Collegio dei Primari di Anestesia e Rianimazione della Regione Campania - CPARC XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia PRIMO MEMORIAL “PASQUALE MASTRONARDI” Presidente del Convegno Giuseppe Vairo ATTI CONGRESSUALI NAPOLI - 5/6 dicembre 2014 Università degli Studi di Napoli “Federico II” Facoltà di Medicina e Chirurgia Edificio 19 - Aula Grande Nord - Via Pansini 5 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 I N D I C E RELAZIONI ILCONTROLLODELLEVIEAEREE.ILVECCHIOEILNUOVO FELICEEUGENIOAGRÒ 4 LEPERITONITIDACANDIDA CARLODIIORIO–ANNARITACIMINO* 6 STATOVEGETATIVOEMINIMACOSCIENZALUCIEDOMBRE F.GRATINO,R.MINCIONE 15 LAGESTIONEPERIOPERATORIAINCHIRURGIABARIATRICA A.TARANTINO,S.T.CIRILLO*,C.GALANO,F.GIURICIN,S.D'INNOCENZIO M.BARBERIO,P.BARONE,D.FERRARA,F.CHIUMIENTO 25 ILCONSENSOINFORMATONELPAZIENTEINCOSCIENTE VARGASMARIA,ASSANTINOANNARITA,SERVILLOGIUSEPPE 28 COMUNICAZIONI ANALGESIANOCICEPTIONINDEX(A.N.I.)INCHIRURGIADELLASPALLA:NOSTRA PRIMAESPERIENZA S.T.CIRILLO*,A.TARANTINO,S.D’ALTERIO,M.BARBERIO, C.GALANO,G.ESPOSITO,S.LUISE,F.CHIUMIENTO 34 TRACHEOSTOMIEPERCUTANEE:NOSTRAESPERIENZA BARBATOE.,BOGLIOLOA.M.,CIARAMELLAM,COVINOR.,D’AURIAS.,FOCONEC.,LO SAPIOD.,MASCOLOL.,PRIMERANOB.,CAMPANILEF. 37 1 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 ANALISICLINICAEDIMPATTOECONOMICODELL’ANESTESIALOCOREGIONALE RISPETTOALL’ANESTESIAGENERALENELLACHIRURGIADELLAMAMMELLA:STUDIO PILOTA. V.BASSO,M.GIUDICE,V.IORNO,A.FLORIO,R.CATALDO, 39 BLOCCOECOGUIDATODEINERVISCIATICOEFEMORALEPERLACHIRURGIA PLASTICARICOSTRUTTIVADELLEULCERETROFICHE R.SICILIA,M.L.DEPRISCO,P.CUOFANO,I.ESPOSITO,N.MANZIONE,A.MIGNONE, R.NAIMOLI 42 SEDAZIONEPOST‐OPERATORIAINNEUROCHIRURGIACONDEXMEDETOMIDINA A.FRUNCILLO,G.BORRELLI,V.PICCOLI,D.SMALDONE,F.GARGANO,A..SCAFURO 44 DICLOFENACSODICOSOTTOCUTEVSPARACETAMOLOENDOVENANELDOLORE POST‐OPERTAORIOINPAZIENTIAFFETTIDAMORBODI“DUPUYTREN”,PRIMA NOSTRAESPERIENZAINCHIRURGIADELLAMANO S.T.CIRILLO,M.BARBERIO,F.GARGANO,D.DEFELICE,C.COLELLA,F.CHIUMIENTO, M.A.SCAFURO 46 GESTIONEDELLASLOWCONTINOUSULTRAFILTRATION(SCUF)INAMBIENTE CARDIOLOGICO:CASEREPORT. P.CUOFANO,M.L.DEPRISCO,R.SICILIA,I.ESPOSITO,A.D’AGOSTINO,D.VIOLANTE, R.NAIMOLI 49 L’USODELL’ONDANSETRONPERILCONTROLLODELDELIROPOSTOPERATORIONEL PAZIENTENEUROCHIRURGICO G.BORRELLI,A.FRUNCILLO,V.PICCOLI,D.SMALDONE,P.MANGO,A.SCAFURO 51 DEXAMETHASONEDOESNOTINHIBITSUGAMMADEXREVERSALAFTER ROCURONIUM‐INDUCEDNEUROMUSCULARBLOCK:PRELIMINARYDATA BUONANNOP.,LAIOLAA.,PALUMBOC.,SPINELLIG.,DIMINNOR.M.,CAFIEROT., SERVILLOG.,DIIORIOC. 54 LADEXMEDETOMIDINAPERLASEDAZIONEDELPAZIENTENEUROCHIRURGICOIN NICU. T.CAFIERO,P.VARRIALE,R.M.DIMINNO,I.GUARINO,M.LORETO,V.MAFFEIEC.DI IORIO 56 2 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 RELAZIONI 3 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 Ilcontrollodellevieaeree.Ilvecchioeilnuovo FeliceEugenioAgrò Commendatore della Repubblica Italiana Professore Ordinario di Anestesia e Rianimazione Direttore di Cattedra e di Scuola di Specializzazione in Anestesia e Rianimazione Università Campus Bio-Medico di Roma Direttore dell’Area dipartimentale di Anestesia, Rianimazione e Medicina del Dolore Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma La storia e l’evoluzione della pratica anestesiologica è strettamente connessa all’utilizzo di macchine e dispositivi meccanici e non, con grande impatto sulla clinica. Tale relazione appare più evidente soprattutto se si guarda alla gestione delle vie aeree, che rappresenta una delle peculiarità tra le competenze dell’anestesiologo. A tutt’oggi, la presenza di una via aerea difficile è causa di circa un terzo di tutte le complicanze connesse all’anestesia. In tale contesto, lo studio e l’avvento di nuove tecnologie è stato finalizzato al superamento di difficoltà previste e non previste. Le nuove tecnologie possono essere impiegate per migliorare dispositivi già in uso nella pratica clinica (modalità di funzionamento, materiali, riduzione del traumatismo, ampliamento degli usi, portabilità), per realizzarne dei nuovi, ma anche per rendere più rapide e sicure le procedure che si effettuano e, non ultimo, agevolare gli operatori (soprattutto i meno esperti). Un esempio del ruolo delle nuove tecnologie nell’evoluzione della gestione della via aerea si può rilevare tra i Presidi Extraglottici (PEG) ed è costituito dalla “famiglia” della maschera laringea. Di essa esistono 6 differenti versioni tra le quali: la LMA C-Trach che combina i vantaggi del PEG con quelli della fibra ottica, e la LMA Supreme che per le caratteristiche dei materiali e la conformazione si adatta perfettamente alle strutture perilaringee. Altro esempio tra i PEG è rappresentato dall’Ambu-Aura-I che si abbina ad uno stiletto a fibre ottiche apposito (l’Ambu aScope) che, se connesso ad un monitor, consente di effettuare l’IT sotto visione attraverso il PEG già posizionato. Infine, tra i PEG spicca per le caratteristiche dei materiali l’I-Gel: priva della cuffia e realizzata in modo tale da essere anatomica. Ne risultano: facile inserimento (senza manipolazioni della testa), minor traumatismo ed ottima tenuta. Anche nel mondo della laringoscopia c’è una continua evoluzione: la stessa lama di Machintosh è ormai passata dalla classica lampadina alla fibra ottica; i sistemi a trasmissione ottica sono stati dotati di connessione video (Airtraq), così come quelli a fibre ottiche (fibroscopio, Bullard, Visualized Endotracheal Tube), mentre gli stiletti sono stati forniti di video o fibra ottica (Clarus Video System, BonfilsRetromolarIntubationFiberscope). La novità più interessante degli ultimi anni è rappresentata dai videolaringoscopi. Tra questi dispositivi se ne segnalano alcuni quali: il V-Mac, il C-Mac, il GlideScope, il McGrath ed il Pentax AWS. C-Mac e V-Mac sono l’uno l’evoluzione dell’altro. Sono conformati come un laringoscopio Machintosh standard, connesso ad un sistema video. Per tale ragione permettono di eseguire sia una LD classica che una videolaringoscopia, secondo le esigenze dell’operatore. Il GlideScope, il più diffuso, consente di visualizzare su un apposito monitor l’aditus laringeo, con minima manipolazione dei tessuti. Il Glidescope esiste in tre versioni: basic, con lama monouso (Cobalt) e portatile (Ranger). Il Macgrath è dotato di un monitor che, montato direttamente sul manico, permette all’operatore di visualizzare contemporaneamente il paziente e le immagini video. Il Pentax Airway Scope (AWS) è un videolaringoscopio dotato di apposito canale per indirizzare il tubo tracheale direttamente verso le corde e di un secondo canale di lavoro per l’aspirazione. Anche in questo dispositivo il monitor si posiziona all’estremità del manico ed è dotato di un sistema puntatore che localizza la posizione della glottide. 4 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 Di recente introduzione è l’ A.P. Advance™ video laryngoscope che può essere usato un tre modi: come un laringoscopio Machintosh standard, come un videolaringoscopio e come un dispositivo per l’IT difficile, usando la la "Difficult Airway Blade” (DAB), che è dotata di un apposito sistema di indirizzamento del tubo verso la glottide. Tra i fibroscopi un’interessante evoluzione è rappresentata dal SensaScope, che unisce i vantaggi dei sistemi rigidi, possiede una curvatura preformata, con quelli dei sistemi flessibili, la punta si muove per azione di una leva attivabile dall’operatore.. Altro aspetto del rapporto progresso tecnologico-gestione delle vie aeree, è l’applicazione di “vecchie” tecnologie in modo nuovo. L’esempio più interessante è quello dell’utilizzo della ecografia per l’esecuzione della tracheostomie dilatative percutanee. L’ecografia consente lo studio dell’anatomia del paziente prima dell’inizio della procedura e della scelta della sede di puntura più adeguata. Inoltre, permette di individuare gli anelli tracheali, garantendo l’esecuzione della manovra al di sotto del primo anello (riduzione delle complicanze sottoglottiche). Infine, l’utilizzo dell’ecografia durante l’esecuzione della tracheostomia garantisce la visualizzazione del percorso dell’ago (come nei cannulamenti venosi centrali) e può evitare l’esecuzione della broncoscopia, riducendo l’ipossia e l’ipercapnia da essa derivanti. L’avvento di nuove tecnologie e l’utilizzo nuovo di tecnologie già esistenti apre quotidianamente nuovi scenari clinici. La validità e l’efficacia della loro applicazione va inevitabilmente a scontrarsi con la capacità di utilizzo. Conseguentemente, è poco vantaggioso avere in struttura uno strumento ad elevata tecnologia, potenzialmente utile al superamento di molteplici difficoltà, se nessuno è in grado di impiegarlo nel modo più rapido e corretto. Appare pertanto necessario effettuare un training inziale, mantenuto poi dal quotidiano impiego in elezione, che ne renda maneggevole l’utilizzo in caso di difficoltà. Bibliografia 1. F.E. Agrò, Cataldo R., et Al: “New devices and techniques for airway management. Review.” Minerva Anestesiol. 2009 Mar;75(3):141-9. 2. Hernandez MR, Klock PA Jr, Ovassapian A. “Evolution of the extraglottic airway: a review of its history, applications, and practical tips for success.” Anesth Analg. 2012 Feb;114(2):34968. 3. Nifouroupoulou P. et Al: “Video-laryngoscopes in the adult airway management: a topical review of the literature”. Acta Anaesthesiol Scand 2010 4. Pott LM, Murray WB: “Review of video laryngoscopy and rigid fiberoptic laryngoscopy.” Curr Opin Anaesthesiol. 2008 Dec;21(6):750-8 5. P. Biro, U. Ba¨ttig, J. Henderson and B. Seifert “First clinical experience of tracheal intubation with the SensaScope, a novel steerable semirigid video stylet” Br J Anaesth. 2006 Aug;97(2):255-61 6. Costa F, Mattei A, Massimiliano C, Cataldo R, Agrò FE. “The Clarus Video System as a useful diagnostic tool.” Anaesthesia. 2011 Feb;66(2):135-6. 7. Rajajee et al. “Real-time ultrasound-guided percutaneous dilatational tracheostomy: a feasibility study.” Critical Care 2011, 15:R67, http://ccforum.com/content/15/1/R67 (22 February 2011) 5 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 LePeritonitidaCandida CarloDiIorio–AnnaRitaCimino* Dipartimento di Anestesia e Rianimazione U.O.S.C. di Anestesia, TIPO e OTI A.O.R.N. “ A. Cardarelli” - Napoli * Biologa, Specializzanda in Patologia Clinica Università Cattolica del Sacro Cuore - Roma Definizioni Le peritoniti da Candida sono annoverate tra le Candidiasi invasive, che comprendono anche le Candidemie, le meningiti, le endocarditi, le altre infezioni intraddominali e le infezioni di protesi valvolari (1). Si parla di infezione probabile in presenza di livelli di -D Glucano >80pg/ml in 2 campioni di siero consecutivi e uno dei seguenti segni clinici: 1) temperatura <36° o >38° 2) ipotensione, intesa come PA sistolica<90mmHg o caduta dai valori basali della PA sistolica >40mmHg 3) globuli bianchi>12.000 cellule/ml Si parla di infezione provata in presenza di emocoltura positiva per Candida o presenza di Candida su agoaspirato o su campione, per esame isto e citopatologico, prelevato da tessuto normalmente sterile o da materiale ottenuto da drenaggi, entro le 24 ore dal loro posizionamento associate a quadro clinico e/o radiologico di processo infettivo in atto. Cenni epidemiologici Le Candidosi invasive, a seconda degli autori, rappresentano dal 5 al 22% delle infezioni acquisite in ICU. Se restringiamo il campo ai pazienti chirurgici con sepsi grave, la percentuale sale al 30% di Candidosi invasive, una buona percentuale delle quali annovera le peritoniti. Il tasso di mortalità in questi pazienti oscilla tra il 25 e 60% con una media che si aggira sul 47%. La microbiologia delle peritoniti da Candida vede ancora la prevalenza della Candida Albicans, che rappresenta il 58% del totale, seguita dalla Candida Glabrata con il 20% e dalla Krusei con l’8% e poi in percentuale minori dalle altre specie di Candida non-Albicans. Negli ultimi anni si sta sempre più spostando la prevalenza verso il versante delle Candide non-Albicans con i conseguenti risvolti terapeutici, derivanti dalla maggiore resistenza agli azoli e dalla maggiore produzione di biofilm da parte di queste specie (2). Colonizzazione e Infezione La difficoltà nel discriminare la colonizzazione dalle Candidiasi invasive rende la diagnosi problematica. La presenza di Candida nel tracheo e broncoaspirato, nelle urinocolture e sui tamponi cutanei e di mucose, frequentemente, è segno di colonizzazione e non d’infezione. È anche vero che la colonizzazione multisite precede l’invasione sistemica e rappresenta un elemento cruciale nella decisione di partire con una terapia empirica. La colonizzazione multifocale è caratterizzata dalla presenza di Candida su campioni prelevati contestualmente da più siti. La definizione del Candida Colonitation Index è data dal rapporto tra numero di siti colonizzati e il numero di siti testati. Ha un valore predittivo positivo del 66% con un cut-off di 0,5: al di sopra di tale valore è altamente probabile una infezione, al di sotto una colonizzazione. Molto più importante è il Candida Colonitation Index Correct dato dal rapporto tra il numero di siti fortemente colonizzati e il numero di siti colonizzati. Ha un valore predittivo positivo del 100% con un cut-off di 0,4, al di sopra del quale c’è certezza di infezione. Il Candida Score ha un alto valore predittivo negativo e un basso valore predittivo positivo per cui serve soprattutto ad escludere una candidiasi se il valore, derivante dalla sommatoria dei suoi 4 6 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 parametri e dei relativi punteggi (NPT:1, Colonizzazione multifocale:1, Intervento chirurgico:1, Sepsi e shock settico:2) è inferiore al cut-off di 2,5-3. La presenza di Candida nel liquido peritoneale è un fattore predittivo, indipendente, di mortalità nei pazienti con peritonite, così come l’interessamento del tratto gastro-intestinale superiore (3). La Terapia La Profilassi Antimicotica è riservata a pazienti, non ancora infetti, ad alto rischio di candidosi invasiva per la presenza di più fattori di rischio (immunodepressione, diabete, malattie oncoematologiche, chemioterapie, operati più volte per perforazione o deiscenza del tratto gastrointestinale, specie superiore). La Pre-emptive Terapia è rivolta a pazienti a rischio, asintomatici, con test sierologici (-D Glucano o Mannano-Antimannano) positivi. La Terapia Empirica è riservata a pazienti con quadro clinico di infezione grave da sospetta Candidiasi in cui una terapia antibiotica ad ampio spettro non risulta efficace e nelle more degli esami colturali per miceti. La Terapia Mirata o Targeted è infine per i pazienti che presentano un quadro colturale positivo per miceti con test di sensibilità e, meglio ancora, test di candidocidia. La seguente rappresentazione (Tab. 1) chiarisce meglio quanto esposto finora: Tab 1 La precocità della diagnosi e della terapia è il discrimine essenziale per la riduzione della mortalità, come evidenziato da numerosi autori sia in ambito intensivologico che medico-chirurgico (4; 5; 6). 7 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 Le Linee Guida La World Society of Emergency Surgery ha pubblicato nel 2013 le linee guida per la gestione delle infezioni intraddominali (7), nelle quali, oltre a ribadire la classificazione delle peritoniti, come sotto riportato, si sottolinea che il 30-40% dei pazienti con peritonite secondaria e terziaria può sviluppare una Candidiasi intraddominale. PERITONITIS CLASSIFICATION 1) PRIMARY OR SPONTANEUS No apparent breach of the GI tract in pts with end-stage organ failure (liver cirrhosis, nephrotic syndrome) or immunodeficiency (HIV) or peritoneal dialysis or laparoscopic surgery with abdominal lavage. 2) SECONDARY Caused by disruption of anatomical barriers by perforation (perforated ulcer disease, perforated colon diverticula, perforated appendicitis), infection, ischemia, necrosis or surgery. 3) TERTIARY ( THE ABDOMINAL CATASTROPHE) Cases with persisting abdominal inflammation usually resulting in multiple surgical interventions, accompanied by prolonged antibiotic therapies and at high risk for developing infections with multi-drug resistant bacteria and fungi. Per quanto attiene i maggiori patogeni coinvolti nelle infezioni intra-addominali bisogna distinguere le infezioni comunitarie, in cui i microrganismi più coinvolti sono: Enterobacteriaceae, Streptococcus species, Anaerobes (specialmente B. fragilis) dalle nosocomiali che vedono coinvolti: Methicillin-resistant Staphylococcus aureus, Vancomycin-resistant Enterococcus species, Carbapenem-resistant Pseudomonas aeruginosa, (ESBL)-producing Escherichia coli, Klebsiella species, Multidrug-resistant Acinetobacter species, Candida species. Fattori di rischio delle micosi invasive Di seguito sono elencati i principali fattori di rischio per le micosi invasive: Ø Prolonged courses of broad spectrum antimicrobial Ø Catheter-associated bloodstream infection Ø Intravascular monitoring system Ø Intravascular prosthesis Ø Tracheal intubation and artificial ventilation Ø Immune suppressed haematological patients Ø Bone marrow transplant Ø Neutropenia-associated infection (neutrophii count <500/mm^) Ø Advanced HIV Ø Severe immunosuppression (cancer, diabetes meliitus, burns) Ø Major trauma 8 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 Ø Urinary tract surgery (if candiduria) Ø Complicating severe gastrointestinal surgery (peritonitis) Ø Acute renai failure and Haemodialysis Ø Transplant recipient Ø Parenteral nutrition Ø Prolonged ICU stay and APACHE II score >20 Per quanto attiene le Candidiasi intra-addominali i fattori di rischio specifici sono: Recurrent abdominal surgery GI tract perforations Gastrointestinal anastomosis leakage Multifocal colonization by Candida spp. Acute Necrotizing Pancreatitis Barrier breachers by catheters and drains Chronic anti-secretory therapy (PPI and anti-H2) Inability to achieve adequate source control Numerosi autori hanno enfatizzato l’importanza del controllo della sorgente dell’infezione che rappresenta un fattore predittivo e indipendente di mortalità nei pazienti in shock settico per infezione intra-addominale (8). I fattori predittivi di insuccesso del controllo della sorgente dell’infezione sono: Il ritardo nell’intervento chirurgico, oltre le 24 ore La gravità clinica del paziente (APACHE II score>15) L’età avanzata Il basso livello di albumina Uno stato nutrizionale scadente Il grado di coinvolgimento del peritoneo o una peritonite diffusa La difficoltà ad un adeguato sbrigliamento o drenaggio del focolaio La presenza di neoplasia. Il Consensus Italicus Nel 2013 è stato pubblicato un Consensus, a cura di Bassetti et al. (9), che chiarisce alcuni punti, ancora non chiari, delle linee guida americane IDSA (10) ed europee ESICM sul management delle Candidiasi intra-addominali. . Il primo interrogativo è quale campione inviare in laboratorio per l’esame microscopico diretto e per la coltura per Candida: L’esame microscopico diretto è indicato in tutti i pazienti con infezione addominale, non dipendente da appendicite, compresi quelli con peritonite secondaria e terziaria I campioni da drenaggi si possono inviare entro le 24 ore dal loro posizionamento I tamponi cutanei non devono essere inviati in laboratorio I campioni devono essere inviati il più presto possibile Il volume minimo del campione deve essere di 1ml, se liquido, o 1gr, se tessuto È raccomanda una contestuale emocoltura per Candida da vena periferica È opportuno calcolare l’indice di colonizzazione per Candida, meglio se nella forma corretta 9 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 I test di sensibilità devono essere calcolati su funghi isolati da sangue, tessuti sterili con la relativa MIC, riportando il metodo usato (CLSI vs EUCAST) e l’attività fungicida. Altro interrogativo è quello relativo all’uso dei test non colturali e a tal riguardo si specifica che: I risultati del test al mannano-antimannano dipendono dalla specie di Candida coinvolta: infatti la Parapsilosis e la Krusei producono minori quantità di mannano Se disponibili i test al mannano-antimannano (più economici) e quello al -D glucano (più costoso) dovrebbero essere effettuati in tutti i pazienti con peritonite secondaria e terziaria e almeno un fattore di rischio specifico per Candidiasi intra-addominale Un livello di -D glucano >80pg/ml è indicativo di possibile infezione da Candida con prognosi sfavorevole se il livello è >300pg/ml (11). Il test al PCR sembra più sensibile degli altri test non colturali, anche se rimangono importanti interrogativi sui costi, sul significato clinico e sulla capacità di distinguere una infezione da una colonizzazione normale o patologica. Il test al -D glucano può dare falsi positivi in presenza di terapia con antibiotici -lattamici, con albumina e immunoglobuline, packing con garze chirurgiche e batteriemia da Gram+. Al contrario può dare falsi negativi con un sangue troppo lipemico o emolizzato, nelle dermatiti da Zigomiceti e Criptococchi. Altro interrogativo è a quali pazienti riservare una profilassi antifungina: Nella chirurgia addominale recente e in pazienti con ricorrente perforazione o deiscenza di suture del tratto gastro-intestinale superiore mediante il Fluconazolo che ha una buona cinetica peritoneale (12) Altri pazienti da profilassare sono quelli con pancreatite severa, i trapiantati di fegato, pancreas e piccolo intestino e i neonati immaturi con basso peso corporeo. Se il paziente è molto critico ed instabile, se c’è possibilità di resistenza e/o scarsa tolleranza agli Azoli, se c’è biofilm e se c’è bisogno di un’azione fungicida si deve usare nella profilassi una Echinocandina L’uso di probiotici può ridurre l’incidenza di colonizzazione da Candida nei pazienti, trattati con alte dosi di antibiotici a largo spettro in quanto il probiotico compete, a livello intestinale, col micete nell’accesso ai nutrienti (13). Altro interrogativo importante è a quali pazienti praticare una terapia empirica: Essa non è raccomandata nei pazienti con infezione addominale acquisita in comunità È raccomandata se l’infezione, acquisita in comunità, è particolarmente grave o se l’infezione è nosocomiale e la Candida è isolata nei campioni Se è isolata la Candida Albicans la prima scelta è il Fluconazolo 800mg il primo giorno e 400mg i giorni successive da infondere in più di 2 ore o in dosi multiple giornaliere essendo un farmaco antifungino tempo-dipendente (14) Se è isolata una Candida non-albicans la prima scelta è una Echinocandina da infondere in unica dose giornaliera in meno di 2 ore, essendo farmaco concentrazione-dipendente, meglio se senza dose di carico, come la Micafungina Se il paziente è particolarmente critico e instabile è preferibile dare una Echinocandina. L’Amfotericina non è raccomandata perché molto legata alle proteine e con scarsa diffusione peritoneale 10 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 Nei neonati la prima scelta è il Fluconazolo, la seconda è la Micafungina, in presenza di fattori che controindicano gli Azoli. La terapia mirata deve essere improntata ai seguenti criteri: Usare una Echinocandina in prima scelta e l’Amfotericina in seconda scelta nei pazienti già trattati con Azoli e nei quali serva un’azione fungicida Valutare la presenza di un quadro di MOF, che impone il ricorso ad una Echinocandina Le Echinocandine hanno, tra loro, diversi volumi di distribuzione, legami proteici e concentrazioni plasmatiche che devono essere esplorate in presenza di modifiche importanti del settore extracellulare come in caso di ascite, edema, ipoalbuminemia, drenaggi chirurgici, terzo spazio, per cui sono necessari futuri studi. Come deve essere monitorizzata una Peritonite da Candida nella sua efficacia e durata? Non c’è evidenza che i test sierologici siano efficaci nel monitoraggio di una Candidiasi addominale Allo stesso modo non si devono usare i campioni dei drenaggi chirurgici Bisogna praticare ripetute emocolture e monitorare il fundus oculi e l’ecocardiogramma. Nei pazienti con miglioramento clinico bisogna prolungare la terapia per almeno 14 giorni A differenza delle candidemie, nelle candidiasi invasive non c’è un marker microbiologico in grado di guidare la durata della terapia Nello studio di Montravers la durata media del trattamento nei sopravissuti è stata di 20 giorni Nei pazienti senza provata presenza di Candida e che non migliorano col trattamento, la terapia deve essere subito sospesa. Infine l’ultimo interrogativo è relativo alla step-down therapy e al trattamento di seconda linea: La step-down therapy può essere fatta passando da una Echinocandina o dall’Amfotericina ad un Azolo, anche orale, dopo 7 giorni di terapia in presenza di tutte le seguenti condizioni: Paziente emodinamicamente stabile Paziente in grado di assumere farmaci per via orale Paziente apirettico da oltre 24 ore Paziente non neutropenico Emocoltura negativa per Candida (15). Il trattamento di seconda linea deve essere considerato per i seguenti motivi:: Dopo una rivalutazione clinica e radiologica che escluda la necessità di un re intervento per un adeguato controllo della sorgente d’infezione Per persistenza dello stato febbrile con colture ancora positive per Candida Per effetti avversi legati soprattutto alla nefro e/o epatotossicità Per interazione con altri farmaci Non vi è una strategia singola che si sia dimostrata superiore alle altre, anche se è ovvio che un paziente in terapia con Azoli dovrà passare ad una Echinocandina o all’Amfotericina e un paziente in terapia con Echinocandina passerà all’Amfotericina in formulazione lipidica e viceversa. 11 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 Conclusioni Uno studio osservazionale sull’early empiric therapy versus la cultured direct therapy nei pazienti critici con sepsi addominale da sospetta Candida evidenzia i migliori outcomes sia primario (sopravvivenza) che secondari ( tempi di canalizzazione e durata della degenza) nel gruppo dei pazienti sottoposti all’early empiric therapy, che ricevono più frequentemente una Echinocandina rispetto al gruppo trattato con terapia mirata, per i quali sono stati usati di più gli Azoli (16). Concludo la relazione con la presentazione schematica di 2 algoritmi decisionali di cui il primo da usare se vi è disponibilità del test al -D glucano in ICU nei pazienti settici, non neutropenici, e il secondo da usare in ambito chirurgico o post-chirurgico in situazioni che sono sovrapponibili, per aspetti logistici e operativi, a quelle che incontriamo nell’ A.O.R.N. “A. Cardarelli di Napoli. ALGORITMO 1 12 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 ALGORITMO 2 13 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 Bibliografia 1) O'Grady NP, Alexander M, Dellinger EP, et al. Guidelines for the prevention of intravascular catheter-related infections. Infect Control Hosp Epidemiol 2002. 2) Montravers P. et al. A multicentre study of antifungal strategies and outcome of Candida spp. peritonitis in ICU. Clin. Microb. Infect. 2011. 3) Montravers p et al Candida as risk factor for mortality in peritonitis. Crit. Care med. 2006. 4) De Rosa F. G.. et al. 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Diagnosis and management of complicated intra-abdominal Infections in adult and children: Guidelines by the Surgical Infection Societyand the Infectious Diseases Society of America. Clinical Infectious Diseases 50:133–64; 2010. 11) Sims C.R et al. Correlation of clinical out come with -D glucan levels in patiens with Invasive Candidiasis. Journal of Clinical Microbiology. 50: 2104-2106. 2012. 12) Eggimann P et al. Fluconazole prophylaxis prevents intra-abdominal candidiasis in high-risk surgical patients. Crit Care Med 27(6):1066–1072. 1999. 13) Kumar S et al Evaluation of efficiency of probiotics in prevention of Candida colonitation in a PICU: a randomized controlled trial. Crit. Care Med 2013;41. 14) Shan Ys et al. Early presumptive therapy with fluconazole for occult Candida infection after gastrointestinal surgery. World J Surg; 30(1). 2006. 15) Vazquez J et al. Evaluation of an early step-down strategy from anidulafungin to oral azole therapy for the treatment of candidemia and other forms of invasive candidiasis: results from an open-label trial. BMC Infectious Diseases.14:97. 2014. 16) Lee W. Et al An observational study on Early Empiric versus Cultured-Directed Therapy in crithically Ill with intra-abdominal sepsis. Critical Care Research and Practice 2014 14 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 Statovegetativoeminimacoscienzaluciedombre F.Gratino,R.Mincione SUAP Asl Napoli 2 nord- Villa dei fiori , Acerra “Finchè c'è vita, c'è speranza”!!! ed è così che da quell'inusuale caso clinico illustrato nel 1940 da Ernst Kertshmer, che definì “sindrome apallica”, oggi non siamo in grado di contare il numero di persone in S. V.; il documento finale di una commissione istituita dal Ministero della Salute nel 2008 indicava un numero totale di 2.000-2.500 pazienti in S.V., un' incidenza tra 3,5 e 6 e necessità di 3/4 posti letto / 100 mila abitanti in strutture specializzate, a questi bisognava aggiungere posti letto per le condizioni di minima responsività per le quali ancora non esiste né stima di incidenza né di prevalenza. Negli stessi anni diversi studi, come il GRACER o il GISCAR, già indicavano un numero estremamente più alto di Gravi Disabilità Cerebrali e destinato inesorabilmente ad aumentare; lo stato vegetativo non più considerato, solo ed unicamente, “l’esito non voluto e non auspicato” di un intervento sanitario sempre più precoce, efficace ed esteso sul territorio, è anche da attribuire ad una sempre maggiore e sempre più invadente richiesta di tali attività da parte della Società. Bisogna prendere atto che nel corso degli ultimi anni il progresso scientifico ha permesso ad alcuni medici di potersi sentire “onnipotenti”, ai familiari di poter chiedere sempre di più, a tutti di non dover decidere; laddove c’è la difesa del diritto alla vita “il dover fare è più semplice del dover decidere”. Anche l'epidemiologia dello S.V. E di MC si è modificata, infatti, stante il rapporto ministeriale del 2008, è legata per il circa 40% a fatti vascolari acuti e per il 39 % a malattie già altamente invalidanti che suscitano meno l’interesse generale ma che ingrossano maggiormente il fiume straripante delle patologie legate a disturbi della coscienza e sono quelle su cui maggiormente si dovrebbe dibattare circa la necessità di interventi rianimatori; sebbene lo stato vegetativo evochi l'immagine del “giovane adulto che si risveglia dal coma dopo un “fatto traumatico”, perchè per la loro drammaticità colpiscono con maggior forza la nostra sensibilità, in realtà ne rappresentano solo 1 il 21,7 %., il nostro Paese conta inoltre circa 700 bambini in S. V. Le disabilità di origine cerebrale Negli anni i tentativi di inquadramento di tali patologie hanno generato ulteriori momenti di confusione sia nella popolazione che negli operatori, perchè lontani dall'immaginario collettivo e per una possibilità altissima di diagnosi errata anche in figure professionali dotate di competenza specifica. Basti pensare a quante definizioni siano state usate per una stessa patologia; sindrome apallica, mutismo acinetico, coma vigile, morte corticale, stato vegetativo; la difficoltà nasce dal fatto che la diagnosi è esclusivamente clinica e basata su dati poco oggettivabili come la “coscienza”, intesa come la presenza contemporanea di vigilanza (wakefulness), lo stato di veglia e di consapevolezza (awareness), l’insieme delle funzioni cognitive/affettive e delle attività mentali che occupano in un determinato momento la mente; nello S. V. il Sistema Reticolare localizzato nel tronco, che presiede alla funzione della vigilanza, rimane integro mentre la connettività tra aree cerebrali normalmente connesse viene meno, come vengono meno le interazioni tra talamo, corteccia e tronco, responsabili dei contenuti di coscienza 2 . Causa il numero via via crescente di pazienti i primi a legiferare furono le Regioni, costrette a cercare soluzioni alla crescente richiesta di assistenza, creando enormi differenze di trattamento tra una regione e l'altra, solo come esempio: mentre un decreto della Reg. Piemonte 1997 destinava allo S.V. “il 10% dei p.-letto di Rianimazione o in strutture a ridosso delle stesse per multiple necessità e complessità assistenziale”, la Reg. Lazio raccomandava “ se possibile, il paziente va accolto 1-2 vol/sett in centro diurno, a finalità socializzante e per permettere l’assentarsi del care-giver da casa”. 15 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 L’organizzazione nella Normativa Nazionale A livello Nazionale la prima commissione è del dicembre 2005 ma tranne un indagine conoscitiva, che evidenzia le molteplicità di trattamento e di identificazione dei pazienti in Italia non approda a normative, bisogna aspettare ancora qualche anno per normare e non si deve dimenticare che in quegli anni l'Italia era scossa dal caso Englaro. Il Nostro riferimento è del Gruppo di Lavoro, istituito con D.M. 15.10.2008, presieduto dal Sottosegretario on. E. Roccella “S. V. e Minima Coscienza: Epidemiologia, evidenze scientifiche e modelli assistenziali”, Il Gruppo di lavoro rileva, dunque, disomogeneità nei criteri diagnostici, nelle procedure diagnostico- terapeutiche, nei requisiti minimi strutturali per ogni fase, nel sistema di remunerazione e la marcata assenza di diagnosi di SV, SMC o p o s t u m i t ra gli Handicap gravi e nelle SDO Il Gruppo individua la necessità di un Registro nazionale dei disturbi prolungati di coscienza secondari alle G C A e la loro segnalazione obbligatoria da parte di tutte le strutture sanitarie. Allo scopo di un “linguaggio comune” tra gli operatori raccomanda una modalità unica di valutazione dei pazienti mediante l'uso in qualsiasi momento dell’assistenza: Esame neurologico e di scale di valutazione come la CRS-R, DRS, GOS e LCF da utilizzare con relativa frequenza per la fluttuabilità delle condizioni cliniche per formulare una prognosi circostanziata, attendibile e precisa, di poter fornire ai familiari dei pazienti risposte consistenti, competenti e credibili, adeguate ad affrontare anche le connesse e rilevanti problematiche di ordine bioetico. Bisogna però annotare che tutta la normativa è intrisa di concetti di derivazione clericale, insiste sull'obbligo delle cure e lascia nessuno spazio alla possibilità di intraprendere o meno un qualunque trattamento, non identifica le G C A come “malato” ma “disabile con grave danno cerebrale, con gli stessi diritti degli altri cittadini... tranne il poter o meno rifiutare le cure. Li distingue in STATO VEGETATIVO diagnosi clinica, non facile anche in ambiti specializzati. le indagini non aumentano la specificità di diagnosi ma offrono elementi di conferma: -TC e RMN, segni più o meno marcati di danno cerebrale focale/diffuso; ‐SPECT variabile riduzione della perfusione cerebrale sovratentoriali; ‐PET a variabile topografia e gradi di riduzione del metabolismo glucidico; -EEG alterazioni variabili dell’attività elettrica. 1. non evidenza d i consapevolezza di sé e dell’ambiente; 2. non evidenza di risposte comportamentali sostenute, riproducibili o intenzionali a stimoli visivi, uditivi, tattili; 3. non evidenza di comprensione o produzione verbale; 4. intermittente vigilanza manifesta con cicli sonno-veglia più simili a periodi di apertura spontanea degli occhi); 5.l a sufficiente conservazione delle funzioni autonomiche che permette la sopravvivenza con giuste cure mediche; 6. incontinenza urinaria e fecale; 7. variabile conservazione di n.i cranici e riflessi spinali. 1. schemi motori primitivi con rigidità-spasticità, posture patologiche STATO DI MINIMA COSCIENZA (SCM) comportamenti associati alle attività di coscienza, in modo inconsistente ma riproducibili e sufficientemente mantenuti a lungo per non essere comportamenti riflessi. L’Aspen Consensus Group attribuisce a questi pazienti il più alto grado di disabilità di complessità diagnostica- assistenziale. 1. Apertura spontanea degli occhi e ritmo sonno-veglia 2. Vigilanza : ottundimento / norma 3.Percezione: riproducibile ma inconsistente 4. Comunicazione: riproducibile ma inconsistente 5. Range di comunicazione: nessuna risposta, si/no, inconsistente verbalizzazione gestualità 6. Attività motoria: finalistica, riproducibile, minima 7. Inseguimento con lo sguardo 8. Comportamenti intenzionali a stimoli ambientale 9. Si / no, uso di comunicazione alternativa . Uso di 2 oggetti diversi d i c o m u n e u t i l i t à 16 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 LOCKED-IN SYNDROME (LIS) “Sindrome del Chiuso dentro” Il paziente è paralizzato a coscienza integra. In genere è presente una lesione a livello del ponte da occlusione dell’arteria basilare. Sindrome da de- efferentazione. 1. Pazienti vigili e coscienti, Stato emotivo conservato 2. Privi di motilità, mimica facciale e di vocalizzazione. Quadriplegia 3. Ritmo sonno-veglia presente 4. Funzione uditiva e visiva conservata 5. Comunicazione: anartria, con lo sguardo tramite i movimenti oculari sul piano verticale e l’ammiccamento Abolisce i termini “persistente e permanente”, come già raccomandavano la Multi-society Task Force (MSTF) nel 1994 e la International Working Party di Londra nel 1996, e la loro sostituzione con “stato vegetativo da....mesi/anni”. L’aggettivo “persistente” perchè nulla aggiunge alla diagnosi, ed il “permanente” perchè linguisticamente inesatto e “... basato su un discutibile concetto di “certezza medica” che assumendo un sapore prognostico provocherebbe l’abolizione /diminuzione dell’interesse a studiare un fenomeno già definito come irreversibile, un concetto pericoloso e scientificamente irresponsabile”. Bisogna far notare che con tale decisione, pur condivisibile sul piano umano, la perdita dei termini ha rimosso quel “protrarsi nel tempo” che diventava “permanenza” e che permetteva “all'uomo della strada” la percezione di quanto difficile potesse essere un eventuale recupero del danno. Vengono identificate “aree di fragilità” nell'assetto assistenziale indicate da picchi di elevata mortalità: la prima immediata, fase acuta post-evento: possibili misure preventive di miglioramento di intervento la seconda ore / giorni dall’evento per complicanze di circolo, respiratorie, lesioni espansive cerebrali; la terza a settimane/mesi dall’evento d a complicanze per lesioni di modesta entità e facile trattamento la cui evoluzione consegue ad una errata gestione sanitaria nel corso delle degenza Alla luce di queste criticità il Gruppo raccomanda un percorso lineare a partire dalla fase acuta, i n g r a d o d i assicurare la “presa in carico” dell’individuo nella sua intera realtà patologica, il sistema “coma to community” in cui sono presenti: Il Centro Regionale di Riferimento con funzione di osservatorio e banca dati, responsabile del controllo della corretta prassi diagnostico-terapeutica dei vari centri. A .Unità Operative di accoglienza in fase acuta. Emergenza, Rianimazione, Neurochirurgia. B .Unità Operative semi-intensive di Neuroriabilitazione dedicate per GCA. Accoglienza al paziente ancora in fase acuta; definiscono la diagnosi e la prognosi; collocabili presso un DEA di II livello. C . Unità Operative di Riabilitazione post-acuta: Unità di alta specialità per GCA (ex cod 75) e Unità per successiva riabilitazione estensiva( ex cod. 65) per le cure di lesioni che non richiedono alta specialità. D. Strutture Territoriali con funzione di gestione dei percorsi di reinserimento delle persone con GCA e per la gestione di interventi riabilitativi erogabili con modalità domiciliare. “Particolare attenzione va posta nell’organizzare adeguate soluzioni per quei pazienti che permangono in Stato Vegetativo prolungato o cronico, per i quali va agevolata la possibilità del rientro al proprio domicilio o incentivata nelle varie regioni l’attivazione di SUAP o di domicili protetti di nuova concezione”. La reale novità lungo il percorso assistenziale è rappresentata dalle SUAP perchè poco si è attivato per le strutture intermedie post-rianimazione STANDARD MINIMI di STRUTTURA e di ASSISTENZA NECESSARI per le SUAP Le SUAP devono possedere standard minimi di struttura e di assistenza quali: - posti letto per modulo: non meno di 10 e non più di 20 , di cui il 10% riservato a ricoveri di “sollievo” - staff specificamente dedicato e controlli medici cadenzati (non < un’ora /die) e reperibilità al bisogno 17 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 - un piano di assistenza individuale libero accesso dei familiari e programmi coinvolgimento - assistente sociale al bisogno e sostegno psicologico a familiari - ampi spazi di soggiorno interni ed esterni alla struttura - dispositivi appositi per l’alzata (elevatori, carrozzine adatte, ecc.) - adozione di indicatori di qualità semplificati (infezioni nosocomiali, decubiti) -controllo periodico di un “esperto” per valutare l’evoluzione del quadro Le SUAP devono essere separate e distinte da aree di degenza ordinaria, dalle riabilitazioni e dalle RSA. L’accesso deve essere effettuato, su di un preciso progetto individuale, da concordare a livello del Distretto Territoriale competente. Non costituiscono criteri di esclusione: cannula tracheostomica,- la nutrizione enterale, - la comorbilità, - la presenza di piaghe da decubito,- la famiglia “debole” o assente. Il riferirsi al Distretto e la necessità di U.V.M. quale passaggio fondamentale per l'accesso alla SUAP provoca un allungamento dei tempi di degenza nei reparti pre-SUAP, effetto provocato anche dal decreto stesso che indica l'iter assistenziale come “obbligato” nei tempi e per tutti i pazienti e non permette di valutare chi può giovarsi di riabilitazione e chi no. Il mancato controllo da parte di organi competenti peggiora il processo. Le SUAP quindi come alternativa al “domicilio” verso il quale da qualche anno esiste una enorme spinta; senza considerare e reali costi ne dell'una e ne dell'altra forma di assistenza e nemmeno l'inadeguatezza presente in moltissime aree nella gestione clinica-assistenziale di tali persone, va ricordato l'assenza di qualsiasi riferimento circa la colonizzazione/infezioni a carico di vari organi da parte di germi multi-resistenti come Pseudomonas, Acinetobacter, Escerichia e similari, i quali, vinta la lotteria del domicilio, sono usciti dai luoghi abituali di residenza e sono a pieno titolo in vacanza a casa dei pazienti. Possibile non si immagini quale sarà il costo che affronteremo in termini di “salute sociale” e di impegno monetario da affrontare da qui a pochi anni? I membri del gruppo a nalizzano i risultati di studi relativi agli anni 1972-1993, della MSTF e quelli del National Institute of Neurological Disorders and Stroke Traumatic Coma Data Bank e li confrontano con i dati di una indagine voluta dalla Società Italiana di Neurologia, che considera anche studi effettuati in anni più recenti. Si nota immediatamente come nell’indagine SIN la percentuale di sopravvivenza, in assenza di deficit importanti, sia estremamente migliorata nel gruppo TRAUMA da attribuire ad un miglioramento delle prestazioni nelle prime fasi dell’assistenza; sarebbe stato opportuno strategicamente ed economicamente “puntare” a questa fase, individuata peraltro come un “ area di fragilità”. Drammatici i dati del gruppo “NO TRAUMA”, sia adulti che bambini, nel quale il recupero ha portato sostanzialmente ad un aumento di Gravi Disabilità. Tra esse anche la M.C., che molti autori riportano come un successo medico ma che umanamente rappresenta un ulteriore beffa alla Medicina; non a caso alla M.C. viene riconosciuto il più alto grado di disabilità ed a fronte di un chiaro recupero della coscienza la Medicina non riesce ad annullare la spasticità presente, non restituisce mobilità ad un arto “bloccato” ne la possibilità di auto-gestirsi. Tutti i dati concordano che il recupero della coscienza è una possibilità estremamente remota in tutte le categorie di pazienti osservate se lo S. V. supera i 12 mesi; va considerato il probabile inserimento di persone che semplicemente presentavano un ritardo nel recupero di coscienza; nonostante in nessun organo/tessuto la guarigione avviene nell'arco di pochi giorni le Società Scientifiche hanno voluto identificare lo “S. V.” come “mancato recupero della coscienza a solo 1 mese dall'evento acuto, ciò ha provocato una perdita nella connotazione clinica della patologia e nella prognosi; ha portato a farci credere che il recupero possa essere un evento quasi normale: se possibile dopo 1 mese perchè non dopo 2 mesi e.. perchè non dopo 24 mesi... 18 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 S.I.N. post 1993 coscienza 12 mesi TRAUMA NO TRAUMA M.S.T.F. + N. I. of N. D.S. T. C.D. B. 1972-1993 funzione (GOS) coscienza 12 mesi funzione (GOS) Ds Mod Dis Sev Ds Mod 52.3 25,2 26,9 adulti 52 25 70.6 73 16 bambini 62 10.8 1,6 98,4 adulti 40,3 19 81 bambini Dis Sev SV DEC 28 15 32 27 35 29 9 15 4 11 32 53 13 6 5 65 22 Sulla base di questi studi e perchè termine altamente furviante il gruppo raccomanda di eliminare le diciture “ centro di risveglio” . Nella CONFERENZA UNIFICATA Stato-Regioni del 5.5.2011 vengono approvate le “Linee di indirizzo per l’assistenza alle persone in S. V. e M.C.” con la missione di uniformare i percorsi diagnosticiassistenziali su tutto il territorio nazionale, ma con scarsa efficacia visto quanto legiferato tra il 2011 egli inizi del 2014, al solo scopo dimostrativo si riporta I dati relativi ad alcune Regioni. Veneto 4 letti 305 E no presidi “per problemi multipli, aggiungere : med. 6 ore /fisiatra 2 ore / psicologo 3 ore/sett, OSS e I. P. media 4 ore/die x paz. Puglia 15 ospiti Mono o polivalente, assistenza equivalente a palliativa • 2 FKT • 10 OSS Romagna 20 ospiti Poli .MMG preparato 20 ore/ sett ; psicologi 18 ore Diurno 1 P.I.; E 195 1 Animatore, O.S.S 1/ 1,5 os; 1 FKT , Piemonte 15 ospiti Med. 15 ore/ PSI 14 ore/sett ; P.I. 24 ore/die, 1 Logo. OSS 180 min/die/pz, 188,91E anche festivi ; FKT 24min Esperti in Tracheo. , N. A . in Riab. Respiratoria. Sicilia E 400 Lombardia La 60 p. l. in H Reg… standard dec. n.810/2003… ( simil RSA) per il domicilio un sostegno economico ( ? ) ev. ausili e-tariffario. rinvia la creazione di strutture residenziali. E 500/mese x familiari che curano a domicilio Sardegna Euro / mese (da quant.) se si permette il domicilio Toscana Obiettivo prioritario a breve: studio su problemi clinici, prestazioni offerte e risultati, attesi e raggiunti, in termini di outcome finale. Campania fornisce le sue indicazioni nel DECRETO N. 70 DEL 25.06.2012 Unità utili 7/14 21/7 Min./pz/di e Riprende quasi fedelmente tutto ciò che è 14/21 descritto nel Decreto Nazionale per definire i Dir. Sanitaria 7 0 0 7 0,26 requisiti organizzativi Assistenza medica 7 0 0 7 0,26 La Campania ammette nella SUAP(non Psicologo 3,5 0 0 3.5 0,08 accade in altre regioni) pazienti in ventilazione Coord. infermiere 18 0 0 13 0,5 meccanica. Offre una migliore definizione dei O.S.S. 70 70 35 175 7 percorsi. Infermieri 35 35 35 105 5 Fisioterapista 30 0 0 30 0,8 Logopedista 15 0 0 15 0,42 Tutte le norme valutate raccomandano un' attività di assistenza caratterizzata: -Attività di nursing puntuale e corretta ed Attività medica rivolta a controlli clinici quotidiani -Attività psicologica di supporto ai familiari e agli operatori; Nucleo medio 12 ospiti 19 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 -Attività di riabilitazione (fisioterapia e logopedia) Alla SUAP afferiscono i cosidetti “stabili” ma probabilmente nel redarre ci si è indirizzati verso quel “giovane adulto” delle prime righe, lo S.V. se pur raggiunge una stabilità neurologica si trascina spesso malattie pregresse che mai daranno una stabilità clinica e se in caso di urgenza bisogna far ricorso al 118, per la possibilità di attivare SUAP al di fuori di strutture ben organizzate ed addirittura sprovviste di guardia medica attiva h 24, si esclude la possibilità di offrire “accoglienza”, che ha insito nel suo significato “un periodo di ricovero abbastanza lungo anche in presenza di problematiche cliniche”, la corsa in urgenza verso luoghi più organizzati non arreca giovamento alcuno né ai pazienti, né ai familiari (costretti a rincorrere I loro congiunti) e nemmeno al medico che si ritroverebbe a gestire una serie di “ entra ed esce”. Fin qui le normative, tutte ricche di concetti di derivazione filo-cattolica e più propense ad elogiare quei pochi casi di risveglio( più frutto di errate diagnosi e di “trovate” giornalistiche) che a valutare in termini quantistici e realistici quanto accade, migliaia di persone che possono solo essere costrette a vivere. A fronte di raccomandazioni quali accoglienza,”presa in carica”, disabilità da proteggere e valorizzare positivamente le risorse sono estremamente scarse. Sullo stato vegetativo Nessuna altra condizione clinica è stata in grado di scatenare a livello mondiale con tanta multidisciplinarità di relatori e con immane fervore, discussioni in merito alla diagnosi e possibilità differenziali con altre forme di patologie, a possibilità di trattamento, etica etc . Ma per poter capire bisogna partire dall'inzio. La Morte che per i nostri avi veniva rapidamente dall’esterno ed in un rapporto di mutua esclusione con la Vita,3 si tyrasforma in un rapporto quasi confidenziale come riferito da P. Ariès4 che dura fino alla metà del XVIII secolo quando con le ricerche di X. Bichat (1771–1802 fisiologo e padre dell’istologia moderna) la malattia viene letta come una deviazione interna della vita dell’organismo. La morte perde il suo carattere accidentale, per divenire lenta, differita, processuale; è «Bichat che modifica il concetto di morte, togliendola a quell’assoluto in cui appariva come un evento unico, decisivo ed irrecuperabile e l’ha distribuito nella vita, i n forma di morti in 5 dettaglio, parziali, lente e progressive e si conclude oltre la morte stessa» . Oggi l’uso di tecniche ultra- sofisticate hanno ancor di più pluralizzato il concetto di morte; tant'è che la Medicina Contemporanea, capace di controllare tempi e circostanze del morire, ha trasformato l’accertamento della morte nella ricerca della assenza di un minimum di vita ancora presente nell’organismo6; in tal modo l'accertamento della Morte è diventato processo sempre più incerto. Una ampia fascia di esperti hanno chiesto per anni di identificare lo S.V. come “morte corticale” per giustificare una eventuale interruzione dei trattamnti ma se innumerevoli lavori confermano l'equivalenza altri la escludono. Shewmon7 ha fornito una mole notevole di dati sperimentali che dimostrano come né il cervello, né una sua parte, costituiscono più l’organo-base dell’unità funzionale dell’organismo, ma solo una molteplicità sistemica complessa che si disperde nei processi invisibili del metabolismo; funzioni residue come la stabilità termodinamica e della temperatura del corpo, la capacità di eliminazione degli escrementi, la capacità di ammalarsi, la possibilità di partorire per le donne, la maturazione sessuale, e la crescita proporzionale del bambino. E negli ultimi anni l’attenzione della ricerca si è spostata sulla sopravvivenza di funzioni localizzate a livello del midollo spinale8 e delle strutture endocraniche, ipotalamo ed ipofisi nelle quali è stata dimostrata attività elettrica residua in pazienti in morte cerebrale9. Indagini recentissime, attraverso screening diagnostici per immagini come l’EEG, l’arteriografia e radioscopia cerebrale, la misura della temperatura del sangue intracranica, il Doppler transcranico, hanno cercato di inquadrare il cervello all’interno del complesso metabolismo di trasformazione dell’ossigeno catturando il cervello nei suoi processi molecolari, biochimici10; essi rendono visibile la vita del cervello, colta a livello molecolare nella sua produzione metabolica, Indagini PET hanno mostrato che il metabolismo cerebrale nello S.V. depresso in misura paragonabile a ciò che si riscontra nell’anestesia generale, in alcuni pazienti le aree primarie 20 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 (acustiche e somestetiche) presentano un incremento del metabolismo a seguito di stimoli appropriati. Mentre la PET e la MEG (magnetoencefalografi) hanno riscontrato la presenza di «aree di metabolismo conservato» associabili a «frammenti di comportamento»11.Tutti questi studi raccoglievano il consenso dei cattolici americani12 e di quelli italiani 13 Di controparte, «l’eventuale permanenza di cellule metabolicamente attive all’interno della scatola cranica non invalida il concetto di morte dell’individuo»14 , in quanto perdita irreversibile di coscienza è interpretabile come «annullamento del sé»15. l’osservazione prolungata conferma che non vi è alcun segno di interazione volontaria con l’ambiente o di autocoscienza47, la PET ha supportato la clinica: tali pazienti non possono provare dolore né piacere, né essere affetti da alcuno stato emozionale (come la paura o la fame), essendo questi capacità cognitive16 mentre la TAC e la RMN (fMRI) evidenziano l’irreversibilità del danno cerebrale «dopo alcuni mesi l’encefalo inizia a mostrare un progressivo restringimento (shrinkage) di natura atrofica che investe in primo luogo gli emisferi cerebrali»17 Abbandonata la teoria della morte corticale il dibattito si accende attorno a risposte riconducibili a due differenti tendenze: la prima attribuisce un significato immediatamente morale alla vita umana, la seconda lega l’attribuzione morale (etica o giuridica) alla dimensione soggettivo-esistenziale delle persone in cui essa si incarna. La scelta sembra indirizzare la maggior parte delle attuali questioni bioetiche come la legittimità della sospensione dei trattamenti sanitari, il vincolo e l’univocità del cosiddetto testamento biologico, il ruolo del fiduciario, la riorganizzazione di strutture sanitarie, la ridefinizione del concetto di salute con protezione giuridica, la nascita di una“terza entità” tra il “normale” e il “patologico”. Il quadro giuridico e le scelte morali emerse negli ultimi anni dipendendo in gran parte dall’adesione all’uno o all’altro contesto, entrambe comunque nascono da un rispetto per la persona e per la Vita ma creano“conflitto di valori” tra il diritto alla vita bene indisponibile in quanto dono di Dio, di ispirazione cattolica cui si contrappongono i diritti della persona, di ispirazione laica tesa a identificare la Vita in modo più ampio non legata indissolubilmente a quella biologica e più attenta a difendere la qualità della vita 18 Forse proprio ai cattolici si potrebbe far notare che il Cristo si è moltiplicato in queste persone, non sanguinano per le ferite inflitte dai Romani ma per le multiple piaghe da decubito, il dolore non viene inflitto da corone di spine ma dagli aghi introdotti per i prelievi di laboratorio/ terapie, che il loro sudario non è per l’eternità ma viene cambiato ogni giorno. E così troppo spesso le incertezze del mondo scientifico/ sociale costringono la magistratura a fornire risposte a richieste che non dovrebbero approdare in un aula di tribunale perchè troppo condizionate dalle ideologie del giudice, anche quelle che rispecchiano il nostro sentire. L'Italia ha vissuto il caso Englaro ed ha focalizzato l'attenzione sulle problematiche legate alla nutrizione artificiale; questa considerata ovunque terapia19 e contro il parere dalle Società Scientifiche 20 nel nostro paese pur di superare il codice di deontologia medica 21 (art. 37) è stata etichettata c o m e « somministrazione di acqua e cibo, c h e anche quando avvenisse per vie artificiali, rappresenta sempre un mezzo naturale di conservazione della vita, non un atto medico» 22. Sorprende come la componente laica del Comitato Nazionale di Bioetica a b b i a condiviso il documento sulla NIA del 200568; sorprende come sia stata ristretto alla sola questione della NIA una terapia complessa come quella per le cure di un paziente in S.V., sorprende come il cattolico condivida che il semplice inserimento di un ago in vena sia frutto di un consenso informato mentre esso non può essere richiesto alla persona in S. V. se bisogna incannulare una vena centrale, posizionare una gastrostomia, sottoporlo ad indagini. Mi sorprende come il mondo cattolico non si renda conto che la loro difesa ad oltranza della Vita stia provocando solo un ampliamento del fenomeno di accanimento terapeutico con un atteggiamento più vicino al tribunale dell'inquisizione che alla pietà cristiana. La sentenza pronunciata dalla Corte di Cassazione nel 2007 23 portò ad una svolta il caso Englaro, si doveva ricostruire principalmente la volontà della Eluana e considerava« come l’alimentazione/idratazione artificiale con sondino naso gastrico sia un trattamento di natura medica », in tale ambito rientrano tutte le attività terapeutiche e diagnostiche, ma anche tutti gli 21 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 accertamenti sanitari che abbiano un’immediata attinenza con la salute del soggetto e con le finalità di tutela di essa 24 . Quasi mai c'è un familiare come papà Englaro e quindi restano nel medico domande tipo: Quando il paziente ha dato il suo consenso ai tanti trattamenti medici cui viene sottoposto? Come il paziente ha dato il suo consenso ai tanti trattamenti medici cui viene sottoposto? A Chi il paziente ha dato il suo consenso ai tanti trattamenti medici cui viene sottoposto? Ed egli necessita di molti trattamenti come quella per il controllo delle infezioni, terapie antiaritmiche, cura delle piaghe da decubito che in opera cristiana nessuno pensa di negare perché utili a sollievo della persona, ma cosa fare in caso di emorragie vescicali o gastriche, sposizionamenti di derivazioni ventricolo-peritoneale, insufficienza respiratoria tale da richiedere una ventilazione meccanica, addome acuto? Tutte procedure che non arrecano sollievo ma sicuramente determinano nelle più rosee delle ipotesi un peggioramento nelle condizioni cliniche ed umane della persona. Ritornano nel medico domande cui non ha trovato risposte. Non è possibile il tribunale ed il legiferare in merito alle dichiarazioni anticipate in Italia è da ritenere un vero e proprio aborto; nel 2009 viene approvata una bozza di legge “ Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento” 25 legge che nulla aggiunge e nulla risolve alle problematiche che il medico e gran parte dei cittadini italiani vivono in cui si riafferma non solo che l’idratazione e la nutrizione non possono costituire oggetto di “dichiarazione anticipata”, ma che «alcun’altra indicazione orientata a cagionare la morte del paziente non può essere presa in considerazione dal medico». Un orientamento che rincuora il mondo cattolico quando uno stato di diritto dovrebbe tutelare tutti I cittadini Rodotà ribadisce: «Si dice giustamente che la vita è sacra, e cioè data da Dio, e questo vale per i credenti. Tuttavia anche gli altri, per i quali la vita è un fenomeno naturale, hanno diritto comunque al rispetto civile e morale, perché anche per loro la vita ha una sacralità, in quanto intrisa di valore etico. Il testo condiviso dovrebbe dirimere questo riferimento al divino. I principi di tolleranza sono da ricercarsi in un’etica laica condivisibile sia da chi crede, sia da chi non crede. È quella la zona neutra. Chi nutre laicamente delle certezze relative, perché deve accettare verità assolute imposte da altri? Chi è depositario di questa memoria ha l’obbligo, anche morale, di rispettare un testamento che è anche un patrimonio di emozioni, di credenze, di fedi. Io lascio il mio testamento perché sia esaudito, e se chiedo che in caso di coma irreversibile mi si lasci andare, devo essere rispettato. Tra la vita organica e quella biografica c’è una differenza” Per meditare Schiavo / Theresa Marie / Beloved Wife Nancy Cruzan Born / Dec 3, 1963 Born / July 20 1957 Departed this earth / Feb 25, 1990 Departed / Jan 11 1983 At peace/ Mar 31, 2005 At peace / Dec 26 1990 I Kept my Promise 22 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 I F a m i l i a ri riflettono le incertezze del mondo scientifico, il disaccordo sulle questioni morali e si sentono gli unici custodi di un bene prezioso quale è la Vita del loro congiunto, si pongono a difesa di questa Vita. Sono rari gli studi sulle reazioni dei familiari ma l’esperienza clinica indica una grande difficoltà ad accettare la diagnosi, vissuti di shock, ansia, senso di colpa, depressione, rabbia, aggressività verso lo staff e il paziente stesso 26; bloccati in un paradosso emotivo 27 che rende socialmente inaccettabile l’elaborazione del lutto e un allontanamento dal paziente. La paura del distacco ed allo stesso tempo il non fuggire da una situazione insopportabile si alterna alla necessità di rifarsi una vita “Né vivo né morto, né figlio né orfano, né moglie né vedova ” 28 . Nessuno ha mai contemplato che con la malattia I familiari perdono molti dei diritti civili; entrano nel novero un eventuale divorzio, un esclusione di paternità, e così via. Maggiormente lese le donne per una innata disponibilità all'assitenza alle quali l o Stato mai riconoscerà una sorta di risarcimento per l' assistenza fornita,utile quando l'invalidità rappresenta l'unico mezzo di sostentamento. Per loro neanche si creerà quella sorte di permissivismo che si sviluppa attorno al genere maschile e spesso mi sovviene di pensare che la strenua difesa della Vita del marito ha fatto perdere alla Società non solo la vita di queste donne ma anche quella/e che da Loro potevano derivare. BIBLIOGRAFIA 1) Gruppo di lavoro dal Sottosegretario alla Salute E. 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V. persistente, in «Bioetica», 2, 1993. 20)a-SINPE, Precisazioni in merito alle implicazioni bioetiche della nutrizione artificiale, gennaio 2007 b-Linee guida SINPE per la Nutrizione Artificiale Ospedaliera 2002, in «Rivista Italiana di Nutrizione Parenterale ed Enterale», XX, 2005. 21)Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, Codice di deontologia medica, cit., art. 37. 23 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 22) Congre per la Dottrina della Fede, Risposte a quesiti della conferenza episcopale statunitense circa l’alimentazione e l’idratazione artificiali, Roma, 2007 (risorsa online). 23) Cass. civ., sez. I, n. 21784, 16/10/07. 24) D. Morana, La salute nella Costituzione Italiana. Profili sistematici, Giuffrè, Milano, 2002, p. 172. 25) Disegno di Legge (noto come ddl Calabrò), Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento 26) J Stern et al. Severe behavioural disturbance in families of patients with prolonged coma. Brain Injury 1988; 21 27) Tresch D. Patients in Persistent Vegetative State attitudes and reactions of family members. J Am Geriatry Society 1991; 39. 28) Chiambretto P. Patients in a persistent vegetative state: caregiver attitudes and reactions. Acta Neurol Scand 2001; 104. 24 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 LAGESTIONEPERIOPERATORIAINCHIRURGIABARIATRICA A.Tarantino,S.T.Cirillo*,C.Galano,F.Giuricin,S.D'Innocenzio M.Barberio,P.Barone,D.Ferrara,F.Chiumiento A. O. R. N. “ Dei Colli ” – Plesso C.T.O. di Napoli U.O.C. Anestesia Rianimazione e T.I.P.O Direttore: F. Chiumiento * Scuola di Specializzazione in Anestesia e Rianimazione Seconda Università Degli Studi di Napoli INTRODUZIONE L’obesità è una condizione patologica caratterizzata da un eccesso di tessuto adiposo in grado di causare rischi per la salute, essendo correlata a numerosi e gravi stati morbosi. E’ pertanto diventata un importante problema socio-sanitario degli ultimi tempi.Il parametro più diffuso e utilizzato per la valutazione del peso corporeo è il BMI (Body Mass Index), l’indice di massa corporea. BMI= peso in Kg / altezza in m² , convalidato dall’OMS. BMI Kg/m² Classe I 30-35 Classe II 35-40 Classe III >40 Classe IV >50 Tab. 1: classificazione delle classi di obesità in base al BMI Si parla di obesità per un valore di BMI > 30kg/m² , per cui gli individui obesi sono stati suddivisi in 4 classi. Tale classificazione valuta il rischio di comorbidità come lieve, moderato, elevato o molto elevato in rapporto al passaggio dal semplice sovrappeso alle tre classi di obesità.Si pone indicazione al trattamento chirurgico il pz obeso i cui ripetuti tentativi dietetici non hanno dato alcun risultato significativo, e quindi, in tale contesto, la chirurgia bariatrica può rappresentare “una vera e propria terapia”. MATERIALI E METODI Nel nostro studio sono stati arruolati 51 pz obesi (M=18 ; F=33), età media 30± 5 e un BMI >30-48, sottoposti ad interventi di chirurgia bariatrica, la sleeve gastrectomy, eseguiti tutti con la tecnica laparoscopica ed in anestesia generale bilanciata. I criteri di inclusione sono stati: età=20-60 anni; BMI>30; ASA= 2-3. 25 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 I pz sono stati inseriti in un percorso diagnostico-terapeutico intraziendale che sta continuando anche nel post-operatorio inoltrato. Essi eseguono una vasta gamma di esami di laboratorio (compreso dosaggi ormonali di funzionalità surrenalica e tiroidea) e strumentali, quali: ecocardio, ecodoppler TSA ed arti inf.,Rx-torace, spirometria. I pz affetti da OSAS sono stati sottoposti a cicli di C-PAP 7-10 gg prima dell’intervento, e ad aerosolterapia qualora si sia trattato di soggetti asmatici (oltre alla classica desensibilizzante). L’iter continua con un’attenta valutazione multidisciplinare: nutrizionista, psichiatra e psicologo, internista, cardiologo, endocrinologo, endoscopista, ed infine, anestesista e chirurgo. L’anestesista esamina tutti i dati clinico-strumentali di tale fase pre-operatoria e valuta il pz al fine di intraprendere le giuste strategie anestesiologiche da adottare all’induzione, durante il mantenimento e al risveglio, e decidere dell’immediato postoperatorio: rientro in reparto o TIPO. DISCUSSIONE Nel pz obeso è fondamentale: - la prontezza a gestire le vie aeree, poiché ha una ridotta tolleranza all’apnea, con un tempo di desaturazione molto rapido (<35 sec.); - la posizione in anti-Trendeleburg sia all’induzione sia al risveglio, in modo da diminuire la spinta dei visceri addominali sul diaframma, non superando comunque i 30º ( per non aggravare lo stato di ipotensione che solitamente si viene a determinare in seguito alla somministrazione ev degli ipnotici all’ induzione); - il reclutamento: appena indotto, viene fatto seguire da circa 5 min di PEEP a 8-10 cmH2O e poi a 5 cmH2O. Tale reclutamento viene effettuato anche prima del risveglio, ovviamente alla sospensione del pneumoperitoneo. L’intubazione è stata sempre eseguita con il videolaringoscopio ed effettuata con successo. Solo 3 casi di intubazione con fibro- broncoscopio, programmata prima dell’intervento (BMI > 40, Mallampati 4 con una circonferenza collo elevata).Monitoraggio della profondità dell’anestesia con Entropia SE, e del blocco neuro-muscolare con TOF. Utilizzando il TOF, con T1=0 che da’ la sicurezza di un blocco neuromuscolare totale, è stato osservato che al momento dell’intubazione, nessuno dei pz ha presentato segni di una non perfetta curarizzazione, quali corde vocali parzialmente chiuse o singulti. Non sono mai stati somministrati farmaci in premedicazione. In considerazione delle modificazioni fisio-patologiche che riguardano l’obeso e le alterazioni farmacocinetiche e farmacodinamiche che ne derivano, abbiamo stilato un protocollo sia per l’anestesia che per l’analgesia e anche per la prevenzione e trattamento del PONV, tenendo conto della somministrazione secondo il peso reale (TBW) e secondo quello ideale (IBW).Desfluorane e remifentanil farmaci di scelta per l’anestesia di mantenimento.Desfluorane versus Sevorane: riduce i tempi di estubazione con un miglior recupero cognitivo. Sugammadex come antidoto al rocuronio per il recupero neuromuscolare. Per quanto riguarda l’analgesia, vengono utilizzati FAS, FANS, paracetamolo, spasmolitici, e solo in pochissimi casi, nel 1º giorno postoperatorio è stata somministrata petidina im. Come antiemetici, anti 5HT3 e metoclopramide. Tali farmaci vengono praticati secondo tempi precisi. 26 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 CONCLUSIONI Con tale gestione perioperatoria, possiamo affermare che nessuno dei 51 pz obesi ha manifestato problemi legati all’anestesia, con recupero completo del blocco neuromuscolare senza la benché minima curarizzazione residua. VAS= 0-3. Ma soprattutto, assenza totale di vomito, molto gradita dal chirurgo e ovviamente dallo stesso pz. Solo per alcuni, senso di nausea dovuto alla presenza del SNG lasciato in situ. Sono stati inviati in TIPO soltanto i 3 pz intubati col broncoscopio per un accurato monitoraggio clinico nelle 24 ore, mentre tutti gli altri sono tornati in reparto senza alcuna modificazione emodinamica e respiratoria. 27 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 Ilconsensoinformatonelpazienteincosciente VargasMaria,AssantinoAnnarita,ServilloGiuseppe Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Riproduttive e odontostomatologiche Università degli Studi di Napoli “Federico II” Il consenso informato (CI) rappresenta il fondamento indispensabile di ogni atto medico, in quanto, attraverso esso, il paziente comprende e accetta le procedure diagnostico-terapeutiche a cui verrà sottoposto. In particolare, esso è un documento che deve essere fornito dall’avente diritto o dal legale rappresentante, e deve contenere come requisito indispensabile un’informazione puntuale, completa e corretta capace di rendere il soggetto edotto su ogni circostanza che preceda e segua il trattamento, sulle persone che materialmente lo metteranno in atto, sulle eventuali alternative possibili, nonché su ogni passaggio dell’intervento, conseguenza o eventuale complicanza. Il suo fine risiede principalmente nel diritto all’autodeterminazione, sancito dall’art. 32 della Costituzione Italiana (‘Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge’) e rafforzato dal Capo IV del Codice di Deontologia medica [1, 2]. Inoltre, in base all’articolo 5 della Convenzione di Oviedo ‘ Un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato. Questa persona riceve innanzitutto un’ informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell’intervento e sulle sue conseguenze e i suoi rischi. La persona interessata può, in qualsiasi momento, liberatamente ritirare il proprio consenso’[3]. Il consenso nasce, quindi, dal rispetto dell’autonomia e della libertà personale dell’assistito, ma attualmente esso ha acquisito anche un grande valore legale, in quanto è un fattore determinante nel definire legittimo e quindi lecito l’operato del medico. In altre parole, pur avendo radici ben salde nel rispetto della volontà del paziente, da strumento di garanzia del malato sta gradatamente divenendo uno strumento di garanzia per il medico, da strumento di alleanza terapeutica si sta trasformando in un mezzo di separazione e contrattualizzazione della medicina. In terapia intensiva ottenere il consenso informato può essere estremamente difficoltoso, infatti il paziente critico - a causa del suo stato di temporanea o permanente incapacità di agire- non è in grado di provvedere alla sua compilazione e di comprendere pienamente le opzioni terapeutiche possibili, nonostante questo sia necessario per qualsiasi procedura messa in atto. Spesso la capacità di dare il consenso viene compromessa da alterazioni dello stato cognitivo che non possono essere stabilite a priori. Sarebbe sempre necessario un esame accurato dello stato mentale dell’individio, valutato con diverse scale come Mini-Mental Status examination (MMSE), Richmond Agitation-sadation SCALE (RASS) e Confusion assessment methods for ICU(CAMICU) [4], al fine di comprendere se il paziente abbia una piena consapevolezza delle proprie condizioni cliniche, una preservata capacità di collaborare con il medico e, richiamando l’origine etimologica del termine, ‘cum-sentire’ ossia avere una comunione di intenti con lui, nel rispetto completo delle proprie volontà. La capacita di fornire un consenso implica la possibilità di comunicare una scelta ponderata, di carpire le informazioni rilevanti, di apprezzare le conseguenze mediche e le ragioni inerenti al 28 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 trattamento scelto[4]. Tuttavia, frequentemente, malgrado lo stato di coscienza, il paziente critico non ha un’ adeguatà capacità di fornire un CI a causa di sedativi e della criticità del suo stesso stato. A tal proposito è bene ricordare che studi precedenti hanno riportato che più dei tre quarti dei pazienti dell’ICU non sono in grado di comprendere un CI, anche nel momento dell’estubazione o alle dimissioni [5]. Circa il paziente cosciente, i paragrafi 3 e 4 dell’art. 6 della Convenzione di Oviedo recitano che ‘Allorquando, secondo la legge, un maggiorenne, a causa di un handicap mentale, di una malattia o per un motivo similare, non ha la capacità di dare consenso ad un intervento, questo non può essere effettuato senza l’autorizzazione del suo rappresentante, di un’autorità o di una persona o di un organo designato dalla legge. La persona interessata deve nei limiti del possibile essere associata alla procedura di autorizzazione…. Il rappresentante, l’autorità, la persona o l’organo menzionati ai paragrafi 2 e 3 ricevono, alle stesse condizioni, l’informazione menzionata all’articolo 5’. In base alla legge italiana, una persona con alterazione parziale o temporanea dello stato fisico e mentale ha bisogno di una tutela legale approvata dal Giudice Tutelare e definita nella figura dell’ amministratore di sostegno AS (Legge del 9/1/2004 n 6. ADS - amministratore di sostegno)[6]. La normativa vigente afferma che quest’ultimo è il legale rappresentante di una persona incapace di intendere e di volere e in quanto tale deve essere coinvolto nelle decisioni cliniche, dando un valido consenso quando richiesto. È importante sottolineare che dopo essere stato designato, su di esso ricade la piena responsabilità delle scelte diagnostico-terapeutiche del paziente in causa, senza alcun diritto di prendere decisioni da parte dei membri della famiglia a meno che essi non siano, appunto, dei delegati legali. L’AS deve a tutti gli effetti assistere o rimpiazzare la persona che non può occuparsi dei propri interessi permettendo la realizzazione delle sue volontà. In altri termini: esso è un mezzo per concretizzare il diritto dell’incapace all’autodeterminazione terapeutica. La legge, inoltre, riconosce che tale rappresentante venga approvato dal giudice entro 60 giorni dalla richiesta da parte di chi dovrebbe assistere o rimpiazzare la persona incapace di prendersi cura dei propri interessi per il suo stato clinico o alterazioni fisico-mentali. 60 giorni in cui le condizioni del paziente critico saranno, per definizione, difficili da controllare senza procedure specifiche, ed è per questo che soltanto in caso di necessità, un giudice tutelare competente deve decidere di dare disposizione di cure urgenti. Tuttavia appare alquanto complesso definire ‘lo stato di necessità’(contemplato dall’art. 54 c.p. e dall’art. 2045 c.c ) per tutte le procedure espletate nell’ambito dell’ICU. Secondo una sentenza piuttosto recente del Tribunale Trieste, datata 11 marzo 2009 (Giudice Tutelare Dr. Guido Stanzani), lo stato di necessità ben può prospettarsi quando vi sia la necessità di eseguire determinati esami diagnostici o interventi, utili e imprescindibili per il paziente. Rientrano in questo insieme i trattamenti che, seppure non caratterizzati da un’assoluta emergenza clinica, sono destinati a diventare nel breve o brevissimo periodo urgenti e improcrastinabili nell’immediato futuro. La questione resta comunque spinosa. La tracheostomia, ad esempio, viene considerata una procedura elettiva nell’ambito della terapia intensiva. Ciononostante, a seconda del caso concreto e delle condizioni del malato, può divenire sostanzialmente indifferibile. Attualmente, per tutelare maggiormente le volontà dell’assistito, ha preso piede l’idea di introdurre un nuovo documento, la dichiarazione anticipata di trattamento (ADT), attraverso il quale il paziente esprime, in condizioni di lucidità mentale, la propria volontà in merito ai trattamenti che 29 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 intende o meno accettare nell’eventualità in cui non sia capace di esprimere il proprio consenso informato. In Italia è ancora intenso il dibattito relativo all’introduzione dell’ADT, nonostante sia necessaria una nuova normativa, soprattutto alla luce del caso di Eluana Englaro e della sottoscrizione ( ma non ratificazione, nonostante l’Italia l’abbia recepita nel proprio ordinamento giuridico per mezzo della legge 28 marzo 2001, n. 145) della Convenzione sui diritti umani e la biomedica di Oviedo (che recita: «i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell'intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà saranno tenuti in considerazione») e del Codice di Deontologia Medica, il quale afferma che il medico nel suo operato dovrà tenere conto delle precedenti manifestazioni di volontà del paziente. In differenti paesi europei la legislazione ricosce il ruolo dell’ADT per i pazienti incompetenti e afferma che la persona designata come AS o surrogato dovrebbe essere indicato nell’ADT. In caso di subentrata incapacità del paziente ma senza una valida ADT o una figura designata precedentemente come legale rappresentante, la legislazione del paese di appartenenza riconosce il potere decisionale dei membri della famiglia. Sono stati pubblicati numerosi studi sul CI, ma la maggiorparte ha focalizzato la propria attenzione sulla ricerca clinica in terapia intensiva o sull’ ‘end of life care’[7-9],e non sulla necessità di mettere in atto un CI durante le procedure cliniche applicate quotidianamente nel contesto dell’ICU. L’aspetto legale del trattamento impartito al paziente critico varia largamente nelle terapie intensive europee e italiane. Interessante è un sondaggio postale europeo effettuato da Vicent J. et coll. che ha dimostrato che il 50% dei medici di terapia intensiva richiedeva un consenso informato per le operazioni di chirurgia ma solo pochi avevano questa abitudine per le procedure di routine, come prendere un accesso arterioso. I medici delle ICUs del Nord Europa, dell’Olanda e della Scandinavia si accontentavano di ottenere un consenso orale mentre in Germania e Inghilterra veniva preferito un consenso scritto[10]. Nello studio ‘Informed consent for tracheostomy procedures in Intensive Care Unit: an Italian national survey’[11] viene riportato un sondaggio nazionale volto ad indagare la gestione del CI in terapia intensiva soprattutto per la procedura della tracheostomia elettiva nei pazienti critici coscienti e non. La ricerca si è incentrata su: 1) la presenza del CI per la tracheostomia per pazienti critici coscienti e non 2) la disponibilità del documento informativo rischi/benefici per le tecniche tracheostomiche percutanee e chirurgiche 3) la presenza del ‘surrogate decision maker’ (ossia una persona designata a prendere decisioni al posto del paziente incapace di farlo) in caso di paziente incosciente 4) la presenza del CI per i pazienti coscienti e incoscienti che sono stati sottoposti alla tracheostomia chirurgica in differenti contesti 5) la disponibilità del documento informativo rischi/benefici per la tracheostomia chirurgica applicata in sala operaoria. Nonostante le aspettative i risultati non sono stati corrispondenti alle direttive del sistema legislativo italiano circa il CI. Come abbiamo ribadito esso dovrebbe essere ottenuto dal paziente per qualsiasi intervento relativo alla cura della sua persona. Tuttavia è stato riscontrato che per il paziente consciente era ottenuto solo nell’82,4% delle terapie intensive partecipanti al test, mentre per il paziente incosciente è stato ottenuto soltanto nel 61,8% con differenti metodi non omogeneamente stabiliti. Tra gli altri risultati risultati ricordiamo che: 30 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 - Il CI destinato ai pazienti incoscienti non era presente in tutte le ICUs Una volta ottenuto il consenso informato, i parenti o i dottori non legalmente assegnati davano il consenso per la trachostomia; se d’altra parte il CI non era stato ottenuto, un consenso generico veniva chiesto ai parenti (che non sono riconosciuti dalla legge italiana) - Di solito un documento informativo rischi/benefici non veniva fornito - Vi era scarso accordo tra le decisioni prese dal ‘surrogate decision maker’ ed i pazienti in ICU. Quest’ultimo dato deve far riflettere perchè per svolgere il ruolo di ‘surrogate decision maker’ bisogna non solo comprendere pienamente le procedure diagnostico-terapeutiche a cui il paziente va incontro (anche se spesso i parenti perdono informazioni importanti) ma soprattutto bisogna essere informati sui desideri del paziente espressi prima del ricovero in Ospedale o in ICU (anche se molto spesso i parenti hanno una conoscenza piuttosto riduttiva delle volontà del paziente [12, 13]). Inoltre è stato riportato che il surrogate decision-maker esprime decisioni che non tendono a discostarsi da quelle dei medici, restando collaborativo soprattutto quando è necessario un consenso informato per la ricerca clinica. In questo caso il consenso per trials clinici viene dato per facilitare un recupero più veloce del paziente ma tale scelta non è necessariamente in accordo con i desideri dello stesso[14]. In base allo studio precedente si è potuto stabilire che il documento informativo rischi/benefici sulla procedura di tracheostomia, percutanea o chirurgica è stato formulato nel 61.1% delle ICUs valutate. In molte ICUs, il consenso informato per la tracheostomia non è associato con un documento informativo rischi/benefici- e ciò è in contrasto con la legislazione italiana. Ancora, in linea con i precedenti reports, è stato stabilito che la tracheostomia chirurgica è molto più spesso effettuata nelle sale operatorie. Il consenso informato per pazienti coscienti e non che andavano in contro a questa procedura era disponibile nel 69,8% e 47,2% delle ICUs, rispettivamente. Questo è stato un risultato inaspettato, dal momento che il CI prima di procedure invasive e prima delle operazioni chirurgiche è diventato una pratica standard nella maggior parte delle strutture mediche. Con una stima veritiera, ottenuta valutando un campione pari al 30% delle ICUs nazionali italiane, si è potuto stabilire che, per anno, non vengono ottenuti 6435 CI per tracheostomia in pazienti incoscienti; per 11730 pazienti il CI viene fornito dai parenti non legalmente designati come rappresentanti dell’assistito, e in 2577 casi lo specialista di ICU rappresenta il surrigate decision maker. Infine il CI non può dirsi pienamente informato poiché non viene spesso affiancato dal il documento rischi/benefici ( in circa 6393 pazienti) [15]. Questa disparità di risultati non deve essere concepita in modo allarmante. Piuttosto ci fa comprendere a pieno quanto in Italia sia ancora molto difficile trovare un approccio comune. Siamo fiduciosi che, con il passar del tempo, a seguito di un dibattito produttivo, si riuscirà a trovare un punto di vista condiviso che renda omogeneamente accettata la pratica del CI, in condizioni cliniche critiche, come quelle che sussistono in terapia intensiva. 31 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 Bibliografia 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. Morana, D., La salute nella Costituzione italiana: profili sistematici. 2002: Giuffrè. FNdOMCeO, Codice di Deontologia Medica 2014. Convention for the protection of human right and dignity of the human being with regard to application of Biology and Medicine: Convention on Human Rights and Biomedicine. Oviedo, 4. IV. 1997. Appelbaum, P.S., Assessment of patients' competence to consent to treatment. New England Journal of Medicine, 2007. 357(18): p. 1834-1840. Fan, E., et al., Informed consent in the critically ill: A two-step approach incorporating delirium screening*. 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Journal of surgical education, 2011. 68(2): p. 143-147. 32 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 COMUNICAZIONI 33 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 ANALGESIANOCICEPTIONINDEX(A.N.I.)inchirurgiadellaspalla:nostra primaesperienza S.T.Cirillo*,A.Tarantino,S.D’Alterio,M.Barberio, C.Galano,G.Esposito,S.Luise,F.Chiumiento A.O.R.N. Dei Colli – Plesso C.T.O. di Napoli U.O.C. Anestesia Rianimazione e T.I.P.O Direttore: F. Chiumiento * Scuola di Specializzazione in Anestesia e Rianimazione Seconda Università Degli Studi di Napoli La chirurgia artroscopica di spalla, pone all’anestesista diversi quesiti da risolvere: profondo rilasciamento dei muscoli della spalla, trattamento dell’elevata algogenità delle manovre chirurgiche, controllo intraoperatorio del sanguinamento per realizzare un campo operatorio ottimale. Il Nostro servizio di anestesia e rianimazione dell’ A.O.R.N. “Dei Colli” – Plesso C.T.O. di Napoli, ha adottato la tecnica combinata di anestesia generale ed A.L.R. (blocco interscalenico del plesso brachiale) nel postoperatorio, coadiuvata ed ottimizzata durante tutto l’intervento dal nuovo sistema di monitoraggio “Phisiodolor”, che a partire dalla fine del 2013, ha arricchito i sistemi di monitoraggio intraoperatori del blocco operatorio del CTO. Il sistema “Phisiodolor”, è un sistema di monitoraggio in continuo del livello di analgesia, che si basa sull’analisi ed interpretazione della traccia elettrocardiografica; la frequenza cardiaca, infatti, ci fornisce notevoli informazioni sul Sistema Nervoso Autonomo (S.N.A.), attraverso la Variabilità della Frequenza Cardiaca (H.R.V.), permette di valutare in corso di anestesia le funzioni simpatiche e parasimpatiche. “Phisiodolor”, elabora la rappresentazione grafica del sistema parasimpatico ed attraverso il parametro (A.N.I), ci dà un valore istantaneo e predittivo a dieci minuti, indice dell’ottimale piano di analgesia che stiamo realizzando per quel paziente, in quello specifico intervento. Materiali e Metodi Dalle tre divisioni di ortopedia della nostra A.O.R.N. “Dei Colli”- Plesso C.T.O., tra maggio 2014 e Settembre 2014, abbiamo selezionato 20 pazienti (14 uomini ed 6 donne), età compresa tra i 32 ed i 65 anni, in età lavorativa, con rischio A.S.A. I/II, sottoposti ad interventi di chirurgia della spalla con tecnica artroscopica di sintesi con ancora o space balloon, protesica, etc. A tutti i pazienti è stato preventivamente richiesto di essere inseriti nello studio previo consenso informato. Criteri di esclusione: pazienti affetti da disturbi del ritmo cardiaco (F.A., portatori di PMK, etc.). Nel corso dell’intervento tutti i pazienti sono stati monitorizzati con SpO2, F.C., P.A. non invasiva e TOF. Abbiamo suddiviso i pazienti in due gruppi: Gruppo A (5 M. e 5 F.): pazienti la cui anestesia/analgesia è stata condotta mediante l’interpretazione del parametro A.N.I., titrando l’infusione di remifentanil per valori A.N.I. immediati e predittivi (reattività emodinamica nei successivi 10 minuti), compreso tra 40 e < 50 (foto. 1), mentre invece l’infusione di remifentanil veniva ridotta per valori compresi tra 80 e 100 (foto. 2), per evitare un overdose di oppiacei. Il parametro A.N.I. veniva usato in modalità esperta e registrati i seguenti eventi: induzione, ventilazione, eventuale tosse, reiniezione di oppiacei, intubazione, stimolo chirurgico, reazione emodinamica, movimenti del paziente dopo chelazione del curaro ed infine estubazione. Gruppo B (7 M. e 3 F.): pazienti la cui anestesia/analgesia è stata condotta titrando 34 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 l’infusione di remifentanil, basandosi empiricamente sugli aumenti/diminuzione di pressione sistolica e frequenza cardiaca, rilevati al monitor. Tutti i pazienti arruolati ricevevano in premedicazione midazolam 5mg. per via sublinguale, venivano incannulate due vene periferiche sul braccio controlaterale all’intervento, a nessun paziente veniva somministrata atropina in pre-medicazione. L’anestesia generale è stata condotta con metodica bilanciata: per l’induzione sono stati utilizzati, propofol alla dose di 2,0 – 2,5 mg./kg e remifentanil in infusione continua alla dose di 0,5 µ/kg./min.; il mantenimento della ipnosi è stato realizzato utilizzando una miscela ossigeno, aria medicale e sevorane, a bassi flussi, con raggiungimento di MAC:1; per la curarizzazione è stato utilizzato rocuronio 0,9 mg./kg., con richiami successivi dopo TOF 2; alla fine dell’intervento si provvede a chelazione farmacologica del bromuro di rocuronio, mediante sugammadex al dosaggio di 3/4 mg./kg. Trenta minuti prima della fine dell’intervento, veniva somministrata pre-emptive analgesia ed a tutti i pazienti veniva collegato sistema infusor (velocità 2ml/h), per le successive 48h dall’intervento contenente: morfina 30/40 mg.(in base al peso corporeo), ranitidina 200 mg., granisetron 10mg., ketorolac 120 mg..Tutti i pazienti, giunti in recovery room, venivano accolti dal personale infermieristico dopo il controllo della motilità dell’arto operato, quindi ricevevano anestesia locoregionale con blocco sopraclaveare secondo Winnie, tecnica combinata con ecografo e stimolatore, mediante naropina 7,5% (150 mg.). I pazienti venivano trasferiti in reparto di degenza solo con un punteggio totale minimo di 8, in due valutazioni successive, secondo la Scala di Aldrete modificata. L’entità del dolore veniva valutato mediante la scala VAS (scala verbale) al risveglio, dopo 1h, 6h, ogni 12h nelle successive 48h dall’intervento, valutando la richiesta di analgesia supplementare (rescue dose con VRS > 4) con somministrazione di paracetamolo 1 gr. e.v. o nei casi di dolore importante si somministrava morfina 0,05-0,15 mg/Kg ev (max/6 h). Risultati Dei pazienti studiati due sono stati esclusi per necessitata somministrazione di atropina dopo l’induzione, in seguito ad importante bradicardia. L’intensità del dolore al risveglio, è stata significativamente minore nei pazienti del gruppo A, nel quale l’analgesia è stata monitorizzata modulata e ottimizzata interpretando i valori espressi dall’ A.N.I. e mantenendoli in un range compreso tra 50 e 70 (foto. 1), rispetto alla classica analgesia a “demand” condotta nei pazienti appartenenti al gruppo B. [Foto. 1] [Foto. 2] Rispetto al gruppo B, inoltre, i pazienti del gruppo A, hanno meglio tollerato il successivo blocco del plesso brachiale per via sovraclaveare. Durante il periodo di degenza nelle successive 48 h, la percentuale di pazienti del gruppo A, con dolore VRS > 4 è stata significativamente minore rispetto al gruppo B. Inoltre la percentuale di pazienti che in reparto è ricorsa a rescue dose di analgesici è stata maggiore nel gruppo B rispetto al gruppo A. 35 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 VRS al risveglio VRS dopo 1h VRS dopo 6h VRS dopo 12h VRS dopo 24h Conclusioni Gruppo A 3,3 Gruppo B 5 0 1 2,1 3 0 2 3,8 4,5 Il parametro A.N.I. può rappresentare un utile strumento nel management del controllo della analgesia intraoperatoria avendo poi un risvolto positivo anche nel controllo del dolore postoperatorio, evitando l'iperalgesia e favorendo una più rapida ripresa funzionale ed una riduzione dei farmaci somministrati nel periodo di degenza. I dati sin ora raccolti, rappresentano un piccolo campione, contiamo di ampliare la popolazione studiata e di estendere l'uso del parametro A.N.I., ad altre chirurgie. Bibliografia 2. Tecniche anestesiologiche - Chirurgia della Spalla, Cap.6 M. Costantino, S. D’Alterio pp. 93-97. Edizioni Momento Medico. 3. “Heart rate variability during total intravenous anesthesia: Effects of nociception and analgesia” Mathieu Jeanne, Régis Logier, Julien De Jonckheere, Benoît Tavernier (Autonomic neuroscience: basic & clinical, 2009). 4. “A Comprehensive Review of Opioid-Induced Hyperalgesia” Marion Lee, Sanford Silverman, Hans Hansen, Vikram Patel, and Laxmaiah Manchikanti (Pain Physician journal, 2011). 36 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 TRACHEOSTOMIEPERCUTANEE:NOSTRAESPERIENZA BarbatoE.,BoglioloA.M.,CiaramellaM,CovinoR.,D’AuriaS.,FoconeC.,Lo SapioD.,MascoloL.,PrimeranoB.,CampanileF. U.O.C. di Anestesia e Rianimazione P.O. “C. Ascalesi”- ASL Na1 Centro La procedura percutanea per dilatazione (TPD) è la tecnica di scelta per eseguire la tracheostomia nei pazienti ricoverati in terapia intensiva. La sua introduzione è avvenuta con l’intento di eliminare le complicanze che la metodica chirurgica tradizionale aveva comportato. Molte sono state le tecniche proposte in 20 anni, ma solo alcune continuano ad essere utilizzate. In realtà non sembra utile confrontare né le complicanze né le difficoltà di esecuzione delle varie tecniche utilizzate per effettuare una TPD. Ciò dipende sia della diversità della tipologia dei pazienti che dalla mancanza di criteri comuni utili per la valutazione delle complicanze. È invece fondamentale avere padronanza di almeno una tecnica, per garantire un buon livello di sicurezza. Questo, insieme alla semplicità di esecuzione, potrebbero essere considerati due aspetti da valutare per confrontare le tecniche a parità di risultati. Nel periodo compreso tra gennaio 2010 e giugno 2014 sono state praticate 120 tracheostomie percutanee. L’età era compresa in un range compreso tra i 23 anni ed i 90 anni. La media del timing della procedura è stata di circa 10 giorni. Le tecniche utilizzate sono state le seguenti ( Tab 2.): 25 20 Fantoni 15 Griggs 10 Bluline Percutwist 5 0 2010 2011 2012 2013 2014 Tabella 2 Prima di effettuare le tracheostomie, tutti i pazienti sono stati curarizzati e ventilati in IPPV. La preponderanza della tecnica secondo Fantoni si spiega per la tipologia dei pazienti giunti alla nostra osservazione ( obesi, cardiorespiratori) e per l’ esperienza nella sua esecuzione. La tracheostomia secondo Fantoni è stata effettuata apportando variazioni alla tecnica standard. In particolare: non è 37 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 stato utilizzato il tubo rigidoe la puntura della trachea è stata effettuata senza visione broncoscopica. Ciò ha comportato la riduzione dei tempi di esecuzione. La parete posteriore della trachea è stata protetta dalla presenza del tubo endotracheale lasciato in sede e, al bisogno, introdotto in basso nella via aerea per evitare la lesione della cuffia. Tale procedura ha garantito una ventilazione ottimale in quanto il TET utilizzato non è mai stato di calibro inferiore a 5 ( D.I. 5 mm) e utilizzato solamente durante l’inserimento del conocannula e la sua successiva rotazione, mentre durante tutta la procedura ci si è avvalsi di un TET di calibro adeguato. La sostituzione del TET è stata effettuata in sicurezza ed in tempi rapidi avvalendosi dello scambia tubo. Questa tecnica è minimamente traumatica perché non si esercita alcuna pressione né sulla parete anteriore tracheale ( procedura out-in) né sulla parete posteriore tracheale perché protetta dal tubo in situ. In conclusione, la Fantoni modificata risulta poco traumatica, sicura, rapida e scevra, nella nostra esperienza, di complicanze. Ridurre i tempi dell’esecuzione appare vantaggioso nel paziente cardiorespiratorio che altrimenti rischierebbe di essere ipoventilato utilizzando un tubo di piccolo calibro. 38 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 Analisiclinicaedimpattoeconomicodell’anestesialocoregionalerispetto all’anestesiageneralenellachirurgiadellamammella:studiopilota. V.Basso,M.Giudice,V.Iorno,A.Florio,R.Cataldo, La chirurgia oncologica della mammella è una chirurgia carica d’emotività sia per la presenza del problema oncologico, sia per il tipo di organo colpito simbolo della femminilità; si rende, pertanto, indispensabile una notevole capacità tecnica ed una grande umanità dell’équipe che si prende cura della paziente. Attualmente la tecnica anestesiologica maggiormente utilizzata per questo tipo di chirurgia è l’anestesia generale che spesso, però, è associata nel periodo postoperatorio a dolore, ipertensione, tachicardia, cefalea, nausea e vomito. Un’alternativa all’anestesia generale è rappresentata dal blocco paravertebrale toracico (BPVT), tecnica di anestesia locoregionale che per anni è stata vista con diffidenza perché legata ad un’elevata incidenza di fallimenti (6.8 – 10%) e di complicanze, tra cui la puntura pleurica (1.1%) e lo pneumotorace (0.5%). Per ovviare a questi limiti, nel tempo sono state sviluppate nuove metodiche per eseguire il BPVT, tra cui la tecnica ENS-guidata, la ECO-assistita, giungendo infine alla più recente tecnica ECOguidata che ha permesso di abbattere drasticamente le complicanze e di migliorarne l’efficacia. I vantaggi offerti dalle tecniche di anestesia locoregionale rispetto all’anestesia generale sono incontrovertibili: minore impatto farmacologico sull’organismo, riduzione del dolore postoperatorio, minori rischi in pazienti con ridotta riserva cardiorespiratoria, migliore collaborazione delle pazienti e, oltretutto, degenze più brevi con dimissione precoce. Obiettivo dello studio L'obiettivo di questo studio è confrontare, in chirurgia mammaria, l'anestesia generale e il blocco paravertebrale toracico ECO-guidato con controllo ENS, in termini di dolore, nausea, vomito, tempo di ripresa delle normali attività nel postoperatorio e gradimento delle pazienti. Materiali e metodi Previa approvazione del comitato etico, 20 pazienti candidate ad intervento chirurgico per neoplasia mammaria sono state arruolate nella sperimentazione. Le pazienti sono state divise in maniera random in due gruppi formati da 10 persone ciascuno: gruppo AG, pazienti sottoposte ad anestesia generale e gruppo ALR, pazienti sottoposte a blocco paravertebrale toracico ECO-guidato. Tutte le pazienti sono state premedicate con midazolam 1 mg e Fentanyl 50γ. L’anestesia generale, nelle pazienti appartenenti al gruppo AG, è stata indotta con Propofol 2mg/kg, Fentanyl 30γ/kg e Vecuronio bromuro 0.1mg/kg. Il controllo delle vie aeree è stato gestito con maschera laringea o intubazione orotracheale ed il mantenimento dell’anestesia è stato effettuato con Remifentanyl 0,1γ/kg/min in infusione continua e Sevoflurano in miscela Aria/O2 60/40. Per l’esecuzione del BPVT nel gruppo ALR è stato utilizzato un ecografo Esaote MyLab 25 con sonda lineare LA523E di multifrequenza con estensione compresa tra i 5 MHz e 10 MHz. La sonda ecografica è stata posizionata in senso trasversale alla colonna vertebrale lateralmente al processo spinoso della quarta vertebra toracica, ruotata di circa 30 gradi al fine di ottenere la visualizzazione del legamento costotrasverso laterale che sovrasta la pleura così da delimitare lo spazio paravertebrale, target d’infiltrazione. È stato, quindi, inserito l’ago Stimuplex da 22 o 21 G in-plane rispetto alla sonda e, una volta superato il legamento costotrasverso, con l’elettrostimolatore sono state evocate parestesie a livello della mammella e iniettati 20 mL di Naropina 0.5%. Si è, poi, osservata la diffusione dell’anestetico locale con la scansione ecografica che ha evidenziato il caratteristico scollamento dalla gabbia toracica della pleura parietale, spinta ad improntare il polmone sia nello spazio paravertebrale infiltrato che in quelli sovrastanti e sottostanti. L’efficacia e l’estensione del blocco sono state valutate attraverso l’ice test ed il prick test a distanza di 10-20-30-40 min dal termine 39 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 della somministrazione dell’anestetico nei dermatomeri da T1 a T6. In sala operatoria è stata mantenuta la sedazione profonda in respiro spontaneo con Diprivan 2% in infusione continua in TCI con concentrazione iniziale al sito effettore compreso tra 1 e 3 γ/mL. In caso di dolore, in entrambi i gruppi nel protocollo, è stato possibile somministrare dosi aggiuntive di oppioidi. Nel periodo postoperatorio è stata monitorizzata l’insorgenza di nausea e vomito, la Visual Numeric Scale (VNS) a 3/6/12/24 ore a riposo ed in movimento, la necessità di FANS, la ripresa delle normali attività (deambulazione e/o assunzione di liquidi). Infine, è stato chiesto alla paziente un parere sul grado di soddisfazione tramite l'ausilio di questionari a scelta multipla. L’analisi statistica è stata effettuata confrontando le variabili continue dei due gruppi con il test t-Student, mentre le variabili discrete sono state confrontate con il test χ2. Data l’esiguità del campione e le caratteristiche di studio clinico di confronto si è convenuto di adottare come parametro di significatività una p <0,05, in caso di una p <0,01 si è ritenuta la differenza altamente significativa. Risultati Tutte le pazienti sono state incluse nello studio. In tutte le pazienti del gruppo ALR il blocco paravertebrale è stato eseguito con successo, per cui non è risultata necessaria la conversione in anestesia generale. Il tempo necessario per la massima efficacia dell'anestesia, verificata tramite l'ice test e il prick test è stato in media di 30 minuti dall'esecuzione del blocco. I due gruppi sono risultati omogenei per età (ALR=66,4±9,91anni vs AG=64,4±9,54 anni), altezza (ALR=160,11±2,52 cm vs AG=160,89±2,85 cm), peso (ALR=65±10 Kg vs AG=68,5±13,34 Kg) e BMI (ALR=25,59±4,16 vs AG=26,38±5,79). E' stata riscontrata una differenza statisticamente significativa per l'uso di dosi aggiuntive di oppioidi intraoperatori tra il gruppo ALR e il gruppo AG (ALR=0±0 vs AG=0.9±0,99 somministrazioni con p <0,05). Nel periodo postoperatorio sono state riscontrate differenze statisticamente significative tra i due gruppi per l'insorgenza di nausea e vomito (ALR=0vs AG=7 con p <0,01), per la richiesta di analgesici postoperatori (ALR=0,2±0,42 vs AG=2,2± 1,35 somministrazioni con p < 0,01) e per il dolore postoperatorio riferito a 3-6-12-24 ore sulla scala VNS (ALR=0,04±0.84 vs AG=5,2±1,69 a 3 h; ALR=1,3±2,00 vs AG=5,8±1,32 a 6 h; ALR=0,5±1,58 vs AG=5±1,37 a 12 h; ALR=0±0 vs AG=3,4±1,35 a 24 h con p <0,01). Il tempo di ripresa della deambulazione è stato di 252±56 min nel gruppo AG versus 84±37min nel gruppo ALR. Anche il tempo di ripresa delle normali attività è stato significativamente inferiore nel gruppo ALR. Le pazienti sottoposte ad anestesia locoregionale si sono dimostrate estremamente soddisfatte rispetto alle pazienti sottoposte ad anestesia generale, moderatamente soddisfatte. Conclusioni I risultati preliminari di questo studio dimostrano che il blocco paravertebrale toracico ECO-guidato con controllo ENS rappresenta una valida alternativa all’anestesia generale in chirurgia senologica. Questa metodica consente una migliore analgesia intra- e post-operatoria riducendo, sensibilmente, il consumo di farmaci analgesici oppioidi ed antinfiammatori ed è gravata da una minore incidenza di nausea e vomito postoperatori. La guida ecografica rende la tecnica più semplice e sicura, consentendo una chiara visualizzazione dello spazio paravertebrale ed associata al controllo ENS permette un riscontro obiettivo (parestesie), riducendo l’incidenza di fallimenti ed abbattendo i rischi legati alla procedura, in particolar modo lo pneumotorace. Il tempo di ripresa delle attività (deambulazione e/o assunzione di liquidi) è stato nettamente inferiore nelle pazienti che sono state sottoposte ad ALR, per questo motivo si potrebbe prospettare un ricovero in one day-surgery, a meno di controindicazioni chirurgiche in casi particolari. Nel corso dello studio è, inoltre, emerso un dato di carattere economico sanitario che ha permesso di sviluppare alcune considerazioni. Il modello organizzativo presso l’UCBM in caso di interventi di mastectomia per neoplasie maligne, prevede che si eseguano tre interventi per ogni seduta operatoria per una durata totale di sei ore comprensive di identificazione del linfonodo sentinella e di estemporanea intra-operatoria. 40 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 In caso di interventi come, ad esempio, la mastectomia eseguita in anestesia generale, la Regione Lazio prevede un rimborso del DRG come ricovero ordinario. Nel caso in cui la mastectomia venga effettuata in anestesia locoregionale viene, invece, rimborsato il DRG di un ricovero in regime DaySurgery. Per avere un equivalente del rimborso del DRG di 3 interventi di mastectomia eseguiti in regime di ricovero ordinario in anestesia generale, sarebbero necessarie 5 mastectomie in regime one daysurgery in anestesia locoregionale, ciò non è possibile nei tempi attualmente necessari per i singoli interventi. Considerando il Policlinico anche come azienda, oltre che come luogo di cura, pur nell’interesse primario del malato, sarà favorita l’esecuzione dell’intervento in anestesia generale, con particolari attenzioni volte a limitare gli effetti collaterali ad essa connessi, laddove le condizioni cliniche delle pazienti lo consentano, destinando l’anestesia locoregionale a quelle che mostrino particolari rischi legati all’anestesia generale. Pertanto, nonostante gli indiscutibili vantaggi dell’anestesia locoregionale in chirurgia senologica, allo stato attuale, nella nostra struttura, la sua diffusa applicabilità risulta controversa a causa delle esigenze economico-sanitarie inerenti i costi ed i rimborsi delle procedure adottate. Sarebbe auspicabile, in futuro, che il sistema di rimborso regionale tenesse conto dell’avanzamento delle tecniche anestesiologiche, al fine di ottenere il rimborso del DRG sulla base dell’entità dell’intervento più che sulla base della condotta anestesiologica, considerando che oggigiorno interventi più complessi possono essere eseguiti anche con tecniche anestesiologiche loco regionali. 41 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 BLOCCOECOGUIDATODEINERVISCIATICOEFEMORALEPERLA CHIRURGIAPLASTICARICOSTRUTTIVADELLEULCERETROFICHE R.Sicilia,M.L.DePrisco,P.Cuofano,I.Esposito,N.Manzione,A.Mignone, R.Naimoli U.O.C. Anestesia e Rianimazione P.O. San Francesco D’Assisi Oliveto Citra (SA) INTRODUZIONE L’utilizzo degli ultrasuoni per l’esecuzione delle tecniche di anestesia loco regionale, ha reso i blocchi nervosi la scelta anestesiologica d’elezione per molte chirurgie quali la chirurgia plastica ricostruttiva dell’arto inferiore, sia in termini di efficacia che di sicurezza. Nel nostro Ospedale infatti, i blocchi eco guidati rappresentano la scelta anestesiologica per gli interventi di innesto o lembo cutaneo per le ulcere trofiche dell’arto inferiore. OBIETTIVO Scopo del nostro lavoro è valutare i vantaggi derivanti dall’utilizzo delle tecniche di blocco eco guidati dei nervi sciatico e femorale nei pazienti con ulcere trofiche dell’arto inferiore. MATERIALI E METODI Nel periodo di tempo compreso tra Gennaio - Luglio 2014, abbiamo arruolato 35 pazienti d’ambo i sessi (13M e 12 F) di età compresa tra i 60 e 80 anni con ASA III-IV( diabetici, ipertesi, in terapia antiaggregante) da sottoporre ad innesto o lembo cutaneo per ulcere trofiche agli arti inferiori in regime di day surgery. Ai pazienti in sala operatoria sono stati monitorizzati ECG, SpO2, PA e Fc ed è stata incannulata vena periferica. Abbiamo valutato inoltre l’efficacia del blocco sensitivo e motorio dopo 5 min dal blocco ed a blocco completo, le complicanze e il dolore postoperatorio. Per l’esecuzione del blocco abbiamo utilizzato un ecografo con due sonde lineare e convex, aghi da 50 mm e 100 mm di lunghezza e di un ENS. Il blocco del femorale è stato eseguito con sonda lineare ed ago da 50 mm, con il paziente supino e con approccio in plane della sonda e mediante infusione di ropivacaina 7,5 15 ml. Il blocco dello sciatico invece ha necessitato sonda convex, ago 100 mm, paziente in decubito laterale con il lato da operare superiormente e semiflesso ed infusione di ropivacaina 7,5 15 ml. RISULTATI Abbiamo valutato dopo 5 min dall’esecuzione dei blocchi la comparsa di parestesie all’arto interessato in tutti i casi a blocco completo, soli due casi è stato necessario un rinforzo locale di anestetico per l’esecuzione delle procedure chirurgiche. Il dolore postoperatorio valutato con la VAS è stato più che soddisfacente in tutti i casi. CONCLUSIONI L’esecuzione ecoguidata dei blocchi ha consentito di evitare un’anestesia sub aracnoidea in pazienti con ASA III-IV spesso affetti da patologie cardiache, metaboliche, vascolari ed inoltre di ridurre l’utilizzo di farmaco da somministare per la visione diretta delle strutture nervose, tutto questo assicurando il minimo discomfort del paziente ma con un buon controllo del dolore postoperatorio. Pertanto i blocchi eco guidati dell’arto inferiore possono essere definiti il gold standard per la chirurgia plastica ricostruttiva nelle ulcere trofiche dell’arto inferiore. BIBLIOGRAFIA Ultrasound-guided peripheral nerve blocks Z. J. KOSCIELNIAK-NIELSEN Acta Anaesthesiologica Scandinavica. Volume 52, Issue 6, pages 727–737, July 2008 American Journal of Emergency Medicine (2010) 28, 76–81 Ultrasound-guided femoral nerve blocks in elderly patients with hip fracture Francesca L. Beaudoin MD, MS, Arun Nagdev MD, Roland C. Merchant MD, MPH, ScD Bruce M. Becker MD, MPH 42 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 Department of Emergency Medicine, Rhode Island Hospital, Warren Alpert Medical School of Brown University, Providence, RI 02903, USA Department of Community Health, Warren Alpert Medical School of Brown University, Providence, RI 02903, US G.Fanelli: Ecografia- per blocchi nervosa periferici 43 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 Sedazionepost‐operatoriainNeurochirurgiaconDexmedetomidina A.Fruncillo**,G.Borrelli,V.Piccoli,D.Smaldone**,F.Gargano**, A.Scafuro* *Dipartimento di Scienze Anestesiologiche, Chirurgiche e dell’Emergenza Seconda Università degli Studi di Napoli **Scuola di Specializzazione in Anestesia e Rianimazione Seconda Università degli Studi di Napoli BACKGROUND La dexmedetomidina è un agonista alfa2 adrenergico altamente selettivo. È’ costituito esclusivamente dall’isomero destrogiro della medetomidina con il vantaggio, rispetto all’isomero levogiro di ridurre il carico metabolico epatico, l’interazione con altre molecole e la manifestazione di effetti indesiderati. La dexmedetomidina inibisce la produzione di cAMP e riduce l’entrata del Ca2+ nelle terminazioni nervose con una selettività alfa2/alfa1 superiore rispetto alla clonidina e un’affinità molto bassa per i recettori alfa1 . In generale, l’attivazione dei recettori alfa2 presinaptici determina una diminuzione della liberazione di noradrenalina cui conseguono alcuni effetti cardiocircolatori quali bradicardia e diminuzione dell’inotropismo, derivanti dal relativo aumento del tono vagale. La generale diminuzione del tono simpatico e della liberazione di catecolamine stabilizza il sistema cardiocircolatorio a spese di una modica depressione dose dipendente. La sedazione è mediata dall’effetto su recettori alfa2 adrenergici presenti nel locus coeruleus, responsabile dell’attivazione corticale. Recettori alfa2 adrenergici sono presenti anche nel midollo spinale, responsabili dell’effetto analgesico e nelle isole pancreatiche, dove, antagonizzando la liberazione di insulina, causano iperglicemia. Recettori sono presenti anche a livello renale dove, antagonizzando l’azione dell’ormone antidiuretico, promuovono la diuresi.È interessante notare inoltre che, a meno che non siano somministrate dosi particolarmente elevate, gli effetti sull’attività respiratoria degli alfa2 agonisti sono pressoché trascurabili. OBIETTIVO L’obiettivo del nostro studio è stato quello di valutare l’utilizzo della dexmedetomidina nel postoperatorio al fine di garantire una sedazione ai pazienti neurochirurgici, consentendo così un buon controllo del paziente da un punto di vista emodinamico, analgesico e ansiolitico. MATERIALI E METODI 44 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 Per lo studio sono stati arruolati 15 pazienti (9M e 6F) nel periodo Aprile 2014-Settembre 2014, presso il DAS di Neurochirurgia della SUN. I pazienti erano tutti candidati ad intervento neurochirurgico per neoplasie della fossa cranica anteriore e media. Criteri di inclusione: età 40-70 anni, ASA I-II-III Criteri di esclusione: ASA IV, storia di precedenti disturbi psichiatrici, blocco cardiaco avanzato (grado 2 e 3), DM. Per tutti i pazienti, terminata la fase di risveglio, è iniziata in recovery room la somministrazione endovenosa continua di dexmedetomidina alla dose di 0,2 mcg/kg/h. La somministrazione endovenosa continua è stata condotta per 24-48h. Tutti i pazienti sono stati monitorizzati in continuo anche per il postoperatorio per quanto riguarda PA, FC,ECG ed Sp02. Sono stati inoltre effettuati stick glicemici di controllo ogni 8h. RISULTATI Per 4 pazienti è stato necessario modificare la velocità di infusione da 0,2mcg/kg/h fino ad un massimo di 0,5 mcg/kg/h per ottenere il livello di sedazione previsto. In tutti i pazienti i valori della glicemia si sono mantenuti nei range di normalità così come tutti gli altri parametri monitorizzati. Non si sono registrati episodi ipo/ipertensivi e non vi è stata necessità per alcun paziente di supporto ventilatorio. In un solo paziente si è avuta una moderata bradicardia che non ha necessitato di trattamento farmacologico. Due pazienti infine hanno richiesto la somministrazione di altri farmaci analgesici (Paracetamolo 1g). CONCLUSIONI La dexmedetomidina si è rivelato un farmaco non solo in grado di assicurare un livello di analgesia e sedazione utile per il controllo del paziente neurochirurgico in fase postoperatoria ma anche sicuro sotto il profilo emodinamico e ventilatorio non necessitando di un supporto farmacologico o meccanico per il mantenimento della stabilità dei parametri vitali. BIBLIOGRAFIA 1) Comparison of dexmedetomidine, propofol and midazolam for short-term sedation in postoperatively mechanically ventilated neurosurgical patients. Srivastava VK, Agrawal S, Kumar S, Mishra A, Sharma S, Kumar R. J Clin Diagn Res. 2014 Sep;8(9):GC04-7. doi: 10.7860/JCDR/2014/8797.4817. Epub 2014 Sep 20. 2) Indications of dexmedetomidine in the current sedoanalgesia tendencies in critical patients. Romera Ortega MA, Chamorro Jambrina C, Lipperheide Vallhonrat I, Fernández Simón I. Med Intensiva. 2014 Jan-Feb;38(1):41-8. doi: 10.1016/j.medin.2013.03.008. Epub 2013 May 15. 45 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 DiclofenacsodicosottocuteVsParacetamoloendovena neldolorepost‐opertaorioinpazientiaffettidamorbodi“Dupuytren”, primanostraesperienzainchirurgiadellamano S.T.Cirillo,M.Barberio*,F.Gargano,D.DeFelice*,C.Colella,F. Chiumiento*,M.A.Scafuro Dipartimento di Scienze Anestesiologiche, Chirurgiche e dell' Emergenza Seconda Università Degli Studi di Napoli *A.O.R.N. “ Dei Colli” – Plesso C.T.O. di Napoli U.O.C. Anestesia Rianimazione e T.I.P.O La malattia di Dupuytren è una patologia della mano caratterizzata dalla flessione permanente e progressiva di uno o più dita della mano secondaria alla progressiva retrazione della aponeurosi palmare superficiale che normalmente è tesa a ventaglio dal legamento traverso del carpo fino alla radice delle dita. Solitamente inizia in corrispondenza del IV dito per poi estendersi al V e non frequentemente al III. L’eziologia è discussa ma può essere ricondotta a: - patologia professionale dovuta a piccoli e ripetuti traumi della mano (sono colpiti: falegnami, fabbri, contadini, etc.), che provocando piccole emorragie interstiziali darebbero origine a processi infiammatori cronici. turbe vasomotorie e sensitive, secondarie a deficit delle vie simpatiche (nell’artrosi cervicale. ereditarietà, persistenza di tessuto embrionario, processi infettivi, infiammatori cronici. Clinicamente è una malattia lenta e progressiva consistente nella formazione di noduli sottocutanei in corrispondenza del IV o V o III metacarpo, con secondaria comparsa di noduli rilevati e sclerotici nella stessa sede. La loro retrazione conduce ad un progressivo atteggiamento in flessione della prima e seconda falange delle dita corrispondenti, creando un danno soprattutto funzionale. La diagnosi è clinica. Il trattamento è chirurgico, consistente nell’aponeurectomia (asportazione della aponeurosi palmare superficiale e sue espansioni). Sembra chiaro da quanto su detto che la terapia antalgica post-operatoria deve mirare soprattutto a ridurre la componente infiammatoria, secondaria all’atto chirurgico. In questo studio ci proponiamo di valutare che una singola somministrazione di F.A.N.S. per via sottocutanea intraoperatoria, può affiancarsi per effetto antalgico alla somministrazione ad orari fissi di paracetamolo endovena. Dopo somministrazione per via s.c., l'assorbimento è rapido e il picco di concentrazione viene raggiunto dopo 34 minuti. L'AUC dopo somministrazione sottocutanea è circa il doppio di quella di una somministrazione orale o rettale poiché questa via evita l'effetto di primo passaggio epatico. Materiali e Metodi Presso la seconda sala del blocco operatorio della Neurochirurgia S.U.N., a partire dal gennaio 2014, vengono operati pazienti della U.O.S.D. di Chirurgia Della Mano, III Divisione di Ortopedia della A.O.R.N. “Dei Colli”, interventi di microchirurgia della mano e diversi sono i pazienti operati per malattia di “Dupuytren”. Abbiamo selezionato a partire dal Luglio 2014, 10 pazienti (8 maschi e 2 donne), candidate ad intervento di aponeurectomia e plastica a “zeta”, i pazienti erano di età compresa tra i 40 ed i 60 anni, con rischio A.S.A. II/III, 46 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 Criteri d’esclusione: pazienti con anamnesi positiva per diatesi allergica a F.A.N.S. e paracetamolo, pazienti da epatopatie, con indici di funzionalità renale alterati. Tutti i pazienti arruolati nello studio, hanno ricevuto in premeditazione midazolam 5mg. Sublinguale. A tutti i pazienti è stata praticata anestesia locoregionale, blocco del plesso brachiale per via ascellare mediante tecnica combinata mediante ENS () sotto guida ecografica (Sono-site mod. Turbo), come a. locali venivano usati naropina al 7,5% (150 m.g.). Nel corso dell’intervento sono stati monitorizzati i seguenti parametri: SpO2, F.C., P.A. non invasiva. Precedentemente l’intervento tutti i pazienti previo consenso informato, accettavano di essere inclusi nello studio. Sono stati divisi in due gruppi randomizzati: 5. GRUPPO A (5 pazienti di cui 4m ed 1f): pazienti a cui è stata praticata un’iniezione sottocute di ½ fiala da 75 mg., intraoperatoria, quando veniva sgonfiata la fascia. 6. GRUPPO B (5 pazienti di cui 4m ed 1f), che hanno ricevuto paracetamolo endovena 1gr.,quando il chirurgo stava chiudendo la fascia muscolare e paracetamolo e.v. ogni 8h in tre somministrazioni. La prima somministrazione delle ore 16, avveniva per e.v., le successive avvenivano per o.s. Abbiamo valutato, i entrambi i gruppi, l’entità del dolore mediante la scala V.R.S. (scala verbale), in reparto dopo la ripresa del blocco sensitivo e muscolare a circa 5/ 6h dall'intervento e prima che i pazienti venissero dimessi al proprio domicilio. La valutazione analgesica veniva completata consegnando ai pazienti un “ memo ” dove annotavano l'intensità del dolore a 12h, 24h, 48h, dall'intervento; i dati venivano raccolti tre giorni, allorquando il paziente si recava presso l'ambulatorio di chirurgia della mano del nostro nosocomio, per il primo controllo, l'anestesista si affiancava al chirurgo per valutare l'andamento del dolore nel postoperatorio. Risultati Nessuno dei pazienti studiati è stato escluso. L’intensità del dolore dopo la fine del blocco motorio e sensitivo, è stata minore nei pazienti del gruppo A, rispetto a quelli appartenenti al gruppo B, dalla disamina dei memo riconsegnatici dai pazienti si evince che l'intensità del dolore è stata sensibilmente minore nel gruppo A, che aveva ricevuto il diclofenac s.c.. A circa 14h. dall'intervento due pazienti appartenenti al gruppo B, sono ricorsi ad una somministrazione di ketoprofene 30 mg. i.m., per una riferita V.R.S superiore a 6. VRS a fine intervento VRS dopo 6h VRS dopo 12h VRS dopo 24h VRS dopo 48h Gruppo A 0 Gruppo B 0 1 2,1 2,5 2 1,2 4,3 2,9 2,5 Conclusioni La popolazione studiata è sicuramente numericamente esigua, ma dall’analisi dei risultati raccolti riteniamo che la somministrazione di diclofenac, sottocute, può essere una valida alternativa, alla terapia antalgica endovena, soprattutto per la “fast” dimissione del paziente che rimosso l’accesso venoso e rivalutati i parametri di pressione, frequenza e saturazione, poteva torrnare a casa, con 47 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 minore impegno del personale infermieristico, riduzione del consumo di farmaci e ottimizzazione dei tempi di degenza; inoltre i dati a 72h durante il controllo ambulatoriale, ci confortano per la efficacia della singola somministrazione sottocutanea di F.A.N.S. in luogo di quella di paracetamolo ad orari per via endovena. Riteniamo la somministrazione sottocutanea di F.A.N.S., un nuovo presidio per affrontare il dolore di tipo lieve-moderato, contiamo di allargare la nostra esperienza in altri ambiti chirurgici come ad esempio negli interventi di erniectomia e discectomia, usando il diclofenac al dosaggio pieno di 75mg. Bibliografia 1.Dietrich T et al. Efficacy and Safety of Low Dose Subcutaneous Diclofenac in the Management of Acute Pain: A Randomized Double-Blind Trial. Pain Pract. 2013 May 22. doi: 10.1111/papr.12082. 48 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 GESTIONEDELLASLOWCONTINOUSULTRAFILTRATION(SCUF)IN AMBIENTECARDIOLOGICO:CASEREPORT. P.Cuofano,M.L.DePrisco,R.Sicilia,I.Esposito,A.D’Agostino,D.Violante, R.Naimoli U.O.C. Anestesia e Rianimazione P.O. “San Francesco D’Assisi”, Oliveto Citra (SA). INTRODUZIONE La slow continuous ultrafiltration (SCUF) è un particolare tipo di trattamento extracorporeo sostitutivo renale (CRRT) potenzialmente operativo per 24 ore al giorno (1). Essa consiste nella lenta rimozione, con un trattamento esclusivamente convettivo, della sola quantità di liquidi necessaria a mantenere il bilancio idrico in equilibrio e vede la sua applicazione clinica nei pazienti con un quadro di edema polmonare e di scompenso cardiaco congestizio refrattario alle terapie standard. La procedura è in grado di risolvere in modo efficace l’edema polmonare e la ritenzione cronica di liquidi in caso di effettiva refrattarietà al trattamento farmacologico. Ciò è particolarmente evidente nei quadri di scompenso congestizio severo e perdurante qualora l’edema, associato ad una persistente iponatremia da diluizione (Na+ < 130 mEq/dl) renda progressivamente inefficace l’azione dei diuretici natriuretici più potenti; in questo caso l’ultrafiltrazione è la metodica di scelta per sottrarre l’eccesso di acqua libera che condiziona il sovraccarico idrico dell’organismo (2). Nel caso di pazienti con severa bassa portata cardiocircolatoria, in cui sottrazioni di fluidi relativamente ampie possono risultare mal tollerate sotto il profilo emodinamico, è opportuno procedere con piccole sottrazioni orarie (100 ml/ora) durante sedute protratte, badando anche al ripristino dell’equilibrio oncotico, particolarmente nei soggetti cachettici. La procedura deve, nei limiti del possibile, salvaguardare la funzione renale e, in caso si manifesti un quadro di ipotensione arteriosa, è opportuna l’introduzione di un adeguato supporto catecolaminico. L’efficacia del trattamento può consentire il ripristino dell’emuntorio renale e della risposta al diuretico (3). Dal punto di vista propriamente “tecnico”, l’esecuzione e la gestione infermieristica della SCUF risultano essere molto più semplici rispetto invece a trattamenti tecnicamente più impegnativi quali ad esempio la CVVHDF (che prevedono, oltre la sostituzione delle sacche dell’ultrafiltrato, anche la sostituzione di sacche di dialisato). OBIETTIVO Il caso clinico riportato dimostra proprio come l’applicazione della SCUF in ambiente di reparto cardiologico con monitoraggio continuo riesca ad essere facilmente gestibile. CASE REPORT T.C., donna di anni 85. Affetta da: obesità moderata, diabete mellito ID, insufficienza renale cronica moderata con diuresi conservata, scompenso cardiaco refrattario alla terapia farmacologica standard con diuretici ad alte dosi, beta blocco farmacologico con bisoprololo, ipertensione polmonare, funzione di pompa conservata con FE 55% e vena cava inferiore dilatata e ipomobile. Il reparto di Terapia Intensiva veniva allertato perché la donna manifestava un quadro anasarcatico, modica dispnea e oligoanuria da 12 ore (incremento della creatinina e dell’azotemia, K+ nella norma). In base al quadro polmonare clinico si decideva di iniziare ventilazione non invasiva con helmet e, dal momento che la scelta terapeutica successiva a quella farmacologica risultava essere solo il trattamento SCUF, si decideva di posizionare un catetere per emodialisi 11,5 Fr in vena giugulare interna dx con guida ecografica con accesso postero inferiore (in vena succlavia sx era stato già precedentemente posizionato CVC trilume). 49 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 Già da tempo un infermiere a turno del reparto di cardiologia, veniva in rianimazione per apprendere la gestione della diapact CRRT. Così, una volta impostati i parametri si avviava primo ciclo SCUF in reparto di cardiologia: pompa sangue 140 ml/min, sottrazione 150 ml/h, eparina 10 UI pro kg/h, previo bolo di eparina sodica ev pretrattamento di 3000 UI. Il trattamento procedeva per 24 ore e si era disponibili prontamente per eventuali consulenze a riguardo. I dovuti controlli seriati di emocromo, assetto e coagulativo ed elettroliti venivano eseguiti ogni 5-6 ore. Inoltre la paziente veniva riscaldata con lettino termico. La paziente era stata sempre compliante sia alla NIV che al trattamento SCUF. Successivi due cicli SCUF a giorni alterni sono stati applicati alla paziente, sempre in cardiologia. Dopo 15 giorni totali si assisteva a notevole riduzione del quadro anasarcatico della paziente con perdita di peso di 6 kg di peso corporeo, ripresa della diuresi, normalizzazione dei parametri della funzionalità renale. CONCLUSIONI La scelta di eseguire un simile trattamento in reparto era stata dettata da alcune considerazioni: in primis, i costi di degenza in rianimazione venivano notevolmente abbattuti, il rischio delle infezioni nelle UTI era ridotto, inoltre l’ambiente di terapia intensiva sarebbe stato “mal tollerato” da una paziente vigile. Infine abbiamo notato una considerevole “compliance” anche da parte degli infermieri di gestire un trattamento che non sempre viene applicato in reparto cardiologico. BIBLIOGRAFIA 1. Kellum JA, Metha RL, Angus DC, Palevsky P, Ronco C. ADQI Workgroup. The first international consensus conference on continuous renal replacement therapy. Kidney Int. 2002 Nov; 62(5): 1855-63. Review 2. Rimondini A, Cipolla CM, Della Bella P et al. Hemofiltration as short-term treatment for refractory congestive heart failure. Am J Med 1987; 83: 43-48. 3. Silvertstein ME, Ford CA, Lysaght MJ, Henderson MS. Treatment of severe fluid overload by ultrafiltration. N Engl J Med 1974; 291: 747-751. 50 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 L’USODELL’ONDANSETRONPERILCONTROLLODELDELIRO POSTOPERATORIONELPAZIENTENEUROCHIRURGICO G.Borrelli,A.Fruncillo**,V.Piccoli,D.Smaldone**,P.Mango,A.Scafuro* *Dipartimento di Scienze Anestesiologiche, Chirurgiche e dell’Emergenza Seconda Università degli Studi di Napoli **Scuola di Specializzazione in Anestesia e Rianimazione Seconda Università degli Studi di Napoli BACKGROUND L’incidenza di delirio postoperatorio è compresa tra il 16 e 20% nei pazienti che subiscono interventi chirurgici al sistema nervoso centrale e tra il 12 e 15% nei pazienti sottoposti ad interventi per patologie degenerative del rachide lombare. Attualmente per il controllo del delirio postoperatorio in neurochirurgia non è stato proposto alcun particolare presidio se non misure preventive come: fornire un’adeguata idratazione e nutrizione al paziente, supporto di ossigeno, ambiente adatto, aiuto costante di uno staff multidisciplinare, adeguato supporto familiare, correzione di deficit sensoriali, favorire l’attività fisica e soprattutto il trattamento del dolore postoperatorio. Da un punto di vista farmacologico, la scelta, di solito, ricade sull’utilizzo dell’aloperidolo, antipsicotico tipico della famiglia dei butirrofenoni, farmaco antidopaminergico che agisce sui recettori D2. La sua utilità si basa sul fatto che è ormai accertato un ruolo del sistema dopaminergico nella genesi del delirio postoperatorio. Connesso al ruolo del sistema dopaminergico è quello del sistema serotoninergico. I recettori 5HT3 sono presenti nella corteccia entorinale e prefrontale, nel nucleus accumbens, nell’amigdala ed in quantità particolarmente elevata, in aree del cervello dorsale implicate nel riflesso del vomito. L’attivazione del recettore 5HT3 modula la liberazione di diversi neurotrasmettitori. Nelle aree limbiche tali recettori presinaptici, localizzati su terminali dopaminergici, producono un aumento della liberazione di dopamina. Da ciò deriva un possibile uso dell’ondansetron, antagonista del recettore 5HT3, nel trattamento del delirio postoperatorio. OBIETTIVO L’obiettivo del nostro studio è quello di dimostrare che l’ondansetron, somministrato al paziente nel periodo postoperatorio, è più efficace nel trattamento del delirio postoperatorio rispetto all’uso delle sole metodiche comportamentali. MATERIALI E METODI 51 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 Nel periodo tra settembre 2013 e maggio 2014 sono stati reclutati, presso il D.A.S. di Neurochirurgia della Seconda Università degli Studi di Napoli, 42 pazienti, di cui 26 maschi e 16 femmine, di età compresa tra i 50 ed i 80 anni, ASA II-III, che si rivolgevano presso il nostro Istituto perché affetti da patologie della colonna. Criteri di inclusione: età compresa tra i 50 ed i 80 anni, ASA II-III. Criteri di esclusione: ASA I-IV, storia di precedenti disturbi psichiatrici, uso corrente di neurolettici o antidepressivi. In premedicazione ciascun paziente ha ricevuto: 5 mg di midazolam sub linguale. L’anestesia generale è stata condotta con metodica TIVA. Per l’induzione sono stati utilizzati: remifentanil in infusione continua alla dose di 0,5 μg/Kg/h, e propofol alla dose di 2 - 2,5 μg/kg/min; per il mantenimento, remifentanil alla dose di 0,25 μg/kg/min e propofol alla dose di 4-12 mg/kg/h. A tutti i pazienti è stato somministrato, come curaro, il cisatracurio alla dose di 0,2 mg/kg con richiami successivi ad intervalli regolari. Nel corso dell’intervento i pazienti sono stati monitorizzati con SpO2, FC, PA non invasiva,Tc, EtC02, BIS, TOF e ANI. I pazienti, ai quali è stato preventivamente richiesto il consenso informato, sono stati divisi in 2 gruppi, in maniera randomizzata: Gruppo O (21 pazienti: 13 maschi e 8 femmine) a cui sono stati somministrati 8 mg di ondansetron e.v., subito dopo l’intervento; Gruppo P (21 pazienti: 13 maschi e 8 femmine) a cui non è stato somministrato alcun farmaco per il controllo del delirio postoperatorio. In entrambi i gruppi è stata valutata la comparsa di delirio postoperatorio in un periodo di 24 ore (a 10’, 6h e 24’) attraverso l’uso del “Confusion Assesment Method”: 1. Insorgenza acuta 2. Andamento fluttuante 3. Disturbi dell’attenzione 4. Disorganizzazione del pensiero 5. Alterato livello di coscienza (stupor, coma, ipervigilanza, torpore) Per la diagnosi di delirium è necessaria la positività ai primi 3 criteri, più almeno uno tra gli ultimi 2. RISULTATI La percentuale di pazienti nei quali non si è verificata l’insorgenza di delirio postoperatorio è del 90% nei pazienti del gruppo O, mentre del gruppo P è stata del 76 %. CONCLUSIONI Il trattamento con ondansetron si è rivelato migliore rispetto all’uso della sola terapia comportamentale. C’è da considerare però che la non elevata percentuale di pazienti nei quali si è verificato delirio postoperatorio anche nel gruppo P, potrebbe essere stata ottenuta con l’utilizzo di un valido monitoraggio dell’attività parasimpatica, attraverso l’uso dell’ANI, che ci ha permesso di effettuare una valida analgesia, riducendo anche il dolore postoperatorio. Anche la scelta della 52 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 tecnica anestesiologica,inoltre, prediligendo farmaci anestetici endovenosi al posto degli alogenati, ha certamente influito sulla prevenzione dell’insorgenza di delirium postoperatorio. BIBLIOGRAFIA 1. Bayindir O., Güden M, Akpinar B, Sanisoğlu I, Sağbaş E. Ondansetron hydrochloride for the treatment of delirium after coronary artery surgery. J Thorac Cardiovasc Surg. 2001 Jan;121(1):176-7. 2. Tagarakis GI., Voucharas C, Tsolaki F, Daskalopoulos ME, Papaliagkas V, Parisis C, Gogaki E, Tsagalas I, Sataitidis I, Tsolaki M, Tsilimingas NB. Ondasetron versus haloperidol for the treatment of postcardiotomy delirium: a prospective, randomized, double-blinded study. J Cardiothorac Surg. 2012 Mar 21;7:25. doi: 10.1186/1749-8090-7-25. 53 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 DEXAMETHASONEDOESNOTINHIBITSUGAMMADEXREVERSALAFTER ROCURONIUM‐INDUCEDNEUROMUSCULARBLOCK:PRELIMINARYDATA BuonannoP1,LaiolaA1,PalumboC1,SpinelliG1,DiMinnoRM2,CafieroT2, ServilloG1,DiIorioC2. 1 Department of Neurosciences, Reproductive and Odontosthomatological Sciences, University of Naples “Federico II”, Naples, Italy Department of Anesthesia, Postoperative Intensive Care and Hyperbaric Center, Antonio Cardarelli Hospital, Naples, Italy 2 Sugammadex, a modified -cyclodextrin, is a relatively new molecule which specifically reverses neuromuscular block induced by steroidal agents i.e. rocuronium and vecuronium; its particular ring-shaped structure describes a central hydrophobic cavity in which rocuronium and vecuronium can be encapsulated (1). Virtually, many molecules with the appropriate size could be trapped by sugammadex; Zhang (2) suggested, by isothermal titration calorimetry studies, a possible interaction of more than 40 lipophilic steroidal and non steroidal compounds with sugammadex. Recently, concerns have been raised about the possible antagonism of corticosteroids towards rocuronium and vecuronium for sugammadex binding. Rezonya et al. (3) demonstrated that dexamethasone inhibits sugammadex neuromuscular reversal activity in in vitro innervated primary human muscle cells, but they underlined the need for further investigations to determine the clinical relevance of these findings. No clinical studies have so far conducted to elucidate in vivo the possible impact in the clinical practice of Rezoya’s in vitro results. Our aim is to determine the real interference of dexamethasone, used as antiemetic drug for postoperative nausea and vomiting (PONV) prevention, in sugammadex reversal after rocuronium-induced neuromuscular block in a group of patients undergoing general anesthesia. We enrolled 45 patients divided in three groups: Group DI (15 patients) treated with dexamethasone 8mg as antiemetic drug, shortly after induction of anesthesia; Group DE (15 patients) treated with dexamethasone just before sugammadex injection; Group C (15 patients) treated with ondansetron 8mg as control. All groups received rocuronium 0.6mg/kg at induction and 0.15mg/kg at TOF2 for neuromuscular relaxation and sugammadex 2mg/kg for the reversal at the end of the procedure at TOF2. Neuromuscular relaxation was monitored with a TOF Watch® system. Table 1 shows all baseline characteristics of patients enrolled; the three groups have not statistically significant differences. We excluded all comorbidities and pharmacological therapies, which could interfere with neuromuscular reversal. Table 2 reports our results as mean (±SD) and medians (range). Group C showed a recovery time to TOF>0.9 of 153.9±53.6s ; this result perfectly agrees with data reported in literature for reversal from moderate rocuronium-induced neuromuscular block (TOF 2) using sugammadex 2mg/kg. Group DI and DE were characterized by recovery time to TOF>0.9 of 133.8±54.9s and 130.7±68.3s respectively. Recovery times of these two groups are shorter than group C but the differences registered don’t reach statistical significance. Medians exhibit the same trend and even in this case, differences are not statistically significant. These results clearly show that dexamethasone does not inhibit sugammadex reversal activity on rocuronium-induced neuromuscular block. Surprisingly, dexamethasone seems to accelerate neuromuscular reversal even if this result is not supported by a strong statistical significance and this facilitatory action seems to be independent of the timing of dexamethasone administration. This result deserves further investigations; dexamethasone, in fact, has positive effects on neuromuscular junction stability and facilitatory effects on neuromuscular transmission (4-6). Even if Rezonja’s studies support the hypothesis of competitive interaction between dexamethasone and rocuronium for sugammadex binding, leading to a retard in in vitro neuromuscular reversal, the facilitatory effect of dexamethasone could predominate in vivo. These phenomena are probably not 54 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 so evident in our study because of the short time dexamethasone has at its disposal, in order to carry out its facilitatory action on neuromuscular junction. Further studies on a larger population are required to confirm that dexamethasone doesn’t interfere with sugammadex neuromuscular reversal; moreover, it would be interesting to investigate a possible facilitatory action of dexamethasone in neuromuscular recovery on patients appropriately pre-treated with this corticosteroid even in the clinical setting of sugammadex use for neuromuscular block reversal. 55 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 LaDexmedetomidinaperlasedazionedelpazienteneurochirurgicoin NICU. T.Cafiero,P.Varriale,R.M.DiMinno,I.Guarino,M.Loreto,V.MaffeieC.DiIorio Dipartimento di Anestesia, Terapia Intensiva Postoperatoria e OTI:Dir. Prof. C. Di Iorio - AORN “Antonio Cardarelli”, Napoli, Italy I pazienti in Terapia Intensiva (ICU) che necessitano di ventilazione meccanica sono spesso trattati con oppioidi e farmaci ipnotici che vengono somministrati in bolo o in infusione continua. Lo scopo della sedazione in ICU è quello di ridurre lo stress, il dolore, l’ansia e il discomfort al fine di facilitare le procedure terapeutiche e l’assistenza infermieristica. Nondimeno, è ben dimostrato che evitando sedazioni eccessive i pazienti si svezzano prima dalla ventilazione meccanica con ridotto rischio di delirio. Dobbiamo, pertanto, evitare sotto e sovra-sedazioni: la sedazione insufficiente causa ipercatabolismo, immunosoppressione, ipercoagulabilità e aumentata attività simpatica; la sovrasedazione può aumentare la durata della ventilazione meccanica e prolungare il tempo di permanenza in ICU. Inoltre, molti studi hanno dimostrato che l’analgosedazione, una strategia che tratta prima il dolore e il discomfort rispetto alla sedazione ipnotica, determina un migliore outcome dei pazienti critici. La Dexmedetomidina è un alfa2-agonista che causa sedazione e analgesia enza indurre depressione respiratoria. E’ unica tra i farmaci sedativi perchè il suo meccanismo d’azione non è mediato da sistema GABA.La DEX ha un metabolismo epatico e il suo profilo farmacocinetico (PK) è alterato nell’insufficienza epatica; la PK della DEX non è influenzata dall’età e dall’insufficienza renale e la sua escrezione è principalmente urinaria (95%). I principali effetti farmacodinamici della DEX sono: la sedazione, ansiolisi, analgesia, simpaticolisi, inibizione del rilascio di catecolamine, riduzione della risposta allo stress, nessuna depressione respiratoria ed un’ipnosi simile al sonno fisiologico. L’attivazione postsinaptica dei recettori centrali alfa2 determina l’effetto simpaticolitico che causa ipotensione e bradicardia. A livello dei vasi sanguigni la DEX ha una duplice azione: una vasocostrizione iniziale e transitoria mediata dai recettori α2-B seguita da un effetto più prolungato di vasodilatazione che è mediato dai recettori α2-A. L’iniziale effetto ipertensivo può essere attenuato evitando la dose bolo che noi non usiamo nella sedazione in ICU. Nel 2008, la FDA ha approvato l’uso di DEX per la sedazione dei pazienti non intubati in ICU; il range di dosaggio varia 0.2 e 1.4 mcg/Kg/h; l’onset della sedazione si ha entro 15 min e il picco d’azione entro 1 h. Inoltre, la DEX ha un’azione sparing sugli oppioidi e, infine, essa induce una sedazione collaborativa che rappresenta una caratteristica peculiare di questo alfa2 agonista: i pazienti con la DEX sono più facilmente risvegliabili e interattivi. La DEX può essere preferita alle benzodiazepine al fine di ridurre l’incidenza di delirio. Gli Autori hanno usato la DEX in infusione durante il risveglio dall’anestesia generale dei pazienti neurochirurgici. Viene descritto il management del paziente neurochirurgico e gli schemi infusionali della DEX per ottenere una ridotta risposta allo stress, una sedazione collaborativa ed un weaning più dolce dalla ventilazione meccanica senza agitazione. Materiale e Metodo Sono stati studiati dieci pazienti in ventilazione meccanica con età media di 57±7 anni, classe ASA II o III, ricoverati in Terapia Intensiva Postoperatoria per un weaning protetto. Tutti i pazienti avevano presentato agitazione al risveglio, erano non collaboranti o con 56 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 marcata reattività tracheobronchiale; tutto ciò aveva reso molto difficile il weaning dalla ventilazione meccanica ed impossibile l’estubazione. Tutti i pazienti erano sedati con propofol e remifentanil in infusione continua. La DEX è stata somministrata in infusione continua alla dose iniziale di 0.4 mcg/Kg/h, senza la dose carico in bolo. Il dosaggio di DEX è stato aumentato successivamente con incrementi di 0.1 mcg/Kg/h, mentre contemporaneamente si riduceva la sedazione con propofol e remifentanil fino alla sospensione se possibile. Quando si raggiungeva lo steady state della DEX il dosaggio era titrato con la scala RASS per la valutazione della sedazione al fine di raggiungere un livello di sedazione compreso tra 0 to -2. Sono stati registrati i parametri emodinamici, la profondità della sedazione, il tasso di successo delle estubazioni, il livello di sedazione collaborativa e gli effetti collaterali. Risultati: In tutti i casi la DEX ha indotto una buona tollerabilità del tubo tracheale e una sedazione collaborativa durante la fase di estubazione senza la depressione respiratoria. In tutti i casi il livello di sedazione, valutato con la scala di Richmond (Richmond Agitation sedation Scale - RASS), è risultato compreso tra 0 to -2. La risposta emodinamica è stata efficacemente controllata durante il risveglio e l’estubazione. Tutti i pazienti sono stati efficacemente estubati mentre erano in sedazione con DEX senza effetti collaterali e con un buon comfort complessivo del paziente. Conclusioni: La DEX ha netti vantaggi nel paziente in ICU anche in infusione prolungata. Inoltre, la DEX non determina depressione respiratoria e, per questa ragione, può essere somministrata dopo l’estubazione nel paziente in respiro spontaneo. La DEX ha ridotto la risposta allo stress e ha facilitato il weaning nei pazienti con insuccesso dei precedenti tentativi di weaning ed estubazione durante sedazione con propofol e remifentanil. In fine, i pazienti sono stati più collaboranti e il recupero dalla sedazione è risultato più dolce. References 1. Two Randomized Controlled Trials. Jakob SM, Ruokonen E, Grounds RM, et al. JAMA. 2012;307:1151-1160. 2. Triltsch AE et al. Bispectral index-guided sedation with dexmedetomidine in intensive care: a prospective, randomized, double blind, placebo-controlled phase II study. Crit Care Med. 2002 May;30(5):1007-14. 3. Belleville JP, Ward DS, Bloor BC, Maze M. Effects of intravenous dexmedetomidine in humans. I. Sedation, ventilation, and metabolic rate. Anesthesiology. 1992 De 57 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 Indice degli autori Agrò F. E.: 4 Assantino A.: 28 Barbato E.: 37 Barberio M. : 25‐34‐46 Barone P.: 25 Basso V. : 39 Bogliolo A.M.: 37 Borrelli G. : 44‐51 Buonanno P.: 54 Cafiero T.: 54‐56 Campanile F.: 37 Cataldo R. : 39 Chiumiento F. : 25 – 34 ‐ 46 Ciaramella M.: 37 Cimino A. R.: 6 Cirillo S. T. : 25‐34‐46 Colella C. : 46 Covino R.: 37 Cuofano P.: 42 ‐ 49 D’Agostino A. : 49 D’Alterio S. : 34 D’Auria S.: 37 De Felice D. : 46 De Prisco M.L. : 42‐ 49 Di Iorio C.: 6‐54‐56 Di Minno R.M.: 54‐56 D'Innocenzio S.: 24 Esposito I.: 42‐49 Esposito G. : 34 Ferrara D.: 25 Florio A. : 39 Focone C.: 37 Fruncillo A. : 44‐51 Galano C.: 25‐34 Gargano F. : 44‐46 Giudice M. : 39 Giuricin F.: 25 Gratino F.: 15 Guarino I.: 56 Iorno V. : 39 Laiola A.: 54 Lo Sapio D.: 37 Loreto M. : 56 Luise S. : 34 Maffei V.: 56 Mango P. : 51 Manzione N. : 42 Mascolo L.: 37 Mignone A.: 42 Mincione R. : 15 Naimoli R.: 42‐49 Palumbo C.: 54 Piccoli V. : 44‐51 Primerano B.: 37 Scafuro A. : 44‐51 ScafuroM. A. : 46 Servillo G.: 28‐54 Sicilia R.: 42‐49 Smaldone D.: 44 ‐ 51 Spinelli G.: 54 Tarantino A .: 25‐34 Vargas M.: 28 Varriale P.: 56 Violante D.: 49 58 XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia – Napoli, 5-6 dicembre 2014 59 Collegio dei Primari di Anestesia e Rianimazione della Regione Campania - CPARC XXIV Convegno Sicurezza in Anestesia PRIMO MEMORIAL “PASQUALE MASTRONARDI” Presidente del Convegno Giuseppe Vairo ATTI CONGRESSUALI NAPOLI - 5/6 dicembre 2014 Università degli Studi di Napoli “Federico II” Facoltà di Medicina e Chirurgia Edificio 19 - Aula Grande Nord - Via Pansini 5
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