutto la lealtà nei rapporti sia lavorativi che umani.- Ci mancherai grande Ebi.- La preghiera ti sia di conforto,
ti abbraccio.- Paolo Farina.
- Erba, 11 giugno 2014.
Margherita Lucidi è vicina con affetto a Mariangela e ai suoi figli e partecipa al loro dolore per
la scomparsa di
Eberhard Hill
- Bergamo, 11 giugno 2014.
Lo staff di Alloy Pipe & Metal Srl saluta
Eberhard Hill
È mancato
illuminato presidente e vero motore dell’azienda.
- Brugherio, 10 giugno 2014.
Eberhard Hill
il nostro caro Ebi, punto fermo e roccia della nostra famiglia.- Ci mancherà tanto.- Ne danno il
triste annuncio, Maria Angela, i figli Christian con
Jolanda, Claudia con Gian Marco e i nipoti Eleonora, Gianluca e Linda.- Non fiori ma offerte alla
Fondazione Don Gnocchi, sede di Monza, via
Montecassino 8.- I funerali si terranno lunedì 16
giugno alle ore 14.45 a Brugherio presso la chiesa San Bartolomeo, piazza Roma.
- Brugherio, 10 giugno 2014.
13 giugno 2013 - 13 giugno 2014
Nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta
Antonino (Toto) Lo Bianco
Venerdì 13 giugno alle ore 12.30 una Santa Messa a suffragio nella cappella dell’Istituto Gonzaga via Vitruvio 41, Milano.- Tutta la sua famiglia.
- Milano, 12 giugno 2014.
Papà
la tua vita è stata un volo tra emozioni, passioni,
successi, generosità.- Ora sei volato ancora più
in alto.- Christian e Claudia.
- Brugherio, 10 giugno 2014.
Nonno Ebi
forte come un cinghiale!- Eleonora, Gianluca,
Linda. - Brugherio, 10 giugno 2014.
Stefano e Giuseppina Jacini abbracciano con
affetto Giovanna, Emilio, Carla, Uberta in ricordo
del caro
- Milano, 10 giugno 2014.
Claudio Adriana Alessia Ludovica abbracciano
con immenso affetto Iria Tito Fabiola Nadia.
- Genova, 11 giugno 2014.
Marcello Gioscia Poggi con le figlie Veronica e
Ludovica si stringe con affetto a Daniela ed alle
figlie Maria Sole ed Ilaria nel ricordo dell’amatissimo
Antonella Camerana con i suoi figli è vicina a
Giovanna, Carla, Uberta e Emilio nel doloroso
giorno della scomparsa del caro amico
sono vicini con tutto il loro affetto alla carissima
Iria ed ai suoi familiari.
- Milano, 11 giugno 2014.
Joe
- Milano, 11 giugno 2014.
Stefano Sioli Legnani
Con l’amicizia e l’affetto di sempre Mario e Anna Crespi Morbio sono in questi tristi momenti
particolarmente vicini a Iria per la scomparsa di
Joe Ghiringa
Il Comitato di Redazione del Corriere della Sera è vicino alla collega Laura Ballio per la perdita
del padre
Guido, Yamilee, Reynier e Alberta ricordano
con grande affetto lo zio
Il dolore per la perdita di
2003 - 2014
Dott. Paolo Cocchi
Papà mio adorato, vorrei voltarmi e ritrovarti bello e sorridente e dolcissimo.- Ma c’è solo il tuo
silenzio.- C’è solo la mia solitudine.- Il tuo micetto Maria Antonietta.
- Milano, 12 giugno 2014.
12 giugno 2010 - 12 giugno 2014
Ebi
si stempera nella gratitudine di averlo conosciuto, uomo giusto, amico leale e dolcissimo, testimone di nozze: tanto importante nelle nostre vite
da farlo annoverare tra i pochi veri amici che si
incontrano nel corso della vita.- Il ricordo dei tanti momenti vissuti insieme non se ne andranno
con lui, ma ci aiuteranno a sentirci meno soli.Vicini nella preghiera, abbracciamo con sincero
e fraterno affetto Mariangela, Christian, Claudia
e rispettive famiglie.- Gino e Franca Farina con
Federico, Paolo e Carlo.
- Erba, 11 giugno 2014.
Matilde Calenzani Davoli
Il tempo passa e il ricordo di te non ci abbandona
mai.- Valentino, Andrea, Alberto.
- Milano, 12 giugno 2014.
12 giugno 2007 - 12 giugno 2014
Franca Arrigoni
ti ricordiamo sempre.- Visina ed Elena.
- Milano, 12 giugno 2014.
Pasquale e Rosalba Spagnoletti Zeuli, Lavinia
e Sveva, Andrea e Riccardo, partecipano all’immenso dolore di Daniela Maria Sole e Ilaria per
la perdita di
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lo ricordano con affetto e partecipano commossi
al lutto della moglie Daniela, delle figlie Maria
Sole e Ilaria, del fratello Giampietro e degli altri
familiari. - Roma, 11 giugno 2014.
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Giovanni e Letizia sono vicini con affetto a
Giampiero e Celeste per la dolorosa scomparsa
del loro caro
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Gianluca Garbi partecipa al dolore di Giampietro Nattino per la scomparsa del fratello
Informativa ai sensi dell’art. 13 D.Lgs. 196/2003 (“Codice in materia di protezione dei dati personali”).
Angelo
Conformemente all’impegno e alla cura che la nostra società dedica alla tutela dei dati personali, La informiamo sulle modalità, finalità e
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aggiornare, integrare, rettificare o cancellare, chiederne il blocco ed opporsi al loro trattamento. Ricordiamo che questi diritti sono previsti
dal Art.7 del D. Lgs 196/2003. Per ogni informazione riguardo ai diritti può rivolgersi, a tal fine, al Responsabile del trattamento dei dati
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- Milano, 12 giugno 2014.
Alberto ed Elisabeth Alfiero piangono la scomparsa dell’indimenticabile
Dott. Angelo
stringendosi ai familiari.
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Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Tv in chiaro
Teleraccomando
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di Maria Volpe
PER RICORDARE
PER DISTRARSI
Indimenticabili
Lollo-De Sica
Roberto Bolle
è il «Gobbo»
Il mitico film di Luigi
Comencini del 1953 che
inaugura il neorealismo rosa.
Protagonisti i due
indimenticabili attori Vittorio
De Sica e Gina Lollobrigida
(foto) che interpretano il
maresciallo dei carabinieri
Antonio Carotenuto, e
Mariella, soprannominata
«Pizzicarella la bersagliera»,
una bella e brava ragazza, che
sa difendersi dagli
ammiratori troppo audaci.
Da ricordare la caratterista
napoletana Tina Pica, allora
settantenne, la bella attrice
romana Marisa Merlini e Gigi
Reder (in seguito diventato
l’indimenticabile Filini nel
ciclo di film di Fantozzi).
È il celebre danzatore Roberto
Bolle (foto) a interpretare il
Gobbo Quasimodo nel
balletto «Notre-Dame de
Paris». Ispirato al romanzo
di Victor Hugo, con la musica
di Maurice Jarre, le scene di
René Allio e i famosissimi
costumi di Yves SaintLaurent, lo spettacolo torna
alla Scala dopo oltre dieci
anni dalle ultime
rappresentazioni, a
celebrare, ancora una volta,
il coreografo Roland Petit.
Sul palco Esmeralda ha il
volto di Natalia Osipova,
Roberto Bolle è Quasimodo,
Frollo e Phoebus sono
interpretati da Eris Nezha e
Mick Zeni.
Pane, amore e fantasia
Rai3, ore 21.05
Notre-Dame de Paris
Rai5, ore 21.15
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Film e programmi
De Niro in visita
Hilary Duff
sorprende i suoi figli aiuta la mamma
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Rimasto vedovo, Frank (Robert
De Niro, foto) va a cercare i suoi
quattro figli, sparsi negli Stati
Uniti. Le sue visite a sorpresa gli
regaleranno amare bugie e
verità inaspettate.
Stanno tutti bene
Rete 4, ore 21.15
Stufa di cambiare città ogni
volta che la mamma (Heather
Locklear) cambia fidanzato, la
giovane Holly (Hilary Duff, foto
con Locklear) le cerca l’uomo
perfetto...
The perfect man
Canale 5, ore 21.10
L’orchestra della Rai Approfondimento
omaggia Strauss
su Berlinguer
In occasione del 150°
anniversario della nascita di
Richard Strauss, «Also sprach
Zarathustra», poema sinfonico
op. 30 nell’esecuzione
dell’Orchestra della Rai.
La musica di Rai3
Rai3, ore 1.35
L’austerità, il pacifismo, la lotta
alla mafia e al terrorismo,
l’Europa, il dialogo
tra le forze democratiche.
Approfondimento tra le idee
di Enrico Berlinguer.
Enrico Berlinguer 1984-2014
Rai Storia, ore 19.10
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Corriere della Sera Giovedì 12 Giugno 2014
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Film
e programmi
Il capitano Hanks
eroe in Normandia
Dopo lo sbarco in Normandia il
capitano Miller (Tom Hanks, foto)
viene incaricato di cercare e
riportare a casa il soldato semplice
Ryan (Matt Damon). Oscar per la
miglior regia a Steven Spielberg.
Salvate il soldato Ryan
Studio Universal, ore 22.45
Waltz e Winslet
scontro tra genitori
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In una lite al parco, un bambino
colpisce un coetaneo sul volto
con un bastone. L’incontro tra i
suoi genitori (Christoph Waltz e
Kate Winslet, foto) e quelli della
vittima si fa molto teso.
Carnage
Premium Cinema, ore 21.15
Gyllenhaal e Peña
poliziotti a rischio
Una coppia di poliziotti (Jake
Gyllenhaal e Michael Peña, foto
insieme) ottiene diversi successi nei
pattugliamenti. I guai cominciano
quando i due pestano i piedi a una
spietata gang di narcotrafficanti.
End of Watch
Sky Cinema Max, ore 21
I reduci raccontano
il giorno più lungo
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Dai preparativi per il D-Day alla
liberazione di Parigi, le
testimonianze di uomini e donne
che hanno vissuto un momento
cruciale della storia della Seconda
guerra mondiale e dell’umanità.
D-Day: 100 giorni per la libertà
National Geographic, ore 21.55
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A fil di rete
di Aldo Grasso
La forza della scrittura
è l’arma di «Gomorra»
«G
omorra. La serie» è una produzione di cui
andare fieri, finalmente. A conclusione
della prima stagione possiamo dire di
trovarci di fronte a un’opera adulta, fosca,
acuminata. Grazie a Stefano Sollima e
Stefano Bises, la narrazione di un mondo delinquenziale è
spinta da un soffio epico e guidata da una continua lucidità
visionaria (Sky Atlantic, martedì, ore 21.10). Le vele di Scampia diventano una sorta di luogo
astorico, sradicato da ogni conVincitori e vinti
testo, che congiunge rovina e rinascita, distruzione e principio.
Adriana
I personaggi sono «cattivi»,
Ugarte
ovviamente, ma nessuno di loro
Il melò
suscita empatia: da Ciro, un inspagnolo
fame che non conosce sentibatte la
menti, a Genny, per finire con il
celebrazione dello sport
boss Pietro Savastano, pronto a
italiano. Trama
tornare in scena dopo essersi
avvincente e costi bassi
finto demente. Più che una saga
per Mediaset: in onda in
criminale, con quel certo andaprime time «Il tempo del
mento pletorico e in fondo precoraggio e dell’amore»
vedibile che appartiene al gene(con Adriana Ugarte):
re, «Gomorra» potrebbe essere
per 3.429.000 spettatori,
definita una serie metafisica
14,5% di share
dove i vivi e i morti sono come
spinti da un turbine rapinoso,
Paolo
sono fantasmi che ci perseguiBonolis
tano senza un attimo di sosta. È
La
bene ripeterlo: il primo dovere
celebrazione
che una serie deve porsi non è
dello sport
l’argomento trattato ma la scrititaliano superata dal
tura, l’unica in grado di restituimelò spagnolo. Per i
re la complessità del reale, di
100 anni del Coni Rai1
esplorare temi centrali rispetto
mobilita Paolo Bonolis:
alla sensibilità condivisa, di coin prime time «Lo
struire un «racconto mondo»
spettacolo dello sport»
capace anche di rappresentare
raccoglie 3.222.000
il Male.
spettatori, e una share
«Gomorra. La serie» impone
del 14,2%
allo spettatore uno stacco netto
da una lettura di tipo neorealistico (basterebbe la cura con cui sono ricostruiti gli interni,
grondanti kitsch e Padre Pio, per suscitare una nuova attenzione) o dalla retorica dei «panni sporchi», del facile sdegno,
della farmacia dei mali sociali. Il profilo del malvagio è qualcosa che ci riguarda e su cui riflettere e la durezza è una qualità della scrittura (pur con qualche caduta). Ci vuole intelligenza per descrivere un mondo che s’inabissa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Forum «Televisioni»: www.corriere.it/grasso
Videorubrica «Televisioni»: www.corriere.tv
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Giovedì 12 Giugno 2014 Corriere della Sera