Località Le Lame Via Asi,4 FROSINONE Tel. 0775.89881 Daniele Arduini Photographer Spedizione in Abbonamento postale gruppo III/70 • € 2,00 • COPIA OMAGGIO MARZO 2014 • ANNO XXV Copyright Promograph Comm Sas - 0775212261 FARMACIA PALLESCHI OMEOPATIA • FITOTERAPIA • DIETETICI • DERMOCOSMESI Farmacia dott.ssa Maria Palleschi Frosinone • Via Marittima 208/210 • tel. 0775.251351 MARZO 2014 Sommario EDITORIALE LE INTERVISTE L’OPINIONE 7 8-9 • 10-11 • 12-13 • 14-15 17-19-23 FLASH MAGAZINE COMMUNICATIONS PRESIDENTE ONORARIO Angelo Mauro D’Angelo DIRETTORE RESPONSABILE Nicandro D’Angelo LEX PROFILI GEOLOGIA AMBIENTE LAZIO MERIDIONALE 20-21 10-11 • 24-25 26-27 • 28-29 30-31 MEDICINA PSICOLOGIA ISTRUZIONE ECONOMIA 32-33 35 37 38-39 ALMANACCO MODA MITOLOGIA MUSICOLOGIA 40-41 42-43 44-45 46-47 ALATRI - FIUGGI RECENSIONI CAFFÈ PER L’ANIMA IN VIAGGIO ... 48 - 59 49 50 52-53 CAPOREDATTORE CENTRALE Massimo Sergio GARANTE DEL LETTORE Angelo Mauro D’Angelo ARCHIVIO FOTOGRAFICO Promograph Communication sas PROGETTO GRAFICO Promograph Frosinone finito di stampare il 05/03/2014 EDITRICE Promograph Communication sas DIREZIONE E REDAZIONE viale America Latina, 8 03100 Frosinone - Tel. 0775.212261 r.a. tel/fax 0775/212261 www.flashmagazineonline.it e-mail: [email protected] e-mail: [email protected] e-mail: [email protected] e-mail: [email protected] Aut. Tribunale di FR n.199 Iscritto Registro Nazionale della Stampa n.4866 - ROC 3347 Iscritto presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri al n.2926 del 23/08/1990 Questo periodico è associato all’Unione Italiana Stampa Periodica stampa: Gescom S.p.A - Viterbo Spedizione: abbonamento postale gruppo III/70 Gli articoli firmati esprimono l’opinione dei rispettivi autori. Manoscritti e foto, anche se non pubblicati, non si restituiscono. Non è consentita la riproduzione anche se parziale dei testi, delle fotografie, nonchè della grafica pubblicitaria senza la preventiva autorizzazione scritta della Testata. Le proposte di collaborazione ed il relativo materiale redazionale sono da ritenersi a titolo gratuito, unitamente al relativo materiale pubblicitario in assenza di preventivo accordo scritto. 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Tracciare i loro profili, parlare del loro lavoro, presentarli ai cittadini è un modo per farli conoscere meglio per far capire cosa rappresentano, cosa fanno. Non tutti, se non gli addetti ai lavori, sono a conoscenza del ruolo che ha un Prefetto nella nostra Provincia, delle responsabilità che ha nei confronti del Governo centrale; del coordinamento e/o osservatorio delle forze dell’ordine; della rappresentanza nella Protezione Civile e così via. Tutti, o forse tutti, sanno o non sanno che il Questore dirige una Questura dove si incarnano forze specialistiche tali da combattere la criminalità organizzata che ha migliaia di sfaccettature che si ramificano nel vivere sociale. Combattere le cosche mafiose, i trafficanti di droga, gli spacciatori, la prostituzione ecc. sono solo una parte del grande lavoro che un Questore mette in opera per rendere vivibile il territorio. Cosa dire del Comandante provinciale dei Carabinieri? Tutti sanno l’incessante ruolo che assumono i carabinieri nel tessuto sociale. La lotta alla tutela ambientale; alla prevenzione di infiltrazioni di tipo camorristico; ai furti; agli interventi di incidenti stradali, dove spesso ci sono casi delittuosi. Insomma il Carabiniere non è la solita “barzelletta” che si racconta ma c’è una preparazione di alta specializzazione che solo grazie a loro, spesso, si fa luce a determinati crimini. E infine il Comandante Provinciale della Finanza. Spesso veniva collegato l’attività del finanziere al riscontro e alla verifica degli scontrini fiscali e non ci si accorgeva che il ruolo che assume un Corpo, come quello della Finanza, è di un rilievo tale che senza di esso mancherebbe il controllo del sistema fiscale e della vigilanza sui principali settori dell’economia. Accanto al prioritario impegno contro l’evasione fiscale, il Corpo ha sviluppato, sul nostro territorio, la propria azione anche nel contrasto al traffico di droga e alla repressione delle attività di riciclaggio di denaro sporco poste in essere dalla criminalità organizzata. Insomma la copertina di Flash vuole essere un omaggio alle massime Istituzioni del nostro territorio. Sono certo che il neo Prefetto, Dott.ssa Zarrilli, possa sviluppare il ruolo che le compete con la Sua preparazione e per l’amore che trasmette. Il Questore, Dott. De Matteis, ha dato e sta dando prova di lungimiranza e di un specifico “Suo” modo di combattere la criminalità. Nulla questio per il Comandante Provinciale dei Carabinieri, Dott. Menga, che ha dato forte impulso all’attività, in quanto ha coordinato tutti i Reparti dipendenti che hanno svolto con dedizione e abnegazione l’attività in soccorso ed aiuto ai cittadini e nel contrasto ad ogni forma di illegalità. In ultimo, ma non per ultimo, il Comandante Provinciale della Finanza, Dott. Piccinini. Grazie a lui e al Nucleo di Polizia Tributaria di Frosinone si sono potuti scoprire condotte illecite di pubblici amministratori con accertamenti di danni erariali per decine di milioni di euro. 25 anni d’informazione 7 Intervista Intervista al Prefetto di Frosinone Dott.ssa Emilia Zarrilli Era nell’aria la partenza di Eugenio Soldà per altri lidi e la nomina di Emilia Zarrilli nella nostra Sede. Dolce, nel contempo decisa, la Dottoressa Zarrilli ci riceve nel suo studio per una intervista al nostro giornale di Nicandro d’Angelo P er la prima volta una donna che veste i panni di Prefetto nel Palazzo del Governo di Frosinone. Rassicurante nell’incontro, con fiori alle sue spalle, un tocco di classe in un linguaggio aulico, un sorriso di accoglienza, un bon ton, sono stati gli ingredienti di questa intervista. Non prendo immediatamente appunti, la sto ascoltando per capire e interloquire; non vorrei sbagliare i primi passi all’incontro, né lasciare il dubbio del giornalista a caccia di notizie. Non è il mio costume, ho intervistato, quasi tutti i Prefetti che si sono succeduti, ma erano uomini; ora ho di fronte una donna che ha lasciato la prefettura di Fermo, che durante la sua permanenza è stata una figura centrale per il territorio, creando da zero, quello che oggi è l’attuale Palazzo del Governo fermano, prediligendo, per esempio, la scelta delle onorificenze per le personalità del territorio che si sono con- 8 traddistinte sul lavoro e per meriti civili. Insieme a questo si aggiunga tutto il lavoro di coordinamento in materia di sicurezza, la lotta alla prostituzione, le iniziative benefiche. Prefetto Zarrilli, innanzitutto, mi consenta, di darle il benvenuto tra noi che viene a rappresentare la nostra Provincia, in un momento delicato della vita dei cittadini e dell’economia del territorio. Prima di affrontare questo argomento, alquanto spinoso e delicato, abbiamo appreso e constatato la sua immediatezza agli incontri istituzionali, senza riserve ed orari. Onore all’incontro che lei ha avuto il 29 gennaio con il Vice Capo delle Polizia di Stato Francesco Cirillo, accompagnato dal Dirigente Superiore della Polizia di Stato, dott. Enzo Calabria, dal Generale di Brigata Luigi Curatoli dell’Arma dei Carabinieri e il questore di Frosinone Giuseppe de Matteis. Quali argomenti sono stati trattati durante il vostro incontro? “L’incontro di cortesia, avuto in Prefettura, con il Vice Capo di Polizia, con il dirigente Superiore della stessa, del Generale dell’Arma dei Carabinieri e del Questore di Frosinone, è, preliminarmente, una visita istituzionale ma soprattutto un rincontrarsi sul territorio di Frosinone dopo aver avuto con gli stessi un lungo rapporto di collaborazione al Ministero dell’Interno. Inoltre, fa sempre piacere ad un Prefetto ricevere i saluti e gli auguri per il nuovo incarico. Del resto gli argomenti che rientrano tra i compiti istituzionali vengono trattati in altre occasioni e soprattutto quando si presentano particolari situazioni che richiedono tempestivi, specifici interventi anche di coordinamento con tutte le Forze dell’Ordine sul territorio”. Nell’ambito degli incontri istituzionali di conoscenza del territorio e delle comunità locali della provincia di Frosinone, si è recata in visita a Cassino incontrando il Sindaco e gli Amministratori locali, nella sede municipale. Lei nell’incontro ha ribadito la ferma convinzione che soltanto rafforzando il dialogo tra i diversi livelli di governo del territorio, attraverso una leale e fattiva collaborazione interistituzionale, sia possibile affrontare le criticità della provincia, al fine di individuare soluzioni condivise nell’esclusivo interesse dei cittadini. In sostanza quali suggerimenti ha dato e quali aspettative? “Siamo agli inizi del mio incarico. E’ naturale che la conoscenza dei Comuni, attraverso i loro rappresentanti, può determinare un forte collante per affrontare le tematiche, cercando di risolvere le inevitabili criticità che dovessero emergere. L’incontro con il sindaco di Cassino, Avv. Petrarcone, è stato improntato ad un clima di cordialità con la promessa, a breve, di instaurare un costante rapporto collaborativo, su svariate tematiche, ad esempio, nell’immediato, ci siamo soffermati sulle iniziative per il 70° Anniversario, convenendo sulla necessità di far partecipare, in seno al comitato organizzativo dei relativi festeggiamenti, un rappresentante della Prefettura, per meglio coordinarsi sulla sicurezza dell’evento nonché sul cerimoniale”. 25 anni d’informazione A Cassino, città a rischio di criminalità, ha incontrato il Presidente del Tribunale e il Procuratore della Repubblica per un confronto sulla situazione dell’ordine e della sicurezza pubblica. Quali le risposte e le iniziative? “Con il Presidente del Tribunale di Cassino e con il Procuratore della Repubblica ho toccato punti salienti, ravvisando la necessità di un confronto più a largo raggio sulle tematiche afferenti l’ordine e la sicurezza, prevedendo ulteriori e più dettagliati incontri su argomenti specifici”. Non disdegna gli incontri con gli imprenditori e le banche. Sempre a Cassino si è incontrata con il presidente Formisano della Banca popolare del Cassinate. Quali gli argomenti trattati con il massimo vertice dell’Istituto? “L’incontro con i responsabili della Banche è importante per il ruolo che investe la Prefettura. Tutta la provincia di Frosinone risente del clima di crisi economica e strutturale che l’ha investita e che ha inciso su varie attività industriali del territorio, non escludendo anche le aziende tra le più importanti per il livello occupazionale. Mi attiverò, nei limiti della mia competenza, presso gli apparati centrali per tutte quelle situazioni di criticità che prevedono scelte di natura complessa, al fine di coordinare tavoli di concertazione con le categorie interessate, soprattutto al fine di individuare soluzioni che possano infondere speranza a quei lavoratori e alle loro famiglie che vivono in situazioni difficili. In tali circostanze gli Istituti bancari possono essere vicini alle imprese per dare ossigeno a tutto il territorio. Ho trovato un clima di interesse a questo mio “dire” al massimo livello della Banca Popolare del Cassinate; così come, anche, nell’incontro dei vertici della Banca Popolare del Frusinate. Banche, queste ultime, espressione diretta del territorio”. La Protezione Civile rappresenta un punto di forza dell’opera del Prefetto. La nostra città è in uno stato di criticità, derivante da smottamenti idrogeologici: Viale Biondi divide la città bassa da quella alta. Le caratteristiche geomorfologiche del nostro territorio sono sotto osservazione e c’è un’attenzione massima sulle procedure di attivazione e della Sala operativa del Centro di coordinamento dei soccorsi, in caso di intervento? “La Protezione Civile è un argomento serio 25 anni d’informazione e delicato. In special modo a Frosinone dove c’è una situazione molto allarmante. La frana di Viale Biondi, che divide la parte bassa da quella alta, è diventato un serio problema e farò del tutto per intervenire, nel limite delle mie possibilità, presso gli Organi centrali per un’accelerazione degli interventi. Inoltre, a mio avviso, bisogna monitorare tutta la città, con interventi mirati, per vedere dove ci sono processi idrogeologici franosi e intervenire per limitare i danni. Comunque mi adopererò per affrontare e risolvere, con gli Enti istituzionalmente preposti in materia di protezione civile, sulla base della disposizione della legge nazionale e regionale, qualsiasi problematica che possa creare pericolo per la pubblica e privata incolumità. Con senso di responsabilità assumerò opportune e tempestive decisioni per risolvere le criticità che si presenteranno di volta in volta. Emergenza povertà ed emergenza usura, quali le misure e quali i rimedi? “Il fenomeno dell’usura, presente in questa provincia, viene opportunamente contrastato dalle Forze dell’Ordine: polizia, carabinieri e finanza, con serietà portano avanti indagini su questa materia. Spesso le vittime stentano a sporgere denuncia, anche se la Prefettura è un riferimento essenziale per le stesse. Ritengo che l’informazione degli Organi di stampa possa contribuire ad una sensibilizzazione delle possibili vittime di tale reato, al fine di ottenerne la necessaria e piena collaborazione. La povertà è un altro aspetto di criticità che, purtroppo, viene pesantemente avvertito in ambito provinciale. Capita, spesso, di ascoltare gente che non può far fronte nemmeno alle primarie necessità; si è nell’impossibilità di intervenire direttamente ma si può, in ogni caso, fornire piena assistenza con l’indicazione degli organismi ed associazioni a cui rivolgersi: Caritas e/o altro”. Prefetto, come pensa di gestire l’emergenza sicurezza con le scarse risorse a disposizione? “Bisognerebbe, innanzitutto, gestire un cambiamento all’interno della Prefettura, per poi intervenire all’esterno, con maggiore capacità di incidere. La macchina operativa all’interno del mio ufficio necessita di un cambio organizzativo e generazionale. Questo, però, richiede tempo e ci vorrebbe la volontà del Governo centrale di fare nuove assunzioni, informatizzazioni che consentirebbero un salto di qualità”. La sicurezza nei luoghi di lavoro, finalizzata ad un monitoraggio di dettaglio sull’andamento del fenomeno degli infortuni sul lavoro, è nella sua agenda? “Non ho avuto ancora occasione di avere un confronto con il Responsabile dell’Ispettorato del Lavoro; l’argomento sicurezza sul lavoro deve avere una valenza centrale in questo momento storico. A volte si cerca di risparmiare sulla sicurezza, senza rendersi conto che un infortunio permanente sul lavoro costa alla società molto di più che un investimento sui controlli o sugli apparati di prevenzione”. Passiamo alle cose belle. Venerdì 10 gennaio, si è svolto in Prefettura, nell’ambito della rassegna musicale, “Ascolta la Ciociaria” un concerto che rinnova una tradizione culturale nel Palazzo della Prefettura. Lei ha scritto nella presentazione: “Sono poi convinta che iniziative importanti come “Ascolta la Ciociaria” possano contribuire a rilanciare la nostra provincia, sicura che dall’attenzione delle Istituzioni anche verso l’arte possa giungere un messaggio di impegno civile e di forte promozione culturale ….Dove la musica entra in contatto con l’eccellenze artistico-culturali del territorio”. Cosa intendeva dire? “La musica, l’arte, sono forme di espressione estetica dell’interiorità umana che producono grandi emozioni e forti sensazioni in chi le esercita e in chi ne beneficia. Far frequentare il Palazzo della Prefettura ai cittadini, programmando concerti, mostre, conferenze, vuol dire avvicinare i cittadini alle Istituzioni, anche per una affermazione del ruolo sociale della Prefettura e non solo di quello repressivo, forse più noto all’opinione pubblica”. 9 Profili e Interviste Un Questore, un Comandante provinciale dei Carabinieri e un Comandante provinciale della Guardia di Finanza uniti nella difesa del territorio di Nicandro d’Angelo N el dicembre del 2010 il Dott. Giuseppe De Matteis, proveniente da Roma, veniva inviato a Frosinone con la qualifica di Questore. In quel periodo la nostra Provincia era fortemente a rischio per traffici di stupefacenti, sulla rotta Roma/ Napoli e infiltrazioni camorristiche. Lo stesso Manganelli, ci sembra, l’abbia voluto a Frosinone, per la sua alta esperienza nel settore dopo le grandi operazioni condotte negli anni 90/99 tra Milano e Reggio Emilia, potenziando a Frosinone le risorse investigative. In questi tre anni ha inflitto duri colpi a narcotrafficanti internazionali con sequestri di stupefacenti di eccezionale consistenza. Mentre prima si registravano sequestri di droghe per 300 grammi di media all’anno, e ne circolava, ora, grazie a una forte e attenta fase di investigazione, si è arrivati a circa due tonnellate l’anno. Già nel gennaio di quest’anno sono state sequestrate oltre una tonnellata di stupefacenti. Per quanto riguarda la lotta all’infiltrazione mafiosa/camorristica, dopo due anni di indagini, sono avvenute le prime due operazioni contro i clan mafiosi con oltre cinquanta arresti 10 in tutta Italia, sgominando il clan Cursoti di Catania che riciclavano, tramite sale da gioco, i proventi di attività delittuose quali l’usura, estorsioni e rapimenti. Operazione di alta chirurgia investigativa quella effettuata il 9 dicembre 2013 contro Giuseppe Perfetto del clan dei Casalesi di Mondragone. Questo clan operava da anni contro imprenditori che erano costretti al pagamento “Pizzo” e i soldi venivano riciclati nella produzione casearia tra Caserta-Napoli-RomaMilano e Reggio Emilia. Sono stati sequestrati in questa operazione oltre dieci milioni di euro in beni immobili, valori in cassette di sicurezza (gioielli), macchine di grosse cilindrata e aziende. Una domanda. Dottor De Matteis si sente soddisfatto dei risultati raggiunti? “I risultati sono buoni, ma non bisogna mai abbassare la guardia. Gli agenti che operano in questa Questura sono altamente specializzati per combattere il fenomeno mafioso, che negli anni passati ha avuto una continua crescita sul nostro territorio. Grazie, anche alle altre forze dell’ordine, Carabinieri, Guardia di Finanza e l’Osservatorio della Prefettura, si è deciso di agire in sinergia per combattere le attività malavitose”. Il comandante Provinciale dei Carabinieri, Colonnello Antonio Menga, illustrando i risultati operativi 2013ha detto: “Diminuiscono i reati, aumentano le persone denunciate”. Infatti nel 2013 sono stati denunciati a tutte le Forze di Polizia 13.028 reati contro i 14.117 del 2012. L’Arma dei Carabinieri nel 2013 ha proceduto per 11.088 reati contro i 10.674 dell’anno precedente. Degli 11.088 delitti segnalati, 3.970 sono quelli per i quali sono stati individuati gli autori. Nel corso dell’anno tutti i reparti del Comando Provinciale hanno complessivamente tratto in arresto 730 persone e ne hanno denunciate in stato di libertà 4.381. Anche nel 2013 sono state condotte brillanti operazioni che hanno portato alla cattura di numerosi soggetti appartenenti a sodalizi criminosi. C’è da segnalare – ha proseguito Menga- che si riscontra la diminuzione del numero delle rapine che passano dalle 97 del 2012 alle 84 del 2013, di queste ultime 36 sono state scoperte. Il numero delle denunce di usura è passato da 7 dello scorso anno a 5 con 2 persone arrestate e 2 denunciate in stato di libertà. In merito a tale delitto va tuttavia precisato che ci sono ancora resistenze da parte delle vittime a segnalare le vicende in cui risultano coinvolte. Per quanto concerne i furti, il dato complessivo dell’anno 2013 è di 4.022 furti denunciati all’Arma rispetto ai 3.769 dell’anno precedente, di cui 342 scoperti. Vi è stato un incremento dei furti in abitazione, passati da 835 a 889 mentre sono calati quelli di autoveicoli passati da 276 a 214 ed i furti in esercizi commerciali passati da 333 a 307. Molto intensa è stata l’attività antidroga nell’anno 2013. Sono stati perseguiti 144 reati e arrestate 90 persone. Sono state incrementate le attività inve- 25 anni d’informazione stigative di contrasto al grosso traffico di sostanze stupefacenti con il sequestro di ingenti quantità di droga (cocaina ed hashish in particolare). Si è proceduto, in taluni casi anche in collaborazione con altre Forze di Polizia, a controlli straordinari con perquisizione di blocchi di edifici di interi quartieri ove particolarmente attiva era stata riscontrata l’attività di spaccio (incisiva e proficua è stata l’attività svolta nel capoluogo congiuntamente alla Polizia di Stato). Speciale interesse è stato dedicato, inoltre, alla prevenzione di infiltrazioni di tipo camorristico sul territorio, in collaborazione con il ROS. Da qui il monitoraggio, attraverso lo strumento delle misure di prevenzione personali e patrimoniali, di attività e iniziative imprenditoriali e commerciali sospette nonché il controllo costante di soggetti d’interesse operativo che, provenienti dalla Regione Campania e/o da altre aree geografiche sensibili sotto il profilo della criminalità organizzata. In grande considerazione sono stati tenuti, inoltre, alcune tipologie di reato, si pensi al gioco d’azzardo, all’abuso di alcol, alla tossicodipendenza, alla violenza alle donne. Ad ognuna di tali emergenze l’Arma ha dedicato qualificate risorse e garantito puntuali interventi. Sono stati intensificati i controlli agli esercizi commerciali che gestiscono slot machine e ad ogni altro luogo. In ultimo, ma non di meno importanza, l’attenzione è stata dedicata alla tutela ambientale. Notevole, infatti, è stata l’azione di controllo svolta d’iniziativa o su delega dell’A.G. sul conto di obiettivi ritenuti di interesse perché a maggiore rischio per l’ambiente. Sono state eseguite 170 ispezioni che hanno portato alla denuncia in stato di libertà di 205 persone, all’individuazione di 56 discariche abusive, nonché al sequestro preventivo di aree/siti industriali. Comandante si ritiene soddisfatto? “Soddisfatto non si è mai nel nostro lavoro. Invece sono contento dei risultati ottenuti in quanto tutti i Reparti dipendenti hanno svolto con dedizione ed abnegazione nell’attività in soccorso ed aiuto ai cittadini e nel contrasto ad ogni forma di illegalità. Quindi, visto i risultati ottenuti, anche per l’anno in corso sarà confermato il progetto “Cittadino sicuro ed informato”. 25 anni d’informazione Roberto Piccinini, arriva a Frosinone, quale Comandante Provinciale nel settembre 2011. Una lunga carriera che parte da Tarvisio nel 1990, quale Comandante della II sezione operativa, a Comandante di Compagnia di Pesaro (1995-2000); Comandante del Nucleo Polizia Tributaria, stessa città, dal 2000 al 2002; transitando in quella di Milano fino al 2005 e poi a Comandante del Gruppo investigatori sulla criminalità organizzata del Nucleo di Polizia tributaria di Roma, dal 2008 al 2011. Temuto ma amato. Piccinini racchiude in sé doti di fermezza nell’espletamento del suo mandato, ma nel contempo uomo sensibile e attento alla società dove opera. In questi due anni ha condotto operazioni di grande rilievo. Basti ricordare l’operazione denominata “Off Site” eseguita dalla Brigata di Ceprano nei confronti di 7 società, intestate ad ultraottantenni teste di legno, conclusa con il recupero a tassazione di una base imponibile di euro 100 milioni al fine di imposte sui redditi e di euro 13 milioni ai fini dell’Iva. E poi tutti ricorderanno l’operazione “Casa dolce casa” condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria di Frosinone nei confronti di un’impresa edile del capoluogo che aveva omesso di presentare dichiarazioni fiscali, conclusa con il recupero a tassazione di una base imponibile ai fini delle imposte sui redditi per oltre 26 milioni ed un’Iva per oltre 1 milione. L’operazione “Champagne” per un sequestro di 20 milioni di euro; e poi “Legno pulito” con l’arresto di due imprenditori, con società in Alatri, responsabili della bancarotta fraudolenta per oltre 45 milioni. Cosa dire dell’individuazione di condotte illecite dei pubblici amministratori nel delicato settore della tutela della Spesa Pubblica e della lotta agli sprechi di denaro pubblico, con conseguente accertamento di danni erariali per circa 25.000.000 nei confronti di 87 persone segnalate alla Corte dei Conti? “A riguardo - continua il Comandante - l’operazione eseguita dal Nucleo di Polizia Tributaria di Frosinone nei confronti del Comune di Frosinone per la costruzione del parcheggio multipiano rilevando irregolarità per un danno erariale di euro 4.500.000 e la denuncia alla Corte di Conti di 11 persone”. Altre importanti operazioni, che a noi preme riportare, la lotta al fenomeno della criminalità organizzata nel nostro tessuto economico con accertamenti patrimoniali nei confronti di 133 soggetti, 50 dei quali destinatari di provvedimenti di sequestro di beni mobili e immobili per diverse centinaia di milioni di euro. L’operazione si è chiamata “Game Over” dove insieme alla Squadra Mobile di Frosinone hanno sgominato un’associazione a delinquere riconducibile ai “Casalesi” e con collegamenti alla cosca mafiosa “Santapaola” di Catania che gestivano numerose società di scommesse e installazione di slot machine tra le quali la sala Bingo di Ferentino. Al termine dell’operazione sono stati effettuati 5 arresti per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso e intestazione fittizia di beni. Comandante Piccinini, grosse operazioni in questo territorio, ma quali interventi, sono stati finalizzati, per lo sfruttamento della prostituzione e l’usura? “Questa è una grave forma di criminalità, particolarmente sentita sul territorio. In due distinte operazioni il Nucleo PT di Frosinone ha arrestato una persona per usura e quattro persone per sfruttamento della prostituzione, pervenendo al sequestro di beni per un ammontare complessivo di oltre un milione di euro rappresentante il profitto dei reati”. Questi profili dei tutori dell’ordine pubblico e le loro operazioni compiute, per la salvaguardia del nostro territorio e l’incolumità di noi cittadini, devono farci riflettere: bisogna operare con loro per il bene comune. 11 Elezioni Europee Intervista all’Onorevole Francesco De Angelis europarlamentare PD di Grey Estela Adames norevole De Angelis, le elezioni europee sono alle porte: conta di vivere una nuova esperienza a Bruxelles o ritiene di aver concluso il suo lavoro di europarlamentare? “Dopo cinque entusiasmanti anni vissuti tra la Ciociaria, Bruxelles e Strasburgo, posso dirmi più che soddisfatto dell’esperienza personale e politica. Oggi l’Europa è uno snodo politico, istituzionale e amministrativo cruciale per il futuro dei nostri territori. E allora esserci, in Europa, vuol dire contare di più nelle scelte che incideranno sulle vite di tutti noi. Sono a completa disposizione del Partito ma è chiaro che credo valga la pena riprovarci: non tanto per me, ma per il nostro territorio. E’ con questo spirito che intendo ricandidarmi, per portare avanti il lavoro di questi anni al servizio della nostra gente”. O La sua ricandidatura fonda su un sostegno unitario del PD che riesce a superare le diatribe provinciali dell’ultimo periodo? “Sulla mia candidatura, al di là delle diverse sensibilità presenti nel PD, spero vi sia un sostegno unitario e convinto di tutto il Partito, anche perché voglio rappresentare e portare in Europa gli interessi della nostra terra. In merito al PD di Frosinone, ora è necessario portare rapidamente a ter- 12 mine il congresso della Federazione perché abbiamo bisogno, mai come in questo momento, di una direzione politica forte, prestigiosa, unitaria e collegiale. Ripeto, al di là del risultato congressuale, dobbiamo lavorare per un governo unitario del PD”. Come giudica il lavoro della nuova amministrazione della Regione Lazio guidata da Zingaretti? “Zingaretti sta lavorando molto bene. Nel primo periodo ha impresso una svolta decisa: tagli ai costi della politica, sburocratizzazione dell’ente, progetti innovativi per lo sviluppo. Anche sulla sanità Zingaretti ha più volte ribadito che il suo piano di rientro non sarà fatto solo di tagli ma anche di investimenti: via le macroaree, sì al progetto delle case della salute. Senza contare che Zingaretti sta svolgendo un lavoro straordinario sui fondi europei. Tutte le risorse destinate alla Regione Lazio dalla UE nel 2013 sono state impiegate e neanche un euro tornerà a Bruxelles. Il Lazio è inoltre l’unica Regione in Italia a essersi attrezzata per l’attuazione del programma ‘Youth Guarantee”, strumento importante per rilanciare l’occupazione giovanile. Infine, proprio in questi giorni, è stato presentato il “Pacchetto lavoro” che prevede una riorganizzazione radicale della governance che guarda alla tutela dei diritti dei lavoratori, all’occupazione giovanile e femminile, alla trasparenza e a un ripensamento radicale del sistema dei tirocini. Zingaretti sta gettando le basi per la ripartenza della nostra Regione”. I ritardi di pagamento alle imprese stanno diventando un vero problema. L’UE ha fatto di questo tema una priorità, può spiegarci come è intervenuto in merito? “Sono stato proprio io il relatore per la commissione industria della nota direttiva di contrasto ai ritardi nei pagamenti, una direttiva che ha una importanza ed un impatto notevole, studiata per cercare di porre rimedio ad un grave problema che si evidenzia in alcuni Paesi membri, tra cui purtroppo l’Italia, e che mette a rischio l’intera economia delle nazioni poiché toglie ossigeno e liquidità alle imprese. Sebbene approvata a larga maggioranza dopo un lavoro che mi ha impegnato per due anni di mandato, la direttiva resta drammaticamente inapplicata proprio in Italia. E l’Italia continua a essere maglia nera in Europa in fatto di pagamenti certi da parte delle pubbliche amministrazioni. Ora scatteranno le multe dell’UE, perché l’Italia come tutti gli altri Paesi membri è tenuta a trasformare quella direttiva in legge, cioè a far rispettare il limite massimo di 30 25 anni d’informazione giorni lavorativi per i pagamenti da pubblica amministrazione a fornitori e prestatori di servizi. Su questo tema, il nuovo Governo deve intervenire ed invertire la rotta per far rispettare le direttive UE”. Come si può lavorare in Europa per il nostro territorio? “In tante forme ed in tanti modi, perché l’Europa è più vicina di quello che uno è portato a pensare. Spesso, subiamo proprio le decisioni di Bruxelles e quindi è fondamentale avere in quella sede forza e rappresentante. I fondi europei, soprattutto in questi periodi di crisi, sono le uniche risorse certe, per lo sviluppo, per la crescita e per l’occupazione. In questi anni ho avuto il privilegio di essere stato uno dei soli due eurodeputati italiani che hanno fatto parte del team del Parlamento europeo che ha negoziato con la Commissione e il Consiglio le modalità di accesso a quasi 400 miliardi di euro di investimenti europei per i territori, ovvero la cosiddetta programmazione europea dei fondi strutturali per il periodo 2014-2020. Avere un ruolo così importante nei negoziati mi ha permesso di rafforzare il nesso tra l’offerta e la domanda di più Europa: da una parte l’offerta, ovvero i fondi UE con i loro stringenti requisiti; dall’altra la domanda, che si basa sulle potenzialità e la progettualità dei nostri territori, Ciociaria compresa. Ecco un esempio pratico e concreto di come si incide dall’Europa per il nostro territorio”. Negli ultimi mesi si è fatto un gran parlare di fondi europei e possibilità che arrivano dall’Ue: cosa, a suo avviso, non viene recepito in Italia? “In Italia non viene capito il grado di concorrenza che esiste a livello europeo anche 25 anni d’informazione sull’attribuzione dei fondi. Quei fondi non sono certi: vanno attribuiti con dei bandi che richiedono agli enti candidati capacità di visione, sviluppo di competenze, valorizzazione delle vocazioni territoriali. Noi molto spesso invece ci presentiamo dalla Commissione Europea a Bruxelles con il cappello in mano, non sapendo neanche sviluppare una idea, dare gambe a un progetto di sviluppo. Chiediamo a Bruxelles di dirci cosa bisogna fare per avere le risorse, mentre quello che si aspetta la Commissione e’ esattamente il contrario: chiedere alla Commissione di darci delle risposte su delle idee di sviluppo coraggiose e innovative”. Ci può dire un altro provvedimento europeo di cui va fiero? “Sono stato uno dei cinque firmatari, e unico italiano, della risoluzione che ha definitivamente abrogato l’Accordo internazionale anti-contraffazione che equiparava le organizzazioni criminali dedite allo smercio di merci contraffatte provenienti da Paesi terzi ai singoli utenti di internet, spesso giovanissimi, che scaricano illecitamente qualche contenuto coperto dal diritto d’autore. Non si può accusare di reati gravi come l’organizzazione criminale una persona che su internet magari scarica un file solo per ascoltarlo. Va bene la lotta alla pirateria, ma nelle forme e nei modi idonei. Se dovesse darsi un voto come parlamentare europeo, quale si assegnerebbe? “Non dovrei essere io a darmelo, ma gli elettori. Posso solo dire di aver svolto il mio compito con il massimo impegno, come ho sempre fatto in passato e lo testimoniano i più di 90 interventi in plenaria, le decine di rapporti parlamentari gestiti in prima fila, l’assiduità nelle commissioni e l’altissima presenza nelle sedute parlamentari. Una cosa è certa: non posso essere rimproverato di assenteismo. Ho svolto il mio incarico in pieno e fino in fondo”. La sua candidatura ulteriore corona una carriera politica già piena di successi, cariche ed esperienza: non ritiene che debbano essere posti dei limiti al numero di incarichi elettivi dei rappresentanti del Pd per far spazio alle nuove leve? “Sì, tanti successi, per un’esperienza esaltante e carica di forte passione politica. A 54 anni posso dire che per me la politica è stata anche palestra di vita. La politica, la buona politica, quella al servizio dei cittadini, delle istituzioni e del Paese. I miei successi sono stati sempre conquistati sul campo, sono stato sempre eletto con le preferenze, in un rapporto stretto e diretto con i cittadini e gli elettori. Oggi la politica deve ritrovare e riscoprire le vere finalità, quelle legate ai bisogni della persona umana. Proprio per questo sento un’esigenza di rinnovamento della politica e dei partiti, un rinnovamento che deve innanzitutto restituire ai cittadini il potere di scelta del governo e dei loro rappresentanti. Il rinnovamento è sempre stato il mio obiettivo: dare spazio alle nuove leve. Per me non è una frase fatta, ma una scelta praticata e dimostrata concretamente, come testimoniano le elezioni di Mauro Buschini alla Regione Lazio e di Maria Spilabotte al Senato”. 13 Intervista Intervista al Prof. Fiorletta, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Frosinone L’ Accademia di Belle Arti di Frosinone, trova i suoi presupposti nella stretta correlazione tra il “fare come sapere” e l’attività creativa che è elemento connotativo delle arti visive. Tanto più che nel nostro comprensorio l’Accademia, si è dotata di corsi istituzionali che sono fiore all’occhiello ed è divenuta centro regionale per l’arte contemporanea e, in quell’ambito, struttura di maggior rilievo nell’Italia centrale. Da quelle aule, da quei banchi, da quelle mura, sono usciti una parte dei pittori, quali Federico Gismondi, Vincenzi Bianchi, Italo Palumbo, Adolfo Loreti, Fernando Rea, Emanuele Floridia, tanto per citarne alcuni, i cui capolavori sono stati apprezzati nell’intera Italia e all’estero per la loro originalità della ricerca e la nuova impostazione del processo raffigurativo. Le gallerie sono state la loro prova di eccellenza e i critici d’arte hanno potuto apprezzare la valenza della loro arte. Ora la nostra Accademia si vestirà di un nuovo abito “nuziale”; quello del Tiravanti. E’ di qualche giorno che è stato completato la congruità tecnica del progetto di ristrutturazione e il Comune potrà procedere alla gara di appalto. Questo è un sogno cullato dal collega, compianto, giornalista Paolo Pesci, che ho avuto la fortuna di avere nella mia Redazione, e che dopo il praticantato, è diventato giornalista, e che fece lunghe battaglie per avere l’Accademia a Frosinone e così, nel lontano marzo del 1973, questa poteva incominciare. Oggi, un altro sindaco, Nicola Ottaviani, ha completato l’iter per avere una sede dignitosa e superba, quale il Tiravanti, e scongiurare la stessa verso altri lidi. di Nicandro d’Angelo L’intervista Professor Fiorletta, l’Accademia di Frosinone è diventata fiore all’occhiello della città e occupa grande prestigio tra le Accademie vasariane italiane. A cosa si deve? “Sempre più spesso l’attenzione di quanti operano nel campo dell’arte contemporanea è rivolta alle esperienze dei giovani e conseguentemente ai luoghi dove avviene la loro formazione. A guidarli è l’intenzione di operare lì dove nulla può essere dato per scontato, ma soprattutto la necessità di comprendere come la creatività possa trasformarsi in ricerca artistica, sviluppando innate propensioni caratteriali. Il luogo deputato affinché il talento possa diventare professionalità è l’Accademia di Belle Arti: essa, infatti, rappresenta l’unico luogo istituzionalmente riconosciuto, in cui le pulsioni creative possono trasformarsi concretamente in linguaggio artistico”. Attualmente le Accademie di Belle Arti 14 sono inquadrate nell’ambito universitario e nel settore dell’arte formazione artistica e musicale; questa equiparazione alla laurea universitaria è un giusto riconoscimento? “È un riconoscimento dovuto, che permette un’equiparazione dei titoli a livello europeo e la conseguente circolazione delle professionalità. È importante però riuscire a mantenere l’identità storica, pur cogliendo tutte le sfide che il presente pone. Non bisogna cioè dimenticare che insegnare l’arte comporta problematiche completamente diverse da altri insegnamenti, tanto che operatività laboratoriale e teoria sono inscindibili e indispensabili: è importante quindi mantenere sempre il giusto equilibrio”. L’Accademia che lei dirige, accanto ai quattro corsi istituzionali tradizionali di Pittura, Scultura, Decorazione e Scenografia quali altri ne compendia? “L’Accademia di Belle Arti di Frosinone, accanto ai quattro corsi istituzionali tradi- zionali ha istituito i corsi di Grafica, Multimedia, Fashion Design e Graphic Design. Per ogni indirizzo sono attivi corsi di Diploma Accademico di Primo Livello triennali e corsi di Diploma Accademico di Secondo Livello biennali. L’apertura dei nuovi indirizzi e l’inserimento di insegnamenti collegati alla sperimentazione dei nuovi linguaggi tecnologici e multimediali ha permesso non solo di ampliare l’offerta formativa ma di meglio rispondere ai bisogni del territorio, del mondo imprenditoriale e dei nuovi orientamenti legati alle professioni emergenti nel campo delle arti visive”. Grazie a questa Amministrazione comunale e alla forte presenza del sindaco Ottaviani, è stata data una nuova sede di alta risonanza, quale spetta, a questa Università: il Tiravanti. E’ soddisfatto e quando ci sarà il trasferimento? “L’istituzione che dirigo, dopo anni di grandi difficoltà, legate soprattutto alla mancanza di spazi idonei alla didattica, ha recentemente ottenuto, grazie all’impegno dell’amministrazione Ottaviani, una sede adeguata, il palazzo del Tiravanti, con l’obiettivo di affermare con rinnovata energia e ferma determinazione la propria centralità in un territorio che necessita di input e soprattutto di occasioni di sviluppo. Spero vivamente che il prossimo anno accademico possa iniziare nella nuova sede, grazie anche all’impegno costante del nostro Presidente Remo Costantini, in occasione del quarantennale della nostra istituzione”. Leggevo in una sua nota: “La ricerca artistica va sapientemente nutrita per creare un equilibrio tra teoria e prassi” a cosa si riferiva?” “Naturalmente, a quella complessità a cui facevo cenno più sopra. In una società come la nostra, il ruolo dell’arte sembra essere marginale, eppure sempre più spesso si prende coscienza della sua asso- 25 anni d’informazione luta centralità, ma anche inevitabilmente del rischio di una omologazione agli standard dal mercato culturale e alle leggi del conformismo estetico. La formazione artistica deve saper alimentare la naturale creatività ma anche far sì che essa si trasformi in arte, fornendo strumenti cognitivi adeguati. Infatti, le Istituzioni di Alta Cultura, di cui le Accademie italiane fanno parte, non devono solo formare professionisti nel campo delle arti visive, ma anche gli artisti dell’immediato futuro”. Curriculum vitae nato ad Alatri (FR) nel 1953. Residente a Frosinone. Docente di prima fascia alla cattedra di Decorazione e Allestimenti Museali; Coordinatore e Docente della Scuola di Specializzazione in Eventi Artistici e Culturali, nell’Accademia di Belle Arti di Frosinone. Esperienze amministrative Attualmente ricopre la carica di Direttore nell’Accademia di Belle Arti di Frosinone. Ha ricoperto la carica di membro del Consiglio di Amministrazione nell’Accademia di Belle Arti di Frosinone per vari anni quale rappresentante dei docenti. Principali attivita’ espositive È’ il referente in Italia, per la promozione culturale dell’opera di Joan Miró, della Successió Miró di Palma de Mallorca, della Fundació Joan Miró di Barcellona e della Fundació Tallers J. Llorens Artigas di Gallifa. Curatore della Rassegna Internazionale d’Arte Contemporanea “Incontro Giovani Artisti” dal 1986 (11 edizioni annuali di cui 5 internazionali) manifestazione ideata per la promozione delle nuove generazioni artistiche. Membro della Commissione del Ministero per gli Affari Esteri per l’organizzazione di “Campus di giovani artisti” realizzati in ambito Internazionale con la Grecia 1986, la Polonia 1987, la Romania 1993 e la Spagna 1992 1994 1996. Organizza i due Convegni Nazionali 1987 e 1989 “Una riforma improrogabile” nel Palazzo della Provincia di Frosinone, dedicati alla Riforma Universitaria delle Accademie di Belle Arti e che contribuiranno alla definizione della Legge 508. Dal 2005 collabora con la Commissione Cultura della Fondazione Malaga per il progetto Malaga Capitale della Cultura 2016 – Spagna. 25 anni d’informazione INTERVISTA AL PRESIDENTE REMO COSTANTINI Presidente Costantini, soddisfatto della sede del Tiravanti? “Sì: dopo 40 anni di richieste, proposte, discussioni e proteste, finalmente l’Accademia di Belle Arti di Frosinone ha una sede degna di questo nome. Proprio quando stavamo per trasferirci in un altro comune della provincia, il Sindaco Ottaviani, neo eletto, mi ha contattato per comunicarmi la ferma volontà di far rimanere l’accademia a Frosinone e mi ha garantito la disponibilità del Tiravanti. Questa telefonata ha permesso alla città di Frosinone di non perdere l’accademia. E qui mi permetto di evidenziare non solo l’impatto culturale che l’Accademia ha su una città come Frosinone ma anche l’indotto economico che si genera grazie alla presenza di questa istituzione di alta formazione culturale. Quest’anno abbiamo superato 800 iscritti, di cui gran parte di fuori regione e/o di altre nazioni con necessità di risiedere a Frosinone, ed abbiamo circa 100 professori: per difetto, l’indotto economico supera il milione di euro”. Ha mai pensato che il progetto combinato con il sindaco Ottaviani potesse essere realizzato? “Sì, sin dalla prima telefonata. Conosco il Sindaco da tempo ed apprezzo il coraggio e la tenacia nel portare avanti le idee. Sicuramente ha dovuto gestire situazioni non semplici per arrivare alla concessione gratuita dell’immobile, ma ha dimostrato che anche in politica se si crede in un progetto lo si può realizzare”. C’è stata un’ intesa tra l’Accademia di Frosinone e il Ministero della Pubblica Istruzione, dell’Università e Ricerca, per l’iter e un massiccio contributo per la ristrutturazione del Tiravanti, a quanto ammonta? “Qui voglio pubblicamente ringraziare il Dr. Bruno Civello, già direttore generale dell’AFAM, persona squisita. Quando, nel 2010, sono stato nominato Presidente mi conferì l’incarico di risolvere l’annoso problema della sede dell’Accademia anche perché, senza una sede entro la fine del mio mandato, l’Accademia di Frosinone avrebbe corso il rischio di essere soppressa. Subito accettai la sfida chiedendo, però, l’impegno del Ministero a sostenere i costi di un’eventuale ristrutturazione. Dopo due anni da quel giorno, quando ho avuto la certezza di poter disporre del Tiravanti, ho ricordato al Dr. Civello l’impegno verbale preso: ebbene, il Dr. Civello ha sottoscritto immediatamente la convenzione con la quale il Ministero si è impegnato a ristrutturare il Tiravanti e nel giro di un mese ha fatto subito stanziare una tranche di € 600.000,00. L’intera opera di ristrutturazione dovrebbe attestarsi su € 1.300.000,00”. Ora che avrete una nuova Sede, secondo lei ci può essere una maggiore affluenza di iscritti? “Certamente: non solo potremo avere maggiori iscritti per i corsi già in essere, ma possiamo anche istituire nuovi corsi. La fortuna dell’Accademia risiede nel Direttore, Prof. Luigi Fiorletta, e nei docenti, tutti preparatissimi e appetiti da altre accademie. Calcoli che non è infrequente che professori di altre accademie mandino i propri figli qui a Frosinone proprio per la qualità dei nostri docenti”. Lei ha scritto: “La società di oggi richiede, infatti, professionalità capace di coniugare la tradizione con le tendenze più innovative al fine di cogliere nuove opportunità e creare interessanti sbocchi professionali e artistici”, a cosa alludeva? “L’arte, e di conseguenza anche il suo insegnamento, nel corso degli ultimi decenni ha subìto innumerevoli trasformazioni: basti pensare l’impatto che internet ha avuto nel mondo dell’arte con la nascita di nuove professioni. L’Accademia di Frosinone sta cercando non solo di seguire queste evoluzioni ma anche di anticipare i nuovi scenari per preparare i professionisti di domani. La tradizione data dall’enorme patrimonio culturale ed artistico italiano deve trovare nuova vita anche grazie alle tecnologie innovative di questi ultimi anni: la nostra sfida è proprio questa, unire l’arte “classica” e le nuove tecnologie al fine di formare nuovi artisti”. 15 L’Opinione di Gabriele Sabetta Washington e Berlino fomentano la guerra civile in Ucraina I recenti avvenimenti in Ucraina dimostrano che i leader di Washington, Berlino e Bruxelles sono pronti a dividere un Paese, guidarlo nella guerra civile e rischiare un incendio in tutta la regione per raggiungere i loro obiettivi geopolitici. Dopo il fallimento dell’opposizione “pacifica” (e dei suoi sostenitori occidentali) per rovesciare il presidente Viktor Yanukovich e sostituirlo con un governo UE-friendly, bande armate “fasciste” si sono mobilitate per raggiungere lo stesso risultato. Nei giorni del 18 e 19 febbraio scorso, Kiev ha visto gli scontri più sanguinosi da quando le proteste sono iniziate – circa tre mesi fa. Decine di persone, tra cui diversi poliziotti, sono state uccise e un migliaio sono rimaste ferite quando bande armate di sampietrini, pistole e bombe incendiarie hanno dato vita a battaglie in strada con le forze di sicurezza governative. Anche i media occidentali, che hanno inscenato una fitta propaganda a sostegno dell’opposizione, non potevano ignorare del tutto il ruolo delle forze di estrema-destra nelle proteste violente. I governi statunitense e tedesco hanno sostenuto questi gruppi paramilitari al fine di aumentare la pressione su Yanukovich e il suo governo. Un video che circola nel web mostra un agente della CIA catturato negli scontri, dando prova che il governo degli Stati Uniti sta fomentando la rivoluzione in Ucraina – come già fatto in Libia, in Egitto, in Siria e in numerosi altri luoghi del pianeta. Del resto, dopo tre visite in Ucraina in cinque settimane, Victoria Nuland – sottosegretario di Stato nell’amministrazione Obama – aveva spiegato in una riunione, ripresa e postata su YouTube, che negli ultimi due decenni gli Stati Uniti hanno speso cinque miliardi di dollari per sovvertire l’ordine democratico in Ucraina, e assicura i suoi ascoltatori che ci sono uomini d’affari di primo piano e funzionari governativi che sostengono il progetto statunitense di strappare l’Ucraina dal suo storico rapporto con la Russia e portarla nella sfera di interesse degli Stati Uniti tramite il servo sciocco UE. Il fatto che Berlino e Washington siano pronti a sfruttare i servizi di bande paramilitari per raggiungere i propri fini 25 anni d’informazione espone all’accusa di menzogna la propaganda ufficiale, in cui si afferma che in Ucraina è in discussione lo Stato di diritto e la “democrazia”. In realtà, lo scopo è quello di sostituire il regime di Yanukovich con un altro che si allontanerà dalla Russia ed imporrà politiche di austerità brutali ai lavoratori ucraini sotto il tallone dell’Unione Europea. Yanukovich, alla fine, si è inchinato alle richieste dell’opposizione filo-occidentale – firmando un accordo per limitare i suoi poteri e proclamare elezioni anticipate. Washington ha applaudito l’esito della crisi di Kiev, rilasciando una dichiarazione attestante che l’amministrazione Obama accoglie con favore l’accordo, definendolo coerente con quello che la Casa Bianca aveva sostenuto, evidenziando così la politica sconsiderata delle potenze imperialiste che hanno lavorato con i gruppi armati per guidare l’Ucraina e l’intera regione sull’orlo della guerra civile. Nel novembre dello scorso anno, Yanukovich aveva annullato la firma di un accordo di associazione con l’Unione Europea all’ultimo minuto, avvicinandosi alla Russia. Da allora, la Germania e gli Stati Uniti hanno sistematicamente cercato di destabilizzare e dividere l’Ucraina, dove le tendenze separatiste stanno ora alzando la testa (la città occidentale di Lvov, il centro del nazionalismo ucraino, si è dichiarata auto- noma). Ciò solleva la possibilità di un intervento militare russo: se Mosca si trovasse sul punto di perdere la base navale in Crimea, si muoverà per proteggere i propri interessi, come accadde in Georgia nel 2008. La battaglia per l’Ucraina è parte degli sforzi degli Stati Uniti e delle potenze europee per incorporare tutta l’Europa orientale nella loro sfera di influenza e isolare la Russia. Questo processo è iniziato con la restaurazione del capitalismo, proseguito con l’incorporazione dei Paesi dell’ex blocco orientale nella NATO e nell’UE e viene ora ad essere esteso a gran parte dell’ex Unione Sovietica. L’Ucraina, con la sua rete di gasdotti, basi militari strategicamente importanti ed una ricca industria pesante, è un obiettivo dell’imperialismo americano ed europeo. L’Ucraina servirà anche come base per spingere altre ex repubbliche sovietiche nella sfera di influenza dell’UE. Il popolo ucraino non può correre questi pericoli – una guerra con la Russia e l’affievolimento dei suoi diritti civili e sociali – ma non può neanche sostenere il campo di Yanukovich: il suo regime è corrotto e sull’orlo della bancarotta, e rappresenta una diversa fazione di oligarchi rispetto a quelli che appoggiano l’opposizione. Sono tutti d’accordo quando si tratta di saccheggio di proprietà pubbliche e impoverimento della popolazione attiva. 17 L’Opinione di Massimo Sergio IL DECALOGO DEL SINDACO Ovvero la filosofia del “tu” Q uesta volta, secondo il mio modesto parere logicamente, il signor Sindaco di Frosinone ha toppato! Ma non per sua dabbenaggine visto e considerato che lo stesso è un avvocato di rilievo ed è sempre stato sulla cresta dell’onda popolare. Forse perché si è dovuto uniformare a disposizioni imposte dall’Alto della Burocrazia, o per qualche altra valida ragione, Egli ha diramato, in ambito interno, una specie di “sacre tavole” alla Mosè, contenenti norme di comportamento da parte dei dipendenti comunali tutti, come un galateo burocratico buono per tutte le evenienze e per tutte le stagioni, ma soprattutto nei rapporti con il pubblico. S’intende che questo è avvenuto non solo nel capoluogo ciociaro ma un po’ per tutta l’Italia, pensando forse i nostri governanti che gli impiegati comunali, ma non solo loro credo, siano in maniera disdicevole scarsi in educazione e public relation (si legga pàblic relèscion perché è inglese) e che quindi si comportino nei confronti della clientela o con supponenza o con troppa familiarità. Forse il Primo Cittadino dimentica, ma non soltanto lui, che le nostre stirpi erano volsche ed erniche scontratesi in secoli lontani con Roma e la sua mano armata e quindi con la sua civiltà e la sua vita quotidiana. Dalla supremazia latina si ricava che i ciociari hanno da sempre dato del tu al proprio prossimo, in qualsiasi tipo di rapporti. I consoli, i senatori, i magistrati, gli imperatori usavano il tu e venivano apostrofati e ricambiati allo stesso modo. L’egregio avv. Nicola Ottaviani, che, come sappiamo e come diciamo noi frosinonesi, ha frequentato le scuole alte, vale a dire quel beneamato e vituperato liceo classico Norberto Turriziani, che si staglia ancor oggi maestoso nel panorama, sul 25 anni d’informazione Un somaro che si corica, somaro si desta! (proverbio popolare) colle della Prebenda, e sa di latino e di greco per averlo in profondità studiato. Quindi sa come sarà difficile da parte della classe impiegatizia comunale passare di punto in bianco dal tu al Lei, se non al Voi, borbonico retaggio! Ma in fin dei conti essendo Frosinone una cittadina, che quotidianamente perde nuclei familiari a favore dell’hinterland, e sta diventando sempre più paesotto, riferendoci al decremento demografico appena riferito, ci si incontra per strada o in altri luoghi e perciò ci si conosce un po’ tutti, è normale quindi darsi del cordiale ed affettuoso “tu” piuttosto che lo scostante “Lei”. D’altronde il ciociaro nel suo archetipo ha una indole, un carattere che lo diversifica profondamente da altre popolazioni. Tanto che lo scrittore calabrese Corrado Alvaro affermava, in alcuni suoi scritti, che “era sempre presente , appena usciti dalla cerchia delle antiche mura, l’impressione che attorno a Roma vivesse una popolazione assai simile a quella del Lazio primitivo, piuttosto brusca e rude”, anche se poi aggiunge qualcosa di positivo: “Bruschi e realistici, pratici, industriosi”. Bisogna sottolineare che tutti quelli che hanno descritto il ciociaro non hanno tenuto nel debito conto del suo profondo legame con la terra natìa, come un “inscindibile e vero complemento del suo essere, della sua anima: impossibile per lui separarsene se non a prezzo di indicibili sofferenze”; e questo lo scrive l’amico Marcello Fiorimanti nel suo libro “Ciociari!” edito ormai ben venticinque anni or sono. E non possiamo esimerci dal riportare, in queste poche righe, il pesante giudizio (io lo chiamerei: pregiudizio!) dello storico tedesco Ferdinando Gregorovius, in Passeggiate italiane, fatto proprio e che già al suo tempo era molto diffuso “sì che il nome ciociaro è disprezzato e viene persino usato talvolta ingiuriosamente”, e ancor più, “mi ricordarono che mi trovavo nel “Latium ferox” di Virgilio, la cui forte popolazione ha mantenuto la sua caratteristica anche durante tutto il Medioevo”. Il poeta latino Virgilio (Vergilius) aveva ben donde di descrivere come “ferox” il Lazio perché coloro che l’abitavano erano gli Ernici e i Volsci ma soprattutto i bellicosi Equi, il cui ricordo era ancora vivo nella memoria. Ma anche il conterraneo Anton Giulio Bragaglia non fa mancare il suo pensiero critico non troppo lusinghiero: “Il ciociaro (…) nella sua realtà è un muso duro, di carattere aspro”. Così come, gli fa da contraltare, Paolo Toschi che ci ricorda fra le righe dei suoi scritti sul folclore o folklore, che si voglia riportare: “I ciociari sono scarsi di parole, hanno, come si dice, la parola difficile…” Sì, ma quando riesce a trovare la strada giusta per spiegare quello che pensa, il ciociaro non si ferma più e diventa difficoltoso anche lo stargli dietro! Intendiamoci! : sia nelle parole come nell’instaurare un cordiale duraturo rapporto d’amicizia, quella vera!... 19 Crimine IL DELINQUENTE NATO SECONDO LO STUDIOSO DELLA CRIMINOLOGIA DELL’OTTOCENTO seconda parte E dire che fu un biologismo di tipo acritico è dire poco se gli si contrappongono i livelli tecnici anteriori non meno delle tradizioni etiche del nostro passato. In realtà l’errore di fondo fu quello di apparentare l’uomo allo stesso livello delle scale gerarchiche zoologiche non tenendo conto che ció che caratterizza da tempo l’uomo non è il solo possesso di un corpo animale, bensi quello di una disposizione razionale così come a suo tempo l’aveva di già concepito Aristotele. In quanto animale l’uomo di certo é un essere che si contraddistingue perché , egli non ha un ambiente ma -di fatto- asserve a se’ l’ambiente nel quale deve vivere. Mentre, infatti possiamo parlare di piante e di animali tropicali, impossibilitati a sopravvivere in un ambiente lontano da tali climi, l’uomo è l’unico essere che può divenire tanto tropicale ed equatoriale quanto nordico e ciò perché è l’uomo in prima persona e fare ed a decidere dei proprio ambiente. Ciò avrebbe dovuto avvertire gli studiosi cosi come avrebbero dovuto le qualità e proprietà di cui l’uomo dispone rispetto alla totalità degli organismi viventi o almeno- che rispetto a quelle proprietà e qualità dei viventi egli contrappone in qualità di naturale superamento. Si pensi qui al superamento, degli istinti, alla capacità che solo l’uomo possiede di operarne il rimando e ancora si pensi ai sentimenti superiori nella cui atmosfera l’uomo svolge la propria esistenza. Avendo trascurato tali, dimensioni d’apertura e di capacità di interpretare il mondo, è naturale che lo studioso di criminologia dell’ottocento abbia trascurato le proprietà essenziali dell’uomo e che abbia finito con il ricercare i cespiti della criminalità nella sua costituzione biologica facendone in proposito un tipo autoctono (vale a dire il delinquente nato). In effetti non vi è una criminalità che nasce con l’ uomo alla stregua di un suo patrimonio ereditario o a titolo di una degenerazione del 20 suo spirito alla vita. Non esiste tutto questo perché la criminalità è null’altro che un condizione posta in essere da quella condizione di sussistenza concretica che è la società o che che -per dirlo meglio- é la dinamica della socialità. Di fatto è a questa che ci si deve riferire onde qualificare la criminalitá, così come il secolo successivo all’ottocento ha potuto mostrare mercé i risultati della disciplina etologica. Il mondo lombrosiano fallì infatti nei suoi risultati proprio per ave ignorato questo aspetto del problema cosi come fallì lo stesso Prichard ad onta di aver inteso il delitto come esclusiva proprietà del contesto etico della persona . Il delitto in realtá è soluzione di un contesto esistenziale della persona, contesto che l’uomo coglie nel suo reperisi nella dimensione eccentrica della vita e che lo stesso uomo vede come sperequazione di valori, come, conflitto inappagato di interessi, come fallimento di aspettative, come esproprio da possibilità negategli Cesare Lombroso già in via primaria. L‘essenza della criminologia invero é proprio questa e della stessa va sottolineata l’importanza salvo a disporre di un concetto di crimine che non sappia sussumere in sé la totalità delle forme di possibile espressione della realtà delinquenziale. Oggi che delle teorie di Lombroso e dei suoi epigoni il tempo ha fatto giustizia ciò che dobbiamo ritenere un residuo di prestigio fondamentale è il passaggio dalla considerazione del crimine e della pena alla valutazione dell’uomo colpevole, il che significa si rivedere il reato nelle sue configurazioni particolaristiche ma di guardare altresì all’uomo colpevole come possibilità di riscatto e quindi di recupero nel contesto della stessa società. Ció, ben comprensibilmente significa tanto trattamento in funzione riabilitativa, quanto impostazione di un trattamento rivolto alla effettiva risocializzazione dell’ex colpevole in una società che per lui sia lungi dall’essere emarginante ed ulteriormente conflittuale. Se consideriamo il fenomeno lombrosiano sotto questa duplice fisionomia ordinativa ne emergono le due condizioni che –ne sono necessariamente scaturite e che se per un verso si esprimono come esigenza di riforme del diritto penale, per altro verso si concretizzano nelle forme di un sistema punitivo teleologicamente più duttile e quindi più coerente rispetto alle qualità e proprietà dell’esistenza. Invero però rispetto ad una riforma del diritto penale generale si é ancora fatto poco. 25 anni d’informazione Condominio L’amministratore: responsabilità e compiti A decorrere dalla data di entrata in vigore della riforma (18.06.2013), chi vorrà diventare amministratore di un condominio dovrà possedere una serie di requisiti (affidabilità e trasparenza), oltre a frequentare un corso di formazione iniziale e poi di aggiornamento; ciò allo scopo di rendere più seria la gestione dei condomini, allontanando i soggetti incompetenti e poco motivati. Invero, anche chi ha già rivestito in passato tale carica dovrà comunque frequentare la formazione periodica, ad esclusione soltanto di quei condomini che intenderanno accollarsi l’onere della gestione del condominio in cui abitano. Il novellato art. 71-bis delle disposizioni di attuazione del codice civile – pur non prevedendo l’istituzione di un vero e proprio registro – ha quindi stabilito che possano svolgere l’attività di amministratore unicamente quei soggetti che siano in possesso di una serie di requisiti di serietà e professionalità e cioè: a) godimento dei diritti civili e politici; b) assenza di condanne per delitti contro la p. a., l’amm.ne della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio e per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni; c) assenza di misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione; d) assenza di provvedimenti di interdizione o inabilitazione; e) assenza di annotazioni nell’elenco dei protesti cambiari; f) diploma di scuola secondaria di secondo grado; g) frequenza di un corso di formazione iniziale e di attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale. Giova precisare che – come riportato nel numero di febbraio – il recente DL n. 145/2013 “Destinazione Italia” (di cui, al momento di andare in stampa, non siamo in grado di riferire se sia stato convertito in legge), all’art. 1, comma 9, ha integrato appunto la recente riforma e ha previsto alla lettera a) che “con Regolamento del Ministro della giustizia saranno determinati i requisiti necessari per esercitare l’attività di formazione degli amministratori di condominio nonché i criteri, i contenuti e le modalità di svolgimento dei corsi, ai sensi e per gli effetti del novellato art. 71-bis, primo comma, lettera g), delle disposizioni di attuazione del codice civile, il quale non aveva, al riguardo, previsto una regolamentazione della materia”. Inoltre, coloro che possono dimostrare di aver svolto, nei tre anni precedenti al 18.06 scorso, lo svolgimento di detta attività per almeno un anno, potranno continuare a farlo, pur in assenza dei requisiti di cui alle lettere f) e g) sopra riportati. Peraltro, la vigente normativa (art. 1129 cc) ha chiarito che l’attività di amministratore 25 anni d’informazione potrà essere svolta anche dalle società, con la conseguenza che i citati requisiti dovranno essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati. Specifiche disposizioni sono previste per la nomina e la revoca dell’amministratore, anche per via giudiziaria (artt. 1129, 1130 e 1131 cc). Per quanto riguarda le attribuzioni, esse possono essere qui di seguito riassunte: 1) comunicare le proprie generalità, l’indirizzo del proprio ufficio e i giorni e le ore nelle quali è possibile prendere visione della documentazione condominiale; 2) affiggere una targhetta con le proprie generalità e i propri recapiti nel luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune; 3) specificare analiticamente ai condomini, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta; 4) convocare annualmente l’assemblea; 5) eseguire le deliberazioni assembleari; 6) disciplinare l’utilizzo dei beni e dei servizi comuni in modo da assicurare il miglio godimento a ciascuno dei condomini; 7) riscuotere i contributi dai condomini entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso; 8) erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria dei beni e dei servizi comuni; 9) attivare un conto corrente condominiale sul quale fare transitare le somme in entrata e in uscita afferenti la gestione; 10) compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni; 11) eseguire gli adempimenti fiscali del condominio; 12) curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale e dei verbali delle assemblee, nonché di quello relativo alla nomina e revoca dell’amministratore e del registro di contabilità; 13) conservare tutta la documentazione inerente la propria gestione riferibile sia al rapporto con i condomini sia allo stato tecnico-amministrativo dell’edificio e del condominio; 14) fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso; 15) redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l’assemblea per la relativa approvazione entro 180 giorni; 16) osservare e fare osservare il regolamento condominiale; 17) dare immediata notizia all’assemblea condominiale del ricevimento di inviti a un procedimento di mediazione, atti giudiziari e provvedimenti amministrativi per materie che esorbitino dalle sue attribuzioni. L’assemblea potrà subordinare la nomina dell’amministratore alla stipula di una polizza assicurativa individuale (che copra la responsabilità civile per gli eventuali danni arrecati ai condomini o a terzi nello svolgimento della propria attività). 21 Cultura PETER THOMAS ROTH UN ASSAGGIO DI QUELLO CHE PUOI TROVARE NEL NOSTRO REPARTO COSMETICO ORTIGIA PROFUMI DI SICILIA Ortigia è l’Essenza della Sicilia-una sintesi degli odori inebrianti, i colori e il mistero più grande del Mediterraneo. La lussuosa gamma di saponi, profumi, candele, creme e lozioni sono formulati con prodotti naturali della Sicilia, e ispirato l’estetica, i colori e i profumi della regione più storica in Italia. L’ispirazione è a base di piante siciliane: Zagara-Fiori D’arancio-Lime di Sicilia-Melograno-Lavanda-Fico d’India-Mandorla. La base di tutti i prodotti è naturale: olio di oliva,glicerina vegetale e colori organici. E' una linea completa di prodotti cosmeceutici per il viso e per il corpo creata a New York nel 1993 da Peter Thomas Roth, utilizzando ingredienti efficaci e puri che agiscono in profondità, in grado di offrire i migliori risultati nel minor tempo possibile. Detergenti Una pulizia accurata è il primo e più importante passo verso una pelle meravigliosa. Una appropriata pulizia può stimolare il flusso linfatico, rimuovere le impurità e il make up senza sensibilizzare la pelle. PETER THOMAS ROTH Clinical Skin Care offre un'ampia selezione di detergenti tra i quali scegliere il più adatto al tipo di pelle e alle personali abitudini. ESFOLIANTI: formulati con ingredienti puri ed attivi per consentire alla pelle di acquisire un aspetto luminoso e salutare. Sono studiati per affinare la pelle dopo la pulizia. TONICI: formulati per reidratare, esfoliare e riequilibrare il pH cutaneo dopo la pulizia. Si possono usare quotidianamente anche più volte al giorno se si desidera rinfrescare la pelle, anche sopra il make up. MASCHERE: possono essere intensificati con l'utilizzo settimanale di efficaci maschere specifiche per le diverse esigenze. IDRATANTI: formulati per trattare le diverse esigenze della pelle: contengono un'alta concentrazione di ingredienti efficaci e differenziati per personalizzare e variare il programma di trattamento, adeguandolo ai risultati via via ottenuti. UN-WRINKLE: prodotti che potenziano l'efficacia del trattamento e aumentano la capacità della pelle a combattere le cause dell'invecchiamento cutaneo. I protagonisti delle formule sono i peptidi: ingredienti efficaci che hanno un'azione anti-invecchiamento e preparati multivitaminici per aumentare la capacità di resistenza della pelle allo stress ambientale. RIPARATORI - anti età: linea formulata con vitamina C stabilizzata, multivitamine e polipeptidi che consentono di migliorare la resistenza cutanea agli stress ambientali, di prevenire e trattare le rughe metaboliche di invecchiamento e di espressione. CONTORNO OCCHI: I prodotti per l'area perioculare di PETER THOMAS ROTH Clinical Skin Care sono formulati combinando ricchi principi attivi naturali con potenti agenti anti-ossidanti per combattere efficacemente i danni del tempo e dell'ambiente, come occhiaie, borse e rughe. L’Opinione di Mario Cerroni La famiglia, centro di una società armonica I l governo Renzi, dopo gli atti di fiducia, è pronto per l’azione: gran parte degli Italiani spera che sia capace a dare una svolta ad una crisi che da anni pesa sulle sempre più deboli spalle delle famiglie. E’ questo, il caso della famiglia, uno dei temi centrali dell’azione governativa. La famiglia, definita dal dizionario della lingua italiana, come “un nucleo sociale rappresentato da due o più individui, legati tra loro con il vincolo del matrimonio o con rapporti di parentela o di affinità”, è, oggi, bombardata, attaccata da più direzioni per smobilitare gli assetti fondamentali che sono costituiti, sin dalle origini, da un padre, una madre e dai figli. Oggi, al contrario, come viene definita dallo stesso vocabolario, essa è un “nucleo sociale “ rappresentato e non composto da genitori ma da individui. Una evoluzione oppure una involuzione? I tempi che corrono ci dicono che la famiglia non è più composta da un padre ed un madre, ma da individui che possono essere anche dello stesso sesso. Non vuole essere questo l’argomento di questo scritto, ma cercare di ripercorrere le tappe dei vari modelli di famiglia che hanno caratterizzato la vita delle persone. Così si va dalla famiglia patriarcale, con al centro il pater familias, e da quella nucleare a quella negoziale. Per arrivare a quella attuale, definibile “famiglia affettiva”, caratterizzata dalla difesa dei figli, e non solo, i quali cercano sempre più, nelle contraddizioni della crisi economica, di avere autonomia, vissuta dentro una condizione di precarietà che li costringono a vivere, in età avanzata, ancora dentro il “nucleo famigliare”. In questa situazione di disorientamento, la famiglia, i rapporti tra i componenti vivono una condizione di debolezza, di problematicità che senza dubbio condizionano la vita stessa dei loro componenti ed in particolar modo dei figli. Siamo, così, in presenza di famiglie deboli, disorientate, prive di modelli che non riescono a trasmettere emotività e dimensioni affettive e comportamentali 25 anni d’informazione certe. I figli avvertono questa debolezza, aggravata dalla scarsità di tempo e di energie che i genitori possono impiegare per loro, divenendo critici nei loro confronti, cercando di imporre la loro “legge” che può arrivare a forme di ricatto anche pesanti. Oggi nel complesso la famiglia è in crisi, dovuta, appunto, alla mancanza di esempi forti, di regole, di principi e valori stabili, di modelli comportamentali coerenti. In genere i genitori, secondo il presidente dell’Associazione Disagio Giovanile (A.DISA.G) Maria Calabretta nel suo libro “Sempre connessi”, oscillano tra due modalità, quella della rigidità e quella del permissivismo, trasformando la famiglia nel luogo di una eccessiva protezione che può compromettere lo sviluppo armonico della personalità dei figli. E’ più facile essere genitori che educatori. Educare non è compito facile e semplice, non si limita a dare ordini, a fornire regole e precetti morali. Educare significa essere e dare modelli certi, in modo tale che nell’insieme la famiglia vive i rapporti interni ed anche esterni in maniera armonica. Nemmeno dare affetto è sufficiente, il troppo affetto può essere elemento destabilizzante, quando i genitori si sostituiscono ai figli, limitando lo sviluppo della personalità. Tale condizione sta determinando una situazione preoccupante, in quanto la figura dei genitori, la ricerca dei modelli viene cercata nella “rete”, in internet e in tutti gli strumenti tecnologici di comunicazione che stanno, già tempo, uccidendo i rapporti veri e vivi dentro e fuori la famiglia. Tali strumenti diventano luogo di rifugio, sostitutivi dei genitori o comunque luoghi di alienazione, di allontanamento dai problemi anche affettivi, necessari per lo sviluppo emotivo ed affettivo dei giovani. Oggi, soprattutto per i giovani , nati tra la fine degli anni novanta ed i primi del duemila, si può parlare di “nativi digitali”, nel senso che sono immersi nelle nuove tecnologie, come cellulare, videogiochi, internet e nuovi media in generale in una, diciamo, concorrenza, con genitori ed insegnanti, che sembrano “immigrati digitali”. Nessuno vuole demonizzare tali strumenti tecnologici, che hanno aperto il mondo ad una continua comunicazione in ogni angolo del pianeta, nello stesso tempo non si può non evidenziare che la mancanza di una dovuta vigilanza può condurre, soprattutto i più giovani, dentro la rete della negatività, del bullismo telematico e della pedofilia on line. I sistemi telematici di nuova comunicazione, se non usati con discernimento, dietro la guida attenta dei genitori, possono costituire una vera “droga” con conseguenze anche devastanti sul fronte della personalità e dello sviluppo emotivo-affettivo. Allora, occorre riscoprire le vecchie metodologie educative, inserite dentro le nuove dinamiche di una società che va guidata e non essere dominante rispetto ai bisogni della gente. Oggi si subiscono i fenomeni nuovi, le nuove tecnologie (rendono ricchissimi giovani e società informatiche), al contrario occorre che noi, sia in senso individuale che come famiglie, ritorniamo ad essere attori di una società armonica e non alienante. 23 Profili di Massimo Sergio GIANLUIGI PROIA AMAVA IL MISTERO -Profilo di un giornalista curioso e multiforme – S ono trascorsi cinque anni da quando il nostro amico collaboratore e caporedattore, Gianluigi Proia, ha abbandonato questo terragno mondo per attestarsi comodamente in un iperuranio inviolabile dal quale ci scruta perplesso per quello che succede tra noi. Noi che continuiamo d’altra parte ad averlo presente nei nostri cuori e nelle nostre menti, sommessamente vogliamo ricordarLo ai nostri affezionati lettori, che erano anche i suoi affezionati lettori di questa Rivista. Sarà bene sottolineare che Gianluigi era un uomo discreto, educato, che non si alterava mai puntualizzando e sostenendo le sue tesi con affabile puntiglio. Era sì un giornalista, ma inteso a tutto tondo nel senso che si interessava di tante cose, di tante materie. Egli amava il cinema ed il teatro, le arti visive in genere e spesso trattava nel nostro periodico di interviste e scritti critici su artisti anche misconosciuti. Altresì era interessato all’attualità, agli avvenimenti sportivi, soprattutto calcistici, non disdegnando di trattare anche altre numerose discipline. Insomma, possiamo affermarlo senza tema di smentite, Gianluigi Proia era curioso di tutto ma non in forma superficiale, perché in effetti egli qualunque argomento volesse investigare e venire a conoscenza lo faceva con attenzione ed un fine culturalmente alto. 24 Sono rimaste memorabili le sue interviste a noti personaggi, in particolare quella allo scrittore Luciano De Crescenzo. In quel frangente, a Cassino, presso la locale Università, si svolgeva un convegno sulla sicurezza stradale in cui si dibatteva il tema delle stragi del “sabato sera” e lì fu avvicinato ed intervistato da Gianluigi lo scrittore napoletano, che rispose a tutte le sue domande con affabilità ed arguzia. Il suo più recente saggio di allora (anno 2003), divenuto l’ennesimo best/seller, dal titolo Storia della Filosofia Medievale, offriva all’intervistatore come all’intervistato di spaziare anche con domande attualissime, come ad esempio: ”Quando si parla di secoli bui due sono le domande che mi vengono in mente: quando sono cominciati e chi è stato a spegnere la luce? Quale risposta si è dato?”, De Crescenzo rispondeva: “Nel Medioevo venne spenta la luce della Ragione e accesa quella della Fede, da qui il buio”. L’intervistatore incalzava l’ingegnere-scrittore con ulteriori domande, quali: ”Se dovesse assimilare un filosofo medievale ad un personaggio pubblico del ventunesimo secolo chi paragonerebbe a Ruggero Bacone?” – “Il Ruggero Bacone di oggi è Marco Pannella: uguale per l’entusiasmo, l’immaginazione, la mancanza di praticità e purtroppo anche per il numero dei ne- 25 anni d’informazione mici”. Passando invece a trattare di arte e turismo Gianluigi, giornalista e storico/archeologo, nell’intervistare il pittore Vincenzo Bianchi (nell’anno 2003, ancora titolare della prima scuola di scultura dell’Accademia delle Belle Arti di Firenze, già direttore di quella di Macerata, nonché già docente presso le Accademie di Catanzaro, Frosinone ed Urbino), gli chiese le ragioni per cui avesse costituito l’associazione Labris e gli scopi che la stessa si proponeva di portare a compimento, ed egli rispose che essa era nata principalmente per far conoscere le civiltà che vivevano nel territorio dell’Italia centro-meridionale, in particolar modo della provincia di Frosinone, e dar loro un doveroso riconoscimento per la straordinaria padronanza della Scienza delle Costru- 25 anni d’informazione zioni e la profonda spiritualità. L’amico Gianluigi aveva propensione per quei mitici tempi antichi di cui amava trattare l’incontestabile efficienza espressa nelle poderose costruzioni poligonali (che si riferivano anche ai leggendari Ciclopi), che da oltre cinquemila anni sfidano ancor oggi il tempo inesorabile. Va altresì sottolineato che tali studi dimostrano come queste antichissime civiltà amassero il rispetto, l’autonomìa e l’aiuto fraterno e che usavano per riconoscersi fratelli il segno dei due triangoli che si uniscono al vertice, chiamato “Labris”, che vuole essere un simbolo d’unione. Tutto questo discorso ne implica anche un altro diverso ma altrettanto allettante: quello di impegnare il territorio a progredire ed a superarsi per affrontare la sfida dal punto di vista del turismo e di relative manifestazioni cultural-enogastronomiche, che potrebbero in parte risolvere il problema della disoccupazione giovanile e del partneriato, oltre che l’incremento ed il miglioramento produttivo/economico delle tante aziende agricole sorte nel territorio ciociaro. Come abbiamo scritto più sopra, Gianluigi era un giornalista attento e curioso, ma prediligeva anche il “mistero” tanto da scrivere non solo sulla nostra Rivista, ma anche su altri fogli locali, saggi sulla Ciociarìa misteriosa. In particolare ci piace riportare qui integralmente l’articolo apparso sul numero 6 di giugno 2000 della presente rivista e che potete leggere in questo nostro redazionale. 25 Geologia di Mario Catullo FRANE NELLA CITTA’ di FROSINONE Capitolo secondo Terza parte QUESTIONI IDRAULICHE U n aspetto tradizionalmente sottovalutato nella dinamica dei versanti cittadini risiede nella fitta rete, spesso sconosciuta o deliberatamente ignorata, di gallerie esistente al di sotto del centro storico della città. Questa rete ipogea è formata da innumerevoli grotte e cunicoli scavati nel sottosuolo cittadino durante i secoli passati servendo alle popolazioni locali come rifugio contro attacchi bellici e calamità naturali. La rete cavernicola, di cui si ignorano dimensioni ed estensioni, fu oggetto d’un mio interessamento fin dagli anni ‘70 quando, come speleologo, ebbi modo di effettuare delle limitate esplorazioni, in seguito a locali fenomeni di subsidenza di alcuni edifici del centro storico (Chiesa dell’Annunziata e Palazzo Contessa De Matthaeis ). Le cavità scavate nell’arenaria litoide spesso fungono involonta- riamente da condotte di drenaggio locale delle acque collinari. Alcune, al di sotto del Corso della Repubblica, sono costantemente interessate da scorrimento basale. A tuttoggi si discute ancora vivacemente, tra i tecnici locali, se la sorgente di frana, evidenziata alcuni anni fa sulla sinistra del Viadotto Biondi, sia una venuta a giorno dell’acqua vadosa del massiccio arenaceo cittadino, o una perdita idrica delle locali condotte del centro abitato, o uno sbocco della canalizzazione di drenaggio del reticolo ipogeo cittadino. Una mia proposta di studiare il fenomeno con l’uso di traccianti colorimetrici, risalente agli anni ‘80, non ha mai ottenuto ascolto da parte delle autorità locali. Per cui, ininterrottamente da alcuni anni, un flusso di acqua, che oscilla per portata senza mai esaurirsi, nasce dalla sinistra del fiume Cosa, al di sopra del viadotto Biondi e si getta nel fiume stesso. Alcune misure di temperatura e delle torbide convogliate in queste acque, eseguite qualche anno fa di mia iniziativa, permetterebbero di concludere che ci troviamo in presenza a) Comportamento fragile 26 di acque di drenaggio del complesso arenaceo collinare . La qual cosa viene avvalorata anche da alcune mie osservazioni qualitative per confronto, eseguite su vari campioni prelevati in tempi diversi (colore, odore, trasparenza, conducibilità). Supponendo corretta questa mia interpretazione, il fenomeno sta a significare che tutta la zona collinare della città è sede di una circolazione idrica consistente che ha una ricaduta importante sulla genesi e sul perdurare dei fenomeni franosi locali. Del resto la geologia strutturale mostra che, quando la pressione interstiziale supera un certo valore critico, si producono in un mezzo poroso, come le coperture arenacee e molassiche, fratture da trazione che combinate con quelle esistenti, creano un sistema beante, se la pressione idraulica resta sufficientemente elevata. Questi fenomeni di fratturazione idraulica accrescono la permeabilità secondaria del massiccio collinare, favorendo il passaggio delle molasse da un comportamento strutturale duttile ad uno fragile. Il tutto implica, in un diagramma b) Comportamento duttile 25 anni d’informazione Geologia sforzi- deformazioni, una rapida caduta dei parametri di resistenza del terreno, con deformazioni permanenti sopportabili molto piccole. Il confronto dei grafici sottostanti, permette di cogliere l’essenza del problema, nella rapida perdita di resistenza (presenza di un picco ) del materiale fragile. Tutto questo rende più facile e disastroso l’innesco delle frane locali. Si aggiunga che, il tipico comportamento colloidale dei materiali argillosi permette agli strati marnosi del terreno di accentuare le proprietà di rigonfiamento, adsorbimento e scambio cationico. A quanto detto si aggiungano tutte le altre perdite cospicue e non controllate di acque nere e bianche, riconducibili a cause antropiche, che in certe zone (viale Napoli e Colle Marte) continuano ad essere visibili anche sul piano campagna del fondo valle (caratteristico è in queste zone il pungente odore dell’idogeno solforato, segno evidente dei processi di decomposizione in atto. In generale, poi, le sostanze organiche, avendo composti polari inglobati nel loro interno, vengono facilmente adsorbiti da parte dei minerali argillosi. In molti casi, è stato dimostrato che le molecole organiche si vanno ad intercalare con 25 anni d’informazione una orientazione preferenziale nelle strutture delle catene di questi fillosilicati. In letteratura sono noti esempi in cui sono state osservate superfici di scorrimento che si sono sviluppate in risposta a sforzi e deformazioni di taglio in questo tipo di terreni argillosi. Esami dettagliati, di sezioni sottili esaminate al microscopio, hanno permesso di scoprire una marcata orientazione degli agglomerati argillosi coinvolti. Anche a livello macroscopico sono stati osservati, con notevole frequenza, fenomeni simili (Barton 1984, Hampshire meridionale, Inghilterra ). Alcuni studiosi, come il Pettijohn, nel determinare le componenti mineralogiche delle arenarie, hanno constatato come queste diminuiscono rapidamente col passare del tempo ed a causa dell’alterazione geochimica esercitata dall’ambiente esterno, resa più aggressiva dagli acidi organici presenti nelle acque. Il risultato è che la catena dei minerali argillosi diventa più sensibile e predisposta al rigonfiamento ed alla instabilità. Continua 27 Ambiente e territorio di Bianca Santoro REGIONE MATRIGNA T ra le riforme non attuate, più volte annunciate, ma che con difficoltà si potranno affrontare, c’è quella del riordino istituzionale. E’ doveroso fare una sintesi della organizzazione dello Stato negli ultimi 40 anni cioè dalla istituzione delle Regioni. In questo periodo della storia italiana lo Stato attraverso il Consiglio dei Ministri ha diretto la politica generale perché assegnatario del potere esecutivo. Ha attribuito alle Regioni il potere legislativo per le sole funzioni amministrative nell’ambito delle proprie competenze che dovevano poi essere eseguite e utilizzate soprattutto come prescrizioni operative e di condotta da parte delle Province e dei Comuni. Dopo il 2001 le Regioni hanno avuto molti più poteri, potendo modificare le leggi, norme e prescrizioni statali con l’assunzione di una maggiore autonomia ed agiscono ormai senza più rigorosi controlli nei bilanci, nelle spese, nell’apparato burocratico e negli investimenti adottando criteri sperequativi per quanto riguarda le risorse finanziarie. Per esempio, nel 2005 su 88 miliardi di euro di disponibilità, Roma ne ha avuti assegnati 70, Latina 7, Frosinone 6, Viterbo 3, Rieti 1. D’altronde su 70 consiglieri regionali 50 sono eletti a Roma e Provincia per cui si spiegano queste e molte altre disparità di trattamento. I bilanci annuali, che una volta erano pubblicati sul B.U.R. (Bollettino Ufficiale della Regione Lazio) e quindi consultabili, anche faticosamente, ora sono a dir poco criptati con sistemi informatici, quindi incomprensibili quasi a tutti i cittadini, con la conseguenza che non conoscendo i capitoli di entrate e di uscite, e soprattutto quest’ultime, resta difficile ribellarsi. La Regione Lazio, può essere definita macrocefala, perché presenta una situazione demografica e territoriale squilibrata; infatti su poco più di 5 milioni di abitanti 4 milioni vivono a Roma e dintorni, e gli altri poveri derelitti, nelle Province che ora cercano di accorpare secondo un incomprensibile criterio di costi ed oneri. Il paradosso fu concepito nel 1990, quando si cominciò a parlare di “area metropolitana” e la maggioranza dei consiglieri regionali indicava addirittura tutto il Lazio come “area vasta di Roma”. Ve lo immaginate Frosinone, Cassino, Sora, Latina, Aprilia, Terracina, Formia, Rieti, Viterbo, Tarquinia, per citare alcuni Comuni più grandi e/o Viticuso, Castelforte, Acquapendente, Amatrice e altri più piccoli e lontani diventare “area vasta di Roma”. Il perverso processo però fu bloccato, ma la Regione Lazio comunque continua ad agire proprio con questa strategia. Ma certo cos’è in fondo il Lazio se non la Regione “Roma”, mentre il resto del territorio una denominazione non ben identificata, anzi messa insieme artatamente su territori provinciali non omogenei, di diversa origine, tradi- 28 zione, storia, dialetti, abitudini : “la Ciociaria” area comprendente i territori dei popoli Ernici e Volsci, negli ultimi secoli sotto il dominio del Vaticano; la “Val di Comino”, terra di origine sannitica e poi appartenente al Regno delle due Sicilie; il “Cassinate” terra di lavoro prima sotto il dominio dell’Abbazia di Montecassino e poi appartenente al Regno delle due Sicilie; la zona della costa marina, al Sud sempre sotto il dominio dei Borboni e al Nord, terra paludosa e impervia, sotto lo Stato Vaticano; il “Viterbese” che si identifica con il popolo etrusco e la Maremma toscana e il Reatino con tutte le tradizioni montanare delle prime pendici dell’Abruzzo. In sintesi è una Regione artificiale. Forse è la spiegazione della crescita monocentrica di Roma Città meravigliosa ed unica, che ha riversato soltanto i suoi mali ed angherie sul resto del territorio, trasformandolo tutto in “periferia” della Città Eterna (ma che ha molte millenarie città e centri poco conosciuti e valorizzati). Non è il caso in questa sede di continuare con la descrizione analitica della storia regionale, ma era doveroso spiegare, 25 anni d’informazione almeno per sommi capi, i motivi della diversità della qualità della vita fra Roma e il Lazio che non è più accettabile. Roma, pur con tutte le sue incongruenze, carenze e caotiche scelte, continua spiegabilmente a crescere come altre capitali d’Europa ma il resto della Regione inspiegabilmente continua a decrescere con un impoverimento visibile e tangibile, tanto da poterlo definire “terra di riserva indiana”. Si può tentare qualche esempio: c’è poco lavoro e non ci si sforza di crearlo, il turismo potrebbe trovare dirottamenti nel resto del territorio laziale ma è concentrato per il 97% su Roma; i beni culturali antichi e moderni vengono portati a Roma e nei territori rimangono solo piccole cose; i trasporti sono obsoleti, lenti, antichi e ignorati nel sistema regionale, gli interventi infrastrutturali, salvo quelli che hanno interessato tutta la Nazione, sono quasi inesistenti, e allora? Eliminiamo le Province! L’anello più debole del sistema costituzionale italiano, ma forse l’unico interlocutore autorevole con la Regione ed elemento di riferimento dei Comuni. Passiamo, ora, le competenze direttamente ai 25 anni d’informazione Comuni, così la Regione può fare e disfare ancora di più, con la sua abnorme pletora di funzionari che pensano soltanto a Roma o non pensano per niente, tanto da trasformarla in “Regione matrigna” per tutti i suoi abitanti fuori dell’amministrazione di Roma Capitale. E dov’è, poi, la riduzione di spesa? I dipendenti andranno a far parte dell’esercito dei regionali, guadagnando uno stipendio più alto e gli edifici abbandonati avranno forse il destino di quello della Banca d’Italia, restano in attesa di autodistruzione. Forse l’errore è stato nel consentire un proliferare di Province (ad esempio in Sardegna per 1.400.000 abitanti ci sono 8 Province) ed ora per ovviare all’errore si eliminano tutte,lasciando forse inalterate le società e le agenzie create dalle Province, o anche queste incamerate dalle Regioni? Il “Corriere della Sera” del 16 febbraio riportava: “Il Sindaco di Roma vola a Bruxelles per attrarre nuovi investimenti e fondi comunitari per la sua città e per questo ha firmato un protocollo d’intesa con la Regione”. Non ce ne rammarichiamo ma per il resto del Lazio chi vola e chi firma intese? Chi in Regione Lazio si preoccupa che vengano disposti finanziamenti per il territorio? Forse era meglio non contrastare la brillante scelta “dell’area vasta di Roma” almeno saremmo stati la seconda cerchia periferica della grande città e qualche briciola poteva arrivare. Non possiamo accettare passivamente l’abnorme potere di scelte, con il suo esercito di funzionari, della Regione Lazio che non ne rende conto a nessuno; non possiamo sopportare le loro pesanti e incomprensibili procedure burocratiche; non dobbiamo unirci al coro “abbasso le Province” senza alternative interlocutorie; non possiamo passivamente assistere all’incremento turistico solo sulla Città Eterna; non possiamo accettare un servizio sanitario di qualità dislocato in modo squilibrato solo su Roma; non possiamo assistere alla indifferenza nel settore trasporti, nel sociale, nell’inquinamento e così via. Si è visto forse in questi ultimi anni qualche intervento significativo? infrastrutturale, sull’ambiente, sui trasporti, sull’agricoltura ecc. Eppure i fondi europei strutturali finanziavano proprio questi settori. E’ auspicabile che la Regione Lazio nel rispetto rigoroso della Costituzione debba avere solo funzioni legislative di alta programmazione e di informazione reale ai Comuni, sia per l’accesso ai fondi comunitari, che a causa delle croniche inefficienze procedurali, non vengono utilizzati per il 60% delle disponibilità e sia per rendere le funzioni amministrative più snelle e responsabili. Così forse la Regione per il territorio periferico può diventare meno “matrigna”. Per concludere ci si domanda, dopo tutti gli scandali che hanno coinvolto molte Regioni d’Italia e non molte Province, si vogliono eliminare queste ultime e si lasciano intatte le Regioni, solo con piccoli e insignificanti interventi di riduzione di spesa. Non sarebbe forse il caso di rivedere poteri, funzioni, delimitazioni territoriali e personale di queste ultime? 29 Lazio meridionale Atina (Frosinone) Nella sala elegante e suggestiva del Palazzo Ducale, è stato presentato il nuovo libro di Aldo Cazzullo: “Basta piangere!” di Nicandro d’Angelo N ell’ambito di BPC INCONTRA, la rassegna promossa dalla Banca Popolare del Cassinate, e che ogni anno ospita personaggi illustri del mondo della letteratura, dell’economia, della giornalismo e della saggistica, qualche giorno fa ha presentato ad Atina il giornalista Aldo Cazzullo il suo libro “Basta piangere!” E’ questo un libro rivolto ai giovani che spesso si lasciano trascinare da forti emozioni, come il pianto, per poter esternare un bisogno represso e irrealizzabile. Cazzullo, invece, nel suo libro, li invita a reagire, ad aprire gli occhi, ad essere forti. Nella presentazione del libro, un passaggio ha colpito i presenti, quando parla di un’Italia diversa da quella di oggi. “Era un Paese molto più semplice e povero. Facevamo il morbillo e il servizio militare. Giocavamo per strada e avevamo sempre le ginocchia sbucciate. La marcia 30 più alta era la quarta. C’erano le diapositive, Sandokan e i gettoni del telefono. Però il futuro non era un problema, ma un’opportunità”. Cosa trarre da questo suo modo di interloquire? E’ vero c’era un’Italia più povera che, però, aveva fiducia nel futuro, non si lamentava, aveva voglia di costruire, aveva uno sguardo positivo, aveva voglia di fare e sapeva che dopo il sacrificio arrivano i risultati. Spesso noi giornalisti tentiamo di dare un messaggio attuale e importante, ma spesso non ascoltato! Per questo l’invito che fa lo scrittore ai giovani di cambiare e di guardare il futuro con maggiore positività di mostrare i muscoli celebrali, insomma di rimboccarsi le maniche dando il massimo di se stessi e non perdere la speranza. E’ un forte richiamo, questo, a trasformare i propri sogni in realtà. Un libro, questo, che ripercorre gli ultimi decenni della 25 anni d’informazione storia italiana e lo fa non con un semplice amarcord, ma con uno sguardo critico che dà una profonda analisi della società, della storia, della politica del nostro Paese. Per questo nello sfarzoso salotto di PBC INCONTRA, ospiti, oltre all’Autore, anche il Presidente di Unindustria, Dr. Maurizio Stirpe e il Prof. Vincenzo Formisano. Il Presidente di Unindustria, nel suo intervento, ha posto in risalto di riscoprire insieme un’Italia che deve ritrovare le sue risorse, le sue energie e le sue potenzialità. Il volto era teso e, forse, adirato quanto con sguardo lucido e critico, ha parlato dell’imprenditoria italiana, con particolare riferimento al nostro territorio. Stirpe ha parlato delle difficoltà che ci sono nel nostro Paese per fare impresa. “Bisogna, invece, superare gli ostacoli burocratici, avere un sistema bancario efficiente, accompagnare il fare impresa con lo sviluppo del territorio. Ricordando la figura di Olivetti – imprenditore italiano dotato di straordinaria lungimiranza e che viene citato nel libro di Cazzullo – Stirpe ha evidenziato che non si può fare impresa in modo egoistico”. Aldo Cazzullo ha poi raccontato la genesi del libro, alla quale, peraltro, non è estraneo proprio un altro appuntamento di BPC INCONTRA al quale Cazzullo aveva partecipato, a Cassino. In quell’incontro proprio un giovane cassinate aveva fatto presente all’Autore la situazione, difficile, in cui vengono a trovarsi i giovani italiani e in special modo del cassinate. Chissà se quella osservazione ha dato lo spunto ad una riflessione acuta e profonda dell’autore? Infatti Cazzullo rivolge agli Italiani e soprattutto ai giovani italiani: basta piangere, basta lamentarsi. Bisogna invece ritornare a quell’Italia “…che andava verso il più e non verso il meno; dove mancavano molte cose ma non il senso di quel che si doveva e non si doveva fare; in cui il futuro non era un problema, perché eravamo convinti che dipendesse da noi e sarebbe stato migliore del presente se avessimo dato il meglio di noi stessi”. La finale, secondo Cazzullo è questa: “Le potenzialità dell’Italia sono enormi. Molte di queste opportunità non vengono colte perché siamo troppo impegnati a piangerci addosso”. Un importante contributo alla riflessione è arrivato da un’altro intervento, di un certo spessore, quello del Prof. Vincenzo Formisano che ha fatto un’ampia analisi dei temi della Responsabilità Sociale di Impresa, non distante, poi, dai temi della Dottrina sociale della Chiesa. Si deve passare dall’idea di profitto all’idea, ben più ampia, di creazione di valore. Stirpe ha evidenziato che ancora c’è spazio per i giovani imprenditori, che devono avere voglia di lavorare, di inventare, di innovare. Anche Formisano, riferendosi alla sua esperienza di docente, ha ribadito la necessità di spronare e motivare i giovani. 25 anni d’informazione ( ) “Era un Paese molto più semplice e povero. Facevamo il morbillo e il servizio militare. Giocavamo per strada e avevamo sempre le ginocchia sbucciate. La marcia più alta era la quarta. C’erano le diapositive, Sandokan e i gettoni del telefono. Però il futuro non era un problema, ma un’opportunità”. 31 La Labirintolitiasi MEDICINA Rubrica a cura del Prof. Dr. Leonardo Manzari Medico Chirurgo - Specialista Otorinolaringoiatra a Chirurgia Cervico Facciale Membro del Board della Prosper Maniere Society La Vertigine Posizionale Parossistica Benigna (VPPB) è uno dei più comuni tipi di vertigine ed anche uno dei più facili da diagnosticare e curare. La VPPB è caratterizzata da brevi episodi di vertigine (sensazione di rotazione dell’ambiente esterno) della durata di circa 20”-30”. E’ definita come posizionale dal momento che gli episodi si ripetono ogni volta che il paziente muove la testa nella testa. In ogni caso compiere gesti quotidiani, come girarsi nel letto, alzarsi dal letto, sdraiarsi a letto, alzare la testa per guardare in alto o per prendere qualche oggetto, piegarsi in avanti o alzarsi da terra, può determinare lo scatenarsi della sintomatologia vertiginosa. In ambito sintomatologico, la vertigine è spesso associata a sensazione di testa vuota e di instabilità durante la deambulazione che, se intensa, risulta spesso accompagnata da nausea e, a volte, anche dal vomito. Questo tipo di patologia vertiginosa è definita come parossistica, perché nell’ambito di ciascuna crisi l’intensità del sintomo aumenta rapidamente, raggiunge un massimo e poi diminuisce gradatamente, il tutto nell’ordine di un minuto. La vertigine è inoltre definita come benigna, dal momento che essa regredisce spontaneamente fino alla guarigione nell’arco di alcune settimane nella maggior parte dei casi. La VPPB è una patologia del labirinto (Fig.1). Il labirinto è una struttura contenuta nell’orecchio interno ed è formato da una parte anteriore e da una posteriore. La parte anteriore contiene la coclea, l’organo dell’udito. All’interno della coclea sono situati i recettori dell’udito, le hair cell, le cellule con i capelli. La parte posteriore con- 32 parte II La terapia delle labirintolitiasi Nel numero precedente di Flash Magazine abbiamo affrontato il tema della Labirintolitiasi, altrimenti definita come vertigine parossistica posizionale benigna, canalolitiasi, cupololitiasi, vertigine posizionale, ecc. La Labirintolitiasi rappresenta una forme nosologica più o meno invalidante che in ogni caso altera la qualità della vita di chi ne risulta affetto . In questo numero tratteremo della terapia della Vertigine Posizionale Parossistica, cercando di delineare un semplice vademecum per il paziente che ne risulti affetto. tiene una serie di cavità comunicanti fra loro e ripiene di liquido. Due cavità (utriculo e sacculo) hanno la forma di vescicole e presentano piccole particelle di carbonato di calcio (otoliti) attaccate alla parete in una zona definita sensoriale e denominata macula. Essa è deputata alla percezione delle accelerazioni lineari, cioè dei movimenti lineari del corpo e del capo nello spazio. Inoltre essa è in grado di informare il cervello sulle di inclinazione e sui movimenti della testa nello spazio. Nel labirinto posteriore, ci sono tre strutture tubulari con forma di canali semicircolari. Essi sono in comunicazione diretta con l’utriculo, e sono deputate alla percezione delle accelerazioni angolari, cioè dei movimenti di rotazione della testa nello spazio. Fig.1. Anatomia del labirinto Se alcuni frammenti di otoliti (calcoli, sassolini) si staccano possono penetrare in uno dei tre canali semicircolari e così, quando il paziente compie alcuni movimenti con la testa (quelli descritti in precedenza), questi si muovono entro il canale e lo vanno a stimolare nella sua regione provocando la tipica vertigine rotatoria che sarà tanto più intensa quanto più sono grandi quei frammenti e quanto più veloce è stato il movimento della testa. La vertigine è di breve durata infatti quando termina il movimento della testa finisce anche il movimento degli otoliti all’interno del canale semicircolare interessato dalla patologia. Questi sassolini penetrano più facilmente nel canale posteriore e pertanto i movimenti che provocano la vertigine sono quelli sul piano verticale ( alzarsi e sdraiarsi a letto, alzare la testa e chinarsi in avanti) e più raramente nel canale laterale ed in questo caso i movimenti che provocano la vertigine sono quelli sul piano orizzontale (ruotare la testa o l’intero corpo nel letto). Il distacco di queste particelle può essere provocato da un danno dell’utricolo a seguito di un trauma cranico o cervicale, di un’infezione o altre patologie dell’orecchio interno, o di una degenerazione come risultato del fisiologico processo di invecchiamento , osteoporosi ad esempio. Tuttavia nella maggioranza dei casi il distacco avviene senza causa apparente oppure identificabile con esami clinici supplementari e colpisce persone sane che mai hanno riferito alcuno di questi problemi. La VPPB può manifestarsi più volte in soggetti predisposti senza che peraltro se ne conoscano le cause. Come scritto nello scorso numero la diagnosi di VPPB viene formulata dallo specialista sulla base della storia clinica riferita dal paziente che lamenta crisi di vertigine rotatoria a seguito di determinati movimenti della testa e dal riscontro di tipici movimenti degli occhi durante l’esecuzione della manovra di provocazione di Dix-Hallpike (Fig.2). Fig.2. Manovra di Dix-Hallpike La manovra di Dix-Hallpike e/o la manovra di Semont sono specifiche per la diagnosi di VPPB del canale semicirco- 25 anni d’informazione Medicina canale e riposizionarlo nell’utricolo ove si scioglierà normalmente senza provocare nel frattempo alcuna vertigine. Una di queste manovre è la cosiddetta Manovra di Epley. Si veda allo scopo nella Fig.3 la sintesi descritta della stessa. lare posteriore. Nel Caso della prima procedura, il paziente siede sul lettino da visita e ruota la testa di 5° verso destra o sinistra. Viene quindi portato in posizione supina con la testa fuori dal lettino e sempre lateroruotata. Se il paziente è affetto da VPPB, dopo pochi secondi dal raggiungimento di questa posizione compare una intensa vertigine rotatoria della durata di secondi. Possono essere presenti fenomeni neurovegetativi (nausea, sudorazione,…) e movimenti oculari rotatori che il medico esaminatore può osservare dietro particolari occhiali indossati appositamente dal paziente e che confermano la diagnosi, il cosiddetto nistagmo tipico provocato dell’impegno degli otoliti nel canale affetto. Quando la vertigine cessa, il paziente viene fatto tornare nella posizione seduta di partenza e anche allora compare una vertigine rotatoria ed i caratteristici movimenti degli occhi, anche se meno intensi. La ripetizione delle manovre provoca una vertigine sempre meno intensa. Tale sintomatologia si manifesta solo sul lato malato che viene così facilmente identificato. In questa fase non sono indicati farmaci in quanto non facilitano la dispersione di tali frammenti. Tuttavia, poiché la risoluzione della sintomatologia avviene in un lasso di tempo che non possiamo definire breve e le crisi vertiginose sono intense e ripetute, si ritiene opportuno ricorrere alla terapia. Esistono da molti anni delle manovre cosiddette “liberatorie“ o di “riposizionamento” (Fig.3) che vengono eseguite dallo specialista e che consistono nel ruotare il capo del paziente in modo tale da far uscire l’ammasso degli otoliti dal 25 anni d’informazione Fig.3. Esempio di manovra liberatoria Dopo l’esecuzione della manovra liberatoria il paziente deve seguire per 24 ore alcune semplici precauzioni per evitare che il calcolo possa rientrare dentro il canale: evitare tutti i bruschi movimenti della testa che producevano la vertigine, evitare di porsi sul fianco malato e dormire con un paio di cuscini in posizione semiseduta. Dopo l’esecuzione delle manovre il paziente può avvertire per qualche ora o giorno una sensazione continua di instabilità ma non avverte più la vertigine rotatoria invalidante. cosiddetti Esercizi di Brandt Daroff, che sono prescritte dettagliatamente dal medico al momento della visita. Scopo di questa terapia è quello di accelerare lo scioglimento delle particelle distaccate. Fig.4. Esercizi di Brandt Daroff Gli esercizi di Brandt Daroff sono una procedura che si tende ad adottare solo in seconda scelta poiché la guarigione si ottiene in un periodo di tempo più lungo rispetto a quello necessario con le “manovre liberatorie”. Infine, per i casi resistenti alle terapie fisiche sopra esaminate (rarissimi!) si può prospettare una soluzione chirurgica del problema labirintico.. A distanza di 1 settimana si ripete il controllo con la manovra diagnostica di Dix-Hallpike: se la manovra liberatoria ha avuto successo il paziente non avverte più la vertigine rotatoria ed il medico esaminatore non osserva più i tipici movimenti oculari del paziente che indicano una disfunzione del labirinto. Nei casi di non successo completo delle manovre, rari per la verità, in alternativa alle manovre “liberatorie” il paziente può eseguire più volte al giorno per alcune settimane presso il proprio domicilio, delle sedute di terapia fisica denominate “ginnastica labirintica” (Fig.4), in termini specifici i 33 Via Maremmana III via Casilina San Cesareo (RM) Psicologia di Ilaria Antonucci - Psicologa e psicoterapeuta Un ricordo indelebile C hi è Georg Dreyman? Uno dei protagonisti di un eccellente film uscito nel 2006 e che io ho avuto il piacere di guardare, per la prima volta, solo qualche mese fa. Siamo nel 1984 e a Berlino c’è ancora la divisione tra Est ed Ovest. Ad Est la Repubblica Democratica Tedesca mette in atto un regime di tipo totalitario, in cui viene bandita ogni forma di libertà personale. A vigilare affinchè ognuno aderisca alle rigide regole del regime pensa la Stasi, la polizia segreta, modellata secondo gli schemi della Germania nazista. Tutto quello che la gente comune pensa, la Stasi, e di conseguenza i rappresentanti più eminenti della DDR, sa. Nel film di Florian Henckel von Donnersmarck, Gerd Wiesler è un capitano della Stasi e viene incaricato dai suoi superiori di sorvegliare un personaggio di spicco della cultura e dello spettacolo tedesco di allora, lo scrittore teatrale Georg Dreyman. Quale la ragione? Troppo perfetto, troppo impeccabile da avere, per forza di cose, qualche scheletro nell’armadio. Iniziano così pedinamenti e, soprattutto, registrazioni maniacali delle conversazioni di Dreyman, a casa sua, con la sua fidanzata e con gli amici. Con il passare del tempo e con l’accumularsi di resoconti ossessivi venuti fuori dalla trascrizione delle registrazioni, qualcosa cambia dentro Wieser. E questo diviene subito chiaro guardando, da un certo punto del film in poi, l’espressione del suo volto, fissa su qualcosa che va al di là del mondo fisico e della realtà. Quell’espressione, quegli occhi, mi sono rimasti impressi per giorni. Volendomi documentare meglio, sia rispetto alla questione storica di quegli anni che alle vicende del film nello specifico, mi sono data subito una spiegazione del perché di quello sguardo a cui è difficile accostare un qualunque aggettivo, se non quello di “senza speranza”. L’attore che impersonava Wiesler, cioè Ulrich Muhe, non ha recitato semplicemente una parte, non ha impersonato solamente un ruolo ma ha rappresentato in una pellicola ciò che lui aveva vissuto nella vita reale. Solo che lui, nella vita reale, non è stato il capitano della DDR ma, come Dreyman, è stato sottoposto a sorveglianza, tradito dai colleghi e dalla sua compagna ed è venuto a conoscenza degli eventi solo anni più tardi, consultando 25 anni d’informazione “[…]Il dipartimento centrale di statistiche della DDR in Heinz Beingler Strasse registra tutto, sa tutto. Quante paia di scarpe compriamo ogni anno (2,3), quanti libri leggiamo ogni anno (3,2) e quanti studenti superano brillantemente ogni anno l’esame di maturità (6347). Ma c’è una cifra che non viene aggiornata, forse perché anche ai burocrati fa impressione: quella del numero dei suicidi. A chi telefonasse in Beingler Strasse per chiedere quante persone la disperazione ha indotto a togliersi la vita tra l’Elba e l’Oder, tra il Mar Baltico e la frontiera meridionale, l’oracolo delle statistiche non risponderebbe. Ma probabilmente passerebbe subito il nome dell’incauto che ha chiamato alla STASI, il Servizio Segreto di Stato, che tutela la sicurezza e la felicità dei cittadini della DDR. Nel 1977 il nostro Paese ha smesso di conteggiare i suicidi. A che serve sapere quante persone giungono a perdere ogni barlume di speranza in un presente più accettabile, in un domani più accettabile, e decidono di farla finita, di darsi la morte, di commettere suicidio? Questa è la formula ufficiale: commettere suicidio! Quando nove anni fa abbiamo smesso di aggiornare il conteggio, in Europa c’era un solo paese che avesse più suicidi della DDR: l’Ungheria. Subito dopo venivamo noi, seguiti da vicino dalla culla del socialismo reale, l’Unione Sovietica.[…]” Georg Dreyman, drammaturgo ne “Le vite degli altri” gli archivi ufficiali dopo la riunificazione della Germania. La sensazione di tradimento è qualcosa che si è portato dietro negli anni, fino a quando non si è ammalato di un male incurabile e non è morto (e c’è il forte sospetto che l’origine di quella malattia risieda nello stress, nella delusione e nella disperazione di quegli anni). Quando a Muhe è stato chiesto come fosse riuscito a recitare così bene in un film così complesso ha risposto “Ho semplicemente ricordato”. Quello che mi ha colpito di più di questa strepitosa pellicola, vincitrice dell’Oscar come migliore film straniero nel 2006, è stata l’atmosfera. Dall’inizio alla fine, aleggia una sensazione di pesantezza, di malinconia e di angoscia. Le stesse sensazioni che si rispecchiano negli occhi di Muhe. Un’altra riflessione, successiva a quella legata alle vicende personali dell’attore protagonista, è che pellicole del genere siano molto utili anche per comprendere in maniera più precisa e più diretta le vicende che hanno caratterizzato un paese in un determinato periodo storico. Io sono stata a Berlino ed è difficile spiegare le sensazioni che ho pro- vato solo mettendo piede in quella città. E’ una città che trasuda storie di vita vissuta e lo può comprendere davvero solo chi ci è stato. La sua architettura è austera ma la sua pesantezza è legata soprattutto a quello che i suoi abitanti hanno dovuto sopportare per anni, i cui strascichi restano ancora oggi. Pur essendo stata a Berlino ed avendo “toccato con mano”, indirettamente, il sollievo legato alla caduta del muro, fino a qualche mese fa non mi ero resa veramente conto di cosa significasse (anche se, probabilmente, fino in fondo non me ne renderò conto mai) vivere ai tempi delle due Germanie e delle due Berlino. Mi sono sentita come quando lessi “1984” di Orwell e pensai “In questo libro non esiste nessuna via d’uscita”. Ed è proprio così che immagino si sia sentito chi ha vissuto lì in quei decenni ma forse, facendo quest’affermazione, potrei banalizzare e semplificare eccessivamente qualcosa che difficilmente io o voi potremmo capire, anche recandoci a Berlino mille volte. Emblematica una delle ultime scene del film, in cui viene inquadrata la libreria “Karl Marx”, nata anni dopo la caduta del muro, che si erge come simbolo di rinnovamento e rinascita. Perché guardare questo film? Perché, a mio parere, spendereste due ore in qualcosa che difficilmente dimenticherete. Perché non potrete non immergervi in un’atmosfera che vi riempirà di un magma di sensazioni, piacevolmente tristi e dolorose. Perché sarà particolarmente intensa l’empatia che si creerà tra voi e Gerd. O forse no, ma vale la pena guardarlo proprio per questo. Buona visione! 35 Istruzione di Lucia Mancini L’EUROPA RISPONDE ALLE ESIGENZE DEI GIOVANI DI PREPARAZIONE AL LAVORO L’ “ERASMUS” COME NUOVO PROGRAMMA DELL’UNIONE EUROPEA PER L’ISTRUZIONE, LA FORMAZIONE, LA GIOVENTU’ E LO SPORT seconda parte I nsomma è quanto può rientrare nel concetto più ampio di “cultura”, che supera i tecnicismi e i valori degli indirizzi professionali specifici per “volare alto” tra una solida cultura di base costruita sia con i saperi umanistici, letterari e filosofici, sia con quelli scientifici “ad ampio spettro”, dalle scienze, all’antropologia, alla chimica e fisica e in generale al concetto di ricerca nel mondo della natura considerato nella sua globalità. E’ chiara in questo senso la valenza internazionale ed europea, proprio perché non si limita ad un sapere territoriale o campanilistico, ma diventa una conoscenza globale e per macroaree. Ovviamente tali saperi si veicolano attraverso metodi e strategie informatiche: si parla infatti di “mobilità virtuale”, intendendo riferirsi a “ una serie di attività basate sull’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, tra cui l’e-learning, organizzate a livello istituzionale, che realizzano o favoriscono esperienze transnazionali e/o internazionali collaborative in un contesto di insegnamento e/o apprendimento”. Dunque apprendimento informatico tramite internet, su piattaforma, con forum e interventi virtuali che consentano anche lo scambio di materiale didattico tra nazioni lontane. In secondo luogo si dà particolare risalto alle inclinazioni precipue dei giovani, usando lo strumento del dialogo strutturato: “il dialogo con i giovani e le organizzazioni che di essi si occupano funge da sede comune di riflessione permanente sulle priorità, sull’attuazione e sul follow-up della cooperazione europea in materia di gioventù”. In terza istanza occorre prestare particolare attenzione alla “mobilità di talenti”, ossia allo spostamento fisico in un paese diverso da quello di residenza per svolgere studi, intraprendere attività di formazione o di apprendimento non formale o informale, come tirocinio, apprendistato, scambi di giovani, volontariato, attività didattica oppure partecipazione ad attività di sviluppo professionale, che includono anche attività preparatorie, quali la formazione nella lingua del paese di accoglienza, nonché attività di invio, accoglienza e follow- up. Alla fine di tale formazione europea “a tutto tondo” si potranno ottenere “diplomi congiunti”, ovvero un diploma unico rilasciato e firmato congiuntamente da tutti gli istituti partecipanti e riconosciuto ufficialmente nei paesi dell’Unione europea. A tale formazione si aggiunge il “partenariato”, ossia “un accordo tra un gruppo di istituti e/o di organizzazioni di vari paesi europei per lo svolgimento di attività congiunte nei settori dell’istruzione, della formazione, della gioventù e dello sport, oppure attività quali progetti di apprendimento congiunto per gli alunni e i loro insegnanti, scambi tra classi e mobilità individuale a lungo termine, i programmi intensivi d’istruzione superiore e la cooperazione tra autorità regionali e locali per promuovere la cooperazione interregionale, anche a livello transfrontaliero; l’accordo può essere esteso a istituti e/o organizzazioni di paesi partner nell’ottica di migliorare la qualità del partenariato”. Questo può accadere solo qualora ci sia una certificazione valida in tutta Europa. Deve cioè formarsi una “rete didattica europea”, dove si ripensi alla strategia didattica in accordo con le aziende, fondata su “competenze chiave”, ossia su un insieme fondamentale di conoscenze, abilità e attitudini di cui tutti i cittadini europei necessitano per la realizzazione e lo sviluppo personale, per essere parte della cittadinanza attiva, per ottenere l’inclusione sociale e l’occupazione”. Per sviluppare tali attitudini occorre usare le cosiddette “attività di Jean Monnet”. S’intende riferirsi con questo termine alle necessità di 25 anni d’informazione promuovere l’insegnamento e la ricerca sull’integrazione europea in tutto il mondo tra specialisti del mondo accademico, discenti e cittadini, in particolare con l’istituzione di “cattedre Jean Monnet” e altre attività accademiche, che promuovano l’acquisizione delle conoscenze negli istituti di istruzione secondaria di secondo grado. Si tratta dunque di attività volte a sostenere alcuni istituti accademici o associazioni che svolgano studi in materia di integrazione europea, contrassegnati per l’ “eccellenza Jean Monnet”. Sono state individuate a tal proposito alcune istituzioni di interesse europeo: 1) l’Istituto universitario europeo di Firenze, fiore all’occhiello evidentemente dell’Italia; 2) il Collegio d’Europa (sedi di Bruges e Natolin); 3) l’Istituto europeo di pubblica amministrazione (EIPA) di Maastricht; 4) l’Accademia di diritto europeo di Treviri; 5) l’Agenzia europea per lo sviluppo dell’istruzione per alunni con esigenze speciali di Odense; 6) il Centro internazionale di formazione europea (CIFE) di Nizza. Infine particolare importanza viene data allo sport, perché possa contrastare le minacce transnazionali all’integrità dello sport, come il doping, le partite truccate e la violenza, nonché tutte le forme di intolleranza e discriminazione. L’attività sportiva deve inoltre promuovere e sostenere la buona “governance” e la duplice carriera degli atleti; le attività di volontariato nello sport unitamente all’inclusione sociale, alle pari opportunità e alla sensibilizzazione sull’importanza dell’attività fisica a vantaggio della salute aumentando la partecipazione e la parità di accesso alle attività sportive per tutti. In particolare tra gli obiettivi di cooperazione che perseguono le attività sportive transnazionale vanno ricordate: il sostegno ai partenariati di collaborazione; il sostegno agli eventi sportivi europei senza scopo di lucro che coinvolgono diversi paesi del programma e contribuiscono al conseguimento degli obiettivi didattici europei; il sostegno allo sviluppo di una base di conoscenze comprovate per la definizione delle politiche; infine il dialogo con le parti interessate europee rilevanti. Per concludere, è interessante notare quante risorse finanziarie vengano stanziate per questo progetto. Recita infatti il capitolo del bilancio del Regolamento: “La dotazione finanziaria per l’attuazione del programma a decorrere dal 1 o gennaio 2014 ammonta a 14 774 524 000 euro a prezzi correnti. Gli stanziamenti annuali sono autorizzati dal Parlamento europeo e dal Consiglio entro i limiti del quadro finanziario pluriennale . L’importo è assegnato alle azioni del programma secondo la ripartizione seguente, con un margine di flessibilità non superiore al 5 % per ciascun importo stanziato: a) il 77,5 % all’istruzione e alla formazione. Dalla citata percentuale sono assegnati il 43 % all’istruzione superiore; il 22 % all’istruzione e alla formazione professionale; il 15% all’istruzione scolastica; il 5 % all’apprendimento degli adulti; il 10 % alla gioventù; il 3,5 % allo strumento di garanzia per i prestiti destinati agli studenti; l’1,9 % all’iniziativa Jean Monnet; l’1,8 % allo sport; il 3,4 % quali sovvenzioni di funzionamento destinate alle agenzie nazionali; nonché l’1,9 % alle spese amministrative da coprire. E’ giusto allora spronare i nostri ragazzi ad avere una formazione culturale e didattica sempre più accettata e riconosciuta dall’Europa, spendibile per un loro concreto futuro “a portata di mano” anche nel mondo del lavoro. Non resta che augurare loro ogni successo anche all’estero, sperando che un domani l’Europa possa diventare ai loro occhi così familiare e accogliente come una seconda casa! 37 Economia, Finanza e Fisco La rivalutazione dei BENI D’IMPRESA I l disegno di legge di stabilità 2014, all’ art. 6, commi da 8 a 15, ripropone lo schema di rivalutazioni dei beni d’impresa e delle partecipazioni, ripercorrendo in gran parte lo schema della legge n. 342/2000, il maggior valore dei beni rivalutati è riconosciuto ai fini fiscali ed è consentito l’affrancamento delle riserve che si generano. Si tratta di una disposizione a carattere temporale e facoltativo che interessa i beni materiali e immateriali, nonché le partecipazioni in società controllate e collegate ai sensi dell’ art. 2359 c.c. A differenza dell’ultima legge di rivalutazione di cui al D.L. 185/2008, la previsione del disegno di legge produce effetti civili e fiscali, nel senso che non è ammessa la sola rivalutazione contabile, in assenza di quella fiscale. La struttura normativa consente la rivalutazione e il riconoscimento dei maggiori valori anche ai fini tributari in contropartita di un saldo in sospensione d’imposta, mediante il pagamento di un’imposta sostituiva delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive in misura pari al 16% sui beni ammortizzabili e al 12% sui beni non ammortizzabili. Gli effetti fiscali, invece, saranno rimandati al 2016, il pagamento della prima delle 3 rate previste dell’ imposta sostitutiva scatta entro il temine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d’imposta 2013, e cioè a giugno 2014. Con la rivalutazione dei beni d’ impresa delle partecipazioni la legge di stabilità 2014, permette alle imprese di far valere la loro reale patrimonializzazione ed avere una maggiore base sulla quale calcolare gli ammortamenti. Questo avviene in deroga all’ art. 2426 c.c., che in particolare prescrive l’ iscrizione delle immobilizzazioni “al costo di acquisto o di produzione”compresi i costi accessori. Il costo a carico delle imprese che optano per la rivalutazione è il pagamento dell’imposta, in sostituzione della tassazione sui redditi e dell’Irap (nonché delle addizionali corrispondenti), che ammonta a: - 16% sui cespiti ammortizzabili - 12% sui cespiti non ammortizzazbili esclusione degli immobili “merce”. Restano esclusi i costi pluriennali di cui all’ art. 108 Tuir, quali ad esempio i costi di pubblicità, i costi di impianto e tutte le altre spese che fanno riferimento a quei beni che non possono essere annoverati nella categoria dei beni immateriali giuricamente tutelati. La rivalutazione deve avvenire per categorie omogenee di beni, tenendo presente a tal fine quanto previsto dal D.M. 162/2001. Ambito di applicazione I soggetti ammessi alla rivalutazione sono tutti gli esercenti attività d’impresa, compresi gli enti non commerciali, le stabili organizzazioni di soggetti non residenti ubicati nel territorio dello Stato e le imprese in contabilità semplificata: sono, infatti, interessate anche le società di persone e le imprese individuali per effetto del richiamo all’ art. 15 della legge n. 342/2000. Per le imprese in regime di contabilità semplificata, la rivalutazione va effettuata per i beni che risultano acquisiti entro il 31 dicembre 2012 dal registro dei beni ammortizzabili. In assenza di un bilancio, devono evidenziare la rivalutazione dei beni in apposito prospetto bollato e vidimato, anche dall’Agenzia delle Entrate, da cui risulti il costo fiscalmente riconosciuto dei beni e la rivalutazione operata (inoltre per tali imprese non opera la disposizione normativa che prevede la formazione di un saldo attivo di rivalutazione). La rivalutazione e i saldi attivi Il maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione si considera riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e del- La norma prevede inoltre la possibilità di affrancare, in tutto o in parte, il saldo attivo della rivalutazione, mediante il pagamento di una imposta sostitutiva pari al 10% di detto importo. In sintesi, sono rivalutabili tutti i beni di impresa che risultano iscritti nel bilancio al 31/12/2012, materiali e immateriali, comprese le partecipazioni di controllo e di collegamento, ad 38 25 anni d’informazione l’Irap a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita. Nel triennio occorrerà dunque recuperare a tassazione i relativi ammortamenti dedotti a conto economico ma indeducibili per l’erario. Invece, nel caso di cessione a titolo onoroso, assegnazione ai soci, la destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’ impresa o al consumo personale o familiare dell’imprenditore dei beni dei beni rivalutati, le plus/minusvalenze derivanti da tali operazioni godranno della rivalutazione solo trascorsi quattro esercizi da quest’ultima. In caso contrario i beni in oggetto saranno considerati ancora al loro costo storico anterivalutazione con riconoscimento di un credito d’imposta alla società pari all’imposta sostitutiva pagata, e contestuale liberazione della riserva per la quota parte riferita ai beni alienati, con conseguente eliminazione del vincolo di sospensione d’imposta e riallocazione della stessa tra le riserve di utili. Infine, anche se la norma non prevede nessun obbligo di perizia dei beni, appare opportuno che ai fini della congruità dei valori venga redatta una perizia. Preferibilmente da esperti esterni qualificati. L’accettazione di una perizia interna non viene esclusa ma essa dovrà essere oggetto di procedure atte ad accertarne l’affidabilità. Oltre all’ affidabilità è possibile effettuare contemporaneamente l’affrancamento del saldo attivo, mediante pagamento di un’imposta sostitutiva del 10%, che consente di liberare la riserva di rivalutazione in capo alla società, fermo restando la tassazione in capo ai soci all’atto certficato A.N.AMM.I. n. L160 DR. LUCA CELANI Associazione Nazional-europea AMMinistratori d’Immobili della distribuzione se trattasi di società di capitali. Relativamente alla base imponibile dell’affrancamento della riserva, l’importo da affrancare è al lordo dell’ imposta sostitutiva versata, anche se la stessa è stata portata a riduzione della riserva all’ atto della rivalutazione. Il successo o meno del regime di rivalutazione sui beni d’impresa, anche dal punto di vista delle risorse che l’ Erario auspica di incassare, dipende da una serie di variabili, piuttosto aleatorie. Dal punto di vista delle imprese, la scelta di avvalersi, oltre che della rivalutazione, anche di altro strumento che permette il riconoscimento fiscale di maggiori valori dei beni iscritti in bilancio rispetto a quelli che hanno assunto fiscale rilevanza: si tratta del cd. riallineamento. Il riallineamento, quindi, è un’operazione autonoma che consente di coprire il differenziale preesistente tra valori civili e fiscali dei beni; oltre tale importo, il riconoscimento dei maggiori valori, nei limiti del valore economico, è affidato alla rivalutazione. Infine, per le partecipazioni di controllo e di collegamento iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie, la rivalutazione si presenta molto poco favorevole a motivo del regime di partecipation exemption, fermo restando che il beneficio potrebbe riguardare, invece, le partecipazioni che non hanno i requisiti per l’ esenzione, come nel caso di partecipazioni in società immobiliari. Dott.ssa Eleonora Caporiccio AMMINISTRAZIONI CONDOMINIALI GESTIONE CONDOMINIALE TRASPARENTE CONSULENZA LEGALE, FISCALE E TECNICA USO DELLO STUDIO A SALA CONDOMINIALE, CON PARCHEGGIO PRIVATO ANNESSO PREVENTIVI GRATUITI FROSINONE VIA TIBURTINA 222 (P.ZZA MADONNA DELLA NEVE) • TEL/FAX 0775961275 • CELL. 3474998136 [email protected] • WWW.MIOCONDOMINIO.EU 25 anni d’informazione 39 Ver illud erat Potranno tagliare tutti i fiori ma non fermeranno mai la Primavera. Pablo Neruda Barbara Turriziani È con le suadenti note di In the Mood di Glenn Muller, nato il primo di questo mese 110 anni fa, che accogliamo Marzo e i suoi presagi di Primavera, le prime gemme sui rami, i fiori spontanei spuntati a sorpresa nei giardini, il canto degli uccelli al mattino più energico e brillante. ‘Marzo è pazzerello, esce il sole e porta l’ombrello’ ma ci sono delle piogge primaverili deliziose in cui il cielo sembra piangere di gioia. Boris Pasternack, nel Dottor Zivago racconta che ‘La primavera inebriava talmente il cielo che esso ne era stordito e si copriva di nuvole’. Nel firmamento la Via Lattea invernale tende a spostarsi sempre più verso occidente, lasciando il posto ad un’area con bassa densità di stelle. Orione e Cane Maggiore sono sempre più basse sull’orizzonte, sostituite a sud dalla costellazione del Leone, la cui presenza indica l’arrivo prossimo della stagione. Le sue stelle principali formano un grande trapezio, al quale è connesso un famoso asterismo, noto come La Falce, per la caratteristica forma ricurva. Anticamente la costellazione era più estesa: la parte della testa comprendeva la parte settentrionale del Cancro e della Lince, mentre la parte terminale della coda era rappresentata dalla famosa chioma di stelle che ora fa parte della costellazione della Chioma di Berenice. Evidenti e luminose saranno Arturo, nella costellazione del Boote, verso est e Spiga, più a sud, la più brillante della costellazione della Vergine. Queste due stelle, insieme con Denebola, costituiscono l’asterismo del Triangolo di Primavera. A nord, il Grande Carro si mostra ‘capovolto‘ e di contro, bassa sull’orizzonte nord, si staglia Cassiopea. Verso ovest, domina ancora la figura di Orione dalla mistica cintura e quella dei Gemelli, la luminosa Sirio e la costellazione del Toro, con le velate Pleiadi. In Marzo ci troviamo 40 alla fine dell’Inverno astronomico e all’inizio della Primavera, nella notte tra il 20 e il 21, molte culture celebrano, ancora oggi, l’Equinozio di Primavera, allorquando la durata del giorno equivale a quella della notte ma oltre il quale l’arco diurno aumenta rapidamente e con esso l’altezza del Sole sull’orizzonte, cosicché le giornate divengono più calde, anche se restano possibili, fino ai primi di Aprile, ‘ricadute‘ invernali. Le Effemeridi ci dicono che il 1° Marzo il Sole sorge alle 6: 45 e tramonta alle 18:00, mentre il 31 esso sorge alle 5:55 per poi tramontare alle 18:34, con un guadagno netto di insolazione di circa 1 ora e 24 minuti. La Luna, il primo del mese, è in fase di Novilunio, detta di Luna Nuova o Nera, o anche Luna Anziana. È la Luna del riposo, della meditazione, della rigenerazione, del recupero di energie spese, della divinazione. I processi mentali sono rallentati e la sensibilità aumenta. Momento di forte trasformazione, molto adatto a chiudere col passato per aprire nuovi capitoli. È il momento ideale per depurarsi con un giorno di digiuno o semidigiuno a base di acqua e succhi di verdure e frutta. Sarà in Plenilunio il 16, La Luna Piena, o anche La Madre. In questa fase l’astro ha una potenza infinita, è nel culmine della sua forza e bellezza e aiuta a rafforzare qualsiasi situazione che richieda la massima concentrazione. È la Luna opposta al Sole che fa più lucidi i sogni e rapidi gli eventi che ci aiuta a rafforzare qualsiasi situazione in cui si richieda la massima con- centrazione. È il momento migliore per esprimere la propria creatività artistica, aumentare l’apporto di energia nei nostri lavori. Le erbe medicinali raccolte in questo momento sono più efficaci. In questa fase si può avere il massimo dei benefici dall’esercizio fisico e dalle cure di bellezza. Tra le Date da ricordare, l’11 marzo, in cui ricorre il 470° anniversario della nascita di Torquato Tasso, autore ispirato del celeberrimo poema epico ‘Gerusalemme Liberata’. Chi ne ricorda il proemio? ‘Canto l’armi pietose e il capitano/ che il gran sepolcro liberò di Cristo/ molto operò con il senno e con la mano/ molto soffrì nel glorioso acquisto‘. Il 30 del mese nel 1844, inoltre, nasceva a Metz, in Francia da un’agiata famiglia borghese, il poète maudit Paul Verlaine, la cui influenza nel panorama letterario risulterà molto significativa. Il 15 marzo del 44 a. C. Caio Giulio Cesare venne assassinato in Senato, da un nutrito gruppo di congiurati per stroncare la sua proclamazione a Re di Roma. Svetonio, ne ‘La vita dei dodici Cesari’, racconta che ‘Si decise di murare la Curia in cui fu ucciso, di chiamare Parricidio le Idi di marzo e che mai in quel giorno il Senato tenesse seduta’. Il ritorno della Primavera fu fatale anche per l’ormai leggendario Jacques de Molay, ultimo Gran Maestro dell’Ordine dei Templari che, il 18 marzo 1314, fu mandato al rogo, insieme a trentasette confratelli, a pochi passi dalla cattedrale Notre Dame, a Parigi, dopo torture e una lunga prigionia, accusati di eresia da Filippo IV di Francia, detto il Bello. Si racconta che quando il grande Maestro vide il rogo, chiese ai suoi giustizieri di essere rivolto verso la cattedrale e di unire le mani per un’ultima preghiera. ‘Morirò presto e Dio sa che e’ ingiusto. Ma io vi dico che la disgrazia cadrà su coloro che ci condannano ingiustamente‘. E poi rivolgendosi al papa Clemente V e al re aggiunse: ‘Vi affido entrambi al tribunale di Dio, tu Clemente nei prossimi 40 giorni e tu Fi- 25 anni d’informazione Almanacco di Marzo lippo prima della fine dell’anno‘. La predizione si realizzò. Papa Clemente V morì un mese dopo e Filippo il Bello fu vittima, nello stesso anno, di un incidente di caccia a Fontainebleau. Vi è corso o no un brivido lungo la schiena? Per sollevare gli animi però, basta lasciarsi soggiogare dalla seducente tela, opera d’arte del maestro Monet, ‘Iris nel giardino‘, del 1900, conservata al Museo d’Orsay, a Parigi. In essa trionfa il colore. I fiori sono rappresentati come una grande macchia senza soluzione di continuità, con zone colpite dal sole ed altre in ombra. Ed è proprio nella resa delle zone scure che Monet applica la grande innovazione dell’impressionismo, quelle ombre colorate che sconvolsero la pittura. Rasserenante e coinvolgente, il quadro riesce persino ad inebriare chi lo contempla dei soavi effluvi delle aiuole traboccanti. Il consiglio di lettura per il mese di Marzo si permea dei colori e dei tepori primaverili e inneggia alla Natura e alla sua energica pulsione vitale: ‘Arboreto Selvatico‘ di Mario Rigoni Stern. L’autore si lascia ispirare dalla riflessione del maestro russo Anton Cechov: ‘Chi conosce la scienza sente che un pezzo di musica e un albero hanno qualcosa in comune che l’uno e l’altro sono creati da leggi egualmente logiche e semplici’. Forse per questo i soldati romani avevano timore di sfrondare le querce. Il libro è una collezione di racconti, ciascuno dedicato ad una pianta diversa, che fornisce il pretesto per raccontare vicende e ricordi personali. Il larice, il castagno, la quercia, il ciliegio, il frassino, il gelso e tanti altri sono l’appassionato omaggio che Rigoni Stern fa a quello che Gadda definiva ‘ il popolo degli alberi’ dignitoso, antico e saggio. Colpisce il profondo affetto reverenziale nei confronti degli alberi che aiutano da sempre gli uomini, rendendone possibile la vita. La proposta del Film da rivedere strizza l’occhio ad un vero e proprio classic movie: Il Mago di Oz, del 1939, trasposizione cinematografica de ‘Il meraviglioso mago di Oz’ di L. Frank Baum, per la regia di Victor Fleming, lo stesso di Via col Vento, uscito nello stesso anno e ugualmente prodotto dalla Metro Goldwyn Mayer. L‘ interprete principale è una giovane Judy Garland, adorabile interprete di uno dei brani più belli della storia della musica ‘Somewhere over the 25 anni d’informazione Monet, Iris nel giardino, 1900 rainbow’. Invece il protagonista dell’ Erbario del mese è il Melangolo o Arancio amaro, un agrume ibrido dalle molte virtù. Utilizzato dall’industria profumiera, vanta preziose proprietà medicinali. Si differenzia da quello dolce per le spine più lunghe all’ascella delle foglie che appaiono più scure e dal profumo più intenso. Anche la buccia è più colorata e più ruvida e soprattutto la polpa ha uno spiccato gusto amaro. Gli Arabi lo coltivavano fin dal se- colo nono e nei primi anni del secondo millennio lo importarono in Sicilia. Il frutto intero può essere utilizzato per preparare le famose marmellate e la frutta candita, la buccia viene impiegata in liquoreria. L’industria farmaceutica si serve soprattutto della buccia per la preparazione di vari digestivi e tonici. L’olio essenziale è ottenuto dalla scorza, favorisce l’appetito e la digestione. Nell’aromaterapia può svolgere la funzione di rilassante o di rinfrescante a seconda della miscelazione con altri oli. Tonifica l’apparato digerente, il sistema nervoso ed è ritenuto antidepressivo, indicato per l’insonnia e l’esaurimento nervoso. Possiede proprietà antisettiche, viene consigliato nella cura dell’acne e della forfora. A conclusione, per festeggiare l’Equinozio, per la Ricetta del mese, vi propongo un dolce strudel, reso molto morbido dalle fragole e dalla crema pasticciera, una variante stagionale di quello intramontabile alle mele. La crema è senza latte vaccino e quindi adatta anche agli intolleranti al lattosio. Vi auguro un mese spumeggiante, come il Brachetto d’Aqui consigliato per accompagnare questo dessert! Strudel di Primavera: Ingredienti per 6/8 persone: Per la pasta - 1 uovo; 300 gr d farina; 3 cucchiai di olio di semi di girasole; 60 gr di zucchero; scorza di limone grattugiata. Per la farcia- 2 tuorli; 250 gr di fragole; 300 ml di latte di riso; 80 gr di farina; 60 gr di zucchero + 2 cucchiai; scorza di limone. Per la finitura - 1 tuorlo; 2 cucchiai di zucchero; 1cucchiaino di succo di limone; zucchero di canna. Preparazione: per la pasta: sbattere in un ampia ciotola l’uovo con lo zucchero. Profumare con la scorza di limone ed unire gradatamente la farina mescolando con un cucchiaio. Trasferire il composto su un piano di lavoro e lavorarlo manualmente, fino ad ottenere una pasta morbida. Formare una palla e porla in frigorifero per 30 minuti. Per la farcia: portare ad ebollizione il latte di riso con la scorza del limone a pezzetti, spegnere e lasciare in infusione per 10 minuti. Con una frusta sbattere i tuorli con lo zucchero, unire i 60 gr di farina setacciata e versarvi sopra il latte filtrato. Amalgamare bene, rimettere il composto nella casseruola e far addensare a fuoco dolce fino ad ottenere una crema densa. Versarla in un recipiente freddo e lasciarla raffreddare. Stendere sottilmente la pasta con il mattarello in un rettangolo. Spolverizzare con poco pangrattato e distribuire uniformemente la crema, lasciando liberi i bordi esterni per 4 centimetri. Ricoprire con le fragole, precedentemente pulite e tagliate e cospargere con poco pangrattato. Ripiegare i lembi del lato corto della pasta verso l’interno e successivamente i lati lunghi al centro saldandoli con una lieve pressione. Per la finitura: sbattere rapidamente il tuorlo con il succo di limone e i due cucchiai di zucchero e spennellare uniformemente tutta la superficie dello strudel. Spolverizzare con pochissimo zucchero di canna, trasferire il dolce in una teglia e cuocere in forno già caldo, a 170 gradi, per 25/30 minuti. Lasciarlo raffreddare e cospargere di zucchero a velo. 41 Moda di Emanuela Crescenzi Salopette di Primavera are amiche eccoci a noi! Il gelo è passato e ci prepariamo per la nuova stagione. A febbraio abbiamo visto sfilare i grandi della moda e abbiamo potuto ammirare tutte le novità, la prima su tutte, la mitica salopette di jeans tornata alla ribalta dopo oltre 30 anni di latitanza; io la chiamo “il capo rivelatore” e vi spiego il perchè: sentirla nominare, sembra una cosa semplice e soprattutto facile da portare e invece NO! Penso che sia il più difficile in assoluto; è quel capo adatto solo alle vere fashion addict, tutte le altre sembrerebbero dei buffi spaventapasseri abbandonati in un campo di grano. La salopette di jeans è super versatile e perfetta in outfit sportivi con sneakers e camicia a quadri, oppure con maglietta bianca e giubbino di pelle, ma anche con camicia bianca stretch e tacco 12 per una serata in discoteca, insomma non fatevela scappare, fate come me e le mie amiche che non abbiamo perso tempo come vedete dalle foto. Naturalmente la salopette è perfetta anche da uomo e anche per lui valgono le stesse regole per gli abbinamenti, perfetta sportiva con converse o anfibi e maglietta ed elegante con giacca, Duilio e cravatta portata sul collo e non sulla camicia. Questo fantastico capo è perfetto anche per i bambini, quindi al via lo shopping senza dubbi e senza timori; accettate questa sfida? Aspetto le vostre foto, gli outfit più particolari saranno pubblicati sul prossimo numero. In questo periodo si inizia a pensare anche alle imminenti cerimonie, alle quali siamo state invitate per i prossimi mesi, iniziamo con il vietare le su citate salopette ed optiamo per capi super eleganti, vi ri- C 42 cordo che non siamo Madonne in processione e neanche nomadi, quindi lasciamo a casa, per chi per sbaglio dovesse averli, gli accessori vistosi, in quanto volgari e non eleganti, al bando anche zatteroni e doppi fondi, adatti solo su capi sportivi e un immenso si a sandali con tacco a spillo, il no più assoluto anche agli stivali se non siete alte e magre, vi “cioncherebbero” ulteriormente le “zampette” e no anche ai tronchetti se già a tronco avete la caviglia; non smetterò mai di sconsigliarvi i leggins in quanto antiestetici e molto poco eleganti, via libera ad abiti longuette, tailleur sotto il ginocchio e pantaloni a palazzo da abbinare a giacche aderenti e strutturate. capelli e trucco risentiranno della primavera assumendo colori caldi e vivaci. Chi di voi il 22 febbraio ha partecipato al grandissimo evento “sei di Frosinone se...”? Aspetto le vostre foto ed i vostri aneddoti più belli a riguardo e ringrazio ancora gli organizzatori per averci riportati indietro nel tempo... per questo mese vi saluto e vi do appuntamento al prossimo con tantissime altre novità. Ciao, ciao e che il fashion sia con voi. 25 anni d’informazione Moda Trend floreale per la bella stagione di Federica Spaziani Testa arissime amiche, eccoci qua con tanti consigli utili per affrontare al meglio l’arrivo tanto atteso della bella stagione! Per quanto riguarda i tessuti, ci attendono meravigliose stampe floreali e colorate sulle passerelle degli stilisti per la primavera estate 2014, che sarà all’insegna dei colori vivaci e si confermeranno le stampe sui tessuti. Le collezioni saranno dominate dalle stampe floreali e botaniche, animalier in ogni variante. C COLORI – Gli stilisti hanno presentato collezioni che rievocano il mondo dell’arte, nonché colori esotici e stampe floreali. La moda per la primavera estate 2014 è tappezzata di fiori. Le fantasie floreali non sono più banali, ma diventano vere e proprie opere d’arte. Le stampe floreali presentate dagli stilisti sulle passerelle sono meravigliose, a volte delicate, altre molto forti.Talvolta i fiori si sviluppano lungo l’orlo di una camicia, una gonna, talvolta piccoli mazzi di fiori poggiati sapientemente sulle spalle. SCARPE – I sandali sportivi, nei colori brillanti e in materiali ultra moderni, saranno la novità presentandosi come il giusto compromesso tra le “ciabatte ” e nuove calzature. Gradito ritorno per le caviglie sottili sarà il classico cinturino, che regalerà un tocco retrò al sandalo, a decolleté e ballerine. Le ballerine infatti non vedranno il tramonto nemmeno per la prossima stagione ma si declineranno sia nella versione a punta tonda che in quella triangolare. I tacchi sono estremamente vari, ma è da notare il tacco medio e non più vertiginoso. Le zeppe saranno sempre un must. BORSE - I modelli proposti in passerella danno grande spazio alla praticità con il ritorno dello zaino a spalla. Sempre di moda le maxi shopper da un lato e i mini bauletti e pochette da tenere in mano. Il tessuto top di quasi tutte le collezioni è sicuramente il pizzo chantilly. Appuntamento al prossimo mese, care amiche! 25 anni d’informazione 43 Mitologia di Barbara Turriziani Le Dee della Primavera Ecco sul tronco si rompono le gemme: un verde più nuovo dell’erba che il cuore riposa. Salvatore Quasimodo I l repentino schiudersi dei fiori, il ritorno delle rondini, la gioiosa danza di corteggiamento degli animali hanno sempre rappresentato un richiamo ancestrale molto potente, oltre che una fonte di inesauribile ispirazione per poeti e artisti. Il tenero trifoglio, i tenui colori dei fiori di mandorlo, il primo a fiorire dopo i rigori invernali, le brezze impalpabili e fragranti, tutto attorno a noi vibra di energia vitale. Ogni anno, con l’arrivo della primavera, riviviamo l’emozione della giovinezza, con tutto il carico di inquietudine, curiosità e spensieratezza che la caratterizza. Prima della scienza, prima della legge, c’è il mito, modo ingenuo e fantasioso di spiegare l’origine delle cose. Numerosi sono i miti e le allegorie intorno al tema del risveglio della natura che archetipicamente rappresenta quel tempo in cui tutto deve ancora accadere e la vita appare piena di possibilità. Quasi ogni cultura ha prodotto la sua dea della primavera, o dea del mattino o della luna crescente. Tale era la predilezione dei greci per la stagione primaverile che anche Era, la moglie di Zeus che non fa certo parte delle dee fanciulle, in primavera viene onorata come Era la Fanciulla. Non a caso, il rito celebra la dea immersa in un bagno che le restituisce simbolicamente la purezza, sebbene sia l’ Estate il tempo in cui la madre degli Dei realizza la perfezione dei suoi scopi, attraverso il matrimonio rituale, in cui è onorata come Era la Perfetta. Ma la divinità greca che per eccellenza ci ricorda la primavera è Afrodite, nata dalla spuma del mare, la giovane e splendida dea dell’amore che evoca il lato più sensuale della stagione, ovvero quel magico potere di attrazione che rende possibile la nascita di ogni cosa. Il mito narra che ‘al suo passaggio spuntano i fiori, cantano gli uccelli e tutta la natura sembra gioire’. È avvolta di rose e 44 di mirto; colombe, passeri e cigni tirano il suo carro; il suo cinto magico, ornato di ceselli, le permette di sedurre chiunque. Le sono sacre le rose, ma anche il melograno e il mirto che, ancora oggi, le spose usano inserire nel bouquet il giorno del matrimonio. Anche la mela, remoto emblema dell’amore, si trova nella sua mano, a ricordo della scelta di Paride che pose fine alla disputa su chi fosse la più bella tra Afrodite, Era ed Atena. Una delle poche divinità ad esserlo, fu da Zeus data in sposa ad Efesto, il deforme dio fabbro che non riuscì, però, a trattenerla a sè, la dea ebbe infatti molti amanti, Ares per esempio, il dio della guerra o Anchise, il mortale con cui generò Enea. Lucrezio nel De Rerum Natura la invoca, dedicandole alcuni dei versi più ispirati e appassionati della letteratura: ‘E poiché tu sola governi la natura, e senza di te nulla nasce nelle divine plaghe del giorno, e nulla diviene lieto né amabile, desidero che tu mi sia compagna nello scrivere questi versi, che tento di comporre sulla natura’. La Venere romana era meno complessa della Afrodite greca. Era una dea delicata, diremmo una dea dell’amore giovanile, quello che nasce quando si va in giro a raccogliere le fragole. Le si consacravano le bacche selvatiche e le erbe, le pigne e i cipressi. Grandi celebrazioni venivano tributate anche a Flora, ancestrale divinità che incarnava il fiorire della natura in tutte le sue forme. Durante i giorni in suo onore, le Floralia, il corpo femminile veniva onorato in modo particolare. Era la regina di tutte le piante, comprese quelle commestibili ma veniva anche invocata per proteggere i bambini e per avere raccolti e fioriture rigogliose. Come ci racconta Ovidio nei Fasti, la dea è felice William Adolphe Bouguereau (1825-1905) Flora And Zephyr (1875) sposa di Zefiro, il vento che annuncia la primavera. I romani ritenevano che senza il suo aiuto la città sarebbe morta, ma anche i Sabini e i Vestini la venerarono piamente, questi ultimi le dedicarono persino il mese corrispondente al nostro luglio. A lei era associata anche Feronia, signora dei fiori primaverili e dei boschi. Molti templi le vennero consacrati in tutta la penisola, se ne possono ricercare rovine a Roma, Preneste, Terracina ma anche in Toscana e nelle Marche; a Montrucchio, in provincia di L’Aquila si erge tuttora una statua con incisioni dedicatorie per lei. Anche le mistiche Pleiadi ci ricordano di Maia, figlia di colui che regge la volta celeste, Atlante, antica protettrice della fecondità e del risveglio di natura. Ogni anno, persino Vulcano le offriva sacrifici propiziatori. A lei è intitolato il mese più dolce dell’anno, maggio. Nell’antica Roma, non c’era primavera senza celebrazioni per Anna Perenna, Dea Madre, antichissima divinità femminile di oscura origine che veniva festeggiata alle Idi di Marzo, capodanno arcaico, nel bosco sacro a lei dedicato, poco fuori le mura di Roma. Così scrive Ovidio: ‘Nelle Idi si celebra la gioiosa festa di Anna Perenna non lontano dalle tue rive, o Tevere forestiero. Viene la plebe e, sparsa qua e là sulla verde erba, s’inebria di vino, e ognuno si sdraia con la propria compagna. Parte resiste sotto il nudo cielo; pochi piantano le tende; alcuni con rami fanno 25 anni d’informazione una capanna di frasche; parte, piantate canne invece di rigide colonne, vi pongono sopra le toghe dopo averle dispiegate. Ma si scaldano di sole e di vino, e si augurano tanti anni quante sono le coppe che bevono e le contano bevendo. Lì anche cantano tutto ciò che imparano a teatro, e accompagnano le parole con agili gesti delle mani; deposte le coppe intrecciano rozze danze, e l’agghindata amica balla con la chioma scomposta. Al ritorno barcollano, danno spettacolo di sé a tutti e la gente che li incontra li chiama fortunati’. Il poeta la crede sorella di Didone, regina di Cartagine che è costretta a fuggire e a cercare rifugio presso Enea, nel Lazio. La moglie dell’eroe troiano, Lavinia, gelosa, la fece perire in un fiume. Divenuta ninfa delle acque, continua in perpetuo a bisbigliare fra le onde. Nel 1999, gli scavi per un parcheggio nel quartiere Parioli della Capitale, portarono alla luce i resti di una fontana romana con iscrizioni che inneggiavano alla dea e alle ninfe, confermando le fonti storiche di Ovidio. All’interno della cisterna sono stati rinvenuti manufatti, eccezionali per numero e tipologia, legati all’aspetto cultuale, come monete, gusci d’uovo e a riti magici, quali lucerne, figurine antropomorfe e numerosi frammenti lignei e carpologici. Ma c’è un’altra versione che vede in Anna Perenna una buona vecchina che soccorse i rivoltosi plebei romani rifugiatisi sul Monte Sacro nel 494 a.C., sfamandoli ogni giorno con le focacce che impastava con le sue mani, benché fosse povera. Per gratitudine, i romani le dedicarono una statua. Una sorta di Befana ante litteram! Qualunque sia la sua origine, questa dea romana presiedeva al corso dell’anno ed era una personificazione femminile che incarnava l‘ eterno ritorno. In Grecia, invece, il perenne ritorno della Primavera era legato al mito di Proserpina, figlia della dea Cerere. E’ una storia tramandata oralmente, ripresa negli inni orfici, trascritta da molti autori della letteratura latina, tra i quali l’ammaliante narratore Ovidio che ci racconta del ‘ratto di Proserpina‘ nelle Metamorfosi. La musa Calliope ‘canta’ il rapimento della giovinetta alla Dea Atena: ‘’Per prima Cerere smosse le zolle con l’aratro adunco/ per prima diede al mondo grano e soavi alimenti,/ per prima fondò le leggi: tutto è dono di Cerere. / È lei che devo cantare, e vorrei poter can- 25 anni d’informazione tare / in modo degno della dea. Certo la dea è degna del canto’‘. Nell’isola di Sicilia, sotto la quale giace, schiacciato, il gigante Tifeo per aver cercato con i suoi fratelli di spodestare Giove, venne Cerere a fecondare le terre, a portare la vita con la giocondità dei suoi doni. Cerere, la Madre terra, sorella di Giove, era venerata per aver insegnato agli uomini la coltivazione dei campi. Aveva una figlia incantevole di nome Proserpina, che soleva giocare con le compagne nei verdi prati alle falde dell’Etna. Un giorno, mentre Plutone, il più odiato degli dei, poiché signore degli inferi, era salito sulla terra a controllare che il gigante non provocasse terremoti, Proserpina, in compagnia delle Oceanine e sotto lo sguardo materno, era intenta a cogliere i fiori del prato. Dall’alto del monte Erice, Venere vide la scena e, indispettita dal fatto che il terribile dio e la virginea fanciulla fossero immuni alla sua L. Bernini (1598-1680) Il ratto di Proserpina (1621/1622) potenza, chiese al suo alato figlio, Amore, di scagliare una freccia e far cadere sotto la sua malìa anche la terza parte del cosmo, il Tartaro appunto, dopo Giove, dio del Cielo e Nettuno, padrone del Mare. Cupido, lesto si affrettò a scoccare e, quando, inavvertitamente, Proserpina si discostò per prendere un bel narciso, ecco all’improvviso davanti a lei aprirsi la terra e sbucare dal profondo Plutone, acceso d’amore per lei, sulla sua carrozza trainata da cavalli prorompenti. In quell’attimo di sorpresa, egli afferra la giovinetta e, incurante delle sue grida pietose, la trae di forza nella carrozza e scompare nuovamente nelle viscere della terra per farne la sua sposa. Un ratto d’amore e di morte. Proserpina era morta con lui e tutto ciò era avvenuto con il consenso di Giove. Cerere allarmata dalle grida della figlia cominciò a cercarla in ogni dove, senza darsi riposo dall’alba al tramonto ma invano. Calata la notte, accese alle falde dell’Etna due ramoscelli di pino, fiaccole improvvisate per rischiararsi la via. E così fece per nove giorni e nove notti, senza prendere riposo, né cibo, continuando, invano, a cercare sua figlia su tutta l’isola su di un possente carro trainato da draghi. Plutone, intanto, nell’ ade, in onore della delicata sposa, aveva fatto scaturire, una fonte azzurra, la fonte Ciana, godendo della sua compagnia. Fu Elios, il dio Sole che illumina la terra e con la sua luce discopre ogni trama oscura, a rivelare a Cerere la verità. Distrutta dal dolore e dal tradimento del fratello, la dea decise di abbandonare l’Olimpo, immersa nel tormento e indignata contro tutti gli Dei che non si erano mossi ad aiutarla. Senza le cure della Madre terra, cessò dunque la fertilità dei campi e vennero i tempi della carestia e della morte. Giove vedendo la fame sterminare intere popolazioni, mandò in più riprese messi ad ammansire l’indignata Cerere, ma la dea sarebbe tornata alle cure della terra, solo dopo avere riottenuto in vita Proserpina. Giove, allora, spedì Mercurio come messaggero da Plutone. Il dio degli inferi non osò disubbidire al volere di Giove, esortò la fanciulla a salire sul carro che doveva ricondurla sulla terra. Prima che ella si allontanasse però le offrì alcuni chicchi di melograno. Proserpina li accettò, ignorando che per un’antica legge divina i rossi chicchi di quel frutto l’avrebbero per sempre legata agli inferi. Insieme a Mercurio la fanciulla ritornò nel mondo della luce e si recò nel tempio di Eleusi, dove trovò Cerere. Al solo vederla la dea si trasfigurò in volto, corse incontro alla figlia, l’abbracciò teneramente. Si consolarono a vicenda, parlando a lungo tra loro. La Madre comprese però che il legame tra la sua amata figlia e Plutone era ormai indissolubile e perciò chiese a Giove di poterla avere con sé almeno per una parte dell’anno. Il dio dell’Olimpo acconsentì, così Cerere ritornò finalmente fra gli dei e la natura si risvegliò. Da quel giorno, ogni volta che Proserpina torna nel mondo, i prati si coprono di fiori, i frutti cominciano a maturare sugli alberi e il grano germoglia nei campi. È la stagione della Primavera. 45 Alchimie sonore N ei dizionari generalisti, ma anche in alcuni più specialistici, si trova spesso la definizione di Musica come ‘arte dei suoni’ed effettivamente le declinazioni dell’arte musicale sono oggi infinite. Tuttavia poi basta guardare i trattati elementari di teoria per accorgersi in evidente contraddizione che nominalmente i suoni sistematizzati possono ridursi a sette, Do-RE-Mi-Fa-Sol-La-Si, qualcuno in più se si considerano le cosiddette note alterate, i famigerati ‘tasti neri’ (Do#-Re#-Fa#-Sol#-La#), che rappresentano entità autonome in tutto e per tutto; dunque la stragrande percentuale della musica da noi oggi conosciuta utilizza combinazioni di soli 12 suoni; potremmo definire musica l’arte dei 12 suoni’? Questo ancora no, perché già solo in questo gruppo entrano fanno parte altri parametri che rendono un suono con lo stesso nome profondamente diverso dall’altro, ad esempio un Do centrale di un pianoforte è ben dissimile da un Do del violino o della voce umana benché provengano dallo stesso fenomeno, gemelli diversi. Dunque le note, nella concezione generica della musica, ed intese come suoni fondamentali sono 12, mentre le sfumature riconducibili a quelle note sono ben più numerose se prodotte da differenti strumenti. Inoltre queste ‘note’ cambiano ancora la loro caratteristica uditiva se lo strumento suona forte o piano, addirittura vicino o lontano. Questo per ridurre il campo alla musica codificata intorno a questi 12 suoni, mentre se entriamo nel campo della musica più antica o popolare che utilizza anche suoni esterni a questa codifica, il discorso si allarga; se poi arriviamo al generico campo delle frequenze come ha disposto la musica nel ‘900 le possibilità sono infinite. In fondo vi siete mai chiesti cosa c’è tra il Do e il Do#, e perché alcune note che cantiamo non riusciamo a trovarle sulla tastiera definendole ‘stonature’? Il suono è un fenomeno complesso ed affascinante la conoscenza delle cui caratteristiche fondamentali è di grande aiuto per i musicisti ma può incuriosire anche i semplici appassionati che possono meglio apprezzare le sfumature 46 o le scelte sonore in una composizione. Cos’è effettivamente un suono? non possiamo toccarlo, o vederlo, possiamo sentirne la sua manifestazione invisibile quando mettiamo in sollecitazione un corpo elastico che ci restituisce l’energia sotto forma di onde sonore e pressione. Se battiamo le nocche su un tavolo di legno cosa pensiamo di sentire? Il rumore del tavolo? O del legno? Nulla di ciò, perché già se lo percuotiamo con le nocche o col palmo restituisce un suono completamente diverso, se poi usiamo una penna, un altro ancora; dunque il suono risultante è un misto tra gli oggetti che collidono, ma ancora non basta perché profonde differenze avvengono se siamo in un ambiente caldo o freddo, umido o secco. Per essere vagamente più precisi, dovremmo descrivere almeno ‘il rumore della percussione di un oggetto rivestito di tessuto che batte un oggetto composto di legno cavo stagionato rivestito e verniciato in una stanza di tot dimensioni e ad una temperatura ed umidità determinate… ma non basta. In effetti se noi portiamo il nostro tavolino all’aperto produrrà un effetto acustico molto diverso, benché ne riconosciamo ancora le caratteristiche, se poi lo immergiamo in una vasca d’acqua non riconosceremo più assolutamente la provenienza o il materiale. Il suono è uno spostamento di energia che parte da una sorgente messa in movimento e si propaga con moto ondulatorio, similmente all’immagine di un sasso gettato in uno specchio d’acqua. Dunque un suono è una vibrazione del corpo messo in sollecitazione che si diffonde nel corpo stesso e nelle varie direzioni, con velocità e caratteristiche differenti dovute alla densità del mezzo ed anche alla sua temperatura. Ad esempio nell’aria il suono percorre mediamente circa 333 metri al secondo, una velocità notevole, sebbene infinitesimale se paragonata alla strabiliante velocità di propagazione della luce che è di circa 300000 Km al secondo. Questa caratteristica è facilmente misurabile con l’esperienza e ci consente, ad esempio, di determinare con approssimazione, durante un temporale, quanto siamo al sicuro rispetto ad una tempesta di fulmini. Contando a partire dal lampo fino a quando si ode il tuono, possiamo stabilirne la distanza in linea d’aria e vedere se, ad esempio, il temporale è in avvicinamento o viceversa; se contiamo fino a 5 da quando vediamo il fulmine a quando sentiamo il tuono sapremo che il fulmine è caduto in un raggio di circa 1665 metri da noi, mentre se non facciamo in tempo a contare è il caso di allontanarsi…In altri mezzi di diversa densità come i fluidi o i metalli, il suono si muove molto più velocemente: nell’acqua tiepida può arrivare a 4000 metri a al secondo che divengono 6000 nell’acciaio e nel vetro ed addirittura 18000 nella grafite…e nel vuoto? Nel vuoto il suono a differenza della luce non si propaga, quindi rassegnamoci a pensare che le apocalittiche e fragorose esplosioni interstellari evocate in Star Wars sono una invenzione cinematografica, mentre è più plausibile l’immagine dell’indiano apache con l’orecchio poggiato a terra per sentire in anticipo le vibrazioni di una cavalleria in arrivo. Dunque non possiamo vedere il suono ma solo sentirlo materializzarsi come uno spirito negli oggetti che attraversa, ai quali dà caratteristica e consistenza materica. Tuttavia, possiamo misurarlo, abbastanza accuratamente, 25 anni d’informazione Cultura musicale a cura di Cesare Marinacci allo stesso modo in cui misuriamo un oggetto fisico di cui possiamo descrivere le dimensioni, il colore etc. Un oggetto vibrante emette onde che possiamo stimare proprio con il ‘metro’. Sappiamo anche dall’osservazione che tanto più velocemente oscilla il corpo sonoro, tanto più acuto è il suono che emette: se pizzichiamo le note più acute di una chitarra quasi non noteremo la loro oscillazione, mentre sfiorando la corda più grossa ne scorgiamo sensibilmente il movimento. Questo perché la corda più grande che corrisponde alla nota più bassa, vibra abbastanza lentamente da lasciarsi percepire dall’occhio, mentre quelle più acute vibrano molto più velocemente e quasi ingannano la sensibilità dell’ottica umana. Un po’ come quando vediamo girare le ruote dell’automobile talmente veloci da sembrare un oggetto fermo. Le oscillazioni di un oggetto rappresentano la sua Frequenza espressa in Hertz (1 Hz = una oscillazione al secondo). Tanto più è alta la Frequenza, tanto più è acuto il suono. L’orecchio umano riesce, con la sensibilità del timpano, a percepire un arco di frequenze tra i 16 e i 20000 Hz. Dunque vibrazioni troppo basse producono suoni che l’orecchio non riesce bene a distinguere, mentre intorno ai 20000 Hz, , il timpano non vibra e dunque non codifica le informazioni sonore al cervello, non sente. Facendo un paragone con una tastiera di pianoforte, possiamo dire che la prima corda, corrispondente al La del tasto più a sinistra, vibra 27,5 volte al secondo, una velocità ‘visibile’ e sufficiente a produrre un suono piuttosto oscuro, mentre l’ultima corrispondente ad un altissimo Do, vibra ad un eterea frequenza di 4186 Hz. Detto questo anche la misura di quanto fisicamente sia lunga un’onda è presto rilevabile, facendo l’operazione inversa di quando abbiamo calcolato la distanza dal fulmine; se un suono nell’aria percorre 333 metri al secondo, basta dividere questo valore per il numero delle vibrazioni della nota, nel caso del La a 27,5 Hz dunque abbiamo 333/27,5 scoprendo che ogni onda emessa da quel La misura circa 12 metri, mentre un suono a 20000 Hz ha ogni onda di circa 17 millimetri. Le note più basse hanno un passo lungo, spostano più aria e convogliano più energia, attraversano i materiali e si percepiscono fisicamente, come quando davanti ad un 25 anni d’informazione bel subwoofer da discoteca sentiamo vibrare direttamente nello stomaco o come quando il vicino ci minaccia di querele perché i nostri bassi del pianoforte gli arrivano direttamente in casa dai muri... L’altro parametro fondamentale del suono è l’Intensità, ossia per usare un termine corrente, il volume. Questo non è generato dalla lunghezza dell’onda ma dalla sua grandezza. Se noi pizzichiamo leggermente la corda di una chitarra, la vedremo emettere delle piccole oscillazioni che generano onde di ampiezza inferiore, mentre se la tiriamo un po’ di più, la vedremo compiere delle oscillazioni più larghe cui corrisponde un suono più intenso; del resto se il suono è una propagazione di energia, quanta più ne mettiamo in partenza tanto più ne avremo di ritorno, in termini di pressione nel mezzo di propagazione e in ultima analisi di intensità sonora. Naturalmente, questo non significa che possiate percuotere all’infinito un pianoforte o prenderlo a martellate come fanno ahimè molti pianisti, perché dopo una certa pressione il mezzo elastico non risponde più ed anzi va solo incontro a rottura propria ...e dei timpani. L’ultimo parametro di questa breve carrellata sulle caratteristiche di base della musica è il cosiddetto Timbro. Vi siete mai chiesti perché la stessa nota emessa da un pianoforte o da un violino sia, a parità di altezza, così diversa? O più semplicemente, da che dipende la differenza di voce che hanno due persone? o ancora, che significa che un pianoforte ha un suono più caldo di un altro? Per capire questo dobbiamo sottolineare che un suono puro in natura praticamente non esiste ma ogni suono che ascoltiamo è la risultante di tanti suoni combinati; similmente ai colori di un quadro che risultano dalla combinazione di diversi colori primari, così ogni suono ri- sulta dalla combinazione di una serie di vibrazioni simultanee che si mescolano in un ‘colore’ specifico. Quando un corpo vibra, non lo fa solo in un punto ma emette più vibrazioni simultanee tra le quali ne spicca generalmente una che evidenzia l’altezza riconoscibile, mentre le altre nella loro combinazione gli conferiscono una mezza tinta particolare. Se ad esempio suoniamo un Do basso sul pianoforte, insieme a questa nota detta fondamentale si produrranno, verso l’acuto ad una intensità molto minore anche Do-Sol-Do-Mi-Sol-Sib-Do…e così via in una serie potenzialmente infinita, riunita nel cosiddetto ‘spettro’. Il nostro orecchio percepisce particolarmente alcuni suoni di questo spettro decodificando una informazione che dunque ci fa distinguere un timbro dall’altro o le nuances di uno stesso timbro. Questo fenomeno, detto dei ‘suoni armonici’, dipende da diversi fattori, come il materiale messo in sollecitazione ma anche l’ambiente in cui si propaga etc.: un vibrafono ha gli armonici superiori particolarmente presenti e questo gli conferisce un suono più cristallino a differenza di un più pastoso e scuro Flicorno . Naturalmente, non sono solo i suoni armonici a dare la caratteristica ad uno strumento sebbene essi svolgano un ruolo tanto predominante da potersi affermare che ogni suono può essere scomposto nei suoi suoni fondamentali ed, al contrario, che, partendo dalla combinazione di semplici onde sonore, possiamo ricreare virtualmente qualsiasi tipo di timbro, come fanno i più moderni sintetizzatori elettronici, utilizzando tuttavia un algoritmo teorizzato già alla fine del ‘700 dal grande fisico e matematico francese Jean Baptiste Joseph Fourier che ci ha svelato l’alchimia dei suoni. 47 Alatri VI RACCONTIAMO STORIE, CURIOSITÀ, FATTI, FATTERELLI, LEGGENDE, PERSONAGGI E QUANT’ALTRO DI UNA CITTÀ ANTICA. di Enzo Rossi e Lucio Lucchetti “Finalmente, dopo aver girato una collinetta, vidi dinanzi a me questa interessante città, ricca di splendidi palazzi che dimostrano una fiorente vita cittadina nel passato. Non avevo ancora visto una città di così bell’aspetto nei monti del Lazio”. Gregorovius Il dono riparatore della Fonatana Antonini T re sono le fontane monumentali della città di Alatri, e per ordine d’importanza la Fontana Pia di piazza Santa Maria Maggiore, la Fontana Antonini di piazzetta Sant’Anna e la fontana di Porta San Pietro. Quasi coeve, furono costruite dall’architetto Giuseppe Olivieri nella seconda metà del diciottesimo secolo, allorquando tutti i paesi o cittadine erniche, appollaiate sulle cime dei monti o alte colline per rendere più facile la difesa contro assalti esterni, soffrivano non solo la penuria di acqua, ma addirittura la sete nelle purtroppo frequenti siccità. Decisiva fu per la città di Alatri una delle visite che l’allora Papa Pio IX fece alla città dei ciclopi e precisamente quella dell’anno del signore 1863, allorquando, edotto dalle autorità cittadine del grave problema idrico del quale soffriva la popolazione, elargì un contributo finanziario di ventimila scudi per la costruzione del nuovo acquedotto. A perenne ricordo e riconoscenza di siffatto gesto le autorità vollero costruire nell’anno 1870 proprio al centro della piazza principale la cosiddetta Fontana Pia dedicandola al magnanimo e generoso Pontefice. La bella e monumentale Fontana Antonini, dal nome del conte Filippo Antonini, gran gonfaloniere della città (l’attuale sindaco), che la fece costruire a sue spese nell’anno 1869 affidandone il progetto all’architetto Giuseppe Olivieri, è posta invece all’imbocco di via Garibaldi dove inizia il medievale quartiere delle Piagge, situata esattamente in piazza S. Anna (così chiamata perché pare che in quel sito una volta sorgeva la chiesa di S. Anna), davanti la piccola chiesa di San Michele, ad- 48 dossata ad una costruzione che un tempo doveva essere parte integrante del Palazzo Antonini. La semplice struttura della fontana richiama i portoni dei palazzi circostanti, mentre la costruzione si ispira direttamente all’araldica degli Antonini, nella esplicita allusione a draghi che gettano acqua ed alle numerose stelle a otto punte. Le numerose e importanti cariche pubbliche ricoperte, i palazzi superbi e le estese proprietà agricole possedute dalla famiglia Antonini stanno a testimonianza dell’ illustre, antica e nobile casata, estintasi poi nel ramo maschile e surrogata per matrimonio dagli Stampa, altra nobile famiglia di Alatri. Ci piace riportare al tal proposito quanto riferisce padre Mariano Berni nel suo lavoro “Alatri nel primo cinquantennio del secolo XX”, riguardante la Fontana Antonini. Narra il Berni che per far fronte al grave problema idrico la popolazione alatrense ricorreva alle numerose ma piccole cisterne domestiche che però risultavano asciutte nei momenti di siccità. I nobili, al contrario, possedendo terreno più o meno ampio attorno alle loro abitazioni cittadine, ricche di cortili ed imponenti orti, vi costruivano profondi pozzi, permettendosi quindi anche di commerciare l’acqua con piccoli compensi di centesimi. Pare invece che i conti Antonini fossero molto più esosi, pretendendo il pagamento in baiocchi, con palese grande disappunto per i poveri. Ma la provvidenza, che per l’occasione vestiva i panni di Papa Pio IX, venne in loro soccorso. Difatti, come precedentemente detto, il sommo pontefice onorò la città, allora capitale degli Ernici, di una delle sue tante visite. A fare gli onori di casa e a predisporre per il grandioso evento fu proprio l’ultimo dei conti Antonini, il gonfaloniere Filippo, con un’organizzazione attentissima e curata nei minimi particolari, ignaro però che in quella occasione avrebbe dovuto inghiottire un amaro boccone proprio di fronte al suo amato sovrano. Difatti, tra gli evviva e l’euforia generale della folla al passaggio del maestoso corteo pontificio, si distinse una piccola donna popolana che implorando il papa per la concessione dell’acqua, fece una rivelazione scomoda al pontefice: il conte gonfaloniere Antonini faceva pagare ai propri concittadini un baiocco per ogni “conca” d’acqua. Il papa pare che abbia ascoltato in separata sede le lagnanze della donna e così la tanto bramata e desiderata acqua zampillò finalmente “gratuita” da due grandi e monumentali fontane: quella artistica di piazza Santa Maria Maggiore intitolata al pontefice benefattore, e l’altra, non meno bella, addossata alla facciata del palazzo dei Conti Antonini, a S.Anna. Il Berni però ha acuito in noi un dubbio: la Fontana Antonini fu un’ingiunzione del sovrano pontefice al gonfaloniere della città o uno spontaneo dono riparatore dell’offeso conte? Alla fine il Berni sembra propendere per la prima tesi e, crediamo noi, a ragion veduta. 25 anni d’informazione Recensione di Lucia Mancini L a presenza di Fabio Volo nella libreria Ubik di Frosinone ha causato un fenomeno particolarmente interessante a cui non si assisteva da tempo: una fila numerosa di persone, quasi più di trecento, che aspettavano con pazienza che venisse loro autografato l’ultimo best-seller dell’autore intitolato “La strada verso casa”. Se a Frosinone è sembrato un evento particolare, in realtà c’era da aspettarselo, considerati i “numeri” che si riferiscono alle pubblicazioni dello scrittore: 28.000 copie vendute in una settimana, 2.000 persone radunate per la presentazione del libro presso la Mondadori di Piazza Duomo a Milano, infine circa 5 milioni di copie vendute per i precedenti libri, definiti a buon diritto best-seller. Questi dati oggettivi e concreti rendono Fabio Volo uno degli scrittori più letti dell’attualità. Un’affermazione, questa, che ci impone di riflettere sui pro e i contro di un successo editoriale di tale portata. La ricaduta positiva del “fenomeno Volo” è duplice. Primo. Molti lettori si avvicinano alle librerie, tornano alla lettura, si dedicano, oltre al consueto shopping consumistico, anche all’acquisto dei libri, facendo così “tornare di moda” la lettura, caduta in disuso fino a qualche decennio fa, quando quasi sembrava dover cedere definitivamente le armi di fronte al mondo di internet, a tv, a multimedialità o davanti ad i-phone, tablet, auricolari, i-pad. Questi strumenti tecnologici, come “piccoli mostri”, sembravano pronti a decretare la fine della lettura dei testi cartacei, ancor più ogni volta in cui veniva immessa sul mercato un’ innovazione tecnologica. Seconda riflessione. Oltre che dedicarsi al mondo dei libri, leggere significa anche affinare “l’abitudine” di leggere. Ebbene, si può oggi ricominciare a sperare che gli stessi appassionati di romanzi, sia pure “di serie B” - come sono stati definiti -, si possano dedicare anche ad altri generi di letture. Dunque quotidiani, riviste, mensili, tutto il mondo della carta stampata e dell’editoria sembra poter sperare in un balsamo - definibile con uno slogan inglese “reading feel back”- che riconduca gli Italiani ad ogni forma di lettura, perché se il nostro popolo è da sempre famoso nel mondo come un “popolo di scrittori”, 25 anni d’informazione FABIO VOLO: UN CASO EDITORIALE, UN SUCCESSO TANTO CRITICATO possa avere anche la fama di un “popolo di lettori”! Del resto, si sa, non si può scrivere bene se non si legge molto, dei generi più disparati, negli stili più vari! Leggere presuppone necessariamente conoscenza, approfondimento, curiosità intellettuale. La cultura si fonda su tali mezzi per ampliare le proprie frontiere e per una diffusione globale dei suoi messaggi. La diffusione della cultura, a sua volta, comporta una molteplicità di giudizi critici differenti, il loro democratico interscambio in un dibattito senza orizzonti o limitazioni di genere, di razza, religiosi o ideologici. Da qui si originano le fondamenta di una società davvero libera e democratica, consapevole e autocritica, rispettosa dei diritti umani, di integrazione e di valutazione delle risorse umane nel modo più appropriato agli individui che tale società compongono, per realizzare una pluralità dell’informazione e ottenere una cultura a tutto tondo. Quanto alle cause del successo di Fabio Volo, qui la critica si divide, si interroga e sul blog “posta” commenti di ogni genere. Tra le motivazioni, si parte dalle più banali ed esteriori, come il fatto che Volo sia un bell’uomo e abbia uno stuolo di ammiratrici dell’uomo-oggetto-del-desiderio piuttosto che soggetto-scrittore, a quelle più cavillose, che sostengono come “la sovraesposizione mediatica unita alle pile di libri davanti agli scaffali, ai cartonati, alle ve- trine a lui dedicate, abbiano indotto la popolazione italiana ad un delirio”. Si parla anche di dinamiche d’intreccio ovvie e ripetitive – ossia il/la protagonista dei suoi best-sellers è sempre un uomo/donna con qualche problema esistenziale di poco conto (non è mai una grave malattia, la perdita del lavoro o la depressione) che va in tilt alla soglia di qualche fatidico momento della vita, conosce una/un donna/uomo bellissima/o con cui fa tanto sesso, ma con cui le/gli riesce faticoso impegnarsi e poi finisce tutto con il lieto fine. C’è poi chi indaga sul lettore medio “voliano”: non ha letto gran che, non ha strumenti culturali forti, perché è cresciuto con l’eco di una frase abusata che, nella sua implicita ammissione di ignoranza, ci lascia inermi: “Il libro mi piace perché a me arriva”, dimostrandosi così questo il suo primo libro effettivamente letto integralmente! Al di là di ogni spiegazione, resta comunque una grande verità: nessuno è in grado di valutare in modo effettivo il valore e lo spessore di un grande artista, scrittore o pittore che sia, finché si trovi immerso nella contemporaneità in cui tale fenomeno si manifesta. La memoria della critica letteraria e artistica ci ricorda che il giudizio dei contemporanei è spesso stato negativo o di silente indifferenza anche per quelli che noi oggi definiamo “i grandi” del nostro patrimonio culturale. I Malavoglia di Verga vendettero sempre pochissimo, così come Mastro-don Gesualdo; mentre la “Storia di una capinera” fu un long seller per decenni. Così il “Requiem” di Mozart e le ultime opere di Ludwig Van Beethoven non furono affatto comprese dal grande pubblico. Con Fabio Volo, invece, non c’è il successo della critica ma certo quello del pubblico che, immedesimandosi nel mondo romanzesco dello scrittore, restituisce una vasta schiera di lettori alle librerie e alla cultura. Se la società si pone di fronte alla cultura e al testo scritto, in modo leggero, banale, superficiale, con dinamiche trite e ovvie, sta a noi ammetterlo e riconoscerlo, a Volo scriverne, ottenendo il “placet” del pubblico, ai critici prenderne atto, per quanto dolorosamente, e tentare una rivisitazione più obiettiva di tutto il contesto letterario attuale. Diffidiamo dunque dei giudizi dei contemporanei e lasciamo “ai posteri l’ardua sentenza”! 49 Caffè per l’anima di Rodolfo Coccia La maschera e il potere U no psicologo ad un paziente che chiedeva un metodo per superare una certa timidezza e impaccio di fronte ad un suo superiore, consigliava sempre di immaginare quest’ultimo, durante un confronto o colloquio che sia, con una torta in testa. Una situazione, surreale e buffa, idonea e necessaria per smorzare quella tensione che esercita chi del potere ne fa un abuso. Non parlo certo di sovvertire le regole, le leggi, le autorità, le gerarchie, necessarie ad una leale e legittima convivenza tra persone, ma non è detto che un capo, un superiore che per suo tornaconto (anche un semplice favore disinteressato è un tornaconto) faccia leva sulla sua posizione di potere sia nel giusto o quantomeno legittimato. E’ passato da poco il carnevale e a me piace sostituire alla succitata “Torta in testa “ la classica maschera di Groucho Marx, perché mi sembra più efficace e poi a differenza della cremosa torta la cosa non deve affatto ricordare neanche minimamente qualcosa di dolce. Senza offesa alcuna per la rispettabilissima comicità del grande artista, la vista di quei baffoni, nasone, e sopracciglioni incorniciati sorretti da un paio di occhiali, rimandano subito a qualcosa di ammiccante, di subdolo, di diabolico. Un capo che ostenta il potere della sua carica ha sicuramente dalla sua tanti sostenitori e a proposito mi piace raccontare la favola danese di Andersen “ Il Re è nudo” dove a un regnante stupido, dei buontemponi proposero abiti confezionati con un tessuto miracoloso che risultava invisibile solo agli sciocchi. Il Re indossò subito quegli abiti invisibili agli sciocchi e nessuno della sua corte osò affermare che in effetti gli abiti non esistevano affatto e il Re andava in giro nudo, fino a che un innocente bambino esclamò che il Re era nudo veramente e la verità rivelata solamente da un occhio innocente, privo di pregiudizi ed influenze, affatto compiaciuto dalla carica di potere che rivestiva il sovrano. Nel film “Prendi i soldi e scappa” Woody Allen fa indossare la maschera di Groucho Marx ai genitori del protagonista, come a prendere le distanze da certe verità rivelate e compromettenti per rendersi così efficaci nella testimonianza, ma distanti da un qualsiasi coinvolgimento. Il potere ha una maschera quindi? Non si può dire, perché le definizioni di potere sono tante e a volte non è detto che non ci sia qualcosa di buono nel giusto e corretto uso. Ho un ricordo nitido di quando ero bambino, guardando la scatola di un famoso marchio di biscotti, c’era un uomo che batteva con un martello sopra una specie d’incudine, che altro non era che la scatola dei biscotti, che riportava lo stesso marchio di un uomo che batteva su una specie di incudine che altro non era che la stessa scatola di biscotti … A volte ripenso al termine “sfacciato” e mi piace accostarlo ai portatori di maschera, che una volta tolti occhiali, baffoni e sopraciglioni rimangono con gli occhiali, i baffoni e i ciglioni, che una volta tolti … E’ passato Carnevale, ma il Re rimane Nudo con indosso solamente la sua stessa maschera. IL MENSILE DELLA NUOVA CIOCIARIA Flash Magazine communications ARTE CULTURA POLITICA ATTUALITÀ SPORT SPETTACOLO i icita La Pubbl I. are FORT t n e iv d fa Falla anche tu ! www.flashmagazineonline.it e-mail [email protected] T 0775 212261 r.a. - M 340 3890538 - 328 4368602 50 25 anni d’informazione Poetic Song Existenzialist Testo di Rodolfo Coccia Illustrazioni originali di Giovanni Grande L a canzone è poesia? Di certo la poesia è canto, suono e voce che viaggiano all’unisono. E se poi a questi due elementi aggiungiamo una giusta atmosfera o un adeguato pathos, la canzone o la poesia porteranno lo spettatore nella dimensione altra, dove alberga l’impalpabile. Nel buio trafitto dalla luce, emerge lo strumento che amplifica la voce e dentro la scatola monitor viaggia quell’impercettibile filo che lega il pensiero alla voce. Poi d’improvviso il viso (Leo Ferrè) suggerisce altre storie, altri luoghi, altre testimonianze (Têtes De Bois) per una mai dimenticata poetica esistenzialista. 25 anni d’informazione 51 In viaggio per la Ciociaria a cura di Massimo Sergio Archivio di Stato Sezione di Anagni/Guarcino LA FONTE FILETTE E CAMPOCATINO R iprendiamo a descrivere la Ciociarìa dopo qualche mese di pausa, ripartendo da dove ci eravamo lasciati, cioè dal territorio guarcinate. Guarcino, la vetusta Varcinum, il cui etimo è il latino “quercinus”, assumendo quindi il significato “di quercia”, fu di vitale importanza per tutto il circondario. Infatti non bisogna dimenticare che esso fu sempre un libero Comune, sede di Curia, di archivio notarile, istituito nel secolo sedicesimo nell’ambito della riforma fortemente voluta da papa Sisto V, poi fu sede di Cantone, durante l’occupazione transalpina, di Governo, in sede di Reastaurazione, dopo la caduta di Napoleone Bonaparte, e da ultimo per il suo ampio e naturale circondario fu anche sede notarile e di pretura con prevalenza amministrativo/ giurisdizionale sui comuni di Filettino, Fiuggi (già Anticoli di Campagna), Torre Cajetani, Trevi, Trivigliano e Vico nel Lazio. Fra gli altri un paio di documenti storici dei secoli XIII e XIV offrono la testimonianza tangibile della presenza in Guarcino della Cura, vale a dire di un Tribunale di prima istanza. Proprio in virtù di queste ragioni di preponderanza nei confronti dei comuni viciniori citati, ma anche di densità industre e di presenza di uomini di varia estrazione ma importanti, e quindi per esperte e intense tradizioni culturali e per la sua qualità di centro di uffici amministrativi-giudiziari, si è voluto premiare la città di Guarcino scegliendola con giustificata motivazione e dignità come sede di una Sezione di Archivio di Stato. Perciò, quando essa fu inaugurata, nell’ambito della “Settimana dei Beni Culturali”, essendo stata istituita con decreto ministeriale n. 2/913 del 24 aprile 1980, fu larghissima la partecipazione di tutta la popolazione all’evento straordinario. Ebbe una larga eco ed un altrettanto largo apprezzamento in tutta la Regione, per la presenza di vari funzionari dell’Archivio di Stato di Frosinone, dell’allora sindaco di Guarcino, Benedetto De Cesaris, unitamente agli amministratori, di un folto stuolo di studiosi, professori e studenti delle scuole cittadine. In quell’occasione, dopo una sintetica esposizione delle finalità dell’organizzazione archivistica italiana nell’ambito delle competenze del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali, si volle anche e soprattutto sottolineare la particolarità di profondo significato storico ed archivistico della inauguranda Sezione guarcinate. Cioè, unica in Italia, l’intitolazione voluta ed effettuata ai nomi di due notai padre e figlio, Giuseppe e Giovanni Floridi, che nel loro officium lungo e costante in loco ebbero l’opportunità di curare molti aspetti sociali e culturali del loro territorio di nascita e di casato, se si tiene conto che la famiglia Floridi è stata da sempre fedele ad 52 una tradizione che l’ha veduta impegnata nel notariato fin dal secolo tredicesimo con il vicecòmite e scrinario Innocenzo. Ma da sempre è esistito anche un fiorente Archivio Comunale, che fu restaurato da Francesco Floridi, conosciuto letterato, assieme ad altri officiali. In quell’ambiente lo storico e vescovo di Pontecorvo, Flaminio Filonardi, nel secolo sedicesimo potè consultare ed avere in possesso preziose notizie per le sue opere. Sarà utile ricordare, per quanto concerne la Sezione di Guarcino che essa per abbondanza di testi statutari conservati, manoscritti ed edizioni pregiate, si pone immediatamente dopo i similari fondi conservati nell’Archivio di Stato di Roma e presso il Senato della Repubblica. La Sezione si trova attualmente in via del Monastero 71 (tel. 0775-46595), ubicata in due piani ben restaurati del medievale Palazzo del cardinal Patrasso, imparentato con papa Bonifacio VIII. Il Palazzo è situato accanto alla Chiesa di S. Michele ed ospitò anche le monache benedettine di S. Luca nei secoli XVI/XVIII e le suore di S. Agostino poco dopo l’insediamento del 1860 in città. L’Archivio guarcinate conserva al suo interno importanti documenti, statuti, bolle papali ed atti notarili. Vi si tengono con una certa periodicità interessanti mostre e convegni di studi, quali ad esempio quella riguardante il 60° della Carta Costituzionale, votata da quell’Assemblea Costituente eletta anche col voto delle donne, che per la prima volta in Italia andavano alle urne, ripercorrendo così un momento fondamentale della loro emancipazione civile. Altra importantissima mostra fu quella che si tenne in maniera permanente per qualche tempo di documenti relativi alla Disfida del Malpensa tenutasi nei locali del limitrofo Monastero di S. Agnello. D’altra parte l’attività dei beni culturali non si esaurisce in Guarcino soltanto nell’organizzare archivi, ma per fortuna essa ha rivolto la sua attenzione al restauro conservativo di monumenti di prestigioso interesse e di indubbio valore storico-architettonico. Come si è detto più su, nello Stato Pontificio fu emanata nel 1588 da Sisto V la bolla Sollecitudo pastoralis officii che istituì la Prefettura degli Archivi composta da Chierici di Camera che avevano il compito di vigilare sulla corretta tenuta e sull’ordinario funzionamento degli stessi, a mezzo anche di frequenti ed improvvise ispezioni. Ad ogni archivio erano preposti archivisti di buona fama, scelti dall’Archivista Generale ed avevano la qualifica di pubblici ufficiali. Obiettivo precipuo del Papa era quello di uniformare la legislazione nel campo archivistico che sino ad allora aveva goduto di molta autonomìa e di garantire la buona conservazione dei documenti notarili. La messa in opera di tali norme sistine fu ostacolata 25 anni d’informazione dalle resistenze dei notai e dei loro eredi. Regole in materia archivistica furono altresì emanate nel corso dei secoli successivi, rispecchiando però in sostanza quelle norme impartite da papa Sisto V. Il numero dei notai era fisso e stabile e distribuito secondo le esigenze nelle città del territorio. La professione di notaio era incompatibile allora con quella di giudice, di governatore, di cancelliere e di avvocato. Tra gli statuti più preziosi che sono conservati nella sezione di Guarcino vanno ricordati quelli di Fiuggi (Anticoli di Campagna), Arpino, Fumone, Ferentino, Guarcino, Trevi nel Lazio e di molte confraternite locali e romane. A volo d’uccello ricordiamo qui di sèguito alcuni archivi e i loro documenti più importanti ivi conservati. L’archivio notarile comunale di Trivigliano (1674/1874) ha, fra gli altri, atti notarili di Iannutius Bartholomeus (16741686), di Fonti Tiburzio (1766-67), di Cecilia Salvatoris (1822-28), di Avolj Giuseppe (1822-40) e di Luigi Torroni (1846-74). Le prime notizie storiche risalgono al secolo X, quando scoppiò una lite tra Alatri ed alcuni abitanti di Trivigliano per il possesso di alcuni territori limitrofi. Mentre quello di Trevi nel Lazio vi conserva in originale ed in copia atti dei notai, ne citiamo alcuni, Lucidus Blasii Leonardi de Leliis (1498-1523), Scipio Aurelius (1558-93), Donatus de Donatis (1619-47), Domitianus Floridi (1622-31), Pietro Alessio Sibilia (1790-99). V’è poi il Fondo notarile di Filettino (a datare dal 7 maggio 1562), con il Catalogo degli Statuti, ordinato e catalogato dal compianto notaio Giuliano Floridi, paleografo ed ispettore per i Beni Archivistici del Basso Lazio, suddiviso per città, fra cui si evidenzia Boville Ernica (Baùco) con un chirografo di Pio VI del 26 marzo 1783 sulle norme penali per la difesa dei fondi), oltre che Anagni, Ferentino, Frascati, Sonnino, Supino, Subiaco, Veroli e Velletri, ed anche un carteggio riguardante l’Ordine Sovrano Militare di Malta e Costantiniano. Altresì v’è un Fondo Gentilizio, contenente documentazione sulle famiglie più in vista del circondario, nonché un Registro/Inventario del Monastero di S. Luca in Guarcino, mentre alcune pergamene in numero di 52, dato il loro rilevante interesse storico per precauzione sono state trasferite e sono conservate nell’Archivio di Stato di Roma. L’archivio del Monastero è molto antico, perché prima i monaci e poi le monache benedettine iniziarono a raccogliere e conservare documenti dal 1100; infatti le pergamene più antiche risalgono al XII secolo. Degli altri documenti riportati in inventario, parte nel corso degli anni sono stati manomessi ed in parte sono andati perduti o distrutti per i più recenti eventi bellici. Troppo ci sarebbe da riferire e descrivere in documentazione e carteggi vari, che preferiamo fermarci qui, sperando di aver suscitato un po’ di curiosità nel lettore, che potrebbe in proprio continuare ricerche e farne oggetto di propri studi e 25 anni d’informazione lavori letterari. Vi voglio ricordare che nei pressi del centro abitato del paese, si trova la Fonte Filette, a poca distanza da Fiuggi ed Alatri, fra i monti Cantari e gli Ernici, a 900 metri di altezza s.l.m., fra il verde incontaminato dell’Appennino laziale. Quest’acqua era già conosciuta dai Romani, che la dedicarono a Venere, ma le prime notizie storiche sulla sua esistenza risalgono addirittura al 400 a.C. Infatti Guarcino era un insediamento ricco di acque, lo sfruttamento dei corsi d’acqua consentì di intraprendere diverse iniziative ed attività economiche (cartiere, mulini e più recentemente, l’imbottigliamento dell’acqua da tavola e l’industria idroelettrica. Così come di recente è iniziata la vendita in eleganti bottiglie dall’etichetta sobria di color argento di acqua da tavola sul mercato orientale ed in particolare quello giapponese. La Fonte ha una portata annua di circa 50 milioni di litri, che sono imbottigliati e messi in commercio a decorrere dal 1894, conosciuta come acqua curativa e salubre. Mentre alle sue spalle s’innalza il massiccio di Campocatino, che ospita una stazione sciistica tra le più frequentate del Lazio; e situato a 15 km dal centro storico del borgo, è dotato di 5 sciovìe. Nel dopoguerra iniziò lo sfruttamento turistico del complesso di Campocatino. Ciò malgrado l’intero paese ha subìto un vero tracollo demografico per la drammatica riduzione di tutte le attività produttive, dalla chiusura delle cartiere, al decadimento della pastorizia, della coltivazione dei boschi e dell’artigianato. Il comprensorio ha 5 piste da discesa con relativi impianti di risalita, per un totale sviluppo di 15 km; una pista da fondo di 5 km; 4 alberghi, tavole calde, ristoranti, sale giochi, negozi, una chiesetta, il rifugio CAI, un pronto soccorso fisso e la scuola di sci FISI. Ma Campocatino non è soltanto sinonimo di neve, perché mantiene la sua suggestione anche nella stagione estiva, infatti effettuando riposanti e salutari escursioni sulle creste dei monti Fanfilli e Monna, si può godere di una vista panoramica invidiabile ed affascinante, dalle isole Pontine al Corno Grande del Gran Sasso d’Italia, passando per il Circeo a SO ed il Massiccio della Maiella a SE. La giornata può essere conclusa con una visita all’Osservatorio Astronomico di Campocatino, gestito dall’Associazione Astronomica Frusinate, in persona del suo Direttore OACC, l’infaticabile avv. Mario Di Sora. Bisogna infine sottolineare la sua importanza e l’improbo lavoro che si va svolgendo da oltre 25 anni, tenendo conto che ha ospitato un consistente numero di visitatori, ben più di centoventimila. Infine esso ha effettuato nel corso degli anni tantissime scoperte astronomiche di pianetini ed asteroidi, dedicati a personalità ciociare, come Nino Manfredi e Fabrizio Spaziani. 53 Teatro Grande successo di Lello Arena al Teatro Antares di Ceccano Di scena “L’AVARO” di Molière con Fabrizio Vona e Francesco De Trio Regia di Claudio di Palma di Grey Estela Adames S tending Ovation! Al Teatro Antares di Ceccano “L’avaro” di Molière, commedia del 1668 scritta dall’omonimo Autore, che, sempre dalla sua penna scrisse “Il Malato immaginario”, “Tartufo” “Il Borghese gentiluomo”; grande conoscitore della psiche umana, dei vizi, ma meno nominate le virtù che spesso scarseggiano nell’uomo “L’avaro” di Molière è una delle commedie più note, più celebrate, più rappresentate ed anche una delle più imitate. Lello Arena, delizioso ed esilarante, in un ruolo interpretato magistralmente di Arpagone, un ricco “usuraio” che - per utilizzare una figura moderna oggi sicuramente è molto attuale - a dispetto di suscitare disprezzo, suscita, invece, tenerezza nella sua meschinità ed è costretto alla solitudine emotiva, perche non disposto a spendere un centesimo, rendendo infelice i propri cari.“L’avaro” è una commedia in cinque atti del 1668 e non riscosse subito un grande successo; questo arrivò più tardi, a poco a poco, fino ad essere considerata la migliore delle sue commedie. Questa ha delle caratteristiche che la rendono straordinariamente completa e divertente, perche mette in scena tutti i sentimenti umani, dal più basso al più alto: quale la tematica dell’amore, che la rende una “Piece teatrale” immortale, in quanto l’amore sarà sempre presente e comunque negli uomini di tutti i tempi, ecco perché riscuote tanto successo. La 54 storia narra di Arpagone (interpretato da Lello Arena) è un avaro, vedovo, padre di due figli, maschio e femmina, Cleante ed Elisa, entrambi in età di matrimonio ed entrambi innamorati, ciascuno ad insaputa del padre. I due fratelli, vittime della “grettezza assurda nella quale ci fa languire” e della “tirannia che la sua insopportabile avarizia ci impone da tanto tempo” sono legati tra loro e solidali l’un l’altro. Ed entrambi sperano nel reciproco appoggio per indurre il padre ad acconsentire alle rispettive nozze. Elisa è innamorata di un ottimo ragazzo di nome Valerio (che in un naufragio ha perso i parenti e le sostanze, ma non dispera di riavere gli uni e le altre…) il quale, pur di starle vicino e di accattivarsi le simpatie del vecchio, si è impiegato presso di lui come servitore segretario. Si finge -Valerio- avaro come il padrone e gli fa da can da guardia delle sue ricchezze assecondandolo e adulandolo perché sa che, “per conquistare gli uomini non c’è di meglio che far mostra delle loro stesse inclinazioni…”. Cleante a sua volta è innamorato di una ragazza vicina di casa: “si chiama Marianna e vive protetta da una buona mamma che è quasi sempre ammalata… Ho saputo, per via indiretta, che sono di modeste condizioni economiche e che, con tutta la loro discrezione, fanno fatica a tirare avanti con quello che hanno…”. Insomma, figli di un uomo cui “il denaro gli sta a cuore più della reputazione, dell’onore, della virtù…” i due sono andati a innamorarsi ciascuno di uno senza soldi. Sarà ben dura farglielo accettare al padre, interessato solo a doti, eredità, patrimoni e null’altro! La trama si svolge tra dialoghi incalzanti e armoniosi che mantengono le spettatore incollato alla poltrona dall’ inizio alla fine. Il clou si raggiunge quando Arpagone viene derubato dalla cassetta con il denaro, e viene consegnata a Cleante che vuole usarla per avere in cambio Marianne. Arpagone accusa del furto Valère, suo intendente, che pensa che la collera del padrone derivi dalla scoperta dei suoi segreti amori con Elise. L’arrivo di Anselme, che riconosce in Marianne e Valère i figli creduti morti in un naufragio, e, quindi improvvisamente i due diventano particolarmente facoltosi sciogliendo l’intrigo. Gli innamorati si sposano, e Arpagone ritrova il suo denaro. Un classico diretto in un nuovo allestimento da Claudio Di Palma con Lello Arena che, reduce dal grande successo di “Capitan Fracassa” in scena da due stagioni, affronta, dopo “George Dandin” e “Tartufo”, per la terza volta un testo di Molière. Lello Arena, in precedenza, ha calcato le scene del Plautus Festival nel 2009, in “La tempesta” di William Shakespeare, e nel 2012 il “Capitan Fracassa” di Théophile Gautier. Very compliment, per Lello Arena e il suo cast che hanno fatto sognare al pubblico ceccanese. 25 anni d’informazione Cultura e Società di Grey Est L’arte come veicolo d’integrazione GLI ALUNNI DELL’IMMIGRAZIONE A SCUOLA Il mondo della pittura in classe U na delle trasformazioni più importanti che attraversano oggi la scuola e i servizi educativi per i più piccoli riguarda la presenza dei bambini e dei ragazzi che vengono da paesi lontani. L’inserimento di alunni con storie, lingue, riferimenti e radici differenti è diventato esperienza quotidiana di gran parte dei docenti e degli educatori e soprattutto quandol’approccio degli alunni immigrati verso la pittura può diventare fonte di integrazione e di interazione. Le scuole di Frosinone e provincia, secondo gli ultimi dati, hanno una percentuale di bambini e ragazzi del 10-15% degli alunni di nazionalità straniera. L’inserimento degli alunni stranieri chiede alla scuola attenzioni diverse: didattico, linguistico, di confronto culturale e per questo l’approccio verso l’arte, come fonte di unificazione, può portare un percorso di sviluppo e di visione del mondo. Per questo insegnare ai bambini/ragazzi l’arte come abbattimento di barriere consente di ricomporre e di far dialogare le differenze, di pensare insieme l’unità e la diversità proponendo una visione comune, pur nella loro singolarità. I progetti che l’Unione Europea sta portando avanti, in tal senso, servono agli spae- 25 anni d’informazione samenti e agli impacci che il viaggio di immigrazione spesso comporta. La percezione delle differenze che i bambini nella scuola possono avere nella discontinuità della loro storia, in un momento di vulnerabilità e di disorientamento emotivo, possono essere superate proprio con la presenza di un modello educativo che pone la pittura centro del loro interesse. Allestire un laboratorio di pittura attraverso figure professionali esterne forma una piccola comunità colorata che accoglie lingue, storie, radici differenti. La pittura integra gli alunni stranieri in un processo dinamico di cambiamento e di confronto che permette a ciascuno, da un lato, di non essere “ostaggio” delle proprie origini e, dall’altro, di non dover negare riferimenti, differenze, componenti della propria identità per essere accettato e accolto. Giorno dopo giorno, con innumerevoli soste, prima la posizione del cavalletto, poi i colori, poi i pennelli che si posano sulla tela, diventano indicatori di integrazione che portano i bambini a fare balzi in avanti e rapportarsi ai compagni italiani. Questa attività offre la possibilità di partecipare alle interazioni e alle attività di gruppo e di essere accettato e accolto nei momenti di aggrega- zione stabilendo scambi e amicizie, di “abitare il territorio” dove si dipinge una propria dimora. Un bambino che si trova a vivere in un nucleo segnato da povertà materiale, da bisogni legati ancora alla sopravvivenza, rimanendo in questo ambito privilegiato può integrarsi e superare alcuni ostacoli di criticità che rendono più difficile il cammino dell’integrazione e dello sviluppo positivo dei bambini che vengono da lontano. La ricchezza o povertà delle relazioni in classe e delle scelte amicali dipende in larga misura dal “clima” sociale e della scuola e dalle situazioni di contatto nel tempo extrascolastico. Molti bambini e ragazzi immigrati si trovano a dover convivere con uno stigma negativo che può riguardare l’essere immigrato, in generale, o la loro appartenenza a un determinato gruppo. La rappresentazione negativa che connota la propria comunità di origine, gli stereotipi diffusi, le difficoltà ad essere accettati anche a causa delle differenze somatiche: sono esperienze di esclusione che molti si trovano a vivere nell’incontro con i pari. Per questo un artista che inculca nel bambino l’amore verso l’arte può superare le negatività dell’inserimento. 55 L’arte allo specchio ARTQUBE presenta la rassegna Altri Artisti (II edizione) L’Associazione culturale Artqube (info:www.artqube.it/tel. 0775-960270), che ha per statuto la valorizzazione dell’Arte in senso lato, presenta al pubblico ciociaro in seconda edizione una kermesse di 5 pittori (Luca Grossi, Paola Fontana, Francesco Ratto, Sabrina Tafuro e Rocco Lancia, che ne è anche il Presidente) che si alterneranno nell’atrio del Palazzo Iacobucci della Provincia di Frosinone dal 3 marzo al 4 luglio c.a. La rivista Flash Magazine communication, in questo numero di marzo 2014, vi presenta i primi due artisti, Luca Grossi (“Opere”) e Paola Fontana (“Mondi esistenziali e tratti segnici), che saranno in esposizione, rispettivamente dal 3 al 16 marzo e dal 17 al 31 marzo. LUCA GROSSI: ABBASSO IL FALSO PERBENISMO di Massimo Sergio L ’esperienza artistica va sempre ricondotta nelle pennellate e nell’uso ritmato dei suoi colori. Per comprendere pienamente un’esistenza sofferta di un artista, come Luca Grossi, dobbiamo mettere in risalto quella superiore empatìa che lo contraddistingue da un altro, con il modo in cui traduce la capacità espressiva di attrarre lo sguardo dello spettatore conducendolo nell’universo magmatico di sensazioni e pulsioni che sono parte integrante del sentire creativo. Dal primo impatto ci si lascia coinvolgere in un simbolismo del colore capace di rimodulare gli stati d’animo: ai colori pieni di enfasi si contrappongono altri, sopraffatti da passionalità rattenute. Comunque v’è sempre una storia che si dipana dal suo ideare, fil rouge che può essere intessuto altresì da trame inconsce: rappresenta un percorso necessario per superare e progredire ulteriormente. È un “guardare-vedere-oltre” e contemporaneamente un sentirsi scrutare. I suoi autoritratti sono sempre analisi di se stesso. E’ una visione-immedesimazione in cui talvolta egli stesso si percepisce 56 agli occhi degli altri, in un mondo in cui, nonostante tutte le “avanguardie” sopravvivono ancora fenomeni di “emarginazione” poiché permane vivida l’estetica della sola bellezza. In tal modo l’espressività diversa diventa “degenerata”. Come afferma lo stesso artista: «Mi interessa soltanto come sento e vedo la realtà. Per oltre dieci anni non ho fatto altro che confrontarmi con me stesso in una lotta intestina... Esprimermi è stata l’opportunità di esistere: mi ha cambiato definitivamente l’esistenza, il modo di pensare, di percepire, di comunicare. impegnato a gettare colore e tracciare segni ovunque…su qualsiasi cosa solo per vivere. Spiegare il motivo per cui ho iniziato sarebbe come indagare l’origine dell’universo. Da allora non ho più smesso e facendolo alleno il cuore a sentire. Cerco di essere semplice, naturale, spontaneo, libero, vero». L’arte deve essere capìta come un maglio che si abbatta sul sistema sclerotizzato per denunciarne il malessere dominante, cercando di inculcare nelle masse pecorone un quotidiano risveglio. Pittura quindi vuole significare vita e liberazione dell’anima. “Popolo in attesa” descrive un’umanità completamente corrotta dai vizi, ritratta tra i tavolini di un locale mentre si ubriaca, anche spiritualmente, restando incapace di agire. “Piatto nero” è un’altra “riflessione odierna”, il cui soggetto, la fame, irrompe nel mondo occidentale capitalista ed industrializzato. “Il pupazzo” ci fa assistere alla scena di una donna nuda, in una postura drammatica, di fronte ad una bambola di pezza. Alle sue spalle il compagno con una bottiglia in mano. Vi sono opere nate anche dal genio della sperimentazione e connotate in ogni caso da “astrazione empatica”, in cui gravita l’utilizzo di tecniche personali: fuliggine, pigmenti, inchiostro, carta preparata. Luca Grossi è un’artista che traduce la pittura in voce, sforzandosi di urlare con l’ausilio di colori e suoni. Indica e tenta di rianimare una libertà sempre più debilitata o addirittura soppressa. Fa capire alla moltitudine degli ignavi che il cambiamento è possibile soltanto guardando le ombre attraverso la luce del vero. Mettendo a nudo verità scomode e falsi preconcetti, scopre e svela il male nascosto, quel male che proprio perché divenuto abituale è accettato come normale, un mal de vivre quotidiano. 25 anni d’informazione Lo specchio dell’arte LUCA GROSSI - Biografia Luca Grossi nasce a Ceprano nel 1980, ma vive ed opera in Arce. Si accosta alla pittura poco più che ventenne, pur essendo stato attratto dal disegno sin da piccolo. Usufruisce così degli insegnamenti di Denis Compagnone e Marco D’Emilia. Continua i suoi studi iscrivendosi all’Accademia di Belle Arti frusinate, che costretto però ad interrompere per motivi economici. La brusca pausa, dopo solo due anni, lo porta ad iniziare un intenso percorso pittorico. Fortemente influenzato dalla pittura del Novecento, si accosta al pensiero dei maestri italiani e in particolar modo a quello di Bruno Cassinari e Renato Birolli. Ben presto la sua estetica si va conformando in un autentico stile: spesso immediata ed istintiva, a tratti nervosa, con una simbologia del colore e dei personaggi che provengono dalla sua stessa profonda introspezione. Nel febbraio 2014 insieme con Marzia Vetrano e Francesco Falace costituisce il movimento “Le scimmie” all’insegna di una pittura, tendenzialmente espressionista, che affonda le radici nella libertà, sostenendo la necessità di un ritorno alle origini recuperando le emozioni perdute ed in cui l’individuo, tornando “ingenuo” non tenda a “migliorarsi” ed evolversi annientando il prossimo. Ad oggi ha prodotto oltre 200 opere, 1500 disegni, una mole di lavori eseguiti a tempera ed acquerello su carta e cartone. Nel 2010, con l’opera “Ulivi”, ha ricevuto il secondo premio al concorso nazionale “Arx Volscorum”. Sta preparandosi ad effettuare una sua personale, che certamente attrarrà molti suoi estimatori. PAOLA FONTANA: L’ARTE A 360° di Chiara Napoletano La performer Paola Fontana lavora professionalmente nel campo musicale e dell’editoria, avendo al suo attivo oltre 400 pubblicazioni: testi didattici, poesia, narrativa ed opere musicali in CD. Lavora come direttore creativo della Tresei Scuola e scrittrice/compositrice per le edizioni Paoline. Ha effettuato personali di pittura presentando al pubblico interessato uno stile del tutto proprio ed originale, che essa stessa definisce estetico-meditativo. Di sé l’A. dice:”La mia pittura è istintuale ed immaginifica, descrivendo sensazioni e stati d’animo attraverso l’armonia dei colori e delle forme. Le mie “bolle” sono esistenziali mondi perfetti ed alternativi per proiettarsi alla ricerca del bello e dell’armonia visuale. Definirei la mia ricerca pittorica un percorso di proiezione mediante un linguaggio segnico che non è affatto mimetico ma estetico e mistico, volto a produrre sensazioni piuttosto che riflessioni”. L’uso esclusivo dell’acrilico conferma la volontà dell’immediatezza e dell’effetto metallizzato delle tele, che a guisa di icone si raccordano alla poesia libera e alla iconografia russo/bizantina. I soggetti spesso sono astratti pur richiamandosi all’esistenziale, talora raffigurano simbolicamente la crocefissione, gli elementi naturali o ragnatele concentriche da evocare la primordialità della Creazione. Il colore in bassorilievo non sempre spalmato in modo piatto creando grumi in tridimensionalità conferisce alle opere in maniera voluta un effetto materico con l’apporto di gemme vitree, di libri e scritte poetiche, di fili metallici più spesso ramacei, soprattutto negli esperimenti di foto-pittura. Il suo stile racchiude cinque gruppi diversi di opere che sono accomunate da tematiche e stili all’interno di una sua cifra significativa: opere estetiche, nudi e geishe, pittura mistica, sintesi fluo, pittura infantile. Hanno scritto di lei: Un'intricata ricerca di forme e colori è alla base dell'arte della pittura, così come all'origine della 'necessità espressiva' di Paola Fontana, che vede il cerchio, simbolo della vita, nutrirsi di quelli che possiamo definire 'i colori dell'anima'. Se, come diceva Kandinsky “l'armonia dei colori è fondata solo su un principio: l'efficace contatto con l'anima”, secondo la 'legge' della 'necessità interiore', allora anche la pittura di Paola è forse un tentativo per far sì che la vita, la cui essenza non può che essere la bellezza, continui a prevalere su una realtà spesso troppo distante dalle mille sfumature dei sentimenti. (Federica Goffi) "La pittura di Paola Fontana è unica nel suo genere, ricca, raffinata e non ammette sbagli. I colori che utilizza sono puri, non li mescola mai tra di loro. Accostamenti di colori metallici come l'oro, l'argento, il rame e il perlato con il rosso, bianco e nero...colori alchemici. L'albedo, la rubedo e la nigredo appaiono sulle sue tele con differenti combinazioni. La pittrice ricerca le sue emozioni con il colore puro, pastoso ed è decisa nei suoi tocchi di colore. Rappresenta la natura oniricamente quasi fiabesca che la lega alle sue poesie e ai suoi racconti. (Rocco Lancia) Paola Fontana assorbe ed elabora le profonde esperienze dell’anima, le sensazioni e le emozioni e le trasforma in espressioni artistiche che si rivelano e si intrecciano in un percorso in continuo divenire fatto di poesia, musica e pittura. (Nunzia Turriziani Colonna) 25 anni d’informazione 57 Cucina EUROPEA Il Flash menu di MARZO 2014! Questo mese: TURCHIA di Chiara Carla Napoletano Insalata di melanzane con pasta di semi di sesamo Ingredienti: 3 grosse melanzane rotonde, 2 spicchi d’aglio schiacciati, 3 cucchiai di pasta di semi di sesamo (tahini), 1 cucchiaino di cumino dolce, 3 cucchiai di succo di limone, sale, olio d’oliva, pepe nero. Preparazione: Lavate le melanzane e cuocetele sopra la carbonella o mettetele in forno fino a che diventino morbide. Lasciatele raffreddare, quindi rimuovete delicatamente la pelle altrimenti risulteranno un po’ amare. Rimuovete tutti i semi dalle melanzane. Affettatele il più finemente possibile e mischiatele al tahini, al succo di limone, all’aglio schiacciato, al sale e al cumino.Schiacciate e miscelate tutti gli ingredienti insieme usando una forchetta. Irrorate con dell’olio d’oliva e cospargete con pepe nero prima di servire. Petti di pollo al curry con riso Ingredienti: 1 petto di pollo grande, 600 g di riso Basmati,1 cipolla, 2 cucchiai di uvetta di Corinto, 2 cucchiai di mandorle tritate, 1 cucchiaio di pepe di Giamaica in polvere,1 cucchiaio di cannella,1 cucchiaio di curry, 3 cucchiai di olio di oliva, 7 dl di acqua. Preparazione: Lavate il riso e scolatelo. In una padella scaldate due cucchiai di olio e fate soffriggere 1/2 cipolla affettata finemente. Aggiungete l’acqua fredda e portatela a bollore. Unite un cucchiaino di sale e quindi versate il riso.Fate cuocere a fuoco alto per 25 minuti, abbassate il fuoco e continuate a cuocere per 15 minuti. Spegnete e lasciate da parte. Nel frattempo, fate bollire, a parte, il pollo in poca acqua salata. Scolatelo e fatelo a pezzettini. Tagliate il pollo a pezzettini, unitevi l’altra metà della cipolla finemente tritata, l’uvetta precedentemente ammorbidita in acqua tiepida e scolata, le mandorle e le diverse spezie e il baharat tekalau. Mescolate il pollo e il riso, aggiungete un cucchiaio di olio di oliva, rimettete sul fuoco e aggiustate di sale.Lasciatelo insaporire a fuoco basso per 10- 15 minuti. Il piatto va servito caldo. Delizia turca Ingredienti: 3 tazze di zucchero semolato, 1 ½ tazza d’acqua, 3 cucchiai di sciroppo chiaro di mais, 3 buste di gelatina insapore, succo di 1 limone, ¾ tazza di amido di mais, 1 cucchiaio di acqua di rose o vaniglia, ¾ tazza di pistacchi (tritati grossolanamente), zucchero a velo, colorante alimentare rosso o verde. Preparazione: Miscelate lo zucchero semolato con acqua e sciroppo di mais in una casseruola dal fondo spesso. Bollite fino a che raggiunga i 115°C, mantenete al caldo.In una piccola ciotola, ammorbidite la gelatina nel succo di limone. Mettete da parte. In un’altra piccola ciotola, sciogliete l’amido di mais in ½ tazza di acqua fredda. Versate il composto nello sciroppo caldo. Mescolate dolcemente e fate sobbollire lentamente fino a che s’addensi.Rimuovete dal fuoco. Aggiungete la gelatina ed il succo di limone e mescolate fino a quando la gelatina si scioglie. Incorporate l’acqua di rosa o vaniglia, le nocciole e 2 o 3 gocce di colorante alimentare. Distribuite uno strato abbondante di zucchero a velo in una teglia quadrata da 20cm. Versate il composto e lasciate riposare in un luogo fresco e asciutto. Distribuite un altro strato di zucchero a velo e tagliate in quadrati da 2,5cm circa. Passate ciascun quadratino nello zucchero a velo, conservate in contenitori a chiusura ermetica. 58 25 anni d’informazione Fiuggi di Francesca Ludovici L’acqua di Fiuggi in RAI Spot di grande impatto, girato dentro la Reggia di Caserta D opo anni di silenzio mediatico, torna sui canali Rai la pubblicità dell’acqua Fiuggi, con uno spot della durata di circa 15 secondi. Lo spot di grande impatto visivo, si apre con un sasso che rotola verso la bottiglia di Acqua Fiuggi, fino all’inevitabile collisione, dove il sasso viene frantumato. La nuova campagna pubblicitaria è stata prodotta dall’ATF acqua e terme Fiuggi, la società interamente partecipata dal comune, che è rientrata in possesso dello stabilimento di via Spelagato lo scorso anno vincendo un ricorso ex art 700 cpc, nei confronti dell’allora gestore la Sangemini. Proprio la società umbra, ormai parecchi anni addietro, riportò il marchio Fiuggi sul piccolo schermo. Con uno spot girato dentro la reggia di Caserta e impreziosito dalle piroette del ballerino Roberto Bolle. Dopo quella parentesi molto “costosa”, però, vi fu il silenzio mediatico protrattosi fino ad oggi. Si riattiva così una consolidata tradizione, dato che il primo spot su Fiuggi in Rai, risale addirittura all’epoca del “carosello” con dei filmati ancor oggi di grande impatto, rimasti nella memoria dei consumatori. Gli spot degli anni ’90 hanno visto poi Fiuggi legata a testimonial di rilievo internazionale, quali Caterine Deneuve che, per l’occasione, coniò la frase rimasta nella mente degli italiani: “Oui, Je suis Catherine Deneuve”. Lo scorso anno, immediatamente dopo l’insediamento dell’ATF alla guida dell’imbottigliamento, i vertici societari riavviarono la campagna promozionale dell’acqua che “cura il mal della pietra”. Per quell’occasione, probabilmente anche a causa della “limitata” capacità economica di una società appena uscita da un lungo concordato preventivo, e in piena fase di ristrutturazione aziendale, fu scelto come veicolo di propaganda il cartaceo. La pubblicità dell’acqua fu 25 anni d’informazione infatti affidata ai più importanti quotidiani nazionali. I nuovi spot sono invece partiti domenica 16 febbraio, e termineranno il 15 giugno. La presenza televisiva, inoltre, verrà accompagnata da una promozione radiofonica di 20 secondi sempre sulle reti radio Rai. Al centro del nuovo spot c’è il messaggio di Acqua Fiuggi associato al concetto di benessere, “il tuo percorso di benessere”, “un’acqua che da sempre – recita il testo – aiuta gli Italiani a stare bene”. “In 15 secondi – hanno spiegato i professionisti che lo hanno realizzato – abbiamo cercato di sintetizzare tutto il valore dell’acqua ricordando le Terme di Fiuggi con un messaggio finale”. La campagna stampa del 2013 ha segnato il ritorno di Acqua Fiuggi nell’attività di comunicazione, ora, con l’importante passo del ritorno in TV, si intende ricordare i positivi effetti per il benessere e l’assunzione quotidiana di Acqua Fiuggi possono contribuire a stabilire. Le aspettative legate alla campagna pubblicitaria, sono quelle di un aumento delle vendite del 20%, almeno questo è quanto auspicano i vertici di acqua e terme Fiuggi, solo a fine luglio, tuttavia sarà possibile tracciare un bilancio definitivo dell’incremento delle vendite dell’acqua. Nell’attesa godiamoci, il gradito ritorno dello spot della nostra acqua sui canali RAI. 59 quarta ed ultima parte L’Ariel Service di Scappaticci Tommaso e C. Sas Gruppo Rinascita 5 Copyright Promograph Comm Sas - 0775212261 Sono specializzate in Ingegneria naturalistica, manutenzione verde pubblico e privato. Parchi, staccionate ecc. ARIEL SERVICE sas Via Petraia, 8 03030 Santopadre Frosinone (FR) Tel/fax 0775 288791 cell. 333.9883179 GRUPPO RINASCITA Srl Piazzale De Mattheis, 27 03100 Frosinone cell. 333.9883179 S.r.l. Storia, Filosofia e Fede: Religioni a confronto di Monica Ciotoli PROTESTANTESIMO: L’Alleanza Messianica Italiana e la Chiesa Evangelica Messianica di Civitanova Marche Alta promuove studi che documentano le radici ebraiche della fede cristiana. Promuove nella chiesa l’insegnamento della cultura ebraica come aiuto per lo studio della Bibbia, per capire e vivere meglio la fede nel nostro Signore Yeshua haMashiah attraverso una migliore comprensione di come gli apostoli e i discepoli,…che per primi lo hanno seguito, pensavano e vivevano, in modo che si possa, a nostra volta, essere dei migliori testimoni della gloria del Suo Evangelo. Dà impulso e sostiene una restaurazione del culto del tempo degli Atti degli Apostoli, con un grande interesse alle radici ebraiche del cristianesimo e con l’uso del nome ebraico di Gesù, Yeshua. Intervista/conversazione con Argentino Quintavalle responsabile del gruppo della Chiesa (autore di numerosi libri e pubblicazioni in materia, tra i quali “ELEMENTI ESSENZIALI DELLA FEDE GIUDEO-CRISTIANA”; “INTRODUZIONE ALLA TORAH ”; “YESHUA HAMASHIAH – IL MESSIA GESÙ NELLA CULTURA DEL SUO TEMPO”/ Edizioni Centro Biblico – Lago Patria. Direttore di Shalom Journal), il quale ci spiega “principi, fondamenti ed insegnamenti” della Chiesa Evangelica Messianica : “ …Perché i cristiani dovrebbero conoscere l’ebraismo? I contorni ebraici del cristianesimo del primo secolo vengono da Voi ricercati e gradatamente restaurati nel sistema di valori della Chiesa. Perché…?” Parte II La questione che dovrebbe quindi sorgere è: come possono due religioni create dallo stesso Dio, non avere molte cose, anzi la maggior parte delle cose, in comune? E se no, perché no? Dobbiamo prepararci ad occuparci seriamente di molti passi della Scrittura lungamente trascurati. Per esempio, come spieghiamo il seguente passo del Nuovo Testamento? «Qual è dunque il vantaggio del Giudeo? O qual è l’utilità della circoncisione? Grande per ogni maniera…» (Rom.3:1,2). Cosa voleva dire Paolo? Il resto del verso ci aiuta a capire: «…prima di tutto, perché a loro furono affidati gli oracoli di Dio» (Rom.3:2). Il minimo che deve essere loro riconosciuto è che dagli ebrei abbiamo ricevuto i due più preziosi doni di Dio: la Bibbia e il nostro Messia, Gesù. Ciò che si ritiene essere “verità biblica progressiva” può variare nel parere da individuo a individuo. Alcuni potrebbero dire che oggi è l’effusione dello Spirito Santo sulla Chiesa, testimoniato dalla manifestazione del miracoloso. Altri dicono che è l’incremento della predicazione evangelica, o entrambi. Ma non si può prescindere dal ripristinare la chiesa ai principi biblici che si 25 anni d’informazione trovano nei contorni ebraici degli anni della sua nascita. Il modo in cui deve avvenire non è per una “effusione” dello Spirito Santo, ma attraverso un risveglio nei confronti della parola di Dio. Ecco la promessa di Dio: «Si spanda il mio insegnamento come la pioggia, stilli la mia parola come la rugiada, come la pioggerella sopra la verdura, e come un’acquazzone sopra l’erba» (Deut.32:2). Questa è una pioggia di verità. Il cristianesimo ha una miriade di diverse denominazioni e confessioni nel suo interno. Queste divisioni non esistono per una differente testimonianza su Gesù. Esse esistono perché differiamo su ciò che il Libro (Bibbia) insegna. Siamo uniti a credere nel Cristo della dottrina, ma restiamo divisi sulla dottrina di Cristo. La tecnica impiegata da molti per conservare una parvenza di unità è stata quella di svalutare l’importanza dell’unità dottrinale. Tale unità è nel migliore dei casi solo parziale, e nel peggiore dei casi ipocrita. Nella maggior parte dei casi è il risultato di delusioni da precedenti tentativi di dialogo scritturale. Perché esistono tutti questi dilemmi dottrinali e gli inutili tentativi per risolverli? Perché non è possibile che i predicatori e i teologi concordano su ciò che la Bibbia insegna? Bisogna am- mettere che ci deve essere una causa di fondo per questa situazione! La risposta è semplice. Non facciamo uso degli stessi strumenti. Per l’interpretazione abbiamo fatto ricorso a strumenti greci o ellenisti piuttosto che ebraici. In gran parte è il risultato della nostra rinuncia o negazione del fondamentale principio che il cristianesimo è radicato nel giudaismo biblico. Per il cristiano medio questo potrebbe apparire un’eccessiva semplificazione o forse il contrario, qualcosa di enigmatico e complesso. Ma Dio sta mandando questo monito al cuore di molti credenti. C’è una rinascita nella chiesa dell’insegnamento giudeo-cristiano del primo secolo. Questa è una rivoluzione per la teologia cristiana. Potrà essere difficile, ma inevitabile. Shalom 61 Calcio Dopo il ko di Pontedera i canarini superano tre a zero il Grosseto e consolidano il primato in classifica a otto giornate dalla fine del campionato PERUGIA E LECCE A CINQUE PUNTI IL FROSINONE VOLA VERSO LA “B” Il “turn over” di Roberto Stellone rivoluziona la formazione canarina ma la legge del “Comunale” non fa sconti: quindicesima vittoria, undici in casa. di Franco Turriziani fotoservizio di Federico e Tonino Casinelli P er la prima volta dall’inizio del campionato il Frosinone è in testa con cinque punti di vantaggio sugli immediati inseguitori Perugia e Lecce che, con i canarini, dividevano i favori del pronostico circa la formazione che può conquistare la promozione alla serie B direttamente, cioè senza passare per la lotteria dei play off. Curiale nell’azione della terza rete 62 Il Pisa che occupa il quarto posto è a nove punti, il Catanzaro a dieci, L’Aquila a dodici, il Benevento addirittura a tredici. Più indietro le altre squadre che possono conquistare gli altri due posti validi per giocare la coda del campionato con l’obiettivo di classificarsi al secondo posto valido per la promozione. A otto giornate dal termine (Frosinone e Curiale e Ciofani. L’abbraccio dei bomber Lecce insieme a Prato, Paganese, Nocerina, Viareggio, Pisa e Pontedera dovranno però osservare il turno di riposo), la formazione di Roberto Stellone ha iniziato la fuga verso l’ambito traguardo finale del ritorno nella cadetteria, già sua per ben cinque campionati. Sarà la fuga buona, cioè in grado di tenere a debita distanza avversari che inseguono lo stesso obiettivo? Se giri la domanda al tecnico ed ai giocatori canarini, la risposta è una sola: niente pronostici, nessuna tabella di marcia (nel calcio non ci sono certezze e tutto può succedere), ma è necessario pensare alla partita che si deve affrontare perché si tratta di sette finali e, quindi, di vincerne tante quante ne faranno proprie Perugia e Lecce. Perciò massima concentrazione e nessun calo di tensione che, poi, sono la cura che il tecnico ha prescritto a capitan Frara e compagni. La ventiseesima giornata (nona del girone di ritorno) non è stata favorevole al Perugia, battuta con il minimo scarto a Catanzaro mentre il Lecce ha sudato 25 anni d’informazione per superare sul campo amico per due a uno l’Ascoli. Più rotondo il successo del Frosinone sul Grosseto per tre a zero e la conquista della posta in palio, se ha mantenuto inalterato il vantaggio dei canarini sulla formazione di Lerda, ha incrementato quello sulla squadra di Camplone. La vittoria conquistata sul terreno di gioco del “Comunale” è stata importante anche perché giunta dopo la brutta parentesi di Pontedera che non ha avuto riflessi negativi sul rendimento del Frosinone, che ha ripreso la corsa verso il primato con rinnovato ardore. Le scelte di formazione decise dal tecnico canarino sono state tutte azzeccate nel senso che il risultato finale dell’incontro con il Grosseto ha dimostrato che il coraggio di Roberto Stellone è stato ripagato sul campo da quei canarini chiamati in formazione, dal primo minuto di gioco, in sostituzione dei compagni ai quali lo stesso tecnico aveva deciso di rinunciare, almeno inizialmente. Un “turn over” necessario anche dal punto di vista mentale oltre che fisico in vista dello sprint finale. Venendo ai particolari, sei i nuovi titolari rispetto alla formazione schierata al fischio dell’arbitro sul campo di Pontedera: i difensori Bertoncini e Biasi, il mediano Gucher e gli esterni di centro- 25 anni d’informazione Robert Goucher esulta campo Soddimo e Gessa oltre al portiere Mangiapelo per la squalifica di Massimo Zappino. Con i tre gol realizzati alla squadra del coach Leonardo Acori (il primo di Daniel Ciofani, che ha raggiunto quota tredici, il secondo di Robert Gucher con un gran tiro da oltre venticinque metri ed il terzo di Davis Curiale che ha portato il suo bottino di reti a nove) il Frosinone ha l’attacco più prolifico del girone con 42 reti mentre il Catanzaro ha la difesa più ermetica con soli sedici gol subìti, due meno del Frosinone e del Pisa. Tre reti di ottima fattura, ma c’è anche da sottolineare il fatto che il Grosseto, dopo aver subito la rete di Ciofani al quinto minuto di gioco, è rimasto in dieci per la espulsione dell’attaccante Marotta al 36°di gioco del primo tempo ed addirittura in nove per il rosso a Terigi, a partita ormai conclusa. L’essersi venuti a trovare in superiorità numerica ha paradossalmente e per diversi minuti frenato l’azione dei canarini. “In special modo ad inizio ripresa – ha tenuto a precisare Roberto Stellone – i ragazzi hanno in un certo qual senso rivissuto il film della partita di Pontedera, dove in undici contro dieci ed in vantaggio di un gol, si sono visti raggiungere e superare dopo banali errori individuali. Poi, però, il Frosinone ha qualità da vendere ed il gioco è tornato a scorrere molto bene. Posso dire di essere soddisfatto della prestazione della squadra che sta giocando un ottimo campionato e lo dimostrano ovviamente i risultati: quindici vittorie, più di tutte le altre formazioni, sei pareggi e quattro sconfitte. Tutti i ragazzi sono stati bravi, anche quelli che ho chiamato in formazione per permettere ad altri di rifiatare un pochino. Il cambio di modulo nella ripresa ha portato beneficio alla nostra manovra e ci ha permesso di creare molte occasioni da rete. E’ la dimostrazione che posso contare su un gruppo di giocatori forte e coeso, che ha dovuto giocare tutte le partite per fare il risultato migliore. Non sempre ci siamo riusciti ma l’attuale classifica premia il rendimento del collettivo”. Domenica ci sarà il Benevento che ha il dente avvelenato, dopo la battuta d’arresto sul campo della Salernitana, concretizzatasi nelle battute finali dell’infuocata sfida. Un avversario di tutto rispetto, una delle formazioni più in forma ma anche distanziata in classifica dai canarini. Tredici punti di distacco stanno a significare valori tecnici ed agonistici diversi e comunque in favore dell’attuale capolista del girone B di Prima Divisione. Ne è convinto Roberto Stellone, ne sono convinti Alessandro Frara e compagni e per questo prepareranno al meglio l’importante trasferta ben consci che la sedicesima vittoria di campionato rappresenterà certamente un altro importante passo verso il primato finale. 63 Volley di Simone Sergio GLOBO BPF SORA CAMPIONATO CHIUSO L a Globo BPF Sora mette prontamente da parte la delusione Coppa Italia e si ributta nel campionato affrontando al PalaPolsinelli per il secondo match casalingo consecutivo la Cassa Rurale Cantù. La marcia degli uomini di Fenoglio sembra inarrestabile e contro i lombardi arriva il sesto successo di fila, con il risultato di 3-1. Qualche imbarazzo all’inizio per Daldello e compagni, che partono un po’ contratti e lasciano il primo set agli ospiti che, con una buon finale di frazione, fanno loro 22-25. Il secondo parziale si dimostra decisamente più combattuto, con Sora che gestisce bene la situazione fino alle fase finale, quando un break ospite riporta la parità a quota 23. Nel momento decisivo con grande cinismo la parità nei set è ristabilita sul 25-23. Nella terza frazione di gioco la musica cambia, Salgado e compagni iniziano a spingere forte da metà parziale e vanno a scavare un importante solco che permette il 2516. Cantù prova a tenere viva la gara disputando un’ottima quarta frazione, fino alle fasi finali, quando una nuova accelerata dei biancoverdi di casa sancisce la definitiva vittoria sul 25-20. Fiore, ormai recuperato definitivamente dall’infortunio, è il best scorer della gara con 19 punti, seguito a quota 14 da Allan, il cui 72% in attacco ne fanno l’MVP di giornata. Eccezionale è anche la prestazione del nuovo libero Marco Rizzo, all’esordio davanti al nuovo pubblico, che fa segnare un’altra prestazione record dopo quella della 64 settimana prima in Coppa, con ben il 93% di positività in ricezione. Sul campo di Castellana Grotte, Sora fallisce il settimo sigillo e contro la penultima della classe arriva la sconfitta che fa scendere i ciociari al terzo gradino della classifica, un 3-1 che interrompe la serie positiva di risultati ad una settimana dallo scontro con la capolista Padova. Il match di cartello al PalaPolsinelli regala le emozioni spe- rate e con una prestazione superba la Globo infligge uno splendido 3-1 ai veneti. Conquistati i primi due parziali,entrambi con il risultato di 25-22, grazie soprattutto a due ottime finali di frazioni, gli ospiti dominano totalmente il terzo set e vanno agevolmente a vincere per 12-25, riaprendo di fatto la gara. I ragazzi di coach Fenoglio sono decisi a chiudere e con una grande prova di carattere e di squadra conquistano il meritato successo finale sul 25-20. MVP di giornata è Alessio Fiore che mette a referto 13 punti di cui 4 ace e 2 muri, ma la vera sorpresa è Cittadino, in campo al posto Tomasetti, con 9 punti, il 71% in attacco e ben 4 muri. Sul difficile campo dell’Itely Milano la Globo Sora fa nuovamente bottino pieno, imponendosi con il risultato di 1-3. Confermato Cittadino al centro dopo la splendida prova contro Padova, Sora parte subito bene e conquista il primo parziale 23-25, dopo aver rimontato un consistente svantaggio iniziale. I padroni di casa immediatamente però riequilibrano la situazione col successo per 25-21 nella seconda frazione. Lo stesso punteggio sarà anche il risultato con il quale la formazione di patron Giannetti conquisterà i set successivi, facendo meritatamente suoi i tre punti. L’occasione per dare una nuova sterzata alla classifica si presenta nella nuova gara di cartello casalinga contro Monza. L’occasione di superare in classifica gli avversari di giornata non viene colta e finisce 2-3 per gli ospiti al termine di un’eccezionale rimonta. Dopo aver conquistato i primi due set sul punteggio di 25-16 e 25-21, la partita cambia direzione, quando i lombardi rimangono aggrappati alla gara con la vittoria per 25-27 nel terzo parziale e ancor più faticosa nel quarto 27-29. L’inerzia della gara è ormai mutata e i lombardi riescono ad imporsi anche nel quinto set, questa volta in maniera convincente per 7-15, portando a compimento una rimonta difficile da ipotizzare. I 24 punti di Tamburo e i notevoli numeri in ricezione (80% di positività di squadra, Allan 90% e Rizzo 86% sono dati eccezionali) non riescono a sopperire alle cifre decisamente più basse fatte registrare in attacco. Con questa sconfitta Sora perde ulteriore terreno dalle prime due della classe e le speranze di promozione diretta si esauriscono qui. In un campionato dalla lotta al vertice molto serrata sperare in negativi risultati altrui diventa quanto meno complicato. A poche giornate dalla fine della stagione regolare, la Globo dovrà cercare di disputare le gare che mancano nel miglior modo possibile, per poi concentrare tutte le proprie energie nelle quasi certe gare di post-season, dove non saranno ammessi errori. Prima di allora l’ultimo mese di campionato sarà un ottimo banco di prova per testare la reale condizione dei ragazzi di mister Fenoglio. 25 anni d’informazione Volley di Simone Sergio IHF VOLLEY FROSINONE BASSIFONDI DELLA CLASSIFICA I l girone di ritorno dell’IHF Volley Frosinone inizia sul campo di casa contro l’Imoco Conegliano, di fronte per la quarta volta in stagione dopo la gara d’andata e le due di Coppa Italia. La storia non cambia neanche questa volta e contro le vicecampionesse d’Italia arriva la quarta sconfitta in altrettante gare. Il pesante 0-3 con il quale Lloyd e compagne ottengono la vittoria arriva al termine di una gara dominata. Eccezion fatta per il secondo parziale, chiuso ai vantaggi 24-26 e nel quale Gioli e compagne hanno molto da recriminare con loro stesse per non essere state in grado di chiudere nel momento oppportuno, gli altri due set sono gestiti e condotti dalle venete senza troppe difficoltà grazie al 15-25 del primo parziale e al pesante 7-25 nel terzo. Sarebbe meglio evitare certe magre figure ma purtroppo non sembra intravedersi la necessaria inversione di rotta per poter sperare di allontanarsi dal fondo della classifica. Poco da commentare e poco da salvare in un match così. La trasferta di Ornavasso fa segnare una sconfitta per 3-0 che non fa neanche più notizia. Eppure la gara sembrava essere iniziata con il giusto piglio per le bianconere che, dopo una fase di studio e di stallo, conquistano un break nella fase finale del set che sembra dare l’idea di poter conquistare il parziale, ma le padrone di casa prima pareggiano sul 24 e poi piazzano i due punti decisivi che chiudono la frazione sul 26-24. Nel secondo parziale sono le piemontesi a condurre fin da subito e, mantenendo sempre le giuste distanze, s’impongono per 25-18. L’ultimo set sembra ricalcare a tratti l’andamento del primo, quando le ciociare riescono a trovare un piccolo vantaggio in un momento chiave della frazione, ma ancora una volta si tratta di una pura illusione. Finisce 25-22 e i tre punti vanno in tasca alle giallonere di casa, che grazie a que- 25 anni d’informazione sto successo mettono un bel solco di vantaggio proprio tra loro e le pericolanti ragazze di coach Martinez. Le domeniche passano e la situazione diventa estremamente più delicata settimana dopo settimana. Nel match casalingo contro la Foppapedretti Bergamo si deve registrare ancora una volta l’ennesima battuta d’arresto, con le lombarde che conquistano la vittoria per 1-3. L’IHF, oramai conscia della propria difficile situazione, mette in campo grinta e cuore per cercare di avere la meglio, ma di fronte a sé si trova una delle migliori formazioni di questo campionato e contro l’opposto della nazionale italiana Diouf in grandissimo spolvero (33 punti) che da sola spegne le velleità bianconere. Persi i primi due set 18-25 e 21-25, le bianconere provano a contrastare le avversarie, riaprendo la contesa nel terzo parziale, conquistato 25-23. Ma gli sforzi saranno ancora una volta vani e il netto 16-25 della quarta frazione scrive la parola fine alle ostilità. I 17 punti di Kidder e Angeloni non sono sufficienti contro le lombarde, superiori in tutte le statistiche. Non ci si muove dai bassifondi della classifica e la penultima posizione, che nonostante tutto significa salvezza, appare quasi consolidata. Ciò non significa abbassare la guardia, perché bisogna prestare molta attenzione all’ultima della classe Forlì, che per buona sorte delle ciociare continua a incassare risultati negativi. Bisognerà comunque tentare di muovere la classifica e racimolare più punti possibili da qui in avanti per evitare di correre rischi e per non mettere fine troppo presto all’avventura chiamata A1. 65 t e k s a B FMC FERENTINO L’AMMAZZAGRANDI! La seconda affermazione consecutiva della FMC Ferentino giunge al termine di un’autentica impresa. Sul campo della capolista Trento, imbattuta da sette turni, Guarino e compagni conquistano la vittoria per 65-66, al termine di una grande rimonta. Dopo essersi trovati sotto anche di 18 punti, i ragazzi di coach Gramenzi rientrano dall’intervallo con ben altre motivazioni, recuperando lo svantaggio con un grande terzo parziale. Gli ultimi dieci minuti sono di quelli da incorniciare perchè Ryan Bucci piazza allo scoccare della sirena il canestro del successo. Dopo la prima della classe, nel successivo turno di campionato gli amaranto ciociari si trovano a dover affrontare l’altra capolista Capo d’Orlando. Al Ponte Grande finisce 78-76 e si ripete l’andamento del match di sette giorni prima contro Trento. Dopo un primo parziale chiuso in avanti seppur di un solo canestro, l’equilibrio del match viene capovolto dai siciliani che recuperano e si portano a loro volta a condurre, fino ad arrivare al 60-66. Gli ultimi dieci sono vissuti al cardiopalma ripetendo quello che era già accaduto la settimana precedente. Questa volta è Garri a piazzare il canestro all’ultimo secondo che dà il nuovo successo di 78-76. di Simone Sergio Il turno infrasettimanale sul campo di Imola porta la quarta vittoria di fila per 73-90 e la quinta nelle ultime sei gare. L’ottimo momento di forma è evidente nella trasferta romagnola, dominata fin dall’inizio con un vantaggio che raggiunge anche quota +32, margine ricondotto su termini più dignitosi con il -17 degli ultimi minuti. Il successivo turno casalingo contro l’Angelico Biella è la gara dal finale che non ti aspetti, perché Guarino e soci buttano alle ortiche una gara già vinta, compiendo una sorta di harakiri, regalando inaspettatamente i due punti agli avversari. Ferentino domina la gara per tre quarti di gioco, arrivando a toccare picchi di +17. Negli ultimi dieci minuti la luce si accende nella metà campo piemontese, gli ospiti recuperano il gap e nei secondi finali piazzano il canestro che dà loro la vittoria per 72-73. Prima del derby contro Veroli saluta la compagnia Davide Rosignoli, le cui prestazioni non sono state in linea con le attese. Sul parquet del palasport di Frosinone la partita più sentita dell’anno non ha di certo tradito le aspettative. La FMC si riscatta prontamente dalla precedente sconfitta e conquista un successo che la fa riavvicinare prepotentemente ai cugini gial- lorossi, bissando il successo già ottenuto all’andata. Il 71-75 finale arriva al termine di una meritata rimonta nella seconda metà di gara che spegne le illusioni dei padroni di casa che avevano condotto i primi venti minuti. La FMC Ferentino sta attraversando un ottimo periodo di forma che l’hanno riavvicinata alla zona play-off. In una classifica cortissima, la lotta per i posti a disposizione sarà molto serrata e le partite da qui a fine stagione saranno delle vere e proprie finali, ma questa squadra sembra aver trovato la giusta direzione per essere tra le protagoniste. di Simone Sergio GZC VEROLI NUOVA FLESSIONE Il match casalingo contro Trapani fa segnare una nuova sconfitta per la GZC Veroli, la seconda consecutiva dopo quella della settimana precedente, rimediata sul campo di Napoli. I siciliani conquistano meritatamente il successo, dopo aver praticamente condotto la gara fin dalla palla a due, controllando meglio la gara rispetto ai giallorossi. Veroli lotta e cerca di rimanere aggrappata agli amaranto, ma sono gli ultimi dieci minuti a sancire la vittoria ospite con l’accelerata che permette loro di chiudere sul 73-82. Con la trasferta di Brescia, che finisce 70-61 per i padroni di casa, le sconfitte consecutive diventano tre e s’iniziano ad intravedere i segnali di una crisi. Resta l’amaro per una gara quasi interamente giocata alla pari, eccezion fatta per i minuti iniziali del secondo quarto, che tracciano la differenza tra le due squadre, con il break lombardo di 7-0 che rimane incolmabile fino al termine della gara. Il momento difficile s’interrompe nel match casalingo contro Casale Monferrato, nel quale i giallorossi rialzano la testa con il successo per 77-68. La prima metà di gara è di marca ospite, che va all’intervallo avanti sul 31-37, e l’andamento del match fa pensare ad una nuova battuta d’arresto. Dopo l’intervallo arriva 66 una grandissima reazione degli uomini di patron Zeppieri che ribaltano la situazione nel terzo quarto e consolidano il loro vantaggio negli ultimi dieci minuti, chiudendo sul definitivo +11. Messo da parte il turno infrasettimanale, la difficilissima trasferta sul campo della capolista Trento si conclude purtroppo con una nuova sconfitta. Finisce 68-66 una gara che i giallorossi potevano far loro. Dopo due quarti di perfetta parità, nel terzo quarto Veroli sembra aver spostato l’andamento della gara in proprio favore, ma i trentini annullano lo svantaggio e con un canestro sulla sirena fanno loro i due punti. Il palasport di Frosinone ospita l’attesissimo derby contro i cugini della FMC Ferentino. Davanti al pubblico delle grandi occasioni, i giallorossi escono sconfitti 71-75. Avanti nella prima metà di gara, Rossi e compagni subiscono la rimonta ospite che porta prima al pareggio nella terza frazione e poi al -4 finale. Non è un buon momento quello che sta attraversando la GZC Veroli, con una serie di sconfitte che la stanno allontanando rapidamente dal vertice, mettendo a repentaglio quanto di buono fatto finora. Le gare da qui al termine della stagione regolare dovranno far segnare una nuova e definitiva inversione di tendenza, per non rendere vana una splendida prima metà di campionato. 25 anni d’informazione Riproduzione disegni – fotocopie – cancelleria www.centrocopiebortone.it FROSINONE Copyright Promograph Comm Sas - 0775212261 n. 30 Via Monti Lepini km.1350 8331 - 260451 tel. +39 0775 290779 - 83 iebortone.it e-mail: lepini@centrocop FROSINONE e Ferroviaria) Via Sacra Famiglia (Stazion tel./fax +39 0775 290253 opiebortone.it e-mail: stazione@centroc FROSINONE Via Marco Minghetti n. 25 tel. +39 0775 251340 mob. +39 3927990890 fax +39 0775 836548 opiebortone.it e-mail: minghetti@centroc
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