Corriere della sera - 22.07.2014

MARTEDÌ 22 LUGLIO 2014 ANNO 139 - N. 172
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Con il Corriere
Rivive il mondo
di Diabolik ed Eva
di Paolo Di Stefano
a pagina 23
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più il prezzo del quotidiano
di Maria Laura Rodotà
a pagina 23
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SENATO: DUBBI REALI E PAURE INFONDATE
Il reportage Mosca: caccia ucraino in zona. Ma Obama: non ostacolate le indagini
LA DEMOCRAZIA
NON È A RISCHIO
«Così è stato colpito l’aereo»
di MASSIMO FRANCO
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40 7 2 2>
Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano
S
i può anche sostenere che ieri è cominciata la settimana decisiva per le riforme.
Ma sarebbe la decima volta
che si dice negli ultimi tre
mesi, o giù di lì. Chissà, magari potrebbe diventare tale
se il governo usasse meglio
l’arte della mediazione. La
prima giornata di votazioni
al Senato semina qualche
dubbio in proposito. L’atteggiamento verso le minoranze si è rivelato rigido:
così rigido da favorire le
critiche di sempre dentro il
Pd e gli attacchi più strumentali e chiassosi delle
opposizioni, fino all’ostruzionismo. Per una maggioranza che ne vuole uscire
viva, e non solo vittoriosa,
si tratta di prendere atto dei
tempi parlamentari; e di
non esasperare un percorso che prevede un esito storico e che dunque va facilitato, non intralciato.
L’immagine del «masso
sui binari», con la quale il
premier Matteo Renzi ha
additato i sabotatori della
riforma, è efficace. Rende
l’idea del treno in corsa,
proiettato a forte velocità
verso un traguardo e fermato proditoriamente. Il problema è che di «massi», nel
senso di emendamenti, ce
ne sono poco meno di ottomila. E se la tentazione di
Palazzo Chigi è di identificare come ostacoli anche le
critiche ragionevoli, l’ingombro rischia di gonfiarsi, e i sassolini di trasformarsi in macigni. Nella certezza della sconfitta, e sapendo che il governo ha
fretta, gli avversari possono
soltanto sperare di rallentarne la corsa.
Tacciare chiunque resista alla riforma come un
nostalgico della Prima Repubblica serve a metterlo di
fronte alle proprie responsabilità, ma anche ad aizzarlo. Eppure, il testo iniziale oggi appare meno indigesto agli occhi di una
larga maggioranza dei senatori grazie alle limature e
al dialogo imbastiti nelle
scorse settimane. Anche
per questo è diventato difficile assecondare la tesi di
un autoritarismo strisciante, cara agli avversari del
premier. In agguato non ci
sono dittature di coalizione, semmai squilibri istituzionali e pasticci. Il problema non può essere identificato nell’elezione indiretta
dei senatori, legittima nel
momento in cui si vuole superare il bicameralismo.
Forse, ci si può chiedere
se consiglieri regionali e
sindaci siano l’espressione
più genuina del «nuovo
corso». Le spese incontrollate e gli inquisiti che alcuni enti locali regalano all’Italia dicono che l’inadeguatezza della classe politica comincia proprio da lì.
Ma lasciamo scivolare sullo
sfondo il dubbio che il Senato possa diventare un
concentrato dei difetti delle
Regioni. L’obiettivo dichiarato della riforma è quello
di modernizzare il Parlamento; evitare le sovrapposizioni; e lasciare governare
l’Esecutivo senza perdite di
tempo. L’altro, più popolare, è di ridurre i costi della
politica diminuendo il numero dei senatori a cento.
Da queste premesse meritorie dovrebbe cominciare a prendere forma la nuova istituzione entro l‘8 agosto. Ma l’unico modo per
riuscirci è di limitare drasticamente la discussione
degli emendamenti. Il governo si aspetta che Palazzo
Madama risolva il problema. L’ingorgo, tuttavia, è
politico. E senza dialogo,
per il «sì» occorrerà più
tempo: molto più tempo.
Invece di essere il laboratorio-principe della strategia
della velocità renziana, il
Senato ne mostrerebbe i limiti. Per piegare i passatisti, al presidente del Consiglio non basta avere ragione: occorre che gliela diano
gli altri. Anche se Renzi ritiene di averla già avuta il
25 maggio: non dai senatori ma dagli elettori.
I miliziani filorussi raccontano le ore della tragedia
«I capi ci parlarono di un volo con i parà di Kiev»
di LORENZO
CREMONESI
Ancora battaglia e vittime
di DAVIDE FRATTINI, STEFANO MONTEFIORI, CECILIA ZECCHINELLI
A
ltro sangue a Gaza: i palestinesi morti sono 572, tra cui ancora molti bambini. Sterminata famiglia di 27 persone. I missili israeliani centrano anche un ospedale. Uccisi 7 soldati dello Stato ebraico, in totale sono 25. ALLE PAGINE 4 E 5 con un articolo di Avirama Golan
bbiamo colpito un
aereo di Kiev, ci hanno detto i nostri capi: pensavamo di affrontare i piloti
ucraini atterrati col paracadute e ci siamo imbattuti in
cadaveri di civili». È rivelatore il racconto al Corriere
di un miliziano filorusso
sugli istanti seguiti all’abbattimento del Boeing malese partito giovedì da Amsterdam. Secondo Mosca
c’era un caccia ucraino nei
cieli, Kiev nega, Obama invita a non ostacolare le indagini. E i resti di 282 delle
298 vittime (16 gli introvabili) sono nelle celle frigorifere di un treno in attesa di
raggiungere l’Olanda.
ALLE PAGINE 2 E 3 Farina, Gaggi
UNIQA Protezione SpA - Udine
Aut. ex art. 65 R.D.L. 29/04/1923 n. 966
Più tutele
LA PRIVACY
SU GOOGLE?
ORA SARÀ
AFFAR NOSTRO
di EDOARDO
SEGANTINI
P
er Stati Uniti e Ucraina,
a tirare il missile che ha
abbattuto giovedì l’aereo
malese è stato un sistema
Buk piazzato in un’area
tra Snizhne e Torez. Il
lancio è avvenuto alle
16.20. I colpevoli: i
separatisti di Igor Besler,
detto anche «Demonio».
Ma forse tre «consiglieri»
russi avrebbero assistito i
miliziani anti Kiev.
iù tutele per la privacy
su Google. L’iniziativa
è italiana e, per la prima
volta in Europa, chi usa il
grande motore di ricerca
sarà protetto in modo
preciso: arrivano le regole
del Garante, in base alle
quali «Big G» potrà usare i
dati personali degli italiani
solo con il loro consenso
preventivo e dovrà
dichiarare di svolgere questa
attività a fini commerciali.
È il frutto di un lavoro di
preparazione, durante il
quale l’Authority presieduta
da Antonello Soro e la
grande azienda Usa hanno
collaborato attivamente.
«Non si è puntato a definire
un set di sanzioni, ma a
scrivere le norme a cui
Google dovrà attenersi».
ALLE PAGINE 2 E 3
A PAGINA 18
I punti certi
A Gaza cannonata su un ospedale «A
Assicurazioni & Previdenza
Intercettazioni
e foto satellitari:
le prove raccolte
di GUIDO OLIMPIO
P
Allarme della Bundesbank. Ordini e fatturato in calo in Italia
Si ferma anche la Germania
Nuovi timori dell’Europa
Israele si difende
I torti non sono
sullo stesso piano
di BERNARD-HENRI LÉVY
C
osì dunque domenica scorsa, a Parigi, col pretesto
di «difendere la Palestina», migliaia di uomini e
donne se la sono presa di nuovo con gli ebrei. A questi
imbecilli oltre che mascalzoni, o viceversa, ricordiamo,
ad ogni buon conto, che mescolare ebrei e israeliani in
una stessa riprovazione è il principio stesso di un
antisemitismo che, in Francia, viene punito dalla legge.
(Foto Cesura / Gabriele Micalizzi) CONTINUA A PAGINA 32
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’industria fatica a ripartire. L’economia europea
stenta a tenere il passo. E
anche in Germania è stagnazione. La Bundesbank
parla di stallo delle imprese
e dell’edilizia. Solo la Gran
Bretagna continua la sua
corsa. I dati forniti ieri dall’Istat per l’Italia evidenziano un calo degli ordini e del
fatturato dell’industria nel
mese di maggio. Il tonfo
degli ordinativi è del 2,1%
rispetto ad aprile, dopo la
crescita dei due mesi precedenti. Le commesse su base
annua calano con un ribasso del 2,5%. La performance
negativa dei mercati esteri
e del mercato interno si fa
sentire anche sui fatturati.
ALLE PAGINE 6 E 7 Ducci, Marro
Sabella, Sarcina, Stringa
Prime gravidanze tra smentite e proteste. Ma ora le regole vanno applicate
Il giallo della fecondazione eterologa
di LUIGI RIPAMONTI
T
ra annunci, controlli e contestazioni si torna sulle opposte barricate. La fecondazione eterologa torna
a dividere: i casi di gravidanza che sono stati segnalati a Roma e a Milano
lasciano una scia di polemiche e sospetti. A Milano l’invio dei carabinieri
del Nucleo antisofisticazioni (Nas)
nella clinica diretta dal ginecologo Severino Antinori, apre un giallo: la gravidanza non ci sarebbe stata. Ma c’è
anche chi contesta l’ispezione.
A PAGINA 32
ALLE PAGINE 14 E 15 De Bac, Ravizza
Caso Ilva
Storie e cadute
«Truffa allo Stato
per i contributi»
Riva condannato
a sei anni e mezzo
Quei campioni
senza freni:
le vite al limite
di troppi pugili
di LUIGI FERRARELLA
di CLAUDIO COLOMBO
A PAGINA 17
A PAGINA 19
Giannelli
2
Primo Piano
Martedì 22 Luglio 2014 Corriere della Sera
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#
La tragedia nei cieli
Un padre olandese
La lettera:
mister Putin
le racconto
mia figlia
«Signor Putin, ringrazio i
separatisti ucraini per
l’omicidio della mia amata e
unica figlia Elsemiek. Lei non
la conosceva, signor Putin.
Aveva 17 anni. Lo sa che voleva
diventare ingegnere? Sa cosa
avrebbe fatto l’anno prossimo
con le sue amiche del cuore?».
A scrivere è un padre olandese
che si firma così: «Hans de
Borst di Monster, la cui vita è
distrutta». Una lettera aperta
indirizzata al presidente russo
rimbalza virale su Internet. Tra
i girasoli dell’Ucraina Hans ha
perso la figlia e la ex moglie,
due dei 193 olandesi
sull’Amsterdam-Kuala
Lumpur. Fino a ieri l’Olanda
aveva vissuto la tragedia quasi
con silenziosa incredulità.
Poche bandiere a mezz’asta,
nessuna grande cerimonia di
lutto, i festival d’estate come il
megaconcerto Crazy Sexy Cool
di Rotterdam che hanno
proseguito con musiche e
bevute. Il dolore e la rabbia di
un popolo hanno trovato
spazio nelle piazze di Internet
o nei servizi delle tv
internazionali. «Hanno ucciso
quasi duecento olandesi —
scrive Casper van Nierop su
Facebook —. Perché non
mandiamo i paracadutisti a
recuperarli?». La Bbc intervista
in Olanda la sorella di una
Miliziani
In alto il ribelle filorusso che ha ammesso l’abbattimento dell’aereo della Malaysia Airlines da
parte dei separatisti. A destra uno dei treni adibito al trasporto dei corpi delle vittime (Epa)
«I nostri capi ci hanno detto:
abbattuto jet ucraino»
DAL NOSTRO INVIATO
giovane malese morta con il
marito e i quattro figli che
tornavano a casa dopo alcuni
anni all’estero: «Era una
ragazza gentile, vogliamo solo
riaverla qui prima possibile».
Invece Hans de Borst intinge il
dolore nell’amarezza. Racconta
la vita che sua figlia non vivrà:
«L’anno prossimo, signor
Putin, Elsemiek avrebbe
superato la maturità con le
amiche Julia e Marina. Era
brava a scuola. Progetti?
Voleva iscriversi all’università
di Delft, fare ingegneria. Non
vedeva l’ora. E adesso
all’improvviso non c’è più. Dal
cielo l’avete abbattuta in un
Paese straniero dove c’è una
guerra in corso».
Elsemiek de Borst andava in
Malaysia con la madre, il
compagno di lei e il fratello.
Andavano in vacanza.
Elsemiek e gli altri 79
minorenni a bordo di quel
volo: Kaela 21 mesi, Evie
Maslin 10 anni, Piers van den
Hende quindicenne con la
faccia da grande...
All’aeroporto di Schipol, da
dove suo figlio Bryce è partito,
Silene Fredriksz con una
fotografia in mano manda una
preghiera a Mosca: «Signor
Putin, faccia tornare i miei
ragazzi. Per favore». Alza la
foto di Bryce, 23 anni, e della
fidanzata ventenne Daisy:
«Guardate come sono belli.
Devono tornare». Hans de
Borst invece non chiede nulla:
«Signor Putin, signori
separatisti, spero che siate fieri
di mia figlia, fieri di averla
abbattuta».
Michele Farina
© RIPRODUZIONE RISERVATA
TOREZ — «Pensavamo di dover combattere i
piloti ucraini appena arrivati a terra col paracadute e invece ci siamo imbattuti in cadaveri di
civili. Tanti poveri resti di corpi, assieme a valigie e bagagli che nulla avevano di militare». Sono rivelatrici le parole del miliziano dell’unità
combattente «Oplot» (roccaforte) incontrato ieri a mezzogiorno sulle banchine di cemento della stazioncina ferroviaria di Torez, presso i 5 vagoni (4 frigoriferi e quello nel mezzo con i motori diesel per la refrigerazione) dove è contenuto ciò che resta dei corpi raccolti tra i campi di
girasole nell’Ucraina controllata dai separatisti
filorussi.
Rivelatrici perché lui le pronuncia in modo
chiaramente naturale, senza pensarci sopra due
volte, dopo aver raccontato della visita ai cadaveri poco prima da parte degli ispettori internazionali e alla fine di una lunga conversazione in
cui spiega le consegne della sua unità chiamata
a fare la guardia ai vagoni. Pure, sono rivelazioni importanti nella loro innocente semplicità.
In verità, potrebbero aggiungere nuove prove
alla tesi che incolpa i filorussi per aver erroneamente sparato il missile assassino, pensando
invece di mirare a un aereo dell’esercito di Kiev.
«Giovedì pomeriggio i nostri comandanti ci
hanno ordinato di salire sui camion con armi e
munizioni in quantità. Pochi minuti prima, forse dieci, avevano udito un grosso scoppio nel
cielo. Abbiamo appena colpito un aereo dei fa-
I ribelli filorussi: «Il Boeing malese scambiato
per un aereo militare». Consegnate le scatole nere
298
Il mistero Ma restano molte ombre
Foto satellitari
e intercettazioni
Tutti i punti certi
delle indagini
le vittime del volo
MH17. Il Boeing della
Malaysia Airlines si è
schiantato il 17 luglio
nell’Ucraina dell’Est, colpito da un missile. I corpi
raccolti, fino a ieri sera,
erano 282, caricati su un
treno diretto a Kharkiv
scisti di Kiev, ci hanno detto, ingiungendoci di
fare attenzione per il fatto che c’erano informazioni per cui almeno una parte dell’equipaggio
si era lanciato con i paracadute. Erano stati visti
oggetti bianchi tra le nuvole. Forse avremmo
dovuto combattere per catturarli», spiega il soldato. Ha l’ordine di non rivelare nome o grado.
Nessuno lo fa tra i suoi compagni, saranno una
decina sulla pensilina, il resto della «Oplot» sta
di guardia tra i binari e alle porte del villaggio di
Torez. Lui però dice di avere 31 anni, vive a Torez
e da civile fa il minatore nella zona. Poi si fa fotografare ben contento di mostrare i sigilli appena
posti ai tre vagoni dagli ispettori della Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza europea (Osce). I corpi raccolti sono 282, il quarto
vagone resta aperto per raccogliere gli ultimi.
Il soldato insiste nello specificare che la zona
resta tranquilla. «Stiamo facendo bene il nostro
mestiere. Anche i commissari europei hanno
Mosse e contromosse sul caso del volo
MH17. Ognuno usa le proprie carte, cerca
di proteggere le fonti e prova a confondere
le idee all’avversario. Indizi solidi si mescolano con tesi creando incertezza. Su ogni
aspetto si innesca un duello. Proviamo allora a fissare quanto è emerso fino a oggi
premettendo che il quadro resta fluido.
Il lanciatore
Gli Usa, insieme a Kiev, sostengono che a
tirare il missile sia stato un sistema Buk
piazzato in un’area compresa tra Snizhne e
Torez. Il lancio è avvenuto alle 16.20. I colpevoli: i separatisti di Igor Besler, detto anche «Demonio». Ma forse non erano soli. E
si sta indagando sulla presenza di tre «consiglieri» russi che avrebbero assistito i miliziani. A disposizione degli insorti — sostiene l’accusa — almeno tre apparati missilistici arrivati dalla Russia nell’Est dell’Ucraina tra giugno e la metà di luglio. Su
questo aspetto funzionari americani hanno
sottolineato un aspetto: se Kiev sapeva del-
dichiarato che i corpi sono conservati in modo
soddisfacente, all’interno dei vagoni la temperatura è mantenuta tra lo zero e i meno cinque
gradi», esclama. Quindi prosegue nel racconto
riferito al giorno della tragedia: «Con i miei soldati cercavo di individuare i paracadute sul terreno e sugli alberi. A un certo punto, ho visto
brandelli di tela in una radura. Li ho sollevati e
ho trovato il corpo di una bambina che avrà
avuto non più di cinque anni. Il viso era rivolto
verso terra. È stato terribile. Allora ho capito
Oggetti bianchi tra le nuvole
«Ci hanno raccomandato di fare
attenzione: una parte dell’equipaggio
si era lanciato con i paracadute. Erano
stati visti oggetti bianchi tra le nuvole»
Armi Alcuni miliziani filorussi su un mezzo lanciamissili (Reuters)
Corriere della Sera Martedì 22 Luglio 2014
Primo Piano
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#
Il convoglio
Destinazione
Secondo quanto
raccontato dal
primo ministro
malese Najib
Razak il
convoglio con i
resti di 282
passeggeri ha
lasciato ieri nel
tardo
pomeriggio la
stazione di
Torez diretto alla
città di Kharkiv
per essere preso
in consegna da
investigatori
internazionali
Gli altri corpi
Il premier
malese Najib
Razak, che ha
ricevuto
assicurazioni dai
capi dei
separatisti a
Donetsk, non ha
dato
informazioni sui
rimanenti 16
corpi
Le scatole nere
Recuperate dai
miliziani
separatisti, che
ieri hanno
promesso di
consegnarle alla
squadra di
investigatori
malesi
che quello era un aereo civile. Non militare. E
questi erano tutti morti civili. Un groppo di valigie scoperchiate non ha fatto che confermare
la scoperta».
Da allora la «Oplot» è sempre rimasta sul
luogo della tragedia. All’inizio come prima
squadra di individuazione dei cadaveri, poi per
fare la guardia ai rottami dell’aereo malese, infine come sentinella ai vagoni-obitorio. Eppure
i suoi miliziani non sembrano avere alcun senso di colpa e contraddicono il capo fornendo la
versione ufficiale. «Ovvio che non siamo stati
noi ad abbattere l’aereo. Non disponiamo di
missili capaci di sparare tanto in alto. Questo è
un crimine commesso dai banditi che obbediscono al governo di Kiev. Facilmente è stato un
loro caccia ad abbattere il Boeing delle linee aeree malesi», commentano.
La loro ostilità nei confronti delle autorità di
Kiev si è accompagnata ieri sino a metà pomeriggio a sprazzi di combattimenti presso l’aeroporto e la stazione ferroviaria di Donetsk, la capitale dei separatisti. In centro città le vittime
accertate sono almeno quattro, tutte colpite vicino alla stazione. In serata, tuttavia, la situazione è parsa farsi meno tesa. A Donetsk hanno cessato di echeggiare i rombi degli spari. Soprattutto si è giunti a un accordo per la consegna dei
cadaveri e delle scatole nere (consegnate ieri sera alle autorità malesi giunte a Donetsk). È stato
concluso direttamente via telefonica tra il
primo ministro Najib Razak e l’autoproclamato premier separatista Alexander
Boradai. Una soluzione che sembra
soddisfare i filorussi, visto che scavalca Kiev.
Il treno con le celle frigorifere e
i resti di almeno 282 vittime
(pare che le restanti 16 siano
introvabili perché incenerite
dallo scoppio) dovrebbe muoversi nella notte, passare per
Donetsk e raggiungere lo scalo
di Kharkiv controllato dai regolari ucraini. Lo stesso presidente del governo di Kiev, Petro
Poroshenko, conferma l’intesa. I
Questo l’abbigliamento delle squadre di separatisti
resti dei cadaveri e le scatole nere
che hanno portato gli ultimi corpi sui vagoni frigo
dovrebbero quindi essere traspornella stazione di Torez, a 15 chilometri dai
tati ad Amsterdam a bordo di un Hercampi dove sono piovuti i resti del volo
cules C130 olandese e scortato da un
17 abbattuto giovedì scorso
team di inviati danesi e olandesi.
Diplomazia Il presidente reagisce anche alle accuse dei conservatori Usa
Obama incalza il Cremlino
«La Russia rimetta in riga
le sue milizie separatiste»
Ma Mosca insinua una responsabilità di Kiev
DAL NOSTRO INVIATO
NEW YORK — Dopo l’abbattimento del jet
della Malaysia Airlines, Barack Obama esce di
nuovo allo scoperto nel tentativo di mettere alle
corde Vladimir Putin accusato di essere responsabile, sia pure in modo indiretto, di
quanto accaduto: i separatisti ucraini filorussi
sono stati armati e addestrati da Mosca, dicono
a Washington. E ora, sostiene il presidente,
stanno continuando a ostacolare le indagini
sull’accaduto: «Cosa stanno cercando di nascondere? È tempo che la Russia eserciti la sua
influenza, che è enorme, sui separatisti perché
collaborino con le indagini internazionali. È il
meno che possano fare».
Parole dure quelle di Obama che cerca, così,
di reagire anche alle accuse dei conservatori
Usa che lo considerano troppo debole e privo di
una strategia efficace per contrastare l’aggressività della Russia. Ma Mosca replica negando
ogni responsabilità e alludendo in modo più o
meno velato a un possibile ruolo del governo di
Kiev nella strage che si è portata via la vita di
298 passeggeri e membri dell’equipaggio: nessuna accusa precisa, ma insinuazioni a raffica.
E un monito affidato al premier Dmitri Medvedev, che gli americani hanno sempre considerato un interlocutore privilegiato nel dialogo di
Mosca con l’Occidente: le nuove sanzioni Usa
alimenteranno un’ondata di antiamericanismo
in Russia che sarà difficile da arginare. Per chi
critica Obama, invece, quelle sanzioni sono
semplicemente troppo blande, visto che fin qui
non hanno minimamente intaccato la spavalderia di Putin.
I generali russi replicano alle accuse di
Washington mostrando tracce radar che dimostrerebbero che il Boeing malese partito da
Amsterdam e diretto a Kuala Lumpur era seguito a breve distanza — da tre a cinque chilometri
— da un caccia dell’aviazione dell’Ucraina, uno
Sukhoi 25. Aggiungono che a terra c’erano batterie di missili antiaerei Buk che poi sono state
rimosse dall’esercito di Kiev e che al momento
dell’abbattimento sull’area dell’ex Unione Sovietica volava un satellite spia americano. I russi non formulano accuse precise ma alludono a
un ruolo degli Usa («il satellite era lì per caso?»)
e si chiedono perché un jet militare da attacco
dell’Ucraina volasse così vicino ad un aereo di
linea.
Per gli americani e gli ucraini, però, quello
Il vertice di oggi
Mogherini:
risposta Ue
sarà unitaria
ROMA — «Avremo una
reazione coordinata,
unitaria e forte: il ruolo
della presidenza italiana
è quello di facilitare il
consenso tra tutti i 28
Paesi e credo che
arriverà una riposta
unitaria e forte
dall’Europa», ha
dichiarato ieri la
ministra degli Esteri,
Federica Mogherini, in
merito alla situazione in
Ucraina, nel corso di una
conferenza stampa alla
Farnesina con il sindaco
di New York, Bill De
Blasio. Alla vigilia del
Consiglio Affari esteri
dell’Unione Europea, che
sarà presieduto oggi per
la prima volta da
Mogherini, la titolare
della Farnesina ha
aggiunto: «Non credo
che ci saranno grandi
differenze nella reazione
che prenderemo insieme
ai miei colleghi europei».
La ministra ha aggiunto
di aver discusso del
dossier anche con i
colleghi tedesco,
francese e britannico.
Maschere a Torez
(Ap/Vadim Ghirda)
la presenza dei Buk avrebbe dovuto allertare le compagnie aeree.
Le intercettazioni
In tutta la crisi ucraina le intercettazioni
sono state parte della battaglia. Le ha usate
Mosca contro Kiev e gli Usa. Ora avviene
l’inverso. Le autorità locali affermano di
aver captato dialoghi tra i capi separatisti e
elementi del servizio militare russo Gru.
Che cosa proverebbero? La presenza dei
Buk. Il lancio di un missile contro un aereo.
Il coinvolgimento di un’unità cosacca dopo
il disastro per far sparire eventuali prove:
un’accusa rilanciata ieri. Manovre per na-
Occhi elettronici
Per alcuni esperti gli occhi
elettronici sono stati in grado di
indicare la posizione del sistema di
lancio Buk, altri appaiono più cauti
russo è solo un esercizio nella vecchia e cara arte della disinformazione in un momento difficilissimo per il Cremlino. È lo stesso presidente
ucraino Petro Poroshenko a negare in un’intervista alla Cnn che ci fosse un caccia di Kiev nella
zona dell’abbattimento. Uno atto di terrorismo
che Poroshenko paragona alla strage dell’11
settembre 2001, l’attacco di Al Qaeda alle Torri
gemelle, e a quella di Lockerbie, il Jumbo della
Pan Am esploso per un attentato di matrice libica. Oltretutto il Sukhoi 25, non è un intercettore ma un cacciabombardiere: è, cioè, solitamente armato per colpire obiettivi al suolo,
non ha i missili necessari per abbattere un jet
che vola ad alta quota.
Obama alza il tono dello scontro con Putin
perché tutte le informazioni di cui è in possesso
lo portano a ritenere che i russi stiano continuando a fomentare la guerra nell’Ucraina
orientale nonostante tutte le promesse fatte nei
mesi scorsi. Dopo il ritiro delle truppe dai confini con l’Ucraina dove erano rimasti solo mille
dei 40 mila soldati precedentemente ammassati, ora i fanti russi in assetto di guerra in quell’area sono di nuovo 12 mila. E fonti anonime
ma ufficiali del governo americano dicono che
Tracce radar
I generali russi replicano alle accuse di
Washington mostrando tracce radar
che dimostrerebbero la presenza di
un caccia ucraino vicino al jet malese
l’intelligence Usa ha elementi che proverebbero
che il Boeing 777 è stato abbattuto da un missile terra-aria SA-11 fornito dalla Russia ai separatisti. Un’arma che non avrebbe potuto essere
usata senza l’assistenza e l’addestramento di
chi l’ha consegnato alle milizie.
Gli americani non hanno ancora certezze e
infatti stanno esaminando migliaia di telefonate intercettate nei giorni scorsi e un gran numero di messaggi scambiati sulle reti sociali per
cercare di scoprire il ruolo giocato da membri
dell’esercito russo negli eventi che hanno portato alla strage. Ma il Segretario di Stato John
Kerry ha spiegato che gli indizi messi insieme
sono già molti. Soprattutto immagini di batterie missilistiche terra-aria che sono state trasportate dai territori ucraini controllati dai ribelli in Russia con almeno un missile mancante
sulle rampe di lancio. Kerry sostiene che sono
anche state registrate conversazioni telefoniche
nelle quali i ribelli rivendicano l’abbattimento
del volo MH 17. L’unico spiraglio viene dalla
collaborazione dei ribelli sul recupero dei corpi
delle vittime: alcuni esperti olandesi hanno finalmente avuto accesso all’area dove è caduto il
jet della Malaysia Airlines mentre un convoglio
con a bordo i resti di gran parte delle vittime è
partito per una località dell’Ucraina dove le
spoglie verranno consegnate agli olandesi.
Lorenzo Cremonesi
Massimo Gaggi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
scondere le scatole nere, anche se adesso
gli insorti hanno accettato di consegnarle
agli investigatori malesi.
I satelliti
Il secondo «set» di prove arriva dai satelliti statunitensi. Tre, specializzati nel tracciare i missili, avrebbero «visto» lancio e
impatto. Controversa, invece, la localizzazione del punto di sparo. Per alcuni esperti
gli occhi elettronici sono stati in grado di
indicare la posizione del sistema Buk, altri
appaiono più cauti. La Cia e l’agenzia per i
satelliti Ngo, hanno in mano questo asso?
Lo caleranno al momento opportuno? O
vogliono solo far credere a Mosca di possederlo? I tre satelliti citati erano in buona
compagnia. Sembrano che ve ne fossero altri, incaricati di monitorare l’evoluzione
degli scontri in Ucraina. Hanno registrato
qualcosa? Indiscrezioni sui media sostengono di sì, ma per ora non c’è nulla di ufficiale. Tanto è vero che il Cremlino ha subito
rilanciato per vedere se quello americano è
Leader
Poroshenko
posa dei
fiori per
le vittime
del volo
MH17
un bluff: «Mostrate le foto satellitari». In
questa partita si sono inseriti anche ricercatori occidentali che, usando fonti aperte,
hanno indagato per scoprire tracce dei
mezzi degli insorti.
I movimenti
Dopo l’abbattimento dell’aereo passeggeri è partita la caccia al lanciatore. Sono
apparse foto che ne mostrano uno in movimento e privo di un ordigno scortato da
miliziani del Battaglione Vostok. Kiev ha
sostenuto che sarebbe stato fatto sparire
inserendolo in un lungo convoglio. E’ evidente che recuperare il Buk sarebbe fondamentale ai fini dell’inchiesta, anche se i
russi, inizialmente, hanno sostenuto che
l’apparato «colpevole» non sarebbe quello
dei ribelli ma uno governativo.
Gli altri aerei
Non lontano — in termini aeronautici —
dal Boeing della Malaysia Airlines c’erano
dei velivoli militari? Il Cremlino ha affermato che ad una distanza compresa tra i 3 e
i 5 chilometri volava un Sukhoi 25 ucraino
ed ha presentato foto satellitari per dimostrarlo. Nella ricostruzione russa si nega la
fornitura dei missili e si ipotizza che possa
essere stato proprio il velivolo militare ad
aprire il fuoco. Sul blog The Aviatonist di
David Cenciotti, invece, è citato un esperto
iraniano che fornisce un’altra versione: il
jet malese era «scortato» da una coppia di
Sukhoi 27, sempre governativi. Presenze,
tutte da verificare, che portano ad altri scenari. 1) Gli aerei militari hanno fatto da
esca e chi ha sparato pensava di avere un
bersaglio legittimo: dunque una trappola.
2) Non si è trattato di un gesto deliberato
ma i caccia tenendosi «vicini» al 777 hanno
comunque indotto all’errore gli uomini
della batteria. Da Kiev hanno smentito con
forza. Quanto all’ipotesi della «scorta»
sembra strano che una compagnia civile la
accetti perché vorrebbe dire esporre il proprio jet a dei rischi.
Guido Olimpio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
4
Primo Piano
Martedì 22 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
#
Medio Oriente Il conflitto
Decine di morti, a Gaza colpito anche un ospedale
In una sola famiglia 27 vittime
Sono 25 i soldati israeliani uccisi
✒
Quello scontro
Egitto-Qatar
per l’egemonia
di CECILIA ZECCHINELLI
Tra la gente disperata di Gaza,
in questi giorni, molti
denunciano l’indifferenza degli
Stati arabi. Ma la realtà è
diversa e non necessariamente
migliore: la Striscia non è stata
dimenticata dai governi della
regione, al contrario è al centro
di una guerra diplomatica e
geopolitica che riflette gli
schieramenti emersi con il
fallimento della Fratellanza
musulmana al potere dopo le
rivoluzioni. Lo scontro vede
contrapposti tra loro soprattutto
l’Egitto e il Qatar. Nel primo, il
presidente Abdel Fattah Al Sisi
ha già azzerato la Fratellanza,
con centinaia di morti e migliaia
di arresti, e appoggia
apertamente la volontà di
Israele di «annientare Hamas»,
che proprio dalla Fratellanza
nacque e poi fu protetto. L’emiro
del Qatar, al contrario, difende
l’Islam politico con le sue due
migliori armi, Al Jazeera e la
diplomazia. Ma ora, al di là delle
contrapposte posizioni, il Cairo e
Doha stanno lottando per
imporsi come mediatori di una
tregua duratura a Gaza. Il
prestigio internazionale per un
tale successo — che ora pare
lontano — rafforzerebbe lo Stato
che lo ottenesse oltre che,
ovviamente, indebolire il rivale.
Nel 2012 fu proprio con la
mediazione tra Hamas e Israele
che il raìs islamico Mohammad
Morsi ottenne riconoscimenti (e
credito) mondiali. Non gli
servirono molto: sette mesi dopo
venne deposto da Al Sisi. Ma
quest’ultimo oggi non può
tollerare che la sua proposta
venga accantonata a favore di
quella del piccolo emirato
islamico. «C’è un complotto
dell’asse Hamas-Qatar-Turchia
per togliere all’Egitto il ruolo di
baluardo regionale», ha
accusato il ministro degli Esteri
Sameh Shukri, dopo il no di
Hamas alla proposta egiziana.
«Non ci risultano altre bozze sul
tavolo, la nostra è la sola», ha
aggiunto. In realtà a favore della
mediazione di Doha non c’è solo
la Turchia: oltre allo scomodo
appoggio di Iran e Sudan, gli
Stati Uniti hanno rapporti
migliori con l’emirato di quanti
ne abbiano con Al Sisi. E
soprattutto il Qatar ha più
ascolto presso Hamas. Ma
l’Egitto ha schierato tutte le sue
forze in questa lotta: i media
interni inneggiano ai «bravi
soldati d’Israele» (cosa mai
vista), le piazze non si
mobilitano per Gaza (mai
successo), soprattutto Arabia
Saudita e Emirati sono al suo
fianco. Nell’impasse
diplomatico che ne sta
risultando, la lista dei morti a
Gaza continua intanto ad
allungarsi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME — Lo ripete Benjamin Netanyahu, lo
ripetono i suoi ministri: la
missione è neutralizzare i
tunnel scavati sotto la sabbia
di Gaza. E aggiungono: «Non
ci fermeremo fino alla fine».
Perché sanno che la presenza
al Cairo di John Kerry e di Ban
Ki-moon segnala che gli
americani e le Nazioni Unite
adesso si stanno muovendo
davvero per il cessate il fuoco.
Da una delle gallerie sotterranee che emergono in
Israele ieri è sbucato un commando palestinese. I miliziani sono stati individuati e
nella battaglia sono stati uccisi quattro soldati israeliani
(7 nella giornata portando il
totale a 25). Gli estremisti
morti sarebbero una decina.
Le mosse più decise della
diplomazia non frenano l’offensiva nella Striscia. In un
solo raid contro l’abitazione
di un comandante militare di
Hamas sono state ammazzate 27 persone, tra loro 12
Rovine
A destra le strade del quartiere di Shajaiya, a est di
Gaza City, raso al suolo dai
raid israeliani degli ultimi
giorni nei quali hanno perso
la vita centinaia di persone
(Gabriele Micalizzi/Cesura)
Tank
Soldati israeliani sul confine della Striscia di Gaza
trasportano proiettili che
verranno sparati al di là del
confine (Reuters)
donne e bambini: facevano
tutti parte della stessa famiglia allargata, l’attacco ha ridotto in macerie il palazzo.
Un colpo di artiglieria ha
centrato il terzo piano dell’ospedale Al Aqsa, uccidendo quattro persone. I portavoce dell’esercito accusano i
combattenti fondamentalisti
di sparare nascosti tra le case,
vicino alle strutture sanitarie, di usare gli ospedali come depositi di armi. Nei
quattordici giorni di guerra
le vittime palestinesi sono
572, per la maggior parte civili, più della metà sono state
ammazzate da quando è iniziata l’invasione di terra giovedì notte. Barack Obama, il
presidente americano, ripete
di «sostenere il diritto di
Israele a difendersi»: «Ma sono molto preoccupato dal
crescente numero di perdite
civili palestinesi e di caduti
israeliani».
Malgrado la pressione militare, le fazioni sono riuscite
a continuare con i lanci di
razzi verso le città dall’altra
parte. Le sirene sono risuonate nel sud e nel centro di
Israele. Due missili sono stati
intercettati sopra Tel Aviv.
Commando
Sgominato un
commando
palestinese sbucato
da un tunnel: gli
estremisti morti
sarebbero una
decina
L’intelligence israeliana sostiene che Hamas e gli altri
gruppi hanno ridotto di oltre
la metà (tra depositi distrutti
e razzi sparati) l’arsenale: se
la stima era di 10 mila missili, ne restano 5 mila sufficienti per andare avanti settimane.
I leader del movimento
non mostrano segni di cedimento. Ismail Haniyeh, fino
a un mese fa premier del governo nella Striscia, proclama in un discorso registrato
che lo scontro proseguirà fino a quando le richieste dell’organizzazione non verran-
no soddisfatte. Le elenca:
apertura dei valichi, fine dell’embargo e delle restrizioni
imposte da Israele, liberazione dei prigionieri che erano
stati già scarcerati nel 2011
(in cambio del rilascio del caporale Gilad Shalit, sequestrato nel 2006) e riarrestati
di recente. «Non torneremo
mai indietro — dichiara — al
tempo dell’aggressione, della
morte lenta. Gaza diventerà il
cimitero degli invasori, come
lo è sempre stata nella Storia».
Abu Mazen, il presidente
palestinese, ha incontrato
La crisi Medici senza Frontiere continua a operare nei Territori occupati: «Garantiamo la copertura giorno e notte»
Il chirurgo italiano: «Chi paga il prezzo sono i civili»
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME — Il chirurgo è l’anestesista sono riusciti ad arrivare domenica mattina. La squadra per la sala operatoria è completa, a scarseggiare sono
gli spazi per intervenire. L’ospedale Shifa
è il più grande della Striscia, sta in mezzo
alla città di Gaza. Qui vengono portati la
maggior parte dei feriti, proprio domenica i sopravvissuti alla notte di battaglia
nel quartiere di Shajaiya. «Hanno cominciato subito a lavorare, a questo punto abbiamo sei medici sul campo, turni
di dodici ore per garantire la copertura
giorno e notte», spiega a Gerusalemme
Tommaso Fabbri, capomissione di Medici senza frontiere nei territori occupati.
Anche il chirurgo appena entrato è un
italiano, Cosimo Lequaglie. «Appena lasciato Israele e passato il valico di Erez, il
nostro convoglio — racconta Fabbri —
ha rischiato di venire coinvolto in un
bombardamento, una casa a 400-500
metri di distanza è stata distrutta».
Le corsie di Shifa sono travolte dall’emergenza. Allam Nayef, palestinese
che lavora in terapia intensiva, spiega
che le sei sale operatorie non sono mai
vuote. La scelta più difficile è chi operare
per primo. «A volte devi selezionare chi
sembra avere più possibilità di farcela —
dice all’agenzia Associated Press — e in
L’organizzazione
La nascita
Medici senza
frontiere nasce nel
1971 in seguito alla
violenta guerra civile
scoppiata in Nigeria.
L’organizzazione è
stata fondata da
alcuni medici
francesi, tra i quali
Bernard Kouchner, ex
ministro degli Esteri
francese, con lo
scopo di fornire aiuto
alle persone in
difficoltà
Il lavoro
Premio Nobel per la
Pace nel 1999
l’organizzazione ha
progetti in corso in
oltre 70 Paesi in tutto
il mondo. Dalla
Guinea Conakry
all’Afghanistan, dal
Sud Sudan alla
Papua Nuova
Guinea.
quel caos puoi prendere la decisione
sbagliata. Quando torni per intervenire,
la persona è già morta».
L’équipe di Medici senza frontiere
permette ai dottori locali di rimanere per
qualche ora con le famiglie. «Sono sotto
le bombe come tutti gli altri, devono lasciare la moglie, i figli negli appartamenti — continua Fabbri — con il terrore di non ritrovarli più. Sono coinvolti
emotivamente». I farmaci, le garze, le
parti di ricambio perfino per le lettighe e
i letti, i ventilatori per sala rianimazione:
manca di tutto e mancava da prima di
questi quattordici giorni di guerra. «Stamattina cerchiamo di far entrare altro
materiale, per ora su questa questione
non abbiamo avuto problemi. Sarebbe
fondamentale che gli egiziani aprissero
il valico di Rafah, a sud della Striscia. Per
ora sono passati pochi feriti, pochissime
medicine», continua Fabbri.
L’ospedale è stato coinvolto anche
nelle dispute tra Al Fatah, del presidente
Abu Mazen, e Hamas. Chi è stato assunto
prima del giugno 2007, prima che i fondamentalisti prendessero il controllo
della Striscia con le armi, ha continuato a
ricevere lo stipendio. Gli altri sono rimasti tagliati fuori dai finanziamenti negli
ultimi mesi, perché gli israeliani e parte
della comunità internazionale hanno
impedito ad Abu Mazen di pagare gli im-
piegati pubblici di Hamas, diventati suoi
dipendenti con la ritrovata unità nazionale. «Se venissimo qui ogni giorno solo
per i soldi — commenta Nayef — questo
posto non avrebbe medici e infermieri.
Io non ho preso nulla da tempo, ma questi pazienti sono i nostri amici, le nostre
famiglie, i nostri vicini di casa».
Emergenza
Negli ospedali della Striscia di Gaza le
sale operatorie sono piene di feriti.
Medicinali e garze scarseggiano e il
lavoro di medici e infermieri si fa di
giorno in giorno più duro
(Lapresse)
Succede così che un soccorritore apra
il portellone dell’ambulanza e riconosca
il volto coperto di sangue. Che un chirurgo debba operare un parente. Domenica
è stata una giornata durissima. «Sono
arrivati due fratellini, tutti e due in terapia intensiva. Da soli, senza i genitori. A
Shifa — commenta Fabbri — si capisce
che chi paga il prezzo
sono i civili, la maggior parte delle persone che proviamo a salvare. Devono essere
anche rispettati gli
operatori e le strutture
mediche, non si deve
sparare contro o vicino
a ambulanze e ospedali.Poche ore fa gli israeliani hanno bombardato l’ospedale Al Aqsa». L’esercito sostiene
che i miliziani si nascondano nelle corsie,
che le strutture sanitarie vengano usate come depositi per le
armi, che sotto agli edifici siano stati costruiti bunker. «Come organizzazione
medica non commentiamo né su Israele
né su Hamas. Dico solo che gli ospedali
devono essere protetti».
D.F.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Martedì 22 Luglio 2014
Primo Piano
italia: 51575551575557
5
#
572
morti palestinesi nei primi
14 giorni dell’offensiva israeliana
contro Hamas nella Striscia
di Gaza. I feriti sarebbero
più di 3.350 molti dei quali anziani,
donne e bambini
La mappa
Mar
Mediterraneo
CISGIORDANIA
ISRAELE
GAZA
Valico
di Erez
Gerusalemme
Beit
Lahiya
yaa
Jabalia
Jab
ab
Gazaa
City
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tyy
Quartiere
di Shajaiya
d
G A Z A
Deir al-Balah
ISRAELE
Kahn Yunis
Rafah
EGITTO
La Francia si incendia,
interviene il governo
E ora si teme il contagio
Slogan e insulti antisemiti alle manifestazioni
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
Città bombardate
dall’esercito
israeliano ieri
100.000
sfollati
(dato Onu)
6,5 km
CORRIERE DELLA SERA
Khaled Meshal, l’altro capo
di Hamas, in Qatar. Preme
perché il movimento islamista accetti la proposta formulata dall’Egitto, che resta però
lontana dagli obiettivi di Meshal e Haniyeh. Il Cairo ha
mediato con Israele un’intesa
in cui garantisce ad Hamas di
riaprire il valico di Rafah, a
sud della Striscia, se venisse
affidato al controllo delle forze di Abu Mazen. Per il resto
il documento prevede di tornare alla calma stabilita dopo
gli otto giorni di guerra nel
2012.
Le trattative potrebbero
Le reazioni Dopo gli scontri a Parigi e nelle periferie
Razzi
Hamas poteva
contare su di un
arsenale di 10.000
razzi, ora dovrebbero
restarne la metà,
sufficienti ad andare
avanti per settimane
venire complicate dall’annuncio di Hamas, che domenica notte ha proclamato di
aver rapito un soldato israeliano. I portavoce delle forze
armate non commentano. Il
nome e il numero di matricola esibiti dai fondamentalisti
corrisponderebbero a quelli
di uno dei tredici militari uccisi nella battaglia a Shajaiya.
I miliziani potrebbero essere
riusciti a recuperare la piastrina identificativa o il cadavere.
Davide Frattini
@dafrattini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
PARIGI — Il piccolo supermercato kosher Naouri, incendiato domenica a Sarcelles, era
stato già attaccato nel settembre 2012: due persone erano
entrate e avevano lanciato una
granata, senza fare vittime. Allora si era parlato di una reazione alle vignette su Maometto pubblicate da Charlie Hebdo, stavolta il pretesto è la
guerra a Gaza, ma è impossibile trovare una logica negli attacchi antisemiti. «Bisogna essere stupidi per credere che
bruciando il negozio di un
ebreo a Sarcelles si aiuti un palestinese di Gaza», dice lo scrittore Marek Halter.
Eppure, a Sarcelles, la «piccola Gerusalemme» alla periferia di Parigi, tra le migliaia di
persone che sono scese in strada per testimoniare solidarietà
al popolo palestinese alcune
hanno devastato il ristorante
La Table, altre la farmacia Banon, altre ancora hanno incendiato automobili e tirato molotov contro la sinagoga, lanciato
pietre contro la polizia e urlato
«Allah è grande» accanto a
«Morte agli ebrei». Le stesse
formule ripetute il giorno prima nel quartiere parigino di
Barbès, dove tra i manifestanti
c’era chi bruciava bandiere
israeliane con preteso gesto
antisionista, aggiungendo però «Hitler aveva ragione», il
più palese e truce e dei ritornelli antisemiti.
La guerra a Gaza provoca
proteste e libera l’antisemitismo in tutta Europa, ma è soprattutto la Francia — dove vivono le più grandi comunità
musulmana ed ebraica del
continente — a temere il con-
tagio della violenza. Nei due
giorni di disordini nella regione parigina ci sono stati circa
60 feriti (quasi tutti poliziotti)
e una settantina di arresti, nel
corso di cortei peraltro proibiti
dalle autorità: la domenica
precedente due sinagoghe erano state assaltate nel Marais (il
cuore della Parigi ebraica), e il
premier Manuel Valls aveva
deciso di vietare le manifestazioni nella capitale, «non permetteremo che il conflitto israelo-palestinese venga importato qui», aveva dichiarato invano.
Dopo gli scontri, il presiden-
te François Hollande ieri pomeriggio ha ricevuto all’Eliseo
i rappresentanti di tutte le religioni, e alla fine del colloquio
l’influente rettore della Grande
moschea di Parigi, Dalil Boubakeur, si è mostrato accanto
al presidente del Concistoro
israelita Joël Mergui, chiamandolo «mio amico», per esortare
i fedeli musulmani «a evitare
certe derive». L’Islam moderato, accusato spesso di non fare
sentire la sua voce, in Francia
non esita a condannare le violenze contro gli ebrei. Purtroppo, non è sufficiente.
La nuova manifestazione indetta per domani sera a Parigi
ha ricevuto il via libera del prefetto, vedremo se stavolta gli
incidenti saranno evitati. Dove
i cortei erano autorizzati — a
Lille e Marsiglia in Francia,
quasi ovunque nel mondo —
non ci sono stati scontri. Ma se
le vetrine fracassate si sono viste solo a Parigi e nella sua periferia, le violenze verbali erano dappertutto.
Slogan antisemiti hanno
macchiato manifestazioni non
poi così pacifiche in Germania,
Gran Bretagna, Belgio, Svizzera. A Berlino, giovedì, un gruppo di manifestanti con bandiere palestinesi gridava «Ebrei,
ebrei, porci
vigliacchi,
uscite fuori e
venite a battervi», e il
giorno dopo
l’imam Abu
Bilal è stato
filmato mentre nella moschea Al-Nur
della capitale
tedesca invocava Allah affinché uccidesse «tutti gli ebrei
sionisti, senza risparmiarne
uno». A Anversa i cori erano
«massacrate gli ebrei» e «ebrei,
ricordate Khaybar», allusione
al massacro nell’Arabia saudita
del VII secolo. Alcuni filo-palestinesi scesi in strada a Zurigo
hanno promesso di «buttare in
mare tutti gli ebrei», mentre
cartelli molto in voga a Londra
(ma pure a Sydney, in Australia), erano le ormai eterne variazioni, Gaza o non Gaza, sulla
stella di Davide e la svastica nazista.
Proteste in Europa
Violenze a Parigi
e a Sarcelles
A Parigi e a Sarcelles, il
19 e 20 luglio,
manifestazioni di
protesta contro i raid
israeliani su Gaza non
autorizzate sono
degenerate in violenza,
con saccheggi di negozi,
lanci di molotov contro
le sinagoghe, auto
incendiate. Ci sono stati
scontri con la polizia
con diversi feriti e
dimostranti arrestati
Migliaia di persone
sfilano a Londra
A Londra, decine di
migliaia di persone
hanno risposto
all’appello di sette
diverse organizzazioni,
fra cui Stop the war, e
hanno sfilato fra il 10 di
Downing Street e
l’ambasciata d’Israele
per chiedere la fine dei
bombardamenti
israeliani su Gaza. La
manifestazione si è
svolta pacificamente
Dimostrazione
pacifica a Barcellona
Stefano Montefiori
@Stef_Montefiori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La scrittrice
LA NOSTRA VERA SPERANZA:
TENDERE LA MANO AL NEMICO
L’autrice
di AVIRAMA GOLAN
I
eri, quando il picchetto d’onore ha fatto il
saluto militare al funerale di Eitan Barak,
morto a vent’anni, ho capito fino a che
punto avevamo sbagliato a pensare che la
guerra in questo Paese fosse qualcosa che
appartiene al passato. Noi, gli amici dei
suoi genitori, pur avendo preso parte a tutti
gli scontri avvenuti qui fin dagli anni ’50,
pur avendo seppellito padri, fratelli, amici,
figli, trovato riparo nei rifugi e raccolto
frammenti di corpi nelle strade
insanguinate delle città dopo attacchi
terroristici, non avevamo mai smesso di
manifestare per la pace e contro
l’occupazione. Perché pensavamo che non
ci sarebbero state più guerre? Per via
dell’illusione di relativa calma degli ultimi
anni. Nel 2008 mi sono trasferita a Sderot
con il mio compagno, poco lontano dalla
Striscia di Gaza, per manifestare solidarietà
con i residenti bersagliati da insopportabili
attacchi di razzi Qassam e per protestare
contro l’indifferenza del governo nei loro
confronti in campo economico e sociale. La
protesta sociale scoppiata in Israele tre anni
dopo ci aveva entusiasmato. Le distorte
priorità nazionali ci sembravano il
problema più urgente da affrontare. Ma la
protesta ha preferito essere apolitica,
timorosa di contestare apertamente il
sostegno governativo degli insediamenti. E
la nostra colpa è quella di non avere
sottolineato abbastanza il fatto che gli
insediamenti danneggiassero non solo la
possibilità di un compromesso con l’altra
parte, ma anche l’equilibrio economico e
sociale di Israele. Sotto la calma apparente,
infatti, ribolliva una catastrofe. Il neo
liberalismo di Netanyahu, che rifiutava
ogni responsabilità nei confronti dei
❜❜
La nostra colpa? Non
aver sottolineato
abbastanza il fatto
che gli insediamenti
sono un danno
Scrittrice e giornalista
Avirama Golan, 60 anni, è una
scrittrice e giornalista
israeliana. Scrive per il
quotidiano Ha’aretz, conduce
una trasmissione televisiva
sui libri e è anche autrice e
traduttrice di libri per bambini.
In Italia ha pubblicato «I
Corvi» (Giuntina)
cittadini, promuoveva disparità
economiche enormi e favoriva una
corruzione senza precedenti nei rapporti
fra potere economico e politico, minava la
solidarietà della società israeliana e la
frammentava in settori carichi di
risentimento. Questa tendenza si è
intensificata con la politica di
rafforzamento degli insediamenti, di
intimidazione e di incitamento all’odio.
L’Autorità palestinese, dal canto suo, si è
indebolita, mentre Hamas si è trincerato
sempre più nei suoi tunnel. È bastato
quindi un fiammifero per accendere la
fiamma. Il rapimento e l’uccisione di tre
ragazzi israeliani ha condotto all’assassinio
di un ragazzino palestinese e a
un’inarrestabile ondata di violenza da ambo
le parti. Hamas si è scatenato e ora è
difficile fermare la guerra. Ma, nonostante
tutto, davanti al brutale terrorismo di
Hamas, emerge la possibilità di un’alleanza
tra Egitto, l’Autorità palestinese e Israele. Se
Israele saprà cogliere questa opportunità e
tendere una mano sincera ai suoi vicini, a
mostrarsi disposto a fare concessioni per la
pace senza rinunciare al proprio diritto alla
sovranità e alla sicurezza, forse, finalmente,
ci sarà un cambiamento. L’inattesa pioggia
caduta questa mattina, a metà
dell’arroventato mese di luglio, risveglia
una speranza.
(Traduzione di Alessandra Shomroni)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Alla manifestazione
organizzata a
Barcellona, hanno preso
parte anche alcuni
politici. Oltre a chiedere
la fine delle operazioni
militari su Gaza, i
dimostranti hanno
sollecitato il governo
autonomo della città a
interrompere ogni
forma di cooperazione
con Israele
Slogan antisemiti
nella capitale tedesca
Nel corso delle
dimostrazioni che si
sono tenute a Berlino, i
manifestanti hanno
cantato motivi
antisemiti. Le
associazioni ebraiche
hanno protestato con
una lettera ai membri
del parlamento
tedesco, chiedendo
protezione per i
cittadini ebrei
6
Primo Piano
Martedì 22 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Le imprese L’Europa
La crescita
GERMANIA
L’industria non riparte, giù gli ordini
E anche in Germania è stagnazione
La previsione sul Pil
Il banchiere: uno scivolone
ma Berlino si rialzerà
Il rigore? Non si discute
DAL NOSTRO INVIATO
BERLINO — Ieri locomotiva d’Europa, oggi auto ferma ai box?
Con la stagnazione del secondo trimestre, si è forse bloccato lo
sprint dell’economia tedesca, anche oltre la primavera 2014? «Improbabile», per Dirk Schumacher, economista europeo della sede di
Francoforte di Goldman Sachs.
Che cosa è successo? Come mai la Germania si è fermata?
«I dati arrivano dopo un primo trimestre molto positivo, spinto
anche da un inverno mite e da un buon andamento nel settore delle
costruzioni. La debolezza del secondo trimestre è dunque in parte
semplicemente una correzione, ma potrebbe anche essere dovuta a
fattori imprevedibili, considerando che il Pil tedesco è generalmente volatile per il forte contributo del settore industriale».
E adesso? La stagnazione proseguirà anche nei trimestri a seguire?
«È improbabile. Tutti i fondamentali indicano una buona salute dell’economia: la crescita globale si sta riprendendo, le condizioni
finanziarie sono molto vantaggiose e i redditi
delle famiglie stanno crescendo, cosa che sta
spingendo i consumi privati. Anche gli utili
delle società stanno salendo e questo dovrebbe tradursi in maggiori investimenti».
La stagnazione del secondo trimestre
L’analista
avrà un effetto sulle politiche tedesche verso il resto d’Europa? Berlino darà più spazio alla flessibilità nelle regole di bilancio
europee?
I tassi
«È molto improbabile, dal momento che
Mi aspetto
l’interpretazione che il governo tedesco dà
che i
delle regole è indipendente dal ciclo economico. C’è anche da notare che il patto di starendimenti
bilità permette già un qualche grado di flesdei Bund
sibilità. Per esempio è possibile che i target
salgano
siano meno pressanti, in cambio di riforme
all’1,6% entro strutturali che abbiano un impatto sull’equilibrio fiscale. Il governo tedesco sarà favorefine anno
vole all’uso della flessibilità, ma non mi
aspetterei altri cambiamenti, oltre a questo».
Dopo la frenata di Berlino, che cosa succederà in futuro ai tassi d’interesse tedeschi «rasoterra»?
«I rendimenti in Germania sono già molto bassi ed è difficile
pensare che alcune debolezze economiche di breve periodo possano spingerli ancora più giù. Ci aspettiamo che i rendimenti dei
Bund (i titoli di Stato, ndr) crescano all’1,6% entro fine anno».
Lo stagnazione tedesca farà deragliare la debole ripresa nel
resto dell’Eurozona?
«No, perché ci aspettiamo che il secondo trimestre rappresenti
un estremo. La crescita nell’area Euro sarà supportata da un miglioramento delle condizioni finanziarie, da un minore consolidamento fiscale e da una domanda estera più forte».
❜❜
Giovanni Stringa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ROMA — L’economia del
Vecchio Continente fatica a tenere il passo. I dati forniti ieri
dall’Istat evidenziano un calo
degli ordini e del fatturato dell’industria nel mese di maggio.
Il tonfo degli ordinativi è del
2,1% rispetto ad aprile, una frenata che arriva dopo la crescita
registrata nei due mesi precedenti. Tanto che le commesse su
base annua calano con un ribasso del 2,5%. La performance negativa dei mercati esteri (-4,5%
degli ordini) e del mercato interno (-0,2%) si fa inevitabilmente sentire anche sui fatturati. I ricavi dell’industria scendono a maggio dell’1%, confermando la congiuntura negativa
del mese precedente. A differenza degli ordinativi il dato su
base annua resta in positivo,
seppure dello 0,1%.
La lettura degli statistici è che
possa trattarsi di un cosiddetto
rimbalzo tecnico dopo i dati positivi dei mesi scorsi. Certo è che
la spia di allarme resta. Non a
caso, il ministro dello Sviluppo
Economico, Federica Guidi, invita a mantenere «nervi saldi e
pazienza» in attesa che le misure varate del governo entrino a
regime. Resta che i dati «non
fanno piacere, e c’è l’esigenza di
andare avanti con le riforme
strutturali». Il passaggio a vuoto
dell’industria italiana fa il paio
con quello, meno marcato, della
Germania. Il rapporto mensile
della Bundesbank (Banca Centrale) spiega che l’incertezza legata a fattori geopolitici sta pesando sul settore industriale. Il
dato si riflette nella previsione
che il Pil (prodotto interno lordo) nel secondo trimestre resti
invariato rispetto a quanto segnato nei primi tre mesi dell’anno (+0,8%). Per la Bundesbank
la crescita «ha perso notevolmente slancio» e il settore edile
ha rallentato rispetto al buon
andamento dei mesi invernali.
La crisi tra Russia e Ucraina rappresenta un fattore di instabilità, che impatta sulla produzione
industriale tedesca. Le previsioni della Bundesbank sulla stagnazione made in Germany
Dati Istat
Frenano gli ordinativi
e i ricavi del settore
industriale che a maggio
scendono del 2,1% e 1%
Il confronto
Andamento piatto
in Francia mentre solo
Londra cresce ai tassi
precedenti la crisi
hanno contribuito allo sbandamento delle borse europee. I
principali listini hanno chiuso
in ribasso, con Milano (-1,48%)
maglia nera al fianco di Francoforte (-1,11%). Intanto a faticare
è anche la produzione industriale francese. Nei giorni scorsi i dati sull’output di maggio
hanno evidenziato un calo dell’1,7%, dopo l’aumento dello
0,3% di aprile. Su base annua la
flessione è del 2,3%. La lettura è,
insomma, peggiore delle attese
che indicavano una crescita dello 0,2%. Vale ricordare che nei
primi tre mesi dell’anno in
Francia l’economia ha registrato
una crescita nulla. Un trend diverso da quello del Regno Unito,
paese dove il Pil sta tornando a
crescere ai livelli pre crisi. L’ufficio nazionale di statistica venerdì fornirà i dati, le stime parlano
di un balzo dello 0,8% nel secondo trimestre, ossia lo stesso
aumento già segnato in occasione del primo trimestre.
In attesa che il resto dell’Eurozona si rimetta in marcia ieri a
Roma il governo italiano ha aggiunto un tassello alle misure
che dovrebbero contribuire al
rilancio della crescita. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo
Padoan, ha sottoscritto un protocollo per accelerare il pagamento dei debiti della P.a. Nell’operazione sono coinvolti un
lungo elenco di soggetti che il
ministro ha ringraziato, spiegando di ritenerli ciascuno «una
maglia che concorre a comporre
la catena» per il pagamento, entro il 2014, di circa 60 miliardi di
debiti scaduti. Al tavolo, che
prevede «l’indispensabile coinvolgimento da parte di tutti gli
attori», si è illustrato il protocollo siglato dai rappresentanti
di regioni, province, Anci, Confindustria, Abi, Cassa depositi e
prestiti, e ordini professionali
con l’obiettivo di onorare i debiti delle amministrazioni pubbliche. Tra le novità è prevista una
nuova piattaforma per la certificazione dei crediti, che potranno essere ceduti alle banche con
la garanzia dello Stato (il costo
massimo sarà dell’1,9% e dell’1,6% oltre i 50 mila euro).
Andrea Ducci
2015
+1,7
Debito pubblico (% sul Pil)
La Bundesbank: stallo della manifattura e dell’edilizia. Borse in frenata
Intesa al Tesoro per accelerare il pagamento di arretrati per 60 miliardi
Dirk Schumacher (Goldman)
2014
in percentuale
+1,9
74,5
70,7
La produzione industriale
+4,2
+3,7
+3,4
in percentuale
+1,8
+1,7
+1,3
0
dicembre
2013
gennaio
2014
febbraio
marzo
aprile
maggio
FRANCIA
2014
in percentuale
La previsione sul Pil
2015
+0,7
+1,4
Debito pubblico (% sul Pil)
95,7
96,0
La produzione industriale
+0,5
in percentuale
0
-1
-0,7
-2
-1,3
-4,2
dicembre
2013
gennaio
2014
febbraio
marzo
aprile
maggio
Fonte: Banca d’Italia; Eurostat; Istat; Fmi
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Il vertice
Guidi: imprese,
entro l’anno
Patto Ue
per il rilancio
Ministri dell’Industria riuniti per il Consiglio
informale europeo sulla competitività ospitato a
Milano nell’ambito del semestre di presidenza
italiana della Ue. «Serve uno spirito di
Rinascimento dell’industria — ha detto la
responsabile dello Sviluppo economico Federica
Guidi (foto) — perché l’Europa torni a essere
locomotiva». Allo studio nuove forme di
governance: «Il faro dev’essere una creazione di
valore dell’industria al 20% del Pil europeo entro
il 2020». In particolare il pacchetto clima-energia
«per introdurre politiche più efficienti sui costi
per i settori a rischio delocalizzazione». Come il
siderurgico: «C’è crisi di sovracapacità in molti
Paesi, noi vogliamo che il comparto resti in Italia»
ha aggiunto Guidi prima di passare al capitolo
Ilva («Abbiamo 4-5 manifestazioni internazionali
d’interesse») e alla promessa di un industrial
compact entro l’anno. Presente anche Ferdinando
Nelli Feroci, nuovo commissario all’Industria:
«Ho riscontrato convergenza sugli obiettivi
italiani di crescita e occupazione giovanile».
G. Valt.
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Corriere della Sera Martedì 22 Luglio 2014
Primo Piano
italia: 51575551575557
7
134,5
133,1
ITALIA
La previsione sul Pil
in percentuale
+1,3
+1,3
+1,2
2014
2015
L’analisi Solo la Gran Bretagna continua la sua corsa
+1,1
+1,1
+0,8
+0,6
+0,2
Banca d’Italia
Governo
+0,6
+0,5
Commissione
europea
Debito pubblico
(in % sul Pil)
Fondo
monetario
Ocse
L’industria
Il fatturato (indici destagionalizzati)
in percentuale
+1
+1,2
+0,7
+1,1
+0,7
+0,3
I tedeschi non spendono
Adesso l’Europa
inizia ad aver paura
+0,1
0
DAL NOSTRO INVIATO
-0,3
-0,5
-0,1
-0,7
-1
-1,5
maggio giugno
2013
luglio
agosto settembre ottobre novembre dicembre gennaio febbraio marzo
2014
aprile
maggio
in percentuale
Gli ordinativi (indici destagionalizzati)
+4,9
+3,4
+2,4
+2,1
+3,6
+1,5
+1,4
0
-0,1
-2,2
-2,5
-2,1
-3,1
-4,9
maggio giugno
2013
luglio
agosto settembre ottobre novembre dicembre gennaio febbraio marzo
2014
La produzione (variazioni % su 12 mesi)
0
+0,9
aprile
+1,3
maggio
+1,4
+0,4
-0,4
-0,1
-1,2
-2,3
-1,8
-2,9
-3,8
-4,6
-4,6
maggio giugno
2013
luglio
agosto settembre ottobre novembre dicembre gennaio febbraio marzo
2014
aprile
maggio
CORRIERE DELLA SERA
LONDRA - Se ora anche la Germania rallenta, allora vuol dire che l’Europa rischia davvero di fermarsi. Che
cosa succede nell’economia che da sola produce il 29% della ricchezza totale
nella zona euro? La Bundesbank chiama in causa le «tensioni geopolitiche»
nell’Est Ucraina e nel Medio Oriente. E
spiega che nel secondo trimestre l’industria «ha scalato la marcia». La stessa cosa è accaduta in Italia, come ha riferito ieri l’Istat, ed è andata anche
peggio in Francia.
La spinta della manifattura europea, dunque, resta debole. Le basi di
una crescita «sostenibile», come dicono gli economisti, sono ancora insicure, precarie. Se è così, almeno per questa volta non sono di grande aiuto le
analisi del Fondo monetario internazionale che, curiosa coincidenza, proprio ieri ha rivisto le cifre tedesche,
prevedendo un aumento più alto del
pil: 1,9% a fine 2014 contro la precedente stima dell’ 1,7%.
Se vogliamo guardare nei fondali di
questa «stagnazione» non serve attardarsi su un paio di decimali in più o in
meno. Come è noto la Germania ha
convissuto meglio di tutti gli altri soci
europei con la crisi finanziaria ed economica appoggiandosi sulle esportazioni nei vicini mercati Ue e in quelli
lontani, Cina in testa. Da qualche mese, però, arrivano meno ordini da Paesi tuttora a corto di risorse. Risultato:
l’industria tedesca ha dovuto, appunto «scalare la marcia». Dopo l’allarme
della Bundesbank, diventa urgente
riempire i vuoti lasciati dalle esportazioni con un aumento dei consumi interni, se si vuole riportare a pieni giri il
motore delle imprese tedesche e, in
seconda battuta, quello dei paesi partner. Ma il governo di Angela Merkel
non sembra avere intenzione di favorire la staffetta tra domanda esterna e
domanda interna.
E’ un problema, innanzitutto, di investimenti pubblici. Il dogma costituzionale del deficit zero si è trasformato
in un divieto quasi assoluto ad aumentare la spesa statale. Il Fondo monetario nota che la Germania sarebbe
in condizione di stanziare fino allo
0,5% del pil senza violare le regole di
bilancio nazionali ed europee. In valori assoluti fanno circa 13 miliardi di
euro. Ma questa cifra potrebbe tranquillamente essere moltiplicata per
due, per tre, per quattro. E il motivo è
molto semplice: nei conti tedeschi il
rapporto tra deficit e pil oggi è pari allo 0,1% e quindi in teoria esiste un
margine pari a circa 75 miliardi di
uscite, prima che il disavanzo raggiunga la soglia limite del 3% sul prodotto interno lordo. Quale leader politico, quale capo di Stato, quale commissario europeo avrebbe da obiettare
se il governo tedesco decidesse di
stanziare qualche decina di miliardi
Leader
Il primo
ministro
britannico
David
Cameron con
la cancelliera
tedesca
Angela
Merkel
per migliorare le infrastrutture o i servizi del Paese? E’ evidente che i benefici si allargherebbero a tutto il sistema
economico europeo. Ecco, dunque, il
tema politico ricavabile dall’analisi
della Bundesbank: anziché chiedere
sconti a Bruxelles, bisognerebbe convincere la Cancelliera Merkel a investire molto di più.
Un’altra traccia porta, invece, alla
politica monetaria, come suggerisce
Daniel Gros, economista tedesco, direttore del Ceps, il Centro di studi di
politica europea con sede a Bruxelles.
Osserva Gros: «L’idea di ridurre i tassi
di interesse anche nel lungo periodo
ha una controindicazione proprio in
Germania, il Paese che acquista i bond
di tutti. Per molti risparmiatori tedeschi, per esempio, i fondi complementari sono essenziali per integrare
la pensione. Bene, nell’ultimo periodo
il rendimento di questi fondi è sceso
dal 3% all’1%. Ho calcolato che per gli
Stati Uniti, Paese debitore, la riduzione di un punto percentuale del tasso di
interesse si traduce in un risparmio di
70 miliardi di dollari. Per la Germania ,
che è Paese creditore, vale l’inverso, il
reddito complessivo si riduce e di
conseguenza calano i consumi».
Investimenti pubblici quasi inesistenti, consumi privati timidi: ecco
che cosa nasconde la stagnazione tedesca. Italia, Francia e poi su orbite
più larghe, Spagna e Portogallo ne subiscono i contraccolpi.
Solo la Gran Bretagna continua la
sua corsa in una dimensione parallela.
Ieri a Londra l’istituto di ricerca Item
Club ha anticipato i numeri che saranno resi noti venerdì 25 luglio dall’Office for national statistics. La notizia è
che il prodotto interno lordo britannico ritornerà al livello pre-crisi del
2008. Così mentre le economie continentali annaspano, la Gran Bretagna
balza dello 0,8% solo nel secondo trimestre, con la prospettiva di raggiungere il 3,1% di crescita entro la fine del
2014. Il governo ha scelto una linea di
sconti fiscali controversa, al limite del
«dumping» nei confronti dei concorrenti europei. E comunque insostenibile per bilanci pubblici come quello
italiano e francese. Non è a Londra,
dunque, che si deve guardare.
Giuseppe Sarcina
[email protected]
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Disoccupazione italiana L’intervento del ministero del Welfare sulle missioni internazionali. Il governo prepara il voto di fiducia sul decreto competitività
I fondi per crescita e giovani tamponeranno l’emergenza
I piani di Poletti per rifinanziare
con 400 milioni la cassa in deroga
ROMA — I dati sulla frenata dell’economia tedesca, uniti all’andamento negativo degli ordinativi e del
fatturato dell’industria italiana, non
possono non preoccupare il governo.
Che a questo punto cerca di accelerare
sulla crescita (è di ieri la notizia che
anche sul decreto competitività verrà
probabilmente chiesta la fiducia), ma,
esattamente come i precedenti, si trova a dover fare i conti con l’emergenza
sociale di una lunga recessione. Tanto
è vero che solo pochi giorni fa ha dovuto spostare con un decreto interministeriale (Lavoro-Economia) 400 milioni di euro previsti per il pagamento
della cassa integrazione in deroga nel
2014 a saldo dei sussidi 2013 che altrimenti sarebbero rimasti scoperti. Ma
questo ovviamente ha aperto un buco
quest’anno. Che sarà chiuso nei prossimi giorni con un emendamento al
decreto legge di proroga delle missioni militari all’estero, che dovrebbe
stanziare 400-500 milioni per il 2014.
Soldi che potrebbero arrivare, tra l’altro, dai fondi non spesi per gli incentivi alle assunzioni dei giovani under
29, varati un anno fa dal governo Letta
e che sono stati utilizzati dalle imprese molto meno del previsto.
Con quel provvedimento si mettevano a disposizione 794 milioni fino a
giugno 2015, per agevolare circa 100
mila assunzioni di giovani. Ma finora
le domande accolte sono 22mila per
una spesa stimata in circa 160-170
milioni. Un’ulteriore dimostrazione
che i posti di lavoro non si creano per
decreto e che non bastano gli incentivi, anche rilevanti (in questo caso si
può arrivare fino a 11.700 euro per un
assunzione con contratto a tempo indeterminato e fino a 7.800 euro per la
stabilizzazione di un contratto a termine), per convincere un’imprenditore ad aumentare l’occupazione se
alla base non c’è un aumento degli ordini, delle commesse, delle vendite.
Senza contare che ormai il 67% delle
assunzioni avviene con contratto a
termine.
Oggi e giovedì Cgil, Cisl e Uil saranno in piazza Montecitorio davanti alla
Camera con i leader Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti
per sollecitare il rifinanziamento della
cassa in deroga, che secondo i sindacati dovrebbe andare ben oltre i 4-500
milioni previsti perché i lavoratori
che altrimenti rischiano di restare
senza sussidio sarebbero ben 150mila
in tutta Italia, con picchi di 35mila in
Lombardia e 28mila in Piemonte. Solo
che questa della cassa integrazione in
deroga si sta trasformando in una
trappola per tutti. Per il governo che
vorrebbe uscire da questa situazione
emergenziale. La deroga, infatti, nacque nel 2009, sotto la spinta della crisi
per estendere gli ammortizzatori sociali a quei settori non coperti dalla
cassa ordinaria e straordinaria. Ma
quello che doveva essere un provvedimento tampone si è dovuto rifinanziare di anno in anno e il sistema progressivamente è sfuggito dal controllo dello Stato, affidato com’è alla gestione delle Regioni che si limitano a
dare il via libera agli accordi sindacali.
Da almeno un anno è annunciato un
Marco Sabella
decreto che dovrebbe stringere i criteri di assegnazione della cassa in deroga e riportarla a regole unitarie gestite
centralmente e a limiti di durata certi
(non più di 8 mesi), al fine di evitare
abusi. Ma né il governo Letta né quello attuale sono riusciti finora a passare dalle parole ai fatti. Col risultato che
gli ammortizzatori in deroga continuano a pesare per qualche miliardo
ogni anno sul bilancio dello Stato (2,4
miliardi nel 2013, diventati 2,8 con i
400 milioni aggiunti la scorsa settimana), visto che a differenza della
cassa ordinaria e straordinaria non
sono pagati con i contributi delle imprese ma con la fiscalità generale. Ma
la cig in deroga rischia di trasformarsi
in una trappola anche per gli stessi lavoratori, in particolare quando viene
utilizzata per prolungare gli ammortizzatori ordinari scaduti (perché anche questo è consentito) magari in
aziende senza futuro.
Riepilogando: gli incentivi per assumere i giovani tra 18 e 29 anni si sono rivelati di scarso aiuto, eppure ci
sono più di 2 milioni di giovani che
non lavorano e non studiano; il ricorso agli ammortizzatori sociali resta su
livelli record (circa 4 milioni di lavoratori all’anno ricevono per periodi
più o meno lunghi un sussidio); le
politiche attive stentano a decollare,
compreso il programma europeo
«Garanzia giovani». Anche per il governo Renzi la prima emergenza resta
la disoccupazione.
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Enrico Marro
Welfare
Lo scorso anno i trattamenti
della Cig a carico
del bilancio statale sono
costati 2,8 miliardi
Tesoro Il ministro Pier Carlo Padoan
La bolla cinese
Pechino scala la classifica del debito, raggiunti gli Usa
P
reoccupa la crescita del debito aggregato
cinese che secondo una stima della Standard
Chartered Bank, alla fine di giugno 2014 ha
toccato un livello del 251% del Pil, con un balzo
di oltre 100 punti percentuali in soli sei anni. Per
debito aggregato si intende la somma del debito
pubblico e delle passività delle famiglie, una
grandezza che gli economisti giudicano più
idonea del semplice debito dello Stato per
valutare l’effettivo livello di equilibrio finanziario
di un paese. Il valore del debito aggregato della
Cina è ancora lontano dalla soglia-monstre del
415% del Giappone (che ha uno stock di debito
dello Stato pari al 237% del prodotto interno
lordo, oltre ai debiti delle famiglie). Ma si colloca
ormai quasi allo stesso livello degli Stati Uniti
(260% a fine giugno) e dell’Italia (oltre il 250%,
valore in cui lo Stato pesa per il 136%). Il
«Financial Times» sottolinea che a preoccupare è
soprattutto la velocità di accumulo del debito
(era pari al 148% del Pil cinese a fine 2008), un
andamento che prefigura la possibilità di una
crisi finanziaria della seconda economia del
mondo. La rapida crescia è sostenuta dalla
politica di «libertà del credito» sostenuta da
Pechino, che teme un rallentamento della
crescita accompagnato da un crollo
dell’industria e dell’immobiliare. A giugno il
nuovo credito erogato al settore privato è stato
pari a 361 miliardi di dollari, quasi il doppio
dello stesso mese del 2013.
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8
Martedì 22 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
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Politica
In Aula Il ministro: questa è la madre di tutte le riforme. La carica dei 7.850 emendamenti
Muro al Senato, il voto slitta subito
Per il governo corsa contro il tempo
Boschi contestata dal M5S. E Finocchiaro auspica intese
Corradino Mineo
«Mi hanno
chiamato pure
dal Vaticano
per dirmi:
vada avanti»
ROMA — «Pensi, mi hanno
chiamato anche dal
Vaticano».
Come dal Vaticano? Sua
Santità?
«Ma no, un monsignore.
Era davvero sincero e
appassionato. Mi ha detto:
vada avanti, siamo con
voi».
Corradino Mineo,
irriducibile senatore pd
ostile al disegno di legge
Boschi, non deflette e vanta
appoggi molto in alto.
Monsignore a parte, l’ha
convinta la replica di Anna
Finocchiaro?
«No, nel suo intervento ho
visto il vuoto. Raccontano
barzellette».
È una riforma autoritaria?
«È un testo
inconsapevolmente
autoritario. Ma finché c’è
l’Europa, il rischio
autoritarismo non c’è. Però
rimane una riforma molto
brutta».
Cosa non le piace?
«C’è la questione della non
elettività del Senato. Se i
senatori del Pd la votano
sono morti. Il Pd è finito».
Rischiate provvedimenti.
«E che ci possono fare?
Siamo almeno 13. Se ci
espelli, il Senato lo puoi
sciogliere subito».
Altri rilievi?
«La platea che elegge il capo
dello Stato, bisogna
cambiarla. E poi sono
d’accordo con Casini».
Su cosa?
«Propone l’elezione del
Presidente a suffragio
universale dopo la terza
votazione. Forse lo voto».
Ma è il presidenzialismo.
«Non usi quella parola, per
il Pd è come il rosso per il
toro. No, è invece una sorta
di consolato. Un modo per
frenare lo strapotere del
premier».
Poi c’è il referendum.
«Mettere mano al
referendum vuol dire essere
in preda a un delirio di
onnipotenza».
Ma ce la fate a non farla
approvare questa riforma?
«Non so. Comunque
abbiamo già vinto».
In che senso?
«Abbiamo stravinto dal
punto di vista morale.
Sui voti invece vediamo.
Comunque è inutile cercare
di fare in fretta. Se vinci e
fai presto, ma poi per 30
anni ti tieni una brutta
riforma, fai male».
Favorevole al voto segreto?
«Non sui punti chiave.
Voglio che si sappia il nome
di chi ha detto sì alla boiata
del metodo di elezione dei
nuovi senatori. E che resti
nella storia».
Al. T.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ROMA — Avanti sì. Ma piano,
pianissimo. La discussione sulla
riforma del Senato, che Matteo
Renzi vorrebbe approvata in
tempi da velocisti (entro, massimo, l’8 agosto, cioè prima della
pausa estiva), parte tra litigi —
vedi lo scontro in aula tra il ministro Maria Elena Boschi e i
Cinque Stelle e quello sempre
tra i pentastellati e il presidente
Pietro Grasso cui tocca l’ingrato
compito di fare da arbitro —,
tattiche ostruzionistiche, citazioni più o meno dotte, battute.
E si comincia anche con i calcoli, che sembrerebbero tagliare
le gambe a qualsiasi tentativo di
fare in fretta. Opposizioni (soprattutto Sel) e dissidenti hanno
presentato 7.850 emendamenti,
divisi in diversi faldoni: 842 pagine sull’articolo uno, 867 sull’articolo due, e così via. E chi
conosce i tempi del Senato fa
I calcoli
Se ogni proposta di
modifica fosse discussa
anche solo un minuto
servirebbero 130 ore
presto a fare i conti: «Anche con
un minuto a emendamento,
senza discussione, ci vorrebbero 130 ore di aula, cioè tredici
giorni». Da qui alla pausa estiva,
ce ne sono quattordici. Ma, in
mezzo, ci sono quattro decreti e
le votazioni per i membri del
Csm e della Consulta.
Ci ha provato il ministro Maria Elena Boschi a scuotere l’aula
e a dare un colpo di acceleratore.
Risultato? Lo scontro con il M5S.
La Boschi va all’attacco. Parla
delle riforme come «della madre
di tutte le battaglie del governo», un percorso «difficile ma
affascinante, a cui l’esecutivo ha
legato in modo indissolubile il
proprio cammino». E poi affonda: «Qualcuno parla di svolta
autoritaria: è un’allucinazione e
come tutte le allucinazioni può
essere smentita dalla forza della
ragione». Citando Fanfani: «Le
bugie in politica non servono, e
parlare di svolta illiberale è una
bugia». L’aula rumoreggia, soprattutto dai banchi di M5S si
alzano proteste. La Boschi non
cede: «Ci potrà essere ostruzionismo, ci farà sacrificare le ferie
ma noi manterremo l’impegno
di cambiare il Paese».
Perché «il testo è ampiamente condiviso anche da partiti che
non fanno parte della maggioranza, come Forza Italia» e perché «è da trent’anni che prendiamo a schiaffi l’occasione di
portare a casa le riforme: è l’ultima chance per la nostra credibilità e c’è urgenza anche per la
Ue». E avanti con un’altra citazione, stavolta di Fabrizio De
André: «Non possiamo aspettare domani per avere nostalgia».
Avanti col confronto, quindi,
anche serrato. Perché «come sosteneva Pratolini non ha paura
delle idee chi ne ha». Non è
l’unica che si lancia in citazioni.
Ma il discorso del ministro
non «addolcisce» le opposizioni. «Metteremo — dice Vito Petrocelli, M5S — centomila sassi
sui binari del treno delle riforme». Luigi Di Maio aggiunge: «Il
lentissimo Pd e il lentissimo
Renzi, avranno il coraggio di
abolire l’immunità per i senatori?». E Loredana De Petris (Sel)
insiste: «I nostri emendamenti
(circa 6 mila, ndr) non li ritiriamo». Grillini e vendoliani hanno chiesto che il testo tornasse
in commissione. L’aula, però, ha
respinto. I Cinque Stelle hanno
poi chiesto che i lavori venissero
sospesi, nella giornata di oggi,
per «un’informativa del ministro Mogherini su Gaza»: deci-
I nodi
Referendum, il quorum si abbassa
ma ci vorranno 800 mila firme
Il ddl sulle riforme innalza a 800 mila firme
(contro le attuali 500 mila) la soglia necessaria
per presentare i quesiti referendari. Contrario il
M5S. Il quorum sarà invece abbassato e
«mobile»: calcolato sulla metà dei votanti alle
elezioni politiche immediatamente precedenti
alla consultazione (attualmente è fissato a
metà più uno degli aventi diritto)
Palazzo Madama e i veti sul bilancio:
i dubbi del Nuovo centrodestra
Il testo del ddl uscito dalla commissione
prevede che il nuovo Senato non voterà il
bilancio dello Stato. Potrà però inoltrare alla
Camera una richiesta di modifica. Per
respingerla, e confermare il testo originario, i
deputati dovranno esprimersi con la
maggioranza assoluta. Ncd ha chiesto che il
Senato non abbia competenze di bilancio
L’elezione del capo dello Stato
e l’ipotesi degli eurodeputati
La riforma diminuisce il numero dei
parlamentari chiamati a scegliere il presidente
della Repubblica. Saranno 730 (630 deputati e
100 senatori) contro gli attuali 945. Per evitare
che la Camera abbia un peso eccessivo nella
partita sul Quirinale, Miguel Gotor (Pd)
vorrebbe includere tra i grandi elettori anche gli
eurodeputati italiani (attualmente 73)
Il suggerimento
E Casini manda un biglietto al ministro:
spiazzateli con un patto costituzionale
«Io se fossi in te farei un colpo di scena:
un patto costituzionale». Pier
Ferdinando Casini ha preso carta e
penna, ieri in Aula, per dare a Maria
Elena Boschi un suggerimento su come
affrontare l’opposizione. In cosa consiste
il «colpo di scena» indicato nel foglio
recapitato alla titolare delle Riforme?
Boschi, per il senatore udc, dovrebbe
proporre: «Riducete drasticamente gli
emendamenti (da 5.000 a 900 per
intenderci) e io apro su alcuni punti». Poi
la firma, con le iniziali: «P.F.». (BlowUp)
sione rinviata a stamattina, tra
proteste e bagarre. Ieri è iniziata
l’esposizione delle modifiche,
oggi (o giovedì) si parte con le
votazioni. Poi sarà il tempo delle
trattative: «Prima lo sfogatoio,
poi ci si parla...», chiosa un senatore di lungo corso. Il relatore
Roberto Calderoli, Lega, la butta
lì: «Abbiamo fatto un buon lavoro in commissione, spero
prosegua in aula. Non abbiamo
detto che voteremo contro in
Le citazioni
I segnali
Il relatore Calderoli: la
Lega non voterà contro
in modo preconcetto,
ma c’è ancora da fare
Amintore Fanfani Il ministro
Boschi ha ricordato una massima del leader della Dc: «Le bugie
in politica non servono»
maniera preconcetta. Sulle autonomie c’è ancora da fare».
L’altro relatore, la pd Anna Finocchiaro, cerca convergenze:
«Ci sono quattro punti su cui si
può approfondire: referendum,
leggi di iniziativa popolare, partecipazione del Senato a decisioni europee e di bilancio. E poi
le nomine delle istituzioni di
garanzia, a cominciare dal capo
dello Stato». In altre parole: i
tempi delle votazioni sulle riforme «dipendono dall’intesa che
si potrà trovare con alcune forze
politiche, come M5S e Sel».
Strada obbligata. Senza intesa,
non ci sono le stesse «tagliole»
delle leggi ordinarie o gli stessi
meccanismi per superare
l’ostruzionismo (come il «canguro» per accorpare emendamenti simili). E i dissidenti?
Fanno le prove chiedendo il voto segreto, che sanno difficilissimo, su alcune questioni marginali. Un piccolo test, per ora,
tanto per vedere l’effetto che fa.
Ernesto Menicucci
Vasco Pratolini Boschi
ha citato anche le parole dello
scrittore toscano: «Non ha
paura delle idee chi ne ha»
Fabrizio De André Citato anche
un verso della canzone Se ti
tagliassero a pezzetti: «Aspettare domani per avere nostalgia»
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Il racconto Il fronte trasversale dei contrari
La giornata
dei «malpancisti»
tra conteggi
e tentennamenti
ROMA — «Non chiamatemi dissidente» si indigna Augusto Minzolini e
si capisce perché: «È una parola che
rimanda a un’epoca che non mi appartiene». Se il termine non piace, le
cronache politiche li chiamano indifferentemente frondisti, malpancisti,
critici, contestatori. In Forza Italia
preferiscono una versione autoprodotta, poco agile per la titolazione:
«Senatori identitari». Comunque li si
chiami, si aggirano per i corridoi di
Palazzo Madama. I cronisti li inseguono, ma loro non hanno alcuna fretta.
C’è tempo. Per le riforme e per parlare. Molti sono sinceramente convinti,
indignati della «svolta autoritaria»,
preoccupati della china che sta prendendo l’architettura istituzionale. Altri sono volti noti delle cronache politiche, gente poco schiva, per nulla allergica a microfoni e telecamere.
Quanti siano, lo scopriremo nei
prossimi giorni, nelle votazioni degli
emendamenti. Anche perché il fronte
è frastagliato, trasversale tra gli schieramenti e dentro i partiti. La sentenza
di assoluzione per Silvio Berlusconi
avrebbe ricompattato gli incerti, ma
Minzolini non ci crede: «Stupidaggini. Siamo tra i 17 e i 23». Forza Italia si
conterà oggi. L’ex giornalista e Cinzia
Bonfrisco guidano il fronte, ma ci sono anche i seguaci di Raffaele Fitto.
Nel Pd una prima conta è stata fatta
con il voto segreto: sono state presentate le prime due richieste, con 23 firme (20 è il minimo). Ma quanti siete
davvero? «La matematica non è il mio
forte — confessa Felice Casson —. Vamos a ver. Andiamo a vedere. Intanto
tastiamo il polso all’Aula: li facciamo
venire allo scoperto». Casson non apprezza la gestione del ddl: «Ci sono
critiche alle rigidità eccessive. Qualcuno parla di ottusità». Il discorso
della Boschi? «Preferisco non commentarlo». Incommentabile? «Non
ho detto questo. Preferisco non parlarne e forse è peggio».
La fronda
da FI
ai Dem
Giornalista Augusto Minzolini, a destra, tra i primi oppositori di
Forza Italia all’accordo sulle riforme, con Andrea Mandelli (Ansa)
Corriere della Sera Martedì 22 Luglio 2014
9
Politica
italia: 51575551575557
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Protagonisti
Da sinistra, il ministro dell’Istruzione Stefania
Giannini e la titolare delle Riforme Maria Elena
Boschi durante i lavori di ieri a Palazzo Madama
(Ansa); un primo piano della barchetta di carta
appena costruita dalla senatrice del Pd Anna
Finocchiaro, presidente della commissione Affari
costituzionali e relatrice del ddl (Eidon); a destra,
ancora la Finocchiaro mentre scambia una battuta
con l’altro relatore del ddl, il vicepresidente leghista
del Senato Roberto Calderoli (Mistrulli)
Nunzia Catalfo
Il retroscena Il capo del governo potrebbe chiedere un contingentamento o valutare alcune richieste di Sel
Forzare o aprire alle correzioni
Le due ipotesi sul tavolo di Renzi
ROMA — «Mi sa che qualcuno non
ha capito che ho la pelle dura»: Matteo
Renzi ha compreso perfettamente che
c’è chi gioca a trascinare la riforma del
Senato a settembre.
È questa la vera posta in gioco, non
quella di un improbabile voto segreto.
Da questo punto di vista il premier si
dice abbastanza tranquillo. Sia Anna
Finocchiaro che Luigi Zanda hanno
avuto rassicurazioni (per quanto informali) dal presidente del Senato
Pietro Grasso in tal senso.
Dunque, il problema adesso è un
altro: oltrepassare anche luglio ma comunque chiudere prima del 9 agosto.
Anche perché per il 30 di quel mese il
premier ha in programma il vertice
con i leader dell’Unione Europea sulle
nomine. E presentarsi a quel tavolo
senza la riforma sarebbe per lui un bel
problema.
Renzi è quindi pronto a giocarsi anche questa partita: «Io vado avanti come un mulo», scherza con i fedelissimi. Ben conscio del fatto che «oltre alle resistenze dei senatori ci sono quelle passive della burocrazia che sono
ben più forti e preoccupanti e noi non
ci vogliamo far ridere dietro dagli italiani e dalle istituzioni europee che legano la flessibilità alle riforme».
Il presidente del Consiglio ha due
strade di fronte a sé. La prima è quella
che, con un eufemismo, a Palazzo Madama si chiama «armonizzazione dei
tempi». Ossia il contingentamento.
Da chiedere a Grasso, eventualmente,
la prossima settimana. Non prima,
Esce dalla buvette Mario Mauro,
presidente dei Popolari, dopo un lungo colloquio con Roberto Formigoni.
Si toglie, con il sorriso, qualche sassolino dalla scarpa: «Ho visto Casini in
aula, un discorso commovente». Addirittura. «Sì. Una volta dissi che era il
Dudù di Renzi, ma sbagliavo. Dudù
abbaia, lui bela». Mauro ha un suggerimento per Berlusconi: «Fossi in lui
darei l’appoggio esterno al governo.
per non dare l’aria di voler strozzare il
dibattito. Oppure c’è un’altra via.
Quella, cioè, di aprire su qualche
emendamento di Sel (perché è da quel
gruppo che vengono la maggior parte
di proposte di modifica del ddl). In
questo modo cadrebbero centinaia di
emendamenti collegati e l’iter della riforma si velocizzerebbe.
Ma su quali modifiche potrebbe
aprire il governo? Sull’allargamento
della platea degli elettori del capo dello Stato anche agli europarlamentari,
per esempio, e sulla diminuzione del
numero delle firme necessarie per i
referendum (centomila in meno po-
trebbe essere un compromesso accettabile). È ovvio che non di scelta contabile sui giorni si tratta, bensì politica, per questo l’esecutivo deve rifletterci bene sopra.
Non sono quindi i dissidenti del Pd
a impensierire Renzi: «Dove vogliono
andare?», ripete spesso il premier.
Una domanda retorica, naturalmente,
giacché lui è convinto che non abbiano grandi spazi di manovra: «Alcuni
— assicura ai suoi — rientreranno, altri no. Ma non mi pare che abbiano un
coraggio da leoni, perché ogni volta
che si tratta di contarsi o di parlare all’interno del gruppo scappano».
Il premier non sembra intenzionato
a concedere proprio nulla ai dissidenti del Pd: «Si comportano come se si
trattasse di un caso di coscienza, votando in maniera difforme. Però non
li sanzioneremo, basta che sia chiaro
chi sono e che cosa vogliono in realtà.
Per loro solo una sanzione morale».
Stando al premier, nemmeno i
frondisti di Forza Italia saranno moltissimi. Renzi, che quando parla con
Berlusconi si rivolge al suo interlocutore dandogli del «lei», in maniera
quasi ostentata, anche se il leader di
Forza Italia preferisce parlargli con il
più colloquiale «tu», in realtà sa di
Il viaggio
La tappa
del premier
in Angola
Si è concluso il viaggio
in Africa del premier
Matteo Renzi, rientrato
in Italia a tarda notte.
Ieri l’ultima tappa a
Luanda, in Angola,
l’incontro con il
presidente José Manuel
Dos Santos e la visita
al memoriale dedicato
al leader angolano
Agostinho Neto (Ansa)
avere il coltello dalla parte del manico,
con l’ex Cavaliere. Perciò è convinto,
quando dice, come dice, che «Berlusconi non si sposterà di un millimetro
rispetto agli accordi presi».
Accordi «alla luce del sole», ci tiene
a ribadire il premier, bollando come
«fesserie» le voci di patti segreti tra lui
e Berlusconi.
Ci sono poi i leghisti. Loro nicchiano e alzano la posta, ma anche su questo versante Renzi si sente tranquillo.
Probabilmente gli è giunta all’orecchio la voce secondo cui Roberto Calderoli, al Senato, cerca di convincere i
meno convinti con questo semplice
quanto efficace argomento: «Guardate che se non passa la riforma, quello
ci manda a votare». Minaccia che ogni
tanto viene ventilata anche da ambienti renziani, a dire il vero. Benché il
leader continui a sostenere che si tratta di «stupidaggini».
Infine, ci sono i grillini. Hanno presentato solo duecento emendamenti.
E quindi non è su questo fronte che
Renzi sposta la sua battaglia. Con i 5
Stelle, è impegnato in uno scontroconfronto, che potrebbe avere degli
sviluppi, anche ai fini dell’allargamento della maggioranza. «So — ha
spiegato il premier ai suoi — che sono
peggio delle targhe alterne perché un
giorno dicono una cosa e quello dopo
un’altra. Ma noi dobbiamo rivolgerci a
chi, lì dentro, ha a cuore l’Italia e non
la tattica di Grillo, anche se al momento la linea più dialogante di Di
Maio sembra minoritaria».
Insomma, per farla breve, la parola
d’ordine del premier resta la stessa:
«L’obiettivo non cambia. Dobbiamo
portare a casa il risultato in tempo utile». Ossia prima della chiusura dei lavori del Senato.
Maria Teresa Meli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Indecisi
Scilipoti: «Renzi stia attento,
non faccia una riforma
vergognosa. Se non la voto?
Alt. Ho detto questo?»
Scettico Domenico Scilipoti (FI), critico sul ddl, parla con il
capogruppo Paolo Romani, tra i sostenitori dell’accordo (Ansa)
Così metterebbe davvero in imbarazzo Renzi». Quanto ai «piccoli»: «Io
avevo proposto un raggruppamento,
in modo da essere interlocutori virili.
Non mi hanno dato retta. Ora non
credo che ci siano margini per correzioni di rotta».
Tra i corsi e ricorsi della recente
storia parlamentare, c’è il riapparire
di Domenico Scilipoti, agopuntore
prestato alla politica, attualmente a
Critici Walter Tocci e Corradino Mineo, del Pd, firmatari del
testo Chiti, sono contrari all’impianto del nuovo Senato (Ansa)
Forza Italia. Gli ultimi borsini lo davano per dissidente, anzi «senatore
identitario», ma la fronda potrebbe
essere rientrata. Difficile da capire, tra
metafore bibliche e arguzie sicule:
«Diciamo che non sono come Sant’Agostino: non vedo la luce». Cioè?
«Il figlio del mio nemico è mio amico». Renzi, dice? «Sì, stia attento, non
faccia una riforma vergognosa».
Quindi non la vota? «Alt. Ho detto
questo? Io sono siciliano, ci tengo agli
impegni. Lei è credente?».
Più laico Riccardo Villari, che ebbe
un momento di notorietà per la sua
resistenza sulla poltrona di presidente della Commissione di vigilanza Rai
(pagata con l’espulsione dal Pd). Dopo un passaggio all’Mpa e a Coesione
nazionale, eccolo a Forza Italia, dove è
stato indicato tra i perplessi: «Beh, diciamo che l’unica cosa che mi piace di
questa riforma è il mio partito, che la
sostiene». E quindi non la vota?
«Guardi, io sono uno piuttosto indipendente, come sa. Però non vorrei
essere inserito tra i sabotatori. Diciamo che se l’alternativa finale è tra
prendere o lasciare, io prendo».
Tra i critici del provvedimento c’è il
pd Massimo Mucchetti, presentatore
di un emendamento sulle minoranze
linguistiche: «È possibile che su questo venga chiesto il voto segreto. Io
non lo chiedo, ma magari altri sì. Comunque sui tempi la vedo lunga». C’è
la possibilità di una stretta e di un
contingentamento, però: «Sì, ma bisogna stare attenti. Io non vado allo
scontro, ma altri sono pronti. Consiglio garbo». Per capire l’aria che tira,
si può parlare con Vincenzo D’Anna,
senatore di Gal, che si rivolge al ministro Boschi evocando il suo «viso angelico», senza risparmiare dotte citazioni (Popper, Locke, Tommaso Moro, Hobbes): «Ci hanno chiamato folli.
Ma se dirsi folli significa richiamarsi a
Moro e Locke, padri del liberalismo e
del diritto dei cittadini che è antecedente allo Stato stesso, ebbene saremo tanto folli da utilizzare il regolamento del Senato per sbarrare la strada a una riforma liberticida».
Alessandro Trocino
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La 5 Stelle
si commuove:
«In lacrime
per la Carta»
ROMA — A un certo
punto crolla e scoppia in
lacrime. Un pianto
irrefrenabile,
immortalato dal
telefonino del collega a 5
Stelle Sergio Puglia. Che
scrive: «Piange per il
popolo italiano». Lei è
Nunzia Catalfo, siciliana
di 45 anni, eletta
senatrice con i 5 Stelle.
Non è la prima volta che
scoppia in lacrime e non
è la prima del
Movimento. I colleghi
condividono la foto sui
social. Perché, come
scrive Sara Paglini,
«questa immagine parla
più di mille parole.
Siamo al Senato, si sta
parlando di riforme e
dello stravolgimento
democratico voluto da
Renzi & C. La nostra
Nunzia non ce la fa e
piange a dirotto. Questo
è il sentimento che tutti
noi del Movimento 5
Stelle stiamo provando in
questo momento».
Lacrime e rabbia,
emotività e indignazione,
i 5 Stelle non reggono più
la tensione. La Catalfo
ringrazia tutti per la
solidarietà e spiega:
«Vedere oggi quelle facce
e quelle mani che si
apprestano a votare lo
scempio della
Costituzione, mi ha fatto
piangere. Piango per i
miei figli e i nostri figli a
cui vogliono consegnare
un non futuro, piango
perché vedo un popolo
asservito, piango perché
vedo dei rappresentati
delle istituzioni senza
spessore politico, piango
perché la nostra Italia
merita di più. Piango ma
non mi arrendo».
Al. T.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
10 Politica
Martedì 22 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Il Movimento Ipotesi di espellere il dissidente Currò. Crimi: voglia di protagonismo
Nei 5 Stelle la battaglia
sulla leadership
Anche Di Maio nel mirino
La base disorientata dai continui cambi di strategia
ROMA — Chi sa come sono
andate le cose, un dirigente che
ha contatti quotidiani con Grillo e Casaleggio, ne fa una ricostruzione edulcorata. Minimizza ma ammette: «Sì, abbiamo
fatto degli errori. Eravamo convinti che lo streaming fosse andato bene. Grillo e Casaleggio
l’hanno visto e non visto, ci sono stati dei lunghi blackout. Poi
ci abbiamo tutti dormito una
notte e al risveglio Grillo ci ha
detto: questi ci stanno prendendo per il c., non lo capite?».
Agnizione tardivamente condivisa con gli altri, che ha condotto il Movimento 5 Stelle allo
stop al dialogo con il Pd e a una
serie di giravolte che hanno disorientato la base ma anche i
dirigenti. E che hanno creato
non pochi grattacapi al volto
scelto per la trattativa con Renzi, apprezzato per l’abilità diplomatica, ma inviso per un eccesso di protagonismo: Luigi Di
Maio. Finito sotto attacco nel
gruppo.
C’è una questione di leadership, nella vicenda che tormenta i 5 Stelle. La leadership dei
fondatori, oppressiva per alcuni e salvifica per altri. E quella
dei giovani emergenti, come Di
Maio. Ma c’è anche una questione di linea politica. Perché
la spaccatura tra trattativisti e
intransigenti è netta. L’ultima
strada, quella che ha portato il
blog a pubblicare un ennesimo
appello al Pd, perché risponda
su 6 punti della legge elettorale,
è per una trattativa più di facciata che reale. Tanto è vero che
le condizioni poste sembrano
di difficile realizzazione. Ma la
scelta di riaprire una finestra al
dialogo è frutto delle pressioni
interne. Non era piaciuta quella
porta sbattuta all’improvviso,
anche perché assegnava ai 5
Stelle il ruolo degli aventiniani,
che si sottraggono al dialogo.
Molto meglio ributtare la palla
dall’altra parte.
Le tensioni sulla linea si ripercuotono inevitabilmente
sulla gestione interna. Non a
caso è uscito allo scoperto
Tommaso Currò. Che ha spara-
Lo scandalo Mose
Galan, no al terzo rinvio
Oggi l’Aula vota sull’arresto
L’ex governatore del Veneto Giancarlo Galan ha chiesto,
ma non ottenuto, un terzo rinvio del voto della Camera
sulla richiesta di arresto presentata per lui dai magistrati
che indagano sulle tangenti del Mose. Il deputato
di Forza Italia ha inviato una lettera alla presidente della
Camera Laura Boldrini per chiedere uno spostamento
della discussione a non prima del 20 agosto a causa del
suo precario stato di salute. Salvo imprevisti dell’ultimo
minuto la Camera invece oggi voterà sulla richiesta
di arresto. La presidente di Montecitorio lo aveva
anticipato settimana scorsa dopo il secondo rinvio:
per decidere sul caso «la data del 22 luglio è ultimativa
e non ulteriormente differibile».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
to a zero contro Grillo e Casaleggio, contro lo streaming
«poco serio» e contro il voto in
rete «manipolato». Per Currò,
che prova risentimento nei
confronti del vicepresidente
della Camera («mi ha emarginato in questi ultimi mesi»), è
tutto sbagliato, tutto da rifare.
Più di uno vedrebbe con piacere l’espulsione di Currò dal Movimento. Ma la stagione delle
purghe pare passata e nessuno
ha voglia di rimettere in moto
la ghigliottina. Anche perché,
ragionano nello staff, «quando
siamo intervenuti è stato per
due motivi: per un attacco
frontale a Grillo, come nel caso
di Adele Gambaro, o per un pericolo reale, quando si stava coalizzando un pezzo di opposizione interna, come nel caso di
Orellana, Campanella, Battista
e Bocchino».
In questo caso, non si attribuisce a Currò la capacità di coagulare il disagio, che pure c’è.
E così le reazioni verso la sua
provocazione («Voglio un congresso, Grillo faccia il presidente e Casaleggio si candidi a segretario, se vuole davvero governare») sono di indifferenza
o di disprezzo. Come nel caso di
Gianluca Castaldi: «Currò? Abbiamo espulso per molto me-
no. Se uno non si trova bene si
può accomodare fuori». Vito
Crimi utilizza un registro retorico che ha illustri predecessori
(Renzi, rivolto a Fassina): «Currò chi? Congresso che?». Poi
però lo liquida così: «Solo
ca...te, voglia di protagonismo
di qualcuno che ha tempo da
perdere e vuole apparire a tutti
i costi sui giornali. Ma noi dobbiamo lavorare». E proprio
Crimi («il miglior politico a 5
Prudenza
Sembra minoritaria
l’idea di procedere
a nuove epurazioni dopo
l’ondata dell’anno scorso
stelle», lo definisce Serenella
Fucksia) prova ad assumere
l’iniziativa con la richiesta di un
referendum consultivo sulle riforme. Difficile che abbia un
qualche esito, ma almeno tenta
di far dimenticare il balletto
dello streaming. In attesa che
Casaleggio e Grillo (ieri omaggiato da molti per i suoi 66 anni) decidano la nuova strategia.
Alessandro Trocino
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Corriere della Sera Martedì 22 Luglio 2014
Politica 11
italia: 51575551575557
#
Alla Treccani
Il manoscritto
presentato
a Napolitano
La riproduzione
integrale di uno dei
codici miniati più
preziosi del Medioevo: il
manoscritto noto come
Bodley 264 (iniziato nel
1338 a Tournai, Belgio, e
terminato a Londra nel
1410; conservato a
Oxford) è stato
ripubblicato in facsimile
dall’Istituto Treccani.
Alla presentazione nella
sede dell’istituto ha
preso parte anche il
capo dello Stato Giorgio
Napolitano (nella foto
Ansa con Massimo
Bray, direttore
editoriale della
Treccani, deputato pd
ed ex ministro ai Beni
culturali). Il Bodley 264
contiene la versione più
completa del Roman
d’Alexandre, il breve
Alexander and
Dindimus in inglese e la
versione francese,
Livres du graunt Caam,
del Milione di Marco
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Polo.
✒
La lettera
Soglie e premio di maggioranza,
così va cambiato l’Italicum
❜❜
Caro direttore,
in una mia precedente intervista a questo giornale
(rilasciata ad Alessandro Trocino, giovedì 17 luglio, p. 6,)
avevo sollevato una critica alla «proposta alternativa»
presentata dal M5S durante la trattativa con il Pd. La
critica si basava sul fatto che anche la proposta del
Movimento non corrispondeva a uno dei due criteri
indicati dalla Corte costituzionale nella sua sentenza sul
Porcellum, e cioè la necessità di indicare una soglia di
voti minima per ottenere il premio di maggioranza (così
la Corte: «l’assenza di una ragionevole soglia di voti
minima per competere all’assegnazione del premio, è
pertanto tale da determinare un’alterazione del circuito
democratico definito dalla Costituzione»). L’idea del
M5S di prevedere, per il primo turno, un proporzionale
puro senza alcuna soglia di sbarramento, non teneva
conto del fatto che, in questo modo, la probabile
frammentazione del voto avrebbe portato al ballottaggio
due partiti o coalizioni con una percentuale non
particolarmente alta di voti raggiunti. A quel punto, il
premio di maggioranza avrebbe finito per essere
attribuito a una forza politica che sarebbe partita da una
base di voto presumibilmente molto bassa, di modo da
riproporre, così, il problema di una sproporzione
irragionevole tra voti conseguiti e seggi assegnati. Per
questa ragione, mi ero «smarcato» dal Movimento. Mi fa
piacere constatare che ora il Movimento si sia
«smarcato» da se stesso e dalla sua proposta. Insomma:
la «proposta alternativa» è caduta nel nulla ed ora tutta
l’attenzione si sposta sull’Italicum. Personalmente, non
mi è chiaro, però, se sia stato compreso quale sia il vero
limite dell’Italicum, il punto su cui rischia
l’incostituzionalità. Cercherò di esporlo, sempre tenendo
conto dei «paletti» posti dalla Consulta. L’Italicum
ridisegna il premio di maggioranza (340 seggi)
introducendo una soglia del 37% che appare seria e
ragionevole. Il problema è che, nell’ipotesi in cui nessuna
lista riesca ad ottenere il 37%, si prevede un ballottaggio
tra liste o coalizioni di liste che abbiano ottenuto al primo
turno i due migliori risultati, ed all’esito del quale alla
lista vincitrice viene attribuito un premio di 327 seggi. È
su questo punto che l’Italicum dev’essere corretto:
occorre, infatti, che, per accedere al secondo turno — e,
pertanto, per conseguire il premio di maggioranza — si
preveda una soglia di voti minima, così come indicato
dalla Corte. Sarebbe sufficiente stabilire, in questo senso,
che al ballottaggio possano accedere le due liste più
votate e che abbiano conseguito, al primo turno, almeno
il 20% dei voti. In questo modo, il premio di maggioranza
sarebbe attribuito non alla lista che semplicemente ha
ottenuto un numero maggiore di voti, ma a quella che
realmente rappresenta la maggioranza del Paese. Senza
l’introduzione di questo o di un simile quorum, l’Italicum
presenta profili di illegittimità costituzionali analoghi al
Porcellum. Qualcuno potrà obiettare: e se nessuna lista
raggiunge il 20%? In quel caso, non resterebbe che fare
intervenire un sistema proporzionale con uno
sbarramento selettivo. Introducendo le preferenze,
superando le liste bloccate e indicando una soglia per il
premio, si darebbe risposta ai due requisiti indicati dalla
Corte. E l’Italicum non presenterebbe più alcun rischio.
Paolo Becchi
Docente universitario vicino al M5S
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il retroscena Le mosse per il disgelo. E domani l’incontro tra l’ex premier e Fitto
Centrodestra, FI e Ncd ci provano
Giovedì faccia a faccia con Berlusconi
Fissato un pranzo con le delegazioni. Ma tra gli alfaniani c’è chi frena
ROMA — Adesso manca soltanto la
conferma ufficiale. Che arriverà probabilmente entro stasera, visto che oggi è
in agenda un’altra telefonata tra Silvio
Berlusconi e Angelino Alfano, che segue
quella di domenica all’ora di cena. Dopodiché ci sarà una data chiave nella
storia della ricomposizione del centrodestra. E quella data, con tutta probabilità, sarà giovedì 24 luglio. Dopodomani.
A meno di incidenti di percorso, infatti, giovedì — all’ora di pranzo — Alfano, accompagnato da una delegazione
del Nuovo centrodestra, dovrebbe varcare il portone di palazzo Grazioli. Insieme a lui, al momento, dovrebbero pranzare con Berlusconi il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, il capogruppo a
Montecitorio Nunzia De Girolamo e anche il tandem di vecchi amici dell’ex Cavaliere composto da Fabrizio Cicchitto e
Paolo Bonaiuti.
Messa così sembra una rimpatriata. O
magari l’occasione per ricucire rapporti
umani e politici che la scissione del Popolo della libertà, andata in scena quando i berlusconiani decisero di togliere la
fiducia al governo Letta all’alba della decadenza di Berlusconi dal Senato, aveva
prodotto. Invece no. Nel menù del pranzo di giovedì a palazzo Grazioli, la portata principale non saranno le pennette
tricolori tanto care all’ex premier. Bensì
«le tappe» della ricomposizione del centrodestra. La fine della diaspora FI-Ncd,
tanto per essere chiari.
La tabella di marcia, o almeno quella
che starebbe in cima ai desiderata di
Berlusconi, sarebbe già stata fissata.
L’avvio di un cantiere, la nascita di una
costituente delle idee e, a seguire, una
tornata di primarie. L’obiettivo minimo
è la creazione di una federazione di partiti, che nella migliore delle ipotesi radunerebbe Forza Italia, Nuovo centrodestra, Fratelli d’Italia e la Lega Nord. Quello più ambizioso, invece, rimanda al
«sogno» di riportare i moderati all’interno di un partito unico.
Ma se sul versante di Forza Italia le
«fronde» sembrano ormai rientrate —
prova ne è la conferma del faccia a faccia
tra Berlusconi e Fitto che andrà in scena
domani pomeriggio — dentro il Nuovo
centrodestra le sacche di resistenza rispetto a un nuovo abbraccio con l’ex
premier non accennano ad arretrare.
Tra i favorevoli al ritorno con l’ex Cavaliere ci sono soprattutto Lupi, la De
Girolamo e anche la portavoce del partito, Barbara Saltamartini. Nel fronte dei
contrari, che prova a resistere rispetto al
richiamo della «casa del padre», ci sono
il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, l’ex titolare delle Riforme Gaetano
Quagliariello, Renato Schifani e anche
Cicchitto. «Berlusconi non pensi di essere lui ancora il leader della coalizione facendo derivare l’investitura dalla con-
Divisioni e dialogo
Le tensioni
Settembre 2013, il
Pdl minaccia il ritiro
dal governo Letta. Il
2 ottobre Berlusconi fa marcia indietro e in Aula vota la
fiducia all’esecutivo
(foto Ansa). Ma
crescono le
tensioni nel Pdl tra
chi vuole le larghe
intese e chi chiede
di passare
all’opposizione
Gli invitati
Al tavolo con i leader anche
il ministro Lupi, con gli ex
consiglieri di Berlusconi
Bonaiuti e Cicchitto
La scissione
Il 15 novembre, alla
vigilia della riunione
del Pdl che
sancisce il ritorno a
Forza Italia, Alfano
annuncia
la scissione: nasce
il Nuovo centrodestra, con lui i ministri e sessanta
parlamentari (nella
foto Ansa con Lupi).
FI lascia la maggioranza
Il fronte del no
Contrari a un accordo Lorenzin,
Quagliariello e Schifani, che
attacca: la sentenza non sposta
indietro le lancette della storia
Dopo il voto
Le polemiche tra FI
e Ncd si intensificano nella campagna per le Europee.
Ma dopo il voto di
maggio si riaprono
i canali del dialogo.
Nei partiti di centrodestra (FI, Ncd,
FdI) c’è chi chiede
primarie di coalizione (foto Eidon).
Disgelo tra Berlusconi e Alfano
2010 raccontò di aver ricevuto offerte
anche in denaro (poi smentì) per
passare dalla parte del governo
Berlusconi. Poco dopo lasciò
effettivamente l’Idv e votò a favore
dell’esecutivo di centrodestra.
Nell’intervista alla Zanzara ha parlato
anche del Senato: «Qui ci starebbe
proprio una bella casa chiusa, una
casa per appuntamenti fenomenale».
clusione della vicenda giudiziaria che lo
coinvolgeva», avverte proprio quest’ultimo. «Una sentenza non sposta indietro
le lancette della storia. Né tantomeno
quelle del centrodestra», rincara l’ex
presidente del Senato Schifani.
In questa complicatissima partita, Alfano si trova esattamente al centro. Toccherà a lui, durante un incontro coi ministri del suo partito, trovare una sintesi.
Un primo tentativo proverà a farlo oggi,
visto che il titolare del Viminale ha in
programma un incontro con la delegazione di governo del suo partito proprio
sul tema della federazione di partiti del
centrodestra. Il tutto mentre Berlusconi,
fresco di vittoria al processo Ruby e
smanioso di accelerare il dossier della
ricomposizione della sua vecchia coalizione, tornerà nella Capitale. In agenda,
alle ore 17, l’ex Cavaliere ha la partecipazione alla presentazione del libro di Michaela Biancofiore, Il cuore oltre gli ostacoli. Sarà la prima occasione di mostrare
il suo volto dopo l’assoluzione. Infatti,
strano ma vero, dal giorno della sentenza di lui — in pubblico — s’è vista soltanto la mano destra. Sbucata all’improvviso dal finestrino della berlina che
lo accompagnava fuori dalla Fondazione
Sacra Famiglia di Cesano Boscone.
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Tommaso Labate
Il senatore azzurro: Palazzo Madama? Facciamoci una casa chiusa
Razzi : io
al guinzaglio
di Silvio
Sulle riforme «io voto come dice
Berlusconi, lui dice quello che devo
fare e lo faccio. Sono un fan, un suo
dipendente, un fanatico. Schiavo? Sì,
anche schiavo. È lui il capo, è che mi
paga e sono al suo guinzaglio». Così il
senatore di Forza Italia Antonio Razzi
intervistato alla trasmissione
radiofonica La Zanzara, su Radio24.
Razzi, che fu eletto per la prima volta
con l’Idv di Antonio Di Pietro, nel
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L’intervista De Girolamo: noi di nuovo insieme anche con Fratelli d’Italia e Lega. Ma senza quote stile Pdl
«Entro l’anno un congresso per riunirci»
ROMA — «Il centrodestra ha senso soltanto se riunito».
Tutti di nuovo insieme, appassionatamente?
«Da Forza Italia a noi del Nuovo centrodestra, passando per Udc, Fratelli d’Italia e
Lega. Dobbiamo costruire la coalizione dei
prossimi vent’anni».
Questo è il dire. E il fare?
«Entro l’anno serve un congresso costituente che ci porti, a seconda di come saremo in grado di sviluppare il dialogo tra di
noi, a una federazione di partiti o a un nuovo soggetto unico del centrodestra».
Nunzia De Girolamo —- classe ‘75, ex
ministro dell’Agricoltura, oggi capogruppo
alla Camera del Nuovo centrodestra —
quando ci fu la scissione tra berlusconiani e
alfaniani scelse Alfano. Ma ha sempre mantenuto ottimi rapporti con Berlusconi. Oggi
lancia il cuore oltre l’ostacolo. E, seguendo
il filo rosso del «piano» attivato dall’ex Cavaliere all’indomani della sua assoluzione,
lancia il congresso fondativo del riunificando centrodestra. «Entro l’anno, perché
nel 2015 ci aspettano le regionali».
Non le sembra di correre troppo? Fino
a ieri voi e i berlusconiani eravate agli
stracci...
«Purtroppo i tempi della politica non rispecchiano quasi mai i tempi dei rapporti
umani tra i politici. Adesso dobbiamo fare
come si fa nelle famiglie italiane. Tutti attorno a un tavolo, ciascuno pronto a rinunciare a una parte di ciò che vorrebbe, ciascuno pronto a lasciarsi alle spalle veleni e
rivendicazioni, ciascuno pronto a fare un
passo indietro per farne insieme tanti in
avanti».
Il leader naturale è Berlusconi?
«La forza degli uomini non si misura
quando stanno in ascesa. Ma da come sanno rialzarsi quando cadono. Berlusconi, in
questo, è imbattibile. La sua scelta di porsi
come pacificatore, federatore e rifondatore
del centrodestra va vista come un atto di
generosità al quale non possiamo rinunciare. La leadership delle idee è senz’altro la
sua».
E la leadership vera e propria?
❜❜
Le strategie
Berlusconi? Di
fatto non si può
dire che stia
all’opposizione
«Il candidato premier lo sceglieremo con
le primarie».
Non teme un effetto Pdl bis, come
quando FI e An...
«La fermo subito. Federazione o partito
unico, dobbiamo accantonare il meccanismo delle quote e rinunciare ciascuno al
proprio orticello sicuro. Basta col teatrino
della Prima repubblica. Qua dobbiamo fare
la Terza».
Scusi, ma come la mette col fatto che
voi state con Renzi al governo e Berlusconi no?
«Noi non governiamo per Renzi. Siamo
distanti su troppe cose da questa sinistra
italiana. Governiamo per l’Italia, per cambiare le regole sul lavoro, per pagare i debiti
della pubblica amministrazione con le imprese... E comunque Berlusconi...».
Berlusconi?
«Di fatto non si può dire che stia all’opposizione. È protagonista con Renzi del
percorso di riforme, no?».
T. Lab.
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Martedì 22 Luglio 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Martedì 22 Luglio 2014
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Esteri
Il caso La società fondata da Jack Ma dovrebbe raccogliere tra i 15 e i 20 miliardi di dollari
Alibaba e i quaranta ladroni (cinesi)
Chi guadagna dall’esordio in Borsa
Figli e nipoti dell’élite celati dietro una cascata di società occulte
Chi è
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
Brillante carriera
Jack Ma (sopra), 49 anni,
è il presidente di Alibaba
Group, il colosso cinese
dell’e-commerce che ha
fondato nel 1999. Ex
insegnante d’inglese, nel
2005 il World Economic
Forum lo ha selezionato
come Young Global
Leader e il «Financial
Times» lo ha nominato
uomo dell’anno 2013
Giro d’affari
Alibaba ha un giro
d’affari di 250 miliardi di
dollari, e copre l’80 per
cento del commercio
online della Repubblica
popolare cinese: le sue
vendite superano quelle
di Amazon e di eBay
combinate insieme.
Nel 2013 il Gruppo ha
creato Yu’e Bao, un conto
di deposito on line che in
nove mesi ha raccolto 81
miliardi di dollari. Ora
Alibaba si appresta a
sbarcare alla Borsa di
New York
PECHINO — È un’operazione che gli analisti di Wall Street prevedono da record: l’Ipo
(offerta pubblica iniziale) con
la quale il gigante cinese dell’e-commerce Alibaba si quoterà alla Borsa di New York dovrebbe raccogliere tra i 15 e i
20 miliardi di dollari e valutare
l’azienda a una cifra vertiginosa di 200 miliardi di dollari.
Ma su questa operazione pianificata dal geniale Jack Ma
pesano diversi misteri, in stile
molto cinese nonostante le regole americane.
E in stile americano, ora che
le carte dell’Ipo sono state presentate alla Sec (Securities &
Exchange Commission statu-
nitense), la stampa ha cominciato a indagare. Il titolo dell’inchiesta del New York Times è un segnale: «L’Ipo di
Alibaba potrebbe rappresentare un gran colpo di fortuna
per i figli dei leader cinesi».
La storia è complessa, sembra un gioco di scatole cinesi:
nel 2012 il gruppo fondato nel
1999 dall’ex insegnante di inglese Jack Ma ricomprò circa la
metà della partecipazione che
aveva venduto a Yahoo. Costo
del «buy back» 7,6 miliardi di
dollari. Per trovare quei fondi
Alibaba aveva venduto azioni
a investitori selezionati, tra i
quali il fondo sovrano di Pechino e tre società cinesi. Un
po’ macchinoso ma legale; solo che secondo il New York Ti-
mes dietro quelle società
c’erano (e ci sono) figli e nipoti di alcuni dei dirigenti di primo piano della nomenclatura
comunista: in testa Winston
Wen, figlio di Wen Jiabao, che
nel 2012 era primo ministro di
Pechino. Di Wen Jiabao e delle
ricchezze enormi accumulate
dalla sua famiglia, il giornale
americano si è già occupato
un paio d’anni fa in un’inchiesta che ha causato la reazione
furiosa della censura cinese: il
sito del quotidiano ha subito
un oscuramento che ancora
dura. Ora la rivelazione che
una bella fetta di Alibaba è di
proprietà del private equity
New Horizon Capital fondato
da Wen junior. E ci sono altri
nomi eccellenti tra i compagni
d’avventura di Jack Ma: il nipote dell’ex presidente cinese
Jiang Zemin, il laureato di
Harvard Alvin Jiang, che è
partner di Boyu, altro finanziatore del «buy back» del
2012; Liu Lefei, il cui padre Liu
Yunshan è a capo della propaganda del partito comunista;
Wang Jun, figlio di Wang
Zhen, ex vicepresidente cinese, che faceva parte degli «otto
immortali», com’erano definiti gli anziani rivoluzionari maoisti che guidarono Pechino
negli anni 80. Tutti questi figli,
nipoti e discendenti vari dei
«grandi», in Cina si chiamano
«Principi rossi».
L’e-commerce di Alibaba,
svolto attraverso le efficientissime piattaforme Taobao e
✒
che per statuto in teoria può
cambiare solo con il suo assenso.
Ci sono altri due dettagli
che aggiungono ombre sulla
vicenda: la settimana scorsa
Alibaba ha annunciato che
l’Ipo, prevista per fine luglio,
slitterà a settembre. Perché
questo è un periodo di volatilità del mercato, hanno detto
fonti anonime all’agenzia go-
L’operazione
Al termine dell’Ipo
l’azienda potrebbe
essere valutata fino a
200 miliardi di dollari
vernativa Xinhua. E il giorno
dopo, sempre la Xinhua ha riferito che Alibaba aveva chiamato la polizia per denunciare
un tentativo di ricatto da parte
di un organo di stampa: una
rivista cinese avrebbe chiesto
300 mila dollari per non pubblicare notizie sgradite.
Guido Santevecchi
@guidosant
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I 100 giorni delle studentesse rapite
Perché il mondo non le dimentichi
di MICHELE FARINA
C
Proteste Donne nigeriane manifestano per le ragazze rapite a Chibok il 14 aprile dagli islamisti di Boko Haram (Epa)
Stati Uniti
Tmall, l’anno scorso ha venduto prodotti per 250 miliardi
di dollari, l’80 per cento del
commercio online della Cina. I
clienti registrati sono oltre
230 milioni. Valutazione complessiva del gruppo circa 200
miliardi, un primato mondiale: Amazon capitalizza in Borsa circa 137 miliardi, eBay 65.
Così, anche un piccolo un per
cento di Alibaba, ora che il
gruppo si prepara a sbarcare al
New York Stock Exchange,
può rendere due miliardi di
dollari a un Principe rosso.
Fino a quando le carte non
erano state depositate alla Sec
americana la composizione
della proprietà poteva rimanere ignota, com’è tipico a Pechino. Ora non più. E ci sono
state polemiche anche in Cina,
per motivi nazionalistici: Jack
Ma infatti ha dovuto rivelare
che i maggiori azionisti sono
gli americani di Yahoo e i giapponesi di SoftBank che insieme hanno un 70 per cento delle azioni. Jack Ma avrebbe un 8
per cento, ma si è assicurato il
controllo delle operazioni attraverso la composizione del
consiglio di amministrazione
ento giorni fa Boko Haram ha rapito le studentesse di Chibok.
Per i terroristi è l’inizio della fine, disse il presidente Goodluck Jonathan.
Non sembra proprio: oltre 200 ragazze sono ancora prigioniere. Dal 14 aprile i
terroristi dell’«Educazione proibita» hanno preso altre giovani, attaccato
scuole e chiese, bruciato altri villaggi. Hanno celebrato i 100 giorni di Chibok
con la presa di Damboa, 200mila abitanti. E Goodluck? Dopo aver promesso
all’eroina pakistana Malala di incontrare i familiari delle studentesse e di
riportarle a casa alla svelta, si è rimangiato la prima promessa perché i
parenti «fanno il gioco dell’opposizione». Per la seconda, nel centesimo
anniversario della nascita della Nigeria, ha chiesto al Parlamento un miliardo
di dollari da aggiungere ai 7 del budget della Difesa. Soldi che si disperdono in
corruzione, visto che i soldati si devono comperare l’equipaggiamento e la
sicurezza nel Nord-Est è appaltata a milizie coi moschetti. Il Parlamento nel
frattempo è andato in vacanza. Due mesi. Bring back our girls: forse, un
giorno, dopo l’estate. Boko Haram mantiene le promesse. E non va in vacanza.
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Legalizzazione e depenalizzazione hanno dato vita a una nuova economia che cresce in modo esponenziale
Negozi, distributori, turismo
L’«erba» è una corsa all’oro
E arriva anche la marijuana a domicilio
DAL NOSTRO INVIATO
NEW YORK — Fino a un anno e
mezzo fa, per sbarcare il lunario e pagarsi le piccole spese al college di Seattle dov’era iscritto, Evan Cox consegnava pizze a domicilio. Ma quando
lo Stato di Washington legalizzò la
vendita di marijuana, lo studente ebbe l’idea della vita. Sarebbe occorso
del tempo prima che si creasse una
rete di negozi al dettaglio. Così Cox
fondò Winterlife, servizio di marijuana con consegne a domicilio, la cannabis a casa vostra.
Un «business con una coscienza»,
recita la pubblicità sul web della
company, che oggi ha un fatturato di
1 milione di dollari al mese, dà lavoro
a 50 persone e sostiene cause animaliste come quella degli scoiattoli orfani.
L’esempio di Cox ha fatto scuola.
Servizi di marijuana a domicilio sono
da pochi mesi attivi in Colorado, il
primo Stato americano che ne ha legalizzato il consumo e la vendita. Ma
anche a New York, dove il governato-
Le tappe
Referendum
Nel novembre del
2012 in Colorado e
nello Stato di
Washington gli elettori
dicono «sì» alla
legalizzazione della
marijuana votando in
un referendum
contestualmente alle
elezioni presidenziali
Via libera
Dal 1° gennaio 2014
in questi Stati è
possibile acquistare
marijuana in negozi e
anche con consegne a
domicilio. Anche lo
Stato di New York ha
depenalizzato il
consumo e legalizzato
la vendita a fini
terapeutici
re Andrew Cuomo ha depenalizzato il
consumo e da poco legalizzato la vendita di erba a fini terapeutici. Una
dozzina di servizi di questo tipo sono
attivi tra Manhattan e Brooklyn: il
numero verde si apprende col passaparola, per 50 dollari il corriere consegna una sola dose per volta, 2,5
grammi il limite di possesso consentito: se la polizia dovesse fermarlo,
pagherebbe solo una multa.
É facile dire che negli Stati Uniti la
marijuana è la nuova pizza. In realtà è
molto di più. E’ la nuova frontiera,
come ai tempi della febbre dell’oro e
della corsa al petrolio. Sia pur limitata
a Colorado e Washington, ma Alaska
e Oregon sono già in fase avanzata
per imitarli, la legalizzazione dell’erba sta infatti producendo l’ennesima
rivoluzione nell’economia. Migliaia
di imprenditori e imbroglioni, investitori e disoccupati si precipitano a
Ovest, in cerca di una nuova promessa di guadagno, che appare allo stesso
tempo allettante e non priva di rischi.
Con l’erba legalizzata in 2 Stati federali, altri 24 nei quali ne è permesso
Vendita Un negozio che vende marijuana
l’uso terapeutico, il volume d’affari
della marijuana legale negli Usa è cresciuto in modo esponenziale: da 1,5
miliardi del 2013, la stima è che alla
fine di quest’anno si assesti intorno a
2,6 miliardi. Ci sono al momento 80
società quotate in Borsa che gravitano interamente intorno al settore, anche se le autorità di controllo ne hanno sospese 5 per irregolarità e non
smettono di lanciare avvertimenti
sulla presenza di molti truffatori, ansiosi solo di ingannare investitori
creduloni.
Il business dell’erba cresce impetuoso. Da gennaio a oggi in Colorado
sono stati autorizzati 200 negozi al
dettaglio, mentre il settore nel suo
complesso ha oltre 11 mila addetti. Il
turismo verde è diventato una forza
trainante dell’economia dello Stato
delle Montagne Rocciose, con un aumento del 44% in sei mesi.
L’indotto è infinito e ricco di opportunità: nascono società che vendono speciali sistemi d’irrigazione,
illuminazione, fertilizzazione; aziende di software che sviluppano applicazioni per facilitare la gestione; studi
legali che aiutano gli operatori a districarsi in una giungla legislativa ancora piena di trappole e contraddizioni. E poi ancora agenzie di viaggio dedicate al turismo dello sballo, società
portavalori che assicurano il trasporto e la custodia di grosse somme in
contanti che le banche non intendono accettare finché a livello federale
la vendita rimarrà reato e loro rischiano di essere perseguite per rici-
claggio. «Al momento avanziamo su
un terreno molto sdrucciolevole»,
ammette Stephen Shearing, direttore
esecutivo di American Green Inc.,
un’azienda dell’Arizona che ha messo
a punto una macchinetta distributrice di marijuana, proprio come quelle
del caffè e delle bevande gassate.
Come nelle fasi più tumultuose del
capitalismo americano, anche quella
aperta dalla legalizzazione dell’erba
ha i suoi lati oscuri. «Non è un mercato che nasce dal nulla, è un mercato
nero che si legalizza, quindi ci sono
ancora elementi di ambiguità. Molte
nuove aziende fino all’altro ieri erano
bande di spacciatori», spiega Robert
Kane di Cannabis Science Inc., società medica di Colorado Springs, che
sviluppa terapie mediche a base di tetracannabinolo. Ci sono ritardi nella
concessione delle licenze, le richieste
superano infinitamente quelle disponibili, e qui e là si registrano episodi
di corruzione. Le notizie di truffe si
moltiplicano. Quando in primavera la
Securities and Exchange Commission
ha sospeso 5 aziende con sede in Colorado e California, che operavano in
un mercato parallelo, queste offrivano ancora titoli-spazzatura a una
conferenza di investitori a Denver.
Ma il fascino della nuova frontiera
verde rimane irresistibile. La nuova
corsa all’oro del capitalismo americano segue l’odore dolciastro e inconfondibile della marijuana. Anche se il
rischio di arrivarci «fatti» è alto.
Paolo Valentino
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Martedì 22 Luglio 2014 Corriere della Sera
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Cronache
La tecnica e le regole
Il caso Sarebbero almeno tre i casi a Roma. L’alt del governo: bisogna aspettare le nostre linee guida
Prime gravidanze con l’eterologa
Il giallo della coppia di Antinori
Il ginecologo: fatta la fecondazione. I Carabinieri nella clinica: non risulta
MILANO — L’Italia torna
dopo dieci anni a eseguire la
fecondazione eterologa. Ma
lo fa tra le polemiche. E con il
rischio di uno scandalo.
Sono almeno tre le donne
in attesa di un figlio con l’aiuto di una donatrice: i casi sono stati seguiti a Roma, con
l’impianto di ovociti. Un
quarto caso è stato annunciato anche a Milano alla clinica
Matris, dove opera il famoso e
chiacchierato ginecologo Severino Antinori. Proprio nel
capoluogo lombardo, però,
sono intervenuti i Nas per verificare la regolarità dell’accaduto e informare in tempo reale il ministro della Salute,
Beatrice Lorenzin.
La questione è delicata.
S’intrecciano più aspetti. Innanzitutto, a tre mesi di distanza dalla sentenza della
Corte costituzionale che ha
cancellato il divieto di eterologa sancito dalla legge 40, rimane aperto un interrogativo: in
Italia è già possibile eseguire
questo tipo di fecondazione
oppure bisogna attendere una
normativa mirata da parte del
ministero della Salute? È uno
scontro a colpi di norme e regolamenti. Evidentemente i
medici che hanno seguito le
pazienti di Roma e Milano sono convinti che basti il recente
parere favorevole della Con-
Fronti opposti
Sopra, a sinistra, il ginecologo Severino Antinori,
a destra, Beatrice Lorenzin, ministro della Salute.
La clinica milanese del medico è stata ieri perquisita
dal comando dei Carabinieri per la tutela della salute
sulta. Ma non la pensano così
al ministero, dov’è al lavoro un
pool di venti esperti.
Dopodiché a Milano c’è
un’ulteriore complicazione,
perché si moltiplicano i dubbi
sull’operato del ginecologo
Severino Antinori, 69 anni,
pioniere della fecondazione
assistita in Italia, ma sulla cui
reputazione le voci sono decisamente discordi. Ci sono perplessità, infatti, non solo sulla
liceità dell’intervento, ma addirittura sulla sua esistenza.
Dopo il sopralluogo dei Nas, in
serata è circolata l’ipotesi che il
medico si sarebbe inventato la
notizia della gravidanza eterologa solo per motivi di auto-
La sentenza
I contenziosi
Le bocciature
Il 9 aprile 2014 la Consulta
sancisce l’incostituzionalità
del divieto di fecondazione
eterologa. È possibile
ricorrere a donatori di
ovociti e spermatozoi
quando uno
dei due partner è sterile
In 10 anni la legge 40
sulla procreazione assistita
ha visto per 28 volte
l’intervento dei tribunali
con la «riscrittura»
di alcune sue parti con
sentenza della Corte
costituzionale
Le altre parti della legge
abbattute dai giudici:
il divieto di produzione
di più di tre embrioni,
l’obbligo contemporaneo
di Impianto degli embrioni
prodotti e il divieto
di diagnosi reimpianto
(ma per le coppie infertili)
Come funziona
La fecondazione assistita eterologa
prevede che almeno uno dei gameti
(o entrambi) provenga
da un donatore
esterno alla
coppia
4 Dopo due giorni
l’embrione
è pronto
3
Avviene la fecondazione
Utero
Ovaie
2
Gli ovuli vengono uniti
agli spermatozoi
(che possono
provenire
da un donatore)
L’embrione 5
1 Si prelevano gli ovuli
dalla futura madre viene trasferito
nell’utero
o dalla donatrice
promozione. Illazioni pesantissime, che Antinori respinge
con forza. Sarà possibile vederci chiaro nei prossimi giorni, con l’esito dell’ispezione
dei Nas guidati da Paolo Belgi.
Fin d’ora, però, una donna al
telefono dalla Puglia assicura
al Corriere: «Sono incinta grazie all’aiuto del professor Antinori e di Padre Pio. Mio marito
è sterile. Dopo avere tentato
invano la fecondazione a Lugano, in Svizzera, sono riuscita
a realizzare il mio sogno a Milano, alla clinica Matris, dove
tutti sono stati gentili. Ci sono
stata due volte: una per il col-
loquio, l’altra per l’impianto».
Antinori stesso attacca: «Sono
tutti atti intimidatori nei miei
confronti, ma io non ho paura». Però un carabiniere confida: «Dai primi riscontri sulla
documentazione il caso di Milano ci lascia molto perplessi».
Delle gravidanze di Roma
dà l’annuncio, invece, Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni, che
vuole mantenere il riserbo sia
sul medico che ha eseguito le
tre eterologhe sia sulla clinica:
«Non voglio speculare sulla
vicenda — spiega —. Sono notizie che danno fiducia nel fu-
L’imprenditore 94enne
Morto Albrecht, il re dei supermercati
Era l’uomo più ricco della Germania
Karl Albrecht, cofondatore dell’impero del discount Aldi
(un’abbreviazione tra Albrecht e discount) è morto mercoledì
scorso a Essen, in Germania. Aveva 94 anni ed era l’imprenditore
più ricco del Paese con un patrimonio personale stimato in 17,8
miliardi. Il suo gruppo, strettamente a conduzione familiare, è
un colosso con 10 mila punti vendita tra Germania, Austria,
Francia e Stati Uniti con un fatturato annuo di 40 miliardi di
euro. L’idea vincente era stata quella di creare supermercati
essenziali ma ricchi di offerte. Così Albrecht rivoluzionò le
abitudini dei consumatori in Europa. Tanto abile negli affari
quanto riservato nella vita privata, condotta lontano dai riflettori.
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Sicilia
Sul gommone
alla deriva
5 cadaveri
Ancora una tragedia nel
Canale di Sicilia: i
cadaveri di 5 migranti
sono stati recuperati
durante il soccorso ad
un gommone
semiaffondato. I
naufraghi salvati sono
61, hanno raccontato
che a bordo erano in 80.
Australia
Due pazienti guariscono dall’Aids
dopo il trapianto del midollo spinale
Grazie al trapianto del midollo spinale sono riusciti non solo a
battere il cancro, ma anche a debellare il virus dell’Aids.
Protagonisti della vicenda due pazienti australiani. L’annuncio ha
preceduto di poche ore l’apertura a Melbourne della conferenza
internazionale sull’Aids, funestata dalla morte dei delegati che
erano a bordo del volo MH17 abbattuto in Ucraina. I due pazienti
di Sydney sono stati trattati nell’ospedale St Vincent’s e sono
diventati la seconda e terza persona al mondo ad essersi liberati
dell’Hiv. Entrambi rimangono in terapia retrovirale come misura
di cautela. I ricercatori ritengono che i trapianti di cellule
staminali avranno un ruolo crescente nel trattamento dell’Hiv.
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Corriere della Sera Martedì 22 Luglio 2014
Cronache 15
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In Europa
La legislazione sulla fecondazione
assistita nell’Unione Europea
Legenda
Permessa
Svezia
Vietata
Finlandia
Nessuna legge
Estonia
Lettonia
Eterologa
Uso di gameti
(ovuli o sperma)
estranei alla coppia
dei genitori
Danimarca
Lituania
Irlanda
Regno Unito
Olanda
Polonia
Germania
Belgio
**
Rep. Ceca
Belgio
Slovacchia
Austria
Diagnosi pre-impianto
Possibilità di selezionare
gli embrioni sani
prima dell’impianto
Ungheria
Francia
Romania
Slovenia
ITALIA
Portogallo
Gestazione surrogata
Gravidanza
su commissione
di single o coppie sterili
(con i loro gameti,
o quelli di donatori)
Croazia
Bulgaria
Spagna
Grecia
Cipro
Malta
*solo parzialmente **solo la donazione di sperma
Dossier alle Procure
Le accuse
contro Ubi
Un dossier anonimo
con accuse contro i
vertici storici di Ubi
Banca è stato trasmesso
dall’associazione dei
consumatori Adusbef
alle Procure di Milano,
Bergamo e Roma.
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turo, ma che non devono essere strumentalizzate da parte di
nessuno».
La situazione di incertezza
che si è creata, però, non aiuta
le novemila coppie che vorrebbero avere un figlio con
l’eterologa. La costituzionalista Marilisa D’Amico, tra i le-
La testimonianza
Dalla Puglia: «Certo che
sono incinta: mio marito
è sterile, siamo stati alla
clinica Matris di Milano»
gali che hanno presentato ricorso alla Consulta, assicura:
«È la stessa sentenza della
Corte costituzionale, la 162
dello scorso aprile, a chiarire
che non c’è vuoto normativo.
Sia il divieto di commercializzazione dei gameti sia la materia di anonimato sono regolati
da norme già esistenti». Il governo la pensa diversamente.
In mezzo alla disputa le coppie, in attesa di risposte e che
sperano di non essere prese in
giro.
Simona Ravizza
SimonaRavizza
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Il retroscena L’obiettivo è arrivare a un decreto legge
I paletti del ministero
Regole per i donatori
e sull’età delle donne
ROMA — «I centri italiani non
possono ancora partire con la fecondazione eterologa perché privi dell’autorizzazione regionale alla nuova
attività. Bisogna aspettare un decreto legge che arriverà tra fine agosto e
settembre». L’indicazione del ministero della Salute guidato da Beatrice
Lorenzin è stata chiara e non altrimenti interpretabile appena, lo scorso aprile, i giudici della Corte costituzionale dichiararono illegittimo il
divieto di ricorrere alle tecniche che
prevedono l’impiego di gameti
(spermatozoi e ovociti) appartenenti
a donatori, quindi non alla coppia.
E adesso, dopo gli annunci del ginecologo Severino Antinori (clinica
Matris di Milano) e del segretario
dell’Associazione Luca Coscioni, Filomena Gallo, che hanno rivelato
l’esistenza di quattro gravidanze in
corso nel capoluogo lombardo e a
Roma ottenute con l’eterologa, i carabinieri dei Nas (Nucleo antisofisticazione) sono subito intervenuti. Il
primo controllo cosiddetto preventivo a Milano, poi seguiranno quelli
nella Capitale. Su richiesta del ministero di Lungotevere Ripa vogliono
verificare se esistono le autorizzazioni necessarie, evenienza remota, se
sono stati eseguiti test di selezione
dei donatori e se ai genitori è stata
garantita «ineccepibile» la qualità
dell’intervento.
Ancora prima che l’ispezione dei
Carabinieri mettesse in dubbio l’esistenza della coppia fecondata da Antinori, al ministero l’annuncio del
ginecologo era suonato come un
modo per promuovere la sua clinica.
Il ministro aspetta comunque un’informativa dettagliata sul caso. Di
certo è in atto un braccio di ferro fra i
centri, smaniosi di cominciare la
nuova attività sdoganata dalla Consulta (la sentenza è stata pubblicata
il 18 giugno e tra l’altro sottolineava
come non ci sia un vuoto normativo), e il ministro che ribadisce: «Non
ci opponiamo, rispetteremo in tutto
e per tutto la decisione dei giudici,
ma bisogna agire con tutte le garanzie per i cittadini e soprattutto per i
bambini che nasceranno».
Dunque si è pensato a un decreto
legge con indicazioni univoche sui
punti critici che riguardano princi-
Lorenzin
«Non vogliamo opporci alla
decisione dei giudici, ma bisogna
agire con tutte le garanzie per
i cittadini e i bimbi che verranno»
palmente i criteri di selezione dei
donatori (cioè a quali test genetici e
infettivi debbano essere sottoposti),
la rintracciabilità dei gameti dai
quali scaturisce una gravidanza e nascono bambini, il diritto all’anonimato dei «proprietari» di liquido seminale e ovociti, la questione del
rimborso spese a questi volontarialtruisti oltre alla loro età massima.
Si potrebbe prevedere che la donna
non superi i 35 anni e l’uomo i 40 anni. Infine verrà indicato il numero
massimo di figli di ogni madre o padre biologico.
Tutto questo dovrebbe essere contenuto nel provvedimento atteso dopo l’estate. Il gruppo di esperti nominati dal ministero per valutare le
iniziative da prendere, coordinati dal
capo dell’ufficio legale Chiné, terminerà il suo lavoro oggi per consegnare alla Lorenzin un rapporto entro la
fine del mese. Hanno convenuto che
una legge è indispensabile e che
semplici linee guida non sono sufficienti. È urgente uno strumento più
forte, i tempi, è la rassicurazione, saranno rapidi.
I centri di procreazione medicalmente assistita temono si tratti di
una strategia per rinviare il più possibile l’avvio delle attività. Chi spinge per l’immediato via all’eterologa
sostiene che esistono tutte le normative europee e i documenti delle società scientifiche per partire in totale
sicurezza. L’eterologa però non piace
ai cattolici, l’Italia prima del pronunciamento della Consulta era rimasta
uno dei pochi Paesi ad averla estromessa con la legge del 2004 e la sua
introduzione continua ad essere fortemente osteggiata.
Margherita De Bac
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italia: 51575551575557
Martedì 22 Luglio 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Martedì 22 Luglio 2014
Cronache 17
italia: 51575551575557
Il caso Ilva Sentenza più severa rispetto alle richieste. La difesa: «Finirà come il processo Ruby»
«Riva raggirò lo Stato per i contributi»
Condanna e confisca da 91 milioni
Sovvenzioni all’export, al figlio dell’ex patron 6 anni e mezzo
La vicenda
La condanna
Fabio Riva (nella foto),
figlio dell’ex patron
Emilio, titolare dell’Ilva
di Taranto, è stato
condannato ieri a
Milano a sei anni e
mezzo per una serie di
contributi che avrebbe
indebitamente ricevuto
dallo Stato a sostegno
dell’export di acciaio.
Riva, colpito da ordine
di cattura, si trova da
alcuni mesi a Londra.
Gli altri processi
Lo stesso Riva è già
stato condannato a sei
anni dal tribunale di
Taranto per una serie
di morti per amianto
nell’acciaieria. È invece
stata depositata la
richiesta di rinvio a
giudizio per l’inchiesta
principale, che
riguarda i danni
provocati all’ambiente
dalle emissioni dell’Ilva
a Taranto. In questo
caso Riva è alla sbarra
assieme a un’altra
cinquantina di
imputati, tra cui il
governatore della
Puglia Nichi Vendola
MILANO — Che il modo con
il quale per decenni lo Stato con
i contributi pubblici della «legge Ossola» ha letteralmente gettato al vento centinaia di milioni di euro fosse una prateria
sconfinata per le forbici di qualunque prossimo commissario
alla revisione della spesa pubblica, era già fuor di dubbio. Da
ieri, però, il Tribunale di Milano
accoglie la prospettazione della
Procura che
quella prateria
sia stata anche
un campo di reati — associazione a delinquere
finalizzata alla
truffa allo Stato
— quantomeno
per l’Ilva e la famiglia Riva. Una
truffa che ora, in
primo grado, costa carissima agli
imputati condannati in accoglimento integrale (e persino superiore) delle richieste dei pm
Stefano Civardi e Mauro Clerici:
6 anni e mezzo di reclusione per
Fabio Riva, figlio dello scomparso patron Emilio delle acciaierie di Taranto, inseguito da
mandato d’arresto internazionale e riparato da tempo in Gran
Bretagna; 3 anni ad Agostino Alberti, ex consigliere delegato di
Riva Fire spa (la controllante di
Ilva spa); 5 anni a Alfredo Lomonaco della finanziaria svizzera Eufintrade; ma soprattutto
91 milioni di euro confiscati a
Riva Fire spa come profitto
equivalente, altri 15 milioni di
euro di provvisionale sul futuro
risarcimento in sede civile a beneficio del ministero dello Sviluppo economico, e 1 milione e
mezzo di euro di sanzione pecuniaria in base alla legge 231 sulla responsabilità amministrativa degli enti. E se il verdetto fosse poi confermato in Appello e
Cassazione, farebbe scattare anche un anno di divieto di riceve-
re sussidi pubblici per Riva Fire
spa e Ilva spa, e la revoca e restituzione di tutti i finanziamenti
pubblici già erogati a Ilva spa
dalla Simest.
Simest, Società italiana per le
imprese che investono all’estero, è al 75% della Cassa Depositi
e Prestiti, e per conto dello Stato
eroga i contributi appunto della
legge Ossola: nome del ministro
che nel 1977 introdusse agevo-
lazioni finalizzate a consentire
alle imprese italiane esportatrici di offrire agli acquirenti esteri
dilazioni di pagamento a 5 anni
a tassi di interesse competitivi
con i Paesi Ocse. Come? Grazie
alla erogazione di contributi a
fondo perduto dispensati appunto da Simest. Negli anni
scorsi, ad esempio, una azienda
italiana poteva vendere i propri
prodotti a un acquirente estero
con una dilazione del pagamento in 5 anni, emettendo cambiali internazionali che venivano
poi scontate a un tasso intorno
al 2,8% anziché a quello di mercato del 5,3%: la differenza era
colmata appunto dall’aiuto dello Stato. Il pool reati economici
diretto dal procuratore aggiunto Francesco Greco ha però contestato a Ilva spa di aver venduto
non a un acquirente estero, ma
L’imprevisto
di aver interposto fittiziamente
tra sé e il cliente estero finale la
società svizzera Ilva Sa al solo fine (con il riacquisto immediato
delle cambiali internazionali e
l’intervento della finanziaria
Eufintrade) di percepire i contributi della legge Ossola erogati da Simest: i 91 milioni sequestrati mesi fa dal gip Fabrizio
D’Arcangelo e ora confiscati.
Le difese ribattevano valorizzando le deposizioni proprio
dei dirigenti di Simest, i quali in
aula avevano spiegato come
fossero consapevoli e disinteressati che Ilva Sa fosse interposta dai Riva, e come l’importante per la concessione dei contributi fosse solo la presenza dei
requisiti formali in effetti esistenti: dunque, concludeva la
difesa, nessun raggiro e nessu-
Risarcimento
Al ministero dello
Sviluppo Economico 15
milioni di indennizzo. E
stop ai sussidi all’azienda
L’appello per Venezia
Da Jane Fonda all’Aga Khan: «No grandi navi»
Sono 63 le firme eccellenti tra premi Nobel, nomi della cultura, del cinema, della moda, da
Norman Foster a Cate Blanchett a firmare l’appello per impedire il traffico delle grandi navi
nel bacino di San Marco e nel Canale della Giudecca. Tra i firmatari: la principessa Firyal di
Giordania, il principe Amyn Aga Khan, Richard Armstrong, direttore del Guggenheim
Museum, Cristiana Brandolini d’Adda Agnelli, gli attori Michael Caine, Julie Christie,
Michael Douglas, Jane Fonda, Don Johnson e lo stilista Hubert de Givenchy © RIPRODUZIONE RISERVATA
na truffa. E anche nessun danno, visto che analisi del ministero dello Sviluppo Economico
stimavano che 1 euro pubblico
investito fruttasse un beneficio
di 21 euro per l’azienda beneficiata dai contributi; e come 1
euro pubblico investito venisse
ripagato allo Stato per 0,68 centesimi direttamente dal gettito
fiscale dell’azienda beneficiata,
e per il resto (e persino qualche
frazione in più) dal gettito dell’indotto. Ecco perché ieri dopo
la condanna i legali si dicevano
fiduciosi che «in Appello finisca
come nel processo Ruby». Ma
intanto le giudici Tanga-Zelante-Borroni, che spiegheranno le
motivazioni tra 90 giorni, sono
evidentemente state persuase
dalla tesi dell’accusa che la concessione dei contributi all’esportazione sia avvenuta in
presenza di condizioni contrattuali che solo apparentemente
rispettavano i presupposti di
legge, e che invece erano create
ad hoc al solo fine di lucrare indebitamente i quasi 100 milioni
di euro di agevolazione.
Luigi Ferrarella
[email protected]
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Varese Ribaltata la richiesta della procura, convinta dell’innocenza degli indagati
La morte di Uva, a processo poliziotti e carabinieri
Decisivo il racconto di un amico
Ma secondo le perizie mediche
sul corpo non c’erano lesioni letali
Dietrofront: i sei poliziotti
e il carabiniere incriminati
per la morte di Giuseppe Uva,
deceduto in una caserma di
Varese nel giugno del 2008,
devono comparire davanti alla Corte d’Assise per omicidio
preterintenzionale e arresto
illegale. Lo ha deciso ieri il
gup Stefano Sala, ribaltando
la richiesta del pm Felice
Isnardi per il quale tutti gli
imputati andavano prosciolti.
Per il giudice, insomma, occorre un processo (messo in
calendario il 20 ottobre prossimo) per stabilire se Giuseppe Uva, 42 anni, morì a causa
di percosse e maltrattamenti
subiti dopo l’arresto avvenuto per schiamazzi e ubriachezza.
Il processo sarà il culmine
di una battaglia pluriennale
condotta da Lucia Uva, sorella
della vittima e da alcune associazioni per i diritti dei detenuti convinte della responsabilità degli uomini in divisa. Una battaglia aspra, passata attraverso un cambio di
pm, la riesumazione del cadavere di Uva, almeno tre perizie mediche, due supplementi di indagine e una serie
infinita di accuse via mass
media.
«Dopo quattro anni ce l’abbiamo fatta, dedico questa
decisione al dottor Agostino
Abate che non ha mai voluto
cercare la verità» ha detto Lucia Uva riferendosi al pm che
inizialmente aveva chiesto
l’archiviazione per poliziotti e
carabinieri. «Purtroppo sul
processo incombe il rischio
della prescrizione, purtroppo
si è perso troppo tempo» ha
aggiunto Fabio Anselmo, avvocato di parte civile. «Finalmente ci sarà un processo in
cui verranno valutati i fatti
accaduti» ha aggiunto dal
canto suo Luigi Manconi, il
senatore del Pd in prima linea
per chiedere indagini sul caso.
Al processo si confronteranno due ricostruzioni diametralmente opposte del fatto. Secondo la procura di Varese non esiste alcuna certezza sul fatto che Uva sia morto
in seguito a botte ricevute. Lo
dimostrano le perizie medico
legale a cui la vittima è stata
sottoposta, l’ultima delle
quali (collegiale, non di parte) ha attribuito il decesso a
un «prolasso mitralico», una
malformazione cardiaca di
cui Giuseppe soffriva e che
sarebbe risultata fatale in una
situazione di forte stress co-
La reazione
La sorella della
vittima: «Vittoria
dopo quattro anni
di battaglie»
Le due tesi a confronto
I pm: nessuna prova
sulle botte all’arrestato
1
La procura di Varese ha chiesto il
proscioglimento di carabinieri e
poliziotti accusati della morte di
Giuseppe Uva (foto a destra).
Secondo i pm le perizie mediche
smentiscono un nesso di causaeffetto tra il comportamento
degli agenti e la morte di Uva e
non ci sarebbero testimonianze
attendibili in grado di sostenere
un’accusa di omicidio
La parte civile: in caserma
la chiave del mistero
2
Per gli avvocati di parte civile il
racconto del teste Alberto
Biggiogero è attendibile e
dettagliato: l’amico di Uva chiamò
dal suo telefonino un’ambulanza
spaventato dalle grida e richieste
di aiuto provenienti dalla stanza
in cui si trovava la vittima. È stato
inoltre escluso che Uva sia morto
per un errore dei medici che lo
presero in consegna
me quella maturata la sera
dell’arresto (Uva era fuori di
sé per l’arresto ed era completamente ubriaco).
La difesa punterà invece a
dare molto valore alla testimonianza di Alberto Biggiogero, l’uomo che venne condotto in caserma assieme a
Uva e che giura di aver udito i
fortissimi lamenti dell’amico
provenire dalla stanzetta in
cui era stato rinchiuso; in più
potrà far valere il fatto che in
un’inchiesta parallela sulla
morte di Uva sono usciti assolti alcuni medici dell’ospedale di Varese, accusati di
aver somministrato all’uomo
una dose eccessiva di psicofarmaci per calmarlo. Se a uccidere Uva, in altre parole,
non è stata l’overdose di medicine, le cause della tragedia
vanno ricercate in quello che
accadde quella notte nella caserma dei carabinieri di Varese.
Controverse, infine, sono
le testimonianze di alcuni infermieri dell’ospedale, a cui
Uva avrebbe confidato di essere stato malmenato, smentite da altro personale dello
stesso nosocomio.
Claudio Del Frate
@cdelfrate
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Concordia:
sui cassoni
ritardo
di un giorno
DAL NOSTRO INVIATO
ISOLA DEL GIGLIO (Grosseto)
— Ancora un giorno. La Costa
Concordia partirà domani
mattina. Il rinvio sembrava
nell’ordine delle cose,
considerati gli ultimi due
giorni di vento forte, con il
libeccio che è arrivato a 32
nodi, impedendo il ritorno a
riva della squadra del turno di
notte, rimasta sul relitto fino
alle tre. Non ha giovato la
difficoltà a fissare i cassoni di
galleggiamento S5 e S14 alla
parte della nave deformata
dall’urto sullo scoglio della
Gabbianara e dal peso del
resto della nave che la
schiacciò sulla roccia. La
notizia del rinvio ha portato
con sé una buona dose di
nervosismo tra addetti ai
lavori e media, che ormai da
una settimana abbondante
convivono in spazi ristretti.
Poco importa se Franco
Gabrielli (foto) ha declassato
la pratica a «mera questione
prudenziale». Non ce la siamo
sentiti di prendere una
decisione notturna, ha detto il
capo della Protezione civile,
pensando anche agli
approvvigionamenti
dell’isola, carburante in
primis, che richiedono
programmazione. La scelta
iniziale di una comunicazione
trasparente non ha impedito
il lievitare delle aspettative.
«Niente fretta, con la fretta si
sbaglia» dice Michael
Thamm, amministratore
delegato di Costa Crociere,
arrivato ieri sull’isola perché
convinto fosse il giorno
decisivo. «Spero di non
spostare ancora l’asticella
della nostra pazienza» ha
replicato Sergio Ortelli,
sindaco del Giglio, mostrando
irritazione. Sul lungoporto si
aggirava una figura dolente e
dignitosa, che chiedeva
informazioni agli abitanti.
Manuel Moreno è il padre di
Israel, la 33esima vittima, il
sommozzatore morto il primo
febbraio mentre lavorava sul
relitto a 10 metri di
profondità. «Aveva una rosa
dei venti tatuata sulla spalla.
Amava il mare. Mi dispiace
che non possa vedere la fine
di questa storia. Ma so che è
morto felice». Chi gli
sopravvive, moglie e figlio di
10 anni venuti qui dalla
Galizia, ha potuto contare
sulla sensibilità anche
economica dimostrata dalle
istituzioni toscane. «Dalla
Spagna non abbiamo avuto
nulla» dice il signor Manuel.
Dagli abitanti di quest’isola
sono arrivate anche decine di
lettere, raccolte in una piccola
cartella rossa. «Gente
fantastica, siamo qui per
ringraziare». I gigliesi sono
così. Il nervosismo di questi
momenti non li tocca. Dopo
due anni e mezzo, possono
aspettare altre 24 ore.
M. Ima.
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18 Cronache
Martedì 22 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Internet Mountain View dovrà dichiarare di svolgere le attività di raccolta a fini commerciali
Si potrà scegliere con un «clic»
se offrire i dati personali a Google
Le regole del Garante della Privacy. Il gigante Usa: collaboriamo
di EDOARDO SEGANTINI
P
er la prima volta in Europa,
la privacy di chi usa Google
sarà tutelata in modo preciso: arrivano infatti le regole
del Garante, in base alle quali
«Big G» potrà usare i dati personali degli italiani solo con il loro
consenso preventivo e dovrà dichiarare esplicitamente di svolgere questa attività a fini commerciali.
La notizia è il frutto di un lavoro di preparazione durato un
anno, durante il quale l’Authority presieduta da Antonello Soro
e la grande azienda americana
hanno collaborato attivamente.
«Non si è puntato a definire un
set di sanzioni, la cui efficacia
sarebbe stata modesta, ma piuttosto a scrivere le norme a cui
Google dovrà attenersi», afferma il portavoce dell’Autorità. Il
provvedimento, più o meno direttamente collegato alla pronuncia della Corte di Giustizia
europea sul diritto all’oblio, non
si limita infatti a richiamare al
rispetto della privacy, ma indica
nel concreto le misure che Google dovrà adottare.
La controparte americana
conferma: «Abbiamo collaborato costantemente con il Garante
per spiegare le nostre politiche
di privacy e il modo in cui ci
consentono di creare servizi più
semplici ed efficaci. Continueremo a collaborare in futuro e
analizzeremo il provvedimento
per definire i prossimi passi».
Ma che cosa cambia, concretamente, per gli utenti? Innanzitutto bisogna chiarire il punto di
partenza. La web company ha
già adottato alcune misure per
adeguarsi alla normativa europea sulla protezione dei dati
personali, ma lasciando aperte
non poche criticità: in particolare, l’inadeguatezza delle informazioni agli utenti, la mancata
richiesta di consenso alla «profilazione» (la catalogazione degli utenti a seconda delle loro
preferenze) e l’incertezza dei
tempi di conservazione dei dati.
A tutto ciò il team di Soro
promette di porre rimedio con
una serie di «prescrizioni», cui
Google dovrà adattarsi entro un
anno e mezzo. La società dovrà
spiegare, chiaramente, che i dati
personali degli utenti sono re-
Primi in Europa
Siamo il primo
Paese in Europa a
mettere dei paletti
a tutela degli utenti
I punti
Le informazioni
1
Google dovrà spiegare
chiaramente che i dati
personali degli utenti del
motore di ricerca sono
regolarmente monitorati e
utilizzati per la pubblicità
mirata (per mezzo della
«profilazione») e che queste
informazioni vengono
raccolte anche con tecniche
più sofisticate dei semplici
cookie
Il consenso dell’utente
2
Il motore di ricerca non potrà
più dare per scontato che
l’uso dei suoi servizi equivalga
ad accettare senza condizioni
le sue regole, ma dovrà
ottenere un consenso
preventivo per l’utilizzo dei
dati personali. L’Autorità
garante della privacy
promette semplicità: ci sarà
un banner da cliccare per dire
sì o no
I tempi per la cancellazione
3
Google sarà tenuta a cancellare
i dati, entro due mesi dalle
singole richieste, dai cosiddetti
«sistemi attivi» (cioè i dati
nell’immediata disponibilità
dell’utente) ed entro sei mesi
dai propri archivi. Entro il 30
settembre, poi, la società dovrà
fornire al Garante della Privacy
un protocollo di verifica che
indichi tempi e modalità per i
controlli
Realtà aumentata
golarmente monitorati e utilizzati per la pubblicità mirata (per
mezzo della profilazione, appunto) e che tali dati vengono
raccolti anche con tecniche più
sofisticate dei semplici cookie.
I cookie sono software che
memorizzano informazioni sugli utenti, come ad esempio i siti
web preferiti, o, in caso di ecommerce, il contenuto dei carrelli della spesa. Ma le tecniche
di «tracciamento» sono sempre
più raffinate: viene usato ad
esempio il fingerprinting (letteralmente «rilevamento delle
impronte» ndr), un sistema grazie al quale i dati vengono archiviati nei server delle società inserzioniste che li utilizzano.
Google, in sostanza, non potrà più dare per scontato che
l’uso dei suoi servizi equivalga
ad accettare incondizionatamente le sue regole, ma dovrà
ottenere un consenso preventivo per usare i dati personali.
Inoltre sarà tenuta a cancellarli,
entro due mesi dalle singole richieste, dai cosiddetti «sistemi
attivi» (cioè i dati nell’immediata disponibilità dell’utente) ed
entro sei mesi dai propri archivi.
Entro il 30 settembre, poi, la società dovrà fornire al Garante
della Privacy un protocollo di
verifica che indichi tempi e modalità per i controlli. Un punto
chiave è il modo con cui ognuno
potrà dare o negare il proprio
consenso al trattamento dei dati, che sarà tanto più efficace
quanto più sarà facile da usare.
L’Authority promette semplicità: ci sarà un banner che, se cliccato, consentirà all’utente di dire sì o no. Chi vorrà evitare la
scelta sarà libero di continuare
nella navigazione: ovviamente
non dovrà poi lamentarsi se la
sua privacy verrà (almeno commercialmente) violata.
@SegantiniE
[email protected]
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In Italia
gli occhiali
hi-tech
I Google Glass sono
approdati in Italia. Gli
occhiali hi-tech di
Mountain View, hanno
fatto la loro comparsa
sugli scaffali di alcuni
negozi della penisola,
soprendendo gli amanti
dell’alta tecnologia che nei
giorni scorsi hanno fatto
un giro per negozi. ERano
nelle vetrine di almeno
due catene di elettronica:
in due punti vendita di
Mediaworld, a Roma e a
Firenze, e in due negozi
Saturn di Milano. In tutti,
però, il prodotto per
adesso è soltanto in
esposizione. Il prezzo
indicato dai cartellini negli
store milanesi (subito
immortalato da una foto
pubblicata ieri dal sito
AndroidWorld.it) è di
1.999,99 euro. La cifra è
superiore ai 1.500 dollari a
cui gli occhiali a realtà
aumentata, ancora in fase
sperimentale, sono
disponibili per gli
sviluppatori statunitensi,
e alle mille sterline chieste
nel Regno Unito. «La
Google non ha autorizzato
la vendita dei Glass in
Italia — fa sapere l’azienda
americana —, che restano
acquistabili solo
attraverso il programma
Explorer e solo in Usa e
Gran Bretagna. Dunque,
non è nemmeno stato
definito un prezzo per il
nostro Paese».
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Corriere della Sera Martedì 22 Luglio 2014
Cronache 19
italia: 51575551575557
Le storie Quando titoli mondiali e successi non bastano a risollevare un’esistenza
Campioni sul ring, ko fuori
Le vite senza regole dei pugili
Loris Stecca
È stato campione del mondo dei pesi supergallo Wba dal 22 febbraio 1984 al 26
maggio 1984 quando fu sconfitto da Victor
Callejas (foto in basso, Olympia). Una carriera
scandita da 55 incontri vinti, 2 pari e 2
sconfitte. Oggi ha 54 anni (foto a fianco)
dei fratelli, Silvio, detto il
Barbaro (oggi ha 47 anni),
nel 2003 fu campione mondiale Wba dei mediomassimi. Gianluca, più giovane di quattro anni,
è stato campione europeo dei welter junior. Silvio non nasconde il suo passato,
ma sottolinea che la condanna di nove
mesi è arrivata «soltanto» per favoreggiamento all’usura, mentre è stato assolto per
il reato più grave, quello per associazione
a delinquere per il reato di estorsione.
A mostrare la faccia feroce per conto di
una banda di strozzini è stato anche Mauro Galvano, campione mondiale ed europeo nei pesi supermedi agli inizi degli anni Novanta: arrestato nel 2010, è stato
condannato in primo grado a sei anni e 6
mesi di carcere. In galera nel 2013 è finito
per stalking anche Antonio Brancalion, 38
anni, campione italiano dei
mediomassimi: nel 2004
patteggiò un anno e otto
mesi per rapina ai danni di
un’altra fidanzata. E nel
2009 il tribunale di Este lo
ha condannato a due anni e
sei mesi per aver maltrattato e usato violenza nei confronti di un’altra ex.
Poi ci sono le immancabili storie di
droga. Devis Boschiero, 33 anni, veneto,
ex campione europeo dei superpiuma (il
10 ottobre disputerà la rivincita con il
francese che l’ha battuto in febbraio, Romain Jacob) può raccontare la sua: un
patteggiamento di 20 mesi, con pena sospesa, per spaccio. Dannazione e resurrezione («È stato l’errore più grande della
mia vita»), con qualche recentissima appendice oscura, come il rifiuto a sottoporsi a un alcol-test dopo essere stato fermato dai carabinieri per guida senza patente. Il 16 ottobre prossimo sarà invece
una giornata importante per Loris Stecca,
romagnolo, 54 anni. È il giorno fissato dal
tribunale di Rimini per
l’ammissione delle prove
nel processo che vede imputato l’ex campione mondiale dei pesi supergallo,
fratello maggiore di Maurizio, oro olimpico nel 1984.
Stecca senior è in carcere
dal 27 dicembre 2013: secondo l’accusa, cercò di uccidere a coltellate, per questioni economiche, la socia con cui divideva una palestra a Viserba. La vicenda di
Loris, uno dei talenti più puri della boxe
italiana degli anni Ottanta, si scosta però
da quel tipo di violenze che ha caratterizzato altre vite dannate di pugili. Semmai è
la conseguenza di un disagio esistenziale
esploso alla fine della carriera: va così
spiegata anche la clamorosa protesta che
Stecca mise in atto nel marzo 2008, quando salì su un ponte dell’autostrada A14
minacciando di buttarsi perché le autorità pugilistiche gli avevano impedito, per
ragioni di età, il ritorno sul ring.
Dagli spari a Ricci ai guai con la legge di Branco e Stecca
Gambizzato
Mirco Ricci, 24
anni, soprannome
«Predator»: è
campione italiano
dei pesi
mediomassimi
Silvio Branco
Si è ritirato lo scorso maggio a 47 anni da campione del mondo Silver Wbc dei pesi massimi
leggeri. È stato più volte campione del mondo
per varie sigle (Ibf, Wbu) ed è stato il primo italiano iridato nei medio massimi nella Wba nel
2003 (in basso colpisce Medhi Sahnoune, Ap Photo)
di CLAUDIO COLOMBO
V
ite violente, lame di coltello, spari.
Come quelli che hanno azzoppato,
venerdì notte, Mirco Ricci, pugile
romano con un soprannome minaccioso
(il predatore), 24 anni, appena sceso dal
ring dopo essersi confermato campione
italiano dei pesi mediomassimi. Lampi di
fuoco nella notte romana che doveva essere di festa e che invece, per poco, non precipita nella tragedia. Non c’è bisogno di
scavare troppo nella vita di Mirco per capire che si tratta di un altro pugile che
viaggia sempre al limite, spesso contromano, su strade pericolose. Già nel 2011,
mentre usciva dalla palestra dopo l’allenamento, qualcuno gli aveva sparato colpendolo al gluteo. Indaga la polizia, e il
pm ha già preso l’appuntamento per una
serie di domande che dovrebbero far luce
sulla vicenda. Il «predatore», dall’ospedale, fa sapere di essere felice per essere
scampato alla morte: «Volevano farmi
fuori. Era qualcuno pagato per fare un lavoro sporco». Sì, ma perché?
Di sicuro, questa è un’altra storia di violenze e dannazione che pone al centro del
ring un pugile italiano. Ricci non è il pri-
mo, forse non sarà l’ultimo. Vietato demonizzare un mondo e un ambiente globalmente virtuoso come quello del ring;
tuttavia c’è un filo rosso, duro come acciaio, che lega la noble art a vite vissute pericolosamente. Come se la boxe, sport che
insegna soprattutto lealtà e rispetto delle
regole, abdicasse in certi casi alla missione
storica che ne ha fatto per decenni una disciplina sociale. Per mille che si «salvano»
dalla povertà e dall’emarginazione, ci so-
Con le donne
Brancalion è finito di recente in
carcere per stalking, dopo un
patteggiamento per rapina e una
condanna per violenza su una ex
In attesa di processo
Loris Stecca, dopo una vita di
vittorie, è in prigione da dicembre,
in attesa di processo, per il
tentato omicidio della sua socia
no pugili che, emergendo da situazioni
ambientali difficili, non riescono ad uscire
da percorsi di violenza e soprusi.
L’elenco degli ultimi due decenni è lungo, doloroso, tormentato. Qualcuno ricorderà vicende incredibili come quella di
Romolo Casamonica, buon dilettante
(partecipò ai Giochi olimpici del 1984),
campione italiano dei pesi welter negli
anni Ottanta e Novanta, due volte sfidante
al titolo europeo. Dalla gloria del ring a
Regina Coeli: Romolo finisce pluri-arrestato (l’ultima volta nel 2012) per rapina,
estorsione e usura. È considerato uno degli esponenti di spicco di un vero e proprio clan familiare nomade, ma con radici
criminose ben piantate in tutto il Lazio.
In passato non sono sfuggiti all’arresto
e ad accuse pesanti anche i fratelli Branco,
Silvio e Gianluca, idoli della boxe romana:
nel 2002 finirono in manette con l’accusa
di associazione a delinquere finalizzata a
usura e estorsione nell’ambito dell’operazione denominata «Maiorca». Più che beniamini del pubblico di Civitavecchia, la
loro città, secondo gli inquirenti i Branco
erano diventati corpulenti esattori di una
banda che prestava denaro a tassi che variavano tra il 1.200 e il 1.500%. Il maggiore
Antonio Brancalion
Veneto di 38 anni (a fianco) è stato campione dell’Unione Europea nel 2007. In
carriera ha vinto 32 incontri, 7 pareggi e
2 sconfitte (nella foto in basso nello sfortunato incontro con Nathan Cleverly). È stato anche campione italiano nei supermedi
(2002) e nei mediomassimi (2005)
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Salute Nella futura classificazione diventerebbe prodotto «da inalazione», malgrado la presenza di tabacco. Fabbricata in Italia, arriverà nel 2015. Cade il divieto di spot
La nuova sigaretta elettronica che si fumerà nei luoghi pubblici
La bozza del decreto legislativo
dice sì all’uso in bar e ristoranti
Ma esperti e produttori sono divisi
ROMA — C’è il tabacco ma
sarà possibile fumarla al ristorante o al bar e anche farle
pubblicità. La sigaretta elettronica di nuova generazione deve ancora arrivare sul mercato
italiano, lo sbarco è previsto
per l’anno prossimo. Ma ancor
prima del debutto accende una
nuova guerra fra produttori di
sigarette classiche e produttori
di sigarette elettroniche, che a
colpi di lobby si contendono
un mercato in difficoltà.
La novità arriva dall’ultima
bozza del decreto legislativo
sulla tassazione dei tabacchi
allo studio del ministero dell’Economia, che potrebbe finire sul tavolo del prossimo
Consiglio dei ministri. Dice
l’articolo 1 che la sigaretta
elettrica di nuova generazione
deve essere considerata non
come un «prodotto da fumo»
ma come un «prodotto da ina-
lazione». Un salto di carreggiata che fa cadere tutti i divieti
previsti per i concorrenti. E qui
si impone un piccolo approfondimento tecnico. Per le
vecchie sigarette tradizionali
vale sia il divieto di fumo nei
locali pubblici sia quello di
pubblicità. Per le sigarette
elettroniche già in commercio,
che contengono nicotina ma
non tabacco, la situazione è
più complessa. Sulla pubblicità, dopo un periodo di divieto
assoluto, la linea è stata ammorbidita ma i paletti sono
tantissimi. Il divieto di fumo,
invece, vale solo per le scuole
mentre per i locali pubblici
siamo al fai da te: se un ristorante vuole vietarle può farlo
ma non c’è nessun obbligo.
Per le sigarette elettroniche
di nuova generazione, che a
differenza di quelle vecchie
hanno il tabacco, tutte queste
regole cadrebbero in un colpo
solo: libertà di fumo e libertà
di pubblicità. Perché? Secondo
il produttore si tratta di un dispositivo «a potenziale rischio
ridotto». Il tabacco non viene
bruciato ma solo riscaldato, la
carta non c’è e quindi non esiste combustione. Ma non tutti
la pensano così: «I prodotti da
fumo diventano da inalazione?
Come sarà
1
Tutto questo è ridicolo» dice
Riccardo Polosa, professore
ordinario di medicina interna
e direttore del centro di prevenzione e cura del tabagismo
all’Università di Catania. «Al
pari del fumo presente nella
combustione — aggiunge —
va ricordato che anche in seguito a fenomeni chimici non
combustibili si liberano fu-
mi». Chi ha ragione?
La sigaretta elettronica di
nuova generazione è la risposta dei produttori tradizionali
all’invasione degli «svapatori». A produrla sarà proprio la
Philip Morris international
che per la sua prima fabbrica
in Europa ha fatto una scelta
controcorrente: ha scartato la
Germania e puntato sulla pro-
Avrà due strutture:
1) un dispositivo con caricabatterie usb, con uno stick cavo
dentro al quale collocare la sigaretta
2) la sigaretta con filtro e tabacco che non brucerà
e quindi non dovrebbe essere nociva
Stick e
caricabatteria
2
Sigaretta
con tabacco
e filtro
Batteria
Fonte: Philip Morris, Forbes
2003
Inventata
in Cina
Il progetto
La nuova sigaretta sarà prodotta
in Italia a Valsamoggia,
in provincia di Bologna
Lo stabilimento pilota
sarà a Zola Predosa (Bo)
La nuova
sigaretta
Cronologia
della sigaretta
elettronica
vincia di Bologna, dove prevede di dare lavoro a 600 persone
con un investimento da mezzo
miliardo di euro. Un esempio
di quei famosi investimenti
esteri sempre invocati come
medicina per la nostra crisi industriale. Ha pesato anche
questo nella scelta di lasciare la
nuova sigaretta elettrica fuori
dai divieti per i prodotti da fu-
2007
Brevetto
internazionale
Fonte di calore
2009
Introduzione in Italia
delle prime versioni
2012-13
Boom della prima
e-cig
Un investimento da 500 milioni
di euro e 600 nuovi posti
di lavoro previsti
Produzione di 30 miliardi di pezzi
entro il 2016
2014
A ottobre i test
delle nuove versioni
2015
L’arrivo previsto
in Italia
CORRIERE DELLA SERA
mo? Chi ci va giù pesante è
Massimiliano Mancini, presidente di Confindustria Anafe,
l’associazione dei produttori
delle sigarette elettroniche
adesso in commercio. Dalla
novità messa in campo dai rivali, specie se saranno davvero
queste le regole, loro rischiano
di prendere una mazzata peggiore di quella arrivata con
l’aumento delle accise, che nel
2013 ha fatto scendere da 5 mila a 1.600 i punti vendita cancellando 4 mila posti di lavoro:
«Quello che preoccupa — dice
Mancini — è la totale assenza
di trasparenza che c’è dietro
certi procedimenti. Con un
ruolo pervasivo, che rifugge
ogni confronto reale, da parte
di burocrazie autoreferenziali». Guerra fra produttori, appunto. Nel dubbio meglio
smettere di fumare del tutto.
Ma lo Stato non sarebbe contento: ogni anno, dalle tasse
sul settore, incassa 14 miliardi
di euro.
Lorenzo Salvia
@lorenzosalvia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
20
italia: 51575551575557
Martedì 22 Luglio 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Martedì 22 Luglio 2014
Cronache 21
italia: 51575551575557
Una fotografa,
un’immagine
L’inchiesta
La lunga
giornata
di una madre
Una giovane donna italiana (ma
potrebbe essere di qualsiasi Paese
d’Europa) mangia assieme al suo
bambino. È la maternità secondo la
fotografa Malena Mazza. «Una
volta i bambini restavano a casa,
avevano spazi e tempi dedicati
perché si credeva che non
potessero capire quello che
succedeva nel mondo. Ora, invece,
condividono con le mamme la vita
di tutti i giorni. Stanno meglio, e
sono molto più svegli di quanto
fossimo noi», spiega l’autrice della
foto, tratta da un libro che ritraeva
la donna in vari momenti di vita.
Malena Mazza, bolognese, si
occupa di bellezza, moda e arte,
fotografando soprattutto donne.
Una mamma con bambino e
lavastoviglie è sulla copertina del
catalogo della sua personale,
Desperate housewives,
attualmente a Verona.
Dopodomani quattro sue foto
saranno su un cartellone di Time
Square, a New York. Foto di Malena
Mazza, da «Quotidiano al
femminile» (Peliti Associati, 2003)
I personaggi e le
questioni aperte
per leggere la
mappa del nuovo
potere femminile
in Italia. Il nostro
viaggio nel
presente
(e nel futuro)
continua con un
«rapporto» sul
tentativo di
salvare
l’occupazione
femminile
aiutando chi ha un
bambino piccolo
ma anche un
posto. E vuole
tenerselo
Nido flessibile e gestito dal non profit
Mamme al lavoro, le cose cambiano
Dopo il flop del 2013 i buoni-baby sitter saranno più «semplici» e più alti
di RITA QUERZE’
Mettere d’accordo famiglia e lavoro: chi ci
prova tutti i giorni sa quanto sia faticoso. Se
poi ci si mette di mezzo la crisi... Puf! l’anno
europeo della conciliazione scompare come
d’incanto. Doveva essere il 2014. Poi la Commissione Ue ha fatto marcia indietro. Il problema è che conciliare costa. Quando per
molti (troppi) il problema diventa avercelo il
posto di lavoro, la conciliazione rischia di diventare démodé.
E invece no. È proprio con la crisi che tenere insieme famiglia e lavoro diventa più
difficile. Perché quest’ultimo è più flessibile.
Spesso sconfina nelle serate e nei fine settimana. Servirebbero asili nido, per cominciare. Ma anche maggiori detrazioni per colf e
baby sitter. E così, forse, le coppie prenderebbero il coraggio a due mani e farebbero
qualche figlio in più (oggi il tasso di natalità
è fermo a 1,4 figli per donna).
Invece l’Italia resta in fondo alla classifica
europea per quanto riguarda la spesa per la
famiglia. «Le migliori posizioni delle donne
in politica o ai vertici delle aziende non devono ingannare — fa notare Loredana Taddei, responsabile politiche di genere della
Cgil —. E’ come se si fosse creato un doppio
binario. Da una parte quelle che hanno sfondato il soffitto di cristallo. Dall’altra la maggioranza delle donne, alle prese con un equilibrio famiglia-lavoro sempre più complesso».
Nonostante le tante difficoltà, però, qualcosa si muove. Il welfare che non ti aspetti è
quello che le aziende si inventano giorno dopo giorno insieme con i dipendenti. E poi c’è
il non profit che contribuisce ad arricchire il
ventaglio delle soluzioni. Infine la tecnologia crea nuove opportunità. Come la maggiore facilità a lavorare da casa quando utile.
Se il Fisco non aiuta
Per la prima volta in Italia è diminuito il
numero di collaboratrici domestiche. Lo ha
detto la settimana scorsa il Censis. Pessimo
segno per chi deve «conciliare». Il fisco, poi,
non aiuta. Le deduzioni sui contributi pagati
per colf, baby sitter e badanti premiano chi
guadagna di più. «Mettiamo che in un anno
siano stati spesi mille euro in contributi per
la colf. Se la famiglia ha un reddito basso a
cui viene applicata un’aliquota del 23% allora
risparmia 230 euro. I redditi più alti, con aliquote del 43%, risparmiano 430 euro», spiega Vincenzo Vita, responsabile dei Caf Cisl
della Lombardia.
Da notare: in Italia il tasso di occupazione
femminile è così basso (46,3% a maggio)
perché a non lavorare sono proprio le donne
con redditi base. E allora sorge un dubbio: le
deduzioni per colf e baby sitter non andrebbero forse aumentate proprio a vantaggio di
questa fascia di popolazione?
I numeri
In basso
In Italia il tasso di
occupazione femminile
continua ad essere
basso. L’ultimo rilevato
è di maggio: hanno un
lavoro il 46,3 per cento
delle donne. Basso
anche il tasso di
natalità, fermo a 1,4
figli per donna
Il governo
Fu l’allora ministro del
Lavoro Elsa Fornero a
introdurre, nel 2013,
i «voucher» che
avrebbero dovuto
incentivare le mamme
a rinunciare ai sei mesi
di maternità
facoltativa (pagati al
30% dello stipendio)
in cambio di 300 euro
al mese da spendere
per baby sitter o asilo
Insuccesso
A fronte di uno
stanziamento di 20
milioni di euro, sono
arrivate solo 3.762
domande, per
soddisfare le quali è
stato speso «solo» il
37% della copertura
Nuovi obiettivi
La crisi ha avuto effetti
negativi anche sulla
nascita e soprattutto
sul mantenimento
degli asili nido
aziendali. Di qui l’idea
di rivolgersi al terzo
settore (nella foto il
portavoce del Forum del
terzo settore Pietro
Barbieri)
Il voucher, questo sconosciuto
A proposito di nidi e aiuti domestici, è
esemplare la vicenda dei voucher fantasma. Introdotti dal ministro del Lavoro Elsa Fornero, avrebbero dovuto incentivare
le mamme a rinunciare ai sei mesi di maternità facoltativa (pagati al 30% dello stipendio, a meno di integrazioni della singola azienda). In cambio di 300 euro al
mese da spendere per la baby sitter o l’asilo (in tutto 1.800 euro). La misura era finanziata con 20 milioni di euro per il
2013, abbastanza per soddisfare 11 mila
richieste. Poche, si dirà. Mica tanto: alla fine sono arrivate solo 3.762 domande, con
il risultato che è stato speso solo il 37% dei
fondi.
Com’è possibile? Semplice: di questi
voucher non sapeva niente nessuno. La
domanda all’Inps si poteva fare solo online e in un periodo di tempo circoscritto a
poche settimane nel mese di luglio dell’anno scorso. Il punto è che su questa misura sono stanziati altri 20 milioni per
quest’anno e altrettanti per il 2015. Il governo ora è deciso a mutare le regole.
Le novità (per chi volesse preparasi a
fare domanda) saranno queste. Primo:
una volta uscito il bando, che dovrebbe
arrivare a giorni, la domanda potrà essere
presentata entro il 31 dicembre 2014,
quindi niente click day estivo. Secondo: il
contributo passa da 300 a 600 euro mensili. Terzo: potranno approfittarne anche le
lavoratrici del pubblico impiego, prima
escluse.
«Stiamo lavorando perché la misura sia
operativa nel più breve tempo possibile —
assicura Teresa Bellanova, sottosegretario
al Lavoro con delega a pari opportunità e
conciliazione —. L’obiettivo è recuperare i
fondi inutilizzati e reinvestirli per la stessa
misura. È urgente mettere in campo tutti
Il nuovo bando
A giorni uscirà il bando per
poter usufruire delle detrazioni:
la domanda potrà essere
presentata fino al 31 dicembre
gli strumenti che abbiamo a disposizione,
da estendere gradualmente con un uso intelligente delle risorse. Promuoveremo
inoltre una campagna di informazione».
Il nido che c’è (ma costa troppo)
In attesa di verificare come andrà a finire, non resta che spostare lo sguardo da
colf e baby sitter all’altro pilastro della conciliazione: gli asili nido. La copertura delle
materne è buona e a costi accessibili. Ma il
Nuove formule
Mettersi d’accordo sui tempi
L’azienda prova il modello «agile»
L’arma sempre meno segreta della conciliazione? È il welfare aziendale. Solo
in Lombardia la Cisl ha contato nel 2013 oltre 60 intese aziendali che hanno
l’obiettivo di mettere d’accordo famiglia e lavoro. Secondo un’indagine del
laboratorio di ricerca Secondo Welfare, il 95% delle imprese è interessato a
mettere in atto politiche di conciliazione. Perché? «Il dipendente che lavora
bene è anche più produttivo. E non si sprecano risorse preziose», valuta Cetti
Galante, che come amministratore delegato di Intoo (Gi Group) propone alle
aziende pacchetti di misure per incentivare i dipendenti a non mollare davanti
alla sfida del doppio impegno tra casa e ufficio. «Il welfare aziendale è uno
strumento che va oltre la pura retribuzione e l’incentivo economico. Non solo
soldi ma servizi. Questo migliora la cultura organizzativa e rende l’ambiente
di lavoro più sostenibile», aggiunge Anna Zattoni, direttore generale di Valore
D. Per quanto riguarda i contenuti degli accordi, la nuova frontiera è il lavoro
agile, cioè la possibilità di scegliere in autonomia se lavorare da casa o
dall’ufficio. Le aziende che stanno scegliendo questa strada sono sempre di
più: Vodafone, Abb, Sanofi, Osram per fare solo qualche esempio. Ma c’è
anche un altro aspetto della questione. Oltre il 90% delle imprese italiane ha
meno di 15 dipendenti. Quindi, in prospettiva, la vera sfida sarà la messa in
rete delle piccole imprese dei vari territori. Per metterle in condizione di
proporre ai dipendenti veri e propri pacchetti di servizi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
nido resta un problema. Sul fronte dell’offerta dei posti qualcosa è migliorato. Secondo l’ultimo monitoraggio condotto
dall’Istituto degli innocenti di Firenze, dal
2007 al 2012 sono stati stanziati 616 milioni per potenziare l’offerta dei nidi. Di questi
551 milioni sono già stati spesi (il 90%). Il
risultato si vede perché i posti nei nidi sono passati da 210.500 di fine 2008 ai 260
mila di oggi. In modo corrispondente, il
tasso di copertura è passato dal 12,5 al
17,8%. Certo, siamo ancora distanti dai 33
nidi ogni cento bambini di 0-3 anni che ci
chiede l’Europa. Ma un passo avanti è stato
fatto.
D’altra parte, però, come spiega Aldo
Fortunati dell’istituto degli Innocenti «si
registrano segnali di crisi di tenuta del sistema per l’effetto che la crisi produce sia
sulla capacità dei comuni di coprire i costi
di gestione che su quella delle famiglie di
versare le rette».
In poche parole: il nido costa (fino a 700
euro al mese nel privato al Nord) e le famiglie non ce la fanno. «Di certo non può essere una via d’uscita il nido aziendale —
smorza gli entusiasmi Sabina Guancia,
presidente dell’Associazione per la famiglia di Milano —. Negli anni 90 e nei primi
anni 2000 ci avevamo creduto. Poi gli incentivi pubblici sono venuti a mancare. E
anche il modello in sé ha mostrato i suoi limiti — continua Guancia —. Oggi nemmeno in banca si lavora più dalle 9 alle 5.
Inoltre i tempi dei bambini non sono quelli
sempre più flessibili del lavoro. Senza contare i costi e la burocrazia che le aziende
non si possono più permettere».
Mentre un modello tramonta, uno nuovo si intravede all’orizzonte. È quello del
nido non profit. Una recentissima indagine
condotta dall’Istituto degli innocenti ha
messo a confronto un campione di nidi
pubblici con uno di nidi promossi dalla
fondazione Aiutare i bambini. Il risultato è
che la qualità, in questi ultimi, non lascia a
desiderare, anzi. Per di più esiste una flessibilità oraria maggiore. E le rette sono più
basse: 441 euro in media nei nidi non profit
contro i 488 di quelli pubblici.
Il terzo settore, però, non vuole essere
preso per la fatina che (gratis) risolve tutti i
problemi. Non c’è dubbio, dalle cooperative sociali alle associazioni il nostro settore
può mettere in campo un effetto volano
sulla raccolta fondi e un certo contenimento dei costi — fa presente Pietro Barbieri,
portavoce del Forum del terzo settore —.
Non dimentichiamo che il contratto nazionale della cooperazione sociale è già tra i
meno convenienti. Il lavoro sociale va riconosciuto. Non vogliamo diventare la stampella di nessuno».
rquerzè@corriere.it
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22 Cronache
Sussidiario
di LUCA MASTRANTONIO
Scie nei cieli:
«gombloddo»
della chimica
Martedì 22 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
L
unghe o corte, tratteggiate, continue, a
forma di fusillo o di filamento, larghe
ma pure strette, molto persistenti, poco
persistenti, fibrose, pettinate, turbolente o
ben definite, a cancelletto (#) o a ics (x)...
cosa sono? Scie chimiche: condensazioni
provocate dal passaggio degli aerei con
sostanze pericolose. Sono la quintessenza
del complottismo pazzesco, perché si
fatica a credere che qualcuno ci creda, ma
è così (Pd ed M5S si rinfacciano l’avallo di
questa bufala americana degli Anni 90).
Certo: l’uomo cerca e trova regie occulte
dietro grandi eventi storici da sempre, e la
Storia è fatta anche di complotti riusciti, di
cui non siamo a conoscenza; ma oggi il
complottismo è cosmico, con la fine delle
ideologie, la predominanza informativa
del web e l’apoteosi dello storytelling, cioè
l’arte di raccontare (complotto deriva dal
francese complot, che indica qualcosa o
qualcuno di avvolto assieme, coinvolto,
radunato, e in inglese è plot, che vuol dire
sia complotto che trama). Sono troppo
no conduttore del Processo che ha portato
in tv l’opinionismo fanatico e dilettantistico, emotivo e dietrologico, da Bar Sport.
Difficile distinguere un paranoico da chi lo
prende in giro. Come quando il 2 giugno
in cielo volavano le Frecce Tricolori (foto)
e qualcuno su Twitter scriveva (in maiuscolo, la verità si grida, o sgrida): «LE SCIE
KIMIKE!!!». Parodia o epifania?
criticalmastra.corriere.it
@criticalmastra
labili i confini tra verità e finzione, tra
pedagogia e intrattenimento, tra Piero
Angela (Quark) e Roberto Giacobbo (Voyager), tra il sito sciechimiche.org e l’ironico gruppo di studio «Protesi di un complotto»... Nell’era del vero-perché-strano
in cui viviamo, il complotto oltre che pericoloso combustibile di negazionismi e
dietrologie (l’Undici Settembre opera degli
ebrei) è un diffuso gas esilarante: è «gombloddo», pronunciato e scritto con le consonanti sonore di Aldo Biscardi, il molisa-
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Dino Zoff
Il mio eroe segreto
D
i recente l’ho visto alla guida di
un’Opel Corsa, ma nel quartiere
dicono che ha sempre girato con
macchine del genere. È rimasto
quello di un tempo, alto, capelli folti, l’ossatura grossa del friulano, solo un po’ meno imponente. Ovvio che la gente lo riconosce, però nessuno lo importuna. Una
volta ho sentito un uomo che diceva a suo
figlio, quasi con rimprovero: tu non sai chi
è quello, dopo ti faccio vedere su YouTube.
Ma è stato un caso. È come se le persone
intuissero che preferisce essere lasciato in
pace, eppure non c’è niente di respingente
nei suoi modi. Gli viene semplicemente
accordata un’implicita richiesta di normalità. Un eroe stellare che esce dal bar col
sacchetto della spesa. Un eroe stellare che
aspetta seduto in macchina la moglie impegnata dal parrucchiere. Un eroe stellare
che cambia le spazzole dei tergicristalli. La
Collina Fleming vanta veline, tronisti, calciatori di seconda fascia, giornalisti televisivi, attori di fiction (più qualche illustre
sceneggiatore): non mancano certo le occasioni in cui, incrociando uno per strada,
vedi che ti guarda in attesa di essere fermato, fotografato, o come minimo blandito da un sorriso ossequioso. Lui si muove
con la compostezza indifferente di chi non
ha neanche bisogno di chiederti di essere
ignorato. Recita così bene la parte del si-
L’autore
Mauro Covacich, nato a
Trieste nel 1965, vive a
Roma: è autore di
romanzi, saggi, testi per la
radio e progetti culturali
gnor nessuno che può essere solo assecondato. Un eroe stellare alla riunione di
condominio. Un eroe stellare che compra
un ombrello dall’ambulante.
Beninteso, non c’è niente di strano in
questo comportamento, un’amica mi ha
raccontato di essersi trovata una volta in
coda alla cassa di una libreria insieme a
Paul McCartney senza che nessuno battesse ciglio. Ma era a Londra, non a Roma. Lui
è/fa Paul McCartney a Roma. Non avrei
mai potuto pensare di diventare suo vicino di casa. Secondo la rivista World Soccer, è al quarantasettesimo posto nella
classifica dei migliori calciatori del XX secolo. Inserito da Pelè nei Fifa 100. Per la
Uefa uno dei cinquantadue Golden Players
degli ultimi cinquant’anni. E lui sceglie i
pomodori al mercato.
La sua lezione in realtà mi arriva da
molto lontano. Barcellona, 5 luglio 1982,
l’Italia batte il Brasile 3-2. Pochi giorni dopo vinceremo il mondiale, ma sarà la partita coi verdeoro, credo quasi per tutti, la
soddisfazione più grande. Ricordo di essere uscito dalla casa di amici dove avevamo
urlato per un’ora e mezza ogni genere di
cosa e di essermi trovato in mezzo a una
città sfigurata dall’ebbrezza: sto parlando
di Trieste, non proprio un posto dionisiaco (chissà cosa stava succedendo a Napoli,
per dire, o qui a Roma?). Nel caos dei cortei strombazzanti, un ragazzo in Vespa ha
investito una vecchia. Io e i miei amici ci
siamo fermati un attimo insieme alle persone che aspettavano l’ambulanza, tutti
ancora scalmanati con le trombette e i tricolori in mano. La vecchia aveva un osso
che spuntava dal polpaccio, mugolava sull’asfalto, circondata, quasi soffocata dai
curiosi. L’ambulanza se l’è portata via in
fretta e dopo qualche minuto di smarrimento la gente, noi tutti, ci siamo rimessi
a sventolare maglie e bandiere. Ricordo
IL MITO IN UTILITARIA
CHE PARÒ IL MONDO
ILLUSTRAZIONE DI ALBERTO RUGGIERI
di MAURO COVACICH
un’estate italiana
Per strada un papà dice al figlio: «Non sai chi è? Poi vediamo YouTube». Lui ha
una piccola auto, fa la spesa, va al bar: nel 1982 dopo il Brasile festeggiò con un libro
benissimo una specie di sentimento inerziale, qualcosa che mi costringeva a continuare la serata in giro per i locali (e poi a
ubriacarmi) invece di tornarmene a casa
assecondando quella sensazione di freddo
dentro lo stomaco. Sono convinto che la
sentissero anche i miei amici e tutti quelli
che hanno assistito all’incidente. La vecchia, il suo osso, il suo timido pianto. Eppure nessuno ha avuto la forza di fermarsi.
O per lo meno non io, che ho continuato
controvoglia a far baldoria insieme al mio
gruppo.
E qui entra in scena lui, in una famosa
intervista, dove racconta il dopopartita,
quel dopopartita. Era il capitano, aveva
parato quel colpo di testa impossibile di
Oscar sul finale. I compagni volevano trascinarlo in discoteca a festeggiare, in beffa
ai giornali spagnoli nei quali la più rosea
delle previsioni parlava dell’Italia come
vittima sacrificale del Brasile. E lui? Be’, lui
e il suo compagno di stanza Scirea ringraziano, ma preferiscono separarsi dall’allegra comitiva. Cenano e si ritirano. Farsi
vedere in giro così felici lascerebbe crede-
La cucina dei romanzi
Normalità
❜❜
È come se la
gente intuisse
che preferisce
essere
lasciato
in pace
re agli osservatori che anche a loro due pareva impossibile sconfiggere il Brasile.
Tutta questa gioia scomposta tradisce incredulità, mentre loro non si sono mai
sentiti inferiori agli avversari e l’ultima cosa che vogliono è che la stampa gli attribuisca un simile sentimento. E come avete
festeggiato?, chiede il giornalista, stupefatto. Abbiamo parlato un po’, poi ci siamo
messi a leggere un libro. Ecco un eroe stellare che legge un libro. Si chiama Dino
Zoff.
A passo leggero
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di CRISTINA GABETTI
di PAOLO DI STEFANO
Minestra con pastina
da Buzzi ai pensionati
«L
o scrittore che non parla mai di mangiare,
di appetito, di fame, di cibo, di cuochi, di
pranzi mi ispira diffidenza». Parola di Aldo Buzzi, autore
di un libro di cucina molto sui generis, «L’uovo alla kok»,
dove si trovano preziose istruzioni pratiche non soltanto
sugli ingredienti delle poppe di scrofa al forno ma anche
sul modo migliore di fare scarpetta. Ecco, per esempio,
la ricetta della pastina in brodo della pensione: «Portare
a ebollizione il brodo (lungo ma grasso) in una pentola
di alluminio non perfettamente pulita. Gettare la pastina
(stelline). Chiamare una amica al telefono e stare
al telefono il doppio del tempo necessario alla normale
cottura della pastina. Spegnere il gas e quando
la minestra è quasi fredda portarla in tavola e servirla nelle
fondine gelate augurando buon appetito. “Grazie altrettanto”».
Aldo Buzzi, L’uovo alla kok, Adelphi
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La voce gentile dal call center
e il dilemma se riattaccare
L
a lunga scia di telefonate messaggi mail e notifiche mi aspetta al
varco. È sabato mattina. Non ho voglia di smaltire gli arretrati ma
non posso rimandare. Inizio con le chiamate non risposte dando precedenza al numero sconosciuto in rosso seguito da un 5. Chi sarà mai
la persona così perseverante? Driiin. «È la signora Cristina Gabetti...?».
Accento straniero. Penso subito: call center. «Senti cosa ti offre», suggerisce la mia mente empatica, così rispondo: sì. Una donna, con tono
cordiale, propone una nuova Sim per tablet a metà prezzo rispetto a
quanto spendo ora. La voce va e viene. In casa il cellulare prende male,
ma ho capito il senso. Mio marito coglie che mi stanno vendendo
qualche cosa, e al mio secondo: «scusi?» suggerisce: «metti giù»!
Ascolto la voce briosa e immagino la donna in una stanza umida e
triste di un anonimo luogo remoto a Nordest. So che il suo obiettivo di
vendita è più vicino se accetto la sua proposta. Si svegliano i ragazzi,
ho voglia di stare con loro ma non ho il cuore di dire «mi richiami» e
non posso spostarmi o cadrà la linea. Mi sento intrappolata. «Allora,
signora Cristina, accetta»? Mio marito fa ancora segno di interrompere la conversazione… (Continua)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Martedì 22 Luglio 2014
Un’estate fa
di MARIA LUISA AGNESE
Tronisti e veline
Falene attratte
dal Billionaire
Cronache 23
italia: 51575551575557
S
embra ieri ed è un’estate — o
poco più — fa. Gli anni del Billionaire, della stagione sarda animata da Flavio Briatore e dai suoi
seguaci, vivacizzata, si fa per dire,
da Lele Mora che portava la sua
corte di tronisti, veline e starlette a
godersi un quarto d’ora di celebrità: ballavano una sola estate attirati come falene dalla luce farlocca
della sua villa sulla collina di Cala
Granu dove, distrattamente sdra-
In Sardegna
Flavio Briatore, la moglie
Elisabetta
Gregoraci
ed Emilio Fede
iato come un marajà su un divano
a tre piazze, si faceva anche massaggiare i piedi dal favorito di turno. A due passi da lì il Berlusca
accoglieva a Villa Certosa con la
sua bandana nascondi-trapianto
un Tony Blair sbigottito,
si divertiva a fare il piacione con
Putin e gli altri ospiti internazionali, frastornandoli con le eruzioni
pirotecniche di un finto vulcano
che una sera terrorizzò anche i
poveri vacanzieri che chiamarono
i pompieri. Solo uno dei tanti flash
che hanno illuminato le nostre
estati con il Cavaliere fanfarone e
ganassa che d’estate dava
il meglio di sé. E alimentava una
fenomenologia del divertimento
spaccone che è roba da soffitta,
ormai. Una stagione che non sembrava finire mai è passata in un
baleno.
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Le relazioni
pericolose
Preferirei di no
di MARIA LAURA RODOTÀ
La patrimoniale
delle multe
mancate
in autostrada
I contrasti e i tentativi (inutili)
di riappacificazione fra i De Filippo
ILLUSTRAZIONE DI STEFANIA CAVATORTA
di PAOLO DI STEFANO
«A
nni di veleno amarissimo». Così
Eduardo De Filippo, il 7 luglio
1942, parlava del suo rapporto
con Peppino rispondendo al tentativo di riconciliazione del fratello dopo i soliti
dissapori. Siamo, appunto, nel 1942. La rottura definitiva sarebbe arrivata dopo. Ma intanto sono da
tempo due galli in un pollaio: Eduardo accusa il
fratello di rovinare i suoi «proponimenti artistici»;
Peppino gli chiede di tornare a «studiare e lavorare» insieme «come ai nostri vecchi tempi», facendo appello anche alla sofferenza della madre. Ma la
replica è feroce: un semplice colpo di spugna non
può cancellare «l’offesa e il risentimento», né le
«torture morali» inflittegli «sistematicamente,
minuto per minuto». Eduardo è inflessibile, chiede un «chiarimento esauriente, onesto, sincero»,
perché «l’amore fraterno è un sentimento da asilo
infantile»: «Se tu mi vuoi bene come ai primi tempi della nostra miseria, vuol dire che nulla puoi
rimproverarmi… mentre io, e questo è il mio più
grande dolore, non ti voglio bene come allora: ti
temo». Le cose si aggiusteranno, provvisoriamente.
Del resto, i contrasti e le ripicche venivano da
lontano. Già da bambini i due De Filippo avevano
imparato a recitare insieme: tutte le sere la madre
usciva per raggiungere a teatro Eduardo Scarpetta
e i fratelli ne approfittavano per improvvisare uno
spettacolino, incaricando donna Filumena, la portiera del palazzo, di tirare su il sipario (la tapparella). A quel punto l’anziana coppia dirimpettaia,
marito e moglie tedeschi, in cambio di una scatola
di cioccolatini otteneva di poter assistere alla messa in scena. Siamo alla preistoria di una delle collaborazioni artistiche più acclamate. Verranno negli
anni Venti i primi tentativi professionali, con alti e
bassi (più bassi che alti), separazioni e ritorni all’ovile, cui si aggiunge la giovanissima Titina: prima la scaramantica Rivista che non piacerà di Michele Galdieri nel ’27, poi la ditta «Ribalta Gaia»,
Eduardo direttore artistico, Peppino direttore amministrativo. Dal ’31 l’impresa più duratura, la
Compagnia del Teatro Umoristico: alla fine dell’anno, «Natale in casa Cupiello» sarà un trionfo
anche per la critica. Il nome dei De Filippo passa di
bocca in bocca, Eduardo e Peppino si dividono
banconote da mille.
Potrebbero continuare così ben oltre il novem-
Quando Eduardo disse al fratello:
non ti voglio bene Peppino, ti temo
La storia
Un rapporto tormentato
I fratelli Eduardo e Peppino De Filippo
hanno avuto un rapporto sempre pieno
di contrasti e ripicche. Già da bambini
avevano imparato a recitare assieme
La rottura nel 1944
In quell’anno l’equilibrio precario tra i due
si spezza per sempre. Eduardo vuole
rivoluzionare il teatro mentre Peppino
vuole puntare sul suo talento comico
La morte del fratello minore
Peppino morì nel 1980. Si narra che
Eduardo fosse andato a trovarlo in agonia.
Ma quando ebbe la notizia interruppe il
suo spettacolo solo per qualche giorno
bre 1944, quando l’equilibrio precario si spezza
per sempre. Eduardo vuole comandare e Peppino
preferisce sganciarsi: Eduardo vuole rivoluzionare
con rigore la tradizione teatrale e pretende che il
fratello sia funzionale al suo progetto, mentre Peppino vuole volare liberamente sulle ali del suo talento comico, che incontra sempre più l’entusiasmo popolare. Sulla scena, guardandosi a vista, incarnano personaggi e ruoli opposti, un po’ complementari un po’ incompatibili. Nel recensire uno
spettacolo, Corrado Alvaro intravede, nel difficile
equilibrio di tragico e comico, «la tirannia di
Eduardo su Peppino timido e impacciato». Paola
Quarenghi, nella cronologia del Meridiano di
Eduardo, segnala contrasti già nel ’36, quando cominciano a circolare voci di una separazione. La
loro collaborazione manda in delirio il pubblico,
piace a tutti tranne che agli interessati. Poco dopo
la morte della madre Luisa, il 21 giugno 1943, i De
Filippo vengono ingaggiati al cinemateatro Filangeri di Napoli, lo stesso che aveva salutato il loro
esordio. Poi passano al Reale e al Diana, dove avviene il litigio che tronca il loro sodalizio. La ragione contingente era la certezza da parte di Eduardo
che il fratello avesse in corso trattative con il grande impresario Remigio Paone per uno spettacolo
di rivista. Il 10 dicembre 1944 si scioglie la compa-
gnia. Dalla stessa intervista del 1972 in cui Peppino svelerà ai quattro venti la paternità illegittima
di Scarpetta, si viene a conoscere il suo stato d’animo: «I De Filippo fino a quando siamo stati riuniti
non esistevano, c’era Eduardo e basta. Era lui il capo, lui il mattatore, lui il genio della famiglia».
L’impressione è che alla lunga ciascuno vivesse
l’altro come una camicia di forza. Trent’anni dopo
Peppino tornerà a chiedere «perdono»: «La solitudine mi sta consumando poco per volta (…). Vorrei tanto che io e te dimenticassimo i vecchi rancori». Eduardo risponde all’«appello quasi disperato» evocando le diverse idee sul teatro, e passando
poi alla rasoiata: «Io non ti voglio male; ti consiglio
però di astenerti dall’attaccarmi pubblicamente
(…); perché sebbene tali attacchi a me non facciano né caldo né freddo, mi danno il dolore del discapito che ne viene a te».
Peppino morì il 26 gennaio 1980. Qualcuno ha
raccontato che Eduardo fosse andato a trovare il
fratello in agonia con un finale strappalacrime: in
realtà quando ebbe la notizia, si limitò a interrompere per qualche giorno lo spettacolo al teatro Duse di Bologna. Qualche mese dopo dichiarò: «Peppino da vivo non mi mancava… mi manca molto
adesso».
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Diario dalle vacanze
«AD ANAFI LEGGO TRAGEDIE GRECHE
IN SPIAGGIA FANNO NUDISMO, IO NO»
Chi è
di GIORGIO MONTEFOSCHI
C
aro Mario, Anafi è davvero un’isola stupenda.
La chora, come ti ho scritto nella precedente
lettera, bianca, arroccata sulla montagna, è
divertente perché non è troppo mondana e nello
stesso tempo ha la gente «giusta» (greci, italiani,
francesi) se uno volesse fare due chiacchiere. Il
mare è spettacoloso. Le spiagge, protette dal meltemi, a cominciare da quella vicina al porto, si allineano alla sinistra del porto fino ad arrivare alla punta dell’isola che è la sua vera meraviglia: una pietra
dolomia di trecento metri con in cima, in bilico, un
piccolo monastero. Immaginati una delle Tre Cime
di Lavaredo che esce da un’acqua blu, verde, cristallo. Ai suoi piedi c’è appunto l’ultima spiaggia (alla
quale ti porta l’autobus che fa regolare servizio) che
si chiama Monastiraki. Lì, comunque, non ci va
mai quasi nessuno. Vanno alcuni in un’altra spiaggetta piccola che si chiama Klissidi e, la stragrande
maggioranza, a Roukounas. È una spiaggia lunga,
bordata di tamerici preziose per l’ombra, con una
taverna alle spalle preziosa per rifocillarsi. Ci sono
molti «capelloni» a Roukounas. Quasi tutti hanno
le tende. La loro giornata la trascorrono quasi interamente sotto gli alberi, suonando chitarre o battendo su piccoli tamburi; arrotolandosi canne;
andando e venendo dalla taverna per bibite rinfrescanti, in particolare birre. Nel tardo pomeriggio,
quando il sole comincia a essere meno forte, qualcuno fa il bagno. Si distaccano dalle tamerici, fanno
i pochi passi che li dividono dal mare e si tuffano. I
ragazzi sono quasi tutti nudi. Le ragazze arrivano
con un pareo che lasciano scivolare sulla sabbia e
sono nude pure loro. Poi sguazzano; fanno dei giochi: tipo le ragazze che montano sulle spalle dei
ragazzi o i ragazzi che passano sott’acqua in mezzo
alle gambe delle ragazze; escono e, rimanendo nudi
a quel punto, curano l’abbronzatura: supini o a
pancia sotto. Sono molto felici. Io mi sono trovato
un posticino sotto una tamerice davvero comodissimo e seguo più o meno il loro ritmo, facendo
Narratore
Giorgio
Montefoschi,
scrittore e critico,
è nato a Roma nel
1946. Le prime
due puntate di
questo epistolario
immaginario per il
Corriere della Sera
sono uscite il 20
luglio e ieri
anche al tramonto belle passeggiate su e giù per la
spiaggia. Devo dire che ci sono tante belle ragazze.
Ma sai, quando sei in una natura incontaminata
come questa, la nudità è quasi normale. Io, comunque, il costume non me lo tolgo. Vengono così le
sei. Prendo il bus (ho provato a fare un ritorno a
piedi alternando passo veloce e corsa, ma non ce
l’ho fatta); mi faccio una doccia e, in terrazza, provo
a leggere in attesa della cena. Ho portato il mio
Classico Sansoni con tutto il Teatro Greco, l’unico
romanzo scritto da Noel Coward intitolato «Il viaggio della regina» e il libro di Massimo Cacciari sull’Anticristo. Sono incerto se attaccare con l’«Alcesti» ( una tragedia che mi commuove sempre: sai la
moglie che si sacrifica e muore al posto del marito)
o con l’«Orestea», con quel prologo da brivido della
scolta che aspetta le luci che annunciano la caduta
di Troia. Vedremo. La stanza vicino alla mia è ancora vuota. Poco fa mi ha telefonato Costanza da Parigi: dice che Julien piange tutta la notte, Laura è
sfinita e anche lei comincia a dare i numeri. Stiamo
bene! Stasera andrò a cena in quella che sembra
essere la taverna più «in»: Armenaki. La proprietaria oggi era a Roukounas: alta, capelli neri lunghi,
abbronzatura perfetta. Una amazzone.
Ciao.
Lucio
(3 — continua)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
R
iflessione post weekend,
post andata e ritorno in
autostrada. In una di quelle
autostrade dove padri di famiglia, bravi bamboccioni, ragazze altrimenti coscienziose
guidano come se fossero i
nipoti scavezzacollo e strafatti
di qualche boss da Narcostato.
Sicuri, anche dopo lo sterminio degli occupanti dell’utilitaria troppo lenta davanti, di
qualche genere di immunità.
Si preferirebbe di no. Si vorrebbe non notare qualcosa che
si era smesso di notare: la totale assenza di pattuglie autostradali. L’assenza impedisce
agli imbecilli legalitari di superare a 130, se non vai oltre il
limite di velocità devi rimanere a destra dietro i telonati.
L’assenza rende pratica naturale e virile accorciare la distanza di sicurezza a 20 centimetri dal parafango di chi ti
precede, tanto chi non muore
si rivede, magari all’autogrill.
L’assenza — questo dovrebbe
far riflettere, dati i tempi e
l’assenza di coperture — costa
a tutti noi miliardi di euro.
Colleghi più esperti di me sul
tema della viabilità confermano: i controlli annuali in Germania sono tra i 6 e i 7 milioni.
Da noi non si arriva a 1 milione. Quei 5-6 milioni di controlli in meno sono (sapendo
come guidano molti italiani)
almeno 3 milioni in meno di
multe. In un weekend di luglio-agosto ci si potrebbe fare
l’equivalente di una patrimoniale, con quelle multe. O quasi. A volte — spesso — gli stranieri sono perplessi. Uno mi
ha citato Bruce Springsteen. E
la sua Darlington County, su
due ragazzi che nel weekend
del 4 luglio vanno verso sud.
Già alla seconda strofa si stupiscono: «eight hundred miles
without seeing a cop», 800
miglia senza incontrare un
poliziotto. Tra New York e
New Jersey li avrebbero fermati mille volte. Insomma, l’Italia
estiva pare una grande Dixie
Highway (di prima: ora anche
lì ti controllano, e costa caro).
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’axforisma di J-Ax
Sapete che alcune popolazioni
nomadi credono che le fotografie
«rubino» una parte della tua
anima? Sto cominciando a credere
che sia tutto vero, ma solo quando
ti fai scattare una foto insieme
a un promoter di una discoteca
24
Martedì 22 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Economia
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Authority L’Antitrust avvia un’istruttoria sulla vendita dei servizi «premium» di Tim, Wind, Vodafone e H3G
La lente
«Polizze e telefonini, clienti ingannati»
AL GIUDICE USA
LA CONTESA
TRA HEDGE FUND
E L’ARGENTINA
Ivass: 15 milioni di assicurazioni occulte abbinate a conti correnti e viaggi
P
enultimo Tango (bond)
a Buenos Aires, visto
che difficilmente l’udienza
di oggi davanti al giudice
newyorkese Thomas Griesa
scriverà la parola fine alla
guerra tra il governo di
Cristina Kirchner (foto) e
gli hedge fund americani.
La posta in gioco è il nuovo
default da scongiurare che
costerebbe a un paese già
in recessione la somma
teorica di 120 miliardi di
dollari. Griesa è il giudice
che ha imposto di
rimborsare i fondi
«Sei assicurato e forse non lo
sai». Non poteva essere più azzeccato il titolo dato dall’Ivass
all’indagine condotta sulle polizze «occulte». In pratica, coperture assicurative propinate
ai consumatori a loro insaputa,
nascoste in contratti di fornitura di luce e gas e pacchetti viaggio oppure abbinate a offerte
commerciali, che spesso sono
presentate come un benefit,
come il rimborso delle spese
mediche e di perdita di bagaglio nei viaggi o quelle che le
banche offrono automaticamente ai nuovi correntisti. Un
fenomeno che interessa 15 milioni di persone, con oltre
1.600 tipologie di «pacchetti»
offerti, su cui l’Istituto per la
Vigilanza sulle Assicurazioni
vuole vedere chiaro. «In molti
casi — scrive l’Autorità presieduta da Salvatore Rossi, direttore generale della Banca d’Italia — viene dichiarata la gratuità della copertura assicurativa, aspetto che dovrà essere
approfondito per accertare che
i relativi costi non siano ribaltati sui consumatori dai forni-
speculativi che non
avevano aderito agli
scambi dei Tango bond con
titoli “scontati” del 2005 e
2010. Il conto è 1,6 miliardi
di dollari e andrebbe
saldato contestualmente
agli interessi sui titoli di
chi invece accettò gli swap.
Buenos Aires ha versato la
somma dovuta a questi
ultimi (539 milioni) al
trustee Bank of New York
Mellon ma il giudice ha
bloccato il pagamento, il
cui periodo di grazia scade
il 30 luglio. Oggi Griesa
dovrà decidere se
consentire il saldo interessi
o rigettare la richiesta in
attesa che vengano
soddisfatti gli hedge fund.
Le polizze «occulte»
IN ASSICURAZIONE CON:
D’ARCO
NUMERO DI ASSICURATI
9.176.000
Istituti bancari
2.338.000
Tour Operators e Agenzie di viaggio
1.800.000
Federazioni/Ass.ni sportive
15.274.000
661.000
Auto e concessionari
Telefonia mobile
182.000
Aziende di trasporto marittimo e aereo
159.000
tori del bene/servizio principale».
L’indagine è stata aperta il 31
ottobre 2013 e si è conclusa il
primo marzo 2014. I risultati
sono riferiti alla situazione esistente al 30 giugno 2013.
Obiettivo dell’Ivass è quello di
garantire che il consumatore
sia consapevole di aderire a coperture assicurative nel momento in cui acquista beni o
servizi di altra natura e dei relativi costi, al fine di beneficiarne in caso di bisogno.
L’Ivass ha riscontrato, tra
l’altro, la scarsa conoscibilità
totale
958.000
Fornitori di acqua, gas e energia elettrica
delle condizioni contrattuali e
l’adesione con la formula del
silenzio-assenso, vietata in Italia dalla normativa assicurativa
per i contratti a distanza. Nel
61% dei casi il premio è inferiore a 30 euro. Quasi un quarto,
tuttavia, è superiore ai 100 euro. Problemi anche con le mo-
Nel mirino
Nel mirino sono finite
34 compagnie italiane
e dieci estere
dalità di recesso. In alcuni casi,
infatti, si chiede all’assicurato
di recedere in modo esplicito
dal contratto, sebbene l’adesione sia avvenuta in automatico. Nel mirino della rilevazione
dell’Ivass sono finite 34 compagnie italiane e dieci estere.
E anche dall’Antitrust giungono notizie poco rassicuranti
per i consumatori. Nel bollettino settimanale, l’Autorità presieduta da Giovanni Pitruzzella
ha informato di aver aperto
quattro istruttorie a seguito di
esposti presentati dal Codacons, nei confronti di Telecom
Italia, Wind, Vodafone e H3G.
Le indagini sono state aperte
per accertare l’eventuale utilizzo di pratiche commerciali
scorrette quali, ad esempio,
servizi a pagamento (per
esempio giochi) non richiesti
ma addebitati. La compagnia
«avrebbe fornito agli utenti di
telefonia mobile servizi a pagamento (servizio Premium) non
richiesti oppure richiesti inconsapevolmente e addebitato
i relativi importi sul credito telefonico del consumatore».
Fausta Chiesa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’indagine Sulla telefonia mobile la prima mossa di Pitruzzella dopo i nuovi poteri sulle pratiche commerciali scorrette
Giochi, meteo e oroscopi: così scatta la tariffa
I consumatori: clienti abbonati e ignari. I rischi degli smartphone
149%
aumento segnalazioni su
servizi non richiesti
Carlo Turchetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ANAS S.p.A.
DIREZIONE GENERALE
AVVISO RELATIVO AGLI APPALTI AGGIUDICATI
Sul foglio inserzioni della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 82 del 21/07/2014
è pubblicato l’avviso relativo all’appalto aggiudicato inerente la sottoindicata procedura
aperta, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi degli artt. 81, 83
del D. Lgs. n. 163/06 s.m.i. e dell’art.283 commi 1, 2, 3 e 5 del D.P.R. 207/10.
Oggetto: DGACQ13-13 - Fornitura di automezzi attrezzati per la manutenzione delle strade
gestite dall’ANAS S.p.A. Tale fornitura è suddivisa nei seguenti lotti di gara:
Lotto 1: n. 23 Autocarri pesanti a trazione semplice allestiti per operazioni di viabilità
invernale con lama sgombraneve;
Lotto 2: n. 22 Autocarri a trazione integrale allestiti per operazioni di viabilità invernale con
lama sgombraneve;
Lotto 3: n. 2 Automezzi portattrezzi piccoli a trazione integrale, Potenza min.100 kW, atti
ad essere attrezzati con diversi attrezzi per la manutenzione stradale e forniti con lama
sgombraneve e spargisale trasportato.
Offerte ricevute: per il Lotto 1: n. 3; per il Lotto 2: n. 2; per il Lotto 3: n. 2.
Aggiudicatario: Per i Lotti 1 - 2 - 3 MERCEDES-BENZ ITALIA S.p.A. - P. IVA 06325761002,
con i seguenti importi offerti: per il Lotto 1 € 2.331.970,00 (euro duemilionitrecentotrent
unomilanovecentosettanta/00), per il Lotto 2 € 2.976.160,00 (euro duemilioninovecento
settantaseimilacentosessanta/00) e per Lotto 3 € 278.650,00 (euro duecentosettantotto
milaseicentocinquanta/00). Tali importi sono comprensivi degli oneri per la sicurezza ed
IVA esclusa. L’avviso integrale è stato inviato alla GUUE il 15/07/2014, pubblicato sul sito
internet www.stradeanas.it e sul sito www.infrastrutturetrasporti.it.
Roma, lì 22/07/2014
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IL RESPONSABILE DELL’UNITÀ ACQUISTI
Mauro FRATTINI
VIA MONZAMBANO, 10 - 00185 ROMA
Tel. 06/44461 - Fax 06/4454956 - 06/4456224 • sito internet www.stradeanas.it
MILANO — «L’attivazione non richiesta di
servizi a sovraprezzo costituisce una delle fattispecie maggiormente segnalate dagli utenti
con riferimento ai servizi di comunicazione
mobile». Comincia così un report dell’Agcom
sui servizi “premium”: giochi, loghi, suonerie,
oroscopi, pronostici di gioco che sempre più
spesso gli utenti si trovano addebitati sul conto
telefonico senza capire come e perchè.
Una «pratica commerciale scorretta» che con
l’avvento degli smartphone ha trovato terreno
fertile. Basta una connessione Internet, una piccola disattenzione e il gioco è fatto (con una
spesa che può arrivare anche a 20 euro mensili). Perché la modalità “wap” (il sistema di connessione a Internet via cellulare, ndr), come
spiega bene il report inedito dell’Agcom, consente l’attivazione del servizio attraverso la
connessione dati del cellulare senza che serva
una conferma «attraverso digitazioni sulla tastiera terminale». Non è un caso che le segnalazioni all’Authority da parte dei consumatori sui
“servizi premium” si siano moltiplicate fino ad
arrivare, se si considera il periodo che va dal
2011 al 2013, a un incremento del 149%. Oltre
2.700 segnalazioni e 592 denunce vere e proprie. Con sanzioni per le principali compagnie
telefoniche da oltre un milione e 700 mila euro
negli ultimi quattro anni.
È per questo che l’indagine avviata (e annunciata ieri) dall’Antitrust contro Telecom, Wind,
Vodafone e H3g, non è un fulmine a ciel sereno.
Dopo che la direttiva “consumer right” seguita
da un decreto legislativo, ha conferito la competenza esclusiva della materia all’Antitrust,
l’authority presieduta da Giovanni Pitruzzella
ha aperto quattro istruttorie a seguito di esposti
presentati dal Codacons. Quattro avvisi di avvio
di procedimento con accuse precise da parte dei
consumatori: le compagnie «avrebbero fornito
agli utenti di telefonia mobile servizi a paga-
mento non richiesti e/o richiesti inconsapevolmente addebitando i relativi importi sul credito
telefonico». «Nello specifico — spiega il documento Antitrust — sarebbero state attuate le
seguenti condotte: omissione di informazioni
rilevanti, diffusione di informazioni non rispondenti al vero sull’oggetto del contratto di
telefonia mobile e, in particolare, abilitazione
dell’utente alla ricezione di servizi a pagamento
durante la navigazione in mobilità». Per di più
l’autorità rileva «l’implementazione da parte
dell’operatore di telefonia mobile di un sistema
automatico di trasferimento del numero di telefono dell’utente dal gestore ai Content Service
Provider (CSP) che editano i contenuti digitali a
pagamento e il successivo automatico addebito
del servizio sul credito
telefonico dell’utente
senza che quest’ultimo
abbia mai inserito il proprio numero telefonico o
si sia, in altro modo conGiovanni Pitruzzella sapevole». E il problema,
spiegano alcune fonti
Agcom, molto spesso sono proprio questi provider che «vanno fuori dal controllo delle stesse
compagnie telefoniche e nascono e muoiono
come funghi». O meglio nascono, abbonano,
incassano e poi muoiono.
Fermare il sistema però può essere più semplice del previsto: basta infatti bloccare preventivamente tutti i servizi premium contattando il
call center del proprio gestore telefonico. E dopo aver digitato 1,2,3,4,7,9 sperare di riuscire a
parlare con un operatore.
Corinna De Cesare
corinnadecesare
© RIPRODUZIONE RISERVATA
2.771
le segnalazioni di «false»
attivazioni dal 2011 al 2013
Asse con Parigi
Bnp custodirà
180 miliardi
delle Generali
Nuovo affare per Bnp
Paribas in Italia.
Protagonista, Generali che
ha affidato un portafoglio
di 180 miliardi alla banca
depositaria del gruppo
bancario francese. Si tratta
di 130 miliardi di asset
assicurativi che la
compagnia guidata da
Mario Greco possiede in
Europa, più altri 50
miliardi di fondi
amministrati dal Leone in
Francia, Germania, Italia e
Lussemburgo. La decisione
è stata presa nell’ambito di
un’operazione di
ottimizzazione dei circa
500 miliardi di attivi del
gruppo di Trieste ed è «un
passo chiave nella
ristrutturazione delle
attività di asset
management», ha spiegato
Dominique Clair al
comando di Generali
Investment Europe, la
principale società di
gestione del gruppo.
Bnp è stata scelta in quanto
ha una dimensione globale
nei servizi di custodia
avendo rilevato questa
attività da molti altri
istituti, tra i quali anche
Bpm. Un’area che invece le
banche italiane hanno via
via dimesso. Come Intesa
Sanpaolo che ha ceduto a
State Street.
Daniela Polizzi
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CONSORZIO AUTOSTRADE ITALIANE ENERGIA (CAIE)
AVVISO DI GARA - CIG: 58581076D2
Il “Consorzio Autostrade Italiane Energia (CAIE)” indice bando di gara, a carattere
comunitario, con procedura aperta ai sensi dell’art. 55, Comma 5 del D.Lgs. n. 163/2006 volta
alla stipula di un accordo quadro del Consorzio CAIE, in qualità di centrale di committenza,
per la fornitura di energia elettrica e servizi associati per un ammontare fino a 15 GWh +/20%, con circa 7 punti di prelevamento, per la durata di un (1) anno rinnovabile per (1) un altro
anno ai medesimi patti e condizioni mediante comunicazione da formalizzare entro e non
oltre i (6) sei mesi antecedenti la scadenza del termine di efficacia contrattuale, di comune
accordo con il fornitore. Il consorziato, se aderisce all’accordo quadro, stipulerà un proprio
contratto con l’appaltatore della durata di (1) un anno. Quantitativo dell’appalto: Euro
850.000,00 escluso oneri passanti, accise ed IVA. Luogo di consegna: Aeroporti di Roma. Il
bando di cui sopra è stato inviato alla GUCE in data 18/07/2014 ed è pubblicato sulla GURI
n. 82 - V Serie Speciale - del 21/07/2014. Termine per la presentazione delle domande
di partecipazione: ore 12:00 del 18/09/2014. Il Responsabile del procedimento è l’Ing.
Pier Francesco Del Conte. Le domande di partecipazione dovranno pervenire al Consorzio
Autostrade Italiane Energia c/o EBC SRL - Lungotevere Prati n. 17 - 00193 Roma. Sul sito
www.consorziocaie.it è possibile reperire la documentazione necessaria.
Roma, lì 21/07/2014
ESTRATTO AVVISO DI GARA AGGIUDICATA
ENTE APPALTANTE: Azienda Gestione Edifici
Comunali del Comune di Verona, Via E.
Noris 1, 37121 Verona - Tel. 045/8051311,
Fax 045/8051308. OGGETTO DELL’APPALTO: Servizio Sostitutivo di Mensa mediante Buoni Pasto per i dipendenti di Agec e
di Agec Onoranze Funebri SPA di Verona CIG 57057505D9. CRITERIO DI AGGIUDICAZIONE: Prezzo più basso. AGGIUDICATARIA:
QUI!GROUP SPA - Via XX Settembre, 29/7 16121 Genova (GE)
Verona, 14.07.2014
IL DIRIGENTE
AREA GARE APPALTI ACQUISTI
Avv. Federica Battesini
Corriere della Sera Martedì 22 Luglio 2014
L’intervista «Oltre metà dei lavoratori in cassa dopo i nostri corsi trova un impiego»
L’alleanza con Etihad
D’ARCO
I numeri di Alitalia
Flotta
134
Passeggeri
24 mln
Economia 25
italia: 51575551575557
Dipendenti
12.800
Fatturato
2,7 mld €
(primi 9 mesi 2013)
Alitalia, la frenata
delle banche
sulle condizioni di Poste
ROMA — Ciò che è apparso essere una soluzione rischia di
trasformarsi in un ostacolo. Venerdì scorso Francesco Caio, amministratore delegato di Poste Italiane, ha sciolto la riserva dando
piena adesione al piano Alitalia-Etihad. Un annuncio secco seguito
da un sospiro di sollievo da chi temeva un avvitamento dell’accordo per il salvataggio dell’ex compagnia di bandiera. L’impressione
è stata che i 40 milioni di euro, che il gruppo postale ha messo a
servizio dell’operazione (in autunno era entrata nel capitale versando 75 milioni per il 19,4% di Alitalia), andassero a finanziare
l’equity commitment. In altri termini, le banche e i cosiddetti capitani coraggiosi confidavano che i soldi di Poste Italiane fossero
destinati a garanzia delle perdite e dei contenziosi pregressi, circa
200 milioni di euro da deliberare in occasione dell’assemblea del
25 luglio, della vecchia Alitalia. Una ciambella, insomma, per alleviare il peso di ciò che resterà in capo alle banche dell’ex vettore.
Nelle ore successive allo snello comunicato di Poste Italiane è
emerso ciò che Caio, affiancato da Credit Suisse e dai legali dello
studio Gianni Origoni Grippo Cappelli, ha elaborato come condizione per partecipare alla partita. In sintesi, la volontà del successore di Massimo Sarmi è di impiegare i 40 milioni di Poste per
entrare con una quota del 5% nel capitale della nuova Alitalia.
Quella in cui gli emiratini di Etihad avranno il 49%, mentre il resto
farà capo a Cai (banche e imprenditori). Una mossa che ha spiazzato Etihad ma, soprattutto, Intesa San Paolo e Unicredit. Gli istituti
ritengono poco accettabili le condizioni privilegiate dell’ingresso
di Poste. Etihad potrebbe, invece, eccepire sul fatto che così facendo il modello di governance della nuova Alitalia si configurerebbe
meno snello e agevole. Tre azionisti anziché due, con tutto ciò che
ne consegue in termini di rappresentanza e forze in gioco in occasione del board e delle delibere assembleari. La battuta di arresto è
innegabile. Tanto più considerato che il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, si era rallegrato dell’adesione di Caio, commentando che un altro tassello dell’operazione era andato al posto
giusto. Oggi il consiglio di amministrazione di Poste Italiane prenderà visione del progetto di ingresso nella newco Alitalia, un passaggio che non necessariamente porterà ad una delibera o a una
presa di impegno. Il board, presieduto da Luisa Todini, esaminerà,
tra l’altro, le linee guida del piano di impresa a cui sta lavorando
Caio in vista della quotazione in borsa. A valle del consiglio è previsto il primo incontro con il potente sindacato interno Slp Cisl
(circa 64 mila iscritti di Poste Italiane), che ieri per bocca del segretario, Mario Petitto, ha messo le mani avanti spiegando che «il
rischio concreto che Poste siano costrette a sottoscrivere un equity
commitment verso Alitalia desta forti perplessità».
Un altro fronte sindacale caldo è quello sul referendum sugli
accordi siglati in materia di contratto nazionale e solidarietà nel
trasporto aereo. La Uil, che non ha firmato l’accordo, oggi invierà
alle altre sigle sindacali una lettera per chiedere una consultazione
sull’intesa raggiunta sul costo del lavoro (31 milioni di risparmi).
Per tutti gli attori in campo l’orizzonte temporale è la fine di luglio.
Etihad intende firmare il contratto entro il mese e non accetterà
incognite.
Andrea Ducci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Fossa: «Formazione da tutelare
Il piano giovani parte da lì»
Il presidente Fondimpresa: riordino senza tagli a pioggia
MILANO — A un certo punto
arriva la parola forte. «Rapina».
Rapina per una buona causa,
per carità: Giorgio Fossa non
metterà mai in discussione la
necessità di rifinanziare la cassa
integrazione in deroga e garantire, per questa via, almeno un
reddito minimo ai tanti dipendenti delle tante aziende atterrate dalla Grande Crisi. Però se
le relative risorse — com’è già
successo nel 2013 — vengono
recuperate tagliando dalle buste
paga lo 0,30% destinato alla formazione, beh: «Si tappa una falla. Ma lo si fa in modo ragionieristico, andando a toccare uno
dei pochi strumenti che abbiano
dimostrato, tra le altre cose, di
funzionare da volano per concrete politiche attive del lavoro.
E allora: di quale “piano giovani” ci vengono a parlare, poi?».
Direbbe le stesse cose, se
non fosse parte in causa? Lei è
presidente di Fondimpresa, il
maggior fondo interprofessionale italiano: copre circa la
metà dei contributi per la formazione trasferiti dall’Inps al
sistema, ha oltre 173 mila imprese aderenti per un totale di
4,5 milioni di occupati, dal
2007 a oggi ha finanziato con
1,84 miliardi più o meno 67 mila piani per 3,7 milioni di partecipanti. Ma è il fondo alimentato e gestito da Confindustria
con Cgil, Cisl, Uil. Il top di quelle rappresentanze cui Matteo
Renzi guarda con noto intento
rottamatore.
«Primo: non è un fondo chiuso ai soci di Confindustria. Più
del 40% dei nostri aderenti è
iscritto ad altre associazioni. Secondo: sì, direi esattamente le
stesse cose, visto che leggo sui
giornali ricette, per la verità un
po’ vaghe, di alleggerimento
delle “voci improprie” in busta
paga».
Allude alle proposte di Matteo Richetti, uomo molto vicino al premier?
«Anche. E faccio notare che
quel capitolo è da sempre cavallo di battaglia delle imprese. Ma
proprio per questo: non si può
fare di ogni erba un fascio, puntare indiscriminatamente il dito
Presidente Giorgio Fossa,
numero uno del fondo
interprofessionale Fondimpresa
su tutto ciò che è frutto della bilateralità. È grazie alla sinergia
delle parti sociali sul territorio
che Fondimpresa, a chi chiede
conto dei risultati, può presentarsi con questo dato tra i tanti:
quando ci è stato chiesto di intervenire in via straordinaria
per i lavoratori in Cig e in mobilità, ha poi trovato un lavoro il
55% di chi ha concluso un percorso formativo finanziato da
noi — non organizzato, lo sottolineo: funzioniamo semplicemente da banca, vagliamo i piani presentati dalle aziende e se i
requisiti ci sono giriamo i fondi
alle aziende stesse. Di quel 55%,
almeno la metà ha avuto un
contratto a tempo indeterminato».
Però non ha torto, Renzi,
quando sul suo sito scrive:
«Esiste un’offerta molto ampia
di corsi che vivono solo per
mantenere in vita chi li organizza». E dal vivo va giù ancora
più pesante.
«È innegabile: non tutto il
mondo della formazione ha mostrato efficienza, trasparenza,
efficacia. Renzi ha perfettamente ragione quando punta il dito
contro “la formazione professionale degli amichetti”, quella
che non serve ai lavoratori ma
solo ai formatori. Però non può
generalizzare. Deve permettere
anche a noi di dimostrare e ri-
❜❜
❜❜
Contributi contesi
Al premier Renzi
Dirottare i fondi per
finanziare la Cig in
deroga? Va bene solo
ai ragionieri di Stato
Distinguiamo
modelli virtuosi da
quelli che servono
solo “agli amichetti”
Roberto Meneguzzo
si autosospende
da Palladio Finanziaria
Mediobanca torna
al 7% di Carige
Ubs al 2,6% di Mps
(d.pol.) Roberto Meneguzzo fa un passo
indietro. A comunicarlo al consiglio è lo
stesso amministratore delegato di Palladio
finanziaria che in una lettera scrive di
autosospendersi dai poteri e dalle deleghe
per «evitare che questioni riguardanti la
sua persona abbiano a ledere gli interessi»
della società. Il riferimento è al
coinvolgimento del
top manager
La decisione vicentino, ora ai
domiciliari,
Il manager
nell’inchiesta sul
è coinvolto
Mose. A renderlo noto
nell’indagine è la stessa finanziaria
veneta il cui board ieri
veneziana
ha preso atto della
decisione e ha
espresso «il proprio senso di
riconoscimento e la massima solidarietà
nei suoi confronti, certo che la sua totale
estraneità ai fatti che gli vengono contestati
sarà dimostrata», attraverso lee parole del
presidente di Palladio, Roberto Ruozi.
Il manager era stato raggiunto da
un’ordinanza di misura cautelare dal
tribunale di Venezia nell’ambito
dell’inchiesta sul Consorzio Venezia nuova.
(f.ch.) Mediobanca risale al 7% di Banca
Carige, ricostituendo la partecipazione
che aveva prima dell’avvio dell’aumento
di capitale da 800 milioni di euro e che
aveva ridotto sotto il 2% nel corso
dell’operazione in seguito ad arbitraggi
tra azioni e diritti. Piazzetta Cuccia, si
legge nelle partecipazioni registrate dalla
Consob, detiene il
7,037% di Carige.
Fondazione Mediobanca, che
aveva preannunciato
Mediobanca
la ricostituzione
prestataria
della quota a valle
di Fondazione dell’aumento, è
prestataria della
Carige
partecipazione, di
cui è proprietaria la
Fondazione Carige, debitrice della banca
d’affari.
E si riposiziona anche Ubs, tornata sopra
il 2% di Mps dopo essere scesa sotto la
soglia al termine dell’aumento di
capitale dell’istituto che si è chiuso il 27
giugno scorso. Dall’11 luglio la banca
svizzera detiene il 2,617% del capitale di
Siena, di cui il 2,354% senza diritto di
voto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
1
Sono in tutto 173 mila
le aziende aderenti
a Fondimpresa,
il maggior fondo
interprofessionale
italiano, per un totale
di circa 4,5 milioni
di occupati
I finanziamenti
degli ultimi sette anni
2
A partire dal 2007
sono stati finanziati
con una spesa
di 1,87 miliardi 67 mila
piani di formazione
con 3,7 milioni
di partecipanti
Quanti sono riusciti
a ricollocarsi
3
Ha trovato un impiego
il 55% di chi ha concluso
il percorso di formazione
e almeno metà
di questi ha avuto
un contratto a tempo
indeterminato
Raffaella Polato
TRIBUNALE CIVILE DI ROMA
ANAS S.p.A.
Compartimento della viabilità
per la Sardegna
AVVISO DI GARA ESPERITA
GARA N° CALAV026-14_16A2014 - CIG 5713243D42 - CUP: F46G14000090001 Opere urgenti di completamento del tratto dal km. 35+000 al km 41+000 della SS 131
a seguito della risoluzione contrattuale - Categoria prevalente: OG3, Classifica VI, per
l’importo di € 7.322.620,62 - Altre categorie: OS12-A, classifica III, per l’importo di
€ 983.645,19, OS10, classifica I, per l’importo di € 220.946,68.
Importo complessivo € 8.950.417,47=. Offerte pervenute n.25, offerte ammesse
19, impresa migliore offerente ATI COSTRUZIONI SACRAMATI Spa/BEOZZO
COSTRUZIONI Srl - BADIA POLESINE (RO); ribasso offerto -39,42%.
Esito inviato alla GUCE il 11/07/2014 e pubblicato sulla G.U.R.I. n° 82 del 21/07/2014,
albo Stazione Appaltante, albo comuni capoluogo Regione Sardegna, sito internet
www.stradeanas.it. e sito informatico del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Maggiori informazioni e/o chiarimenti rivolgersi a: ANAS Spa (società con socio unico)
- sede Compartimentale della Sardegna - Ufficio Gare Via Biasi, 27 - 09131 CAGLIARI
- Tel. 070 52971 - Fax 070 5297268.
Il Dirigente Amministrativo
Dott.ssa Silvia Assunta Anna Mereu
Banche
Le aziende coinvolte
e gli occupati
© RIPRODUZIONE RISERVATA
VIA BIASI, 27 - 09131 CAGLIARI
Tel. 070/52971 - 070/5297268
sito internet www.stradeanas.it
Inchiesta Mose
Il lavoro
vendicare le diversità. Un riordino è indispensabile. Ma esistono modelli virtuosi che nulla
hanno a che fare con quelle zone
grigie e che, anzi, possono costituire un esemplare benchmark
di riferimento».
Replica chiara: non è vero
che «la formazione in Italia fa
schifo» e che dovremmo «copiare dai tedeschi». Chiaro anche il benchmark: candida
Fondimpresa.
«Le cifre, le principali, le abbiamo viste. Aggiungo che il
70% delle aziende che si rivolgono a noi sono la spina dorsale
del sistema produttivo italiano,
ma anche la parte più esposta
alla recessione e alle sue conseguenze: le piccole e medie imprese. Sappiamo di cosa ha bisogno il Paese per vincere la sfida dei mercati e della competitività: prodotti sempre più
innovativi da macchinari sempre più aggiornati. Come lo si fa,
se non con la formazione continua? Finisce che a 35 anni, in
questo mondo, sei già vecchio».
E spesso senza aver avuto un
lavoro stabile neppure da giovane.
«Appunto. E la differenza la fa
la formazione. Invece siamo un
Paese che ci investe molto meno
rispetto ai nostri principali
competitor, e parliamo di tagliare ancora. Se per finanziare la
Cig in deroga dirotti 250 milioni
dallo 0,30% che dalle buste paga
va ai fondi interprofessionali,
com’è successo nel 2013, va benissimo ai ragionieri di Stato.
Ma poi non possono lamentare
che si faccia poco per i giovani.
Ci consentano piuttosto di investire quelle stesse risorse per loro e i risultati li vedranno».
ADF
AEROPORTO DI FIRENZE SPA
Lombardia Informatica S.p.A.
Via Taramelli, n. 26, 20124, Milano, Italia,
Tel.: +39 02.39331.1, Fax: +39 02.39331.225
Estratto Bando Gara 2/2014/LI
E’ indetta una gara mediante Procedura Ristretta per
la vendita del 100% delle quote della società Lombardia Contact s.r.l., che svolge attività di contact
center in materia di prenotazioni ospedaliere e assistenza tecnica informatica in forza di un contratto di
6 anni con opzione di un ulteriore anno. Valore base
d’asta: euro 3.300.000,00 (euro tremilionitrecentomila/00). Criterio di Aggiudicazione: maggior rialzo
sulla base d’asta. Sono ammesse solo offerte al
rialzo. Per una breve descrizione dell’oggetto della
gara consultare il bando ed i suoi allegati, scaricabili
dal sito all’indirizzo di seguito indicato: www.lispa.it.
Le modalità di presentazione dell’offerta verranno
specificate nella lettera di invito. Il termine ultimo per
il ricevimento della domanda di partecipazione è
23/10/2014 ore 15.00. La domanda andrà inviata secondo le modalità stabilite nel disciplinare di gara a
Lombardia Informatica S.p.A., Funzione Affari Legali
e Contrattuali, Via Taramelli n. 26, 20124, Milano, Italia. La documentazione di gara ai fini della partecipazione è disponibile all’indirizzo www.lispa.it.
Lombardia Informatica
Il Presidente - Davide Rovera
Lombardia Informatica S.p.A.
Il Responsabile del Procedimento - Sandro Sisler
AVVISO RELATIVO AGLI APPALTI AGGIUDICATI
Amministrazione Aggiudicatrice: Comune di Milano-Settore Spettacolo. Oggetto Appalto: affidamento della concessione in uso del Teatro degli
Arcimboldi, sito in viale dell’Innovazione 20 - Milano, per attività culturali e di spettacolo. Importo
base € 120.000,00 IVA esclusa. Procedura aperta
offerta economicamente più vantaggiosa. Aggiudicataria I Pomeriggi Musicali Servizi Teatrali srl
- via San Giovanni Sul Muro, 2 - 20121 Milano.
Punteggio ottenuto 77,56, Rialzo 107%. Importo
d’aggiudicazione € 248.400,00 IVA esclusa. Subappalto no. Provvedimento d’aggiudicazione n.
71 del 17/07/2014. Offerte ricevute 2 escluse 0.
Bando GUCE S/5 del 04/04/2014.
Il Direttore di Settore - Antonio Calbi
ESTRATTO AVVISO
PROCEDURA PER L’AFFIDAMENTO
IN SUBCONCESSIONE DI UN’AREA
PER L’ESERCIZIO DELL’ATTIVITA’
DI AVVOLGIMENTO BAGAGLI E VENDITA DI
ACCESSORI E SERVIZI DA VIAGGIO PRESSO
L’AEROPORTO DI FIRENZE
AdF - Aeroporto di Firenze S.p.A., con sede in
Firenze, Via del Termine n. 11, cap 50127, comunica che è stato pubblicato sul sito internet
www.aeroporto.firenze.it l’Avviso relativo alla
procedura per l’affidamento in subconcessione
di un’area di circa 6,5 mq. presso l’Aeroporto
“Amerigo Vespucci di Firenze” attualmente ubicata presso l’area non sterile landside, zona
check-in, al primo piano, da adibire esclusivamente all’esercizio dell’attività di avvolgimento
bagagli e vendita di accessori e servizi da viaggio (di seguito anche, semplicemente, “Area”).
La subconcessione sarà assegnata al miglior
offerente, previo accertamento del possesso di
tutti i requisiti minimi di partecipazione richiesti, sulla base dei parametri economici e tecnici
meglio descritti nel relativo Avviso, nonché
nella ulteriore documentazione di gara relativa
alla procedura, a seguito dello svolgimento di
una fase di rilancio relativa ai parametri economici, riservata ai primi due concorrenti della
graduatoria provvisoria.
Durata della subconcessione: 2 (due) anni decorrenti dalla data di sottoscrizione del contratto medesimo con facoltà di AdF di
prorogare, agli stessi termini e condizioni, il
contratto medesimo fino ad un massimo di 1
(un) anno.
L’eventuale proroga, e la sua durata, verrà comunicata da AdF per iscritto con un preavviso
di 60 giorni.
Informazioni presso Ufficio Commerciale di
AdF - Aeroporto di Firenze S.p.A. ([email protected]).
Il Responsabile del Procedimento è stato individuato nella persona del Dott. Guido Vitali.
Le offerte dovranno pervenire, in conformità
con le modalità meglio descritte nel relativo
Avviso, entro e non oltre le ore 17,00 del 12
settembre 2014 al seguente recapito: AdF Aeroporto di Firenze S.p.A. Via del Termine 11,
50127 Firenze Att. Ufficio Segreteria
Firenze, 22 luglio 2014
L’Amministratore Delegato - Vittorio Fanti
Sezione Fallimentare
TERASYSTEM S.p.A. in liquidazione e Concordato Preventivo n. 24/2013
GD Dott. Giuseppe Di Salvo
AVVISO DI VENDITA RAMO D’AZIENDA
La Liquidazione Concordataria dei Beni di “Terasystem S.p.A. in liquidazione e Concordato
Preventivo n. 24/2013” (la Procedura) comunica che nel quadro delle attivita’ finalizzate
al realizzo delle attivita’ cedute, è interessata a cedere il ramo d’azienda costituto da: rapporti di lavoro con 17 dipendenti, ci cui 16 operativi più un direttore tecnico; - contratto
per la fornitura di servizi di “data management” in favore di Telecom Italia stipulato in
data 20.5.2011, con scadenza il 31.12.2015; - le liste clienti, il Know how commerciale, i
programmi software, nonché le altre informazioni e dati di natura commerciale e, in generale, ogni altra informazione, dato o conoscenza relativi all’attività ed alla gestione del
Ramo d’azienda (Informazioni Commerciali”). - Il diritto di utilizzo del marchio registrato
Terasystem eventualmente integrabile con altre parole. La procedura di vendita si espletera’ mediante un’asta, che si terrà avanti il Notaio Luca Sabbadini di Roma, Via di
Porta Pinciana il giorno 7 agosto 2014, ore 12.00; le relative operazioni proseguiranno,
senza soluzione di continuità, fino al loro esaurimento. L’integrale disciplina della procedura e delle condizioni di vendita è contenuta nelle “NORME CHE REGOLANO L’INVITO A
PRESENTARE OFFERTE DI ACQUISTO DEL RAMO D’AZIENDA COMPRESO NELL’ATTIVO
DELLA PROCEDURA - DISCIPLINARE D’ASTA (in breve: “Disciplinare di vendita”). Ai fini
della presentazione delle offerte segrete di acquisto, il prezzo base d’asta per l’acquisto
del ramo d’azienda è stabilito nella misura di euro 585.000,00 (euro cinquecentottantacinquemila/00). Si fa fin d’ora presente che è’ previsto il versamento di una cauzione per
un importo pari al 10% (diecipercento) del prezzo base d’asta e che saranno a carico dell’aggiudicatario tutti i costi, gli oneri ed i tributi inerenti l’aggiudicazione. Il Disciplinare di
Vendita e tutta la documentazione inerente la procedura di vendita possono essere consultati o richiesti al Liquidatore Giudiziale con richiesta da inviare in forma scritta, via fax,
al numero 06.45429222 o via e.mail all’indirizzo [email protected] indicando i recapiti per
essere contattati. Per nformazioni 06.89361268. Il presente avviso, in ogni caso, non costituisce proposta irrevocabile né offerta al pubblico, né sollecitazione al pubblico risparmio,
né impegna in alcun modo il Commissario Liquidatore a contrarre con gli offerenti.
Roma, 3 luglio 2014
Il Liquidatore Giudiziale - Avv. Fabio Quojani
AUTORITA’ PORTUALE DI RAVENNA
ESTRATTO AVVISO DI AGGIUDICAZIONE
L’Autorità Portuale di Ravenna, con sede in
via Antico Squero 31 Ravenna, in data
12.06.2014 ha aggiudicato l’appalto pubblico
del “Servizio di gestione e manutenzione del
nuovo Ponte Mobile per l’attraversamento sul
Canale Candiano in Ravenna” all’operatore
AZIMUT S.p.a., con sede legale in via Trieste
90/A, Ravenna (IT) che ha offerto un ribasso
del 11,33% sull’importo annuale posto a base
di gara di € 291.508,77, corrispondente ad un
importo annuale pari a € 258.478,76, cui andranno aggiunti € 7.950,23 relativi ad oneri
per la sicurezza non soggetti a ribasso, per un
importo annuale di € 266.428,99. Contratto
triennale di € 799.286,97. Il contratto è subappaltabile al 30%. L’aggiudicazione è avvenuta mediante procedura aperta con criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Sono pervenute n. 4 offerte. Trasmissione
dell’avviso di aggiudicazione alla G.U.U.E. in
data 23.06.2014.
Il Direttore Tecnico – Ing. Fabio Maletti
26
Martedì 22 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
tel.02/6282.7555 - 02/6282.7422,
fax 02/6552.436
Si precisa che ai sensi dell’Art. 1, Legge 903 del
9/12/1977 le inserzioni di ricerca di personale
inserite in queste pagine devono sempre intendersi rivolte ad entrambi i sessi ed in osservanza
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18/07 EUR
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18/07 EUR
17,623
AcomeA America (A2)
18/07 EUR
4,405
AcomeA Asia Pacifico (A1)
18/07 EUR
4,538
AcomeA Asia Pacifico (A2)
18/07
14,737
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4,957
4,774
6,089
5,137
4,294
6,771
6,221
5,330
5,269
5,361
5,120
5,280
6,308
5,130
5,001
6,098
5,652
5,947
5,127
5,127
6,420
5,497
RICHIESTE SPECIALI
Per tutte le rubriche tranne la 21,
22 e 24:
Neretto: +20%
Capolettera: +20%
Neretto riquadrato: +40%
Neretto riquadrato negativo: +40%
[email protected]
Nome
Data Valuta
Active European Equity A
Active European Equity B
Active Liquid Bond A
Active Liquid Bond B
Multiman. Bal. A
Multiman. Bal. M
Multiman. Eq. Afr. & Mid. East A
Multiman. Eq. Afr. & Mid. East M
Multiman.Target Alpha A
SB Bond B
SB Equity B
SB Flexible B
DB Platinum
Agriculture Euro R1C A
Comm Euro R1C A
Currency Returns Plus R1C
DB Platinum IV
Croci Euro R1C B
Croci Japan R1C B
Croci US R1C B
Dyn. Cash R1C A
Paulson Global R1C E
Sovereign Plus R1C A
Systematic Alpha R1C A
Fondi Unit Linked
Quota/od.
Quota/pre.
Nome
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
1414,685
1338,115
1241,728
1199,619
118,048
117,718
77,579
80,735
104,537
1083,970
1161,011
1031,027
1415,278
1338,696
1241,863
1199,760
118,379
118,045
76,692
79,801
104,543
1084,108
1162,813
1031,546
17/07 EUR
18/07 EUR
18/07 EUR
58,660
108,580
937,830
58,630
109,760
938,720
121,000
8758,440
173,440
101,490
6017,830
107,320
10475,660
120,920
8745,810
172,190
101,490
6069,510
106,970
10483,880
Em. Loc. Cur. Debt A-Dis.M
Em. Mkt Corp Bd A
Euro Corp. Bond A
Euro Corp. Bond A-Dis M
Euro Short Term Bond A
European Bond A-Dis
Glob. Bond A-Dis
Glob. Equity Income A
Glob. Equity Income A-Dis
Glob. Inv. Grade.Corp. Bd A-Dis M
Glob. Structured Equity A-Dis
Glob. Targeted Ret. A
Glob. Tot. Ret. (EUR) Bond A
Glob. Tot. Ret. (EUR) Bond E-Dis
Greater China Eq. A
India Equity E
Japanese Eq. Advantage A
Pan European Eq. A
Pan European Eq. A-Dis
Pan European Eq. Inc. A-Dis
Pan European High Inc A
Pan European High Inc A-Dis
Pan European Struct. Eq. A
Pan European Struct. Eq. A-Dis
Renminbi Fix. Inc. A
Renminbi Fix. Inc. EUR A-Dis
US Equity A EH
US High Yield Bond A
US High Yield Bond A-Dis M
US Value Equity A
US Value Equity A-Dis
18/07
18/07
18/07
18/07
17/07
17/07
16/07
16/07
16/07
17/07
17/07
17/07
18/07
17/07
18/07
18/07
16/07
17/07
16/07
Flex Equity 100
Global Equity
Maximum
Progress
Quality
16/07
16/07
16/07
16/07
16/07
ABS- I
ABSOLUTE RETURN EUROPA
BOND-A
BOND-B
EQUITY- I
PRINCIPAL FINANCE 1
30/06
04/07
30/06
30/06
30/06
31/03
EUR
JPY
USD
EUR
EUR
EUR
EUR
11,015
5,645
5,306
6,551
7,185
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
Kairos Multi-Str. A
Kairos Multi-Str. B
Kairos Multi-Str. I
Kairos Multi-Str. P
Kairos Income
Kairos Selection
Data Valuta
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
Tel: 848 58 58 20
Sito web: www.ingdirect.it
18/07 EUR
Dividendo Arancio
18/07 EUR
Convertibile Arancio
18/07 EUR
Cedola Arancio
16/07 EUR
Borsa Protetta Agosto
16/07 EUR
Borsa Protetta Febbraio
16/07 EUR
Borsa Protetta Maggio
16/07 EUR
Borsa Protetta Novembre
18/07 EUR
Inflazione Più Arancio
18/07 EUR
Mattone Arancio
18/07 EUR
Profilo Dinamico Arancio
18/07 EUR
Profilo Equilibrato Arancio
18/07 EUR
Profilo Moderato Arancio
18/07 EUR
Top Italia Arancio
50,830
61,760
58,820
62,220
61,190
63,490
61,470
57,430
46,450
66,120
63,670
59,470
48,820
50,600
61,790
58,830
62,180
61,130
63,360
61,300
57,420
46,370
66,560
63,900
59,540
48,500
Quota/od.
Quota/pre.
9,749
12,678
16,862
12,772
10,999
5,764
5,814
61,880
15,580
11,516
42,580
10,475
13,072
11,904
47,410
32,350
3113,000
17,540
15,830
11,840
18,970
13,710
14,530
13,810
10,704
9,603
14,340
11,903
10,702
32,910
31,460
9,707
12,688
16,860
12,771
10,996
5,760
5,812
61,760
15,550
11,510
42,320
10,446
13,067
11,900
47,370
32,250
3114,000
17,610
15,890
11,800
18,980
13,710
14,520
13,800
10,704
9,603
14,240
11,917
10,714
32,660
31,230
Tel: 02 77718.1
www.kairospartners.com
31/05 EUR 875792,556 867085,663
31/05 EUR 572375,300 566930,929
31/05 EUR 590472,785 584407,453
31/05 EUR 537936,773 532831,715
18/07 EUR
6,816
6,817
18/07 EUR
10,372
10,371
KAIROS INTERNATIONAL SICAV
16714,943 16535,470
5149,252
5161,988
771435,023 762273,652
771435,023 762273,652
621201,142 622586,663
60323,743 61951,842
USD
USD
EUR
EUR
EUR
EUR
USD
USD
USD
USD
USD
EUR
EUR
EUR
USD
EUR
JPY
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
USD
EUR
EUR
USD
USD
USD
USD
KIS - America A-USD
KIS - America P
KIS - America X
KIS - Bond A-USD
KIS - Bond D
KIS - Bond P
KIS - Bond Plus A Dist
KIS - Bond Plus D
KIS - Bond Plus P
KIS - Dynamic A-USD
KIS - Dynamic D
KIS - Dynamic P
KIS - Emerging Mkts A
KIS - Emerging Mkts D
KIS - Europa D
KIS - Europa P
KIS - Europa X
KIS - Global Bond P
KIS - Income D
KIS - Income P
KIS - Italia P
KIS - Italia X
KIS - Key
KIS - Key X
KIS - Multi-Str. UCITS A USD
KIS - Multi-Str. UCITS D
KIS - Multi-Str. UCITS P
KIS - Multi-Str. UCITS X
KIS - Selection D
KIS - Selection P
KIS - Selection X
KIS - Sm. Cap D
KIS - Sm. Cap P
KIS - Target 2014 X
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
17/07
18/07
18/07
18/07
18/07
18/07
17/07
USD
EUR
EUR
USD
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
USD
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
USD
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
278,820
196,100
197,440
173,130
123,750
128,040
126,690
131,670
133,840
175,330
122,080
124,400
130,680
128,890
122,650
124,970
125,610
104,170
103,910
107,490
134,250
133,240
141,570
144,540
153,680
112,900
115,810
116,750
124,180
126,290
125,960
99,400
104,270
100,300
282,620
198,770
200,130
173,090
123,720
128,010
126,650
131,630
133,810
175,540
122,230
124,550
131,300
129,490
124,270
126,610
127,260
104,260
104,030
107,600
134,910
133,760
141,530
144,500
154,230
113,300
116,220
117,130
124,190
126,300
125,970
99,500
104,370
100,300
La lista completa dei comparti Invesco autorizzati in Italia
è disponibile sul sito www.invesco.it
Invesco Funds
Num tel: 178 311 01 00
www.compamfund.com - [email protected]
18/07 USD
1531,448
1532,936
Active Dollar Bond A
18/07 EUR
1672,619
1673,230
Active Emerging Credit A
18/07 EUR
1608,924
1609,529
Active Emerging Credit B
18/07 EUR
1458,078
1458,959
Active European Credit A
18/07 EUR
1395,527
1396,387
Active European Credit B
Asia Balanced A
Asia Balanced A-Dis
Asia Consumer Demand A
Asia Consumer Demand A-Dis
Asia Infrastructure A
Asian Bond A-Dis M
Balanced-Risk Allocation A
Em. Loc. Cur. Debt A
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
21/07
USD
USD
USD
USD
USD
USD
EUR
USD
25,720
16,770
14,570
14,210
14,730
10,381
15,290
15,426
25,730
16,780
14,570
14,210
14,800
10,371
15,290
15,359
ASIAN OPP CAP RET EUR
ADWISE L/S CAP RET EUR
FLEX QUANTITATIVE HR6 A EUR
HIGH GROWTH CAP RET EUR
ITALY CAP RET A EUR
SELECTED BOND DIS RET EUR
SELECTED BOND CAP RET EUR
VALUE OPP CAP RET EUR
18/07
18/07
18/07
18/07
18/07
18/07
18/07
18/07
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
12,687
111,943
113,075
117,195
25,177
5,795
121,319
9213,666
12,752
111,966
113,255
116,793
25,151
5,801
121,448
9219,750
Nome
Data Valuta
Quota/od.
Quota/pre.
www.multistarssicav.com [email protected]
T. +41 (0)91 640 37 80
18/07 EUR
102,140
102,200
18/07 EUR
104,070
103,890
18/07 EUR
149,140
145,200
18/07 EUR
1521,490
1481,210
Orazio Conservative A
Sparta Agressive A
WM Biotech A
WM Biotech I
www.newmillenniumsicav.com
Distributore Principale: Banca Finnat Euramerica - Tel: 06/69933475
18/07 EUR
192,440
192,440
NM Augustum Corp Bd A
18/07 EUR
146,910
146,900
NM Augustum High Qual Bd A
18/07 EUR
136,630
136,600
NM Balanced World Cons A
18/07 EUR
139,010
138,980
NM Euro Bonds Short Term A
18/07 EUR
47,910
47,890
NM Euro Equities A
18/07 EUR
74,070
73,570
NM Global Equities EUR hdg A
106,350
106,390
NM Inflation Linked Bond Europe A 18/07 EUR
18/07 EUR
112,910
112,970
NM Italian Diversified Bond A
18/07 EUR
115,460
115,510
NM Italian Diversified Bond I
18/07 EUR
136,660
136,690
NM Large Europe Corp A
18/07 EUR
106,250
106,440
NM Market Timing A
18/07 EUR
107,230
107,420
NM Market Timing I
18/07 EUR
63,530
63,530
NM Q7 Active Eq. Int. A
18/07 EUR
105,590
105,630
NM Q7 Globalflex A
18/07 EUR
121,820
121,790
NM Total Return Flexible A
18/07 EUR
101,860
101,070
NM VolActive A
18/07 EUR
102,440
101,640
NM VolActive I
Nome
Data Valuta
PS - EOS A
PS - Equilibrium A
PS - Fixed Inc Absolute Return A
PS - Global Dynamic Opp A
PS - Global Dynamic Opp B
PS - Inter. Equity Quant A
PS - Inter. Equity Quant B
PS - Liquidity A
PS - Opportunistic Growth A
PS - Opportunistic Growth B
PS - Prestige A
PS - Quintessenza A
PS - Quintessenza B
PS - Target A
PS - Target B
PS - Titan Aggressive A
PS - Total Return A
PS - Total Return B
PS - Valeur Income A
PS - Value A
PS - Value B
15/07
18/07
18/07
18/07
18/07
18/07
18/07
18/07
18/07
18/07
15/07
15/07
03/06
15/07
15/07
15/07
18/07
18/07
18/07
15/07
15/07
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
Quota/od.
Quota/pre.
126,070
100,670
99,780
100,760
101,190
113,050
115,470
125,040
98,180
103,770
97,030
104,440
107,170
108,930
109,020
107,350
102,910
96,630
111,810
104,950
107,220
128,310
100,700
99,800
100,700
101,120
113,910
116,350
125,060
98,290
103,880
99,150
104,980
106,870
109,480
109,560
107,820
102,750
96,460
111,940
105,780
108,070
www.pegasocapitalsicav.com
18/07
18/07
18/07
18/07
17/07
17/07
Strategic Bond Inst. C
Strategic Bond Inst. C hdg
Strategic Bond Retail C
Strategic Bond Retail C hdg
Strategic Trend Inst. C
Strategic Trend Retail C
EUR
USD
EUR
USD
EUR
EUR
107,230
107,380
105,740
105,850
103,660
101,440
107,190
107,340
105,700
105,820
103,890
101,660
www.sorgentegroup.com
AUGUSTUM EQUITY EUROPE I
AUGUSTUM G.A.M.E.S. A
AUGUSTUM G.A.M.E.S. I
18/07 EUR
18/07 EUR
18/07 EUR
109,120
115,710
153,940
109,370
115,350
153,450
Numero verde 800 124811
[email protected]
18/07 EUR
7,053
Nextam Bilanciato
18/07 EUR
7,551
Nextam Obblig. Misto
18/07 EUR
6,462
BInver International A
18/07 EUR
5,722
Cap. Int. Abs. Inc. Grower D
18/07 EUR
5,426
CITIC Securities China Fd A
18/07 EUR
5,424
Fidela A
18/07 EUR
5,777
Income A
18/07 EUR
7,254
International Equity A
18/07 EUR
6,770
Italian Selection A
18/07 EUR
5,341
Liquidity A
18/07 EUR
4,974
Multimanager American Eq.A
18/07 EUR
4,708
Multimanager Asia Pacific Eq.A
18/07 EUR
4,470
Multimanager Emerg.Mkts Eq.A
18/07 EUR
4,578
Multimanager European Eq.A
18/07 EUR
5,342
Strategic A
18/07 EUR
6,161
Usa Value Fund A
18/07 EUR
5,599
Ver Capital Credit Fd A
Tel: 0041916403780
www.pharusfunds.com [email protected]
18/07 EUR
114,230
PS - Absolute Return A
18/07 EUR
120,560
PS - Absolute Return B
18/07 EUR
110,640
PS - Algo Flex A
18/07 EUR
105,730
PS - Algo Flex B
18/07 EUR
86,680
PS - BeFlexible A
18/07 USD
85,300
PS - BeFlexible C
15/07 EUR
102,700
PS - Best Global Managers A
15/07 EUR
106,640
PS - Best Global Managers B
18/07 EUR
110,890
PS - Best Gl Managers Flex Eq A
18/07 EUR
164,170
PS - Bond Opportunities A
18/07 EUR
122,490
PS - Bond Opportunities B
7,036
7,546
6,473
5,703
5,424
5,447
5,778
7,228
6,758
5,340
4,987
4,705
4,480
4,600
5,332
6,111
5,604
114,430
120,770
111,410
106,460
86,560
85,170
103,250
107,210
110,740
164,290
122,580
Fondo Donatello-Michelangelo Due
Fondo Donatello-Tulipano
Fondo Donatello-Margherita
Fondo Donatello-David
Fondo Tiziano Comparto Venere
Caravaggio di Sorgente SGR
31/12
31/12
31/12
31/12
31/12
31/12
EUR 51470,165 52927,939
EUR 46691,916 47475,755
EUR 27926,454 27116,197
EUR 58259,864 57863,932
EUR 468728,464 477314,036
2451,889
2506,583
EUR
www.vitruviussicav.com
18/07 EUR
Asian Equity B
18/07 USD
Asian Equity B
18/07 USD
Emerg Mkts Equity
18/07 EUR
Emerg Mkts Equity Hdg
18/07 EUR
European Equity
18/07 USD
European Equity B
18/07 EUR
Greater China Equity B
18/07 USD
Greater China Equity B
18/07 USD
Growth Opportunities
18/07 EUR
Growth Opportunities Hdg
18/07 JPY
Japanese Equity
18/07 USD
Japanese Equity B
18/07 EUR
Japanese Equity Hdg
18/07 CHF
Swiss Equity
18/07 EUR
Swiss Equity Hdg
18/07 USD
US Equity
18/07 EUR
US Equity Hdg
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8a+ Gran Paradiso
8a+ Latemar
8a+ Matterhorn
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98,040
137,600
462,440
451,910
279,460
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111,550
158,760
75,190
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133,650
175,180
133,610
101,500
177,520
195,560
Tel 0332 251411
www.ottoapiu.it
18/07 EUR
6,126
6,101
18/07 EUR
5,227
5,239
18/07 EUR
5,903
5,897
11/07 EUR 814615,543 854760,583
Legenda: Quota/pre. = Quota precedente;
Quota/od. = Quota odierna
13352B1B
Corriere della Sera Martedì 22 Luglio 2014
Economia/Mercati Finanziari 27
italia: 51575551575557
Piazza Affari
MAIRE TECNIMONT IN RIALZO
DOPO LA MAXICOMMESSA USA
di GIACOMO FERRARI
Sussurri & Grida
Cattaneo ricomincia dal privato, come banchiere
Venti banche per la liquidità di Telecom Lumberjack, gli azionisti turchi
(d.pol.) C’è un tavolo affollato di banche al lavoro sulle e la campagna d’Europa
Le tensioni in Ucraina e Medio
Oriente continuano a
condizionare l’andamento delle
Borse, che in assenza di
indicazioni dai dati
macroeconomici internazionali
navigano a vista e con volumi al
di sotto della media. Negativi nella quasi totalità i
listini europei, ma con ribassi contenuti, mentre
quello italiano è stato decisamente il peggiore con il
Ftse-Mib in calo dell’1,48%. Hanno pesato le perdite
dei titoli bancari, per nulla aiutati dal lento
miglioramento dello spread Bund-Btp, sceso ieri a 162
punti base. La Popolare Milano ha ceduto il 3,31%,
seguita da Ubi Banca (-3,22%) e dalla Popolare
dell’Emilia Romagna (-2,89%). Fra le blue-chips,
tuttavia, la maglia nera è toccata a World Duty Free (3,39%), reduce dal buon rialzo di venerdì scorso. Giù
inoltre Cnh Industrial (-2,55%). Soltanto due, fra i
valori compresi nel paniere principale, i segni positivi:
Salvatore Ferragamo (+0,82%) e Snam (+0,18%). Bene
anche Maire Tecnimont (+1,37%) dopo la firma di un
accordo da 1,6 miliardi di dollari negli Stati Uniti per la
realizzazione di un nuovo complesso di fertilizzanti.
Nel segmento Star balzo di It Way (+2,96%).
(c.tur.) Gli uffici sono in allestimento in via Crescenzio
a Roma, a due passi da piazza Cavour. Anche la squadra è
ormai definita, cinque o sei partner selezionati da Flavio
Cattaneo per avviare lo scouting dei futuri investimenti
della Stable cash flow (Scf), la nuova avventura varata
dall’ex amministratore delegato di Terna. Il nome prescelto è il fulcro del progetto. Dopo una carriera da manager
pubblico (Fiera di Milano, Rai, la società dei tralicci) Cattaneo ricomincia nel privato con la casacca del banchiere
d’affari. Ha deciso di concentrarsi su due settori, l’energia
e il real estate, quelli che conosce meglio avendo esordito
come imprenditore edile e concluso nell’elettricità. E su
due mercati, Italia e Sudamerica, anche questi battuti nella lunga stagione a Terna con 15 operazioni di m&a. Sull’energia le priorità saranno rinnovabili, rigassificatori e
altre infrastrutture in esercizio, mentre nel mattone si
cercano occasioni tra gli immobili terziari messi a reddito. Il denominatore comune? Business con cash flow stabile, prevedibile. La Scf filierà un veicolo per ogni target,
manterrà il ruolo di management company e coinvestirà
assieme a un club deal di finanziatori (private equity, family office, altri istituzionali per lo più esteri). Ogni veicolo avrà un club di investitori, un rendimento atteso e
una valorizzazione d’uscita che privilegia la quotazione.
Cattaneo non pone un limite alla taglia. Chi gli ha parlato,
spiega che non avrebbe difficoltà a mobilitare su un singolo affare anche 150 milioni tra equity e prestiti bancari.
finanze di Telecom Italia. Si tratta di almeno una ventina
di istituti, con Barclays in cabina di regia, che stanno rivedendo le condizioni di un finanziamento revolving per
complessivi 7 miliardi. Per le banche finanziatrici si tratta
di rinegoziare termini e condizioni del commitment (impegno) precedente su due linee da rispettivi 4 e 3 miliardi.
Anche se sono disponibilità parzialmente utilizzate, per la
direzione finanza guidata da Piergiorgio Peluso questa è
una manovra chiave. Quei 7 miliardi rappresentano un
cuscinetto di liquidità che la società guidata dall’amministratore delegato Marco Patuano può esporre a difesa del
rating sul merito di credito (BB+ di S&P’s). Le revolving di
Telecom hanno insomma una funzione di linee di scorta
che le agenzie di rating utilizzano nel calcolo del margine
di liquidità che nel primo trimestre era di 11,7 miliardi (di
cui 6,5 provenienti proprio da quel finanziamento). E’
probabile che la tranche da 4 miliardi sia la prima a essere
rinegoziata, anche se non va in scadenza in tempi stretti.
Ma Telecom ha voluto sondare la possibilità di spuntare
condizioni più favorevoli. Obiettivo che sembra raggiunto. Anche se la cifra potrebbe essere limata rispetto all’ammontare precedente. La manovra è in linea con quanto fatto a inizio luglio anche da Mauro Moretti, Ceo di
Finmeccanica.
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(ir.cons.) Parte dal recente ingresso del fondo Turkven
private equity, la nuova strategia di internazionalizzazione di Lumberjack, comprata nel 2012 da Zyilan Group, il
più grande gruppo calzaturiero turco, con 500 milioni di
fatturato e 3mila dipendenti. Tra gli obiettivi dei nuovi
investitori c’è il rafforzamento della realtà italiana al di
fuori del mercato domestico. Mentre il nuovo amministratore delegato di Lumberjack, Andrea Vecchiato, 41
anni, di Treviso, con un passato in Geox e Bata, racconta
che «per la fine di quest’anno abbiamo intenzione di
aprire 50 shop all’interno di retailer multimarca, nel 2015
invece vogliamo aumentare il numero dei Paesi in cui le
collezioni saranno distribuite attraverso nuove partnership, inaugurando un altro centinaio di negozi, 50 sempre nel nostro Paese e gli altri in Turchia, Benelux, Grecia,
Spagna, Francia, Germania e registrare un incremento
del 30% del numero di scarpe vendute, a oggi un milione
e mezzo». Nel 2014 l’azienda dovrebbe consolidare il fatturato di 50 milioni per crescere l’anno successivo. Prossima tappa i mercati asiatici e del Sudamerica. La quotazione non è per ora nei programmi di Lumebrjack «ma
mai dire mai - dice Vecchiato - Intanto il fondo entrato nel
capitale ha dimostrato di credere noi e dichiarato di voler
rimanere per i prossimi 8/10 anni».
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ESTRATTO DI AVVISO DI BANDO DI GARA
L’A.S.L. Provincia di Milano 2 ha indetto gara a mezzo
procedura aperta (Asta Pubblica) con modalità telematica mediante piattaforma SINTEL per l’aggiudicazione
di: SERVIZIO DI PREVENZIONE DEL RANDAGISMO
(ACCALAPPIAMENTO DI CANI E GATTI RANDAGI E GESTIONE CANILE SANITARIO) RECUPERO E SMALTIMENTO CARCASSE OCCORRENTI ALLE AZIENDE ASL
MILANO 2, MILANO 1 E MILANO. Corrispettivo a base
d’appalto: • Lotto 1 - ASL Milano 2 - € 212.236,50/anno
(IVA esclusa) CIG 5809584C5E; • Lotto 2 - ASL Milano
- € 25.602,00/anno (IVA esclusa) CIG 5811123267;
• Lotto 3 - ASL Milano 1 - € 149.874,00/anno (IVA
esclusa) CIG 5811275B3. Durata del contratto: 48 mesi.
L’offerta deve essere presentata entro le ore 18:00 del
giorno 09.09.2014. Il bando di gara integrale è stato
trasmesso in data 30.06.2014 all’Ufficio delle Pubblicazioni Ufficiali C.E.E.. Gli interessati possono scaricare
i documenti relativi alle gare di cui sopra, direttamente
dal sito dell’ASL (www.aslmi2.it) e dal sito per le gare
telematiche Sintel (www.arca.regione.lombaria.it).
Normativa di riferimento D.lgs n. 163/2006 e successive modificazioni e integrazioni.
Il Responsabile Procedimento
IL DIRIGENTE DEL SERVIZIO
APPROVVIGIONAMENTI E LOGISTICA
(Dr. Marco Ricci)
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ESTRATTO DI AVVISO DI BANDO DI GARA
L’ASL Provincia di Milano 2, in associazione con
l’ASL di Milano, l’ASL Provincia di Milano 1 e
l’ASL Provincia di Bergamo, ha indetto gara a
mezzo procedura aperta (Asta Pubblica) con modalità telematica mediante piattaforma SINTEL
per l’aggiudicazione del servizio di: Somministrazione di manodopera per il periodo di anni
3 (CIG n. 5811779FBC) importo complessivo a
base d’appalto per il triennio: € 7.606.856,16
(iva esclusa). Gli interessati possono scaricare
la documentazione di gara direttamente dal sito
dell’ASL (www.aslmi2.it) e dal sito per le gare
telematiche Sintel (www.arca.regione.lombaria.it). - L’offerta deve essere presentata
entro le ore 18,00 del giorno 09.09.2014 Normativa di riferimento D.lgs n. 163/2006 e
s.m.i.. Il bando di gara integrale è stato trasmesso in data 04.07.2014 all’Ufficio delle Pubblicazioni Ufficiali C.E.E.
Il Responsabile Procedimento
IL RESPONSABILE DELL’U.O.C.
APPROVVIGIONAMENTI E LOGISTICA
(Dr. Marco Ricci)
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Cultura
Nella foto a destra: «Capriccio con il Pantheon, statue e figure», un dipinto di Giovanni Paolo Pannini (1691-1765) del 1739
(Collezione Terruzzi di Bordighera)
Il saggio Simone Verde ricostruisce le tappe Liberismo Inizialmente si lasciò la materia
di un processo che fu molto lungo e faticoso ai privati e alle fluttuazioni del mercato
L’Italia unita partì in ritardo
nella tutela dei beni culturali
Solo nel 1902 fu varata la prima legge di salvaguardia
di PAOLO MIELI
dell’Encyclopédie di D’Alembert e Diderot nel 1765
trattasse esclusivamente quello di Alessandria, «luol Regno di Sardegna fu l’unico go dove veniva mantenuto a spese pubbliche un certo
Stato preunitario italiano che numero di persone di lettere», le quali «non contribunon ebbe una definita politica ivano all’utilità della biblioteca soltanto con le loro cudelle antichità e delle belle arti. re, ma anche attraverso conferenze, tenendo vivo il
È per questo motivo, argomenta con gusto per le belle lettere ed eccitando l’emulazione».
efficacia Simone Verde in un libro di Una definizione alquanto riduttiva, aggravata dal fatto
imminente pubblicazione per «I No- che — per i tempi moderni — non si faceva alcun cendi» Marsilio, Cultura senza Capita- no ai musei italiani, ma solo all’Ashmolean di Oxford.
le. Storia e tradimento di un’idea italiana, che in ma- Al momento della Rivoluzione francese fu subito
teria di tutela dei beni culturali, pur essendone stati esplicita «l’idea di soppiantare la città cristiana con
italiani gli «inventori», tutto qui da noi precipitò, fin una capitale laica e illuminista dove il patrimonio sotdall’inizio, nella confusione. Confusione che, per così tratto alla Chiesa sarebbe stato da “rigenerare” in fundire, era stata «importata» dall’estero.
zione delle aspirazioni del popolo liberato». Fu fin
La Rivoluzione francese non aveva dato il buon dall’inizio chiarissimo che, diciamo così, «per costruesempio per quel che riguarda il rispetto
ire Parigi bisognava umiliare Roma».
e la conservazione della produzione artiIl 10 settembre 1790, per mettere ordistica dei tempi anteriori. La prima ondane nell’ingente patrimonio requisito,
ta iconoclasta ebbe avvio già fin dall’inil’autorità municipale di Parigi si rivolse
zio, il 14 luglio 1789 . Ma ad «accelerare il
al pittore Gabriel-François Doyen per
processo» fu una decisione fondamenta«stilare un inventario di quanto tenere e
le per la storia della rivoluzione stessa: la
di quanto mandare all’asta». Il fatto, senazionalizzazione dei beni della Chiesa
condo Verde, «fu di incredibile imporvotata dall’Assemblea nazionale il 2 notanza storica se si pensa che l’atto stesso
vembre di quello stesso 1789. Nazionalizdella cernita, della vendita e della catalozazione che, scrive Verde, «sottrasse un
gazione significava far partecipare imimmenso patrimonio al suo millenario
provvisamente dell’universo della quantutore, privandolo di ogni funzione».
tità e dell’oggettualità elementi fino a
La Chiesa di Roma aveva elaborato fin
quel momento ritenuti dotati di poteri
dai tempi di Giulio II (Papa nel periodo Il Pontefice
magico-religiosi e implicava una valuta1503-1513) una strategia «abile e raffinazione razionale e laica mai avvenuta prita» per la difesa dei beni artistici, trasfor- Papa Giulio II (1443ma di reliquie, quadri, suppellettili di
mando l’antica residenza di Innocenzo 1513) elaborò per
culto, luoghi santi, tombe e gruppi staVIII sul colle del Belvedere nel «nucleo primo una strategia di
tuari chiamati a celebrare il legame con il
originario di quella che sarebbe diventa- tutela dei beni artistici.
divino dei protagonisti dell’aristocrata la più ricca collezione di antichità nel Per lui Raffaello realizzò zia». Per i «partigiani della conservaziomondo, i Musei Vaticani». Da quel mo- le stanze in Vaticano: la
ne» si trattava, «nell’immensa anamnemento la Roma cattolica, scrive Verde, si Stanza dell’Incendio di
si» della catalogazione, di «trovare loro
fece «cuore culturale, progettuale, crea- Borgo, quella di Eliodoro una nuova utilità». Se volevano salvare
tivo dell’Europa, iniziando e organizzan- e quella della Segnatura questo insieme artistico dalla rovina, si
do collezioni che servissero da palestra
sarebbe dovuto «inventare un nuovo siper gli ingegni, attraendo, formando gli artisti e, gnificato a un patrimonio improvvisamente svestito
quindi, la mente del sistema che stava alimentando la dell’aura sacra che ne aveva costituito il senso ultimo
storia europea». Il 27 agosto del 1515, Leone X aveva nel contesto della società teocratica dell’ancien régiaffidato a Raffaello il compito di reperire attorno al- me».
l’urbe marmi per la fabbrica di San Pietro, prescrivenNell’aprile del 1792 fu la guerra all’Austria. Nel condogli (ed è questa la cosa più rilevante) di salvare le testo di questo scontro militare, il 24 luglio di quelepigrafi utili per lo studio delle lettere e per «coltivare l’anno, il deputato Pierre-Joseph Cambon suggerì: «La
l’eleganza della lingua latina». Questo provvedimen- guardia nazionale di Parigi ha cannoni fusi da Perrier;
to, «sarebbe stato oggetto di mitopoiesi… interpreta- è importante che ne procuriamo altri uguali per tutti i
to estensivamente come la nascita della figura di battaglioni di volontari nazionali; propongo perciò di
ispettore alle belle arti». E, proprio per quella matrice far fondere le statue degli antichi tiranni... Abbiamo
cattolico-romana, l’istituzione museo aveva suscitato soltanto un Enrico IV, ma abbiamo tre Luigi XIV». Le
diffidenza tra gli intellettuali e i politici ostili alla parole di Cambon ebbero immediato effetto. «L’AsChiesa. È singolare, ad esempio, che la voce «Musée» semblea, dopo aver proclamato lo stato d’emergenza,
I
Una proposta
L’idea di seguire
i modelli stranieri
Esce domani in libreria il saggio
di Simone Verde Cultura senza
Capitale. Storia e tradimento di
un’idea italiana (Marsilio,
pagine 352, 22). Il volume, che
comprende anche un saggio di
Andrea Emiliani, mette in luce gli
errori e gli equivoci che hanno
caratterizzato la tutela dei beni
artistici e culturali in Italia e
propone la nascita di un’apposita
infrastruttura nazionale sul
modello di quelle esistenti nei
grandi Paesi occidentali.
decreta che le statue esistenti sulle piazze pubbliche
di Parigi siano tolte e sostituite con monumenti in
onore della libertà», decretarono i rivoluzionari l’11
agosto del 1792, dopo la deposizione di Luigi XVI. Detto fatto. «In questo momento», annunciò il deputato
Jean-Pierre Sers, «il popolo sta invadendo le pubbliche piazze e vuole demolire le statue dei re in Place
Vendôme e in Place Louis XV (divenuta poi Place de la
Concorde, ndr). Chiedo che le sezioni nominino commissari per prevenire i pericoli che potrebbero derivare dalla caduta di questi enormi ammassi». Non sorprende, osserva Verde, che il deputato Sers, nel preoccuparsi per le due statue equestri a Place Vendôme e a
Place Louis XV — pur con a cuore la sorte dei capolavori di François Girardon e di Edmé Bouchardon —,
quel giorno non ritenne di menzionare le qualità artistiche delle opere bensì la pericolosità relativa all’abbattimento «di una massa simile». Quell’11 agosto, il
deputato Jacques-Alexis Thuriot riprese la proposta di
Cambon: «Chiedo all’Assemblea di decretare che le
statue (dei monarchi) vengano tolte e che vengano
usate in maniera utile alla nazione, che vengano trasformate in monete o in cannoni … È necessario che
l’Assemblea dia prova di grande carattere e ordini l’annientamento di tutti i monumenti dell’orgoglio e del
dispotismo».
È il momento «più drammatico per il patrimonio
artistico dell’ancien régime», fa osservare l’autore: un
decreto del 14 agosto intima addirittura di «impiegare
in maniera utile alla difesa di ogni Comune della Francia la materia dei monumenti che si trovano nelle loro
mura». Un membro della Convenzione nazionale — si
legge nel verbale della seduta — «lamenta il modo in
cui è applicato il decreto... Osserva che una parte di
questi monumenti innalzati dall’idolatria sussiste ancora e che, lasciando in piedi monumenti sconfessati
dalla libertà, si continua a mantenere il popolo nella
superstizione per la monarchia... Chiede, quindi, che
vengano prontamente demoliti».
Il 22 agosto, meno di quindici giorni dopo la destituzione del re, si discusse che cosa fare del parco di
Versailles. Il tema fu posto dal deputato Jean Dusaulx e
immediatamente si levò una voce dall’emiciclo: «Che
venga arato!». D’altronde, scrive Verde, si trattava del
simbolo più flagrante dello sperpero monarchico.
Agli occhi degli iconoclasti era la materializzazione
«della dannosità di beni che sottraevano risorse necessarie a liberare il popolo dalla miseria». Il che portava con sé molte altre cose: «Se il parco di Versailles
meritava di essere arato (per il fatto che la cultura non
si mangia), una buona sorte non attendeva certo le tele commissionate dai monarchi dell’età dell’assolutismo a esaltazione del loro potere». Gabriel Bouquier,
capo della commissione per il restauro delle opere
d’arte del Louvre, nonché grande amico del pittore
Jacques-Louis David, chiese pubblicamente che
scomparissero «dalle collezioni repubblicane le tele
Il cattivo esempio
Durante la Rivoluzione francese opere
di grande valore furono vendute all’asta
e preziose statue di bronzo vennero fuse
allo scopo di ricavarne pezzi d’artiglieria
Israele In «Nostro figlio» (Atmosphere libri) Alon Altaras inventa una storia a sfondo autobiografico che parte da un episodio di violenza in caserma
Scrivere un romanzo come risarcimento di un amore mancato
di DARIA GORODISKY
I
onatan e Yael litigano rincorrendosi nella loro casa di Venezia,
come capita tra fratello e sorella,
in tutto il mondo. Con la voce dei
suoi bimbi in sottofondo, Alon Altaras sorride e spiega che il suo ultimo
libro appena uscito in Italia è il risarcimento di un amore mancato. Sì,
«la compensazione di una cosa bellissima che non è avvenuta, e senza
alcun motivo… Neta è stata l’unica
donna con la quale abbia condiviso
una profondissima intimità senza vivere l’aspetto erotico del rapporto».
In realtà, in Nostro figlio (Atmosphere libri, tradotto in italiano insieme con la moglie Aline Cendon)
c’è anche altro di autobiografico: la
base Hatzor dell’aviazione israeliana
dove il protagonista, Avi, incontra
Neta; la difficoltà del giovane solda-
to semplice a far fronte all’incarico
di capo del magazzino di ricambi per
cacciabombardieri; il ricorso allo
psicologo per ottenere un ruolo di
minor responsabilità.
Poi però la storia si intreccia con
la fantasia del romanziere e si srotola
in un giallo psicologico sulla trama
di venti anni di vita dei personaggi.
Tutto ruota intorno al pretesto letterario di un episodio di molestie sessuali subito in caserma da Neta a
opera di un gruppo di superiori,
mentre Avi si allontana vilmente
senza aiutarla. «Pura invenzione —
sottolinea l’autore — Non c’è mai
stata alcuna violenza. Anche se devo
dire che, per le donne, la vita militare a volte non è facile».
Nato a Tel Aviv nel 1960 da famiglia di origine romena, Altaras è
scrittore noto in patria: cinque romanzi e quattro raccolte di poesie.
Ma è ancora più famoso come traduttore dall’italiano in ebraico: è per
questo che nel 2003 ha vinto il Premio Nazionale per la Traduzione del
nostro ministero per i Beni e le attività culturali. Si è cimentato con calibri come Leopardi, Sanguineti,
Gramsci, Tabucchi, Landolfi, Ginzburg, Pasolini, De Luca, per citarne
alcuni.
L’Italia, del resto, è sua nazione di
adozione. Una passione nata ai tempi dell’università (è laureato in Letteratura e Storia moderna italiana all’Università di Tel Aviv) e consolidata
dall’incontro con Tullio De Mauro:
«Sono stato il suo unico allievo israeliano». E in Italia si è sposato, vive e
insegna Letteratura e lingua ebraica:
prima all’Università di Trieste, poi di
Siena e adesso a Pisa.
Negli anni scorsi sono stati pubblicati in italiano i suoi primi due ro-
Il premio a Pontremoli
Il Bancarella a Michela Marzano
Per l’Opera Prima a Giuseppe Sgarbi
Michela Marzano e Giuseppe Sgarbi
Con L’amore è tutto: è tutto ciò che so dell’amore
(Utet) Michela Marzano ha vinto la 62ª edizione del
Premio Bancarella, organizzato dalla Fondazione
Città del Libro, assegnato l’altra sera a Pontremoli
(Massa e Carrara). Il libro ha ottenuto 109 dei 200
voti dei librai che assegnano il riconoscimento; gli
altri finalisti del premio erano Ronald Balson, Volevo
solo averti accanto (Garzanti); Alberto Custerlina,
All’ombra dell’impero (Baldini & Castoldi); Albert
Espinosa, Braccialetti rossi (Salani); Chiara
Gamberale, Per dieci minuti (Feltrinelli); e Veit
Heinichen, Il suo peggior nemico (e/o). Il Bancarella
Opera Prima è andato, invece, a Giuseppe Sgarbi,
padre di Elisabetta e Vittorio Sgarbi, che ha esordito
a 93 anni con Lungo l’argine del tempo (Skira).
manzi: Il vestito nero di Odelia e La
vendetta di Maricika (entrambi della casa editrice Voland). Anche lì le
donne sono centrali. È «la loro forza» ad affascinare Altaras. Quel potere femminile che può riuscire a
trasformare il maschio — aguzzino
o vigliacco — in vittima.
Proprio come in Nostro figlio: il
soldato che è fuggito mentre abusavano di Neta si troverà a dipendere
da un universo completamente femminile. E, pur consapevole che «non
sempre è possibile riparare a ciò che
si è guastato quando eravamo giovani», tenterà in tutti i modi di risarcire il danno: il protagonista con azioni, lo scrittore con un libro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il libro: «Nostro figlio», di Alon Altaras, edito da Atmosphere libri, pagine
132, 14
Corriere della Sera Martedì 22 Luglio 2014
Cultura 29
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La lezione di Montanelli (su Pinterest)
Il 22 luglio del 2001 moriva Indro Montanelli. A distanza di 13
anni, lo scrittore Paolo Di Paolo ne ha ricordato la grande lezione
umana e professionale nel libro Tutte le speranze (Rizzoli).
E oggi, nel giorno dell’anniversario, una Pinterest board
(insieme di contributi scritti e fotografici) ne ripercorre la vita e
ne attualizza il messaggio: www.pinterest.com/900diMontanelli
insipide, le produzioni adulatrici e lascive che hanno
offerto fin troppo agli occhi del popolo le immagini
scioccanti di atti tirannici... di adulazioni avvilenti, di
idee meschine, di fanatismo monacale, di misticità ridicole». Lo stesso Bouquier proporrà poi di scegliere
«tra i più grandi quadri a soggetto storico raccolti nei
diversi depositi di Parigi, quelli composti dal maggior
numero di figure», così da poterli tagliare per far indovinare ai candidati di un esame l’identità di sagome
e facce ricavate dalla distruzione del dipinto.
In quel momento, però, i rivoluzionari francesi si
accorsero che stavano imboccando una via senza ritorno. Fu a quel punto che il già citato Cambon, con
un sofisma, propose una politica di tutela del patrimonio culturale. Bisogna «conservare» le immagini
della famiglia dei Borbone, disse, che meritano la nostra riconoscenza eterna per averci fatto detestare i
re... Rispettiamo, dunque, in nome delle arti, questi
monumenti consacrati a siffatta monarchia; riuniamoli in un unico luogo per formarne un muséum».
Dopodiché Cambon chiedeva «un rapporto sui mezzi
per costruire questo monumento che, distruggendo
l’idea della monarchia, conserverà i capolavori fin qui
rinchiusi nei detestabili palazzi di siffatti nostri re».
Le razzie sistematiche
In seguito all’invasione dello Stato
pontificio Parigi rimpinguò di molto
le sue collezioni saccheggiando
il sistema museale romano
Nel 1794, il rivoluzionario abbé Grégoire (l’inventore del termine «vandalismo») scrisse: «Se le nostre armi vittoriose penetrano in Italia, la presa dell’Apollo
del Belvedere e dell’Ercole Farnese saranno le più belle conquiste... Fu la Grecia che diede splendore a Roma, ma i capolavori delle repubbliche greche dovranno decorare il Paese degli schiavi?» La risposta evidente era un «no» e la conseguenza immediata era
che la Repubblica francese di quei capolavori dovesse
«diventare l’ultimo domicilio». L’ambizione, fa notare
Verde, «era di rimpinguare con le razzie il patrimonio
della Francia rivoluzionaria e depauperare il sistema
museale romano, per svilirne il ruolo politico e simbolico agli occhi dell’aristocrazia e del mondo».
Ma torniamo alla nascita dello Stato italiano e all’iniziale confusione di cui si è detto all’inizio. Nel
1861, il Regno d’Italia non voleva saperne dell’antichità
e delle belle arti. Nella versione radicale del liberismo
che caratterizzava il nostro Stato, scrive Verde, «la materia non doveva essere di competenza pubblica ma
lasciata alle libere fluttuazioni del mercato e all’iniziativa filantropica della società civile». L’ideologia del
laissez-faire, infatti, rimase per il momento indiscussa, «tanto più che la competizione tra nazioni sembrava imporre che nessun ostacolo dovesse esser
messo alla proprietà, così come doveva farlo con il
darwinismo sociale per favorire il progresso economico». Sulla materia, perciò, «lo Statuto albertino
non prevedeva nessun tipo di sostegno esplicito, garanzia o limite all’esportazione, tranne una generica
commissione consultiva».
Il primo a porsi il problema fu lo stesso Cavour, che
affidò all’erudito marchigiano Terenzio Mamiani, cu-
gino di Giacomo Leopardi, il compito di elaborare una loro direttori, e il diritto di sorveglianza e di tutela nei
soluzione. Inutilmente, dal momento che il 13 marzo comuni e nei consigli provinciali», proseguiva la lettedel 1871 il Senato decretò l’abolizione dei vincoli stabi- ra, «si potrebbe dimostrare l’insufficienza di tutto
liti dallo Stato pontificio, che avevano obbligato gli questo col disordine in cui si trovano le nostre galleeredi delle collezioni principesche a non
rie, collo stato deplorabile in cui sono ridisperderle nei rami secondari delle loro
dotti i nostri monumenti e le altre opere
Gli esperti
illustri famiglie. Con il 1866, scrive Verde,
d’arte».
«prima che le ondate di espropri di beni
A scrivere queste parole era Giovanni
ecclesiastici portassero alla nascita di
Battista Cavalcaselle, formatosi all’Acca Lo studioso
collezioni e musei a carattere civico e lodemia delle belle arti di Venezia alla scuoGiovanni Battista
cale, lo Stato unitario ereditò o si ritrovò
la di Leopoldo Cicognara, partecipe in
Cavalcaselle (nel
sul suo territorio una lunga lista di racprima persona ad alcune imprese del Riritratto qui sotto)
colte principesche o antiquarie, vecchi
sorgimento (fu condannato a morte dagli
denunciò con forza, nei
abbozzi museali universalistici napoleoaustriaci), poi esiliato a Londra, dove era
primi anni dopo l’Unità
nici o pinacoteche delle corti preunitadivenuto grande amico del critico Joseph
d’Italia, lo stato
rie». Come il Museo di Capodimonte,
Archer Crowe, assieme al quale avrebbe
deplorevole in cui si
Brera a Milano, l’Archeologico di Napoli,
portato a termine, a seguito di un sogtrovavano i beni
le Gallerie dell’Accademia di Venezia, gli
giorno in Italia tra il 1857 e il 1861, la New
artistici e l’inerzia dei
Uffizi, la Galleria Sabauda di Torino,
History of Painting in Italy from the 2nd
governi su questo
l’Estense di Modena, quella di Parma. Nel
Century to the 16th Century. «Una sumimportante problema.
1870, con la presa di Roma, vennero ad
ma inedita dell’arte italiana dopo un lavoIn precedenza Terenzio
aggiungersi collezioni che comprendero di ricognizione sul territorio che assoMamiani (nel ritratto al
vano i Musei Capitolini «ma che si estenmigliava molto alle missioni esplorative
centro) aveva ricevuto
devano a un numero elevatissimo di galvolute in Francia da François Guizot», la
da Cavour l’incarico di
lerie private che avevano un’importanza
definisce Verde.
elaborare una
storica e artistica unica al mondo, come
Seconda personalità che fa eccezione
soluzione per evitare
la collezione Torlonia, la Doria-Pamphilj,
al disarmante quadro (quantomeno sotto
la dispersione del
la Borghese, la Corsini, la Barberini, la
il profilo pubblico) dei sensibili alle arti
patrimonio artistico
Pallavicini e tante altre, le quali per l’intenell’Ottocento italiano è Adolfo Venturi,
resse storico che rappresentavano avrebdal 1878 ispettore della Galleria Estense
bero richiesto l’occhio vigile dello Stato».
di Modena, pioniere della storia dell’arte
L’immensità di questo patrimonio, teoriin Italia. Fu Venturi ad attivare, nel 1896, il
camente sotto la tutela del ministero delprimo insegnamento accademico nel nola Pubblica Istruzione erede di quel Restro Paese di Storia dell’arte medievale e
gno di Sardegna che aveva il difetto di cui
moderna. E toccò a lui, nel 1898, essere
si è detto all’inizio, «fu gestita fin dall’ininominato direttore della Galleria Corsini,
zio all’insegna del caos».
della quale riuscì a fare un museo rappreMentre in tutta Europa si dispiegavano
sentativo dell’arte italiana. Una progressiva realizzazione del suo progetto, scrive
le pratiche dello Stato culVerde, «che passava attraverso responsaturale, in Italia alla vigilia
bilità amministrative e scientifiche, al fidell’Unità in questa direne di costruire quel sistema pubblico di
zione si era mosso poco. E
cui il Paese tanto faceva difetto». Ancor
se qualcosa si era mosso,
più con una rivista, le «Gallerie nazionali
«lo aveva fatto troppo spesitaliane», che fu pubblicata per otto anni,
so nella direzione sbagliadal 1894 al 1902. Con l’arrivo dei primi alta». Un esempio? A causa
lievi usciti dal biennio di perfezionamendella crisi economica proto legato alla sua cattedra «fu chiaro che
dottasi a seguito della coera nata una vera e propria scuola, da cui
stituzione e dell’abbattipassarono, a vario titolo, personalità comento della Repubblica rome Pietro Toesca, Federico Hermanin e
mana (1849) e per appianaRoberto Longhi… Venturi aveva così pore il bilancio dopo anni di
sto le basi per un ceto tecnico-scientifico
mala gestione del Monte di Pietà, nel
con vocazione amministrativa, a soste1858 il Vaticano aveva accantonato l’editto
gno di una infrastruttura nazionale che,
del cardinale Bartolomeo Pacca per concome scrisse lui stesso in un celebre artisentire che l’enorme collezione del marcolo del 1902, imponeva si tirasse “un cachese Giampietro Campana, ex direttore
tenaccio” contro l’esodo continuo di antifallimentare dell’istituzione di credito, fichità e opere d’arte sul mercato».
nisse in mani straniere, andando a costiRisultato di tutto questo lavoro fu
tuire parte significativa del Louvre, delun’importante legge voluta dal ministro
l’Ermitage, e del Victoria and Albert MuNunzio Nasi. Verde lo giudica un «provseum.
Adolfo Venturi
vedimento estremamente cauto» e ha raNel 1863 il governo ricevette una rela(nella foto qui sopra)
gione. Ma è un fatto che prevedeva (siazione dall’uomo incaricato di stilare un
attivò nel 1896 il primo
mo sempre nel 1902) l’inalienabilità del
catalogo delle opere d’arte di proprietà
insegnamento
patrimonio pubblico ed ecclesiastico,
ecclesiastica di Umbria e Marche, in cui si
accademico di Storia
manteneva sì il diritto di vendere all’estepoteva leggere: «L’esperienza di questi
dell’arte medievale e
ro, ma conferiva allo Stato i poteri di predue anni di governo italiano ha mostrato
moderna: così creò una
lazione. Un passo importante nella direche nessuna determinazione è stata prevera e propria scuola di
zione giusta. Compiuto però quarantusa in questo senso (la creazione di un apstudiosi della materia
n’anni dopo la nascita del nostro Stato
posito sistema, ndr); ed anzi quello che è
unitario. E se da noi le cose in questo
stato fatto tornò piuttosto a danno che a
vantaggio delle arti, onde, per poco che si continui in campo (come in molti altri) non vanno per il verso
questa via, avrà il Paese a deplorarne delle tristi conse- giusto lo si deve a quell’incerta partenza dello Stato
guenze». A chi volesse «sostenere che quella divisio- italiano, centocinquant’anni fa.
ne non ha bisogno di specialità artistiche, perché vi
[email protected]
sono le accademie coi loro professori, le gallerie coi
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La mostra Il Palazzo Reale di Milano ospita 90 opere del pittore abruzzese vissuto tra Otto e Novecento. Boschi, laghi e contadini per un Grand Tour onirico
I paesaggi di Della Monica e la nostalgia di una bellezza immaginata
di ROBERTA SCORRANESE
L
a bellezza della provincia italiana dell’Ottocento era scabra, povera, a volte dura.
Eppure la pittura è riuscita a compiere
una trasfigurazione spesso snobbata, specie
nei decenni passati: i boschi surreali, i ruscelli
limpidi e le torri dorate dai tramonti, paesaggi
idillici restituiti dai colori dolci, sfioccati o
centellinati secondo i dettami divisionisti, non
hanno sempre goduto di fortuna critica. Dell’alessandrino Angelo Morbelli, per dire, si è
sempre insistito sul carattere simbolico delle
tele, lasciando scivolare in secondo piano la
bellezza luminosa della natura — vera o immaginata che fosse, poco importa.
Così come di Gennaro Della Monica, di origini teramane, si è sempre parlato poco al di
fuori del perimetro abruzzese o di Napoli, dove ha vissuto. Ma le cose stanno cambiando: da
domani (fino al 31 agosto) il Palazzo Reale di
Milano ospita una consistente mostra (90 opere) dedicata a Della Monica, dal titolo signifi-
«Contadinella in controluce», una
tela di Della Monica. Da domani (fino al 31 agosto) il Palazzo Reale di
Milano ospita una consistente mostra (90 opere) dedicata a Della Monica intitolata «L’Italia intatta» (catalogo edito da Umberto Allemandi)
cativo: L’Italia intatta. E, come nota Philippe
Daverio (curatore insieme a Paola Di Felice,
Cosimo Savastano, Claudio Strinati), questo
mutamento di prospettiva è dovuto anche a
una diversa sensibilità italiana, consapevole
che quella bellezza sta scomparendo e per
questo nostalgica di boschi, ruscelli, montagne vestite di nuvole, contadine, mucche.
È la poetica di Della Monica (1836-1917), un
uomo curioso e colto, che imparò la lezione
dei paesaggisti lombardi e dei macchiaioli per
poi trasferirsi a Napoli, dove trovò piena compiutezza nella scuola di Resìna, la leggendaria
comunità di artisti che nella seconda metà dell’800 accolse, tra gli altri, De Nittis, Palizzi e De
Gregorio. «Un passaggio importante — sottolinea Paola Di Felice — perché è qui che si sviluppa un’attenzione particolare nei confronti
del paesaggio, improntata alla ricerca del vero.
Il cuore dell’opera dell’abruzzese Della Monica». La mostra ci prende per mano e ci conduce in una sorta di Grand Tour italiano, da Napoli a Firenze fino a Milano, passando però per
l’Abruzzo, quella «terra di pastori» cantata da
d’Annunzio e spesso relegata ai margini del dibattito culturale. «Eppure — sottolinea la storica dell’arte — è stato anche da ambienti più
provinciali come l’Abruzzo che una certa idea
d’Italia si è formata, nei secoli».
Eccola, questa Italia, restituita dalle opere di
Della Monica, infaticabile viaggiatore: cacciatori colti all’alba (il pittore restava sveglio anche notti intere per catturare i primi bagliori);
radure tra i boschi in alta montagna (chiunque
abbia visitato il cuore montano dell’Abruzzo
riconoscerà quei capricci luminosi che maturano nelle ore tarde); casali cresciuti tra i pioppi che paiono lì da sempre, così come il contadino che osserva i mattoni. Presenze leggerissime, quelle della popolazione rurale, silenziose ma roventi nel profondo come sanno
essere i braccianti evocati da Ignazio Silone.
Lentamente si svela una terra dalla fisionomia
solo apparentemente simile a quella lombarda
o toscana, protagoniste di molta pittura dell’epoca. Affiora un’identità territoriale fortissi-
ma, tellurica, nella quale, precisa Daverio «la
formidabile ambiguità della pittura abolisce il
tempo e si presenta con un forte senso di sognata attualità».
Le opere di Della Monica (così come quelle
di altri cantori della provincia ottocentesca) ci
fanno riscoprire dunque un’Italia fatta di chiarori, montagne scolpite e bellezze naturali che
le avanguardie del Novecento disintegreranno
presto nella mattanza dei chiari di luna. Non a
caso l’esposizione (promossa e prodotta dal
Comune di Milano Cultura - Palazzo Reale, dai
Comuni di Teramo e Napoli, da Regione
Abruzzo e Ente Parco Nazionale del Gran Sasso
e dei Monti della Laga) si sposterà a Castel dell’Ovo, dopo essere stata al Musée Maillol di Parigi. Un itinerario composito ma con una precisa integrità nei contenuti: Della Monica (come molti altri del suo tempo) è stato tutt’altro
che provinciale. Ce lo dimostra la sua natura,
dove il vero e il sogno si affiancano.
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Martedì 22 Luglio 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Martedì 22 Luglio 2014
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Le iniziative del Corriere
Lettere d’amore
Biblioteca Biglietti, cartoline, telegrammi, anche tre o quattro in un giorno: dove sei? Quando vieni? Perché non scrivi? Mi manchi
Il piano dell’opera
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di ROBERTO GALAVERNI
L
etteratura o vita? Il genere epistolare possiede, o per lo meno possedeva, un grado
di convenzionalità retorica e di ritualità
stilistica non inferiore a quello di generi
senz’altro più riconosciuti e, in apparenza almeno, più formalizzati, come il romanzo, il racconto, la raccolta di liriche. È proprio la centralità
della domanda che ho posto all’inizio ad aver determinato di volta in volta le sue modalità espressive, la disposizione della lingua, il passo della
scrittura, il tono e la temperatura della voce. Tra
lo scrivente e il destinatario di una lettera sussiste
una sorta di patto implicito che rimanda al primato dell’esistenza vissuta rispetto alla trasfigurazione letteraria. Eppure, è vero che una lettera
acquista la sua intensità proprio lì dove quel primato viene posto in questione dalla forza e insieme dall’impotenza delle parole. Come mettere in
forma di parole la vita senza che la vita nelle parole si perda? Chi scrive una lettera non fa che porsi
nel più radicale dei modi l’identica, fondamentale domanda da cui ha origine la stessa letteratura.
Questa considerazione appare tanto più vera
se la si rapporta alla più necessaria e rovente delle
tipologie epistolari, quella delle lettere d’amore.
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Mettere in parole i sentimenti
La più sorgiva e irrefrenabile, ma anche la più infida, proprio perché a causa della sua universalità
più di altre a rischio della cristallizzazione retorica, del luogo comune, della prevedibilità, del cliché. Proprio quando la vita batte con più forza
che mai, l’attenzione verso la plausibilità della
parola tocca il suo diapason. Alla parola s’affida la
parte più importante di sé — perché tale è appunto l’amore —, ma sotto la sua stessa pressione anche la più ardente verità esistenziale rischia
di realizzarsi nella più miserevole e insufficiente
delle dichiarazioni amorose. Viceversa, le lettere
d’amore più belle sono tali proprio perché riescono ciascuna a suo modo a vincere la sfida, e dunque a dirlo questo amore, a testimoniarlo attraverso la sua stessa dismisura ed eccedenza rispetto alla parola. Una grande lettera d’amore dice
sempre che lì sulla pagina l’amore c’è, proprio e
soltanto perché non riesce a starci.
Da qualche parte nel profondo e Un viaggio
chiamato amore, le corrispondenze amorose tra
Rainer Maria Rilke e Lou Andreas-Salomé la prima, e tra Dino Campana e Sibilla Aleramo la seconda, sembrano porsi agli estremi esatti di questo arco che mette in tensione la possibilità e
l’impossibilità della parola, l’intensificazione e
l’inabilità del dire. Le due raccolte finiscono così
per illuminarsi a vicenda. Nel caso di Rilke e della
Salomé si tratta di un rapporto di lunga durata
(1897-1926), cresciuto e sedimentato negli anni,
che terminerà soltanto con la morte del poeta;
una relazione fondata su di un amore prevalentemente spirituale, conoscitivo, dalle fortissime
implicazioni di natura estetica e filosofica. All’inizio lui è un giovanissimo poeta, che però ha
già chiara la condizione che sarà di tutta la sua
esistenza: la consapevolezza e il dolore per la sua
disarmonia rispetto alla vita, e la convinzione che
questa dovrà trovare un superamento, un approdo fecondo non nella vita ma nella poesia. La Salomé è di quattordici anni maggiore di Rilke, e a
quel punto è un’intellettuale, una studiosa di psicoanalisi, una scrittrice cosmopolita e anticonformista già piuttosto affermata. Fin da subito è
lei la più esperta, ferma e chiaroveggente; e tale
rimarrà fino all’ultimo, anche dopo che Rilke
avrà scritto le Elegie Duinesi e i Sonetti a Orfeo.
«Ti vengo incontro come una madre», gli scrive
già nel 1901, «permettimi quindi di parlarti, come
farebbe appunto una madre». Il termini del loro
rapporto sono definiti per sempre.
Tuttavia, è proprio a partire da queste coordinate che l’uno e l’altra trovano la loro libertà e
precisione di dire. Alcune lettere sono formidabili, da un lato per la capacità di Rilke di mettere a
nudo la sua personale inabilità alla vita, l’«angoscia» e il confronto con l’«Altro» che è in lui, le
incertezze e i presentimenti sul fare poetico, la
possente, straziante attrazione per la luce, la gioia, l’armonia delle cose, ma poi sempre, invariabilmente, il sentimento di una frattura non rimarginabile, quanto a sé almeno, tra la conquista
estetica e il livello esistenziale. «Non oso quasi
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Il genere epistolare, considerato minore, è il più vero
Lo provano le dichiarazioni d’amore di Rilke e Campana
interrogarmi sui miei passi avanti, perché tempo
di scoprire», così le scrive ancora nel 1903, «che
le loro orme girano in tondo e ritornano sempre
verso quel maledetto punto desolato da cui sono
ripartito già così tante volte». Per parte sua la Salomé con parole davvero ultrasensibili si rivela
capace di ricucire ogni volta proprio questa ferita, riportando le vie misteriose del processo creativo dentro al grande alveo della vita del poeta,
come parte di un’unica sofferta vicenda di perfezionamento spirituale a cui lei stessa partecipa
integralmente: «come attendessi inconsciamente di ricevere il Tuo reale compimento della vita
come se fosse il Mio».
Con le lettere tra Campana e l’Aleramo siamo,
in tutti i sensi, in un altro mondo. Non l’Europa
cosmopolita, ma per lo più i paesini e i boschi
dell’Appennino emiliano-romagnolo e toscano;
non una relazione approfondita negli anni, ma
un rapporto travolgente, esaltante e insieme autodistruttivo, bruciato per troppa forza in un brevissimo volgere di tempo (1916-1918 gli estremi
del carteggio). Anche in questo caso si tratta di
due scrittori: il poeta dei Canti Orfici (1914) e la
Pagine di vita
Una scena del film Adele H. - Una storia d’amore
(1975) di François Truffaut con Isabelle Adjani
(1955). Truffaut scrisse lettere alla Adjani
per convincerla ad accettare la parte.
L’illustrazione in alto è di Camilla Guerra
Legami
La Salomé era di 14 anni maggiore
del poeta delle «Elegie Duinesi»; con
la Aleramo due anni di amori orfici
narratrice piuttosto affermata di Una donna,
uscito nel 1906 sotto il suo vero nome, Rina Faccio. Ma è vero che questo amore appare così forte
che la letteratura con tutte le sue parole viene come spazzata via. All’estremo opposto di quelle tra
Rilke e la Salomé, le lettere d’amore tra Campana
e l’Aleramo non provano nemmeno a dire, riconoscendo fin da subito senza ombra di equivoco
la sterilità della parola rispetto a quel tutto rovente che è l’amore-passione. Così queste lettere si
riducono in molti casi a lamentare l’assenza,
niente più. Biglietti, cartoline, telegrammi, anche
tre o quattro in un giorno: dove sei? quando vieni? perché non scrivi? sono triste perché non ci
sei, mi manchi, ti amo; o anche «TI AMO», come
le scriverà Campana. Nient’altro che la richiesta
della presenza dell’altro e il ribadire, allo stesso
modo, la presenza dell’amore, anche quando, come negli ultimi mesi, quell’amore si riconoscerà
impossibile: «Dino, Dino! Ti amo. Ho visto i miei
occhi stamane, c’è tutto il cupo bagliore del miracolo. Non so, ho paura. È vero che m’hai detto
amore? Non hai bisogno di me. Eppure la gioia è
così forte. Non posso scriverti. Verrò il 19, dovunque». Dovunque... I luoghi comuni dell’amore, si
può dire. Ovvero le stesse parole che dovremmo
tutti augurarci di avere scritto o di avere il privilegio di scrivere almeno una volta nella vita. Se
l’amore può essere detto solo attraverso una tautologia, bisogna riconoscere che ha trovato qui la
più essenziale delle sue tante lingue.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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La collana Con il «Corriere della Sera» a 6,90 euro. Disponibile anche in ebook
Oggi in edicola il carteggio del poeta con Lou Salomé
Dopo le Lettere d’amore ad Albertina Rosa scritte da
Pablo Neruda, arriva oggi in edicola il secondo volume
della collana «Lettere d’amore» proposta dal «Corriere
della Sera», che in venti libri (in vendita a 6,90 più il
prezzo del quotidiano, i primi tre sono disponibili
anche in ebook a 3,99) mostrerà scrittori, artisti e
scienziati dell’Otto e Novecento nell’inedita veste di
innamorati. Da qualche parte nel profondo. Lettere
1897-1926 presenta, con introduzione di Sabrina Mori
Carmignani, l’intenso carteggio tra il poeta e
drammaturgo austriaco Rainer Maria Rilke e la
psicanalista tedesca di origine russa Lou AndreasSalomé. I due si incontrarono a Monaco il 12 maggio
1897; lui era un giovane poeta ventiduenne e lei
un’affermata intellettuale trentaseienne amica di
Nietzsche (di cui curerà una delle prime biografie
postume). Nacque un legame indefinibile e profondo
che durò tutta la vita come dimostrano le lettere che si
scambiarono fino alla morte di lui, nel 1926. AndreasSalomé fu per Rilke sostegno nei momenti di
smarrimento e dubbio creativo: «Io ritengo che noi
due siamo uniti nei gravi segreti della vita e della
morte, siamo una sola cosa in ciò che in eterno unisce
gli uomini. D’ora in poi potrai contare su di me». La
collana prosegue il 29 luglio con l’amore tormentato
tra Dino Campana e Sibilla Aleramo, seguiranno il 5
agosto le missive di Fernando Pessoa alla fidanzata e il
12 agosto le epistole di Frida Kalho a Alejandro Gómez
Arias e Diego Rivera. (c.br.)
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15 luglio 2014
Pablo Neruda
LETTERE D'AMORE
AD ALBERTINA ROSA
Introduzione
di Giuseppe Bellini
OGGI
Rainer Maria Rilke
Lou Andreas - Salomé
DA QUALCHE PARTE
NEL PROFONDO
Sabrina Mori Carmignani
29 luglio
Sibilla Aleramo
Dino Campana
UN VIAGGIO CHIAMATO
AMORE. LETTERE 1916-18
Bruna Conti
5 agosto
Fernando Pessoa
LETTERE ALLA FIDANZATA
Ophélia Queiroz
e Antonio Tabucchi
12 agosto
Frida Kahlo
NEL MIO CUORE,
NEL MIO SOGNO
Roberta Scorranese
19 agosto
Albert Einstein
Mileva Maric
CARA MILEVA
Jurgen Renn e Robert Schulmann
26 agosto
Ernest Hemingway
TI PARLO DI ME
Matteo Persivale
2 settembre
Édith Piaf
MIO AZZURRO AMORE.
LETTERE INEDITE
Cécile Guilbert
2 settembre
Franz Kafka
LETTERE A MILENA
Ferruccio Masini
16 settembre
Erich Maria Remarque
Marlene Dietrich
DIMMI CHE MI AMI.
TESTIMONIANZE
DI UNA PASSIONE
Cristina Taglietti
23 settembre
Oscar Wilde
PER SEMPRE TUO.
LE LETTERE A LORD
ALFRED DOUGLAS
Eleonora Carantini
30 settembre
Rabindranath Tagore
Victoria Ocampo
NON POSSO TRADURRE
IL MIO CUORE.
LETTERE 1924-40
Maura Del Serra
7 ottobre
Dylan Thomas
LETTERE ALLE MIE DONNE
Massimo Bacigalupo
14 ottobre
Colette
LETTERE A MISSY
Samia Bordji e Frédéric Maget
21 ottobre
Sigmund Freud
LETTERE ALLA FIDANZATA
1882-1886
Daniela Monti
28 ottobre
John Keats
LEGGIADRA STELLA.
LETTERE A FANNY BRAWNE
Nadia Fusini
4 novembre
Gabriele d'Annunzio
LETTERE D'AMORE
A BARBARA LEONI
Federico Roncoroni
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Guillaume Apollinaire
LOU, MIA REGINA
Vittorio Orsenigo
18 novembre
Elizabeth Barrett Browning
Robert Browning
D’AMORE E DI POESIA.
LETTERE SCELTE 1845-1846
Ilaria Rizzato
25 novembre
Boris Pasternak
IL SOFFIO DELLA VITA
Luigi Offeddu
C.D.S.
32
Martedì 22 Luglio 2014 Corriere della Sera
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LA GUERRA E I RIGURGITI ANTISEMITI
✒
La fecondazione eterologa torna a dividere: i casi di gravidanza segnalati a Roma e a Milano lasciano uno strascico di polemiche e sospetti. A Milano l’invio dei carabinieri
del Nucleo antisofisticazioni (Nas) nella clinica Matris apre un giallo: la gravidanza non ci sarebbe nemmeno stata.
Ma c’è chi contesta l’ispezione dell’Arma, lesiva del diritto di ricorrere a questa tecnica dopo che è stata di nuovo
resa possibile in Italia.
Tra annunci, controlli e contestazioni, si torna sulle opposte barricate.
Giuristi preparati sottolineano che,
non essendoci secondo la Corte costituzionale vuoto normativo su questo
tema, non sarebbe giustificata l’invocazione da parte del ministro della Salute
e di altri esponenti politici della necessità di stabilire regole e garanzie specifiche e tantomeno, ovviamente, l’arrivo
dei Nas in una clinica in cui questa tecnica viene praticata. La replica, sempre
in sintesi, è che garanzie tecniche e di
qualità sono particolarmente necessarie, soprattutto alla luce di recenti
eventi che hanno gettato nel panico
più di una coppia, per errori in occasione di fecondazione omologa.
Il dibattito su questo tema non è alla
«prima puntata» — e, verosimilmente,
nemmeno all’ultima. Se esiste buona
fede da parte di tutti gli attori di questo
dibattito è inutile porsi nella prospettiva del torto o della ragione. È forse più
utile porsi nella prospettiva dell’opportunità. In quest’ottica, come cittadini
che hanno giudicato un atto di civiltà la
riammissione della fecondazione eterologa nel nostro Paese, riesce difficile
scandalizzarsi se si chiede che chi vi
accede abbia tutte le garanzie necessarie, che sono benvenute se vengono
stabilite a favore dei potenziali genitori
e dei futuri figli per proteggerli da
eventuali derive «mercantilistiche».
Ovviamente a patto che questo non nasconda solo un intento politico di rimandare sine die l’applicazione della
legge. Ma sembrerebbe, in questo caso, una battaglia persa in partenza, visto che pare ben difficile che si possa
tornare indietro.
Luigi Ripamonti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
IL DIRITTO ALLE VACANZE DI DE BLASIO
IN EQUILIBRIO TRA CELLULARE E FAMIGLIA
✒
Da Angela Merkel a Tony Blair, le
vacanze dei leader stranieri in Italia
sono molto frequenti e la cosa non solleva
polemiche particolari. Ma se a venire nel Bel
Paese è il sindaco di New York, apriti cielo:
da quando ha detto che sarebbe andato per 9
giorni a Roma, Napoli, Capri e nei luoghi
d’origine della sua famiglia, Bill de Blasio è
stato sottoposto a un vero bombardamento
di critiche: «In ferie dopo appena sei mesi di
lavoro? Uno scandalo!» «Bill è
l’amministratore delegato della
città più importante e complessa
del mondo, non può allontanarsi
tanto e per tanti giorni, i suoi predecessori non l’hanno mai fatto».
Le critiche della stampa risentono dei rapporti difficili di de
Blasio coi media che, fin dal suo
insediamento, l’hanno accusato
di essere un po’ pigro (dorme più dei suoi
ex), di arrivare spesso in ritardo agli eventi di
cui è protagonista e di prendere sottogamba
i problemi materiali della città (come le strade solo parzialmente ripulite dalla neve dopo le bufere di un inverno record per il maltempo).
Ma nella polemica un certo ruolo lo gioca
anche l’idea un po’ distorta dell’etica del lavoro che hanno gli americani: un Paese nel
quale il weekend è tendenzialmente sacro
ma fare più di due settimane di ferie è considerato un lusso. Così, dopo essersi unito al-
l’inizio al coro delle critiche, il New York Times ha trovato il coraggio di mettere la questione nella giusta prospettiva: Michael
Bloomberg era uno stakanovista che in 10
anni non ha mai fatto una vacanza vera, ma
era anche un miliardario che si prendeva i
suoi break senza dare pubblicità alla cosa.
Quando voleva si imbarcava sul suo jet privato e se ne andava alla sua villa a Bermuda. Se
c’era un’emergenza lo chiamavano, e in poco
più di due ore di volo era di nuovo a New York. Anche Rudy Giuliani non andava in vacanza, ma
si concedeva lunghi weekend
sulle spiagge degli Hamptons, a
due ore d’auto dal municipio.
De Blasio prende le ferie, ma
nei weekend ha sempre partecipato ad eventi pubblici di ogni tipo. Via Internet e telefono è, poi,
sempre in contatto coi collaboratori e il suo
vice Tony Shorris sa come gestire gli affari
cittadini, come già fa nelle frequenti assenze
di un sindaco dal profilo politico molto alto
che è spesso assorbito da eventi nazionali.
Saper delegare e organizzare un team affidabile è importante quanto amministrare in
prima persona, sottolinea il quotidiano che,
alla fine, riconosce che de Blasio, oltre che
ceo della Grande Mela, è anche padre e marito, e benedice il tour italiano del sindaco.
Massimo Gaggi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
EMILIA, SFIDA SULLE SPESE DELLA REGIONE
TENSIONI TRA IL PD E LA CORTE DEI CONTI
✒
Sulla carta e nell’immaginario
collettivo sembrerebbe una partita persa in questi tempi di spese pazze, eticamente discutibili e a volte penalmente rilevanti da parte di una politica regionale
spesso messa alla berlina dalle magistrature di mezza Italia. Eppure una delle Regioni
simbolo del Pd, l’Emilia-Romagna guidata
dal dimissionario Vasco Errani, da almeno
2 anni ha ingaggiato un braccio di ferro
con la Corte dei conti regionale, uno scontro tra poteri sul tema sempre scivoloso
delle spese dei gruppi consiliari. L’ultima
scintilla qualche giorno fa quando la Procura della magistratura contabile ha inviato a tutti i consiglieri regionali una raffica
di «inviti a dedurre relativi alla presunta
non inerenza di voci di spesa risalenti al
2012»: di fatto, una sorta di avviso di fine
indagine nel quale si contesta la mala gestio dei fondi pubblici per circa 1,8 milioni
di euro (taxi, auto, pasti, alberghi, autostrada, affitti, bollette, consulenze): «Atti
esorbitanti — scrive la Procura —, fuori
dal mandato istituzionale».
La reazione della giunta a guida Pd e dell’intero consiglio è stata perentoria: si parla
di «atti lesivi dell’autonomia regionale», si
ricordano le due recenti sentenze della
Consulta che hanno dato ragione alla Regione (la prima stabilendo che «il sindacato della Corte dei conti deve ritenersi documentale, non potendo addentrarsi nel merito delle scelte dei gruppi»; la seconda annullando le delibere sui conti del 2013), si
fa presente che dal 2010 «i costi sono stati
tagliati di 4,7 milioni di euro», si annuncia
un ennesimo ricorso alla Consulta.
Vedremo come finirà. Premesso che
non siamo nel penale (ma comunque si
parla di uso di fondi pubblici) e riconosciuto il diritto della Regione a difendere il
proprio operato, la reattività con cui il Pd si
è messo a capo di questo duello con la Corte dei conti, sommata ai diffusi «mal di
pancia» sollevati nel partito dalla condanna di Errani nella vicenda Terremerse e solo in parte anestetizzati dai vertici, segnalano un cambio di passo, forse qualche criticità, nei rapporti tra Dem e magistratura.
Una magistratura mai così attiva, nell’ex
feudo rosso, come negli ultimi anni.
Francesco Alberti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I torti diseguali di Israele e Hamas
Il contrattacco non è un’aggressione
di BERNARD-HENRI LÉVY
SEGUE DALLA PRIMA
Ricordiamo che nessuna indignazione,
nessuna solidarietà nei confronti di una
qualsiasi causa può, non dico autorizzare, ma
scusare il gesto virtualmente pogromista che è
il saccheggio, a Sarcelles, di una «farmacia
ebraica» o di una «drogheria ebraica». A tali
mascalzoni oltre che imbecilli, o viceversa, che
la settimana precedente se la prendevano con
due sinagoghe e, otto giorni dopo, recitano un
remake penoso, e grazie al cielo ancora in
modo minore, della notte dei cristalli,
ripetiamo che questo tipo di azioni non trova
spazio né in Francia né in alcun altro Paese
dell’Europa contemporanea. Segnaliamo loro,
en passant, che riunirsi dietro a razzi Qassam
in cartapesta riproducenti le granate lanciate,
alla cieca, su donne, bambini, vecchi, insomma
sui civili di Israele, non è un atto anodino, ma
un gesto di appoggio a un’impresa terroristica.
A coloro che, fra questi, avevano realmente a
cuore la causa di Gaza e sfilavano con striscioni
su cui si evocavano le decine di innocenti uccisi
dall’inizio della controffensiva israeliana, non
saremo così crudeli da chiedere perché non
sono mai lì, mai, sullo stesso selciato parigino,
per piangere, non le decine, ma le decine di
migliaia di altri innocenti uccisi, da circa
quattro anni, nell’altro Paese arabo che è la
Siria. Facciamo notare che i responsabili di
queste vittime, delle decine di donne, bambini,
vecchi — che, se l’avanzata criminale di Hamas
non viene bloccata, saranno, domani, centinaia
— sono due, non uno: il pilota che, prendendo
di mira una rampa di missili iraniani nascosta
nel cortile di un edificio, colpisce per errore
l’edificio vicino; ma anche, se non innanzitutto,
i mostri di cinismo che, al messaggio del pilota
che annuncia di essere sul punto di sparare e
invita i vicini a lasciare il quartiere per mettersi
al riparo, rispondono invariabilmente: «Che
nessuno si muova; che ognuno resti al proprio
posto; che 10, 10.000 martiri sono pronti a
offrire il proprio sangue alla santa causa,
iscritta nella nostra Carta, della distruzione
dello Stato degli ebrei».
Quanto agli altri, a coloro che ritengono tali
comportamenti causati da eccitazioni febbrili
condivise, quanto ai mass media che
continuano a evocare la «aggressione»
israeliana, o la «prigione» che Gaza è diventata,
o la «spirale» delle «violenze» e delle
«vendette» che alimenterebbero questa guerra
senza fine, obiettiamo che:
non c’è aggressione, ma contrattacco di Israele
di fronte alla pioggia di missili che, ancora una
DORIANO SOLINAS
FECONDAZIONE ETEROLOGA, SÌ A GARANZIE
MA LA LEGGE VA APPLICATA SENZA RITARDI
volta, si abbattono sulle sue città e che nessuno
Stato al mondo avrebbe tollerato così a lungo;
che Gaza è, in effetti, una sorta di prigione ma,
avendola gli israeliani evacuata ormai da quasi
dieci anni, non si capisce come potrebbero
esserne i carcerieri. Cosa pensare, invece, di
Hamas che mantiene l’enclave sotto il giogo,
che tratta i propri abitanti come ostaggi e che,
mentre gli basterebbe una parola o, comunque,
una mano tesa perché cessi l’incubo, preferisce
andare fino in fondo alla sua follia criminale?
Fra le violenze e le vendette che ci vengono
presentate come «simmetriche», fra l’omicidio
dei tre adolescenti ebrei rapiti e trovati morti
vicino a Hebron e l’omicidio del giovane
palestinese bruciato vivo, due giorni più tardi,
da una gang di barbari che disonorano gli
ideali di Israele, esiste una differenza che non
cambia nulla, ahimè, al lutto delle quattro
famiglie ma che, per chi ha la possibilità e,
quindi, il dovere di mantenere la mente fredda,
cambia tutto: le autorità politiche, giudiziarie e
morali di Israele sono inorridite per il secondo
omicidio, l’hanno condannato senza riserve e
hanno fatto in modo che i suoi presunti
colpevoli fossero braccati e arrestati; per il
primo, i cui autori non sono ancora stati
trovati, bisognava avere un udito assai fine per
sentire non fosse che una parola nei ranghi
palestinesi: sì, una frase si è udita, quella di
Khaled Meshaal, capo di Hamas in esilio, «che
si congratulava» per le «mani» che hanno
«rapito» i tre adolescenti brutalmente
riqualificati, per l’occasione, «coloni ebrei»...
Dubito che queste osservazioni possano avere
qualche effetto sui jihadisti della domenica,
sempre gli stessi che, un giorno, deplorano che
gli si impedisca di ridere con l’umorista
Dieudonné; un altro che gli si vieti di esprimere
rispetto per Mohamed Merah; e un altro che la
diplomazia francese non si schieri come un sol
uomo dietro agli «indignati» pro Hamas.
Quanto al resto della Francia, agli uomini e alle
donne di buona volontà, a coloro che non
hanno rinunciato al sogno di vedere, un
giorno, questa terra finalmente condivisa,
vorremmo tanto che rompessero il cerchio
della disinformazione e della pigrizia di
pensiero! No, fra Israele e Hamas, i torti non
sono distribuiti in parti uguali. Sì, Hamas è
un’organizzazione islamo-fascista da cui è
urgente liberare anche gli abitanti di Gaza. E
quanto al capo dell’Autorità palestinese,
Mahmud Abbas, egli si rivolge alle Nazioni
Unite affinché facciano «pressione» su Israele:
ma non sarebbe più logico, più degno e
soprattutto più efficace che si rivolgesse ai folli
di Dio, che da qualche settimana sono
ridiventati i suoi partner di governo, per
esigere e ottenere da loro che depongano,
senza indugio, le armi?
Gli abitanti di Gaza meritano di essere qualcosa
di meglio che scudi umani. I popoli della
regione, tutti i suoi popoli, sono stanchi della
guerra e del suo strascico di orrori: diamo una
chance alla pace.
Traduzione di Daniela Maggioni
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’ASSOLUZIONE DI BERLUSCONI E IL RUOLO DELLA MAGISTRATURA
Un nuovo attore del sistema politico
di PIERO OSTELLINO
L’
assoluzione in Appello di Silvio
Berlusconi per il caso Ruby non è
stata una sorpresa, come i media
l’hanno presentata, né un atto di
giustizia, come si illude la destra. È
stata un atto di Realpolitik da parte di una magistratura che pare sapere sempre quanto le
convenga fare, e dire, per mantenere e consolidare il proprio potere. Non è stata un successo
della Giustizia, ma un compromesso parapolitico maturato nelle particolari circostanze di
una lotta di potere non regolata.
Se Berlusconi fosse stato condannato anche
in Appello, probabilmente ci sarebbe stata una
reazione da parte dell’area cosiddetta moderata; reazione che, delegittimandola, avrebbe ridotto non solo l’autorità istituzionale, ma anche il potere politico di cui la magistratura dispone; avrebbe provocato un rivolgimento parlamentare, del quale anche il presidente della
Repubblica avrebbe dovuto prendere atto,
sciogliendo le Camere, indicendo nuove elezioni. Che nessuno vuole perché potrebbero
vincerle «gli altri», più propensi a fare le riforme, compresa quella della Giustizia. Berlusconi potrebbe essere stato assolto non solo perché le ragioni della condanna precedente non
stavano in piedi in punta di diritto, ma anche
perché la sua assoluzione era «conveniente» al
mantenimento delle cose come stavano.
Sarebbe, però, fuorviante dedurne che l’accaduto sarebbe il frutto di un tacito accordo fra
il Cavaliere e Renzi. Per cercare di ipotizzare co-
me sono andate effettivamente le cose occorre
provare a chiedersi come funziona il nostro sistema politico dopo che potere legislativo e potere esecutivo hanno di fatto delegato il potere
giudiziario a esercitare un ruolo che costituzionalmente spetta loro; occorre partire dalla constatazione che la magistratura o, almeno, la
parte più dinamica di essa, non è più — come
era stata con la fine della Prima Repubblica,
dopo la scomparsa dei partiti ad eccezione del
Pci, e la discesa in campo di Berlusconi — un
organismo al servizio, più o meno diretto, di
una sinistra che non ce l’aveva fatta e non ce
l’avrebbe mai fatta, da sola, a vincere le elezioni
e a governare il Paese.
Con il governo Renzi — nato a sinistra, ma
sostenuto in Parlamento da una destra sempre
più restia a farlo — la magistratura è in una
botte di ferro. Si è liberata dell’ipoteca di essere
il braccio giudiziario della sinistra, può influenzare il sistema politico in modo del tutto
autonomo attraverso le sole sentenze anche se
non è dato sapere se calcolate, come si insinua
da destra, o casuali, come si sostiene a sinistra;
non subirà la riforma di un sistema giudiziario
che le riconosce una spropositata e invasiva discrezionalità.
La magistratura è in gran parte, soprattutto
se di sinistra, una corporazione come tante che
— con buona pace della distinzione e separazione dei poteri — fa i propri interessi operando nel e sul sistema politico senza mandato popolare e non pagandone i costi. La sinistra —
una forza conservatrice, erede del corporativismo organicista fascista — non ha più bisogno
dell’aiuto della magistratura per vincere elezioni; è in grado di vincerle, anche a prescindere
dalla carenze della destra, con i soli propri
mezzi e di governare con l’appoggio di qualche
opportunista. Le elezioni la sinistra le ha vinte
con Renzi — che si è alleato con Berlusconi e
che, da Berlusconi, si è persino truccato.
Il governo Berlusconi, di destra, quanto a
non attuare le riforme pur fingendo di volerle,
non era stato da meno del governo Renzi, di sinistra. Renzi è funzionale al corporativismo
come lo erano stati i governi del Cavaliere. Le
maggiori corporazioni garantiscono lunga vita
al furbo ragazzotto fiorentino a condizione che
non tocchi nulla; perciò Renzi ne parla molto,
fa poco e conta su quegli italiani che, dalla fine
della Seconda guerra mondiale, coltivano la
speranza in un «avvenire luminoso». Che la sinistra promette, a parole, quando è all’opposizione; non realizza quando va al potere.
Le vicende giudiziarie di Berlusconi di questi giorni sono emblematiche del conservatorismo che grava sul funzionamento del sistema
politico-istituzionale. Prima, c’è stata la condanna «esemplare» ad uso dei giustizialisti di
destra e di sinistra; poi, l’assoluzione parimenti «esemplare» ad uso di pochi garantisti di
ogni partito. In modo da accontentare tutti e
fare in modo che tutto restasse come prima.
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Corriere della Sera Martedì 22 Luglio 2014
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Lettere al Corriere
STORIA DELLA STRISCIA DI GAZA
TERRA DI TUTTI E DI NESSUNO
Risponde
Sergio Romano
Ci vuole spiegare quando,
come e chi decise la nascita
della «Striscia di Gaza», che
ha tutta l’aria di essere una
polveriera, un corpo estraneo,
oltre a un problema senza
soluzione? Cosa si prefiggeva
Sharon con l’applicazione,
nell’agosto del 2005, del
«piano di disimpegno
unilaterale», che prevedeva
l’abbandono di tutti gli
insediamenti ebraici nella
Striscia e di quattro nella
Cisgiordania settentrionale?
Maura Bressani
maurabressani@
hotmail.it
Cara Signora,
ualche dato anzitutto. La
Striscia è un tratto di
terra che si affaccia sul
Mediterraneo confinando a
sudovest con l’Egitto e a sudest
con Israele. Ha una frontiera
terrestre di 75 km e una linea
costiera di 40 km. La sua popo-
Q
LA NOSTRA TOPONOMASTICA
Capricci ideologici
Caro Romano, a Sarajevo è
stato inaugurato un
monumento alla memoria di
Gavrilo Princip, autore
dell’attentato all’arciduca
Francesco Ferdinando. A
Gaetano Bresci, che uccise re
Umberto I, è stata dedicata una
lapide commemorativa a
Carrara e Prato gli ha intitolato
una via. Trova giusto che si
commemorino persone che si
sono macchiate di omicidi o il
fatto che il loro bersaglio fosse
un’altissima personalità
istituzionale ne degrada in
qualche modo la responsabilità
rendendoli, da assassini, a
quasi eroi? Che cosa li
differenzia, per esempio, da Lee
Harvey Oswald o da John
Wilkes Booth, rispettivamente
assassini di Kennedy e Lincoln,
che sono altrettanto ricordati?
Le lettere, firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a:
«Lettere al Corriere» Corriere della Sera
via Solferino, 28 20121 Milano - Fax al numero: 02-62.82.75.79
lazione, calcolata nel 2014, ammonta a un milione e 816.379
persone con un’alta percentuale di giovani: 43,2% sotto i 14
anni, 20,6% fra i 15 e i 24 anni.
Il 22,5 è disoccupato, il 38% vive al di sotto della linea di povertà. La sua economia è fortemente condizionata dal blocco
israeliano delle sue frontiere
terrestri e marittime, decretato
all’epoca della seconda Intifada, iniziata nel 2000.
Sul piano politico e amministrativo ha la sfortuna d’essere
stata lungamente una terra di
tutti e di nessuno. È una provincia palestinese, ma la Palestina ha confini incerti, soggetti ai mutamenti delle circostanze storiche e politiche. In
epoca ottomana apparteneva
alla Grande Siria, una regione
storica dai confini altrettanto
incerti che comprendeva la Palestina sino al Giordano, la Siria attuale e buona parte del Libano. Durante la prima guerra
che non offendano i sentimenti
e le memorie di una parte della
società. Le targhe, purché non
siano retoriche ed encomiastiche, hanno il merito di ricordare eventi che possono essere valutati diversamente ma non devono essere dimenticati. La toponomastica italiana andrebbe
sottratta ai capricci ideologici
dei consigli municipali.
arabo-israeliana fu occupata
dall’Egitto e divenne sede per
qualche tempo di un effimero
governo palestinese. Nella
guerra del 1956, scoppiata dopo la nazionalizzazione egiziana del Canale di Suez, fu occupata dagli israeliani insieme al
Sinai, ma restituita all’Egitto
grazie all’intervento dell’Onu e
degli Stati Uniti. Tornò nelle
mani di Israele durante la
«guerra dei sei giorni» (1967)
con una popolazione aumentata dall’arrivo di circa 200.000
rifugiati palestinesi. Cominciarono allora gli insediamenti
coloniali israeliani; e fu questa
verosimilmente la principale
ragione per cui Israele, nel
Trattato di pace con l’Egitto del
1979, restituì il Sinai, ma con-
Le immagini e le notizie
Fra le immagini strazianti
riportate dai media c’è quella di
un padre palestinese che cerca
rifugio con la figlia in una
scuola. Altrettanto straziante è
apprendere che ispettori
Fatah sulla società palestinese.
Quando Hamas vinse le elezioni palestinesi del 2005 e cacciò
Al Fatah dalla Striscia, i fatti dimostrarono che il calcolo dei
servizi israeliani non era sbagliato. Ma anche la scaltrezza
talvolta può produrre risultati
inattesi. Hamas, solidamente
installata a Gaza, è oggi una
continua minaccia per lo Stato
israeliano.
Nella storia recente di Gaza,
la parentesi Sharon, a cui lei si
riferisce nella sua domanda, fu
certamente la fase più promettente. Ma non credo che il ritiro
di circa 9.000 coloni fosse destinato a preparare l’avvento di
un vero Stato palestinese. Penso piuttosto che Sharon volesse
razionalizzare la geografia degli insediamenti eliminando
quelli che erano più difficilmente difendibili e che impegnavano, per la loro sicurezza,
una eccessiva forza militare.
operative anche in piccoli
territori e la guardia di Finanza
ha finalità ben precise e
determinate. Occorre quindi
essere cauti sulle unificazioni!
rottamazione e
semplificazione. Eppure si
tratta di un caso emblematico
di riduzione delle tasse
mediante il taglio delle spese.
Nicodemo Settembrini
Arezzo
internazionali hanno scoperto
in una scuola un deposito di
missili!
Giorgio Tescari, Milano
UNIFICAZIONI / 1
Forze di polizia
MEDIO ORIENTE
servò il controllo di Gaza.
Nel 1994, dopo la prima Intifada e gli accordi di Oslo, Israele trasferì il governo di buona
parte della Striscia alla nuova
Autorità Palestinese, ma conservò le zone dove sorgevano
gli insediamenti e quella parte
del territorio che gli consentiva
di garantirne la sicurezza. La
situazione peggiorò dopo il fallimento dei negoziati di Camp
David, la passeggiata di Sharon
sulla spianata delle moschee e
lo scoppio della Seconda Intifada nel 2000. Fu quello il momento in cui Hamas acquistò
maggiore visibilità, fece di Gaza una delle sue principali basi
operative e fu condannata da
molti come organizzazione terroristica. Ma qualcuno osservò
che la nascita del «mostro»,
più di vent’anni prima, era stata favorita dai servizi israeliani,
convinti allora che un fanatico
movimento religioso avrebbe
ridotto l’influenza dei laici di Al
Si torna a parlare di unificare
le forze di polizia. In teoria può
sembrare facile, ma in realtà
non lo è. Se si pensa alle loro
funzioni istituzionali, la polizia
di Stato opera prevalentemente
nei capoluoghi di provincia, i
carabinieri hanno le loro sedi
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Antonio Gambino
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UNIFICAZIONI / 2
RUSSIA E ITALIA
Aci e Pra
Aerei abbattuti
La fusione Aci-Pra con la
Motorizzazione, annunciata ad
intervalli regolari negli ultimi
30 anni e per ultimo da Mattei
Renzi, diventa una
«eventualità». Significa,
secondo me, che anche questa
volta non se ne farà nulla,
malgrado il continuo
sbandieramento di
Gli accusatori della Russia
hanno fatto in fretta a trarre le
conclusioni su chi ha abbattuto
l’aereo nei cieli dell’Ucraina.
Noi, a distanza di tanti anni,
non riusciamo ancora a capire
chi sono i colpevoli per la
tragedia di Ustica...
Filippo Testa
Baldissero Torinese
PROMESSE IMPOSSIBILI
La tua opinione su
sonar.corriere.it
Usa: la vedova di un
fumatore accanito avrà
un risarcimento da 17
miliardi da Reynolds
American. È giusto?
Francesco Valsecchi
Roma
I monumenti occupano uno
spazio pubblico e andrebbero
costruiti in onore di persone
Meglio tacere
SUL WEB Risposte alle 19 di ieri
La domanda
di oggi
Sì
La Russia presenta
la sua versione dei
fatti sull’abbattimento
dell’aereo malese.
È credibile o meno?
16
No
84
«Mai più morti nel
Mediterraneo, mai più guerre,
mai più stragi come questa,
mai più!» ... fino alla prossima
volta! È proprio vero che un bel
tacer non fu mai scritto.
Enzo Bernasconi, Varese
@
E-mail: [email protected]
oppure: www.corriere.it
oppure: [email protected]
Il piccolo fratello
di Paolo Di Stefano
Calvino, Sciascia, Levi
la scuola dei soliti noti
N
iente di nuovo sotto il solleone, da trenta-quarant’anni. Ogni estate che il Signore mandi benevolmente sulla Terra, le classifiche dei libri subiscono la
solita stanca respirazione bocca a bocca della scuola.
Provate a dare un’occhiata: vedrete lievitare nella
narrativa italiana almeno quattro-cinque romanzi di Italo Calvino. Non La giornata di uno scrutatore, ma immancabilmente: Il
sentiero dei nidi di ragno, l’intera trilogia a raffica, Le città invisibili. Poi: un paio di Pavese, un paio di Fenoglio, un paio di
Sciascia. E Primo Levi. Pochi titoli (da decenni sempre quelli)
per pagare lo scotto civile alla Resistenza, alla Shoah, alla mafia;
quello di genere, dal neorealismo al fantastico; quello geografico distribuendo le parti tra Nord e Sud. Ce n’è (quasi) per tutti i
gusti.
Poi, non mancheranno mai, ogni estate: Il fu Mattia Pascal,
La coscienza di Zeno, Il Gattopardo, L’isola di Arturo… Quest’estate, ovvio, non si può rinunciare alla Grande Guerra, dunque Lussu e Un anno sull’altipiano. È la coazione a ripetere delle letture per le vacanze, consigliate (o imposte) dagli insegnanti. Ha proprio ragione Paolo Di Paolo (La Stampa, 2 luglio), è un
canone immutabile, istituzionale, privo di sorprese, di slanci, di
coraggio. Se ne ricava un effetto di eterno presente o meglio di
eterno passato: come se dagli anni Sessanta non ci fosse stato
nessun ricambio generazionale
(e culturale) tra gli insegnanti,
come se gli studenti di oggi fossero esattamente quelli di trenta
o quarant’anni fa, soprattutto coIl canone
me se la letteratura non avesse
immutabile
prodotto alcuna pagina degna di
fare timidamente capolino tra i
dei libri
classici del nostro tempo. Sì,
da leggere
qualcosa forse, eventualmente,
molto eventualmente, ma sono
per l’estate
titoli scelti prima dal mercato e
poi a ruota dai professori: troverete infatti, sparso qua e là, qualche libro di Eco, di Benni, di
Ammaniti, di Baricco e non molto di più.
Saranno gli studenti a essere conservatori andando a sbattere
sempre negli stessi nomi, o saranno piuttosto gli insegnanti a
caldeggiare con ossessione Calvino, Pavese, Sciascia e poco altro? Perché con loro non si sbaglia mai, sono l’usato sicuro. Anche senza volersi spingere spericolatamente sui viventi, non si
capisce perché la scuola tagli fuori da mezzo secolo gente come
Ortese, Soldati, Parise, Bianciardi, Morselli, Flaiano… E Fruttero
& Lucentini? E Pontiggia? E Bufalino? E Consolo? E Tabucchi? E
chissà quanti altri. Non sarebbe ora di rompere le righe dell’abitudine?
Domenica sul Sole 24 Ore, Claudio Giunta sosteneva che è
sbagliato permettere ai laureati in Lettere classiche di insegnare
italiano nel triennio dei licei: per formazione, sono troppo
orientati sul passato e poco sul contemporaneo. La vera lacuna
però non è nella formazione, ma nella curiosità culturale.
Quanti laureati in filologia italiana (e futuri insegnanti) conoscono Gianni Celati e Milo De Angelis? Il contemporaneo spesso
è fantascienza: dunque se ne parlerà nel XXII secolo. Semmai.
❜❜
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Interventi & Repliche
Nidasio
Spunti per la riforma della giustizia
Una ventata di aria fresca in una stanza da
troppo tempo chiusa. Questo è l’effetto che
scaturisce dalla sentenza della Corte di appello
milanese del 18 luglio nel dibattito sulla
giustizia, da vent’anni ostaggio delle vicende
giudiziarie dell’ex premier. Un ventennio in cui,
quasi al riparo di quelle vicende, si sono
scontrate due fazioni che avevano, pur con
finalità diverse, lo stesso obiettivo: la
conservazione dello «status quo». Ne hanno
fatto le spese — e che spese! — la cultura delle
garanzie troppo spesso impugnata nel
tentativo di salvaguardare gli interessi di un
singolo e l’esigenza di una vera riforma del
sistema Giustizia per troppo tempo rimasta
negletta. Oggi questo nodo gordiano su cui si è
avviluppata la società italiana sembra
proprio potersi sciogliere. Attenzione:
non perché vi sia stata l’assoluzione in
Appello dell’ex premier ma perché la
fisiologica conclusione del giudizio di
secondo grado — con buona pace dei suoi
numerosi detrattori — consente da un lato
di poter affermare un valore costituzionale
di fondamentale importanza quale è
la libertà della giurisdizione; dall’altro
riconsegna alla politica riformatrice spazi e
territori dai quali si era tenuta lontana vuoi per
opportunità vuoi per debolezza. Ecco, allora,
che le condivisibili e opportune riflessioni
di Enrico Maria Berruti («La riforma per una
giustizia più credibile», Corriere del 20 luglio)
offrono seri spunti per costruire
un vero tavolo per una riforma strutturale
della giustizia, che ne ridisegni i caratteri
costituzionali nel rispetto della tradizione
liberale e democratica, ma accogliendo le
inevitabili istanze che provengono dalla
modernità. Al Parlamento e all’Esecutivo
spetta finalmente il compito di intraprendere
questa strada abbandonando ogni
tatticismo, come sembra essere il
«gioco dei dodici pallini» dell’unica slide
proiettata a fine giugno dal governo,
così riassumendo il ruolo e la
funzione che le competono.
Alla magistratura spetta il compito di
riposizionarsi entro gli spazi che l’attuale
assetto costituzionale già delinea se
interpretato correttamente; spazi da tempo
abbandonati in ragione di una funzione di
supplenza che ha trasformato la
giurisdizione in uno strumento di lotta
al fenomeno emergenziale di turno.
All’Avvocatura spetta il compito, non facile, di
saper interpretare e farsi portatrice degli
interessi generali che necessitano di
adeguata tutela e che al contempo sono
espressione della società tutta e della sua
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esigenza di una Giustizia, appunto, più
credibile.
Avv. Salvatore Scuto, presidente
Camera penale di Milano
«Der Spiegel» e Massimo D’Alema
Sul Corriere di ieri, a pagina 11, riferiamo — per
un errore di traduzione di un’agenzia di stampa
— che il sito del settimanale tedesco Der
Spiegel definisce l’ex presidente del Consiglio
Massimo D’Alema «un vecchio comunista»:
l’esatta definizione è invece «un ex comunista».
L’autostrada Tirrenica
Nell’articolo su Capalbio e l’autostrada
Tirrenica pubblicato sul Corriere del 20 luglio a
pagina 19, il senatore Massimo Cervellini è
diventato Marcello Crivellini. Mi scuso con
l’interessato e con i lettori. (m. ga.)
EDIZIONI TELETRASMESSE: RCS Produzioni Milano S.p.A. 20060 Pessano con Bornago
- Via R. Luxemburg - Tel. 02-95.74.35.85 • RCS Produzioni S.p.A. 00169 Roma - Via Ciamarra 351/353 - Tel. 06-68.82.8917 • Seregni Padova s.r.l. 35100 Padova - Corso Stati Uniti
23 - Tel. 049-87.00.073 • Tipografia SEDIT Servizi Editoriali S.r.l. 70026 Modugno (Ba) Via delle Orchidee, 1 Z.I. - Tel. 080-58.57.439 • Società Tipografica Siciliana S.p.A. 95030
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separati: m/m/g/d Corsera + CorVen. € 0,93 + € 0,47; ven. Corsera + Sette + CorVen. € 0,93
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Alto Adige, non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + CorTrent. o CorAltoAd. € 0,93 +
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prov. non acquistabili separati: l/m/m/g/d Corsera + CorFi € 0,62 + € 0,78; ven. Corsera +
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PREZZI: *Non acquistabili separati, il venerdì Corriere della Sera + Sette € 1,90 (Corriere €
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Il DNA e altre verità” € 8,30; con “I dolci di Benedetta” € 9,39; con “I sentieri della Grande Guerra” € 14,30; con “Scarpette rosse” € 9,30; con “Harry Potter” € 13,30; con “Skylander” € 16,30; con “Diabolik. Nero su nero” € 2,40; con “Vasco Rossi - Feedback” € 11,39; con “Grande Guerra. 100 anni dopo” € 12,39; con “Geronimo Stilton. Viaggio nel tempo” € 8,30; con “English Express” € 12,39; con “Biblioteca della Montagna” € 10,30
34
Martedì 22 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Spettacoli
Festival di Venezia
Settimana della Critica, in gara solo un regista italiano
Dancing with Maria del goriziano Ivan Gergolet,
documentario sulla celebre danzatrice argentina
Maria Fux, è l’unico film italiano in concorso, fra
i sette in gara, alla Settimana della Critica della
Mostra internazionale d’arte cinematografica di
Venezia (27 agosto-6 settembre). Evento di
chiusura fuori concorso invece sarà Arance e
martello, opera prima di Diego «Zoro» Bianchi.
La storia
In carriera ha venduto
50 milioni di dischi
e fatto la storia
del rock, adesso
l’artista ha prodotto
il secondo album del
gruppo italoamericano
e domani salirà con
loro sul palco a Roma
ROMA — La mail: «Umberto, Alan
ha sentito il tuo brano, mentre viaggiava in treno. Vuole lavorare con voi».
Umberto di cognome fa Sulpasso ed è il
cantante della band emergente italoamericana Urock. Alan è Parsons: 50
milioni di album venduti con il suono
magniloquente e barocco del Project,
ma anche l’uomo cresciuto all’ombra di
sir George Martin (il quinto Beatle) durante le registrazioni di «Abbey Road» e
«Let It Be», colui che ha curato il suono
di «The Dark Side Of The Moon» dei
Pink Floyd.
È la storia di Davide che incontra Golia, anche se il finale non è quello scritto
nella Bibbia: Parsons ha già prodotto
due canzoni nel primo disco della band
(età media 40 anni), ora non solo vuole
lavorare di nuovo con gli Urock al secondo album ma, domani a Roma e giovedì a Treviso, suonerà con loro. «Per
me sarà un’esperienza particolare perché farò qualcosa di diverso. Non vedo
l’ora — racconta il mago
inglese dei suoni —.
Non è semplice instaurare subito un bel rapporto con una band». Il
guru si trova a Guidonia
per registrare con gli
Urock le prime canzoni
del loro nuovo album
che uscirà a settembre o
ottobre. «Per noi è il Paradiso — dice Umberto,
il cantante — mi commuovo soltanto a parlarne. Quando mai capita che una band indie venga aiutata da
un gigante della musica internazionale?
È incredibile vedere Alan al lavoro. Ha
anche suonato le tastiere in un nostro
nuovo pezzo».
Il primo incontro fra Parsons e gli
Urock, poco più di due anni fa, è avvenuto via internet, dopo che la band gli
inviò due canzoni dedicate a un amico
scomparso, fan di «The Dark Side Of
The Moon». Ricorda la band: «L’impresa sembrava irrealizzabile anche perché
associazione
mittelfest
Comune
di Cividale
del Friuli
Con il sostegno particolare
Insieme
Alan Parsons (65
anni), al centro,
con gli Urock, band
italoamericana
guidata dal cantante Umberto
Sulpasso, losangelino di padre italiano. Il primo incontro fra Parsons
e gli Urock, poco
più di due anni fa,
è avvenuto via Internet: la band gli
inviò due canzoni
nonostante sul sito di Alan fosse
scritto che ogni
mail era «benvenuta ma era quasi
impossibile avere
una risposta». Non
è andata così
Alan Parsons e la favola Urock
«Suono con la piccola band»
Il guru della musica: dai Beatles ai Pink Floyd, ora sperimento
Il profilo
Chi è
Alan Parsons è nato a Londra il 20
dicembre 1948. Musicista, cantante
e tecnico del suono, fonda con Eric
Woolfson il gruppo progressive rock
The Alan Parsons Project (1975)
Le collaborazioni
Ha lavorato con famosi cantanti e
band rock, tra cui: Beatles, Pink
Floyd (con lui nella foto), Al Stewart
sul sito di Alan era scritto che ogni mail
era benvenuta ma era quasi impossibile
avere una risposta». Dopo altri scambi
di mail e mp3, un anno fa il maestro e
gli «allievi» sono riusciti a stringersi la
mano. Parsons ha suonato a Roma con
il Project e ha chiesto agli Urock di aprire il concerto. Adesso i ruoli si sono ribaltati: Parsons è l’ospite nel live del
gruppo romano. «È una persona straordinaria — commenta Sulpasso — e
umile, come i grandi. Quando, dopo
una chiacchierata via Skype, gli abbiamo timidamente chiesto se gli andava
di suonare dal vivo un paio di canzoni
con noi sembrava seccato. Ci siamo preoccupati. E lui: “Perché mi volete soltanto per due pezzi?”». È finita che insieme proporranno nove brani dal repertorio di Parsons.
L’inglese dal «tocco d’oro», negli ultimi anni si è dedicato soprattutto alla
sua carriera; ha prodotto il disco di Steven Wilson dei Porcupine Tree e il lavoro di Jake Shimabukuro, trentasettenne
nato alle Hawaii conosciuto come il «Jimi Hendrix dell’ukulele». «Non credo
che vincerà mai il disco di platino —
scherza Parsons in tour per l’Europa —.
Lavoro su quello che mi interessa ma
non rifiuterei mai un milione di dollari,
anche se un disco non mi piace. È bello
passare ai giovani la mia conoscenza.
Mi ricorda di quando ero giovane e iniziai a lavorare negli studi di Abbey
Road». Aveva poco più di vent’anni e si
ritrovò sul tetto della Apple al seguito
dei Fab Four durante le riprese di «Get
Back». «Hanno inciso Abbey Road in 8
settimane, furono rapidissimi — ricorda —. Non era molto per loro: impiegarono un anno per “Sgt Pepper’s”. E per
“Dark side Of The Moon” i Pink Floyd ci
hanno messo 8-9 mesi... avevano un
budget illimitato. Però non lavoravamo
tutti i giorni. Era molto rilassante».
Quel disco è stato determinante per la
sua carriera: «È vero, ma come spesso
accade, nessuno pensava che ne avrem-
L’accusa
Allen: la politica nei film è deprimente
mittelfestmusica
«Non ho mai fatto film su temi politici. Sono di
importanza cruciale, ma nell’ampia visione
delle cose, solo le grandi domande contano. E le
risposte alle grandi domande sono molto,
molto deprimenti». Così Woody Allen (78 anni,
nella foto) alla presentazione, a New York, del
suo ultimo film Magic in the moonlight. «Ciò
che raccomando è la distrazione. Penso a due
tipi di registi, uno profondo, intellettuale, l’altro
sciocco e di evasione, e non sono sicuro che non
sia quest’ultimo a dare il miglior contributo».
mo continuato a parlarne più di quarant’anni dopo».
La vita in sala di registrazione stava
stretta ad Alan che con Eric Woolfson
creò nel ‘75 gli Alan Parsons Project. E
arrivò anche il successo planetario di
«Eye In The Sky». «Abbiamo perso il
treno degli anni Ottanta... saremmo diventati una band da stadio se avessimo
iniziato i live in quel periodo. Ma i sintetizzatori dell’epoca non erano in grado
di riprodurre il nostro suono imponente». Le dispiace non essere diventato
una rockstar Mr. Parsons? «Non mi
chiami così, lo fa soltanto la polizia —
ride —. E comunque no, non ho creato
il Project per essere riconosciuto, per
diventare l’Artista».
Beatles, Pink Floyd, Al Stewart, Paul
McCartney: un’altra vita, un’altra musica. «La creatività è crollata, non ci sono
più grandi album. In parte perché le
persone scaricano una canzone alla volta, non ascoltano più un disco intero. Il
rock oggi viaggia sui telefonini, sull’iPad, siamo schiavi di internet. Guitar
hero come Eric Clapton o Jeff Beck non
esistono più, vittime del nuovo pop che
ha bandito le chitarre. Nonostante tutto
sono venute fuori delle belle progressive band come Radiohead, Tool e anche
gruppi pop come i Maroon 5. Eppoi ci
rimane il classic rock: Robert Plant, i
Rolling Stones sono come la musica
classica e avranno sempre i loro seguaci. Esistono ancora persone che amano
ascoltare un pezzo di venti minuti e non
una canzone che scivola via in 180 secondi. Per loro non è cambiato niente. E
nemmeno per me».
Sandra Cesarale
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Cividale del Friuli
19-27 luglio 2014
www.mittelfest.org
STEFANO BOLLANI
CAMERATA SALZBURG
COMBATTIMENTO AMSTERDAM
GLAUCO VENIER
SOFIJA GUBAJDULINA
MARKUS STOCKHAUSEN
ENRICO BRONZI
Corriere della Sera Martedì 22 Luglio 2014
✒
L’Osservatore premia
Pasolini: il suo Gesù
è il migliore del cinema
Spettacoli 35
italia: 51575551575557
P
asolini lo dedicò «alla cara, lieta, familiare
memoria di Giovanni XXIII», ai tempi fu
ben accolto ma la Chiesa non si pronunciò
ufficialmente e l’Osservatore Romano scrisse
che era «fedele al racconto, non all’ispirazione
del Vangelo». Ma oggi, a 50 anni dall’uscita del
Vangelo secondo Matteo (foto), il giudizio è
sedimentato e il quotidiano della Santa Sede
celebra il «capolavoro» a tutta pagina: «È
probabilmente il più bel film su Gesù mai girato
nella storia del cinema». La Filmoteca vaticana
ha restaurato la pellicola. Una consacrazione:
«Sembra completamente abbandonarsi al
fluire della pagina evangelica».
Gian Guido Vecchi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Redazioni in allarme. Rizzo Nervo: il piano lo conosciamo in tre
Nelle redazioni della Rai, la data che
tutti hanno cerchiato sul calendario è
quella di domani. Alle 17 ci sarà il precda informale (il giorno dopo il consiglio voterà le linee generali), in cui verrà
esposto il piano che dovrebbe riorganizzare l’informazione in azienda. I
contenuti di questa operazione dai risvolti epocali sono ancora nascosti da
Vertice Il dg
Luigi Gubitosi e il presidente
Anna Maria
Tarantola
una pesante coperta di mistero che i
giornalisti, comprensibilmente, mal
sopportano. L’umore è per tutti piuttosto teso, perché tra le varie ipotesi si è
parlato di un accorpamento tra Tg3 (il
cui direttore è Bianca Berlinguer), RaiNews 24 (guidata da Monica Maggioni)
e tg locali; di una riduzione significativa
del numero dei notiziari (specie quelli
di mezza sera) e di una complessiva razionalizzazione dei costi. Inizialmente,
sembrava fosse il Tg2 (anziché il Tg3) ad
essere coinvolto nell’accorpamento, ma
la sensazione delle ultime ore per la testata è quella dello scampato pericolo.
La puntualità della riforma parrebbe
in sintonia con il pensiero di Renzi, anche se in realtà il governo starebbe pensando a un piano editoriale più complessivo, che muoverebbe i primi passi
già da settembre e su quattro ambiti: governance, nuova convenzione, canone e trasformazione
della Rai in media company. E’
probabile quindi che questa disamina — a cui avrebbero dato il via
libera il direttore generale Gubitosi e la presidente Tarantola —
sia un segnale di inizio lavori.
A sapere la verità, per il momento,
sono solo in tre. Stanno lavorando al
piano il direttore delle risorse umane
Valerio Fiorespino, Carlo Nardello, direttore dello sviluppo strategico e l’ex
consigliere (oltre che ex direttore del
Tg3) Nino Rizzo Nervo. Che però non
vuole parlare: «Fino a quando non lo si
farà in consiglio, ci siamo imposti il silenzio. E’ un progetto, quindi andrà
confrontato con gli altri. È un’organiz-
Volto Bianca Berlinguer (54 anni) dirige il Tg3 dal 2009
Personaggi Entra in classifica il disco del musicista dedicato ai piccoli
«Bach è perfetto per i bambini»
Bahrami si scopre pianista pop
H
a poco più di tre mesi, un
bel ciuffo di capelli scuri
e va pazza per Bach. «Appena lo sente, subito sorride.
Ogni pianto si dissolve come per
magia» assicura Ramin Bahrami,
celebre pianista iraniano, da poche settimane padre fierissimo
dell’incantevole Shahin Maria.
Che, nonostante la sua verdissima età, fa già parte del fans club
del grande Johann Sebastian.
«Del resto ha cominciato ad
ascoltarlo ben prima di nascere,
già dentro il ventre di sua madre»
ricorda. Forse anche prima,
quando era così piccina da non
sapere ancora se sarebbe stata
maschio o femmina… E già il suo
cuoricino pulsava veloce, al ritmo
di una giga o di una sarabanda.
Ma si sa, Bach in casa
Bahrami va come il pane. Papà Ramin lo celebra da sempre alla tastiera, mamma Maria
Luisa Veneziano lo esegue all’organo. Così,
quando Shahin Maria è
venuta al mondo aveva
già in dote più musica
lei che gran parte dell’umanità nel corso di
un’intera vita. «E visto
che è nata di marzo, mese bachiano per eccellenza, l’anniversario di
Johann Sebastian è il 21,
oltre che primo giorno
di primavera e inizio
dell’anno zoroastriano,
ho deciso di festeggiarla con un
dono speciale: un disco ideato su
misura per lei e per tutti i bimbi
come lei».
«Bach for Babies», da poco
uscito da Decca e già entrato nella
classifica pop, 61esimo posto, è
pensato per loro. Una ricca sele-
zione bachiana, dalle «Variazioni
Goldberg» alle «Cantate sacre»
alla «Passione secondo Matteo».
Cui si aggiungono brani di altri
autori, da Gluck a Mozart a
Brahms, alcuni in trascrizioni
storiche, altri in arrangiamenti
curati dallo stesso Barhami. «Il filo comune che lega queste pagine è la ricerca d’intimità, di un
dialogo mai gridato tra chi le ha
create, chi le esegue e chi le
ascolta. Bach insegna tutto questo. Dà ordine e armonia, aiuta le
capacità motorie e l’equilibrio.
Bach è la grande bellezza, l’antidoto per stimolare le difese immunitarie alla confusione e alla
volgarità. Mia madre mi addormentava con “Ich habe genug”, la
In concerto
Ramin Bahrami, 27 anni, al
pianoforte. Il suo disco «Bach for
babies» è entrato nella classifica
pop. «L’ho sperimentato su mia
figlia — dice il musicista e neopapà
— e ho visto che Bach funziona»
stessa cantata apre la compilation per mia figlia. Non è mai
troppo presto per accostarsi a
quel mondo».
Ma Bach non serve solo per far
dormire meglio i bebè. «Non credo alla leggenda che le “Variazioni Goldberg” siano state scritte
per alleviare l’insonnia di un nobile. Al contrario, quel viaggio tra
architetture sonore che non sembra avere fine sollecita la nostra
ansia di infinito… La musica,
quando è grande, aiuta a risvegliare le menti. Mia nonna paterna soffriva di Alzheimer. Aveva
cancellato ogni traccia del passato, persino i nomi di chi più aveva
amato. Ma si ricordava benissimo
i 50 lieder di Schubert che da giovane aveva cantato come soprano. La musica ci insegna a rinnovare i nostri sogni. Ci rende persone migliori». Da bebè e pure da
grandi. «Questo disco l’ho pensato per i bimbi ma forse può aiutare anche gli adulti. In ciascuno di
noi, sostiene Pascoli, vive per
sempre un “fanciullino”. Che
aspetta solo di essere ridestato».
L’entusiasmo che la piccola
Shahin Maria mostra per la musica di «zio» Bach spinge Ramin a
un progetto anche più audace.
Tra i tanti concerti già in programma (è artista in residence all’Emilia Romagna Festival, aprirà
la stagione cameristica di Santa
Cecilia, in autunno sarà a Milano
con la Verdi) Bahrami vorrebbe
aggiungerne uno molto speciale.
«Un concerto aperto ai piccolissimi e ai loro genitori. Dove per
una volta nessuno si debba scandalizzare se un bimbo piange o
strilla. Un po’ inconsueto, vero.
Ma mi piacerebbe provarci. Bach
for Babies. Di qualsiasi età».
Giuseppina Manin
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Un match padre-figlio
e quell’odio per il tennis
che ha rivelato Agassi
M
zazione complessa, ci vorrà tempo perché si passi all’operatività». Nei corridoi
del Tg3 si dice che per l’attuazione del
piano bisognerà aspettare il 2015 e, pare, ci vorranno almeno tre anni perché
arrivi a compimento. Ma la frustrazione
della redazione è non capire «quale sia
la missione editoriale. È giusto razionalizzare, ma perché si parla sempre dell’informazione e mai delle reti?», si
chiedono confessando un certo nervosismo finché non sarà possibile rispondere alla domanda più temuta:
«L’azienda vuole chiudere il Tg3?».
Fino a domani le ipotesi resteranno
tali. Ma Vittorio Di Trapani, segretario
dell’Usigrai (il sindacato dei giornalisti
Rai) vuole che un messaggio sia chiaro:
«Non accetto fatti compiuti. Una riforma di questa portata non si cala dall’alto. Si deve discutere con chi il lavoro lo
fa, con le redazioni». Anche il sindacato
non ha le idee chiarissime su cosa accadrà: «Si susseguono ipotesi ma manca
un’idea di rilancio complessivo. Non
può essere una riforma che si fa per una
testata, per un direttore. Se riforma deve essere, deve riguardare tutti».
Per ribadire il concetto, ieri è uscito
un comunicato, su cui si legge: «Parlare
di riorganizzazione significa parlare di
prodotto. Accorpare per accorpare sembra un escamotage per fare tagli lineari
che portano risparmi marginali o favorire qualche direttore amico. Se viale
Mazzini intende riformare l’informazione, si confronti con i comitati di redazione, senza dimenticare che sono i
giornalisti quelli che poi fanno informazione».
ille palle da tennis sparate in un’ora dal Drago nero, macchina inventata da un padre
per forgiare un figlio imbattibile: dilatando episodi dell’autobiografia del campione André Agassi, Fanny & Alexander creano Us (Noi) concertoperformance a Santarcangelo. In scena, in lotta,
Lorenzo (nella foto) e Geppy Gleijeses, figlio e
padre anche nella vita, con modi opposti di fare
teatro: fisicità fino all’atletismo l’uno, tradizione
d’attore l’altro. I piani della finzione e della realtà,
ma anche dell’energia si scambiano così in un
triplo confronto spietato. Nel lavoro di Fanny &
Alexander (Chiara Lagani e Luigi De Angelis)
l’odio per il tennis rivelato da Agassi nel libro
Open si trasforma però in sacrificio sublimante
volontario: l’attore-atleta accetta la prova estenuante non
per vincere ma per vincersi,
superare i propri limiti, danzare se stesso in poetici movimenti da marionetta. Tensione nel pubblico; verità della
fatica in Lorenzo; interventi
stranianti (troppi, forse) di
Geppy tra urla di «uccidimi il
Drago», slang napoletano, pezzi di repertorio: la
partita eccezionale — con il figlio più adulto del
genitore — finisce qui in un falò della rete. E i
due — Amleto junior e senior — spariscono insieme. Us prosegue il tema (avviato in Discorso
Celeste a Castrovillari) del rapporto sport-fede,
del credere nello straordinario, nel divino, con o
senza dèi, e lo completa col radiodramma Open,
cronaca differita del surreale match. Se nella vicina Polverigi il paese è coro-spettatore (per Reckless, Gomez Mata, Glen çaçi), al 44° Festival romagnolo esso entra in una festa pensante che
schiera l’impegno politico dei Motus col nuovo
Caliban Cannibal e Nella Tempesta complice
Shakespeare; la danza che si fa parola con Kinkaleri; la parola danza con Loris Lacoste; l’animalità
tecnica della Montero Freitas; la purezza dei 4 Le
Supplici alla Piattaforma balinese di Michele De
Stefano, Leone d’argento alla Biennale di Venezia.
Chiara Maffioletti
Claudia Provvedini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Viale Mazzini Domani nuova riunione del Cda. Il governo punta a un riordino complessivo dell’azienda a partire dall’autunno
Rai, tensioni sulla riforma dei tg
Spaventa l’ipotesi accorpamento
Teatro a Santarcangelo
36
Martedì 22 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
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Sport
Le parole
di Prandelli
Questo il grido d’allarme
lanciato dall’ex c.t.
Cesare Prandelli nell’intervista
rilasciata ieri al Corriere della Sera
❜❜
Nei nostri
club giocano
il 38%
di italiani.
Puntare
sui vivai? Ma
sono pieni
di stranieri...
❜❜
In Germania
la squadra
più
importante
non è il
Bayern o il
Borussia, ma
la nazionale
❜❜
Gerrard, addio all’Inghilterra
Steven Gerrard come Philip Lahm. Dopo l’ormai ex capitano della
Germania, anche il centrocampista del Liverpool ha annunciato l’addio
alla propria nazionale. Ma se Lahm aveva lasciato dopo aver vinto il
Mondiale (13 luglio, 1-0 contro l’Argentina), Gerrard dice addio al termine di una spedizione davvero deludente per l’Inghilterra.
La mossa L’annuncio dell’ex calciatore del Milan: correrò per la poltrona di presidente
Il regista
della svolta
Albertini si propone per la Federazione
«Me l’hanno chiesto in tanti
Il calcio va rimesso al centro di tutto»
MILANO — In un lunedì con
tempo autunnale, simile a quello del 23 luglio 2012, quando
Giovanni Malagò annunciò che
sarebbe sceso in campo per guidare il Coni, è finita l’epoca della
candidatura unica alla guida
della Federcalcio. Il pressing
successivo alle dimissioni di
Abete e Prandelli (24 giugno) ha
spinto Demetrio Albertini, dimissionario già prima del Mondiale, a correre per il vertice federale nell’elezione dell’11 agosto. «Mi metto a disposizione;
me lo hanno chiesto in tanti da
quando si è dimesso Abete. Mi
ha fatto piacere soprattutto trovare gente per strada, tifosi non
votanti, che mi chiedevano di
rappresentare il calcio nei prossimi anni. Non me l’aspettavo,
ma è stata una sensazione che
ha rafforzato la speranza di poter promuovere un cambiamento reale e di non tradire mai la
passione. L’obiettivo è quello di
riportare al centro di tutto il Calcio. Ho sempre fatto il regista e
mi piacerebbe essere il regista
del cambio di marcia, ma spero
soprattutto di rappresentare
un’opportunità per il calcio e
per le persone che lo amano come me. Un terzo della mia carriera l’ho fatta in giacca e cravatta: in 14 manifestazioni, ho faticato molto più come organizzatore che come giocatore. Eppure
dopo anni di impegno al servizio del calcio a titolo volontaristico, c’è ancora chi non accetta
l’idea che un ex calciatore possa
guidare, rappresentare e coordinare la federazione».
Albertini ha indicato tre priorità. La prima: la governabilità.
«Dobbiamo puntare a un modello snello ed efficiente. Oggi la
somma di due componenti può
produrre il 51% in assemblea e
restare in minoranza in Consiglio. È venuto il momento di valorizzare all’interno della Figc le
specificità del sistema professionistico e dilettantistico. Senza il lavoro delle componenti
non si giocherebbero le partite,
eppure non si riesce ad agire
tutti insieme: mancano l’armonizzazione e la sinergia verso un
obiettivo comune che il calcio
italiano ancora non si è dato».
Secondo punto: il progetto
sportivo. «Mi spiace sentir parlare soltanto del numero delle
squadre nei campionati o di modelli stranieri da imitare. Anche
il termine cantera è diventato
uno spot. Siamo diversi dalla
Germania e non sarebbe nemmeno giusto copiarne il modello, però in Germania gli stranieri
che giocano in serie A sono il
34% e in Italia il 54%. Chiudere le
frontiere è impensabile, ma
qualcosa possiamo fare anche
noi. L’obiettivo deve essere quello di ridare competitività e sostenibilità al nostro calcio. Il resto ne è la conseguenza: riduzione delle squadre Pro; allargamento della base; revisione dei
criteri di inserimento nelle rose». Terzo punto: valorizzazione
del calcio sul territorio, con il
ruolo «fondamentale dei dilettanti e il reclutamento come
punto centrale». In sintesi: «Il rispetto per il calcio che ho nel
cuore non può essere speso in
una campagna elettorale basata
sulla voglia di poltrone piuttosto
che sulla necessità di fornire
competenze, conoscenze e trasferimento delle conoscenze».
Albertini ha dribblato l’argomento c.t.: «Con i nomi che leggo, si può scegliere a occhi chiusi; lo sceglierà il nuovo presidente». Per diventarlo, occorre presentare le candidature entro
domenica. Assocalciatori e Assoallenatori sono già pronte, ma
❜❜
Cambio di marcia
❜❜
Competitività
❜❜
Il nuovo c.t.
Mi piacerebbe essere il
regista del cambio di marcia,
spero di rappresentare
un’opportunità per il calcio
Chiudere le frontiere è
impensabile ma qualcosa
possiamo fare: dobbiamo
recuperare competitività
Con i nomi che leggo,
si può pescare a occhi
chiusi: lo sceglierà
il nuovo presidente
non è escluso che l’appoggio ad
Albertini possa arrivare da una
parte di una Lega, magari quella
di A, sulla spinta di Andrea
Agnelli (giovedì l’assemblea).
L’ex vicepresidente parte indietro rispetto a Carlo Tavecchio
(«ho una grande stima di lui»),
ma da qui all’11 agosto tutto è
possibile, in linea con le speranze di Albertini, che punta su
consensi da raccogliere in senso
trasversale in chi crede in un
cambiamento deciso e in un
progetto realmente nuovo. Poi le
elezioni si vincono e si perdono,
ma la dialettica elettorale resta
un segno di progresso.
Fabio Monti
Albertini
è un uomo
Il dibattito Dopo le frasi di Prandelli, il presidente della Lega di A respinge le accuse: «Rapporti sereni e di collaborazione»
perbene, ma
anche lui sa
che non è
sono mancati. Ricordiamo un
di base, creando tanti centri federali a
una persona «Noi sempre disponibili, anche agli stage non
duro sfogo di Conte quando Prandellivello territoriale, e altri dedicati ai
li convocò Chiellini.
giovani talenti con il coinvolgimento
che cambia Sì alla A a 18 squadre e meno retrocessioni» «Ripeto, in termini generali i rapdei club. Dall’altro lato però la Germaporti sono sereni. Poi è importante
nia fa più facilmente diventare tedeil sistema
MILANO — Maurizio Beretta, pre- così come ci è stata presentata. Certa- che, oltre al livello istituzionale, ci siaschi e convocabili per la nazionale ra© RIPRODUZIONE RISERVATA
Beretta: «Non sono i club ad aver ucciso la nazionale»
❜❜
In Italia,
dopo
il sorteggio,
tre giorni
a gridare
«vergogna».
Poi tutto
dimenticato
sidente della Lega di A: sostiene l’ex
c.t. Cesare Prandelli che in Germania
la squadra più importante è la nazionale, mentre da noi contano solo i
club. Domanda a bruciapelo: sono
stati i club a uccidere la nazionale?
«Assolutamente no e per tantissime
ragioni. I club sono sempre stati molto
attenti alle richieste della nazionale,
che ora può sfruttare nove finestre a
biennio, di dieci giorni l’una. Una formula che è stata razionalizzata e largamente condivisa a livello internazionale. I club seguono con interesse,
partecipazione e anche sacrificio le attività delle nazionali perché in ogni finestra si spostano molti giocatori. In
più, quando c’è stato chiesto, la Lega
di A ha dato immediata disponibilità
ai due giorni per i famosi stage».
Ma i giocatori, durante gli stage,
secondo gli accordi non potevano
toccare il pallone. Solo test fisici.
«Noi abbiamo accolto la richiesta,
mente gli stage arrivavano in una fase
delicata delle competizioni. Comunque sono stati qualcosa in più rispetto
agli altri Paesi: dimostrano il clima di
disponibilità, confermato da altri
esempi».
Tipo?
«Da quando in Federazione c’è Sacchi, le società hanno rivisto i calendari
delle giovanili per dare più spazio alle
varie Under 17, 21. C’è una forte identità di interessi: la nazionale cresce con
i giocatori dei club e i giocatori possono crescere con la nazionale».
I problemi di comunicazione però
Modello Germania
«Copiamo il meglio: centri
federali con la supervisione
dei club e convocazioni più facili
per i giocatori con altre origini»
no confronto e dialogo anche a livello
personale tra il c.t. e gli allenatori».
Allora forse è un problema culturale: nel Paese dei mille campanili si
fa più fatica ad amare la nazionale?
«Non vedo contrapposizione, anzi
una passione alimenta l’altra: se i club
non fossero seguiti da almeno 16 milioni di tifosi, se il calcio in Italia non
fosse un fenomeno così importante,
coinvolgente e trasversale, sarebbe più
difficile anche la mobilitazione per la
nazionale».
E allora, se non sono stati i club,
chi ha ucciso la nazionale?
«Intanto vorrei sottolineare che, il
Mondiale in Brasile è stato un momento di grande amarezza, perché
c’erano legittime aspettative, però è
stato un torneo con tante sorprese, in
cui si sono sovvertiti molti pronostici.
Ora bisogna reagire in modo scientifico, non emotivo. Impostare programmi, guardando al meglio degli altri
Presidente Maurizio Beretta (Ansa)
movimenti, senza negare nelle polemiche».
Ora il punto di riferimento sembra
la Germania, dove gli stranieri sono
il 34%, mentre da noi i calciatori italiani sono in minoranza.
«In Germania da un lato si è lavorato intelligentemente sulla formazione
gazzi con altre origini: sfrutta nel modo migliore la multietnicità. Inoltre
quello tedesco è uno dei pochi campionati a 18 squadre».
Una riforma possibile in Italia?
«Serve il consenso, la Lega di A deve
maturare una posizione. Tutti i poteri
li ha l’assemblea ma lì si può avviare
una riflessione. La mia, personalissima, opinione è che ci si possa ragionare, a patto di ridurre le retrocessioni,
altrimenti si rischia di compromettere
la stabilità complessiva».
Per la presidenza federale si è candidato Demetrio Albertini, la maggioranza della Lega di A sembra intenzionata ad appoggiare Tavecchio.
«Credo che noi dobbiamo guardare
ai contenuti. L’assemblea di Lega finora ha seguito il percorso più corretto,
dopodomani ci riuniremo e vedremo
quali sono le nostre priorità».
Arianna Ravelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Martedì 22 Luglio 2014
Sport 37
italia: 51575551575557
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Pallanuoto: Settebello ai quarti Scherma: sciabola a secco
Basket: oggi Hackett in procura
Agli Europei di Budapest, il Settebello passa le eliminatorie ma non vince il
girone e non è già in semifinale: domani dovrà giocare nei quarti. Più che il
pareggio con la Grecia (9-9) ha deciso la goleada del Montenegro contro la
Georgia (17-2): l’Italia per essere prima avrebbe dovuto battere i greci con 12
gol di scarto. Oggi quarti per il Setterosa: alle 18 (RaiSport2) sfida alla Grecia.
Daniel Hackett, che ha lasciato senza permesso il raduno dell’Italia, oggi a Roma viene ascoltato dal procuratore della Fip: forse c’è disgelo tra la
Federazione e il giocatore, che rischia una squalifica e la risoluzione del
contratto con Milano. Intanto l’EA7 ingaggia l’ex pro Linas Kleiza, lituano,
ala di 2,03. Varese tessera Ed Daniel, ala di 2 metri, quest’anno a Pistoia.
Al Mondiale di Kazan, la sciabola azzurra resta a secco. Nelle prime prove a
squadre, solo le ragazze sfiorano il podio (i maschi, quinti, out nei quarti con
l’Ungheria): prima sprecano un’occasione in semifinale con la Francia, poi
dilapidano un +5 (da 40-35 a 41-45) nella finale con l’Ucraina per il bronzo.
Oggi medaglie nel fioretto e qualificazioni nella spada (RaiSport1, ore 17).
Ha 42 anni
Demetrio Albertini è nato
a Besana Brianza il 23 agosto
1971. È sposato, due figli
(Federico e Costanza)
Da calciatore 14 trofei
Cresciuto nel vivaio del Milan,
ha giocato un anno al Padova
(1990-1991), prima
di tornare in rossonero,
dove è rimasto fino al 2002
(5 scudetti, 2 Champions
League, una Intercontinentale,
2 Supercoppe europee,
3 Supercoppe italiane),
quando è passato all’Atletico
Madrid (2002-2003), poi
alla Lazio (2003-2004, Coppa
Italia), all’Atalanta
(2004-2005), per chiudere
al Barcellona dal gennaio
al giugno 2005
In nazionale
Esordisce in azzurro il 21
dicembre 1991 (Italia-Cipro
2-0): vicecampione
del mondo nel 1994;
secondo all’Europeo 2000.
Un infortunio al tendine
d’Achille gli impedisce di
andare al Mondiale 2002
e chiude la carriera in azzurro
con 79 presenze e 3 gol
Da dirigente
Nel maggio 2006, è diventato
vicecommissario della Figc.
Vicepresidente federale
nel 2007 (dopo l’elezione
di Abete); nel 2010 ottiene
la responsabilità del club Italia.
Il 5 aprile 2013 è stato
confermato nella carica di vice.
Nel maggio 2014 l’annuncio
delle dimissioni a fine
Mondiale
L’inchiesta
Nelle finali Primavera in campo il 35% di stranieri . Solo 8 baby calciatori su 100 in A con la stessa maglia
La grande crisi dei vivai
Italia agli ultimi posti
per strutture e investimenti
Poche anche le ore di allenamento per i giovani
«Puntare sui settori giovanili!,
dicono. Ma se sono pieni di stranieri? Di cosa stiamo parlando?». Cesare Prandelli nell’intervista di ieri al
Corriere della sera è sbottato. Demetrio Albertini ieri ha insistito sul
rilancio dei vivai. Perché i giocatori
eleggibili per la nazionale sono
sempre meno: 38% secondo Prandelli, 45 % secondo i dati dell’ultimo campionato. Ma anche la qualità, oltre alla quantità, lascia a desi-
a 30 anni dopo aver alzato la Coppa:
a 22 anni nel mondiale vinto dagli
azzurri era già titolare. Da noi, dove
giocatori utilizzati sopra i 30 anni
sono stati il 29% dei 612 impiegati
nell’ultimo torneo di serie A, Balotelli e Immobile, 24enni con prole,
sono considerati ancora genericamente dei «giovani». Ma in Bundesliga, dove i club devono investire il
10% del fatturato sui vivai, si spendono 4.4 milioni di euro a società
per i settori giovanili, in serie A
2.75.
Juventus, Miper cento dei giocatori
lan, Inter, Napodi A ha più di 30 anni.
li, Roma e Lazio
In Germania sono il 15%
hanno convocato per il loro ritiderare: nelle otto squadre impe- ro estivo 52 giocatori dal 1994 in
gnate nelle ultime finali scudetto poi: 23 sono stranieri. Ma il punto
Primavera (vinte dal Chievo) gli della questione, in un calcio globale
stranieri in campo erano il 35 %.
in cui i grandi club ragionano su
La Bundesliga nel 2000 schierava scala mondiale, forse non è nemil 30 % di giocatori con più di 30 an- meno questo. Il punto è che l’obietni. Nell’ultimo campionato i «vec- tivo di produrre giocatori pronti
chietti» erano il 15 %, l’esatta metà, per la prima squadra viene realizzaa testimonianza di come il ringio- to sempre meno. Gli unici ventenni
vanimento del campionato e di che hanno già maturato esperienze
conseguenza della nazionale di significative con i «grandi» sono il
Low sia stato costante e nel nome senegalese-spagnolo Keita, talento
della qualità e della concorrenza. della Lazio ex Barcellona, il milaniPer questo non deve sorprendere sta Cristante, gli interisti M’Baye e
troppo se in Germania il capitano Kovacic. I giocatori che hanno giodella nazionale Philip Lahm si ritira cato almeno tre anni nel vivaio di
29
una squadra di A per poi continuare la loro esperienza con la stessa
maglia sono appena 8 su 100 in Italia, la percentuale più bassa d’Europa. Dove non esiste solo il modello
tedesco: secondo uno studio condotto sul campo dello Standard Liegi dall’associazione italiana preparatori atletici di calcio(Aipac), rispetto al Belgio siamo indietro nelle strutture, nell’investimento sullo
staff a tempo pieno per i giovani e,
Simbolo
Simone
Scuffet,
18 anni,
portiere
dell’Udinese.
In sei mesi
ha rifiutato
Milan
e Atletico
Madrid
(Forte)
fattore chiave, anche sulle ore di allenamento: forse non è solo una
coincidenza che i ragazzi delle giovanili azzurre siano quasi sempre
più «crudi» sul piano atletico dei
loro coetanee. E meno male che
nelle liste Uefa c’è l’obbligo di inserire 4 giocatori «autoprodotti» e 4
che siano usciti dal vivaio di un’altra squadra italiana: così almeno
qualche ragazzo della Primavera ha
l’opportunità di vedere la Champions senza pagare il biglietto.
La Juve ha due giocatori cresciuti
con la maglia bianconera, campioni
d’Italia con la Primavera nel 2004:
Marchisio e Giovinco. Da allora
nessun giocatore si è affermato stabilmente, anche se Marrone e De
Ceglie hanno dato il loro contributo
alla causa. Il Milan è fermo ad Abate
e De Sciglio, in attesa di capire il valore di Cristante. L’Inter ha Andreolli, il Napoli, Insigne. La Roma ha
le colonne Totti e De Rossi, a cui si
appoggiano buoni giocatori come
Florenzi e speranze come Romagnoli. La questione non è campanilistica: produrre al proprio interno
giocatori per la prima squadra, come testimoniano i casi di Barcellona, Ajax (con il suo obiettivo programmatico: «ogni due anni, tre
giocatori per la prima squadra»),
Bayern Monaco, Arsenal o nel nostro piccolo, l’Atalanta (che ha 8
giocatori usciti dal vivaio), rappresenta un grosso vantaggio economico (la vendita di Balotelli, arrivato a 16 anni, è un esempio della
buona produttività del vivaio interista) e uno strumento fondamentale per mantenere l’identità di un
club, soprattutto se multinazionale. Ripartire dai ragazzi, ragionando sul lungo periodo, conviene.
Sotto tutti i punti di vista.
(4 / fine. Le precedenti
puntate sono state
pubblicate il 18, 19 e 20 luglio)
Paolo Tomaselli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Mercato
Balotelli-Arsenal
Wenger dice no
Morata subito k.o.
Juve preoccupata
I galacticos sembrano appartenere sempre di più ad un altro
sistema solare. A un attacco che già conta Mister 100 milioni (cioè
Bale) e il bi-Pallone d’oro CR7, pagato 94 milioni nell’estate del
2009, il Real Madrid aggiunge un’altra figurina. E che figurina.
James Rodriguez, una delle stelle del Mondiale brasiliano con sei
gol segnati, dovrebbe essere presentato oggi, dopo la firma sul
contratto di sei anni a 7,5 milioni di euro. Le merengues versano
nelle casse del Monaco 80 milioni di euro, consentendo ai
monegaschi (che lo avevano pagato l’anno scorso 40 milioni al
Porto) di effettuare una mega plusvalenza. Sul piede di partenza Di
Maria su cui è già piombato il Psg, il cui mercato è bloccato però
dalle regole del fair play finanziario. Lo sceicco Al Khelaifi avrebbe
perciò proposto a Florentino Perez il trasferimento in prestito del
giocatore, con pagamento (dei 60 milioni) nel 2015. Formula
rifiutata dal Real: ecco perché il club parigino sta ora pensando di
vendere per 63 milioni al Manchester
United Edinson Cavani. I club di casa
nostra non hanno di questi
Un attacco Real
problemi. Ne hanno però altri: la
Juventus, per esempio, è alle prese
con l’infortunio record di Alvaro
Morata. Al secondo giorno
d’allenamento, lo spagnolo ha
riportato una lesione al ginocchio
destro: rischia un mese di stop.
Magra consolazione allora
l’ufficializzazione di Evra —
contratto biennale — da ieri
bianconero: il Man-U incasserà 1,2
milioni di sterline (in due rate). Oggi
la Juventus sferrerà l’assalto decisivo
al centrocampista dell’Udinese
Pereyra che ieri ha salutato i
milioni di euro
compagni. Mancano solo le firme per la cifra pagata dal Real
l’accordo: i bianconeri versano 1,5
per James Rodriguez
milioni di euro per il prestito (a 11
milioni è fissato il riscatto).
Nell’affare rientra anche il cartellino
di Sorensen, valutato 3,5 milioni. Poi
i bianconeri penseranno a un altro
attaccante: Lukaku, Lavezzi, Shaqiri e
Nani i nomi più gettonati. Anche il
Milan ha i suoi problemi: Mario
Balotelli, ritenuto non incedibile, si
aggregherà questa sera a New York
alla squadra in partenza nel
pomeriggio per la tournée americana
(già negli Usa anche Muntari, Essien
e Honda). Ieri l’Arsenal, per bocca del
suo allenatore Wenger, ha chiuso le
porte a Supermario. «Abbiamo preso milioni di euro
Sanchez, teniamo Giroud. Davanti
versati al Tottenham
siamo al completo, non c’è posto per dal Real per Gareth Bale
altri attaccanti. Non ci sono offerte
per Balotelli e non ne faremo».
Morale: Balo per il momento resta. Il
sogno per l’attacco di Pippo Inzaghi è
Cerci, oggetto di discussione anche
domenica sera nel vertice di Arcore.
Problema: l’assalto all’esterno del
Torino potrà partire però solo dopo
la cessione di Robinho, che non parte
per la tournée negli Usa. Il tempo
stringe: i legali del brasiliano, dopo
aver incontrato ieri mattina Adriano
Galliani e l’avvocato Lorenzo
Cantamessa, hanno avuto un nuovo
summit ieri sera. Si studia la formula
del prestito dell’attaccante a una
milioni di euro
squadra brasiliana (Santos in pole
pagati dal Real nel 2009
sul Flamengo) per 6 mesi, un anno o per Cristiano Ronaldo
18 mesi; ma ci sono anche altre
opzioni non legate al Brasile.
Capitolo Inter: ieri Piero Ausilio è partito per l’Inghilterra per
definire l’affare Medel. Il centrocampista del Cardiff viene valutato
9 milioni di euro dagli inglesi, mentre i nerazzurri sono disposti a
spenderne 7. Si tratta. Il Napoli sogna Cristoph Kramer del Bayer
Leverkusen, ma Rudi Voeller lo blinda: «Sono solo voci, giocherà
ancora un anno al Borussia Mönchengladbach e poi tornerà al
Bayer». Simone Scuffet, intanto, ha spiegato i motivi del suo rifiuto
all’Atletico Madrid. «Ho scelto di restare qui, Udine è il posto
migliore per crescere». Paulinho lascia il Livorno, rifiuta il Verona e
firma un accordo di tre anni con l’Al Arabi. Prosegue la trattativa
Astori fra il Cagliari (che lo vorrebbe trattenere) e la Lazio che
propone Novaretti.
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Monica Colombo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Martedì 22 Luglio 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Martedì 22 Luglio 2014
Sport 39
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F1 La Ferrari e l’azienda leader dei freni irritate per gli attacchi
Lauda ora si scusa
ma la Rossa non ci sta
Freddezza con l’ex
Mercedes-Brembo, dubbi sulle accuse
Sono casi che rientrano nello
storico rapporto di amore e odio
tra l’Italia e l’area di lingua tedesca. Un po’ si litiga, un po’ si fa
pace. Niki Lauda ieri ha telefonato a Luca di Montezemolo, già
suo direttore sportivo, e al presidente della Ferrari ha porto le
scuse per l’intervista a El Pais
nella quale ha definito la F14 T
(e non solo: nel giudizio è accomunata la McLaren Mp4-29)
«una macchina di m...». Perdonato, colui che fu icona del Cavallino? La risposta è «ni». Si sa
che Niki è un tipo rude e deciso,
che non le manda a dire, ma a
Maranello non sono di sicuro
piaciuti lo stile e il frasario verso
una scuderia che negli anni 70
gli ha permesso di centrare due
Mondiali e di porre le basi del
suo mito, completato dal terzo
titolo vinto — ma guarda un po’
— con la McLaren nel 1984.
I dati di fatto sono eloquenti:
la Rossa di quest’anno è lì da vedere, nelle difficoltà e nelle prestazioni tutt’altro che esaltanti.
Da un suo ex pilota non si pretende la negazione della verità,
ma nemmeno ci si aspetta
un’uscita tanto greve: l’irritazione, già smorzata domenica dal
team principal Marco Mattiacci
(«Di Lauda preferiamo rammentare i successi con i nostri
colori»), non è montata. Ma non
è ancora svaporata: probabilmente se ne riparlerà la prossima settimana, quando Niki sarà
ospite di Montezemolo a Maranello per discutere anche dei
correttivi da proporre per migliorare la F1 attuale. Lauda, oggi dirigente della Mercedes, è
diventato un alleato della Ferrari
sul progetto di riunire le varie
componenti del circus per affrontare un quadro che è sempre più negativo. Gli indicatori
della disaffezione verso il campionato, infatti, sono più allarmanti che mai. Giusto per fermarsi al pianeta-Italia, il Gp di
Germania, in rapporto all’edizione del 2013, ha fatto registrare un -38% sul fronte del numero medio di telespettatori della
Rai (che ha trasmesso in differita) e una flessione del 30% dei
dati di Sky, titolare dei primi diritti. Gli «Stati Generali» invocati da Montezemolo, dunque, sono più che opportuni e stanno
approdando al primo obiettivo:
L’incontro
Niki la prossima
settimana a Maranello
per discutere su come
migliorare la Formula1
Coppia collaudata
fare sì che abbiano luogo.
Ma c’è un altro fronte aperto
nelle relazioni turbolente italoteutoniche, perché non è necessario arrivare alla Merkel per
scoprire il fenomeno: basta fermarsi alla F1. È il caso del disco
del freno anteriore scoppiato
Fernando Alonso, 32 anni, sulla
Ferrari F14T, quarta con 116 punti
nella classifica costruttori guidata
dalla Mercedes a 366 punti. Lo
spagnolo è quarto nella classifica
piloti con 97 punti (Getty Images)
sabato in qualifica sulla macchina di Lewis Hamilton. La Mercedes ha reagito in maniera dura: «Inaccettabile, anche perché
non è la prima volta che capita»
ha dichiarato Toto Wolff, l’uomo
forte del team (assieme a Lauda). Bersaglio: ancora l’Italia,
nel senso della Brembo, partner
del team leader del Mondiale. A
bocce ferme, e dopo una gara filata via senza inconvenienti,
non ci sono reazioni ufficiali.
Ma le indiscrezioni non mancano, anche perché qualcosa non
quadra. Primo: non è vero che è
la reiterazione di altri episodi.
Secondo: se i dischi italiani sono
stati giudicati insicuri, perché
allora sono stati riproposti —
così risulta — sul retrotreno di
entrambe le monoposto, dopo
che la Mercedes aveva annunciato il passaggio totale (avallato
dalla Fia) a materiali della Carbone Industrie che già Rosberg
aveva utilizzato sull’avantreno?
Di più: è da escludere un errore
del team? La presenza del presidente della Daimler, Dietrich
Zetsche, ha fatto sì che fosse più
facile scaricare la colpa sul fornitore? La Brembo tace, ma è
certo che non abbia gradito certe dichiarazioni estreme. Peraltro, quanto prima analizzerà
con i tecnici della scuderia la situazione: i guasti non devono
più verificarsi. Nessuno ha la
convenienza a tirare la corda; di
sicuro non ce l’ha la Brembo,
che in Germania ha visto il fatturato crescere del 23,3% grazie
agli accordi commerciali con la
Mercedes per le vetture stradali.
Più che il rapporto di amore e
odio tra noi e i tedeschi, qui c’è
di mezzo il «grano».
Flavio Vanetti
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Ciclismo Il vincitore del 1965 attende nel club dei super il siciliano: «La corsa vale meno senza Froome e Contador? Mica li ha buttati a terra Vincenzo...»
Gimondi incorona Nibali: «Che talento, sembra me»
«Difficile dirlo. Di certo ci lega un’altra analogia: al Giro di
Toscana, da neoprofessionista
con la Salvarani, feci schifo. Arrivò una letteraccia a tutti: se
non vincete, niente stipendio.
Più o meno come la mail che
l’Astana ha mandato al team alla
vigilia del Tour. Ebbene, quell’anno Adorni vinse il Giro e io il
Tour. I bilanci si fanno alla fine».
Cosa si prova sul podio di
Parigi?
«Impossibile da spiegare. Io
mi ricordo come fosse ieri l’urlo
degli italiani quando entrai al
Parco dei Principi. Sia in Francia
che in Belgio non eravamo trattati con i guanti, all’epoca. Ricordo l’orgoglio e il senso di riscatto».
È anche in questo sentimento che risiede la grandezza di
aggiudicarsi la Grande Boucle?
«Certo. Nibali sta rilanciando
il nostro movimento ma dico
bravi anche a Trentin e De Marchi. Avrei piacere che Alessandro vincesse una tappa. Corridori con le palle, altro che storie!
Il ciclismo italiano è vivo».
Pantani re del Tour ’98. Gioia e dolori. Nibali cancella il Pirata o nella grande anima del
Tour c’è posto per tutti?
«Il ciclismo ha un cuore enorme. Imprese e ricordi non si
possono cancellare. Quando mi
chiedono di Pantani, io dico:
Santuario di Oropa (Giro ’99
ndr), vi ricordate? Quello è il
mio Marco».
Felice, una lacrimuccia domenica le scenderà?
«Io non mi emoziono mai più
di tanto. Ma i ricordi non si dimenticano. Quelle sono le mie
strade. Quello è il mio Tour».
«Bravi nelle grandi corse a tappe,
con un’analogia: pure il mio sponsor
mi criticò prima di quel Tour...»
Si riparte oggi
155
176
237,5
57
82
102
124,5
18
56
65
GIOVEDÌ
Hautacam
1520 m
La Mongie 1734 m
Col du
Tourmalet
2115 m
Baréges
1300 m
Ayros Arbouix 458 m
Ossun 383 m
48
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DOMANI
Saint-Lary - Pla D’Adet Pau
1654 m 195 m
Nay 249 m
31
Gaia Piccardi
Col de
Peyresourde
1569 m
Col de Val
Louron Azet
1580 m
13
Col du Portillon
1292 m
Port de
Balès
1755 m
216
Che idea si è fatto del siciliano?
«Corre bene, è attento, tranquillo, ha una squadra all’altezza: non vedo come possa perderlo, questo Tour magico».
Lo conosce personalmente?
«Venne a trovarmi a Bergamo
dopo aver sbancato il Giro. In
questi giorni avrei voluto chiamarlo per un saluto ma credo
abbia cambiato numero di cellulare. E poi non vorrei disturbarlo...».
Appello a Nibali: risponda a
Gimondi, sennò è lesa maestà...
«Alla fine, per capirci, basterebbe una pacca sulle spalle».
A quale grande campione
somiglia?
Bagnéres de-Bigorre 524 m
123
Bossòst 718 m
85
Saint-Girons 395 m
50
Saint-Béat 507 m
25
OGGI
Bagnères de Luchon Saint-Gaudens
632 m 378 m
Barbazan 442 m
km
Pailhès 318 m
Colle de Fanjeaux 348 m
Carcassone
130 m
«Vinsi una Milano-Sanremo
senza Eddy: aveva la bronchite.
Vale meno, mi dissero: meglio
primo senza Merckx che secondo dietro il Cannibale, risposi».
Secondo tormentone: i sospetti di doping.
«Io, fossi in Nibali, da qui a
Parigi alla prossima domanda
sul doping mi alzerei e me ne
andrei. A che servono i test, allora? Il problema è dei perdenti,
che non sanno più cosa inventarsi. Ma lui non si farà turbare».
Anche Nibali, come lei nel
’65, ha quasi sempre indossato
la maillot jaune.
«Quello che conta è averla
addosso a Parigi. Portarla tanti
giorni ha più un effetto mediatico che altro».
Col de Portet-d’Aspet
1069 m
Col des Ares 815 m
IL TRITTICO DA BRIVIDI
Vincitore Felice Gimondi, 71 anni, ha conquistato il Tour nel 1965 (Ap)
Colle de Loucrup 530 m
Classifica generale
1. Nibali (Ita, nella foto)
in 66.49’37’’
2. Valverde (Spa)
a 4’37’’
3. Bardet (Fra)
a 4’50’’
4. Pinot (Fra)
a 5’06’’
5. Van Garderen (Usa) a 5’49’’
6. Peraud (Fra)
a 6’08’’
7. Mollema (Ola)
a 8’33’’
8. Konig (Rce)
a 9’32’’
9. Ten Dam (Ola)
a 10’01’’
10. Rolland (Fra)
a 10’48’’
11. Van den Broeck (Bel)
a 11’02’’
12. Zubeldia (Spa) a 11’10’’
13. Rui Costa (Por) a 12’57’’
14. F. Schleck (Lus) a 14’37’’
15. Porte (Aus)
a 16’19’’
16. Kwiatkowski (Pol) a 19’24’’
17. Trofimov (Rus)
a 19’30’’
18. Thomas (Gbr)
a 20’18’’
Così oggi
16ª tappa, CarcassonneBagnères de Luchon, 237,5 km
Così in tv
ore 14.15: Eurosport
ore 15: Raitre e RaiSport2
Belpech 245 m
DALLA NOSTRA INVIATA
CARCASSONNE — Il passaggio di consegne tra pioniere ed
erede, domenica a Parigi, ahinoi
non ci sarà. Felice Gimondi, 71
anni, indimenticato re del Tour
’65, è a casa, Bergamo, con il
fuoco di Sant’Antonio. Felice, sì
(«Incredibile Nibali: da due settimane vivo attaccato alla tv»), e
furibondo («Mi avevano invitato però non potrò esserci: troppi
dolori»).
Gimondi, i Pirenei, da oggi,
cambieranno la classifica?
«Non se ne parla: salvo clamorosi imprevisti, per gli altri
non c’è più nulla da fare».
Dove l’ha vinto Nibali questo
Tour?
«Sul pavé, quinta tappa. Ad
Arenberg ha costruito il capolavoro. Sui Pirenei lo rifinirà».
Nibali potrebbe essere il terzo italiano a conquistare il
Tour negli ultimi 50 anni.
«È cambiato il ciclismo. Ai
miei tempi si correva diversamente: le tappe erano più aperte, si andava in fuga sulla penultima salita; oggi si lavora più per
la squadra. Le bici sono più leggere, sono più potenti».
Si rivede nello Squalo?
«Ha caratteristiche diverse: è
più leggero e più forte in salita.
Io ero più bravo a cronometro.
Ma in comune abbiamo il talento per le grandi corse a tappe».
Gimondi, Merckx, Anquetil,
Hinault, Contador sono i soli
vincitori di Giro, Tour e Vuelta.
«Auguro a Vincenzo di entrare nel nostro club: non sarebbe
in cattiva compagnia...».
Anche lei non se la cavava
malaccio sul pavé...
«Ci ho vinto la Roubaix ’66,
che diamine!».
Primo tormentone: senza
Froome e Contador il Tour vale
meno?
«Ma non li ha mica buttati in
terra Vincenzo! Se sono caduti
sono cavoli loro. Merckx, quel
diavolo, non cadeva mai!».
Osso duro, eh?
Riti, calorie e recupero
No a Twitter, sì a Skype
La giornata in giallo
tra mirtilli e patate lesse
CARCASSONNE — Sveglia elettronica? No, manuale: tre colpi
bussati alla porta tra le sette e le otto del mattino da Joost De
Maeseneer, medico Astana. Così cominciano ogni giorno le
sedici ore in giallo di Vincenzo Nibali. Per le cinque o sei della
gara è lui responsabile del suo destino, nelle altre dieci un team
di fiancheggiatori gli organizza la vita nei minimi dettagli.
Consumato tre ore prima della partenza, il brunch di Nibali è un
mix di ingredienti convenzionali (150/200 grammi di pasta
conditi con olio e parmigiano, 80 di bresaola, pane bio,
spremuta di arancia, miele e marmellata) e meno: purea di
mirtillo antistress, avena e cereali macerati nel latte la sera
prima (così non fermentano nello stomaco), proteine purissime
se tira aria di tappa dura. Puntualissimo d’intestino, poi Nibali
sale sul bus: in viaggio verso la partenza più chiacchiere che
musica (Vincenzo preferisce il dialogo alle cuffiette permanenti
Balotelli-style), telefono spento (ha twittato solo quattro volte
dall’inizio del Tour) e silenzio nei 15’ di riunione tecnica. Prima
di scendere si controlla la
radiolina, cordone ombelicale
con l’ammiraglia. Niente
chiacchiere o musica via
auricolare: solo i messaggi
sintetici («Vai». «Aspetta».
«Attento») che il d.s. Shefer
detta in italiano e poi traduce in
kazako. Il menù di corsa
prevede panini (marmellata,
miele, prosciutto), barrette, gel
energetici (bomba calorica per i
finali di tappa) e tre tipi di bevande (acqua, sali minerali e
carboidrati) fino a un massimo di sei litri. Nibali passa tra le
braccia dei suoi fedelissimi dopo il traguardo. L’ora di
«protocollo maglia gialla» lo priva della possibilità di farsi la
doccia e rilassarsi sul bus, che parte senza di lui. Michele Pallini,
il massaggiatore, gli passa subito un bibitone di proteine e
carboidrati. L’alimentazione nelle ore successive è legata a due
fattori: il peso perso e il consumo energetico in corsa calcolato
dal computer di bordo. Durante il viaggio verso l’albergo
Vincenzo divora comunque una porzione di patate bollite o di
riso. Fino ad oggi ha bruciato circa 3.600 kilocalorie medie a
tappa, cui il coach Slongo aggiunge le 1.700 del metabolismo
basale. Dalle 5.300 calorie totali Slongo sottrae quelle del cibo
consumato e quindi spedisce istruzioni via sms allo chef
Daniele Zaneri per la cena. In media Nibali si deve accontentare
di 1200/1400 calorie che poi sono due etti di pasta, un po’ di
carne, una fetta di crostata. Olio: poco. Acqua: liscia. Prima e/o
dopo cena il siciliano ha tre appuntamenti fissi: un’ora col
massaggiatore, 20’ con l’osteopata Paoletti e da oggi anche 30’
con l’agopuntore De Smedt. Tra una seduta e l’altra, c’è spazio
per la musica e per la chiamata Skype con il tablet: il saluto della
piccola Emma è il modo giusto per finire la giornata.
Marco Bonarrigo
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Martedì 22 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Con profonda tristezza Giuliana con i figli Pietro e Silvia, Matteo e Giovanna, Letizia e Luca,
Cecilia e Lucio annuncia la scomparsa del
Prof. Mario Lampertico
Lo ricordiamo con grandissimo affetto per le sue
straordinarie doti di generosità, intelligenza e di
riconosciuta capacità professionale.- I funerali si
svolgeranno martedì 22 luglio alle ore 11 presso
la chiesa dell’Istituto Leone XIII.
- Milano, 20 luglio 2014.
Partecipano al lutto:
– Luciana Jachia.
– Nella Pellegatta.
– Lo Studio Commercialisti Associati, Giorgio
Pierini, Daniele Mandelli, Vincenzo Manni e
Cristina Passarella.
– Achille e Margherita Balossi Restelli.
– Erberto Mariapiera e figli.
– Natti Cesaris.
– Raimondo e Renata Targetti.
– Paolo e Gisella Balp.
– Lello, Gabri Rubini e figli.
– Lilly Schneble.
– Nico e Roberta con affetto.
Luca e Lorenza, Tommaso, Giacomo e Francesco, Davide, Andrea e Pietro ricordano con tanto
affetto il loro
Con molto affetto ci stringiamo a Giuliana e ai
suoi figli nel ricordo di
Mario Lampertico
Con te, caro amico, abbiamo condiviso molta
parte delle nostre vite.- Basilico, Bonetti, Bellini,
Coppi, Jordan, Pavesi, Rainoldi.
- Milano, 21 luglio 2014.
Maria con Marina, Giancarlo e Alessandra abbraccia affettuosamente, Giuliana, Pietro, Matteo, Letizia e Cecilia nel ricordo di
Mario
amico carissimo di tutta la vita e sempre presente. - Milano, 21 luglio 2014.
Partecipano al lutto:
– Le amiche Giulia e Mariolina con affetto.
– Franco Ceccon.
Lia Kerbaker con Federico e Mara, Andrea e
Sarah con affetto partecipa al dolore della famiglia per la perdita di
Mario
La sorella Mariella, Paolo, Elisabetta e Caterina con mariti, figli e pronipote, ricordano con
amore l’indimenticabile
Mario
- Milano, 21 luglio 2014.
Partecipano al lutto:
– Gabriella e Beatrice Lombardini.
Gigi con Rea, Guido, Roberto, e Marina sono
affettuosamente vicini a Giuliana, Pietro, Matteo,
Letizia e Cecilia nel ricordo di
Mario
cognato e zio maginifico.
- Milano, 21 luglio 2014.
Paola e Giorgio con Elena Laura e Michele e le
rispettive famiglie abbracciano affettuosamente
Giuliana ed i suoi figli, riconoscenti a
Mario
per la premurosa ed efficiente assistenza che ha
sempre prestato. - Milano, 21 luglio 2014.
Silvia e Franco Acerboni con Francesca, Stefano e Giovanni sono affettuosamente vicini a Giuliana e figli nel ricordo del
Prof. Mario Lampertico
cugino carissimo e straordinaria figura di medico. - Milano, 21 luglio 2014.
Fiorella, Vittorio Borghini e figli sono affettuosamente vicini a Giuliana e figli in questo dolorosissimo momento per la perdita di
Mario Lampertico
- Milano, 21 luglio 2014.
Laura e Umberto con Cecilia e Giulia, Annamaria e Luigi, partecipano al dolore di Giuliana,
Pietro, Matteo, Letizia, Cecilia e delle loro famiglie per la scomparsa del caro marito e papà
Mario Lampertico
- Milano, 21 luglio 2014.
Gianlorenzo e Mariarosa ricordano con affetto
e simpatia il caro consuocero
Mario
Per la scomparsa del papà
Mario Lampertico
Nel ricordo del grande amico di sempre
Mario
Pici Giuliana Marco Marta Elisabetta e le loro famiglie abbracciano con grande affetto Giuliana
e figli. - Milano, 21 luglio 2014.
Con grande dolore siamo vicini a Giuliana figli
e a tutti i suoi cari per la perdita del nostro indimenticabile amico di una vita
Prof. Mario Lampertico
Mario Grazia Simonetta Francesco Isabella.
- Milano, 21 luglio 2014.
Partecipano al lutto:
– Ruggero Fiorenza e figli.
Franco e Bettina piangono la perdita del carissimo
Mario
e si uniscono a Giuliana e figli nel ricordo.
- Milano, 21 luglio 2014.
Ferri e Giovanna, Aldo e Detta con i figli sono
vicini al loro caro amico Pietro, a Silvia, Luca e
Lolli per la perdita del suo papà
Mario Lampertico
- Milano, 21 luglio 2014.
Franca con Carlo, Filippo e Andrea e Luisa con
Oscar, Vincenzo e Carlo, conservando un caro
ricordo di
Mario
abbracciano con affetto Giuliana e i figli Pietro,
Letizia, Matteo e Cecilia.
- Milano, 21 luglio 2014.
Eldo Anna Maily piangono con Giuliana e figli
il carissimo
Mario
uomo di grande bontà e umanità.
- Milano, 21 luglio 2014.
Misa, Marco e Paolo con le loro famiglie si
stringono con affetto a Giuliana e a tutti i Lampertico in questo momento di dolore nel ricordo
di
Mario
amico indimenticabile di tutta la vita.
- Milano, 21 luglio 2014.
Partecipano al lutto:
– Andrea e Paola Pirera.
Antonio e Brunella con Roberta, Cesare e Valeria, ricordano commossi la generosa amicizia,
le alte doti di professionalità ed i preziosi consigli
di
Mario Lampertico
grandissimo medico; ed è vicina con profonda
amicizia e affetto alla cara Giuliana e ai figli.
- Varese, 21 luglio 2014.
Roberta, Gabriella, Giovanna, Ilaria, Marco,
Manlio, Ruggiero, Alessandra, Francesca, Alessandro, Pierluigi e Fabio abbracciano affettuosamente Angela nel momento della scomparsa del
papà
avv. Nicola Lupone
- Milano, 21 luglio 2014.
Marina Pezza, i collaboratori ed i dipendenti di
R&A Studio Legale sono vicini all’Avvocato Roberto Lupone ed alla sua famiglia nel dolore per la
perdita del padre
Lucia
come dice il tuo nome, sei stata una luce nella
mia vita.- Nel buio della tua assenza mi resta il
ricordo del tuo affetto, della tua generosità e della tua sapienza.- Tua sorella Mariagrazia.
- Mandello del Lario, 21 luglio 2014.
LaClerici, casa amata da tutti noi, non sarà più
la stessa
Lucia Zuccoli Clerici
ci ha lasciato.- I cugini Brambilla Brunner e Guagnellini si stringono con affetto a Francesco Emma Orsola e famiglie. - Erba, 21 luglio 2014.
Avv. Nicola Lupone
- Milano, 21 luglio 2014.
Il Dipartimento di Studi Internazionali, Giuridici e Storico-Politici dell’Università degli Studi di
Milano partecipa commosso al dolore del suo Direttore professoressa Angela Lupone per la scomparsa del padre
Avv. Nicola Lupone
Ascoltare senza giudicare.- Questa era la tua
più grande dote.- Ciao
zia Lucia
Maurizio Nicoletta Elena e Marco.
- Milano, 21 luglio 2014.
Manù e Marcello con Marco ed Isabella abbracciano forte Emma nel ricordo della sua grande mamma
Lucia
- Monte Marenzo, 21 luglio 2014.
Avv. Nicola Lupone
- Milano, 21 luglio 2014.
Nicola Lupone
Partecipano al lutto:
– Francesco e Gabriella Mottola con Ignazio.
Maurizio Ciconali e tutti i dipendenti di First
Service Srl e Idra Srl partecipano al dolore della
famiglia Capra per la scomparsa del caro
Umberto
I dirigenti e il personale di Dimensione Ambiente ed Ecotecno partecipano con grande commozione al lutto di Stefano e Marco Capra per la
perdita del loro caro papà
Umberto
- Cesara, 20 luglio 2014.
Il personale di Sis Srl partecipa al grave lutto
che ha colpito la famiglia Capra per la scomparsa
del fondatore
Umberto Capra
Gli amici di una vita Antonio ed Alessandra ricordano
Contornata dall’affetto dei suoi cari si è spenta
ieri
Lucia Zuccoli Clerici
Anna Maria Guarneri
ved. Anzanello
Dott. Mario Lampertico
papà
Lucia
con affetto e rimpianto.
- Moniga del Garda, 21 luglio 2014.
A
Lucia
- Milano, 21 luglio 2014.
Vittorio e Linda Rocchetti si uniscono al dolore
di Cecilia e della famiglia per la scomparsa del
con l’affetto di sempre la tua amica Anna.
- Milano, 21 luglio 2014.
papà
Professoressa
- Genova, 21 luglio 2014.
Carlo ed Elisabetta, con Pietro ed Elena, sono
affettuosamente vicini a Cecilia nel lutto per la
perdita del suo papà
Dott. Mario Lampertico
- Milano, 21 luglio 2014.
Liliana Rivolta e famiglia sono vicini in questo
triste momento a Lidia, Giovanna, Paola e a tutta
la famiglia per la perdita del caro
Antonello
Lucia
Ci ha arricchito con passione, conoscenze e affetto, accompagnandoci negli anni del liceo.Non la dimenticheremo mai.- I suoi alunni della
III Classico C maturita 2011 Collegio San Carlo.
- Milano, 21 luglio 2014.
Aldo, Alberta con Lorenzo e Francesca partecipano commossi al dolore dei figli e familiari tutti per la perdita della cara
Lucia
- Milano, 21 luglio 2014.
- Milano, 21 luglio 2014.
Nenno
Pasqui e gli amici di sempre.
- Milano, 21 luglio 2014.
Antonello Sacco
Antonello Sacco
Partecipa al lutto:
– Alessandra Sangregorio.
- Cesara, 20 luglio 2014.
Umberto Capra
Ne danno annuncio il figlio Roberto e la nuora
Oriana.- Si ringraziano per l’assistenza professionale ed umana i medici ed il personale del
reparto rianimazione dell’ospedale di Seriate.- Si
ringrazia per tutta l’assistenza e l’affetto l’adorata Svetlana.- I funerali si terranno a Milano presso la parrocchia di Santa Maria del Rosario in
piazza del Rosario 1.- Per conferma del giorno e
dell’orario telefonare allo 02.468281.
- Milano, 21 luglio 2014.
mamma
ti ho voluto e ti vorrò sempre tanto bene.- Tuo
figlio Roberto. - Milano, 21 luglio 2014.
Ciao
nonna
un bacio grandissimo con tanto amore, ci mancherai molto.- Le tue nipoti Lucrezia e Ludovica.
- Milano, 21 luglio 2014.
Ciao
Anna
Con il sorriso e la saggezza dei classici hai illuminato la nostra vita.- Ci mancherai.- Cristina,
Laura, Roberta, Alessandro, Valentina, Silvia, Simone, Gianni. - Milano, 21 luglio 2014.
un abbraccio forte con tanto affetto.- Tua nuora
Oriana. - Milano, 21 luglio 2014.
Ciao
Lucia
indimenticabile Professoressa Clerici.- Non ci hai
insegnato solo latino e greco: hai lasciato un segno indelebile in tutti noi.- Ti ricordiamo con affetto.- Gli alunni del corso D 1981-82 Liceo Beccaria. - Milano, 21 luglio 2014.
Andrea e Laura Busnelli si stringono affettuosamente alla famiglia Clerici Zuccoli per la perdita di
Partecipano al lutto:
– Luigi, Luigia, Massimiliano, Luisa ed Alessia
Pedrotti.
Ciao
Anna
sarai sempre con me.- Con tantissimo affetto
Svetlana. - Milano, 21 luglio 2014.
Cara
Anna
Un altro amico degli anni belli ci ha lasciato.Francesco con Anna, Giò e Piero con Paola, insieme ai loro figli, tristissimamente colpiti, abbracciano con grande affetto Jole e Andrea nel
momento del distacco di
- Milano, 21 luglio 2014.
sarai sempre nei nostri cuori.- Le tue cognate Gina, Wanda, Norma e Loredana ed i tuoi cognati
Rinaldo, Nino e Gigi.
- Milano, 21 luglio 2014.
Lo Studio Busnelli e Persegato è vicino alla famiglia Clerici Zuccoli per la scomparsa della cara
Marika e Virginia abbracciano Grazia Benedetta commosse per la perdita di
Alberto Alessandri
Lucia Zuccoli Clerici
Alberto Truniger
- Milano, 21 luglio 2014.
Lucia Zuccoli Clerici
- Milano, 21 luglio 2014.
Cari Donatella, Flavio, Milena e Liliana vi siamo vicini e ci uniamo al vostro dolore per la perdita di
Carlo Alberto
Famiglie Degani con figli e famiglia Zaupa.
- Negrar, 21 luglio 2014.
Siamo vicini a Donatella e alla famiglia Recchia
per la perdita dell’amico
Carlo Alberto
I tuoi collaboratori dell’Azienda Agricola Recchia.
- Negrar, 21 luglio 2014.
L’Ordine degli Avvocati di Milano sentitamente
partecipa al lutto dei familiari per la scomparsa
dell’
Avv. Carlo Alberto Recchia
- Milano, 21 luglio 2014.
Avv. Carlo Alberto Recchia
Ernesto e Maria Luisa Vismara con Luigi ed Elena ricordano con affetto stima e riconoscenza
l’amico carissimo
Avv. Carlo Alberto Recchia
e si stringono a Donatella.
- Milano, 21 luglio 2014.
Dopo breve malattia è venuto a mancare il
Dott. Adriano Maggi
Cavaliere della Repubblica Italiana
Commendatore dell’Ordine di San Gregorio Magno.- Lo annunciano con tanto affetto e dolore:
la moglie Marisa, il fratello Armando, i nipoti
Carlo e Stefania.- Il rito funebre sarà celebrato
martedì 22 luglio alle ore 15.15 nella chiesa parrocchiale San Giorgio in Limbiate (MB).
- Milano, 21 luglio 2014.
Partecipano al lutto:
– La famiglia Pogliani.
– Ida e Vittorio De Vincenzi.
– Alfredo e Letizia Piacenza.
– La famiglia Folla.
– La famiglia Vassena.
– La famiglia Ontano.
Armando, Carlo con Stefania si uniscono al dolore di Marisa per la scomparsa di
- Milano, 20 luglio 2014.
Carla, Toto, Lilly e Marina con i loro figli partecipano al cordoglio per la scomparsa del caro
Nino Buganza
e sono vicini con affetto a Tina e Marco.
- Milano, 21 luglio 2014.
Federico, Guido, Andrea, Paolo, Antonio e tutti
i colleghi di Credit Suisse sono vicini a Marco e
alla sua famiglia per la scomparsa del padre
Antonio Buganza
- Milano, 21 luglio 2014.
Il Presidente Antonio D’Amato, i componenti
del Consiglio Direttivo e tutti i colleghi della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro,
profondamente rattristati, partecipano al dolore
dei familiari per la scomparsa del collega
Cavaliere del Lavoro
Giulio Viezzoli
Virginia Saletti
Anna Fendi Venturini con la sua famiglia ricorda
affettuosamente la sua grande amica Virginia.La Santa Messa sarà celebrata oggi nella parrocchia Sant’Eugenio in viale delle Belle Arti 10 alle
ore 11.30. - Roma, 22 luglio 2014.
Gigio
Caro tesoro, Rossella e Chiara con Alessandro e
Cecilia, ti ricordano sempre con tanto amore come se fossi qui.- Un grosso bacio.
- Milano, 22 luglio 2014.
Chicca con Gino ricorda con immenso amore
Luigi (Gigio) Meddi
- Milano, 22 luglio 2014.
Caro
protagonista della ricerca e dello sviluppo dell’industria delle telecomunicazioni.
- Roma, 21 luglio 2014.
Giorgio Campagnano
alach la olamò, è andato nel suo mondo.- Sia il
suo ricordo di benedizione.- Lo annunciano la
moglie Paola, i figli Patrizia con Aharon e Enrico
con Tamara.- Il funerale si terrà il giorno 22 luglio 2014 alle ore 15 presso il cimitero di Prima
Porta, riquadro Israelitico.- Uno speciale ringraziamento a Liliana ed Anca.
- Roma, 22 luglio 2014.
Si è spento
Giuseppe Soresini
Ada, Laura e Sandro lo abbracciano con infinita
tenerezza.- Ringraziano di cuore le amiche Enrica, Carla, Viviana e Angela per il costante affettuoso aiuto e tutto il personale della Residenza
Santa Lucia di Milano per l’assistenza prestata.
- Milano, 21 luglio 2014.
Gigio
sono passati due anni da quando ci hai lasciato,
e noi ti ricordiamo sempre con tanto affetto e nostalgia.- Zia Rina, Gini, Laura e Stefania.
- Milano, 22 luglio 2014.
Pietro con Francesca ricorda ogni giorno con
affetto
Gigio
l’amico di una vita. - Milano, 22 luglio 2014.
22 luglio 2009 - 22 luglio 2014
"La memoria ed il ricordo tengono in
vita le persone che abbiamo amato".
Tullia, Paolo, Massimo, Filippo, Daniela, Antonella, Elga, Matteo, Francesca e Roberta ricordano con affetto e tenerezza
Daniele Maré
- Milano, 22 luglio 2014.
"Ricordati che a volte il silenzio è la risposta migliore".
2009 - 2014
Virgilio Galassi
I funerali il 22 luglio alle ore 15 al cimitero di
Lambrate.- Maggie, Dana, Mara con Federico,
Florrie, Chiara con Federico, Stefano con Anna.
- Milano, 21 luglio 2014.
È mancato all’affetto dei suoi cari
Dani
Il tempo non conta.- Mara.
- Milano, 22 luglio 2014.
Vittorio, Maria Rosaria e Nicoletta ricordano
con infinito affetto e nostalgia papà e mamma
Avv. Salvatore Grimaldi
Giovanni Mezzasalma
Ne danno il triste annuncio la moglie Anna con
i figli, i nipoti e tutti i parenti.- Funerali il 22 luglio, parrocchia San Benedetto, via Caterina da
Forlì 19 Milano, alle ore 11.
- Milano, 19 luglio 2014.
e
Amalia Malafronte Grimaldi
- Roma, 22 luglio 2014.
La nipote Simonetta annuncia il decesso
dell’amata zia
Maria Sofia Dall’Oglio
compianta da amici e conoscenti per la sua generosità, finezza di sentimenti e dedizione al
prossimo. - Roma, 21 luglio 2014.
È mancato all’affetto dei suoi cari il
rag. Franco Lucchini
Grazie per tutto quello che ci hai dato.- Le tue
figlie, i generi, i nipoti e i pronipoti.
- Milano, 21 luglio 2014.
Da sedici anni il caro
Gian Ercole Rovida
vive nei nostri cuori.- Ora Lena è con te: fate buona musica!- Luisa, famigliari, amici.
- Blevio, 22 luglio 2014.
La moglie Edvige, i figli Rossella e Davide, Tiziana e tutti i familiari di
Angelo Scapuzzi
ringraziano per la vicinanza della commossa partecipazione al lutto. - Milano, 22 luglio 2014.
Adriano
e ne ricordano con commozione il rigore, l’onestà al servizio delle istituzioni.
- Milano, 21 luglio 2014.
Dott.ssa Maria Lazzari
Ci uniamo al dolore della sua famiglia porgendo
le nostre più sentite condoglianze.- Gli ex colleghi dirigenti in quiescenza Honeywell Italia e Europe. - Milano, 21 luglio 2014.
Giannantonio, Vanda, Massimo e Luca profondamente commossi per la scomparsa di
Maria Lazzari
collega dalle mille qualità e carissima amica, si
uniscono al grande dolore di Renato, Silvia ed
Emanuele. - Milano, 21 luglio 2014.
I condomini di via Pontaccio n. 14 Milano si
uniscono al dolore della famiglia per la perdita
della
sig.ra Maria Lazzari
Ciao
Lucia Clerici Zuccoli
Ciao
Carlo Alberto
- Milano, 20 luglio 2014
- Milano, 21 luglio 2014.
- Cesara, 21 luglio 2014.
Lucia
Flavio e Susanna con Nanà e Alessandro si
stringono affettuosamente a Donatella nel ricordo dell’amico fraterno
- Milano, 21 luglio 2014.
Sandro. - Milano, 21 luglio 2014.
Ti vogliamo bene
Avv. Carlo Alberto Recchia
Paolo, Maria Teresa, Aglaia e Gianfranco Vignoli
abbracciano Donatella e partecipano al lutto della famiglia Recchia. - Milano, 21 luglio 2014.
L’Ordine degli Avvocati di Milano sentitamente
partecipa al lutto dei familiari per la scomparsa
dell’
Lucia
Lucia, con Carlo e i ragazzi per noi una seconda
famiglia, ci avete accolto e cresciuto insieme ai
nostri genitori.- Ci mancano già le tue lezioni di
latino, di letteratura e di vita, fra un arrosto e un
buon vino, i tuoi rimbrotti materni e il tuo affetto
per noi.- Ci manchi già tu.- Chiara e Vincenzo.
- Mandello del Lario, 21 luglio 2014.
- Milano, 21 luglio 2014.
Lo Studio Tommasi e il condominio di via Caprera 6 Milano, sono vicini alla famiglia nel dolore per la scomparsa dell’
- Cesara, 20 luglio 2014.
- Milano, 21 luglio 2014.
Prof. Mario Lampertico
Nicola Lupone
Sempre vicini a te, a Silvana e a Linda.- Enrico e
Silvia. - Milano, 21 luglio 2014.
Partecipano al lutto:
– Le famiglie Catanzaro.
Carla Laura Pietro e Francesca sono affettuosamente vicini a tutti i Lampertico nel ricordo di
Giovanna Panza di Biumo con Alessandro, Maria Giuseppina, Federico, Giovanni, Giulio e le
loro famiglie partecipa addoloratissima la scomparsa del
Ercole, Mariagrazia, Anna, Camilla, Carluccio,
Giuliana, Luisa, Emilia, Franco, Rosella, Giorgio,
Carlo, Carla, Pierangelo, Alfredo.
- Mandello del Lario, 21 luglio 2014.
Caro Roberto, ti abbracciamo con tutto il nostro bene nel giorno in cui saluti il tuo papà
Il personale e i collaboratori di Noveletric Srl
partecipano al grande dolore che ha colpito la
famiglia Capra per la scomparsa del fondatore
Riccardo e tutta la famiglia Sieli si stringono
con tanto affetto a Gaietta Paola e Costanza ricordando il papà
caro amico di tutta una vita, e della sua grande
professionalità e disponibilità.
- Milano, 21 luglio 2014.
Lucia Zuccoli Clerici
porge le sue più sentite condoglianze ai famigliari tutti e, come una sorella, stringe Irma in un
affettuoso abbraccio, ricordando la lunga operosa vita di Nicola, il suo continuo e competente
impiego professionale, il suo rigore morale sostenuto dalla fede e la sua costante affettuosa
dedizione alla famiglia.
- Milano, 20 luglio 2014.
- Milano, 21 luglio 2014.
e partecipano con grande affetto al dolore di Giuliana, dei figli e di tutti i famigliari.
- Milano, 21 luglio 2014.
Mario
Insieme ai nostri figli e nipoti ricorderemo per
sempre, per la sua generosità sconfinata e per la
sua luminosa intelligenza, la nostra insostituibile
sorella e cognata
Carlo Alberto Recchia
I colleghi delle Unità Operative Gastroenterologia della Fondazione Policlinico e della Unità
Operativa Epatologia Ospedale San Giuseppe,
Università degli Studi di Milano, sono affettuosamente vicini al Dottor Pietro Lampertico e alla famiglia per la scomparsa del padre
Tutti i colleghi e i collaboratori di Milano e di
Genova dello Studio Legale Giovanardi Fattori
sono vicini all’Avvocato Cecilia Lampertico per la
perdita del
Mario Lampertico
Lucia Zuccoli Clerici
I funerali si terranno oggi, martedì 22 alle 15 nella chiesa di Crevenna, Erba.
- Erba, 21 luglio 2014.
Gabriella Locatelli con Cetti e Rosa, ricorda con
profondo affetto la generosità di cuore di
Avv. Nicola Lupone
amico di una vita. - Milano, 21 luglio 2014.
- Milano, 21 luglio 2014.
Andrea è affettuosamente vicino a Cecilia e a
tutta la sua famiglia in questo momento di grande dolore per la perdita del caro papà
Francesco, Emma e Orsola con le famiglie annunciano con dolore la morte della loro adorata
mamma
Eleonora De Micheli Garibotto con famiglia
molto addolorata per la scomparsa dell’
Mario è vicino con grande tristezza e affetto
all’amico fraterno Francesco e ai familiari per la
perdita della mamma
Manolo e Dadi piangono la scomparsa del carissimo amico
Mario Lampertico
Partecipano al lutto:
– Arianna Bortolin con mamma e papà.
– Giuseppe Lozza.
Andrea e Bonnie Sironi partecipano al dolore di
Pietro e famiglia. - Milano, 21 luglio 2014.
- Milano, 21 luglio 2014.
e sono affettuosamente vicini a Giuliana e figli
con un abbraccio. - Vacciago, 21 luglio 2014.
mamma
- Milano, 21 luglio 2014.
nonno Mario
- Milano, 20 luglio 2014.
Averti come
è stato il più bel dono che potessimo desiderare.Ti porteremo sempre con noi.- Salutaci il papà.Francesco, Emma e Orsola.
- Erba, 21 luglio 2014.
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- Milano, 21 luglio 2014.
TARIFFE BASE IVA ESCLUSA:
È mancato all’affetto dei suoi cari
Corriere della Sera
Gazzetta dello Sport
PER PAROLA:
Necrologie: € 5,00
Adesioni al lutto: € 10,00
Necrologie: € 1,90
Adesioni al lutto: € 3,70
A MODULO:
Solo anniversari,
trigesimi e ringraziamenti:
€ 540,00
Solo anniversari,
trigesimi e ringraziamenti:
€ 258,00
Pierino Tortelotti
Ne danno il triste annuncio la moglie Virginia, i
figli, Stefano con Francesca, Marco con Giulia, le
sorelle, Marcella, Danila con Antonio, e i suoi
amati nipoti.- A tutti coloro che gli hanno voluto
bene il nostro sentito affetto.
- Lanzo d’Intelvi, 20 luglio 2014.
Alba e Monica con Massimo, partecipano commossi al dolore di Katia, Stefano e Marco per la
perdita del caro
Pierino
amico di sempre. - Milano, 21 luglio 2014.
Il Sindaco di Milano Giuliano Pisapia e la Giunta Comunale sono vicini alla famiglia per la
scomparsa di
Corrado Tomassini
già Consigliere del Comune di Milano.
- Milano, 21 luglio 2014.
Il Presidente Basilio Rizzo e il Consiglio Comunale di Milano partecipano con profondo cordoglio al lutto per la scomparsa di
Corrado Tomassini
già Consigliere del Comune di Milano.
- Milano, 21 luglio 2014.
I colleghi di Eris Program sono vicini ad Aldo e
Mariagrazia in questo triste momento per la perdita della madre
Rachele Longoni ved. Rotta
- Milano, 21 luglio 2014.
Diritto di trasmissione: pagamento anticipato € 1,67 - pagamento differito € 5,00
L’accettazione delle adesioni è subordinata al pagamento con carta di credito
Servizio fatturazione necrologie:
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Corriere della Sera Martedì 22 Luglio 2014
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LA SOLUZIONE DI IERI
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Da oggi con il Corriere
il secondo volume della
collana «Lettere
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«Da qualche parte nel
profondo» di Rainer
Maria Rilke e Lou
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Da oggi
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Lettere d’amore
secondo libro:
poesie di Rilke
Come si gioca
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griglia in modo che ogni
riga, colonna e riquadro
contengano una sola
volta i numeri da 1 a 9
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riforme costituzionali (Senato e
Titolo V). Sul tavolo il pacchetto
di ottomila emendamenti
Contestata
il ministro
Boschi,
accusata
di «svolta
autoritaria»
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Martedì 22 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Tv in chiaro
Teleraccomando
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di Maria Volpe
PER RIFLETTERE
PER DISTRARSI
Il business
della droga
Sua altezza reale
compie un anno
Seconda puntata del
programma di reportage a
cura di Mimmo Lombezzi e
Lorena Bari. La droga (foto) è
il secondo business mondiale
dopo quello del sesso, con un
fatturato di quasi 300
miliardi di dollari. Stasera un
viaggio da Villa Maraini,
centro assistenza per tossico
dipendenze nell’ambito della
Croce Rossa Italiana, alla
comunità di San Patrignano.
Dal Brasile, dove a Parintins il
vescovo Don Giuliano Frigeni
ha creato un centro educativo
per strappare al loro destino i
ragazzi di strada, al Sudan
del Sud, dove il fenomeno dei
ragazzi di strada è l’ultimo
prodotto di uno sterminio.
A un anno di distanza dalla
nascita dell’erede al trono di
Inghilterra, stasera un
documentario dedicato al
primogenito della coppia reale
formata da William e Kate
Middleton (foto). Il 22 luglio
2013, al St. Mary’s Hospital,
nasceva infatti George
Alexander Louis, noto come
sua altezza reale George,
principe di Cambridge.La sua
nascita ha anche sconvolto il
protocollo: non era mai
capitato che due genitori reali
trascorressero le prime
settimane da mamma e papà
lontano dai riflettori. William
e Kate infatti si sono rifugiati
a Bucklebury, luogo dove vive
la famiglia Middleton.
BlogNotes
Italia 1, ore 23.55
Il principe George - Un anno
dopo; Sky Uno, ore 20.15
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Una bella sfida
per Claudio Bisio
Redford e Newman
assi della truffa
Un sindacalista (Claudio Bisio,
foto), emarginato dai suoi
stessi compagni, deve
occuparsi di una cooperativa
che vuole reinserire nel mondo
del lavoro dei malati psichici.
Si può fare
Canale 5, ore 21.10
Usa, anni 30. Henry e Johnny
(Robert Redford e Paul
Newman, foto insieme) invece
della pistola preferiscono usare
l’astuzia. Organizzano una
truffa ai danni del boss locale.
La stangata
Iris, ore 21
Quando il passato
torna a farsi vivo
Pif alla scoperta
di artisti eccentrici
Il passato di Jenny (Jessica
Raine) ritorna: una telefonata e
una lettera da un uomo
misterioso la mette in crisi.
Chummy (Miranda Hart) coltiva
dubbi sul suo futuro con Peter.
L’Amore e la vita - Call the...
Rete4, ore 21.15
Nuova puntata del programma
di Pif. Questa sera si concentra
nel mostrare gli stili di vita più
eccentrici e disparati, da chi si
nutre con cibi scaduti a chi con
i rifiuti fa opere d’arte.
Il testimone
Mtv, ore 21.10
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Corriere della Sera Martedì 22 Luglio 2014
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Film
e programmi
Cooper e compagni
in giro per il mondo
Alan, Phil e Stu (da sinistra: Zach
Galifianakis, Bradley Cooper ed
Ed Helms, foto insieme) sono al
centro di nuove avventure, in un
viaggio on the road attorno al
mondo.
Una notte da leoni 3
Sky Cinema 1, ore 21.10
Ron Perlman aiuta
il genere umano
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Il principe Nuada guida le truppe
alla sconfitta definitiva del
genere umano. Ma entra in gioco
Hellboy (Ron Perlman, foto),
figlio dell’Inferno strappato nel
‘44 ai nazisti da un professore.
Hellboy
Sky Cinema Hits, ore 22.55
Tre donne tradite
meditano vendetta
Tre donne (Amber Heard, Heather
Graham, Jennifer Coolidge, foto
insieme), tutte tradite, tutte mollate,
decidono insieme di consumare
una feroce vendetta che colpisca
gli ex nei loro punti più deboli.
Come ti ammazzo l’ex
Sky Cinema Passion, ore 22.35
Alessandro Siani
si trasferisce a Milano
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Trasferito a Milano, Mattia
(Alessandro Siani) si stabilisce in
casa dell’amico Alberto (Claudio
Bisio). Sarà dura vincere la
tradizionale diffidenza dei
meridionali verso il Nord.
Benvenuti al Nord
Premium Cinema, ore 21.15
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A fil di rete
di Aldo Grasso
Formula 1, le emozioni
sono negli imprevisti
L
a passione è tutto. Domenica, la tappa del Tour de
France era piuttosto noiosa, ma l’attenzione per ogni
pedalata di Vincenzo Nibali era spasmodica: speriamo che la pioggia non lo faccia cadere. Sempre domenica, si è svolto il Gran premio di Germania, a
Hockenheim. Per la Ferrari un’altra domenica amara. Eppure, rispetto al solito, la gara è stata abbastanza interessante.
Fatta questa necessaria premessa, bisogna dire che c’è un’evidente sproporzione tra l’apparato televisivo che l’automobiliVincitori e vinti
smo esibisce e lo show che vediamo. Penso alla ricchezza del
Wanda
mosaico interattivo offerto da
Perdelwitz
Sky, dalle riprese on-board alI sentimenti
l’interattività, dalle riprese dalla
tedeschi
pit lane al Race Control, dal Live
superano
Timing al Race Tracker.
gli amori italiani.
C’è stato il duello tra Alonso e
Film tv Made in
Ricciardo, su cui lo spagnolo ha
Germany per Rai1:
avuto la meglio con manovre da
«Katie Fforde - Il
applausi; c’è stato il terzo posto
sogno di Harriet» (con
di Lewis Hamilton, con una gaWanda Perdelwitz) è
ra «monstre»: partito 20° per
seguito da 2.763.000
aver sostituito la scatola del
spettatori, e uno share
cambio, ha rimontato alla grandel 15,5%
de. Ma è mancata l’emozione
per la vittoria finale, come spesLeonardo
so succede: Nico Rosberg è staPieraccioni
to in testa dal primo all’ultimo
Gli amori
giro.
italiani
A un certo momento, ci sono
superati dai
state critiche alla direzione di
sentimenti tedeschi.
gara per non aver consentito
Prima serata di
l’ingresso della safety car quanCanale 5 con Leonardo
do, verso la fine della gara, la
Pieraccioni e il suo
Sauber di Sutil si è girata re«Pesce innamorato»:
stando pericolosamente al cenla commedia è seguita
tro della strada.
da 2.407.000
Non per fare i cinici, ma orspettatori,
mai le emozioni della Formula 1
13,6% di share
sono quelle fornite da incidenti
(paura per Massa!), da scontri,
da testacoda, da tutti quei marchingegni che sono stati inseriti per rendere più attraente la corsa: l’ala mobile, l’ERS
(Energy Recovery Systems), il cambio gomme, il tubo di scappamento inclinato verso l’alto, i motori V6 turbo da 1.6 litri…
Può darsi che se la Ferrari fosse in testa al campionato queste
considerazioni parrebbero inutili, ma in F1 la sproporzione
tra esibizione mediatica ed emozione è innegabile.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Forum «Televisioni»: www.corriere.it/grasso
Videorubrica «Televisioni»: www.corriere.tv
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Martedì 22 Luglio 2014 Corriere della Sera