Ricerca - Websystem

Settimanale
E enti
Anno 7 N° 41
Lunedì
28 luglio 2014
Lombardia
Spedizione con tariffa
Posta Target Magazine
conv. naz./304/2008
del 01-06-2008
Realizzazione editoriale a cura di New Business Media Srl
CHIMICA,
FARMACEUTICA & BIOTECH
Ecco una carrellata di imprese che spiccano per innovazione.
RICERCA
Fondazioni e centri ricerca che continuano a investire
in conoscenza e puntano sulla condivisione delle
conoscenze. Dalla ricerca medica all’astrofisica spaziale.
E dal 6 al 12 ottobre, per la Settimana del Biotech, è in
programma una fitta agenda di appuntamenti in tutta Europa
© Sergey Nivens - Fotolia.com
Da pag. 2
© Minerva Studio - Fotolia.com
Da pag. 9
■ BANDO IDROGENO E CELLE A COMBUSTIBILE / Dalla Commissione Europea 93 milioni di budget nell’ambito di Horizon 2020
Un settore dalle ampie potenzialità di crescita
Il programma quadro europeo per la ricerca e l’inovazione. Obiettivo ridurre la dipendenza dagli idrocarburi
93
MILIONI DI EURO
il budget che la
Commissione
Europea destina al
bando “Idrogeno
e celle a
combustibile”
6
NOVEMBRE 2014
il termine ultimo
per l’invio delle
candidature per
partecipare
al bando
C
on un budget di 93 milioni di euro, la Commissione Europea ha pubblicato il primo bando relativo
all’iniziativa “Idrogeno e celle a combustibile” nell’ambito di Horizon 2020, il nuovo
Programma quadro europeo
per la ricerca e l’innovazione.
La scadenza per l’invio delle
candidature è fissata al 6 novembre 2014.
Il bando riguarda un settore
promettente, che potrebbe
contribuire a raggiungere
obiettivi considerati cruciali
a livello europeo: contrastare
le emissioni di anidride carbonica, ridurre la dipendenza energetica da idrocarburi
che compongono il petrolio e
il gas naturale - combustibili
fossili costosi e inquinanti - e
sostenere la crescita economica anche con la creazione
di nuovi posti di lavoro.
Dalle
tecnologie
legate
all’idrogeno e alle celle a
combustibile, l’Unione europea si aspetta in particolare
applicazioni innovative in
grado di innovare i sistemi di
trasporto, facilitare la generazione distribuita e far fronte alla natura “discontinua”
di energie rinnovabili come
quella eolica.
Per
er accelerare l’introduzione
sul mercato di queste tecnologie c’è la Fuel cells and
hydrogen joint undertaking
undertaking,
la partnership pubblicoprivata che, a livello europeo, unisce gli sforzi
di tre grandi stakeholder: la Commissione
Europea; il gruppo
N.Erghy, che raccoglie
centri di ricerca e università europee e che rappresenta la comunità scientifica di riferimento; il gruppo
New Energy World Industry
Grouping, composto da grandi industrie e da Pmi leader
in questi settori. La partnership porta avanti una serie di
iniziative mirate, a cominciare dalla promozione di bandi
come quello appena pubblicato. L
L’obiettivo è sostenere
le azioni di ricerca e innova-
zione e i progetti dimostrativi più innovativi e vicini al
mercato, orientati verso tre
grandi priorità: stoccaggio
dell’idrogeno, trasporto su
strada e infrastrutture e produzione efficiente di energia.
Diverse le novità dei bandi di
Horizon 2020. Innanzitutto,
l’iniziativa in tema di idro-
© LaCozza - Fotolia.com
Commissione Europea in
partnership con N.Erghy
e New Energy World
Industry Grouping
geno e celle a combustibile
è articolata in due pilastri:
energia e trasporti, affiancati da un’altra linea di azioni
trasversali. I nuovi bandi,
inoltre, non sono più suddivisi in ambiti tecnologici, ma
sono organizzati in “sfide” e
problemi, a cui i partecipanti sono chiamati a rispondere proponendo le soluzioni
che ritengono più adatte per
raggiungere gli obiettivi
specificati nel bando.
Grande attenzione
è riservata infine alla diffusione dei risultati.
In quest’ottica,
i nuovi bandi
richiedono
ai
partecipanti
di
elaborare un dettagliato piano di disseminazione e di valorizzazione dei
risultati.
2 Chimica, Farmaceutica & Biotech
Eventi
Lunedì 28 luglio 2014
■ ASSOBIOTEC / Dal 6 al 12 ottobre manifestazioni in tutta Europa
■ ASSICC / Dal 1946 rappresenta le imprese italiane dell’intero settore chimico
Una settimana all’insegna del biotech Per l’unione europea del farmaco
Anche in Italia si celebrano le molteplici applicazioni delle biotecnologie Tra gli associati anche le realtà di logistica, trasporti e consulenza
D
al 6 al 12 ottobre si svolgerà in tutta Europa la
seconda edizione della Settimana del biotech. Saranno
sette giorni dedicati al racconto delle esperienze sulle
biotecnologie nei loro diversi
settori di applicazione.
Assobiotec, l’Associazione nazionale per lo sviluppo delle
biotecnologie, che fa parte
di Federchimica, è il partner
italiano della manifestazione e promotore di numerose
iniziative per sviluppare il
ruolo delle biotecnologie nel
miglioramento della qualità
della vita. Sono in programma 15 dibattiti, 11 laboratori,
2 spettacoli teatrali, una mostra d’arte, 2 flash mob, 2 corsi
di formazione, 4 “play decide”
(giochi di ruolo a tema) e
un’intera giornata di Porte
Aperte a cui hanno aderito
su tutto il territorio nazionale
25 realtà tra imprese e centri
E enti
TERRITORIO
|
ISTITUZIONI
DIN NEWSLETTER
Settimanale
Anno 7 - Numero 41
Lunedì 28 luglio 2014
|
Tra feste e convegni
di ricerca operanti nel settore. L’obiettivo è coinvolgere il
più ampio numero di attori e
platee di diversa natura (sono 20 a oggi le città italiane
coinvolte), focalizzandosi di
volta in volta sulle diverse
Direttore responsabile:
Mattia Losi
IMPRESE
Registrazione
Tribunale di Milano
numero 208
del 21 marzo 2005
Realizzazione editoriale
a cura di:
New Business Media Srl
Via Eritrea, 21
20157 Milano
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ll Sole 24 Ore S.p.A.
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AREA MEDIA sas
Stampa Quotidiana
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40122 Bologna
Galilei, 280/A 40059
Tel.: 051 6492589
Località Fossatone
Fax: 051 5282079
Mail: [email protected] Medicina - (Bo);
applicazioni delle biotecnologie. In questo modo si potrà
contribuire ad aumentare la
consapevolezza del pubblico
e l’attenzione delle istituzioni
sull’impatto positivo che le
biotecnologie hanno, e avranno sempre più, su tutti gli
aspetti della vita dell’uomo:
dalla salute all’alimentazione
e all’ambiente, senza tralasciare l’importante contributo fornito dalle biotecnologie
all’economia in termini di
competitività, crescita e creazione di nuovi posti di lavoro
altamente qualificati.
Secondo i dati del Rapporto
“Biotecnologie in Italia 2014”,
realizzato da Assobiotec in
collaborazione con EY, oggi
in Italia il settore delle biotecnologie è composto da 422
imprese impegnate in Ricerca
e Sviluppo e vale oltre 7 miliardi di euro di fatturato. Con
le sue 264 imprese l’industria
biotecnologica italiana si colloca al terzo posto in Europa,
dopo Germania e Regno Unito, per numero di realtà “pure
biotech”.
Il programma dettagliato della Settimana europea del biotech (in continuo aggiornamento) è consultabile sul sito
Internet: www.assobiotec.it.
D
al 1946 Assicc rappresenta le imprese italiane
di commercio, produzione e
distribuzione di prodotti chimici, ma anche aziende della
logistica, trasporti, consulenza e altri servizi ausiliari al
settore chimico.
Con oltre 250 imprese associate - delle quali un centinaio
appartengono al settore della
chimico-farmaceutica e sono
specializzate nella commercializzazione di sostanze attive
farmaceutiche - che costituiscono circa il 75% del fatturato
totale del mercato nazionale,
Assicc si configura, oggi, come
un indiscusso punto di riferimento per la chimica in Italia.
A latere dei servizi di formazione - con particolar riferimento ai corsi inerenti
il progetto Reach focalizzati
sulla sostenibilità ambientale
della chimica - di assistenza
sulle normative del settore
e di supporto strategico alle
aziende, l’Associazione ricopre un importante ruolo di interlocutore presso istituzioni,
enti territoriali, nazionali e internazionali, ed è attualmente
concentrata ad affrontare gli
aspetti applicativi delle normative che più coinvolgono
gli operatori del settore del-
Il vice-presidente Sergio Fontana
la chimico-farmaceutica, e
al confronto con le autorità competenti sulle figure
dell’importatore, del distributore e del depositario nonché
del broker di sostanze attive.
Sergio Fontana, vice presidente e coordinatore del settore
chimico-farmaceutico Assicc,
afferma “Noi vogliamo che a
un mercato comune europeo
corrispondano delle regole
comuni europee. L’Italia ha
infatti, per esempio, recepito
la normativa europea 2011/62
ma ha attuato delle modifiche
con delle norme più restrittive che, ad oggi, creano degli
svantaggi competitivi per le
aziende associate”.
Lo sforzo associativo mira
pertanto a tutelare gli interessi
dell’intera categoria attraverso
un costante, proficuo dialogo
sull’argomento con tutti gli
stakeholder, come ad esempio
avviene con il ministero della
Salute e con l’Aifa.
“Non da meno - conclude Fontana - lavoriamo anche per
unificare la stessa interpretazione della norma italiana, che
ad oggi viene talvolta applicata
diversamente da regione a regione”.
L’auspicio è dunque quello di
arrivare a un ministero della Salute europeo con regole
uguali in tutta Europa che facilitino un’equa competizione.
■ NMS / Nerviano Medical Sciences: nodo chiave della Rete Oncologica Lombarda e fiore all’occhiello della ricerca in Italia. Spicca in Europa per le sue attività diversificate
Grazie alle nanotecnologie nuove risposte contro il cancro
Un’accelerazione dai prestigiosi accordi internazionali e dal filo diretto con le case farmaceutiche e l’Istituto Nazionale dei Tumori
L
a ricerca e lo sviluppo finalizzati alla scoperta di nuovi
prodotti per la cura del cancro,
la ricerca di sinergie e alleanze
con società del comparto biofarmaceutico impegnate nel
settore oncologico e con la comunità scientifica, la crescita
dell’area dei servizi di ricerca
per lo sviluppo preclinico e farmaceutico, la scoperta e l’implemento di terapie anticancro
innovative, non solo grazie allo
sfruttamento delle piattaforme
tecnologiche e delle competenze interne, ma anche mediante
la creazione di alleanze con
l’industria farmaceutica e la
comunità scientifica, inclusa
la Rete Oncologica Lombarda.
Una mission ben definita. Un
impegno che Nerviano Medical Sciences (Nms) si è assunta
diversi anni fa, lavorando con
dedizione per il miglioramento
della vita dell’uomo. Nerviano Medical Sciences è la più
grande azienda italiana e una
tra le più significative in Europa nel settore della ricerca e
sviluppo farmaceutico specializzato nel settore oncologico.
Si tratta di un centro di ricerca
indipendente dotato di attività
diversificate: si va dall’attività
di produzione farmaci per con-
to terzi a quella di preparazione dei principi attivi (sia per il
gruppo che per il mercato) passando attraverso il monitoraggio della ricerca clinica e preclinica. Non ci sono altri esempi
di questo tipo in Italia: Nerviano Medical Sciences è un
unicum anche perché svolge la
propria ricerca sostenuta da un
azionista pubblico mantenendo comunque tutte le caratteristiche di una struttura privata.
Un processo che si è sviluppato
in maniera efficace dal 2009
quando il neo presidente Alberto Sciumè dettò le linee guida di un progetto che sta dando
i frutti desiderati: apertura al
mercato, legame con la ricerca
accademica e con il sistema sanitario lombardo, accesso a target terapeutici specifici. Step by
step, per ampliare e migliorare
il panorama di cervelli presenti
nella struttura: proprio come
nel 2011 quando è stato siglato un importante accordo di
collaborazione internazionale
con il professor Mauro Ferrari
e con il professor Marco Pierotti. Mauro Ferrari è considerato
il padre della nanomedicina,
per attività di ricerca congiunta con l’Istituto Nazionale dei
Tumori. Marco Pierotti è stato
La sede del Nerviano
Medical Sciences
Una camera sterile
presidente dell’Organization of
European Cancer Institutes nel
triennio 2008-2011 e della Società Italiana di Cancerologia,
autore di oltre 400 pubblicazioni su oncologia sperimentale,
immunologia, biochimica e
biologia molecolare. In que-
sto modo Nerviano Medical
Sciences si è aperta alle nanotecnologie per lo sviluppo di
nuovi trattamenti in ambito
oncologico. E ancora l’ingresso del professor Carlo Maria
Croce nel board di Nerviano
Medical Sciences: il ricercatore
di fama internazionale è stato
nominato Vice Presidente di
Nms con delega alla direzione scientifica del Centro nel
2011. In questi anni ha sviluppato in Italia attività di ricerca
d’avanguardia in particolare
in ambito oncologico. E poi
accordi importanti con realtà
nazionali e internazionali, una
tra tutti Novartis, con la quale
è stato stipulato un contratto
che gestisce i diritti di licenza
esclusiva per sviluppare una
serie di composti oncologici
di proprietà del Centro. Ha la
responsabilità esclusiva di condurre ulteriori ricerche sulle
molecole oggetto dell’accordo,
oltre che di svilupparle e commercializzarle. Oppure l’accordo di licenza con una biotech
americana per due inibitori di
importanti tirosino-chinasi,
siglato nel novembre 2013:
113 milioni di dollari il valore
complessivo del deal che valorizza le strutture di ricerca del
Centro, direttamente coinvolte
nelle fasi di scoperta, brevettazione e sviluppo industriale
delle due molecole. Un nuovo,
prestigioso accordo internazionale che segna il nuovo corso
di Nerviano Medical Sciences,
sempre più protagonista sulla
scena della ricerca biomedica
internazionale. Nello stesso anno anche il gruppo di Ricerca
Servier, società europea leader
del settore farmaceutico e della ricerca, ha annunciato una
partnership di collaborazione e
di licenza globale per lo sviluppo e la commercializzazione di
una molecola first-in-class scoperta a Nerviano. Tale molecola inibisce la chinasi Ttk/Mps1,
un bersaglio che regola la mitosi ed è sovraespresso in molti
tumori ed è considerato un target nuovo e molto promettente
in oncologia. Insomma Nerviano Medical Sciences rappresenta un vero e proprio centro
di ricerca industriale, con tutto
ciò che questo termine significa, cioè la necessità che i ricercatori ottengano risultati.
Altrimenti i conti non tornano.
Il futuro si strutturerà su alcune imprescindibili direttrici:
l’implementazione della ricerca
con attività di relazione sviluppata verso operatori finanziari
e società farmaceutiche oltre a
una strategia legata ad attività
straordinarie per rendere più
leggera la situazione debitoria
creatasi prima del 2009. Il futuro in questo settore, quindi,
passa anche dall’Italia.
Eventi
Lunedì 28 luglio 2014
Chimica, Farmaceutica & Biotech
3
■ LUPI / Lundbeck Pharmaceuticals Italy conta oltre 100 dipendenti a Milano e altri 110 presso lo stabilimento di chimica fine di Padova. Un altro si trova in Danimarca
La casa farmaceutica punta sul know-how italiano
Si concentra negli ambiti neurologico e psichiatrico. Importanti investimenti in Italia per lo sviluppo integrale di nuovi famaci
P
untare all’eccellenza per
migliorare la qualità della vita di centinaia di milioni di persone che, in tutto il
mondo, soffrono di disturbi
psichiatrici e neurologici. È
un’identità forte quella della
Lundbeck. E a dir poco unica
nel panorama delle case farmaceutiche internazionali. Il
Gruppo festeggerà nel 2015
un secolo di storia nella ricerca sul sistema nervoso centrale. Testimonianza eloquente
di un’azienda che, anche in
tempi di crisi, continua a credere nel Bel Paese. Soprattutto, di un’azienda che lo fa da
vent’anni: quest’anno ricorre
l’anniversario della sua presenza nello Stivale.
In Italia dal 1994 dove conta
oltre 100 dipendenti a Milano, Lundbeck sceglie nel 2000
di investire anche in produzione, dato il ruolo strategico che il nostro Paese riveste
nel Gruppo, con uno dei due
stabilimenti di chimica fine a
Padova (l’altro è in Danimarca) e oltre 110 persone che vi
lavorano: il Lupi, acronimo di
Lundbeck Pharmaceuticals
Italy. Lundbeck è un caso di
successo quasi unico, se pensiamo a quanto accade ed è
accaduto nell’ultimo decennio nel panorama farmaceutico italiano, con la dismissione
degli investimenti in produzione e in ricerca e sviluppo
di gruppi internazionali quali
Roche, Glaxo e Novartis.
Insomma, quest’azienda farmaceutica va assolutamente
controcorrente e sceglie di
investire: nei macchinari per
la produzione, nella ricerca
chimico-farmaceutica e nel
potenziamento della conoscenza del team di Lupi. Tanto da rendere il know-how
della squadra padovana di
portata internazionale, a testimoniare come ogni nuova
molecola sia un’opportunità
per diventare riferimento a
livello internazionale e per
affrontare nuove sfide.
Decisiva la presenza in Italia
di competenze individuali
e di team d’altissimo livello.
“La bravura, la competenza e
la creatività dei professionisti
italiani è ben nota in tutta Europa - afferma Ralph Fassey,
amministratore delegato di
Lundbeck -. Non a caso si è
puntato sul team di Padova,
poiché ritenuto fin dall’inizio con esperienza e capacità
superiori a quelli della stessa
L’amministratore delegato Ralph Fassey
casa madre per la sintesi dei
principi attivi dei prodotti per
il sistema nervoso centrale”. Si
parla non solo di produzione,
bensì anche di identificazione
e ingegnerizzazione dei nodi
del processo produttivo e della sua industrializzazione.
A Padova sono prodotti i
principi attivi di molti dei farmaci Lundbeck per il mercato
europeo e addirittura mondiale. Ovvero, l’escitalopram,
la memantina e di recente la
vortioxetina e il nalmefene,
gli ultimi nati dalla ricerca
Lundbeck, che rappresentano
il futuro di questa’azienda da
sempre totalmente focalizzata
sui disturbi del sistema nervoso centrale.
Dunque, valore su valore, misurabile con i successi consolidati che vedono Lundbeck
continuare a scommettere
sull’Italia in maniera specialistica. “La cultura aziendale
- sottolinea Fassey - è incentrata sulla ricerca costante
dell’eccellenza, con una specializzazione in un settore
molto impegnativo, che ci
permette di condividere con
i medici italiani i frutti delle
nostre ricerche e di mettere a
disposizione nuove molecole
in ambito neurologico e psichiatrico”. Senza tralasciare
una riflessione importante:
“L’industria farmaceutica continua Fassey - potrebbe essere un motore eccellente della ripresa economica in Italia.
Basterebbe una semplice presa di coscienza da parte della
classe politica. E regole certe,
stabilità e trasparenza”. Che
significa per Lundbeck poter
continuare ad assicurare ai
pazienti e ai loro famigliari
risposte a bisogni terapeutici ancora insoddisfatti. Oltre
che cogliere di certo un’ulteriore occasione di giocare
Subito politiche di rilancio. È l’ultima possibilità
L’integrazione col Piano del Lavoro della Cgil per delineare strumenti, competenze e orientamenti per lo sviluppo
iamo a un punto di
non ritorno: se non
si ferma la deindustrializzazione in atto, se non si
interviene con politiche
economiche e sociali, con
risorse private e pubbliche
di sostegno al mercato interno e al tessuto produttivo, il
Paese rischia il tracollo, incapace di agganciare i timidi
segnali di ripresa”. È questo
l’allarme lanciato dalla Filctem, Federazione nata, in
seno alla Cgil, dall’unione
di tre grandi storie, quelle degli operatori chimici,
tessili e dell’energia, che da
tempo promuove una vera e
propria politica industriale
integrata nei confronti del
Governo e delle imprese su
innovazione di processo e di
prodotto.
Il segretario generale di
Filctem Lombardia Rosalba
Cicero afferma: “Tutto questo è ancora più preoccu-
pante se consideriamo che
la stessa ripresa produttiva,
qualora si affermasse, non
farebbe recuperare i livelli
occupazionali persi. Infatti, la prospettiva che si sta
delineando, a seguito della
forte contrazione dei consumi, vede la redistribuzione
di pezzi importanti di filiere
produttive e riorganizzazioni aziendali. Ne derivano
cambiamenti negli asset che
porteranno magari a un re-
Rosalba Cicero,
segretario
generale
Filctem - Cgil
Lombardia
cupero della produzione ma
non è detto che ciò porti benefici per l’occupazione”.
In questo scenario la Lombardia, pur caratterizzata da
un apparato produttivo più
strutturato rispetto al resto
d’Italia e dalla presenza di
settori importanti fra cui
quello chimico farmaceutico, ha gradatamente perso
pezzi importanti di industria manifatturiera e intere
aree industriali.
Per questo da una parte si
tratta di difendere ciò che
esiste, mentre dall’altra si
tratta di ri-progettare una
nuova struttura produttiva,
innovata e di qualità, senza
la quale non sarà possibile
creare le condizioni per la
crescita e lo sviluppo. Da
qui l’impegno della struttura regionale confederale per la costruzione di
un Piano del Lavoro della
Cgil, finalizzato a delineare strumenti, competenze e
orientamento sul tipo di sviluppo necessario al Paese.
“Entrando nello specifico
della situazione del settore
chimico in Lombardia e delle sue prospettive - afferma
Cicero - è emerso che, pur
ancora un ruolo strategico, di
primo piano, nell’ambito della
produzione e della ricerca clinica in Italia.
Lo stabilimento produttivo di Padova, LuPi
■ FILCTEM LOMBARDIA / La rappresentanza regionale di chimici, tessili, energia e manifatture. Parla il segretario generale Cicero
“S
L’industria farmaceutica:
un motore eccellente
della ripresa economica
in Italia
con 5.000 posti di lavoro
persi dall’inizio della crisi,
la nostra regione mantiene
un ruolo di leader non solo
in Italia ma anche nel contesto europeo. Nonostante
le potenzialità esistenti, non
possiamo tuttavia ignorare
che in questi anni abbiamo
subito un impoverimento in
questo settore, che ha accentuato la fragilità di tutto il
sistema produttivo non solo
in Lombardia, ma anche a
livello nazionale”.
Per quanto riguarda la crisi che attraversa la chimica
di base, le cause che hanno
determinato questa situazione sono molteplici, a
partire dalla presenza sempre più preponderante nei
mercati internazionali dei
Paesi emergenti e dei Paesi
produttori di petrolio, che
possono vantare un alto
grado di competitività dato dall’approvvigionamento
delle materie prime.
In questo senso Filctem
guarda con preoccupazione
all’assenza di una politica
industriale del sistema Paese
e alle scelte di convenienza che le imprese, a partire
dall’Eni, hanno compiuto,
privilegiando attività più
redditizie a scapito delle attività chimiche.
Buona parte del futuro della
chimica si gioca però anche sulla capacità di innovazione sul versante della
chimica fine e della chimica
specialistica, due ambiti che
caratterizzano la chimica
presente nel nostro Paese e
in cui si ritrovano realtà di
eccellenza ma anche i noti
limiti di capacità competitiva. Nonostante ciò, il settore chimico-farmaceutico
si è difeso meglio di altri in
questa lunga crisi e presenta
grandi opportunità di sviluppo.
“Per la crescita di un comparto strategico come è
quello chimico - conclude
Cicero - sarebbe necessario
che il Paese, a partire dalla
Regione Lombardia, si doti di un progetto di politica
industriale che sostenga la
crescita tecnologica e dimensionale delle imprese;
svolga un ruolo attivo affinché le aziende facciano sistema, favorisca la nascita di
comuni piattaforme tecnologiche, e incentivi la ricerca. Non possiamo illuderci
che un apparato produttivo
composto prevalentemente
da aziende di dimensioni
medio-piccole, anche se di
successo, possa affrontare
da solo, senza alcun sostegno, le sfide innovative e
tecnologiche necessarie per
disegnare il futuro della chimica nella nostra regione e
quindi nel Paese”.
4 Chimica, Farmaceutica & Biotech
Eventi
Lunedì 28 luglio 2014
■ BISI LOGISTICA / Nata nel 1966, oggi è all’avanguardia in Europa e partner di aziende chimiche e farmaceutiche
Tutte le soluzioni per gestire le “merci pericolose”
I plus dell’azienda: strutture e tecnologie all’avanguardia integrate nei gestionali delle aziende clienti, personale altamente specializzato
S
i contano sulle dita di una
mano le aziende logistiche
del Nord Italia che hanno le
autorizzazioni indispensabili
per lo stoccaggio delle cosiddette “merci pericolose”. Bisi
Logistica, nata addirittura
nel 1966, si è specializzata in
questo segmento dal 2006 e,
grazie a una crescita costante,
oggi è all’avanguardia in tutta
Europa.
L’azienda, che ha sede a Milano e si sta ampliando con la
costruzione di un nuovo magazzino a fianco della struttura
esistente, è in grado di stoccare
qualsiasi tipologia di prodotti
pericolosi, da quelli per l’ambiente agli infiammabili, tossici, comburenti e aerosol. In
pratica, tutti tranne gli esplosivi e i radioattivi.
“Abbiamo scelto un mercato
di nicchia qual è quello dello
stoccaggio dei prodotti pericolosi - dice Berardo Bisi,
amministratore delegato di
Bisi Logistica -, perché tutte
le grosse imprese lo hanno
escluso per la complessità e i
costi derivanti. Quindi siamo
tra le poche ditte logistiche ad
avere un’autorizzazione di questo tipo in Italia: per ottenerla
occorrono cinque o sei anni,
le risorse necessarie, le competenze tecniche e un sistema
gestionale continuamente efficiente. Inoltre - prosegue Bisi
- l’iter prevede controlli quasi
ogni mese da parte di vari enti
come Vigili del fuoco, Arpa,
Inail, Protezione civile. La normativa è abbastanza restrittiva:
si tratta della ‘direttiva Seveso’,
seguita al disastro di Seveso
del 1976. L’Europa decise di
adottarla per coinvolgere tutte
le aziende chimiche nella regolamentazione dello stoccaggio
e manipolazione di prodotti
chimici”.
L’alta specializzazione consente a Bisi Logistica di sviluppare
un mercato e rapportarsi anche
a grandi gruppi internazionali.
L’azienda ha conseguito le certificazioni Iso 9001 per la qualità, Iso 14001 per l’ambiente,
Oh Sas 18001 per la sicurezza
ed è prossima alla Sqas (Safety
& Quality assessment system),
autorizzazione specifica delle
Operazioni
di picking
con l’ausilio
di diverse
tecnologie
di prelievo
Uno scorcio delle operazioni di carico
Caratteristiche generali
I Corsi di Laurea in Biotecnologie e in Biotecnologie
Industriali sono fortemente caratterizzati da un’ampia
multidisciplinarietà. L’obiettivo specifico è quello
di fornire solide basi teoriche e sperimentali nelle
diverse tecniche utilizzabili in ambito professionale
biotecnologico. assicurando allo studente l’acquisizione
di una elevata padronanza di metodi e contenuti
scientifici negli ambiti propri delle Biotecnologie
Industriali. Particolare attenzione è rivolta all’applicazione
pratica delle nozioni acquisite, tramite un elevato
numero di CFU (21) da dedicare ad attività sperimentali
multidisciplinari di laboratorio nella Laurea di I livello,
mentre gli studenti del corso Magistrale dedicheranno
l’intero ultimo anno al proprio progetto di ricerca
sperimentale.
È possibile completare il percorso formativo col
conseguimento del Dottorato in Scienza della Vita.
Test di ammissione (I livello): 9 Settembre 2014 (225
posti disponibili, di cui 5 riservati a studenti extra UE)
Laurea Magistrale: colloquio valutativo delle
conoscenze, da tenersi in data da stabilirsi, entro il 15
Settembre 2014.
linee guida per il trasporto.
Bisi Logistica si distingue per
tutte queste autorizzazioni, ma
anche per aver investito tantissimo in tecnologie, strutture e
personale. Esempi concreti sono il magazzino in costruzione,
che verrà dedicato ai prodotti a
temperatura controllata, con
quattromila posti pallet in più,
e i sistemi gestionali per gestire
in sicurezza le varie aziende,
a partire da tecniche classiche
come la Fifo (First in first out).
“Per le aziende di chimica,
farmaceutica e quant’altro spiega Bisi - possiamo gestire
i lotti di produzione, le date di
scadenza e i numeri di matricola, grazie a un sistema in radiofrequenza che mappa interamente il magazzino e traccia
tutto il materiale dall’ingresso
fino all’uscita, prima con un
controllo di qualità e quantità,
poi verificando lo stato delle
merci, il rispetto dei lotti e del
numero dei colli”.
È un’etichetta barcode a tracciare ogni movimento di ciascun
prodotto. Il tutto viene gestito
dal sistema informatico di Bisi
Logistica, che si interfaccia con
i diversi sistemi gestionali delle
aziende con cui lavora, dando
loro la possibilità di conoscere
in tempo reale le quantità disponibili.
“Nel trasporto - aggiunge Berardo Bisi - abbiamo un sistema di track and trace, utile per
avere la traccia della spedizione dalla partenza all’arrivo a
destinazione, e il Pod (Proof of
delivery), che è la copia della
bolla scannerizzata e digitalizzata con la firma del cliente
finale. Ogni cliente può scaricarla dal nostro portale attraverso una password e una username private e regolarsi così
sui tempi di consegna”.
Di recente la Bisi Logistica si è
dotata di una piccola flotta di
mezzi isotermici, che permettono di effettuare consegne,
ove necessario, con una temperatura controllata in tutte le
stagioni. Adatti in particolare
ai settori della chimica e farmaceutica, questi mezzi constano di una tecnologia che
documenta le temperature durante il percorso.
Ma il fiore all’occhiello rimane
la formazione del personale.
“L’azienda è formata in prima
battuta da persone - precisa
Bisi - e noi cerchiamo di motivarle e coinvolgerle con piani
di miglioramento aziendali per
la sicurezza e per la qualità”.
Università di Milano-Bicocca…
...Formiamo Biotecnologi dal 1995
Sbocchi professionali
Le conoscenze acquisite nel corso della Laurea di I livello
consentono un inserimento nel mondo del lavoro in enti
di ricerca pubblici e privati, industria biotecnologica,
farmaceutica, energetica, cosmetica, nutrizionale e della
chimica fine.
I laureati Magistrali in Biotecnologie Industriali potranno
essere inseriti sia in piccole, medie e grandi imprese
sia in Enti Pubblici (Università, CNR, ASL, ecc.) con
funzioni di elevata responsabilità nel campo della
ricerca, produzione, analisi e consulenza relativamente
allo sviluppo ed alla conduzione di processi produttivi
biotecnologici, tenendo conto dei risvolti etici, tecnici e
giuridici.
Informazioni Generali
Presidente del Consiglio di Coordinamento
Didattico:
Prof. Enzo Martegani
Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze
Ed. U3 - P.zza della Scienza 2 –- 20126 Milano
Segreteria Didattica
02-6448.3346 – 3332 – 3327
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Eventi
Lunedì 28 luglio 2014
Chimica, Farmaceutica & Biotech
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■ DISAT / La Sezione Chimica del dipartimento di Scienza e Alta Tecnologia dell’Università degli Studi dell’Insubria di Como gestisce i corsi di laurea e le attività di ricerca
Chimica, la laurea che apre davvero tutte le porte
Dalla hydrogen fuel economy alla medicinal chemistry, sono parecchie le aree di ricerca attivate presso la nuova palazzina attrezzata
È
parte di noi, del nostro vivere quotidiano: è forma e
sostanza, oggetti e formule. È
il cuore pulsante di materiali
di uso comune, che riempiono le nostre case. Plasma il
pianeta: è la chimica, materia
affascinante che l’Italia rappresenta in modo egregio anche a
livello di settore industriale. La
buona competenza nasce però
tra le aule delle università, specie in quegli atenei che possono vantare un rapporto molto
stretto tra docenti e studenti.
È questo il caso che si verifica presso la Sezione Chimica
all’interno del dipartimento di
Scienza e Alta Tecnologia (DiSat) dell’Università degli Studi
dell’Insubria di Como.
La Sezione organizza e gestisce il corso di laurea di I
livello in Chimica e Chimica
Industriale e quello magistrale in Chimica. Anche se con
mansioni diverse a seconda del livello di formazione,
entrambe i corsi conducono
a un facile inserimento del
laureato nell’ambito produttivo, come indicato dagli
ultimi dati statistici ottenuti
dal Consorzio Alma Laurea.
“A parte il livello e la qualità
della formazione di indubbio
valore forniti agli studenti,
acquisiti grazie all’impegno
quotidiano dei docenti e al favorevole rapporto numerico
tra studenti e docenti - spiega
Gianluigi Broggini, presidente del Consiglio di Corso di
Studi di Chimica - le strette
relazioni che alcuni membri
dell’area chimica hanno coltivato e rinforzato nel tempo
con le attività sul territorio
giocano un ruolo importante,
conducendo alla possibilità di
tesi esterne e di linee di ricerca condotte internamente, ma
dirette verso le esigenze del
territorio”. La Sezione è anche
composta da 22 ricercatori,
impegnati nell’ambito della ricerca di base e applicata.
Tra poche settimane, il mondo “chimico” dell’Università
dell’Insubria subirà un importante cambiamento di tipo “logistico”. I membri della
Sezione Chimica avranno,
infatti, accesso alla nuova palazzina situata in via Valleggio,
un’interessante realizzazione
architettonica, attrezzata con
aule studio e laboratori, che
completa e integra gli edifici
dell’insediamento universi-
Un laboratorio didattico della Sezione di Chimica del DiSat
Il nuovo edificio
della Sezione
Chimica
dell’Università
dell’Insubria
tario di area scientifico-tecnologica. Questo permetterà
una migliore organizzazione
delle attività di ricerca, aumentandone l’efficienza e l’efficacia grazie all’interscambio
di idee tra i ricercatori, così
necessario allo sviluppo e al
consolidamento delle nuove
tematiche di ricerca multidisciplinari. “Siamo infatti certi
- prosegue il presidente - che
la presenza sotto lo stesso tetto
di tutte le sotto-aree chimiche,
ovvero analitica, chimica-fisi-
ca, inorganica e organica, favorirà una costante interazione tra profili complementari”.
Come detto, la Sezione Chimica è anche innovazione e
ricerca, elementi imprescindibili per gli studenti e per un
rapporto ottimale con le imprese. Per quanto riguarda gli
aspetti tecnologici delle linee
di ricerca attive, va sicuramente citato lo spiccato interesse
nei confronti della hydrogen
fuel economy per quanto riguarda la produzione d’idro-
geno, con studi sulla fermentazione batterica di feedstock
non commestibile, sulle celle
a combustibile alimentate da
idrocarburi pesanti, e sulla
foto-ossidazione
dell’acqua
per mezzo di materiali semiconduttori a base di biossido
di titanio. Le problematiche
inerenti allo stoccaggio e trasporto dell’idrogeno sono invece affrontate attraverso lo
sviluppo di materiali capaci
di assorbire grandi quantità
di gas, intrinsecamente “ad
alta energia” e direttamente
utilizzabili nei motori a combustibile.
Nell’ambito della medicinal
chemistry vanno evidenziate
alcune linee dirette alla progettazione, sintesi e valutazione biologica di nuovi farmaci
intelligenti. In quest’area, gli
studi sono prevalentemente
focalizzati su molecole dotate di attività antitumorale
che modulano l’interazione
tra le proteine responsabili
dell’insorgenza delle malattie,
mimandone i siti di contatto.
Sono inoltre allo studio nanomateriali antibatterici di
natura policationica in grado
di trasportare e rilasciare principi attivi specifici.
■ UNIMI / Il dipartimento di Chimica dell’Università di Milano impegna 86 docenti in corsi riconosciuti dalla European Chemistry Thematic Network Association
Ricerca di base e applicata, con respiro internazionale
Avviato il primo master Industrial Chemistry completamente in lingua inglese e due nuovi laboratori specialistici all’avanguardia
L
a ricerca, la didattica e
la produzione scientifica
di elevato livello internazionale sono i tratti distintivi
del dipartimento di Chimica dell’Università di Milano
(www.chimica.unimi.it), che
vede impegnati 86 docenti tra
professori e ricercatori e dispone di laboratori di ricerca,
attrezzature e strumentazioni
avanzate.
Il dipartimento promuove attività di ricerca d’avanguardia,
con particolare attenzione alle
tematiche che presentano caratteristiche di attualità e innovazione sia nel campo della
ricerca di base (sviluppo delle
conoscenze), sia in quello della ricerca applicata (rivolta
alle esigenze dell’industria e
della società).
Oggi più che mai la chimica
può e deve giocare un ruolo
importante in temi cruciali
per l’umanità quali l’energia,
la salute, il cibo, l’ambiente, i
nuovi materiali “intelligenti”
e la gestione delle risorse. Il
dipartimento di Chimica di
Unimi condivide tutte queste
nuove sfide.
L’offerta formativa comprende
i corsi di laurea triennale in
Chimica e Chimica Industria-
le e i corsi di master (laurea
magistrale) in Scienze Chimiche e Industrial Chemistry,
che sono tra i primi in Italia
ad aver ricevuto, rispettivamente, il label Eurobachelor
e il label Euromaster, assegnati dall’European Chemistry
Thematic Network Association.
Dall’anno accademico 20142015, il master Industrial
Chemistry si terrà completamente in lingua inglese,
diventando il primo corso in
Italia di carattere chimico a
garantire questa opportunità.
I corsi chimici dell’Università
degli Studi di Milano si qualificano, quindi, come scuole di
eccellenza in ambito internazionale.
Insieme alle Università Paris Descartes, Paris Diderot
e Strasbourg, il dipartimento
milanese partecipa al master
“Sciences, Technologies, Santé - In silico drug design”, che
offre una formazione teorica
nella progettazione di nuovi
principi attivi in campo farmaceutico.
Il dipartimento annovera poi
due corsi di dottorato in Chimica e Chimica Industriale,
che hanno durata triennale e
prevedono un’intensa attività
di formazione e ricerca: sono
strutturati con un’impostazione internazionale, tanto
che la didattica si svolge interamente in inglese, anche con
docenti stranieri, e il dottorando può trascorrere periodi
di ricerca in rinomati laboratori esteri.
È contemplata pure la possibilità di redigere la tesi di dottorato su argomenti indicati
da un’industria, lavorando
sia nell’ateneo, sia presso l’industria interessata. Inoltre,
alcune tesi finanziate dai progetti Marie Curie dell’Unione Europea possono essere
realizzate in collaborazione
con centri di ricerca e aziende
europee.
In aggiunta alla promozione
dell’attività di ricerca di base,
tipica dell’istituzione universitaria, il dipartimento si propone nei confronti del mondo
esterno (industrie, enti di ricerca pubblici e privati, fondazioni, agenzie, ecc.) come
punto di riferimento culturale e di supporto pratico per
la ricerca chimica di interesse
più propriamente industriale
e applicativo.
A tal proposito sono in via di
Laureandi in laboratorio mentre preparano la tesi
sperimentale
perfezionamento due nuovi
laboratori specialistici. Il primo, lo SmartMatLab Centre,
è un laboratorio multifunzionale e centro di formazione
all’interfaccia tra accademia
e industria, dedicato allo sviluppo, alla caratterizzazione
avanzata e alla sperimentazione preapplicativa di materiali
“intelligenti” in dispositivi
fotovoltaici, optoelettronici e
sensoristici. Lo SmartMatLab
Centre punta così al trasferimento tecnologico dei prodotti di eccellenza e a fornire
alle imprese del territorio una
serie di tecniche e competenze avanguardistiche. Le attività formative sono aperte gratuitamente a tutti gli esterni.
Il secondo laboratorio riguarda invece i materiali polimerici di interesse industriale e
ha lo scopo di creare una rete
interdisciplinare delle competenze presenti nel dipartimento di Chimica e anche
in altri dipartimenti dell’ateneo. Questa rete avrà effetti
positivi sulla formazione dei
giovani, sulla collaborazione
con le aziende del settore e
sulla partecipazione a bandi
di finanziamento nazionale e
internazionale.
6 Chimica, Farmaceutica & Biotech
Eventi
Lunedì 28 luglio 2014
■ DISFARM / Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Università di Milano
Professionisti a scuola di brevetti
S.r.l.
Un corso per la protezione di invenzioni e processi innovativi
La chimica di domani
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I
brevetti sono, anche nel
nostro Paese, strumento
essenziale per proteggere invenzioni e processi innovativi. Il tema è prioritario in ogni
ambito merceologico, soprattutto in quello farmaceutico.
Questo è il motivo per cui il
corso di perfezionamento in
Brevettistica che si tiene in
seno all’Università degli Studi
di Milano nasce ed è gestito
all’interno del DiSFarm (dipartimento di Scienze Farmaceutiche). Il corso, spiega
Giorgio Abbiati, ricercatore
universitario, che da sempre
si occupa della segreteria organizzativa: “Consta di 125
ore di lezione che si tengono
il venerdì pomeriggio. Il target è variegato, e composto da
neolaureati, persone in cerca
di occupazione, persone che
lavorano in azienda. Molti
docenti sono esterni al mondo accademico, e afferenti al
mondo dell’industria e degli
studi brevettuali”. Tipicamente, i corsisti hanno una formazione scientifica, ma non
mancano, a ogni edizione,
persone che hanno anche una
competenza legislativa-giurisprudenziale.
Gli iscritti al corso (in media
12 per ogni edizione), prose-
Facciata dell’Università degli studi di Milano. Foto tratta
dall’archivio di ateneo
gue Abbiati: “Ricevono nozioni in merito ai brevetti, ai
requisiti di brevettabilità, alle
procedure di brevettazione, ai
marchi, alle azioni giudiziarie in campo brevettuale, alla
ricerca bibliografica e documentale. Come si può intuire,
si tratta di un’introduzione al
mondo della brevettistica, capace di creare una figura essenziale per il mondo aziendale, quella del trait d’union
tra lo studio brevettuale e
l’inventore. Spesso, infatti,
l’inventore ragiona con la
mente dello scienziato, mentre il consulente in brevetti si
muove con altre logiche, per
■ YSTEM / L’azienda nata a maggio 2012 vanta una compagine societaria di formazione mista, accademico-scientifica e imprenditoriale
Medicina rigenerativa e nuovi farmaci
Lo spin-off milanese si concentra sulla nutraceutica e la ricerca di terapie per patologie tutt’ora prive di cura
Y
stem nasce come spin-off
dell’Università degli Studi di Milano nel maggio 2012,
in seguito a un approccio più
manageriale maturato dal suo
promotore, nonché attuale
presidente, Yvan Torrente, ricercatore e medico in neurologia presso l’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.
La società, attiva nel settore
delle biotecnologie e della
medicina rigenerativa, nasce
per l’appunto con una compagine societaria di formazione
mista, accademico-scientifica
e imprenditoriale, atta a superare l’impasse che spesso grava sugli spin-off universitari,
molto validi da un punto di
vista scientifico-tecnologico,
e tuttavia carenti nel traslare
l’eccellenza in un approccio
market-oriented.
Il core business della società
è principalmente orientato
allo sviluppo di tecnologie e
metodologie volte a proporre soluzioni innovative di
medicina rigenerativa, così
come allo sviluppo di nuovi
farmaci.
Caratterizzazione di un muscolo distrofico umano: in rosa,
le cellule staminali muscolari; in verde, il sarcolemma
della fibra
La società si avvale di un consolidato know-how relativamente all’utilizzo delle cellule
staminali nella terapia diretta
alle patologie neuro-muscolari e degenerative, supportato
da numerose pubblicazioni di
rilevanza internazionale e da
studi clinici effettuati nell’ambito della rigenerazione tessutale.
Più in dettaglio, il portfolio
dei prodotti e dei servizi offerti comprende la produzione di terreni di coltura cellulare altamente performanti,
ready-to-use e customizzabili
in base alle esigenze del singolo cliente, anche combinati a
supporti polimerici 2D o 3D;
la fornitura di modelli animali murini immunodepressi
scid/mdx e scid/Blaj certificati; servizi di caratterizzazione
di specifiche linee cellulari
primarie umane e test di citogenetica; servizi orientati alla
farmaco-genomica; supporto
ad attività di drug discovery e
drug delivery; integratori alimentari a complemento delle
terapie di base, specialmente
finalizzati alla rigenerazione
tessutale.
In aggiunta, muovendo i presupposti dall’ambiente clinico
Yvan Torrente,
presidente
di Ystem,
ricercatore
e medico in
neurologia
presso
l’Ospedale
Maggiore
Policlinico di
Milano
oltre che accademico, Ystem
offre servizi di consulenza
per lo sviluppo di studi clinici nell’ambito della medicina
rigenerativa, non solo nelle
fasi ex ante, circa la fattibilità
e la sicurezza degli stessi, ma
anche nelle fasi ex post, con
particolare riguardo al follow
up dei pazienti.
A complemento delle terapie
di base, Ystem ha approcciato
il settore della nutraceutica
quale supporto per la prevenzione e la cura di specifiche
patologie, specialmente in
ambito neurodegenerativo e
muscolare.
È in questo settore che si inseriscono lo sviluppo di un
brevetto europeo finalizzato a un miglioramento delle
prestazioni muscolari in stati
patologici del muscolo e l’organizzazione di convegni.
“Abbiamo approcciato la nu-
la protezione dell’idea e per
la verifica dell’elemento innovativo. Una persona capace di
coniugare i due aspetti diventa preziosa”.
Il corso (www.brevettistica.
unimi.it), che giungerà in
settembre alla dodicesima
edizione, riscuote sempre un
ottimo successo: i partecipanti, in molti casi, dopo averlo
frequentato, modificano il loro ruolo aziendale. Le aziende
stesse sono disponibili a investire in questo genere di formazione, sia per la tempistica
(le lezioni il venerdì pomeriggio), sia per la serietà dell’ente
organizzatore.
traceutica un po’ per sfida, in
seguito ad alcune intuizioni e
studi preclinici - spiega Yvan
Torrente -. Le sue potenzialità, unite a un supporto scientifico importante, ci hanno condotto a un impegno
sempre maggiore in ambito
di R&D così come a livello
informativo-divulgativo. Abbiamo scelto interlocutori e
partner, ma anche il nostro
pubblico, sia nel mondo accademico che commerciale. Credo sia stata questa la
carta vincente dei convegni
che abbiamo ideato. Finora
abbiamo organizzato un ciclo di tre appuntamenti dal
titolo ‘Alimentazione come
prevenzione e cura nelle malattie neurodegenerative, cardiovascolari e metaboliche’ e
un convegno più articolato su
‘La nutraceutica nella prevenzione delle malattie dismetaboliche e neurodegenerative’,
tenutisi presso La Fondazione
Irccs Ca’ Granda Ospedale
Maggiore Policlinico e l’Università degli studi di Milano”.
Ystem si rivolge al mercato
di riferimento, il biotech, con
una gamma di prodotti e servizi complementari e accessori, altamente flessibili e customizzabili.
“Ci prefiggiamo un rafforzamento delle risorse impiegate
nell’area di ricerca & sviluppo
della società - conclude Torrente -, finalizzato a un avanzamento nella terapia di patologie fino a oggi prive di cura,
che possa essere alla portata
di tutti e con un approccio limitatamente invasivo”.
Eventi
Lunedì 28 luglio 2014
Chimica, Farmaceutica & Biotech
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■ CITOZEATEC / Trent’anni di esperienza nelle Bio-tecnologie industriali a conversioni enzimatiche sequenziali per produrre i propri integratori alimentari
Entrano in laboratorio solo sostanze naturali e sane
Da prodotti agricoli assolutamente non transgenici, coltivati su terreni a perfetta sanità biochimica. Ricerca di base nelle università
C
itozeatec utilizza le più
avanzate bio-tecnologie
industriali a conversioni enzimatiche sequenziali per
produrre i propri integratori alimentari, che vengono
definiti biodinamici grazie
alla loro capacità di favorire
i metabolismi bioenergetici
intracellulari fondamentali
per tutti gli altri metabolismi
della cellula.
L’esperienza di oltre trent’anni di lavoro dei ricercatori nel
campo delle bio-tecnologie
delle conversioni enzimatiche costituisce il know-how
alla base delle ricerche che
hanno portato a identificare
sia gli enzimi, sia le sequenze
enzimatiche che, “copiando”
le medesime sequenze biologiche della cellula umana,
hanno permesso di “costruire” specifici substrati nutrizionali riconoscibili da parte
degli enzimi cellulari. Questi
possono così utilizzarli per liberarsi di eventuali antagonisti presenti nei loro siti attivi
ed essere nuovamente disponibili per le attività enzimatiche correlate al metabolismo
glucidico e ai cicli metabolici
che hanno nel ciclo di Krebs
il loro denominatore comune.
Gli enzimi, infatti, sono le
unità funzionali del metabolismo cellulare. Organizzati
in sequenze, catalizzano le
numerose reazioni attraverso
le quali le sostanze nutrienti
sono degradate, estraendone
energia e piccoli precursori
che a loro volta sono utilizzati
per la sintesi di molecole indispensabili a tutte le funzioni vitali.
Le ricerche di base, condotte
La ricerca evidenzia
la predisposizione degli
integratori biodinamici
a “comunicare” con i
metabolismi intracellulari
Per affrontare il ring ma anche la vita
Un mix di zuccheri, altre vitamine e oligoelementi
per aumentare l’energia nello sport come nel lavoro
R
principalmente presso l’Università di Tor Vergata e altre
sedi dal 2010 in modo continuativo, mettono in evidenza
una serie di dati che tendono
a confermare la particolare
predisposizione degli integratori alimentari biodinamici
a “entrare in comunicazione
biochimica” con i metabolismi intracellulari. Tutto ciò
rende realistica la possibilità
di favorire un’efficace regolazione dell’omeostasi dinamica dell’organismo umano
in situazioni metaboliche più
o meno compromesse come
nei casi di astenia, patologie
croniche, “fatigue” o in momenti di maggior richiesta di
attività metabolica energetica come avviene nell’attività
sportiva a vari livelli.
Le referenze Citozeatec (citozym, ergozym, ergozym
plus, citovigor, dulcozym e
propulzym) sono preparati
con prodotti agricoli assolutamente non transgenici,
coltivati su terreni a perfetta
sanità biochimica.
Quando si fa riferimento alla
biochimica occorre prestare
attenzione a non confondere
i processi biochimici con i
processi chimici classici. La
biochimica del corpo umano
non può prescindere dall’attività degli enzimi e questi
determinano la esatta conformazione “spaziale” delle
molecole biologiche che dipende specificatamente dal tipo di legami esistenti tra atomo e atomo, ma soprattutto
dall’energia di questi legami
e dalla distribuzione delle ca-
riche esterne (elettroni) nella
molecola.
Un esempio efficace rispetto
a questi argomenti lo offre la
pianta dello Stramonio che, nonostante la sua alta produzione
isultati sul ring, sui campi
da tennis, di calcio, e sui
campi della vita quotidiana
anche allettata pongono in evidenza che la nuova integrazione biodinamica di Citozeatec
può offrire un aiuto determinante.
Questi risultati indotti da un
insieme di zuccheri e altre vitamine e oligoelementi, ricchi
di energie e di informazioni,
sono oggi a disposizione dello
sportivo e di quanti vogliono
potenziare l’energetica a tutti i
livelli come documentano straordinari risultati sportivi e ancora più straordinari risultati
su altri fronti, dove la ripresa
delle attività enzimatiche ed
energetiche aiuta i pazienti in
partite contro le ulcere, i danni
vascolari da placche ateromasiche (vengono ridotte); è di
supporto in associazione alle
terapie contro i tumori e in
varie altre patologie che richiedono un rafforzamento energetico e del sistema enzimatico.
Tutto ciò favorendo la correzione dei difetti dell’alimentazione moderna segnalati nella
Raccomandazione Ue del 28
aprile 2010 e relativa all’iniziativa di una programmazione congiunta nel settore della
ricerca di una alimentazione
sana per una vita sana.
di alcaloidi, che la rendono una
pianta altamente tossica, può
funzionare come porta innesto per quella della melanzana,
producendo comunque ottime
melanzane. Tutto ciò avviene
mediante enzimi e rRna enzima, che sintetizzano molecole
specifiche per la melanzana
senza che le sostanze tossiche
possano alterarne il frutto.
Numerose ricerche confermano le proprietà di questi
prodotti e ne documentano
le capacità che sono state illustrate. Ogni prodotto viene
sottoposto ad attente ricerche.
Per ulteriori informazioni,
consultare il sito Internet:
www.citozeatec.it
Reazioni cataboliche che scacciano l’alcool
Il Citoethyl, grazie al suo apporto ai substrati specifici agli enzimi
endogeni, aiuta la cellula a velocizzare l’eliminazione dei cataboliti
C
itoethyl, uno dei prodotti della gamma Citozeatec è stato studiato da
una ricerca del Dipartimento di biologia
dell’Università Tor Vergata, che ne ha messo in luce tutte le caratteristiche e capacità. Esso sfrutta gli enzimi e i loro processi
per aumentare la velocità di conversione
di molecole potenzialmente tossiche come
l’alcool. Con il suo mix di substrati ottimali ottiene, come documentato, un’accelerazione di reazione catabolica con conseguente riduzione del tasso alcoolemico in
tempi ristretti.
Il Citoethyl (www.prosit-shop.de) apporta
substrati specifici agli enzimi endogeni,
rendendolo a tutti gli effetti un attivatore
di metabolismo, aiutando la cellula a velocizzare la conversione e l’eliminazione dei
cataboliti, alcool compreso.
Come noto, quando si assume una bevanda alcoolica, l’alcool in essa contenuto viene metabolizzato in minima parte
nello stomaco prima che venga assorbito
e raggiunga il sangue. L’alcool è una so-
stanza tossica per l’organismo, soprattutto per il sistema nervoso, e deve essere
metabolizzato dal fegato per essere reso
inoffensivo. In pratica circa il 90-98%
dell’alcool ingerito viene metabolizzato
in una quantità pari a circa 7-10gr./h.
Ciò significa che per eliminare la quantità di alcool fornita da mezzo litro di
vino da 13° di alcool possono essere necessarie circa 6-9 ore. Proprio per queste
ragioni è importante, nel mettersi alla
guida, controllare che il tasso alcoolemico sia nei termini di legge e quindi di
aver eliminato la maggior parte dell’alcool ingerito. Il Citoethyl, confezionato
in flaconcini monodose, favorisce l’eliminazione degli effetti tossici dell’alcool
e la riduzione del tasso alcoolemico più
rapidamente rispetto ai tempi di eliminazione naturale. La conferma di questo processo di accelerazione viene dalle
ricerche fino ad ora condotte a livello
universitario attraverso diversi lavori a
partire da studi osservazionali sull’uo-
mo sano e fino alla pubblicazione internazionale “Reduction of breath alcohol
levels in healthy subjects by Citoethyl”
apparsa sull’International journal of nutrition and food sciences nel 2013.
Vi sono inoltre due prodotti della gamma
Citozeatec - Citozym, Citovigor - importanti nell’ambito dello svolgimento della
pratica sportiva.
Riguardo questo argomento vi è una ricerca condotta ancora una volta dall’Università di Tor Vergata incentrata sull’effetto
riduttivo di questi prodotti sui Ros (sostanze reattive all’ossigeno), dovuta ad un
notevole incremento degli enzimi endogeni
quali: catalasi (Cat), superossidodismutasi
(Sod), glutatione ossidasi (Gsh). Grazie a
questo lavoro, nel 2010 è stato organizzato
e si è tenuto un convegno nazionale con
riferimento alla pratica sportiva della pallavolo cui ha partecipato anche il professor
Vittorio Colizzi.
Non da ultimo vi sono ricerche condotte
dalle università, anche a livello internazionale, sulla riduzione delle placche ateromasiche della carotide mediante l’utilizzo degli integratori Citozym e Propulzym
della gamma Citozeatec. Questo importante lavoro ha condotto ad un convegno
internazionale svoltosi nell’aula magna
dell’Università di Tor Vergata.
8 Chimica, Farmaceutica & Biotech
Eventi
Lunedì 28 luglio 2014
■ MEDSPA / La famiglia D’Antonio inaugura nel 2011 la casa di cosmetici all’avanguardia, registrando, da allora, un trend in continua crescita
Tradizione e ricerca per la vera bellezza
Due marchi: Miamo, prodotti cosmeceutici con attivi antietà e Nutraiuvens, integratori alimentari con basso apporto calorico
M
edspa è un’azienda giovane che si distingue
per la voglia di garantire a
chiunque il benessere e la possibilità di vivere nella migliore
condizione fisica. Ecco perché
ogni prodotto viene studiato
e realizzato secondo rigorosi canoni di funzionalità. A
capo di un percorso ricco di
risultati positivi, iniziato nel
2011, figurano Giovanni e
Camilla D’Antonio, da considerare figli d’arte nel mondo
della bellezza: il padre, Camillo D’Antonio, è un affermato
chirurgo plastico, e la madre,
Elena Aceto di Capriglia, è
una farmacista attiva nel campo dell’anti-aging.
Anima scientifica della startup
è Camilla, giovane farmacista e ricercatrice nel settore
dell’anti-aging negli Stati Uniti,
mentre alla guida della sezione
manageriale figura Giovanni
che, seppur molto giovane, è
già forte di una preparazione
accademica e di una grande
passione per l’imprenditoria.
L’azienda propone due marchi affini per finalità e modus
operandi, ma caratterizzati
dalle diverse funzioni che sono destinati a svolgere: Miamo e Nutraiuvens.
Giovanni D’Antonio,
amministratore di Medspa
Miamo è una linea di prodotti cosmeceutici che utilizza principi attivi mirati in
grado di migliorare e preservare bellezza e giovinezza
della pelle ed è stata studiata
per accompagnare chi voglia
prendersi cura del proprio
corpo. Tre le linee proposte
(Ancever, Longevity Plus,
Total Face Care), con l’obiet-
tivo di andare incontro alle
esigenze proprie delle diverse
fasce d’età e garantire un rimedio sicuro alle problematiche cutanee, dalle macchie
ai segni dell’invecchiamento.
Tutti i prodotti sono sottoposti a sofisticate analisi
scientifiche con l’utilizzo di
tecniche all’avanguardia che
permettono di misurare e
verificare le qualità e dispongono di un bollino di qualità
certificato che ne attesta l’efficacia.
Medspa ha investito il suo
sapere scientifico anche nella ricerca nutrizionale dando
vita a Nutraiuvens, brand
completamente nuovo di
integratori alimentari con
basso apporto calorico e con
funzioni innovative. L’azienda approccia così anche il
mondo della nutraceutica, e
vi entra facendo leva sulla voglia di vivere a lungo in buona salute. Fin dal momento
del lancio, Nutraiuvens ha
riscosso grande successo con
i 4 integratori (Skin-detox,
Menoreact, Vitamina D3,
Multiact) destinati a tutte le
fasi della vita: dal supporto
al benessere cutaneo in generale, potenziando il benesse-
re della donna in pre e post
menopausa, fino ad arrivare
a un integratore di vitamina
D3 e a un multivitaminico in
grado di dare davvero il pieno di energia.
Tutti i brand e le loro linee
dispongono di un sito internet con relativo e-shop, dove
è possibile leggere la scheda
del prodotto ed effettuare un
ordine on-line, con la sicurezza di un servizio di recapito a domicilio e di assisten-
za per qualsiasi imprevisto.
In particolare, i farmacisti
- fascia di fondamentale interesse per Medspa - all’interno dei siti possono disporre
di un’area specifica, in cui
poter effettuare la registrazione, consultare il materiale tecnico dei prodotti, fare
ordini e richiedere espositori
o cartelli per le proprie vetrine personalizzati in base alla
grafica e alle dimensioni segnalate.
Da sinistra, due novità Miamo: Gentle makeup remover, soluzione struccante viso-occhi,
per rimuovere delicatamente trucco e impurità
anche dalle pelli più sensibili. L’estratto di
tè verde, potenziato dall’estratto di cetriolo,
prolunga il benessere e la giovinezza della
pelle, grazie alla sua azione antiossidante.
Nutriente multi-attiva, Restructuring 24h
Cream risponde alle necessità delle pelli più
esigenti, contrastando l’invecchiamento e
agendo direttamente sulle diverse matrici
biologiche implicate nello skin-aging
■ CPC BIOTECH / Dal 2007 biotecnologie industriali al servizio della piccola e media impresa farmaceutica. Fatturato a 1,4 milioni
Ricerca italiana al top e burocrazia ferma al palo
Dalle due stanze in affitto al Cnr di Napoli al capannone di 1.400 mq “su al nord”. Bene le esportazioni
L
e idee hanno un valore.
E laddove sono proficue,
rafforzate da buona volontà e
supportate dall’ambizione sono
strategiche e premiano.
È il caso di Cpc Biotech. Siamo
nel 2007 e a Fabio Arenghi, ricercatore, viene l’idea di creare
una società nell’ambito delle
biotecnologie industriali. La
propone a un piccolo gruppo
di imprenditori italiani del settore farmaceutico, che ci credono, decidono di investirci e di
avere fiducia nella potenzialità
del progetto.
Così, in un paio di stanze del
Cnr di Napoli, in affitto, prendono il via i primi laboratori
di quella che attualmente è
una delle realtà più prepotenti
nel settore. Già nel 2011 ecco
un ulteriore passo importante:
l’acquisto di un capannone di
1.400 metri quadrati a Burago
di Molgora, in Monza Brianza, dove il team si trasferisce e
costruisce laboratori all’avanguardia. Oggi, dopo sette anni
appena, questa è una società
di primo piano nel panorama
della ricerca e sviluppo e della
produzione di bioprodotti anche per conto terzi, con prodotti commercializzati nel mondo
per merito pure di accordi con
Da sinistra: una vista dello stabilimento di Burago Molgora (MB) e Fabio Arenghi, fondatore di Cpc Biotech
importanti multinazionali.
Per intenderci, la Cpc Biotech
vale 1,4 milioni di euro per fatturato, di cui l’80-90% estero,
con Europa, India, Australia,
Turchia e Sud-est Asiatico in
prima linea. Conta 7 dipendenti e, soprattutto, continua
a concentrare le sue forze su
ricerca e sviluppo. Principalmente sono due le aree in cui
è attiva. La prima riguarda
lo sviluppo e produzione di
enzimi (biocatalizzatori) per
controlli di qualità su farmaci
e bevande/alimenti: vengono
sviluppati ex novo enzimi at-
traverso il clonaggio di geni, da
diversi organismi, codificanti
specifiche attività enzimatiche
o putative attività enzimatiche.
La seconda è lo scalaggio e produzione industriale di enzimi
conto terzi.
Insomma, partendo da zero,
in tempi non certo felici, Cpc
Biotech non molla la presa e fa
della crisi un’opportunità, per
crescere, cercare nuovi mercati e aggredirli con successo. In
altre parole, un esempio eloquente di come, in concreto, se
si crede nella propria mission, i
risultati arrivano e gli obiettivi
si raggiungono con profitto.
“La nostra realtà, allo stesso
modo di molte altre in settori
diversi, comporta necessariamente un forte impegno nelle
attività di ricerca - dice Fabio
Arenghi, che guida il team fin
dall’inizio -. Senza una continua ricerca non si può pensare
di avere una lunga vita aziendale”. E ciò rende Cpc Biotech
in assoluta controtendenza.
“Al riguardo, la società applica
abbastanza
frequentemente
bandi pubblici regionali, ministeriali, Cee, per cercare di ottenere finanziamenti che permet-
tano di portare avanti ricerche
innovative”, dice Arenghi. Però,
anche dove vi sono le migliori
premesse non mancano le note
dolenti, come per i fondi per la
ricerca, appunto: “Sono pochi
e, per carità, se non ce ne sono
non si può fare diversamente dice Arenghi - il problema vero
è che andrebbero gestiti bene,
cosa che invece non accade
affatto. L’ho provato in prima persona, per via di ritardi
nella stipula delle graduatorie
e nell’erogazione dei fondi: situazione del resto attualissima
poiché abbiamo partecipato
Ogni brand, inoltre, comunica anche attraverso i social
network, chiave fondamentale per instaurare un vero e
proprio dialogo quotidiano
con i consumatori.
I risultati del suo percorso
sono stati riscontrati fin dal
primo anno di vita quando, dopo un rapido lancio,
Miamo fatturava già più di
45.270 euro pur rivolgendosi quasi esclusivamente ai
privati. Il 2012 ha segnato
l’inizio dell’attività in farmacia, registrando un’immediata crescita, con un fatturato
giunto a 392.500 euro, per un
valore di produzione totale di
472.000 euro. Nel 2013 si sono registrati ancora maggiori
successi: con un fatturato di
855.500 euro, il brand registrava un valore di produzione vicino al milione di euro.
Risultati positivi anche per
il primo semestre del 2014,
mentre l’azienda debutta nel
Principato di Monaco e negli
Stati Uniti e tesse nuove trattative per i mercati svizzero e
britannico.
Per ulteriori informazioni consultare i siti Internet:
www.miamo.com
oppure:
www.acnever.com.
a un progetto europeo per il
quale la parte tecnica scientifica è stata valutata a livello europeo e quella amministrativa
demandata ai singoli Stati. Il
progetto presentato in Comunità da noi italiani, soggetto
capofila, è stato approvato. Ci
siamo noi, un’azienda di Napoli e l’università La Sapienza
di Roma, insieme a un’azienda
spagnola e un centro di ricerca
finlandese. La data di partenza
era settembre 2011 e fine settembre 2013 quella di chiusura,
in pratica due anni. Bene, tutti
sono partiti nella data prevista
eccetto la compagine italiana
in quanto il Miur ha voluto
fare la sua valutazione, benché
la parte tecnicoscientifica fosse
di competenza europea. Così
- sottolinea Arenghi - per noi
italiani la partenza è stata gennaio 2012, con un ovvio scollamento dai partner, oltretutto in
quello che era un lavoro d’equipe. Non solo: nei 2 anni di progetto avrebbe dovuto esserci il
rimborso delle spese sostenute
a intervalli regolari di 6 mesi,
avvenuto per tutti e non per
noi italiani, che siamo ancora
in attesa. Questo è il punto fondamentale perché così le aziende non sono aiutate di sicuro.
Sono solo alcuni degli aspetti
cruciali per chi oggi fa ricerca
e imprenditoria, con i quali ci
si scontra ogni giorno, senza
trascurare la questione dei controlli e delle ispezioni, insieme
a molto altro ancora”.
Ma Cpc Biotech continua a
impegnarsi come sempre nel
suo lavoro, in settori di nicchia,
molto particolari e specifici.
Eventi
Lunedì 28 luglio 2014
Ricerca
■ AB MEDICA / Realtà italiana, nata nel 1984, leader nell’importazione e nella produzione delle tecnologie più avanzate in vari settori del medicale
Oggi le neuroscienze parlano italiano
Anche grazie alle apparecchiature hi-tech per il monitoraggio cerebrale messe a punto dall’azienda
S
i chiama Cyberbrain e
promette di essere una rivoluzione nell’ambito del monitoraggio e del controllo dei
segnali bioelettrici provenienti
dal cervello. Sviluppato da ab
medica, azienda italiana leader
nell’innovazione per la salute,
Cyberbrain è un dispositivo
medico impiantabile per l’acquisizione e il monitoraggio
degli impulsi cerebrali, che rappresenta, allo stato dell’arte, un
sistema intracranico innovativo. Impiantato, trasmette i segnali via wireless consentendo
di mappare i segnali nervosi e
l’emissione di impulsi a distanza per il controllo, per esempio,
delle crisi epilettiche e del dolore e per la gestione delle brain
computer interfaces come gli
arti robotici e gli esoscheletri.
E se Cyberbrain è impiantato
nel cervello del paziente, un
altro importante frutto del lavoro di ricerca del gruppo è
un caschetto indossabile esternamente che consente la registrazione e la trasmissione di
segnali cerebrali in scenari di
neuroriabilitazione (per esempio pazienti post ictus o affetti
da malattie neurodegenerati-
Cyberbrain
ab medica,
headquarters
ve). Il dispositivo permette di
supportare la valutazione e la
validazione degli esercizi previsti dal protocollo di riabilitazione; integrare, secondo un
approccio multidisciplinare,
il segnale cerebrale acquisito
con altri parametri vitali, in un
sistema unico e certificato, e interagire, in maniera intelligente, con l’ambiente circostante o
con piattaforme di telemonitoraggio, attivando ed erogando
servizi innovativi e adattivi
(come allarmi, richiesta di interventi, “second opinion”).
Il caschetto e Cyberbrain sono
solo due dei numerosi progetti avviati negli ultimi anni dal
gruppo ab medica e sviluppati
dal dipartimento interno di ricerca & sviluppo, con lo scopo
di ampliare la gamma dell’offerta mediante prodotti e servizi innovativi. Investimenti in
attività di ricerca e sviluppo, sinergie con le aziende del gruppo, in questo modo ab medica
ha rapidamente consolidato il
proprio ruolo di riferimento
sul mercato nazionale nella diffusione e commercializzazione
di prodotti medicali tecnologicamente innovativi e avanzati
per la diagnosi, cura e monitoraggio domiciliare dei pazienti.
L’obiettivo di ab medica è coprire l’intera filiera dell’innovazio-
ne, dalla ricerca industriale allo
sviluppo precompetitivo, fino
all’ingegnerizzazione e commercializzazione, grazie alle
competenze ed esperienze maturate e alla collaborazione con
partner industriali e scientifici
d’eccellenza. La mission di ab
medica è: “For people who care”.
Uno slogan che rappresenta la
missione di questa realtà: migliorare la qualità della cura e
della vita del paziente mediante
la ricerca, lo sviluppo e la diffusione di nuove tecnologie
mininvasive per ridurre rischi,
traumi post-operatori, costi e
tempi delle procedure. ab medica è la prima azienda privata
■ FONDAZIONE MONDINO / La Fondazione Istituto Neurologico Nazionale Casimiro Mondino nasce entro l’orbita dell’ateneo Pavese
Quando la ricerca aiuta il sistema sanitario
Dalla formazione dei medici alla cura del paziente. La neurologia italiana è all’avanguardia in ogni ambito
S
volgere, promuovere e favorire la ricerca scientifica inerente alla prevenzione, alla diagnosi e alla cura delle malattie
del sistema nervoso dell’adulto
e dell’età pediatrica. È questa
la missione della Fondazione
Istituto Neurologico Naziona-
le Casimiro Mondino, realtà
con sede a Pavia conosciuta in
tutto il mondo per la qualità
della sua attività assistenziale e scientifica. La storia della
fondazione ha origini antiche
e prestigiose che si richiamano
direttamente a Camillo Golgi,
La sede della
Fondazione
Mondino
a Pavia
premio Nobel nel 1906 e padre
delle moderne neuroscienze.
Nel 1898 Casimiro Mondino,
allievo di Golgi, fu chiamato
dall’ateneo pavese per l’insegnamento della psichiatria. Fu
proprio lui a fondare una realtà
all’avanguardia nella cura delle
malattie nervose, che diresse
fino al 1924, anno della sua
morte, lasciando erede del proprio patrimonio la Fondazione
Casimiro Mondino, che si sviluppò su nuove e autonome basi con la direzione di Ottorino
Rossi, capostipite della scuola
neurologica Pavese.
L’attività della Fondazione
Mondino dimostra ogni giorno il suo valore, sfruttando il
potenziale di professionisti,
risorse e tecnologie a propria
disposizione. Al centro di tutto
c’è sempre il paziente. In qualità di istituto di ricovero e cura
a carattere scientifico (Irccs),
prestigioso
riconoscimento
del ministero della Salute che
il Mondino vanta ormai da più
di 40 anni, la Fondazione ha
come principio guida la conduzione di attività di ricerca i
cui prodotti siano trasferibili
al sistema sanitario nazionale.
Nella struttura clinica e di ricerca della Fondazione è anche
Il laboratorio
integrato il polo di riferimento dell’università di Pavia per
le discipline inerenti la neurologia e la neuropsichiatria
infantile. Un’integrazione che
- anche attraverso attività didattiche e di training - rende la
Fondazione Mondino un attore di prima grandezza nella realtà della ricerca, dell’assistenza
e della formazione nel campo
della neurologia italiana ed europea.
La struttura sanitaria include
tre dipartimenti interni (neurologia d’urgenza, neurologia e
neuroriabilitazione, neurodiagnostica) e due dipartimenti
inter-ospedalieri (neuropsichiatria infantile e oncologia)
con 131 posti letto e dieci per
day-hospital/macroattività
complesse. A ciò si aggiungono
attività ambulatoriali e servizi diagnostici che sfruttano le
più moderne tecnologie, come
la risonanza magnetica 3 Tesla
per le neuroimmagini, analisi
di next generation sequencing
per la diagnostica genetica ed
Eeg/Emg ad alta risoluzione in
campo neurofisiologico.
La ricerca della Fondazione
Mondino si articola su otto
tematiche principali, finanziate dal ministero della Salu-
9
italiana per numero e qualità di
partnership con le ditte produttrici leader di settore.
Negli ultimi 20 anni ab Medica
ha avuto un ruolo determinante nel rendere l’Italia un centro
di riferimento in Europa per
quanto riguarda la chirurgia
mininvasiva e la robotica, introducendo le tecnologie più
avanzate al mondo quali il
robot chirurgico da Vinci e il
sistema per radiochirurgia stereotassica Cyberknife.
ab medica, un turnover di quasi 100 milioni nel 2013 e 180
dipendenti, investe più del 5%
del fatturato in progetti ricerca
e sviluppo nell’ambito dell’innovation health, medical device
ed enabling technology, con un
portafoglio di oltre 15 brevetti
all’attivo.
Le attività di ricerca e innovazione tecnologica del gruppo
sono tese a creare un ecosistema che abbia il paziente al centro, con l’ambizione di coprire
tutto il ciclo della salute del cittadino: genetica per la medicina predittiva e personalizzata e
prevenzione primaria, telepresenza e teleconsulto ospedalieri
per l’high acuity e per il paziente cronico, tele-riabilitazione
domiciliare, che garantisce la
continuità di cura del paziente
dall’acuto al cronico e dall’ospedale al territorio.
ab medica lavora, inoltre, accanto ai medici e ai pazienti
sulla ricerca organizzativa, che
grazie anche all’uso delle tecnologie, consente di migliorare
l’efficienza e l’efficacia del sistema salute e di aumentare l’empowerment del paziente.
te: malattie cerebrovascolari,
neuroinfiammazione e neuro-oncologia, malattie neurodegenerative
(Parkinson,
Alzheimer e sclerosi laterale
amiotrofica), neuropsichiatria
infantile e dell’adolescenza,
cefalee croniche e dolore neuropatico, neuroriabilitazione,
epilessia, plasticità sinaptica
e circuiti cerebrali. Da queste
tematiche, che disegnano il
perimetro entro cui operano i ricercatori del Mondino,
emergono tre aree di eccellenza, integrate con iniziative di
ricerca internazionale, supportate da ulteriori finanziamenti
europei: neuroscienze computazionali e connettomica,
che studiano la modellistica
neuronale e la possibilità di ricostruire il funzionamento dei
circuiti cerebrali mediante supercomputer, integrandosi con
le attività dello Human Brain
Project, finanziato su base decennale dalla Commissione
Europea nell’ambito dei Fet
Flagship Programmes; ricerca traslazionale sulle malattie
neurodegenerative dei gangli
della base, pre-clinica e clinica, mirata all’identificazione di
nuove strategie diagnostiche e
terapeutiche, inserita nei piani
dei Centers of Excellence in
Neurodegeneration europei;
ricerca traslazionale nel campo
della nocicezione, sui meccanismi alla base dell’emicrania
e del dolore neuropatico, integrata con iniziative promosse
nell’ambito dei Programmi
Quadro della Commissione
Europea che proseguiranno
con Horizon 2020.
10 Ricerca
Eventi
Lunedì 28 luglio 2014
■ UNIMI / Capofila del progetto internazionale è il dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Milano, insieme a partner di Spagna, Slovenia, Grecia e Svizzera
Social&Smart, il social network degli elettrodomestici
Ottimizzare l’utilizzo di lavatrice o microonde. Per passare alla realizzazione serve il coinvolgimento dei big del settore
S
viluppare un social network
dove scambiarsi segnali e
istruzioni macchina invece di
pareri e consigli sugli elettrodomestici. - Per lavare capi più
o meno particolari, cuocere le
pietanze o altro. - Per mettere a
fattor comune conoscenze che
derivano dai dati di esercizio
inviati da ogni singolo apparecchio e dal suo utilizzatore.
È questo il mondo dell’Internet delle cose di cui propone
un’implementazione completa
il progetto Social&Smart che ha
come capofila il dipartimento
di Informatica dell’Università degli Studi di Milano e che
comprende altri sette partner
da Spagna, Slovenia, Grecia e
Svizzera.
Social&Smart, spiega Bruno
Apolloni, docente di Informatica responsabile del progetto,
prevede a livello prototipale
l’utilizzo di schede Arduino.
Con questo hardware viene assemblato un dispositivo “vampiro” che si attacca al bus dei
dati nell’elettronica degli elettrodomestici (come si può vedere nelle foto) per realizzare
l’interfaccia wi-fi che li connette
a un router domestico. Attraverso questo dispositivo si va a
sovrascrivere il software origi-
algoritmi di intelligenza computazionale per produrre ricette ottimali.
In pratica, l’intelligenza del
social network fa tesoro delle
tante storie di richieste-ricettevalutazioni che provengono
dai suoi membri per elaborare istruzioni personalizzate a
ognuno di loro.
Apolloni fa il caso di una lavatrice. Per farla funzionare
al meglio bisogna individuare
i parametri di esercizio della
macchina in corrispondenza di
specifiche del task da eseguire.
A questo si aggiunga che le spe-
L’utente vede una macchina
del pane, se non che al
posto dei led compare
una scheda Arduino
Il dispositivo di interfaccia inserito
nella lavatrice che permette lo
scambio di dati
nale dei microcontrollori per
implementare ricette elaborate
dal social network sotto forma
di set di comandi elettronici.
Dal punto di vista tecnologico
è poi presente un protocollo
molto leggero di comunicazione (mqtt-light) per gestire in
maniera sicura le connessioni
all’interno di una comunità
massiccia di utenti, un’architettura a vari livelli che risiede nel
cloud, per gestire la comunità, e
cifiche sono spesso vaghe (bucato morbido) e le relazioni dirette tra parametri di esercizio e
risultato (quantità sapone - efficacia sulle macchie) non sempre completamente definite.
“A fronte di queste incertezze,
le case costruttrici puntano su
risultati mediamente buoni che
possano soddisfare la maggior
parte degli utenti. Per converso,
Internet delle cose punta a risultati buoni singolarmente per
ogni utente” - continua Bruno
Apolloni -. Se devo lavare in serata le mie tute sportive consumando poca acqua, lo comunico al social network con pochi
dettagli operativi riguardanti
la quantità e la composizione
del bucato. Dopo di che, il mio
coinvolgimento si riduce a caricare e scaricare il cestello della
lavatrice. Tuttavia, perché il
social network possa elaborare
le istruzioni più adatte da mandare alla lavatrice, è necessario
che conosca le mie preferenze
attraverso la storia dei feedback
che ho espresso sui precedenti
task. “In sostanza, da un lato
stiamo aggiungendo manopole virtuali all’elettrodomestico
per una ‘sintonizzazione’ fine,
e d‘altra parte, siccome sintonizzare in maniera opportuna
la temperatura dell’acqua o il
numero di giri della centrifuga
è difficile sul piano cognitivo,
comunichiamo in forma standard cosa piace o non piace con
l’attuale settaggio dei parametri
e lasciamo il compito di modificarli per noi a chi lo sa fare:
l’intelligenza computazionale
della social network” - conclude
Apolloni -.
Il progetto, finanziato dalla Ue,
oltre a semplificare la vita degli utenti punta a proporre un
nuovo modello di business ai
produttori, che in questo modo potranno avere un rapporto
continuo con i loro clienti, seguirli anche nella fase di manutenzione e assistenza, nonché
acquisire una grande mole di
dati avendo una completa visione del loro parco macchine. In
sostanza la vendita del prodotto
sarà solo il momento iniziale di
un processo che si protrae nel
tempo e permette ai produttori
di fornire continui servizi a una
clientela molto più fidelizzata.
Quello che manca per passare
dalla fase prototipale alla realizzazione dell’ecosistema è proprio il coinvolgimento dei big
del settore, che devono mettere
in campo la loro voglia e capacità di innovare.
■ UNIMIB / Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e del Territorio e Scienze della Terra dell’Università Bicocca
EuroCold: l’eccellenza sotto zero
L’ambiente dell’Antartide riprodotto in un laboratorio di ricerca unico per gli scienziati
L
a ricerca italiana riesce a
dare il meglio di sé anche “a
bassissima temperatura”. Esiste,
infatti, a Milano un luogo particolare, nel quale è possibile
simulare le condizioni fredde
che si verificano per esempio
in Antartide, sia per quanto
riguarda la temperatura che la
“pulizia dell’aria”. Ci troviamo
nel complesso dell’Università
Bicocca. Qui è stato inaugurato, lo scorso anno, in seno
al dipartimento di Scienze
dell’Ambiente e del Territorio e
Scienze della Terra, EuroCold,
un complesso di laboratori che
non ha eguali nel nostro Paese,
e che ha pochi rivali anche in
Europa.
Cosa succede in questi ambienti? Spiega il responsabile
scientifico, Valter Maggi, anche
professore associato dell’università: “Riusciamo a mantenere la temperatura a -50°. Una
parte del laboratorio, oltre a
essere fredda, è anche mantenuta con aria filtrata e pulita,
proprio come se ci si trovasse
in Antartide. Con queste condizioni, è possibile effettuare
analisi e ricerche e testare per
esempio gli strumenti come si
fosse realmente nel luogo più
freddo del pianeta”.
EuroCold è un tesoro prezioso per gli scienziati: qui afferiscono sia gruppi di ricerca
dell’università, che studiosi
di altri enti di ricerca. “Unica
struttura pubblica di questo
genere, per la sua grandezza e
la sua complessità, EuroCold
è anche richiesto dalle aziende
che intendono eseguire misurazioni e test su diversi materiali, o verificare il funzionamento
Il laboratorio
a -50° C
durante le fasi
di lavorazione
di “carote”
antartiche
di strumenti a basse temperature”.
Proprio la grandezza è uno dei
punti di forza della struttura.
EuroCold, che si sviluppa su
una superficie di 600 metri
quadri ed è composto da una
camera a -50° di 40 mq e da
una camera di interscambio
tenuta a -30° di 20 mq. Ci sono poi due laboratori “puliti”
da 16 metri quadri l’uno, uno
freddo (a -20°) e uno a temperatura ambiente (+20°). Un
laboratorio esterno è di supporto e un’enorme sala motori
garantisce il mantenimento
delle temperature. Quali analisi e studi vengono eseguiti a
EuroCold? Il complesso di laboratori non è “uno tra i tanti”
presenti nel Paese. La sua unicità è data proprio dal tipo di
ricerca che viene eseguita e dal
fatto di essere il deposito nazionale dei componenti di ghiaccio del Progetto Nazionale di
Ricerca in Antartide. Spiega
infatti Maggi: “Non tutti sanno
che l’Italia è inserita nei piani
di ricerca sull’Antartide, dal
1985. Il Miur gestisce proprio
un progetto che ha come scopo
lo studio del ghiaccio di quella
porzione del pianeta. Ebbene,
tutto il materiale che proviene
Una “carota”
durante le fasi
di misurazione
dall’Antartide, in termini di
campioni di ghiaccio, estratti
sia dai ricercatori italiani che
internazionali, viene stoccato
presso EuroCold. Il laboratorio
fornisce poi ai gruppi di ricerca
la possibilità di eseguire degli
studi sui campioni. Ricordo
che si tratta di campioni unici, per i quali è fondamentale
un corretto stoccaggio, sia in
termini di tempi che di maneggiamento”.
EuroCold è anche impegnato
in diversi progetti di carotaggio di ogni genere di ghiacciaio; qui è possibile simulare le
situazioni che si verificano nei
ghiacciai e anche studiare l’impatto che l’uomo ha su queste
formazioni. “Presso i nostri
depositi sono anche presenti i
campioni di ghiaccio più vecchi del pianeta, che raggiungono gli 820 mila anni”.
Dopo aver lavorato e studiato
campioni di ghiaccio provenienti dalle Ande, dall’Himalaya, dal Nord America, oggi
i ricercatori di EuroCold sono impegnati a individuare
un luogo che abbia traccia di
ghiaccio risalente a 1,5 milioni
di anni fa. Questo genere di ricerca si compone sia degli studi
in laboratorio, che delle spedizioni direttamente in loco.
Il professor Maggi ha già partecipato, per esempio, a dieci
spedizioni. “Ritengo infatti che
l’esperienza sia fondamentale
per lavorare meglio in laboratorio: per comprendere con
precisione come lavorare con il
ghiaccio, occorre aver visitato i
luoghi in cui il ghiaccio è ubicato”. Attorno a EuroCold ruotano studiosi e ricercatori di ogni
genere di disciplina scientifica,
dai geologici, ai chimici, ai fisici, agli ingegneri, agli scienziati
della materia, ai medici.
Eventi
Lunedì 28 luglio 2014
Ricerca
11
■ FONDAZIONE D’AMICO / Costituita nel 2004 per volontà dei coniugi D’Amico-Allegri, ha proseguito la trentennale attività dell’Associazione per la ricerca in nefrologia
In prima linea per combattere le malattie renali
Questa realtà si è distinta, a livello internazionale, nella coltivazione di alcuni tipi di cellule e nello studio delle lesioni del rene
L
a scarsità di fondi destinati alla ricerca e la non
altissima attenzione alle malattie renali non frenano l’attività della Fondazione D’Amico. Costituita nel 2004 per
volontà dei coniugi D’Amico-Allegri, la Fondazione
ha proseguito la trentennale
attività dell’Associazione per
l’aggiornamento e la ricerca
in nefrologia.
Da quindici anni il laboratorio della Fondazione è guidato da Maria Pia Rastaldi, e dal
2008 si localizza all’interno
del Policlinico di Milano dove sette operatori si occupano
della ricerca di base delle patologie delle cellule del glomerulo, l’unità filtrante del
rene. Il laboratorio lavora in
collaborazione con la divisione di Nefrologia dell’Irccs Ca’
Granda Ospedale Maggiore
Policlinico di Milano grazie
a una convenzione stipulata
con l’omonima fondazione.
La maggior parte delle malattie renali sono legate infatti
ai problemi di filtrazione che
determinano la proteinuria,
ovvero la presenza di proteine nell’urina. “Si tratta di
malattie con differenti gradi
di gravità che conosciamo
I ricercatori della Fondazione D’Amico che si occupano della
ricerca di base delle patologie delle cellule del glomerulo
ancora poco nonostante in
questi anni siano stati fatti
notevoli passi avanti”, spiega
Maria Pia Rastaldi.
La sottovalutazione di questo
tipo di malattie, anche a livello dei programmi ministeriali, è tanto più ingiustificata
visto che la frequenza delle
malattie renali croniche che
evolvono verso l’insufficienza
renale è in netto aumento negli ultimi anni in tutti i Paesi
del mondo.
Quando l’insufficienza renale
arriva al suo stadio terminale, sono possibili terapie salvavita quali il trattamento a
tempo indeterminato con il
rene artificiale (la cosiddetta
dialisi regolare periodica) e
il trapianto di rene. Soluzioni
che, oltre a peggiorare la qualità della vita del paziente, sono estremamente costose, per
cui sono di fatto accessibili a
tutti gli strati sociali solo dove esiste un sistema sanitario
pubblico.
Anche il costo della dialisi,
oltre a essere particolarmente
elevato, è in continua ascesa.
Per questo è necessario incentivare la ricerca che oggi
si concentra soprattutto sulle
malattie renali che più fre-
quentemente colpiscono la
popolazione e sono all’origine di più del 50% dei casi di
necessità di trattamento dialitico.
Si tratta in particolare, nell’età
adulta, delle malattie vascolari del rene, legate ad arteriosclerosi e ipertensione
arteriosa e la nefropatia che
complica assai frequentemente il diabete di tipo II, e,
nell’età pediatrica e giovanile,
delle glomerulonefriti croniche, delle nefropatie interstiziali (infezioni, ostruzione
Il laboratorio della Fondazione lavora con la divisione
di Nefrologia dell’Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore
Policlinico di Milano
■ UCADH / L’University Consortium for Adaptive Disorders and Head Pain comprende gli atenei di Pavia e Insubria-Varese
Gioco di squadra contro il “mal di testa”
Sei milioni di italiani soffrono di questa patologia, di cui restano molti aspetti da chiarire
N
on è solo un fastidio,
nè rappresenta sempre
un “di cui” di altre patologie.
La cefalea primaria è una patologia a sé stante, che brilla
purtroppo di luce propria.
È una vera e propria malattia che porta dolore cronico,
che ha pesanti ripercussioni sulla quotidianità e sulla
socialità delle persone che
ne soffrono. È un costo per
la comunità e una causa di
disabilità.
Comprenderne
appieno le cause, capire come sia possibile giungere a
profilassi e terapie personalizzate è lo scopo di Ucadh - University Consortium
for Adaptive Disorders and
Head pain, un consorzio
universitario composto da
due università, Pavia e Insubria-Varese, dall’Istituto
Neurologico Nazionale C.
Mondino sempre di Pavia
e dall’ospedale Fondazione
Macchi di Varese. Attorno
all’Ucadh ruotano poi centri
associati, ciascuno dei quali
vanta competenze specifiche. Obiettivo comune di
tutte le strutture, spiega Cristina Tassorelli, vice coordinatore, “è quello di capire e
curare le cefalee, soprattutto
1. UNIVERSITÀ DI PAVIA
Irccs Mondino, Headache Science Center
Irccs San Matteo
- Dolore oro-facciale
- Cefalea endocrina e riproduttiva
- Sistema tronco-encefalico e nevralgie
craniche.
2. UNIVERSITÀ INSUBRIA DI VARESE
Ospedale di Circolo & Fondazione Macchi
- Gestione della cefalea e del rischio
clinico.
5. UNIVERSITÀ DI PISA
Cefalee e disturbi del sonno.
3. UNIVERSITÀ LA SAPIENZA DI ROMA
- Diagnosi e terapia delle comorbidità
- Cefalea e dolore nell’età dello sviluppo.
6. UNIVERSITÀ AVOGADRO DI NOVARA
Pharmacogenetica.
4. UNIVERSITÀ DI FERRARA
Valutazione della disabilità e del disagio
sociale.
7. UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA
Neurofarmacologia della plasticità
neuronale.
La struttura dell’Ucadh raccoglie numerose competenze cliniche e pre-cliniche distribuite in
tutto il nostro Paese, per affrontare in maniera globale la poliedricità del problema “cefalee”:
dagli aspetti più prettamente assistenziali, ai modelli di base per lo studio in laboratorio
quelle primarie, molto frequenti nella popolazione, al
punto che pare ne soffrano 6
milioni di italiani. È vero che
di questa patologia già molto
si conosce, ma è altrettanto
vero che molte tessere del
‘puzzle cefalea’ devono an-
cora essere identificate. Per
esempio, è necessario chiarire parte dei meccanismi che
portano al verificarsi delle
cefalee e quelli che favoriscono la loro trasformazione da
episodiche a croniche”.
L’attività del consorzio, che
delle vie urinarie o uso inappropriato di alcuni farmaci)
e delle malattie ereditarie (la
più importante e diffusa fra
le quali è la malattia policistica dei reni). I progressi a cui
accennava Maria Pia Rastaldi
“hanno permesso di comprendere meglio come prevenire la proteinuria”. Un lavoro
importante, svolto anche in
collaborazione con centri di
ricerca europei, americani e
più recentemente cinesi.
In questo network internazionale che combatte contro le
ha sede a Pavia, mira dunque
a comprendere, ma anche
a fornire competenze, per
esempio in merito alla valutazione dei dati clinici, agli
aspetti di pronto soccorso
per un intervento rapido e
mirato; vengono anche inda-
gati gli aspetti farmacologici. “La cefalea non riguarda
solo il sistema del dolore,
investe anche numerose altre
strutture cerebrali deputate
al controllo di funzioni comportamentali, psicologiche,
ormonali e quant’altro. Gli
attacchi di emicrania, per
esempio, si caratterizzano
per la presenza di fastidio alla luce e nausea-vomito, ma
si associano anche a stanchezza, flessione del tono
dell’umore, necessità di isolamento. Tutto si interfaccia,
e tutto deve ssere compreso”,
precisa Tassorelli. Ecco perché l’Ucadh possiede, per
esempio, anche un laboratorio nel quale si studiano i
riflessi neurofisiologici dei
pazienti o una sede in cui si
studiano i rapporti fra sonno
e cefalea.
“La ricerca prosegue e sempre nuovi farmaci vengono
lanciati sul mercato, ma la
richiesta dei pazienti è più
stringente e urgente delle
soluzioni terapeutiche disponibili, farmacologiche e
non. Per questo il nostro impegno deve essere senza tregua”. L’Ucadh - che ha come
presidente Giuseppe Nappi,
vicepresidente
Graziano
Leonardelli,
coordinatore
scientifico Giorgio Sandrini
e Giorgio Bono come membro fondatore del board direzionale - si occupa anche
di education: ha infatti una
scuola di respiro internazionale, nella quale vengono
formati i medici di base e gli
specialisti. Strettissimo è poi
malattie del rene, la Fondazione milanese si è ritagliata
uno spazio importante a livello mondiale nella coltivazione
di alcune tipologie di cellule e
nell’interpretazione delle lesioni del rene. Senza contare
che la responsabile delle attività di ricerca è una dei due
scienziati europei che partecipano al comitato scientifico
che organizza l’edizione 2014
del congresso americano di
nefrologia.
Dal punto di vista della ricerca, la Fondazione D’Amico
partecipa a un programma
per lo sviluppo di farmaci
intelligenti. I sette ricercatori
che lavorano nel laboratorio
di Milano si occupano infatti anche dello sviluppo di
nanomedicine che dovranno
lavorare in modo diverso rispetto ai farmaci tradizionali.
Questo tipo di preparati indirizzeranno i vettori solo alle
cellule che hanno bisogno di
cure tralasciando le altre. In
pratica i farmaci andranno
solo dove effettivamente servono. Una ricerca resa possibile dalla partnership con il
Policlicnico, che fa parte del
Cen, Centro europeo di nanomedicina.
il legame con le associazioni
dei pazienti affetti da cefalea
(Alleanza Cefalalgici–Al.Ce.
ed European Headache Alliance–Eha).
Come detto, attorno all’Ucadh ruotano diversi centri
specializzati. Per esempio, a
Pavia sono in atto sinergie
con neurologi del Mondino
e con dentisti, ginecologi ed
endocrinologi. Alla Sapienza di Roma l’expertise è incentrata sul mal di testa che
colpisce i bambini, mentre a
Pisa si studiano i rapporti tra
la cefalea e il sonno. A Novara, invece, l’attenzione è nei
confronti degli aspetti farmacologici: “Si collabora con
la farmacogenetica per capire perché e come un certo
farmaco funziona meglio su
alcuni soggetti, per arrivare,
un domani, a scegliere, sulla
base di un semplice esame
del sangue, il farmaco più efficace e meglio tollerato per
ogni singolo individuo”. A
Ferrara, invece, si indagano
gli aspetti legati allo svantaggio sociale e alla disabilità
(intesa come impossibilità di
condurre una vita normale).
Le strutture - come quella di
Pavia - sono anche predisposte per il ricovero dei pazienti. “Spesso, purtroppo, la sintomatologia è troppo forte,
e la cura attraverso farmaci
sintomatici alla lunga non
risulta efficace. In questi casi
il ricovero diventa essenziale”, conclude Tassorelli.
Per ulteriori informazioni
consultare il sito Internet:
www.ucadh.org.
12 Ricerca
Eventi
Lunedì 28 luglio 2014
■ GRUPPO MULTIMEDICA / Una realtà composita che mira a valorizzare la salute in quanto diritto/dovere del cittadino
Ricerca al centro per costruire il futuro della sanità
Screening e cura del diabete, medicina perinatale e cura delle patologie oculari tra i progetti più innovativi e di pregio del Gruppo
L
a mission del Gruppo
MultiMedica – 30 anni
d’impegno nella sanità con
un Irccs, 3 ospedali, un centro
ambulatoriale
multispecialistico, un Polo scientifico e
tecnologico in collaborazione
con tre Università e il Cnr, e
Bio-Ker, azienda specializzata
nello sviluppo di nuovi farmaci biologici – è assicurare non
solo servizi sanitari ma salute.
Per questo, oltreché nell’assistenza, le strutture del Gruppo
(2.230 le persone al lavoro secondo gli indirizzi e la vigilanza della Regione Lombardia
e del ministero della Salute)
sono impegnate da anni in
progetti di ricerca, prevenzione, formazione e promozione
di una cultura che valorizzi la
salute, intesa come diritto/dovere di ogni cittadino.
Rispondono a questi obiettivi due progetti di ricerca che
hanno al centro una “malattia
sociale” come il diabete e un
percorso innovativo di presa
in carico della donna incinta
e del nascituro quale sviluppo
maturo e completo della medicina perinatale (all’Ospedale
San Giuseppe di Milano).
È finalizzato alla diagnosi precoce del diabete il progetto
“Diapason” che sta impegnando in forma congiunta l’Irccs
MultiMedica, l’Università degli Studi di Milano, la Fondazione Invernizzi, la Regione e
il ministero della Salute sotto
il coordinamento del direttore
dell’Uo di Diabetologia e Malattie Metaboliche dell’Irccs, il
dottor Stefano Genovese.
“Il presupposto del nostro
lavoro - spiega il medico - è
costituito dall’evidenza che il
10% circa dei casi di diabete
emergono a seguito di diagnosi di una complicanza della
malattia. Gli studi - prosegue
- evidenziano che mediamente il diabete è diagnosticato
con 5 anni di ritardo rispetto
alla sua reale comparsa, poiché l’aumento della glicemia è
asintomatico”.
La questione assume un peso
rilevante per la diffusione che
tale patologia ha nel Paese e a
livello internazionale. In Italia
un recente studio epidemiologico su dati Istat indica nel
2012 un 5,5% della popolazione colpita dalla malattia, con
un crescendo dai 55 anni per
arrivare al 20% di prevalenza
nella popolazione con oltre
75 anni. In sostanza, spiega
lo studio, “circa 3,3 milioni di
persone soffrono di diabete
(di cui oltre il 90% da diabete
di tipo 2) e a questi va aggiunta una quota stimabile di circa
1 milione di persone che, pur
avendo la malattia, non ne sono a conoscenza”.
È a quest’ultimo aspetto del
problema che il progetto Diapason intende dare una risposta, prefigurandosi come un
“screening
opportunistico”,
cioè indirizzato alla popolazione a rischio. “Abbiamo
coinvolto la Cmmc, una cooperativa di Medici di medicina
generale milanesi, da tempo
impegnati in un modello di
gestione integrata delle cronicità - spiega il dottor Genovese
-. Ai loro assistiti, compresi tra
i 40 e i 75 anni e con fattori
di rischio, è somministrato
un questionario denominato
Findrisc (è disponibile sul sito
www.multimedica.it).
Il punteggio che si ottiene corrisponde ad una percentuale
di rischio di ammalarsi nei
prossimi 10 anni”. A partire
dai 9 punti il rischio è del 10%,
se si arriva ai 20 punti la possibilità di ammalarsi arriva al
50%.
Quando si superano i 9 punti
nel questionario “gli assistiti
sono inviati alla nostra Unità
Operativa - illustra il dottor
Genovese - per essere sottoposti ad alcuni esami atti a
verificare se si sia già in presenza di diabete. Uno di questi
esami, non invasivo, riguarda
la misurazione dell’Age nella pelle, ovvero dei prodotti
avanzati di glicosilazione che
si accumulano se la glicemia
è alta”. Per misurare l’Age si
usa una macchina di nuova
concezione che stimola con
luce ultravioletta la loro naturale fluorescenza, rendendoli
Farmaci di frontiera per una cura più agevole delle maculopatie
L
a ricerca MultiMedica contro le malattie oculari causate dall’invecchiamento e dal
diabete è attualmente mirata
allo sviluppo di nuovi farmaci
di sintesi per la terapia della
maculopatia. La scommessa
è estremamente importante:
riuscire a produrre farmaci
da istillare come un semplice L’effetto di una nuova molecola di sintesi da instillare nell’occhio al pari di un collirio
collirio grazie al basso peso
molecolare e alla maggiore diffusibilità delle molecole con cui sono prodotti. “Un obiettivo strabili con semplici istillazioni oculari, rappresentando un
che, una volta raggiunto, migliorerebbe in modo assai signi- significativo passo in avanti rispetto all’attuale terapia che
ficativo la prevenzione e la cura di queste gravi malattie”, af- consiste nell’iniezione di farmaci direttamente nell’occhio (per
ferma il dottor Giancarlo Tonon, co-direttore del programma esempio Lucentis, o Avastin...)
La degenerazione maculare legata all’età e l’edema maculare
di ricerca.
Lo studio è condotto dai dototri Sandro De Falco e Menotti causato dal diabete sono malattie che colpiscono l’area centrale
Ruvo del Cnr di Napoli, pionieri in questi studi, con la co- della retina, detta appunto macula che consente la visione cendirezione di Giancarlo Tonon di Bio-Ker, società del Gruppo trale, necessaria per distinguere i dettagli e guidare, leggere, riconoscere oggetti. Queste malattie sono provocate dalla prolifeMultiMedica..
I nuovi farmaci di sintesi che si stanno sviluppando hanno razione di vasi sanguigni sotto la macula. In Europa si contano
un peso molecolare di 2.232 dalton, (le molecole degli attuali 20 milioni di persone che soffrono di gravi disturbi della vista e
farmaci hanno un peso molecolare tra i 50.000 e i 150.000 si prevede un aumento drammatico di queste patologie a causa
dalton) caratteristica che li rende potenzialmente sommini- dell’invecchiamento della popolazione e del diabete.
così misurabili. “Finalità del
progetto è dimostrare che l’accumulo di Age nella pelle ha
valore diagnostico al pari della misurazione della glicemia
o dell’emoglobina glicata nel
sangue – sottolinea il dottor
Genovese -. Studi del genere
sono stati compiuti in piccoli
progetti in altri Paesi, ma noi
intendiamo validare il metodo
in Italia e confermarlo con un
ampio campione di soggetti
coinvolti”. Diapason, infatti,
attuerà lo screening su 750
soggetti a rischio, individuati
tra 1500.
“I dati preliminari dello studio – conclude il medico – saranno presentati in occasione
dell’Expo 2015, dedicata ai
temi della nutrizione. La non
corretta alimentazione, infatti,
è causa del diabete e, di contro,
un’assunzione corretta del cibo può rappresentare un buon
antidoto all’esplicarsi della patologia”.
Un approccio integrato a gravidanza e nascite
Con uno staff medico di prim’ordine, l’ospedale San Giuseppe
di Milano garantisce un servizio eccellente di Medicina Perinatale
U
n’accoglienza alla futura madre e al
nascituro che integra in forma sistematica le diverse competenze professionali
mediche e degli operatori sanitari dell’ambito materno-infantile: questo è, in sintesi,
l’innovazione dei percorsi di cura che il Dipartimento materno infantile dell’ospedale
San Giuseppe di Milano, diretto dal professor Stefano Bianchi, mette in pratica per
dar vita ad un reale approccio di Medicina
Perinatale.
“Una specialità medica sviluppatasi tra gli
anni Ottanta e Novanta, grazie alle intuiMedicina Perinatale
zioni ed all’infaticabile impegno di figure come la Prof.ssa Jolanda Minoli, dacché il feto
è stato concepito come un bambino in utero,
al fine di creare un continuum dal punto di
vista diagnostico, e laddove possibile anche
di cura, prima e dopo la nascita”, premette il
professor Bianchi. Se questo è il presupposto
teorico, la messa in pratica della Medicina
Perinatale ha spesso dovuto fare i conti con
la difficoltà di sintesi delle diverse componenti sanitarie che interagiscono con madre
e bambino.
“Favoriti anche dalle nostre dimensioni, né
Il progressivo aumento
della diffusione
del diabete ha indotto
il Gruppo a impegnarsi
nel progetto Diapason
Nel 2012 la commissione Sanità del Senato ha commissionato uno studio sul diabete, definito “paradigma della
cronicità”, per mettere insieme
tutte le evidenze epidemiologiche e scientifiche di una
“malattia sociale” rispetto alla
quale occorre ribadire “il ruolo primario della prevenzione”.
“Potete trovate il questionario
Findrisc e le modalità per la
sua compilazione sul sito internet www.multimedica.it”.
troppo piccole, né troppo grandi, abbiamo
potuto realizzare un Dipartimento in cui
l’integrazione di competenze è una realtà:
– sintetizza il medico - ginecologo, ostetrica, psicologo, neonatologo, pediatra… tutti
sono concentrati in forma coordinata sulla
gravidanza prima e sul nascituro poi. L’idea
è quella della costruzione di percorsi sempre
più personalizzati, nel rispetto delle regole
mediche e di sicurezza”.
In situazioni patologiche, inoltre, l’équipe
materno infantile è in dialogo con gli altri
specialistici, per esempio con il diabetologo
nel caso di diabete gestazionale. Altro plus
dell’approccio della Medicina Perinatale è la
possibilità di offrire alla donna un percorso
individuale e, per quanto possibile rispondente alle proprie aspettative, nella gestione
della gravidanza e del parto nel rispetto della salute propria e del nascituro.
Eventi
Lunedì 28 luglio 2014
Ricerca
13
■ INAF / Osservatorio di Brera e Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica sono le sedi lombarde dell’Istituto Nazionale di Astrofisica
Specchi sempre più all’avanguardia per scrutare il cielo
L’Italia vanta la leadership nella produzione di ottiche per astronomia X. Altra sfida per la tecnologia replicante: i telescopi ottici
F
in dai tempi di Galileo, che
per primo guardò il cielo
con l’ausilio di uno strumento
ottico, chi vuole vedere meglio e più lontano deve poter
contare su uno strumento più
evoluto di quelli che l’hanno
preceduto.
Per migliorare un apparecchio
astronomico si può agire sul
parametro delle dimensioni,
costruendo specchi sempre
più grandi, oppure sul parametro della qualità, realizzando
specchi superlevigati, capaci di
controllare autonomamente la
loro forma per avere prestazioni sempre ottimali.
Le sedi lombarde dell’Istituto
Nazionale di Astrofisica (Inaf),
ovvero lo storico Osservatorio
di Brera e il più giovane Istituto
di Astrofisica Spaziale e Fisica
Cosmica (Iasf), da anni sperimentano metodi per costruire
e misurare (con tecniche innovative, basate per esempio su
elementi olografici) specchi di
tutte le forme e dimensioni.
Gli specchi vengono poi realizzati da industrie lombarde
per essere utilizzati nei quattro
angoli del globo. Negli anni ‘80
la necessità di limitare il peso
degli specchi, che gli astronomi volevano sempre più grandi, ha obbligato a usare lastre
di vetro sottili che risultavano
quindi facilmente deformabili,
peggiorando le prestazioni dei
telescopi.
“Per risolvere il problema - dice Patrizia Caraveo, direttore
dello Iasf - a Milano è stato sviluppato il controllo attivo degli
specchi. Molti piccoli pistoni
comandati da un computer rimettono in forma lo specchio,
che così è sempre perfetto”.
Si è trattato del primo passo per
potenziare la qualità delle immagini raccolte dai telescopi a
terra, ulteriormente migliorabili con la tecnica adattiva che
compensa la turbolenza atmosferica ricostruendo un’immagine nitida. Il primo sistema di
ottica attiva sviluppato a Milano è ora esposto al Deutsches
Museum Masterpieces of Science and Technology di Monaco
di Baviera.
“I nostri istituti - precisa Filippo Zerbi, responsabile dei
progetti da terra dell’Inaf
- hanno anche collaborato,
all’interno di gruppi internazionali, alla costruzione degli
strumenti sofisticati che sono
A Brera “spazio alle scuole” (e non solo)
L’immagine dell’app
che fa vedere in
tempo reale i dati
della missione Swift
il complemento essenziale dei
grandi telescopi. Nomino solo
X-Shooter, uno spettrografo
installato in uno dei quattro
grandi telescopi del Vlt in Cile
e richiestissimo dagli astronomi che utilizzano gli strumenti
dell’European Southern Observatory”.
L’astronomia ottica è solo una
parte della ricerca astronomica. Gli istituti lombardi sono
stati anche precursori nell’utilizzo degli specchi in astronomia X. Si tratta di specchi
davvero speciali, di forma
grossomodo cilindrica, internamente ricoperti di un sottile
strato d’oro pensato per far scivolare i raggi X, che rimbalzano sullo specchio come i sassi
lanciati radenti all’acqua nello
stagno. A Milano è stata messa
a punto la tecnica di produzione “a replica” degli specchi X.
La tecnologia, passata all’industria, ha reso l’Italia leader
nella produzione di ottiche per
astronomia X.
“Sono italiani - sottolinea
Oberto Citterio, decano delle
ottiche replicanti - gli specchi
che stanno volando su XmmNewton, il grande osservatorio
X dell’Agenzia Spaziale Europea, e su Swift, lo strumento della Nasa che da 10 anni
caccia i lampi di raggi gamma
e tutte le sorgenti variabili
del cielo X e gamma. Anche
la missione tedesca eRosita
monta specchi X costruiti in
Lombardia e ci sono piani per
Athena, la grande missione
dell’Esa appena selezionata,
che tra una dozzina d’anni
prenderà il posto di Xmm”.
La tecnologia “a replica” è
economicamente molto vantaggiosa ed è stata adattata per
Il satellite Agile,
decisivo per
la scoperta
della variabilità
dell’emissione
dalla nebulosa
del Granchio
costruire specchi per le più
svariate esigenze. Per abbattere
i costi, sia di fabbricazione sia
di trasporto, le superfici vengono costruite a pezzi preformati che poi si montano come
in un gigantesco puzzle.
Ma ora la grande sfida per la
tecnologia replicante sono i
telescopi che andranno a formare il Cherenkov Telescope
Array (Cta), un osservatorio
internazionale che rappresenta la frontiera nel campo
dell’astrofisica delle altissime
energie. È un insieme di strumenti progettati per rivelare
fotoni 10 trilioni di volte più
energetici di quelli della luce
visibile, prodotti dai fenomeni più violenti che avvengono
nell’universo.
Una volta penetrati nell’atmosfera, questi fotoni producono
una cascata di particelle secondarie che emettono una brevissima luminescenza bluastra: è
la “luce Cherenkov”. “I nostri
telescopi - spiega Giovanni Pareschi, direttore dell’Osservatorio di Brera - devono essere
capaci di rivelare questo debole bagliore, ma, per battere
la concorrenza internazionale,
Il rendering
del telescopio Astri
I
l museo dell’Osservatorio di Brera dell’Inaf espone gli strumenti storici usati dagli astronomi milanesi nel corso di
oltre due secoli.
Lo strumento con il quale Schiaparelli vide (o credette di
vedere) i canali di Marte è ancora al suo posto sui tetti di
palazzo Brera, dove può essere visitato e utilizzato dal pubblico, quando le condizioni meteorologiche lo permettono.
Anche le cupole di Merate, dove gli astronomi si erano rifugiati all’inizio del Novecento per sfuggire alle luci di Milano,
accolgono visite serali (www.oa-brera.inaf.it).
La sede di Brera dell’Inaf fa inoltre “spazio alle scuole” traducendo l’astronomia contemporanea in elementi di matematica e fisica, ma anche filosofia, arte e letteratura. Gli
insegnanti hanno così la possibilità di sviluppare parte dei
programmi attraverso l’astronomia, tema che riesce sempre
a risvegliare l’interesse degli studenti.
Per restare connessi con gli strumenti in orbita e sapere tutto sugli ultimi risultati, si possono scaricare le app gratuite
Swift Nasa e Agile Science, che portano direttamente sugli
smartphone i mostri del cielo. Per maggiori informazioni visitare il sito http://sky4you.iasf-milano.inaf.it.
devono anche essere leggeri e
poco costosi”.
“Grazie ai finanziamenti Inaf
- prosegue Pareschi - prima
attraverso il progetto Bandiera Astri e ora attraverso
il progetto premiale Teche.
it, abbiamo progettato un telescopio innovativo che stiamo costruendo ‘end-to-end’.
Verrà installato in settembre
in Sicilia, all’osservatorio Inaf
di Serra la Nave, sulle pendici
dell’Etna”.
Con i suoi quattro metri di
diametro, lo specchio segmentato montato sul prototipo di Astri (www.brera.inaf.
it/astri) sarà il più grande
specchio sul suolo italiano,
ma studierà i mostri dell’universo, non le normali stelle.
Patrizia Caraveo, direttore dello Iasf, riflessa sulla superficie dorata
di uno specchio X (foto di Gerald Bruneau)
Milano: l’astronomia spaziale tra passato e futuro
Dall’invenzione delle ottiche X per BeppoSax, il primo satellite
scientifico italiano, alle missioni dell’Agenzia Spaziale Europea
“È
stato Giuseppe Occhialini a iniziare l’astronomia spaziale a Milano
alla fine degli Anni ‘60 e da allora non
abbiamo mai smesso”. A dirlo è Giovanni
Bignami, presidente dell’Inaf, che non dimentica gli anni della sua tesi con il mitico
e temutissimo Beppo.
“A Milano - continua Bignami - negli anni ‘80 abbiamo inventato le ottiche X per
BeppoSax, il primo satellite scientifico italiano, e negli Anni ‘90 abbiamo coordinato
la costruzione dello strumento Epic, da
15 anni felicemente operativo a bordo di
Xmm-Newton”. Sempre a Milano è stata
realizzata una parte della strumentazione
del telescopio per astronomia gamma Agile, la prima missione scientifica italiana
costruita da un’industria spaziale con sede
in Lombardia. Benché di piccole dimensioni, la missione Agile, interamente gestita
da Inaf e Asi, si è dimostrata competitiva
a livello mondiale, portando in Italia, nel
2013, il Premio Bruno Rossi dell’American
Astronomical Society.
Gli istituti Inaf lombardi sono coinvolti
nelle missioni europee del futuro, dalla
progettazione degli strumenti di Athena,
il nuovo grande osservatorio europeo per
astronomia X, alla messa a punto del progetto per un calibratore degli specchi X della nuova missione (nella sede di Merate),
fino alla collaborazione a Solar Orbiter,
dedicato allo studio del Sole, e a Euclid,
lo strumento che indagherà sulla natura
dell’energia oscura che permea tutto l’universo.
“Un’attività a tutto campo - conclude Bignami - che dipende in buona parte dal lavoro dei nostri giovani ricercatori precari,
ai quali speriamo di poter dare una stabilità, perché sarebbe impensabile perdere
tutta l’esperienza e le capacità che hanno
acquisito”.
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Eventi
Lunedì 28 luglio 2014
■ PLASMAPROMETEO / Centro di eccellenza per la ricerca, l’innovazione e il trasferimento tecnologico di Regione Lombardia e Università di Milano Bicocca
La ricerca partner delle imprese, nel campo dei plasmi
Incoraggia lo scambio di informazioni tra imprese e mondo accademico, a favore di soluzioni innovative costruite su esigenze concrete
C
reare know-how, sostenere il progresso scientifico, realizzare una robusta
sinergia tra università e industria, formare team qualificati ad alta specializzazione
in ambito tecnologico. Nel
caso di PlasmaPrometeo,
Centro di eccellenza per la
ricerca, l’innovazione e il trasferimento tecnologico nel
campo dei plasmi, il grande
distinguo nel panorama della ricerca applicata sta negli
obiettivi e nei risultati ottenuti. Ovvero nell’aver indirizzato la ricerca fortemente
sull’applicazione finale, che
per aziende e Pmi significa
opportunità di sviluppo e di
progresso, insomma innovazione pura.
È l’imperativo che nel 2004
ha portato all’accordo di programma tra Università degli
studi di Milano - Bicocca
e Regione Lombardia per
dare vita appunto a PlasmaPrometeo. Alla base un approccio assolutamente inedito, rivolto a incoraggiare lo
scambio di informazioni tra
équipe accademica e imprese,
in una condivisione dei risultati più innovativi derivanti
dalle attività del Gruppo Plasmi del dipartimento di Fisica dell’Università degli studi
di Milano-Bicocca.
Evidente lo scopo: estendere
la conoscenza e, grazie a un
congiungimento non indifferente di forze, accrescere
la qualità scientifica e la sua
portata, per renderla più visibile e attraente, a vantaggio del mondo industriale
e della produzione. Il tutto
usufruendo di finanziamenti
nazionali ed europei per progetti di ricerca, di dimostrazione e di trasferimento tecnologico, così da innescare
un processo di finanziamento della ricerca in università
Le applicazioni industriali del plasma
L
Un plasma prodotto a bassa pressione può essere impiegato per modificare le proprietà
di superficie ed emette luce nel visibile, come una lampada al neon
e investire in nuove ricerche
applicative con aziende.
Tra i principali obiettivi del
Centro si pone senza dubbio
la ricerca e il trasferimento
tecnologico all’industria e alle imprese, per via della possibilità concreta di orientare
le proprie attività alla realtà
aziendale e alle sue esigenze.
PlasmaPrometeo gioca il
ruolo assolutamente strategico di partner delle imprese
nella ricerca e sviluppo di
tecnologie all’avanguardia e
del loro inserimento nel mercato, con forte valenza sia a
livello internazionale che europeo.
Soprattutto è partner di una
rete di eccellenza europea,
Plasmatech, “Network of
excellence for plasma technology for textiles, health,
food and environment”, per
la divulgazione e promozione delle tecnologie a plasma,
attraverso la quale collabora
con diverse aziende e centri
di ricerca a livello europeo.
Oltre a servizi mirati per
aziende e Pmi, il Centro
Gocce d’acqua su un tessuto reso superidrorepellente dal
plasma: sulla superficie rugosa del tessile è stato depositato
un sottile strato di silicone
a scienza continua a mettersi alla prova con innovazioni e
applicazioni che, grazie a tecnologie di ultima generazione,
sono in grado di rivoluzionare completamente il mondo dell’industria. È il caso delle tecnologie al plasma, ormai tanto diffuse
da divenire un processo standard in settori come la microelettronica e l’ottica. Ma non solo. Perché oggi il loro uso si è allargato a tessile, farmaceutico, packaging, cartario, alimentare,
beni culturali e a molti altri comparti industriali. Il merito va
all’efficacia d’impiego di tali tecnologie e alla sorprendente versatilità nei processi di superficie, che di fatto hanno consentito
di soppiantare tecniche meno flessibili. Non basta. Un apporto
sostanziale, pressoché insostituibile, è quello nell’ambito della
tutela ambientale, dove si sono ottenuti non pochi vantaggi con
trattamenti al plasma rispetto a quelli superficiali tradizionali.
La spiegazione è semplice: la tecnologia del plasma è un processo a secco che non richiede solventi o prodotti chimici a rischio
per l’ambiente.
lombardo si dota delle più
moderne apparecchiature e
strumentazioni.
Tra queste vi sono reattori
a plasma (bassa pressione e
pressione atmosferica), sistemi di controllo dei processi,
sistemi di diagnostica dei
plasmi, strumentazione per
le analisi chimico-fisiche dei
materiali e dei gas, sistemi di
impiantazione ionica e manipolazione su scala nanometrica delle superfici, e infine
modelli teorici di simulazione delle scariche nei gas.
Per ulteriori informazioni
consultare il sito Internet:
w w w. p l a s m a p r o m e t e o .
unimib.it
Depositi
a plasma
che imitano
la natura
nella scala
microscopica
del millesimo
di millimetro:
strutture
colonnari
e ad albero
Nuove superfici tessili create mimando la natura
I trattamenti al plasma ampliano notevolmente le possibilità
funzionali dei materiali e tessuti, senza inquinare l’ambiente
E
fficacia, versatilità, vantaggi sotto ogni
profilo. La ricerca di nuovi processi di
trattamento dei materiali con la tecnologia dei plasmi soppianta le tecniche meno flessibili e guadagna terreno anche in
campo tessile. In prima linea naturalmente il Centro d’eccellenza PlasmaPrometeo:
diversi i brevetti depositati, tra cui due
specificatamente sul trattamento dei tessili
a pressione atmosferica, dei quali il più recente, sui rivestimenti funzionalizzanti, è
del 2013. In più il Centro ha collaborato e
collabora nell’ambito di progetti nazionali
ed europei con importanti aziende tessili,
tra queste ci sono Loro Piana, Gruppo Saati e Pirelli.
“Grazie alle recenti scoperte del plasma atmosferico, è possibile impiegare il plasma
per il trattamento dei tessili alle velocità
attuali di produzione. E creare, imitando
la natura, superficie tessili super idrorepellenti, oleorepellenti, antimacchia, nonché
multifunzionalità di superficie che non
modificano le proprietà organolettiche, di
mano, di traspirabilità e di colorazione”. A
spiegarlo è Claudia Riccardi, direttrice del
Centro di ricerca PlasmaPrometeo.
Partiamo proprio dalla super idrorepellenza: artificialmente, con l’uso dei processi a
plasma, è possibile creare superfici super
idrorepellenti mediante l’applicazione sulle
superfici tessili di depositi specifici molto
sottili, invisibili (milionesimi di millimetro), che modificano le proprietà chimiche
insieme alla struttura microscopica. “Spesso le fibre tessili naturali - dice il direttore
- presentano già naturalmente strutture
microscopiche, quindi con il plasma è
sufficiente modificare la proprietà chimica, ad esempio depositando o legando
molecole idrofobiche sulla superficie”. Su
questa superficie modificata, una goccia
d’acqua rimane come sospesa; tra la goccia
d’acqua e la superficie tessile si intrappola
uno strato di aria. Ed è il risultato di due
effetti: il deposito idrorepellente creato con
il plasma e la struttura microscopica del
tessile.
Un’altra proprietà delle superfici super
idrorepellenti è l’effetto autopulente (le
gocce d’acqua che rotolano sulla superficie
rimuovono da questa le impurità presenti in forma di polvere). Vi è poi l’aumento
della tingibilità e della stampabilità, nonché la proprietà antibatterica per il tessile tecnico, insieme a scivolosità, attrito,
antistaticità e filtrazione. Soprattutto, si
depositano quantità molto piccole di prodotto chimico, centesimi di grammo al m2,
contro grammi al m2 ottenuti con i processi convenzionali attualmente impiegati
nell’industria. “Dunque si risparmia in
consumo di materiali - sottolinea la ricercatrice -. Oltretutto, i processi al plasma
non impiegano l’acqua poiché sono processi a secco, pertanto nel settore produttivo
tessile si ha grande risparmio di acqua”. Si
può dire che le tecnologie al plasma sono a
basso impatto ambientale.
Fattori particolarmente importanti dell’innovazione della tecnologia a plasma sono
che si generano nuovi prodotti o si modifica la loro destinazione d’uso. Da qui la
possibilità per un materiale trattato di essere impiegato in applicazioni tecnologiche
diverse da quelle tradizionali grazie alle
nuove proprietà di superficie, benché continui a mantenere tutte le usuali proprietà
di volume. “Sono trattamenti utili in presenza di materiali con adeguate proprietà
di volume, ma le cui proprietà di superficie non soddisfano la destinazione d’uso
- spiega ancora la Riccardi -. Ad esempio
pensiamo ai materiali impiegati nella realizzazione di protesi, by-pass ed in generale di tutti i dispositivi che devono risiedere
nel corpo umano. La maggior parte di
questi materiali non possiede però le caratteristiche di superficie adatte a questo tipo
di applicazioni e ciò ne limita l’utilizzo. In
tale caso i trattamenti al plasma sono una
soluzione ottimale in quanto permettono
di modificare la superficie, andando così
ad aumentare la capacità del biomateriale
di integrarsi con i tessuti, senza modificare
le caratteristiche di bulk del materiale”. Il
ruolo del plasma nel trattamento dei materiali è quello di dissociare molecole di gas
creandone di nuove chimicamente reattive
che, interagendo con la superficie, ne modificano le proprietà chimiche e fisiche. Si
parla di processo plasmo-chimico, o processo chimico indotto dal plasma.
Eventi
Lunedì 28 luglio 2014
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■ FONDAZIONE CIFE / Il Centro Internazionale di Fotonica per Energia è stato fondato a Milano nel 2012 da Politecnico, Cnr e Pirelli ed è diretto da Giorgio Grasso
Il fotovoltaico intelligente che batte crisi e concorrenza
Il prototipo, già sviluppato, inserito in un progetto pluripartecipato per la produzione. A fine anno già sui tetti di alcuni atenei
U
n pannello fotovoltaico
intelligente dalle caratteristiche e resa tali da sbaragliare la crisi e la concorrenza.
Lo ha studiato e sviluppato la
Fondazione Cife, il Centro Internazionale di Fotonica per
Energia fondato a Milano nel
2012 da Politecnico, Cnr e Pirelli e presieduto da Lucio Pinto. E adesso, dopo averlo sviluppato, ha inserito il prototipo
in un progetto pluripartecipato
per la messa in produzione del
pannello.
Ma come si configura questa
nuova soluzione fotovoltaica
intelligente? “Da una parte spiega Giorgio Grasso, direttore generale di Cife - consente
l’accumulo elettrico grazie a un
super capacitore che supera i
problemi dati da una batteria,
e dall’altra permette l’accumulo
termico catturando circa il 70%
del calore che abitualmente va
disperso, con la possibilità di
convogliarlo in una macchina
termica per il raffrescamento
degli edifici (solar cooling)”.
Dunque la Fondazione Cife
ha realizzato un pannello che
non solo trasforma l’energia
solare in energia elettrica, ma
che è anche in grado di accumulare tale energia, se non im-
Il direttore Giorgio Grasso (a sinistra) con la squadra
dei ricercatori del Cife
mediatamente utilizzata, per
rilasciarla quando serve. Si fa
così un passo avanti notevole
per consumare sul posto l’energia prodotta, in particolare
nelle utenze residenziali. “Attualmente per queste utenze
- prosegue Grasso - in genere
la quota di autoconsumo arriva al 30%. Con la nostra soluzione si può arrivare all’80%
di autoconsumo”, grazie a un
componente elettronico integrato (il super capacitore) sulla
parte posteriore che ha la stes-
sa vita del pannello e che ne aumenta la capacità elettrica. “Se
si ha un pannello di 200 watt
- specifica Grasso - l’accumulo
può essere compreso tra i 200 e
i 400 Wh, corrispondente a 1-2
ore di energia prodotta con irraggiamento a pieno sole”.
Per un utilizzo intelligente di
tale funzione, il pannello deve sapere quando accumulare
e quando rilasciare energia
elettrica alla rete. Perciò è dotato di una scheda elettronica
nella quale risiede un software
di energy management che comunica con la rete elettrica per
determinare in modo interattivo quanta energia produrre e
quanta immagazzinare.
Il pannello fa fare progressi al
sistema del fotovoltaico anche
sul fronte dell’accumulo termico, grazie alla sua caratteristica di pannello statico a bassa
concentrazione. “Attualmente
- afferma Grasso - i pannelli
trasformano in energia elettrica circa il 15-20% dell’energia
solare che captano, mentre la
parte rimanente si disperde
in calore. La conformazione
statica a bassa concentrazione
del nostro pannello permette
di concentrare la luce di un
fattore 4-7 e, attraverso uno
scambiatore di calore con fluido a base di nanoparticelle, di
produrre il calore ad alta temperatura - (circa 80-90 gradi)
- una possibile applicazione di
tali pannelli è l’alimentazione
di macchine di solar cooling
per il raffrescamento degli
ambienti”. In sostanza, con il
calore non più disperso “si può
produrre
condizionamento
con energia locale”, sintetizza
Grasso, trovando così un’alter-
Il pannello fotovoltaico intelligente
nativa alla creazione di picchi
di richiesta di energia alla rete
durante il periodo estivo.
Da un punto di vista tecnologico il nuovo pannello ha il
concentratore fotonico sotto
la copertura di vetro, e nello strato sottostante presenta
celle fotovoltaiche di silicio ad
alta efficienza. Nello strato ancora inferiore è posizionato lo
scambiatore di calore fluido,
e nella parte retrostante sono
attivi il supercondensatore e
la relativa elettronica di carica/
scarica e controllo.
Dopo la ricerca, la validazione
dei risultati e la richiesta di
brevettazione già inoltrata,
la Fondazione sta per veder
realizzato il processo di industrializzazione dei pannelli
intelligenti. Grazie infatti al
“Progetto scuola” sostenuto
da fondi della Regione Lombardia nell’ambito dei bandi
di smart city e al quale partecipano la Fondazione con
l’Università di Brescia, il Politecnico di Milano, la società
A2A e una decina di aziende
private, entro un anno i pannelli fotovoltaici intelligenti
saranno operativi sui tetti di
alcuni edifici dell’ateneo di
Brescia e del Politecnico.
■ FONDAZIONE BERLUCCHI / Nata il 14 ottobre 2000 dopo la scomparsa di Guido
Per la cultura della medicina palliativa
Accanto al sostegno alla ricerca scientifica, l’internazionalizzazione e il non profit
S
ono le cure palliative l’ultima frontiera dell’impegno
della Fondazione Guido Berlucchi. Nella consapevolezza
che la lotta al cancro non debba
mai perdere di vista la qualità
di vita del malato, la Onlus bresciana, con sede a Borgonato
in Franciacorta (Brescia), ha
scelto di essere soggetto attivo
per far crescere la cultura della
medicina palliativa sull’interno
territorio nazionale.
“Non più un semplice soggetto
in grado sostenere con ingenti risorse la ricerca scientifica
in campo oncologico, ma un
protagonista che concorre
alla realizzazione di un nuovo modello di cure - spiega il
presidente della Fondazione
Berlucchi, Alessandro Paterlini
-. Per questo abbiamo dapprima iniziato a collaborare con
l’Asl di Brescia per un periodo
di 3 anni e un contributo di
340.000 euro. Successivamente, la nostra disponibilità e un
impegno finanziario di 300.000
euro hanno permesso all’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Age.Na.S) di
sviluppare su scala nazionale iniziative inerenti al tema
della palliazione domiciliare,
come l’importante progetto
sperimentale Teseo-Arianna”.
“Recentemente - prosegue il
presidente Paterlini - abbiamo
iniziato una collaborazione
con le storiche fondazioni Floriani e Lefebvre per potenziare
gli strumenti di controllo indispensabili a rendere questo
settore sanitario, in crescente
sviluppo, adeguato alle realtà
di una domanda in aumento
e a necessità sempre più pressanti. La Fondazione, insomma, sta dimostrando non solo
Alessandro
Paterlini
e Franco
Ziliani
nuovo interesse, ma un profondo coinvolgimento a tutti i
livelli, testimoniato anche dal
legame sempre più stretto con
la Società italiana cure palliative”. La vicinanza con l’ex
segretario della stessa Società
italiana cure palliative, consulente da pochi giorni della
Fondazione bresciana, Gianlorenzo Scaccabarozzi, dimostra
quanta sia l’attenzione verso
questa criticità che dal pianeta salute si configura sem-
pre più un’emergenza sociale.
Questo riposizionamento operativo in direzione della medicina palliativa, tuttavia, non
comporta per la Fondazione
un minor impegno nei confronti degli obiettivi tradizionali che da quasi quindici anni
ne caratterizzano la mission.
Non viene meno, quindi, il sostegno alla ricerca scientifica
con 200.000 euro stanziati solo
nell’ultimo anno per le borse di
studio a giovani ricercatori e
per i progetti sviluppati da professionisti affermati.
Di recente, poi, la Fondazione ha puntato in modo deciso
sull’internazionalizzazione,
deliberando un finanziamento
di 150.000 euro annui per due
anni, per un progetto di collaborazione tra la prestigiosa
università statunitense di Yale
e l’Università degli Studi di
Brescia, per l’applicazione delle
nanotecnologie contro i tumori dell’ovaia. Prosegue positivamente anche la collaborazione
con altre importanti realtà del
no profit privato bresciano.
Con una di queste la Fondazione Berlucchi ha unito le forze
per finanziare con una borsa
di studio un corso di 5 anni alla
nuova Scuola di specialità on-
Il consiglio
d’amministrazione della
Fondazione
Berlucchi
all’ingresso della
storica sede in
Franciacorta
cologica che l’Università Statale
di Brescia ha avviato con l’ultimo anno accademico, mentre
nei mesi scorsi, insieme ad altre
tre fondazioni locali, ha contribuito a un progetto dell’Asl, che
ha allestito un’unità mobile per
raggiungere i numerosi comuni del territorio per il pap test
in aree della provincia bresciana meno servite da presidi sanitari fissi.
Negli ultimi anni, infine, non
sono mancati interventi a favore delle strutture sanitarie bresciane. Nel 2010, insieme alla
Poliambulanza, la Fondazione
ha contribuito alla realizzazione del Centro di Radioterapia
Guido Berlucchi all’interno
della clinica bresciana, finanziando con 1 milione e 600.000
euro l’acquisto di un acceleratore lineare. La Fondazione ha
inoltre donato, con un esborso
di circa due milioni di euro,
una sofisticata apparecchiatura Pet/Ct all’Ospedale Civile di
Brescia per il Centro intitolato
a Guido Berlucchi, presso la
Medicina Nucleare, inaugurato
il 21 novembre 2011.
La Fondazione, nata il 14 ottobre 2000 con la scomparsa di
Guido Berlucchi, è guidata da
un Consiglio di Amministrazione che si avvale del supporto
di un Comitato Tecnico Scientifico presieduto da Ermanno
Ancona. Il presidente onorario
è Francesco Carpani Glisenti,
presidente Alessandro Paterlini, consiglieri Ermanno Ancona, Giambattista Bruni Conter,
Guido Carpani Glisenti, Maria
Pia Ferrettini, Ninì Ferrari,
Enrico Gialdini Porro Savoldi,
Pierangelo Gramignola, Giuseppe Onofri, Andrea Pelizzari,
Augusto Preti, Arturo Ziliani,
infine il direttore è Angiolino
Legrenzi.
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Eventi
Lunedì 28 luglio 2014
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