SABATO 3 GENNAIO 2015 In Italia EURO 1,50 www.corriere.it Milano, Via Solferino 28 - Tel. 02 62821 Roma, Via Campania 59/C - Tel. 06 688281 Servizio Clienti - Tel. 02 63797510 mail: [email protected] FONDATO NEL 1876 Addio a Mario Cuomo Caratteri Domani «L’italoamericano più grande di tutti» Oltre il Novecento Il poeta Paul Valéry cavia di se stesso di Ennio Caretto e Viviana Mazza a pagina 15 di Alessandro Piperno nel supplemento Il rischio di naufragio Il caso Dai vigili di Roma ai netturbini di Napoli in malattia. Il premier: non si ripeterà più Linea dura sugli assenteisti L’AUDACIA CHE MANCA ALL’EUROPA Il governo sottrarrà i controlli alle Asl. Sindacati divisi, minacce di sciopero di Ernesto Galli della Loggia Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano continua a pagina 25 Esplode la polemica sull’assenteismo, dopo i casi degli 85 vigili romani su 100 e dei 200 netturbini napoletani malati a Capodanno. Renzi: cambiamo il pubblico impiego. E il governo toglie i controlli alle Asl. ● GIANNELLI L’anticorruzione a parole P er due volte in tre giorni il capo dello Stato ha lanciato un appello a lottare contro la corruzione. La svolta che la politica ha promesso è però ancora ai primi passi, e i contrasti interni alla maggioranza potrebbero fermarla. a pagina 24 IL COMMENTO Ultima chiamata per una Capitale PRIMO BILANCIO DELLA RIFORMA di Goffredo Buccini Le cose buone del Jobs act D di Maurizio Ferrera obbiamo esser grati ai manipoli di vigili romani che hanno marcato visita la notte di Capodanno: come alla febbre alta che ci costringe a prendere coscienza della malattia. L a riforma del mercato del lavoro ha suscitato incertezze e timori: ma il contratto a tutele crescenti e la protezione universale contro la disoccupazione sono un passo avanti necessario per poter superare la crisi. a pagina 25 continua a pagina 24 osse per lui, forse comincerebbe la visita dell’autunno 2015 negli Stati Uniti passando dal Messico, come tanti immigrati. Francesco non è mai stato negli Usa e non parla inglese, il suo sguardo sulla superpotenza risente dell’esperienza latinoamericana. Anche per questo è un naturale demolitore degli equilibri della Guerra fredda, come dimostra il successo della mediazione con Cuba. Ma l’America potrebbe rivelarsi la sua frontiera più difficile. Alcuni cardinali esprimono apertamente riserve sul Papato. E si indovinano i contorni di una sorta di «Internazionale tradizionalista» che raggiunge settori dell’episcopato spagnolo, italiano, francese. a pagina 6 Draghi si tira fuori dalla corsa per il Colle Ebola, diario del ritorno alla vita di Margherita De Bac I l contagio. Il trasporto in rianimazione, con la febbre oltre i 40. Le giornate tra la vita e la morte. La ripresa, dura e costante. E poi la conferenza stampa, ieri, dopo aver sconfitto il virus: il diario di Fabrizio Pulvirenti (foto), il medico di Emergency che ha contratto l’Ebola in Sierra Leone, da ieri fuori pericolo. a pagina 18 Mario Draghi si chiama fuori dalla corsa per il Quirinale: «Non voglio essere un politico», ha risposto il presidente della Banca centrale europea al quotidiano tedesco Handelsblatt. Poi, un messaggio altrettanto chiaro a chi, soprattutto, in Germania, spera di sostituirlo: «Il mio mandato alla Bce è in vigore fino al 2019». Parole apprezzate dai mercati: Piazza Affari ha chiuso le contrattazioni con il segno più. Anche perché Draghi conferma l’intenzione della Bce di procedere al «quantitative easing», il massiccio acquisto di titoli che i mercati aspettano con ansia. Però, avverte il banchiere centrale, i Paesi dell’eurozona devono accelerare le riforme strutturali e ridurre la pressione fiscale: «È una delle più elevate al mondo, un pesante svantaggio competitivo». a pagina 8 Guerzoni Finse di laurearsi. È riapparso a Capodanno: volevo entrare nella Legione straniera di Claudio Del Frate IL RAGAZZO AGGREDITO 9 771120 498008 F IL DOPO NAPOLITANO «RESTO ALLA BCE FINO AL 2019» Il medico di Emergency Dopo 38 giorni dimesso dall’ospedale Tre anni in fuga dalle bugie ai genitori 50 1 0 3> IL DIFFICILE VIAGGIO DEL PAPA NEGLI USA di Massimo Franco di Giovanni Bianconi da pagina 2 a pagina 5 LE DUE AMERICHE GLI ANNUNCI E IL PERCORSO POSSIBILE REUTERS/REMO CASILLI È tale l’estraneità dell’Unione Europea a qualunque dimensione politico-statale che di quanto avviene ai suoi confini — per esempio di chi e come e quando li vìola — sembra che non gliene importi sostanzialmente nulla: nei fatti Bruxelles preferisce sempre girare lo sguardo dall’altra parte. Si veda quanto è successo negli ultimissimi giorni lungo la frontiera marittima meridionale dell’Unione, quella più toccata dal problema dell’immigrazione clandestina. Problema per il quale l’Ue ha cercato anche di immaginare regole e controlli, di stabilire strategie di contenimento comuni, attribuendone la gestione almeno in teoria a un’apposita agenzia dell’Unione, Frontex. Bene. Poi però c’è un Paese, la Grecia, nei cui porti, ormai è chiaro, le autorità chiudono gli occhi, non controllano nulla, e grazie a varie complicità fanno salire sulle navi in partenza quanti clandestini lo vogliano, allo scopo, è molto probabile, di liberarsene mandandoli da qualche altra parte. Proprio questo, infatti, è ciò che verosimilmente è successo al Norman Atlantic. Nelle cui stive si addensavano decine di passeggeri non registrati destinati alla misera fine che sappiamo, e alcuni dei quali non sono forse estranei alla causa dell’incendio all’origine del naufragio. Ancora: appena dopo due giorni, le stesse autorità greche hanno lasciato tranquillamente transitare davanti alle loro coste il cargo Blue Sky M, carico di un migliaio di clandestini. ANNO 140 - N. 2 A partire da oggi, sabato 3 gennaio, il Corriere della Sera costa 10 centesimi in più. Il servizio clienti del Corriere della Sera è a vostra disposizione per ogni eventuale chiarimento all’indirizzo di posta elettronica [email protected] e al numero di telefono 02 63 79 75 10. D a tre anni era scomparso nel nulla. Poi, potenza di Facebook, Francesco Rigoli, 27 anni, non ha resistito agli appelli della famiglia sul social network e a Capodanno è riapparso nella casa di villeggiatura. Nel 2011 era sparito perché non reggeva il peso delle bugie: i genitori pensavano che stesse per laurearsi, lui non aveva sostenuto neanche un esame. L’anno dopo, il tentativo (fallito) di arruolarsi nella Legione a pagina 20 straniera. «PERCHÉ L’ACIDO? LEI ERA UN’AMICA» di Elisabetta Andreis e Gianni Santucci N on ha voluto vedere gli sfregi che Martina Levorato gli ha causato con l’acido. Pietro Barbini, il 22enne milanese vittima domenica di un agguato, continua solo a chiedersi perché: «Era un’amica, come ha potuto?». a pagina 20 ● SETTEGIORNI di Francesco Verderami «Il patto regge» Berlusconi e Renzi vogliono l’accordo T ra Renzi e Berlusconi l’accordo è di fare l’accordo, e sul Quirinale per ora può bastare. Non c’è quindi bisogno di vedersi subito, tantomeno prima che Napolitano abbia formalizzato le dimissioni: è questione di galateo istituzionale ma anche di opportunità politica. Il patto del Nazareno regge e lo si vedrà fra una settimana, quando l’Italicum farà da stress test alla corsa per il Colle. continua a pagina 9 Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera 2 Primo piano Il lavoro e le polemiche Dai 767 vigili romani ai 200 netturbini partenopei a casa a fine anno Renzi: ecco perché cambiamo regole. La replica: «Sciopereremo tutti» Roma e Napoli, il caso assenteismo La vicenda ● Il 1° gennaio il Campidoglio fa sapere che per la notte di Capodanno l’83,5% dei vigili che dovevano lavorare era assente per malattia, donazione sangue, disabilità ● «Non posso che stigmatizzare l’atteggiamento di quanti hanno cercato di sabotare, con una diserzione ingiustificata, la festa di Capodanno, cercando di mettere a repentaglio la sicurezza dei cittadini e il buon nome dell’intero Corpo», ha commentato il comandante generale della polizia locale Raffaele Clemente ● Ma i vigili non ci stanno e dichiarano che non c’è stata nessuna diserzione ● Al centro dello scontro ci sono il salario accessorio, ma soprattutto il piano anticorruzione del comandante dei vigili Clemente che prevede, tra le altre cose, la rotazione obbligatoria degli agenti sul territorio ● Altro punto di scontro è la bozza di riforma del Corpo che contiene, tra le varie misure, l’abolizione degli attuali gruppi con la nascita di sei zone ROMA Il vigile urbano in servizio in pieno centro storico racconta dell’immancabile ironia dei romani: «Un automobilista stamattina era fermo al semaforo, si rigirava un termometro tra le dita, mi guardava e sorrideva...». Di certo il messaggio più chiaro a quelle centinaia di agenti della polizia municipale che la notte del 31 dicembre hanno marcato visita arriva dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Un cinguettio alle otto del mattino: «83 vigili ogni 100 a Roma non lavorano “per malattia” il 31 dicembre. Ecco perché nel 2015 cambiamo regole pubblico impiego. Buon 2015». Il caso dell’«epidemia» alla polizia municipale di Roma finisce alla Procura della Repubblica: è il comandante del corpo, Raffaele Clemente, che — oltre ad avviare un’indagine in- La denuncia Il comandante del Corpo ha avviato un’indagine interna e si è rivolto alla Procura terna — si presenta di buon mattino a piazzale Clodio con il dossier sulle 767 assenze «ingiustificate». Intanto, anche il Codacons prepara «un esposto» e il Garante per gli scioperi Roberto Alesse parla di sanzioni «fino a 50 mila euro». E i vigili urbani? Alcuni sindacati, a livello locale, diffidano delle cifre diffuse e rilanciano: «Ci sarà un crescendo di proteste — dice Francesco Croce della Uil — che arriverà al primo sciopero di categoria della storia di Roma». Il tweet di Renzi, naturalmente, non è ad uso esclusivo della Capitale: a Napoli fanno discutere i duecento netturbini L’intervista di Alessandro Capponi In centro Alcuni vigili urbani romani al lavoro ieri in una zona centrale della Capitale (foto BenvegnùGuaitoliLeone) assenti per malattia nella notte di Capodanno. A Roma, oltre ai 767 vigili che hanno dato forfait, anche i macchinisti della metro hanno creato problemi a chi voleva festeggiare: si sono presentati in sette (assente il 70%) e i convogli sono partiti, sì, ma con una lentezza che ha generato code e polemiche. Quelle più feroci riguardano però i vigili urbani: non proprio amatissimi dai cittadini di Roma, adesso si ritrovano tutti (o quasi) contro. Dal sindaco Marino al ministro Marianna Madia, dal centrosinistra al centrodestra (che pure accusa l’amministrazione della Capitale). Il presidente Renzi, per commentare il caso, si affida anche a Facebook: scrive che «il 2015 sarà l’anno della riforma costituzionale e della nuova legge elettorale» e che il governo si occuperà, tra le altre cose, anche «di pubblico impiego, di modo che non accadano più vicende come quella di Roma». Del resto anche il ministro della Funzione pubblica, Marianna Madia, dice chiaramente che «andremo fino in fondo, abbiamo attivato il nostro ispettorato. Ci saranno azioni disciplinari per colpire i responsabili. Dobbiamo normalizzare la nostra amministrazione pubblica, chi fa bene de- ve essere premiato e chi fa male deve essere sanzionato». Il sindaco Ignazio Marino — che con la municipale ha intrapreso una battaglia sia per aumentare la loro presenza in strada sia per vedere attuata la rotazione degli agenti nelle varie zone della città — oggi parla di «assenze ingiustificate e ingiustificabili», e dice che «i Il Garante L’autorità garante per gli scioperi parla di possibili «sanzioni fino a 50 mila euro» © RIPRODUZIONE RISERVATA «La città va ricostruita moralmente Il Pd sbagliava a opporsi a Marino» Orfini, commissario dei democratici: con la Capitale si salva il Paese «Abbiamo di fronte una sfida altissima». Una sfida Capitale, per essere chiari: perché Matteo Orfini — parlamentare, classe ‘74, presidente dell’assemblea nazionale del Pd — è arrivato a Roma dopo l’inchiesta della Procura sulla mafia, ed è diventato «commissario» del partito romano, per volontà di Matteo Renzi, senza sapere ciò che sarebbe accaduto dopo, incluso lo scandalo dei vigili in malattia nella notte del 31 dicembre. «Eh, la vita riserva sempre sorprese», sbuffa. Orfini, però: dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a papa Francesco, Roma sembra essere diventata esempio negativo da citare nei discorsi. «Sì, ma nelle parole del presidente Napolitano e in quelle ROMA di papa Francesco io leggo uno stimolo, leggo affetto per la città: e abbiamo bisogno delle loro parole perché la situazione, onestamente, è difficilissima. Per noi si tratta di una sfida altissima: fare in modo che Roma, a fine 2015, torni ad essere un esempio e non più un problema». In un anno? E come? «Tenendo a mente un concetto: il Paese non riuscirà a uscire dalla crisi se non si salva Roma, e viceversa. Bisogna agire tutti assieme. Il governo nazionale e quello della Capitale, il presidente Nicola Zingaretti, i cittadini, la classe dirigente, la politica». Auguri, sarà un 2015 impegnativo: anche perché il 2014 si è chiuso con la defezione di quasi mille vigili urbani... «Quanto accaduto la notte del 31 dicembre, sinceramente, ha dell’incredibile. È, da parte loro, un segno di incredibile inconsapevolezza: l’idea che si possa fare uno sciopero selvaggio contro una misura sacrosanta, quella voluta da Raffaele Cantone che impone la rotazione nelle varie zone della città, una misura a garanzia dei cittadini e dei lavoratori onesti perché limita il rischio della corruzione, ecco, l’idea che i vigili protestino solo perché devono fare qualche chilometro in più per andare a lavorare ha, semplicemente, dell’incredibile». Rappresenta il punto più basso della storia recente della città? «Il punto più basso è già alle nostre spalle: quanto emerso da Mafia Capitale ha mostrato un degrado che, con l’amministrazione guidata da Gianni Alemanno, ha toccato molti settori. Ma quando il malaffare viene a galla significa che è già scattata la reazione dei cittadini, che la politica ha già interrotto la permeabilità del sistema». Sì ma una certa mentalità, a Roma, è dura a morire: i certificati medici presentati dai vigili urbani per disertare i turni di San Silvestro... «Bene hanno fatto il presidente Matteo Renzi, il ministro Marianna Madia e il sindaco Ignazio Marino ad annunciare provvedimenti. Vadano fino in fondo. Ma il punto è che, a Roma, serve un salto di qualità: bisogna ricostruirla, portarla di nuovo all’altezza del ruolo di Capitale. Da molti punti di vi- responsabili ne dovranno rendere conto». Su di lui, però, ecco il fuoco di parlamentari e consiglieri comunali di centrodestra: il segretario della Lega, Matteo Salvini, invita Renzi a «licenziare il primo problema di Roma, il sindaco». Attacca anche l’ex ministro Renato Brunetta: «Le regole per combattere i fannulloni ci sono già». Il presidente del Veneto, Luca Zaia: «Licenziare i dipendenti infedeli, dare posti ai giovani meritevoli». E Gianpiero D’Alia, ex ministro per la Pa, chiede «denuncia per i medici che hanno fatto certificati falsi». Al. Cap. ❞ Inammissibile la protesta contro la rotazione delle zone pensata per limitare la corruzione sta, anche quello etico. Roma deve tornare ad essere una città sia proiettata verso la modernità sia inclusiva, e più equa. In questo senso il Pd locale non ha saputo essere una soluzione ai problemi, ha tagliato i ponti con la società: bisogna andare in periferia, nei luoghi più complicati del conflitto sociale. Da là si deve ripartire. Con due certezze: la prima è che il centrosinistra ha fatto eleggere quelli che gli indagati di Mafia Capitale consideravano “nemici”, Marino e Zingaretti, e la seconda è che il Pd ha già cambiato e migliorato Roma in passato, con Petroselli, con Argan, con Rutelli, con Veltroni». Ora c’è Ignazio Marino. «Con lui il partito romano ha sbagliato: siamo il più grande partito della maggioranza e sembravamo all’opposizione. Adesso anche Marino, insieme con noi, ha di fronte questa sfida da affrontare: è altissima, difficile, ma è anche un’occasione...». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 PRIMO PIANO La protesta di novembre Le regole e le novità Sciopero dei vigili urbani lo scorso 11 novembre contro la decisione di far ruotare gli incarichi per combattere possibili fenomeni di corruzione (Daniele Leone/LaPresse) ll ruolo di Inps e Asl sui certificati medici Attualmente l’Inps controlla i certificati medici di malattia nel settore privato mentre le Asl controllano quelli del pubblico. Per consuetudine le visite mediche di accertamento per i dipendenti pubblici sono organizzate ed effettuate dal Servizio sanitario nazionale, senza alcuna tariffazione a carico dei datori di lavoro, se non in maniera molto parziale ed episodica La riforma prevista dal governo Il sottosegretario per la Pubblica amministrazione Angelo Rughetti, nel corso di un’audizione dell’aprile scorso davanti alla commissione Affari sociali della Camera, ha anticipato la riforma a cui sta lavorando il governo: ovvero attribuire «la titolarità della funzione in modo esclusivo» del controllo dei certificati di malattia all’Inps, e «prevedere un’organizzazione stabile in questa materia» Il nodo delle risorse e le Regioni Ma nel marzo scorso la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha puntualizzato in un documento ufficiale che gli accertamenti sui certificati di malattia non rientrano nei Livelli essenziali di assistenza e dunque non è loro compito provvedervi e sostenerne le spese. La Conferenza ha chiesto anche di integrare il Fondo sanitario nazionale con le risorse che sono state sottratte per questi scopi L’ipotesi per il pubblico impiego: le certificazioni affidate all’Inps La strada anticipata dal sottosegretario Rughetti. Il nodo delle risorse Le ultime rilevazioni periodiche del ministero della Funzione pubblica risalgono allo scorso agosto e registrano un calo del 9% delle assenze per malattia nella Pubblica amministrazione rispetto a un anno prima, ancora più accentuato nei Comuni, dove il dato scen- ROMA de del 16,6%. Sarebbe ingeneroso non ammettere che le norme Brunetta sulla malattia che nel 2008 hanno previsto la decurtazione del trattamento accessorio della retribuzione nei primi dieci giorni di malattia, non abbiano segnato una svolta nell’assenteismo della Pa. Tuttavia i dati citati sono molto parziali, affidati alla comunicazione volontaria delle amministrazioni, in media solo 5 mila. Per questo il ministero di Marianna Madia ha da tempo sotto gli occhi altri numeri, come quelli che attestano che tra il 2011 e il 2013 il nume- ro complessivo dei certificati di malattia nel pubblico impiego è aumentato del 27%, mentre è rimasto quasi invariato nel privato. È bastato il caso dei vigili di Roma, che hanno disertato il lavoro mettendosi in malattia, per far esplodere una questio- Le norme Brunetta e i tagli agli stipendi Con la legge del 2008 numero 133 (norme Brunetta sull’assenteismo nella Pubblica amministrazione), all’articolo 71 è stata prevista una decurtazione della retribuzione («Nei primi dieci giorni di assenza è corrisposto il trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento economico accessorio») 3 Su Corriere.it Segui sul sito internet del «Corriere della Sera» gli articoli, gli approfondimenti e i commenti Lavoro Scorta al sottosegretario impegnata sul Jobs act Al governo Teresa Bellanova è sottosegretario al Lavoro (foto Giuseppe Lami / Ansa) ROMA Sotto scorta il sottosegretario al Lavoro con delega alle crisi aziendali. Da qualche giorno Teresa Bellanova ha la protezione delle forze dell’ordine, una decisione presa dal Viminale dopo le minacce ricevute per il suo impegno sul fronte del Jobs act. «Sono serena, ho fiducia nello Stato e continuerò a fare il mio lavoro come sempre», ha detto il sottosegretario, protagonista anche del confronto con i sindacati sulla vertenza Meridiana. Bellanova, 56 anni, di Ceglie Messapica (Brindisi), è al terzo mandato parlamentare (gruppo Pd) ma alle spalle ha una lunga militanza nella Cgil. Ieri ha ricevuto la telefonata del premier Matteo Renzi che le ha espresso vicinanza, mentre il sindacato ha condannato «senza appello le gravi minacce». © RIPRODUZIONE RISERVATA ❞ Marianna Madia Normalizzare il Pubblico, chi fa bene deve essere premiato e chi fa male deve essere sanzionato ❞ Renato Brunetta Adesso la sinistra scopre che esistono fannulloni e assenteisti Quando lo dicevo io mi insultavano ne che per il governo potrebbe avere un esito già scritto: l’affidamento esclusivo all’Inps della certificazione delle malattie anche nel Pubblico impiego. Lo ha anticipato in un’audizione dell’aprile scorso, presso la commissione Affari sociali della Camera, il sottosegretario Angelo Rughetti: «Se ci deve essere un intervento normativo, esso dovrebbe attribuire la titolarità della funzione in modo esclusivo (all’Inps, ndr) e prevedere un’organizzazione stabile in questa materia». Il problema, come accade spesso sono le risorse: oggi l’Inps controlla i certificati solo nel privato per un costo di 25 milioni, mentre le Asl controllano quelli del pubblico, che sono meno della metà, per un costo di 70 milioni. In maniera consuetudinaria, è stata accettato il principio che le visite mediche di accertamento per i dipendenti pubblici siano organizzate ed effettuate dal Servizio sanitario nazionale, senza alcuna tariffazione a carico dei datori di lavoro, se non in maniera molto parziale ed episodica, con la conseguenza che negli ultimi anni sono stati utilizzati 70 milioni di euro provenienti dal Fondo sanitario nazionale. Ma nel marzo scorso la Conferenza delle Regioni e del- La tendenza Nelle ultime rivelazioni i numeri sui giorni saltati per motivi di salute sono in calo le Province autonome ha ribadito in un documento ufficiale che tali accertamenti non rientrano nei Livelli essenziali di assistenza e dunque non è proprio compito provvedervi e sostenerne le spese. Anzi la Conferenza ritiene necessario integrare nuovamente il Fondo con le risorse che sono state sottratte per queste finalità. A propria volta l’Inps oggi ricorre a personale con contratti libero-professionali, pagato sostanzialmente a prestazione e in regime di incompatibilità più o meno totale con altri incarichi. I tagli di spesa conseguenti alla spending review hanno reso drammatica la situazione di molti medici che hanno svolto per anni in modo prevalente o addirittura esclusivo tale attività professionale. Il nodo dunque sono le risorse: il costo del servizio reso dall’Inps nel settore del pubblico impiego dovrebbe trovare risposta nelle cifre già ora stanziate dallo Stato per il medesimo scopo. La commissione Affari sociali propone che si stanzi «un budget annuo complessivo tale da coprire una quota predefinita di visite di controllo per la Pa, lasciando a ogni amministrazione la possibilità di integrare tale quota ove risultasse necessario procedere ad un numero maggiore di controlli». Tale ipotesi consentirebbe di evitare che ragioni di risparmio immediato, con conseguente riduzione del numero dei controlli, «lasci, trasparire l’idea di un rallentamento della lotta all’assenteismo». Antonella Baccaro © RIPRODUZIONE RISERVATA Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera 4 Primo piano Il lavoro e le polemiche L’agente a casa: nessuno poteva costringerci Sergio Fabrizi, dell’Ugl, ha scelto di non lavorare oltre l’orario: «Il comandante lo sapeva da 15 giorni» Ma in 44 si sono dati malati all’ultimo minuto. «Se qualcuno ha violato le regole deve pagare» I dati LA POLIZIA LOCALE NELLE GRANDI CITTÀ (Personale dirigente e non dirigente – ultimi dati disponibili) I CERTIFICATI MEDICI PRESENTATI MEDIA DEI GIORNI DI MALATTIA IN UN ANNO NUMERO MEDIO DEI GIORNI DI MALATTIA ALL’ANNO (per regione – settore pubblico) 15 20 Milano 3.179 Venezia 393 Bologna 616 Torino 1.947 16,72 10 Settore privato Settore pubblico GLI EVENTI DI MALATTIA PER GIORNO DI INIZIO (nel settore pubblico) 28,6% 30 25 Genova 917 18% 17,7% 17,6% 20 Roma 6.169 Napoli 2.236 13,1% 15 10 3,3% 5 1,8% m en ica Do Sa ba to ì Ve ne rd ì ì ov ed ed Gi er co l Palermo 1.419 M Cagliari 247 ar te Firenze 859 ne d ì dì 0 M La protesta Noi sotto organico, il concorso è bloccato 15 Lu ❞ Bari 570 18,11 Calabria 18,8 Sardegna 18,1 Abruzzo 17,5 Basilicata 17,4 Sicilia 17,4 Umbria 17,3 Molise 17,1 Lazio Campania 17 Friuli Venezia Giulia 17 Liguria 16,6 Puglia 16,5 Lombardia 16,4 Emilia Romagna 16,2 Marche 16 Toscana 15,9 Valle d’Aosta 15,7 Piemonte 15,4 Veneto 15,2 Trentino Alto Adige 15,1 Fonti: elaborazione dati Corriere della Sera su dati delle amministrazioni comunali, Cgia di Mestre su dati Inps del 2012 La vicenda ● I vigili urbani di Roma spiegano che c’è un concorso per 300 nuovi assunti alla Polizia municipale della Capitale ● Ma i risultati di quel concorso, bandito ormai cinque anni fa, non ci sono ancora ● Un anno fa un dossier della Ragioneria generale dello Stato scriveva che dal 2010 al 2013 sono state erogate ai vigili urbani di Roma indennità di responsabilità per quasi 23 milioni di euro oltre i livelli considerati legittimi ● Il documento segnalava anche delle anomalie contrattuali come alcune maggiorazioni notturne ROMA «Il comandante lo sapeva bene, almeno da 15 giorni, che a Capodanno nessuno avrebbe aderito per protesta allo straordinario. Come sa bene che ormai a Roma solo così si coprono i servizi per strada. Perché adesso si stupisce tanto, dandoci dei disertori?». Sergio Fabrizi è uno degli agenti che ha rinunciato a lavorare oltre i normali turni. Motivazione diversa da chi — e sono 44 — finirà sotto indagine per essersi dato malato all’ultimo minuto, da chi ha donato il sangue proprio il 31 dicembre, da chi non ha risposto alla chiamata — o all’sms — nonostante fosse iscritto fra i reperibili. Fabrizi è un sindacalista — «coordinatore Ugl nel I Gruppo Trevi», ci tiene a sottolineare — e solo per questo motivo può aprire bocca. Con nome e cognome. «Siamo in tanti ad aver rinunciato allo straordinario. Ricordatevi che è un lavoro volontario, nessuno può costringere i vigili ad aderirvi — continua —. I romani devono sapere perché lo facciamo: perché siamo pesantemente sotto organico, dovremmo essere 8.350 e siamo 5.600. Perché il sindaco blocca un concorso per 300 agenti e ci sono grosse difficoltà a tappare tutti i buchi». Ma non è solo per questo. Da settimane — per non dire dall’inizio del mandato di Ignazio Marino — lo scontro fra vigili e Campidoglio, e di riflesso anche con il comandante del Corpo Raffaele Clemente (poliziotto nominato nell’ottobre 2013 dopo la scelta, poi annullata per mancanza di titoli, del colonnello dell’Arma Oreste Liporace), si è trasformato in una guerra senza quartiere. Il decreto anticorruzione applicato alla Municipale di Roma ha innescato la rotazione del personale fra i Gruppi territoriali e scatenato nuovi contrasti. «Qui è stata stravolta la norma nazionale che prevede anche rotazione di mansioni e non solo di uffici — dice ancora Fabrizi —, una discriminazione nei confronti degli agenti. Non siamo ladri, siamo puliti. Se c’è stato chi ha sbagliato è giusto che paghi, ma il Corpo è sano. E poi spiegateci come mai il presunto disservizio per Capodanno denunciato dal comandante non è stato ravvisato né dal prefetto, né dal questore e tantomeno dal sindaco». Ma ● La parola «pizzarda» IL CAPPELLO A DUE PUNTE Il pizzardone è il nome con cui si identificano i vigili urbani in diverse zone dell’Italia centrale. La parola deriva dal cappello a doppia punta (detto «pizzarda») che indossavano i membri della polizia municipale romana nell’Ottocento. fra gli agenti — in agitazione anche «per il contratto decentrato unilaterale del Comune, approvato con delibera di giunta senza firma dei sindacati, che ci taglia il salario accessorio» —, c’è scetticismo su numeri e percentuali, come l’83,5% di defezioni fornito dal Comando su chi ha marcato visita. «Hanno fatto un conto unico anche con chi faceva gli 20,9 Corriere della Sera straordinari — spiegano gli agenti —. Il 27 dicembre, ultimo giorno per prenotarsi, non c’era quasi nessuno. Lo sapevano tutti, è uscito anche sui giornali. Il ricorso alla reperibilità d’emergenza non si è mai visto per un concerto di Capodanno in programma da mesi. E gli sms sono arrivati quasi a mezzanotte: “Presentarsi al Gruppo alle 19, c’era scritto”». «L’indagine chiarirà tutto, se ci sono state mele marce ma anche se sono stati commessi abusi», sottolineano ancora i pizzardoni che chiudono amari: «Siamo andati all’Aquila per il terremoto, l’abbiamo fatto senza prendere un euro più del dovuto. Non meritiamo di essere trattati tutti così». Rinaldo Frignani © RIPRODUZIONE RISERVATA ● L’analisi I sindacati si ritrovano uniti per paura di «blitz» da parte del governo di Antonella Baccaro L o dicono con toni diversi ma i tre maggiori sindacati, Cgil, Cisl e Uil, sul punto sono d’accordo: il governo non faccia blitz unilaterali per cambiare le regole del pubblico impiego. È la risposta al tweet del premier che ieri mattina, sentita la notizia della protesta dei vigili romani, aveva annunciato un intervento. L’accelerazione impressa dalla vicenda dei vigili ha messo in allarme i sindacati, che hanno visto nell’uscita di Renzi la volontà di strumentalizzare un episodio che ha creato scalpore presso l’opinione pubblica per «sfondare» le regole del pubblico impiego. Una discussione che si protrae ormai da giorni, da quando sono stati approvati i due decreti attuativi del Jobs act e da più parti se ne è auspicata l’estensione al pubblico impiego. Modalità esclusa quest’ultima da Renzi, che ha indicato nella delega della Pubblica amministrazione, ora all’esame in commissione al Senato, il veicolo per intervenire. Il punto è come. I sindacati su questo ieri sono stati chiari, basta ascoltare il segretario della Cisl, Anna Maria Furlan: «Noi non copriamo gli assenteisti. Se ci sono stati abusi, si facciano le dovute verifiche e si applichino le sanzioni. E non si dica che servono nuove leggi più stringenti contro i fannulloni. Piuttosto bisogna rinnovare il contratto, bloccato da sei anni. Occorre un confronto continuo con le parti sociali. Questi episodi di malcostume sono il frutto anche di una chiusura del dialogo». Insomma niente atti unilaterali da parte del governo, niente decreti sullo «scarso rendimento» per licenziare i fannulloni: si proceda con lo strumento del contratto. «Il nostro sostegno ai vigili che hanno lavorato a #Roma il 31 notte. Lotte sbagliate danneggiano tutti. Le regole ci sono, si applichino» ha twittato la Cgil nazionale. La Uil Funzione pubblica è d’accordo ma sulla questione romana propende per scioperare. © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 Il caso di Sergio Rizzo Scherzi del destino. Per aver osato scrivere che dei vigili urbani a Roma si nota soprattutto l’assenza, il giornalista del Corriere Maurizio Fortuna è stato querelato da ventotto di loro. Pochi giorni dopo il recapito della citazione, ecco la notizia che la sera di San Silvestro l’83,5% degli agenti in servizio era scomparso. Chi si dava malato, chi donava il sangue, chi stava con la mamma inferma... Questa «diserzione di massa», per dirla con il comandante Raffaele Clemente, è l’ennesimo episodio della guerra dichiarata a Ignazio Marino. Certo non per la bacchettata a un agente troppo galante con una bella automobilista senza patente, come quella appioppata nel film «Il vigile» al pizzardone motociclista Otello Celletti, alias Alberto Sordi, dal sindaco Vittorio De Sica: prontamente ricambiato con una multa per eccesso di velocità. Qui il conflitto è di ben altre proporzioni. E c’è da augurarsi che non vada a finire allo stesso modo, con la macchina del sindaco nella scarpata e il vigile che lo scorta all’ospedale. Il culmine dello scontro, a novembre: quando Marino e Clemente hanno deciso la rotazione degli incarichi. L’iniziativa, senza precedenti, ha scatenato una rivolta. Capitolo chiuso con l’Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone che ha definito la rotazione non solo «legittima», ma «un meccanismo a tutela delle persone per bene». Però gli animi non si sono placati affatto. Il rapporto fra i vigili e Marino è sempre stato turbolento. Un mese dopo il suo insediamento il loro capo Carlo Buttarelli, messo lì da Gianni Alemanno, se n’è andato sbattendo la porta. Al suo posto è stato chiamato un colonnello dei carabinieri selezionato con procedura pubblica. Nonostante tre lauree, però, Oreste Liporace non aveva tutti i requisiti previsti e ha dovuto gettare la spugna. Allora è arrivato un poliziotto della squadra anticri- PRIMO PIANO 5 Dalle gag di Sordi allo scontro con Marino Così il pizzardone è diventato potere forte I vigili romani sono il doppio dei milanesi e fanno un terzo delle multe. L’intervento di Cantone I dati ● Nell’ultimo trimestre del 2013 (ottobrenovembredicembre) quasi un quarto dei vigili urbani di Roma non risultava essere a lavoro ● Tra ferie, malattie, assistenza ai familiari malati, corsi di studio e «altri motivi» il 23,86% degli agenti è stato assente. Negli ultimi tre mesi del 2013 sono stati presenti a lavoro 4.586 vigili sugli oltre seimila in forza alla Polizia municipale della Capitale ● La classifica sui giorni di assenza per malattia vede in testa il XIV Gruppo (Monte Mario) con 7,4% di malati, l’VIII (Tintoretto) con il 5,86% e il VII (Tuscolano) con 5,83% mine della Questura di Roma: Clemente, appunto. Senza provocare, anche in questo caso, manifestazioni di giubilo da parte di quanti hanno interpretato tale nomina, al pari di quella tentata in precedenza, come un gesto di aperta sfiducia verso la polizia municipale. Il cui capo proveniva di regola dai ranghi interni. Anche se poi non sempre tutto filava liscio. Dicono tutto le disavventure del predecessore di Buttarelli, il comandante dei vigili urbani Angelo Giuliani incaricato di sostituire quel Giovanni Catanzaro pizzicato dal Messaggero a parcheggiare la sua Alfa Romeo in una zona off-limits vicino a piazza di Spagna: sul cruscotto un permesso per disabili. Rimosso da Walter Veltroni, Catanzaro sfiora nel 2008 la candidatura al consiglio comunale con l’Udc. Dieci mesi fa Giuliani viene arrestato con l’accusa di corruzione. Dicono i giudici che prendeva tangenti dalla società incaricata di ripulire l’asfalto dopo gli incidenti stradali. Lui si proclama estraneo: «Sono sempre stato ligio ai miei doveri». Mesi prima, un’altra disavventura. Lo scenario, questa volta, un concorso per 300 aspiranti vigili. Giuliani presiede la commissione d’esame quando parte un’inchiesta della Procura di Roma nella quale si ipotizza il reato di falso ideologico. Alemanno revoca tutti e comincia un autentico Calvario. Da allora si sono alternate ben tre commissioni ma i risultati del concorso, bandito ormai cinque anni fa, non ci sono ancora. Le indagini che riguardano Giuliani, invece, si stanno per chiudere. Nemmeno il rapporto degli ispettori inviati dal Tesoro a verificare i conti della capitale è tenero nei giudizi. Sostiene per esempio che dal 2010 al 2013 siano state erogate ai vigili indennità di responsabilità per quasi 23 milioni in eccesso ri- Il film Alberto Sordi, protagonista de «Il vigile» (anno 1960) il film diretto da Luigi Zampa. Nella pellicola Sordi interpreta il ruolo di Otello Celletti (foto a sinistra), un uomo che vince un concorso pubblico e diventa vigile urbano spetto ai livelli considerati legittimi. Segnalando anche una serie di anomalie come la maggiorazione notturna concessa per le fasce orarie 16-23 e 17-24, nonostante i contratti nazionali la prevedano solo dalle 22 alle 6 del mattino. A Roma i vigili sono potentissimi: addirittura più del sindaco, si è sempre detto. Se ne contano 6.077. Tuttavia ce ne sono costantemente in giro per la città che ha il più alto numero al mondo di auto (oltre 70 ogni cento abitanti) da un minimo di 105, la sera, a un massimo di 993, la mattina. Ovvero, dall’1,7 al 16,3% della forza complessiva. Il tutto fra strade disseminate di vetture in seconda fila e mai una contravvenzione sotto il tergicristallo, neppure davanti a un comando della polizia municipale. E la produttività? Spiega molte cose il confronto con Milano contenuto nello studio Sose-Ifel sui costi standard. Mentre Roma spendeva per gli stipendi dei vigili il 14,5% più del «fabbisogno standard», Milano risparmiava il 38,3%. Con 154 multe mediamente a testa fatte a Roma contro le 370 di Milano. E le 27.990 sanzioni di altro genere elevate dai seimila vigili romani contro le 79.870 dei poco più di tremila loro colleghi milanesi. Talvolta, dobbiamo riconoscerlo, le condizioni non sono facili. Come capita a chi deve misurarsi con un infernale caos di lamiere: ricorrendo a gesti e movenze tanto eleganti da affascinare perfino Woody Allen. Che nel suo film «To Rome with love» ha immortalato la scena del bravissimo vigile Pierluigi Marchionne sulla pedana di piazza Venezia mentre dirige il traffico, nemmeno fosse un direttore d’orchestra. Proprio lì, dove una volta il giorno della Befana si portavano regali ai pizzardoni in segno di riconoscenza. Altri tempi... © RIPRODUZIONE RISERVATA Lettera sul lavoro Meglio non fratturarsi una gamba (soprattutto alla vigilia di Natale) C aro Direttore, la vicenda natalizia del signor Bianchi merita una riflessione sulle falle che il nostro sistema sanitario talvolta presenta anche nei suoi punti di eccellenza. 24 dicembre 2014 — una banale caduta in casa, un dolore all’anca sempre più acuto. Il signor Bianchi si fa portare al pronto soccorso del maggiore ospedale ortopedico della città. Una solerte infermiera lo invita a non lamentarsi troppo: «Se fosse una frattura del femore, il piede sarebbe storto»; e così dicendo storce il piede, facendo impazzire dal dolore il titolare. La radiografia smentisce l’infermiera: frattura del collo del femore. Occorre un intervento chirurgico: ricovero immediato. «Ma — avverte subito il medico di guardia rivolto all’infortunato — lei ha scelto il giorno sbagliato per rompersi il femore: domani è Natale, poi c’è Santo Stefano, poi c’è il sabato e domenica, insomma l’operazione si può fare solo lunedì 29. Però non si preoccupi: la sua non è di quelle fratture per le quali occorra proprio intervenire entro quarantott’ore, altrimenti apriremmo la sala operatoria anche di Natale. La sua non è un’urgenza e l’intervento può senz’altro attendere cinque giorni». E il sig. Bianchi viene sistemato nel suo letto, con la prospettiva di restare lì in attesa per tutto il lungo ponte. «Non sarà un’urgenza — dice il paziente all’infermiera che lo assiste in reparto, a notte inoltrata —, ma a me la gamba fa molto, molto male. E questo Toradol che mi avete iniettato mi sembra acqua fresca». «Eh, il primo giorno le fratture del femore fanno sempre molto male — risponde lei, pur gentile e premurosa — bisogna avere pazienza. A me è stata data solo questa prescrizione per il dolore, non posso proprio darle nient’altro». «Allora, per favore, chiami il medico di guardia, che mi prescriva qualche cosa di più efficace. Io così non resisto». «Lo chiamo subito, vediamo se può darle la morfina. Però guardi che non potrà venire molto presto, perché è la notte di Natale ed è solo». Passano le ore, viene ripetuta la flebo di Toradol, il sig. Bianchi si macera nel suo dolore insopportabile. E alle prime luci dell’alba decide che altri quattro giorni così non è il caso di passarli. Neppure se il dolore dovesse ridursi un po’: aspettare non ha senso. Cerca un amico medico e gli chiede di aiutarlo a trovare altrove un’équipe chirurgica disposta a operarlo e una sala operatoria aperta nonostante il ponte. La vicenda — integralmente vera, anche nei dettagli — è molto significativa di come il dolore fisico dei pazienti viene comunemente considerato nei nostri ospedali. Irrilevante lo considera l’infermiera del pronto soccorso, compiendo senza alcuna necessità la «manovra diagnostica» che abbiamo visto. Irrilevante lo considera l’organizzazione sanitaria del grande istituto ortopedico, il cui protocollo non contempla, nell’attesa dell’intervento chirurgico, una terapia del dolore adeguata. Ma — e questo è l’aspetto più sconcertante dell’intera vicenda — irrilevante è considerato il dolore di una persona anche dal collettivo dei dirigenti, medici, paramedici e loro rappresentanti quando stabiliscono che nel grande istituto ortopedico tra Natale e Capodanno, se non è proprio in gioco la vita del paziente, le sale operatorie devono rimanere chiuse per cinque giorni di fila. Nel grande istituto che è teatro di questo racconto arrivano da ogni parte d’Italia circa mille fratture di femore all’anno: mediamente tre al giorno. Oltre al signor Bianchi c’è dunque presumibilmente un’altra decina di persone, femore più femore meno, che hanno «sbagliato giorno» per infortunarsi. Non sono considerate «un’urgenza»: se non hanno la possibilità di andare a farsi curare altrove, stiano pure lì a macerarsi nella loro sofferenza per due o tre giorni in più; non si muore per così poco. Quest’ultimo è — a ben vedere — il risvolto più grave della vicenda. Perché nei giorni tra Natale e Capodanno i treni e gli aerei vanno ininterrottamente, i ristoranti servono pasti, sono aperti i cinema e le sale da concerto. Dunque si ritiene che far godere le feste alla generalità delle persone sia «un’urgenza» sufficiente per giustificare il sacrificio delle feste stesse per alcune di esse. Non è invece considerata «un’urgenza» di pari rango l’esigenza di togliere una persona dall’alternativa tra un dolore lancinante e continuo e la morfina che sospende la vita di dodici ore in dodici ore. Per lo meno, non la considerano tale gli estensori dei regolamenti e contratti che regolano il lavoro nell’istituto ortopedico metropolitano d’eccellenza. Una cosa è certa: l’eccellenza sanitaria dovrebbe misurarsi non solo sul successo nel procurare la guarigione, ma anche sui tempi e modi in cui ci si prende cura del puro e semplice dolore del malato. Pietro Ichino © RIPRODUZIONE RISERVATA ❞ Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera 6 Primo piano La Chiesa I viaggi apostolici LEGENDA: Paesi visitati Prossime tappe Strasburgo 25 novembre 2014 Turchia 28-30 novembre 2014 Corea del Sud 13-18 agosto 2014 Il lungo e applauditissimo discorso al Parlamento europeo sulla necessità di mettere al centro la dignità dell’uomo. Sullo sfondo, il premier Renzi Francesco prega con il mufti di Istanbul nella Moschea Blu, durante la visita per rafforzare i legami con i leader musulmani Un selfie con i fedeli a Dangjin. Nel primo viaggio in Asia il Papa ha beatificato 124 martiri coreani e ha celebrato una messa per la pace a Seul USA 22-27 settembre 2015 Polonia 26-31 luglio 2015 Sri Lanka e Filippine 12-19 gennaio 2015 Paraguay 15 novembre 2015 Brasile 22-28 luglio 2013 Albania 21 settembre 2014 Terra Santa 24-26 maggio 2014 Migliaia di persone a Copacabana per la messa celebrata dal Pontefice, a Rio per la XXVIII Giornata mondiale della Gioventù L’accoglienza festosa di Tirana al Papa in piazza Madre Teresa: «Mai usare la religione per giustificare la violenza» Gerusalemme, la preghiera al Muro del Pianto. Altre tappe, oltre a Israele, Amman in Giordania e Betlemme in Palestina Corriere della Sera VATICANO VERSO LA VISITA NEGLI USA Sfida con i tradizionalisti Il fronte americano del Papa 662 giorni È la durata del pontificato di Jorge Mario Bergoglio: dal 13 marzo 2013 Francesco è Papa della Chiesa cattolica e vescovo di Roma 24 la percentuale di cattolici negli Usa nel 2013, secondo i dati del Pew Forum on Religion & Public Life di Washington. In cifre assolute, sono 75 milioni i cattolici statunitensi di Massimo Franco F osse per lui, c’è da scommettere che comincerebbe la visita prevista per l’autunno del 2015 negli Stati Uniti dal confine meridionale: attraversando la frontiera tra Messico e Usa, tra Terzo e Primo Mondo. Come tanti immigrati latinoamericani, spesso clandestini. Non lo farà, perché un Papa arriva da Roma a Washington o a New York, come rappresentante di tutta la Chiesa cattolica. La sua identità argentina dice comunque molto sul suo approccio alle Americhe. E contribuisce a spiegare anche perché la mediazione del Vaticano su Cuba tra Barack Obama e Raùl Castro abbia avuto successo. I semi sono antichi. Tra l’altro, «il regime dell’Avana è stato l’unico, tra quelli comunisti — ricorda un gesuita profondo conoscitore di quest’area — a non cacciare mai via il nunzio papale durante la Guerra fredda». La chiesa cattolica si è legittimata come unica istituzione in grado di evitare il passaggio brusco dalla dittatura ad un capitalismo senza freni targato Stati Uniti. Francesco ha raccolto i frutti di una lunga semina, presentandosi come primo «Papa neutrale» tra Washington e l’Avana: incarnazione di quell’«Occidente alternativo» che lo fa riconoscere come mediatore. Il fatto che non sia mai andato negli Usa, che non parli inglese, e che stia studiando quel Paese in vista del viaggio a Filadelfia per la Giornata mondiale della Famiglia, è significativo. Il suo sguardo nei confronti della prima potenza militare ed economica del mondo risente dell’esperienza latinoamericana: dittature sostenute da Washington in nome dell’anticomunismo; interventi controversi del Fmi per raddrizzare economie sempre in bilico, come quella argentina; e l’impressione che l’America australe sia stata trattata da Terzo Mondo. Che poi un simile approccio fosse comprensibile, conta relativamente. Al fondo della cultura di Francesco, venata dall’esperienza del peronismo, il movimento populista del generale Juàn Peron, salito al potere in Argentina dopo la Seconda guerra mondiale, rimane l’idea degli Usa come terra degli yanquis, gli yankees. Anche per questo il Pontefice è un naturale demolitore degli equilibri della Guerra fredda. Li associa a decenni oscuri di lacerazioni negli stessi episcopati cattolici, ora complici dei regimi golpisti, ora affascinati dalla teologia della liberazione subalterna al marxismo. Juliàn Domìnguez, presidente della Camera dei deputati dell’Argentina, di passaggio a Roma per incontrare il Papa a Casa Santa Marta, ha trovato Francesco entusiasta per l’esito delle trattative Usa-Cuba. «In America latina — ha spiegato Domìn- Il Pontefice, che è stato arbitro determinante nella partita di Cuba, si prepara per la tappa a Filadelfia in autunno guez — diciamo che è caduto il nostro muro di Berlino». Che sia già crollato o stia cadendo, implica una revisione delle coordinate della Chiesa cattolica. Il Vaticano sa che per anni sono stati i vescovi statunitensi i primi a criticare l’embargo di Washington contro il regime dei Castro. Il problema è come viene interpretato il ruolo di Francesco su Cuba negli ambienti più conservatori degli Stati Uniti: quelli che hanno accusato inopinatamente il Papa di «vendere roba marxista», e criticato Obama per la trattativa. Sono posizioni che potrebbero saldarsi con le riserve dei tradizionalisti Usa per le aperture dottrinali del Pontefice argentino. Colpisce che America, il settimanale dei gesuiti Usa, abbia ripubblicato un’intervista di inizio dicembre di Francesco alla Naciòn di Buenos Aires. Il testo contiene diverse domande e risposte sui «settori conservatori, specialmente negli Stati Uniti»: pezzi di episcopato che temono «il collasso della dottrina tradizionale» e chiedono perché il cardinale conservatore Raymond Burke è stato rimosso dopo l’ultimo Sinodo. A New York ● Il cardinale Timothy Dolan (foto), 64 anni, il 23 febbraio 2009 è stato nominato da Benedetto XVI arcivescovo di New York ● Nel 2010 è stato eletto dai vescovi statunitensi alla presidenza della Conferenza episcopale ● Di recente ha manifestato perplessità sul papato © RIPRODUZIONE RISERVATA Napolitano e la lettera a Francesco sulla corruzione La condivisione delle parole sulla lotta al crimine. Messaggio anche a Raúl Castro Lotta al crimine, alla corruzione e alle nuove forme di schiavitù. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha raccolto e fatto proprio il messaggio di papa Francesco in occasione della 48esima Giornata mondiale della Pace, il primo gennaio 2015, «Non più schiavi ma fratelli». Lo scrive lo stesso presidente in una lettera inviata al Pontefice, anche a nome del popolo italiano. Nella missiva Napolitano condivide l’invito «a trasformare il fenomeno, per molti ROMA Le missive ● Giorgio Napolitano ha scritto due lettere a papa Francesco e Raúl Castro sulla lotta alla corruzione, alla criminalità e alla schiavitù, missioni di ogni governo e forma politica aspetti controverso, della globalizzazione in una forza positiva e coinvolgente di solidarietà e di fratellanza, che possa avvicinare soggetti diversi e non contribuire invece a rendere ancor più difficili da colmare le disparità economiche e le divaricazioni sociali oggi esistenti». Per questo Napolitano chiede l’intervento del potere politico e dei governi per combattere gli effetti perversi: «Se alla base del fenomeno della riduzione in schiavitù vi è indubbiamente una concezione an- tropologica distorta e distorsiva, spetta alle Istituzioni e ai Governi agire sulle cause sociali ed economiche che portano alcuni esseri umani ad abusare di altri, attraverso forme di costrizione fisica e psicologica». E quindi «deciso deve essere lo sforzo nella lotta alla criminalità nelle sue svariate forme, dallo sfruttamento della prostituzione alla pratica del lavoro nero, dalla corruzione al traffico di esseri umani». Come è noto, papa Francesco, dal suo primo viaggio a Lampedusa nel luglio 2013, e fino alla partecipazione in prima persona alla Conferenza dei leader religiosi, contro la tratta degli esseri umani, riuniti il 2 dicembre 2014 alla Casina Pio IV in Vaticano, ha fatto dell’immigrazione e della moderna schiavitù un tema centrale del suo pontificato. «Il fenomeno drammatico della schiavitù, come puntualmente richiamato da Vostra Santità, è solo apparentemente lontano da noi, nel tempo e nello spazio», ha scritto il capo Il Papa risponde, rassicura, spiega. Ma si intuisce anche da questo che gli Usa potrebbero rivelarsi la «frontiera» più difficile. Il cattolicesimo statunitense è forte e vivo. Dopo avere pagato risarcimenti alle vittime della pedofilia per quasi tre miliardi di dollari (circa due miliardi e mezzo di euro), ha ripreso credibilità e vigore. I suoi undici cardinali sono stati «grandi elettori» di Bergoglio in Conclave. Il problema è che alcuni di loro ormai esprimono apertamente riserve sul papato. Non si tratta solo di personaggi come Burke o Charles Chaput, a capo della diocesi di Filadelfia. Lo stesso arcivescovo di New York, Timothy Dolan, avrebbe manifestato perplessità. E Francis George, ex arcivescovo di Chicago, il 17 novembre ha rilasciato un’intervista a Crux, il sito di informazione cattolica del quotidiano Boston Globe, contenente critiche esplicite a Francesco. George racconta, tra l’altro, di avere votato Bergoglio perché glielo dissero i cardinali brasiliani, «ai quali feci molte domande»; e di non avere mai parlato a tu per tu con lui, mentre vorrebbe chiedergli «se si rende conto di quello che è accaduto con la frase: “Chi sono io per giudicare?”», riferita agli omosessuali. Vorrebbe fargli presente «come è stata usata e utilizzata in modo distorto». Gli uomini vicino a Bergoglio sostengono che George è irritato per la nomina del successore, l’arcivescovo Blase Cupich, fatta senza consultarlo. Sembra di capire che la scelta sia stata suggerita da Sean O’Malley, arcivescovo di Boston, unico statunitense del «C9», il gruppo di nove cardinali che consigliano Francesco; e caldeggiata dal coordinatore del gruppo, il cardinale honduregno Oscar Rodrìguez Maradiaga, uomo forte dell’ultimo Conclave. Eppure, dietro le parole di George si indovinano i contorni di una sorta di «Internazionale tradizionalista» che attraversa l’episcopato Usa, e parte di quelli spagnolo, italiano, francese. Il successo papale nella questione cubana potrebbe aggiungere un’ulteriore incognita: anche perché avverrà con la campagna per la Casa Bianca del 2016 nel vivo, e i repubblicani già all’attacco per i presunti «cedimenti ai Castro». I grandi media americani hanno fatto indossare da tempo al Pontefice panni progressisti. Per paradosso, Francesco dovrà rassicurare il proprio episcopato, impegnato in una «battaglia culturale» sui valori contro i Democratici di Obama, che non sono panni nei quali si sente a proprio agio. Ma gli sarà difficile non scontentare nessuno. ❞ Troppo diffuse, ancora oggi, forme di privazione della libertà e dignità degli esseri umani dello Stato. «Al contrario, e malgrado la quotidiana condanna sul piano del diritto e le reiterate dichiarazioni di principio, sono ancora oggi troppo frequenti e diffuse molteplici forme di privazione della libertà e dignità degli esseri umani». Poi il presidente aggiunge: «Non è un caso, d’altra parte, che alcune delle riflessioni contenute nel messaggio di Vostra Santità siano al centro dell’agenda politica nazionale ed europea, a partire dal tema dell’accoglienza per i migranti ed i richiedenti asilo». Napolitano ha anche scritto un messaggio a Raúl Castro, in cui afferma che nelle relazioni con gli Usa, da Cuba è giunta «una decisione storica». M.Antonietta Calabrò © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 7 Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera 8 Primo piano Il Quirinale Draghi: non voglio essere un politico Il presidente della Bce si chiama fuori dalla corsa per il Colle: il mio mandato durerà fino al 2019 Il premier punta a un’intesa ampia. Ma c’è il timore su 140 potenziali franchi tiratori, tra cui 80 pd L’iter ● Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si dovrebbe dimettere il 14 gennaio, al termine del semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea ● Dal momento della firma delle dimissioni devono passare 15 giorni per la convocazione delle Camere in seduta comune. A deputati e senatori si aggiungeranno i delegati regionali (1.009 membri in tutto) ● Durante il periodo di vacanza della presidenza i poteri passano al presidente del Senato Pietro Grasso ROMA Alcuni autorevoli quotidiani internazionali lo ritenevano predestinato a uscire papa dal conclave che eleggerà il successore di Napolitano. E in Germania erano in molti a sperare nel trasloco di Mario Draghi da Francoforte a Roma. Ma ieri l’inquilino dell’Eurotower si è chiamato fuori dalla corsa per il Colle. «Non voglio essere un politico» ha scandito al quotidiano economico tedesco Handelsblatt, che lo ha intervistato sulle imminenti dimissioni del presidente della Repubblica italiano. E poi, con buona pace di quanti, in Germania, sognano di sostituirlo: «Il mio mandato alla Banca centrale europea è in vigore fino al 2019». Parole inequivocabili, che spediscono in archivio indiscrezioni e speculazioni che hanno accompagnato per settimane il nome dell’ex governatore della Banca d’Italia, sollevando interrogativi sul futuro dell’area euro nel caso in cui la scelta del successore di Napolitano fosse caduta su di lui. Draghi si è tirato fuori dalla rosa dei nomi, liberando una casella prestigiosa del toto-presidente e tranquillizzando i mercati. Piazza Affari ha chiuso le contrattazioni con il segno più, manifestando apprezzamento per la notizia che il banchiere resterà al suo posto per riportare la crescita nell’eurozona. Draghi esorta i Paesi della zona euro a fare la loro parte, accelerando il varo di riforme strutturali e lavorando per ridurre la pressione fiscale: «Rilevo troppa burocrazia e tasse. L’intervista di Marco Galluzzo Alla guida dell’economia europea Mario Draghi ha raccolto il testimone di presidente della Banca centrale europea dal francese Jean-Claude Trichet a novembre 2011 (Afp) In Europa abbiamo uno dei più elevati carichi fiscali al mondo, un pesante svantaggio competitivo». L’uscita di un tecnico di grosso calibro dalla scena del Quirinale rafforza le quotazioni di una personalità politica, già tratteggiata da Renzi e poi da Napolitano nel discorso di fine mandato. Di primato della politica ha ragionato sul Corriere di ieri Laura Boldrini, spezzando una lancia a favore di una donna: «Se andiamo a dirigere il Cern, possiamo anche salire al Quirinale». Ma non è un’autocandidatura, ha chiarito la presidente della Camera. Debora Serracchiani spiega che il Pd vuole una scelta largamente condivisa «a partire da Berlusconi». Ma sul nome che possa mettere d’accordo tutti nel Pd c’è grande agitazione, se è vero che i renziani hanno contato 140 potenziali franchi tiratori, un’ottantina dei quali democratici. Eppure Lorenzo Guerini è convinto che non sarà una resa dei conti interna e si dice certo che la figuraccia dei 101 franchi tiratori del 2013 non si ripeterà. Matteo Renzi gioca a carte copertissime e Guerini conferma la strategia ufficiale di questa prima fase: «Costruire un accordo ampio, che coinvolga Forza Italia e non si fermi lì». Un incontro ad hoc tra il premier e Berlusconi ci sarà ma non a breve, visto che Napolitano non si è ancora dimesso. Tra i nomi «dem» che il leader di Forza Italia starebbe vagliando ci sono Anna Finocchiaro, Pierluigi Castagnetti e Sergio Mattarella. Il Pd è intenzionato «Paese in ginocchio, cure sbagliate Questo governo è un fallimento» Passera: siamo la sola alternativa al Partito unico renziano Vedo voglia di populismo e programmi minimali senza effetti «Se anche Renzi riuscisse a realizzare tutte le riforme che ha messo in cantiere queste avrebbero un effetto più o meno pari a zero sulla crescita, cosa che peraltro ha messo nero su bianco il governo stesso. Stiamo vivendo un’illusione collettiva, che va avanti ormai da troppo tempo, l’ultimo anno l’abbiamo completamente sprecato, non si sono mai viste dieci milioni di persone che vivono una situazione di estremo disagio lavorativo: una situazione che può scappare di mano». Difficile trovare in giro un’analisi più corrosiva, impietosa, priva persino di attenuanti generiche. Corrado Passera la sottoscrive, anche per mestiere, visto che a maggio la sua Italia unica farà l’esordio alle elezioni amministrative e visto che lui si candida a essere alternativa politica «all’unica offerta attualmente esistente, quella che ci racconta la bugia dell’ultima spiaggia, che dopo questo governo c’è il fallimento del Paese, io la penso al contrario. Questo esecutivo rappresenta un fallimento, in termini di competenze, clas- ROMA Il partito ● Il 23 febbraio Corrado Passera ha lanciato il progetto politico Italia unica, presentandolo ufficialmente il 14 giugno ● Lo scorso novembre Passera ha annunciato l’apertura dei primi 150 circoli del partito, che conta già più di 3.000 iscritti ● Italia unica avrà la sua lista alle prossime Comunali nella primavera 2015 se dirigente, capacità reale di riforme e coraggio politico, pari a zero». Riforma del Senato, della legge elettorale, del mercato del lavoro sono nulla per lei? All’estero, a Bruxelles, sembrano condizionare il giudizio sul governo anche su questi punti. «A dire la verità all’estero della riforma del Senato importa ben poco, se poi gli venisse spiegato che una Camera viene messa in mano ai Consigli regionali, inorridirebbero. È una riforma pessima anche quella delle Province che sono ancora lì e magari dovrebbero restarci, ma al posto delle regioni. Renzi sta sbagliando priorità e adottando risposte ❞ Lo scenario Il premier è un politico di professione. E per il Colle c’è il sogno di una figura che non faccia ombra al manovratore sbagliate». Il governo Monti, di cui lei faceva parte, non è che l’abbia trasformato. «Quel governo ha dovuto gestire una drammatica emergenza finanziaria e l’ha fatto evitando il commissariamento , o g g i s e r ve i m p o s t a re un’agenda di riforme per affrontare l’emergenza della recessione infinita, cosa che non sta accadendo. L’unica cosa realmente efficace è una sorta di ricatto politico, la storia della mancanza di alternativa. Dopo di me c’è il diluvio, tende ad accreditare Renzi: io credo che stia diluviando oggi». A che punto è il suo partito? «Il 31 gennaio è la prossima ❞ L’obiettivo Italia unica ha già 150 circoli e ci presenteremo alle Comunali L’obiettivo principale restano le Politiche tappa, la più importante con la nascita ufficiale del partito, con la scelta dello statuto e dei valori di riferimento. Fra settembre e dicembre abbiamo girato l’Italia e ottenuto più di quanto speravamo, oltre 3 mila iscritti e circa 150 sedi territoriali aperte, avrei firmato per la metà. In primavera, in modo selettivo, ci presenteremo alle Comunali, dando una casa alle tante liste civiche che oggi faticano a trovare uno spazio. L’obiettivo principale restano le Politiche, siamo l’unica alternativa al Partito unico renziano e a coloro che non credono più né a Berlusconi né alla demagogia dei Grillo e dei Salvini». A Renzi non concede nulla? «Ha grande capacità comunicativa, ma purtroppo non è diverso dai governi tristi del passato, in quattro anni sono previsti 50 miliardi di spesa pubblica aggiuntivi e 70 di tasse e investimenti in calo. Parliamo di un politico di professione che ha sempre vissuto di politica, cui manca l’ambizione: tutti i programmi sono minimali, a cominciare dalle piccole modifiche del Jobs act. Non lesina invece quando c’è Chi è ● Corrado Passera, 60 anni, è stato un manager (Olivetti) e un banchiere di lungo corso (Banca Intesa) prima di dedicarsi alla politica. Nel governo Monti (novembre 2011-aprile 2013) è stato ministro allo Sviluppo economico. A febbraio ha presentato il movimento Italia unica a coinvolgere il M5S, però Guerini spiega che dipende da loro: «Se vogliono sedersi seriamente al tavolo bene, se invece si impuntano su un nome diventa complicato». Tra i democratici, le quotazioni di Romano Prodi sarebbero in discesa. Ma i giochi sono apertissimi. Il totale dei grandi elettori ammonta a 1.009, meno i due presidenti delle Camere (che per prassi non votano), si arriva a 1.007 incluso lo stesso Napolitano, che da futuro senatore a vita potrebbe concorrere alla scelta del suo successore. Forza Italia cerca un nome che porti a ter- L’asse Per i renziani l’accordo dovrebbe partire dall’asse con FI Ottimismo dai centristi mine il processo di pacificazione, con la grazia a Berlusconi. «Nessun tecnico può essere garante di una fase di riforma delle istituzioni» è la tesi di Gianfranco Rotondi. E Ignazio Abrignani chiede che il prossimo capo dello Stato ponga «fine alla vicenda incresciosa che ha coinvolto Berlusconi per colpa di una parte della magistratura politicizzata». I centristi di Area popolare (Ncd-Udc) vogliono essere della partita e la capogruppo Dorina Bianchi vede «i presupposti per una scelta condivisa». Monica Guerzoni © RIPRODUZIONE RISERVATA da “comprare” voti: dalle 150 mila assunzioni ope legis nel mondo della scuola agli 80 euro a pioggia. Ma è sabbia negli occhi degli italiani». Che a Renzi manchi ambizione sembra un ossimoro. «Programmatica intendo e manca il coraggio di un vero cambiamento. Ormai in Europa è opinione diffusa che siamo di fronte a un caso di dilettantismo ben mascherato, applaudiamo persino il piano Juncker, che è inconsistente e abbiamo buttato alle ortiche il semestre di presidenza italiana. Per fortuna abbiamo Draghi, che però è stato lasciato solo. Senza l’aiuto di una politica economica e di bilancio europea la politica monetaria non può fare più di così». Draghi ieri si è tirato fuori dalla corsa al Colle. «Vedo una fortissima tentazione di sostituire Napolitano con un taglianastri, una sorta di presidente onorario. Gran parte dei nomi che circolano sono inadeguati, c’è il sogno di una figura che non faccia ombra, invece proprio per le difficoltà che viviamo abbiamo bisogno di una personalità molto forte, con credibilità interna ed estera e con grandi capacità istituzionali, di raccordo fra i vari poteri dello Stato». In realtà è proprio questo l’obiettivo dichiarato. «Io riscontro finora solo un gran fastidio per tutti i corpi intermedi, dai partiti ai sindacati, una grande voglia di populismo e una grande capacità di occupare tutti i posti di potere e sottopotere». © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 9 Primo piano I partiti ● La Nota di Massimo Franco NEL PRIMO NO LA CONFERMA DI UNA CORSA ANCORA AGLI INIZI SetteGiorni L a perentorietà con la quale Mario Draghi si è sfilato dalla corsa al Quirinale rappresenta un elemento di chiarezza. Il presidente della Banca centrale europea sapeva di essere considerato un candidato per la successione a Giorgio Napolitano. Ma sapeva anche quanto il suo nome rischiasse di essere strumentalizzato in una vicenda molto italiana; e dunque di indebolire il suo ruolo e la stessa Bce. Non è casuale che abbia scelto il quotidiano tedesco Handelsblatt, in un’intervista di ben otto pagine, per troncare qualunque illazione e confermare che rimarrà al timone della banca fino al 2019. «Non voglio essere un politico», ha detto con parole definitive. D’altronde, soltanto una tensione al limite della rottura con la Germania poteva giustificare un ritorno anticipato di Draghi da Francoforte. E certamente, il suo profilo forte non era quello che Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, probabili registi dell’elezione del prossimo capo dello Stato, vogliono fino in fondo. Non a caso nei giorni scorsi è emersa l’ipotesi di una candidatura di Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia, ugualmente rispettato e accreditato a livello europeo ma con un peso politico diverso. La realtà è che i giochi veri non sono nemmeno cominciati. I messaggi contraddittori confermano uno scenario tutto da costruire. L’oscillazione tra identikit inconciliabili, tra «un tecnico» o «un politico» lasciano capire che non esiste ancora un’intesa. E l’insistenza di FI sulla necessità di eleggere prima il presidente della Repubblica e poi approvare la riforma elettorale, collide con la strategia di Renzi. Eppure, in teoria sarà da un compromesso tra di loro che emergerà il prossimo capo dello Stato. La divergenza tra Pd e Berlusconi si riflette anche sul giudizio su Napolitano: entusiasta nelle parole dei renziani, liquidatorio in quelle di FI. Secondo Il Mattinale, bollettino del gruppo alla Camera, la linea del presidente uscente Il bivio Le indicazioni contraddittorie su un candidato tecnico o politico dicono che l’intesa sulla successione a Napolitano è ancora lontana sarebbe stata soltanto quella di «escludere Berlusconi e il suo popolo, in ogni modo». Anche se il Nuovo centrodestra ricorda che fu proprio il leader di FI, nel 2013, precedendo l’allora segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, a pregare Napolitano di accettare la rielezione. Attaccare l’inquilino del Colle adesso serve a negoziare una candidatura il più possibile accomodante nei confronti dell’ex Cavaliere; e a rivendicare un ruolo da protagonista che Berlusconi oggi non sembra in grado di avere né di vedersi riconosciuto. La parola chiave di FI è «pacificazione», come corollario del patto del Nazareno stipulato circa un anno fa tra premier ed ex premier. Renzi, però, sa che nel Pd le resistenze sono forti, in qualche caso irriducibili; e che potrebbero manifestarsi proprio al momento di eleggere il presidente della Repubblica. Il timore di una resa dei conti nel Pd nel segreto delle urne parlamentari rimane alto. La cautela che Palazzo Chigi sta mostrando nelle ultime settimane conferma l’esigenza di rassicurare gli avversari interni. Più il Pd si mostrerà compatto, più potrà trattare da posizioni di forza. Ma chissà se la lezione del 2013 è bastata. © RIPRODUZIONE RISERVATA Le tattiche dei due leader che non possono evitare l’intesa Tra Renzi e Berlusconi uno scambio sull’Italicum in vista del Colle L’accordo ● Lo scorso 18 gennaio Renzi, segretario del Pd non ancora premier, e il leader azzurro Berlusconi siglano nella sede romana dei dem il patto del Nazareno sulla legge elettorale e le riforme costituzionali ● Negli ultimi tempi, Berlusconi ha sostenuto che il patto del Nazareno comprende anche l’intesa per il prossimo capo dello Stato. Ma il governo ha precisato che l’accordo riguarda solo le riforme e non il voto per il Colle ● Subito dopo l’Epifania Renzi incontrerà Berlusconi per un ultimo punto sul patto. Il Cavaliere ha intenzione di farsi garante con i suoi per l’introduzione nell’Italicum di una clausola di salvaguardia che scongiuri il voto fino al 2017 SEGUE DALLA PRIMA Il vero appuntamento tra il premier e il Cavaliere è fissato l’otto gennaio al «check point Charlie» del Senato sulla legge elettorale: l’accordo prevede che il leader del Pd ottenga l’approvazione della riforma prima del voto sul presidente della Repubblica, e che in cambio al capo di Forza Italia vengano garantite la norma sui capilista bloccati (con cui impedirebbe un’opa ostile nel suo partito) e la clausola di salvaguardia sull’entrata in vigore dell’Italicum (con cui si allungherebbe formalmente la legislatura almeno per altri due anni). Qualsiasi modifica metterebbe a rischio il patto, ed è evidente che quanti si oppongono all’intesa di sistema tra Renzi e Berlusconi useranno Palazzo Madama come luogo per tendere l’agguato, consapevoli che gli effetti si ripercuoterebbero sulla partita per il Colle. Fino ad allora le sorti dei quirinabili saranno appese alle manovre dei leader di partito e dei loro avversari interni. Perché questo è il punto: lo stesso Parlamento che due anni fa bruciò ogni intesa prima di affidarsi ancora a Napolitano, oggi si ripresenta all’appuntamento maggiormente frammentato. E dunque, chi più riuscirà a tenere uniti i propri gruppi avrà la golden share all’atto decisivo. È questa al momento la priorità del premier e del Cavaliere, sebbene i due già studino la tattica dell’altro. Berlusconi, per esempio, è convinto che «bisognerà lasciar fare Renzi», che «il nome vero uscirà all’ultimo momento». È un’opzione, che però si porta appresso dei rischi. Tuttavia le prime schermaglie consentono al presidente del Consiglio di capire su chi verrà posto il veto. Dicendo che non accetterà di votare «un candidato con la tessera del Pd», il Cavaliere sembra volersi realmente muovere d’intesa con i centristi. «Dobbiamo fare asse insieme», ha spiegato l’altra sera l’ex premier a un dirigente di Ncd, ripetendo ciò che aveva detto alcune settimane fa ad Alfano. Sarebbe un’operazione «di blocco preventivo» rispetto ai quirinabili di stretto giro renziano, a quei ministri cioè che il leader democratico fa mostra di voler proporre: da Delrio alla Pinotti. Al tempo stesso sembrerebbe un segnale di apertura verso chi — come Veltroni e Mattarella — non è (più) dirigente del partito. Ma siccome nessuno conosce meglio Berlusconi degli stessi berlusconiani (per quanto ex), sono pochi a volersi già ora esporre. Anzi, ieri il coordinatore di Ncd Quagliariello ha La sponda con Ncd La possibile sponda tra FI e Ncd per fermare i nomi troppo vicini al premier lanciato un messaggio pubblico double face: ha parlato a nuora Renzi, «sul Colle niente giochi», perché ascoltasse suocera Berlusconi. È stato un modo per accreditare le voci da tempo circolanti su un possibile accordo tra il Cavaliere e Prodi grazie agli uffici di Putin: l’intesa garantirebbe quella «pacificazione» a cui i dirigenti di Forza Italia mirano e che cela la richiesta della «riabilitazione» politica del loro leader. Dal Pd sono arrivate autorevoli rassicurazioni, «non ci facciamo scegliere il presidente della Repubblica dal Cremlino», che sanno tanto di allergia verso il fondatore dell’Ulivo. Peraltro lo stesso capo di Forza Italia aveva pubblicamente smentito, dopo aver spiegato a un vecchio amico come Cicchitto che «a Prodi non ci pen- La polemica Grillo attacca il Corriere sull’«audience» del suo video Beppe Grillo torna sugli «ascolti» del suo messaggio di fine anno e attacca il Corriere che aveva segnalato un drastico calo dell’interesse in Rete per il discorso del leader del Movimento 5 Stelle rispetto al 2013 . Secondo il M5S, invece, il video e i contenuti del discorso di fine 2014 «hanno raggiunto milioni di persone». Il blog cinquestelle calcola i risultati dei vari estratti in cui è stato suddiviso il messaggio e li somma: «Solo sulla pagina Facebook di Beppe Grillo sono stati pubblicati 6 video, 5 estratti e l’integrale. Questi 6 video hanno generato, cumulati, più di un milione di visualizzazioni». Il Corriere ieri aveva messo a confronto i risultati sul blog e su Youtube del 2013 e del 2014. © RIPRODUZIONE RISERVATA Cameron e le Politiche di maggio L’economia al centro della campagna tory Ieri ad Halifax, nell’Inghilterra centrale, David Cameron ha presentato il poster della campagna elettorale dei conservatori in vista del voto alle Politiche di maggio. Lo slogan dei Tories: «Restiamo sulla strada per un’economia più forte». «Sarà l’elezione più importante in una generazione», ha detto il premier britannico rivendicando come risultati acquisiti dal suo governo (e stampati sul poster) 1,75 milioni di posti di lavoro in più, 760 mila nuove aziende, deficit statale dimezzato. (Afp) so proprio, figurarsi». Semmai, nei colloqui di queste ore, Berlusconi ribadisce in privato ciò che si era lasciato «sfuggire» in pubblico: «Io continuo a stare su Amato e aspetto che sia Renzi a propormi il suo nome». E se Renzi quel nome non lo proponesse, e se fosse anche questa una manovra diversiva? Ma soprattutto, chi avrà davvero la forza di opporre un veto al premier tra l’alleato di governo Alfano, che siede al suo fianco in Consiglio dei ministri, e l’alleato di opposizione Berlusconi, che ambisce ad essere kingmaker nella corsa per il Colle? Di certo c’è che il premier intende chiudere un’era. Dagli albori della Seconda Repubblica, infatti, gli inquilini del Quirinale hanno giocato un ruolo diretto nelle vicende politiche: Scalfaro arrivò a porre il veto I tempi Il rischio di tenere coperto il nome del candidato fino all’ultimo minuto sulla squadra dei sottosegretari del governo Amato; Napolitano spaziò dalla lettera all’allora presidente della commissione Affari costituzionali del Senato Vizzini, su alcuni emendamenti del lodo Alfano, fino alla telefonata con cui invitò Cuperlo ad accettare l’incarico di presidente del Pd. Che Renzi voglia cambiar verso è indubbio. Ma deve tenere in considerazione lo scrutinio segreto. L’idea di tener coperto fino all’ultimo il nome del suo quirinabile può risultare pericolosa: tutti lo attendono al varco della quinta «chiama», quella decisiva. Se si andasse troppo oltre, il voto sulla presidenza della Repubblica si trasformerebbe in una lotteria, e quanti oggi si tirano ufficialmente fuori dalla corsa per il Colle potrebbero rientrarci sulle macerie del disegno renziano. Siccome il leader del Pd lo sa, allora può darsi che anche la sua tattica dilatoria sia solo tattica. Francesco Verderami © RIPRODUZIONE RISERVATA 10 Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 11 Primo piano Il governo Il voto in Grecia Brigata Kalimera, ecco la sinistra che vola ad Atene per Tsipras MILANO Si parte giovedì e si Il percorso ● Sarà un mese di gennaio impegnativo per il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Il primo appuntamento di governo è in programma il 7 gennaio quando al Senato inizia la discussione in Aula sull’Italicum ● Il 13 gennaio, invece, il premier sarà a Strasburgo per la chiusura ufficiale del semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea ● Già il giorno successivo, secondo quanto è trapelato finora, il presidente della Repubblica dovrebbe dimettersi. A quel punto inizierebbe la partita della successione Su Facebook gli impegni per il 2015 Renzi convoca ministri e parlamentari Il primo test è l’Italicum ROMA Tornerà oggi a Palazzo Chigi e il primo nodo che dovrà affrontare sarà quello dei tempi e del metodo, sia delle riforme in cantiere sia dell’elezione del successore del capo dello Stato. Matteo Renzi continua a dirsi convinto che a fine mese sia la legge elettorale sia la riforma costituzionale faranno un passo avanti in Parlamento, ieri il partito del Cavaliere gli ha lanciato l’ennesimo avvertimento: prima si decida sul Quirinale, solo dopo si «scongelano» le riforme. Fra le prime mosse del presidente del Consiglio, dopo alcuni giorni di vacanza sulle piste di sci di Courmayeur (il suo staff ha precisato, in risposta a Fratelli d’Italia, che i costi dell’alloggio dagli alpini e dello skipass sono stati sostenuti di tasca propria), ci sarà un’agenda di incontri con tutti i suoi ministri per mettere a punto i dettagli del programma del 2015, che ieri ha avuto un aggiornamento con l’inserimento negli obiettivi di una sorta di green act, in apparenza la modifica di alcune norme chiave in materia di ambiente ed energia, e di una riforma che dovrebbe toccare la Rai. Mercoledì il premier incontrerà i gruppi parlamentari del pd in vista dell’arrivo al Senato, il giorno successivo, dell’Italicum, primo banco di prova della tenuta del patto del Nazare- no e della maggioranza. Ieri FI ha esortato Renzi ad avviare consultazioni con i capigruppo delle forze politiche, per definire un metodo che porti in primo luogo alla scelta del prossimo capo dello Stato. Renzi sembra invece orientato a trovare un accordo di massima con il suo partito, riducendo al minimo eventuali defezioni, per discutere solo dopo La vacanza Lo staff a Fratelli d’Italia: a Courmayeur ha pagato di tasca sua alloggio dagli alpini e skipass con Berlusconi, eventualmente incontrando anche l’ex premier. Al momento non è previsto né fissato un faccia a faccia. Gennaio sarà un mese di fuoco: oltre agli obiettivi parlamentari, il capo del governo sarà il 13 a Strasburgo, dove si concluderà il semestre di presidenza italiana della Ue, la settimana dopo parteciperà a Davos al World Economic Forum e subito dopo, a Firenze, avrà un bilaterale con Angela Merkel, appuntamento che servirà a capire quanto realisticamente l’Italia può sperare in termini di flessibilità di bilancio rispetto agli attuali parametri europei. Nei prossimi giorni è previsto anche un blitz negli Emirati arabi, un incontro che sarà emblematico della nuova partecipazione di Etihad in Alitalia. Il 2015 sarà «l’anno della riforma costituzionale e della nuova legge elettorale» ha scritto Renzi su Facebook. «Ci occuperemo di fisco, giustizia, pubblica amministrazione, cultura, scuola, Rai, green act, lavoro. E di pubblico impiego, di modo che non accadano più vicende come quella di Roma dove la notte del 31 l’83% dei vigili urbani è rimasto a casa per malattia o donazione sangue». M. Gal. Valle d’Aosta Matteo Renzi, 39 anni, sulle piste di Courmayeur con la moglie Agnese Landini. Il presidente del Consiglio rientrerà oggi a palazzo Chigi, dopo la breve vacanza trascorsa sulla neve della Valle d’Aosta con la famiglia (Ansa) Il logo dell’iniziativa «Cambia la Grecia, cambia l’Europa» © RIPRODUZIONE RISERVATA Romani: al Colle niente tecnici né iscritti al Pd Il capogruppo forzista al Senato: serve imparzialità per bilanciare i poteri dell’esecutivo ❞ La tenuta? Non ripeteremo il canovaccio dell’elezione di Consulta e Csm La clausola per la legge elettorale va inserita subito. Non c’è altra strada ROMA Non deve essere «un tecnico, perché avrà il compito di difendere l’Italia dai tecnici dell’Ue». E nemmeno «uno che ha in tasca la tessera del Pd». E non dev’essere «uno che diventa il protagonista del gioco della politica com’è stato Napolitano». Paolo Romani, capogruppo al Senato di Forza Italia, con tre tasselli indica l’identikit del prossimo capo dello Stato per cui FI garantirebbe i voti per l’elezione alla quarta votazione. Questo identikit uscirà fuori da un faccia a faccia Renzi-Berlusconi? «L’incontro tra i due può essere molto importante. L’accordo tra Pd e FI porterà a una legge elettorale ipermaggioritaria e a una riforma della Costituzione che renderà più forte ed efficiente l’esecutivo. Di conseguenza è scontato che il Colle debba per forza garantire imparzialità e fare da contrappeso ai poteri, più rafforzati, del governo». È questo il motivo per cui FI frena su un nome che venga dalla sinistra? «Più che l’appartenenza a questo o quel mondo, per noi il successore di Napolitano non può essere espressione del partito di maggioranza relativa. Non può essere iscritto al Pd». E se fosse un tecnico? «Personalmente non sono mai stato amante dei tecnici. Preferisco, a dirla tutta, quei politici che hanno grandi com- ❞ Il ruolo Il nuovo capo dello Stato non deve diventare il protagonista del gioco come è stato Napolitano torna lunedì. «I biglietti dell’aereo procurateveli, all’albergo pensiamo noi». In Italia un certo numero di militanti della sinistra, «alla fine saremo alcune centinaia», si sta organizzando per passare ad Atene il fine settimana delle elezioni, dal 22 al 25 gennaio, fiduciosi nella vittoria di Syriza, il partito guidato da Alexis Tsipras. I partecipanti al viaggio della speranza (politica) si sono autodefiniti Brigata Kalimera (buongiorno in greco), «ma va bene anche Calimero» sorride il segretario Rifondazione Paolo Ferrero pensando al personaggio dei fumetti piccolo e sfortunato ma che alla fine aveva sempre un suo riscatto. Per i sostenitori italiani della sinistra greca l’occasione è a fine mese e il programma prevede: l’ultimo comizio di Tsipras ad Atene, due giorni di incontri e poi l’attesa del risultato «insieme ai compagni di Syriza». Raffaella Bolini, responsabile delle relazioni internazionali dell’Arci, tiene le file del viaggio come firmataria dell’appello «Cambia la Grecia, cambia l’Europa»: «In tre giorni ho ricevuto circa 150 richieste, altre arriveranno». In rete l’appello pro Tsipras raccoglie adesioni, da Stefano Rodotà all’attore Toni Servillo, da Andrea Camilleri a Nichi Vendola. «Partecipare a una vittoria di altri non è frustrante — dice Ferrero — i nostri errori sono serviti». L’errore, per il segretario del Prc già ministro con Prodi, fu quello di «andare al governo in posizione di minoranza, petenze da renderli preparati come i tecnici. Questa è un’opinione personale, sia chiaro. La realtà, però, mi dà ragione. I tecnici recentemente prestati alla politica non mi sembra che abbiano brillato per successi. Anzi…». Senatore, ha messo insieme il «no» a un iscritto al Pd e il «no» a un tecnico… «Aggiungo anche che il prossimo capo dello Stato, che avrà una durata superiore a quella di questa legislatura, non potrà diventare “il” protagonista del gioco come lo è stato Napolitano. Rimettiamoci al volere dei padri costituenti, visto che la parte della Costituzione sul capo dello Stato non è oggetto di riforma». Se il Pd rispettasse questi paletti, come fareste a garantire la tenuta parlamentare di Forza Italia? «Non ripeteremo il canovaccio dell’elezione dei giudici di Chi è ● Paolo Romani, 67 anni, già editore televisivo, è stato ministro allo Sviluppo economico da ottobre 2010 a novembre 2011. È capogruppo di FI al Senato Consulta e Csm. Ai nostri parlamentari non arriverà l’indicazione di un nome su un foglietto. Io e il mio collega Brunetta garantiremo a ciascuno dei nostri che sarà partecipe e protagonista della scelta del nuovo capo dello Stato. E mi assumo la responsabilità di quello che le ho appena detto». Prima ci saranno le prove generali, con il voto sulll’Italicum. Otterrete da Renzi la clausola di salvaguardia? «Renzi può anche far finta che l’inserimento successivo di quella clausola sia un modo per spaventare i suoi dissidenti. La verità, però, è che la clausola per una legge elettorale che varrà per la sola Camera va inserita subito. L’entrata in vigore dell’Italicum sarà subordinata o a una data certa o all’abolizione del Senato. Non c’è altra strada». Tommaso Labate © RIPRODUZIONE RISERVATA pensando di cambiare le cose». Secondo i sondaggi, invece, Syriza in Grecia è il primo partito: «E a quelle condizioni al governo ci andrei pure io». Nel viaggio ci sono aspetti politici — « l’Europa della Merkel può cambiare» — e simbolici — «Se vince Tsipras significa che una sinistra antiliberista può farcela davvero». E così un mondo che ha conosciuto cocenti sconfitte è percorso da un fremito di vita, anche se la scintilla arriva da fuori: «Andiamo a vedere vincere gli altri, è vero, ma io sono felice — dice Bolini —. I greci una volta studiavano la sinistra italiana, erano un gruppo periferico di un Paese periferico. Ma sono stati intelligenti e ora andiamo noi a imparare come si ricostruisce una sinistra popolare». Nel programma del viaggio si sottolinea che i biglietti per Atene, in questa stagione, costano poco (da 50 a 100 euro con i voli low cost). «Ma — conclude Bolini — non faremo il gruppo vacanze con il cappellino in testa. Quello che succederà lì ci riguarda». Massimo Rebotti © RIPRODUZIONE RISERVATA Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera 12 Esteri Precedenti ● Yemen, 6 dicembre 2014: in un blitz delle forze speciali Usa vengono uccisi l’americano Luke Somers (foto) e il sudafricano Pierre Korkie (la cui liberazione era imminente) ● Siria, luglio 2014: i commando Usa tentano la liberazione del giornalista James Foley (foto) e del collega Steven Sotloff, arrivando tardi alla prigione dell’Isis. I due saranno poi decapitati ● Afghanistan, settembre 2010: la cooperante scozzese Linda Norgrove, prigioniera dei talebani, viene uccisa da fuoco amico durante il fallito raid delle forze Usa nella provincia di Kunar Un’altra missione delle forze speciali americane in Siria pare essersi conclusa in un fallimento e nella morte dell’ostaggio che avrebbero dovuto liberare. Secondo le informazioni raccolte ieri dall’Ansa e da alcuni social media siriani, sembrerebbe che durante il blitz dell’aviazione Usa, nella notte tra giovedì e venerdì, sia rimasto ucciso Muadh al-Kassasbe, il pilota giordano 26enne il cui aereo era caduto il 24 dicembre nelle vicinanze della cittadina di Raqqa, la roccaforte dello Stato Islamico (Isis) in Siria. La notizia ieri sera non era confermata dall’Isis e nessuna immagine del pilota è stata diffusa nelle ultime ore. Al contrario, sui siti jihadisti è annunciata la sua esecuzione per decapitazione entro la giornata di Due velivoli Gli elicotteri avrebbero tentato di atterrare: costretti a ripartire sotto il fuoco nemico oggi. Sino a due giorni fa le autorità di Amman lasciavano trapelare la possibilità di una trattativa in atto per la sua liberazione in cambio di alcuni pericolosi jihadisti rinchiusi nelle carceri giordane. Eppure, le informazioni delle fonti a Raqqa dell’Ansa sono corroborate dalla conferma di massici bombardamenti della coalizione internazionale guidata dal Pentagono. Alcune fonti parlano di «23 raid in poche ore». Parrebbe che proprio approfittando del caos provocato dai bombardamenti, cinque caccia americani abbiano sorvolato a bassa quota tirando razzi contro almeno due possibili luoghi ove potrebbe essere rinchiuso il pilota assieme forse ad altri ostaggi occidentali: il primo sarebbe una ventina di chilometri a est di Raqqa, l’altro nel carcere nell’area di Alekershi, in direzione della cittadina di Deyr Az Zor. Due elicotteri carichi di teste di cuoio avrebbero cercato di atterrare presso i covi di Isis, ma sarebbero stati costretti a riprendere quota a causa della forte reazione di armi pesanti da terra. Anche l’edizione araba di Al Jazeera conferma l’operazione. Alcuni attivisti di Isis twittano che il pilota sarebbe stato decapitato mentre l’attacco americano era in corso e che «L’Isis ha ucciso il pilota giordano Fallito il blitz Usa per liberarlo» Ma Washington e i terroristi non confermano. Su Raqqa 23 raid aerei 76.000 Le vittime del 2014 secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani: l’anno più sanguinoso dallo scoppio della guerra nel 2011 17.790 Le vittime civili , di cui 3.501 bambini. Il rafforzamento dell’Isis in Iraq ha fatto passare in secondo piano la crisi umanitaria in Siria 3,2 milioni di rifugiati nei Paesi vicini. Un mese fa 28 Paesi hanno promesso all’Onu di accogliere almeno 100 mila profughi siriani un video sarà «diffuso molto presto». Se tutto ciò fosse confermato, sarebbe questa l’ennesima riprova dell’alto grado di rischio corso dagli ostaggi nelle mani di jihadisti armati nel caso si cerchi di liberarli con la forza militare. È un copione che si ripete con conseguenze spesso tragiche, dalla Somalia dei primi anni Novanta all’Afghanistan, l’Iraq e la Siria. Qui, lo scorso due luglio, le teste di cuoio Usa assieme a unità giordane attaccarono una base di Isis non lontano da Raqqa, nota come «Campo Osama Bin Laden», dove si riteneva fossero tenuti prigionieri due dozzine di occidentali. Il blitz fu accompagnato anche allora da importanti bombardamenti diversivi. Ma i commando trovarono gli edifici vuoti. Ne seguì una furiosa battaglia durata quattro ore, che causò la morte di al- meno cinque jihadisti. Poco più di un mese dopo, Isis iniziò le decapitazioni degli ostaggi. I primi furono in sequenza temporale i giornalisti americani James Foley, seguito un paio di settimane dopo dal connazionale Steven Sotloff, quindi dai cooperanti britannici Peter Kassig e David Haines. Uno scenario simile si è ripresentato nello Yemen agli inizi di dicembre, dove il raid lanciato da tre dozzine di Navy Seals (il fior fiore dei commando Usa) per cercare di liberare il fotogiornalista americano Luke Somers e il sudafricano Pierre Korkie si L’altra versione Il Califfato ha previsto oggi la decapitazione del giovane catturato il 24 dicembre concluse in tragedia. La banda di qaedisti, che li aveva rapiti un anno prima nel centro di Sana, sparò loro a bruciapelo. In Siria l’esistenza degli ostaggi è particolarmente penalizzata dalla violenza brutale che dal 2011 non fa che peggiorare. Due giorni fa l’Osservatorio per i diritti umani in Siria, che da Londra monitora il Paese, riportava che il 2014 è stato l’anno peggiore dallo scoppio della guerra civile nella primavera-estate 2011: in dodici mesi i morti sarebbero stati oltre 76.000, di cui 17.790 civili (inclusi 3.501 bambini). La situazione si sarebbe deteriorata con l’espansione di Isis, la dinamica belligerante innescata dai bombardamenti della coalizione a guida Usa e la ripresa delle azioni da parte dell’esercito fedele a Bashar Assad. Lorenzo Cremonesi © RIPRODUZIONE RISERVATA La cattura Una foto diffusa dall’Isis il 24 dicembre scorso mostra il gruppo di miliziani che avrebbe catturato il pilota giordano Muadh alKassasbe (al centro vestito di bianco) abbattuto con il suo caccia nel nord della Siria. Nei giorni successivi i terroristi hanno chiesto ai simpatizzanti su Internet consigli su come ucciderlo (AP) Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 di Maria Serena Natale Paradossi greci Torna Papandreu Guai per Tsipras Le ragazze potrebbero essere in mano ai «filoccidentali» Possibile cogestione tra qaedisti e miliziani anti Assad 6 © RIPRODUZIONE RISERVATA 13 Le due italiane rapite forse sorvegliate da carceriere islamiche Diplomazie «George, hai il dovere morale di restare, mi rivolgo a te come amico di tuo padre. Il tuo posto è con noi». Così parlò Evangelos Venizelos in un colloquio riservato e molto ascoltato con George Papandreu ( foto). Il leader di Pasok non è riuscito a convincere l’erede dei Papandreu, la dinastia che regge le fila del socialismo greco dal 1974, anno del crollo della dittatura dei colonnelli e del ritorno alla democrazia. Quell’anno, Andreas Papandreu fondò il Movimento socialista panellenico che dal 1981 avrebbe governato quasi ininterrottamente per vent’anni. Ieri suo figlio George ha compiuto il parricidio politico temuto dagli ex compagni e ha annunciato la nascita di un nuovo partito di centrosinistra che potrebbe giocare un ruolo decisivo nelle elezioni anticipate del 25 gennaio, il «Movimento per il cambiamento». «È tempo che le forze progressiste compiano il loro prossimo grande passo» dichiara Papandreu. Nel logo della nuova formazione, che non ha ancora presentato il programma ma ha lasciato trapelare nette posizioni anti austerità, comparirà la rosa socialista. È ai delusi di Pasok, oltre che agli elettori diffidenti verso la sinistra radicale di Alexis Tsipras, che si rivolge l’ex premier 62enne costretto alle dimissioni nel 2011. Fu nel 2010 che la Grecia accettò il primo piano di salvataggio internazionale. Pur denunciando le responsabilità del precedente esecutivo di centrodestra nel collasso delle finanze elleniche, Papandreu lasciò dopo aver proposto invano un referendum sul futuro della Grecia nella Ue e optò per un basso profilo. In questi anni ha mantenuto il seggio in Parlamento ma si è dedicato a conferenze sulla gestione della crisi stringendo alleanze e preparando il grande salto. Secondo i sondaggi Pasok, che alle Europee dello scorso maggio arrivò quarto dopo i neonazisti di Alba Dorata, oggi otterrebbe meno del 5%. Un’ulteriore erosione potrebbe portarlo sotto la soglia del 3%. Rubando voti alla stessa Syriza di Tsipras, il nuovo Movimento aiuterebbe i conservatori di Nuova Democrazia del premier uscente Antonis Samaras. Paradosso Papandreu. Un ritorno che stravolge assetti 40ennali ma rassicura l’Europa. ESTERI milioni di dollari, oltre alla liberazione di una miliziana pachistana, è il prezzo fissato dall’Isis per la liberazione di una prigioniera americana di 26 anni, in mano al Califfato dall’agosto 2013 Da sempre in Medio Oriente agiscono gruppi a denominazione variabile. Se serve usano la loro sigla, perché — come nel caso dell’Isis — aumenta il potere contrattuale e incute timore negli avversari. Ma a volte le formazioni preferiscono nascondersi per evitare situazioni imbarazzanti o inconfessabili. E i sequestri di persona rientrano in questa categoria. Il guerrigliero si comporta da predone, batte cassa, mira al riscatto, però non vuol passare per un bandito. Anche se lo è. Nel dramma di Greta e Va- nessa, le cooperanti italiane rapite in estate a Aleppo, si è creato una sorta di binario. I qaedisti di al Nusra hanno rivendicato l’azione presentandola come una risposta all’appoggio italiano all’intervento militare. Una scusa. Loro, come altri, puntano al denaro. Un coinvolgimento al quale però i nostri servizi di sicurezza paiono credere poco. Forse, ipotizzano, i qaedisti cercano di intromettersi nell’affare, chiedono una «fetta della torta», usando magari la loro forza militare nella zona. O magari vogliono con- vincere i veri carcerieri a cedere gli ostaggi. Tutto è possibile, compresa una cogestione. E arriviamo all’altro filone di inchiesta, più battuto dall’intelligence: l’Esercito siriano libero ( E S L ) , l a fo r m a z i o n e «moderata» della resistenza al regime di Assad. E’ possibile che le due italiane siano rimaste vittime di un inganno concepito da alcuni militanti di questa fazione. Diciamolo pure: non è una sorpresa che dei ribelli «buoni», in teoria amici dell’Occidente, possano avere le chiavi della cella. Le cooperanti Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, 20 e 21 anni, le italiane rapite in Siria il 31 luglio scorso, tre giorni dopo il loro ingresso nel Paese sconvolto dalla guerra civile Non è la prima volta che brigate dell’Esercito siriano libero sono accusate di rapimenti. Pochi mesi fa, l’americano Theo Padnos ha scritto un lungo articolo sul New York Times per raccontare come i ribelli a lungo sostenuti da europei e Usa lo abbiano venduto per due volte ad al Nusra. Una testimonianza devastante, con un grande impatto emotivo ma anche politico. Difficile non comprendere la grande prudenza della Casa Bianca nel fiancheggiare gli insorti, visti da sempre con molta diffidenza. Gli aiuti arrivati in modo «Ospiti» preziose Le due italiane tenute d’occhio da mogli e sorelle di combattenti o da volontarie straniere discontinuo, le rivalità croniche all’interno dell’ELS, una leadership poco autorevole e una disciplina non proprio ferrea hanno lasciato spazio a iniziative personali. Se poi si aggiungono le opportunità di fare buoni «colpi» grazie agli ostaggi, è evidente che il sequestro diventa un’opzione da perseguire. Interesse che cresce quando vengono diffuse le cifre dei riscatti: da pochi milioni di euro a bottini a due cifre. Così il combattente della libertà si infila un cappuccio nero in testa trasformandosi in una figura sfuggente, pratica e sadica. Come ha svelato Padnos uno dei suoi carcerieri laici voleva essere chiamato «signore» mentre quelli di al Nusra preferivano titoli religiosi. Piccole manie che accompagnavano le violenze durante la lunga detenzione. Sembra che le giovani italiane siano state rinchiuse in un’abitazione, sorvegliate, almeno all’interno, da alcune donne. Una misura usata da molte formazioni in ossequio alle regole islamiche. Magari saranno mogli e sorelle di combattenti che preparano il cibo e tengono d’occhio le preziose «ospiti». Oppure qualche volontaria arrivata anche da fuori: non partecipa ai combattimenti ma svolge il ruolo di «secondina», vivandiera e infermiera. Un movimento ben organizzato come l’Isis ha creato la sua unità femminile a Raqqa proprio per gestire queste situazioni o condurre perquisizioni su altre donne. Sentinelle che sono anche custodi dell’ortodossia dei costumi. Badano alla lunghezza del velo, al volto troppo scoperto, agli atteggiamenti in pubblico. Interpretazione rigorosa che avrebbero impedito all’Isis di mostrare nei video una prigioniera americana di 26 anni. E’ in mano al Califfo dall’agosto 2013 e il prezzo per il suo rilascio è stato fissato in 6 milioni di dollari, oltre alla liberazione della pachistana Aafia Siddiqui. Guido Olimpio © RIPRODUZIONE RISERVATA 14 Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera ESTERI Il caso «The Interview» Sanzioni a Pyongyang Ritorsione di Obama per gli attacchi hacker al film su Kim Jong-un Complotto DALLA NOSTRA INVIATA Dieci alti funzionari del regime nordcoreano e tre agenzie governative sono i bersagli delle nuove sanzioni annunciate ieri dalla Casa Bianca in risposta all’attacco hacker contro Sony. La scorsa settimana, alcune ditte private di cyber security avevano sollevato seri dubbi sull’origine dell’attacco che il 24 novembre scorso ha distrutto tre quarti dei computer e dei server del quartier generale della Sony e che ha portato (inizialmente) a cancellare l’uscita del film «The InterNEW YORK ● The Interview è una commedia su un complotto della Cia contro il dittatore della Nord Corea. Dopo minacce e attacchi hacker, la Sony in un primo tempo aveva ritirato il film view», poco rispettoso del dittatore Kim Jong-un: gli scettici (anche in America) affermano che dietro gli attacchi potrebbero esserci degli ex dipendenti, a parte il fatto che Pyongyang nega ogni coinvolgimento. Ma l’Amministrazione Obama e l’Fbi insistono che la fonte è proprio il regime di Pyongyang. Le sanzioni di ieri sono «il primo passo» — spiegano i portavoce dell’Amministrazione Obama — di una «risposta proporzionale» promessa dal presidente prima di Natale contro un Paese che «minaccia la sicurezza nazionale, la politica estera e l’economia degli Stati Uniti». Le nuove misure sono state approvate con un ordine esecutivo firmato da Obama durante la sua vacanza con la famiglia alle Hawaii. Colpiscono sia il governo di Pyongyang che il Partito dei Lavoratori, che ha completo controllo della politica del Paese. Ma in fin dei conti il loro effetto potrebbe rivelarsi più simbolico che sostanziale: sono le prime misure punitive imposte in risposta a cyberattachi, ma la Corea del Nord è già sotto pesanti sanzioni volute sia da George W. Bush che da Obama per il suo programma nucleare. Una delle agenzie individuate adesso come responsabile, per esempio il Dipartimento Generale di Ricognizione, ovvero la principale agenzia di intelligence nordcoreana che gestisce anche le operazioni cyberguerra, è già oggetto di una iniziativa lanciata da Bush per intercettare la vendita di missili e di altre armi. Anche la «Corporazione commerciale per lo sviluppo minerario» (Komid), coinvolta nella vendita di armi attraverso una rete di uffici presso diverse ambasciate nordcoreane all’estero, è già sotto sanzioni dell’America e delle Leader Kim Jong-un, al potere dal 2011, compirà 32 anni l’8 gennaio (Ap) Nazioni Unite sin dal 2009. Otto dei dieci individui colpiti adesso (che non potranno entrare negli Stati Uniti né accedere a proprietà e beni e fare affari con cittadini Usa) sono affiliati all’agenzia Komid e alcuni sono anche funzionari del governo di Pyongyang: tre di loro operano in Russia, in Siria e in Iran (quest’ultimo un importante acquirente di armi nordcoreane), altri in Namibia e in altri Paesi africani. La terza organizzazione nella lista, la «Korea Tangun», che si occupa di ricerca militare, infine, è già stata inclusa nella lista nera nel 2009 proprio da Obama, dopo un test nucleare di Pyongyang. L’Fbi insiste che la Corea del Nord è responsabile degli attacchi hacker contro Sony ma rifiuta di rendere note le prove affermando che comprometterebbero le fonti e i metodi dell’intelligence. La stessa Amministrazione riconosce in effetti che non ci sono elementi per dire che i 10 funzionari presi di mira siano stati direttamente coinvolti nell’ordinare o pianificare una missione contro la Sony, ma la Casa Bianca afferma che sono «al centro di azioni provocatorie contro gli Stati Uniti». L’obiettivo dichiarato è di punire i responsabili — spiega il Dipartimento del Tesoro — ma anche di far capire che «nuove azioni simili non verranno tollerate». Viviana Mazza @viviana_mazza © RIPRODUZIONE RISERVATA La storia di Luigi Offeddu Chi è DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Agente Kovacs, dalla Russia con amore. Anzi, con 4 amori: la moglie russa Svetlana e gli altri 3 presunti mariti di lei, un altro russo, uno scienziato atomico giapponese, e un ladruncolo austriaco. Tutti legittimi, pare. E tutti, pare, con qualche frequentazione dalle parti della Lubianka. Se sono vere le voci insistenti di qui, e un’inchiesta giornalistica, e le accuse di spionaggio che gli rivolgono i magistrati e il governo del suo Paese, l’onorevole Bela Kovacs può stare tranquillamente in un romanzo di John Le Carré: eurodeputato ungherese, 55 anni e in patria numero 3 del movimento di estrema destra Jobbik , con una consorte sospettata di essere da oltre 30 anni un agente segreto di Mosca, si è visto bollare da qualche titolo come «l’uomo del Kgb a Bruxelles». Lo accusano di lavorare per la Lubianka da quando aveva poco più di vent’anni. Ma soprattutto, la procura generale di Budapest ha chiesto al Parlamento Europeo di revocargli l’immunità da eurodeputato, che lo protegge dal processo e da un’eventuale condanna fino a 8 anni di reclusione: dossier numero «2014/2044 (IMM)-JURI/8/00713», aperto dalla scorsa estate davanti alla Commissione affari giuridici dello stesso Parlamento Europeo, e fino a ieri mai chiuso, anzi «in attesa di responso». Questi 6 mesi e passa di meditazione hanno destato qualche perplessità, fra gli stessi eurodeputati. Anche perché Kovacs è sospettato, fra l’altro, di usare fondi del Cremlino per sostenere Jobbik e per influenzare la politica europea, sulle orme di Marine Le Pen. Nel frattempo, e agendo fino a prova contraria con pieno diritto, ha continuato la sua attività parlamentare e di lobbying, da sempre in favore del Cremlino: per esempio, auspica che l’Ungheria esca dall’Ue per aderire all’Unione eurasiatica voluta da BRUXELLES ● Bela Kovacs, nato il 25 febbraio 1960 a Budapest, è il numero 3 del partito ungherese di estrema destra Jobbik. E’ accusato di lavorare per i servizi segreti russi. La Procura generale di Budapest ha chiesto al Parlamento Europeo di revocargli l’immunità da eurodeputato. Anche sua moglie, Svetlana Izstosina, è sospettata di essere una spia di Mosca ● Nella sua attività parlamentare Kovacs si è distinto per posizioni sempre in favore del Cremlino: auspica per esempio che l’Ungheria esca dall’Unione Europea per entrare in quella Eurasiatica A Budapest Esponenti del partito di estrema destra Jobbik alla cerimonia del 2007 per l’inaugurazione della Guardia Magiara, dissolta nel 2009 (Reuters) L’Europa non sa decidere su Bela Kovacs, l’estremista ungherese che spia per Putin La Procura ha chiesto la revoca dell’immunità per l’europarlamentare del partito Jobbik 23 I deputati di Jobbik che siedono al Parlamento di Budapest (su un totale di 199) 3 I parlamentari che rappresentano il partito di estrema destra ungherese al Parlamento Europeo 14,6 Per cento Le preferenze ottenute da Jobbik alle elezioni europee del 25 maggio 2014 Vladimir Putin, e giustifica l’annessione della Crimea (su invito di Mosca un suo assistente personale, un italiano vicino al movimento Fiamma Tricolore, è stato inviato come osservatore al discusso referendum tenuto dopo l’occupazione della penisola). Kovacs ha sempre negato recisamente ogni accusa, smentisce di aver mai avuto contatti con i servizi segreti di qualsiasi Paese. I suoi camerati di Jobbik, fra i quali è conosciuto anche come «KgBela», parlano di un «complotto giudaico» ai suoi danni. E’ stata l’inchiesta di un giornalista investigativo ungherese, Andras Deszo, a far esplodere il caso. E a proporre una ricostruzione della vita di «KgBela» degna di Le Carré. Fin dai primi vagiti, letteralmente: l’eurodeputato sarebbe infatti il figlio segreto di un soldato sovietico di stanza in Ungheria, poi adottato da un cittadino ungherese di nome Bela Kovacs, e da sua moglie. Il padre adottivo avrebbe avuto un lavoro come tecnico manutentore presso l’amba- sciata ungherese di Tokyo e qui, nel 1979, avrebbe trasferito anche la famiglia. Proprio a Tokyo, all’università Sophia, il figlio Bela non ancora ventenne avrebbe incontrato la compatriota Svetlana Izstosina, o così almeno si faceva chiamare lei, coetanea attraente ma dal passato un po’ nebuloso. Seguirono un grande amore, e un matrimonio legittimo: anche se, secondo la ricostruzione fatta ora, la bella Svetlana era già sposata da 4 anni, ed altrettanto legittimamente, con lo scienziato nucleare giapponese Masanori Omiya. Che «KgBela» abbia scoperto o no l’inghippo, qualche anno dopo lui e Svetlana si trasferirono a Vienna: dove però, nel 1986, sarebbe saltato fuori un altro presunto marito, un pregiudicato di nome Mario Schon. Ancora una volta, non si sa che ruolo avesse «KgBela»: ma sposando Mario, Svetlana avrebbe ottenuto un passaporto austriaco, oltre a quelli russo e giapponese. E proprio questo, sempre secondo l’inchiesta giornalistica, era il ruolo affidatole dal A destra ● «JobbikMovimento per un’Ungheria migliore», è un partito politico di estrema destra nato nel 2003 e noto per le sue posizioni xenofobe, nazionaliste e antieuropee. Dal 2006 il leader del movimento è Gabor Vona, 36 anni. Jobbik è la terza forza del Parlamento ungherese Kgb: agente volante, cacciatrice di varie personalità e nazionalità con funzioni mimetiche. Lei e Bela, e forse Mario, avrebbero viaggiato continuamente fra Vienna e Mosca, in tempi in cui non era facile ottenere un visto. Infine, nel 2003, salutato il compagno austriaco, si sarebbero trasferiti a Budapest: in quello stesso anno veniva fondato Jobbik, il «Movimento per un’Ungheria migliore», presto famoso per le sue parate in uniforme, le scorrerie nei campi Rom, e certe strane croci o frecce di vecchio gusto germanico ricamate sui suoi vessilli. Kovacs non aveva mai avuto contatti con movimenti di estrema destra: ma l’incontro con Jobbik fu un amore a prima vista. La sua ascesa politica personale fu molto rapida, e rapidamente si rafforzarono anche le finanze del nuovo partito. Poi «KgBela» fu eletto all’Europarlamento, con tanto di immunità: e qui, da sei mesi e passa, la verità che lo riguarda è «in attesa di decisione». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 ESTERI 15 Cuomo, icona liberal degli italiani d’America Tre volte eletto governatore di New York, non si decise mai a correre per la Casa Bianca Fra i pochi politici contrari alla pena di morte, era favorevole da cattolico al diritto all’aborto Chi era ● Mario Cuomo era esponente di spicco dei Democratici e fu il primo governatore italiano dello Stato di New York, che guidò dal 1983 al ‘94. ● Progressista e cattolico, rinunciò a correre per la Casa Bianca DALLA NOSTRA INVIATA NEW YORK «l liberal perdono il loro poeta», titola il sito web Politico. Su ordine del sindaco Bill de Blasio, tutte le bandiere degli uffici di New York rimarranno a mezz’asta per un mese in memoria di Mario Cuomo, primo governatore italoamericano di New York dal 1983 al ‘94, grande icona della sinistra, ma anche l’uomo che spezzò i cuori di molti democratici rifiutando di candidarsi alla presidenza. Mario Cuomo è morto all’età di 82 anni per insufficienza cardiaca poche ore dopo che il figlio Andrew, l’attuale governatore di New York, aveva pronunciato il suo discorso di insediamento al secondo mandato senza dimenticare di citarlo: «Mio padre è nel cuore e nella mente di ogni persona presente». Più tardi, un altro dei figli, il giornalista della Cnn Chris Cuomo, ha commentato: «Ha aspettato il giorno di Andrew e poi ha mollato. È stato un padre fino alla fine». I siti web e le prime pagine dei giornali sono stati inondati di tributi. «Un ragazzo cattolico del Queens che credeva in Dio e nell’America – lo ha definito Obama - Una voce risoluta per la tolleranza, l’inclusività, l’equità, la dignità». «Un faro dei valori liberal, in un’era in cui erano screditati, capace di sfidare Reagan al culmine della sua presidenza», ricorda il New York Times. «La sua vita incarna il sogno americano», scrivono in un messaggio congiunto Bill Clinton (suo iniziale rivale e poi alleato) e Hillary (che Cuomo in- Il ricordo del presidente Napolitano: «Fu penalizzato dalla discriminazione etnica» «Apprendo con forte commozione la notizia della scomparsa di Mario Cuomo, personalità che nei decenni scorsi ha costituito una presenza importante nella storia politica degli Stati Uniti e che ha impersonato il meglio degli italiani d’America». È quanto ha affermato ieri il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. «Uomo di grande sensibilità e senso della misura - ha aggiunto il Capo dello Stato - dovette, come ho potuto constatare negli incontri personali con lui, nello sviluppo della sua carriera politica pagare un pesante prezzo per le prevenzioni e i pregiudizi nei confronti degli italiani. Egli in effetti ne fu colpito nella massima aspirazione a cui avrebbe potuto aspirare. Partecipo al dolore della signora Matilda e di tutta la sua famiglia». coraggiava a «fare qualcosa di veramente grande»). I reverendi Al Sharpton e Jesse Jackson elogiano il suo impegno per i diritti civili e qualcuno lamenta che non ci siano più politici davvero di sinistra come lui Ma il rispetto supera gli schieramenti. L’ex sindaco Bloomberg lo ammira perché «non si fece mai piegare dai venti politici, né sulla pena di morte né su altre questioni». Cuomo fu infatti uno dei pochi politici americani a opporsi alla pena di morte e, da cattolico, sostenne il diritto all’aborto.Molti repubblicani lo definiscono «un gigante della politica»: dal governatore George Pataki che lo sconfisse nel ‘94 a quello attuale del New Jersey Chris Christie. Anche il New York Post, pur sottolineando le divergenze ideologiche, lo esalta per le abilità oratorie e lo ringrazia per aver salvato il quotidiano dalla bancarotta nel ’93. Non manca chi, sia a destra che a sinistra, nota che i risultati ottenuti da Cuomo non sempre furono all’altezza della sua retorica. «Si fa campagna elettorale con la poesia, si governa con la prosa», ripeteva lui stesso. Ma molti reporter che con questo governatore «brillante e frustrante« hanno condiviso 12 anni di lavoro e di vita sembrano preferire oggi gli aneddoti piuttosto che i bilanci. «Per i reporter degli anni 80, Cuomo era una rock star e i suoi discorsi venivano raccontati come si fa con i concerti», scrive David Colton su UsaToday. Viviana Mazza © RIPRODUZIONE RISERVATA L’INTERVISTA GAY TALESE «Seppe vincere i pregiudizi Un personaggio più grande di Joe DiMaggio e Sinatra» Col figlio Andrew, a sua volta governatore di New York Chi è ● Gay Talese, 82 anni, è uno scrittore statunitense di origini italiane ● Nel mondo letterario è considerato, con Tom Wolfe e Norman Mailer, tra i fondatori del «New Journalism». Dopo essere stato reporter del New York Times dal 1956 al 1965, ha collaborato con le principali testate americane ● Tra le sue opere più famose, La donna d’altri e Onora il padre, entrambi editi da Rizzoli di Ennio Caretto «La comunità italo-americana ha perso il più grande dei suoi figli e l’America ha perso uno dei suoi migliori leader. Mario Cuomo non era solo il simbolo del riscatto e del successo della nostra etnia dopo decessi di fatiche e incomprensioni. Impersonava anche la giustizia, l’eguaglianza e la tolleranza a cui si dovrebbe ispirare la nostra nazione, la faceva sognare come la fece sognare Kennedy. Figurerà nella storia di New York come uno dei suoi governatori più amati». Così, al telefono dal suo appartamento a Manhattan, lo scrittore Gay Talese, l’autore di «Onora il padre» e di «Ai figli dei figli», ricorda il più eloquente e carismatico dei politici italo americani, un uomo che per la maggioranza del pubblico avrebbe meritato la Casa bianca. Come giornalista del «New York Times», lei ne seguì l’ascesa negli anni Settanta. Lo conosceva bene? «Sì, come quasi tutti gli italo americani di New York, e lo ammiravo, innanzitutto come uomo. Eravamo nati nello stesso anno, venivamo da famiglie modeste del Meridione, avevamo ricevuto la stessa educazione, nutrivamo gli stessi principi, ci eravamo fatti strada da soli nella Grande Mela studiando e lavorando, spronati dai nostri genitori. Nella comunità italo-americana mi sentivo un pioniere come lui. Ma nella maturità mi resi conto che stava facendo per essa molto più di me. Era la sua bandiera, il suo modello». In che senso? «Essere italo americani oggi può essere un vantaggio, ma ancora quaranta, cinquanta anni fa era uno svantaggio, molte porte erano loro chiuse. Guardia, il sindaco di New York, un repubblicano, aveva attratto forti consensi. Ma era stata una parentesi, nessun italo-americano aveva raccolto la sua eredità. Con Cuomo, si aprì un nuovo capitolo». Vuole dire che nemmeno in politica c’è più limite a quanto gli italo-americani possono raggiungere? «Esattamente. Alla Corte Suprema siedono più italo-americani che esponenti delle altre etnie. Negli ultimi decenni abbiamo retto Ministeri e Forze armate. Prima o poi arriveremo anche alla Casa Bianca. Sono convinto che ci saremmo già arrivati negli anni Ottanta o Novanta con Mario Cuomo se si fosse candidato». E’ vero che rifiutò di candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti perché un membro della famiglia era sospettato di legami mafiosi? «Penso di no, anche se Bill Clinton, suo compagno di partito, che temeva di essere eclissato da lui, vi accennò nel corso della vittoriosa campagna elettorale del 1992. Cuomo era un uomo molto riservato, molto protettivo della famiglia e molto lontano dai pettegolezzi Il meglio di due mondi Andò oltre le proprie origini. Raccoglieva il meglio dell’Italia e degli Usa In campagna elettorale Prima della rielezione a governatore dello Stato di New York negli anni Novanta (Foto New York Times) Sì, tra gli idoli del nostro paese c’erano anche italo-americani, il campione di baseball Joe DiMaggio che sposò l’attrice Marilyn Monroe a esempio, o il grande cantante e attore Frank Sinatra. Ma era in parte folclore, e infatti per la maggioranza della popolazione lo stereotipo dello italo-americano rimaneva quello del mafioso. Mario Cuomo dimostrò che era falso». Come fece? «Io credo che ci riuscì oltre che per i suoi straordinari intelletto, cultura e comunicativa anche per la sua onestà e per il Dal Meridione Eravamo nati nello stesso anno, venivamo da famiglie modeste del Meridione suo impegno sociale. Era l’ultimo dei leoni liberal, come ha scritto un giornale, un democratico genuino, ma era soprattutto un uomo decente, un buon padre di famiglia, caritatevole, persino idealista. Quando parlava, la gente avvertiva che era sincero, che i suoi programmi di riforme erano davvero intesi per il bene comune, che si atteneva a un codice etico. Non a caso faceva paura ai repubblicani». Il suo governatorato pose quindi fine ai pregiudizi nutriti dall’America sugli italo americani? «Secondo me sì. Mario Cuomo seppe trascendere le proprie origini. Raccoglieva in sé il meglio dell’Italia e degli Stati uniti. Era un patriota americano, ma era anche il custode dei valori italiani. Su queste basi, prima di lui un altro politico della nostra etnia, Fiorello La Con Bill Clinton Allora presidente Usa, nel 1994 (Ap) Con Mandela Durante la sua visita a New York nel ‘90 (Ap) e dagli scandali. A mio parere, non si sentì di pagare il prezzo familiare e personale che le nostre elezioni comportano. Non gli fu facile, tenne l’America in sospeso per mesi e mesi, tanto che lo definirono un Amleto». Sarebbe stato un grande presidente? «Immagino di sì. Alla convention democratica di San Francisco del 1984, da cui emerse anche Geraldine Ferraro, la prima italo-americana candidata alla vicepresidenza, Cuomo tenne un discorso trascinante come non se ne sentivano dai tempi di Kennedy. Per quanto concerne la politica non aveva nulla di amletico. Era dalla parte dei deboli, praticava la politica dell’inclusione. Non sapremo mai come sarebbe l’America oggi se fosse stato presidente per otto anni». © RIPRODUZIONE RISERVATA 16 Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 ESTERI Il principe Andrea accusato di rapporti con una minorenne aveva costruito un mirabile articolo per raccontare i guai del principe. Adesso la faccenda ritorna con i virgolettati di due donne, indicate negli atti come «Jane Doe 3» e «Jane Doe 4», le quali puntano l’indice contro il banchiere Jeffrey Epstein. Ma è il capitolo di «Jane Doe 3» che, stando a quei documenti, si rovescia sui Windsor. La donna, oggi trentenne, riferisce che quando aveva 15 anni fu costretta da Epstein a diventare «una schiava del sesso», che pur avendo tentato più volte di fuggire non vi riuscì mai, che Epstein la costringeva a «rendersi sessualmente disponibile con persone potenti del mondo finanziario e politico» in modo da ricattarle, che una di tali persone era il duca di Kent e con lui fu obbligata a incontri di letto «in tre luoghi: un appartamento di Londra, uno di New York, e in un’isola privata delle Virgin Islands americane (in un’orgia con numerose minorenni)». Che si tratti di verità incontestabile è davvero arduo sostenerlo. Anzi. Che sotto o a Buckingham Palace nega: «Tutto falso» Banchiere DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Andrea, la pecora nera dei Windsor, sta mandando di traverso alla famiglia reale gli ultimi scampoli di feste natalizie. Anche se la storia che lo coinvolge ha tutta l’aria di una solenne trama di ricatti nonché di bufale rilanciate da una parte all’altra dell’oceano, il fatto che una donna negli Stati Uniti lo accusi di avere ripetutamente abusato sessualmente di lei a Londra, ai Caraibi e a LONDRA ● Negli atti di un processo in corso in Florida c’è la testimonianza di due donne che accusano il banchiere Jeffrey Epstein (foto) di averle «costrette a prostituirsi con persone molto potenti del mondo finanziario e politico» in modo da poterle ricattare. Tra questi ci sarebbe anche il principe Andrea La donna La trentenne sostiene che a 17 anni fu costretta a stare con il duca in tre occasioni New York quando era diciassettenne e, tanto per mettere il dito nella piaga, che il principe sia stato partecipe di orge con prostitute, ha mandato in tilt le linee telefoniche di Buckingham Palace. E ha costretto i sempre discreti portavoce della Regina a uscirsene con un dichiarazione (cosa rarissima, visto che in genere preferiscono rispondere con un lapidario «non commentiamo») per giurare ai sudditi che ogni «indiscrezione di indecenza con minori è categoricamente falsa». L’ex marito di Sarah Ferguson, quinto nella linea ereditaria della corona, non ha un curriculum immacolato. Scandali e scandaletti sono ricorrenti, gli sono pure costati la carica di rappresentante speciale nel mondo per il commercio e gli investimenti britannici: ad esempio la vendita gonfiata della villa di Ascot con 12 stanze da letto a un tycoon del Kazakistan, 15 milioni di sterline anziché 12 (tre milioni intascati in nero?). Ci sono poi i capitoli delle piccanti relazioni con porno star (invitate persino a Palazzo, ultima la «modella» croata Monika Jakasic). Per non parlare dei vizietti e delle stravaganze, tipo giocare a golf nei giardini di Buckingham Palace e ordinare alle guardie di raccogliergli le palline. Per finire: le amicizie con trafficanti d’armi di mezzo mondo. Tutte faccende che hanno indotto la mamma Elisabetta a tenerlo il più lontano possibile dai riflettori. Il caso che ora plana dagli Stati Uniti sui Windsor (da prendere con un milione di Carriera Il principe Andrea, secondogenito della regina Elisabetta, ha 54 anni. Dal 1986 al 1996 è stato sposato con Sarah Ferguson (due figlie: Beatrice nata nel 1988 ed Eugenie due anni più tardi). Da giovane era chiamato «Andy the Randy» (il mandrillo). Quinto in linea di successione al trono, il duca di York ha partecipato alla guerra delle Falklands e ha fatto il pilota dell’Aviazione prima di fare il mediatore d’affari (foto Ansa) 17 Incontri Sarebbero avvenuti in un appartamento di Londra, a New York e alle Isole Virgin punti interrogativi ma pur sempre imbarazzante) è la coda di una vicenda che si trascina da almeno cinque o sei anni. Il duca di York, secondo figlio maschio di Elisabetta, è molto amico (o lo era, «un mio errore del passato» ha più volte ripetuto Andrea) di un ricchissimo banchiere d’investimenti americano, Jeffrey Epstein, che fra le tante sue attività si segnalava per «regalare» incontri con prostitute alla sue rete di contatti esclusivi. Attività che gli è già costata 18 mesi di carcere e una serie infinita di processi. Dagli atti di un procedimento che si celebra in Florida e che la rivista Politico Magazine ha pubblicato, saltano fuori i particolari che riguarderebbero Andrea. Nel 2011 qualcosa era stato spifferato a Vanity Fair (edizione americana) che ne fianco o sopra ci sia un gioco di vendette è probabile. Che a Buckingham Palace la notizia abbia creato non poco imbarazzo lo rivela l’inusuale prontezza delle repliche affidate ai maghi della comunicazione reale. E che Andrea, la pecora nera, rovini la Befana dei Windsor è fuori di dubbio. Fabio Cavalera @fcavalera © RIPRODUZIONE RISERVATA Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera 18 Cronache Le fasi Da sinistra: Fabrizio Pulvirenti in Sierra Leone il 17 novembre; l’arrivo a Roma il 25 novembre, dopo il contagio; ieri, guarito (foto Emergency, Reuters) «Ebola e le mie due settimane senza ricordi» Il diario del medico di Emergency che ha sconfitto il virus. Dal ricovero il 25 novembre alle dimissioni ieri La vicenda ● Il 25 novembre Fabrizio Pulvirenti viene portato in isolamento allo Spallanzani: ha contratto in Africa il virus Ebola ● Ieri il dottore è stato dimesso (sopra il ministro della Salute Beatrice Lorenzin) ROMA È un uomo molto diverso da quello che in una foto scattata il 17 novembre appare sorridente e in carne, sullo sfondo i paesaggi della Sierra Leone, poco prima di scoprire che era stato contagiato dal virus combattuto in Africa, come volontario di Emergency. Dimagrito di almeno 10 chili, i segni del decubito su nuca e ginocchio, i muscoli come risucchiati dalla disidratazione patita: «Devo recuperare la massa, poi se potrò tornerò in Africa. Paura? Certo, altrimenti sarei un folle». Fabrizio Pulvirenti racconta commosso la sua esperienza di sopravvissuto. Irriconoscibile rispetto a 37 giorni fa quando arrivò allo Spallanzani di Roma chiuso in una barella bioprotetta, trasportato da Lakka a Roma. Ieri è stato dimesso. Guarito. Per salvarlo è stato fatto il massimo anche a livello di costo. Un milione, tutto compreso, è la stima. Prima settimana Allo Spallanzani, centro di eccellenza per la cura delle malattie infettive, era tutto pronto. Da mesi si addestravano per affrontare l’emergenza. Ad attenderlo il 25 novembre c’era una task force speciale, 15 infermieri e altrettanti medici. Fino ad allora tante simulazioni, il personale selezionato, esercitato nel proteggersi e lavorare in un reparto di alto isolamento. Si è subito capito che la faccenda era seria. Il secondo giorno il primo momento critico. La trasfusione di una sacca di plasma di un’infermiera convalescente, curata in Spagna, portata con procedura speciale da Madrid, scatena una reazione abnorme. Pulvirenti interrompe gli essenziali contatti telefonici e via mail con parenti e colleghi dell’ospedale Umberto I di Enna, la città dove lavora. Un segnale negativo. E infatti peggiora, i bollettini medici si fanno più scarni. La situazione precipita, il virus guadagna terreno, cominciano a manifestarsi gravi emorragie, l’attacco più travolgente di Ebola. Seconda settimana Sei dicembre, tarda serata. Due medici dell’unità di crisi abbandonano la cena di lavoro organizzata con un gruppo di infettivologi e corrono in ospedale per l’emergenza che temevano. Le condizioni del «paziente zero» italiano sono in declino rapido. È incosciente, il suo organismo ha ceduto. Lo trasferiscono in rianimazione, sgomberata in poche ore dei malati «ordinari» che vengono accolti da altri centri romani. La città si mobilita. Fabrizio è debilitato dalla perdita di diversi litri di liquidi, 5 litri al giorno, la febbre oltre 40: «Ho cercato di far prevalere la razionalità dell’infettivologo. Poi il paziente ha avuto il sopravvento». Per la squadra che lo assiste il rischio di contagio aumenta. Serve una seconda trasfusione di plasma, ricco di anticorpi che potrebbero contrastare l’infezione. Stavolta la sacca viene dalla Germania. È del suo stesso gruppo sanguigno. Una fortuna. Il ministero della Salute coordina le operazioni con decreti, autorizzazioni speciali, sostegni economici. «L’Italia che funziona e tutto il mondo am- La crisi Il 6 dicembre le sue condizioni sono precipitate. «Se potrò tornerò in Africa» mira», dice il ministro Lorenzin che ha ricevuto le congratulazioni di Napolitano (estese al direttore scientifico dello Spallanzani, Giuseppe Ippolito). Terza settimana Dopo cinque giorni di estrema preoccupazioni e lotta tra vita e morte, il medico di Emergency si riprende, i valori evidenziati dalle analisi migliorano, i laboratori di virologia lavorano in modo frenetico. Viene dato il via libera a un altro farmaco sperimentale. In tutto saranno quattro, in accordo con le organizzazioni internazionali. Ed ecco il ritorno nella stanza non intensiva, ma sempre col massimo di precauzioni: «Ho un vuoto di due settimane, non ricordo nulla». Gli infermieri, finita la paura, non nascondono di averne provata parecchia: «Ci misuravamo in continuazione la febbre, il primo sintomo a comparire. Ognuno di noi temeva di aver eseguito manovre potenzialmente pericolose». 38 Giorni Quanto è durato il ricovero del medico malato 1 Milione La somma spesa per le cure Quarta settimana Siamo sotto le Feste. Non si sa quale formula terapeutica abbia funzionato. Fatto sta che il dottor Fabrizio comincia a alzarsi dal letto, mangia da solo, riacquista autonomia, riprende i contatti con l’esterno: «Appena potrò tornerò in Sierra Leone, Paese di bellezza straordinaria e donerò il mio sangue perché sia utile ad altri», confidava in un’intervista al Corriere. Non può ricevere visite. Intorno a Natale, il dono sotto l’albero. Negative le analisi sull’ultimo liquido ancora infetto, le urine. Il virus non c’è più. Il convalescente è molto debole, ma intravedere il lieto fine. Quinta settimana Anche la seconda analisi di conferma è negativa. Ebola è stata sconfitta. La task force coordinata da Nicola Petrosillo e Emanuele Nicastri, gioisce. Ieri la conferenza stampa, le lacrime, gli applausi. Della malattia del dottor Fabrizio resta il virus che lo stava uccidendo, il Makona INMI-1, dal nome del fiume dove l’epidemia ha avuto origine e dall’acronimo Istituto nazionale malattie infettive. Ora è al sicuro in un centro americano Margherita De Bac [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA ● Le immagini Il viaggio dei profughi in fuga dalla Siria nella pancia del cargo E ccolo il carico della Blue Sky M, condotta in salvo dagli italiani a Gallipoli: 797 donne, uomini e bambini stivati come merce nella pancia arrugginita di un cargo. Le immagini riemergono dal telefono di Borhan, rifugiato siriano approdato come gli altri il 31 dicembre, ora ospite di un centro di accoglienza a Milano. Sono state scattate durante i primi giorni di navigazione, «quando i cellulari funzionavano ancora». Il ragazzo le mostra come prove della storia che racconta Feras, delegato dai profughi a parlare. Il cargo aspettava al largo di Mersin, Turchia, i passeggeri erano stati imbarcati poco alla volta, con scafi piccoli: 7.000 dollari gli adulti, la metà i bambini. Tutti in stiva, le coperte stese sul ferro, i vestiti uno sull’altro, avvocati, pescatori, insegnanti, donne incinte, neonati. «Da mangiare ci davano scatolette e biscotti». Un capitano «turco, che non abbiamo mai visto», tre uomini di equipaggio «che parlavano arabo», scomparsi. Il ragazzo fermato in Italia come presunto scafista, Rani Sarkas, «non c’entra nulla, è uno di noi». Otto giorni in mare, una tempesta in mezzo a due isole greche, la rotta deviata verso l’Albania, la deriva, il panico. «Piangevano anche gli uomini, acqua e cibo erano finiti». Poi i soccorsi. Alessandra Coppola © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 CRONACHE Traghetto in porto, c’è la scatola nera «Già in passato non rispettati gli ordini» Il comandante ai pm: «In altri viaggi avevo bloccato il responsabile del carico». Che ora è indagato DALLE NOSTRE INVIATE BARI Il comandante Argilio Gia- comazzi l’ha raccontato al pubblico ministero Ettore Cardinali: «In precedenti viaggi ero dovuto intervenire per bloccare Pavlos Fantakis nelle operazioni di carico. A volte le avevo perfino sospese poiché non erano stati rispettati gli ordini sulla distribuzione dei pesi. In alcuni casi avevo anche informato l’armatore di tutto questo». Un’accusa precisa dalla quale è scaturito uno dei quattro nuovi avvisi di garanzia notificati ieri dalla procura di Bari per il naufragio del Norman Atlantic: Fantakis, appunto. È lui che ha il ruolo del cosiddetto «supercargo», cioè persona di fiducia del noleggiatore della nave (la greca Anek Lines) che fa parte dell’equipaggio e che affianca il primo ufficiale nelle operazioni «di caricazione», passaggio delicato da cui di- La storia di Paolo Conti DAL NOSTRO INVIATO BRINDISI «Bravi, bravi!». La Nor- man Atlantic spande il suo fumo e l’acre odore di bruciato nel vento gelido di Brindisi, è da poco attraccata al molo di Costa Morena Nord. Un applauso parte dalla piccola folla di Vigili del Fuoco. Alle 15.20 un furgone rosso apre e chiude rapidamente il portellone per portarsi via Marcello Licchello, Antonio Falcone, Claudio Zippo, Danilo Cafarella, Lucio Lopez, Alessandro Morello, Fabio Lazzari e Fernando Lanzillotti, i loro otto colleghi imbarcati il 28 dicembre a bordo dei tre rimorchiatori della flotta dei Fratelli Barretta — Tenax, Asmara e Marietta Barretta — e rimasti ininterrottamente in mare, Capodanno compreso, e senza ricambio.Si deve a loro, insieme 11 Le vittime accertate dell’incendio a bordo del traghetto Norman Atlantic: tra queste due sono italiane 499 I passeggeri che viaggiavano a bordo del traghetto domenica tra ufficiali, in overbooking e clandestini pende la stabilità del traghetto. Al di là dell’accusa formale contenuta nell’avviso di garanzia e che Fantakis condivide con gli altri inquisiti (omicidio colposo plurimo e naufragio colposo), il pubblico ministero è quindi convinto che l’uomo chiave del noleggiatore non abbia osservato le regole legate al suo incarico. E il comandante con il suo racconto ora avvalora l’ipotesi. Ed è sempre Giacomazzi a tirare in ballo con il suo interrogatorio altri due degli indagati di ieri: il napoletano Luigi Iovine, 45 anni, primo ufficiale di coperta, e il siciliano Francesco Romano, 56 anni, secondo ufficiale di macchina. Il comandante ha spiegato ai magistrati che è il primo ufficiale a «ricevere i mezzi e imbarcarli» e a «ritirare la lista di imbarco in cui sono indicati i pesi», mentre «il noleggiatore non ha mai messo a disposizione del comandante le polizze di carico». Tutt’altra questione è invece quella che riguarda il secondo ufficiale, di guardia in plancia. Francesco Romano era «capo lancia», cioè il responsabile delle scialuppe di salvataggio. Dice il comandante: «Ha lasciato scendere in mare l’unica lancia disponibile, con solo 50 passeggeri, senza aspettare il via libera». Ultimo iscritto nel registro degli indagati in ordine di tempo è il legale rappresentante della Anek, ancora da identificare. E con i due inquisiti della prima ora (il comandante Giacomazzi e l’armatore Carlo Visentini) il numero sale a sei. Ma è lo stesso procuratore capo Le indagini Quattro i nuovi avvisi di garanzia. Un marinaio: nulla è andato come doveva, tutti nel panico Giuseppe Volpe ad anticipare nuove possibili iscrizioni di altri membri dell’equipaggio: «per l’inosservanza degli obblighi» durante l’emergenza e quindi per le omissioni e gli errori nell’assistenza ai passeggeri. Che le operazioni di salvataggio siano sfuggite al controllo del personale di bordo lo conferma in qualche modo anche Angelo Tommaso Paniscotti, 58 anni, marinaio. Al citofono di casa sua, a Molfetta, risponde con la voce rotta dall’emozione: «Nulla è andato come doveva... C’è stato il panico e non soltanto fra i passeggeri». Il caos che è costato la vita ad almeno 22 persone, 11 recuperate e altrettante ancora disperse. Sull’unica lancia di salvataggio ammainata sono saliti alcuni membri dell’equipaggio, forse 6-7 e comunque oltre il numero consentito (cioè 3) dalle regole della navigazione. I giorni trascorsi con il relitto di pompieri e rimorchiatori «È stato il Capodanno più bello» ai diciotto uomini dei tre rimorchiatori, se l’incendio a bordo della Norman Atlantic è stato domato. Arrivati a Brindisi, sono stati affidati ai controlli medici e restituiti alle famiglie. Qualcuno è stato malissimo, l’abitudine all’alto mare non è un obbligo. È arrivato l’elogio del ministro dell’Interno, Angelino Alfano: «Il loro contributo è una ulteriore dimostrazione del presidio di sicurezza che il corpo dei Vigili del Fuoco rappresenta, un punto di riferimento sicuro». Diversa l’atmosfera tra chi è abituato a vivere in mare. «È stato il più bel Capodanno della mia vita. Sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto tutti insieme». Luigi Manesi ha appena lasciato il comando della Tenax e ha l’aria stravolta di chi ha dormito poche ore in un Esperto ● Luigi Manesi, il comandante del Tenax, uno dei rimorchiatori della società Barretta intervenuti sul Norman Atlantic mare in burrasca con un solo obiettivo: «Volevamo portarli a casa tutti, tutti... Nella notte si vedevano tante lucette e a ogni lucetta corrispondeva un passeggero. E io pensavo: “Non ne dobbiamo perdere nessuno”. Abbiamo salvato molte vite, tutti noi». Il momento più difficile? «Quando il comandante della Norman Atlantic, Argilio Giacomazzi, ci ha urlato: “Adesso dovete dare tutto quello che potete, abbiamo le fiamme a quattro metri da noi”. E abbiamo fatto tutto, anzi più di tutto il possibile». Il giudizio di Manesi sul comportamento di Giacomazzi è ottimo: «È stato un comandante stupendo. Ha mantenuto la calma e la tranquillità per evitare il panico, lo posso testimoniare». Luigi Manesi ha pagato un prezzo affettivo non indifferente: «Il 30 di- cembre dovevo festeggiare i miei 25 anni di matrimonio. Avevamo già prenotato tutto, un piccolo viaggio... Il piano è saltato ma io, lo ripeto, sono felice di quello che abbiamo fatto. Cioè salvare la vita alle persone e riportare la nave qui in porto». Accanto a lui c’è Nicolò Marinangeli, alla guida del Marietta Barretta (Luigi Zizzi era sull’Asmara): «Il momento più difficile è stato al nostro arrivo, quando il traghetto era in fiamme sentivamo via radio la disperazione del comandante del traghetto che ci chiedeva di buttare acqua a tutto spiano». Un uomo in tuta bianca — la barba lunga e l’aria distrutta — racconta sulla banchina la sua fatica e le sue angosce in quelle ore. È il direttore di macchina Roberto Fedele, anche lui dipendente Barretta. È uno dei La vicenda ● Poco dopo l’una di notte di domenica 28 dicembre scoppia un incendio a bordo del traghetto Norman Atlantic, diretto dal porto ellenico di Igoumenitsa ad Ancona, al largo delle coste albanesi ● I soccorsi si attivano, però sono resi difficoltosi dalla mareggiata e dal maltempo nell’area 19 In pratica una fuga che potrebbe diventare un titolo di reato: abbandono della nave. Davanti al relitto del Norman Atlantic, attraccata ieri al porto di Brindisi, è immediato il pensiero alle ore più drammatiche. L’assedio del fuoco, delle onde, del fumo... Alcuni dei sopravvissuti raccontano: «Abbiamo visto morire persone asfissiate. Quando una porta tagliafuoco si è chiusa molti sono rimasti bloccati dietro di noi, non l’hanno superata. Battevano con le mani perché riaprissimo ma non ce l’abbiamo fatta. Due li abbiamo visti chiaramente dagli oblò cadere e morire soffocati». Sulla nave, dunque, dovrebbero esserci dei cadaveri ma un primo sopralluogo degli inquirenti, ieri, si è limitato alle parti superiori e non alla stiva, per motivi di sicurezza. Recuperata la scatola nera che può registrare per una durata massima di 15 ore, dopodiché azzera i dati e sovrascrive il nuovo periodo. A salvare la cronaca dell’emergenza è stato il comandante Giacomazzi: «Senza che nessuno me l’avesse chiesto, dopo aver azionato l’allarme generale, ho premuto il pulsante rosso che blocca la registrazione per evitare la sovrascrittura e la perdita dei dati». Giusi Fasano Ilaria Sacchettoni © RIPRODUZIONE RISERVATA ● Alle prime luci dell’alba il comandante dice di non poter più manovrare la nave che viene spinta sempre più vicina all’Albania ● Per giorni il bilancio su superstiti, vittime e dispersi diventa un caso ● Tra lunedì e martedì c’è anche un braccio di ferro su dove portare il relitto se in Italia o in Albania. Ieri la nave — sotto sequestro — arriva a Brindisi (nella foto Reuters sopra) cinque uomini della compagnia — con Giovanni Diana, Francesco Scaraffile, Antonio Mondelli e Stefano Scevola— che sono stati calati sul Norman Atlantic dagli elicotteri della Marina Militare per spegnere le fiamme e permettere l’aggancio del traghetto ai rimorchiatori. Fedele ha in mente un’immagine: «Vedevo tutti quei passeggeri sul ponte ammucchiati e rannicchiati, sembravano tante formiche. Noi ci siamo occupati di spegnere le fiamme e raffreddare le lamiere, altrimenti non avremmo potuto agganciare la nave e portarla via. Cosa mi ha colpito a bordo? Il vetro fuso, non lo avevo mai visto. Le lamiere contorte. Farmi calare dall’elicottero? Non ho avuto paura, anche se era la prima volta. Lo dovevo fare, e l’ho fatto». E anche lui, all’inevitabile domanda su Giacomazzi, risponde: «Un grande uomo, un grande uomo». L’armatore Giuseppe Berretta non nasconde l’orgoglio: «Un lavoro straordinario». Sua cugina Rosy Berretta va a bordo della Tenax per abbracciarli tutti: «Sono bravissimi. Sono i nostri pirati buoni». E se li bacia ridendo. © RIPRODUZIONE RISERVATA 20 Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera CRONACHE La verità del ragazzo ferito dall’acido «Martina era mia amica, non ci credo» I familiari: la sua unica colpa è aver cercato di proteggerla da un amante squilibrato Il giovane milanese è ancora grave in ospedale. Così lei usava gli sms per creare gelosie Chi sono Lei Martina Levato (in alto), 23 anni, studentessa della Bocconi, ha scagliato a Milano un contenitore di acido muriatico sul volto di Pietro Barbini, 22 anni, ex fidanzato, deturpandolo gravemente. È attualmente detenuta nel carcere di San Vittore Lui Alexander Boettcher (foto in basso), 30 anni, compagno di Martina, avrebbe cercato di colpire il ragazzo con un martello MILANO Era un’amica, niente più, una compagna del liceo «Parini» con cui aveva avuto un piccolo flirt, di quelli che si ricordano appena, nel tempo che passa, quando si resta in contatto con affetto. Quella ragazza, Pietro Barbini, 22 anni, se l’è ritrovata di fronte in una strada scura della periferia di Milano, mentre scorreva un citofono, nel luogo che lei e il suo compagno avevano scelto per l’agguato. Martina Levato, 23 anni, studentessa della Bocconi, a metà pomeriggio di domenica scorsa era incappucciata. E ha scagliato addosso a Pietro un contenitore di acido muriatico. Ora, in ospedale, Pietro è «vigile, cosciente, collaborativo» (dicono i medici). Sta lottando. I chirurghi cercano di salvargli l’occhio destro. Non ha voluto vedere gli sfregi che ha sul volto ed è giusto che sia così, non deve. Però, con i suoi familiari, ha parlato di Martina e tanto gli sembra assurda quell’aggressione, che più volte ha ripetuto, incredulo: «Non riesco ancora a crederci, era una mia amica, ma come è riuscita a farmi una cosa del genere?». Ecco, questa è la domanda a cui cercano di dare una risposta anche gli investigatori dell’Ufficio prevenzione generale della questura. Perché, questo è certo, il movente di quell’agguato sta dentro il vortice torbido del rapporto in cui s’erano calati Martina e Alexander Boettcher, 30 anni, l’uomo (sposato) che in casa teneva un bisturi e una bottiglia di cloroformio per incidere le sue iniziali sul corpo delle compagne («quelle che me lo chiedevano»). Il lavoro di analisi ruota intorno ai messaggi via what- La storia di Claudio Del Frate DAL NOSTRO INVIATO MERCALLO (VARESE) Quale risorsa ha a disposizione un uomo in fuga da se stesso e dal suo passato? Arruolarsi nella Legione straniera. Come nel più classico dei feuilleton Francesco Rigoli ha bussato a quella porta ma è stato respinto. Ma anche un aspirante mercenario ha un cuore e così Francesco, che da tre anni era scomparso nel nulla, ha letto su Facebook l’accorato appello della famiglia perché si facesse vivo e ha deciso di fare ai genitori un regalo di Natale: è tornato a casa e ha passato qualche giorno con loro. Ora dicono sia già ripartito per la Francia, dopo aver dato un bacio alla madre ricoverata in ospedale ma non si capisce se è la realtà o solo una mossa per sviare curiosi e rompiscatole. Un fatto però è certo: Francesco Rigoli, 27 anni, due giorni prima di Capodanno è risbucato dal suo nulla bussando a casa del padre Silvano a Mercallo, il paese del Varesotto dove la famiglia ha una casa di vacanza e dove si rifugia appena può dal paese di residenza che è Sordio, in provincia di Lodi. Pro- sapp che Pietro e Martina si sono scambiati l’estate scorsa. Scorrendo quelle frasi si ha l’impressione di una ragazza che ha cercato di manipolare le sue relazioni per attirare su di sé l’attenzione del suo amante: prendeva i messaggi di Alexander (molto morbosi) e li girava a Pietro, che stava frequentando un master in economia a Boston; in qualche modo si presentava come la vittima. E Pietro, raccontano persone molto vicine alla famiglia, «faceva semplicemente quel che un ragazzo perbene fa con una sua amica, le consigliava di al- Il reato Per le «lesioni gravissime» condanna fino a 12 anni Una recente sentenza della Cassazione sarà la chiave per il futuro processo ai responsabili dell’aggressione con l’acido allo studente di Milano: lo sfregio al volto, per la giustizia, si qualifica permanente, anche se si potrà poi intervenire con la chirurgia. E gli attuali danni al ragazzo modificheranno l’attuale accusa per la coppia Boettcher-Levato almeno in «lesioni gravissime» (pena massima, 12 anni). © RIPRODUZIONE RISERVATA lontanarsi da un fuori di testa del genere». Poco dopo, però, lei mostrava quei «consigli» al suo amante e probabilmente non è un caso che avesse contattato Pietro, «un ragazzo di successo, il più bello della scuola». Giocava sulla gelosia; per poi mostrarsi pronta a cacciare il suo amico dalle dinamiche alterate della coppia. È in questa assurda rete che è stato tirato dentro «un ragazzo innocente — come spiegano ancora le persone vicine alla famiglia — ed è inaccettabile che oggi Martina stia tentando di scaricare la colpa su presunte Catania L’eruzione Le ceneri dell’Etna bloccano gli aerei L’Etna continua la sua attività e per tutta la giornata di ieri il nuovo cratere di sudest ha dato vita a una emissione di cenere, che è diventata costante intorno alle 7.30. La cenere lavica è adagiata sui fianchi del vulcano. L’aeroporto di Catania è stato chiuso alle 18.30: voli dirottati su Comiso e Palermo. Oggi, dopo una riunione dell’unità di crisi, le attività dello scalo dovrebbero riprendere normalmente . © RIPRODUZIONE RISERVATA intromissioni di Pietro nella sua vita, che non ci sono mai state, perché s’è sempre e soltanto trattato di un tentativo di proteggerla. Era lei a chiedergli consigli». Ecco, l’ultimo elemento utile a cercare di capire l’origine assurda di questo male è la sensazione che hanno avuto alcuni inquirenti: «Quella ragazza ricorda gli appartenenti a una setta, che vivono un rapporto completamente scollegato dalla realtà, in un mondo che è tutto nella loro testa». Il primo progetto architettato dalla coppia era di aggredire Pietro sotto casa, con la scusa di dovergli recapitare un pacco regalo (lo studente era appena rientrato per le vacanze; aveva soltanto mandato un banale messaggio di auguri a Martina). Pietro, insospettito, si era rifiutato, ma dopo 3 o 4 telefonate al giorno aveva accettato di recarsi alla consegna. Stava andando in motorino, ma suo padre ha avuto un sesto senso e gli ha detto: «È meglio che ti accompagni io». Se non fosse andato, Pietro sarebbe rimasto solo, colpito dall’acido, vittima di Boettcher che lo inseguiva con un martello. E se l’uomo non fosse stato arrestato subito, l’inchiesta sarebbe stata più complicata. Oggi invece gli investigatori stanno esaminando possibili collegamenti con altre due aggressioni con l’acido, per capire se Boettcher o Martina siano coinvolti. Il dramma nei genitori di Pietro è nelle frasi del medico che lo sta curando, Vincenzo Rapisarda: «L’acido ormai ha fatto il grosso dei danni, ma purtroppo continua a corrodere. Alcune cicatrici resteranno permanenti, altre contiamo di eliminarle». I genitori di Pietro hanno accettato di parlare con i genitori di Martina, perché lei ha lanciato l’acido, ma quei due professori di matematica di Bollate sono mortificati. Il padre di Pietro ricorda la voce del figlio in quel buio pomeriggio, appena l’acido lo aveva investito, e lui ha pensato solo a proteggere il genitore, urlando: «Scappa, scappa, sono dei pazzi». Elisabetta Andreis Gianni Santucci © RIPRODUZIONE RISERVATA Il ritorno di Francesco, che sognava la Legione Scappato da Mercallo tre anni fa dopo aver mentito sugli esami universitari mai sostenuti Il giallo Francesco Rigoli, il 31 ottobre 2011, all’età di 24 anni, scompare da casa a Sordio (Lodi) La ricerca Partono subito le indagini che si concludono un paio di mesi dopo quando gli inquirenti appurano che si è trattato di un allontanamento volontario La laurea Francesco si sarebbe allontanato a causa del ritardo negli studi, che aveva nascosto ai genitori Il ritorno Francesco Rigoli è tornato a casa per tre giorni dopo lo scorso Natale prio da Sordio il 31 ottobre del 2011 il giovane era sparito scegliendo per la sua uscita di scena un fondale gotico: la notte di Halloween aveva fatto credere di essere diretto a una festa a Milano ma due giorni dopo la sua Fiat Punto era stata trovata incendiata a Gaggiano, appena fuori Milano. Unica traccia: l’improvviso prelievo di 7 mila euro dal conto in banca e un biglietto ritrovato all’interno di un libro: «Il paese mi sta stretto, voglio girare l’Europa». Era- no seguiti la denuncia ai carabinieri e le prime indagini che avevano però ben presto raggiunto una ragionevole certezza: quella di Francesco era stata una fuga volontaria, dettata da un motivo concreto. Papà e mamma erano convinti che lui fosse a un passo dalla laurea in giurisprudenza e invece non aveva mai sostenuto nemmeno un esame. Gli appelli per un suo ritorno erano stati incessanti ma a fare breccia è stato quello postato Sulla Rete Francesco Rigoli in una foto sulla pagina Facebook creata dai suoi amici: Aiutateci a trovare Francesco Rigoli su Facebook da una zia il 28 novembre scorso: «La mamma ha bisogno di te...». Sembrava una bottiglia gettata nello sterminato oceano di Internet e invece il messaggio deve essere arrivato se il figliol prodigo è ritornato. «Francesco sta bene, ma è già ripartito» sono le uniche parole di papà Silvano che taglia corto ogni conversazione, quasi a decretare che ormai la strada sua e quella del figlio si sono irrimediabilmente separate. Ma come ha vissuto in questi anni l’aspirante avventuriero? Si sa — lo dicono le tracce bancarie — che le prime tappe del suo girovagare sono state Spagna e Portogallo. Ma ben presto i soldi devono essere finiti. Tornare a casa? Non se ne parla, troppa la vergogna per le bugie raccontate alla famiglia. Francesco allora gioca la più improbabile delle carte: il 16 febbraio del 2012 si presenta al centro di arruolamento della Legione straniera ad Aubagne, in Francia. Lo scartano per mancanza di requisiti fisici (è alto appena un metro e 68). La vita di Rigoli a quel punto prende una piega precaria e randagia: la polizia lo controlla due volte alla Gare di Lyon di Parigi, pochi mesi dopo è a Monaco di Baviera ma l’avvocato nonché legionario mancato non cede mai alla nostalgia di casa, nemmeno per una telefonata. «Credo che la famiglia considerasse ormai chiusa questa storia, era rassegnata» racconta don Francesco Balzarini, il parroco di Mercallo che pochi giorni prima di Natale era andato a trovare i Rigoli per la benedizione tradizionale. E invece qualcosa si compie: pochi Gli appelli Convinto dagli appelli su Facebook si presenta dalla madre malata. Poi nuova fuga giorni fa la madre, che porta da anni i segni di un grave incidente stradale, viene ricoverata in ospedale. Sul social network viene rilanciato l’appello a farsi vivo. Che stavolta non cade nel vuoto. È la prova di un legame che non si è mai spezzato e che forse adesso in qualche modo riprenderà forma. © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 CRONACHE Il giallo del 17enne morto in casa dopo una festa di compleanno 21 Firenze Un amico è in coma. Le prime analisi escludono violenza, droghe e intossicazioni MILANO I due corpi stesi sul divano letto. Intorno il prevedibile caos del dopo festa, ma nessun segno di violenza, nessun oggetto fuori posto. «Sembrava che dormissero» ha raccontato la colf ai carabinieri. Invece in quell’appartamento di via Luigi Ponti a Vimercate — Brianza ricca di soldi e lavoro — c’era il corpo senza vita di Michael Mimunno, 17 anni, di Concorezzo, studente di un instituto professionale di Monza. Accanto l’amico e figlio dei proprietari di casa, Nicola F., di un anno più grande. Ora lotta tra la vita e la morte nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale San Gerardo di Monza. Quando sono arrivati i soccorsi il suo cuore batteva ancora ma non ha mai ripreso conoscenza. I medici non sanno ancora cosa possa aver provocato il doppio, misterioso, malore. La sola certezza degli inquirenti, coordinati dal pubblico ministero di Monza Salvatore Bellomo, è che non si sia trattato di un delitto. I sospetti si concentrano su due piste precise: quella di «un evento accidentale», ossia il malfunzionamento dell’impianto di riscaldamento e quella di «un mix di sostanze» assunte dai due giovani nel corso della nottata precedente. Perché lì i due, insieme a una ventina di amici, avevano festeggiato la notte di Capodanno e il compleanno del 18enne. L’ultimo «segno di vita» alle 2 di giovedì notte quando i ragazzi hanno inviato alcuni messaggi con i telefonini. Poi, ieri mattina, il padre di Nicola F., in vacanza con la moglie, non era riuscito a contattare il figlio e aveva chiesto alla colf di controllare che non fosse accaduto nulla. I carabinieri del Nucleo investigativo di Monza, guidati dal tenente colonnello Giuliano Gerbo, hanno sequestrato nell’appartamento alcuni «cristalli» simili a droghe sintetiche che però a una prima analisi non sarebbero risultati composti da sostanza stupefacente. Verifiche anche su alcune confezioni di farmaci trova- nate al centro antiveleni di Pavia, attendiamo i risultati». I rilievi dei vigili del fuoco e dei tecnici del gas hanno escluso l’ipotesi di un esalazione da monossido di carbonio, anche se dopo la scoperta dei corpi la porta dell’appartamento è rimasta aperta a lungo e certamente c’è stato un «ricambio d’aria»: «Hanno effettuato analisi durate ore. Da questi primi dati — ha però chiarito il padre — ci hanno detto che non ci sono a prima vista malfunzionamenti nell’impianto della caldaia, solo una piccola anomalia in un tubo della cappa». Ma è su quest’ultima pista che si stanno concentrando le indagini: «La vittima aveva macchie rosse sul viso, compatibili con un’intossicazione da monossido» dicono gli inquirenti. La certezza arriverà solo nei prossimi giorni, quando sarà eseguita l’autopsia disposta dal pm Bellomo. «Ci rendiamo conto che se si parla di festa tra amici fa più clamore pensare a La vittima Michael Mimunno, 17 anni di Concorezzo, studente di un istituto professionale di Monza: è stato trovato morto dopo una festa te in casa. Durante la festa i ragazzi avevano bevuto, ma per gli inquirenti quello di via Ponti non è stato un «festino» a base di alcol e droghe, quanto piuttosto una «normale» festa di San Silvestro tra ragazzi e ragazze. Così hanno confermato anche gli altri giovani e i vicini di casa, ascoltati dai carabinieri. I due ragazzi sono stati trovati regolarmente a letto, segno che sono stati colti dal malore nel sonno, ma le analisi eseguite sul giovane in coma non hanno riscontrato presenza di sostanze particolari. Lo ha confermato anche il papà del ragazzo: «Le analisi del sangue — ha raccontato sconvolto — non hanno riscontrato assolutamente la presenza di stupefacenti e neppure di veleni. Altre analisi sono state commissio- A letto Sono stati trovati da una colf nei loro letti: «Sembrava che dormissero sereni» un festino con droga. Ma non è questo il caso — ha ribadito una familiare delle vittime —. E certe voci rischiano solo di fare del male, crudelmente, inutilmente. L’unica cosa certa è che, a oggi, non c’è un perché per spiegare questa morte terribile di un ragazzino di diciassette anni e per capire cosa ha ridotto in fin di vita un altro ragazzo che sta festeggiando così il suo diciottesimo compleanno». Leila Codecasa Cesare Giuzzi I party I due ragazzi avevano festeggiato assieme ad alcuni amici il Capodanno nella casa (foto) e anche il compleanno del 18enne adesso in coma L’allarme Alle 2 di giovedì gli ultimi messaggi con i telefonini. Ieri mattina il padre di uno dei due, in vacanza con la moglie, ha chiesto alla colf di andare a vedere se fosse successo qualcosa I corpi La donna ha trovato i due stesi nei rispettivi letti: il 17enne (foto grande) era morto Gli esami Le prime analisi hanno escluso intossicazione da monossido e abuso di droga e alcol Daniela, la neonata lasciata nella culla degli indesiderati Un’ombra nella notte. Il pianto di una neonata. Poi le telecamere hi-tech che si accendono e inquadrano il volto di una bambina, partorita da poco, forse ore, e abbandonata nella «culla termica degli indesiderati», la nuova e tecnologica «ruota degli esposti», che esisteva secoli fa, allestita da due anni all’ospedale fiorentino di Careggi. Un gesto disperato, ma di amore di una mamma segreta, che le ha salvato la vita. L’hanno chiamata Daniela, la piccola, ha la carnagione chiara, è nata prematura e pesa 1 chilo e 700 grammi, ma i medici sono ottimisti. «Ce la farà, è sana e forte» dicono al reparto di terapia intensiva. È la prima volta dall’installazione, che la culla termica accoglie un neonato. La madre biologica l’ha deposta nella culla poco prima dell’alba di una giornata ancora fredda. Daniela potrebbe essere nata il primo giorno del 2015. La «nuova ruota» a Firenze ha sostituito idealmente quella dell’Ospedale degli Innocenti che fin dal Medioevo ha salvato bambini non desiderati. È stata installata grazie al progetto «Ninna Ho» della Fondazione Francesca Rava — la prima iniziativa italiana — ed è stata accompagnata da una campagna di informazione e sensibilizzazione multilingue per la prevenzione dell’abbandono dei neonati in collaborazione con la Fondazione Ente Cassa di Risparmio di Firenze. Marco Gasperetti © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Il sacerdote dei Parioli arrestato per abusi su minori Le violenze sarebbero avvenute in Argentina. I residenti: uno choc. Una madre: c’era un viavai di giovani ROMA Nella parrocchia dei vip a 884 Preti allontanati dal Vaticano tra il 2004 e il 2013 per pedofilia 3.420 Denunce ricevute dalla Congregazione per la dottrina dal 2005 2.572 Sacerdoti obbligati a vivere il resto della vita in penitenza e preghiera due passi da piazzale delle Muse in tanti erano convinti che don Alessandro era fuggito dall’Argentina perché minacciato. E ieri, quando la notizia del suo arresto ha fatto il giro di Roma, gli stessi parrocchiani non sapevano più cosa dire. «Un prete modello, un bravissimo ragazzo. Non ci credo» lo difende una signora impellicciata all’ingresso della piccola chiesa di San Luigi Gonzaga di via di Villa Emiliani, nella parte più nobile dei Parioli. Mura bianche, panche di legno scuro. Accanto all’edificio un campo di calcio pieno di ragazzini che ha fatto la storia della zona. Don Alessandro De Rossi, 45 anni, era arrivato a San Luigi nel 2013, ordinato parroco dopo aver trascorso più di due lustri in Argentina da sacerdote fidei donum. Ma da Salta, cittadina di indios nel nord del Paese, quasi al confine con il Cile, Religioso Don Alessandro De Rossi, 45 anni, ha lavorato in America Latina non era fuggito perché minacciato. Sul religioso romano pesavano, e pesano tuttora, accuse pesantissime: violenze sessuali su minorenni fra il 2009 e il 2010, anche con abusi di gruppo. Il 31 dicembre gli agenti della Squadra mobile, diretti da Renato Cortese, sono andati a prenderlo nel suo al- loggio a San Luigi e l’hanno portato in carcere: don Alessandro era ricercato da Natale dalle autorità argentine che avevano spiccato nei suoi confronti un ordine di cattura internazionale. La Procura generale si pronuncerà sulla convalida dell’arresto e l’eventuale estradizione in Argentina dove si terrà il processo, ma la Mobile non esclude accertamenti fra i ragazzi che frequentano la parrocchia dei Parioli, soprattutto nel caso che qualcuno si faccia vivo dopo la notizia dell’arresto del presunto pedofilo. Tanto più che alcuni parrocchiani — e fra loro anche una giovane madre — si sono ricordati ieri «di un sospetto viavai di ragazzini». Una bomba vera e propria perché sui banchi di San Luigi non è raro vedere assorti in preghiera politici (Antonio Tajani, vice presidente del Parlamento europeo) e attori (Ser- gio Castellitto e la moglie scrittrice Margaret Mazzantini). A Salta, nella chiesa Maria Medianera de Todas Las Gracias, nel quartiere Islas Malvinas, tutti invece sapevano che don Alessandro era ricercato. Secondo il giudice di garanzia Diego González Pipino, che ha firmato l’ordine di cattura, il sacerdote è imputato di «abusi sessuali aggravati su un numero imprecisato di vittime». A casa del prete — che nel 2011 finì sui giornali per aver difeso l’attrice Luciana Littizzetto in una querelle con la Chiesa sull’impegno a favore degli immigrati — sarebbero stati seque- La parrocchia Fra i fedeli ci sono vari professionisti oltre a Sergio Castellitto e Margaret Mazzantini strati computer e cd con foto e video dei suoi incontri con i minori che, per gli investigatori argentini, sarebbero avvenuti in alcune case di Salta. Violenze seriali, quindi, tutte commesse nella cittadina soprannominata da abitanti e turisti «la linda», per la sua bellezza. Ma lì il parroco dei Parioli non ha lasciato un bel ricordo. E ora nemmeno fra alcuni fedeli romani. A chi non ha mai avuto sospetti («Le sue omelie erano di scuola, ma fatte bene», dice un 50enne) e si fidava di lui, al punto da lasciargli i figli piccoli per il catechismo, si contrappone da ieri sera chi invece si chiede: «Possibile che la Chiesa non sapesse dei suoi trascorsi con la legge?». Ma il Vicariato rivela: «Era tornato a Roma per motivi di salute, con un giudizio positivo del vescovo locale». Rinaldo Frignani © RIPRODUZIONE RISERVATA 22 Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera CRONACHE il 70% 4 su 10 dei tumori può essere prevenuto da stili di vita corretti o diagnosticato in tempo con i protocolli di screening e diagnosi precoce sono i tumori provocati in Europa da stili di vita scorretti e da fattori ambientali I numeri dei diversi tumori in Italia TUMORE AL COLON TUMORE AL SENO TUMORE PROSTATA TUMORE PANCREAS TUMORE POLMONE 55.000 48.000 36.000 12.200 38.000 persone colpite all’anno persone colpite all’anno persone colpite all’anno persone colpite all’anno persone colpite all’anno Per diffusione: Per diffusione: 3° 2° posto posto Colpita Colpito 1 donna su 8 1 uomo su 16 3% di tutti i tumori 2° 3° posto posto I 12 passi per battere il cancro Lo studio ● Dallo studio della Johns Hopkins University di Baltimora è emerso che nel 65% dei 31 tipi di tumore esaminati sono le mutazioni casuali la principale causa ● La ricerca è partita dalle replicazioni del Dna delle staminali dei tessuti, che in alcuni casi possono contenere degli errori di trascrizione ● Per 31 tipi di tessuto soggetto al cancro è stato analizzato il tasso di mutazioni delle staminali, mettendolo poi in relazione con l’incidenza nella popolazione statunitense della corrispondente patologia tumorale ● In 22 casi, che vanno dal cancro del duodeno a diversi tumori del distretto testa-collo a quello alle ovaie e ai testicoli, l’incidenza è proporzionale al rischio di mutazioni casuali 1 2 3 4 5 6 Non fumare Evita l’obesità Attività fisica Mangia ogni giorno frutta e verdura: 5 porzioni Modera il consumo di alcolici Attenzione all’esposizione al sole 7 8 Evita Vai da un esposizione medico se noti ad agenti anomalie cancerogeni noti nel tuo fisico 9 10 11 12 Strisci cervicali per le donne sopra i 25 anni Mammografia per le donne sopra i 50 anni Screening per il cancro colorettale sopra ai 50 anni Vaccinazione contro l’epatite B d’Arco «Due tumori su tre colpa del caso» Ma gli oncologi: stili di vita decisivi Lo studio su «Science»: mutazioni del Dna casuali. Pelicci (Ieo): l’ambiente ha un ruolo Il cancro? Colpa della sfortuna. Ma non sono persone che predicano il potere taumaturgico della scaramanzia a dire questo, bensì ricercatori che svolgono le loro mansioni in uno dei santuari americani della scienza: la Johns Hopkins University di Baltimora. Hanno stilato i risultati del loro studio e li hanno così sintetizzati: «Circa due terzi dei tumori degli adulti sono scatenati principalmente da mutazioni spontanee del Dna, con un apporto minimo o nullo al rischio da parte di stili di vita o cause ereditarie». Così tradotto da Bert Volgenstein, uno degli autori dello studio: «Tutti i tumori sono causati da una combinazione di sfortuna, ambiente e ereditarietà. E noi abbiamo creato un modello matematico che può quantificare ogni contributo». Fatto sta che il loro dogma anti-dogma è finito pubblicato sull’autorevole rivista Science. Il modello matematico ha individuato 22 tipi di cancro in cui la «sfortuna» — intesa come una replicazione casuale del Dna delle cellule staminali di alcuni tessuti tale da scatenare la malattia — avrebbe un ruolo primario e nove in cui invece prevalgono gli altri fattori. Gli scienziati hanno contato le mutazioni casuali che possono avvenire durante una divisione cellulare, lasciando da parte altre cause (geni difettosi ereditati o effetti ambientali come il fumo o la presenza di radiazio- ni). Ed evidenziato che all’aumentare del numero di divisioni cellulari aumenta il rischio che si sviluppi un tumore. Con una conclusione choc: in molti casi non è possibile prevenire i tumori. Hanno studiato 31 diversi tessuti. In 22 casi che vanno dal cancro del duodeno a diversi tumori del distretto testa-collo, le mutazioni casuali hanno un peso preponderante, mentre negli altri nove, fra cui polmoni, fegato e tiroide, sono i fattori ambientali e familiari a deci- dere, anche se sempre combinati con la «sfortuna». Pier Giuseppe Pelicci, condirettore scientifico dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo), contesta le conclusioni americane: «È fondamentale scoprire come avvengono le mutazioni spontanee, ma da qui a sostenere che l’ambiente non c’entra c’è un abisso». Insiste Cristian Tomasetti, coautore dello studio: «I rari casi di fumatori che non sviluppano tumori sono spesso attribuiti a “buoni geni”, ma la verità è che sono invece solo fortunati. I cambiamenti di stili di vita possono avere un grandissimo impatto su alcuni tipi di cancro, ma secondo i nostri risultati su altri non hanno influenza. In questo caso il modo migliore per combatterli è la diagnosi precoce, quando ancora si può intervenire con la chirurgia». Tra le neoplasie collegate alla «cattiva sorte», Volgenstein inserisce quelle che colpiscono cervello, testa-collo, tiroide, esofago, polmone, osso, fega- 22 Le tipologie di cancro individuate dal modello matematico utilizzato nello studio in cui la «sfortuna» avrebbe un ruolo primario. In nove tipi di tumore invece prevalgono altri fattori 70% La percentuale di tumori che secondo la scienza si può evitare con corretti stili di vita o curare, grazie ad una diagnosi precoce, se si seguono i protocolli di screening e di controllo to, pancreas, melanoma, ovario e testicolo. Comunque sia la scienza non può avvalorare la sfortuna come causa. Mentre numerosi studi confermano che quattro tumori su 10 nel mondo sono provocati da stili di vita scorretti e da fattori ambientali. E che il 70 per cento delle neoplasie si può evitare o curare grazie alla prevenzione e alla diagnosi precoce. E’ il caso di seno, colon e prostata. Solo per fare alcuni esempi. In Italia ogni anno sono 52.000 le diagnosi di tumore al colon, 48.000 al seno, 36.000 alla prostata. Maria Ines Colnaghi, direttore scientifico dell’Associazione per la ricerca sul cancro (Airc), commenta: «I modelli matematici non sono vangelo, è accettabile ma non può negare che la scienza ha individuato le cause e i meccanismi che scatenano i vari tipi di cancro e che da questi fatti si è arrivati a diagnosi sempre più precoci e a cure vincenti». Per colon, seno e prostata oggi si parla di guarigione e gli studi su corretti stili di vita e «scudi» preventivi, come le arance dell’Airc (il 31 gennaio è il giorno della loro distribuzione), stanno realmente contrastando il cancro. E i fattori infiammatori? Sono stati calcolati dallo studio americano? Filippo de Braud, oncologo medico dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano, se lo chiede: «Chi prende l’aspirina può non avere la mutazione cancerogena al colon anche se ha uno stile di vita alimentare scorretto, perchè abbiamo scoperto che “smorzando” l’infiammazione si proteggono le cellule dalle mutazioni. Questa è fortuna?». L’aspirina come il corno rosso. E se stili di vita sani, non avere difetti genetici e vivere in un ambiente sano, portassero sì «sfortuna». Ma al cancro. Mario Pappagallo @Mariopaps © RIPRODUZIONE RISERVATA Avellino La scommessa con i genitori Morti per colpa dell’amianto altri due operai dell’Isochimica Stop alle bevande zuccherate, dopo un anno vince 500 dollari Avevano lavorato alla Isochimica di Avellino, dove negli anni 80 venivano scoibentate carrozze ferroviarie e dove ancora si trovano stoccate tonnellate di amianto. Antonio Solomita, 58 anni, e Antonio Graziano, 64 anni, sono le ultime due vittime per patologie legate all’esposizione a fibre di amianto. Il primo è scomparso il 30 dicembre. Il collega, anche lui operaio, è morto ieri mattina. Entrambi erano inseriti nell’elenco delle parti offese nell’ambito dell’inchiesta avviata dalla procura di Avellino sulla mancata bonifica del sito industriale dismesso dal 1994. Solomita e Graziano, entrambi di Avellino, sposati e con figli, erano malati da anni di mesotelioma pleurico. Ventinove persone sono indagate per disastro ambientale e omicidio colposo plurimo, oltre che per una serie di reati ambientali. Le vittime dell’Isochimica censite dalla procura sono 9, mentre le parti civili parlano di 17 in tutta l’area. Un anno fa i genitori gli diedero la possibilità si scegliere: 100 dollari subito oppure 500 dopo un anno, se avesse evitato le bevande zuccherate. Jonathan Sarisky, undicenne del Montana, ha preferito la seconda opzione e per 12 mesi ha evitato milkshake, cioccolate calde e bevande dolci. E alla fine è stato premiato: i genitori, come promesso, gli hanno staccato un assegno da 500 dollari per aver vinto la sua personale «No Pop Challenge». In base all’accordo con i genitori, Jonathan può adesso spendere la cifra in qualsiasi modo (anche in bevande zuccherate...). La stessa opzione era stata proposta al fratello maggiore, Andrew, che invece aveva preso i 100 dollari subito. Jonathan ha raccontato che non è stato poi così difficile, a parte il dovere di ricordarsi di non accettare bevande zuccherate a casa di amici. La sua vicenda è diventata negli Stati Uniti una storia simbolo nella campagna per un’alimentazione equilibrata. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 CRONACHE 23 Ti tengo in braccio come facevi tu Giancarlo, la foto con la nonna Antonia e il passaggio pietoso tra generazioni di Paolo Di Stefano È appena cominciato il 2015 e Facebook ha già sfornato la fotografia dell’anno nuovo. Anzi, l’immagine-simbolo del passaggio dal vecchio al nuovo. Un giovane di 28 anni, Giancarlo Murisciano, che tiene sulle gambe la sua nonna materna, la abbraccia e sembra persino volerla cullare, aggiungendo parole estremamente forti: «Una volta mi tenevi tu sulle gambe adesso lo faccio io nonnina, senza vergogna e senza timore... per ricordare a tutti che la vita va vissuta e va combattuta... nella vita si deve essere presenti sempre e comunque... questo è il mio augurio per il 2015 la presenza di qualcuno accanto che ti possa proteggere e confortare ma anche essere felice e sorridente con noi...». Giancarlo, viso serio, asciutto, un filo di barba nera, sostiene tra le braccia nonna Antonia, 87 anni, malata di Alzheimer, come fosse la sua bambina, una camicia da notte bianca e leggera sotto un maglioncino di lana, le gambe ossute, nude, le calzette ai polpacci secchi, la testa posata sulla spalla del nipote, nel profilo un’espressione come di pianto infantile. Una sorta di pietà domestica alle cui spalle c’è una stufa accesa, quasi a voler ribadire l’idea di calore in quella grande La ricerca di Massimo Piattelli Palmarini Ecco una battuta che da anni circola negli Stati Uniti: come si chiama uno che parla tre lingue? Un trilingue. Come si chiama uno che parla due lingue? Un bilingue. E uno che parla una sola lingua? Un americano! Ma le cose stanno cambiando rapidamente. In un classico studio, il linguista svizzero François Grosjean riportava che nel 1980 l’undici per cento degli americani era bilingue. La percentuale saliva al 14 per cento nel 1990, al 20 per cento nel 2012 e attualmente sfiora il 30 per cento. Si tratta di un’enorme varietà di lingue che si accompagnano all’inglese. Ovviamente domina lo spagnolo, in circa la metà di tutti i bilingui, ma vanno tenuti presenti anche i linguaggi dei nativi americani e sempre più il cinese, seguito da francese, filippino (tagalog), vietnamita, tedesco e coreano. Se, quanto e perché essere bilingui sia un bene o un male, dal punto di vista dello sviluppo cognitivo generale, è oggetto di ogni sorta di intuizioni popolari e di dicerie. Le ricer- famiglia di Gioia Tauro, con cinque figli e quindici nipoti. È finito da poco il cenone tradizionale di San Silvestro a base di pesce, i figli e i nipoti hanno voluto brindare con la nonna che alterna attimi di lucidità a momenti di assenza, passata da poco la mezzanotte, nonna Antonia, che cammina a fatica per una recente frattura al bacino, deve essere presa dal divano per essere adagiata sul suo letto. Giancarlo la solleva e, in attesa che il letto venga preparato, si siede su una sedia, quando la cuginetta dodicenne afferra la macchina fotografica e scatta un flash, nell’attimo in cui il braccio di Giancarlo avvolge con cautela la spalla della vecchietta. «Sono cresciuto in casa dei nonni, per stare con loro, avevo una stanza nella loro casa per assisterli di notte se ne avevano bisogno, ma sono stati i nonni per tanti anni a darmi molto di più di quel che potevo offrire io». Giancarlo sa come trattare le persone fragili, ha studiato Scienze motorie e ora lavora come fisioterapista in una palestra di Messina. Ogni tanto nonna Antonia lo confonde con suo fratello, ormai morto da anni; altre volte confonde sua figlia Serafina con sua madre, mescolando i nomi, i ricordi e le fisionomie. Adesso la grande famiglia vive spesso in casa della vecchia contadina Antonia: «Di giorno non è mai sola, e di notte mia madre dorme con lei». Giancarlo dice che non era in pianto, la nonnina, nell’attim o d e l l a foto g r a f i a , e r a un’espressione di pudore e insieme di dispiacere per la propria debolezza, forse di riconoscenza per non essere stata lasciata sola: eccola lì la presenza, la protezione di cui parla Giancarlo. Era sempre stata lei a tirare avanti la famiglia con tre figli maschi e due femmine, e adesso, nonostante la malattia, ha capito con dolore e con gioia che sono gli altri a doversi preoccupare di lei. Nella fotografia scattata a cavallo tra un anno e l’altro c’è il passaggio pietoso delle generazioni, quel momento (purtroppo sempre più raro) in cui tutto si capovolge e i nipoti, un tempo accuditi maternamente dai nonni, diventano i tutori Su Facebook Lui 28 anni, lei 87: la loro storia su Facebook ha conquistato decine di migliaia di persone della vecchiaia, padri o madri dei loro padri e delle loro madri, e magari dei loro stessi nonni quando non si vuole consegnare l’anziano a una casa di riposo pur di salvaguardarne l’intimità domestica fino all’ultimo. In religiosa ottemperanza a quella frase ricorrente sulla bocca dei vecchi: «Preferirei morire nel mio letto». Non è un caso se la fotografia postata all’alba su Facebook ha avuto, in poche ore, decine di migliaia di condivisioni, applausi, adesioni che parlano di amore, di felicità e di tenerezza. Probabilmente anche con un po’ di ipocrisia, forse con qualche confortante dose di sincerità. Su Facebook Lo scatto pubblicato sul social network da Giancarlo Murisciano ha ricevuto migliaia di «mi piace» Vantaggi (collaterali) dei bilingui: si ammalano meno di Alzheimer che sul bilinguismo non cessano di proliferare, in linguistica, in psicologia e nelle neuroscienze cognitive. Non sempre, però, studiosi diversi e ugualmente qualificati concordano nei loro risultati e nelle lezioni pratiche che cercano di estrarne. Per esempio, la psicologa Ellen Bialystok, della York University di Toronto, e i suoi collaboratori, dopo aver esaminato centinaia di soggetti mono- lingui e bilingui in Canada e in India, hanno recentemente affermato che essere attivamente e continuativamente bilingui protegge dalla demenza senile e dal morbo di Alzheimer. L’insorgenza è in media differita, nei bilingui, per quasi cinque anni. Ma i neurochirurghi Howard Chertkow, dell’Università McGill a Montreal e Tom Schweizer, del St. Michael’s Hospital di Toronto, hanno Il lutto di Giampiero e Carlo Pesenti Vita riservata di una figlia di premio Nobel Si è spenta a Bergamo Franca Natta Il volto Franca Natta, scomparsa ieri a 77 anni È scomparsa ieri mattina a Bergamo a 77 anni, per una malattia legata all’età, Franca Natta, figlia di Giulio, premio Nobel 1963 per la Chimica, moglie di Giampiero Pesenti, che ha sposato 53 anni fa, e madre di Carlo, rispettivamente presidente e consigliere delegato di Italmobiliare e Italcementi. Laureata in biologia, ha insegnato scienze a Bergamo nei primi anni Sessanta: ha lasciato poi la scuola per dedicarsi ai tre figli e alla famiglia. Ha sempre condotto una vita riservata, con rare uscite pubbliche legate alla memoria del padre, del quale, con il fratello Giuseppe, ha promosso nel 2007 la ricostruzione dell’archivio. © RIPRODUZIONE RISERVATA espresso dubbi sulla solidità di questo risultato. Un elemento di perplessità è che i monolingui del campione esaminato erano in media circa due anni più giovani dei bilingui. Inoltre non è chiaro se esiste una differenza statisticamente significativa nel primo insorgere della malattia, oppure nella manifestazione dei sintomi evidenti, oppure nella diversa velocità del decorso progressivo. Ulteriori studi sono necessari. Altri studiosi, come ad esempio Judith Kroll del centro di studi linguistici dell’Università della Pennsylvania, e Michael Ullman della Georgetown University, non lesinano lodi sperticate dei benefici apportati dal bilinguismo. Più presto inizia e meglio è. Si allargano aree cerebrali fondamentali per il linguaggio, come l’area di Broca, l’ippocampo — fondamentale per il consolidamento della memoria — e il lobulo parietale inferiore (essenziale anche per la matematica e la percezione del proprio corpo). I bambini che crescono bi- 30% La quota degli americani che parla in modo fluente due lingue 5 anni Il ritardo dell’insorgenza dell’Alzheimer nei bilingui (sui monolingua) 20% La quota degli italiani che parla sia la lingua nazionale sia un dialetto © RIPRODUZIONE RISERVATA lingui hanno un certo ritardo iniziale nell’acquisizione del lessico, in ciascuna delle due lingue, e fanno alcuni, tipici, errori di sintassi, ma crescendo, queste differenze poi spariscono. Restano invece, vita natural durante, i vantaggi di un «miglior» cervello conferiti dal bilinguismo o dal multi-linguismo. Va bene anche se la seconda (o terza) lingua la si impara più tardi, in età scolare, e anche se non la si padroneggia del tutto. Molto facilitato, a detta di questi studiosi, è il multitasking, cioè si può più facilmente telefonare mentre si cucina, si legge o si guida. Nessuno — che io sappia — ha, però, studiato il bilinguismo legato ai dialetti. Il bimbo che cresce, poniamo, a Bergamo o in Sardegna, o in una qualche altra regione d’Italia che gode di un dialetto per gli altri incomprensibile, è anche lui o lei bilingue. Mi auguro che anche loro godano di tutti questi vantaggi cerebrali e cognitivi. Io, essendo cresciuto a Firenze, dove, per motivi storici, il dialetto è molto simile alla lingua ufficiale, non credo di poterne godere. A meno che l’inglese, iniziato quando avevo dodici anni, e poi molto sviluppato, non mi protegga almeno un po’ dalla demenza senile e dall’Alzheimer. © RIPRODUZIONE RISERVATA 24 Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera ● Spinta perduta Nonostante gli appelli e i recenti scandali a più di vent’anni da Mani pulite la svolta annunciata è ancora ai primi passi. Ma la politica non può rinunciare a promuovere leggi per far emergere i traffici illeciti ANALISI & COMMENTI di Beppe Severgnini La Bocconi e la cronaca nera Il gusto amaro della fama non toglie importanza ai «marchi» che contano C ercate «bocconiana» su Google: escono pagine di notizie su «la bocconiana, il broker e l’attacco con l’acido». Bocconiana, oggi, non è più una laurea. Bocconiana è Martina Levato, 23 anni, rea confessa d’aver sfregiato un ragazzo che «la infastidiva sul web». Ci s’è messo pure un magistrato, che ha parlato di «una bambina bocconiana [...] una ragazza reticente, falsa e spocchiosa». E il senatore Maurizio Gasparri (su Twitter, dov’è incontinente): «Saccenza bocconiana, serra dove si coltivano i distruttori d’Italia stile #Monti». Studenti ed ex studenti della Bocconi non ci stanno. Mi scrive Matteo Costa: «Non so cosa possa aggiungere alla notizia il fatto che questa disgraziata frequentasse la mia università (...) Come se tutte le mie colleghe fossero solo ragazzine viziate, finite alla Bocconi per cercare un rampollo che le possa mantenere». Chi ha ragione? I titolisti, i semplificatori, gli invidiosi? O i tanti ragazzi — molti dal Sud — che hanno scelto una delle migliori università europee? La risposta è facile: hanno ragione gli studenti della Bocconi. Ma devono capire una cosa. Il successo si paga anche così: con i titoli, le semplificazioni, le invidie. Non è strano che si dica «bocconiano». Si dice normalista (della Normale di Pisa), si dice ghislieriano e borromaico (da Ghislieri e Borromeo, storici collegi universitari di Pavia). Nessuno dice, con tutto il rispetto, «castellanzano» (dall’Università di Castellanza, per ora meno nota). Le buone università hanno lottato — giustamente — per diventare un marchio. Il marchio aiuta, durante i colloqui di lavoro. Il marchio pesa, quando accadono queste cose. Omicidi a Oxford, stupri a Harvard e suicidi al MIT: è successo, era statisticamente inevitabile. E quand’è successo queste grandi università hanno scoperto che la fama può avere un gusto amaro. Ma l’amaro passa. La reputazione resta. Questo conta, anche se Gasparri non lo sa. © RIPRODUZIONE RISERVATA Su Corriere.it Puoi condividere sui social network le analisi dei nostri editorialisti e commentatori: le trovi su www.corriere.it e nell’ultimo «messaggio augurale» agli italiani Giorgio Napolitano ha voluto annoverare tra «le più gravi patologie» del Paese «una corruzione capace di insinuarsi in ogni piega della realtà sociale e istituzionale», è per indicare un cammino da compiere. Una strada che sarebbe finalmente ora di imboccare, a più di vent’anni dalle inchieste di Mani pulite sull’onda delle quali nacque la cosiddetta Seconda Repubblica. Che gran parte del percorso sia ancora da compiere non è certo un buon bilancio, ma questo non può diventare l’alibi per non guardare avanti e procedere con quel che c’è da fare. Negli stessi giorni in cui gli inquirenti romani citati dal presidente della Repubblica (che ancora ieri ha invocato un «deciso sforzo nella lotta alla criminalità nelle sue svariate forme», compresa quella che passa per tangenti e mazzette, nel suo messaggio a papa Francesco) svelavano un malaffare a cui hanno attribuito i connotati del «metodo mafioso», l’associazione Transparency International rendeva noto l’ultimo rapporto sull’indice di percezione della corruzione che vede l’Italia al 69° posto della classifica mondiale, ultimo Paese in Europa insieme a Romania, Grecia e Bulgaria. Un dato poco rassicurante, che si aggiunge all’allarme lanciato dall’Unione Europea nel febbraio scorso, ricordato ieri da Il Sole 24 Ore. Matteo Renzi ha appena promesso una svolta e annunciato un nuovo disegno di legge per introdurre aggiustamenti che, oltre a soddisfare gli slogan lanciati dal premier, possono contribuire a meglio reprimere BEPPE GIACOBBE S ● Il corsivo del giorno L’ANTICORRUZIONE SOLO A PAROLE di Giovanni Bianconi il fenomeno e in certa misura — si spera, attraverso qualche forma di deterrenza — a prevenirlo. Ma siamo ai primi passi. E resta l’incognita del dibattito parlamentare, che non si annuncia agevole per una maggioranza di centro-destra-sinistra che in tema di giustizia s’è sempre mostrata tutt’altro che compatta. Tuttavia sarebbe il caso di arrivare a un’approvazione rapida della riforma annunciata, se possibile migliorandola, attraverso l’impegno concreto dei partiti e magari una corsia preferenziale. I magistrati hanno manifestato le loro perplessità, e suggerito soluzioni alternative o aggiunte per meglio poter svolgere il proprio lavoro di indagine e di giudizio. Archiviarle con l’invito alle toghe di fare meno interviste e più sentenze serve a poco; spesso anche le interviste (soprattutto degli addetti ai lavori) aiutano a comprendere la sostanza dei problemi e affrontarli nel merito, oltre che nei titoli dei giornali. La proposta di prevedere sconti di pena per i «pentiti» della corruzione, ad esempio, non viene solo da pubblici ministeri e giudici, ma anche da esponenti del Pd (e della stessa corrente di Renzi): spezzare il legame di omertà tra chi indebitamente paga e chi viene indebitamente pagato è un modo per raggiungere più facilmente la prova del patto occulto, e per rendere più conveniente la denuncia. Ed è un appello costantemente ripetuto dal presidente dell’Autorità anticorruzione Raffele Cantone, magistrato della cui nomina il capo del governo fa continuo sfoggio per dimostrare la determinazione dell’esecutivo su questo terreno. Ma allora perché non dare seguito ai suoi consigli? Il meccanismo «premiale» era contenuto nei disegni di legge entrati al Consiglio dei ministri di metà dicembre, ma poi è scomparso. Evidentemente per contrasti tra i partiti della maggioranza, che sarebbe bene superare durante la di- scussione per trasformare la proposta in legge. Vedremo se, almeno stavolta, alle parole seguiranno i fatti. Lo Stato, attraverso il potere giudiziario, ha il compito di scovare e punire la criminalità economica; la società civile dovrebbe trovare lo stimolo e l’energia per considerare la corruzione un disvalore, anziché un’occasione per rimuovere gli ostacoli; alle forze politiche spetta di facilitare questo percorso promuovendo leggi che aiutino a far emergere i traffici illeciti consumati sottotraccia. Sono le tre componenti chiamate in causa da Napolitano, affinché lavorino «insieme, senza eccezione alcuna» per sradicare la malapianta e risalire la china. La speranza è che almeno ci provino seriamente, caricandosi ciascuno delle proprie responsabilità. Altrimenti saremmo di fronte ai soliti richiami caduti nel vuoto e all’ennesima occasione persa. un po’ ovunque nei servizi essenziali: sulla linea A della metro solo sette autisti su 24 erano al loro posto. E dunque il vero morbo, forse, è quello dell’irresponsabilità, che tanti contagia come l’allegria dei naufraghi. Che Roma stia naufragando è purtroppo davanti ai nostri occhi. Papa Francesco e il presidente Napolitano hanno avuto in proposito parole accorate nelle ultime ore dell’anno, entrambi ricordando Mafia Capitale, il sottosuolo «marcio» della nostra società, la corruzione, il bisogno di un nuovo inizio. L’epidemia tra i vigili capitolini, in passato al centro di scandali devastanti, ci dice paradossalmente che, forse, non si tratta di bonificare soltanto il sottosuolo. La Roma che il 2014 ci consegna è una città che quando piove finisce sott’acqua per man- canza di manutenzione; che per pansindacalismo fa fuggire dal suo teatro lirico uno dei direttori d’orchestra più prestigiosi del mondo; che abbandona le periferie alla guerriglia tra ultimi e penultimi; è una città che ha un sindaco spesso in bilico tra accuse d’inadeguatezza e scherno (la pochade della Panda rossa è stata fermata solo dall’avvento di Carminati); ha il predecessore di quel sindaco indagato per associazione mafiosa; ha la metropolitana più costosa e lenta da costruire del globo; piena di buche, spazzatura e rabbia, Roma ha municipalizzate che la dissanguano e, ogni anno, chiede al resto d’Italia di mettere una pezza ai suoi debiti, perché è la Capitale. Fin troppo facile notare come a una simile Capitale corrisponda una nazione non meno malata e di certo infetta: a testi- moniarlo bastano il Mose e l’Expo. In fondo l’Italia ha la Roma che si merita. Ciò che di peggio ci viene dal mistero buffo dei malatini di Capodanno è un sentore di furbizia e soperchieria diffuse, di quella capillare e minuscola corruzione quotidiana che può star dietro a un certificato compiacente, a un collega che diventa complice, a un capo che si gira dall’altra parte. Non di Carminati e Buzzi devono avere davvero paura Roma e l’Italia, ma del piccolo boss che cresce in ciascuno di noi e in questo reticolo di sconforto e assuefazione che tutti ci avviluppa. È l’ultima chiamata. Se Roma si lascia andare, e l’Italia la lascia andare, tutto sarà perduto. Due grandi vecchi ce lo ricordano, è ora di ascoltarli. @GoffredoB © RIPRODUZIONE RISERVATA IL MORBO DELL’IRRESPONSABILITÀ L’ULTIMA CHIAMATA PER UNA CAPITALE di Goffredo Buccini SEGUE DALLA PRIMA U n’astensione dal lavoro così clamorosa (l’85 per cento) ha avuto l’effetto di sbattere di nuovo la Capitale sulle prime pagine, epilogo grottesco di un anno orribile. Se volevamo il suggello di uno dei periodi più difficili nella storia recente della città, questi pizzardoni tanto cagionevoli di salute quanto pronti alle rivendicazioni cor- porative ce ne hanno fornito uno poderoso, proprio l’ultima notte del 2014. I distinguo in premessa. Ovvio che una parte, tra quelli rimasti a casa con certificato medico, sia effettivamente malata; che un’altra parte abbia davvero donato il sangue quel giorno (è previsto il riposo) e che le ferie siano sacre perché tutti teniamo famiglia. È fuori discussione che molti vigili sgobbino duro per noi, garantendo quel minimo di convivenza che preserva la Città eterna dal trasformarsi in giungla. Detto questo, ci sono forti elementi perturbanti in un’epidemia di malanni che coincide con momenti di grande tensione sindacale su questioni come il salario accessorio e la rotazione dei vigili (una sacrosanta, benché assai avversata, misura di trasparenza, con 822 trasferimenti finora). Il sospetto di uno sciopero selvaggio e mascherato, all’indomani del monito del prefetto di Roma alla categoria, è ampiamente plausibile. Ed è perfino rafforzato dalla reazione scomposta di taluni sindacalisti di fronte al comprensibile sdegno dei cittadini. Del resto il virus di Capodanno ha colpito © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 PRIMO BILANCIO NUOVI CONTRATTI E PROTEZIONE UNIVERSALE I LATI BUONI DEL JOBS ACT di Maurizio Ferrera Le norme La riforma del mercato del lavoro lascia aperte alcune domande e ha suscitato timori e critiche. Ma è un passaggio necessario perché la disoccupazione allenti la sua morsa già a partire dal 2015 e si possa superare la crisi I n meno di un anno, il Jobs act è passato dal libro dei desideri alla Gazzetta Ufficiale. Lo scarno sommario di punti «formulato insieme ai ragazzi della segreteria» (eNews di Matteo Renzi, 8 gennaio 2014) ha dato luogo ad un’ampia riforma, approvata con la legge delega dello scorso 10 dicembre. Il cammino è stato difficile e turbolento: aver tagliato il traguardo è un indubbio segnale positivo. Verso l’Europa, i mercati finanziari e gli investitori stranieri. Ma soprattutto verso l’interno. Il nostro mercato del lavoro può ora diventare più efficiente e più equo. Come tutti i grandi cambiamenti, il Jobs act ha suscitato incertezza e qualche timore nell’opinione pubblica e dure critiche da parte sindacale. È perciò utile richiamare alcuni elementi di fatto di questa riforma e interrogarsi sui suoi probabili effetti. Iniziamo col ripetere che per chi oggi ha un posto a tempo indeterminato non cambierà nulla. Il cosiddetto contratto a tutele crescenti (uno dei piatti forti della riforma) si applicherà solo ai nuovi rapporti di lavoro e offrirà a moltissimi precari, soprattutto giovani, la possibilità di assunzione in forma stabile. Non un posto fisso garantito, a prova di licenziamento. Ma un impiego senza scadenza pre-fissata, questo sì. Rispetto alla situazione attuale, sarà un grande miglioramento. Con una prospettiva temporale lunga i giovani possono impostare piani di carriera e di vita che non sono neppure immaginabili quando si è costretti a ragionare di mese in mese. La revisione degli ammortizzatori sociali (altro pilastro fondamentale della riforma) offrirà dal canto suo quella protezione universale con- tro la disoccupazione che l’Italia non ha mai avuto. È davvero strano che le dispute sul Jobs act in seno al Pd e ai sindacati abbiano trascurato questo aspetto, che dagli inizi del Novecento è stato al centro dei programmi e delle lotte politiche di tutte le sinistre europee. La Naspi (Nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego) corrisponderà a chi perde il lavoro una indennità pari a circa il 75 per cento dello stipendio per un massimo di 24 mesi. Verranno inoltre sperimentati due sussidi aggiuntivi: l’assegno di disoccupazione (Asdi) per quei lavoratori con carichi di famiglia e senza altre fonti di reddito che non sono ancora riusciti a ricollocarsi alla scadenza della Naspi; e un assegno (chiamato DisColl) per i collaboratori a progetto che restano senza lavoro. Quando saranno a regime, gli ammortizzatori sociali italiani diventeranno i più inclusivi e per molti aspetti i più avanzati d’Europa. Certo, serviranno risorse adeguate. Ma nel bilancio pubblico i margini ci sono, soprattutto se si riuscirà a riportare la Cassa integrazione alle sue funzioni «fisiologiche». Per una valutazione completa del Jobs act bisogna ovviamente aspettare i decreti delegati mancanti. Occorre varare un codice semplificato del lavoro, che sfrondi l’attuale pletora di forme contrattuali (in particolare le «co-co-pro» fasulle). E serve al più presto un’Agenzia nazionale che coordini i servizi per l’impiego e la formazione professionale. Ma veniamo ai possibili effetti del Jobs act. Crescerà l’occupazione? Questo è ciò che importa agli italiani. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha azzardato una stima: 800 mila posti di lavoro in tre anni. Se così accadesse, sarebbe un bel successo. Tutto dipenderà però dal comportamento delle imprese e, più in generale, dall’andamento dell’economia. Superato l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, le piccole aziende salteranno il fatidico «fossato» dei 15 dipendenti e ne assumeranno altri utilizzando il contratto a tutele crescenti? Con maggiore flessibilità e forti incentivi fiscali, le imprese medie e grandi smetteranno di delocalizzare e torneranno a creare posti di lavoro stabili in Italia? Arriveranno gli investitori stranieri? E, soprattutto, ripartiranno gli ordini e i consumi? Le risposte a queste cruciali domande non dipendono solo dall’azione di governo: si tratta in ultima analisi di scelte e comportamenti dei vari soggetti economici. Il Jobs act va perciò visto come una condizione necessaria, ma non sufficiente per superare la crisi e far crescere il lavoro. Agli inizi di un nuovo anno, è giusto mostrare un po’ di ottimismo. Grazie al Jobs act, possiamo dire che il bicchiere delle riforme ha cominciato a riempirsi. Non aspettiamoci miracoli; piuttosto, come ha giustamente detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, «ciascuno faccia la sua parte al meglio». Se la legge delega verrà attuata in tutti i suoi tasselli, è lecito però sperare che nel 2015 l’assillo della disoccupazione allenti la sua morsa, soprattutto sui giovani e le fasce più fragili della nostra società. Con l’aria che tira, sarebbe una realizzazione non da poco. ●I 25 LE RETATE DEL REGIME CUBANO APERTURA ANCORA LONTANA COMMENTI DAL MONDO Australia, la terra che dà spazio ai writer creativi graffitari? Andrebbero ● ❞ Iincoraggiati: le loro opere non sono segno di degrado urbano ma di fioritura creativa. A dirlo è Julia Baird sul Sydney Morning Herald. L’Australia è terra di writer. Ne ha così tanti che li esporta, soprattutto negli Stati Uniti. «I graffiti — scrive la Baird — dovrebbero essere provocatori. Ma anche far ridere, essere simboli di stravaganza. Per questo i bimbi li amano». L’impulso di dipingere con lo spray è incontenibile: «le comunità devono allestire spazi pubblici adeguati. Avremmo città più belle». Madrid, le riforme che non possono più aspettare riforme, anche il ● ❞ «Senza 2015 sarà un anno da buttare via»: la pessimistica previsione è siglata da Miguel Ángel Fernández Ordóñez su El País. «La situazione economica in Spagna è cambiata ma gli squilibri sociali non sono stati superati. Il nostro modello di austerità ha prodotto milioni di disoccupati». Sei, per la precisione. Per questo, sostiene l’ex governatore della Banca di Spagna, bisognerebbe agganciare i segnali di ripresa dal mondo (calo del prezzo del petrolio, svalutazione dell’euro) per tradurlo in politiche più coraggiose. a cura di Carlo Baroni © RIPRODUZIONE RISERVATA l caso dell’artista Tania Bruguera, il più recente, è surreale quanto alcune delle sue performance: in una settimana è stata arrestata tre volte. Il governo cubano inventa retate di suoi cittadini — che nemmeno si possono definire oppositori o dissidenti — e poi fa finta di niente. Poco prima del Capodanno è stata «arrestata» a casa sua la blogger e giornalista Yoani Sánchez e il marito portato per qualche ora in un commissariato: è bastato per scatenare una catena planetaria sui social network, amplificata dal fatto che erano passati pochi giorni dallo storico accordo tra Barack Obama e Raul Castro. A cosa serve dunque questa repressione costante a bassa intensità? Appare chiaro: a mandare un messaggio esplicito all’interno dell’isola e verso il mondo. Tutto quello che sta avvenendo a Cuba, in termini di apertura economica, o allargando qui e là le maglie della dittatura, viene dall’alto e così dovrà continuare ad essere. Al massimo può essere discusso nelle riunioni del parti- to (unico) o sui giornali di regime. Deve seguire il corso, lentissimo, stabilito dalle linee direttive dei congressi. Niente riunioni non autorizzate, nemmeno performance simboliche, come quelle organizzate negli ultimi tempi. La polizia impedisce ai partecipanti di arrivare al luogo dell’evento, o semplicemente uscire di casa. L’idea è cercare di stancare la dissidenza, rendere impossibile che le iniziative superino l’adesione di poche decine di persone. A Cuba è così da molti anni, ormai. Il regime si fa forte del fatto che sull’isola predomina la rassegnazione, che il desiderio di cambiar vita si concentra appena sugli sforzi per scappare via, mentre ribellarsi in altro modo porta solo guai. Tenta di dimostrare che i numeri assai ridotti della dissidenza ufficiale equivalgano ad un consenso ancora molto alto per il regime. Invece — e sono gli oppositori più intelligenti ad ammetterlo — l’apatia è il peggior segnale di una società inchiodata a tirare a campare, senza sogni. Rocco Cotroneo © RIPRODUZIONE RISERVATA L’ITALIA, L’OPERAZIONE CONDOR E LE VELLEITÀ DELLA GIUSTIZIA L a giustizia italiana, attraverso la Procura di Roma e con l’avallo del ministro della Giustizia Orlando, ambisce a mettere la propria firma sulla Storia recente del Sudamerica. Il 12 febbraio è fissata la prima udienza nell’aula bunker di Rebibbia di un maxiprocesso a carico dei militari sudamericani responsabili della «Operación Cóndor» (Piano Condor): un’organizzazione nata negli Anni 70 tra golpisti al potere per eliminare oppositori esuli in Cile, Argentina, Bolivia, Uruguay, Paraguay e Brasile. I loro crimini sono una delle pagine politicamente più buie della Storia recente del Continente (e degli Usa, per le ingerenze). Ma se da un lato si può ammirare la tenacia di chi crede di poter dare, ora, un risarcimento alle famiglie delle vittime di allora, dall’altro colpisce il protagonismo della giustizia italiana: ha palesi problemi di risorse e risultati nella gestione ordinaria nazionale (come nel caso Eternit) e si mette a fare gli straordinari a livello storico-internazionale; campo dove, per altro, i governi passati e presenti incontrano spesso difficoltà di natura politico-giudi- ziaria: l’ultimo esecutivo guidato da Berlusconi non ottenne dal Brasile la consegna di Cesare Battisti, giudicato terrorista in patria ma considerato un rifugiato politico dal Brasile; oggi il governo Renzi ha ereditato il caso dei marò accusati in India di aver ucciso due pescatori: per il ministro della Difesa Pinotti è «inaccettabile» che un altro Paese processi militari in servizio per lo Stato italiano. Quello ai golpisti sudamericani sarà un processo di forte impatto mediatico e, forse, dallo spirito velleitario. Ci sono alcuni dubbi, logistici e non solo: son passati circa 40 anni, prove e testimoni, se ci sono, devono attraversare l’oceano, gli imputati sono morti, vecchi (troppo magari per il carcere) e in alcuni casi già condannati nei loro Paesi — il nostro codice non prevede di bissare processi, l’approvazione del Guardasigilli serviva per questo motivo. E anche nel caso di eventuali condanne, una vittoria della Grande Giustizia Italiana Mondiale difficilmente bilancerà le piccole e grandi sconfitte, quotidiane, sul piano nazionale. Luca Mastrantonio @criticalmastra nimo soccorso. Sta qui il vero nodo della mancata crescita politica dell’Unione. In questo inesistente o debolissimo senso di appartenenza a cui è pressoché impossibile porre rimedio fintanto che resteranno in piedi le attuali regole che presiedono al funzionamento dell’Unione, in specie dei suoi organi di vertice, fondate sulla lottizzazione e sull’assenza di responsabilità politica collettiva. Questa è la questione realmente cruciale, quella che viene prima di ogni altra e da cui ogni altra dipende: la riforma in senso forte della governance della costruzione europea. Facendola designare direttamente dal Parlamento, attribuendole poteri di governo diretti ed esclusivi in un certo numero di materie, per esempio nell’immigrazione e in certi ambiti della fisca- lità generale: magari con la garanzia del diritto di veto attribuito a certe condizioni ai governi nazionali. Se vuole sopravvivere, se vuole cercare di diventare un vero corpo politico, cioè un’entità coesa, tenuta insieme da un legame autentico, e perciò capace di un’azione efficace, l’Europa ha una sola strada davanti: quella di una stagione costituente radicale, audace. In mancanza di ciò, su troppe cose che contano continueremo ad andare in ordine sparso, magari a raccontarci la favola che tanto a «fare l’Europa» ci pensa il programma Erasmus, aspettando che inevitabilmente qualcuno prima o poi però,con le buone o con le cattive, decida di uscire dall’Unione e di chiederne il fallimento. © RIPRODUZIONE RISERVATA IL RISCHIO DI NAUFRAGIO GLI EGOISMI NAZIONALI E L’AUDACIA CHE SERVE ALL’UE di Ernesto Galli della Loggia SEGUE DALLA PRIMA T utto ciò nonostante le medesime autorità avessero ricevuto un Sos ma si fossero poi dette rassicurate da una sedicente ispezione a bordo che non aveva trovato nulla di anomalo. Sì, proprio nulla: tanto è vero che trascorse poche ore il cargo si dirigeva senza guida, con il timone e il motore bloccati, diritto filato a fracassarsi sulle coste pu- gliesi se non fosse intervenuta la Guardia costiera italiana. Così come solo il massiccio intervento della medesima Guardia costiera nonché della nostra Marina e della nostra Aviazione sono state necessarie per evitare che il disastro del Norman Atlantic assumesse dimensioni ancora maggiori. La domanda che questo insieme di fatti suscita è fin troppo ovvia: è ammissibile che un Paese dell’Unione Europea si comporti così nei confronti di un altro? Con una simile disinvoltura che rasen- ta la menefregaggine? Scaricando sulle sue spalle gli scomodi problemi che si trova a dover affrontare? Ma d’altra parte proprio in questo campo l’Italia non ha certo le carte in regola per protestare. L’Italia per prima, infatti, spesso evita di registrare gli immigrati clandestini che arrivano sul suo territorio, e che a norma degli accordi europei dovrebbe trattenere presso di sé, ma cerca invece di favorirne il passaggio verso altri Paesi: i quali, figurando così come prima destinazione, sono tenuti loro all’obbligo a cui noi fraudolentemente ci sottraiamo. Quando insomma si arriva al dunque degli interessi e/o degli egoismi nazionali — e li si può far valere senza pagare pegno — la realtà dell’Europa è questa. Non certo quella rappresentata dalla solidarietà, dal sentirsi realmente uniti, parte di una stessa comunità. Altrimenti, del resto, non si spiegherebbe come sia possibile, tanto per fare un esempio, che da anni un terzo della popolazione proprio della Grecia sia costretta a vivere in una condizione di vera e propria indigenza, priva in molti casi di assistenza sanitaria, con migliaia e migliaia di bambini sottonutriti, senza che l’opulenta Europa lussemburghese, renana o scandinava abbia mai pensato di muovere un dito per prestarle il mi- © RIPRODUZIONE RISERVATA 26 Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 27 Tempiliberi Benessere Viaggi Food Moda A tavola per sapere Il cibo innesca convivialità e relazioni con il territorio e questo porta a frequentare sempre più spesso nuovi format di vendita Fonte: Censis Locali in cui si pranza, si compra, si balla, si ascoltano musica e conferenze Frequentazione Regolare 7,4 milioni Saltuaria 24 milioni Design Negozi alimentari dove si mangia e si fanno corsi di cucina Frequentazione Regolare 7,2 milioni Saltuaria 22,3 milioni Tecnologia Famiglia Astronauti e scienziati sono gli ultimi stregoni in un’epoca in cui la tecnologia è alla portata di tutti Dal cinema alle dirette tv dallo spazio, ecco perché abbiamo ricominciato a guardare il cielo La magia delle stelle di Matteo Persivale Natale hanno potuto «gustare» la visione (basta un binocolo potente, non necessariamente un telescopio) di due sciami di meteore, le Ursidi e le Quadrantidi (questa notte, saranno visibili cento meteore l’ora per circa quattro ore). Ma perché, proprio in questi ultimi mesi, in un anno così difficile come è stato il 2014, ci siamo appassionati tanto alle stelle? Guardando Interstellar — un film diretto al grande pubblico globale, come tutti i costosissimi prodotti dell’industria hollywoodiana — è impossibile non notare come il regista Christopher Nolan, uno che gira sempre con un libro nella tasca della giacca, presenti il lavoro degli astrofisici — le formule incomprensibili sulle lavagne come se fossero scritte nella lingua d’una civiltà sconosciuta, la riflessione sui buchi neri, dove la forza di gravità è tanto potente da piegare la luce, e con essa anche spazio e tempo — come la moderna forma di magia, l’unica davvero proponibile in un mondo saturo di gadget tecnologici (anche per questo il mondo di Interstellar è così risolutamente low tech — per separare, almeno un po’, gli spettatori dalla onnipresente tecnologia del nostro 2015). Interstellar — finora ha incassato 541 milioni di euro nel mondo — è nato grazie a un consulente speciale: il professor Kip Thorne, amico di «A ● L’appuntamento per tutti gli appassionati di astronomia (che durante queste feste di Natale hanno potuto «gustare» la visione di due sciami di meteore) è per questa notte: saranno visibili cento meteore l’ora per circa quattro ore ● E mercoledì prossimo, la cometa «C/2014 Q2 Lovejoy» raggiungerà il punto di massima vicinanza alla Terra (per vederla basta utilizzare un binocolo potente, non necessariamente un telescopio) Single Sulla cometa Il direttore di volo della missione che è riuscita a compiere il primo «accometaggio» è un italiano, per Nature fra i dieci scienziati dell’anno ILLUSTRAZIONE DI VINCENZO PROGIDA Le date quanti uomini, presi nel gorgo d’una passione, oppure oppressi, schiacciati dalla tristezza, dalla miseria, farebbe bene pensare che c’è sopra il soffitto il cielo, e che nel cielo ci sono le stelle. Anche se l’esserci delle stelle non ispirasse a loro un conforto religioso, contemplandole, s’inabissa la nostra inferma piccolezza, sparisce nella vacuità degli spazi, e non può non sembrarci misera e vana ogni ragione di tormento». Le parole di Pirandello (da I Quaderni di Serafino Gubbio operatore, 1916) ci aiutano quando cerchiamo di capire perché in questo periodo non semplice le stelle — l’astronomia — interessano tanto. Dal cinema, con il grande e non scontato successo di Interstellar — un kolossal hollywoodiano, certo, ma un film molto lungo, molto complesso, non girato in 3-D come si fa di solito con i kolossal fantascientifici tipo Avatar o Gravity, che inizia molto lentamente in un futuro poco fotogenico e poco tecnologico prima di arrivare, lentamente, all’esplorazione di uno spazio molto più interiore di quello della classica cinematografia di fantascienza. Dalle notizie quotidiane, con il seguito popolare per l’impresa di Samantha Cristoforetti (@AstroSamantha su Twitter, con un quarto di milione di follower: «posta» fotografie della terra ripresa da lassù ascoltando Ligabue), prima donna italiana nello spazio alla quale in collegamento dalla Stazione spaziale internazionale il Presidente della Repubblica ha detto, emozionandosi, «non la chiamerò capitano Cristoforetti perchè Lei oramai è Samantha, per tutte le italiane e gli italiani». Anche il cibo della Stazione spaziale internazionale è italiano: studiato ad hoc da Stefano Polato, trentatré anni, padovano, che dallo slow food è passato direttamente allo space food, ovviamente liofilizzato o termostabilizzato. Proprio la fine del 2014 ci ha mostrato progressi nell’esplorazione di Marte — la conferma della presenza di metano sul pianeta, un altro indizio che potrebbe indicare che c’è, o c’è stata, vita sul pianeta rosso. L’Agenzia Spaziale Europea è riuscita a depositare un Lander sulla superficie di una cometa a mezzo miliardo di chilometri dalla terra, impresa spettacolare che aiuterà nello studio del sistema solare e della nascita della vita sul nostro pianeta: il direttore di volo della missione che è riuscita a compiere il primo «accometaggio» è un italiano, Andrea Accomazzo, che la rivista Nature ha messo in cima alla classifica dei dieci scienziati dell’anno. L‘Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 2015 «Anno internazionale della Luce». L’inaugurazione ufficiale dell’iniziativa è in programma il 19 gennaio a Parigi presso la sede dell’Unesco. Un altro dato: il successo della nuova sezione dedicata allo spazio del Museo nazio- 2015 dedicato alla Luce L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato quello appena cominciato «Anno internazionale della luce» nale della Scienza e della Tecnologia di Milano, le lunghe file per osservare l’unico campione di roccia lunare presente in Italia (e all’inaugurazione c’era Gene Cernan, l’ultimo astronauta ad aver messo piede sulla Luna). Mercoledì prossimo, la cometa «C/2014 Q2 Lovejoy» raggiungerà il punto di massima vicinanza alla Terra: appuntamento per tutti gli appassionati di astronomia, che durante le feste di Stephen Hawking, fino al 2009 titolare della cattedra Feynman di Fisica Teoretica al California Institute of Technology, che ha studiato per il film una possibile rappresentazione — attraverso gli effetti speciali — di un buco nero. Nolan ha capito che per sorprenderci, in una civiltà così attraversata dai media, l’unica sorpresa autentica non è quella di un pianeta lontano ma di una stella morente così diversa dalle altre da proiettarci in un’altra dimensione. L’anno scorso, un altro film di successo, Gravity, di Alfonso Cuaron, raccontava la solitudine di un’astronauta: e la scena più commovente, pur tra quelle immagini di assoluta bellezza della Terra vista dallo spazio, era quella di Sandra Bullock che ascolta, via radio, un cane che abbaia e un bambino che piange. Allo stesso modo Nolan, il regista di kolossal innamorato dei libri, ha ingaggiato il professor Thorne per raccontare quella che, alla fine, si rivela essere la storia dell’amore di un padre per sua figlia, e del passaggio del tempo: così affida ai versi di Dylan Thomas — «Non andartene docile in quella buona notte / Infuriati, infuriati contro il morire della luce» — il senso della sua storia d’amore e di (magica) astronomia. © RIPRODUZIONE RISERVATA di Antonella Baccaro MA L’AMORE VA CERCATO (CAPARBIAMENTE) O SOLO DESIDERATO? P rima ancora che Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, chiedesse agli iscritti di pubblicare sui propri profili i propositi per il 2015, in modo da conservarli a futura memoria, la mia amica G. imponeva a noi «ragazze» di fare altrettanto: scrivere tre intenti su bigliettini e consegnarli a lei, per poi aprirli il 31 dicembre. E sbertucciarci: «Avevi detto che imparavi il cinese!». Macché. «Avevi scritto che dimagrivi 5 chili!». Figurati. Tra le righe vergate dalle amiche single non figurava mai l’unica frase che molte di loro custodivano in fondo al cuore: «Trovare l’anima gemella». Sono questi auspici che si fanno in silenzio quando si vede cadere una stella. Del resto c’è una differenza tra proposito e desiderio. Il primo presuppone un atteggiamento attivo, il secondo no. Molte di noi ritenevano che un uomo andasse desiderato, non cercato. Ma è giusto affidare tutto al caso? O sarebbe meglio mettersi caparbiamente in cerca dell’amore? È una delle domande più difficili: l’aneddotica delle persone che conosciamo è piena di incontri casuali, almeno quanto lo è di unioni propiziate da una ricerca capillare e ossessiva. Non abbiamo una risposta, ma proponiamo, come sempre, un ragionamento pratico. Nessuno conosce la formula dell’amore: l’alchimia che fa fibrillare due persone all’unisono per un attimo o per una vita. Su questo punto non c’è niente da fare. Esiste però in ognuno di noi una maggiore o minore propensione a avere una relazione. E di fatti non c’è unione che nasca se, alchimia a parte, non esiste questa predisposizione dentro. Vedo molte per- ❞ Quello che non scriviamo mai fra i «buoni propositi» dell’anno sone affannarsi dietro storie complicate, alcune vanno oltre e si accaniscono su quelle impossibili: quelle in cui, oltre a mancare di alchimia, dall’altra parte non trovano predisposizione. Perché, diciamocelo, molte storie si reggono solo sull’attitudine di entrambi a avere una storia, che a volte può anche durare una vita. Più che cercare qualcuno bisogna assicurarsi di essere predisposti alla relazione e verificare che l’altro lo sia. È una ricerca più semplice di quella dell’Amore. A volte può bastare. © RIPRODUZIONE RISERVATA 28 Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera TEMPI LIBERI Moda I protagonisti Canale Moda Chi va e chi viene: le «porte girevoli» delle griffe www.corriere.it/moda Sempre più cambi nelle maison di moda: negli ultimi due anni abbiamo assistito ad un va-e-vieni continuo di talenti creativi, quasi che le porte delle griffe del lusso fossero diventate girevoli. E il 2015 cosa ci riserva? Sul Canale Moda del Corriere, il pezzo di Paola Pollo fa il punto di tutte le novità, a partire dal quesito numero uno: chi prenderà il posto di Frida Giannini al comando di una corazzata della potenza di Gucci? 1 1 Claudia Cardinale con lo splendido abito bianco realizzato dall’Atelier Tirelli (anche in basso a destra) e Burt Lancaster nel film «Il Gattopardo», capolavoro di Luchino Visconti del 1963 2 Anna Magnani con la piccola Tina Apicella in «Bellissima» del 1951, sempre di Visconti 3 Massimo Girotti in maglia bianca e bretelle in «Ossessione» del 1943, Luchino Visconti 4 «La terra trema», Visconti, 1948 5 Annie Girardot in «Rocco e i suoi fratelli», Visconti, 1960 6 Isabella Rossellini, stile neorealista , Anni Quaranta, fotografata da Steven Meisel per la campagna pubblicitaria di Dolce e Gabbana 1989/90 Fra le teste coronate d’Europa è quella che crea più curiosità, tanto che ben due film ne raccontano ora la storia: Mary di Danimarca (foto), ragazzona australiana molto lontana dalla sensibilità (estetica) delle dinastie del vecchio continente. A scrivere il suo ritratto è Luisa Pronzato. E c’è chi dice che ora ha più fascino di Kate. Sul Canale Moda anche i dieci pezzi più cliccati del 2014: la «bambina più bella del mondo» ha battuto tutti. 2 L’intervista L’installazione «Nero Sicilia» al Momi di New York e la nostalgia dei due stilisti per il cinema. «All’Italia del Dopoguerra ha dato un’immagine fortissima. Adesso invece c’è chi pensa che “troppo italiano” sia volgare. Che errore» Il neorealismo di Dolce e Gabbana «S borare a questa iniziativa, per noi è stato come andare a nozze». Tirelli, cioè il Gattopardo: «Erano i primissimi anni e ci ispiravamo a quelle immagini. Ma eravamo giovani non sapevamo chi aveva fatto quegli abiti. Quando lo scoprimmo decidemmo di commissionare a Tirelli l’abito bianco della Cardinale. Volevamo capire se eravamo sulla strada giusta. E quando arrivò ci piaceva certo, ma era così rigido e pesante! Ecco la differenza fra lo stilista e il costumista, ci siamo detti». Però è anche vero che il neorealismo ce lo avete nel sangue! «Di più è il nostro mondo. La prima musa fu la Magnani, poi la Loren: mediterranee e formose, sempre le stesse donne». Possibile che non siete mai stati tentati dagli abiti di scena? «Ce l’hanno chiesto ma il lavoro del costumista è conoscere, veramente, la storia. Noi ne siamo solo incuriositi. Comunque anche quando lavoriamo con Tornatore e Scorsese per i nostri film chiariamo subito che agli abiti ci devono pensare loro perché la moda in quelle immagini non la vogliamo vedere». iamo stilisti, non costumisti». Domenico Dolce e Stefano Gabbana mettono subito le cose in chiaro. Non sia mai che qualcuno fraintenda: fra loro e il cinema, anzi il cinema neorealista, è «solo» amore, passione, attrazione. Nonché fonte inesauribile di ispirazione. Così se a New York sono i supporter di «Costumes for Cinema from Tirelli Atelier», esposizione dei capi della sartoria romana creata per i più famosi film, al MoMi (Museum of Moving Arts) è solo perché, nella vita, ad un certo punto tutto torna. Ecco cosa. Inaugurazione, serata, premio (agli stilisti per il «Fashion Award»; a B a z L u h r m a n p e r i l « M ov i e Award») e installazione «Nero Sicilia» (24 look uomo e donna dall’archivio). «È che quando ci è stato chiesto di colla- 3 Quindi in un film la moda non dovrebbe mai prendere il sopravvento sul resto? «Assolutamente no». Ma ci sono grandi film imprescindibili dalla moda... «Come colazione da Tiffany, certo. Ma adesso non può essere più così». Al successo di «Sex in the city» hanno contribuito anche abiti e scarpe. «E hanno usato anche molti nostri capi, certo. Ma in quei filoni gli abiti durano cinque minuti, poi via un altro…». Facile raccontare ora di voi e il neorealismo, ma quando avete cominciato era a dir poco bizzarro che due poco più che ventenni guardassero a quel mondo. «Le nostre prime due collezioni parlavano di super modernismo e trasformismo: un vestito poteva diventare tre abiti diversi. Ma fu un insuccesso commerciale: arrivavano i capi e non sapevano neppure come appenderli alle grucce e ci volevano le istruzioni per indossarli. Detto questo: il nero e la femminilità c’erano. Poi a Palermo vedemmo quella locandina con una donna nuda avvolta in uno scialle nero al balcone di un palazzo barocco! “Questo dobbiamo fare noi”, ci siamo detti. Era il 1986. Silvana Torregrossa, un’amica, ci disse che il fotografo era Ferdinando Scianna. E lì nacque tutto. Lo cercammo come pazzi, all’ultimo tentativo lui rispose, salvo scoprire che quella foto non era sua ma lui era l’uomo giusto». Stefano Gabbana: «Io poi ero attratto da quel mondo che non conoscevo. Domenico invece mi diceva che ero pazzo a parlare di uncinetto e che lui era scappato da quelle cose e che aveva buttato via tutti i portaombrelli di ceramiche! Io adoravo. Milanese con genitori veneti, ero sempre stato infatuato dal Sud. Poi comunque mia nonna vestiva di nero e con il fazzoletto in testa. Quindi era un immagine che conoscevo». Domenico Dolce: «Al liceo mi ero iscritto ai cineforum e andavo a vedermi tutti i film dedicati a Visconti. Ricordo che mi era innamorato di Morte a Venezia. Ma a quell’età non è che sei attratto dall’estetica, non sapevo neanche che avrei fatto questo lavoro». I film cult e gli abiti di conseguenza? «“La terra trema”, con gli abiti sdruciti di Tony; “Rocco e i suoi fratelli” e le maglie di Delon, “Bellissima” con i tailleur e le sottovesti «Quella carrozza dell’emiro fatta con il materiale delle nostre borse» A Varese nel quartier generale di Bertoni: «terzista» per grandi marchi, ora vince con una linea propria V edere sul grande tavolo del laboratorio una piccola montagna di borse — o meglio, di «It-Bag» molto desiderate dalle clienti — di un grande marchio americano del lusso, e curiosare nella camera fianco tra le pelli pregiate richieste da un’altra grande maison — italiana, ma di proprietà francese — rasserena almeno un po’ sulle sorti del made in Italy. Perché ci troviamo tra gli artigiani e le artigiane che in una palazzina di Varese, un complesso di edifici giallo pallido — un vecchio mulino a acqua restaurato — realizzano borse destinate a finire nelle boutique dello shopping globale, da Bertoni A sinistra, cappelliere in pergamena; qui sotto la «Carolina Voyager soft calf calf» Beverly Hills a Shanghai via Mosca: è il quartier generale di Bertoni, il marchio di valigeria e di accessori che si sta affermando con successo sempre maggiore, e che ha scelto di affiancare al lavoro per conto terzi anc anche delle collezioni in proprio ccon il marchio «Bertoni». Pri Prima quelle da uomo, poi a settem settembre dell’anno scorso è arriva arrivata la donna: materiali com me la pergamena, il cuoio fra francese e l’alligatore, in tona nalità come arancione, bi bianco, testa di moro, blu. E ccon la donna, anche uno showroom milanese, in previsione delle aperture di negozi monomarca: perché Bertoni, al netto della bravura degli artigiani che realizzano borse e valigie altrui, ha anche un’identità precisa: la struttura è quella classicissima italiana dell’azienda familiare: Doriana Vanetti è amministratore delegato e suo marito Alberto, e i figli Pietro e Gaia da poco entrati in azienda. Il know-how storico, della valigeria, fa sì che Bertoni pro- Clienti esigenti Il presidente, Alberto Vanetti, ne cura di persona, nel sultanato, la manutenzione duca bauli e cappelliere personalizzabili per viaggiatori (Elton John, spendaccione modaiolo, è cliente affezionato della casa). Ecco così che specialmente in Medio Oriente Bertoni ha trovato una lunga lista di clienti dai desideri molto precisi. Al punto che in Oman c’è una carrozza — proprietà di un cliente davvero abbiente e davvero appassionato di cavalli — realizzata nella stessa pelle delle valigie a Varese, da Bertoni. Con Alberto Vanetti presidente dell’azienda che periodicamente si dirige nel sultanato per la manutenzione. Matteo Persivale © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 TEMPI LIBERI 17 rubini Sogno di bianche distese innevate, certo, ma non solo. Il Ck Bold è un delizioso orologio appartenente alla collezione lanciata nel 2007 e qui rivisto in una versione molto attuale. Si apprezza innanzitutto il processo creativo che ha portato alla sua realizzazione, processo molto simile (idealmente) a quello di Yves Saint Laurent: prendi un oggetto maschile e lo reinventi in chiave femminile fino a rendere seducenti Il «maschile» reinventato per lei grazie ai dettagli di Augusto Veroni sia l’oggetto (sahariana o smoking che sia) che la donna con l’oggetto in questione. L’origine maschile del Ck Bold è evidente nella struttura classica della cassa, ma tutto il resto, dal quadrante in madreperla agli indici placcati d’oro rosa, tutto è donna che di più non si può. E ci sono dettagli tecnici da apprezzare con grande convinzione: da notare, in particolare, il sistema a scomparsa di fissaggio del cinturino e la forte 29 impermeabilità (10 atmosfere) che consente di indossare il Ck Bold anche al mare, ovviamente dopo aver sostituito il cinturino di pelle con uno in silicone: dal bianco neve al bruno abbronzatura. Semplice e sofisticato al tempo stesso, forte e dolce come un giorno felice. Il prezzo: 235 euro che salgono a 295 per l’altrettanto convincente versione con movimento cronografico. © RIPRODUZIONE RISERVATA «I segreti di un bel tacco li trasmetto (a turno) a tutti i miei ragazzi» Zanotti: è il «capitale umano» a farci crescere sempre 5 4 della Magnani, “Ossessione” e le canotte bianche di Massimo Girotti». Il neorealismo oggi? «Giuseppe Tornatore. Ma viviamo in un’epoca dove tutto è troppo ritoccato e dove ognuno vuole dire la sua. La presa diretta è impossibile. Il neorealismo rappresentava un Paese, che era l’Italia nel Dopoguerra, un’immagine fortissima. Adesso addirittura la gente pensa che il troppo italiano è volgare. Peccato perché non è così». La «Grande bellezza»? «Meraviglioso ma tristemente vero. E fa pure un po’ male: tutte quelle donne rifatte e ansiolitiche. E anche lui che perde il suo tempo in feste quando potrebbe scrivere. Lo specchio dei tempi: cioè la ciafferia. Ma non ci piace perché noi siamo romantici e sognatori e vogliamo che le donne siano belle e reali». Paola Pollo © RIPRODUZIONE RISERVATA «Nero Sicilia», l’installazione 6 Stefano Gabbana e Domenico Dolce, a sinistra, vincitori del «Fashion Award». Sopra, l’installazione «Nero Sicilia» al MoMi, Museum of Moving Art AltaRoma Sfilate, le date ci sono. E i soldi? L’alta moda, a Roma, ri-sale in passerella. Dopo le polemiche, gli appelli e la «solidarietà» ad AltaRoma da parte di Pitti e Camera nazionale della moda per scongiurarne la chiusura, sembra che a fine gennaio la kermesse capitolina andrà ancora in scena. Ma non ci sono conferme ufficiali e la sorte della fashion week nella città eterna si trasforma in un giallo d’inizio anno. «Il Comune ha assicurato che continuerà a sostenerci» ha dichiarato il direttore di AltaRoma Adriano Franchi, ma al momento non ci sono documenti a provare questa fiducia anche se si parla di 300 mila euro (oltre ai 480 mila della Regione Lazio e un’altra tranche promessa dalla Camera di Commercio). Dopo l’annuncio, poco prima di Passerelle La sfilata di Renato Balestra ad AltaRoma nell’edizione del gennaio 2013 Natale, che la società (composta da enti pubblici) non aveva più un euro per organizzare le sfilate di gennaio, creando sconcerto non solo tra stilisti e creativi ma creando un danno a tutto «l’indotto» (dalle sarte ai parrucchieri, truccatori, allestitori), la sera del 31 dicembre, senza una riga di spiegazione o commento, sono arrivate le richieste di accredito per stampa e buyer: «Abbiamo il piacere di comunicarvi che le date di AltaRomAltaModa sono 30 Gennaio – 2 Febbraio 2015». Né più né meno. I soldi dunque, anche se avvolti da un velo di mistero sembra siano stati trovati. Non si sa ancora se sotto l’albero o arriveranno nella calza della Befana. Flavia Fiorentino © RIPRODUZIONE RISERVATA «C ’è un brano dei Detroit Emeralds, un gruppo soul americano, che è stato la colonna portante dei miei sogni giovanili. Adesso ve lo faccio sentire: è come il rumore della “manovia”, le fasi di lavorazione alla base della nostra produzione». Giuseppe Zanotti non rinuncia alla goliardia. Trasforma il viaggio nella sua fabbrica di San Mauro Pascoli in una commedia con operai e collaboratori che gli fanno da spalla. Nato 57 anni fa proprio qui, non lontano dalla Rimini di Fellini, nella sua terra ha creato la griffe di calzature che in 20 anni è arrivata a fatturare 155 milioni di euro, di cui il 95% realizzati tra Stati Uniti, Cina, Emirati, Russia. Ma a renderlo orgoglioso non sono tanto i numeri, quanto le sue scarpe dal tocco decisamente forte, realizzate interamente nei cinque stabilimenti produttivi dislocati nella sua «Nazione Romagna» con 470 dipendenti. «Non facciamo niente fuori: questa è un’azienda creativa. I disegni diventano modelli e poi scarpe. Se vogliamo una pelle stampata cocco, la realizziamo. Nelle aziende di creazione industriale il capitale umano è importantissimo. Abbiamo tutto all’interno: anche l’avvocato». Il viaggio comincia dalla piccola manovia, la fabbrica in misura ridotta. Qui i neofiti ruotano continuamente e imparano a fare una scarpa dall’inizio alla fine, così, quando alla produzione principale manca qualcuno, sono subito in grado di sostituirlo. Nel reparto vengono realizzati i prototipi urgenti per le sfilate come quelle di Thierry Mugler e La Perla. Zanotti passa tra i ragazzi e li presenta alla sua maniera: «Marco Matteoni, 53 anni, è il nostro Briatore… Mirco Montalti da 26 anni lavora in azienda, ne ha 40, è il campione della nostra squadra di calcio. Raies da dove vieni tu? Ah, Tunisia». Molti arrivano dal Nord Africa, «sono bravissimi». Poi indica le «indigene»: la 25enne Ilaria di San Mauro Pascoli e Katiuscia di Santarcangelo. «Il montaggio a mano della scarpa è un lavoro duro, di precisione. Ci vuole forza fisica ma anche molto occhio e memoria», dice indicando i ragazzi dalla pelle scura al lavoro. Gyube Harry della Nigeria, poi altri arrivano da Marocco, Arabia, Tunisia. La parte della raspatura e levigatura serve a preparare i fondi, e a rendere le suole perfette. Gabrio, 53 anni, di Bellaria, sta montando un tacco a un sandalo. «È uno dei primi che hanno cominciato a lavorare da noi. Il tacco ha un segreto, devi posizionarlo a destra e a sinistra e poi ruotarlo leggermente verso l’interno per correggere il vizio della postura. Non c’è misura, c’è l’oc- Segreti «Il tacco ha un segreto, devi posizionarlo a destra e a sinistra e poi ruotarlo leggermente verso l’interno per correggere il vizio della postura» chio: perché la nostra è una lavorazione assolutamente artigianale». Lo ribadisce il designer: «Fare una scarpa è una questione di matematica, la parte creativa è riservata all’ufficio stile». Giuseppe Esposito, 37 anni, è direttore di produzione. Lo chiamiamo «il pescatore» perché quello era il suo lavoro a Lampedusa. «In 14 anni, da ultima ruota del carro è diventato capo assoluto». Nel reparto giunteria e orlatura le ragazze cuciono la tomaia. A dirigere c’è Nadia Grilli. Si conoscono da 37 anni. «Lavoravamo insieme in una fabbrica di scarpe per i morti come la chiamavo io, perché erano bruttissime, facevo il tagliatore. Ero matto da legare, portavo il fornelletto e alle 10 mi facevo l’uovo alla coque». Zanotti dirige l’ufficio stile alla sua maniera. Negli anni 80, do- Rock Giuseppe Zanotti con Rihanna Tra i fan del designer anche Two chains, Keny West, Fedez e G Dragon po aver lavorato nella gelateria di famiglia, comincia a collaborare con artigiani locali come free lance. Erano gli anni in cui andava a Parigi e dormiva in stazione «perché non avevo una lira». In quelle incursioni conosce Mugler e comincia a disegnare le sue scarpe. Negli anni 90 decide di diventare imprenditore e rileva un piccolo calzaturificio. Oggi le sue fan raccontano di conquiste fatte dopo sguardi assassini ai piedi decorati dai sandali sexy. «Con un paio di scarpe giuste trasmetti emozione, sensualità, eleganza ma anche provocazione», continua Zanotti. Prima una donna con una sneaker o un biker diventava lesbo, oggi è il massimo dello stile. E proprio le sneaker sono la sfida di Zanotti. «Facevamo quelle da donna con gli strass e ce le compravamo anche gli uomini nell’ultimo numero, il 42. Da lì la decisione di creare una fabbrica dedicata alle sneaker da uomo, che dopo due anni e mezzo vale il 38% del fatturato». «Abbiamo speso soldi e fatto qualche vacanza in meno ma i risultati arrivano». Quante ore lavora Zanotti? «Dodici», suggeriscono. «Faccio anche un mese e mezzo senza fermarmi, ma poi stacco per una settimana sennò penso che morirei. La prima sera posso bere anche due bottiglie di vino, poi dormo un paio di giorni. Quindi comincio a scrivere. Voglio fare una scarpa, un giubbotto di pelle, un gioiello di metallo. Il grande segreto è scrivere i progetti: I wanna be». Maria Teresa Veneziani © RIPRODUZIONE RISERVATA 30 Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera TEMPI LIBERI Le regole Moda I saldi invernali sono convenienti, ma l’ultima cosa che ognuno di noi vuole è stipare ulteriormente il guardaroba. Sul Canale Moda del Corriere le trappole in agguato. 1) Non entrare mai in boutique senza sapere quello che stai cercando. È un po’ come andare a fare la spesa affamati; 2) Non scendete a compromessi su taglie e numeri delle scarpe (concesso mezzo o un numero in più); 3) Attenzione ai colori e ai capi troppo fashion. Chiedetevi, sono disposto/a a indossarlo da domattina? 4) Non cedete all’affare se non vi convince; 5) Evitate di comprare borse troppo grandi. Per gli esperti sono superate. Come al «super»: mai andarci quando si ha fame Cabina armadio www.corriere.it/moda © RIPRODUZIONE RISERVATA Saldi: cosa comprare e cosa no 3 Il blazer alternativo Il saldo consigliato per lui è il blazer in lana cotta. Questo in pile di cashmere per la primavera 2015 è di Lanificio Colombo 1 4 2 Antifreddo e chic Il polacchino antifreddo Fratelli Rossetti da 550 euro scende a 385 (fratellirossetti.com) Dettagli da copiare Andrew GarflieldSpider Man con la fidanzata Emma Stone a passeggio nel West Village, a Manhattan, dimostrano come si può essere chic e casual. Dettagli da copiare (e comprare scontati) 1 Il caban doppiopetto color militare, in lana cotta: con il montgomery, è l’acquisto consigliato nei saldi 2 Gli stivaletti di lei 3 Il pull girocollo per lui (da portare sulla t-shirt) 4 I pantaloni sportivi (foto Olycom) Il capo estremo Il saldo è anche l’occasione per concedersi un capo d’uso particolare per stile e prestazioni. Passa da 1.110 euro a 777 (sconto del 30 per cento) la giacca Stone Island progettata per resistere a condizioni climatiche estreme. Realizzata in un tessuto tecnico giapponese, è stata cucita, quindi tinta in capo, trattata con un agente antipioggia. Perfetta con i jeans e gli stivaletti (mrporter.com) Blazer e camicia scozzese I pezzi migliori per lui Sì alla giacca in lana cotta, meno costosa della classica M La camicia scozzese La camicia country (in tutti i toni e anche con pannelli di tessuti diversi) è stata tra le più gettonate nelle vendite a prezzo pieno. I ragazzi la portano anche legata in vita. Questa di Aspesi in cotone felpato da 95 euro con lo sconto del 50% scende a 47,50 (mrporter.com) ai il prezzo era stato fondamentale per determinare l’acquisto. Lo sottolinea Rosy Biffi, signora della moda in vendita (5 boutique). Anche i professionisti sono più attenti... Con i saldi, anticipati, che cominciano oggi in tutta Italia (ieri in Campania e Basilicata) si spera di recuperare una stagione critica. Ma l’imperativo è non sbagliare l’acquisto. Come? Privilegiando i pezzi che i consumatori hanno fatto diventare must dell’inverno. Al primo posto c’è il blazer di lana chiné (cotta). Più stretto e corto della giacca classica e anche meno costoso: «Ha conquistato anche il manager. Lo hanno fatto tutti gli stilisti, da Lanvin a Thom Browne», dice l’esperta. Il risparmio (dal 30 al 50% e oltre) è tanto maggiore per i capi pregiati. La bravura è saperli scovare. «Il cappotto su cui tutti avevano scommesso continua a essere un capo complicato, quelli sciancrati e al ginocchio di stagione sono difficilissimi da indossare bene». Sul podio montgomery e caban, dall’allure più libera e sciolta, mentre tramontano i piumini. Seguono nella classifica dello shopping scontato pantaloni, camicia scozzese — che i più giovani portano annodata in vita, a mo’ di gonna — e pull girocollo, ma d’avanguardia. «Il pantalone è diventato un acquisto di necessità ora che a casa non c’è più chi ha il tempo di stirarli». Maria Teresa Veneziani © RIPRODUZIONE RISERVATA Il girocollo, ma d’avanguardia Costa 62,50 euro al posto di 125 (scontato del 50%) il girocollo jacquard J.Crew in lana sostenibile (mrporter.com). Perfetto con pantaloni chino e le sneakers. Il suggerimento? Acquistate la maglia scontata solo se è facilmente abbinabile con i capi già presenti nel guardaroba e se ha un elemento di novità che vi attrae, materiale o pattern. La prima regola per non sbagliare i saldi è partire con una lista dei desiderata La ragazza che distorce le griffe è diventata grande Emeli Martensson e le magliette cult di 5Preview: «Ho preso in giro Chanel, studio lo sbarco a Milano» M inimalista prima del normcore, neologismo sinonimo di quel ritorno alla normalità che nel 2014 è stato tra le parole più cliccate su Google. E pensare che il marchio scandinavo da 5 milioni di fatturato (in Italia la metà delle vendite), distribuito in 20 Paesi, nasceva a Roma 6 anni fa nell’ex Suburra. È nel rione Monti, fulcro di locali e botteghe artigiane, che la designer svedese Emeli Martensson inizia a stampare le sue prime t-shirt oversize. L’incunabolo di 5Preview è una serie di cinque magliette bianche dalla grafica casalinga diffusa su Myspace: in un anno, era il 2008, la giovane illustratrice fuggita da Kalmar, città sul Mar Baltico a 400 chilometri da Stoccolma, ne vende mille. La più richiesta? «Quella con la scritta Cavour numero 221, l’indirizzo del mio appartamento, al contrario — ricorda Martensson —. Un’allusione ironica a Chanel, mi divertivo a distorcere le griffe». Al toponimo, manifesto di una moda che fonde globalizzazione e genius loci, si affiancano altri cortocircuiti visivi come la Tour Eiffel o il Colosseo capovolti. «Volevo ridicolizzare le magliette per turisti», spiega la designer. Non solo. Le taglie voluminose, unisex sono l’opposto del look mediterraneo aderente e scollato: motivo 5Preview Due look della collezione della prossima primavera/estate per cui, all’inizio, l’idea piace più in Italia che nel Nord Europa. Provocazione a parte, la linea ultra basic serve a finanziare il vero progetto, un «five piece wardrobe». «Mi ispiravo alle donne francesi che, invece di riempire l’armadio, scelgono con cura cinque nuovi capi a stagione». Risultato: la prima collezione che, dell’anteprima, conserva solo il nome. Nel 2010 il quintetto (abitino, jeans, felpa, borsa, maglia over) si arricchisce di nuovi pezzi: «I buyer chiedevano di ampliare la produzione — racconta Martensson — così siamo passati subito a una ventina di capi, oggi siamo a più di 200». Dopo una breve parentesi newyorchese, il brand mette radici a Stoccolma. Dove si consolida anche grazie alla collaborazione con Gennaro Sorvillo, socio di minoranza ed ex collega di Martensson nel gruppo Sixty. Mix di rigore nordico, influenze giapponesi e punk rock, in Svezia 5Preview deve competere con colossi globali del fast fashion. «A Stoccolma sono tutti ben vestiti, ma omologati. Lo stile «Ho iniziato con una collezione di 5 capi, oggi sono 200 L’oversize è il mio stile» Noi puntiamo all’unicità: per le grafiche della prossima linea invernale mi sono chiusa in studio per due settimane con le mani sporche di vernice». I must have del 2015? «Una college jacket o un bomber, pantaloni a vita alta o larghi genere arti marziali, felpe, kimono, borse messenger o zaini artigianali». Dopo il primo monomarca a Hong Kong, Martensson pensa a un’apertura a Milano entro il 2016. Incoraggiata dai dati del retail, affidato in Italia a Baco distribution: 325 vetrine nel 2015, con uno sviluppo del 25 per cento rispetto all’ultima stagione. Maria Egizia Fiaschetti © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 Previsioni La spesa per lo shopping scontato: da 150 a 336 euro TEMPI LIBERI È iniziata in sordina la stagione dei saldi invernali, quest’anno anticipata a ridosso del Capodanno. Ad aprire la tornata degli sconti ieri Basilicata e Campania, oggi le altre regioni. Dalle associazioni dei consumatori e dei commercianti arrivano cifre diverse sull’impatto e sulle stime di spesa. Secondo Confesercenti la spesa media per i saldi dovrebbe attestarsi sui 150 euro, anche grazie ai consumi dei turisti, che negli ultimi anni hanno rivestito un ruolo sempre più importante nei bilanci del commercio di fine stagione. «Le vendite di Natale — spiega l’associazione — sono state sottotono: il volume è rimasto invariato rispetto al 2013, ma lo scontrino medio ha registrato un’ulteriore flessione. Per questo i saldi invernali sono molto attesi: i commercianti partiranno subito con sconti importanti». Anche perché le vendite di fine stagione 1 2 Lo sfizio griffato valgono circa il 20% dei fatturati annui dei negozi. Scettico è però il Codacons, secondo cui l’anticipazione al 3 gennaio è una misura inutile: la spesa non supererà i 184 euro a famiglia e solo una su tre farà compere. Per Adusbef e Federconsumatori il giro di affari dei saldi si attesterà a 1,61 miliardi di euro. Per Confcommercio arriverà invece a 5,3 miliardi, con una spesa media di 336 euro a famiglia. Casual Chic Taylor Swift, 25 anni, a passeggio a New York con la famiglia, dimostra di saperci fare con lo stile 1 Il montgomery è uno dei capi d’elezione dell’inverno 2014/15. Ha sostituito il piumino che, nella versione tradizionale, pare avere esaurito un’epoca. I più nuovi sono mascherati da giacche di lana 2 Altri dettagli da copiare: la gonna kilt con le calze pesanti, berretto e girocollo 3 Il bootie, lo stivaletto comodo per l’uso quotidiano 4 Per lui il caban doppiopetto in lana (foto Olycom) 4 Lo sfizio dei saldi è aggiudicarsi la scarpa a lungo desiderata a prezzo dimezzato. Da Prada si trovano scontati del 50 per cento tutti gli accessori della sfilata. Come il polacchino-scarpa con catena nella foto, ma solo quello nella versione tweed e vernice (375 il prezzo scontato). Per chi ama le griffe e la qualità, da non perdere il biker antifreddo con suola carrarmato e il pelo interno: passa da 650 a 325 euro 3 31 Per lei la mini borsa e il cappotto al ginocchio La scarpa maschile Lo stile maschile per lei è di tendenza. La francesina con frangia di Tod’s è scontata del 40% (234 euro il prezzo finale) Attenzione alle dimensioni Il bauletto medio in nappa nera borchiata di Ermanno Scervino è scontato del 50% (da 2.250 a 1.125 euro) Tracollina: attenzione ai colori La tracollina di Marc by Marc Jacobs passa da 255 euro a 178 (30%) sul sito Luisaviaroma.com. Rossa è bella per gli ottimisti No alle maglie troppo slim o over: sono superate O Il cappottino, cercate l’affare È caldo il cappotto in lana tecnica di Woolrich con tasche a patta applicate, doppia chiusura a zip e bottoni. Costo 579 euro, scontato del 30%. Il capospalla è uno dei capi più vantaggiosi da aggiudicarsi in saldo (visto il prezzo iniziale). Come sceglierlo? Morbido, caldo, leggero. Le esperte suggeriscono quello classico al ginocchio, capace di sorvolare le mode gni donna sa che i saldi rappresentano una sorta di festa. II problema è limitare gli errori visto che, a differenza degli uomini, ci sentiamo irrimediabilmente attratte dalle novità. I pezzi più convenienti in saldo sono gli accessori, passati al primo posto nel definire un look. L’affare è aggiudicarsi la borsa dei sogni a metà prezzo (Tod’s, Hogan, o Ralph Lauren...). Giampiero Tassabit, della boutique omonima di Como, suggerisce di optare per una minibag con la catena che una volta nascosta diventa una clutch. «Le borse grandi sono superate». Di ritorno, per le amanti del genere, anche zainetti e secchielli. Il cappotto è il capo d’elezione dei saldi femminili. Come sceglierlo? Morbido, leggero, al ginocchio, la versione più donante e capace di sorvolare le mode. Attenzione alle gonne. «Le uniche vendute quest’inverno sono quelle a godet corte, indossate con maglioni grandi e stivaletti — continua Rosy Biffi —, ma regalatevele solo se siete sicure di sfoggiarle da domani». I tempi duri (e non solo quelli meteorologici) consigliano di privilegiate i capi pratici, come i pantaloni. Il modello a sigaretta è quello che offre più certezze. Lo sfizio? Una maglia morbida (quelle slim sono superate così come quelle troppo over) con un piccolo tocco di oro o argento. M.T.V. © RIPRODUZIONE RISERVATA La felpa ironica Costa 3 euro la felpa con il bambi scontata da H&H. Il prezzo, durante i saldi, scende da un giorno all’altro. Fioriscono le catene del fast fashion dove la moda si compra a prezzi piccoli piccoli tutto l’anno e poi, durante i saldi, la percentuale di sconto aumenta mano a mano che si riduce la merce Il signor Chopard: se il petrolio cala, si vendono meno gioielli e orologi Davide Traxler e la «correlazione» di Harry Winston. «Gli Usa sono il traino, Houston la città più sorprendente» E leanor Florence Rathbone, sua bisavola, osò allattare in parlamento. Non senza scalpore, erano i primi del ‘900: «Aveva ereditato il seggio dal marito, morto in guerra». Davide Traxler, alla guida di Chopard Italia e da alcuni mesi anche di Chopard Usa, discende da una potente famiglia dell’establishment d’Oltremanica: il premier britannico David Cameron è figlioccio di suo zio, Tim Rathbone. «Ma è lei, Eleanor, la grande “mente politica” di famiglia — precisa lui —. È stata infatti la prima donna eletta al Liverpool City Council nel 1909 e una delle prime al parlamento di Londra nel 1929. Soprat- tutto, ha combattuto tutta la vita per la tutela delle madri sul posto di lavoro». È stata lei a perorare il Family Allowances Act del 1945, dopo che nel 1909 aveva fondato la Women’s Suffrage Society di Liverpool, le Suffragette di Liverpool. Quanto a lui, Mr Traxler, niente politica («anche se a Firenze mi sono divertito a spiegare a Renzi come funziona il Politica eco «Quest’anno compenseremo le emissioni di CO2 della Mille Miglia» nostro orologio LUC Tourbillon») e invece un solido percorso manageriale: nato a New York nel 1968 ha tripla nazionalità (americana, italiana ed elvetica). «Diciamo che questo imprinting cosmopolita mi è d’aiuto oggi anche per capire le dinamiche del business del lusso». Già, un business sempre più globale: quali rotte prenderanno gli affari della gioielleria in questo 2015? «Il mercato russo è in affanno per le difficoltà del rublo mentre il calo del prezzo del petrolio non aiuta le economie mediorientali — risponde —. Risultato: due mercati-traino degli affari della gioielleria degli ultimi anni rallentano. Poi c’è l’Asia, Ci- A Firenze Davide Traxler mostra a Matteo Renzi l’orologio LUC Tourbillon na in testa dove gli affari sono stati ridimensionati dalla lotta alla corruzione del presidente cinese Xi Jinping. Conclusione: il traino del settore saranno gli Usa. Il consumatore americano, quando gli affari vanno bene ama gratificarsi con un acquisto importante». West o East Coast? «New York e San Francisco certo, ma anche in Texas: una città come Houston sta esplodendo in termini commerciali. Mai come ora è stata un crocevia di businessmen asiatici e mediorientali». In tempi difficili, che cosa si vende meglio? «La mia esperienza — risponde ancora Traxler — dice che quando il contesto economico si fa impegna- tivo si continuano a vendere pezzi di pregio, ma se ne vendono meno e soprattutto si vendono più gioielli che orologeria. Harry Winston sosteneva che c’è una correlazione tra prezzo del petrolio al barile e andamento delle vendite in gioielleria: quando il greggio cala sotto i cento euro, gli affari segnano il passo». Parliamo di Chopard. Quali piani per il 2015? «Raddoppieremo gli sforzi in direzione della sostenibilità. L’idea 2015 è compensare le emissioni di CO2 delle corse che sponsorizziamo, a partire dalla Mille Miglia». Enrica Roddolo © RIPRODUZIONE RISERVATA 32 Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 Il video Guida Idratare il viso? A lezione dal nuotatore sexy al benessere ●Curiosando Le «Repliche» di Martin Margiela Profumi fuori dal tempo TEMPI LIBERI Guida, per lui, alla beauty routine quotidiana. Come detergere il viso? E quando applicare la crema occhi? Risposte che ClarinsMen, in occasione dei dieci anni della linea maschile, ha affidato ad un coach particolare, Camille Lacourt, 30 anni, campione di nuoto francese definito lo sportivo «più sexy» delle Olimpiadi di Londra. In un video, Lacourt spiega i prodotti e la gestualità per applicarli. Per detergere ed esfoliare il viso bastano venti secondi: versare il prodotto sul palmo, emulsionarlo e con movimenti circolari distribuirlo su viso e collo, sciacquare e asciugare. Quindici secondi sono necessari per stendere il trattamento giorno, indispensabile a idratare e proteggere la pelle: il campione illustra le pressioni utili a far penetrare i principi attivi. E sono sempre quindici i secondi da dedicare agli occhi per far apparire lo sguardo disteso e meno stanco. (http://www.clarins.it/why-clarins-esperienzaconsigli/metodi-di-applicazione.html) Freddo, così la pelle si rinforza Sulla neve ma anche in città: i trucchi per evitare danni a volto, mani e labbra di Giancarla Ghisi S © RIPRODUZIONE RISERVATA OS, a lanciarlo è la pelle quando il termometro tocca lo zero. «Non solo in montagna — spiega Antonino Di Pietro, dermatologo e direttore Istituto Dermoclinico di Milano (istitutodermoclinico.com) — ma anche in città. L’epidermide in questo periodo richiede maggior nutrimento per rinforzare e mantenere integro il film idrolipidico che ha la funzione di barriera». «In montagna — aggiunge Magda Belmontesi, dermatologo, docente Scuola Superiore Medicina Estetica Agorà di Milano (pelleedintorni.it) — c’è il vantaggio di avere un freddo secco, ma i raggi solari sono più aggressivi quindi si va incontro a un foto-danneggiamento. Mentre in città pesa lo In montagna Un siero antiossidante, applicato prima della protezione, contrasta Uva e infrarossi smog e bisogna contrastare il foto-inquinamento. È indispensabile una protezione specifica sempre, anche nelle giornata nuvolose. Chi vive in grandi metropoli deve affidarsi almeno ad un spf 15. Di solito è incorporato nella crema giorno, meglio se si trova pure nel fondotinta, cosmetico utile in questa stagione perché oltre a uniformare aiuta a schermare. In montagna invece protezione totale. Non solo: oltre a un spf 50, è preferibile un prodotto con una texture corposa per un effetto nutriente». Altri consigli? «Chi trascorre tempo sulla neve, prima della protezione, deve applicare un siero antiossidante per contrastare l’azioni di Uva e infrarossi che arrivano in profondità, causando l’invecchiamento precoce — risponde Magda Belmontesi —. Non dimenticare labbra e occhi, zone molto delicate, che necessitano di uno stick ricco ILLUSTRAZIONE DI NATALIA RESMINI E nigmatiche con un tocco vintage. Non potevano essere altrimenti la linea di fragranze «Replica» di Maison Martin Margela. Lanciata nel 2012 si è ampliata con un nuovo femminile Tea Escape Tokyo 2008 e un maschile At the Barber’s Madrid 1992 (nella foto). «Nella moda e negli accessori — raccontano alla maison — l’etichetta “Replica” è nata nel ’94 e ha voluto imprimere l’idea di atemporalità. Concetto ripreso per il percorso olfattivo: si vogliono imprigionare emozioni, momenti importanti e ricordi». Le eau de toilette racchiuse in un flacone che si ispira alle fiale dei farmacisti di un tempo hanno un’etichetta in cotone dove sono elencate il dove, come e quando di ciascun bouquet. Si ritrova la storica Flower Market Parigi 2011 che il maestro profumiere Jacques Cavallier definisce «come una passeggiata in un mercato di fiori. Un’armonia nella quale nessun fiore prende il sopravvento sugli altri e dietro la quale si palesa un tocco di cedro e di muschio». O Lazy Sunday Morning Florence 2003, un floreale intenso e avvolgente, con note di mughetto e patchouli rese particolari dal muschio bianco, il tutto alleggerito da una nota di aldeide che aumenta la sensazione di bucato lavato di fresco, asciugato sotto il sole. E soprattutto l’ultimo lancio Tea Escape Tokyo 2008 armonia olfattiva ricreata attorno alla nota del tè caratterizzata da un tocco di fiore di osmanto. Per lui c’è il classico Jazz Club Brooklyn 2013 con il suo cocktail di rum, vetiver e foglie di tabacco e la novità At The Barber’s Madrid 1992. Il «naso» Louise Turner racconta: «Mi sono ispirata al ricordo di mio padre che si preparava al mattino. Le note aromatiche della lavanda mescolate all’odore della schiuma da barba, con in più le note mandorlate della fava tonka e l’intensità del muschio bianco». G. Gh. 33 di vitamine oltre al filtro solare totale. Evitare alla pelle, soprattutto se si soffre di fragilità capillare, stress da vasocostrizione e vasodilatazione con passaggi repentini dal freddo al caldo. Cercare un graduale acclimatamento: se serve, scaldare il viso con le mani. Dopo l’attività sportiva è consigliabile utilizzare un prodotto lenitivo, che non sostituisce la crema da notte, per chi ha problemi di couperose e arrossamenti sono utili maschere con estratti termali, ma anche acido ialuroni- co o boswelico. Mai fare a meno dei guanti. Le mani, che già subiscono aggressioni quotidiane per i ripetuti lavaggi, in questi mesi hanno bisogno di essere nutrite costantemente con prodotti a base di bisabololo, acquaporine, lanolina, vitamina E». Comfort e isolamento termico per viso, mani, corpo. Meglio giocare d’anticipo. «La ginnastica vasale forzata — spiega Mariabruna Zorzi (mariabrunabeauty.it) — è un vero stress per la pelle. Affidarsi a A casa Il bagno secca troppo la pelle, eliminando il filtro idrolipidico Meglio la doccia ingredienti anticianositi, come mirtillo, vitamina A e P4 che riparano i vasi. E al fai da te con impacchi tiepidi, almeno una volta al giorno, a base di camomilla con l’aggiunta di scorze d’arancia, oppure malva o fiordaliso. Si preme il decotto su viso e occhi. Completare il trattamento con una maschera, sempre con sostanze calmanti come tiglio, rosa nera, alghe marine. Un consiglio: alleggerire l’acqua, spesso troppo ricca di cloro che tende a seccare la pelle, con un cucchiaio di bicarbonato». «Bisogna prendere l’abitudine — aggiunge Belmontesi — così come si mette e toglie il piumino, di ripetere durante la giornata l’applicazione di crema e anche fondotinta». Attenzione particolare merita la detersione. «Due sono i punti fondamentali — spiega Di Pietro —: durante i periodi freddi preferire la doccia al bagno e non restare più di due minuti sotto l’acqua che non deve avere una temperatura superiore ai 27-28 gradi. Questo per non eliminare il naturale film idrolipidico necessario per l’elasticità della cute e ritrovarsi con la pelle secca. Affidarsi a detergenti delicati: acqua calda e sapone è un mix aggressivo. Se proprio non si può fare a meno del bagno, prima di immergersi, spalmare dell’olio su tutto il corpo: anche semplice olio di oliva, ricco di ceramidi, certo l’acido oleico non è molto profumato ma è estremamente nutriente e va a ricompattare le cellule cornee. In alternativa si può scegliere l’olio di lino». «Per il viso — prosegue — sono indicati latte e oli detergenti, oppure soluzioni micellari. Ci sono creme di ultima generazione a base di un attivo brevettato, il fospidin, complesso formato da fosfolipidi estratti dalla soia e glucosamina, con efficace azione rigenerante sui tessuti cutanei perché favoriscono l’idratazione e aiutano a mantenere integro il film idrolipidico e di conseguenza rinforzare la pelle». © RIPRODUZIONE RISERVATA La maschera con gli elettrodi da collegare all’iPhone Si scarica l’app che attiva un trattamento di dieci minuti. Il nuovo «gadget» dal Giappone A ncora una volta lo smartphone arriva in aiuto. Adesso nel campo dell’estetica. L’idea è di Shiseido, che, in Oriente, è un impero non solo nel settore della bellezza ma anche nella ristorazione e nel food e che sicuramente porterà a cambiare abitudini e gesti. Infatti, l’azienda giapponese, primo gruppo in Asia nello skincare e che vanta ben otto centri di ricerca, ha unito la sua esperienza centenaria nella formulazione cosmetica alla tecnologia lanciando una particolare soluzione di bellezza: Haku i-Device, maschera per il viso che funziona collegando i due elettrodi al proprio iPhone e scaricando un’apposita app per attivare un trattamento di dieci minuti che agisce sugli inestetismi. È tutto molto semplice. Per intensificare il risultato si può applicare una base di crema abituale, quindi si procede fissando sul viso la maschera di cotone completa di una coppia di elettrodi e di un jack che devono essere fissati all’iPhone, e non resta che mettersi comode e scaricare Come agisce L’idea è di Shiseido, fa tutto da sola: purifica, contrasta le macchie, stimola l’idratazione Sul viso La maschera in cotone di Shiseido con i due elettrodi da collegare all’iPhone. Per ora è in vendita in Giappone (o sul sito giapponese di Shiseido). Presto in Italia l’app che fa tutto da sola: purifica l’epidermide, contrasta macchie e stimola l’idratazione. Ogni confezione è già completa di maschera ed elettrodi e facili spiegazioni per collegarsi all’app. Addio a cetrioli e maschere di vecchia generazione. Tecnologia e esperienza cosmetica permettono di ottimizzare i tempi e poter usufruire di un trattamento da istituto anche a casa. Unico problema: la maschera dal nome futuristico è, al momento, in vendita solo in Giappone, ed è diventato l’oggetto più richiesto per chiunque si appresta a volare nel paese del Sol Levante. In Italia nei prossimi mesi. G. Gh. © RIPRODUZIONE RISERVATA 34 Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera TEMPI LIBERI La mostra Abitare Questa è la mia casa Volti Fino al 31 gennaio, la mostra «Paris Match: Henri Samuel and the Artists he commissioned, 1968-1977» alla Galleria Demisch Danant di New York, propone le idee innovative di Henri Samuel (1904– 1996, nella foto), uno dei maggiori artisti dell’arredo. Di origini francesi, negli anni 60 e 70, riuscì a «inventare» uno stile per alcune delle famiglie più in vista, come i Rothschild e i Vanderbilt, portando nelle case le opere degli artisti contemporanei. L’esposizione si basa su accostamenti di pezzi di varia natura, per raccontare l’eclettismo di Samuel, che amava mescolare gli stili: dalla console «Elice» di François Arnal (1968) alle sedie firmate da Sanejouand (1971). Così Henri Samuel arredava con l’arte contemporanea Nordica e liberty: la villa sul lago ha ritrovato la bellezza vissuta Paolo Schmidlin e l’affascinante recupero di una dimora lombarda Dall’alto: in camera, un manichino con un abito di inizio ‘900: era della contessa belga Nelly Pierreard, prima proprietaria della villa; uno dei putti posti all’ingresso. A destra, Paolo Schmidlin accanto a un busto femminile della fabbrica viennese Goldscheider S ette minuti di funicolare e siamo a Brunate, settecento metri sopra il lago di Como, località di agiate vacanze e oziose solitudini dai tempi della Belle Époque. Famosa per i boschi, le sorgenti e le superbe ville in stile eclettico e liberty, quasi tutte costruite in luoghi appartati e con vista mozzafiato, tant’è che ancora oggi Brunate è chiamata il «Balcone delle Alpi». Tira aria di neve, e i pini e le statue solitarie del giardino di Villa Pierreard Marinoni Schmidlin rabbrividiscono sotto la galaverna. Tre piani slanciati in verticale lungo la strada che dalla parrocchiale di sant’Andrea porta alla passeggiata del Pissarottino, la zona più chic di Brunate. Esterni affrescati e preziosamente rifiniti in ogni smusso di spigolo, cancelli in ferro battuto (presumibilmente di Alessandro Mazzucotelli, il più bravo dei ferrobattutisti liberty), terrazzi aggettanti sul vuoto, a «nido d’aquila», la casa — una versione europea e lacustre della solitaria villa americana Uomini&oggetti E Breuer mise «la bici» in poltrona Ma che fatica trovare il tubolare di Edward Hopper? — fu costruita alla fine degli anni Dieci per una contessa di origine belga, Nelly Pierreard. Lo stile infatti è quasi nordico, floreale solo a metà, più che ai nostri D’Aronco e Sommaruga fa pensare alle linee moderniste di un Van de Velde o addirittura di un Horta. «Una casa splendidamente complicata. Causa di fortissimo amore da vent’anni — confessa Paolo Schmidlin —. Quando la vidi era in stato disastroso, abbandonata al suo destino, come tante bellissime ville e alberghi del passato, e non solo a Brunate. Penso all’Hotel Des Bains, al Lido di Venezia, memorie viscontiane abbandonate alla desolazione. O al Bellevue di Andermatt, nel cantone di Uri, lo visitai qualche anno prima che fosse abbattuto nel 1986 con una carica di esplosivo. Ne restai affascinato, l’albergo sembrava riposare, come una vecchia nobildonna stanca di vivere. Riuscii a recuperare qualche cimelio». Poi, l’artista-proprietario continua: «Alcuni accessori da bagno, in vetro e metallo cromato, sono ora a Brunate. Con qualche piatto con il fregio dell’Hotel in blu e oro, qualche cornice e due appliques che ho collocato all’ingresso della villa. E così, quando acquistai casa Pierreard, decisi che avrei cercato di recuperare la perfezione di tanta bellezza ma senza infierire, lasciandole tutte le sue belle rughe. Ha in mente Anna Magnani? “Ci ho messo una vita a farmele venire” diceva». Bellezze vissute, nella camera padronale, accanto al letto appoggiato a un tendaggio di succhi d’erba, speculare a un busto femminile di Goldscheider, i ritratti delle nonne, quella materna (Erna Biser, svizzera tedesca), bionda con gli occhi azzurri, e quella paterna, bruna con lo sguardo imperioso (Anna Reinhardt, celebre designer di mobili, negli anni 20) «è morta nel 2006 a 102 anni, ma non è mai stata vecchia». Paolo Schmidlin è un artista sensibile. Sempre alla ricerca del tempo perduto. Ama i luoghi in ombra, la polvere, le rose fané, le bellezze sfiorite. È un autore molto apprezzato da Vittorio Sgarbi, con cui sta allestendo una mostra a Ravello. Tra i progetti del 2015 c’è una rassegna dedicata a Marilyn Monroe, splendida ancorché priva di vita e scolpita nel suo momento terminale, in preparazione in Lichtenstein. E le Atmosfera La villa di Brunate sul lago di Como: nella foto grande, la zona lettura in stile liberty; dall’alto, la cucina; il salotto «orientale»; l’esterno della villa; la scala a chiocciola con gli affreschi Fotoservizio di Marco Scarpa/ Skorpionpress Scelte «Ho voluto far rinascere la perfezione di casa Pierreard rispettando le “rughe”» sue «Lana Turner» e «Joan Crawford», in versione agé, saranno parte di un progetto dalla tematica intrigante dedicato alle vecchie star hollywoodiane. A Brunate Schmidlin non lavora, ma pensa i progetti che poi realizzerà nello studio milanese. Pensatoio è però un termine riduttivo. Il liberty riportato a nuova vita nella casa di Brunate si articola sulla personalità del suo proprietario come una seconda pelle. Ogni locale è un catalizzatore di memorie. Un percorso dal pubblico al privato a cui si accede salendo la scalinata in marmo che s’inerpica dall’appartamento cinese al piano terra, un salotto orientale che è luogo di relax, di conversazione e lettura, all’area più intima, che Schmidlin definisce «mistica e spirituale» al secondo piano. «La casa è un’allegoria del percorso della mia vita. Quello che succederà al terzo piano non lo sappiamo. È un contenitore vuoto, se capita l’affitto. Ma solo per brevi periodi». Melisa Garzonio © RIPRODUZIONE RISERVATA di Marco Vinelli N el 1925, neanche venticinquenne, Marcel Breuer era già direttore del laboratorio di falegnameria del Bauhaus a Dessau. Ma il suo interesse era attirato dal tubolare metallico quale materiale innovativo per realizzare mobili moderni prodotti in serie. L’ispirazione gli era venuta osservando il manubrio della sua bicicletta (di cui si trova «memoria» nella parte superiore dello schienale di sedie e poltroncine), così chiamò Adler, azienda produttrice di biciclette, per farsi mandare una fornitura di tubi al laboratorio di Dessau. Questa trovò assurda la domanda e non rispose nemmeno. Le acciaierie Mannesmann, invece, inviarono prontamente la fornitura richiesta. Così, grazie all’aiuto di un meccanico dell’azienda aeronautica Junker, Breuer poté realizzare la prima poltroncina in tubolare metallico al mondo. La prima versione poggiava su quattro gambe, richiedeva numerose saldature ed era difficile da produrre, così seguirono altri prototipi fino alla versione definitiva, la terza nel 1927, che prese il nome di B3. La B3 risentiva dell’influen- Visionario Marcel Breuer (19021981) sulla sua «B3» nata nel ‘27 za della Red&Blue di Gerrit Rietveld nel 1917, in cui la tradizionale poltrona era stata «spogliata» e scomposta secondo piani elementari e pochi elementi strutturali. La B3 occupava uno spazio pressoché cubico ma grazie al telaio tubolare risultava leggera, una presenza discreta per qualsiasi ambiente. La B3 nella versione finale aveva eliminato le saldature ed era dotata di pattini, schienale tubolare in acciaio chiuso e accessori che richiedevano solo di essere avvitati. Sedile e seduta erano in Eisengarn, un tessuto trattato in modo da renderlo lucido e resistente. Nel 1962 Dino Gavina chiese a Breuer (ed ottenne) di poter produrre i suoi mobili in metallo e per l’occasione la B3 prese il nome di Wassily, quale omaggio a Kandinskij, anch’egli docente a Dessau, a cui Breuer aveva mostrato la B3 in anteprima, ricevendone lodi. La Wassily entrò in produzione con lievi modifiche, approvate dall’autore rispetto alla versione del ‘27, tra cui la sostituzione dell’Eisengarn con la pelle. Oggi la Wassily è un classico ed è prodotta da Knoll. © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 TEMPI LIBERI Aperture Abitare Si è inaugurato nel dicembre scorso il nuovo showroom milanese di Driade in via Borgogna 8 (nella foto: «Glacette Porta Nuova» di Fabio Novembre, uno degli ultimi prodotti). Il progetto è stato interamente realizzato dallo studio David Chipperfield Architects ed è la prima espressione del lavoro congiunto tra l’azienda e il nuovo art director, Chipperfield, appunto. Lo spazio si sviluppa su una superficie di circa 500 metri quadrati disposti su tre livelli e con un dehors esterno. Il nuovo punto vendita vuole essere non solo un negozio ma anche una vera galleria espositiva. Qui verrà proposta una selezione di oggetti e arredi, da quelli «iconici» alle ultime novità prodotte. Driade, a Milano il nuovo showroom firmato Chipperfield Le idee 35 ●Dietro il giardino di Carlo Contesso Così da una foglia «incidentata» nasce una pianta da regalare S Quei detective del valore artigiano Una nuova piattaforma per creare una mappa del saper fare italiano nelle botteghe «Non ci interessa l’e-commerce, quello che importa è trasmettere l’esperienza» U na fonderia all’opera come una fucina di Vulcano, vecchi telai su cui prendono corpo trame moderne, il fumo che nasce dalla stagnatura di un’elegante casseruola in rame, lane colorate trasformate in feltro da mani operose. Botteghe, nelle quali la presenza dell’uomo è tangibile. E una serie di immagini che le raccontano, assieme ai loro «padroni di casa»: gli artigiani. Nello spazio in coworking alla Centrale Fies, non lontano da Trento, Eleonora Odorizzi e Andrea Miserocchi sono alle prese con gli ultimi ritocchi su alcuni screenshot. Schermate di volti, luoghi, testi narrativi: a colpo d’occhio sembrerebbe un portale simile ad altri, nati per promuovere le eccellenze artigianali italiane. Ma, navigando tra le pagine web, nes- 1 4 2 5 3 6 A breve online «Italian Stories» da metà gennaio: un’idea di Eleonora Odorizzi e Andrea Miserocchi suna traccia di oggetti da acquistare. Eppure qualcosa da comprare c’è. «Un’esperienza. Il racconto di una bravura. Antiche competenze svelate. Da provare di persona, sul posto», spiegano Eleonora e Andrea, architetti, coppia nella vita e sul lavoro, ideatori della piattaforma (a breve online, grazie a un finanziamento della Comunità europea) «Italian Stories» (www.italianstories.it). C’è il ceramista, un’orafa, chi fa mobili decorati o i cappelli, il tornitore, il panettiere, chi realizza passamanerie: «Artigiani diversi ma con un elemento in comune: la voglia di entrare in relazione con chi li andrà a trovare, e di condividere un momento del proprio lavoro». Un’idea semplice — offrire una visita e un’attività in una botte- La rete, usata come piattaforma di scambio a 360 gradi: «Facebook e Instagram, per creare una community di appassionati, viaggiatori ma anche di artigiani: molti ormai usano i social ma senza sfruttarli al meglio, invece noi li spingiamo a farlo per condividere informazioni, incrociare contatti. E avere una finestra verso l’esterno: aiuta a trovare stimoli per innovare», dice Eleonora, la più nerd del gruppo: «Noi stessi lavoriamo col web; siamo in otto tra il Trentino e l’Abruzzo, più altri in giro alla scoperta di nuove botteghe: “ambasciatori” che stiamo incrementando attraverso la rete, per averne in tutt’Italia». In questi giorni l’avvio della piattaforma («Solo per gli artigiani, perché imparino a gestire la propria pagina e le prenotazioni delle visite») e poi via li- La consapevolezza «La vendita? Arriva se si sa comunicare: i creatori sottovalutano ancora questo aspetto» 7 Al lavoro In alto Eleonora Odorizzi e Andrea Miserocchi nel loro ufficio in coworking alla Centrale Fies di Dro (Trento, foto Matteo Rensi). Qui sopra: 1 Il rame della famiglia Navarini; 2 La fonderia Dorigatti; 3 Il mastro liutaio e violoncellista Gianmaria Stelzer; 4 L’orafa Federica Pallaver; 5 Macmamau, specializzati in arredi e decorazioni; 6 La ceramista Giorgia Brunelli; 7 Su Marmuri, cooperativa tessile; 8 Lucia D’Amato che lavora il feltro; 9 La ceramica tradizionale di Bontempo (foto Claudia Corrent) 8 ga italiana — che per la prima volta mette in luce la persona, e non l’oggetto: «È stato lo scoglio contro cui ci siamo scontrati: gli artigiani fanno fatica a staccarsi dal concetto del prodotto da vendere e a vedere un valore nel trasmettere il proprio sapere», raccontano loro, che hanno selezionato da soli il nucleo di avvio (una trentina di botteghe) per un test in prima persona. Tipologie varie, con alcuni punti fermi comuni: «La storicità, l’unicità del manufatto, la presenza di un piccolo museo, la rilettura in chiave moderna di competenze classiche, il legame con il territorio». E proprio quest’ultimo 9 aspetto apre un ulteriore scenario: «Molte botteghe si trovano in località sperdute, in un bosco, tra le valli ma persino dentro cortili di vecchi edifici nelle città. Andare a scoprirle diventa l’occasione di un grand tour in luoghi inaspettati. Spesso accompagnati dagli stessi artigiani». Il panettiere produce con grani antichi coltivati e macinati da lui, il liutaio sceglie di persona il legno giusto nei boschi vicini, il ceramista dipinge motivi storici con pigmenti di derivazione locale: «Realtà uniche, perché basate su tipicità geografiche e culturali: anche questo diventa ingrediente dell’esperienza». bera a tutti: «Su Facebook già da mesi ci chiedono le esperienze in bottega, si propongono. Un videomaker francese ci ha scritto per realizzare un film tv di 5 minuti con 5 storie come esempio di saper fare italiano». Come dire, dal reale al virtuale, andata e ritorno. Dalle prime 30 botteghe l’obiettivo è averne entro l’anno online un centinaio («Le abbiamo già scelte») ma il vero traguardo è un altro: «Contribuire a creare la consapevolezza del valore di essere artigiano, come succede in molti paesi del mondo, attraverso la possibilità di far circolare idee e competenze. In rete e sul territorio». Chissà che la rivincita dei maker italiani non passi da qui. Silvia Nani © RIPRODUZIONE RISERVATA eppur con certe restrizioni i mercati di fiori talvolta aprono la vendita al dettaglio. Se ve n’è uno dalle vostre parti val la pena farci un salto, non si sa mai cosa si può trovare. Per capriccio vi ho preso due violette africane dai fiori bianchi col margine verde e finemente increspato. Avevo già un certo bagaglio, viaggiavo in treno e la vegetazione succulenta delle Santpaulia è piuttosto fragile, ma me n’ero incapricciato e le ho aggiunte al resto. Mi hanno seguito per mezza Italia finché non sono arrivato a casa dove, guarda guarda, mi sono accorto che due foglie s’erano staccate con appena pochi millimetri di picciolo. Mannaggia. Ma le Santpaulia, come gli Streptocarpus, possono esser riprodotte da talea fogliare, in teoria servirebbe un po’ più di picciolo ma non avevo nulla da perdere a provarci. Bilanciate su una tazzina di caffè colma d’acqua che le lambiva appena, alla luce presso una finestra a est, in meno di un mese hanno prodotto entrambe un ciuffetto di radichette nuove. Le ho invasate con compost senza torba, mischiato con altrettanta fibra di cocco che drena bene pur mantenendo un po’ di umidità, e a breve se tutto continua per il verso giusto spunteranno le prime minute foglioline delle nuove piante. Saranno esattamente uguali alla madre, e ben coltivate potrebbero fiorire in meno di un anno. Ecco, alle volte anche un piccolo incidente può trasformarsi in un’occasione per fare del giardinaggio comodamente in casa, e finire con un pianta in più da regalare. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA 36 Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 TEMPI LIBERI Controcopertina 27esimaora.corriere.it Famiglie Secondo la prima biografa delle Femen, Galia Ackerman, l’età dell’oro del movimento è passata. Per tenere viva l’attenzione hanno dovuto combinarle sempre più grosse, prendendo di mira sempre più spesso la religione cattolica. «L’estremismo però erode i consensi», scrive Anna Meldolesi. Ed è così che Inna e le altre si sono viste scaricare dal partito socialista e dagli opinionisti più influenti di Francia. «Non perché le 37 Le Femen? Modello superato. L’estremismo erode i consensi Femen siano delle barbie isteriche ed esibizioniste, come vorrebbe qualcuno. Ma perché sono delle performer e non delle teoriche: la loro esistenza dipende dalla presenza delle telecamere». Le basi finanziarie del gruppo intanto traballano: quante magliette dovrebbero vendere se ogni manifestante fosse costretta dai tribunali a pagare qualche migliaio di euro dopo ogni performance? ●Identikit di Luisa Pronzato Figli dell’hip hop o Tony Manero Quello che la danza racconta (di noi) E 40enni che non crescono È la sindrome di Hugh Grant Il libro «La sindrome di Hugh Grant», romanzo di Daniele Cobianchi (Mondadori). L’attore inglese (nella foto a destra con Drew Barrymore), un lungo curriculum di successi e di conquiste femminili, è il «campione» di questa nuova tipologia di 40enni, entusiasti della tecnologia ma allergici alle responsabilità A lzi la mano il 40enne «non adulto». Quello che passa le giornate sui gruppi di Whatsapp, chatta su Facebook, si entusiasma per l’ultimo gadget tecnologico e organizza le serate tra eventi e aperitivi. Al matrimonio ci ha pensato, ma quando è arrivato il momento, si è tirato indietro. Si sente giovane dentro, anche se è più vicino all’età della pensione che a quella dell’università. Vuole divertirsi, circondandosi di amici nella stessa situazione. Di simili over 40 ne conosco tanti. Francesco, 48 anni e un buon lavoro in un’azienda del food. Oppure Dario, 42 anni, ingegnere informatico. E ahimè, nel target ci sono anch’io. Lo confesso: ho la sindrome di Hugh Grant. Sono sfuggita alla responsabilità di una famiglia (ho lasciato il fidanzato 20 giorni prima delle nozze) e, come l’attore inglese, pretendo di continuare la mia vita senza troppi cambiamenti, perché tanto c’è tempo. Alla tenera età di 44 anni. Insomma, non sono cresciuta. Preferisco comprare abiti nei negozi per bimbi, dove trovo le minigonne cortissime, e disegno ancora i cuoricini sull’agenda, accanto agli appuntamenti di lavoro. A descrivere il prototipo del baby-adulto alla Hugh è Daniele Cobianchi (scrittore e vicepresidente dell’azienda McCann) nel divertente romanzo «La sindrome di Hugh Grant». Qui, il personaggio principale si chiama Thomas Rimini, ha un po’ l’animo dell’autore (autobiografico?) e rappresenta un’intera generazione di nonmaturi-con-le-rughe, poco inclini al compromesso. «No» al sabato pomeriggio al supermercato. «Sì» al weekend fuori città. Cercano l’amore ma rinviano impegni e responsabilità E la metà sono donne La differenza tra un Peter Pan e uno Hugh Grant? «Il primo vuole rimanere un eterno bambino — spiega Cobianchi — mentre il secondo non ha la capacità di crescere, pur volendo. Thomas è alla disperata ricerca della normalità, che non trova, perché punta alla perfezione». Secondo lo psicologo il fenomeno dipende dall’abitudine a procrastinare. «È legato alla performance umana di riuscire nella vita e nel lavoro — sottolinea Marco Depolo, psicologo dell’università di Bologna —. C’è la paura di fallire, di conseguenza gli impegni si ●Tendenze di Costanza Rizzacasa d’Orsogna Mordiamoci la lingua e torniamo al telefono È l’era del mordersi la lingua, e basta farsi un giro su Twitter per capirlo. Ruffianerie ai potenti, banalità, gattini: un campionario di frustrati autocensori. Ci siamo (finalmente?) resi conto che tutto ciò che postiamo ha conseguenze, ingiuste o sacrosante poco importa. Che una manciata di caratteri può rovinarti l’esistenza. Bersaglio di un nugolo di troll, presi di mira dal politico che abbiamo osato criticare. Vittime dei nostri stessi gadget. Ma chi te lo fa fare? «Riscopriremo le gioie del telefono analogico», ironizzava il New York Times all’indomani del cyberattacco contro Sony. Mentre Slate pubblica a monito il doloroso racconto di un reporter licenziato per un tweet («Come ho potuto, padre di due figli, essere così miope ed egoista da rischiare uno stipendio per il mio narcisismo?»). Finita l’età dell’innocenza. Condividere il flusso dei nostri pensierini è stato divertente, chiosa Medium, ma se una battuta può costarci la carriera, una foto la reputazione, allora viva il «non lo posterò». Perché Internet è come il cortile della scuola, ma con miliardi di studenti. L’hacker delle foto «nature» di Scarlett Johansson sconterà dieci anni, ma quegli scatti sono ovunque. È la comunicazione digitale, e non la puoi fermare — e siamo stati noi a renderla così. Nessun luogo è sicuro. Le foto di Snapchat non si autodistruggono del tutto, app dell’anonimato come Whisper registrano tutti i nostri movimenti. Così i social diventano una spirale del silenzio. Postiamo ciò che è innocuo, non retwittiamo neanche più. Non solo conformismo: è salvare la pelle. Pazienza se si uccide quella libertà di cui Twitter & C. s’erano fatti una bandiera, che tanto non lo erano davvero. Ma questo tienitelo per te. © RIPRODUZIONE RISERVATA spostano in avanti». L’atteggiamento ha pro e contro. «Il rimandare può essere un meccanismo di difesa — precisa Depolo —, in attesa del momento giusto, oppure può diventare controproducente, perché “raccontarsela” vuol dire prendersi in giro da soli». Quando ho comprato il titolo di Cobianchi, pensavo di leggere qualcosa sul mio ex. Luca: 44 anni, dirigente in una grande multinazionale. Manager perfetto, senza una vita privata. Nessuna relazione lunga alle spalle, tanto meno una convivenza. Le informazioni sul romanzo mi hanno dato questa impressione: «Quarantenni disperati, adulti bambini, felici depressi, sognatori disillusi, innamorati alla ricerca dell’amore. E quando l’opaca lucidità di non tradire se stessi li sbatte per terra, è la fragilità a prendere il sopravvento, e a dar loro la forza di rimettersi in piedi». Ecco Luca. Invece, fin dalle prime pagine, ho capito che il romanzo parlava di me. Thomas sono io, come molti miei coetanei a Milano. Uomini e donne. «Ho dovuto calcare un po’ la mano per caratterizzare il protagonista principale — sottolinea Cobianchi — mettendogli uno spritz in mano e mandandolo a una festa Anni Settanta. Dargli una superficialità che non ha. Perché Thomas si rende subito conto di non avere le phisique du role, né la testa. Ha la libertà e non se la gode. Si sente vuoto. Lì, inizia il suo dramma». Ho letto il romanzo d’un fiato, cercando il lieto fine. Nelle ultime pagine il personaggio riflette sui suoi errori e finalmente matura. Ok, c’è speranza. Paola Caruso © RIPRODUZIONE RISERVATA stroversi, gli appassionati di ritmi caraibici, timidi, i ballerini di trenini, macarene o meneito, impegnati e puntigliosi, quelli di danza moderna. Nel ballo si esprimono emozioni, personalità e caratteri. Li raccontano i movimenti del corpo che definiscono forme e messaggi dei passi e della cultura che si crea intorno a ogni tipo di danza dando vita a gruppi che si riconoscono dall’abbigliamento agli stili di vita. Vere e proprie tribù che si posso identificare sia tra chi balla per competizione sia tra chi lo fa per divertimento. Uno studio condotto da Just Dance 2015, il videogioco di ballo creato dagli sviluppatori di Ubisoft, ha coinvolto un centinaio di maestri di danza per definirne caratteristiche e profili. Ribelli i rock’n’rollers e i figli dell’hip hop anche se con sfumature diverse: conoscenza del panorama e della storia musicale approfondita, i primi considerano la musica sfogo e strumento di contrapposizione sociale. Protagonisti di una «ribellione positiva» e determinati nel raggiungere i loro obiettivi, i secondi sono soprattutto bastian contrari che pensano di cambiare il mondo attraverso parole e passi. I ballerini di danza moderna possiedono spesso personalità precise e schematiche che mettono in campo con una grande capacità di concentrazione nel lavoro e nell’allenamento. Potrebbe infastidire quel controllo in ogni occasione ai piedi (per assicurarsi che siano disposti sulle 10.10), ma è parte di una tendenza alla precisione sia per quanto riguarda le coreografie si per la forma estetica. Quasi quanto i Tony Manero, danzatori del sabato sera che sfoggiano elaborate acconciature e look alla moda. Discotecari frenetici e spudorati al buio del locale. In realtà timidi e insicuri, individualisti che finiscono per ballare da soli accanto alle casse. I Latinisti, ovvero gli eccentrici dei passi latinoamericano, mostrano il temperamento gioioso con abiti fasciati e pieni di strass delle donne e camicie sbottonate degli uomini. Il loro carisma sta soprattutto nella tendenza a contagiare chiunque li avvicini nella visione colorata del mondo e nella danza. © RIPRODUZIONE RISERVATA 38 Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera UN FANTASTICO 15 mesi di informazione con Corriere Digital Edition SCOPRI LA PROMO SU: WWW.CORRIERE.IT/PROMOAPPLE Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 39 # Economia % "''' !'" 1 ' !"! '% 22 "'' & ' &&, ! & !2" """ & '!'' ! " ' 2).# Ï 2# Ð 2(# Ð 2-# Ð 2.# Ð 2.# Ð 2# Ð 2)# Ï 0$ Ù /& /& /& /& "'! "'' ''' "'"" & $ 2)# 2# 2.# 22# Ð Ð Ð Ð # '"' , -.**( "' '!' ' , .-*2*.2 ' '!"! '" , 2*2-*-2 !'' " "' , -2*2* ' !'' " La Lente di Massimo Sideri Amazon nel 2014 perde il 22%? Una teoria «salva» Bezos N on guardate all’andamento delle azioni in Borsa perché se quando saliranno del 10% riuscirete magari a sentirvi più intelligenti del 10% quando scenderanno vi sentirete più stupidi del 10%. Mao Tse-tung? No, Jeff Bezos. Il fondatore e azionista di Amazon racconta spesso la sua teoria sull’indice azionario ai propri dipendenti: Wall Street, insomma, sarebbe come un pericoloso termometro che misura le capacità psicoattitudinali di chi possiede la titolarità delle azioni facendogli credere di poter controllare il proprio conto in banca e, dunque, il proprio destino. Come ricetta psicoazionaria non solo è originale ma nasconde anche un innegabile fondo di verità. Però il 2014 deve avere messo a dura prova lo stesso Bezos e la sua formula: per Amazon è stato un anno nero, anzi da potenziali «Stupidi al quadrato» a dare credito alla sua teoria. L’amministratore delegato di Amazon ha perso 7,4 miliardi di dollari con il calo delle azioni della società, che nel 2014 hanno perso il 22%. Per Amazon è l’anno peggiore dal 2008, quando i titoli avevano perso il 44%. A fare i conti è stato il Wall Street Journal: Bezos ha 84 milioni di azioni, il 18,3% della società, con un valore attuale di 26,1 miliardi di dollari. Fortuna che Bezos lo aveva detto in tempi non sospetti. @massimosideri © RIPRODUZIONE RISERVATA Effetto Bce, euro e spread ai minimi Draghi ai tedeschi: deflazione pericolosa quanto un’alta inflazione. Interventi straordinari Il cambio scende a 1,20. Differenziale con i Bund a 125 punti. Milano in rialzo dello 0,46% Parla direttamente ai tedeschi il presidente della Bce, Mario Draghi: è l’opinione publica di Berlino che va convinta che «i prezzi in calo sono pericolosi tanto quanto un’alta inflazione» e che dunque rientra tra i poteri della Bce comprare anche titoli di Stato. «Il rischio di non rispettare il nostro mandato sulla stabilità dei prezzi è più alto di sei mesi fa», ha spiegato Draghi in un’intervista al quotidiano Handesblatt, ricordando che da mesi l’inflazione in Eurozona è a 0,3% contro un livello del 2% stabilito dai trattati: il rischio di deflazione «non è escluso ma è limitato». Per i mercati è stato un indizio ulteriore che la Bce si prepara al quantitative easing (Qe), cioè all’immissione massiccia di liquidità sul mercato attraverso l’acquisto di titoli pubblici, sia pure non direttamente dagli Stati. La riunione del consiglio della Bce del 22 gennaio potrebbe essere decisiva, anche se resta l’incertezza visto che tre giorni dopo si terranno le elezioni in Grecia. «Siamo nella fase tecnica di preparazione per modificare le dimensioni, la velocità e la composizione delle nostre misure all’inizio del 2015, se queste dovessero essere necessarie, per reagire a un periodo troppo lungo di bassa inflazione», ha spiegato Draghi in riferimento al Qe. E in questo«esiste unanimità in seno al Consiglio direttivo della Bce». Tre mesi a Piazza Affari FTSE MIB LO SPREAD BTP/BUND 19.918 CAMBIO EURO-DOLLARO Ieri 125 punti base Ieri +0,62% 175 Ieri 1,20052 (-0,80%) 1,30 19.529 1,28 1,26 18.751 1,24 125 18.362 di Federico De Rosa 1,22 17.973 100 13 27 10 24 8 22 ott nov dic 1,20 13 27 10 24 8 22 ott nov dic 13 27 10 24 8 22 ott nov dic d’Arco La parola ● Il quantitative easing è l’immissione di liquidità nel sistema finanziario attraverso l’acquisto di titoli, compresi i bond di Stato. La Bce potrebbe varare il Qe accanto alle misure già in atto come i prestiti alle banche Tltro e gli acquisti di titoli Abs e covered bond La conseguenza delle parole di Draghi è stata comunque che l’euro si è ulteriormente indebolito sul dollaro scendendo ai minimi da 4 anni e mezzo a 1,20; lo spread btp/bund è sceso a quota 125 e il Bonos spagnolo è sceso sotto quota cento. Anche le Borse, nella prima seduta dell’anno, hanno reagito bene, almeno quelle dei Paesi potenzialmente più interessati dal Qe: Milano +0,62%, Madrid +0,80%, Atene +1,2%, mentre hanno chiuso in lieve calo Francoforte e Parigi. Circa l’economia europea, Draghi preferisce parlare di «un esteso periodo di debolezza più che di una crisi». Il dato dell’indice manifatturiero Pmi di dicembre lo conferma: in Eurozona è salito a 50,6, sotto le attese di 50,8 dal precedente 50,1 di novembre, e in Italia è sceso a 48,4 da 49,0 di novembre (sotto 50 è contrazione). Ma non serve solo la politica monetaria, avvisa Draghi: «La triade di debolezza di riforme, la burocrazia e la pressione fiscale ostacolano il recupero in Europa. Se non risolviamo questo, la nostra crescita resta debole». L’Europa ha il più alto carico fiscale al mondo, che è un «grave svantaggio competitivo». Per questo «tutti» i paesi dell’eurozona dovrebbero fare di più, compresa la Germania. Ieri l’Italia ha presentato conti in miglioramento: il fabbisogno nel 2014 si è ridotto di 3,5 miliardi a 76,8 miliardi, con un avanzo a dicembre di 5,1 miliardi (da 15,5 miliardi del 2013), a causa tra l’altro dello sconto fiscale degli 80 euro. Fabrizio Massaro 76,8 miliardi Il fabbisogno dello Stato per il 2014 valutato in euro. Dato in miglioramento di 3,5 miliardi sul 2013. Per dicembre il fabbisogno è stimato in 5,1 miliardi © RIPRODUZIONE RISERVATA In Italia Fca sale al 27,7% del mercato. La leadership in Brasile con la Palio ● Il ceo di Fca, Sergio Marchionne, ha definito la nascita della 500X «l’inizio di una nuova fase di sviluppo» per il gruppo. La vettura è la prima nata dalla collaborazione tra Fiat e Chrysler. Con la 500X Marchionne punta alla leadership europea dei crossover compatti Autostrade, assegno da 403 milioni per stop a Ecomouv 150 19.140 Fiat, l’avventura americana della 500X Strategia ● Il caso Partirà l’8 gennaio dal porto di Salerno il primo carico di Fiat 500x destinato agli Stati Uniti. La nave arriverà l’11 gennaio a San Diego, in California, passando dall’Inghilterra per Southampton. E’ la conferma del messaggio che lo spot «L’anno che verrà», in onda in questi giorni, sta cercando di trasmettere: Ferrari, Maserati, Fiat come un tassello chiave del made in Italy. Come l’arte, la cultura, la moda, il cibo. In Australia, nella serata conclusiva di «MasterChef» al vincitore è stata consegnata «una bellissima macchina italiana», tout court, senza neppure menzionare il marchio (Fiat è main sponsor). «The Economist» ha titolato «Esporta o muori», constatando che molti produttori italiani, anche piccoli, sono ancora troppo concentrati sul mercato domestico, a differenza di tedeschi o spagnoli. Fiat Chrysler Automobiles punta ormai su una rete distributiva globale. Facendo leva sul momento magico che vivono gli Usa, invia auto in Nord America, Canada e America Latina (solo la Renegade verrà costruita in loco), pronta a estendere la diffusione in 100 paesi, tenendo in vita le fabbriche italiane. I primi segni di questo impulso sono già visibili a Melfi, dove vengono costruite la Jeep Renegade e la 500X: è stato effettuato il terzo sabato lavorativo straordinario, su due turni, per complessive 600 vetture. E il 29 dicembre a Fiumicino è atterrato il primo Airbus A320 Alitalia con l’immagine della Jeep Renegade estesa su tutta la fusoliera. La prima Jeep fabbricata fuori dagli Usa. Per il tredicesimo anno consecutivo, Fca è risultata leader nelle vendite in Brasile con Fiat che ha conquistato una quota di mercato del 21%, distanziando il concorrente Volkswagen di oltre 119mila unità. Per Cledorvino Belini, ceo di Fca per l’America Latina, «la leadership è conseguenza di una efficiente gestione della produzione e del costante monitoraggio del mercato per anticipare le mutazioni». Bilancio positivo anche in Italia dove nel 2014 Fca ha venduto 377 mila vetture, con un incremento dello 0,75%, arrivando al 27,7% di quote di mercato. A dicembre le immatricolazioni complessive sono salite del 2,35% facendo chiudere l’anno con un aumento del 4,21% a 1.359.616 unità. Bianca Caretto © RIPRODUZIONE RISERVATA La 500X ● La Fiat 500X è il terzo modello della gamma «500» realizzato dalla Fiat pensando soprattutto al mercato Usa. Si tratta di un suv di medie dimensioni prodotto nello stabilimento di Melfi dove viene realizzata anche la Jeep Renegade e dove veniva prodotta la Grande Punto, la cui evoluzione del pianale (Fga Small) nato nel 2005 ha fornito la base per la 500X e la Renegade. La partenza L’8 gennaio dal porto di Salerno partirà la prima nave con le 500X destinate agli Usa Autostrade ha iniziato il 2015 con il piede giusto. Non solo per il rincaro dei pedaggi. Il nuovo anno del gruppo controllato da Atlantia si è aperto con l’annuncio dell’arrivo di un maxirisarcimento dalla Francia per la fine di Ecomouv, il consorzio che avrebbe dovuto riscuotere l’ecotassa sui mezzi pesanti in transito sulle strade francesi. Atlantia aveva il 70% del consorzio che però non è mai partito a causa della sospensione della tassa, poi revocata dal governo di Manuel Valls. A giugno era stato firmato un accordo in cui il governo francese aveva riconosciuto la propria responsabilità nonché accettato di rimborsare il consorzio per la revoca anticipata del contratto, per la quale era già prevista una penale di circa 800 milioni di euro. E ieri Atlantia ha dato notizia che il 2 marzo verrà versato a Ecomouv un assegno di 403 milioni come indennità netta. La cifra copre i costi, anche sociali, di liquidazione del consorzio, oltre al ristoro degli investimenti e la remunerazione del capitale. A cui vanno aggiunti il riacquisto degli apparati e l’accollo da parte dello Stato dell’intero debito del progetto. Una buona notizia che Atlantia ha festeggiato anche in Borsa chiudendo la prima seduta dell’anno con un rialzo di oltre il 3%. © RIPRODUZIONE RISERVATA Per la pubblicità legale e finanziaria rivolgersi a: Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano Tel. 02 2584 6665 - Fax 02 2588 6114 Via Campania, 59 C - 00187 Roma Tel. 06 6882 8650 - Fax 06 6882 8682 Vico II San Nicola alla Dogana, 9 80133 Napoli Tel. 081 49 777 11 - Fax 081 49 777 12 C.so Vittorio Emanuele II, 60 - 70122 Bari Tel. 080 5760 111 - Fax 080 5760 126 RCS MediaGroup S.p.A. Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano 40 Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera ECONOMIA # Dichiarazioni infedeli e fraudolente Quando scatta il reato Fisco, cosa prevedono le nuove regole sull’abuso di diritto La vicenda ● Pugno di ferro con chi froda volontariamente il Fisco. È questa la ratio ispiratrice del decreto attuativo della delega fiscale sulla certezza del diritto, approvato nel Consiglio dei ministri del 24 dicembre. Il decreto si divide in tre capitoli: definizione dell’abuso del diritto o elusione, revisione del sistema sanzionatorio contro l’evasione e dialogo Fisco contribuenti È una rivoluzione fiscale quella appena varata dal governo con il consiglio dei ministri della vigilia di Natale. E che traduce in regole operative la delega fiscale ereditata dal precedente governo. Il premier Matteo Renzi l’ha chiamato un nuovo «patto» fiscale. Un patto che ambisce a cambiare i rapporti con i contribuenti ma che aumenta anche le pene per i furbetti nullatenenti che dichiarano al fisco zero euro. I mancati versamenti La soglia penale per il mancato versamento dell’Iva a 150 mila euro Il decreto si divide in tre capitoli: definizione dell’abuso del diritto o elusione, revisione del sistema sanzionatorio contro l’evasione e istituzione dell’adempimento collaborativo. Il primo punto, quello sull’abuso di diritto, fa chiarezza su un vuoto normativo che, come spiega Tommaso Di Tanno, professore di diritto tributario all’Università di Siena, «ognuno riempiva a modo suo. Ora la legge stabilisce che abuso ed elusione sono la stessa cosa». Ossia operazioni destinate a produrre un vantaggio fiscale indebito, con un uso distorto di norme legali per aggirare il fisco. L’elusione scatterà quando determinate scelte sono state fatte al di fuori di una logica economica ma con l’unica motivazione di ridurre il carico fiscale e pagare meno tasse. «È stato abrogato il 37 bis - spiega Carlo Garbarino, docente di diritto tributario all’Università Bocconi - facendo tabula rasa di 17 anni di applicazione». Ma non solo perché d’ora in avanti cambieranno anche i procedimenti sanzionatori, con i giudici che non potranno più stabilire responsabilità penali facendo leva sull’abuso di diritto. Il caso più eclatante dell’ambiguità della norma è quello di Dolce e Gabbana, con i due stilisti condannati in prima istanza ma poi definitivamente assolti perché «il fatto non sussiste». L’elusione invece, ha ora stabilito il decreto, sarà sottoposta a sanzione amministrativa e questo cambierà anche il destino di molte inchieste tuttora in corso, soprattutto in ambito bancario, che riguardano nella stragrande maggioranza dei casi operazioni di una certa La guida 1 Nessuna rilevanza penale L’elusione scatterà quando verrà accertato che determinate scelte sono state fatte al di fuori di una logica economica e, nello stesso tempo, con l’unica motivazione di ridurre il carico fiscale. L’elusione, inoltre, ha stabilito il decreto, d’ora in avanti non potrà più avere rilevanza penale. Con ogni probabilità questo aspetto cambierà il destino di molte inchieste tuttora in corso, soprattutto in ambito bancario. 2 Le soglie di evasione Tra le novità più importanti del decreto c’è il pugno duro sulle dichiarazioni fraudolente. Si allungano i tempi di reclusione e in questo modo si abbassa il rischio di prescrizione dei reati per frodi e omesse dichiarazioni. In quest’ultimo caso la pena sarà compresa tra un anno e sei mesi e quattro anni, contro i precedenti da uno e tre anni. Introdotto per la prima volta una soglia per il mancato versamento dell’Iva 3 Cooperazione con le imprese Uno degli obiettivi della delega era migliorare la cooperazione tra Fisco e imprese. Quella che con un inglesismo i tecnici chiamano «cooperative compliance». In sintesi si tratta di rendere operativo un programma di dialogo diretto e costante tra i contribuenti e l’amministrazione finanziaria. Il risultato finale dovrebbe essere la riduzione dei possibili contenziosi. complessità, come quelle sui derivati. Il secondo punto del decreto è tra le novità più importanti del testo e riguarda il pugno duro sulle false dichiarazioni. Si allungano i tempi di reclusione e diminuisce in questo modo il rischio di prescrizione dei reati. E così per l’omessa dichiarazione la pena sarà compresa tra un anno e sei mesi e quattro anni (contro i precedenti da uno a tre anni) anche se la soglia salirà da 30 mila a 50 mila euro. In caso di dichiarazione «fraudolenta», la pena resta compresa tra un anno e sei mesi e sei anni così come la soglia dopo la quale scatta il reato che resta a 30 mila euro. Gli importi salgono invece nel caso di dichiarazione infedele: da 1 a tre anni di reclusione in caso di evasione di imposta superiore a 150 mila euro (contro i precedenti 50 mila) e di imponibile di 3 milioni (da 2 milioni). Ma per la prima volta anche per il mancato versamento dell’Iva viene introdotta una soglia, di 150 mila euro, con la pena da sei mesi a due anni di reclusione. Uno degli obiettivi della delega era migliorare la cooperazione Fisco-imprese e qui si arriva al terzo punto del decreto, la cosiddetta «cooperative compliance»: un programma di dialogo diretto e costante tra contribuenti e amministrazione finanziaria che dovrebbe ridurre i possibili contenziosi. Anche se, ha fatto notare il presidente della Commissione Finanze della Camera, Daniele Capezzone, la novità è riservata, per ora, solo alle imprese oltre i 10 miliardi di euro di fatturato. Escludendo di fatto tutte le piccole e medie imprese. Corinna De Cesare corinnadecesare © RIPRODUZIONE RISERVATA Confindustria Meno giovani al lavoro: gli over 55 saliti di 1,1 milioni Durante la crisi gli over 55 con un lavoro sono aumentati: più 1,1 milioni. L’altra faccia della medaglia è il calo degli occupati tra i 25 e i 34 anni: meno 1,6 milioni. Lo rileva il centro studi di Confindustria. Per gli over 55 il tasso di occupazione è salito al 46,9% nel terzo trimestre 2014 dal 34,2% dello stesso periodo del 2007. Per i giovani, invece, il tasso di occupazione è sceso di 11,2 punti a 59,1%. Il divaricarsi della forbice è comune a quasi tutte le economie europee. Più accentuato, però, nei Paesi con la maggiore contrazione della domanda di produzione. Nella Ue l’Italia è quarta per incremento nel 2007-2013 del tasso di occupazione tra i lavoratori «anziani», dietro a Germania, Polonia e Paesi Bassi. Ed è quarta anche per dimensione della caduta del tasso di occupazione tra i «giovani», preceduta da Grecia, Spagna e Irlanda. Il centro studi di Confindustria precisa che non sono i senior a «rubare» posti ai giovani. Anzi, dove maggiori sono gli incrementi dell’occupazione di persone più avanti negli anni, più elevata è anche l’occupazione giovanile. In Italia, a favorire il fenomeno, anche la riforma Fornero delle pensioni e il rapido invecchiamento del Paese. Ri. Que. © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 ECONOMIA Petrolio In pochi lo ricordano, ma neanche sei anni fa il petrolio costava molto meno di oggi. Erano 34 dollari al barile nella primavera del 2009, oggi sono poco più di 50, con le quotazioni ora tornate su valori che non si vedevano — appunto — da quasi sei anni. Nel 2009 il crollo dei prezzi del greggio era una risposta del mercato all’improvvisa crisi scoppiata dopo il crac di Lehman Brothers nel settembre 2008. Oggi, rovesciando un po’ le carte, la «depressione dell’oro nero» viene vista come una sorta di volano per la ripresa, soprattutto per chi ne ha più bisogno: l’Eurozona, il Mediterraneo e, stringendo il cerchio, l’Italia. In effetti, il 2009 segnò anche l’inizio dei primi segnali di ripresa, tanto per l’economia mondiale quanto per l’Italia. Ma il rimbalzo, sulle rive del Mediterraneo, durò poco. E non solo perché i prezzi del greggio tornarono a salire, fin sopra i 120 dollari già nel 2011. Ma anche perché, in quello il crollo del 50% circa dei prezzi (in puri dollari) deve fare in conti con la conversione in euro. Che certo non annulla, ma comunque annacqua la spinta ribassista della materia prima. Sono però i Paesi produttori di greggio, naturalmente, i primi a essere colpiti dal dimezza- MILANO Le capitali ● Riad Il ministro del petrolio saudita, Ali alNaimi. L’Arabia Saudita ha deciso di non tagliare la produzione di greggio, non fermando il calo dei prezzi ● Washington Il ministro statunitense per l’Energia, Ernest Moniz. Gli Stati Uniti sono allo stesso tempo grandi produttori e consumatori di petrolio ● Mosca Il presidente russo Vladimir Putin. Il crollo del greggio è uno dei fattori dietro la crisi dell’economia russa. Nel 2014 la Borsa di Mosca ha perso il 45% Il crollo del greggio Gli effetti? Costi più bassi in Occidente, ma anche meno export verso i Paesi produttori stesso anno, la tempesta sul debito dell’Europa meridionale contribuì non poco a portare la regione in una nuova lunga recessione. E oggi? L’impatto positivo del petrolio meno caro è prevedibile, come sei anni fa. Ma, come allora, bisogna vedere quanto durerà. Anche perché a tutti i vantaggi del calo del greggio — meno costi, più consumi, più occupazione — si accompagnano degli inevitabili rischi. Che non sono pochi. Innanzitutto c’è l’effetto di un altro calo auspicato da più parti, quello dell’euro sul dollaro: il cambio è sceso fino a 1,20. Due movimenti «positivi» per l’economia — petrolio meno caro ed euro meno forte — rischiano in parte di annullarsi: le quotazioni del greggio scendono ma sono in dollari, moneta che invece si rafforza. Così La discesa verso 50 dollari è un vantaggio o prevalgono i rischi? I mercati e l’oro nero Un calo del 50% in un anno Le quotazioni del petrolio (Brent), in dollari al barile 55,48 dollari, il minimo di ieri 120 100 80 60 (52,03 dollari al barile, il minimo toccato ieri dalle quotazioni del greggio Wti) 40 2010 2011 2012 BRENT: È il riferimento internazionale per le quotazioni del greggio, in dollari al barile (un barile contiene 159 litri di petrolio) I principali produttori di greggio Quota % sul totale mondiale. Dati 2013 2013 2014 ARABIA SAUDITA 13,1 2015 WTI: Le quotazioni «West Texas Intermediate», anch’esse in dollari al barile, sono un benchmark per il mercato statunitense RUSSIA IRAQ 12,8 3,7 CANADA 4,7 VENEZUELA STATI UNITI 3,8 10,7 EMIRATI ARABI UNITI RESTO DEL MONDO 3,7 34,7 KUWAIT 4,0 IRAN CINA 3,7 5,1 La produzione di petrolio del Medio Oriente sul totale mondiale 36,7% 1973 Fonte: Agenzia internazionale dell’energia 31,8% 2013 Corriere della Sera 41 mento delle quotazioni. La Borsa di Mosca, per esempio, nel 2014 ha lasciato sul terreno il 45%. Ieri, con il listino russo chiuso, il petrolio è sceso fino a 52,03 dollari (l’indice americano Wti) e a 55,48 dollari al barile (il riferimento internazionale Brent) durante le contrattazioni. E nel Golfo Persico? L’Arabia Saudita, secondo le stime del Fondo monetario internazionale, ha bisogno quest’anno di un prezzo del petrolio a 106 dollari per garantire il pareggio del bilancio statale. Tuttavia Riad non ha voluto tagliare la produzione per spingere le quotazioni. Evidentemente, il regno saudita ha fatto i suoi calcoli. Dopotutto, il Paese ha le spalle più forti di altri concorrenti della regione per reggere alla tempesta. E prezzi bassi aiutano a rilanciare una domanda di oro nero che è la più bassa degli ultimi sei anni. Tornando in Italia, minori ricavi oggi per i Paesi produttori significano anche una domanda più contenuta di prodotti Il confronto Oggi le quotazioni sono scese fino a 52 dollari, ma nel 2009 erano arrivate a 34 dollari occidentali, quindi meno export per noi, che sulle esportazioni facciamo un discreto affidamento. E le ripercussioni dirette coinvolgono anche gli Stati Uniti, grande produttore e consumatore allo stesso tempo. Nelle praterie americane le estrazioni di «petrolio non convenzionale» (per esempio con il contestato metodo del fracking) hanno garantito una forte spinta occupazionale, ma sono ora meno redditizie. E l’ambiente? Fracking a parte, un greggio meno caro potrebbe distogliere l’attenzione dalle cosiddette fonti alternative, che non costano come il petrolio la metà di un anno fa, ma restano meno inquinanti. Un petrolio decisamente meno caro, insomma, può aiutare. Ma la medaglia ha diversi rovesci. Giovanni Stringa © RIPRODUZIONE RISERVATA Nel «decreto casa» 446 milioni per evitare gli sfratti esecutivi Destinati alle famiglie disagiate e ai morosi «incolpevoli» che però devono fare domanda. Il caso di Roma La vicenda ● Nel decreto Milleproroghe è stata stralciata la tradizionale proroga degli sfratti esecutivi, che possono quindi essere eseguiti. Il governo ha spiegato di aver stanziato 446 milioni di fondi per aiutare le famiglie con difficoltà abitative ROMA Arriva dal «decreto Casa» un aiuto concreto ai cittadini che rischiano lo sfratto. Il provvedimento, varato dal governo Renzi a maggio 2014, ha proprio lo scopo di affrontare l’emergenza abitativa «con uno stanziamento di 446 milioni per quest’anno», ricordano al ministero delle Infrastrutture (più di quanto previsto in passato): 200 milioni sono destinati agli affitti e 226 per la morosità incolpevole. E altri 400 milioni verranno spesi per la ristrutturazione degli alloggi nelle case popolari. Proprio per questo l’esecutivo ha deciso di escludere l’ormai tradizionale blocco degli sfratti dal decreto «Milleproroghe», stoppando la norma entro il 31 dicembre scorso. Al suo posto il governo ha preferito concedere, tramite Regioni e Comuni, a chi vive in condizioni disagiate un bonus per paga- re l’affitto e non finire sul marciapiede. Tutto risolto? Sembra di no. Infatti le associazioni degli inquilini, a cavallo di Capodanno, hanno lanciato un grido d’allarme: «Nei prossimi giorni ci sono 30 mila famiglie che rischiano lo sfratto per finita locazione», avverte Aldo Rossi, segretario nazionale del Sunia, tra i sindacati più rappresentativi. Replicano dal ministero: «Gli aiuti alle famiglie disagiate sono contenuti nel “decreto Casa” e sono già stati ripartiti nei mesi scorsi e trasferiti agli enti locali: ora tocca a Regioni e Comuni il compito di esaminare le richieste dei cittadini e stanziare i fondi a chi è più bisognoso e rientra nei parametri previsti dalla legge». Visto che i soldi una volta tanto ci sono, l’emergenza abitativa sembra sotto controllo. Almeno in teoria: perché allora Aziende Cambio al vertice Seat Pagine Gialle: de Vivo lascia la presidenza Dimissioni per Guido de Vivo, presidente del consiglio di amministrazione di Seat Pagine gialle. Secondo un comunicato dell’azienda, «le dimissioni sono motivate da divergenze relative alla gestione della fase di transizione che condurrà alla scadenza naturale del Cda». da Napoli a Bologna, passando per la Capitale, ci sono centinaia di appelli, lettere e richieste di aiuto per un immediato intervento delle istituzioni volto a scongiurare che migliaia di anziani malati, invalidi, disabili e famiglie con disoccupati e figli piccoli rischino di ritrovarsi con l’ufficiale giudiziario alla porta per sfratto esecutivo? Occorre che i Comuni informino questi malcapitati (che spesso non usano Internet), del fatto che, senza fare domanda, non possono beneficiare del contributo statale per l’affitto. «Solo nella Capitale ci sono 3 mila anziani come me: aiutateci!», è il disperato grido di una settantenne che ha scritto al Comune di Roma: è invalida al 100% con 600 euro di pensione. La giunta Marino si è subito attivata. Sperando non sia un caso isolato. Francesco Di Frischia © RIPRODUZIONE RISERVATA Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera 42 COMMERCIALE estero, arredamento contract ufficio/residenziale. Gestione clienti, scouting, portafoglio clienti, coordinamento funzioni aziendali, sviluppo prodotti, comunicazione, piani di marketing/vendite. Mobile 345.79.56.127 Gli annunci si ricevono tutti i giorni su: www.piccoliannunci.rcs.it [email protected] oppure nei giorni feriali presso l’agenzia: Milano Via Solferino, 36 tel.02/6282.7555 - 7422, fax 02/6552.436 Si precisa che ai sensi dell’Art. 1, Legge 903 del 9/12/1977 le inserzioni di ricerca di personale devono sempre intendersi rivolte ad entrambi i sessi ed in osservanza della Legge sulla privacy (L.196/03). ABILE impiegata tecnico-commerciale e acquisti offresi part-time in Milano. 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Loc. Cur. Debt A Em. Loc. Cur. Debt A-Dis.M Em. Mkt Corp Bd A Euro Corp. Bond A Euro Corp. Bond A-Dis M Euro Short Term Bond A European Bond A-Dis Glob. Bond A-Dis Glob. Equity Income A Glob. Equity Income A-Dis Glob. Inv. Grade.Corp. Bd A-Dis M Glob. Structured Equity A-Dis Glob. Targeted Ret. A Glob. Tot. Ret. (EUR) Bond A Glob. Tot. Ret. (EUR) Bond E-Dis Greater China Eq. A India Bond A India Equity E Japanese Eq. Advantage A Pan European Eq. A Pan European Eq. A-Dis Pan European Eq. Inc. A-Dis Pan European High Inc A Pan European High Inc A-Dis Pan European Struct. Eq. A Pan European Struct. Eq. A-Dis Renminbi Fix. Inc. A Renminbi Fix. Inc. EUR A-Dis US Equity A EH US High Yield Bond A US High Yield Bond A-Dis M US Value Equity A 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 USD USD USD USD USD EUR EUR USD USD USD EUR EUR EUR EUR USD USD USD USD USD EUR EUR EUR USD USD EUR JPY EUR EUR EUR EUR EUR EUR EUR USD EUR EUR USD USD USD 24,430 15,610 14,100 14,280 10,130 15,280 9,910 13,592 8,392 12,207 17,284 12,985 11,043 5,980 5,622 59,150 14,720 11,739 44,440 10,859 13,169 11,906 46,660 10,232 38,720 3523,000 17,710 15,980 11,970 19,190 13,750 15,210 14,460 10,720 10,699 15,040 11,594 10,192 33,400 24,440 15,610 14,030 14,130 10,139 15,250 9,890 13,563 8,375 12,204 17,276 12,978 11,045 5,962 5,617 59,240 14,750 11,729 44,540 10,848 13,161 11,899 46,410 10,174 38,300 3524,000 17,720 15,990 11,970 19,200 13,750 15,220 14,480 10,795 10,764 15,120 11,596 10,194 33,520 Alexander Biotech A Biotech E Biotech I Emerging Mkt Local Curr Debt A Emerging Mkt Local Curr Debt B Emerging Mkt Local Curr Debt F Orazio Conservative A Sparta Agressive A ACQUISTIAMO • BRILLANTI, GIOIELLI FIRMATI, orologi marche prestigiose, coralli, argenteria. 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A NM Q7 Globalflex A NM Total Return Flexible A NM VolActive A NM VolActive I PS - Algo Flex A PS - Algo Flex B PS - BeFlexible A PS - BeFlexible C PS - Best Global Managers A PS - Best Global Managers B PS - Best Gl Managers Flex Eq A PS - Bond Opportunities A PS - Bond Opportunities B PS - Bond Opportunities C PS - EOS A PS - Equilibrium A PS - Fixed Inc Absolute Return A PS - Global Dynamic Opp A PS - Global Dynamic Opp B PS - Inter. Equity Quant A PS - Inter. Equity Quant B PS - Liquidity A PS - Liquidity B PS - Opportunistic Growth A PS - Opportunistic Growth B PS - Prestige A PS - Quintessenza A PS - Target A PS - Target B PS - Target C PS - Titan Aggressive A PS - Total Return A PS - Total Return B PS - Valeur Income A PS - Value A PS - Value B PS - Value C Data Valuta Quota/od. Quota/pre. 31/12 31/12 31/12 31/12 30/12 30/12 31/12 31/12 31/12 31/12 30/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 30/12 30/12 30/12 30/12 30/12 30/12 31/12 31/12 31/12 30/12 30/12 30/12 EUR EUR EUR USD EUR EUR EUR EUR EUR USD EUR EUR EUR EUR EUR EUR EUR EUR USD EUR EUR EUR EUR EUR EUR USD EUR EUR EUR EUR EUR EUR USD 112,470 107,730 87,260 85,680 103,630 108,020 113,010 163,550 122,220 101,980 125,400 83,920 97,800 100,970 101,880 121,080 123,950 124,760 100,110 97,360 103,440 95,310 102,410 105,810 106,050 102,230 110,050 102,930 97,060 111,970 109,990 112,490 107,950 112,630 107,890 87,280 85,690 103,310 107,670 113,000 163,540 122,200 101,970 125,650 83,430 97,800 101,070 101,980 121,780 124,670 124,770 100,110 97,300 103,370 95,320 102,500 105,520 105,760 101,930 109,700 102,860 96,980 111,950 109,640 112,120 107,600 106,150 106,330 104,400 104,640 100,100 97,720 106,170 106,380 104,420 104,700 100,160 97,780 www.pegasocapitalsicav.com 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 Strategic Bond Inst. 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Cap P KIS - Target 2014 X 31/10 31/10 31/10 31/10 29/12 29/12 EUR 876131,658 879597,196 EUR 571052,427 573631,461 EUR 591889,167 593983,763 EUR 536770,822 539139,454 6,798 6,800 EUR 10,554 10,568 EUR 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 29/12 30/12 30/12 29/12 USD EUR EUR USD EUR EUR EUR EUR EUR USD EUR EUR EUR EUR EUR EUR EUR EUR EUR EUR EUR EUR EUR EUR USD EUR EUR EUR EUR EUR EUR EUR EUR EUR 294,870 207,390 209,260 174,970 124,760 129,430 124,590 132,320 135,000 176,600 122,930 125,390 125,210 122,950 125,260 128,310 128,690 101,090 135,080 134,490 137,830 143,150 103,250 106,910 154,740 113,630 116,830 117,920 121,270 123,760 124,180 94,340 99,360 97,860 292,960 206,070 207,910 174,850 124,750 129,410 124,480 132,230 134,890 176,310 122,740 125,190 124,790 122,560 125,560 128,590 128,960 100,930 135,690 134,960 138,200 143,440 103,270 106,930 154,520 113,470 116,660 117,760 121,260 123,730 124,150 94,460 99,490 97,870 Numero verde 800 124811 [email protected] 29/12 7,067 7,072 Nextam Bilanciato EUR 29/12 7,791 7,788 Nextam Obblig. Misto EUR 31/12 6,112 6,082 BInver International A EUR 31/12 6,016 6,017 Cap. Int. Abs. Inc. Grower D EUR 31/12 6,576 6,434 CITIC Securities China Fd A EUR 31/12 5,540 5,522 Fidela A EUR 31/12 5,725 5,725 Income A EUR 31/12 7,933 7,927 International Equity A EUR 31/12 6,160 6,161 Italian Selection A EUR 31/12 5,323 5,323 Liquidity A EUR 31/12 5,635 5,634 Multimanager American Eq.A EUR 31/12 4,889 4,864 Multimanager Asia Pacific Eq.A EUR 31/12 4,401 4,389 Multimanager Emerg.Mkts Eq.A EUR 31/12 4,551 4,552 Multimanager European Eq.A EUR 31/12 5,183 5,181 Strategic A EUR 31/12 6,646 6,660 Usa Value Fund A EUR 31/12 5,537 5,538 Ver Capital Credit Fd A EUR A causa di un ritardo nella divulgazione non imputabile alla Sicav i valori quota dei comparti di Nextam Partners Sicav relativi al 23/12/2014, seppur disponibili, non sono stati pubblicati sul quotidiano del giorno 30/12/2014. www.vitruviussicav.com Asian Equity B Asian Equity B Emerg Mkts Equity Emerg Mkts Equity Hdg European Equity Greater China Equity B Greater China Equity B Growth Opportunities Growth Opportunities Hdg Japanese Equity Japanese Equity Hdg Swiss Equity Swiss Equity Hdg US Equity US Equity Hdg 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 31/12 30/12 30/12 30/12 30/12 31/12 31/12 EUR USD USD EUR EUR EUR USD USD EUR JPY EUR CHF EUR USD EUR 98,440 138,140 439,750 429,550 293,130 115,470 164,360 79,980 87,650 145,890 188,820 136,730 103,890 179,860 198,150 98,540 138,300 436,490 426,400 291,460 114,090 162,410 80,750 88,500 147,490 190,910 137,350 104,340 180,360 198,690 Tel 0332 251411 www.ottoapiu.it Tel: 0041916403780 www.pharusfunds.com [email protected] 31/12 115,480 PS - Absolute Return A EUR 31/12 122,090 PS - Absolute Return B EUR 8a+ Eiger 8a+ Gran Paradiso 8a+ Latemar 8a+ Matterhorn 115,630 122,250 30/12 30/12 30/12 19/12 Legenda: Quota/pre. = Quota precedente; 6,115 6,191 EUR 5,217 5,207 EUR 5,773 5,787 EUR EUR 720991,749 704054,798 Quota/od. = Quota odierna 1337756B www.kneip.com Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 ECONOMIA/MERCATI FINANZIARI ● Piazza Affari 43 Sussurri & Grida Passo indietro di Bonomi, Club Med ai cinesi di Fosun di Giacomo Ferrari Il recupero di Monte Paschi Yoox va ancora giù L a Bce ha condizionato la prima seduta dell’anno nelle Borse europee: in positivo per quanto riguarda Italia, Spagna e Portogallo, leggermente in negativo per le altre. L’intervista di Mario Draghi a un quotidiano tedesco ha infatti riacceso l’attesa di interventi straordinari, di cui beneficerebbero soprattutto i cosiddetti Paesi periferici. Il Ftse-Mib ha così registrato un rialzo dello 0,62%, grazie al comparto bancario (con lo spread a 125,9) e al balzo di Atlantia (+3,16%) che otterrà un robusto indennizzo dallo scioglimento della partnership in Francia. Forti rialzi per Popolare Milano (+5,07%), Monte Paschi (+2,43%) e Banco Popolare (+2,39%); in calo invece Campari (-2,23%) e Yoox (-2,07%). © RIPRODUZIONE RISERVATA " /"" ( )55" ( %2)"& $ 99 30 99999999999999999999999999999999999999999999999978 M!((A F99999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999997F8 M!$EA #99999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 2!55M 3D#/ >3G6 99999999999999999999999999999999999999999999999978 5M!FFM ;G# 3D-/- 99999999999999999999999999999999999999999999999978 M!2)E ?0,*0999999999999999999999999999999999999999999999999999978 5!M$5 ",#>369->#1L#9999999999999999999999999999999999999999978 5E!MAM #"#? 9999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 5!5F5 #&&# 9999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999 78 F!FMA % -41 #1#I/#?999999999999999999999999999999999999999999978 /#>-3199999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 F!$EF 0-#1D+#?-?9999999999999999999999999999999999999999999999999978 M!E2F 06/-&319999999999999999999999999999999999999999999999999999999999 78 )!2MM 1-0 3/"-1* 9999999999999999999999999999999999999999999978 )!5@M 1?/"3 D? 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La cordata guidata dai cinesi di Fosun e dal fondo francese Ardian vince la gara per la conquista di Club Med. Global Resort, il veicolo creato da Andrea Bonomi (foto) e Kkr per lanciare una controscalata al gruppo turistico francese ieri ha gettato la spugna decidendo di non rilanciare. Lo scorso 19 dicembre Fosun e Ardian avevano messo sul tavolo il sesto rilancio, in una battaglia che andava avanti da oltre un anno e mezzo, offrendo 24,6 euro ad azione e portando così a quasi 1 miliardo di euro il valore del 100% di Club Med. Una valutazione che, ha spiegato Global resort in una nota, ha indotto il consiglio a chiudere il dossier lasciando la strada libera alla cordata Fosun-Ardian. Global Resort aveva tempo fino al 7 gennaio per rilanciare e ora invece venderà i titoli accumulati nel corso della scalata che rappresentano il 19% del capitale del gruppo turistico francese. Potrebbe consegnarli direttamente all’Opa oppure venderli sul mercato. Scelta che dovrà fare anche Strategic Holding, la cassaforte controllata dalla Bi-Invest di Bonomi che si è associata alla cordata, e che ieri ha dichiarato di non voler restare nell’azionariato di Club Med, sebbene «continuerà a monitorare la situazione». In ogni caso, anche se i numeri non sono stati resi noti, l’avventura francese dovrebbe portare una buona plusvalenza a Bonomi. La battaglia con Fosun era partita quando alla Borsa di Parigi le azioni Club Med quotavano 17 euro. Da allora c’è stata una corsa incessante al rialzo scandita dai diversi rilanci dei contendenti, e dalle attese speculative sull’esito della battaglia. Battaglia in cui Club Med non è stata certo ferma a guardare. Il consiglio del gruppo aveva ritenuto da subito ostile la mossa di Bonomi aprendo invece a Fosun-Ardian. Che alla fine hanno avuto la meglio. © RIPRODUZIONE RISERVATA La fuga di capitali costa 100 miliardi all’economia reale (f.d.r.) La fuga di capitali dall’Italia verso l’estero ha raggiunto quest’anno i 100 miliardi di euro. Capitali sfuggiti al fisco ma soprattutto sottratti :F!MF ,M!F) :5!2M ,5!FA :M!EF ,5!@E ,F!() ,5!5( :M!25 % :M!(@ :M!$@ ,M!M$ :M!5) :M!@F % ,M!EE :M!A@ :E!5A :F!5A :F!(5 :(!@5 :5!2) :5!EE :5!M$ :)!MF :F!5M :M!@5 :F!E2 % ,F!M$ ,M!EA :M!@5 :F!@( :E!)@ :F!FE % :F!5) :(!M@ % :(!2F :M!$E ,5!)@ ,M!M@ :M!5M :F!A@ ,M!@( :5!5F % :(!)A :M!2F :F!F) :A!EM % ,F!(M :M!(E % % :M!)@ ,F!5$ ,F!(2 ,M!5M :5!@F :5!22 :F!MF ,M!5) ,E!)) :E!)2 ,F!FE % % :5!(@ :5!)A :5!$A :)!F2 :M!(F ,M!5) ,5!M( :M!@$ :M!2) :M!AA :E!($ :5!M5 ,5!@F :M!MF % ,M!F5 % :5!A5 :E!)M % :5!A( :5!E5 % :M!)A % ,M!M( :M!5( ,M!FF ,M!)@ :E!EE ,5!$A :M!() :M!AE ,M!5@ :F!EF :M!@M 4 $/5 " % " %2)"& 2)"& % M!()( M!((A F52!F % M!$EA M!$EA FAFM!@ % $!2)M 2!55M 52F$!A % 5M!FFM 5M!FFM )E!E % M!2)M M!2)E EE!@ % 5!M$5 5!M$5 $E!F % 5E!MAM 5E!MAM 5F5!( % 5!5F5 5!5F5 5FE)!A % F!5$A F!FMA FE@!E % % % % % F!$5A F!$EF 5F)!@ % M!E$2 M!E2F E(!) % )!2MM )!2MM 55M@!E % )!5A) )!5@M 5F(F!$ % $!EEM $!E2M 5A@A!5 % % % % % 5!$FM 5!$FM )FA!( % )!@$M )!$5F )@)!M % 52!EEM 52!2)M 5AE$)!F % A!F(M A!E$( 5AFF!F % 2!(AM 2!$MM $()!5 % 5)!$2M 5(!@)M A@!A % 5$!MEM 5$!E$M FAE)!5 % A!MMM A!M$M AA!5 % FE!M(M FE!EMM F@MF!F % 5E!A2M 5)!F)M @(@!2 % (!)A( (!($M FA$$!$ % E!M2A E!55$ 5)F5!5 % 5M!MAM 5M!EMM E@F$!M % % % % % F!FAF F!FAF 5E2!) % F!F)) F!F)) FA@!A % % 52A!@MM 52$!5MM % M!M(( M!M(A (A(!2 % 5!M2( 5!5EE F!$ % M!)M) M!)5E 5)2!) % E!()M E!()M ((5!$ % M!E$$ M!E2A $A!( % M!()E M!(@M F)$A!A % % % % % M!EM2 M!EF@ F5A!A % F!5AM F!5@$ F(A!5 % F!5)$ F!5)$ F$!5 % @!MAM @!MAM % % 2!@A( 2!@@( A)!2 % M!)$@ M!(MM A@!M % M!E22 M!E22 $M!5 % M!($5 M!($@ 5EF)!A % F!MMM F!MMM 5$!@ % M!()5 M!(@M )E!A 5A!M % M!)A$ M!)@F % 2!EAM 2!(@M FAE!2 % M!F() M!F@M 2!A % FM!)MM 1666 $$!( % F!@EM F!@EM @5!M % FF!@MM FF!$FM 5F$!$ % % % % % % % % % F@!@MM F@!$EM 5$($!A % M!M2M M!M2M @F!F % 5$!M(M 5$!M(M 5FF$!A % 5M!(MM 5M!(MM 5@)A!2 % A!E2M A!(MM FA)!$ % E!@FA E!$MM EE!A % )!$() )!2(F E$A!F % 5!E2$ #0! 5@!( % 5!$(M 5!$(M FFF!@ % M!$EM M!$(2 5MA!M % (!M)( (!M)( F2(2!5 % F!F@M F!F@M FF!$ % 5!2MM 5!2MM $@!E % (!@F( (!$5( 5M5F!5 % 5!2FF 5!2(M % % 5M!F5M 5M!)MM 5@(!2 % (!M5( (!FEM $F)!A % F!A$) F!A2$ F@!$ % M!FFM M!FFM 5@!2 % )!EF) )!EF) $)A!@ % M!ME$ M!ME2 2!( % M!FE( M!FE@ F5!A % M!FF@ M!FF2 )F!E % M!$A( M!$2A @5M!$ % M!EM@ M!E5M $@!F % A!($( A!($( $2)M!E % M!)EF M!)EF E5F!F % % % % % M!F)E M!F)E 55!E % % % % % A!FEM A!EEM F5ME!( % M!@2E M!$FM 2M(!$ % % % % % 5!E2@ 5!)FM )A!$ % M!)(2 M!)A( 52)!@ % M!MA$ 66, % % F!(2$ F!A5M )E!@ % 5!F)$ 5!F)$ 5MF!M % FM!(@M FM!(@M $)5!$ % 5E!@EM 5E!@(M ((@!M % $!$$M $!$$M (FM!F % 5)!2MM 5)!2MM FF(A!M % 5!AF5 5!A@( (5M!E % 5!2)$ 5!2)$ EMF!) % EE!EEM EE!(5M 5$$M!M % E!52M E!F5M ))!) % F!F2) F!F2) E!) % )5!E@M )F!EEM 55$2!@ % M!$() M!$AM 2)!$ " /"" ( )55" ( %2)"& 999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999 78 /919 999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 /- 99999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 0. 9999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 1#/9999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999 78 1#/ >##1 I9999999999999999999999999999999999999999999978 1#>H-D999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 1*-1##>-1* 999999999999999999999999999999999999999999999999 78 1- 9999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999 78 >*99999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 >*K 6-D/ 99999999999999999999999999999999999999999999999999999 78 >*K 6-D/ 5AI99999999999999999999999999999999975A8 ?6>-1#D 99999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 G.#"3?999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 G>3D#+ 9999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 J3>999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 J6>-H- 999999999999999999999999999999999999999999999999999999999978 ) /. #1#I/#? 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Il conto lo ha fatto «Milano Finanza» elaborando i numeri delle banche dati ufficiali. L’analisi dimostra come nel 2014 l’emorragia di risorse che ha colpito l’economia italiana sia stata ancora più grave rispetto al 2013. Per il sistema industriale e più in generale per l’economia reale, che da oltre 30 anni sconta il costo di un debito pubblico straordinariamente elevato, ed è ormai priva anche del sostegno bancario, si tratta di un dato allarmante. I capitali, tuttavia, non sono stati trasferiti all’estero solo per sfuggire al Fisco. Lo spostamento è dovuto alla finanziarizzazione del risparmio, che viene portato tutto all’estero aggravando così il già pesante esborso di interessi del debito a portafogli internazionali. Se si sommano ai 100 miliardi di capitali finiti all’estero gli interessi sul debito pubblico e i mancati finanziamenti delle banche (costrette a comprare titoli di Stato per colmare il gap determinato dalle vendite dall’estero) alle imprese, si arriva a ben 205 miliardi di euro che non sono stati reimpiegati nell’economia reale. E’ l’equivalente del 12,6% del pil. 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Prolifica e popolare autrice di romanzi rosa, ha esordito nel 1950; ha scritto 70 opere (tra cui anche libri per bambini) vendendo oltre 25 milioni di copie. La maggior parte dei suoi romanzi è stata pubblicata nella collana «Harmony» della Roberta Leigh signora del «rosa» La scrittrice inglese Roberta Leigh (accanto nella foto), signora del romanzo rosa, è scomparsa a Londra a 88 anni. Harlequin Mondadori. Nata il 22 dicembre 1926 come Rita Shulman Lewin, e scomparsa il 19 dicembre, ha pubblicato con vari pseudonimi: oltre a Roberta Leigh si è firmata Rachel Lindsay, Janey Scott, Rozella Lake e Roumelia Lane. Leigh è stata produttrice e sceneggiatrice televisiva. Classici Un Millennio Einaudi affronta il pensatore rinascimentale: l’erudizione, la ricchezza, l’esibizionismo. E una fuga d’amore che costò la vita a molti soldati di Giorgio Montefoschi «E ccentrico già agli occhi dei contemporanei. Troppo ricco ed esibizionista, un dilettante di genio difficile da collocare». Così Giulio Busi — uno dei maggiori esperti di ebraismo medievale e rinascimentale — abbozza un primo ritratto di Giovanni Pico della Mirandola all’inizio della splendida introduzione del Millennio Einaudi (curato poi da lui stesso e Raphael Ebgi) intitolato, appunto, Giovanni Pico della Mirandola. Mito, magia, qabbalah. Non è un ritratto semplice. Perché se c’è un personaggio enigmatico, un «camaleonte» spavaldo e sfuggente, un «ospite illustre e scomodo della cultura italiana», quello è proprio il Conte della Mirandola. Protetto da Lorenzo de Medici — uno «tra i pochissimi che riuscì a confrontarsi con lui (quasi) alla pari» — e amico del Poliziano e del Savonarola (severo, costui, nei suoi confronti, per non essersi voluto fare frate domenicano, dunque convinto che la sua anima si sarebbe fermata in Purgatorio); sodale e rivale di Marsilio Ficino, il filosofo che a Firenze stava introducendo gli studi platonici; dotato di una memoria fuori del comune; conoscitore di tutto quello che si poteva conoscere della cultura classica e insieme «scopritore» della qabbalah; attratto dalla magia e dai maghi (poiché «come il contadino marita gli olmi alle viti, così il mago la terra al Cielo»); frequentatore precoce delle più importanti aule universitarie italiane e francesi, nonostante uscisse da un ambiente provinciale e da una famiglia feudale «più dedita alle armi che agli ozi letterari»; autore di opere — come l’Orazione sulla dignità dell’uomo e le 900 Conclusiones — che per l’intreccio dei saperi provocano una vera «vertigine intellettuale», Pico è nel medesimo tempo uomo di mondo e mistico, asceta e rubacuori, ma la sua scala va dritta verso il cielo: alla ricerca delle perle smarrite. Il 1486 — racconta Giulio Busi, che nei confronti di Pico nutre ogni indulgenza — è un anno cruciale e frenetico per il Conte della Mirandola. Appena ventitreenne, ha già un posto di rilievo nell’ambiente culturale fiorentino. È anche molto bello. Così lo descrive il nipote Gianfrancesco: «Fu di aspetto insigne e nobile, di statura alta e retta, di carnagione delicata, di viso bello sotto ogni aspetto, cosperso di un colorito che tendeva al pallido e di un rosso che bene gli si addiceva, di occhi grigio azzurri e svegli, di capigliatura bionda e di un biondo naturale, di denti bianchi ed eguali». Come non innamorarsi di un giovane di tal fatta: bello, colto, ricco? Nella sua rete è caduta Margherita — pure lei bellissima —, vedova di uno speziale, sposata in seconde nozze con un rappresentante di un ramo minore dei Medici: gabelliere che, per sbarcare il lunario (o forse per por fine alla subodorata tresca che va avanti già da qualche tempo), si trasferisce ad Arezzo. Giovanni non demorde. Si presenta ad Arezzo con una scorta non indifferente e rapisce Margherita che sta andando a messa. Il marito si infuria, convince il capitano della città all’inseguimento, con ben duecento uomini armati; diciotto accompagnatori del Conte rimangono sul campo; Pico e il suo segretario riescono a riparare nella rocca di Marciano; la «sposa salvata» ritorna mestamente ad Arezzo. Scoppia uno scandalo, di cui è naturalmente informato il Magnifico. Ma Lorenzo ama il Conte della Mirandola: quel ragazzo scapestrato che sa milioni di cose, con il quale può conversare di Platone e San Tommaso, di Ovidio e Omero, della bellezza che è nel mondo, di quella che è invisibile, e di Dio. Fa capire che a lui di quel suo «parente povero» non importa più di tanto e che Giovanni va lasciato in pace. Quindi, Giovanni, liberato da ogni preoccupazione, si ritira in campagna e si butta a capofitto nel lavoro. È il mese di luglio: conclude l’epistola sul Canzoniere di Lorenzo, Asceta, cabalista e anche rubacuori Pico inseguito da un marito tradito Il genio nato a Mirandola era un passionale che fece conoscere la mistica ebraica L’autore ● Giovanni Pico della Mirandola. Mito, magia, qabbalah, Millennio Einaudi, a cura di Giulio Busi e Raphael Ebgi, pp. CVI - 454, € 80 ● Giovanni Pico nacque il 24 febbraio 1463 a Mirandola e morì il 17 novembre 1494 a Firenze. È sepolto in San Marco a Firenze ● In alto è ritratto (al centro) nell’affresco di Cosimo Rosselli nella chiesa di Sant’Ambrogio a Firenze prepara a tappe forzate le Conclusiones, inizia lo studio dell’arabo, e soprattutto dell’ebraico e della mistica giudaica. Gli fa da guida, in questa impresa assolutamente nuova per la cultura del tempo, che di mistica ebraica non sapeva nulla, una figura altrettanto originale e controversa — alla quale, non a caso, Giulio Busi ha dedicato, in più opere, notevole attenzione. Costui è figlio di una colta famiglia ebraica siciliana di Caltabellotta. Col nome del suo padrino di battesimo prima, Guglielmo Raimondo Moncada, poi con quello di Flavio Mitridate, si è convertito al cristianesimo. Ordinato prete, dopo gli studi di teologia a Napoli, insegna all’università e fa velocemente carriera nella corte papale, finché il coinvolgimento in un delitto lo costringe (come Caravaggio) ad abbandonare Roma e a ritirarsi oltralpe. Rientrato a Firenze, frequenta Ficino e conosce Pico. L’incontro fa scoccare una scintilla. Mitridate ha bisogno di aiuto: Pico gli mette a disposizione le sue ricchezze perché traduca dall’ebraico in latino tutto quello che può della mistica ebraica. È un lavoro forsennato quello al quale si sottopone il sofisticato ebreo siciliano convertito. Ma, in tal modo, l’imponente corpus della mistica ebraica, la qabbalah, fa il suo ingresso nel mondo umanistico europeo. Rischiarandolo con una sbalorditiva luce. Perché — secondo Pico — questa millenaria sapienza ebraica, sconosciuta e sospetta, sebbene nascostamente, ha un cuore antico di verità cristiana. «Ridotto all’essenziale — scrive Busi — il ragionamento di Pico suona così. Se si met- caduta o la sifilide, che le sarebbe stata trasmessa dal marito. Invece dalle lettere emerge che Constance lamentava dolori diffusi, difficoltà a camminare, mal di testa e stanchezza. I sintomi, allora male interpretati da due medici (tra cui l’italiano Luigi Maria Bossi), che oggi permettono di associarvi la sclerosi multipla. Lo stato di salute di Constance è studiato da Asley H. Robins, specialista della Cape Town Medical School (Sudafrica), che con lo stesso Holland ha scritto un articolo per la rivista scientifica «Lancet» in cui svela la malattia di Constance. (c. br.) lo fra magia e qabbalah e i miracoli di Cristo) non potevano non allarmare la Chiesa, e il Papa, Innocenzo VIII, istituì una commissione di prelati e di esperti per giudicare la verità delle Conclusiones. La prima seduta si tenne nell’appartamento del vescovo Jean de Monissart il 2 marzo 1487, quando il fastoso carnevale romano era da poco finito. I giudici ponevano domande su domande. Il Conte della Mirandola rispondeva stizzito. I reverendi padri si irritavano sempre di più. Il culmine della irritazione reciproca fu raggiunto alla fine della giornata quando venne presa in esame la seguente dichiarazione: «Non v’è scienza che ci dia maggiore certezza della divinità di Cristo della magia e della Cabala». Che mai voleva dire quel ragazzo impudente? Pico, altezzoso com’era, si beffò dei padri e dette una risposta elusiva (lui — disse — intendeva quella parte della «Cabala» che non è scienza né teologia rivelata) che sconcertò ulteriormente il severo consesso. La condanna era inevitabile. Il libro di Busi e Ebgi «nasce dalla frustrazione», come scrive nella sua introduzione Giulio Busi. Vale a dire, dal senso di sgomento che si coglie di fronte alla foresta di luoghi simbolici, citazioni mitologiche, corrispondenze, intrecci, allusioni, parole segrete o indecifrabili poiché provenienti da lingue del tutto sconosciute, che costituisce l’opera di Pico della Mirandola. L’unica strada da percorrere — ed è stata quella che hanno imboccato i due autori — era quella di organizzarlo per argomenti, come una specie di dizionario, facendo seguire ai testi pichiani un loro commento. Detto questo, il lettore non deve scoraggiarsi. Tutt’altro. Sappia che leggerà pagine bellissime. Conoscerà l’ambrosia: il nettare divino che concede a chi lo assume la vita eterna. Saprà che non si può incontrare impunemente un dio, e che per questo motivo (per aver visto Pallade nuda) Tiresia divenne cieco (ma ebbe il dono della profezia). Saprà che anche Omero divenne cieco per aver chiesto, sul tumulo di Achille, che gli apparisse come era da vivo. Saprà che l’isola di Ogigia battuta dai flutti è l’isola delle fantasie e dei desideri terreni, mentre Penelope è l’approdo alla patria celeste. Saprà che Dio è avvolto nella caligine. Saprà che il bacio è la più perfetta copula fra gli amanti. Ma che esistono anche baci che superano il corpo, come i baci del Cantico dei Cantici. E che si può morire di baci. Purché si faccia molta attenzione nel non baciare chiunque: estranei che possano impedire la salita al Cielo. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA tono in controluce il Libro di Esdra, il Vangelo, le allusioni di Paolo nella Lettera ai Romani, e le affermazioni più esplicite di grandi Padri della Chiesa, si scopre che gli ebrei possiedono una sapienza segreta, consegnata da Dio a Mosè sul Sinai e poi passata di generazione in generazione. Questa è la qabbalah propriamente detta, ora custodita con gelosia dalla gente di Israele, che si rifiuta di schiuderla agli altri. Ed è un danno, perché colui che se ne impadronisce, com’è riuscito al giovane mirandolano, ottiene una chiave formidabile per leggere la Scrittura con occhi nuovi e per capirla più profondamente». Pico vi legge i segreti della storia, le origini di ogni mito, e, soprattutto, l’avvento del vero Messia. E vede — usando la chiave del simbolo — che tutto è contenuto in tutto; ogni grano di realtà è abbastanza capiente per accogliere il mondo intero; e l’uomo, che è al centro della creazione, ritraendosi in se stesso — esattamente come Dio si è ritirato in se stesso, contraendosi, per far posto alla creazione — può arrivare a Dio. La visione rivoluzionaria di Pico e i suoi talvolta spericolati accostamenti (come quel- Aspetto Di statura alta, carnagione delicata, di viso bello di un colorito pallido, gli occhi grigio azzurri e di capigliatura bionda Constance, moglie di Oscar, morì a 40 anni di sclerosi multipla Svelato il mistero della signora Wilde Dopo essere rimasta per 117 anni avvolta nel mistero, la scomparsa di C0nstance Wilde (a fianco nella foto), moglie dello scrittore irlandese Oscar Wilde (18541900) che sposò nel 1884 dandogli due figli, pare oggi avere trovato una spiegazione scientifica. Merlin Holland, pronipote di Wilde, ha ritrovato tra le carte di famiglia lettere che descrivono la malattia della bisnonna: 130 missive scritte da Constance al fratello dal 1874 fino alla morte, avvenuta nel 1898 a Genova. La donna aveva solo 40 anni, per la sua scomparsa le ipotesi furono un danno alla spina dorsale conseguenza di una Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 Nacque 200 anni fa Cesare Correnti dalle barricate al Parlamento di Arturo Colombo TERZA PAGINA Chi conosce la storia delle Cinque giornate di Milano del 1848 sa che Cesare Correnti (nel ritratto), divenuto segretario generale del governo provvisorio di Lombardia, svolse un ruolo centrale. Allora aveva 33 anni, essendo nato nella città ambrosiana il 3 gennaio del 1815, esattamente due secoli fa. Dopo il 1848 proseguì la carriera politica, anche se è difficile fissare il posto da lui tenuto in un preciso schieramento. Eletto deputato nel 1861, mostrò subito spiccato Elzeviro / I tedeschi e la Shoah UNA FICTION RISVEGLIÒ LE COSCIENZE Segna libro «E P ✽ ✽ ✽ Il turbamento giunge da Hollywood, dalla miniserie televisiva Holocaust, che viene trasmessa nel gennaio 1979. Anders difende il film. Prende posizione contro coloro che irridono Holocaust, che gettano discredito sull’opera richiamandosi a criteri estetici, che parlano di «merce» prodotta solo per «profitto». Questi «critici ipocriti», banalizzando il film, non ne colgono gli effetti. Com’è possibile che le vicende della famiglia ebraica Weiss e di quella tedesca Dorf, i cui protagonisti hanno le sembianze di Meryl Streep e James Woods, possano far entrare la Germania «nell’era posthitleriana»? In che modo un popolo, che per decenni si è sentito «spudoratamente innocente», viene messo di fronte alla realtà da una fiction? Anders esamina questo fenomeno sulla base di quel che altrove chiama la «regola infernale», sapientemente sfruttata dai nazisti. Ciò che è smisurato ci lascia freddi. Perché il nostro sentire si inceppa. Sei milioni sono una cifra oltre la quale non riusciamo a immaginare le sofferenze e il dolore di ciascuno. Diventiamo analfabeti emotivi. Se si parla di dieci assassinati cominciamo a provare compassione, mentre una sola vittima ci riempie di orrore. D’un tratto ci sentiamo responsabili. Ecco perché l’etica è connessa con l’immaginazione. Holocaust rende di nuovo «persone» le non persone, restituisce un volto a coloro che erano stati trattati come «materia ultima» nelle officine hitleriane. Quel che per i critici è il limite, per Anders è il merito del film. Lo smisurato viene «miniaturizzato» dalla fiction, diventando così accessibile. Straordinario è che la finzione fornisca i fatti, l’immagine cinematografica riesca a trasmettere la realtà nel suo orrore. Non solo le vittime, anche i carnefici assumono tratti personali. Non tutti sono stati assassini burocratici e non tutti possono trovare rifugio nella banalità del male — un concetto di cui Anders vede con chiarezza i rischi. C’è stata anche una «malvagità del vero male», di cui i criminali devono rispondere. Sconcerto, vergogna, nausea, indignazione: finalmente i tedeschi si disperano. Era necessaria una serie televisiva per provocare un tale shock? Ebbene, sì! Questa è la novità di Holocaust. Ma non c’è traccia di ottimismo nelle riflessioni di Anders. Conosceva troppo bene la Germania e sapeva che non era possibile neppure lontanamente un confronto con altri Paesi europei. Qualche anno dopo sarebbe stato tra i primi a denunciare il negazionismo tedesco. © RIPRODUZIONE RISERVATA Cappuccetto rosso, Biancaneve, La sirenetta, Il gatto con gli stivali. Favole arcinote che non passano mai di moda. Anzi ritornano, ora rinnovate dal tratto di quattro bravi illustratori: Silvia Provantini, Simona Cordero, Mariachiara Di Giorgio e Fabian Negrin, che per Il gatto con gli stivali (sopra la copertina) ha giocato con colori vivaci. La collana di De Agostini «Favole preziose» mette d’accordo qualità e prezzo (pp. 32, 5,90 comprensivo di ebook; dai 4 anni) a cura di Severino Colombo © RIPRODUZIONE RISERVATA Faccia a faccia con i surrealisti Duchamp? Grande scacchista di Sebastiano Grasso Nessuna avventura per Percy Jackson, stavolta il più popolare tra i semidei si fa i fatti suoi (e della sua famiglia). Lo sgamato «eroe dell’Olimpo», figlio di Poseidone, creato da Rick Riordan, si toglie qualche sassolino: svela alcuni «segreti» di casa, mostra il caratteraccio dei parenti, a partire dal lunatico capofamiglia, il lanciatore di fulmini Zeus. Percy Jackson racconta gli dei greci (Mondadori, traduzione di Letizia Grassi, pp. 450, 18, da 11 anni) Non potendo esser fiori contentiamoci di essere radici (Biblion, pp. 402, 20). Aiuta a capire come mai nel marzo 1876 Correnti appoggiò la «rivoluzione parlamentare» che doveva portare al potere la sinistra di Depretis. Naturalmente non era mancato chi l’aveva accusato di aver cambiato partito, ma lui ripeteva che non aveva mai rinunciato a cospirare «contro i sinistri inorganici e i destri declinanti ad oligarchia». L’intervista A 90 anni Arturo Schwarz fa il punto su un secolo di frequentazioni di Donatella Di Cesare brei crepate». Lo slogan antisemita si staglia minaccioso su un muro di Vienna e Günther Anders (1902-1992) lo trascrive il 7 aprile 1979, nelle ultime pagine del suo taccuino filosofico Dopo Holocaust, 1979 (Bollati Boringhieri, pp. 97, 13). Tra i pochi filosofi ad aver scritto sui campi di sterminio, non stupisce che Anders, rientrato in Europa nel 1950, scruti attentamente quel che avviene nel vecchio continente, soprattutto in Germania. Si può dire che i tedeschi siano stati capaci di portare il lutto dopo Auschwitz? Che abbiano elaborato il passato, riconosciuto il crimine, fino a provare rimorso e pentimento per una indubitabile colpa? E che ne è delle nuove generazioni? Già nel 1964 Anders aveva indirizzato una lettera aperta a Klaus Eichmann per invitarlo a prendere le distanze dal padre e dai suoi crimini. Invano. Nello stesso caparbio rifiuto si era imbattuto due anni dopo, durante un viaggio di ritorno alla città d’origine Breslavia, un viaggio che aveva chiamato Discesa all’Ade. Osservatore acuto e implacabile, Anders punta il dito contro la ferrea indifferenza dietro cui si sono trincerati i tedeschi — prima, durante e dopo Auschwitz. Il 1945 non ha segnato un risveglio della coscienza. Non si è prodotto alcun trauma. E dove non ci sono traumi, non possono esserci ricordi. Ecco perché non ha senso la parola «rimozione». Piuttosto la Germania ha vissuto un periodo di oscura latenza, senza riflettere sul crimine «incommensurabile». interesse per la questione meridionale. Nel 1867 Ricasoli gli affidò l’Istruzione pubblica, che mantenne anche nei successivi governi presieduti da Menabrea e da Lanza; era un convinto sostenitore della scuola elementare obbligatoria e gratuita per tutti, contro la feroce opposizione delle forze clericali. Oltre ai noti studi di Morandi e di Ambrosoli, una documentata biografia di Correnti è stata pubblicata di recente da Marco Soresina, docente alla Statale di Milano, 45 er festeggiare i suoi 90 anni, Arturo Schwarz ha pubblicato da Skira Il Surrealismo ieri e oggi ( 59). Sottotitolo: «Storia, filosofia, politica». Dieci anni di lavoro, è detto. E c’è da credergli. Le 546 pagine di testo sono composte da tre libri: il primo (pp. 150) di pugno di Schwarz; il secondo (pp. 396), antologia dei vari gruppi surrealisti nel mondo (Europa, America del Nord, America Latina e Caraibi, Asia, Africa e Paesi arabi); il terzo (pp. 856, ma su cd) elenca i principali periodici surrealisti dal 1919 al 2000 e le mostre, vivente Breton (1924-1965) e dopo (1966-2010). Date che confermano l’immortalità del Surrealismo, perché, come diceva Apollinaire, esso «è uno stato d’animo». Un esempio? La nascita nel 1970 dell’ultimo gruppo surrealista («arabo in esilio»), costituito da siriani, iracheni, libanesi e algerini. Sede? Parigi, naturalmente. Parliamo del Surrealismo? Intervistiamo Schwarz. Anche se da Milano è volato, con Linda, a Santa Margherita Ligure, non ha scampo. Il manifesto del Surrealismo bretoniano esce nel 1924. Lei è nato lo stesso anno. Chi era Breton? «Mio padre adottivo». I primi contatti? «Nel 1943. Lui era negli Usa; io ad Alessandria dove sono nato da padre tedesco e madre italiana. Nel 1935 avevo pubblicato delle “poesie automatiche” e gliele mandai con una lettera. Cominciò un rapporto epistolare». Quando l’ha incontrato? «Nel 1951, a Parigi, a Montmartre, due anni dopo essere venuto in Italia. Prima, non potevo viaggiare: sul passaporto italiano le autorità egiziane avevano stampigliato: “sovversivo, pericoloso, ha attentato alla sicurezza dello Stato”». Breton-uomo? «Straordinaria sensibilità. Chi parla di lui come un dittatore è un imbecille o non lo conosceva affatto». Amava molto le donne? «Solo tre: Simone, Jacqueline ed Elisa». Dove lo incontrava? «Nei caffè, col gruppo surre- Sopra: Arturo Schwarz (1924, Archivio Corsera). A sinistra: i surrealisti ritratti da Max Ernst (18911976) nel suo dipinto A friend’s reunion (1922) conservato al Museum Ludwig, Colonia, Germania alista». Quanti eravate? «Dodici-quindici, mai più di venti». Legami? «Fortissimi, anche con chi veniva per la prima volta». Futurismo e Surrealismo: due movimenti rivoluzionari... «Ma con posizioni diametralmente opposte». Mi riferivo all’incidenza che hanno avuto nel mondo... «In Italia, per un verso o per l’altro, i futuristi costeggiavano il fascismo; in Russia, invece (vedi Majakovskij), erano marxisti». In Italia, il Surrealismo non ha attecchito... «Impossibile col fascismo. Come le rondini che andavano in Africa, il Surrealismo ha sorvolato il nostro Paese senza fermarsi. Bisognerà attendere decenni, prima che ce ne sia qualcuno». Per esempio? «Sergio Dangelo e Renzo Margonari». A quanti anni ha cominciato a fare l’editore? Il caso «Volevo donare un’opera a Milano, ma un sindaco chiese la “mancia”. Saltò tutto» «A 24, In Egitto». E il gallerista? «Poco tempo dopo, con gli artisti del gruppo». Litigi? «Rari». Fra chi? «Fra Max Ernst e Breton, per esempio». Definizioni lapidarie. René Char? «Discreto, “segreto”, ermetico nei versi e nella persona». Péret? «Grande poeta. Di assoluta “moralità” politica». Soupault? «Nessuna stima. Era falso». Tzara? «S’è venduto allo stalinismo». Éluard? «Eccezionale poeta, ma la lebbra staliniana lo ha trasformato in un morto vivente». Siqueiros? «Ricordo di avergli dato un poderoso calcio in culo perché proteggeva l’assassino di Trotskij». Duchamp? «Quando giocava a scacchi, il mondo non esisteva più». A proposito di Duchamp, una leggenda racconta che lei ha fatto più copie dell’orinatoio, che la Cesame... «Beh, come ha detto lei, è una leggenda. Su un certo numero di copie, otto sono numerate e firmate; altre due ad personam (a me e a se stesso); due per le mostre itineranti (che poi ho donato alla Gam di Roma e al Museo di Gerusalemme) e due di scorta, fuori commercio, in seguito regalate a Gino Di Maggio (per la grande mostra alla Mudima di Milano) e a Jacqueline Monier Matisse, figlia della prima moglie di Duchamp. Quattordici, in tutto». Si dice che ne erano state fatte una cinquantina, ma che le restanti non sono mai state distrutte... «Leggenda metropolitana». Parliamo delle sue donazioni di opere surrealiste a Gerusalemme, Tel Aviv, Roma. Come mai non ha pensato anche a Milano, dove lei a Palazzo Reale ha fatto la grande mostra sul movimento di Breton? «Mi è stato impedito». Da chi? «Dal sindaco di allora». Si era opposto? «No». E allora? «Aveva chiesto una “mancia”». Opere? «Denaro». Chi era il sindaco? «Non posso dirlo». In quale anno? «Stessa domanda, posta in maniera diversa. E stessa risposta». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA «Imago Mundi» Oltre duemila artisti africani a Roma E a Venezia novemila da tutto il mondo La proroga (fino al 25 gennaio al Museo Carlo Bilotti di Roma) della mostra L’Arte dell’Umanità nata nell’ambito di «Imago Mundi», il progetto promosso da Luciano Benetton e dalla Fondazione Benetton Studi Ricerche, allunga il tempo utile per scoprire oltre duemila opere (tutte formato postcard) di altrettanti artisti provenienti da 16 Paesi dell’Africa (nella foto). Ma anticipa anche alcune delle iniziative del 2015: la mostra Vienna for Art’s Sake! (curata da Peter Noever) al Winter Palace di Vienna (27 febbraio - 31 maggio); quella in primavera al Castello Visconteo di Pavia (ancora sull’Africa); la presentazione a fine marzo della collezione italiana (400 artisti). E la partecipazione di «Imago Mundi» alla Biennale di Venezia (9 maggio - 22 novembre) con 45 collezioni e novemila artisti. 46 Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera SPETTACOLI Il film di Siani Oltre 2,4 milioni nel primo giorno di programmazione per Si accettano miracoli di Alessandro Siani (nella foto con Ana Caterina Morariu). «Le aspettative sul nuovo film di Siani erano altissime — dichiara Luigi Lonigro, direttore di 01 Distribution — e da sempre abbiamo creduto nei risultati più ottimistici, ma credo siano state superate tutte le stime. Sommando al dato ancora parziale di Cinetel gli incassi delle sale non monitorate, ha superato «Si accettano miracoli» incassa 2,4 milioni di euro nel giorno del debutto 2,4 milioni di euro, con punte straordinarie in Campania, ma è andato benissimo in tutte le altre regioni». «Per me è una gioia infinita — commenta il regista —. Sono contento all’ennesima potenza dell’amore che il film sta ricevendo e felice anche per la fabbrica dei sogni chiamata Cinema che ieri ha raccolto il 9% in più rispetto al Capodanno precedente. E poi... Si accettano ancora miracoli!». © RIPRODUZIONE RISERVATA «Forse non suonerò più la chitarra» Bono gioca con il suo orgoglio rock ● Il commento La star in bici Una caduta molto borghese Recupero lungo per il braccio rotto. Solidarietà ma tante ironie sul web: «Strimpellava» N ell’alfabeto di Bono, il 2014 dalla «A» alla «Z», la sorpresa arriva alla lettera «I». Titolo: «Irish pride», ovvero orgoglio irlandese. Quell’orgoglio che, scrive la rockstar in un post sul sito della band, è stato colpito duramente dall’incidente in bicicletta a New York dello scorso novembre. Non tanto perché «mi sono rotto mano, gomito e faccia» ma perché dalle foto scattate si è visto che indossava dei pantaloncini in Lycra. «Esatto, Lycra. Non è molto rock‘n’ roll», scrive. Per compensare, però, c’è la scena del ricovero: «Non ricordo come sia finito al New York Presbiterian (l’ospedale ndr) con l’omero che usciva dal mio giaccone di pelle: molto punk rock». L’annuncio Il leader degli U2 si confessa sul sito. Nello scorso novembre l’incidente a New York Nel post Bono racconta delle conseguenze della caduta: «La convalescenza è stata molto più difficile di quanto pensassi... non è ancora chiaro se potrò mai tornare a suonare la chitarra. La band mi ha comunque fatto presente che né loro né la civiltà occidentale dipendono da questo. Personalmente mi mancherebbe molto sfiorare i tasti della mia Irish Falcon verde o della mia (RED) Gretsch. Anche solo per il piacere, al di là dello scrivere i pezzi». Gli U2 non sono quello che sono per come Bono suona la chitarra, è compito di The Edge, ma se le sei corde servono a comporre... Sui social network la reazione va dal sarcasmo del «Perché, suonava la chitarra?», alle disquisizioni tecniche fra fan se sia meglio perdere la chitarra di Bono o le seconde voci di The Edge, agli auguri sinceri per il pieno recupero in vista del tour che partirà, lo confer- ma la stessa lettera, in maggio. «Mi dovrò concentrare molto per essere pronto, in termini fisici, al tour. Di conseguenza ho cancellato ogni apparizione pubblica e ho deciso che questa missiva è tutto quanto co- municherò in questi primi mesi dell’anno». L’incidente, oltre a prendersi anche la lettera «X» del Bono-alfabeto, i raggi X con tanto di radiografia con le viti in titanio, è stato anche il motore delle riflessioni: l’immobi- Sul palco Bono (54 anni), con la sua Gretsch. Nella foto piccola, dopo la caduta dalla bicicletta lità fisica cui è costretto, racconta, gli ha fatto venire voglia di viaggiare con la mente. Ed ecco i suoi pensieri. La «A» è dedicata alla moglie Ali «perché tutto parte da lei». E anche il resto della famiglia trova posto nell’elenco, come i tre compagni di band. Affetti personali e professionali sistemati, Bono si dedica ai suoi temi preferiti. Le sue campagne benefico-umanitarie con (RED) e One, i sui pensieri sui macro-temi cui dedica la «D» spiegando che la sua partecipazione al World Economic Forum di Davos e i contatti coi big del pianeta siano un modo per capire dove vanno «le forze che danno forma al mondo della politica», per capire cosa accade «al di fuori della vita sotto aria condizionata degli U2». La religione arriva alla «J» di Jesus con le considerazioni sul Natale: «Per me non è una fiaba, ma una sfida». Ma anche alla «U» di «Unholy Trinity», la trinità profana che Bono, parlando della linea geografica che congiunge Isis, Boko Haram, Mali e Afghanistan, disegna così: «Clima estremo, povertà estrema e ideologia estrema». Conclusione: il futuro del mondo dipende da come verrà trattata. La lettera «M» è divisa fra Nelson Mandela e Malala, la studentessa pakistana premio Nobel per la pace. Ci sono altre persone che Bono vuole ricordare e che riunisce alla «Y», che in inglese si pronuncia allo stesso modo di perché: «Peaches Geldof. Robin Williams. Philip Seymour Hoffman. RIP». L’alfabeto si chiude con una ventata di ottimismo grazie alla «generazione zeta», i teenager di oggi che «magari non ascolteranno la musica degli U2», ma che Bono spera «cambierà il mondo in meglio». Andrea Laffranchi di Matteo Persivale ❞ P La civiltà occidentale non dipende dal fatto che io suoni o meno la mia sei corde Però mi mancherà Non ricordo quei momenti né come sono finito in ospedale con le ossa rotte sotto la giacca di pelle Cancello ogni apparizione pubblica, dovrò essere pronto per l’inizio del tour a maggio ete Townshend, almeno, quando si perforò la mano destra con il sangue che schizzava copioso sulla Stratocaster, poté dare la colpa alla «whammy bar» della chitarra (la leva metallica usata per il vibrato) che lo ferì mentre sul palcoscenico stava facendo un «mulinello» dei suoi, roteando il braccio: si trattò indubbiamente d’un infortunio sul lavoro del rock. Stava suonando «Won’t Get Fooled Again», capolavoro che val bene un viaggio in ambulanza al Tacoma Hospital di Seattle e qualche punto di sutura. Molto rock anche Tom Petty, che in un momento di frustrazione sferrò un pugno violentissimo contro il muro mentre stava mixando «Rebels», frantumandosi vari metacarpi. Jack White, ex White Stripes, si ferì alla mano in una rissa da bar e fratturò gravemente l’indice della sinistra in un incidente d’auto. E Rick Allen batterista dei Def Leppard finì contro un muro con la sua auto perdendo il braccio sinistro, tranciato di netto nell’impatto (da allora deve suonare una batteria speciale). Ma Bono, che si fa malissimo a spalla e mano andando in bici a Central Park, è davvero molto poco rock e molto borghese (peggio di lui fece Keith Richards, cadendo da una palma alle isole Fiji procurandosi una commozione cerebrale). Più fantozziano di quello del leader degli U2, però, c’è solo l’infortunio di Paul Westerberg dei Replacements: scrostando della cera da un candelabro si trafisse la mano, danneggiandone i tendini. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Dopo la crisi dei reality I talent Usa crollano negli ascolti, gli sponsor fuggono Il caso ● «American Idol» ha debuttato nel 2002. Dal 2004 è stato lo show più visto della tv Usa. Nel 2014 ha perso quasi il 30 per cento di pubblico rispetto all’anno precedente già in calo di ascolti D opo i reality, negli Usa la crisi (degli ascolti) tocca anche i talent show. Che vedono la loro stella appannarsi. Il 2014 è stato l’Annus Horribilis di un genere che sembrava inaffondabile. Un esempio? «American Idol» è passato dall’essere uno degli show di maggiore successo nella storia della tv americana (per otto stagioni consecutive, dal 2003/04 al 2010/11, è stato il programma più visto in assoluto) all’emorragia di ascolti dell’ultima edizione, la 13esima. Che nonostante la prestigiosa giuria (composta da Jennifer Lopez, Keith Urban e Harry Connick) ha perso quasi il 30% di ascolti rispetto al 2013 e, per il secondo anno consecutivo, non è riuscito a entrare nella Top Ten stilata da Nielsen in cui stazionava dal 2003. Risultato: dopo 13 anni di sponsorizzazione, la Coca Cola ha sciolto il contratto di partnership che la legava al talent. Se «Idol» piange, «The Voice» non ride: nel mese di dicembre 2014, il programma ha sfiorato quasi il 10% in meno di telespettatori rispetto allo stesso mese del 2013. In affanno anche per la versione Usa di «Ballando con le stelle», che Robert Thompson, uno dei massimi esperti mondiali di cultura popolare, ha definito «l’ultimo grande re dei talent». Lanciato a metà 2005, dopo 19 stagioni e 345 episodi, anche «Ballando» mostra segni di stanchezza: dai 13.73 milioni di ascoltatori del 2013 è passato ai 13.03 milioni dell’anno appena concluso. Sui motivi del precario stato di salute del genere ragionano critici e osservatori tv. Pronti di volta in volta a dare la colpa ai troppi «programmi fotocopia», alla inesistenza di nuovi concept originali, all’incapacità di Giudici Urban, Connick e Jennifer Lopez in «American Idol» adattare il genere alle nuove domande del pubblico, soprattutto più giovane: gare che si disputano sullo schermo per proseguire poi su Internet, pagine interattive sui social, formati più «stringati» per gli under 18, abituati più a fare zapping su smartphone e tablet che non sulla tv. Per i produttori si tratta invece della normale crisi fisiologica di un business che per anni ha fatto incassare soldi a palate a fronte di mini budget. E c’è infine chi, come Thompson, assicura: «Chi aspetta la fine dei talent, dovrà aspettare ancora a lungo». Laura Zangarini © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 SPETTACOLI A sorpresa Concerto a sorpresa di Jovanotti in carcere. Il cantante si è esibito nell’ultima notte dell’anno davanti ai 700 detenuti del carcere di Sollicciano, a Firenze. Uno show di un’ora in cui ha cantato pezzi storici del suo repertorio, accompagnato dagli strumenti di alcuni reclusi. Per brindare al nuovo anno, insieme a Jovanotti (accompagnato nel penitenziario dal consigliere regionale pd Enzo Brogi) sono arrivati anche il leader radicale Marco Pannella, la segretaria dei Radicali Rita Bernardini e il vicepresidente della Camera Roberto Giachetti (Pd). Concerto di Jovanotti per 700 detenuti nel carcere di Sollicciano Premi «The Imitation Game» miglior film a Capri È The Imitation Game il miglior film a «Capri, Hollywood The International Film Fest» che si è concluso ieri sull'isola azzurra: con Benedict Cumberbatch nel ruolo del genio gay Alan Turing, l’opera porta a casa anche il premio per il miglior regista, Morten Tyldum. L’Istituto Capri nel mondo, coordinato dal produttore Pascal Vicedomini, ha premiato come miglior attore l’inglese Timothy Spall che ha ritirato il premio per l’interpretazione di Mr Turner di Mike Leigh. Il senso di Violetta: alle ragazzine i miei valori positivi corsi di canto e musica, imparo a suonare la chitarra e l’hip hop: ho una giornata intensa. Per il resto mi piacciono le cose semplici: stare a tavola con la mia famiglia, con mio fratello. La mia famiglia è la mia salvezza, non è facile fare una vita come quella che faccio io, loro viaggiano con me e gli amici mi stanno vicini». Anche Martina, mito a sua volta, ha i suoi miti: «Come cantanti ammiro moltissimo Beyoncé e Michael Jackson. E poi mi piacciono tanti attori, Martina, diva in 240 episodi: difendo la famiglia U scite dalla caserma di zio Walt Disney, queste ragazze spontaneamente programmate per il successo hanno spesso imboccato la via dell’Inferno dove il clima non è gran che, ma la compagnia è migliore che in Paradiso (Mark Twain). È successo a Lindsay Lohan (alcol e droga), Britney Spears (droga e alcol), Miley Cyrus (che si esibisce più svestita che vestita). Martina Stoessel all’anagrafe — Violetta come icona globale per under 12 — è ancora nel suo guscio d’ovatta. Vietato parlare di ragazze che diventano bad girl. Simpatica come un rottweiler di cattivo umore, l’addetta stampa stoppa la domanda. Si può — gentile concessione — parlare del tour che porta il cast della serie Disney (Violetta, appunto) in Europa nel 2015 con una La trama ● La serie è ambientata a Buenos Aires. Dopo aver girato il mondo con il padre, Violetta torna nella sua città natale ● Qui scopre la sua passione per la musica e grazie alla zia inizia la sua avventura artistica serie di concerti, 62 spettacoli in tutto: Violetta Live. Quanto all’Italia, si parte il 28 gennaio da Torino, per toccare poi Milano, Bologna, Firenze, Roma e Verona. Perché piace così tanto Violetta? «Per la musica, per i testi delle canzoni, per le melodie facili da riconoscere e imparare, per il messaggio pulito — spiega Martina Stoessel, argentina di Buenos Aires —. È una storia familiare di amore e amicizia, valori in cui è facile identificarsi». Da tre anni, 240 episodi, interpreta il ruolo della brava ragazza tutta dedita al ballo e al canto, tra primi amori e prime disillusioni (molto soft). Non è stufa, ci mancherebbe: «Sono successe talmente tante cose che non me ne sono resa conto. Mi sono sempre divertita, ogni giorno è stato un regalo e una 47 Lo show Tour italiano della diciassettenne argentina, protagonista della serie Disney sorpresa. Sto attraversando una fase della mia vita piena di felicità, è un periodo che non dimenticherò mai. In futuro spero che possa succedermi qualcosa di ancora migliore. Vorrei sempre dedicarmi alla musica e al cinema». Ha appena 17 anni e un sacco di sogni già realizzati. Ne è rimasto qualcuno? Ride (chissà se autorizzata) e risponde: «Vorrei sposarmi in bianco e avere una famiglia. Il massimo successo per ognuno è essere felici di quello che si ha, vorrei continuare a lavorare nella musica e trasmettere messaggi positivi ai miei fan, essere una cantante, incidere dischi e girare il mondo». La sua vita di tutti i giorni è un concentrato di impegni: «Sto girando la serie tv e faccio le prove per il live, seguo Coppia Martina Stoessel e Diego Dominguez nello show ispirato dalla serie tv ma non ne ho uno preferito». I mini fan di Violetta vengono chiamati V-Lovers e alimentano un giro d’affari non indifferente: perché oltre alla serie televisiva, Violetta genera un indotto di merchandising che comprende la moda, la casa, gli accessori, la cancelleria, i prodotti di bellezza, i giocattoli, l’elettronica, libri, riviste e diari. È il V-Business, Disney ne ha fatto un impero. Fino alla prossima regina, perché ogni prodotto arriva alla sua data di scadenza. Renato Franco © RIPRODUZIONE RISERVATA 48 Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 49 ● Risponde Sergio Romano ● Il dubbio PROTESTE ALGERINE NELLE VIE DI PARIGI di Piero Ostellino Burocrazia anti-corrotti Un’amara illusione LETTERE AL CORRIERE CORSI DELLA RAI Come usare i computer Caro Romano, solo una piccola parte degli italiani sa usare i computer. Perché la Rai non pensa di istituire corsi (come fece, col fantastico maestro Manzi, oltre 50 anni fa per insegnare l’italiano) di apprendimento? La Rai potrebbe anche offrire la possibilità di acquistare a prezzi ridotti i computer per seguire le lezioni. Marco Righetti, Garda (Vr) Il corso potrebbe divenire contemporaneamente un servizio d’informazioni per tutti coloro che, pur servendosi del computer, hanno dubbi e quesiti. L’ignoranza del linguaggio informatico e dei suoi strumenti è l’analfabetismo dei nostri giorni. RAGAZZE RAPITE Appello agli italiani Ci sono momenti in cui un Paese deve dire come la pensa e se lo fa in modo corale, il messaggio arriva chiaro. Dobbiamo fare qualcosa per Greta e Vanessa, le giovani rapite in Siria. Esponiamo una bandiera o accendiamo una candela, oppure fermiamoci per un minuto per far sapere che l’Italia non aspetta che la loro liberazione! Enzo Bubbo Petronà Catanzaro Recentemente sono venuto a conoscenza dei fatti avvenuti a Parigi il 17 ottobre 1961, in piena guerra d’Algeria. Mi sto riferendo a una pacifica manifestazione di protesta degli algerini che fu brutalmente repressa, con decine di morti. Potrebbe darmi maggiori informazioni e anche una spiegazione di quella repressione così violenta? Perché è stata cosi a lungo ignorata in Francia? Da quel che ho appreso, soltanto dagli Anni 80 si è aperto un ( timido) dibattito su questi fatti. Davide Lorenzini [email protected] Le lettere firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a «Lettere al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano Fax: 02-62827579 @ [email protected] www.corriere.it [email protected] La tua opinione su sonar.corriere.it L Partirà presto il modello 730 precompilato per la dichiarazione dei redditi: è davvero una semplificazione? SUL WEB Risposte alle 19 di ieri Sì 23% La scoperta di un pericoloso coleottero di origine esotica in diversi alveari nel Meridione ha indotto il ministero della Salute a emanare una ordinanza per imporre agli allevatori di api di incendiare le arnie allo scopo di eliminare il parassita. La procedura ha avuto il seguente risultato, perfettamente prevedibile: © RIPRODUZIONE RISERVATA 77% No La domanda di oggi ALVEARI BRUCIATI Coleottero pericoloso Caro Lorenzini, a manifestazione fu brutalmente repressa e vi furono sanguinose «cacce all’algerino» nei viali della capitale e sui ponti della Senna. Ma vi è un antefatto che spiega meglio di qualsiasi analisi quale fosse il clima politico della Francia in quei mesi. Un anno prima il generale De Gaulle aveva parlato di una «Algeria algerina» che avrebbe avuto «il suo governo, le sue istituzioni e le sue leggi». Queste parole non avevano ancora convinto la direzione politica della resistenza algerina, ma avevano suscitato malumore in alcuni ambienti militari francesi e molta inquietudine nel mondo dei «pieds-noirs», come erano chiamati gli abitanti europei (prevalentemente francesi, ma anche italiani e spagnoli) della vecchia colonia. Quando De Gaulle passò quattro giorni ad Algeri dal 9 al 13 dicembre del 1960 vi furono scontri che provocarono la morte di 100 persone. Tornato in patria, il generale non esitò ad annunciare che avrebbe consultato la nazione con un referendum sull’autodeterminazione algeri- na e avrebbe chiesto contemporaneamente ai francesi un nuovo voto di fiducia. Quando si votò, l’8 gennaio 1961, i sì furono più di 15 milioni, i no quasi 5 milioni. Ma gli astenuti furono il 40% e la grande maggioranza degli europei residenti in Algeria votò contro la proposta del generale. Sul piano formale De Gaulle aveva vinto, sul piano sostanziale la battaglia non era ancora finita. In aprile il generale sfidò i suoi avversari dichiarando pubblicamente, nel corso di una conferenza stampa, che era giunta l’ora di accettare una situazione in cui l’Algeria avrebbe smesso di appartenere alla Francia. Furono queste le parole che provocarono il colpo di Stato militare del 22 aprile, stroncato in un paio di giorni, la nascita di una organizzazione segreta (l’Oas), gli attentati contro il generale e le manifestazioni degli opposti schieramenti, tutte destinate a provocare i duri interventi della polizia. Quella dell’ottobre 1961 rientra, per l’appunto, in questa categoria. Erano cominciate nel frattempo le trattative, dapprima ufficiose poi ufficiali, tra i rappresentanti delle autorità francesi e quelle del Fronte algerino di liberazione nazionale. Dopo la conclusione degli accordi di Evian nel marzo 1962, vi fu un nuovo referendum l’8 aprile, che li approvò con una maggioranza del 64,86%. Nelle sue memorie il generale dette l’impressione di essere stato convinto, sin dall’inizio, che la sola soluzione possibile fosse l’indipendenza dell’Algeria. È probabile invece che abbia progressivamente modificato la sua linea sino ad accettare ciò che era diventato ormai inevitabile. Ma non vi è dubbio che soltanto De Gaulle aveva l’autorità morale necessaria per pilotare il Paese attraverso una delle più difficili prove della sua storia. Roma: l’83,5% dei vigili previsti nel turno del 31 dicembre si dà malato. Il governo: cambieremo le regole del pubblico impiego. Giusto? decine di migliaia di api sono arse vive nel tentativo di proteggere l’ape regina, mentre il coleottero è volato via prima di essere divorato dalle fiamme! Sibylle Abstoss, Milano ROMA E NAPOLI Lavoratori assenteisti Al 31 dicembre a Roma l’80% dei vigili urbani si è messa in malattia; il giorno dopo a Napoli la percentuale dei netturbini assenti è stata persino maggiore! Eppure si discute sulla «non licenziabilità» nel pubblico impiego. Che cosa possiamo aspettarci da questa Italia? Ezio Allois Sesto S. Giovanni (Mi) SALDI Scelta delle date Per quale motivo il 2 gennaio sono iniziati i saldi in Campania e Basilicata e il 3 nelle altre regioni? E ancora: non capisco perché qualcuno, al di fuori degli interessati, debba decidere quando dare il via ai saldi. Maria Pia Torretta, Palermo AUTOSTRADE Cartello misterioso Come dovrebbe comportarsi un automobilista, rispettoso delle regole, che percorre ad esempio l’autostrada GenovaVentimiglia, alla vista di un cartello luminoso che avverte: «Attenzione: operai al lavoro Men at work». Dovrebbe ridurre la velocità? Di quanto? Non ci sono cartelli che lo indicano. Che sia magari un invito a controllare se gli operai stanno veramente lavorando? Giorgio Volonteri, Imperia N on si può neppure dire che giornali e tg di fine d’anno siano stati renziani, cioè servile propaganda del volontarismo parolaio del premier che continua ad annunciare riforme che non fa. Sono stati mussoliniani, manifestazione dell’irresponsabile ottimismo dell’Italia fascista che sbandierava una forza che non aveva. Questo nostro Paese non cambierà mai, gli vanno bene le cose come stanno: la doppia morale cattolica controriformista e quella comunista togliattiana filosovietica che chiama la tirannide libertà e l’arretratezza economica e sociale progresso. Questa è l’Italia che si fa coraggio, rifugiandosi nella retorica ogni volta che la machiavelliana «realtà effettuale» smentisce l’ottimismo consolatorio di chi non ha il coraggio di affrontare le molte ferite inferte al processo unitario, liberal-cavouriano, tradito, prima, dal fascismo, poi, dal pressapochismo progressista del secondo Dopoguerra. Ce la raccontiamo e ce la cantiamo, ingannandoci a vicenda; siamo machiavellici non avendo né ben letto né ben capito Machiavelli e restando fermi allo stereotipo del «fine che giustifica i mezzi», frase che Machiavelli non ha mai scritto né pronunciato, ma che serve, di volta in volta, a legittimare le false promesse di chi ci governa. Il 2015 non si apre con buoni auspici. Paghiamo il prezzo di una scuola e di un sistema informativo che non producono né conoscenza né spirito critico. Il lettore medio di quotidiani protesta se un giornalista critica il potere costituito. Lo scandalo romano ha mostrato che la (presunta) solidarietà della sinistra nei confronti dell’immigrazione era un affare per chi importava manodopera a basso costo per le cooperative: un caso per il quale è stata persino immaginata la presenza della mafia in luogo di ammettere che esso è stato il prodotto dell’occupazione delle istituzioni da parte dei partiti. È, allora, inutile e controproducente creare altri marchingegni burocratici per combattere la corruzione dilagante. Sarebbe sufficiente separare i soldi dai partiti. A produrre corruzione è l’eccessiva intermediazione politica. Se, invece di creare legislativamente nuovi carrozzoni burocratici contro la corruzione, destinati probabilmente ad accrescerla, rileggessimo ciò che è stato scritto sul pericolo di affidarsi (solo) alla Ragione; pericoli per altro amaramente sperimentati, nel Novecento (con il fascismo, il nazismo e lo stalinismo)? © RIPRODUZIONE RISERVATA INTERVENTI E REPLICHE Eutanasia e problemi etici Scriviamo in merito all’articolo di Pierluigi Battista «L’empatia degli scrittori e il chiasso dei militanti» (Corriere, 29 dicembre 2014). Sui temi della vita e della morte, meglio la letteratura della «superficialità militante della politica»: questa la tesi nuovamente ribadita da Pierluigi Battista nel descrivere «attenzione rispettosa» del protagonista del romanzo di lan McEwan di fronte a scelte drammatiche. Che la politica inoculi nella società dosi smodate di semplificazioni e faziosità è fuor di dubbio. Contrapporre arte e politica è però un modo di eludere il loro diverso ruolo, e in particolare la responsabilità che è propria della politica: stabilire regole valide per tutti. Considerare aprioristicamente, come fa Battista, «chiassosi e molesti pregiudizi» le argomentazioni di chi è a favore o contro la legalizzazione dell’eutanasia sembra essere, questo sì, un pregiudizio figlio dell’antipolitica e dell’illusione che la sensibilità per tutte le argomentazioni possa esimere la politica dal prendere delle decisioni. In tale pregiudizio non cade lan McEwan. Ironia della sorte, nelle stesse ore in cui Battista ne contrappone l’empatia al «chiasso dei militanti», McEwan firma insieme a 8O personalità britanniche l’appello per la legalizzazione del suicidio assistito in Gran Bretagna. La militanza non oscena a favore di proposte ragionevoli è dunque possibile! (La notizia apre la prima pagina del Daily Telegraph del 29 dicembre). Marco Cappato Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni © 2015 RCS MEDIAGROUP S.P.A. DIVISIONE QUOTIDIANI FONDATO NEL 1876 CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DIRETTORE RESPONSABILE PRESIDENTE Angelo Provasoli Ferruccio de Bortoli VICE PRESIDENTE Roland Berger CONDIRETTORE AMMINISTRATORE DELEGATO Pietro Scott Jovane Luciano Fontana VICEDIRETTORI Daniele Manca Venanzio Postiglione Giangiacomo Schiavi Barbara Stefanelli CONSIGLIERI Fulvio Conti, Teresa Cremisi, Luca Garavoglia, Attilio Guarneri, Piergaetano Marchetti, Laura Mengoni DIRETTORE GENERALE DIVISIONE MEDIA Alessandro Bompieri Sede legale: Via Angelo Rizzoli, 8 - Milano Registrazione Tribunale di Milano n. 5825 del 3 febbraio 1962 Responsabile del trattamento dei dati (D. Lgs. 196/2003): Ferruccio de Bortoli [email protected] - fax 02-6205.8011 © COPYRIGHT RCS MEDIAGROUP S.P.A. DIVISIONE QUOTIDIANI Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo quotidiano può essere riprodotta con mezzi grafici, meccanici, elettronici o digitali. Ogni violazione sarà perseguita a norma di legge. DIREZIONE, REDAZIONE E TIPOGRAFIA 20121 Milano - Via Solferino, 28 Tel. 02-62821 DISTRIBUZIONE m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Cazzaniga, 19 - 20132 Milano - Tel. 02-2582.1 - Fax 02-2582.5306 PUBBLICITÀ RCS MediaGroup S.p.A. Divisione Pubblicità Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano - Tel. 02-25846543 - www.rcspubblicita.it Staino Ho solo scritto che il romanzo di Ian McEwan La ballata di Adam Henry affronta i problemi etici senza le brutali semplificazioni di cui questa lettera è eloquente testimonianza. Pierluigi Battista Interventi chirurgici riprese dalle telecamere Un’eventuale ripresa con telecamere degli interventi chirurgici (Corriere, 31 dicembre), naturalmente rispettando la privacy, sarebbe una garanzia di maggior attenzione e professionalità, di tutela del personale chirurgico e degli anestesisti, nonché di una più facile, eventuale, indagine giudiziaria. È quindi auspicabile che questa proposta diventi presto legge. Sebastiano Caronni Orsenigo, Pavia EDIZIONI TELETRASMESSE: RCS Produzioni Milano S.p.A. 20060 Pessano con Bornago - Via R. Luxemburg - Tel. 02-95.74.35.85 • RCS Produzioni S.p.A. 00169 Roma Via Ciamarra 351/353 - Tel. 06-68.82.8917 • RCS Produzioni Padova S.p.A. 35100 Padova - Corso Stati Uniti 23 - Tel. 049-87.00.073 • Tipografia SEDIT Servizi Editoriali S.r.l. 70026 Modugno (Ba) - Via delle Orchidee, 1 Z.I. - Tel. 080-58.57.439 • Società Tipografica Siciliana S.p.A. 95030 Catania - Strada 5ª n. 35 - Tel. 095-59.13.03 • L’Unione Sarda S.p.A. 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Viaggio nel mondo” € 8,40; con “I capolavori dell’Arte” € 7,40; con “Ufo Robot” € 11,49; con “James Bond collection” € 11,49; con “Jeeg Robot d’acciaio” € 3,49; con “Scuola del racconto” € 8,40; con “The Beatles” € 11,40 Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera 50 # Sport L’ex presidente del Bayern Hoeness ottiene dopo 7 mesi la semilibertà Una buona notizia per l’ex presidente del Bayern Monaco, Uli Hoeness. Dopo sette mesi trascorsi in carcere, in seguito alla condanna a tre anni e mezzo per evasione fiscale, potrà vivere in regime di semilibertà. Hoeness, 62 anni, continuerà a dormire in prigione, ma nel corso della giornata potrà uscire e riprendere a lavorare secondo quanto riferisce il sito della Bild, che riporta anche la conferma del ministero della Giustizia. Hoeness, condannato nel marzo scorso, non aveva fatto appello contro la sentenza. Mercato Ufficializzato ieri l’arrivo del tedesco dall’Arsenal, l’Inter continua a insistere per il trequartista del Bayern: la Juve avrebbe l’accordo con il giocatore, il club preferisce i nerazzurri. Il Liverpool alla finestra Podolski c’è, Shaqiri forse Nomi caldi ● Shaqiri Lo svizzero, 23 anni, inseguito da Inter, Juve e Liverpool ● Sneijder L’olandese, 30 anni, ex Inter, piace alla Juventus ● Diamanti Ha 31 anni, è l’alternativa a Sneijder per la Juventus ● Icardi L’argentino dell’Inter, 21 anni, piace alla Juventus ● Neto Il portiere della Fiorentina, 25 anni, discute il rinnovo Scatta l’Inter. I nerazzurri rispondono al Milan, che ieri ha abbracciato Cerci, e centrano il primo colpo del loro mercato: Lukas Podolski, 30 anni da compiere il 4 giugno. L’attaccante tedesco ex Arsenal va di corsa: è già arrivato ieri sera a Milano, oggi sosterrà le visite mediche e punta a essere a disposizione per il big match contro la Juventus martedì a Torino. Dipenderà dal successo o meno della corsa contro il tempo che verrà effettuata per completare il tesseramento in tempo utile per essere in campo allo Stadium. L’affare era stato imbastito da giorni ma bisognava vincere la resistenza dei Gunners, un po’ vera e un po’ strategica. La svolta è arrivata ieri mattina. E dopo la prima offerta definita «non seria» dal tecnico dei londinesi, Arsène Wenger, i nuovi argomenti proposti dal direttore sportivo interista, Piero Ausilio, devono essere stati convincenti. L’operazione si è così sbloccata su queste basi: Podolski arriva in prestito fino a giugno e l’Inter corrisponderà 600 mila euro all’Arsenal. La cifra potrà crescere a 850 mila euro in caso di qualificazione dei nerazzurri all’Europa League e a un milione con la conquista di un posto in Champions League. Oggi Poldi, dopo le visite mediche, sarà ad Appiano Gentile per il primo contatto con la nuova realtà e il primo allenamento. L’Inter però non si ferma e fa sul serio anche per Xherdan Shaqiri. Ieri Ausilio ha incontrato il fratello, Erdin e l’agente Fifa, Ulisse Savini, che assiste genti bianconeri), ma mentre l’accordo con il giocatore ci sarebbe già, la distanza con il Bayern è ancora notevole: per questo la prima scelta dei campioni d’Italia resta Wesley Sneijder. I contatti sono costanti, la Juve ha già ottenuto la disponibilità del giocatore, ma deve trovare la quadra con il Galatasaray, che intende fare cassa non trovandosi in buonissime acque dal punto di vista finanziario. C’è una clausola rescissoria di 20 milioni, fissata dal club di Istanbul al momento dell’acquisto dell’olandese, naturalmente troppo elevata per la Juve, che ora dovrà ragionare con i turchi per la formula dell’operazione (il prestito non sembra gradito) e con il giocatore per modulare l’ingaggio sui parametri bianconeri. Fuori dai canoni, infatti, sono i 6 milioni garantiti dal Gala. L’ipotesi a basso costo sarebbe invece Alessandro Diamanti, ora in Cina al Guangzhou. Prima che sul campo (appuntamento il 6 gennaio), Juve e Inter si affrontano quindi sul mercato. E rispunta il nome di Icardi nell’orbita bianconera. L’argentino non ha ancora rinnovato il contratto che scade nel 2018 e si parla di contatti e manovre juventine per giugno. Giornata decisiva oggi in casa Fiorentina (cui si è offerto per un ritorno Adrian Mutu) per risolvere la questione Neto. Oggi il portiere incontrerà la società per discutere dell’offerta di rinnovo. In caso di rottura, sempre la Juve è pronta a inserirsi. Filippo Bonsignore Alternative Il club bianconero tratta col Galatasaray per Sneijder ma pensa anche a Diamanti condo nodo da sciogliere: la concorrenza. Su Shaqiri è forte l’interesse anche di Juventus e Liverpool con dei distinguo: i bianconeri offrono 3 milioni per il prestito e 12 per il riscatto legato però al raggiungimento di obiettivi; i Reds sembrano intenzionati ad acquistare il giocatore a titolo definitivo. E proprio questo li fa avvicinare alle richieste dei bavaresi. La partita è tutta da giocare. E in ottica interista potrebbe giocare un ruolo determinante un intervento proprio del presidente Thohir, come per l’acquisto di Hernanes un anno fa. Sul fronte juventino, invece, la pista resta viva (ieri l’incontro degli i ntermediari con i diri- © RIPRODUZIONE RISERVATA Il personaggio Lui e Klose i primi giocatori simbolo della nuova Germania multietnica e vincente MILANO È stato Roberto Mancini ● Mutu A 35 anni si è offerto per un ritorno alla Fiorentina in questa fase lo svizzero del Bayern Monaco. Un altro passo avanti, dunque, per il 23enne che è sempre stato in cima alle preferenze di Mancini, visto che può giocare da esterno d’attacco e da trequartista. L’affare non è semplice per diverse ragioni. La prima è economica: l’investimento necessario è di 15 milioni, cifra non stanziabile a cuor leggero dal club di Thohir. L’offerta fatta al Bayern, più propenso a una cessione definitiva del giocatore, è di un prestito con obbligo di riscatto fissato proprio a 15 milioni. E qui si inserisce il se- a spiegare l’acquisto di Lukas Josef Podolski, parlando a Inter Channel: «Se andiamo indietro nella storia, i tedeschi nell’Inter sono sempre stati importanti e hanno fatto benissimo. Come giocatore lo conosco abbastanza bene; sa coprire diversi ruoli; è mancino; calcia benissimo; è fresco di titolo mondiale. Ha giocato nel Bayern e nell’Arsenal; ha grande esperienza e qualità». Era dai tempi di Matthias Sammer, per un’avventura durata soltanto sei mesi (12 presenze e 4 gol), da luglio a dicembre 1992 (nostalgia di casa, pur essendo titolare), che il club nerazzurro non ingaggiava un giocatore tedesco. Prima di quello che sarebbe diventato Pallone d’oro, nel 1996, dopo il titolo europeo vinto dalla Germania, erano arrivati Horst Szymaniak (1963-1964, una Coppa dei Campioni), Hansi Müller (1982-1984), Karl-Heinz Rummenigge (1984-1987), Lothar Matthäus e Andreas Brehme (1988-1992, uno scudetto, una Coppa Uefa e una Supercoppa italiana a testa) e Jurgen Klinsmann (1989-1992, Supercoppa e Coppa Uefa). È stato proprio Klinsmann, divenuto c.t. della Germania Tradizione Mancini: «I tedeschi all’Inter hanno sempre fatto bene». Lukas: «Felice di essere qui» Campione del mondo Lukas Podolski, 29 anni, 121 partite con la Germania (Olycom) (agosto 2004), a lanciare in Nazionale Podolski, allora attaccante del Colonia, dopo le prime due partite con Voeller e l’esordio contro l’Ungheria (a 19 anni e due giorni, 6 giugno 2004) e la partita con la Repubblica Ceca all’Europeo in Portogallo (23 giugno 2004) e a trasformarlo in uno dei protagonisti del sorprendente terzo posto tedesco al Mondiale 2006 (tre gol e titolo di «miglior giovane»). Il principe « Po l d i » , n a to n e l 1 9 8 5 a Gliwice, cento chilometri a ovest di Cracovia, figlio d’arte (il padre, Waldemar, è stato calciatore professionista di buona fama; la madre, Christina, ha giocato nella nazionale polacca di pallamano) e cresciuto a Bergheim, vicino a Colonia, do- Lukas Podolski è nato a Gliwice (Polonia) il 4 giugno 1985. Attaccante mancino, ha esordito con il Colonia (20032006), prima di andare al Bayern (20062009), tornare a Colonia e passare all’Arsenal nel 2012. Con la Nazionale ha giocato tre Mondiali (un titolo) e tre Europei ve la famiglia era emigrata nel 1987, ha bruciato le tappe in tutte le nazionali, dall’Under 17 in poi, nelle quali ha giocato. Insieme con Klose (anche lui nato in Polonia, a Opole, ma nel 1978) e con Neuville (nato a Locarno), ha rappresentato uno dei primi simboli della Nationalmannschaft aperta ai figli degli immigrati prima che scoccasse l’ora di Ozil, Khedira e Boateng. In Nazionale (121 partite e 48 gol), è terzo dopo Matthaeus e Klose come numero di presenze. Podolski, grande amico di Dirk Nowitzki, è il giocatore che ha segnato il gol più veloce nella storia della nazionale tedesca: gli sono bastati 9” per segnare all’Ecuador nell’amichevole del 30 maggio 2013 (4-2). Finito il Mondiale 2006, la prima delle tre Coppe del Mondo alle quali è stato presente (terzo posto anche 2010, vittoria in Brasile sei mesi fa), Podolski, per il quale continua a stravedere il c.t. Loew, aveva lasciato il Colonia, acquistato dal Bayern (7,8 milioni di euro) e con il Bayern aveva segnato proprio all’Inter il suo primo gol in Champions League (27 settembre 2006, 0-2 a San Siro). Al Bayern, Podolski è rimasto fino al 2009 (ha vinto campionato, Coppa e Supercoppa di Germania), prima di tornare a Colonia e, dopo un triennio, ecco tentare l’avventura in Premier League, acquistato per 11 milioni di euro dall’Arsenal, dove ha conquistato la Coppa d’Inghilterra e il Community Shield 2014. Poi le scelte di Wenger lo hanno spinto verso l’Inter, dove si gioca molto. Sbarcato alle 21.35 di ieri a Linate, con volo da Londra, Podolski ha rischiato di essere travolto dall’affetto dei tifosi nerazzurri, che gli hanno regalato un’accoglienza degna di un campione del mondo: «Sono felice di essere qui. Forza Inter. Spero in una grande stagione». Da oggi si lavora, pensando alla Juve. E non solo. Fabio Monti © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 SPORT 51 Serie B Tennis Il Catania cambia per la terza volta: Marcolin Nadal torna e fa solo 2 game con Murray Volley Superlega, Modena rischia a Perugia È Dario Marcolin il nuovo allenatore del Catania. Dopo il divorzio da Sannino e l’esperienza del Pellegrino-bis durata appena tre giornate, tocca al tecnico bresciano assumere la guida della squadra rossoazzurra, protagonista di un pessimo girone d’andata in serie B, con il quartultimo posto, frutto di 21 punti in 21 giornate. L’allenatore ex Modena e Padova, ha raggiunto ieri l’accordo con il club del presidente Pulvirenti, reduce dalla retrocessione dalla serie A dello scorso campionato non ancora metabolizzata. Torna la Superlega di volley con la prima giornata di ritorno. Le partite (ore 20.30): Cmc Ravenna-Copra Piacenza, Calzedonia Verona-Lube Marche Treia, Exprivia Molfetta-Revivre Milano, Tonazzo Padova-Energy Diatec Trentino, Sir Safety Perugia-Modena Volley (ore 17.30, tv diretta RaiSport 1), Vero Volley Monza-Top Volley Latina. Classifica: Trentino e Modena 30 punti; Lube Marche Treia 28; Perugia 27; Verona 22; Latina 21; Ravenna 19; Piacenza 18; Molfetta 13; Padova e Città di Castello 7; Milano e Monza 6. Un’esibizione non è un torneo, ma lo spagnolo Rafa Nadal, al rientro dopo due mesi di stop per l’operazione di appendicite di inizio novembre, si aspettava sicuramente qualcosa di meglio. Ad Abu Dhabi invece è andata malissimo allo spagnolo che è stato spazzato via dallo scozzese Andy Murray: 6-2, 6-0 il punteggio. Murray affronterà oggi nella finale il numero 1 del mondo, il serbo Novak Djokovic, che ha travolto lo svizzero Stanislas Wawrinka per 6-2, 6-1. La curiosità A Milanello Niente Sassuolo per Cerci Oggi la visita di Berlusconi MILANO Pomeriggio a Milanello È come se Pippo Inzaghi, una volta tolta la maglietta numero 9, in quel 13 maggio 2012, Milan-Novara 2-1, trecentesima partita in rossonero e addio al calcio giocato ovviamente con gol, avesse lanciato una maledizione. Come dicono i francesi: «Après moi le déluge», «dopo di me il diluvio». Visto che ha familiarità con la lingua, e visto come gli sta andando la stagione (8 gol, mai così tanti e non è ancora finito il girone d’andata), Jérémy Ménez si tenga stretta la sua maglia numero 7 (numero comunque evocativo per un milanista, da Donadoni a Shevchenko) e in società lascino correre se il popolo e i giornalisti pallonari continuano a chiamarlo «falso nueve». Può essere il dribbling giusto all’incantesimo. Non aprite quella maglia. Dopo Mr Gol, Inzaghi Pippo (316 reti in 694 partite ufficiali) il numero 9 pare ribellarsi a chiunque provi a metterselo sulle spalle. Altro che «maglia pesante», come anche recentemente Honda ha definito la sua che ha cucito sopra il 10 («Con quella maglia si aspettano tutti almeno un gol o un assist, è difficile»), qua siamo di fronte a tre fallimenti di fila. Con ordine: corre l’anno sociale 20122013 e Alexandre Pato decide di diventare il punto di riferimento dell’attacco del Milan orfano di Ibrahimovic. Decide di osare. Addio alla «7», ecco la «9»: il risultato è un infortunio più grave del solito, solo sette presenze e due gol (in Champions contro Malaga e Anderlecht) e il ritorno in Brasile nel gennaio 2013. Il secondo coraggioso è stato Alessandro Matri. Arriva dalla Juve nell’estate del 2013 (e Antonio Conte si infuria): Allegri lo vuole per sostituire il Pazzo (che, a dispetto del nome, saggiamente aveva sempre optato MILANO Esempio A sinistra Pippo Inzaghi: con il Milan ha segnato 126 gol. Sopra, Alessio Cerci (Reuters) © RIPRODUZIONE RISERVATA La maledizione del numero 9 Dopo Inzaghi, al Milan solo flop Con quella maglia hanno fallito Pato, Matri e Torres. Ora resta libera Punte infelici 4 Centravanti infelici. Da sinistra Pato, che ha indossato il 9 nel 2012-13; Alessandro Matri, rossonero nel 2013; Fernando Torres, al Milan dal 31 agosto al 27 dicembre 2014 (Photoviews, Forte, Andreoli) i gol segnati dagli ultimi tre rossoneri che hanno vestito la maglia n. 9: Pato (due reti), Matri (una rete) e Torres (una) per un totale di 35 presenze per la «11»), la società spende 12 milioni (pagamento triennale), il bell’Ale è galvanizzato dal ritorno nella squadra per cui tifava da ragazzino e con cui aveva esordito in serie A, proprio dieci anni prima. Non è uno scarso: con il Cagliari 131 presenze e 38 gol, con la Juve 84 presenze e 31. E invece al Milan qualcosa non funziona: gli almanacchi raccontano di 18 presenze e una sola rete nella trasferta di Parma, pure persa per 3-2. Il ragazzo non è più tranquillo, a gennaio se ne va in prestito alla Fiorentina, da quest’anno è al Genoa dove ha ricominciato a segnare (14 presenze in A, sei gol). L’ultima vittima del nove La Palestina cerca la riscossa con il pallone Grande euforia per il debutto in Coppa d’Asia: «La nostra arma è la motivazione» Così al via ● La Coppa d’Asia 2015 è in programma dal 9 al 31 gennaio in Australia ● Sedici le partecipanti: Australia, Giappone, Sud Corea, Nord Corea, Oman, Arabia Saudita, Qatar, Bahrein, Emirati Arabi, Uzbekistan, Iran, Kuwait, Giordania, Iraq, Cina, Palestina per salutare Inzaghi e i compagni, in attesa dei test atletici di oggi. Alessio Cerci va veloce («C’erano società interessate a me, tra cui l’Inter, ma volevo il Milan»), ma dovrà aspettare per il debutto. Il mercato apre il 5 e il Milan entro le 15 dovrebbe acquistare Torres, cederlo all’Atletico e ufficializzare il prestito di Cerci. Impossibile. La prima sarà contro il Toro, sua ex squadra. Oggi però Cerci capirà subito il mondo Milan: è probabile infatti la visita di Silvio Berlusconi. DAL NOSTRO INVIATO RAMALLAH Chi non salta israeliano è. «Sarà dura, ma ci siamo abituati...». Dietro la piazza dei Leoni, scoppiasse una guerra o gli riconoscessero lo Stato, Jamal Mahmud e i suoi amici del caffè Azahara chissà se ci penserebbero: loro saltano già come canguri, in testa solo la partita. «I miei ragazzi sono buoni giocatori, faranno la loro figura...». Li ha selezionati Jamal, gli undici Leoni della Cananea. E li ha allenati lui, fino a settembre. E lui li ha portati allo storico risultato, mai prima d’ora in Palestina: la fase finale della Coppa d’Asia. «Ho lasciato la panchina per ragioni mie, ma quel lunedì il mio cuore sarà là con loro». Là, è l’Au- stralia: il gruppo D coi campioni uscenti dell’Iraq, gli ex campioni del Giappone, i forti giordani. Lunedì è il 12 gennaio, lo storico esordio contro i più impossibili degli avversari: il milanista Honda, l’interista Nagatomo. «Parlo ogni sera coi miei ragazzi — dice Jamal —, qualche consiglio lo posso ancora dare...». E quale? «Chiudersi bene e ripartire. Col Giappone, è l’unica tattica possibile». Spezzate le catene, fate catenaccio. Su la barriera difensiva. E poi avanti coi bomber. In fuorigioco da sempre, fuori dalla storia per chissà quanto, la nazione che non c’è ha una Nazionale che finalmente c’è: eccome, se c’è. Lo Stato palestinese ha appena scoperto che non verrà mai riconosciuto dal club dell’Onu? E ha cambiato schema, cercando udienza alla Corte internazionale dell’Aja? Il Palestine Football Club è già al 113° posto delle nazionali di tutto il mondo (solo 6 anni fa, stava al 191°). E alla corte internazionale della Fifa entra per la porta principale: fra le 16 più forti d’Asia, a giocarsi la coppa contro Corea, Australia, Iran... «O mia Patria, ho conquistato l’impossibile...», dice l’inno palestinese, e qualcuno un po’ ci spera: lo 0- 0 contro la Cina, in novembre, è stato un bel segnale. Qualche chance: una rosa annaffiata da calciatori del campionato svedese, egiziano, polacco, sloveno; un portierone-bandiera di 34 anni, Ramzi Saleh, che è il Buffon di Gaza e una volta non finì allo Sheffield Risultato Il presidente Mahmoud Abbas stringe la mano al capitano della Nazionale palestrinese Ramzi Saleh (Afp) rossonero è stato Fernando Torres. D’accordo: forse rilanciare il Niño era una scommessa difficile, forse la parabola era già stata disegnata ed è inevitabilmente discendente, però l’anno scorso al Chelsea ha segnato comunque 11 gol (in 41 partite, solo 5 in Premier League, però), e la stagione precedente era andata ancora meglio: 23 reti su 64 partite. Ci si poteva aspettare qualcosa di più dall’unico gol (di testa, a Empoli, per il 2-2- finale) realizzato con il Milan. Il ritorno all’Atletico Madrid dirà. (Divagazione dall’altra parte del Naviglio: il 9 portò malissimo anche a Ronaldo. Nella stagione 1999-2000 ascoltò gli sponsor e cambiò casacca, si ruppe il 21 novembre con il Lecce e si rifece male l’11 aprile 2000 per stare fermo oltre un anno). E ora? Per ora la numero 9 resta libera, in attesa di capire se Adriano Galliani deciderà (magari dopo l’uscita di Niang) di rimpolpare la rosa con un centravanti di ruolo. Le intenzioni, a ora, non sono queste: Ménéz e Pazzini sembrano bastare. Altrimenti spetterà a Inzaghi disinnescare la maledizione: solo lui può riuscirci. Arianna Ravelli © RIPRODUZIONE RISERVATA solo perché gli israeliani non gli diedero il visto. E poi la spinta politica: quando la Nazionale scende in campo a Ramallah, in tribuna c’è Abu Mazen o qualche suo ministro; gli infortuni talvolta sono ferite d’arma da fuoco e gli allenamenti, chi li salta, è perché lo bloccano a un check-point. Perfino il simpatizzante Maradona, ogni tanto, mette in giro la voce che gli piacerebbe allenare la squadra dei senzaterra. «La nostra arma è la motivazione d’un momento storico», incoraggia Ashraf Numan, 28 anni, l’uomo gol: «Dobbiamo dare gloria a un popolo sotto occupazione e lo sappiamo: possiamo fare l’impresa anche col Brasile». Quest’estate, i Leoni giocavano durante la guerra: «Ognuno di noi a Gaza aveva un parente. Il pallone ha un altro significato, se pensi a loro». Perché la Fifa, lo impari anche se non giochi, in Palestina si scrive con la minuscola. Francesco Battistini © RIPRODUZIONE RISERVATA Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera 52 Il giorno 2 gennaio è andata in cielo Franca Pesenti Natta Lo annunciano con tanto amore e gratitudine il marito Giampiero, i figli Giulia con Giorgio, Carlo con Federica e Laura.- I funerali avranno luogo oggi alle ore 15 nella chiesa di SantAgata nel Carmine in Città Alta (Bergamo). - Bergamo, 3 gennaio 2015. Partecipano al lutto: Nicoletta e Luciano Bertolini con affetto. Annacarla, Francesca, Giampiero, Giampaolo, Giulio, Roberto, Giovanni, Nina, Cesare, Margherita e Giorgio ricorderanno sempre la loro adorata nonna Franca ed il grande amore per la vita che ha loro insegnato. - Bergamo, 3 gennaio 2015. Il Consiglio di Amministrazione ed il Collegio Sindacale della società Italcementi S.p.A. partecipano al lutto del Presidente Ingegner Giampiero Pesenti, del Consigliere Delegato Ingegner Carlo Pesenti e di tutti i familiari per la scomparsa della loro cara sig.ra Franca Pesenti Natta - Bergamo, 2 gennaio 2015. Partecipano al lutto: Il Vice Presidente Operativo Pierfranco Barabani. Il Vice Presidente Lorenzo Renato Guerini. Giulio Antonello. Giorgio Bonomi. Fritz Burkard. Victoire de Margerie. Federico Falck. Italo Lucchini. Emma Marcegaglia. Sebastiano Mazzoleni. Jean Paul Méric. Carlo Secchi. Elena Zambon. Il Collegio Sindacale. Maria Martellini, Presidente. Mario Comana. Luciana Gattinoni. Fabio Bombardieri. Luciana Ravicini. Carlo Luigi Rossi. Il Segretario del Consiglio Paolo Santinoli. Il Direttore Generale Giovanni Ferrario. Il Consiglio di Amministrazione ed il Collegio Sindacale della società Italmobiliare S.p.A. partecipano al lutto del Presidente Ingegner Giampiero Pesenti, del Consigliere Delegato Ingegner Carlo Pesenti e dei loro familiari per la perdita della loro cara sig.ra Franca Pesenti Natta - Milano, 2 gennaio 2015. Andrea Asti è vicino a Laura, Giampiero Giulia e Carlo per la perdita della cara Franca - Milano, 2 gennaio 2015. ll Presidente Angelo Provasoli, lAmministratore Delegato Pietro Scott Jovane, il Consiglio di Amministrazione, il Collegio Sindacale e il Management di RCS MediaGroup esprimono partecipazione e profondo cordoglio al lutto che ha colpito lIngegnere Giampiero Pesenti, lIngegnere Carlo Pesenti e tutti i loro familiari per la scomparsa della signora Franca Natta Pesenti - Milano, 2 gennaio 2015. Piergaetano Marchetti partecipa commosso al lutto dellIngegnere Giampiero Pesenti, dellIngegnere Carlo Pesenti e di tutta la loro famiglia nel momento della scomparsa della signora Franca Natta Pesenti - Milano, 2 gennaio 2015. Marco Tronchetti Provera è vicino con amicizia e affetto a Giampiero, ai figli Carlo, Giulia, Laura e ai loro famigliari e partecipa al loro dolore per la scomparsa della signora Franca Natta Pesenti - Milano, 2 gennaio 2015. Il Presidente, lAmministratore Delegato e il Consiglio di Amministrazione di Mediobanca partecipano al dolore dellIngegnere Giampiero Pesenti, dellIngegnere Carlo Pesenti e dei famigliari tutti per la scomparsa della cara Franca Natta Pesenti - Milano, 2 gennaio 2015. Carlo e Noris Orsi sono vicini a Carlo e a tutta la sua famiglia nel dolore per la scomparsa della madre Franca Pesenti Natta - Milano, 2 gennaio 2015. Federico e Loredana Vitaletti condividono con commozione il dolore per la scomparsa di Franca Pesenti Natta - Milano, 2 gennaio 2015. Paolo Sfameni con profondo affetto e tristezza è vicino allingegner Giampiero e a Carlo nel dolore e nellincolmabile solitudine per la scomparsa della sig.ra Franca Natta - Milano, 2 gennaio 2015. Partecipano al lutto: Il Vice Presidente, Italo Lucchini. I Consiglieri: Anna Maria Artoni. Giorgio Bonomi. Carolyn Dittmeier. Sebastiano Mazzoleni. Luca Minoli. Gianemilio Osculati. Clemente Rebecchini. Paolo Domenico Sfameni. Livio Strazzera. Massimo Tononi. Laura Zanetti. Il Collegio Sindacale. Francesco Di Carlo, Presidente. Angelo Casò. Luciana Ravicini. Maria Barbara Berlanda. Paolo Ludovici. Maria Rachele Vigani. Il Segretario del Consiglio Graziano Molinari. Il Condirettore Generale Giorgio Moroni. Il personale dipendente della società Italmobiliare S.p.A. partecipa al lutto del Presidente e del Consigliere Delegato per la perdita della loro cara sig.ra Franca Pesenti Natta - Milano, 2 gennaio 2015. Guido e Giulio Antonello con Francesca partecipano al dolore di Carlo per la perdita della mamma Franca Natta Pesenti - Lugano, 2 gennaio 2015. Giancarla e Virginio Rognoni nel rimpianto dellamica carissima Franca Pesenti partecipano commossi alla tristezza di Giampiero e figli. - Pavia, 2 gennaio 2015. Giorgio, Adriana, Veronica e Marco Squinzi partecipano sentitamente al lutto di Carlo, Giampiero e di tutta la famiglia Pesenti per la scomparsa della signora Franca Natta Pesenti - Milano, 2 gennaio 2015. Dirigenti e maestranze del gruppo Mapei partecipano al lutto della famiglia Pesenti per la dipartita della signora Franca Natta Pesenti - Milano, 2 gennaio 2015. Giovanni Ferrario partecipa con profondo cordoglio al dolore della famiglia Pesenti per la perdita della cara signora Franca - Bergamo, 3 gennaio 2015. Lassistente e il personale di segreteria del Consigliere Delegato di Italcementi SpA partecipano con profonda commozione al lutto e al dolore della famiglia per la scomparsa della signora Franca Pesenti Natta - Bergamo, 3 gennaio 2015. Tato con Ghita, piange la scomparsa di Franca sorella amatissima e presenza costante e solidale nelle nostre vite. - Giussago, 2 gennaio 2015. Il Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi con il Comitato di Presidenza, il Consiglio Direttivo, la Giunta e il Direttore Generale Marcella Panucci, partecipa al dolore dellamico e collega di Presidenza Ingegner Carlo Pesenti e del suo papà Giampiero Pesenti per la scomparsa della signora Franca Natta Pesenti - Roma, 2 gennaio 2015. Carlina Vismara con Antonina Francesco Isabella Monica Rosita piange Franca amica carissima dalla giovinezza con la quale ha condiviso tempi felici e indimenticabili e si unisce con la preghiera a Giampiero Giulia Carlo Laura e al fratello Tato. - Milano, 2 gennaio 2015. Rosita, con Alberto e Barbara, ricorda Cara zia Franca con immenso dolore e con enorme vuoto dentro ti chiediamo di starci vicino dora in poi così come hai fatto sino ad oggi.- Ciao, ti vogliamo bene, Rosita e Checco, con Piero e Justine. - Giussago, 2 gennaio 2015. Nicoletta con Vittorio, Lorenza, Piero, Marco e le loro famiglie abbraccia con affetto Giampiero, Giulia, Carlo, Laura e Tato nel dolce ricordo dellindimenticabile cugina Franca - Celerina, 2 gennaio 2015. Adriana Natta Loup con Padre Paolo Andrea, Pierfrancesco, Rosanna, Chiara Maria, Pierfilippo sono vicini nella preghiera alle famiglie Natta e Pesenti per la scomparsa della cara cugina Franca - Milano, 2 gennaio 2015. Pierfranco e Ludovica sono vicini a Giampiero, Giulia e Giorgio, Carlo e Federica, Laura nel dolore e nel rimpianto per la scomparsa di Franca carissima indimenticabile amica di tanti anni. - Bergamo, 3 gennaio 2015. Anna con Michele, Carlo con Daniela, Lisa ricordano la carissima zia Franca che da sempre li ha accompagnati e guidati con amore. - Bergamo, 3 gennaio 2015. Marco, Alba, Carlo e Angelica abbracciano forte Laura e Nina per la perdita dellamata Franca - Madonna di Campiglio, 2 gennaio 2015. Franca Marco e Ahlem Piccinini ricordano con rimpianto la carissima Franca Pesenti la sua spontanea simpatia e linnata classe, e sono vicini nel dolore e nella preghiera a Giampiero, Carlo, Giulia, Laura ed ai familiari tutti. - Monaco, 3 gennaio 2015. Luca Minoli partecipa al dolore di Giampiero e dei figli Giulia, Carlo e Laura per la perdita della amata moglie e madre signora Franca Natta Pesenti - Milano, 2 gennaio 2015. Antonio e Monica con i figli ricordano con molto affetto la dolcissima Franca e sono vicini a Giampiero e a tutta la sua grande famiglia. - Milano, 2 gennaio 2015. Franco e Anna Rocco con Maria Luisa Bartorelli partecipano con sincero affetto al grande dolore dei familiari per la perdita della carissima, indimenticabile Franca donna di grande bontà, intelligenza e sensibilità. - Milano, 2 gennaio 2015. Vittorio Di Paola è vicino con grande affetto al collega e amico Carlo Pesenti nel momento della scomparsa della cara mamma Franca Pesenti Natta - Roma, 2 gennaio 2015. Stefano Dolcetta partecipa vivamente al dolore dellIngegner Carlo Pesenti per la scomparsa della mamma Franca Pesenti Natta - Vicenza, 2 gennaio 2015. Beatrice e Giuseppe Bana con Antonella e Giacomo, Marcello e Laura abbracciano Giampiero e tutti i suoi cari nel ricordo di Franca sig.ra Franca Pesenti Natta - Palermo, 2 gennaio 2015. La Scuola Master F.lli Pesenti del Politecnico di Milano esprime sentite condoglianze allingegner Carlo e allingegner Giampiero Pesenti per la perdita della mamma e moglie sig.ra Franca Natta Pesenti - Milano, 2 gennaio 2015. Partecipano al lutto: Gianni e Maria Pia Bana. Maurizio ed Isabella Traglio sono vicini a Giampiero, Carlo, Giulia e Laura per la perdita di Franca amica di cui conserveranno sempre un affettuoso grande ricordo. - Milano, 2 gennaio 2015. Giorgio e Laura Fossa partecipano commossi al dolore dellIngegnere Giampiero e di Carlo Pesenti per la perdita della signora Franca Pesenti Natta Pino Il presidente Fedele Confalonieri, il vicepresidente Pier Silvio Berlusconi, lamministratore delegato Giuliano Adreani, i consiglieri damministrazione, il collegio sindacale, i dirigenti e tutti i dipendenti del gruppo Mediaset partecipano al lutto di Massimo Porta e della famiglia per la scomparsa del padre Silvia e Alberto sono vicini a Massimo e Francesca nel doloroso momento della perdita dellamata Giuseppe Porta - Cologno Monzese, 2 gennaio 2015. Pier Silvio Berlusconi si stringe forte allamico Massimo e a tutta la sua famiglia in questo momento di dolore per la triste perdita del papà - Milano, 3 gennaio 2015. La Presidente, i docenti e i collaboratori dellUniversità della Terza Età Milano Duomo partecipano commossi al lutto del Vicepresidente Elio Manzoni per la scomparsa dellamata moglie Dott.ssa Cristina Turci - Milano, 2 gennaio 2015. Cristina Turci Partecipa al lutto: Camilla Mangiarotti. Dott. Siro Brondoni Niccolò Querci è vicino a Massimo e alla famiglia per la dolorosa perdita del caro papà Partecipano al lutto: Antonio e Laura Premoli. Giuseppe Porta Dottor - Cologno Monzese, 2 gennaio 2015. Gina Nieri è vicina a Massimo nel dolore per la perdita del padre Siro Brondoni - Cologno Monzese, 2 gennaio 2015. Silvio, con la moglie Daniela, piange limprovvisa scomparsa del fratello Siro.- Con profondo rimpianto ne ricorda la grande umanità e le alte doti morali delluomo pubblico. - Milano, 2 gennaio 2015. Alessandro Salem è sinceramente vicino a Massimo e famiglia per la perdita del caro papà Partecipa al lutto: Carla Salvioni con Niccolò. Giuseppe Porta Giuseppe Porta moglie e madre da tutti tanto amata. - Milano, 2 gennaio 2015. Mauro Crippa, Andrea Delogu, Luca Tiraboschi e tutti i colleghi della Direzione Generale Informazione di Mediaset partecipano al lutto di Massimo Porta per la scomparsa del papà si uniscono a Wanda condividendone il dolore per la scomparsa del compagno di tutta una vita. - Stradella, 1 gennaio 2015. Angelo Casò si unisce al dolore per la perdita della signora - Cologno Monzese, 2 gennaio 2015. Franca Pesenti Franca Natta Pesenti ed è particolarmente vicino a Giampiero, Carlo e familiari tutti. - Milano, 2 gennaio 2015. Le famiglie dei fratelli Colaiacovo si stringono al dolore che ha colpito il Dottor Carlo Pesenti per la perdita della cara Franca Natta Pesenti Giuseppe Marco Paolini si stringe con affetto a Massimo e alla famiglia per la perdita del caro papà Giuseppe Porta - Cologno Monzese, 2 gennaio 2015. Tutta la Direzione Intrattenimento di Mediaset si stringe a Massimo Porta per la perdita del caro papà Giuseppe - Gubbio, 2 gennaio 2015. Colacem SpA in tutte le sue componenti partecipa al lutto che ha colpito la famiglia Pesenti per la scomparsa della signora Franca Natta Pesenti - Gubbio, 2 gennaio 2015. Gianemilio Osculati è vicino allIngegner Giampiero Pesenti e allIngegner Carlo Pesenti nel momento della scomparsa della loro cara Franca Natta Pesenti - Milano, 2 gennaio 2015. Mariangela Gramola si unisce al dolore della famiglia e ricorda con affetto il Prof. Avv. Tito Ballarino - Milano, 2 gennaio 2015. Caro Tito - Milano, 3 gennaio 2015. che il tuo riposo sia dolce come il tuo cuore fu buono.- Mauro. - Monticello Brianza, 3 gennaio 2015. Paolo e Meme, con Francesco, Eugenio e Cecilia abbracciano forte Carlo e famiglia e si uniscono al loro dolore per la perdita della cara mamma Carolina, Francesca, Maddalena, Gianmarco e Matteo si stringono al dolore dei familiari per la perdita del caro Franca Pesenti Natta Tito - Fabriano, 2 gennaio 2015. Gaetano e Barbara Maccaferri sono affettuosamente vicini allamico Carlo Pesenti e a tutti i famigliari nel doloroso momento della perdita della madre Franca Pesenti Natta Franca e piangono la scomparsa del loro maestro. - Milano, 3 gennaio 2015. Addio Tito Franca Pesenti Natta e sono vicini, in questo triste momento di grande dolore, alle famiglie Pesenti e Natta. - Milano, 2 gennaio 2015. Gino e Simona con i ragazzi si stringono con grande affetto a Carlo, Chicca e ai suoi figlioli per la perdita della loro adorata mamma e nonna Cesare Puccioni è particolarmente vicino a Carlo per la scomparsa dellamata mamma Franca Pesenti Natta con profonda amicizia ed affetto. - Fiesole, 2 gennaio 2015. Il Presidente ed i soci del Network KPMG esprimono sentite condoglianze allIngegner Giampiero Pesenti, allIngegner Carlo Pesenti e familiari per la scomparsa della cara sig.ra Franca Natta - Milano, 2 gennaio 2015. il tuo meraviglioso esempio sarà sempre nei nostri cuori.- Valerio, Stefano, Andrea, Martina, Pietro, Monica e Sara. - Stradella, 1 gennaio 2015. Prof. Tito Ballarino - Milano, 2 gennaio 2015. Una lezione del Professore e Maestro di Diritto Tito Ballarino rimane con te per sempre.- Grazie imperituro.- Domenico Bosco, grato studente. - Milano, 2 gennaio 2015. È mancato allaffetto dei suoi cari l Ing. Domenico Segala Ne danno il triste annuncio i figli Daniele e Elisabetta con Marisa, Francesca, Luca e Arianna.- Il funerale si svolgerà sabato 3 gennaio alle ore 14.30 presso la chiesa parrocchiale San Giovanni Battista in Cesano Boscone. - Cesano Boscone, 2 gennaio 2015. Partecipano al lutto: Bice, Laura, Mario. Alessio e famiglia. Carla e famiglia sono vicini ad Angelo e ragazzi nel ricordo dellindimenticabile zia Sandra Tronconi - Monza, 2 gennaio 2015. Gianni Prandina - Milano, 2 gennaio 2015. Aldo con Armida, Mario e Silvia, piange lamato fratello Gianni - Milano, 2 gennaio 2015. I condomini e lamministratore di via Pier Lombardo 19 Milano partecipano al lutto per la perdita del signor Gianni Prandina - Milano, 2 gennaio 2015. ll Presidente, lAmministratore Delegato, il Consiglio di Amministrazione, il Collegio Sindacale e il Management di RCS MediaGroup partecipano con commozione al lutto che ha colpito il dottor Andrea Abodi per la scomparsa della madre Giuliana Emiliozzi Abodi - Milano, 2 gennaio 2015. La Direzione, le Redazioni de La Gazzetta dello Sport, sono vicine al Presidente della Lega di Serie B Andrea Abodi per la dolorosa perdita della mamma Giuliana Il Presidente Maurizio Beretta, anche a nome del Vice Presidente, del Consiglio di Lega, del Direttore Generale, delle Società di Serie A e di tutta la Lega Serie A, partecipa con intensa commozione al dolore della famiglia del Presidente Andrea Abodi per la scomparsa della cara mamma Giuliana Emiliozzi Abodi - Milano, 2 gennaio 2015. Alessandro Banfi e tutta la redazione del TgCom sono vicini al caro collega Vittorio per la scomparsa della mamma Fortunata Sacchi - Milano, 2 gennaio 2015. Rosanna Ragusa e tutta la redazione dellAgenzia News Mediaset si stringono con affetto al caro collega Vittorio per la scomparsa della mamma Fortunata Sacchi - Milano, 2 gennaio 2015. Mauro Crippa, Andrea Delogu, Giuliana Bianchini, Fabio Del Corno, Roberto Voltolini, Silvana Cherici, Carlo Gorla, Luca Tiraboschi e tutti i colleghi della Direzione Generale Informazione di Mediaset partecipano al dolore dellamico e collega Vittorio Sacchi per la scomparsa della mamma Fortunata Sacchi - Milano, 2 gennaio 2015. Il 31 dicembre 2014 è venuta a mancare Sandra Torlonia Lequio di Assaba Ne danno il triste annuncio i figli Alessandro con la moglie Maria ed i figli Clemente ed Alessandro, Desirée con i figli Giovanni e Giorgio, la sorella Olimpia Torlonia Weiller con le figlie Beatriz, Sibilla, Cosima e Domitilla, la cognata Blagenna Torlonia, i nipoti Giovanni, Vittoria e Caterina Torlonia. - Roma, 3 gennaio 2015. Carlo Alberto Lequio di Assaba ed il figlio Tomaso si stringono con infinito dolore ad Alessandro e Desirée per la perdita della amatissima madre Sandra Torlonia - Roma, 3 gennaio 2015. Sandra Torlonia Lequio di Assaba Una vita trascorsa insieme Olimpia, siamo vicine a te, Dado e Desirée.- Francesca e Giovanna. - Milano, 3 gennaio 2015. Partecipa al lutto: Giovanna Sacchetti. I colleghi tutti del Gruppo Mediobanca sono vicini a Massimo per la scomparsa del caro papà Ferrante Bertolini - Milano, 3 gennaio 2015. Alberto Nagel partecipa con affetto al dolore di Massimo per la scomparsa dellamato padre Ferrante Bertolini - Milano, 3 gennaio 2015. Renato Ongaro è vicino al fraterno amico Achille ed alla sua famiglia e ricorda con affetto la cara signora Olga Spallone - Bergamo, 2 gennaio 2015. 2010 - 2015 Afra Porzio Fossa Ogni giorno con noi.- Gianpaolo e Cecilia ricordano con grande nostalgia e tenerezza la loro meravigliosa mamma. - Milano, 3 gennaio 2015. La Direzione del Personale, Organizzazioni e Sistemi e Servizi del gruppo Mediaset è vicina a Fabio per la scomparsa dellamato padre Ezio Biraghi Niccolò Querci si unisce al dolore di Fabio e famiglia per la grave perdita del caro papà sono vicini a Giampiero e Carlo in questo triste momento. - Milano, 2 gennaio 2015. e prendono parte commossi al lutto di tutta la famiglia. - Roma, 2 gennaio 2015. zio Siro Giuseppe Portale partecipa al dolore della famiglia per la scomparsa del Domenico, Laura e Leonardo sono vicini ad Eleonora ed a tutta la famiglia per la perdita del Il Presidente Cesare Puccioni, i Vice Presidenti, il Comitato di Presidenza, il Consiglio Direttivo, la Giunta, le imprese e il Direttore Generale Claudio Benedetti di Federchimica partecipano con profondo cordoglio alla scomparsa della signora Ciao - Cologno Monzese, 2 gennaio 2015. Benito e Wilma Benedini commossi per la scomparsa della signora Franca Natta Pesenti Siro grande indimenticabile amico.- Sarai sempre nei nostri cuori.- Giovanni Cristina Luca. - Milano, 2 gennaio 2015. Prof. Avv. Tito Ballarino La famiglia Rodriguez partecipa commossa al ricordo di - Milano, 3 gennaio 2015. È mancato il Lo annunciano la moglie Wanda ed i parenti tutti.Il funerale avrà luogo oggi stesso alle ore 10 nella chiesa parrocchiale di Stradella indi al locale cimitero. - Stradella, 3 gennaio 2015. Giuseppe Porta Franca Franca Cristina - Milano, 2 gennaio 2015. Fisicamente lontani, ma mai così vicini spiritualmente ai cari Giampiero, Giulia Carlo e Laura e ai famigliari tutti piangono con loro la carissima e abbracciano nella preghiera Giampiero, i figli, Tato e tutti i loro cari. - Celerina, 3 gennaio 2015. - Milano, 3 gennaio 2015. Giuseppe Porta Il presidente di Publitalia Giuliano Adreani, il vicepresidente Niccolò Querci, gli amministratori delegati Fulvio Pravadelli e Stefano Sala, i consiglieri di amministrazione, i dirigenti, i funzionari e tutti i collaboratori della società partecipano al lutto di Massimo Porta per la perdita dellamato papà studioso insigne e amico di lunga data. - Milano, 2 gennaio 2015. Toni e Antonina piangono la cara Cristina - Cologno Monzese, 2 gennaio 2015. - Milano, 2 gennaio 2015. Franca Lella e Luigi. - Parigi, 2 gennaio 2015. Laura, Francesco, Rossella, Roberto, Teresita, Gemma, Clara, Gabriele, Carla, Vico, Fiorenza, Carlo, Antonietta, Bruno partecipano al dolore di Francesca e Massimo nel tristissimo momento della scomparsa di Un forte abbraccio. - Milano, 2 gennaio 2015. e sono vicini alla famiglia in questo triste momento. - Milano, 2 gennaio 2015. Non siamo presenti ma siamo vicini con tanto affetto e amicizia a Massimo e Francesca per la perdita di Enrico e Maria Baiardo profondamente commossi per la scomparsa del carissimo Marco e Giulia con Paola, Alberto e Giovanni sono vicini a Carlo e partecipano al dolore della sua famiglia per la perdita di mamma Franca Pesenti Gianni Prandina Ne danno il triste annuncio i figli Daniela e Lorenzo unitamente ai nipoti Elisa e Giorgio, con Paola e Riccardo.- Lufficio funebre si svolgerà sabato 3 gennaio alle ore 11 presso la parrocchia di San Silvestro in viale Lazio 19 Milano. - Milano, 2 gennaio 2015. - Cologno Monzese, 2 gennaio 2015. Alberto Franchella è vicino a Carlo e a tutta la sua famiglia per la perdita della cara mamma Gianni e Maddalena Letta, affettuosamente vicini a Giampiero e ai figli, piangono con loro la scomparsa della carissima È mancato allaffetto dei suoi cari Cristina Turci meraviglioso suegro e grande uomo pieno di dolcezza e amore.- Tina ti sta aspettando per toglierti ogni dolore e ridarti il tuo bellissimo sorriso e la serenità che cercavi.- Grazie, sarai sempre nel mio cuore.- Laura Mantelli con Edoardo, Gabriella, Stella, Rocco e Brando abbraccia Elisabetta con Elena e Gabriele, Francesco, Massimo e Sandro con grande affetto. - Milano, 1 gennaio 2015. - Milano, 2 gennaio 2015. Maria Martellini si unisce al cordoglio della famiglia per la scomparsa della signora - Bologna, 2 gennaio 2015. persona di grandi doti e amica di tutta una vita.Emilio, Ester con Matteo, Laura e Paolo e rispettive famiglie. - Bergamo, 2 gennaio 2015. È mancata maestra di vita per generosità, modestia, impegno e passione nel lavoro e nello studio.- Lo annunciano con grande dolore il marito Elio, il fratello Massimo, la cognata Francesca, i nipoti Alessandra e Stefano con Paola, Elsa e Viola.- I funerali avranno luogo sabato 3 gennaio alle 14.45 nella chiesa di Santa Cecilia alla Colombara, via Giovanni della Casa 15. - Milano, 2 gennaio 2015. Cristina Caro persona sublime, con cui abbiamo vissuto tante fasi della nostra vita. - Milano, 2 gennaio 2015. sua maestra sulle nevi e nella vita e abbraccia con tanto affetto Giampiero Giulia Carlo Laura. - Milano, 2 gennaio 2015. Franca Pesenti Natta Antonello Montante, Presidente di Confindustria Sicilia, partecipa con profondo cordoglio al dolore dellamico Carlo Pesenti per la perdita della cara madre Ezio Biraghi - Cologno Monzese, 2 gennaio 2015. Carlo, Giovanna, Marco e Andrea Cicogna Mozzoni si stringono a Claudio e Tomaso nel ricordo della mamma Marchesa Beatrice di Seyssel dAix Castelbarco Albani - Milano, 1 gennaio 2015. Stefano, Chicco e Paola sono vicini con grande affetto ed amicizia a Claudio e Tomaso per la perdita della loro cara mamma Beatrice di Seyssel dAix RCS MediaGroup S.p.A. - Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano SERVIZIO ACQUISIZIONE NECROLOGIE ATTIVO DA LUNEDI A DOMENICA 13.30-19.30 CON SUPPLEMENTO 20% SULLA TARIFFA BASE Tel. 02 50984519 - Fax 02 25846003 www.necrologi.corriere.it e-mail: [email protected] SI ACCETTANO RICHIESTE VIA WEB, E-MAIL E CHIAMATE DA CELLULARI SOLO DIETRO PAGAMENTO CON CARTA DI CREDITO L’INVIO DI UN FAX DEVE ESSERE ACCOMPAGNATO DA COPIA DI UN DOCUMENTO DI IDENTITA’ TARIFFE BASE IVA ESCLUSA: Corriere della Sera PER PAROLA: A MODULO: - Milano, 2 gennaio 2015. Marco Rapini e tutto lo studio Rapini & Seyssel si stringono a Tomaso per la scomparsa della mamma - Milano, 2 gennaio 2015. È serenamente mancato allaffetto dei suoi cari Armando Marzi Ne danno il triste annuncio: il fratello, le cognate, i nipoti e i pronipoti.- I funerali si svolgeranno lunedì 5 gennaio alle ore 14.45 nella chiesa Sacro Volto (Milano). - Milano, 2 gennaio 2015. Solo anniversari, trigesimi e ringraziamenti: € 300,00 Gazzetta dello Sport PER PAROLA: Necrologie: € 1,90 Adesioni al lutto: € 3,70 A MODULO: Solo anniversari, trigesimi e ringraziamenti: € 185,00 Marchesa Beatrice di Seyssel dAix Castelbarco Albani Necrologie: € 5,00 Adesioni al lutto: € 10,00 Diritto di trasmissione: pagamento anticipato € 1,67 pagamento differito € 5,00 L’accettazione delle adesioni è subordinata al pagamento con carta di credito Servizio fatturazione necrologie: tel. 02 25846632 mercoledì 9/12.30 - giovedì/venerdì 14/17.30 fax 02 25886632 - e-mail: [email protected] Corriere della Sera Sabato 3 Gennaio 2015 SPORT Disavventura «Finisci la benzina in autostrada e il principe azzurro viene a salvarti... grazie @FiloMagnini. Ma non è colpa mia». Firmato @mafaldina88, alias Federica Pellegrini. Così, poche ore dopo Capodanno, la campionessa azzurra ha raccontato su Twitter la sua piccola disavventura di inizio 2015. Mentre era in autostrada la nuotatrice, oro olimpico a Pechino 2008 e detentrice del record del mondo sui 200 stile libero, è rimasta senza benzina. A soccorrerla è stato il fidanzato Filippo Pellegrini a secco in autostrada Il «principe» Magnini le porta la benzina In Italia ci si infortuna di meno ma non ditelo a Juve e Roma La media: 120 calciatori k.o. in Germania, 100 in Inghilterra, 70 in A La serie A è più lenta, più tattica, più attempata degli altri grandi campionati? Tutto vero, ma c’è anche un lato positivo della faccenda: nel campionato italiano gli infortunati sono decisamente meno che in Germania e Inghilterra, tornei giocati a ritmi più elevati e per questo anche più usuranti. La statistica sui giocatori fermi ai box è elastica per sua stessa natura, perché raggruppa gli infortuni cronici e quelli di pochi giorni. Ma alla ripresa del nostro campionato mancheranno grossomodo una settantina di giocatori. Un dato perfettamente in linea con le statistiche Uefa sugli ultimi 10 anni del calcio di tutta Europa, che su rose di 2528 elementi prevede un 12% di calciatori costantemente fuori uso. Va molto peggio in Bundesliga, dove forse qualcuno ha tirato la corda in vista della sosta di quaranta giorni: fatto sta che i giocatori fermi con acciacchi più o meno lunghi da risolvere sono circa centoventi, con una media di sei a squadra che è quasi il doppio di quella italiana. In Premier League gli azzoppati sono quasi un centinaio. Su questo dato incide sicuramente il fatto che in Inghilterra il football non conosce sosta neanche tra Natale e Capodanno, ma allo stesso tempo nel campionato degli infortuni salta all’occhio il primato del Chelsea di Mourinho: nessun infortunato in questo momento e ultimo posto anche nella classifica che tiene conto di tutti i giocatori indisponibili dall’inizio della stagione. Perché stare bene aiuta a vincere e Mou non ha mai smesso di considerare inscindibili i due aspetti, basti pensare all’Inter di ferro che centrò il Triplete. Ma anche alla Juventus del triennio di Antonio Conte. Perché, come ha sancito il vice-capo della commissione medica della Uefa Jan Ekstrand nella sua dettagliatissima analisi dei traumi muscolari o ossei dal 2001 al 2014 «la fortuna non esiste e sugli infortuni incidono molto anche gli allenatori». Con i loro staff ovviamente, ma 29 per cento degli infortuni si registrano in Champions League, il torneo più usurante. Al secondo posto le nazionali con il 27% degli infortunati anche con le loro scelte. La sorte può incidere in parte, così come l’usura o lo stress psicofisico. Ma se in un decennio sono crollati (del 31%) gli infortuni ai legamenti mentre è rimasta invariata l’incidenza dei problemi muscolari, vuol dire che ci sono club che ne hanno pochi e altri che ne hanno troppi: un gruppo di lavoro all’altezza e strettamente legato all’allenatore fa la differenza. La serie A gode di discreta salute, ma i mesi più duri stan- Allenamento Festa al San Paolo Napoli, in 25 mila per la Supercoppa In 25 mila al San Paolo per festeggiare il Napoli. Seduta d’allenamento superaffollata: i tifosi si sono riversati già alle 9 nel settore Distinti e in Curva B, aperta in un secondo momento per permettere l’ingresso al pubblico. Alle 11, il tecnico Rafa Benitez ha aperto la seduta alzando la Supercoppa vinta a Doha contro la Juventus e portandola dinanzi ai tifosi: acclamato Higuain ( foto). no per arrivare e il responsabile medico dell’Inter, Piero Volpi, lancia l’idea delle cinque sostituzioni a partita. Champions League (col 29%) e Nazionale (col 27%) sono i terreni dove i giocatori si fanno più male e forse la Juve di Allegri ha di che preoccuparsi, anche se le statistiche dimostrano che giocare ogni tre giorni non incide più di tanto sugli infortuni. Ma i tricampioni d’Italia con le assenze prolungate di Barzagli (da inizio stagione), Asamoah, Romulo e Marrone, hanno la coperta corta soprattutto in difesa, dove solo il recupero di Caceres attenua l’emergenza. La Roma di Garcia ha trascorso un autunno travagliato (fino a 9-10 indisponibili) ma riparte senza due casi limite come Castan (operato per un cavernoma) e Balzaretti. Il ginocchio di Maicon non dà grosse certezze, ma anche quello di Vidal ha tolto ad Allegri il contributo migliore del cileno, atteso a un inizio 2015 ben diverso. Inzaghi perde Mexès (per una decina di giorni) e Bonera ma ritrova in gruppo De Sciglio, Abate e Rami. Mancini rivede Jonathan ed è sempre in attesa di un Palacio rimesso a nuovo. Dopo i lunghi stop di Montolivo e Strootman, attesi anche loro al top della forma in qualche settimana, assieme a quello di Barzagli (senza una data per ora), il rientro più importante dei prossimi mesi sarà senz’altro quello di Giuseppe Rossi, previsto per marzo. Seguito da quello del suo compagno nella Fiorentina, Federico Bernardeschi, e da quello di Lorenzo Insigne, operato al crociato il 10 novembre. Conte, che alla Juve non ha mai avuto lungodegenti (a parte Pepe) adesso deve aspettare alcuni uomini importanti. La serie A a basso impatto potrebbe tornare utile in prospettiva anche alla sua Nazionale. A meno che — tra stage saltati e allenamenti giudicati troppo blandi — non si riveli un’arma a doppio taglio. Paolo Tomaselli Magnini che ha rimediato andando a procurarsi una provvidenziale tanica di benzina. La vicenda, con il suo lieto fine, è stata raccontata da Fede con fotografie in cui si vede Filippo sul ciglio della strada con tanto di giubbotto catarifrangente, la divisa del principe azzurro moderno. La Pellegrini e Magnini erano appena rientrati da un Capodanno con amici a Parigi dove avevano trascorso una serata al Moulin Rouge, anch’essa raccontata con foto e video su Instagram. Basket Ai box ● Giuseppe Rossi, zero minuti pure per lui in questa stagione ● Lorenzo Insigne si è «rotto» lo scorso 9 novembre © RIPRODUZIONE RISERVATA Dopo anni di sconfitte, gli azzurri del bob e del biathlon ritrovano il sorriso Simone Bertazzo (in alto), 32 anni, bobbista, ha vinto un bronzo ai Mondiali 2007 e uno agli Europei 2008. Karin Oberhofer, 29 anni, un bronzo a Sochi nel biathlon Qualcosa di simile sta succedendo nel biathlon: la staffetta mista è stata di bronzo ai Giochi 2014, quella femminile aveva fatto lo stesso ai Mondiali 2013. Segnali e sussulti, una linea ben tracciata che Dorothea Wierer e Karin Oberhofer hanno imparato a seguire: la prima aveva chiuso l’ultima Coppa del Mondo con un 3° posto e con lo stesso piazzamento ha lanciato la nuova stagione; poi è salita anche al 2°, trascinando la compagna in una sorta di processo di imitazione. Prossimo obiettivo: la vittoria in Coppa: «Stiamo crescendo e siamo una bella famiglia» racconta la Wierer. Il contorno è una marginalità da sport «che si fanno solo per passione, mica per i soldi» — sempre parole di Dorothea — e che tuttavia ha un suo perché: «Stiamo dimostrando che per emergere non è necessario essere una Norvegia o una Russia, nazionali seguite da un centinaio di addetti: se si è piccoli, si è flessibili. Il segreto è l’organizzazione». Poi, certo, bisogna arrangiarsi: «In trasferta cuciniamo noi, così si risparmia sui ristoranti» spiega la Wierer, mentre Bertazzo non fa mistero che la Coppa Europa è stata un ripiego «perché non c’erano soldi per andare a gareggiare negli Usa». I risultati sono la chiave Biathleta Dorothea Wierer, 24 anni (Ap) per cambiare l’andazzo, senza la pretesa che discipline povere diventino ricche: «La medaglia di Sochi ci ha fatto pubblicità, però le potenze del biathlon resteranno altre», dice Dorothea, mentre Simone non s’illude che tornino quegli anni 60 nei quali la Rai dava le gare di bob in diretta: «Vediamo come progredisce un gruppo interessante, a me basta non incassare distacchi nella spinta superiori a un decimo di secondo, a quel punto tocca a me». Bertazzo la butta sulla battuta («Io guido bene»), però sa di dire una verità. La differenza dovrà farla anche il mezzo «e penso che la collaborazione con la Ferrari ci darà un bob in grado di volare. In un anno appena, a Maranello ne hanno prodotto uno già molto buono, i tedeschi hanno impiegato dieci stagioni a costruirne uno vincente». Almeno sul ghiaccio non c’è chi inneggia alla Mercedes. Flavio Vanetti © RIPRODUZIONE RISERVATA Milano travolta in Eurolega dal Nizhny Top 16 già in salita MILANO E poi dicono del ● Andrea Barzagli non ha ancora giocato in questo campionato Bertazzo e Dorothea, il bello sta arrivando Erano abituati a tenere gli occhi bassi per le sconfitte, ma quegli stessi occhi, nel finale del 2014, li hanno rialzati per leggere i propri nomi nella parte alta dei tabelloni. Sono gli azzurri del bob e del biathlon. «In effetti è un momento bello delle gare e ho appena cominciato a scoprirlo», dice Simone Bertazzo, pilota delle «F1 del ghiaccio». Peraltro gli occhi li riabbassa subito «perché qua c’è solo da lavorare, fregandosene proprio dei risultati». Ma intanto si è messo a vincere, sia nel bob a due sia nel bob a quattro, anche se la ribalta è la Coppa Europa (della quale è leader) e non ancora la Coppa del Mondo (riprenderà il 9 gennaio): «Competere insegna di più che allenarsi: quindi, ben venga la Coppa Europa. E ben venga arrivare primo». Una gloria minore, d’accordo, perché l’ultimo trionfo «vero» è l’oro di Huber e Tartaglia a Nagano 1998; però la soddisfazione c’è e si sente. 53 Fondo ● Da oggi all’11 gennaio appuntamento con il Tour de ski, 13 gare in tre Paesi diversi ● Si parte da Oberstdorf, in Germania, con la 3 km tl donne (ore 10.30) e la 4 km tl uomini (ore 12.45). Gran finale in Val di Fiemme il 10 e l’11 gennaio con le prove di inseguimento ● Eurosport trasmetterà tutte le gare in diretta panettone: appesantita dai troppi (affrettati?) complimenti rimediati durante le feste, l’EA7 vive una serata da incubo nel debutto nella Top 16 di Eurolega, una sconfitta di quella che rischiano di lasciare segni sulla pelle di una squadra che ancora non ha capito di che pasta è fatta. Una batosta casalinga, 59-79 contro l’onesta formazione del Nizhny Novgorod, i russi che dovevano essere l’anello debole del girone e che si ritrovano per le mani la loro quarta vittoria consecutiva in Eurolega, dato che avrebbe dovuto almeno insospettire Milano. Una vergogna, nell’atteggiamento prima ancora che nella disposizione in campo. Verrebbe da chiedersi dove avevano la testa i giocatori (giocatori?) biancorossi, perché di concentrazione se n’è vista proprio poca. Due inspiegabili black-out all’ingresso in campo dagli spogliatoi: lo 0-8 nel primo quarto, poi rimediato dai canestri di MarShon Brooks (18 punti per lui, nella foto) ispirato almeno all’inizio in attacco, è stato soltanto la prova generale per un terzo quarto sciagurato, 28-9 di parziale con una difesa imbarazzante e un attacco con polveri bagnatissime (Hackett ha chiuso a 0 punti, Melli è stato un fuoco di paglia, Kleiza il solito punto interrogativo, Gentile un capitano ben poco trascinante, Samuels indolente oltre ogni immaginazione). Se si pensa che Milano, pur senza fare nulla di trascendentale, si era trovata avanti di 9 punti nel secondo quarto, dopo aver chiuso a +2 il primo, è chiaro che razza di disastro abbia combinato la squadra di Banchi nel secondo tempo. I russi hanno trovato braccia forti in Thompkins e Rochestie (19), Parakhouski (18) e Kinsey (15), mentre vedere praticamente un’intera formazione in valutazione negativa (in saldo attivo solo Shawn James, 2, con 4 punti segnati) la dice lunga sulla scarsissima attitudine milanese. Per capirci: solo Brooks in doppia cifra, 9 assist contro i 22 dei russi, un osceno 7 per cento nel tiro da 3 punti con un 2 su 26. Una mattanza, davanti a 9 mila spettatori allibiti, che mette subito in salita la strada in Eurolega di Milano: giovedì prossimo si va al Pireo contro l’Olympiacos. Ma giocando così non si va lontano. Werther Pedrazzi © RIPRODUZIONE RISERVATA Sabato 3 Gennaio 2015 Corriere della Sera 54 Tv TELERACCOMANDO +(11 ' -"/8,D(/+(1# +(0# &(11 +('1 * +(## !($# ,('# $ -"/8,5 +(0# ==@+(= !(11 ' -"/8,D(/- 8=/* 8=/ 8=/ 8=/ " ,(11 + di Maria Volpe '1(/1 8( = Serata con Saetta il re delle corse automobilistiche ''(11 ==@+(= ''(1# /@, -=( '0(11 8( = '/(/1 ' -"/8,D(/'$(11 ==@+(= '$(/1 /@, -=( ',(1# /2 '+(11 ' -"/8,D(/'+('# /5 '+($# % /@, -=( '!(#1 * @(D 01(11 ' -"/8,D(/01(/# 8( = 0'('# 8( =5 /-@/-/ /+ 8 &/ + -/ U n’intera serata dedicata a Saetta McQueen (foto) e al suo inseparabile amico Cricchetto. Si parte col primo film ambientato nella sonnacchiosa cittadina di Radiator Springs . Nel secondo, alle 22.15, i nostri eroi partecipano al World Grand Prix e restano coinvolti in un caso di spionaggio internazionale. Cars 1 e 2 Rai3, ore 20.15 e 22.15 Pietro Citati si racconta È Pietro Citati l’ospite della puntata odierna. Intervistato da Monica Mondo, il raffinato intellettuale si racconta parlando delle sue passioni e dei suoi «libri-amici»; e poi, ancora, di Pasolini, del Pci di quand’era giovane e del Cristo de I Vangeli. Soul Tv2000, 10.50 (replica 20.30) Il processo per la strage di Erba I l processo per la strage di Erba: si ripercorrono le fasi di un delitto che ha sconvolto un intero paese. Mai tanta ferocia si era accompagnata alla banalità del movente: liti di condominio. Un viaggio nel desiderio di giustizia e nel cordoglio dei sopravvissuti. Un’esplorazione del legame morboso e di totale complicità che lega i due imputati, Rosa e Olindo. Un Giorno in Pretura Rai3, ore 0.15 0/(0# /@, -=( 1($1 ' -"/8,D(/1(#1 ==@+(= 1(## /@, -=( '(## /,, ( 39 ?EE145 ( 9 - 89/-5 ',(/1 '!(11 '!(1# '&(/# 0'('1 0/(/# 0/($# '(/# + #+, -"/8,D(/ + #+, + #+, (= /, ==@+(= '($1 /(/1 -"/8,D(/- '#('# +(=C ',('# +(=C '!('# 0 +5 01('# /5 0'('1 0/('# /@, -=( 1('# '($# / 8,,=(/ 39 ?E1E4 /@, -=( &(/1 (=/, '1(11 * /@, -=( '1($# ''(/1 8( = '/(11 0 -"/8,D(/'/(/1 '$(11 ( ((((( "5 '#($1 + #+, ',(/1 8,,=(/ 39 ?E1>4 '!(1# + #+, '&(/# '' + #+, 01(/1 0 -"/8,D(/0'(1# + #+,5 /- ='- (++(/- =- =( 0'(#1 + #+,5 /- @C (@ /--C (++ 8 00($1 /,, ( 38 1.$14 '1(1# ''(11 ''(/1 '0(11 '0(## '$(11 '$(01 '$($# '$(## /,, ( 39 1.!%4 ',($# ==@+(= '!('1 + #+, '&(11 / -"/8,D(/'&(/1 -"/8,D(/01(11 8( = 01('# % -(,D(/- 39 ?EE;45 ( /'- 99 = 8 00('# 0 -(,D(/- 39 ?E1145 ( /'- 99 = 8 0/(## / -"/8,D(/1('1 -"/8,D(/1('# '8(++ 8 39 ?EE!4 1(1# 0 -"/8,D(/1(01 0 -"/8,5 '(1# 0 ( /@, -=( '(0# / -"/8,D(/'(/# ( -"/8,D(/- ',(1# ',(/1 +(=C '+('# +(=C '!(01 (=/, '&('1 (=/, 0'('1 0/(11 +(=C 1(#1 +(=C 0(11 -"/8,5 / -"/8,D(/ -"/8,D(/ / -"/8,D(/ / -"/8,D(/ '#($# '!(/1 '!(/# 01(/# 0'('# 8/9 /=(D(8(/ (8( /@, -=( 2 ==/+/ 0/(11 $1 * /@, -=( 0/(/# /5 1('1 &('1 ==@+(= ''(/1 $ -"/8,D(/'0(11 '0('1 "5 '/(11 '$(11 '#(/1 +(=C ',('1 ==@+(= ',($# (++/ 35 1..$4 '!(## $ -"/8,D(/'&(/# + #+, 0'(/1 % D(/- 3- ?E1145 ( = A - &+5 ++7(-= 8-/ = /5(= 0/(01 @ 88 39 ?EE?45 ( -++ ++ 5 ++7(-= 8-/ = /5(= 0(1# $ -"/8,5 0(0# '&!0 85 $($1 * /,, ( 3= 1.;.4 '!(01 !+ '!(01 !+ $ '!($1 * !+ '&('1 !+ '&('# !+ $ 01(11 !+ 01(1# !+ $ /,, ( 39 ?E1E4 '$(/1 ( -"/8,D(/',(01 (/&8#/ 3= ?EE:4 '+(11 ( -"/8,D(/'!($# " @(D '&(## # -"/8,D(/01(11 # -"/8,D(/01($1 8( =5 /-@/-/ D(/ 8 &&(/ (' ++ @-D(* 8 0'('1 * '#(01 '+(0# -"/8,D(/'+(/1 '&(01 0'('# 1('# 0(1# -"/8,D(/0('1 0/(/1 * /,, ( 3= 1..?4 ++7(-= 8-/ = /5(= '(01 # -"/8,D(/- '+(11 '!(01 '!($# '&(/1 0'(11 00($1 0/(/1 0/($# 1(/# '(0# 0(0# 8=/ ==@+(= /2 + #+, + #+, ==@+(= 8=/ 8=/* + #+, ==@+(= '&'$ /@, -=( /@, -=( /@, -=( /@, -=( /5 /5 /5 /@, -=( /@, -=( '$($1 ',(/# '!(## 0'(11 0/(#1 '($1 /(01 -"/8,D(/- ',(#1 '+(/# '!(11 '!(/1 '&('1 '&(/# * 8,,=(/ 38 ?EE.45 ( 8(, 8((5 , %%! 00($# /,, ( 39 1..?45 ( &(-+ @+(-5 , !, 00(## * /,, ( 3= 1.:E45 ( '8(9=(- 6@ 5 , %% D(/- 39 ?E1>45 ( -=/(- @6@5 , + '1($1 / (8 == #!$' ( ''($1 '$1 (8 == #!$' ( '0($1 $ ( (8 == #!$' ( '#('1 $# (8 == )$!%#!$' 0'(/1 % % , 00(11 % , 00('1 $ , ! 00(0# % , 00(#1 % , 01(## ( 0'('1 ( 0'('# !!$ 0'(/# ( 0'($1 !!$ 0'($# % 00(11 ( 00(0# 0 !!$ 0'(11 /,, ( 3= 1.;$45 ( @(&( /, -(-(5 , %% /,, ( 3= ?EE%45 ( 8+/ -D(-5 , !, /,, ( 39 ?EE$45 ( , '-*,-5 , , '8(++ 8 39 ?EE$45 ( (* + "9=80,5 , + 8,,=(/ 38 1..>45 ( - ,2(/-5 , )' 0'('1 -(,D(/- 3(2 ?E1>45 ( '(-)( 8,*(5 , " * AA -=@8 39 1.!.45 ( = A - 2( + 8&5 , '% 00($1 /,, ( 39 ?EE;45 ( 88C /-- -" +5 , , 0'(11 !+ 0'(11 !+ $ 0'(#1 !+ 0'(## !+ $ 00('# !+ 00($# * !+ 00($# * !+ 00(#1 !+ $ 01(11 !+ 01(/# % , 01($1 " % , 0'(1# % , 0'('1 $ , ! -(,D(/- 39 1.:.4 '0(0# -"/8,5 '0(## ( -"/8,D(/'/(11 -"/8,5 +(## -"/8,D(/&(#1 ==@+(= ''('1 * % /@, -=( '/(/1 + -"/8,D(/'$(11 + AA -=@8 39 1..14 '$($1 ( -"/8,D(/- '$(/# ',(01 % ((( ',('# /,, ( 39 ?EE;4 '!('1 8=/'!(/1 -"/8,5 '&(11 8=/'&(01 ( -"/8,D(/ + #+, 9= 8- 39 ?EE!4 '!(11 * + #+, '&($# -"/8,D(/01(11 + -"/8,D(/01(/1 /,, ( 39 ?EE:45 ++7(-= 8-/ = /5(= 0'('1 % D(/- 39 ?EE?45 ( , (,(5 ++7(-= 8-/ = /5(= 0/($1 % 8( =5 /-@ @8(D(/ 8/DD 0'('1 (++/ 35 1.;?45 ( /8& /++/* 00($# AA -=@8 39 1..!4 1($1 ( -"/8,D(/0(11 -"/8,D(/- (++/ 39 1.;>4 1(/1 + -"/8,D(/1($# -"/8,5 +('# ==@+(= !(/1 ''(11 8( A '#(11 % '+(11 ==@+(= '!('# + #, 01(#1 8( A 00($# ==@+(= 8=/ * 8=/* 8=/ 8=/ * 8=/ 0 8=/'&(## 01('1 8=/0'('# 8=/- + 28/&8,, = / 8/9/2/ 8"#/ /A( +9' 99 &- =,2 '/($1 % ',(11 '+(11 '+(1# '+(/1 '&(/# +(0# +(#1 !('# !($1 &(/1 '1(/1 /,, ( 3= ?EE>45 ( /-8/ ( 8(/-(5 ++7(-= 8-/ = /5(= '&('1 " /,, ( 3= ?E1>45 ( (8/ (+-(5 , !, '&('# D(/- 39 ?E1E45 ( /== = B8=5 , + /,, ( 39 ?EE$45 ( /8 8(-9*(5 , )' '&(01 /,, ( 39 1..%45 ( /'- 96@(-5 , , ,(11 -"/8,5 +(#1 -"/8,D(/!($# /@, -=( '1('1 '1(/1 /@, -=( ''(11 ==@+(= '/(11 # -"/8,D(/'/(/# ( -"/8,D(/'/($1 ((( ) ',('# /@, -=( '+('1 /@, -=( '!('1 +(=C '&('1 +(=C 0'('1 /@, -=( 0/(1# /@, -=( 1(1# /@, -=( 01(/1 0'(/1 0/(/1 1($# 1(#1 /,, ( 3= 1.!:4 '$('# * /5 '#('1 /@, -=( '!(/# /@, -=8(/ '&(/1 /@, -=( 01(01 /5 0'('1 /5 0/($# /@, -=( 1($1 /5 ',(11 '+(/1 '!(11 '!(/1 '&(11 '&(/1 01(11 01(/1 0'(1# 00(#1 0/(01 + #+, 0111 -"/8,D(/ +5 ==@+(= '#(/1 (8 == )$!%#!$' ( ',(11 ( (8 == )$!%#!$' ',(11 ( 01'# (8 == , #!$' " '+(/1 ( % (8 == #!$' " '!(11 % (8 == !+ #!$'% 0'(01 (8 == #!$' ( 0'(11 %'!$, 0'('1 %!*$, 0'(## * '! !$# 00(11 %!*$, 00(11 %'!$, '/(1# '$(1# '#(## '+(#1 '!(## '&(11 0'('1 + -= + #+, 85 + 85 + #+, 0/(/1 '(/1 85 '&(/# ( + #+, ! 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Eppure è sempre un piacere seguirla: sarà per il capovolgimento attraverso cui la servitù sembra ancora più restia ai cambiamenti del padronato, sarà per quel perfezionismo che manca alla nostra fiction (la serie è un affresco d’epoca maniacalmen- PINOCCHIO Roberto Benigni Su Rai3 torna Benigni con il suo «Pinocchio»: per 1.514.000 spettatori, 6% di share SERVIZIO PUBBLICO PIÙ Sandro Ruotolo La «Terra dei fuochi» in uno speciale di La7: 800.000 spettatori, 3,2% di share ,2# (( 5-5 5;; 5!@ 5" @5 coli dettagli della vita quotidiana (ogni volta, tocca a Lady Violet esprimere il disgusto per il nuovo) ai grandi ideali, tutto è intriso di nostalgia per un tempo che si percepisce come irrimediabilmente finito, per uno stile di vita che è stato sacrificato sull’altare del «progresso» sociale. Come ogni soap che si rispetti (in questo caso ci troviamo di fronte a una soap «culturale»), «Downton Abbey» procede per colpi di scena emotivi, in un terreno dove soldi e sesso (molto mascherato), intesi come dinamiche di potere, rappresentano motori importanti per innescare gli snodi del racconto. © RIPRODUZIONE RISERVATA 5;5 5:5 @: @@ 5!@ 2),*9 (( -6:" -6!5 -6"! -6" -6! -6"6 -6"+ -6!@ -6!! -6: <2 & te curato in ogni minimo dettaglio, dalla rappresentazione del cibo, agli abiti, alla postura che gli attori devono mantenere in scena), sarà per le dinamiche sociali fra «servo» e «padrone», secondo una consolidata tradizione drammaturgica inglese, sarà perché il mondo, come sostiene il maggiordomo Charles Carson, «gira attorno a una tavola ben apparecchiata», sta di fatto che la creatura di Julian Fellowes (il cui titolo nobiliare completo è Barone Fellowes di West Stafford), conservatore, di dichiarate simpatie monarchiche, è il racconto di un lento naufragio, che ha preso le mosse da quello vero del Titanic. A «Downton» il cambiamento fa paura: dai pic- (9&), 0<29, 2&), 0<29, ;- &)2 ; &)2 <,> &* ! #**&, -; #**&, '"*# '(* #(* "# "0 #'"# # #" "#, "#" '"0 '+ <($ .&,##& ,##& 3< (.& &#<2& .,& >23, ( 2 9&22*&$ ( 324 ( 9)., (92,>/ ,)*& (,(& *>&9 33 0<,9 3< (.& .&,## 3<( 33, &22*, .##&,2 *( .,)2&##&, ( 32 3<( )&,%33, 2&9&, ,* .&,## 3.23 ,$& &* ,((&* 3<( )&, 2&9&,/ <*' &).<(3, 2, ,2 ,* (,(& .&,## 0<($ *>&9 3<( *92,3< ..**&*, <,*, (92,>/ &= *<& .&,## ( *92,*,2 >23, )9 399&)*/ &%+ !$#((# ' ,22*9& 2 .,(2& &*9233*, &( ,2 (139 <2,. ,* .&,## *$ (,(& *>&9 *, 0<,9 33 , &* .&*<24 ),(9 *<& .&,## *$ 3<(( 2*& < 2)*& 3<(( 2#&,*& (.&*/ * ),29 &2,(?&,* &*39&( *,2 99&> 3<((139 &922*, ,* (92 .&,## (9 .233&,* ( 9)., 3<( *92,%>39 &922*, *&3,( &2& 3<(( 2#&,*& (*&$/ $# #*"0 *"0'# ' ,39 ,2&*, &(*, 2*9, *?& 2&39 *,> ,(,#* &2*? 2<#& *,* 10<&( ,) ).,33, .,(& 2& ,9*? 9*?2, '!# / (2& 9*& (2), (#$2, #(&2& (& ,( <>,(, ,.29, &,##& ,>3& ).,2(& > & !" )# !#! #*. ) ##! #4!# )* $ $ 5 $ 0 $ !. $0 $5 $5 $5 $$ ) %#**# .! )#.#! 1!# )!4 !#2 !" !. 0 $ $ $ $ , $0 $$ $$ $$ " $0 ,2? @7: ,2? 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Estrazioni di venerdì 2 gennaio BARI CAGLIARI FIRENZE GENOVA MILANO NAPOLI PALERMO ROMA TORINO VENEZIA NAZIONALE 40 65 65 66 28 45 25 55 81 21 52 62 76 57 13 45 4 62 69 66 87 58 59 17 24 84 61 66 57 8 22 42 53 47 35 80 82 19 19 27 87 79 77 11 3 63 7 15 57 77 23 10 51 88 75 " "# ' !" *.!1 #!) ).,2( 0 " !. / ) $$ #* ,.29, !" !. , 5 *9, " 5 !" ) !! ,>3& 10eLotto I numeri vincenti 4 57 13 59 17 62 21 65 24 66 25 69 28 76 40 81 45 84 55 87 40 Numero Oro 9 3 2 1 5 8 9 4 1 5 6 8 8 8 6 1 2 7 4 3 9 5 8 1 6 2 4 2 LA SOLUZIONE DI IERI 6 5 3 8 1 7 4 2 9 2 3 1 8 9 6 2 4 5 7 3 9 4 7 1 5 8 3 6 2 8 1 6 4 3 2 7 9 5 5 3 2 7 6 9 1 8 4 4 2 1 9 7 3 6 5 8 3 6 5 2 8 1 9 4 7 7 9 8 5 4 6 2 3 1 Come si gioca Bisogna riempire la griglia in modo che ogni riga, colonna e riquadro contengano una sola volta i numeri da 1 a 9 Altri giochi su www.corriere.it "' 050 )#!. )# 0/5 /5/ +"( / )#!. 1*# ( " '# ! # "*# - #' $05 *" #( " ( ** ((# 8 3 9 '" " '"(# /"/ +'(* "# #/# "#+,' 5 4 ' )#!. # "" $5 $5$ (#" ** )**#! 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