Cassazione civile, sez. II, sentenza 16.10.2014 n

Avvocati: rito speciale si estende ai compensi per prestazioni stragiudiziali
Cassazione civile, sez. II, sentenza 16.10.2014 n. 21954 (Nicola Virdis)
La speciale procedura di liquidazione dei compensi degli
avvocati prevista dagli artt. 28, 29 e 30 della Legge n. 794/1942, seppure dettata solo per le
prestazioni giudiziali civili, è ammessa anche per le prestazioni stragiudiziali ad esse strumentali e
complementari.
E' questo il principio stabilito dalla Seconda Sezione della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi
su un ricorso presentato da una donna contro il provvedimento di liquidazione dei compensi emesso in
favore del suo (ex) legale.
L'avvocato aveva chiesto al Tribunale di Cagliari, ai sensi degli artt. 28 e ss. della Legge n. 794/1942, la
liquidazione dei compensi per le prestazioni professionali svolte nell'interesse della donna in una serie
di procedure, giudiziali e non: modifica delle condizioni di separazione; esecuzione per rilascio di
immobile e per il pagamento dell'assegno di mantenimento; divorzio; predisposizione di una querela
contro l'ex marito ecc.
La donna contesta il fatto che il Tribunale abbia liquidato all'avvocato non solo onorari e diritti per
prestazioni giudiziali civili, ma anche compensi relativi ad attività stragiudiziali e in materia penale.
Per meglio comprendere i termini della questione, è utile ricordare che, ai fini della liquidazione dei
compensi nei confronti dei propri assistiti, gli avvocati possono tradizionalmente seguire tre distinte
strade: intraprendere un processo ordinario di cognizione; agire con ricorso per decreto ingiuntivo
(artt. 633 e ss. c.p.c.); seguire la speciale procedura disciplinata dagli artt. 28, 29 e 30 della Legge n.
794/1942.
Quest'ultima procedura, peraltro, è stata recentemente modificata dal d.lgs. n. 150/2011, il quale ha di
fatto ricondotto le controversie in tema di liquidazione dei compensi nell'ambito del rito sommario di
cognizione (salvo alcune peculiarità).
L'art. 28 della Legge n. 794/1942, intitolato “Forma dell'istanza di liquidazione degli onorari e dei
diritti”, nella sua formulazione originaria stabiliva che «per la liquidazione delle spese, degli onorari e
dei diritti nei confronti del proprio cliente l'avvocato o il procuratore, dopo la decisione della causa o
l'estinzione della procura, deve, se non intende seguire la procedura di cui all'art. 633 e seguenti del
codice di procedura civile, proporre ricorso al capo dell'ufficio giudiziario adito per il processo».
Di recente, la Legge n. 794/1942, e con essa la procedura in questione, è stata protagonista di una
vicenda normativa piuttosto convulsa.
Pur dovendosi ritenere in buona parte già implicitamente abrogata per effetto di precedenti
provvedimenti in materia di compensi legali (v. Legge n. 1051/1957 e D.M. n. 585/1994), la Legge n.
794/1942 è stata in un primo momento espressamente abrogata ad opera del Decreto Legge n.
200/2008 (uno dei cd. decreti “taglia-leggi”, che ha cancellato dall'ordinamento alcune migliaia di leggi
e provvedimenti risalenti anche a due secoli fa).
Senonchè, in sede di conversione del decreto, la Legge n. 794 è stata riportata in vita;
momentaneamente però, perchè di lì a breve è intervenuto il d.lgs. n. 150/2011, il quale ha modificato
l'art. 28 e abrogato gli artt. 29 e 30 della legge.
In sostanza, della vecchia procedura speciale di liquidazione resta oggi in vigore il solo art. 28, il cui
testo attuale così recita: «Per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti nei confronti del
proprio cliente l'avvocato, dopo la decisione della causa o l'estinzione della procura, se non intende
seguire il procedimento di cui agli articoli 633 e seguenti del codice di procedura civile, procede ai
sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150».
In altri termini, la procedura di liquidazione di cui all'art. 28 è oggi regolata dal rito sommario di
cognizione (artt. 702-bis e ss. c.p.c., in relazione agli artt. 3 e 14 del d.lgs. n. 150/2011), fatte salve
alcune “deviazioni” rispetto allo schema tipico del rito così come disegnato dal codice; vale a dire
(limitando l'esame agli aspetti più rilevanti):
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la competenza spetta all'ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l'avvocato
ha prestato la propria opera; può quindi trattarsi, a seconda dei casi, di tribunale o corte di
appello (sembra doversi escludere la competenza del giudice di pace);
non è prescritta la difesa tecnica nel giudizio di merito; le parti possono quindi stare in giudizio
personalmente;
non è ammessa la conversione del rito da sommario a ordinario, a prescindere dalla eventuale
complessità dell'istruzione;
se la competenza spetta al tribunale, questo decide non in forma monocratica ma in
composizione collegiale;
il giudizio è definito con ordinanza, contro la quale non è possibile proporre appello. A
quest'ultimo proposito, nella vigenza del “vecchio” procedimento speciale l'ordinanza conclusiva
era espressamente dichiarata «non impugnabile» (art. 29); tuttavia, avuto riguardo al contenuto
sostanzialmente decisorio del provvedimento e alla sua irretrattabilità, si riteneva ammissibile
il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. (ricorso nell'ambito del quale –
come è noto – sono deducibili solo i vizi di violazione di legge). Oggi, la previsione espressa della
non appellabilità dell'ordinanza sembra fugare ogni dubbio circa la possibilità di impugnarla con
il solo ricorso straordinario per cassazione.
Il procedimento di cui all'art. 28 si applica anche in caso di opposizione a decreto ingiuntivo riguardante
i compensi legali dovuti per prestazioni giudiziali.
L'ambito di applicazione del procedimento è espressamente limitato alle prestazioni giudiziali civili; tale
rimedio non è perciò utilizzabile per la liquidazione dei compensi per prestazioni svolte in processi
amministrativi (v. Cons. Stato Sez. IV, 14 aprile 2006, n. 2133) o penali (v. Cass. Civ. Sez. II, 14 ottobre
2004, n. 20293).
Si è invece posto frequentemente il problema se tale strumento sia utilizzabile per la liquidazione di
compensi relativi all'attività stragiudiziale dell'avvocato.
Questo è appunto il tema affrontato dalla Seconda Sezione nella decisione in esame; oggetto del
contendere è la liquidazione dei compensi per le prestazioni professionali svolte dall'avvocato in una
serie di procedure ulteriori rispetto all'attività processuale vera e propria, tutte comunque funzionali
alla richiesta di modifica e di attuazione delle obbligazioni sorte a carico del marito della ricorrente
nell'ambito di un procedimento di separazione coniugale.
Sul punto esiste un vasto repertorio giurisprudenziale, per lo più riferito a casi di transazioni concluse
al di fuori della conciliazione davanti al giudice (chè in caso in conciliazione giudiziale il problema non si
porrebbe, trattandosi evidentemente di prestazione di natura giudiziale); in questi casi la Corte di
Cassazione ha sempre affermato che, ai fini della speciale procedura di liquidazione, devono
considerarsi giudiziali non solo le prestazioni preordinate al compimento degli atti processuali, ma
anche quelle che si svolgono fuori dal processo, purchè siano strettamente dipendenti dal mandato
relativo alla difesa in giudizio, così da potersi considerare attività strumentale o complementare
di quella propriamente processuale (si vedano ad es.: Sez. II, 4 dicembre 2009, n. 25675; Sez.
Lav., 3 dicembre 2008, n. 28718; Sez. II, 13 giugno 2007, n. 13847; Sez. II, 21 aprile 2004,
n. 7652; Sez. II, 8 novembre 2002, n. 15718; Sez. II, 18 aprile 2001, n. 5700; Sez. II, 13
aprile 2001, n. 5566; Sez. II, 6 agosto 1997, n. 7223; Sez. II, 3 luglio 1991, n. 7275).
Nella fattispecie, la Seconda Sezione, uniformandosi al principio di diritto sopra richiamato, respinge il
ricorso, rilevando che tutte le prestazioni stragiudiziali in questione erano strumentali all'attività
processuale svolta dal legale della donna.
Un'ultima annotazione: il principio di diritto, qui ribadito dalla Suprema Corte nell'ambito di una
procedura che si era svolta ratione temporis secondo il “vecchio” rito, vale ovviamente anche nel
contesto del nuovo procedimento sommario regolato dall'art. 14 del d.lgs. 150/2011; nulla è mutato
sotto questo profilo.
(Altalex, 5 novembre 2014. Nota di Nicola Virdis)
/ tariffe / procedura camerale / prestazioni penali inerenti / avvocati / Nicola Virdis /
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
Sentenza 16 ottobre 2014, n. 21954
(Presidente Bursese – Relatore San Giorgio)
Svolgimento del processo
1.- O.E.S. ricorre contro l'ordinanza, depositata il 23 giugno 2008, con la quale il Tribunale di Cagliari,
su ricorso ex art. 28 della legge n. 794 del 1942 dell'avv. C.M. , che aveva chiesto la liquidazione delle
spese, degli onorari e dei diritti per l'attività professionale svolta in favore della stessa O. in una serie
di procedure (ex art. 710 cod.proc.civ., di esecuzione - rilascio di un immobile e pagamento dell'assegno
di mantenimento -, di divorzio), nonché per la predisposizione di una querela, tutte volte ad ottenere la
modifica e l'attuazione delle obbligazioni sorte in capo al coniuge Co.Lu. nell'ambito del procedimento di
separazione personale, ritenuto che le notule fossero state redatte con l'osservanza della tariffa
professionale, che i compensi richiesti rientrassero nei limiti di legge e che fossero proporzionati alla
natura e complessità delle cause ed ai risultati conseguiti, liquidò in favore della professionista la
somma complessiva di Euro 10610, 00 e la ulteriore somma di Euro 250,00 per la predisposizione della
querela, oltre agli interessi legali dalla pronuncia della ordinanza fino al saldo, ponendo a carico della O.
le spese del procedimento.
2. - Il ricorso si basa su due motivi.
L'intimata non si è costituita nel giudizio.
Motivi della decisione
1. - Con il primo motivo si deduce violazione degli artt. 149, 162,164,291 cod.proc.civ., art. 29 della legge
n. 794 del 1942, art. 24 Cost., in relazione all'art. Ili Cost. Sostiene la ricorrente che il Tribunale di
Cagliari, stante la mancata costituzione della signora O. e la notifica del ricorso effettuata oltre il
termine di comparizione indicato nel decreto di fissazione dell'udienza, avrebbe dovuto pronunciare la
nullità del ricorso introduttivo per mancato rispetto del termine dilatorio di comparizione, con lesione
del diritto di difesa, e disporne la rinnovazione, ai sensi degli artt. 162, 164 e 291 cod.proc.civ. Il
procedimento sarebbe, quindi, affetto da nullità. Ciò in quanto il plico contenente il ricorso dell'avv. C.
ex art. 28 della legge n. 794 del 1942 e il decreto di fissazione dell'udienza per il 6 marzo 2008, per la
cui notifica il Presidente del Tribunale aveva fissato la data del 17 gennaio 2008, era stato ritirato
dalla O. all'ufficio postale di (OMISSIS) in data 22 gennaio 2008, stante l'assenza della stessa dalla
sua residenza il precedente 15 gennaio.
La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto, ai sensi
dell'art. 366-bis cod.proc. civ., applicabile nella specie ratione temporis: “La notifica del ricorso ex art.
29 L. 194 del 1942, effettuata oltre il termine indicato nel decreto di fissazione udienza, determina la
nullità del ricorso. La mancata pronuncia della nullità dell'atto introduttivo del giudizio determina la
nullità dell'intero procedimento e dell'ordinanza adottata”.
2. - La censura è infondata.
Alla stregua della stessa ricostruzione della vicenda processuale de qua operata dalla ricorrente, dopo
che il Presidente del Tribunale aveva fissato per la comparizione delle parti l'udienza del 6 marzo
2008, e per la notificazione del ricorso e del decreto di comparizione il termine del 17 gennaio 2008, la
signora O. aveva ritirato la raccomandata, spedita il 12 gennaio 2008, presso l'ufficio postale di
(OMISSIS) , dove era stata depositata il 16 gennaio 2008, per essere stata assente la stessa dalla sua
residenza il 15 gennaio. La O. non era comparsa né si era costituita in giudizio all'udienza del 6 marzo
2008, mentre l'avv. C. aveva depositato il ricorso notificato, chiedendo termine per il reperimento ed il
deposito dell'avviso di ricevimento. La causa era stata, quindi, rinviata all'udienza del 3 aprile 2008.
Tale rinvio avrebbe consentito alla O. di costituirsi nel giudizio, ciò che non avvenne.
Pertanto nessuna lesione del diritto di difesa, né delle altre norme evocate nel ricorso, è stata
consumata.
3. - Con il secondo motivo si lamenta violazione degli artt. 28, 29 e 30 della legge n. 794 del 1942, in
relazione all'art. 111 Cost. Avrebbe errato il Tribunale di Cagliari nell'utilizzare la procedura camerale
di cui agli artt. 29 e 30 della legge n. 794 del 1942 per la liquidazione degli onorari e diritti di avvocato
e procuratore in favore dell'avv. C. oltre che per le procedure giudiziali civili, anche per quelle in
materia penale e per gli atti di precetto e procedure esecutive stragiudiziali in cui la professionista
aveva assistito l'attuale ricorrente, in relazione alle quali la legge escluderebbe la predette procedura
sommaria.
La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto: “Il
procedimento ex articoli 28, 29 e 30 della L. 492 del 13.06.1942 è applicabile solo per la liquidazione di
onorari di avvocato per prestazioni giudiziali in materia civile e non è applicabile per la liquidazione di
compensi per atti di precetto, per procedure esecutive e per prestazioni professionali in materia
penale”.
4. - La censura è immeritevole di accoglimento.
Secondo l'orientamento di questa Corte, la procedura camerale prevista dagli artt. 29 e 30 legge 13
giugno 1942 n. 794 per la liquidazione degli onorari e diritti di avvocato e procuratore, pur dettata solo
per le prestazioni giudiziali civili, è ammessa anche per le prestazioni stragiudiziali, allorché esse siano
in funzione strumentale o complementare all'attività propriamente processuale (v. Cass., sentt. n.
28718 del 2008, n. 13847 del 2007).
Nella specie, risulta di tutta evidenza che le prestazioni professionali rese dall'avv. C. in favore della
signora O. nelle procedure ulteriori rispetto a quelle strettamente civilistiche fossero preordinate allo
svolgimento della principale attività processuale, come sottolineato dal Tribunale, che le aveva
configurate come volte tutte ad ottenere la modifica e l'attuazione delle obbligazioni sorte in capo al
coniuge della O. , Luciano Co. , nell'ambito del procedimento di separazione personale.
Ne consegue la correttezza della liquidazione, operata dal Tribunale di Cagliari a favore della
professionista, degli onorari e diritti per l'assistenza prestata alla attuale ricorrente in tutta la serie
delle predette procedure.
5. - Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Non vi è luogo a provvedimenti sulle spese del
presente giudizio, non avendo la parte intimata svolto alcuna attività difensiva.
2.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
( da www.altalex.it )