145-Abitare-Pirellino-01_Primopiano 17/02/14 14.27 Pagina 2 S P A Z I A R C H I T E T T U R E Il Pirellino vestito di nuovo 38 OLTRE 145 145-Abitare-Pirellino-01_Primopiano 17/02/14 14.27 Pagina 3 Sposa la contemporaneità di tecnologia e design l’opera di Gio Ponti a Voghera Marcella Bricchi uell’edificio che nel cuore della città sovrasta con una certa imponenza i palazzi circostanti, nascosto negli ultimi anni dalle impalcature che ne hanno celato l’opera di restyling, simbolo nel decennio del boom economico del nuovo che avanza, di una modernità a cui la città di Voghera ha sempre anelato, ma mai coraggiosamente perseguito fino in fondo, è l’unico progetto realizzato in provincia di Pavia da Gio Ponti, uno dei maggiori architetti del ‘900. Q Un progetto d’autore per guardare al futuro lo chiamano “il Pirellino”, probabilmente perIchévogheresi coevo del “fratello maggio- re”, opera universalmente nota, dello stesso architetto, il grattacielo Pirelli di Milano, per i milanesi “il Pirellone”. L’opera vogherese fu commissionata allo 145 OLTRE Studio di Architettura PontiFornaroli-Rosselli di Milano nella seconda metà degli anni ‘50 dal Pio Istituto Agricolo Carlo Gallini. Il progetto presentato era decisamente ambizioso e, rispetto a quanto realizzato, prevedeva un complesso di edifici ben più articolato, la cui costruzione avrebbe mutato radicalmente il volto del centro storico cittadino. L’ingresso alla via Emilia da 39 145-Abitare-Pirellino-01_Primopiano 17/02/14 14.27 Pagina 4 Sopra: “Amate l’Architettura”, 1957; a sinistra: maquette del progetto “Centro Gallini”, lato nord, sulla via Emilia; a destra: il progetto Ponti del palazzo edificato; sotto: uno scorcio dell’edificio negli anni Ottanta piazza Meardi, racchiuso tra due alti palazzi di cemento armato e vetro, si sarebbe chiamato “porta del sole” (V.G.Bono, “Voghera palazzi e chiese”). Nel 1957 l’ufficio tecnico del comune di Voghera comunica al Pio Istituto Agricolo Carlo Gallini l’approvazione alla lottizzazione della proprietà di via Emilia e via Bellocchio e del progetto esecutivo di una parte del piano presentato per “il Centro Gallini” (in Via Bellocchio). In quello stesso anno viene pubblicato “Amate l’Architettura” un volumetto scritto da Ponti, importante testimonianza storica dell’architettura italiana, in cui compare anche l’idea del progetto vogherese. 40 La proposta di Gio Ponti accolta a metà innovativo progetto, assolutamente coerente con la visione di Gio Ponti, prevedeva la costruzione di un complesso composto da due palazzi di dieci e cinque piani da adibire a uffici e una struttura di collegamento orizzontale pensata per negozi. La proprietà Gallini sulla via centrale della città sarebbe stata abbattuta per lasciare spazio al nuovo complesso. Tuttavia il progetto di Ponti venne accolto solo in parte, la residenza ottocentesca fu “risparmiata”, come ricorda Vittorio Emiliani in una lette- L’ ra pubblicata sulla Provincia Pavese nel 2005, grazie “all’intervento della Soprintendenza ai Monumenti (allora si chiamava così) di Milano, sollecitato da un personaggio vogherese [...] il nobile don Jacopo Lauzi de Ro, ispettore onorario della Soprintendenza stessa per Voghera”. Furono abbattuti i rustici di casa Gallini e venne realizzato soltanto il palazzo di cinque piani che avrebbe ospitato uffici amministrativi, abitazioni e al piano terra un auditorium, come riportato sui cartigli tecnici dei layout di progetto. 145-Abitare-Pirellino-01_Primopiano 17/02/14 14.28 Pagina 5 Sopra: maquette del progetto “Centro Gallini”, vista d’insieme; a sinistra: la planimetria indica i tre edifici dell’intero complesso (A - B - C), quello in seguito costruito è contraddistinto dalla lettera A 5 145-Abitare-Pirellino-01_Primopiano 17/02/14 14.28 Pagina 6 A sinistra e sotto: ceramiche “a diamante” disegnate da Gio Ponti negli anni Cinquanta e prodotte da Ceramica Joo; al centro: uno scorcio del grattacielo Pirelli; in basso: uno scorcio del Pirellino Gio Ponti Centro Gallini e grattacielo Pirelli: analogie stilistiche è un concetto che sottende al lavoro creativo di mio padre – afferma Letizia Ponti – che è filo conduttore, il concetto dell'illusione, un elemento forte: suggerire l’idea di leggerezza; in un edificio, in una costruzione, in un oggetto, l’illusione che siano ancora più leggeri di quello che sono”. L’illusione in questo caso nasce da una percezione ottica. Linearità, dinamicità, ritmo, scansione degli spazi concorrono a raggiungere l’obiettivo. Angoli ottusi o acuti, geometrie romboidali che creano prospettiche linee di fuga snellendo gli elementi. La nuova forma a diamante, che Ponti applica nei suoi proget- “C’ ti diventa un'icona della modernità. La “pelle” dell’edificio; una ricerca che Ponti sviluppa per accentuare ritmo e dinamicità con la complicità della luce sulle superfici. La facciata del Centro Gallini era rivestita di piastrelle ceramiche grigie dal taglio “a diamante”, prodotte da Ceramica Joo, le stesse del grattacielo Pirelli, rivestimento che utilizza successivamente anche nel progetto della chiesa di San Francesco al Fopponino di Milano. Conferisce dinamicità anche la sequenza di fasce orizzontali, con le tipiche finestre a nastro, senza soluzione di continuità sull’intero prospetto dell’edificio. Finestre che furono prodotte dalla ditta Sculponia di Casteggio, con l’innovativo sistema basculante brevettato dalla ditta stessa. A sinistra: uno schizzo prospettico, disegnato su lucido, del “Centro Gallini” dello studio di architettura Ponti Fornaroli Rosselli 42 OLTRE 145 145-Abitare-Pirellino-01_Primopiano 17/02/14 14.28 Pagina 7 A sinistra: uno scorcio della scala del Pirellino in una foto degli anni Ottanta; a destra: lampade disegnate da Ponti per l’auditorium del Centro Gallini, prodotte da Candle; sotto: alcuni schizzi di studio delle lampade e la plafoniera a forma di sole, anch’essa disegnata da Ponti per l’auditorium e prodotta da Arredoluce Una progettazione a 360 gradi alla struttura al dettaglio degli arredi e delle finiture, il progetto di Ponti era un pacchetto completo, così anche per il Centro Gallini. Luigi Canevari, appassionato di modernariato, ha raccolto copie dei progetti e testimonianze fotografiche di come si presentavano gli interni prima della ristrutturazione. Per i serramenti maniglie modello “lama”, disegnate da Ponti e tuttora prodotte da Olivari; porte a soffietto, realizzate in modern-fold, che ricordano le pareti scorrevoli che l’architetto ha adottato in molti suoi progetti, dalla sua casa di via Dezza a Milano, ora sede dell’Archivio Ponti, D Sotto: la poltroncina “Airone” di Arflex; 145 OLTRE alla Villa Nemazee di Teheran, così anche nell’auditorium del Centro Gallini per separare all’occorrenza la sala riunioni (250 posti) dall’atrio d’ingresso. Sempre per l’auditorium sono state disegnate lampade da terra e applique con diffusori curvi in alluminio anodizzato dorato con luci a incandescenza, sistema linestra, prodotte da Candle e lampadari in ottone a forma di sole prodotti da Arredoluce, impiegati nel 1964 anche negli interni dell’Hotel Parco dei Principi di Roma. Tra gli arredi della sala riunioni erano previste le poltroncine da ufficio “Airone”, rivestite in vinilpelle grigio, disegnate da Gio Ponti & Alberto Rosselli e prodotte nel 1955 da Arflex. 145-Abitare-Pirellino-01_Primopiano 17/02/14 14.28 Pagina 8 In queste pagine scorci e particolari del “nuovo” Pirellino Il Pirellino diventa “Green house” ove c'è architettura c'è Italia, perché è la passione antica nazionale, che ha attraversato tutte le trasformazioni ed altre ora ne attraversa. Essere conservatori italiani in architettura (e nel resto), non significa conservare i pensieri negli stili antichi, io penso, ma significa solo conservare l’antica energia italiana di trasformarsi continuamente”. La frase che Gio Ponti ha scritto in “Amate l’Architettura” è stata osservata alla lettera per l’opera di restyling del Pirellino. Acquistato, all’asta indetta da Regione Lombardia per la vendita di proprietà del fondo Gallini, dalla società immobiliare Le Cinque Porte di Lecco, per l’edificio di via Bellocchio si è “D pensato a una concezione dell’abitare contemporanea, dove tecnologia e design sono cardini imprescindibili. La ristrutturazione è stata affidata all’Architetto Marco Fumagalli. “Abbiamo lavorato perché l’edificio fosse dotato delle più moderne soluzioni rese disponibili dalla tecnologia – scrive la società proprietaria – Il palazzo prima di essere ristrutturato è stato completamente smantellato e sono stati rimossi sia i vecchi impianti sia tutti i materiali non idonei a una moderna concezione di “Green house”. Stiamo affrontando e vivendo consapevolmente un cambiamento culturale rivolto alla sostenibilità ambientale e al miglioramento della qualità della vita. Un edificio ecologico, isolato ed efficiente, dovrebbe essere il punto di partenza di una visione futuristica nella progettazione edilizia sostenibile. 145-Abitare-Pirellino-01_Primopiano 17/02/14 14.28 Pagina 9 145-Abitare-Pirellino-01_Primopiano 17/02/14 14.28 Pagina 10 145-Abitare-Pirellino-01_Primopiano 17/02/14 14.28 Pagina 11 A destra e sotto: vista sulla città dall’ampia balconata al piano attico; nella pagina a lato: uno scorcio della scala, dove si è tradotta in una soluzione contemporanea l’ampia vetrata geometrica e particolari di un appartamento arredato dallo Studio “Spazio Schiatti” con mobili di design Un cappotto isolante applicato all’immobile e la facciata ventilata che lo ricopre, mantenendo un flusso d’aria che impedisce agli agenti atmosferici di aggredire direttamente la struttura, isolano in modo acustico e termico gli interni. E’ stato progettato un impianto geotermico che permette un riscaldamento a pavimento e un impianto di raffrescamento garantendo un grande risparmio energetico e nessuna emissione di sostanze nocive. Serramenti dal taglio termico e dalle finiture innovative, scelti però con elegante sobrietà. Gli interventi tecnologici elaborati hanno permesso di ottenere la certificazione in classe A. Il “nuovo” Pirellino può essere anche domotico, è infatti predisposto un sistema automatizzato che crea comfort nella quotidianità e ne riduce i costi di gestione. Massimo comfort abitativo, salubrità dell’ambiente domestico e risparmio energetico, uniti alla possibilità di personalizzazione nella suddivisione 145 OLTRE degli spazi e nelle finiture. L’edificio attualmente ospita diciotto appartamenti dalle metrature differenti, forniti con cucina adattabile, compresa nel progetto d’arredo proposto dallo Studio “Spazio Schiatti” con una visione d’interni coerente alla personalità del progetto. Il vecchio auditorium del Centro Gallini è stato trasformato in garage disposto su tre livelli interrati accessibili da montavetture con una capienza di 25 auto ed è stato istallato un sistema antincendio “a schiuma” di massima sicurezza. Il sogno di Gio Ponti a Voghera prosegue e il Pirellino continua ad essere una vera casa del futuro. Marcella Bricchi 47 145-Abitare-Pirellino-01_Primopiano 17/02/14 14.28 Pagina 12 S P A Z I I N T E R V I S T A Un incontro con la terzogenita dell’architetto che ha disegnato il Novecento Il Ponti Sara Gabba di Letizia li occhi ancora vivaci e luminosi come nella foto sul comò che la ritrae in bianco e nero accanto al marito nel giorno del loro matrimonio, 57 anni fa, una memoria nitida e appassionata, un sorriso aperto e sicuro: Letizia è una giovane signora di 81 anni splendidamente portati, terza dei quattro figli di Giò Ponti, l’architetto che ha “disegnato il Novecento”. G Sopra: Letizia Ponti, Marcella Bricchi e Sara Gabba; a sinistra: la dedica scritta da Gio Ponti alla figlia sul frontespizio di “Amate l’Architettura” La casa milanese dove vive è già di per sé un pezzo di storia: l’abitazione occupa infatti uno dei piani della Domus Livia, progettata dal padre nel 1933, poco meno di un secolo fa. Le linee del palazzo, la disposizione degli ambienti nell’appartamento e gli elementi d’arredo ne recano l’inconfondibile impronta, ma anche i volumi nella libreria parlano della sua persona e delle sue opere. Sfogliando alcuni di quei libri, Letizia Ponti racconta: “Mio padre era del 1891: è nato proprio nel salto fra due secoli ed è vissuto nel periodo in cui l’Italia si è reinventata. C’era voglia di fare, di ricostruire dopo la guerra”. L’idea del rinnovamento era quindi connaturata al OLTRE 145 145-Abitare-Pirellino-01_Primopiano 17/02/14 14.28 Pagina 13 suo essere curioso e sperimentatore. “Studiò architettura al Politecnico: erano solo in 7 allievi – impressionante pensando ai numeri di oggi! – Negli anni ’30 e ’40 Milano era ‘piccola’: gli esponenti della borghesia illuminata di allora e tutti gli artisti si conoscevano e si frequentavano. La città era un centro culturale in gran fermento, gli stimoli erano continui”. Profondo fu il rapporto di amicizia e di collaborazione che legò Ponti allo scultore e ceramista Melotti (“Erano sordi tutti e due: s’intendevano benissimo”, dice Letizia sorridendo) con il quale realizzò progetti e sperimentazioni importanti. Il legame con Melotti è anche indicativo della passione che l’architetto nutrì per l’arte ceramica: era affascinato dall’abilità manuale sottesa alla sua lavorazione e dalla perizia artigianale che è in grado di trasformare un materiale povero in un’opera d’arte. “Mio padre amava la creatività e la cercava anche nei piccoli oggetti. Incoraggiava i ceramisti e gli artisti a reinventarsi, ad abbandonare le formule decorative tradizionali, a schiudere il loro potenziale”. Dalle parole di Letizia prende forma la figura di un uomo determinato, con grande fiducia in se stesso e nel futuro. “Apprezzava i colori vivaci, in particolare l’azzurro e il giallo: aveva una personalità solare. Era comunicativo, un animale sociale: gli piaceva circondarsi di persone” – ricorda Letizia – “Aveva un’indole ottimista e sperimentatrice. Si era incendiato di entusiasmo per i nuovi materiali che proprio allora iniziavano ad essere prodotti: la formica, la plastica. Rappresentavano un universo nuovo di cui bisognava esplorare le potenzialità e i limiti”. Disegnò tutto ciò che poteva sognare: case, uffici, chiese, alberghi, ceramiche, posate, mobili, accessori d’arredo, tessuti, costumi per il teatro ed anche elettrodomestici (la macchina da cucire “Visetta”, commissionatagli dalla Visa di Voghera nel 1949 spunta, inaspettata, in un angolo dell’appartamento della signora Letizia). “Papà ha lasciato moltissimo materiale: bozzetti, disegni, progetti. Una 145 OLTRE miniera, certo, ma anche un’alluvione! Catalogare tutto è stata un’impresa ardua. Era però un uomo pratico e non un teorico. Ha infatti scritto un solo libro e in esso ha raccolto tutto il suo pensiero e le sue convinzioni estetiche. Il titolo è indicativo della sua personalità: ‘Amate l’architettura’, un’esortazione, quasi un imperativo”. Aprendo il libro legge la dedica autografa del padre: “Amate la Tita! – questo era il soprannome familiare di Letizia – E sposatela, o lazzaroni!”. E sorride con dolcezza, schermendosi. Ma com’era Giò Ponti nella vita domestica? “La famiglia – risponde – era roba della mamma! Lui era completamente assorbito dal suo lavoro e tutto il resto vi girava intorno. Ma era come un vortice: trascinava tutti nel suo turbine. Era rigoroso, esigente, pignolo, determinato e appassionato”. Letizia ha lavorato per molti anni al suo fianco: si occupava delle relazioni esterne dello studio paterno, curandone soprattutto i rapporti con l’estero. Ma com’era lavorare con suo padre? “Sfiancante. Era uno schiavista. Non si fermava mai. Ricontrollava continuamente i suoi progetti: era un perfezionista. A volte correggeva all’ultimo momento le tavole che i disegnatori, in studio, stavano mettendo in bella, grattando via la china”. Illuminante sul carattere meticoloso dell’architetto è un episodio singolare relativo a un importante lavoro che lo impegnò dal 1953 al 1957, ossia il progetto di villa Planchart a Caracas: “La prima volta che si recò là per supervisionare il terreno, non conosceva molto di quel Paese, ma voleva arrivare preparato: partì portando con sé un volume dell’enciclopedia che parlava del Venezuela e lo studiò durante il viaggio aereo”. Osservare ciò che lo circondava era una continua fonte di ispirazione per Sopra a sinistra: uno scorcio della residenza di Letizia Ponti, con la “superleggera”, la sedia disegnata dal padre; sopra a destra: la Visetta, un progetto Ponti per la Visa di Voghera lui, soprattutto quando si trovava in paesi lontani. Per questo amava molto viaggiare, anche se, all’epoca, spostarsi non era facile o veloce come lo è adesso. La rivista “Domus” che Ponti fondò nel 1928 e alla quale si dedicò con la prima figlia Lisa, fu un’esperienza cruciale per il suo lavoro: “Era una finestra sul mondo, un momento di incontro e di confronto con la realtà straniera e gli artisti che operavano negli altri paesi, in un periodo in cui i voli low cost non esistevano”. Non era solo un ideatore: “Lo ha sempre caratterizzato una grande facilità di disegno, anzi: una gioia del tratto”. Lo testimoniano i numerosi quadri che popolano le pareti dell’appartamento di via del Caravaggio: acquerelli “asciutti” e disegni a matita (dolcissimo il profilo della moglie mentre allatta la piccola Lisa), bozzetti per il teatro, le maschere (“Gli Arlecchini non sono seri”, ripeteva), i biglietti con l’inchiostro sfumato a mano (“Per un anno papà ha avuto il dito macchiato di nero: stendeva così le gocce di inchiostro sulla carta”) e i ritratti dei suoi compagni d’armi che dalla tela sembrano raccontare la loro storia. Un vulcano di idee e di energia, guidata da una lucida e rigorosa determinazione: ecco i tratti dell’uomo ed artista che si ritagliano dai ricordi della figlia. Una personalità forte ed entusiasta, quella di Giò Ponti, la stessa che ha ereditato anche la grintosa Letizia. Sara Gabba 49
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