ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA Ufficio stampa Rassegna Stampa 12 gennaio 2015 Responsabile: Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – email: [email protected]) 1 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA SOMMARIO PAG. 3 AVVOCATI: Avvocati. Continua la rivolta fiscale ma c'è la tregua dopo i selfie (Corriere Economia) PAG. 5 AVVOCATI: La Cassa forense potenzia il welfare con 60 milioni (Il Sole 24 Ore) PAG. 6 AVVOCATI: Avvocati, autentica fai-da-te (Italia Oggi Sette) PAG. 8 L’INTERVISTA: Il ministro Orlando: “Italia pronta per una super-procura antiterrorismo” (La Stampa) PAG. 10 RIFORMA GIUSTIZIA: Toghe e responsabilità civile, debutto in Aula vuota (Il Giornale) PAG. 11 RIFORMA GIUSTIZIA: Riforma della giustizia, stop ai ddl: Orlando gioca a “zona” (Cronache del Garantista) PAG. 13 RIFORMA GIUSTIZIA: Responsabilità dei giudici. L'ok definitivo si avvicina (Italia Oggi) PAG. 14 ANTITERRORISMO: Accelerazione sulla superprocura (Il Sole 24 Ore) PAG. 15 GIUDICI DI PACE: Allarme Giudici di pace, a rischio 3 sedi su 7: vicini alla chiusura gli uffici di Casarano, Nardò e Gallipoli (Quotidiano di Puglia) PAG. 17 GIUDICI DI PACE: Giudici di pace: sono 6 su 27 previsti. Ma il lavoro cresce ed è più difficile (L’Eco di Bergamo) PAG. 18 GIUDICI DI PACE: I giudici di pace alzano bandiera bianca (Il Messaggero Veneto - Pordenone) PAG. 20 CARCERI: Mense gestite dai detenuti. Niente proroga alla cooperative (La Stampa) PAG. 22 FISCO: Nuovi minimi, ci perdono tutti (Italia Oggi Sette) PAG. 25 FISCO: Voluntary disclosure, pioggia di milioni sugli studi legali e tributari (La Repubblica – Affari e Finanza) PAG. 28 CONCILIAZIONE: La conciliazione fa tappa davanti al Ctu (Il Sole 24 Ore) PAG. 30 CONCILIAZIONE: Una procedura «flessibile» per risolvere il conflitto (Il Sole 24 Ore) PAG. 32 LAVORO: Il governo accelera sul Jobs Act "I nuovi contratti a metà febbraio" (La Stampa) PAG. 34 LAVORO: Tre indici contro le finte partite Iva (Il Sole 24 Ore) PAG. 36 LAVORO: Dall’iscrizione all’Albo uno «scudo» parziale (Il Sole 24 Ore) PAG. 38 UNIVERSITA’: Asili e università, stretta sugli sconti (Il Messaggero) PAG. 40 UNIONE EUROPEA: Stalking, in Europa protezione trasferibile (Italia Oggi) PAG. 41 UNIONE EUROPEA: Nella Ue sentenze senza barriere (Il Sole 24 Ore) PAG. 43 FAMIGLIA: Nozze gay all'estero cancellate (Italia Oggi) PAG. 44 SENTENZE: Non è esterovestita l’attività strutturata (Il Sole 24 Ore) PAG. 46 CASSAZIONE: Onorari, opposizione segnata (Italia Oggi Sette) PAG. 47 CASSAZIONE: Casse autonome dal 2007 (Italia Oggi) PAG. 49 CASSAZIONE: Appalto senza concessione ko (Italia Oggi Sette) PAG. 51 CASSAZIONE: Risale in cattedra il prof condannato per sesso con minore (Il Sole 24 Ore PAG. 53 CASSAZIONE: Fornitori «vigili» sulle lettere d’intento (Il Sole 24 Ore) PAG. 55 CASSAZIONE: Rumore, dai tribunali tutela rafforzata (Il Sole 24 Ore) 2 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA CORRIERE ECONOMIA Riforme. Chi non si iscrive alla previdenza di categoria rischia la cancellazione dall'Albo Avvocati. Continua la rivolta fiscale ma c'è la tregua dopo i selfie Luciano (Cassa Forense): «Comprendiamo le difficoltà e siamo pronti ad aiutare i più deboli. Ma tutti rispettino le regole» Lun. 12 - L’ appello è subito diventato virale: #io non mi cancello. E poi video, foto e messaggi su tutti i social network. I giovani avvocati da un paio di mesi si sono mobilitati contro la norma che prevede l'obbligatorietà dell'iscrizione alla Cassa forense, pena la cancellazione dall'Albo. In realtà la vicenda è vecchia perché la norma è entrata in vigore insieme alla riforma forense, la legge che disciplina la categoria e che tocca anche l'aspetto previdenziale. Il motivo di un simile (forte) giro di vite è ben chiaro: la Cassa forense da sempre conta un numero di contribuenti notevolmente inferiore agli iscritti all'Albo. Le ragioni In parole povere, decine di migliaia di avvocati iscritti agli Ordini professionali (e quindi potenzialmente in attività) non risultavano iscritte alla Cassa di previdenza della categoria. Negli anni la Cassa ha progressivamente elevato la quota dei versamenti minimi anche per far fronte alle richieste di equilibrio di bilancio del ministero. Questo ha portato a una sofferenza altissima da parte soprattutto dei giovani avvocati: la crisi e i ritardi dei pagamenti hanno creato una tenaglia micidiale che ha scatenato la protesta e il dilagare dei selfie con scritto «io non mi cancello». Alla Cassa forense, però, obiettano con decisione: «In tutta questa vicenda è indispensabile una premessa — esordisce Nunzio Luciano, presidente della Cassa —: noi non cancelleremo nessuno. Toccherà agli Ordini attuare i provvedimenti che riterranno più idonei valutando caso per caso». Però il rischio concreto di cancellazione esiste ed è legato anche al mancato pagamento della previdenza forense. «È vero — ammette Luciano —, ma la Cassa forense non indossa i panni del giustiziere: siamo pronti a dilazionare pagamenti e arretrati. Cercheremo una soluzione per chi è realmente in difficoltà. Non possiamo accettare, però, la posizione di chi è contrario al pagamento di un regime previdenziale». Proposte e soluzioni Proprio l'appello alla rivolta fiscale contro il sistema previdenziale è uno dei temi che ha fatto divampare la polemica. E in tal senso è stata spesso chiamata in causa 3 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA Mobilitazione generale degli avvocati, un'associazione composta soprattutto da giovani, che ha lanciato l'idea della protesta con i selfie. «Innanzitutto ci teniamo a precisare che Mga non ha mai proposto di non versare i contributi previdenziali, di non pagare i bollettini, né, quella di alcuni di noi, è una morosità volontaria — avverte Cosimo Matteucci, presidente di Mga —. Noi, infatti, quei bollettini non li abbiamo potuti pagare perché quei soldi semplicemente non li avevamo, li pagheremo, non sappiamo ancora come fare ma pagheremo tutto, come è giusto che sia, soprattutto nei confronti di tutti quei colleghi che hanno sempre regolarmente versato. Di vie alternative però se ne vedono poche e la Cassa forense dichiara buona volontà anche in questo senso. «Stiamo varando il nuovo regolamento — spiega il presidente Luciano —. Abbiamo previsto il pagamento di 700 euro per il contributo soggettivo minimo per i 50 mila avvocati che si iscriveranno alla cassa e per quelli che sono iscritti da tre anni. Chi invece è iscritto all'Albo da più di otto anni e dichiara un reddito di meno di 10 mila euro l'anno, dovrà chiedersi se davvero vale la pena continuare a svolgere questa professione. In quel caso dire che la previdenza è il vero problema, mi sembra non coerente alla realtà». In compenso, però, il «fronte della protesta» chiede nuove misure quantomeno per rendere più equo il sistema. «Si chiede equità, si chiede l'abbattimento dei privilegi previdenziali — afferma Matteucci —, la censura delle pensioni degli anziani maturate con l'evasione fiscale combinata con il sistema di calcolo retributive. Si chiede che il pagamento di contributi previdenziali sia proporzionato al reddito e alla capacità contributiva di ciascuno, trovando la soluzione migliore che consenta di salvaguardare il principio solidaristico e le sue applicazioni. Per questo chiediamo l'aumento del contributo di solidarietà a carico degli avvocati portatori di redditi medioalti e chiediamo in generale un sistema previdenziale che sia attento alle esigenze dei giovani avvocati e dei professionisti con redditi bassi e mediobassi. Per questi obiettivi continueremo a protestare portando in piazza i sostenitori del dissenso». In uno scontro di classe oltre che generazionale. Isidoro Trovato 4 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA IL SOLE 24 ORE La Cassa forense potenzia il welfare con 60 milioni Sab. 10 - Via libera dal comitato dei delegati al nuovo regolamento per l’assistenza della Cassa forense. La riforma, che dovrà essere approvata dai ministeri vigilanti, prevede misure per gli avvocati in difficoltà economica, per le famiglie e a sostegno della salute e della professione. Una serie di misure per il welfare attivo che comportano uno potenziamento delle risorse dedicate all’assistenza, che passano da 20 a 60 milioni all’anno. «Con il nuovo regolamento - ha commentato il presidente Nunzio Luciano - la Cassa forense si munisce di un importante strumento operativo per venire incontro alle esigenze di tutti gli avvocati italiani in un momento di particolare difficoltà economica e sociale. Categorie particolarmente garantite dalle nuove norme sono le donne e i giovani, soggetti certamente più deboli in questa fase storica di recessione che non accenna a diminuire». I giovani, per esempio, che vogliono avviare uno studio professionale o una società tra professionisti potranno beneficiare di agevolazioni per l’accesso al credito, nonchè di corsi di formazione e borse di studio per acquisire il titolo di specialista, cassazionista o specifiche competenze. Altre prestazioni, sempre a sostegno della professione, saranno invece accessibili a tutti. Tra queste ci sono agevolazioni per la concessione di mutui, contributi o convenzioni per la fruizione di asili nido e scuole materne e altre iniziative utili a conciliare il lavoro con le esigenze della famiglia, ma anche iniziative specifiche per gli avvocati iscritti alla Cassa e titolari di pensione di invalidità al fine di ridurre le difficoltà connesse all’esercizio della professione. Nell’ambito del sostegno alla famiglia, invece, ci saranno, tra l’altro, erogazioni in caso di familiari non autosufficienti o portatori di handicap, borse di studio per i figli degli avvocati, interventi a sostegno della genitorialità. Non mancano prestazioni specifiche per far fronte a problemi di salute, quali la copertura per gravi eventi di malattia o interventi chirurgici, contributi per l’assistenza infermieristica a domicilio, polizze di assistenza per lunga degenza, premorienza e infortuni. Infine, tutti gli avvocati iscritti all’Albo, se si dovessero trovare in grave difficoltà economica a causa di eventi straordinari involontari e non prevedibili potranno beneficiare, per un massimo di due volte, di una somma di denaro. 5 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA ITALIA OGGI SETTE La novità introdotta dal decreto 90/2014 al centro di un dibattito interpretativo Avvocati, autentica fai-da-te Copie di atti ufficializzate direttamente dal legale Lun. 12 - Autentica fai-da-te per gli avvocati. Le copie di atti possono essere ufficializzate direttamente dal legale, senza passare in cancelleria. La novità, introdotta dal decreto legge 90/2014 (articolo 52), è fonte di alcune incertezze interpretative. Ma le disposizioni consentono un risparmio di tempo sia agli uffici giudiziari sia agli avvocati e vanno sfruttate. Vediamo alcune linee guida per i legali, con l'indicazione degli accorgimenti pratici da osservare. LA NORMA La disposizione di riferimento prevede che le copie informatiche, anche per immagine, di atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice nonché dei provvedimenti di quest'ultimo, presenti nei fascicoli informatici dei procedimenti, equivalgono all'originale anche se prive della firma digitale del cancelliere. Il difensore (ma anche il consulente tecnico, il professionista delegato, il curatore e il commissario giudiziale) può estrarre, con modalità telematiche duplicali, copie analogiche o informatiche degli atti e dei provvedimenti e attestare la conformità delle copie estratte ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico. Le copie analogiche e informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico e munite dell'attestazione di conformità, equivalgono all'originale. COPIE CARTACEE Un problema è rappresentato dalle formule da usare per l'autentica delle copie degli atti. In ogni caso la formula (vedasi per esempio il protocollo congiunto del 15 dicembre 2014 del tribunale di Torino e del Consiglio dell'ordine degli avvocati del capoluogo piemontese) deve contenere l'attestazione della qualità di difensore, l'indicazione della parte, il richiamo 6 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA della norma di riferimento (articolo 16-bis, comma 9-bis, decreto legge n. 179/12, come introdotto dall'art. 52 del decreto legge n. 90/14, convertito con modifiche dalla legge n. 114/14), la dichiarazione che la copia cartacea è conforme al corrispondente esemplare informatico nel fascicolo informatico, l'indicazione del numero di ruolo generale del fascicolo, l'indicazione degli estremi identificativi dell'atto, la precisazione che la copia è stata estratta tramite consultazione remota dal fascicolo informatico. Se si procede all'attestazione di conformità su copia analogica di atti di parte e provvedimenti giudiziali destinati a notificazione unitaria (come il ricorso e il successivo decreto ingiuntivo) la formula deve essere arricchita con l'indicazione degli estremi identificativa di ciascun atto con la precisazione della loro unione a formare un unico documento. COPIE DIGITALI L'attestazione di conformità potrà essere apposta non solo su copia cartacea, ma anche su copia digitale. In tale caso i protocolli consigliano di sovrascrivere il file estratto dal fascicolo informatico (utilizzando le funzioni «pdf creator» o «salva come pdf)», così da creare su supporto di memorizzazione una copia suscettibile di essere integrata da aggiunte di testo e firme digitali. L'attestazione di conformità conterrà la dichiarazione che la copia informatica dell'atto o del provvedimento giudiziale è stata estratta tramite consultazione remota dal fascicolo informatico e che è conforme al corrispondente esemplare contenuto nel fascicolo informatico stesso. Il documento informatico così sottoscritto potrà essere notificato a mezzo Pec o diversamente utilizzato. In questo caso i protocolli avvisano che se si formano copie autentiche di atti di parte e di provvedimenti giudiziali destinati a notificazione unitaria (come il ricorso e decreto ingiuntivo), il difensore dovrà provvedere ad autenticazione separata dei singoli atti e provvedimenti. Antonio Ciccia 7 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA LA STAMPA Il ministro Orlando: “Italia pronta per una super-procura antiterrorismo” "Spesso il carcere diventa un luogo di reclutamento e proselitismo Bisogna armonizzare le legislazioni Ue per un`azione più efficace" Lun. 12 – ROMA. Ministro Andrea Orlando, dopo fin troppi anni di discussione, è arrivato il momento dí una superprocura antiterrorismo? «E` vero, se ne parla da molto tempo. Ma ora un coordinamento unico nazionale è divenuta un`esigenza riconosciuta da tutti. Non è più questione di discutere del se, del quanto, del come. Il punto di partenza è un ddl presentato alla Camera dall`onorevole Stefano Dambruoso, che allarga alla procura nazionale antimafia le competenze antiterrorismo. Procederemo, come annunciato da Angelino Alfano, a un tavolo di confronto tra governo e le grandi procure italiane, comunque è chiaro che occorre un salto di qualità, essendo il terrorismo islamista un fenomeno sovranazionale e la dimensione locale delle singole procure è sempre più in difficoltà». Lei è più favorevole a raddoppiare le competenze dell`Antimafia oppure a creare un`analoga struttura antiterrorismo? «Prima di prendere decisioni, è necessario un confronto, quindi ci incontreremo con i magistrati che si occupano di terrorismo per poi procedere in tempi rapidi». Perché ha segnalato l`opportunità di coordinare tra i Paesi Ue le norme di contrasto al terrorismo, in particolare contro i "foreign fìghters". Ci sono problemi? «Abbiamo toccato con mano, nel corso del Semestre a guida italiana, le resistenze ai processi di integrazione europea. Siamo riusciti a portare il tema del terrorismo internazionale al tavolo dei ministro della Giustizia, essendo stato finora un tema trattato esclusivamente dai ministri dell`Interno nella consapevolezza che non può essere sufficiente la dimensione di polizia, ma è necessario uniformare le legislazioni. E’ troppo pericoloso ricadere negli errori che si sono fatti in passato; a lasciare discrasie tra le legislazioni europee, si rischia di creare delle maglie nelle quali il terrorismo può agire. Queste organizzazioni sono fin troppo abili ad inserirsi tra le pieghe. Abbiamo operato quindi per una parziale cessione di 8 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA sovranità per investire del tema antiterrorismo le istituzioni comunitarie. Di pari passo nel confronto è emersa anche la questione dell`esecuzione della pena. Il carcere, come s`è visto, rischia di essere un veicolo di proselitismo, motivo per il quale si è posto il problema di come una misura repressiva rischi di trasformarsi in un aiuto per queste organizzazioni». Risultato? «Diversi Stati europei sono gelosi dei propri ordinamenti, temono fortemente ogni cessione anche minima di sovranità alle istituzioni europee. Riconoscono che il problema di una risposta comune al terrorismo internazionale esiste, ma diventano molto timidi, per non dire di più, quando si tratta di accedere a una dimensione comunitaria. Al termine della discussione, siamo giunti a un approdo realistico che costituirà il punto di partenza per la nuova presidenza lettone: l`impegno a un confronto costante tra ministri della Giustizia affinché ci sia una progressiva armonizzazione dei singoli ordinamenti». Torniamo all`Italia. Delle tante riforme annunciate sulla giustizia, quali vedremo convertite in legge per prime? «A febbraio, subito dopo l`elezione del nuovo Capo dello Stato, potrebbe diventare legge la responsabilità civile dei magistrati. Poi verranno tante altre riforme. Segnalo infine che è ripresa la discussione al Senato sui reati ambientali, che prevede la riconfigurazione del disastro ambientale: approvarlo rapidamente sarebbe la nostra migliore risposta alla vicenda dolorosa del processo Eternit». Francesco Grignetti 9 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA IL GIORNALE Toghe e responsabilità civile, debutto in Aula vuota Sab. 10 - Quella che approda nell'aula della Camera, dopo il sì del Senato, è una responsabilità civile delle toghe «indiretta», che «amplia la responsabilità dello Stato e circoscrive quella del magistrato ai soli casi di negligenza inescusabile», precisa il ministro della Giustizia Andrea Orlando. Le toghe che sbagliano pagheranno, insomma, ma solo in seconda battuta e per errori molto gravi. La riforma è «storica», sottolinea il Guardasigilli, anche se parla in un'aula «vuota». Sul problema ci sono state lotte furibonde tra partiti, governo e Anm, ma adesso che si è vicini alla svolta spiccano le assenze nei banchi di Montecitorio. Il disegno di legge incardinato ieri, per il ministro, è un testo «meno chiaro rispetto alla stesura originaria» per le modifiche subite, ma centra l'obiettivo, che è quello di «allargare il sistema di tutele per i cittadini e salvaguardare l'indipendenza della magistratura». Per il centrodestra e soprattutto per la Lega, che spingevano per una responsabilità «diretta» e più ampia non è proprio così, ma la tempistica è stata dettata dall'Europa. La riforma corregge infatti la legge precedente, che ha provocato le ire della Ue e la procedura di infrazione che l'Italia sta subendo. Ora la scadenza è dietro l'angolo, ma il governo ha evitato il decreto legge e si dice pronto a «verificare se alcuni passaggi possono essere migliorati». Orlando, però, lancia un appello: «Al Senato abbiamo registrato un'ampia maggioranza, più larga di quella di governo: mi auguro che questo atteggiamento si riproponga alla Camera». Una misura da leggere insieme a quelle su anticorruzione, autoriciclaggio, falso in bilancio, confische, «con cui estendiamo il potere d'indagine dei magistrati», dice Orlando. Che conclude: «È importante avere una magistratura al di sopra di ogni sospetto. È nell'interesse di tutti». 10 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA CRONACHE DEL GARANTISTA Riforma della giustizia, stop ai ddl: Orlando gioca a “zona” Sab. 10 - Il ministro Andrea Orlando si mette a giocare a zona. Addio definitivo al percorso di guerra dei 12 punti: la riforma della giustizia non assomiglierà più a un piano quinquennale. Molto più realisticamente il Guardasigilli si acconcia a integrare con proposte governative i testi parlamentari già avviati. Lo ha fatto giovedì al Senato con gli emendamenti al ddl Grasso sul contrasto alla corruzione, lo farà a breve con delle variazioni da proporre sulla prescrizione, in corso d`esame alla Camera. E` la stessa strategia che non a caso ha consentito di mandare avanti la legge sulla responsabilità civile dei magistrati. Proprio ieri nell`aula di Montecitorio Orlando è intervenuto per presentare il testo, che sarà approvato nei prossimi giorni: «Siamo aperti a verificare se alcuni passaggi possono essere migliorati», dice il ministro, «ma questo è un passaggio storico, è lo dico anche se l`aula è vuota». Certo, il testo del ddl originario «era più nitido rispetto a quello uscito dal passaggio parlamentare». Ma la verità è che il Guardasigilli non intende tornare indietro su due punti che non piacciono per nulla all`Associazione magistrati. La prima è l`eliminazione del filtro di ammissibilità, che poi è il punto più qualificante di tutto il provvedimento. Si tratta della vera novità rispetto alla legge Vassalli dell`88, rimasta quasi del tutto inapplicata in questi 25 anni. Nel suo intervento di ieri in Aula, infatti, il ministro della Giustizia ricorda che la legge in procinto di essere licenziata dalla Camera assicura la tutela dei cittadini danneggiati da errori giudiziari attraverso «un rimedio funzionale accessibile». E quest`ultimo aggettivo si riferisce proprio alla decisiva abolizione del filtro. Il secondo punto riguarda la definizione di colpa grave. Orlando dice che «abbiamo fatto una scelta di equilibrio che parte da un ulteriore scrupolo: la responsabilità colpisce il magistrato solo quando ci si trova davanti a errore per negligenza inescusabile». Vuol dire per esempio che il giudice non potrà più giustificarsi con la sottovalutazione di una precedente sentenza se quello stesso precedente giurisprudenziale era stato segnalato dalla parte danneggiata. Anche 11 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA qui l`Anm e il Csm se ne dorranno, ma il ministro fa capire chiaramente che i cardini del provvedimento sono immodificabili. Sul versante delle norme anticorruzione, viene dunque accantonata l`idea di un ddl di riforma penale onnicomprensivo. Gli inasprimenti contro corrotti e mafiosi entrano nel ddl Grasso. Compresa una concessione alla commissione Gratteri, con l`estensione delle udienze in videoconferenza a tutti i detenuti per reati gravi, mentre oggi la modalità è prevista solo per quelli al 41 bis. Un evidente limite al diritto di difesa e un lieve cedimento alle posizioni ultragiustizialiste dell`organismo consultivo guidato dal pm di Reggio Calabria. Ma fa parte del gioco a zona adottato da Orlando: un po` di bastone alle toghe con la responsabilità civile, un po` di carota sui processi ma soprattutto niente più ddl monstre che condannano la riforma della giustizia al binario morto dell`utopia. Errico Novi 12 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA ITALIA OGGI Responsabilità dei giudici L'ok definitivo si avvicina Sab. 10 - Vicine al varo definitivo le norme sulla responsabilità civile (indiretta) dei magistrati, che riformeranno la legge Vassalli (117/1988) sul risarcimento dei danni causati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie. «Un passaggio storico», secondo il Guardasigilli Andrea Orlando, che partecipa insieme alla presidente della II commissione Donatella Ferranti (Pd), alla discussione generale, ieri mattina, del testo (C 2738 e abb.), pur rammaricandosi di farlo in un'Aula di Montecitorio «così scarna di presenze», alla ripresa dei lavori dopo le feste. L'obiettivo da raggiungere, va avanti, è «tutelare i cittadini, offrire un rimedio accessibile, senza mettere in discussione l'indipendenza della magistratura», giacché sarà lo stato, non il singolo cittadino, a rivalersi contro la toga, per «colpa grave, dolo, o negligenza inescusabile», fattispecie comprendente tanto la violazione della normativa europea, quanto il «travisamento della prova»; l'iniziativa, puntualizza l'esponente governativo, avviene in «conseguenza della procedura di infrazione che il nostro paese sta subendo in Europa per le violazioni sulla cattiva applicazione dell'ordinamento giudiziario». Il provvedimento, giunto alla quarta lettura e licenziato in commissione circa tre settimane fa senza modifiche rispetto alla versione approvata dai senatori (si veda ItaliaOggi del 18/12/2014), secondo quanto riferiscono fonti parlamentari non sbarcherà in Assemblea per la votazione prima del mese di febbraio. Simona D'Alessio 13 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA IL SOLE 24 ORE Lo strumento. Nei prossimi giorni verranno ascoltati i vertici degli uffici giudiziari Accelerazione sulla superprocura Sab. 10 - Saranno i ministeri dell’Interno e della Giustizia, dopo una serie di incontri con i vertici degli uffici giudiziari, a decidere le modalità per istituire la Procura nazionale antiterrorismo. Le possibilità sul tappeto sono due: creare una struttura autonoma oppure unificare in una stessa Direzione antimafia e antiterrorismo, come vorrebbe tra l’altro il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti. «Stiamo riflettendo sull’argomento», ha rivelato ieri il titolare del Viminale Angelino Alfano, a margine dell’informativa alla Camera sui fatti di Parigi. «Lo affronteremo con il ministro Orlando, anche attraverso una serie di vertici con gli uffici giudiziari». Il Guardasigilli Andrea Orlando ha confermato: «Nei prossimi giorni vedremo i capi delle Procure per fare il punto della situazione e fare tutte le valutazioni necessarie. Vogliamo sentire chi è in prima linea, per noi il loro parere è fondamentale». A premere per una direzione unica, come sottolineato ieri su queste pagine, è anche la politica: il Ddl ad hoc presentato da Stefano Dambruoso (magistrato eletto con Scelta Civica) è in dirittura d’arrivo a Montecitorio per poi passare al vaglio del Senato. Oltre alla direzione unica, che avrebbe il coordinamento di tutte le indagini penali (come avviene in Francia e in altri Paesi), prevede la creazione di direzioni distrettuali antiterrorismo, sul modello di quelle antimafia. Roberti non ha dubbi: «Il Ddl Dambruoso, sul quale sono stato anche audito dalla commissione Giustizia della Camera, deve andare avanti. Sarebbe assurdo creare una struttura a parte, con duplicazione di costi perché la Dna è una struttura già predisposta per far fronte alle esigenze del coordinamento e della circolazione delle informazioni». Ma è stato Orlando a parlare di «perplessità» su questa soluzione, che poi era «l’orientamento di partenza». Per questo - ha sottolineato il ministro della Giustizia - «riteniamo importante ascoltare quanto hanno da dire in merito i capi delle principali procure italiane per definire la soluzione migliore, anche alla luce degli ultimi eventi in Francia». 14 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA QUOTIDIANO DI PUGLIA Allarme Giudici di pace, a rischio 3 sedi su 7: vicini alla chiusura gli uffici di Casarano, Nardò e Gallipoli Dom. 11 - È una bomba a orologeria pronta ad esplodere, quella che riguarda gli uffici del Giudice di Pace che sono rimasti attivi in sette paesi della provincia di Lecce. Dopo le battaglie per mantenere in vita le sedi, si assiste adesso a un progressivo impoverimento - dal punto di vista del personale - di quelle stesse sedi, che a questo punto sono a rischio chiusura. Per tre di loro il destino sarebbe già segnato: Casarano e Nardò, la cui permanenza è messa in dubbio dallo stesso coordinatore degli uffici; e Gallipoli, oggetto di un decreto del presidente della Corte d’Appello di Lecce. Il problema alla base del caos scoppiato tra la fine del 2014 e l’inizio del nuovo anno è uno solo, ed è legato al personale. Personale che manca, in alcuni casi, e personale che non è formato, in altri. Con la conseguenza che gli uffici sono nell’impossibilità materiale di portare avanti la propria attività. E l’unica strada percorribile, dunque, è la chiusura. Peccato che questo vorrebbe dire andare incontro a quel caos paventato oltre due anni fa, quando le intenzioni del Governo erano proprio queste. Inizialmente, infatti, la riforma della giustizia prevedeva un riordino delle sedi piuttosto drastico: per quanto riguarda i Giudici di Pace, sarebbero rimasti operativi solo quegli uffici che si trovavano nelle città sedi di Tribunale. In seguito, il ministero ha apportato un correttivo, prendendo atto della volontà dei Comuni di mantenere a proprie spese le sedi. E così, con il decreto del ministero della Giustizia del 7 marzo dello scorso anno, si è stabilito che nella provincia di Lecce, ad esempio, dovessero rimanere attivi gli uffici di Alessano, Casarano, Gallipoli, Maglie, Nardò, Tricase e Ugento. La notizia, com’è ovvio, fu salutata con soddisfazione da parte nei territori interessati. Ed era in effetti un’ottimo traguardo. I Comuni, però, hanno dovuto far fronte a una situazione che, evidentemente, nemmeno si aspettavano: assegnazione e formazione del personale, innanzi tutto. Perché a fine anno, i dipendenti ministeriali sono passati ad altre funzioni presso il Tribunale di Lecce. E molte sedi si sono ritrovate “scoperte”. 15 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA La situazione era ben nota, sia a livello locale che a livello nazionale, già alla fine del 2014. Con una circolare inviata ai presidenti delle Corti d’Appello, il ministero della Giustizia cercava di correre ai ripari, «con particolare riferimento alle ipotesi di totale mancanza o inadeguata consistenza numerica (almeno due unità di cui uno abilitato a svolgere le funzioni di cancelliere) del personale degli enti locali. È quindi necessario - si legge ancora nella circolare - ai fini della verifica della sussistenza delle condizioni che hanno consentito la positiva valutazione dell’istanza, che il personale degli enti locali, fermo restando il possesso dei requisiti morali di cui al punto precedente, risulti effettivamente presente e potenzialmente operativo presso l’ufficio mantenuto in numero tale da porter assicurare in assoluta autonomia la funzionalità dell’ufficio». Evidentemente la sollecitazione non è servita a molto. Qualche giorno dopo, proprio nell’ultimo giorno dell’anno, il presidente dell’Ordine degli avvocati Raffaele Fatano scrive una lettera aperta al presidente della Corte d’Appello di Lecce e al procuratore generale presso la Corte d’Appello. E tra i vari problemi che affliggono la giustizia salentina, cita anche quello dei Giudici di Pace. «Il mancato funzionamento dell’ufficio di Casarano e il grido d’allarme proveniente dagli altri uffici e, in particolare, da Gallipoli, rappresentano la più evidente conferma di tutte le preoccupazioni che l’avvocatura salentina, in questi mesi e in più sedi, ha manifestato e continua a manifestare. Gli uffici del Giudice di Pace, che non potevano e non possono considerarsi “giustizia minore” - prosegue Fatano nella missiva - rappresentano un presidio di legalità per territori che, in questi ultimi anni, sono stati ampiamente penalizzati, così come lo sono stati i colleghi che operano prevalentemente in quegli uffici. Non possiamo permettere che tali uffici giudiziari vengano smantellati». Alessandro Cellini 16 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA L’ECO DI BERGAMO Giudici di pace: sono 6 su 27 previsti Ma il lavoro cresce ed è più difficile Calano le opposizioni alle multe, ma crescono le cause ordinarie civili e penali. Per i giudici di pace il lavoro aumenta e si fa più difficile Lun. 12 - I quali, dopo l’accorpamento delle sedi staccate (fatta eccezione per Treviglio e Grumello del Monte), sono meno di un quarto di quanto previsto: 6 contro i 27 previsti, chiamati a far fronte a tutte le esigenze della provincia di Bergamo. Sono i giudici di pace: 6 magistrati a Bergamo. In tutto il 2014 le cause civili sono state 2.237 (qualcosa come oltre 370 fascicoli in media per ogni giudice), di cui oltre mille (1.016) relativi alla contestazione di sanzioni amministrative; i decreti ingiuntivi (quelli fino a 5.000 euro sono di competenza dei giudici di pace, ndr) sono stati 3.722, e i procedimenti penali 1.301. Tradotto in altri termini nel penale aumenta il carico di lavoro e nel civile, se pure i numeri restano gli stessi, aumenta la complessità e quindi il tempo necessario per chiudere un fascicolo. 17 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA IL MESSAGGERO VENETO – Pordenone I giudici di pace alzano bandiera bianca Ancora senza sede e con pochi effettivi, annunciano rinvii delle cause e slittamento dei processi Lun. 12 - PORDENONE. Una circolare per avvisare che la limitazione di personale giudicante comporterà rinvii e slittamenti di lunga data. Il giudice di pace coordinatore, Raffaella Garofalo, si è vista costretta in queste ore a scrivere una lettera al presidente degli avvocati, Giancarlo Zannier. Quest’ultimo l’ha poi smistata ai vari iscritti, annunciando un rallentamento nelle attività della sede cittadina del giudice di pace. Dallo scorso 31 dicembre è infatti andato in pensione uno dei quattro magistrati ancora attivi, Francesco Iervolino. I suoi fascicoli penali e civili non ancora conclusi saranno smistati tra i tre colleghi rimasti, cioè la Garofalo, la Flora Bianchi e Alessio D’Andrea. Ma i tempi di discussione delle udienze potrebbero allungarsi notevolmente, ha fatto presente la coordinatrice dei magistrati locali. D’Andrea è infatti competente su tutti i casi provenienti dalle ex giurisdizioni di Maniago e Spilimbergo e attivo anche nel Portogruarese. I problemi iniziano quindi a farsi sentire, se si pensa che sino ad un anno e mezzo fa Pordenone contava su 7 giudici per una giurisdizione ben più ridotta (da settembre 2013 si estende fino al litorale veneto e Portogruaro). Tanto che nei giorni scorsi il Comune di Pordenone e l’Ordine degli avvocati hanno persino lanciato una colletta per trovare i fondi necessari alla ristrutturazione dell’ex biblioteca del capoluogo. Mancano infatti 500 mila 18 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA euro per adeguare l’edificio e trasferire lì le attività dei giudici di pace. Peccato che nessuno parli più della raccolta fondi né si registrino iniziative concrete per il suo decollo. Intanto continuano i guai legati alla vecchia sede. Trattandosi di un’ex scuola, il sito non è adatto ad ospitare cancellerie e aule di udienze. L’accorpamento degli sportelli di Maniago, Spilimbergo e San Vito al Tagliamento è avvenuto ad aprile in modo repentino e ancor oggi ci sono disagi nella gestione dei fascicoli. Da quando Pordenone e Portogruaro sono state unificate dal Ministero, il giudice civile pordenonese Enrico Manzon si reca nelle abitazioni, case di riposo e strutture di ricovero del Veneto orientale per eseguire le visite a chi ha fatto domanda di un amministratore di sostegno e per le tutele. Il giudice di pace Alessio D’Andrea scende invece nella Bassa due volte al mese per occuparsi delle udienze penali. Da Portogruaro dipende anche parte del litorale veneziano di Caorle e Bibione dove d’estate si consumano decine di reati medio – piccoli. Insomma, una marea di nuovi casi da trattare e da inoltrare alla Procura. 19 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA LA STAMPA L`AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA: MA L`ESPERIENZA POTREBBE CONTINUARE Mense gestite dai detenuti Niente proroga alle cooperative dom. 11 - MILANO. Niente da fare: la proroga di altri quindici giorni alle cooperative di detenuti che gestiscono le mense in dieci carceri italiane, non è stata concessa. Fine dell`esperimento? «Non proprio. Entro la fine del mese comincerò ad incontrare singolarmente i responsabili delle cooperative e vedremo come continuare», risponde Santi Consolo, magistrato, nuovo capo del Dap, il dipartimento dell`amministrazione penitenziaria del ministero dì Giustizia da cui dipendono tutti gli istituti di pena italiani. Possibile che non vi fosse un`altra via d`uscita per impedire che un`esperienza del genere terminasse così bruscamente? «E` una questione di legge e regolamento. L`iniziativa era nata nel 2003 con l`obiettivo di crescere e camminare con le proprie gambe, ma così non è stato. Dal 2009 era finanziata dalla Cassa delle Ammende che però per legge può finanziare solo delle start up e non in maniera permanente delle iniziative imprenditoriali. Ci sono state diverse proroghe ma ormai non era più possibile continuare. L`attività delle cooperative non era più in linea con la finalità delle Cassa, la cui attività è ora monitorata dal Ministero delle Finanze». La Corte dei Conti Inoltre, risponde anche alla Corte dei Conti e da qui nasce la maggiore prudenza nei finanziamenti. «L`esperimento è ottimo intendiamoci,e auspico che con i responsabili di queste coop si trovino progetti in grado di sostenersi da soli. L`impegno originario era di ridurre il gettone giornaliero per il confezionamento dei pasti nelle carceri incentivando attività collaterali e aumentando le assunzioni dei detenuti. Purtroppo, colpa della crisi e di varie difficoltà, così non è stato tranne forse per il solo carcere di Bollate. Non ci sono altri fondi, questa è l`amara verità. D`altronde non si può sperare in un finanziamento permanente da parte di un dipartimento che ha già scarse risorse e solo in 10 realtà rispetto alle oltre 200 carceri in Italia con una popolazione di 54 mila detenuti. 20 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA Avremmo creato delle evidenti disparità. Se poi ci saranno progetti di fattibilità, ben vengano». Costi e risparmi I responsabili delle coop (che non sono detenuti, ma imprenditori civili) riuniti nel Gruppo Emergenza Carceri, non sembrano essere dello stesso avviso: «Dal punto di vista economico = spiegano - così facendo l`amministrazione non realizzerà alcun risparmio. Anzi il rischio è quello di maggiori costi sul lungo periodo. Dal punto di vista della legalità c`è un incremento dei rischi e dal punto di vista del trattamento rieducativo si tratta di un enorme passo indietro». «Sono dispiaciuto e amareggiato - rimarca il garante dei detenuti della Regione Piemonte, Bruno Mellano Il 30 dicembre il ministro orlando e il capo del Dap avevano preso impegni e dato rassicurazioni. Ora invece si disperde una preziosa esperienza. Una brutta pagina, fra le tante, dell`amministrazione penitenziaria». Paolo Colonnello 21 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA ITALIA OGGI SETTE Le conclusioni di due studi della Cna sul regime forfettario previsto dalla legge di Stabilità Nuovi minimi, ci perdono tutti Professionisti penalizzati, ma lo stato non incassa di più Lun. 12 - Fisco punitivo per i giovani professionisti. Il nuovo regime forfettario previsto dalla legge di Stabilità 2015 non solo costa di più dei vecchi minimi, ma anche della tassazione ordinaria. Ma tra le partite Iva, le libere professioni e i freelance risultano discriminati anche rispetto ad altre categorie (come per esempio artigiani e commercianti), che potranno quantomeno neutralizzare il maggior carico fiscale con sgravi contributivi, pur sacrificando la futura pensione. In tutto ciò, lo stato non incamera neanche un maggiore gettito, ma anzi le casse pubbliche saranno incise negativamente per quasi 5 miliardi di euro in sei anni. Per tutti questi motivi il regime forfettario previsto dalla legge n. 190/2014 deve essere ripensato. È quanto ha affermato nei giorni scorsi la Cna, che ha realizzato due studi intitolati «Il fisco non è uguale per tutti» e «Nuovi forfettari alla ricerca delle opportunità perdute». Le differenze tra forfetari e ordinari. L'applicazione dell'imposta sostitutiva del 15% sul reddito determinato con metodi forfetari potrebbe apparire, a prima vista, una forma di riduzione della pressione fiscale. In realtà ciò si verifica solo al di sopra dei 35 mila euro di ricavi. Tetto però al quale solo poche categorie possono arrivare (commercianti, albergatori, ristoratori). Per i professionisti il limite di fatturato per poter restare nel regime a forfait è fissato a 15 mila euro annui, con un coefficiente di redditività del 78% per determinare l'imponibile. Pertanto, osserva la Cna, sebbene l'aliquota Irpef del primo scaglione sia pari al 23%, a cui devono aggiungersi le addizionali regionali e comunali (in media il 2,06%), per livelli bassi di reddito l'imposta dovuta nel regime ordinario risulta comunque più bassa. A ridurre il prelievo ordinario giocano un ruolo fondamentale sia la detrazione Irpef prevista dall'articolo 13 del Tuir per i lavoratori autonomi, pari a 1.104 euro, sia la franchigia Irap di 10.500 euro (laddove l'imposta regionale risultasse applicabile). 22 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA Le differenze tra autonomi e dipendenti. Ma dai calcoli della Cna emerge una ulteriore sperequazione anche nel trattamento fiscale di partite Iva e lavoratori dipendenti, a parità di reddito. Come evidenziato nel grafico in pagina, in corrispondenza di un reddito di 10 mila euro gli imprenditori in contabilità semplificata e i professionisti subiscono una tassazione effettiva che supera di poco il 15%. Nella stessa fascia di reddito, i dipendenti scontano un'imposizione effettiva pari a zero, a seguito dell'applicazione delle detrazioni da lavoro dipendente (circa 1.700 euro) e del bonus degli 80 euro mensili introdotto dal dl n. 66/2014. Gli effetti sul gettito. Il giro di vite sulle piccole partite Iva non consentirà comunque all'erario di incassare di più. Anzi, le conseguenze finanziarie sul bilancio dello stato saranno negative per una cifra variabile tra gli 800 e i 900 milioni di euro all'anno (si veda altra tabella in pagina). A generare l'onere è prevalentemente la norma che permette ad artigiani e commercianti aderenti al regime forfettario di usufruire di un sistema di favore nel calcolo dei contributi previdenziali: invece di determinarli su un reddito figurativo detto «minimale» (che prescinde da quello effettivamente realizzato), potranno quantificarli «a percentuale». Si ricorda che tra il 2012 e il 2014 il minimale è stato pari rispettivamente a 14.930, 15.357 e 15.516 euro. Ciò che i contribuenti risparmieranno nell'immediato si rifletterà però inevitabilmente sulle aspettative della futura pensione. La possibilità di scegliere sarà tuttavia limitata solamente ai soggetti iscritti alle predette gestioni speciali. I professionisti che si trovano in una delle casse previdenziali di categoria, così come gli autonomi senza cassa iscritti alla gestione separata Inps non avranno alcun beneficio. Le differenze tra vecchi e nuovi minimi. La disparità di trattamento maggiore rimane quella tra chi applicava i vecchi regimi agevolati alla data del 31 dicembre 2014 e chi ha avviato la propria attività dal 1° gennaio 2015 in poi. Con l'inizio del nuovo anno, infatti, la legge di stabilità ha mandato in soffitta sia il regime dei minimi previsto dal dl n. 98/2011 (con tetto di ricavi a 30 mila euro e aliquota al 5% per tutti), sia il regime delle nuove iniziative produttive (fatturato ammesso di 30.987 euro e imposta sostitutiva al 10%). In via transitoria, tuttavia, la legge n. 190/2014 ha previsto che chi al 31 dicembre già applicava tali meccanismi agevolati avrebbe potuto continuare a utilizzarli fino a naturale scadenza. Disposizione, questa, che ha innescato una vera e propria corsa ad aprire la partita Iva entro la fine del 2014 (si veda ItaliaOggi dell'11 dicembre 2014). Soprattutto da parte dei soggetti under-35, 23 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA che avrebbero potuto continuare ad avvalersi della tassazione agevolata fino al compimento di tale età. Un giovane professionista che avvia la sua attività nel 2015, quindi, a parità di reddito si troverà a pagare in media più del doppio delle tasse del coetaneo che ha iniziato prima del 31 dicembre 2014. Le prospettive di modifica. La riforma dei minimi prevista dalla legge di Stabilità ha subito innescato un focolaio di polemiche. Tutti gli ordini professionali si sono schierati compatti per chiedere al governo di rivedere le misure, innalzando le soglie dei ricavi ammessi e/o riducendo l'imposta sostitutiva (si veda ItaliaOggi dell'8 dicembre 2014). Anche dal mondo dell'artigianato e delle piccole imprese, che pure sono i soggetti per i quali il sistema forfettario può risultare più conveniente, non mancano le richieste di intervento. «Dalle analisi effettuate emerge con chiarezza che il nuovo regime forfettario prevede delle concrete semplificazioni fiscali, eliminando qualsiasi onere contabile e di comunicazione di dati all'Agenzia delle entrate», osserva la Cna, «i vantaggi economici derivanti dai risparmi di oneri amministrativi sono però completamente mangiati dai maggiori tributi dovuti». Anche per le piccole partite Iva che riterranno più conveniente optare per il regime ordinario, comunque, i benefici fiscali sono inferiori rispetto ai vantaggi riservati ai dipendenti (su tutti il bonus 80 euro). «È vero che per le imprese individuali in contabilità semplificata e per i professionisti le riduzioni delle imposte e le eccezioni previste nella tassazione ordinaria riducono l'aliquota effettiva di imposizione al di sotto del 15%», prosegue la Cna, «è importante sottolineare, tuttavia, che si tratta di riduzioni non parificabili a quelle previste per gli altri redditi da lavoro». Al punto che anche il presidente del consiglio, Matteo Renzi, in un'intervista del 23 dicembre ha riconosciuto che «le giovani partite Iva hanno avuto meno vantaggi di tutti» e si è assunto «la responsabilità di fare un provvedimento ad hoc nei prossimi mesi». Valerio Stroppa 24 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA LA REPUBBLICA – Affari e Finanza Voluntary disclosure, pioggia di milioni sugli studi legali e tributari LO SCAMBIO DI INFORMAZIONI TRA AMMINISTRAZIONI FISCALI DIVENTERÀ PRESTO AUTOMATICO E RICHIEDE AL CONTRIBUENTE CHE ABBIA INVESTIMENTI ALL’ESTERO NON DICHIARATI DI REGOLARIZZARLI. I RISVOLTI ECONOMICI E GIURIDICI Lun. 12 - Un'opportunità vantaggiosa sotto il profilo della depenalizzazione, ma anche una procedura che presenta diverse criticità, la cui convenienza dal punto di vista economico dev’essere valutata caso per caso. Questa l'opinione condivisa dai professionisti dei principali studi legali e tributari in merito alla voluntary disclosure, la nuova procedura di collaborazione volontaria che ha per oggetto l'emersione e il rientro di capitali detenuti all’estero in violazione della normativa sul monitoraggio fiscale. Quelle relative alla voluntary disclosure sono pratiche articolate, che richiedono una pluralità di competenze specifiche. Per supportare i propri clienti, i principali studi legali e tributari hanno quindi costituito appositi gruppi di lavoro. Tra i pionieri c'è Bonelli Erede Pappalardo. “Lo studio è stato il primo in Italia”, spiega il managing partner Stefano Simontacchi, che aggiunge che “già dal 2010 è stato creato un focus team dedicato ai cosiddetti private client” che comprende professionisti con tutte le specializzazioni interessate (tributario, privato, giudiziale, internazionale, opere d'arte e penale). Secondo Simontacchi, la voluntary disclosure rappresenta “un'opportunità obbligata” per il contribuente. “Il contesto internazionale in cui lo scambio di informazioni tra Amministrazioni fiscali diventerà automatico richiede al contribuente che abbia investimenti all’estero non dichiarati di procedere con la loro regolarizzazione, pena sanzioni molto rilevanti in caso di accertamento”, spiega il socio di Bep, che stima che ci sarà un buon flusso di lavoro. Dello stesso avviso anche Raul-Angelo Papotti, avvocato e dottore commercialista, socio dello studio legale Chiomenti. “Prevedo un flusso di lavoro consistente, anche sulla base del flusso che ci ha tenuto estremamente impegnati negli anni precedenti”, commenta Papotti, che poi aggiunge che anche lo studio Chiomenti, da anni, ha un team di professionisti che si occupa 25 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA di queste tematiche che richiedono una pluralità di competenze specifiche. “Diversamente da altri Paesi, la procedura adottata in Italia è estremamente complessa dal punto di vista burocratico”, dichiara Cesare Vento, partner di Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners, che poi spiega che lo studio ha dato vita a una task force di una dozzina di avvocati e commercialisti in 5 sedi, coordinata da tre partner, tra cui lui. “Per il momento vi è un grande fermento, diversi italiani stanno facendo visite agli uffici delle banche estere e successivamente prendono contatto con noi”, prosegue Vento. “È una procedura vantaggiosa sotto il profilo della depenalizzazione, che presenta però talune criticità, come l'eccessivo costo, che può variare dal 4 al 90%, a seconda dello stato di provenienza e dell’anzianità delle somme detenute illecitamente fuori dall'Italia, oppure il mancato anonimato nella fase di contraddittorio preventivo con l’Amministrazione finanziaria, che non consente al contribuente di valutare a conti fatti la convenienza della procedura”, commenta Francesco Giuliani, partner del dipartimento Litigation dello studio Fantozzi Associati, nel cui interno è stato creato un dipartimento ad hoc composto da 6 professionisti di diversa seniority coordinato da due soci a Roma e uno a Milano. “Le fee sono proporzionali alle somme oggetto della procedura, in caso di importi superiori ai 2 milioni; per le somme inferiori, in caso di calcolo della redditività e della tassazione con il metodo forfetario, abbiamo una tariffa fissa”, spiega Giuliani. “Applichiamo un compenso fisso e uno variabile in funzione della dimensione dell’operazione”, dichiara anche Tommaso Di Tanno, fondatore dello studio legale tributario Di Tanno e Associati, che al pari degli altri studi ha costituito un apposito team a Roma e a Milano. Quanto al successo di questa proceduta, è difficile avanzare delle stime. La ricchezza detenuta all'estero è prevista in 200 miliardi, quindi il gettito per l'erario dai rimpatri potrebbe aggirarsi dai 3-5 miliardi, fino ai 10. Solo per avere un'idea, l'ultimo scudo fiscale del 20092010 aveva fatto emergere circa 104 miliardi. “Le aspettative di lavoro sono elevate anche se credo gli importi delle singole operazioni non saranno così consistenti come ai tempi dello scudo, che rappresentò negli anni coinvolti un 20% del fatturato dello studio”, commenta Di Tanno. Secondo Giuliani, invece, “sarebbe un errore confrontare la voluntary con gli scudi, dato che in quei casi i calcoli erano forfetari e la convenienza era più evidente”. In generale, “occorre capire se le ricchezze nascoste sono statiche, cioè riconducibili a operazioni condotte in passato e ormai esaurite, o a operazioni tuttora in corso e fatte per distrarre utili da società italiane in piena attività. I fatti vanno, poi, collocati in epoche storiche e nel Paese dove le ricchezze sono 26 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA detenute, considerato che questo incide sul numero di anni da sanare”, spiega Di Tanno. Simontacchi ricorda poi che il panorama di clienti-contribuenti è alquanto variegato. “Principalmente si tratta di disponibilità mantenute da diversi anni nei consueti cosiddetti paradisi fiscali, con prevalenza della Svizzera”, commenta Vento, mentre Papotti aggiunge che “la tipologia più ricorrente potrebbe essere rappresentata da chi ha ereditato o accumulato patrimoni esteri costituiti in periodi di imposta non più accertabili”. Giuliani distingue infine tra i clienti che hanno il “salvadanaio” all’estero, frutto di eredità o risparmi riconducibili a oltre 10 anni, “per i quali la voluntary disclosure è più attraente”, e chi ha un patrimonio formato da redditi sottratti a tassazione in epoche più recenti, per i quali “l’operazione è più onerosa”. Stefania Pescarmona 27 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA IL SOLE 24 ORE Strumenti deflattivi. Si diffonde il tentativo di accordo affidato al consulente tecnico d’ufficio come alternativa per comporre le liti tra le parti La conciliazione fa tappa davanti al Ctu I giudici inseriscono nel quesito il compito di cercare un’intesa, anche superando i limiti di legge Lun. 12 – Il consulente tecnico è sempre più conciliatore. Si tratta di un ruolo che si è affermato nel tempo, superando in alcuni ambiti le limitazioni normative. E questo prima che nel nostro ordinamento, in un processo di degiurisdizionalizzazione dei sistemi di regolamentazione delle liti, trovassero spazio strumenti alternativi per risolvere le controversie: dall’arbitrato alla mediazione alla negoziazione assistita. A differenza di altri strumenti, la conciliazione affidata ai Ctu si svolge sempre a processo già iniziato o a seguito di un ricorso. E ad affidare ai consulenti l’incarico di tentare di comporre i conflitti sono i giudici: in alcuni casi applicando le disposizioni, in altri, non regolati dalla legge, indicando la conciliazione nel quesito. Il riconoscimento di legge Le norme hanno riconosciuto il potere conciliativo del Ctu piuttosto tardivamente e in ambito limitato. In particolare, l’articolo 696-bis del Codice di procedura civile (in vigore dal 1° marzo 2006), intitolato «Consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite», ha attribuito al Ctu, per la prima volta in modo così definito, il ruolo di conciliatore: una funzione che fino ad allora i consulenti svolgevano solo di fatto. La norma, introdotta con l’obiettivo di deflazionare il contenzioso, prevede che «il consulente, prima di provvedere al deposito della relazione, tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti». Si tratta di una conciliazione di natura più aggiudicativa che facilitativa, che pare cioè attribuire al consulente un ruolo dirimente nella ricerca dell’intesa. L’intervento del Ctu è richiesto per accertare e determinare i crediti «derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito». Lo strumento ha quindi un ampio spettro applicativo, che va, ad esempio, dai contratti di natura immobiliare al risarcimento del danno in materia di responsabilità professionale. 28 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA All’interno del processo di cognizione, invece, il ruolo di conciliatore del Ctu è previsto solo limitatamente agli incarichi in materia di esame di documenti contabili e registri. A disciplinare questa funzione è l’articolo 198 del Codice di procedura civile, che dispone che «quando è necessario esaminare documenti contabili e registri, il giudice istruttore può darne incarico a un consulente tecnico, affidandogli il compito di tentare la conciliazione delle parti». Ma i magistrati, essenzialmente per ragioni funzionali, affidano ormai regolarmente al consulente il compito di tentare di conciliare la lite, inserendo la richiesta nel quesito tecnico e dunque, in un certo senso, “ritualizzando” la funzione. Viene così sollecitato l’esperimento del tentativo di conciliazione, affinché le parti in giudizio possano considerare una strada diversa per arrivare a un’intesa e, quindi, chiudere la lite. In questa ipotesi non si possono comunque superare le limitazioni fissate dalle norme: l’eventuale intesa ha solo valore di contratto negoziato tra le parti. Invece, nei casi disciplinati dagli articoli 696-bis e 198 del Codice di procedura civile, l’accordo deve essere verbalizzato e sottoscritto dal Ctu e il giudice gli attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo. I compiti del consulente Il Ctu deve considerare la funzione conciliativa come parte sostanziale del proprio incarico dedicandovi tempo e attenzioni, in considerazione della complessità della funzione. Infatti, tentare la conciliazione tra le parti già impegnate in una causa è diverso dal farlo tra coloro che sono ancora liberi da questo vincolo. Particolarmente impegnativa è la fase della comunicazione, che risente fortemente delle dinamiche conflittuali tipiche delle procedure giudiziarie. Il Ctu deve tenere presente che questa fase ha come obiettivo primario (tutt’altro che scontato) quello di far passare le parti dall’“ordine imposto” a quello “negoziato”. Infatti, nei sistemi di ordine imposto, le parti si confrontano con atteggiamento competitivo e affidano la decisione a un terzo, che sostituisce la volontà delle parti e che basa le sue scelte sulle norme. Nei sistemi di ordine negoziato, invece, le parti lavorano insieme con atteggiamento cooperativo, cercando in piena autonomia, grazie al potere dispositivo che conservano, una soluzione basata sugli interessi reciproci piuttosto che sui diritti. Gli approcci sono totalmente diversi: si tratta di delineare per le parti regole comportamentali per il futuro, piuttosto che stabilire e decidere su condotte del passato. Paolo Frediani 29 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA IL SOLE 24 ORE Lo svolgimento. Dall’incontro preparatorio alle sessioni congiunte Una procedura «flessibile» per risolvere il conflitto Lun. 12 - L’esperimento del tentativo di conciliazione del consulente tecnico non ha una struttura rigida e rituale ma deve rispondere essenzialmente a requisiti di funzionalità ed efficacia. Le fasi dell’iter Proprio per il particolare livello di conflittualità che caratterizza le liti giudiziarie, il consulente deve attuare le fasi in modo graduale. Infatti le parti spesso non vedono il Ctu come conciliatore ma solo come esperto del giudice dal quale si aspettano una determinazione a loro favorevole. Non è quindi consigliabile tentare la conciliazione nelle prime fasi dell’incarico, perché tutti i soggetti coinvolti sarebbero colti impreparati. Per questo, dopo le operazioni di consulenza e dopo avere raggiunto la base di condivisione indispensabile con i difensori e i consulenti di parte, il Ctu dovrebbe organizzare un incontro preparatorio per comunicare le attività, le caratteristiche e le finalità della procedura ma anche per consentire una modulazione del dialogo. Inoltre, il Ctu dovrebbe cercare di fare emergere il potere dispositivo delle parti, per consentire loro di confrontarsi anche al di là dei temi oggetto del giudizio. Ottenuto il consenso alle successive attività, compreso quello per le eventuali sessioni individuali, potranno iniziare gli incontri conciliativi, sempre alla presenza di tutti i protagonisti. Il Ctu aprirà la “sessione congiunta iniziale” con il discorso introduttivo e poi le parti - stimolate, se occorre, dal consulente - prenderanno la parola, esponendo i loro pensieri, poi sintetizzati in chiusura dal Ctu. A questo punto potranno avere luogo le sessioni separate del consulente tecnico con ciascuna parte, assistita dai rispettivi professionisti. Queste sessioni, fondamentali in ogni attività conciliativa, consentiranno ai protagonisti un dialogo più libero e permetteranno al Ctu di indagare gli interessi in conflitto, le necessità che vincolano le scelte, le possibili soluzioni, facendo emergere le alternative possibili. 30 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA Al termine di queste fasi, il Ctu disporrà di un quadro chiaro in termini di interessi, necessità, alternative e potrà procedere alla “sessione congiunta finale”, riformulando il conflitto e, mediante l’applicazione di criteri obiettivi, potrà offrire alle parti la scelta del miglior accordo possibile in base ai loro veri interessi. L’approccio Per un tentativo di conciliazione corretto ed efficace è essenziale l’approccio metodologico del consulente, sotto il profilo sia comunicativo che di gestione della procedura e del conflitto. L’esperimento conciliativo, infatti, non può essere improvvisato; anzi, richiede una preparazione specifica da parte del consulente. Occorre ricordare, in primo luogo, che l’obiettivo non è arrivare a una transazione qualsiasi ma raggiungere un vero accordo conciliativo: la prima risolve la lite, mentre il secondo estingue il conflitto. Il Ctu non deve però cadere nella tentazione di sollecitare soluzioni di accordo o di esercitare pressioni sulle parti. Infatti, l’accordo sarà tanto più forte quanto le parti saranno realmente convinte della sua convenienza e utilità. Il Ctu dovrà inoltre guidare le parti da un sistema di ordine imposto a uno di ordine negoziato; le parti devono infatti comprendere che, durante il tentativo di conciliazione del Ctu, non hanno di fronte un giudice da convincere. Piuttosto, sono gli stessi contendenti a decidere in ragione dei reciproci interessi. Il principale compito del conciliatore è quindi quello di individuare non una soluzione “giusta” – come sarebbe compito del giudice o dell’arbitro – quanto una soluzione “conveniente” per le parti. E per far ciò è necessario passare dal piano dei diritti al piano degli interessi a questi sottostanti. P.Fr. 31 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA LA STAMPA Alle Camere tutele crescenti e assegni di disoccupazione Il governo accelera sul Jobs Act "I nuovi contratti a metà febbraio" Gennaio è un mese fondamentale. Abbiamo l'occasione di dimostrare di essere capaci di dare risposte dom. 11 - TORINO «Gennaio è un mese fondamentale. Alla fine del percorso gli italiani sapranno se avevamo ragione o no», n ministro del Lavoro Giuliano Poletti è convinto che la scommessa si possa vincere, ma tocca muoversi in fretta: se i dati sulla disoccupazione continuano a volare, infatti, la colpa è anche dell'incertezza sul Jobs Act. n balletto sulle date ha congelato i nuovi contratti: chi assumerebbe, infatti, sapendo che più avanti le condizioni saranno migliori La stretta sui tempi Il primo passo è portare il decreto sulle tutele crescenti alle Camere. Ci arriverà lunedì, annuncia il responsabile economico del Pd Filippo Taddei, in coppia con il rinnovato sussidio di disoccupazione che attendeva la bollinatura della Ragioneria generale dello Stato. «Si tratta di un primo passo importante - spiega -. L'obiettivo è partire a metà febbraio». I primi effetti sul tasso dei senza lavoro, dice, «si potrebbero iniziare a vedere dal secondo trimestre dell'anno». Cosa cambia Grazie alla Naspi, approvata «salvo intese» nel Cdm di Natale, la platea di chi può beneficiare dell'assegno di disoccupazione si allarga di 700 mila potenziali beneficiari: 300 mila occupati con « carriere discontinue» e 400 mila co-co-pro, visto che il sussidio verrà applicato anche ai collaboratori. Ma a cambiare, da maggio, sarà anche la durata: fino a 24 mesi. Le coperture Per la Naspi, in fase di legge di Stabilità, sono stati stanziati 2,2 miliardi di euro per il 2015, altrettanti per il 2016 e 2 miliardi di euro per il 2017. Soldi che Poletti giudica sufficienti. L'ultimo passaggio, prima del Cdm chiamato a dare luce verde, è dunque quello nelle commissioni parlamentari: che hanno trenta giorni di tempo per un parere non vincolante. «L'unica cosa che chiedevamo è che ci inviassero insieme il decreto sugli 32 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA ammortizzatori e quello sul contratto a tutele crescenti. Se arrivano la prossima settimana li incardineremo» ma «per i pareri non c'è fretta», dice il presidente della Commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano, secondo cui la riforma andrebbe corretta «su tre punti: i licenziamenti collettivi, la tipizzazione dei licenziamenti disciplinari e l'indennità». La stessa linea di Pierluigi Bersani: «Credo che già nelle prossime settimane qualche correzione possa essere fatta». Il rebus autonomi Resta aperto, invece, il nodo delle partite Iva. Secondo uno studio della Cna un milione di autonomi si troveranno ad affrontare un aumento che, in alcuni casi, sfiorerà i 900 euro l'anno. «Bisogna mettere una toppa, è stato un errore grave», dice la deputata di Ned Barbara Saltamartini. «Il decreto sul lavoro non avrà effetto - attacca il presidente di Confassociazioni, Angelo Deiana - finché non vi saranno interventi ad hoc nei confronti dei professionisti, tartassati dalla Legge di Stabilità». GIUSEPPE BOTTERO 33 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA IL SOLE 24 ORE Riforma Fornero. Conclusa al 31 dicembre la fase transitoria dei controlli sulla monocommittenza, scattano le verifiche con presunzioni automatiche Tre indici contro le finte partite Iva Gli ispettori possono fare riferimento a soglie di reddito e di durata per inquadrare la prestazione Pagina a cura di Stefano Rossi e Alessandro Rota Porta Lun. 12 - Sono pienamente applicabili, da quest’anno, le regole introdotte dalla legge «Fornero» per il contrasto alle false partite Iva. È infatti operativo il regime che regola la presunzione di subordinazione introdotto dalla legge 92/2012: il 31 dicembre 2014 è scaduto il primo termine biennale (20132014) per il controllo della «monocommittenza», ossia per valutare la genuinità o meno dei rapporti di lavoro autonomo, in relazione ai parametri individuati dalla legge. Peraltro, nessuna delle riforme del lavoro varate successivamente (Dl 76/2013, Dl 34/2014 e legge delega 183/2014 o «Jobs act») ha modificato l’impianto di queste disposizioni, che entrano ora nel vivo. L’efficacia delle presunzioni introdotte dalla legge 92/2012 è limitata alle persone titolari di partita Iva e quindi a coloro che svolgono attività di impresa individuale di servizi, ovvero ai lavoratori autonomi privi di un ordinamento o di un iscrizione a un elenco. Gli elementi sotto la lente A partire da quest’anno, dunque, gli accertatori hanno a disposizione tutti gli elementi normativi per vagliare la regolarità delle partite Iva in base ai “nuovi” parametri: è possibile cioè verificare se si realizzano o meno i presupposti fissati dalla legge 92/2012 sulla durata del rapporto e sull’entità dei compensi. Secondo quanto disposto dalla legge «Fornero», scatta la presunzione di subordinazione delle collaborazioni a partita Iva se si realizzino almeno due delle seguenti tre condizioni (introdotte nell’articolo 69-bis del Dlgs 276/2003): - la collaborazione con lo stesso committente ha una durata complessiva superiore a otto mesi annui per due anni consecutivi; - il corrispettivo derivante dalla collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili allo stesso centro d’imputazione di interessi, costituisce più dell’80% dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco di due anni solari consecutivi; - il collaboratore dispone di una postazione fissa di lavoro presso una delle 34 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA sedi del committente. Soffermandosi alle prime due ipotesi, bisognerà verificare - ai fini della genuinità della prestazione autonoma - che nel biennio 2013-2014, la durata del rapporto non abbia sforato gli otto mesi per ciascun anno e/o che il corrispettivo percepito non sia stato superiore all’80% dei compensi annui del lavoratore. Infatti – come ha chiarito la circolare del ministero del Lavoro 32/2012 – con riferimento alla durata, l’arco temporale degli otto mesi va rapportato a ciascun anno civile. Per quanto riguarda invece il parametro economico, la disposizione prende come base un arco temporale di due anni solari consecutivi, ossia due periodi di 365 giorni (vanno computati i corrispettivi comunque fatturati, indipendentemente dall’effettivo incasso delle somme). Peraltro, su questo punto, il ministero ha specificato che, se si fa valere il criterio dell’anno civile, adoperato in relazione alla durata superiore a otto mesi annui per due anni consecutivi, lo stesso attrae anche il criterio reddituale. In caso di mancato rispetto degli indici (2 su 3) gli ispettori, senza compiere ulteriori accertamenti, potranno ascrivere la collaborazione a partita Iva nell’alveo delle collaborazioni coordinate e continuative (salvo prova contraria da parte del committente). Si tratta di una presunzione «semplice», che comporta l’inversione dell’onere della prova a carico del committente. Se questi, però, non è in grado di dimostrare l’esistenza di una collaborazione a progetto così come definita dall’articolo 67 della legge Biagi (Dlgs 276/2003), si presume la natura subordinata del rapporto, a tempo indeterminato e fin dalla sua costituzione. Le eccezioni Se il perimetro che delimita la monocommittenza è stato tracciato con questi indici, la legge 92/2012 ha lasciato aperta qualche via d’uscita. Ci sono infatti due esimenti – che si devono realizzare congiuntamente – in virtù delle quali non scatta la presunzione di co.co.pro: - quando il lavoratore possiede competenze teoriche elevate o particolari capacità tecnico-pratiche (la circolare 32 fornisce alcuni esempi); - quando il lavoratore è titolare di un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi alla gestione Inps commercianti (19.395 euro per il 2014, per il 2015 il limite è da definire). Restano al riparo dalle modifiche della legge 92/2012 le prestazioni lavorative svolte nell’esercizio di attività professionali per le quali l’ordinamento richiede l’iscrizione a un Ordine professionale o a registri, sulle quali è intervenuto il Dm del 20 dicembre 2012. 35 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA IL SOLE 24 ORE Professionisti. L’appartenenza a un Ordine non esclude la possibilità di usare altri strumenti di contestazione in caso di ispezione Dall’iscrizione all’Albo uno «scudo» parziale Lun. 12 - Anche i professionisti sono coinvolti dal sistema dei controlli previsti dalla legge 92/2012 sull’impiego delle partite Iva. Bisogna distinguere due situazioni, a seconda che il lavoratore autonomo sia iscritto o meno a un Ordine professionale. Se è iscritto, la presunzione relativa di subordinazione non potrà trovare applicazione, dal momento che il decreto ministeriale del Lavoro, del 20 dicembre 2012, ha espressamente escluso queste figure dal regime di verifica. Viceversa, in sede di controllo, gli ispettori potranno far leva sui parametri disciplinati dalla riforma Fornero. È bene però ricordare che le disposizioni sulle false partite Iva si riferiscono esclusivamente al meccanismo della presunzione di subordinazione, ma – qualora questa non sia utilizzabile – rimangono intatte le altre presunzioni che gli accertatori potranno eventualmente far valere per ascrivere quel determinato rapporto di lavoro autonomo nel perimetro di quello subordinato. È il caso, ad esempio, dell’impiego di un lavoratore autonomo in possesso di titolo universitario che percepisca un compenso superiore al limite reddituale fissato dalla riforma ma esplichi la propria attività senza possibilità di gestire autonomamente la propria prestazione lavorativa: in questa ipotesi, sebbene sia derogato il regime di presunzione, potrà comunque essere contestata la qualificazione del rapporto. Allo stesso modo, il disconoscimento della natura autonoma simulata potrà realizzarsi anche in presenza dell’esclusione derogatoria derivante dall’iscrizione all’Ordine professionale: si pensi a un contratto di collaborazione autonoma con un ingegnere, a partita Iva appunto, che però, nella sua esplicazione fattuale, si svolga con tutte le caratteristiche tipiche del rapporto di lavoro subordinato. Nonostante, in questo caso, non scatti la presunzione di subordinazione, 36 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA l’accertamento potrà vertere su altre connotazioni, con la conseguenza sanzionatoria della conversione, salvo prova contraria da parte del committente. Non è solo l’ambito ispettivo che può dar luogo a criticità in capo a quest’ultimo, in caso di prestazioni autonome non genuine: infatti, lo stesso collaboratore potrebbe ricorrere al sindacato giudiziale per far accertare il rapporto di lavoro subordinato. Nel quadro tracciato, in sostanza, si possono individuare due livelli di verifica, con altrettanti regimi regolatori dell’onere della prova: il primo, in base al quale - venendo violate le condizioni citate - scatta la presunzione relativa di subordinazione (preceduta da quella di co.co.pro, qualora sia presente un progetto individuato secondo i dettami del Dlgs 276/2003); il secondo – di livello superiore – che trova fondamento nelle regole civilistiche (articolo 2094). Per concludere, si potrebbe ricorrere all’istituto della certificazione dei contratti di lavoro, in base al Dlgs 276/2003: di fronte al contratto “vistato” gli organi di vigilanza non potranno infatti adottare provvedimenti amministrativi che contrastino con la qualificazione del rapporto certificata e - in caso di giudizio – il giudice, per qualificare il contratto di lavoro, non potrà discostarsi dalle valutazioni delle parti espresse in sede di certificazione. 37 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA IL MESSAGGERO Asili e università, stretta sugli sconti Nuovo Isee, i beneficiari delle agevolazioni saranno il 20% in meno dom. 11 - ROMA La riforma dell'Isee era stata avviata a fine 2011 (nel famoso decreto salva-Italia) con l'obiettivo di rendere più selettivo l'accesso alle prestazioni sociali, ovvero stanare i "furbi" che accedono gratis ad un asilo o pagano una retta universitaria ridotta pur essendo tutt'altro che poveri. Tre anni dopo il nuovo indicatore di situazione economica equivalente è finalmente entrato in vigore ma nonostante la lunga fase preparatoria non mancano le difficoltà di applicazione, stando a quando segnalano i Caf. Proprio dai centri di assistenza fiscale, che sono il principale interfaccia tra il cittadino e l'Inps (gestore tecnico dell'Isee) arriva la prima stima sulla riduzione della platea: il numero di persone che usufruisce di prestazioni per cui è richiesto l'accertamento della situazione economica si ridurrebbe del 20 per cento rispetto al 2014. PARTENZA LENTA La preoccupazione dei Caf deriva sostanzialmente dal mancata sottoscrizione della convenzione con l'Inps, in assenza della quale (e delle relative risorse finanziarie) i centri di assistenza fiscale sostengono di non poter assicurare il servizio a chi si rivolge a loro per ottenerlo gratuitamente. Dunque chi ha bisogno subito della certificazione Isee potrebbe avere qualche problema. Ma secondo Valeriano Canepari, presidente della consulta dei Caf, c'è dell'altro: già in questi primi giorni dell'anno ci sarebbero stati casi di cittadini che, venuti a conoscenza dei nuovi e più stringenti requisiti, rinunciano alle prestazioni agevolate. Le principali novità riguardano l'inclusione nell'indicatore (a volte chiamato anche "riccometro") di redditi che in precedenza erano esenti e il maggior peso attribuito alla componente patrimoniale (a partire dall'abitazione che viene conteggiata al valore catastale più alto ottenuto con il moltiplicatore usato ai fini dell'Imu, 160 invece di 100). Inoltre c'è meno spazio per mascherare la propria effettiva situazione con autodichiarazioni poco veritiere: infatti i dati inclusi dal cittadinonella nuova dichiarazione sostitutiva unica (Dsu) vengono 38 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA automaticamente confrontati con quelli presenti nell'anagrafe tributaria gestita dall'Agenzia delle Entrate. IL COSTO DELLA PRATICA. I Caf calcolano che rispetto ai 6 milioni di persone che hanno richiesto l'Isee lo scorso anno, la riduzione della platea potrebbe essere di circa 1,2 milioni. E puntano ad ottenere dallo Stato un corrispettivo più elevato, 15 euro a pratica invece dei 10-11 del 2014. Quanto alle convenzioni, nella propria circolare dello scorso 18 dicembre l'Inps spiegava di stare predisponendo l'apposito schma, a cui poi seguiranno le intese con i singoli centri di assistenza. Si può quindi immaginare che i tempi, pur se rapidi, non saranno immediati. Il nuovo Isee, come già ricordato, ha avuto una gestazione complessa. Dopo la legge del 2011 sono serviti, circa due anni per la preparazione dello strumento aggiornato, che è stato poi definito ufficialmente con un decreto del presidente del Consiglio dei ministri del dicembre 2013 (c'era ancora il governo Letta). Nel novembre dello scorso anno è infine andato in Gazzetta ufficiale il provvedimento del ministero del Lavoro che con cui veniva approvato il modello di dichiarazione sostitutiva unica e di conseguenza si stabiliva l'operatività dal primo gennaio 2015. Luca Cifoni 39 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA ITALIA OGGI Da domani sono in vigore una direttiva e un regolamento Stalking, in Europa protezione trasferibile Sab. 10 - A partire da domani i cittadini dell'Ue che hanno subito abusi domestici o stalking potranno viaggiare in sicurezza al di fuori del proprio paese di origine semplicemente trasferendo l'ordine di protezione che li tutela dal loro aggressore. In passato le vittime dovevano invece passare attraverso procedure complesse per estendere gli effetti di una misura di protezione nazionale agli altri Stati membri dell'Unione europea ed erano costrette ad avviare una procedura diversa per la certificazione in ciascun paese. Gli ordini di protezione potranno ora essere riconosciuti facilmente in qualsiasi Stato membro dell'Ue, il che consentirà alle vittime di violenza di spostarsi senza dover ricorrere a procedure gravose. Lo ha ricordato ieri con una nota la Commissione europea spiegando che il nuovo meccanismo consta di due strumenti distinti: il regolamento relativo al riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile e la direttiva sull'ordine di protezione europeo, i quali mettono in campo meccanismi che rispecchiano le differenze che caratterizzano le misure di protezione nazionali degli Stati membri, che possono essere di natura civile, penale o amministrativa. Grazie alle nuove norme, quindi, gli ordini di restrizione, protezione e allontanamento emessi in uno Stato membro saranno riconosciuti in tutta l'Ue in modo rapido e semplice mediante una semplice certificazione. Entro il 16 novembre 2015, inoltre, diventerà vincolante per gli Stati membri una direttiva Ue, entrata in vigore nel 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, sostegno e protezione per le vittime ovunque si trovino nell'Unione (IP/12/1066). La necessità di assicurare assistenza e protezione alle vittime è ribadita da una relazione pubblicata ieri dall'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali (Fra), le cui conclusioni, spiega la Commissione, «sottolineano il bisogno di servizi di sostegno più mirati. Nonostante i passi avanti, in molti Stati membri tali servizi devono essere ulteriormente migliorati. Assicurare alle vittime l'accesso a servizi di sostegno mirati (compresi il sostegno e la consulenza per i traumi subiti), rimuovere gli ostacoli burocratici per l'accesso al patrocinio gratuito e fare in modo che le persone siano informate circa i loro diritti e i servizi disponibili sono alcune delle proposte concrete di miglioramento». 40 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA IL SOLE 24 ORE Diritto civile. In vigore il regolamento comunitario per favorire esecuzione e circolazione delle pronunce Nella Ue sentenze senza barriere Cancellati i vincoli procedurali che appesantivano l’applicazione Sab. 10 - Circolazione rapida delle sentenze. Esecuzione dei provvedimenti stranieri senza exequatur nello spazio Ue. Certezza giuridica nell’individuazione del giudice competente. Sono gli obiettivi fissati nel regolamento n. 1215/2012 sulla competenza giurisdizionale, l’esecuzione e il riconoscimento delle decisioni in materia civile e commerciale, applicabile da oggi. Il testo, che modifica il regolamento n. 44/2001, porterà – secondo la Commissione Ue - a un risparmio annuo fino a 48 milioni di euro. Un contributo decisivo in questa direzione, a tutto vantaggio delle imprese e dei consumatori, l’eliminazione dell’exequatur, presente, invece, nel precedente regolamento almeno per la fase di esecuzione delle pronunce. Con le nuove regole - che porteranno a un taglio degli oneri, tenendo conto che il costo stimato per l’exequatur può arrivare fino a 13mila euro - ogni decisione emessa dalle autorità giurisdizionali di uno Stato membro potrà circolare liberamente sia con riguardo al riconoscimento delle pronunce sia per gli effetti esecutivi. Una modifica di grande rilievo rispetto al precedente regime: in pratica, una decisione emessa dal giudice di uno Stato membro potrà essere eseguita in un altro Paese Ue come se si trattasse di una decisione resa dai giudici interni. Senza dimenticare che un creditore potrà anche chiedere provvedimenti cautelari previsti dalla legge dello Stato richiesto. Resta ferma la possibilità, per la parte interessata, di opporsi al riconoscimento e all’esecuzione sulla base dei motivi indicati all’articolo 45. Spetta a ogni Stato indicare le autorità giurisdizionali competenti a cui deve essere presentata l’istanza. L’Italia ha affidato il compito per le domande di diniego dell’esecuzione ai tribunali ordinari. Libera circolazione assicurata anche per gli atti pubblici che hanno efficacia senza necessità di una dichiarazione di esecutività. Nell’ottica di rafforzare la creazione di uno spazio comune, il regolamento Bruxelles Ibis ha introdotto alcune novità in materia di litispendenza con la possibilità per il giudice di uno Stato membro di tenere conto dell’esistenza di 41 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA procedimenti tra le stesse persone e gli stessi fatti dinanzi a giudici di Stati terzi. Con l’obiettivo di evitare la pendenza di procedimenti paralleli e la successiva adozione di due decisioni incompatibili. Sul fronte della giurisdizione, novità, ma di minore portata. Resta fermo il titolo generale di giurisdizione costituito dal domicilio del convenuto, a cui si affiancano fori alternativi in alcuni settori come, ad esempio, in materia contrattuale. Mantenuto l’impianto, ma rafforzato il sistema funzionale ad assicurare la tutela delle parti deboli nei contratti di assicurazione, di consumo e di lavoro, con norme in materia di competenza più favorevoli anche nei casi di contenzioso in cui sono coinvolti Paesi terzi. Tra le competenze speciali, è stata inserita una norma specifica per il recupero di beni culturali. Restano ferme le ipotesi di giurisdizione esclusiva nel caso, tra gli altri, di diritti reali immobiliari e di contratti di locazione di immobili, con l’affidamento all’autorità giurisdizionale dello Stato membro in cui l’immobile è situato. Ampio spazio agli accordi di scelta del foro che prescindono dal domicilio delle parti e che hanno priorità in caso di procedimenti paralleli. Il testo è integrato dal regolamento n. 542/2014 sulle norme da applicare con riferimento al Tribunale unificato dei brevetti. Marina Castellaneta 42 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA ITALIA OGGI Il sottosegretario Ferri parla alla Camera: esistono precise indicazioni dal Viminale Nozze gay all'estero cancellate Sab. 10 - Legittima la cancellazione delle nozze gay, celebrate all'estero. A chiarirlo il ministero della giustizia rispondendo, per bocca del sottosegretario Cosimo Maria Ferri, ieri mattina, a un'interpellanza urgente bipartisan firmata da 32 deputati (di Psi, Pd, Sc e Gruppo Misto). È stato, sottolinea nell'Aula di Montecitorio, «del tutto appropriato» l'annullamento d'ufficio disposto dai prefetti delle trascrizioni da parte dei sindaci di alcune città italiane di unioni civili omosessuali. Nello scorso ottobre, infatti, il titolare del Viminale Angelino Alfano aveva inoltrato alle autorità prefettizie un «invito formale al ritiro e alla cancellazione» delle registrazioni dei matrimoni fra persone dello stesso sesso, avvenuti in altre nazioni, mediante circolare, avvertendo i comuni che, «in caso di inerzia», si sarebbe proceduto all'abrogazione degli atti «illegittimamente adottati», di cui nel testo si evidenziava la «inidoneità a produrre qualsiasi effetto giuridico nell'ordinamento italiano», nel quale, com'è noto, tali nozze non sono previste (si veda ItaliaOggi dell'8/10/2014). Il sindaco «è tenuto, ai sensi dell'art. 9 del dpr 396/2000 a uniformarsi alle istruzioni che vengono impartite dal ministero dell'interno». E, «allo stato», prosegue il sottosegretario, non vi sono «i presupposti né per il ritiro della circolare, né per la cessazione dell'esercizio dei poteri di annullamento dei prefetti»; inoltre, l'avvio di iniziative normative sulle unioni omosessuali «non rientra nei programmi del governo». Un «attento monitoraggio finalizzato anche all'individuazione di eventuali correttivi» riguarda, invece, prosegue Ferri, gli esiti della riforma della geografia giudiziaria (decreto legislativo 155/2012) entrata in vigore nel settembre del 2013. Il provvedimento, che ha posto i sigilli a sedi di tribunali «minori», sezioni distaccate ed uffici dei giudici di pace (per un ammontare di circa 1.000 strutture, in tutta Italia), potrebbe dunque subire ulteriori ritocchi in considerazione «della specificità territoriale e del bacino d'utenza in alcune realtà». E tenendo conto, fra i fattori che potrebbe concorrere al ripristino delle funzioni giudiziarie in talune aree del paese, pure «dell'elevato tasso di criminalità organizzata». Simona D'Alessio 43 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA IL SOLE 24 ORE Abuso del diritto. Se i dirigenti lavorano fuori Italia Non è esterovestita l’attività strutturata Lun. 12 - Non c’è esterovestizione di una banca se viene provato che l’attività economica svolta all’estero era dotata di una struttura operativa, oltre che di mezzi e risorse materiali e personali propri. Nella sede di direzione principale venivano effettivamente svolti gli affari della banca, sia pure con mezzi telematici, ed esistevano gli uffici per lo svolgimento degli affari. All’estero si riuniva il consiglio di amministrazione, lavoravano l’amministratore delegato e gli altri dirigenti, vi era la tenuta della contabilità e nel Paese straniero la banca versava le relative imposte. A dirlo, sottolineando queste motivazioni, è la Ctp di Modena nella sentenza 744/1/2014 del 17 novembre 2014 (presidente e relatore Pederiali). Durante la verifica, avviata in capo ad un istituto bancario italiano capogruppo, era stata acquisita la documentazione contabile ed extra per individuare la sede effettiva dell’amministrazione della banca controllata in un altro Paese, posseduta dalla capogruppo al 100%, con attività di negoziazione di strumenti finanziari su piazza mondiale. Per i verificatori vi erano dei presupposti giuridici per attrarre la residenza del soggetto estero sul territorio italiano. La stessa amministrazione finanziaria, prima di avviare la verifica fiscale, le aveva attribuito il numero di partita Iva e il codice fiscale: così la banca, formalmente residente all’estero, era divenuta soggetto passivo ai sensi dell’articolo 73 del Tuir. La verifica iniziata prima sulla capogruppo era poi proseguita nei confronti della controllata, alla presenza di un membro del board o del Cfc (Credit and Finance Committe) ritenuto effettivo centro di gestione; alla fine il Pvc era stato notificato al direttore generale della società estera residente oltreconfine. A nulla è servita anche l’istanza di procedura amichevole instaurata successivamente ai sensi dell’articolo 24 del trattato delle doppie imposizioni, prevista dall’accordo bilaterale dei due Paesi. Nel corso dell’ispezione era emerso che nel periodo fra il 2005 e 2009 la funzione di direzione e controllo della società estera era riconducibile alla capogruppo, dove risultava operante il Cfc organo della società estera esercente in concreto la direzione e il controllo effettivo della società e composto da tre dirigenti 44 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA della banca (di cui due residenti in Italia). Per l’Agenzia sussistevano indizi precisi e concordanti di esterovestizione: il Cfc era collegato all’effettivo organo gestionale con lo scopo di esercitare l’attività quotidiana e la gestione della società e del consiglio di amministrazione; per alcune operazioni relative a pagamenti o a contratti era richiesta la firma di un membro del Cfc e non del consiglio di amministrazione; tutti i membri del Cfc appartenevano alla banca e due di questi erano residenti in Italia. Il giudice ha accolto il ricorso della banca estera e ha affermato che il lavoro veniva svolto parte in Italia e parte oltreconfine. Alla luce del certificato di residenza rilasciato dal fisco del Paese dove si riuniva il Cda, è stata data rilevanza significativa ai fini di prova dell’insussistenza di un attendibile collegamento con l’Italia, tenendo conto che all’estero erano state pagate tutte le tasse. A nulla importa che la direzione e il coordinamento avvenissero tramite il Cfc, organo ritenuto deputato alla gestione di alcuni affari della banca, ma non all’amministrazione vera e propria della capogruppo. Inoltre, i membri di tale comitato erano dirigenti della banca italiana, ma non consiglieri di quest’ultima. In tema di libertà di stabilimento, dunque, non si configura abuso del diritto se viene documentato che la costituzione di una società all’estero non crea artificio finalizzato a eludere la normativa dello Stato interessato. Giudo Chiametti 45 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA ITALIA OGGI SETTE La parcella dell'avvocato al centro di una decisione della Corte di cassazione Onorari, opposizione segnata Sentenza o ordinanza: conta la forma scelta dai giudici Lun. 12 - Per quanto riguarda gli onorari che sono dovuti all'avvocato, al fine di individuare il regime impugnatorio del provvedimento di opposizione al decreto ingiuntivo (sentenza oppure ordinanza), assume rilevanza la forma adottata dal giudice. Questo principio hanno sottolineato i giudici della Corte di cassazione con la sentenza n. 26163, dello scorso 12 dicembre, su un caso in cui un avvocato notificava a un suo cliente decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo con precetto, emesso dal giudice di pace per un importo a titolo di onorario e competenze relative all'attività professionale svolta. Il cliente con atto di citazione si opponeva sostenendo di aver già provveduto a saldare il conto. Il gdp dichiarava l'improcedibilità dell'opposizione. Il tribunale dichiarava inammissibile l'appello del cliente, per avere la sentenza impugnata natura sostanziale di ordinanza, come tale inappellabile. La Cassazione osserva che già le sezioni unite hanno, con una sentenza del 2011 (n. 390), affermato il principio di diritto secondo il quale: «In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, per onorari e altre spettanze professionali dovute dal cliente al proprio difensore, ai fini dell'individuazione del regime impugnatorio del provvedimento, sentenza oppure ordinanza legge n. 794 del 1942, ex art. 30, che ha deciso la controversia, assume rilevanza la forma adottata dal giudice, ove la stessa sia frutto di una consapevole scelta, che può essere anche implicita e desumibile dalle modalità con le quali si è in concreto svolto il relativo procedimento». E inoltre, anche nel caso in cui il patrono si fosse avvalso del procedimento di ingiunzione, l'opposizione deve svolgersi, obbligatoriamente, nelle forme dello speciale procedimento ex artt. 29 e 30 legge 794/42. Il provvedimento conclusivo, a prescindere dalla forma adottata, ha natura sostanziale di ordinanza soggetta esclusivamente al ricorso per cassazione ex art. 111 e non all'appello. Tale principio, però, non può trovare applicazione quando la controversia non abbia a oggetto solo la determinazione della misura del compenso, ma si estende ad altri oggetti di accertamento e decisione. Maria Domanico 46 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA ITALIA OGGI Nuova sentenza della Cassazione sull'autonomia degli enti di previdenza Casse autonome dal 2007 Riforma delle pensioni solo per il futuro Sab. 10 - Casse previdenziali «autonome» dal 1° gennaio 2007. È solo da tale data, infatti, che le riforme previdenziali possono avere efficacia in senso peggiorativo nel calcolo della pensione ai professionisti. Prima no, perché fino al 31 dicembre 2006 i professionisti godono di una tutela pensionistica massima, grazie all'obbligo per le casse di rispettare il principio del pro-rata. Successivamente invece gli enti hanno piena autonomia: devono «aver presente» il principio, ma non rispettarlo necessariamente. Lo stabilisce la Cassazione accogliendo il ricorso della Cassa dei ragionieri contro le pretese di un professionista a riposo dal 2008 che aveva contestato il calcolo della pensione, in senso peggiorativo, dopo la riforma del 2002. Tutto legittimo stabilisce la corte nella sentenza n. 139 di ieri: dal 1° gennaio 2007, il calcolo della pensione può disattendere il pro-rata anche sulla base di delibere della cassa approvate in data precedente. Il principio del pro-rata. La vicenda non è nuova, inserendosi nella scia di un contenzioso seriale tra i professionisti e la cassa ragionieri. E non è nuovo nemmeno l'oggetto del contendere, vale a dire la riforma delle pensioni con cui la cassa ha stretto i rubinetti passando dal sistema retributivo al contributivo di calcolo delle pensioni, nonché disciplinando il regime transitorio (due quote: A retributiva e B contributiva) per i professionisti a cavallo della riforma. Non è nuovo neppure il principio di riferimento: il prorata (art. 12, comma 3, legge n. 335/1995), una sorta di «salvaguardia» per i professionisti che si trovano a passare da un regime all'altro di calcolo della pensione. Tale principio garantisce che al professionista vengano confermate le aspettative (pensionistiche) nutrite nei periodi in cui ha versato i contributi, precedentemente a riforme peggiorative. Il «peso» del pro-rata. In questo contenzioso seriale la giurisprudenza è stata sempre favorevole ai pensionati, sulla base proprio del principio del pro-rata ritenuto vincolante per le casse. Con la Finanziaria del 2007 (art. 4, comma 47 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA 796, legge n. 296/2006) arriva la modifica: il principio del pro-rata ha smesso di essere vincolante per le casse (tenute solamente ad «averlo presente», cioè non più a rispettarlo in modo assoluto) e ha «salvato» le delibere di riforma già emesse dalle casse. Ma la giurisprudenza ha smontato il teorema legislativo, che evidentemente mirava a sostenere gli sforzi riformatrici delle casse: ha sempre sostenuto l'inefficacia delle delibere emesse in data antecedente alla Finanziaria 2007. L'ultimo tassello è arrivato con la legge n. 147/2013 (legge Stabilità 2014), che ha fornito un'interpretazione autentica della norma della legge n. 296/2006 e disposto che le delibere già emesse dalle casse sono legittime ed efficaci a patto di essere finalizzate a garantire l'equilibrio finanziario di lungo termine. La sentenza di ieri, sulla base di tale ricostruzione, dà piena legittimità alla riforma che la cassa dei ragionieri ha fatto nel 2002 e 2003 e, conseguentemente, ritiene corretta anche la liquidazione della pensione con decorrenza 1° dicembre 2008 (poiché successiva al 1° gennaio 2007). Notizia buona (per le casse) perché, tra due precedenti, la sentenza si accoda all'indirizzo favorevole all'autonomia delle casse previdenziali, ossia alla sentenza n. 24221/2014. Infatti, sempre la cassazione e sempre l'anno scorso ha pronunciato un'altra sentenza (la n. 17892/2014) in cui ha affermato il contrario. Ossia che: a) la non applicazione del principio del pro-rata è lecita solo ed esclusivamente se prevista da delibere adottate dalle casse dopo il 31 dicembre 2006 (cioè dopo la Finanziaria 2007); b) la disposizione della legge di Stabilità 2014 non ha valenza retroattiva tale da salvare le delibere emesse dalle casse precedente al 1° gennaio 2014. Daniele Cirioli 48 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA ITALIA OGGI SETTE La Cassazione non trascura però l'esistenza di orientamenti meno severi in materia Appalto senza concessione ko Lun. 12 - Il contratto di appalto per la costruzione di un immobile senza concessione edilizia è nullo, avendo un oggetto illecito, per violazione delle norme imperative in materia urbanistica e non può essere convalidato in virtù di una concessione posticipata con effetti retroattivi. Lo ha stabilito la seconda sezione civile della Corte di cassazione con la sentenza n. 21350, depositata il 9 ottobre 2014. Nel caso concreto il proprietario di un terreno alluvionato ha concluso un contratto di appalto per la realizzazione di un fabbricato da adibire a stalla. L'appaltatore ha realizzato il lavoro commissionato ma, all'atto della richiesta di pagamento, si è visto eccepire il rifiuto del committente. All'imprenditore non è rimasto che rivolgersi al giudice ordinario, il quale ha concesso un decreto ingiuntivo per la somma dei lavori pattuita dai due contraenti. Il committente si è prontamente opposto al decreto spiegando il perché non volesse onorare i suoi debiti: da un lato, ha osservato come il contratto di appalto fosse nullo a cagione della mancanza del permesso di costruire per realizzare la stalla; dall'altro ha sottolineato al giudice l'inadempimento dell'appaltatore, reo di avergli consegnato l'opera finita con grande ritardo. L'opposto si è difeso rimarcando che l'assenza del permesso fosse circostanza nota fin dall'inizio, e comunque irregolarità sanata con effetto retroattivo dalla concessione successivamente rilasciata dall'ente; quanto al ritardo nella consegna, invece, il costruttore ha insistito nel ribadire che questo non poteva essergli addebitato perché dovuto alle condizioni climatiche che avevano reso impossibile il rispetto delle tempistiche. Il tribunale, con sentenza confermata in sede di appello, ha rigettato l'opposizione del committente. Per entrambi i giudici di merito, infatti, doveva escludersi la nullità del contratto di appalto, essendo stato accertato che la concessione edilizia, già richiesta prima dell'inizio dei lavori, era stata rilasciata posticipatamente, con efficacia retroattiva e con idoneità, anche in ipotesi di concessione in sanatoria, a determinare l'estinzione del reato di abuso edilizio, in relazione all'accertamento di conformità e di non contrasto delle opere in questione con lo strumento urbanistico vigente. 49 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA Il committente, fermo nel non voler onorare il proprio debito, si è rivolto, in ultima istanza, alla Suprema corte di cassazione cui è stato chiesto l'annullamento della sentenza della Corte territoriale. Il proprietario ha insistito nel ribadire la nullità del contratto stipulato finanche in presenza della concessione retroattiva, stante l'impossibilità di procede alla convalida di un contratto nullo. Di talché, ha osservato la difesa del costruttore, una cosa sono gli effetti prodotti dalla concessione sul piano amministrativo e penale, altro è la validità del contratto a monte. Gli Ermellini, nel dare ragione al ricorrente, hanno tacciato di erroneità l'apprezzamento svolto dalla Corte d'appello: la concessione edilizia, infatti, non può sopperire anche all'invalidità originaria cui va affetto il contratto d'appalto per l'esecuzione di lavori. La decisione dei giudici di secondo grado, secondo la Corte, si pone in contrasto con il principio, già in passato affermato, secondo cui «il contratto di appalto per la costruzione di un immobile senza concessione edilizia è nullo, ai sensi degli artt. 1346 e 1418 c.c., avendo un oggetto illecito, per violazione delle norme imperative in materia urbanistica, con la conseguenza che tale nullità, una volta verificatasi, impedisce sin dall'origine al contratto di produrre gli effetti suoi propri e ne impedisce anche la convalida ai sensi dell'art. 1423 c.c.». La Corte non trascura l'esistenza di orientamenti meno severi in materia: alcune Corti, in particolare, hanno precisato che «l'illiceità del contratto di appalto è ravvisabile solo ove esso sia, di fatto, eseguito in carenza di concessione e non pure per il solo fatto che quest'ultima sia rilasciata dopo la data della stipulazione del contratto, di appalto, ma prima della realizzazione dell'opera». In questi caso, si osserva, non sarebbe conforme alla «mens legis» la sanzione di nullità di un contratto il cui adempimento sia stato, per espressa volontà delle parti, posposto al previo ottenimento della concessione o autorizzazione richiesta. Nella vicenda in esame, tuttavia, la concessione edilizia era pervenuta quando i lavori erano stati da tempo eseguiti. Non si verteva, quindi, nel caso di contratto sospensivamente condizionato, in forza di presupposizione, al previo ottenimento dell'atto amministrativo, mancante al momento della relativa stipulazione, bensì in quello di contratto interamente eseguito cui ha fatto seguito il provvedimento autorizzatorio. Per questo motivo la Corte ha rigettato il ricorso, per l'effetto affermando la nullità del contratto e ribadendo, ai fini civilistici, la totale irrilevanza dell'estinzione dell'illecito penale per abusivismo edilizio. Antonio Ciccia e Alessio Ubaldi 50 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA IL SOLE 24 ORE Cassazione. Errori nell’iter di licenziamento Risale in cattedra il prof condannato per sesso con minore Sab. 10 - Milano. Anche se condannato in maniera definitiva per atti sessuali con una minore il docente non può essere licenziato. A mancare è infatti l’indispensabile procedimento disciplinare. Con questa argomentazione la Cassazione ha confermato il giudizio della Corte d’appello che, in sintonia con il verdetto di primo grado, aveva annullato la risoluzione del rapporto di lavoro. Il professore era stato condannato, nel 2003, per il reato previsto dall’articolo 609 quater del Codice penali, atti sessuali con minorenne con la concessione però della sospensione condizionale e della non menzione della pena. Una volta passata in giudicato la sentenza però, l’amministrazione scolastica, con una nota dell’ottobre 2007 aveva disposto il licenziamento. Di fronte all’impugnazione della misura da parte del professore, le pronunce di merito gli erano entrambe favorevoli, stabilendo l’illegittimità della decisione del Miur. La risoluzione immediata del rapporto infatti, secondo i giudici di appello, non poteva avere a fondamento la condanna penale, visto che, quando erano stati commessi i fatti sanzionati, l’articolo 609 nonies del Codice penale (sulle pene accessorie e le altre conseguenze penali della commissione del reato) non prevedeva come conseguenza la misura accessoria dell’interdizione perpetua da ogni incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, introdotta invece solo nel 2006 con la legge n. 38. Inoltre, sottolineavano i giudici, la condanna per un reato anche grave, non poteva legittimare, da sola, la procedura di licenziamento, se non attraverso la preventiva apertura di un procedimento disciplinare che, nel caso esaminato, era invece stata assolutamente trascurata. In sovrappiù, si ricordava che la concessione della sospensione condizionale della pena si estende anche alle misure accessorie: così, neppure con la versione attuale dell’articolo 609 nonies del Codice penale, l’amministrazione scolastica sarebbe stata legittimata a intimare il licenziamento senza l’avvio del precedente procedimento disciplinare. Ora, a chiudere il cerchio, la Cassazione conferma l’impianto del verdetto della Corte d’appello, malgrado il ricorso presentato dal Ministero che aveva 51 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA messo in evidenza come il licenziamento fosse fondato anche su una valutazione della gravità dei fatti commessi nell’ambito dello svolgimento dell’attività di insegnamento. Per la sentenza n. 8 della Sezione lavoro, depositata il 5 gennaio, però, a contare sono i vizi procedurali che rendono inapplicabile l'interdizione perpetua a fatti commessi a un’altezza di tempo nella quale questa era esclusa e l’assenza del necessario procedimento disciplinare. Elementi questi ultimi sui quali, ricorda la Cassazione, da parte del Ministero non è arrivata nessuna censura specifica, rendendo quindi di fatto impossibile una nuova valutazione in sede di legittimità. Giovanni Negri 52 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA IL SOLE 24 ORE Cassazione. Verifica minima sulla consistenza per escludere responsabilità Fornitori «vigili» sulle lettere d’intento Dom. 11 - La ricezione della lettera d’intento non esonera il cedente dal verificarne l’effettiva consistenza. Il fornitore dell’esportatore abituale non è, infatti, responsabile del mancato addebito dell’imposta se dimostra di avere esperito una minima indagine sull’apparente veridicità della lettera d’intento, oltre al mancato coinvolgimento nell’attività fraudolenta del cessionario. È quanto emerge dalla sentenza 176/2015 della Cassazione. Tali oneri si aggiungono al controllo telematico a cui è tenuto il fornitore in seguito alle modifiche introdotte dal Dlgs 175/2014. I giudici di legittimità ricordano che – in base a un orientamento pressoché univoco – il regime di non imponibilità scatta con l’emissione della lettera d’intento da parte dell’esportatore, mentre il cedente, una volta riscontratane la conformità alle disposizioni di legge, non è tenuto a eseguire alcun altro controllo, rimanendo a carico di chi emette tale dichiarazione la responsabilità, anche penale, dell’eventuale falsità (Cassazione 21956/2010). Tuttavia, la giurisprudenza ha ulteriormente affermato che il cedente deve anche dimostrare, in caso di dichiarazioni ideologicamente false, l’assenza di un proprio coinvolgimento nell’attività fraudolenta e di essersi comportato come un diligente operatore economico. Pertanto, la responsabilità del fornitore dell’esportatore abituale che ha emesso una lettera d’intento falsa può essere esclusa se è in grado di dimostrare di aver compiuto una (seppur) limitata indagine per cercare di comprendere se tale dichiarazione sia almeno in apparenza veritiera o fraudolenta (si veda in proposito «Il Sole 24 Ore» del 19 novembre scorso). Di fatto, il fornitore deve provare di essersi comportato in modo diligente, per “assicurarsi” di non aver partecipato a una frode. Alle stesse conclusioni è pervenuta anche la Corte di gisutizia Ue, seppur con una diversa distribuzione dell’onere probatorio (cause C-80/11 e C-142/11). La sentenza 176/2015 accoglie il ricorso delle Entrate, e rinviano a un’altra sezione della Ctr Sicilia, in quanto nel procedimento di appello non erano 53 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA state adeguatamente considerate né la falsità ideologica della dichiarazione d’intento né la ragionevole consapevolezza di ciò in capo al cedente. A tale incombenza, ossia la seppur minima attività ispettiva da parte del fornitore dell’esportatore abituale sulla veridicità della lettera d’intento ricevuta, si aggiungono anche quelle previste dall’articolo 20 del Dlgs 175/2014. Ora il fornitore dell’esportatore abituale che riceve la lettera d’intento e la relativa ricevuta è tenuto all’effettuazione del suo riscontro telematico, ossia al riscontro della corrispondenza tra il documento ricevuto e quanto trasmesso prima dall’esportatore abituale alle Entrate. Il riscontro si va a sommare all’onere di riepilogare nella dichiarazione annuale Iva le operazioni effettuate in regime di non imponibilità nell’anno. Allo stesso tempo, però, il fornitore non è più esposto alla smisurata sanzione che veniva in precedenza comminata in caso di dimenticanza di invio della comunicazione delle lettere d’intento ricevute. Matteo Balzanelli Massimo Sirri 54 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA IL SOLE 24 ORE Condominio Rumore, dai tribunali tutela rafforzata Lun. 12 - Hanno diritto a far interrompere le immissioni di rumore e a ottenere il risarcimento del danno (sia patrimoniale che non patrimoniale) i condomini nei cui appartamenti si propagano rumori provenienti dall’impianto di riscaldamento condominiale che superano la «normale tollerabilità». Pertanto non è necessario verificare il rispetto o meno dei limiti riportati nel Dpcm del 5 dicembre 1997 dedicato alle immissioni sonore provenienti da impianti interni all’edificio. Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza 23283 del 31 ottobre 2014. La Cassazione ricorda che «l’articolo 844 del Codice civile è uno strumento di tutela che consente di ottenere la cessazione del comportamento lesivo», oltre al risarcimento del danno conseguente alla lesione del diritto di proprietà nonché «al risarcimento del danno non patrimoniale ove siano stati lesi i valori della persona, in particolare, della salute di chi ha il diritto di godere il bene compromesso dall’emissione». Per la Cassazione non conta la circostanza che l’impianto di riscaldamento fosse a norma e mantenuto a regola d’arte «da personale tecnico qualificato». Quindi, il Dpcm del 5 dicembre 1997 è irrilevante nei rapporti tra privati. Se la Corte accerta che le immissioni sono intollerabili in base all’articolo 844 del Codice civile scatta in automatico la responsabilità prevista dall’articolo 2043 del Codice civile e il connesso risarcimento del danno e non serve, pertanto, la prova di un comportamento doloso o colposo del condominio. Di conseguenza, per la Cassazione, la normativa di diritto pubblico (cioè il Dpcm) fissa solo le linee guida generali per la tutela dell’interesse collettivo. La situazione, in ogni caso, è più complessa di come appare. Infatti, l’articolo 6-ter del decreto legge 208/2008 stabilisce che «nell’accertare la normale tollerabilità delle immissioni e delle emissioni acustiche, ai sensi dell’articolo 844 del Codice civile, sono fatte salve in ogni caso le disposizioni di legge e i regolamenti che disciplinano sorgenti e la priorità di un determinato uso». La formulazione può apparire oscura, ma il suo obiettivo è chiaro: privilegiare la 55 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected] ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA normativa in materia acustica, che nel caso in esame sarebbe il Dpcm del 1997, rispetto ai criteri abitualmente impiegati in sede civilistica. La sentenza 23283 segue altre due pronunce della Cassazione del medesimo tenore, vale a dire la 2319/2011 e la 939/2011, confermando un orientamento che elimina le certezze create dal Dl 208/2008. Le due sentenze del 2011, in realtà, fanno riferimento a cause iniziate prima dell’entrata in vigore del Dl 208/2008; nelle loro motivazioni non citano il Dl e quindi non affrontano l’apparente incongruenza tra le decisioni e la nuova legge. La conseguenza di questo “garbuglio” normativo è stata l’incremento della litigiosità sul tema delle immissioni sonore, poiché il criterio della “tollerabilità” rende nella pratica intollerabile qualunque rumore appena avvertibile. Sul tema si attendono ora le nuove disposizioni del Governo, che con la Legge europea 2013-bis (legge 161/2014) ha ricevuto la delega per adeguarsi alle regole europee sull’inquinamento acustico, inclusa la semplificazione delle procedure autorizzative in materia di requisiti acustici passivi degli edifici. Ezio Rendina 56 Via G.G.Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431 www.oua.it – [email protected]
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