Anno CXVII - N° 11-12 - Poste Italiane S.p.A. - Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1, DCB Roma LEGA NAVALE PERIODICO DELLA LEGA NAVALE ITALIANA DAL 1897 NOVEMBRE DICEMBRE 2 014 È tempo di regali Per Natale dona l’iscrizione alla Lega Navale a un amico che ti è caro. Te ne sarà grato per sempre. Sommario Lettere al Direttore Editoriale 5 Paolo Bembo Il giuramento degli allievi dell’Accademia Navale visto dal lato del brigantino interrato Alfredo Cappellini (vedi articolo a pag. 6) • L’Accademia Navale di Livorno Nicola Burattini • Anno CXVII - n. 11-12 novembre-dicembre 2014 Direttore Responsabile Paolo Bembo Capre, tonnare e mari tropicali Franco Maria Puddu • 3 PON-PACS Claudio Boccalatte 6 10 18 Sub • Redazione Franco Maria Puddu La sicurezza dei sub (3) Respiriamo sott’acqua Direzione - Amministrazione Via Guidubaldo Del Monte, 54 00197 Roma tel. 06 809159203-fax 06 809159205 C.C. post. 30719009 www.leganavale.it e-mail: [email protected] Registrazione Tribunale di Roma n. 7727 del 24.10.1960 Poste Italiane S.p.A. Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB Roma • Alberico Barbato Kystkultur Giovanni Panella Stilgrafica srl Via Ignazio Pettinengo, 31/33 00159 Roma - tel. 06 43588200 www.stilgrafica.com e-mail: [email protected] Iscrizione R.O.C. n. 9378 La rivista viene inviata ai soci vitalizi, benemeriti, ordinari e studenti. Manoscritti fotografie e disegni, pubblicati o no, non si restituiscono. ISSN 0024-032X finito di stampare nel mese di novembre 2014 La voce del diportista • • Mare e cielo Domenico Macaluso • L’isola senza futuro Claudio Ressmann • Pianificare l’accostata con il rate of turn Riccardo Fava Stampa 23 Recensioni e segnalazioni 44 29 Evento straordinario in mare Aniello Raiola 46 Emergenza sanitaria 35 • Apparato digerente Umberto Verna 47 Corso di pesca • 40 42 Gira, gira… la girella Riccardo Zago Cronache delle Sezioni e Delegazioni RICORDIAMOCI DEI NOSTRI FUCILIERI DI MARINA Mostriamo loro la nostra solidarietà inviando una e-mail a [email protected] 48 51 Lettere al Direttore Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera sul Progetto Mediterranea, 5 anni a vela in tutto il Mediterraneo, Mar Nero e Mar Rosso settentrionale, a fini nautici, culturali e scientifici. Caro Direttore, scendere lungo due o trecento miglia per l’Italia orientale ricevendo quasi sempre una splendida accoglienza, un grande entusiasmo, da parte delle sedi locali della Lega Navale è un evento entusiasmante. Ecco cos’è stato il primo tratto di navigazione di Mediterranea (www.progettomediterranea.com), un autentico tripudio di incontri, accoglienze, relazioni, a Trani come a Otranto, a San Benedetto del Tronto come a Vieste. Presidenti gentili, sensibili al nostro progetto, ormeggiatori accoglienti e disponibili, a cui si sono aggiunti altri ancora. Dunque una sensibilità marinara esiste ancora in Italia. Che bella, insperata scoperta per Mediterranea! “Da Trani ad Otranto, ci siamo sentiti sempre come a casa. Anche quando abbiamo dovuto cambiare improvvisamente i programmi, per motivi legati alla meteo, i delegati della Lega Navale ci hanno sempre supportati, bastava una telefonata per risolvere qualsiasi tipo di problema. Personalmente, non dimenticherò mai la calorosa accoglienza e l’ospitalità ricevuta ad Otranto, dove tutti si sono prodigati per rendere confortevole e piacevole la permanenza di Mediterranea in questa meravigliosa città che porterò sempre nel cuore.” Come mi ha detto Daniela Di Ciaccio, responsabile dei progetti per Mediterranea. Da Otranto, dalle spire accoglienti e generose del vulcanico delegato regionale della Lega Navale ing. Andrea Retucci, siamo saltati ormai in Grecia, costa occidentale, le isole, poi il Peloponneso, fino a Koroni, dove ci troviamo adesso, splendido castello veneziano gemello di Methoni. Buona vela, qualche problema tecnico usuale, come per chiunque viaggi, ma il nostro Mikado di 60 piedi va assai bene dopo i pesanti lavori invernali a San Benedetto del Tronto, porto dal quale lo scorso 17 maggio è partita la spedizione nata da un gruppo di appassionati di navigazione e Mediterraneo, che si concluderà a Genova, tra cinque anni, dopo aver percorso circa 20.000 miglia (32.000 km), facendo scalo in oltre 100 centri costieri di 29 paesi. Solo cinque settimane, fin qui, poco rispetto alle 260 settimane che trascorreremo a bordo navigando per Mediterraneo, Mar Nero e Mar Rosso settentrionale. Ma sufficienti a farci già assaporare il senso profondo della nostra spedizione culturale, nautica, scientifica. Negli incontri con scrittori del Mediterraneo che effettuiamo a bordo emergono parole sensate, sapide, significati della nostra storia, della nostra epoca, del nostro mondo. Nei prelievi di microplastiche, di plancton che effettuiamo a bordo, da soli o in compagnia dei ricercatori, emerge il dramma del mare, minacciato, trascurato, dimenticato. Nell’osservazione delle meduse, nei test sui sistemi meteo del CMCC (Centro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici) del Salento applichiamo il nostro tempo e la nostra attenzione al mare. Nel bordare una vela, infine, ripercorriamo i gesti dei nostri antenati, e ne siamo consapevoli, compresi, coinvolti. Ecco la spedizione di Mediterranea, che ieri navigava nel primo dei due grandi golfi del Peloponneso meridionale con quattro vele a riva, e con una brezza fresca che la faceva filare a otto splendidi nodi. Quello che conta per noi è essere salpati, essere qui, a fare quello che è giusto fare, per quello che davvero siamo. Uomini di mare che guardano verso prua più di quanto non si specchino nella propria scia. Simone Perotti (ideatore del progetto e comandante di Mediterranea) novembre-dicembre 2014 3 Editoriale L a Lega Navale, sin dalla sua nascita, ha identificato nella Marina Militare la sua matrice, il suo riferimento ideale. Il regolamento della LNI è inserito nell’ordinamento militare con DPR 15 marzo 2010, n.90. Il nostro status pubblico è quindi chiaro, oltre che consolidato e non è in discussione. Fra l’altro, da esso traiamo quell’autorevolezza che rende la LNI “altra” rispetto ad ogni associazione vagamente similare. Fatta questa premessa, speriamo che per quando queste righe andranno in stampa, la ragione abbia prevalso. Si perché mentre sto scrivendo, la Lega Navale Italiana sta attraversando un momento di semiparalisi istituzionale, generato da provvedimenti legislativi che apparentemente contrastano con uno statuto, per altro recentemente approvato; contrastano altresì con il resto della normativa, nonché con la prassi consolidata degli ultimi anni che per altro aveva dato prova di essere sufficientemente valida. Da marzo, infatti, tutti gli organi direttivi, a cominciare dal Presidente Nazionale e dal vice Presidente, sono decaduti, con un conseguente blocco decisionale, in quanto ogni provvedimento necessario al funzionamento dell’Associazione, non può essere adottato. Se ciò sta avvenendo, non è per cattiveria o malevolenza nei confronti dell’Associazione; si tratta solo di scarsa conoscenza e in qualche caso di eccesso di burocrazia da parte dell’esecutivo. Esso ritiene che la Lega Navale debba essere destinataria di provvedimenti che sicuramente giusti nella loro generalità, andrebbero però applicati caso per caso, specie per quegli Enti pubblici di natura associativa, come la Lega Navale, che non gravano sul bilancio dello Stato e ai quali lo stesso legislatore ha riconosciuto una propria specificità con il comma 2 bis dell’articolo 2 del DL 31 agosto 2013, n. 101. Oltretutto, se così non si procedesse, ne risulterebbe svilito lo Statuto recentemente rinnovato dopo anni di studi. Vi immaginate un Presidente Nazionale ed un vice Presidente che decadano dopo un mandato di solo un anno? Ma così non c’è nemmeno il tempo di conoscere la realtà dell’Associazione, figurarsi guidarla verso il raggiungimento degli scopi istituzionali! E poi, sempre seguendo questa nuova norma ed applicandola alla LNI, i delegati regionali e lo stesso Direttore Responsabile della Rivista non potrebbero più essere dei pensionati. Beh! Va bene il concetto di “largo ai giovani!”, ma la LNI, che è una struttura che opera soprattutto a favore dei giovani, lo fa basandosi su conoscenze consolidate, aventi background di oltre un secolo che solo l’esperienza che deriva da una certa età permette di accumulare. Inoltre, solo un pensionato potrebbe dedicare tante energie all’Associazione; per chi fosse già professionalmente impegnato, l’attività a favore della Lega Navale potrebbe svolgersi solo a margine dei propri impegni primari. La situazione è tale che l’impasse prevale su tutto anche perché, diciamocelo pure, spesso, il trincerarsi dietro la burocrazia sottintende una scarsa voglia di approfondire e di elaborare una soluzione atta ad adattare la nuova norma ad una situazione atipica. Dov’è finito il genio latino?! In una pigra accettazione acritica di una variante che però non è applicabile. Se ciò capitasse in una Sezione, sarebbe da commissariarla ma poiché l’inadeguatezza normativa non è frutto delle azioni/decisioni né di una specifica Sezione, né della Lega Navale nel suo insieme, può il responsabile governativo commissariare se stesso? A questo punto non resta che augurare a tutti voi, da parte mia e della Redazione, un sereno Natale ed un prospero Anno Nuovo. novembre-dicembre 2014 Paolo Bembo 5 L’Accademia Navale di Livorno di Nicola Burattini D La formazione dell’ufficiale di Marina in Accademia Navale al 1881, l’Accademia Navale di Livorno ha la missione di selezionare, istruire ed educare i giovani allievi affinché assimilino i più alti valori etici e morali per diventare leader capaci di assumere sempre il controllo degli eventi ed affrontare tutte le sfide del futuro. L’Istituto è nato dalla fusione delle due Scuole di Marina preunitarie di Genova e Napoli, in base a quanto deciso dall’allora ministro della Marina, il generale del Genio Navale Benedetto Brin. Da allora, per 133 anni, tutti gli ufficiali hanno frequentato questo Istituto che rappresenta l’eccellenza della formazione militare e professionale, in un ideale connubio tra passato e presente, tradizione ed innovazione. L’accesso all’Accademia Navale avviene tramite un concorso pubblico che prevede un articolato processo di selezione, costituito da più fasi, durante le quali si vanno a ricercare, in base alle attitudini intellettive e caratteriali, giovani uomini e, dal 2000, donne idonei a ricoprire incarichi di responsabili- 6 novembre-dicembre 2014 tà e prestigio all’interno della Forza Armata. L’iter accademico degli ufficiali richiede un giusto equilibrio di cultura universitaria e preparazione professionale. Educazione e formazione: questi due aspetti si rivelano entrambi sostanziali per la costruzione dei futuri comandanti, nonché leader della Forza Armata. L’educazione è composta da tutti quegli elementi peculiari del militare e del marinaio, infatti gli allievi e frequentatori dell’Accademia vengono inquadrati, fin dal primo giorno, tramite attività etico-militari, professionali-marinaresche e ginnicosportive. Un obbiettivo in tre fasi Gli obbiettivi dell’educazione vengono raggiunti attraverso tre fasi distinte, ma consequenziali ed interconnesse. La prima fase è quella di formazione del militare, che si articola in attività marziali quali la marcia e l’addestramento formale. Il secondo momento è quello di indottrinamento ma- In un’aula dell’Accademia Navale di Livorno, allievi 1ª classe impegnati nel compito di nautica; in apertura, il crest dell’Accademia rinaresco, in cui l’allievo deve diventare oltre che un militare, un marinaio. Infine, si conclude con la più lunga e complessa fase di strutturazione dell’ufficiale, ponendo quelle basi su cui ognuno di loro con impegno, professionalità e dedizione costruirà il professionista, il comandante ed infine il dirigente. Le attività propedeutiche all’educazione militare, marinaresca e professionale sono numerose e diversificate. Grande importanza è riservata alle attività marinaresche e in par- Nel piazzale dell’Accademia, il comandante alla classe, capitano di corvetta Alessandro Trivisonne ispeziona gli allievi novembre-dicembre 2014 7 Questo olio realizzato dal pittore di Marina Marc Sardelli, prende lo spunto da un momento della crociera estiva degli allievi di 1ª classe mentre manovrano le vele sui pennoni della nave scuola Amerigo Vespucci ticolare alla vela, che meglio di tutte incarna lo spirito di corpo e di sacrificio che devono essere peculiari dell’equipaggio di una nave. Inoltre si dà notevole spazio alla formazione ginnico-sportiva seguendo la massima latina “mens sana in corpore sano”. L’importanza della vela La vela in particolare, non viene annoverata in Accademia tra gli sport ma è ritenuta un’attività professionale che risulta elemento cardine nella formazione marinaresca e funzionale allo sviluppo dello spirito di squadra e delle doti di comando. La vela insegna infatti il rispetto del mare, il concetto di equipaggio, la condotta del personale e la cura e manutenzione del mezzo, caratteristiche queste fondamentali nella formazione dei futuri leader della Forza Armata. Altro elemento indispensabile è lo sviluppo della 8 novembre-dicembre 2014 cultura marinaresca che avviene tramite diverse attività sia teoriche che pratiche. In particolare, durante il primo anno, gli allievi si addestrano sul brigantino interrato, posto al centro del piazzale dell’Accademia, di cui rappresenta anche uno dei simboli distintivi. Tramite l’attività di brigantino vengono insegnate le principali manovre marinaresche e si impara a salire a riva per aprire e serrare le vele, attività propedeutiche alla campagna estiva che si svolge, al termine del primo anno, a bordo della nave scuola Amerigo Vespucci. L’istruzione, quale secondo elemento integrativo della formazione, viene perseguita tramite un rapporto formativo sinergico e consolidato con la prestigiosa Università di Pisa, che contribuisce in maniera decisiva alla crescita culturale e alla formazione degli ufficiali di Marina. L’iter di studi per i vari corpi è stato progressivamente rimodula- Lo sport, complementare allo studio, ha grande importanza nella vita dell’allievo; nella foto, la squadra di rugby dell’Accademia Navale (maglie bianche e blu) incontra una squadra esterna to e ristrutturato, per adattarlo alle esigenze dell’Istituto e della Forza Armata, in modo da dare sempre le giuste conoscenze e competenze ai frequentatori. Adeguare i processi formativi Nell’ottica di un continuo adeguamento del processo formativo alle nuove esigenze di impiego, lo stesso è stato recentemente aggiornato focalizzando la formazione più verso gli aspetti pratici e professionali piuttosto che su quelli teorici e astratti. Tale aggiornamento ha comportato in particolare la rimodulazione dell’iter formativo di base degli ufficiali di vascello da cinque a tre anni, in modo da favorire un immediato impiego degli stessi nelle realtà operative di bordo. È fondamentale infatti che gli ufficiali acquisiscano fin da giovani, grazie all’esperienza di imbarco, le doti di flessibilità e pragmatismo necessarie per gestire con serenità e consapevolezza tutte le problematiche che si possono presentare nell’at- Classe Frequentatori 1ª Classe 92 2ª Classe 95 3ª Classe 87 I Anno Applicativo 109 II Anno Applicativo 70 TOTALE 453 La tabella indica il numero di frequentatori per le singole classi presenti in Accademia (aggiornato al 30 giugno 2014) tuale complesso scenario nazionale ed internazionale in cui la Marina si trova ad operare in prima linea. La formazione degli ufficiali è quindi un percorso che punta sempre all’eccellenza, per poter consegnare al sacro dovere di difesa della Patria, uomini e donne preparati e competenti, pronti ad affrontare le sfide che il futuro ci riserva. ■ novembre-dicembre 2014 9 Capre, tonnare e mari tropicali di Franco Maria Puddu “C La storia, la solitudine, la gastronomia e le bellezze della natura compongono un quadro unico al mondo; le isole Egadi ’è qui un cieco dalla fronte / grande e bianca come una nuvola. / E tutti noi suonatori, / dal più grande al più umile, / scrittori di musica e narratori di storie, / sediamo ai suoi piedi / e lo ascoltiamo cantare della caduta di Troia.”. Così fa dire Edgar Lee Masters all’epitaffio scolpito sulla lapide del suonatore Jack, nella sua “Antologia di Spoon River”. A ben pensarci, fu proprio Omero il primo sponsor del piccolo arcipelago delle Egadi, posto ad ovest della Sicilia, a una manciata di miglia dalla costiera che va da Trapani a Marsala, quando ebbe a parlarne nell’Odissea, il poema epico noto ovunque nel mondo che, assieme all’Iliade, è considerato un testo fondamentale della cultura classica occidentale, per la precisione con l’episodio che vede lo scaltro Re di Itaca, Ulisse, beffarsi del malaccorto ciclope Polifemo e sfuggirgli, assieme ai suoi compagni superstiti, accecandolo. Il gruppetto di isole era noto ai greci come Aegatae, ossia isole delle capre, nome che venne poi adottato dai romani sotto la forma di Aegates. Sin da allora, nessuno le considerò mai un territorio particolarmente ricco o dotato; consisteva, infatti, di tre piccole isole (oggi Favignana, Levanzo e Marettimo), un isolotto (Formica), le isolette dello Stagno- 10 novembre-dicembre 2014 ne, che sorgono dall’omonima laguna posta sottocosta poco al di sopra di Trapani, che geograficamente fanno parte delle Egadi, e sono Isola Grande, San Pantaleo (anticamente Mozia), Santa Maria e La Schola, tutte praticamente disabitate; infine Galera, Galeotta e Fariglione, niente altro che tre brulli scogli. Il tutto per una superficie di appena 37,45 km², sulla quale, ai nostri giorni, risiedono piccole comunità per un totale, più o meno, di 4.300 abitanti. È vero che nel periodo delle vacanze estive questa cifra cresce a dismisura, ma sta di fatto che per vivere stabilmente in queste località, raggiungibili solo via mare e che per questo soffrono di tutti i non pochi disagi propri delle isole, specie se piccole, bisogna avere una forte motivazione, un grande attaccamento alla propria terra e tanto amore per la natura. Altrimenti non è facile adattarsi a determinate condizioni. Vacanzieri che ignorano i mari italiani Molti italiani si ricordano solo di tanto in tanto di appartenere ad un “popolo di navigatori”, e hanno il discutibile vezzo di dichiararsi grandi amanti del mare solo quando parlano di quello delle Mal- Olio su tela del 1874 del pittore accademico francese William-Adolphe Bouguereau (1825-1905) raffigurante “Omero e la sua guida”; in apertura, lo stemma del Comune di Favignana dive, delle Seychelles, di Sharm el Sheick, di ovunque si trovino splendidi resort, strutture di primo livello e situazioni logistiche che rasentano il lusso e non di rado la pacchianeria, snobbando bellamente le mille splendide località del nostro Paese, raggiungibili spesso con modeste cifre e tempi contenuti, dove si possono trovare natura incontaminata, mari cristallini, candidi arenili e fondali da favola, belli almeno quanto quelli vantati, in giro per il mondo, dai depliant delle più rinomate agenzie di viaggio. In questi ultimi anni, purtroppo siamo costretti a dire paradossalmente, perché il fenomeno è dovuto non ad un rinsavimento delle menti, ma alla crisi che stringe nelle sue spire l’economia del nostro Paese, la situazione sta parzialmente cambiando in quanto il popolo dei vacanzieri è costretto a rivedere i propri programmi, divenuti economicamente non più sostenibili. 2 I s o l a G r a n d e 1 Una cartina raffigurante le isole Egadi e la loro posizione rispetto all’Italia (riquadro 1, mentre il riquadro 2 mostra la posizione di quelle, minori, dello Stagnone L’apparenza, però, spesso inganna, e bisognerà vedere se all’indomani dell’auspicabile (ma ancora abbastanza problematico) allontanarsi della crisi, l’esperienza riuscirà a renderci più oculati, o se tutti i buoni propositi di tornare ad interessarci delle bellezze del nostro Paese non sfumeranno come la nebbia al primo sole. In questo, i soci LNI, che con il loro attaccamento all’Associazione dimostrano di avere veramente il mare nel proprio DNA, sia che risiedano a Palermo che a Bolzano, sono un esempio incoraggiante. Ma torniamo adesso a parlare delle Egadi. Come abbiamo visto, erano note ai greci e ai romani, anche se in alcune di esse sono emerse numerose tracce di insediamenti risalenti al paleolitico superiore. A Levanzo, novembre-dicembre 2014 11 Una parete di quella che oggi viene chiamata la Grotta del Genovese, a Levanzo, sulla quale un antico e ignoto artista ha rappresentato, non sappiamo a quale fine, le immagini della sua quotidianità, fra le quali si distinguono perfettamente elementi antropomorfi e pesci ad esempio, nella cosiddetta Grotta del Genovese, si trova il complesso di graffiti e figure parietali più importante d’Italia e probabilmente d’Europa, con raffigurazioni di cervi, buoi, individui maschili e femminili e fauna marittima fra la quale, chiarissimi, tonni e delfini. Mozia, invece, (oggi San Pantaleo), fu un tempo insediamento fenicio, poi greco, quindi cartaginese fino alla battaglia delle Egadi del 241 a.C., con la quale la flotta romana, comandata dal console Gaio Lutezio Catulo, sconfisse quella cartaginese e pose termine alla Prima Guerra Punica. Con essa, il dominio romano si estese a tutta la Sicilia, tranne Siracusa, e Mozia fu praticamente abbandonata. A Favignana (Cala San Nicola) e a Levanzo (Cala Minnola), si trovano invece i resti di due impianti per la lavorazione del pescato e la fabbricazione del garum, salsa di pesce particolarmente gradita ai romani, che operarono dal II – III secolo a C a circa il II d C, segno della continuità fino ai giorni nostri di queste attività da parte dei residenti locali. 12 novembre-dicembre 2014 45.000 onze e due vite Con la caduta dell’Impero Romano, l’arcipelago cadde in mano dei vandali, poi dei goti, infine dei saraceni. Nel 1081 venne occupato e fortificato dai normanni di Ruggero di Altavilla (rimane, a Favignana, il suggestivo castello di Santa Caterina, purtroppo successivamente rimaneggiato e trasformato in forte) e a Marettimo quello, coevo, di Punta Troia, e da quel momento seguì le sorti della Sicilia, fino al XVII secolo quando, dominio spagnolo, nel 1637 venne venduto dalla Corona di Madrid (che si era enormemente indebitata per combattere la Guerra dei Trent’Anni), alla ricca famiglia genovese Pallavicini Rusconi, per un periodo di tempo di due vite e al costo di 45.000 onze d’oro. Premesso che l’onza (oncia) in questione era d’oro e pesava 4,4 grammi, era molto pregiata e quotata sui mercati dell’epoca e rappresentava quindi un grosso capitale, sembra invece piuttosto curiosa la durata di “due vite” del contratto, ma tant’è. Nel 1638 I Pallavicini Rusconi cedono i diritti da loro acquisiti sulle isole, dandoli in gabella (in pra- tica una sorta di affitto) al savonese Giacomo Brignone che ottiene (con un soprassoldo di altre 30.000 onze) anche la “licentia populandi”, ossia il permesso di popolarle. Infatti, con lungimiranza, Brignone aveva pensato di utilizzare le due tonnare già esistenti in loco per impiegarvi gli abitanti di insediamenti locali e stabili realizzati ad hoc, e non arruolando equipaggi e tonnaroti e procurandosi i mezzi necessari ora qua ora là, come era stato fatto fino a quel momento; inoltre aveva deciso di dedicare Levanzo al vino, facendovi impiantare ben 90.000 ceppi di vite. Lo sviluppo dei suoi progetti fu inizialmente piuttosto lento, ma già nella prima metà del ‘700 si erano trasferite sulle isole circa 2.000 persone e molte decine di appezzamenti di terra erano stati concessi in enfiteusi, fino a quando decenni dopo, nel 1874, Ignazio Florio junior, nipote di Vincenzo Florio che aveva dato il via alla dinastia di questa grande e facoltosa famiglia di industriali, non rilevò, a sua volta, l’arcipelago. Stava per iniziare l’epoca d’oro di queste isole. L’epoca d’oro delle Egadi Per prima cosa, Florio fece ammodernare le tonnare e realizzare uno stabilimento per la lavorazione e l’inscatolamento del tonno decisamente all’avanguardia per quei tempi, sviluppato su un’area di 32.000 metri quadrati, tre quarti dei quali coperti; si trattò probabilmente della più grande azienda del genere nell’area dell’intero Mediterraneo. Ai giorni nostri, nei quali ci concediamo a iosa di tutto, spesso il superfluo e non di rado anche l’inutile, pochi riescono a capire l’importanza che poteva avere, allora, uno stabilimento del genere; in realtà rappresentava un enorme ritorno di valuta per le Egadi, la Sicilia e l’intera Italia. Allora lo scatolame, anche se aveva visto la luce in Francia nel 1810, nel periodo napoleonico, praticamente non esisteva in commercio. Rari e stravaganti ristoratori inscatolavano funghi, asparagi, uova di quaglia, piccioni, tartufi con mezzi del tutto artigianali, destinandoli ai gourmet che se li potevano permettere a prezzi altissimi. Il forte di Santa Caterina, a Favignana, nato come torre di avvistamento saracena, sulla quale i normanni edificarono un castello che, secoli dopo, venne trasformato in forte e utilizzato anche come prigione militare dai Borboni novembre-dicembre 2014 13 “La tonnara di Favignana”, dipinto del 1876 di Antonio Varni, un pittore genovese fortemente influenzato dalla scuola dei macchiaioli, che raffigura lo Stabilimento Florio durante i suoi primi anni di esistenza La carne in scatola era utilizzata solo dai militari e dai marinai; oltretutto, la brava massaia anche se l’avesse trovata dal droghiere, non l’avrebbe sicuramente acquistata per via di mille pregiudizi, non ultimo quello che avrebbe fatto apparire suo marito come un uomo (a quei tempi era l’uomo che lavorava) che non si poteva permettere neanche di rado di comprare carne fresca per la sua famiglia. La limpidezza delle acque di Cala Rossa, a Favignana, non ha assolutamente niente da invidiare a quella di qualsiasi altro, e più celebrato, mare 14 novembre-dicembre 2014 Il grande Stabilimento Florio oggi, dopo la sua trasformazione della antica struttura, ancora integra ed esistente, in un enorme ed affascinante Museo del Mare Ma con il tonno la cosa era diversa, era un alimento mediterraneo e familiare agli italiani, come le acciughe pescate e messe sotto sale dai Malavoglia del Verga, consumato da tutti e che non incontrava dubbi, pregiudizi e ostilità, né in Italia né all’estero. E poi il tonno, soprannominato “il maiale del mare” perché non ha scarti e di esso non si butta niente salvo la testa, la coda e la pelle, ci dà la ventresca, i filetti, la bottarga, il mosciame, il lattume, il cuore, la buzzonaglia (un filetto molto buono anche se meno pregiato), è gustoso e nutrientissimo, si può essiccare, marinare, mettere sotto sale o sott’olio, conservare o mangiare immediatamente, cuocendolo in mille modi. Una presenza questa che ha condizionato da secoli la cucina locale orientandola verso piatti, non solo di tonno, beninteso, ma essenzialmente di mare, sorprendentemente succulenti pur nella loro es- senziale semplicità. Del resto, in questo campo, gioca soprattutto l’eccellenza delle materie prime. Tornando comunque al risultato della catena di lavorazione del tonno, questa consentiva al raìs, il capo dei pescatori e duce indiscusso su tutto il sistema di reti della tonnara, ai tonnaroti, alle maestranze che mantenevano la piccola flotta da pesca, a chi curava le reti, ai maestri d’ascia, ai calafati, agli operai dello stabilimento e agli operatori di molti altri indotti ancora fino al droghiere che nelle città lo serviva al cliente estraendolo a pezzi dalle grandi latte commerciali da 5 o 10 chili dove era conservato sott’olio, di vivere agiatamente. Ci è rimasta, in ricordo di quegli anni, una lapide murata sulla parete della tonnara di Favignana che recita: “Al 1859 / anno ultimo / gabella Florio / la tonnara Favignana / pescò 10.159 tonni / Amministratore A. Ribaldo / Raìs A. Casubolo”. novembre-dicembre 2014 15 Se le acque di Favignana sono cristalline, cosa dire di quelle del porto di Levanzo che, come tutti i porti, ovunque, anche se piccoli e destinati essenzialmente ad un impiego peschereccio, non godono certo di fama di grande pulizia Seguendo le vicende umane la tonnara passerà da quelle dei Florio in altre mani, poi negli Anni 30 del 900 all’IRI, infine, nel 1991, alla Regione Sicilia. Ma i tempi erano cambiati, i tonni erano stati decimati, il mare non era più quello del ’700, le leggi sulla pesca si erano fatte più restrittive e quest’ultima diveniva sempre meno redditizia anche per la spietata concorrenza portata dai pescherecci oceanici in caccia ovunque nel mondo, e venne deciso di trasformare lo storico Stabilimento Florio in un enorme ed affascinante Museo del Mare che ha aperto i battenti nel 2010. Il Museo del Mare e l’AMP Ma le Egadi non sono solo storia antica o, nonostante la fondamentale importanza che abbia rivestito, la saga di un grande stabilimento e delle famiglie che lo hanno gestito. È difficile definirle con pochi termini, ma di una cosa siamo certi: le 16 novembre-dicembre 2014 Egadi non sono nel mare, ma sono il mare, la sua essenza e vivono di esso, con esso e per esso. Basta visitarne le spiagge di mille tipi, sabbiose, rocciose, o i suoi fondali ricoperti da un liquido a volte color turchese, a volte quasi invisibile nella sua trasparenza cristallina, a volte cangiante in smeraldo. Che però quando di inverno perde la pazienza, diventa grigio come l’acciaio, duro come la ghisa e si cela alla vista con il candido aerosol delle creste delle onde nebulizzate. Ma anche questo è il mare e anche da questo le isole, come i loro abitanti, hanno mutuato molti aspetti della loro fisionomia che si rispecchia anche nelle feste popolari religiose fortemente sentite e nelle sagre, che costellano il periodo che va da marzo a ottobre e che vengono celebrate in tutte e tre le isole maggiori. Senza contare poi che dal 1991 Favignana, Levanzo, Marettimo, Maraone e Formica costituiscono La stessa cosa possiamo dire senza tema di smentita, le immagini lo confermano, del porto di Marettimo l’Area Marina Protetta (AMP) delle Isole Egadi, attualmente la più vasta in Europa, dalle acque pure e dai fondali variegati dai mille colori delle posidonie, del corallo, delle attinie, delle madrepore, fra il luccichio e il balenare di una fauna ricchissima, policroma e anch’essa magnifica. Naturalmente, per ottenere questo risultato, è necessario organizzare una ben precisa sorveglianza delle quattro aree (A, B, C e D) nelle quali la AMP è suddivisa in maniera mirata. Nel settore A, infatti, è consentita solo la balneazione, nel B (solo in compagnia di residenti autorizzati) la navigazione e le immersioni, nel C (solo dietro autorizzazione della AMP) la balneazione e le immersioni, nel D, infine, balneazione, pesca professionale e sportiva, immersioni e snorkeling. Anche in questo, la Lega Navale Italiana fornisce il suo contributo per le attività di sorveglianza e di monitoraggio, alle quali periodicamente prendono parte i soci delle piccola ma attivissima Delegazione di Favignana, inaugurata nel 2006, nella suggestiva Sede posta all’interno del vecchio faro di Punta Marsala, costruito nel 1836 dal Genio Civile borbonico che, dopo aver lanciato i suoi segnali luminosi con fanali a petrolio, a carburo e, dal 1936, elettrici, è ancora attivo anche se oramai senza fanalista, in quanto totalmente automatizzato. La vecchia costruzione domina dall’alto le incantevoli acque di Cala Azzurra, la spiaggia sabbiosa forse più conosciuta di questa isola, caratterizzata da un’acqua cristallina con un fondale color bianco Il vecchio, ma ancora funzionante, faro di Punta Marsala, a Favignana, nel dai riflessi rosa. Proprio come nei mari cui interno ha trovato posto la sede della piccola ma attivissima Delegaziotropicali… ■ ne LNI dell’isola novembre-dicembre 2014 17 PON-PACS di Claudio Boccalatte U Il contributo della Marina Militare Italiana alla lotta contro la criminalità organizzata no dei principali problemi che condizionano lo sviluppo del nostro Paese è la presenza diffusa della criminalità organizzata. Riconoscendo la necessità di combattere questo fenomeno, è stato creato un Programma Operativo Nazionale (PON) per l’impiego di fondi europei e nazionali nello sviluppo di progetti che consentano una maggiore presenza ed un maggior controllo delle istituzioni nelle regioni più a rischio. Il PON, gestito dal dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, si propone quindi di migliorare le condizioni di sicurezza, giustizia e legalità, per i cittadini e le imprese, in quelle regioni italiane in cui i fenomeni criminali limitano fortemente lo sviluppo economico (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia). Gli interventi sono finanziati per il 50% con risorse europee provenienti dal FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) “Sicurezza per lo Sviluppo – Obiettivo Convergenza 2007-2013” e per il restante 50% con fondi nazionali assegnati al Ministero dell’Interno. Tra i progetti del PON uno di particolare interesse per i lettori di questa Rivista è il PON-PACS (Programma Operativo Nazionale – Port And Coastal Survey), che vede la Marina Militare Italiana in prima linea per migliorare le condizioni di sicurezza, giustizia e legalità, per i cittadini e le imprese, nelle zone portuali e costiere di quelle regioni in cui i fenomeni 18 novembre-dicembre 2014 criminali limitano fortemente lo sviluppo economico, e quindi contribuire allo sviluppo di quelle aree e incrementare il livello di confidenza tra la popolazione e gli operatori economici. Questo progetto, approvato dal Comitato di Valutazione del PON l’11 novembre 2011, è stato presentato il 13 febbraio 2014, nell’ambito dell’ottava edizione di “Big Blue”, il Salone Internazionale della Nautica e del Mare che si è svolto dal 12 al 16 febbraio 2014 presso la Fiera di Roma. L’attività consiste nel controllo e monitoraggio dei fondali portuali e costieri, con identificazione e rimozione degli oggetti estranei all’ambiente (inclusi in particolare i residuati bellici inesplosi, che costituiscono un rischio per la navigazione e la pesca, ed eventuali rifiuti dannosi per l’ambiente marino), e con la realizzazione di un database nazionale, che sarà impiegato, ad esempio, per contrastare le attività illecite di smaltimento dei rifiuti, in particolare quelli di elevata pericolosità che sono sempre più oggetto di rilascio in discariche abusive in mare. Il progetto sarà gestito dalla Marina Militare, a favore di prefetture, autorità portuali ed enti locali. Tra i vari obiettivi di alto livello del PON ci sono quelli di “Garantire il libero e sicuro utilizzo delle vie di comunicazione (di natura infrastrutturale e telematica) (Obiettivo operativo 1.2) ” e di “Tutelare il contesto ambientale (Obiettivo operativo 1. 3)”. In tale ambito, la sicurezza delle aree portuali e co- stiere riveste un’im portanza prioritaria, essendo l’economia italiana fortemente dipendente dal traffico marittimo. La MM si è impegnata nella missione di aumentare la sicurezza dei porti per gli aspetti attinenti la navigazione e la protezione dell’ambiente marino, e condurre la mappatura del fondale marino delle aree definite a rischio nei nove principali scali delle regioni interessate (Bari, Brindisi, Taranto, Napoli, Gioia Tauro, Palermo, Augusta, CataLa struttura organizzativa del programma PON-PACS, contributo della Marina Militare Italiana alla lotta contro la criminalità organizzata; in apertura, uno dei mezzi subacquei senza pilota il cui impienia e Messina). go è previsto dai programmi operativi La fase attuativa del progetto sarà gestita Mezzi navali di superficie non pilotati USV dalla Marina Militare che, con mezzi specialistici (Unmanned Surface Vehicle) di tipo leggero AMV 10A, acquistati nell’ambito del programma ed impieprodotti dalla società italiana SIEL srl di Moncalieri gando il proprio personale, dopo un apposito ad(TO), dotati di sonar rimorchiati tipo SSS (Side Scan destramento, condurrà l’individuazione e l’identiSonar) e sonar fissi a scafo, capaci di navigare in moficazione di contatti e il successivo inserimento nei dalità autonoma senza personale a bordo quando si data base di tutte le informazioni acquisite durante trovano in zone pericolose, oppure in modalità tral’attività. dizionale controllata dal personale imbarcato. I mezzi impiegati sono i seguenti: Lo scafo del veicolo è un gommone a chiglia rigida Veicoli subacquei non pilotati AUV (Autonofacilmente trasportabile, che può essere varato sia mous Underwater Vehicle) leggeri tipo REMUS 100 da terra che da un’imbarcazione di supporto. I sen(REMUS: Remote Environmental Measuring UnitS), sori possono operare su fondali profondi fino a 100 prodotti dalla società norvegese Kongsberg Maritimetri, ed i dati sonar acquisiti vengono trasferiti a me AS, dotati di sensori tipo SSS (Side Scan Sonar, terra in tempo reale con un sistema Real time data sonar a scansione laterale), CDT (Conductivity, link/transfer. Il sistema di navigazione autonoma di Temperature and Depth, sensore di conduttività e grande precisione consente una mappatura accuratemperatura in funzione della profondità), Ph ta dei fondali, allo scopo di localizzare eventuali (acidità), O² (ossigeno), CDOM (Chromophoric Disoggetti presenti, come ad esempio relitti, reperti arsolved Organic Matter oppure Colored Dissolved Orcheologici, rifiuti pericolosi e non, residuati bellici, ganic Matter, sensore che misura la quantità di maoggetti dispersi pericolosi per la navigazione. teria organica presente nell’acqua), UW Visibility I due sonar di bordo sono complementari; infatti, (visibilità subacquea) e di sistemi di navigazione il sonar fisso a scafo può essere impiegato in basGPS, inerziale ed LBL (Long Base Line, sistema di sissimi fondali o in zone portuali ristrette quando posizionamento acustico subacqueo); la quota di non è possibile mettere a mare il sonar rimorchialavoro dei veicoli arriva fino a 100 m ed il loro to, che è dotato di un sistema completamente aucompito è la mappatura del fondale e la scoperta tomatico di messa a mare e recupero. di eventuali oggetti presenti sul fondale stesso. novembre-dicembre 2014 19 peake Technology inc. I compiti degli operatori sono la sorveglianza radar, la valutazione dei dati ed il controllo dell’esecuzione della missione. Il personale impiegato è tratto da reparti operativi di elevata specializzazione, e più precisamente dai nuclei SDAI, nuclei ubicati su tutto il territorio nazionale che comprendono personale subacqueo della Marina e dipendono dal GOS (Gruppo Operativo Subacquei di COMSUBIN, comanI porti che saranno oggetto di rilievi nell’ambito del programma PON-PACS do raggruppamento subacquei ed incurIl sistema è completato da un software che permetsori), ed opera prevalentemente a partire da due te sia una pianificazione accurata della missione, sia centri operativi nelle basi di Taranto ed Augusta, un’analisi dettagliata dei dati raccolti e da una stainquadrati rispettivamente nell’ambito del Cozione di controllo remoto, impiegabile sia da terra mando Marittimo Sud e del Comando Marittimo che da bordo del natante, collegato sia al sistema di Sicilia. navigazione e telemetria che ai sensori sonar, per la Il supporto e coordinamento tecnico-operativo sotrasmissione a terra dei dati in tempo reale. no forniti da alcuni dei più rinomati centri di ecVeicoli subacquei pilotati a distanza ROV cellenza della Marina, come l’Istituto Idrografico (Remotely Operated Vehicle) semi-autonomi PLUTO di Genova, il Comando delle forze di ContromisuPLUS, prodotti dalla Ditta italiana Gaymarine di re Mine e delle Forze Ausiliarie (COMFORDRAGLomazzo (CO) e già impiegati dalla Marina MilitaCOMFORAUS) della Spezia e COMSUBIN. re e da numerose altre Marine nel campo della Giovedì 29 maggio 2014, nel porto di Bari, si è guerra alle mine, dotati di sensori sonar e videocasvolta la prima attività pratica del progetto. Subito mera, capaci di navigazione radio controllata fino dopo una presentazione dell’attività, tenuta presad una velocità di 1,5 nodi. La quota di lavoro di so la sala conferenze del terminal crociere di Bari questi mezzi può raggiungere i 70 metri, e il loro dal capitano di vascello Francesco Giangregorio e compito è la scoperta ed identificazione degli ogdal tenente di vascello Mirko Leonzio, le autorità getti, con possibilità anche di distruggerli. civili e militari unitamente agli organi d’informaCentrali operative in container prodotte dalla sozione locali ed alcune scolaresche della provincia cietà italiana SLS (Support Logistic Services) S.r.l. di di Bari presenti all’evento, sono state accompaGuidonia Montecelio (RM); queste centrali, che gnate in banchina dove è avvenuta una simulazioimpiegano container standard da 20 piedi, hanno ne di bonifica di un’area portuale. un sensore radar di superficie e contengono al loro È stato utilizzato un gommone a chiglia rigida cointerno postazioni per operatori radar, per operamandato a distanza, che ha effettuato la ricognitori addetti alla gestione dei veicoli non pilotati e zione del fondale trasmettendo, in tempo reale, le per operatori sonar, che impiegano il software PC immagini e i dati rilevati ad una stazione di conSonarWiz Map della società statunitense Cheasatrollo posizionata in banchina. 20 novembre-dicembre 2014 Un momento della presentazione del programma PON-PACS da parte della Marina Militare il 13 febbraio 2014, nell’ambito dell’ottava edizione di “Big Blue”, il Salone Internazionale della Nautica e del Mare, presso la Fiera di Roma Il successivo 18 giugno è stata condotta nell’arsenale di Brindisi un’attività dimostrativa della bonifica da ordigni in un’area portuale, da parte degli uomini del GOS della Marina, che anche in questo caso, come a Bari, si sono avvalsi di un gommone pilotato a distanza dotato di Side Scan Sonar, che trasmetteva in tempo reale dati riguardanti i fondali a una stazione di controllo posizionata in banchina. Quest’attività è stata introdotta da una Veicoli subacquei non pilotati AUV (Autonomous Underwater Vehicle) leggeri tipo REMUS 100 (REMUS: Remote Environmental Measuring UnitS), prodotti dalla società norvegese Kongsberg Maritime AS novembre-dicembre 2014 21 Un momento della fase iniziale dell’esercitazione svoltasi nel porto di Bari il 29 maggio, nella quale è stata configurata una simulazione di bonifica del fondale di un’area portuale; nello specchio d’acqua sono visibili un gommone con alcuni operatori e un mezzo navale di superficie non pilotato (USV) conferenza di presentazione nella Sala Grande del Castello Svevo di Brindisi, alla quale erano presenti le autorità civili e militari, i media e una rappresentanza di studenti universitari della provincia di Brindisi, che poi hanno assistito all’esercitazione. L’attività del progetto PON-PACS rientra nelle cosiddette “attività dual-use” della Marina Militare. Le tecnologie e i mezzi della Forza Armata, concepiti per compiti prevalentemente militari, sono, infatti, molto spesso impiegati anche per scopi civili. Le navi ed i mezzi della Marina possiedono caratteristiche di elevate capacità di autosufficienza logistica, capacità di movimento, flessibilità d’impiego e possibilità di fornire diversi tipi di supporto e servizi, senza dovere interagire o dipendere dal territorio sul quale è richiesto di operare, caratteristiche che si rivelano preziose anche in ambito civile, soprattutto in caso di emergenza. La Marina Militare svolge quindi attività istituzionali non strettamente militari, sia con le proprie unità navali che con le altre componenti della propria organizzazione. 22 novembre-dicembre 2014 Tra di esse, oltre alle attività di supporto alla lotta contro la criminalità del progetto PON-PACS, vogliamo citare le seguenti:1) il supporto alle attività ed agli interventi della Protezione Civile, sia con l’impiego di unità navali che di assetti basati a terra; 2) l’esecuzione di terapie sanitarie in camera iperbarica; 3) la sorveglianza anti inquinamento; 4) la sorveglianza, ai fini della tutela degli interessi nazionali, delle attività condotte nella cosiddetta Zona Economica Esclusiva (ZEE); 5) la ricerca e bonifica di ordigni / residuati bellici in mare; 6) il supporto nella ricerca e protezione dei siti archeologici sottomarini; 7) il supporto per il monitoraggio e la protezione della flora e fauna marina; l’impiego di unità navali per lo svolgimento di campagne scientifiche e la raccolta di dati idro-oceanografici da parte d’istituti di ricerca; 8) l’impiego delle unità navali quali piattaforme per attività di promozione / simposi / seminari; 9) il supporto alla diffusione della cultura marittima e marinara nelle giovani generazioni, grazie anche alla possibilità di imbarcare ragazzi e ragazze sulle navi ■ scuola a vela della MM. Kystkultur di Giovanni Panella T A Oslo una vetrina di cultura marinara scandinava dalla quale ci sarebbe tanto da apprendere ra il 17 e il 21 luglio a Oslo, si è svolto il “Kystkultur Festival”, un evento che ha raccolto più di 200 tra navi e imbarcazioni, in rappresentanza di tutte le marinerie della Scandinavia, isole Åland e Groenlandia comprese. Parlare di “cultura costiera” in Norvegia non ha lo stesso significato che da noi: qui la gran maggioranza della popolazione vive lungo le coste, un fatto che ha sempre esercitato una straordinaria influenza sulla vita nazionale. L’occasione del festival era rappresentata dalla ricorrenza dei 200 anni dalla Costituzione, ottenuta quando il Paese era ancora unito alla Svezia, da cui divenne indipendente solo nel 1905. Per celebrare l’avvenimento, all’ingresso dell’area espositiva era stato allestito uno schieramento di 200 remi d’imbarcazioni, uno per ogni anno di Costituzione. Per un italiano, il festival costituiva un’interessante occasione per misurare la differenza del nostro punto di vista, per quanto riguarda la cultura marittima, con la Scandinavia. Nel porto di Oslo non stupiva la presenza di tante imbarcazioni da diporto, di velieri d’epoca perfettamente restaurati, di riproduzioni di drakkar vichinghi e neppure di dimostrazioni di costruzione di scafi con la tecnica tipica del Nord Europa, il clinker. Dai drakkar ai velieri di fine 800 Non poteva mancare la partecipazione in forze dell’associazione che raccoglie i Colin Archer, velie- ri dalle forme massicce che sono nati alla fine dell’Ottocento per dare assistenza alle flottiglie di pescatori e che sono poi divenuti famosi per le loro doti di tenuta del mare. Associazioni e musei di tutta la Scandinavia, come accade in questi eventi, occupavano con i loro stand un’ampia area espositiva. In mare, un’originale ricostruzione storica era rappresentata dalla lancia cannoniera Øster Riisøer 3, un modello che fu utilizzato largamente nelle acque ristrette del Baltico e dello Skagerrak durante le guerre napoleoniche. Armate con un cannone di medio calibro e mosse da una dozzina di rematori queste imbarcazioni, nonostante i loro limiti di tenuta del mare, di stabilità e quindi di precisione nel puntamento del pezzo, potevano avere una certa efficacia se agivano in gruppo. La presenza di un cannoncino montato su una prua affilata rivelava invece le vicende di una lancia a vapore: si trattava della “scialuppa reale” Stjernen di 55 piedi, realizzata nel 1899 per il Re di Svezia e di Norvegia Oscar II. Nel 1905 la Norvegia divenne indipendente e al trono ascese il principe danese Carl, che assunse il nome di Haakon VII. La famiglia reale usò la Stjernen fino agli Anni 30 ma nel dopoguerra l’imbarcazione fu venduta e divenne un relitto fatiscente. Nel 1993 l’associazione “Friends of the Norwegian Naval Museum” sottopose la scialuppa reale a un accurato restauro, fino a riportarla alle condizioni originali. novembre-dicembre 2014 23 Lo schieramento di 200 remi d’imbarcazioni, uno per ogni anno di Costituzione della Norvegia, che accoglie il visitatore del Kystkultur Festival; in apertura, una locandina della manifestazione Le differenze con il nostro modo di intendere la cultura marittima diventavano evidenti di fronte alla piccola folla che si raccoglieva attenta intorno alle dimostrazioni di funzionamento di vecchi motori diesel. Il loro ritmato ansimare rappresentava un vero richiamo popolare e i visitatori erano affascinati dalla colonna sonora di motori che hanno accompagnato i loro padri e i loro nonni in tante uscite in mare. Non riesco a immaginare che in Italia il rumore di un vecchio diesel di peschereccio in funzione potrebbe attirare tanta attenzione. Gli intramontabili postali Il surreale effetto dell’immagine riflessa nella acque di uno scafo realizzato con la tecnica del fasciame a clinker 24 novembre-dicembre 2014 Un’altra particolarità era rappresentata dal fatto che, se al “Kystkultur Festival” mancavano i velieri maggiori, le Tall Ships che sono più legate alla vita degli oceani che a quella costiera, erano però presenti unità che da noi non sarebbero degne di essere ricordate e tanto meno restaurate: Saranno rumorosi, puzzolenti e affumicati, ma anche dai vecchi diesel marini, per chi li ha conosciuti a bordo, può scaturire una… musica si trattava di vecchi traghetti dei fiordi, di vaporetti Ma fino a trent’anni fa non era così e il principale costieri, di rimorchiatori a vapore come lo Styrbjørn mezzo di comunicazione delle piccole comunità (varato nel 1910) e di navi dell’“Hurtigruten” (il servizio nazionale di traghetti) ormai dismesse. In Norvegia queste ultime rappresentano una vera istituzione: sono navi miste (merci e passeggeri) di 2.000-3.000 tonnellate, quelle che da noi un tempo erano dette i “postali”. Oggi l’interminabile linea costiera della Norvegia, intersecata da profondi fiordi, è collegata alla rete stradale da un efficiente sistema di nuovi ponti, Un nutrito gruppo di Colin Archer, piccoli velieri dalle forme massicce nati alla fine dell’Ottocento per strade e tunnel. dare assistenza alle flottiglie di pescatori, e famosi per le loro doti di tenuta del mare novembre-dicembre 2014 25 costiere con il resto del Paese era rappresentato proprio dal servizio dell’”Hurtigruten”. Ancor oggi queste navi continuano a offrire un collegamento regolare, navigando in tutte le stagioni su uno dei mari più tempestosi e difficili del globo: per la vita quotidiana di molti norvegesi, rappresentano il nostro equivalente della ferrovia. A Oslo ne erano presenti due, varate nel 1956: la Nordstjernen e la Sjøkurs (ex Ragnvald Jarl). Oggi quest’ultima unità è basata a Kristiansand, dov’è impegnata in un programma di addestramento di giovani marinai. La Nordstjernen, che ha svolto servizio fino al 2012, nel 1980 è stata sottoposta a un’opera di modernizzazione presso i cantieri di Danzica. In tale occasione il Ministero della Cultura norvegese ha contribuito versando l’equivalente di 300.000 euro. Qui un vecchio “postale” è stato dunque considerato tanto degno di far parte della cultura nazionale, da ottenere un finanziamento... La presenza a prua di un cannone lancia-arpioni rivelava la ragion d’essere dello scafo grigio della Southern Actor: la caccia alla balena. Se da noi quest’attività ha una pessima fama ed è duramente combattuta dalle associazioni ambientaliste, in Norvegia la caccia ai grandi mammiferi marini fa parte a pieno titolo del patrimonio marittimo. La nave, che è stata costruita in Inghilterra nel 1950 e dispone di caldaie a triplice espansione, ha operato a lungo nei mari dell’Antartide a partire dalla remota base baleniera della South Georgia. La Southern Actor svolge oggi il ruolo di rappresentante del “Museo della Baleneria” di Sandefjord. La fortuna della vecchia carretta Forse lo scafo che fa meglio capire i rapporti che i norvegesi hanno con il mare era quello dell’Hestmanden, che ha a fama di essere una “nave fortunata” perché riuscì a superare indenne i due conflitti mondiali. Si tratta di un esemplare di quelle unità che da noi, con un termine di affettuoso disprezzo, sono chiamate “vecchie carrette “, navi che nessuno ha mai ritenuto degne di esser salvate dalla fiamma ossidrica. Qui invece l’Hestmanden, che è stata varata nel 1911, è stata oggetto di un’opera attenta di ripristino perché rappresenta quel traffico di cabotag- Una delle vedettes del Festival è stato il vecchio (varato nel 1910) rimorchiatore a vapore Styrbjørn, tuttora perfettamente vegeto e funzionante 26 novembre-dicembre 2014 Il grigio scafo dell’Hestmanden, classe 1911, ci ricorda che questa nave, decisamente una vecchia carretta di medio cabotaggio trasformata oggi in memorial ship, è considerata una nave fortunata perché è sopravvissuta senza danni a due conflitti mondiali gio costiero che è sempre stato fondamentale per la vita del Paese. Oggi l’ampia stiva del cargo è utilizzata come sede di mostre e manifestazioni. I frequentatori del festival non potevano trascurare di visitare, dall’altra parte del porto, i musei dedicati ai temi marittimi che, nel loro insieme, costituiscono il polo museale più importante della città annoverando il Norvegian Maritime Museum; il museo della Fram di Amundsen, quello del Kon Tiki di Thor Heyerdahl e il Viking Ships Museum. Per una città come Oslo, che fino all’Ottocento era poco più di un villaggio, le navi vichinghe sono davvero la principale testimonianza della storia nazionale, quella che in altre nazioni è rappresentata dalla cattedrale e dai monumenti del centro storico. Il museo che contiene alcuni drakkar, con la sua struttura un po’ vecchiotta, è una tappa ineludibile per tutti i visitatori della città, anche per quelli che di solito non dimostrano alcun interesse per le navi. Va detto che le perfette condizioni di conservazione di scafi che hanno più di mille anni, le loro forme essenziali e l’eleganza dei particolari decorativi giustificano ampiamente la sua fama. A poche centinaia di metri si trova l’imponente edificio che conserva la Fram, la nave di Amundsen. Le sue esplorazioni, presentate in tono epico, rappresentano l’apice della gloria nazionale di un giovane Paese che aveva appena conquistato l’indipendenza. Non stupisce che gli interni della nave siano conservati religiosamente e che vi siano esposti anche gli oggetti personali di Amundsen e dei suoi collaboratori. Una visita al Norvegian Maritime Museum, recentemente risistemato, rappresenta infine un interessante momento di riflessione. Qui, naturalmente, parte delle collezioni sono riservate alla storia marittima del Paese: dai modelli di velieri alle antiche polene; dalle sezioni di scafi all’evoluzione delle tecniche di propulsione. Ma un ampio spazio espositivo è dedicato al presente e al futuro: la sezione: “Come la Norvegia è diventata un grande Paese marittimo” spiega con esempi concreti l’importanza economica e tecnologica delle attività marinare, dalla cantieristica alle prospezioni sottomarine, per lo sviluppo della nazione. Ripensandoci, mi sono reso conto che un messaggio così semplice, che per la sua diffusione richiede mezzi relativamente modesti, da noi fatica ad affermarsi. novembre-dicembre 2014 27 La fine del Blücher ling e che quindi non vi sarebbe stata resie imbarcazioni del Kyst Festival compistenza. Ma non fu così: alle 4 del mattino del vano frequenti uscite lungo il fiordo di 9 aprile, quando la nave sfilò davanti alla forOslo, le cui rive si restringono davanti a tezza di Oscarsborg, questa aprì il fuoco a diDrøback fino a una larghezza di poche centistanza di poche centinaia di metri con cannonaia di metri: passavano così inavvertitamenni da 280, mettendo subito a segno tre colpi. te sopra un grande relitto della Seconda GuerLa nave, non riuscendo a individuare la fonte ra Mondiale. È qui che nel 1940 l’incrociatore di fuoco (tre vecchi pezzi dell’inizio del secopesante tedesco Blücher, appena entrato in lo) mantenne l’armamento principale per servizio, fu affondato in un modo che ha delchiglia e tentò di reagire con quello secondal’incredibile: dai siluri di una fortezza. L’epirio aumentando la velocità, ma i danni subiti sodio è un esempio da manuale degli errori erano gravi: e a bordo si sviluppò un incendio che vanno evitati nel corso di un’operazione che finì per provocare l’esplosione di un denavale. L’unità, insieme al gemello Admiral posito di munizioni. A questo punto entrò in Hipper, dislocava a pieno carico 18.200 tonazione una batteria da 150, che centrò ancora nellate e aveva un armamento principale di 8 l’incrociatore il quale, poco dopo, veniva colcannoni da 203 mm. Nel piano di occupaziopito da due siluri lanciati da una batteria di ne della Norvegia il Blücher capeggiava una terra posta sull’isolotto di Håöy. Ormai ingoforza navale destinata a un audace colpo di vernabile e avvolto dal fuoco, il Blücher contimano: i suoi ponti erano carichi di truppe da nuò a procedere verso nord dove, fuori dalla sbarcare all’alba in pieno centro della città, portata dei cannoni norvegesi, calò l’ancora una mossa che avrebbe consentito di arrestamentre l’equipaggio cercava inutilmente di re il Re e di decapitare il Governo. La mossa spegnere gli incendi, fino a che la nave si caera facilitata dal fatto che il Palazzo Reale, i povolse e affondò su un fondale di 70 metri, Ministeri e il Parlamento si trovano a breve con pesanti perdite umane. La presa della citdistanza dal molo. Nella notte, quando l’intà fu ritardata di diverse ore, dando così mocrociatore era in avvicinamento al fiordo, aldo ai dirigenti norvegesi di fuggire. cune unità norvegesi diedero l’allarme e una batteria costiera aprì il fuoco: la sorpresa non era riuscita. Ma la f o r z a d a s b a rc o tedesca, capeggiata dal Blücher decise d’infilarsi lo stesso nello stretto e lungo budello dell’Oslofjord, forse perché si riteneva che le Forze Armate nor vegesi simpatizzassero per il politico fiGli ultimi tragici istanti della vita del Blücher in questa drammatica immagine lonazista Quis- L ■ 28 novembre-dicembre 2014 Mare e cielo di Domenico Macaluso “L’ Sui fondali del Canale di Sicilia un museo sottomarino dell’Aeronautica Italia è essa stessa una portaerei, allungata nel Mediterraneo: dalle sue coste, gli apparecchi possono raggiungere qualsiasi formazione navale.” Con questa sua famosa asserzione dell’agosto 1925, Benito Mussolini escludeva la necessità che l’Italia si dotasse di navi portaerei, dato che la nostra penisola, protesa nel Mediterraneo, rappresentava una naturale base di lancio per gli aeroplani. Dal punto di vista orografico, il concetto era inappuntabile, ma non dal punto di vista strategico ed a guerra iniziata, dopo il disastro di Taranto e quello di capo Matapan, si tentò di correre ai ripari, approntando due portaerei, l’Aquila e lo Sparviero, che però non raggiunsero mai l’operatività. In questa portaerei-Italia, il versante sud-occidentale della Sicilia, per la sua posizione strategica, rappresentava un formidabile ponte di lancio: in quest’area vennero infatti realizzati campi d’aviazione perfettamente mimetizzati tra gli uliveti, come quello di Sciacca, e grandi aeroporti come quello di Castelvetrano, sul quale in un solo giorno i ricognitori americani contarono, protetti da muretti paraschegge, oltre 150 velivoli dell’Asse, tra i quali due giganteschi esamotori tedeschi Messerschmitt 323. Nei cieli siciliani, furono di conseguenza invitabili, quotidiani furiosi duelli che si disputavano tra i piloti inglesi, dotati prima del robusto Hurricane e poi dell’agile Spitfire, e quelli italiani, che come leoni, contrastavano gli inglesi, prima con i duri Macchi 200 Saetta e poi con gli snelli ma poco ar- mati Macchi 202 Folgore. E frequentemente, nonostante la supremazia inglese per numero ed efficienza delle macchine, gli italiani non solo contrastavano efficacemente questo divario, ma spesso risultavano vincitori negli scontri. Poi, con l’arrivo in questo teatro di guerra degli americani, il gap divenne pressoché insostenibile, dato che all’inizio del 1943, nei mesi che precedettero lo sbarco in Sicilia, bisognò contrastare i pesanti bombardieri B-24 Liberator, che organizzati in devastanti e micidiali “combactbox” martellavano non solo obiettivi militari, ma anche inermi paesini, nell’ottica (sic!) di esasperare la popolazione, fino a farla sollevare contro i tedeschi ed i fascisti. Ed incredibilmente, anche in questo impari confronto, i nostri giovani piloti riuscivano ad abbattere caccia e bombardieri nemici, mentre in basso, il mare di Sicilia non stava ad osservare da semplice testimone questi furiosi confronti, ma li viveva da protagonista: i piloti colpiti dalla contraerea maltese o dalle Browning da 50 BMG (12,7 mm) dei Liberator, preferivano affidarsi al morbido abbraccio delle acque, ammarando in prossimità della costa, scoprendo però che l’impatto con l’acqua non era così morbido come si credeva. Questa spiacevole realtà, la sperimentò sulla propria pelle, l’allora giovane capitano Aldo Gon, brillante pilota del glorioso 4° Stormo “Francesco Baracca”. Colpito dalla contraerea di Malta, nel corso di un’azione di mitragliamento su uno degli aeropor- novembre-dicembre 2014 29 dicolarmente a questa, effettuava l’ammaraggio a pochi metri dalla battigia, in modo da raggiungere la terraferma a nuoto, con poche bracciate. Ma l’impatto è molto più violento del previsto e l’aero si spezza e perde la coda, mentre il pilota batte violentemente la testa contro il collimatore di tiro ferendosi il volto e fratturandosi le ossa mascellari. Soccorso e trasportato in un ospedale avrà una lunga convalescenza, e non potrà più volare: questo non gli impedirà comunque di avere una carriera brillante, fin a fargli raggiungere il grado di generale di squadra aerea e di fondare all’aeroporto di Istrana, la Benito Mussolini passa in rassegna i caccia schierati (in questo caso si tratta proprio di Pattuglia Acrobatica Nazionale. Macchi 202) in uno degli aeroporti “di prima linea” dislocati in Sicilia dove vennero Come si arriva a ricostruire querischierate numerose squadriglie di velivoli; in apertura, le due mitragliatrici Breda ste straordinarie e drammatiche SAFAT cal. 12,7 del velivolo rinvenuto davanti la costa siciliana storie, forse ricorrendo alle testimonianze degli stessi piloti? In ti di quell’isola, Gon, con l’impianto idraulico fuorari casi è così, mentre più frequentemente è il ri uso, stava tentando di rientrare in Sicilia, per mare la fonte di queste preziose testimonianze, in raggiungere l’aeroporto di Sciacca dal quale era dequanto alla stregua di un museo, accoglie preziosi collato, quando improvvisamente, con le coste reperti di tutte le epoche, dal neolitico alla Secondella Sicilia ormai prossime, il motore Daimlerda Guerra Mondiale. Benz (costruito su licenza a Pomigliano d’Arco) del Ed il mare prospiciente la costa sud- occidentale suo Macchi 202, grippava ed il giovane pilota vedella Sicilia, oltre ai classici reperti archeologici, deva l’elica bloccarsi “a bandiera”. conserva numerosi relitti aeronautici, alcuni unici. Senza perdersi d’animo e planando, riusciva a ragNel 2008, venne affidato al sottoscritto, responsabile giungere le coste dell’isola ed allineandosi perpendel Nucleo Operativo Subacqueo, della Sezione LNI di Sciacca, la ricerca e la mappatura dei siti d’interesse archeologico-subacqueo della provincia di Agrigento, nell’ambito del progetto promosso dall’Unione Europea Arch.Med (Archaeology Mediterranean). Nell’inventario dei beni storici giacenti nei mari agrigentini, decisi di inserire anche i relitti aeronautici, ma la cosa parve una forzatura; motivai la decisione facendo riferimento all’art. 1 della Convenzione UNESCO del 2 novembre 2001 sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, dove si stabilisce che fanno parte del patrimonio culturale subacqueo, tutte le tracce d’esistenza umana ed i suoi manufatti che presentano carattere arL’autore dell’articolo procede all’identificazione del relitto segnalato su di un cheologico, culturale o storico. In otfondale non elevato: non ci sono dubbi, si tratta proprio di un Macchi 202 30 novembre-dicembre 2014 temperanza a questo assunto, come non considerare di rilevanza storica e di archeologia industriale, i manufatti aeronautici? L’approccio ai velivoli della Seconda Guerra Mondiale, che giacciono nel Mediterraneo, non può prescindere dalle corrette metodiche archeologiche. D’altronde, l’archeologia amplia continuamente i suoi orizzonti; la stessa archeologia subacquea, limitata allo studio dei relitti antichi, oggi tratta con lo stesso criterio scientifico, vascelli arabi, normanni, medievali, arrivando a studiare velieri del secolo scorso, se non dei primi del novecento. In quest’ottica, trattare di “archeoloAmmarando troppo duramente il velivolo ha perso parte della fusoliera e la coda, ma la forma e la struttura sono perfettamente visibili con le ali e l’abitacolo del pilota gia aeronautica” non dovrebbe apparire azzardato e lo ha fatto, per comando del tenente di vascello Jean du Plessis de primo, uno storico dell’Aeronautica, il generale Grénédan, appena iniziato il suo ciclo operativo, il Giuseppe Pesce. 24 novembre 1923, il Dixmude rischiò di inabissarsi in seguito ad una tempesta; era passato appena I relitti di aeroplani del mare un mese dal fatto che avvenne la tragedia: colpito agrigentino da un fulmine il Dixmude precipitò poco al largo Il dirigibile francese Dixmude - Di costruziodi Sciacca e tutti i 50 a bordo (40 uomini di equine tedesca ed appartenente alla famiglia degli Zeppaggio e 10 osservatori), perirono. pelin, questo enorme dirigibile nacque sotto una L’unico corpo recuperato dai pescatori siciliani, fu infausta stella, minato da seri problemi strutturali, quello del comandante. In memoria del gravissicausati da un collante, utilizzato per assemblare le mo disastro aeronautico, uno dei primi in assoluparti in duralluminio del telaio con il cotone imto, nel 1964, alla presenza del figlio di du Plessis, a permeabilizzato di rivestimento, volutamente alSciacca venne eretto un monumento ai caduti del terato a scopo di sabotaggio da un ingegnere tedeDixmude, mentre in Francia, a Pierrefeu-du-Var, un sco antifrancese, quando in seguito all’armistizio altro monumento, è stato realizzato per ricordare del 1918, il dirigibile venne ceduto ai francesi. Al Una bella immagine di uno Junker 88 C-6 con le antenne del radar Lichtenstein che spuntano dal muso; a questo tipo, probabilmente, poteva appartenere il relitto di Borgo Bonsignore novembre-dicembre 2014 31 tazione alle nostre forze aeree, per cui, grazie anche ad altri particolari, si arrivò alla certezza di trovarsi di fronte un Macchi 202 “Folgore”. Il passo successivo fu la ricerca dell’evento che aveva portato l’aereo a inabissarsi e della sorte del pilota. In Aeronautica, le fonti bibliografiche sono rappresentate dai “rapporti missione” stilati dai piloti al rientro da ogni azione e conservati presso l’Ufficio Storico dell’Aeronautica a Roma; risultano utilissime, anche le testimonianze di ex piloti ancora in vita. Il velivolo sommerso, esibiva lunPerfettamente identificabile la bussola giroscopica Siemens, montata nell’abitacolo di go il decorso della fusoliera due pilotaggio ad uso del navigatore di bordo mitragliatrici Breda-SAFAT da 12,7 mm in ottimo stato di conla tragedia del dirigibile. Recentemente, un grupservazione. L’elica tripala a passo variabile, di copo di sommozzatori sportivi di Sciacca, guidati da struzione Piaggio, mostrava l’unico indizio utile Santo Tirnetta, ha identificato i resti del Dixmude, alla identificazione, un numero di matricola e di un relitto che rappresenta una importantissima serie inciso su ognuna delle tre pale. Il dato (invepagina di storia aeronautica francese. ro poco attendibile poiché l’elica è un componenIl Macchi 202 - Nel 1994 con i sommozzatori del te soggetto a sostituzioni), riportando “II SERIE”, Club Seccagrande di Ribera, riesco a sottrarre al trafaceva pensare a una delle prime forniture di MC fugamento, un’elica tripale, appena staccata dal re202 (vi furono 15 lotti di produzione, detti Serie, litto di un caccia. Il velivolo si presentava privo dei per un totale di circa 1.500 aerei) assegnati al 4° piani di coda, persi nell’impatto con l’acqua (proStormo. Purtroppo i diari storici del 4° Stormo anprio nella coda si trovava il numero di matricola); darono perduti nel 1943, quando il velivolo italiamancava quindi il pezzo più utile all’identificaziono che li trasportava durante l’evacuazione del ne, mentre alcuni strumenti si erano staccati e si nord-Africa, fu abbattuto dalla mitragliera di un trovavano tra la barra di comando e la pedaliera. sommergibile che lo sorprese in volo a bassa quota Dopo aver segnalato alle autorità competenti il rinsul canale di Sicilia. venimento del relitto, iniziai una ricerca per identifiLe uniche azioni relative a MC-202 caduti nel mare care il tipo di velivolo e la sua storia. In questo tipo di Ribera, sono due: una collisione in volo tra due di ricerca, alla fase ispettiva e ricognitiva, segue quel“Folgore” (uno risultò disperso) e un’azione di scorla della tipizzazione del reperto, effettuata mediante ta a bombardieri diretti a Malta il 29 aprile ‘42, doricerca bibliografica. Le foto subacquee vennero conve il comandante dei caccia, l’allora capitano Aldo frontate con gli schemi dei velivoli della Seconda Gon, colpito dalla contraerea, col suo Macchi danGuerra Mondiale: l’aereo era un monomotore in lineggiato all’impianto di lubrificazione, riusciva a nea (non radiale), un monoplano ad ala bassa, in duricondurre alla base di Sciacca i suoi piloti, ma era ralluminio. Nel primo conflitto mondiale, i velivoli costretto ad un atterraggio sulla costa. erano soprattutto bi o triplani, con motore radiale e Il carrello del relitto retratto e le pale dell’elica rivestimento delle superfici portanti in tela; nel sestorte, ma non abrase, confermano un ammaragcondo conflitto, accanto ai motori radiali, compargio pianificato. Un altro dato interessante arriva vero quelli in linea. Di notevole ausilio si rivelò uno dallo strumento “Ambrosini” recuperato e risultadegli strumenti recuperati, su cui si leggeva ancora to essere uno dei due conta-colpi delle mitragliabene “Società Aeronautica Italiana ing. Ambrosini”. trici, trovato bloccato in posizione di massima caEssendo la dicitura in italiano il campo di ricerca si rica: il pilota non aveva dunque sparato (il capitarestringeva a pochi aerei monoplani in linea in dono Gon nell’azione su Malta, non si scontrò con 32 novembre-dicembre 2014 Un Consolidated B-24D Liberator sopravvissuto alla guerra ed esposto ora al museo nazionale dell’United States Air Force di Dayton, nell’Ohio. A sinistra: anche in questo caso è necessario procedere all’identificazione del relitto; a sinistra l’Autore sta controllando una delle quattro eliche tripala a passo variabile Hamilton. A destra, è adesso il turno di uno dei quattro motori Pratt & Withney R1930 Twin Wasp in dotazione a questi tipi di bombardieri gli “Spitfire” inglesi ma venne colpito dalla contraerea, prima ancora di avere iniziato la sua missione di mitragliamento). Con l’elica recuperata e restaurata e collocata nell’atrio del Palazzo Comunale di Ribera, è stato realizzato un monumento ai numerosi piloti che sono morti nei cieli siciliani: l’inaugurazione ha avuto luogo il 10 novembre 1996, nel corso di una cerimonia che ha visto la presenza di Autorità civili e militari e del colonnello Ovidio Ferrante, direttore del Museo Storico dell’Aeronautica. Successivamente ha visitato il monumento, il pilota di Macchi 202, Walter Omiccioli, altra gloria dell’Aeronautica, protagonista di una avventuroso atterraggio d’emergenza a Ribera il 30 marzo 1942, una vicenda ricostruita da Mediaset nel ciclo “Eroi per Caso”. Il testo inciso nel monumento, riporta la frase: “Alle giovani aquile che nei cieli di Sicilia caddero fedeli ai loro ideali” Lo Junker 88 - A qualche centinaio di metri dal sito subacqueo che accoglie il relitto del Macchi 202, due ragazzi riberesi, intenti a effettuare una battuta di pesca subacquea in apnea, scorgono qualcosa che a prima vista sembra loro un portabottiglie. Si tratta invece di un componente dell’abitacolo di un caccia pesante notturno tedesco, uno Junker 88. Il reperto è molto interessante e dagli alloggiamenti che accolgono ancora diversi strumenti, spicca una bussola giroscopica della Siemens ed un regolo, usato per correggere i parametri del motore in base alla quota. La cosa sorprendente, è che questi parametri, riportati su carta, sono ancora perfettamente leggibili. Il pezzo era posto all’interno della cabina di pilotaggio, in alto a destra, ed era utilizzato dal navigatore. Una prima ispezione dei fondali che hanno restituito il cruscotto, ha dato esito negativo, mentre la consultazione degli archivi comunali di Ribera, ha confermato la morte di un pilota tedesco nel mare di Borgo Bonsignore. È prevista una ricerca del resto del relitto, con l’ausilio di una imbarcazione dotata di magnetometro. Il Boeing B-24 Liberator - Nel maggio del 1943 novembre-dicembre 2014 33 le incursioni di bombardieri pesanti statunitensi, sulla Sicilia, si fanno pesanti: si sta pianificando lo sbarco che avverrà il 10 luglio. Dal campo d’aviazione di Sciacca e da quello di Castelvetrano, martoriati dalle bombe, i decolli dei pochi caccia rimasti, si alternavano incessantemente. Un interessante episodio, relativo a questo periodo, mi venne riferito da alcuni anziani abitanti di Borgo Bonsignore: nella primavera del ‘43, avevano assistito all’abbattimento di un quadrimotore, dotato di due derive di coda (un B-24), colpito da tre caccia dell’Asse. L’aereo era precipitato in mare, a qualche centinaio di metri dalla costa e nell’impatto con l’acqua, era esploso. La fiammata terrificante, aveva quasi raggiunto la riva. Nei giorni successivi, il mare non restituì nessuno dei corpi dei 9 membri dell’equipaggio. In occasione di diverse immersioni, avevo notato nello specchio d’acqua interessato dal probabile abbattimento, diverse bombole, probabilmente quelle in dotazione all’equipaggio, per rifornirsi d’ossigeno ad alta quota. Il reperto più curioso, era comunque un enorme copertone di ruota da aeroplano, che riportava ancora il marchio di costruzione (Goodyear), che fu recuperato con dei palloni di sollevamento. Poi, nel settembre 2008, il rinvenimento di uno dei 4 motori del B 24, un Pratt & Whitney da 14 cilindri a doppia stella (P & W 1830 Twin Wasp) completo dell’elica tripala. L’aeroplano era probabilmente uno dei bombardieri del IX Bomb Group, che prese parte all’operazione Husky, nome in codice dello sbarco in Sicilia, mentre l’azione potrebbe essere quella del 30 giugno del 1943, quando un B-24 venne abbattuto nel cielo di Sciacca, da un glorioso pilota italiano, il capitano Mario Bellagambi. Considerazioni conclusive Quanta storia aeronautica, in una piccola area del Mediterraneo! Ecco perché la mappatura, la catalogazione ed il monitoraggio dei siti archeologicosubacquei, dovrebbero essere estesi anche alle acque profonde, oggi campo d’azione di cacciatori di reperti d’alto bordo, dotati di tecnologia sempre più sofisticata. La tutela di questo patrimonio storico che rappresenta la nostra eredità culturale è improcrastinabile: ecco perché l’iniziativa dell’Unione Europea di promuovere questo studio è lodevole. Non bisogna infine dimenticare, che sempre in ottemperanza alla convenzione UNESCO di Parigi, i reperti storici rinvenuti sott’acqua, dovrebbero rimanere nella loro sede naturale, nel più bel museo del ■ mondo: il mare. Cosa fare in caso di rinvenimento di un relitto aereo L a prima cosa da fare nel caso di rinvenimento di un aereo militare italiano, è la segnalazione alle autorità aeronautiche, a cui il velivolo appartiene, tant’è che nel caso di acquisto del reperto da parte di un museo o di un privato, bisogna seguire un iter per l’alienazione da parte della stessa Aeronautica; per i velivoli stranieri si fa riferimento al codice della navigazione. Il ritrovatore, è bene sottolineare, ha l’obbligo della denuncia (art. 510 del Codice della Navigazione; art. 460-461 del Registro Marittimo). La segnalazione va effettuata alla Capitaneria di Porto, in quanto il relitto può contenere munizioni e di conseguenza può essere molto rischioso per i bagnanti e per i natanti. 34 novembre-dicembre 2014 È indispensabile avvertire anche gli organi di polizia, poiché un aereo da guerra come già detto, può conservare ordigni pericolosi che richiedono l’intervento degli artificieri: la pentrite, contenuta in alcuni proiettili esplosivi vietati dalla Convenzione di Ginevra, ma che venivano regolarmente utilizzati, non solo non si inattiva col tempo, ma nell’acqua di mare diventa sempre più instabile. Come per un reperto archeologico, anche in caso di rinvenimento di relitto aeronautico di grande rilevanza storica, il rinvenitore ha diritto ad un premio di rinvenimento, ma il compenso si prescrive col decorso di due anni dalla data del ritrovamento (art. 513 e 995 del Codice della Navigazione). L’isola senza futuro di Claudio Ressmann U La breve esistenza dell’“Isola delle Rose” sorta di fronte a Rimini na tempesta scatenatasi nel Medio Adriatico nel mese di febbraio del 1969 disperse gli ultimi resti dell’Isola delle Rose, una piattaforma sistemata di fronte a Rimini su un fondale di 16 metri, al limite delle acque territoriali, che nelle intenzioni del suo creatore doveva costituire l’embrione di una nuova micronazione. Un evento al di fuori del comune Durante la primavera del 1968, l’argomento principale di conversazione, a Rimini, era costituito dalle indiscrezioni riguardanti un evento in atto al largo della costa. Sotto gli occhi di tutti, infatti, succedeva qualcosa, in un punto a poche miglia di distanza dove, quando lo consentivano le condizioni del mare, confluivano imbarcazioni da trasporto cariche di tralicci metallici, di materiali da costruzione e di gruppi di operai. Che cosa si stava costruendo? Se lo erano chiesto per primi i corrispondenti della stampa locale i quali avevano sguinzagliato inutilmente i loro informatori, ma era stato appurato con certezza solo che si stava realizzando una piattaforma su palafitte, senza riuscire a conoscere a che cosa sarebbe servita. Le supposizioni spaziavano a tutto campo: sarebbe stata una stazione meteorologica oppure si sarebbe trasformata in un casinò, in una emittente televisiva oppure addirittura in un covo di contrabbandieri? Si era appreso, invece, il nome del patron dell’iniziativa: il cinquantaduenne ingegnere bolognese Giorgio Rosa. Noto esperantista ed appassionato di studi sulle piattaforme marine, l’ingegnere covava da anni un sogno tanto utopico quanto provocatorio, sintetizzabile nell’espressione da lui coniata: vedere fiorire le rose sul mare”. Il suo obiettivo era quello di dare vita ad una mininazione nell’ambito della quale venisse adottato l’esperanto, la lingua universale creata nel 1887 dal polacco Ludwik Lejzer Zamenhof, che aveva riscosso un lusinghiero successo specialmente negli ambienti pacifisti dell’epoca e che nel secondo dopoguerra si tentava di rilanciare. Un precedente storico L’ing. Rosa non aveva potuto fare riferimento a nessun esempio di iniziative paragonabili alla sua, ma certamente non ignorava l’unico tentativo di adottare l’esperanto come lingua nazionale svoltosi all’inizio del secolo scorso in Vallonia, a Moresnet, una località a pochi chilometri da Aquisgrana. Tutto trasse origine dal Congresso di Vienna del 1815, al termine del quale venne deciso il nuovo confine tra i Paesi Bassi e la Prussia. Non sorsero particolari problemi per il suo tracciato, che ricalcava in linea di massima quello preesistente, fatta eccezione per la zona di Moresnet, della superficie di 550 ettari, che rimase esclusa dall’uno e dall’altro contermine. Questo singolare territorio neutro fu amministrato a turno, in condominio tra i due Paesi, fino al 1841, anno in cui, di comune accordo tra la Prussia e il Belgio, subentrato nel frattempo all’Olanda, il Governo del territorio fu lasciato al borgo- novembre-dicembre 2014 35 Una delle cartoline-souvenir stampate e messe in vendita a Kelmis alla fine del secolo scorso; in apertura, un francobollo da 30 mills raffigurante la posizione dell’Isola delle Rose e la sua caratteristica sagoma mastro con larga autonomia non solo amministrativa: in pratica un piccolo Stato indipendente anche se non ufficialmente riconosciuto, denominato Neutre Moresnet, con capitale la cittadina di Kelmis. All’inizio del secolo scorso godeva della massima considerazione tra i 3.000 abitanti del territorio un medico di origine tedesca, il dottor Wilhelm Molly, grazie anche alla dedizione con cui esercitava la sua attività professionale. Appassionato cultore della lingua esperanto, nel 1908 riuscì a fare approvare dai dieci cittadini membri dal Consiglio Generale una risoluzione per cui Neutre Moresnet, primo stato al mondo, adottava l’esperanto come lingua ufficiale, cambiando il suo nome in Amikejo (in esperanto significa Amicizia). Venne creata una bandiera, a strisce orizzontali nere, bianche e blu e composto l’inno nazionale a cura del musicista-easperantista Willy Hupperman. Il titolo era Amikejo marcia ed in realtà si trattava della marcia dei minatori; si voleva evidentemente valorizzare questi lavoratori che contribuivano in maniera determinante ad impinguare le casse del piccolo Stato. Quanto durò Amikejo? Solo otto anni poiché il territorio nel 1915 fu occupato dalla Germania e, dopo il Trattato di Versailles, nel l919, entrò a far parte integrante del Belgio. Una bislacca iniziativa La stampa quotidiana diede molto risalto all’iniziativa dell’ingegner Rosa mandando sul posto inviati e fotografi 36 novembre-dicembre 2014 Il sogno dell’ingegner Rosa cominciò nel 1958, quando decise di progettare una piattaforma, sostenuta da telai in tubi d’acciaio, costruita a terra, da installare al largo di Rimini, su un fondale di 16 metri, al limite delle acque territoriali. La realizzazione del progetto ebbe inizio nel 1960, ma ven- La piattaforma dell’Isola delle Rose appena costruita e, in piccolo, l’ingegner Rosa in una immagine odierna che mostra la stessa foto della sua “creatura” ne interrotta nel 1962 per problemi tecnici e finanziari; fu poi ripresa nel biennio 1965-67 superando anche i numerosi ostacoli posti dalle autorità nazionali, in particolare da quelle marittime poiché il manufatto rappresentava anche un serio pericolo per la navigazione. L’isola consisteva in una piattaforma della superficie di 400 mq, sulla quale era prevista la sopra elevazione di un secondo piano, ed era dotata di un imbarcadero per natanti di medie dimensioni, raggiungibile mediante una scala, denominato Verda Haveno (in italiano Porto Verde): costati non meno di 100 milioni di lire, i lavori furono completati nell’agosto 1967. L’ingegner Rosa aveva messo a punto ogni dettaglio per la gestione del suo “Stato”. La piattaforma si sarebbe chiamata ufficialmente Isola delle Rose o Insulo de la Rozoj in esperanto, lingua ufficiale della Repubblica Esperantista de la Insulo de la Rozoj. Il nuovo “Stato” si sarebbe articolato in cinque Dipartimenti. Accurata la simbologia: lo stemma, costituito da tre rose rosse con gambo verde fogliato, la bandie- ra, di colore arancione con al centro lo stemma, ed anche l’inno tratto da L’”Olandese Volante” di Richard Wagner. Non minori attenzioni furono dedicate alla moneta denominata Mill (plurale Mills), con cambio alla pari rispetto alla lira, che però non venne mai prodotta né in conio né sotto forma cartacea. Vennero invece realizzate due serie di francobolli in cinque emissioni, intestati Posto Esperanta Respubliko Insuli Rozoj e annullati con la dicitura Verda Haveno (Porto Verde), oggi ghiotta preda dei filatelici. Sugli ultimi esemplari della seconda serie della quinta emissione (emessi quando il destino dell’isola era segnato) compare in sovrimpressione una striscia nera con la significativa dicitura Hostium rabies diruit opus non ideam (la violenza del nemico distrusse l’opera non l’idea). Mentre il manufatto era ancora in fase di completamento, Giorgio Rosa il 1° maggio 1968 dichiarava unilateralmente l’indipendenza dell’isola, autonominandosi suo “presidente”. novembre-dicembre 2014 37 Gli autori del film “L’Isola delle Rose” (nella foto piccola a sinistra, la copertina del suo DVD) con l’editore e, al centro, l’ingegner Rosa (ultima a destra la sua consorte) al Festival Biografilm 2010 Inutile sottolineare che la notizia delle nascita della micronazione aveva notevolmente messo in subbuglio la riviera riminese, non soltanto per la singolarità della bislacca iniziativa, ma anche e soprattutto per i benefici effetti che avrebbe riversato sull’economia locale come nuova fonte di attrazione per la famosa località balneare. Del resto, già dalla stagione estiva 1967 si erano attivate varie iniziative turistiche, prima fra tutte il trasporto regolare di curiosi attraverso il breve tratto di mare, per non parlare della vendita di gadget, apparsi subito nelle vetrine dei negozi e sulle bancarelle dei mercatini riminesi, per la gioia dei collezionisti e dei turisti. Non solo, ma addirittura molti esercizi legati al turismo, come ristoranti, bar e discoteche, si erano appropriati, per le loro insegne, del nome dell’isola. La notizia nel frattempo aveva fatto il giro del mondo, per cui giornalisti di varie nazionalità avevano raggiunto Rimini per documentare le sorti della singolare vicenda. 38 novembre-dicembre 2014 Le reazioni governative Dopo poco meno di due mesi della proclamazione dell’indipendenza, l’atteggiamento ovviamente negativo delle autorità italiane cominciò a concretizzarsi. Il 25 giugno 1968 agenti della Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza presero possesso del manufatto lasciandovi solamente il guardiano, Pietro Ciavatta e sua moglie che ebbero la possibilità di raggiungere Rimini solo qualche giorno più tardi. Del tutto inutili furono i pressanti interventi dell’ingegner Rosa presso vari deputati e senatori del secondo Governo Leone allora in carica e presso lo stesso Presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat. Infatti, l’8 agosto, un dispaccio del Ministero della Marina Mercantile indirizzato alla Capitaneria di Porto di Rimini ordinava la demolizione dell’Isola delle Rose. L’evento tuttavia non si verificò in tempi brevi; l’ingegnere infatti presentò un ricorso che attivò una complessa azione giudiziaria conclusasi, ov- La “rappresaglia” postuma dell’ingegner Rosa alla distruzione del suo sogno da parte del Governo Italiano: un’ultima serie di francobolli con la dicitura “Hostium rabies diruit opus non ideam” ossia, la rabbia del nemico distrusse l’opera, non l’idea Un foglio di francobolli da 30 mills che avrebbero avuto corso sulla piattaforma qualora il progetto fosse andato a buon fine, dedicati all’isola artificiale viamente, in maniera per lui sfavorevole. Così, il 29 novembre, un pontone della Marina Militare provvedeva a trasferire a terra tutto ciò che era trasportabile e al tempo stesso recava a bordo le cariche esplosive necessarie per la successiva demolizione dei tralicci. L’ing. Rosa tentò in ogni modo in extremis di salvare la sua creatura, invocando l’appoggio di personalità politiche e anche di organismi internazionali come la Comunità Esperanto, ma tutto fu inutile per cui, l’11 febbraio 1969, i sommozzatori del Comando Subacquei Incursori della Marina Militare demolivano dapprima le parti in muratura, poi facevano esplodere le cariche. Una violenta tempesta disperdeva, un paio di settimane più tardi, i residui rottami. Per la cronaca, la demolizione dei tralicci si dimostro più difficile del previsto, comportando l’impiego del doppio dei 675 kg di esplosivo previsti inizialmente: una ben magra soddisfazione per l’ormai defenestrato presidente per questo collaudo sulla solidità della sua isola da lui assolutamente non richiesto. La triste conclusione della vicenda costernò la popolazione di Riccione che addirittura in un manifesto affisso in città si associò allo sdegno degli operatori economici per la “rovina di una solida illuminata opera turistica”. Due Stati esperantisti Non è possibile fare un confronto tra le due esperienze esperantiste: Moresney era sorta per via di una singolare anomalia verificatasi nell’attuazione di in un trattato internazionale, era vissuta grazie a comuni accordi fra due Stati ed era stata creata con il consenso della popolazione locale. L’Isola delle Rose, invece, era nata per la precisa volontà di un solo soggetto privato, senza nessuna approvazione da parte delle autorità nazionali (pur essendo situata al di fuori delle acque territoriali). Comune denominatore delle due iniziative era stato l’entusiasmo dei sostenitori della nuova lingua universale che nelle loro intenzioni, avrebbe dovuto contribuire all’abbattimento delle barriere linguistiche favorendo la fratellanza universale; un obiettivo che non è stato raggiunto, anche se oggi sono ancora in molti a considerare la creatura di Ludwik Lejzer Zamenhof come una panacea per risolvere alcuni problemi dell’umanità. Vi aveva fermamente creduto anche l’ingegner Rosa, con la sua “utopia stroncata dal potere”(così l’Isola delle Rose fu definita dagli esperantisti più bellicosi): un sogno, sia pure durato l’éspace d’un matin,che il suo tenace ideatore era riuscito ■ a trasformare in una concreta realtà. novembre-dicembre 2014 39 Pianificare l’accostata con il rate of turn di Riccardo Fava L’ Un metodo per tenere sotto controllo il percorso effettivo della nave in accostata accostata costituisce uno dei momenti più delicati della navigazione, specialmente se condotta in canali o acque ristrette. Dando un angolo di barra al timone, il battello, oltre ad accostare, subisce un certo sbandamento. Questo fenomeno deve essere tenuto sotto controllo su imbarcazioni di una certa grandezza, specialmente se adibite al trasporto passeggeri o impiegate in navigazione da diporto. Per questo chi pianifica e conduce la navigazione ha spesso bisogno di stimare l’entità dello sbandamento per cercare di minimizzarlo nel limite delle possibilità operative della nave. La moderna strumentazione di plancia permette di controllare costantemente la velocità di accostata, nota anche come rate of turn. Come vedremo, questo parametro può essere preso in considerazione per pianificare l’accostata e minimizzare lo sbandamento. La curva di evoluzione Durante la fase di tracciamento sulla carta nautica, un’accostata viene rappresentata dall’incrocio di due rotte diverse. L’imbarcazione, in realtà, non è capace di variare la rotta istantaneamente, stando 40 novembre-dicembre 2014 ferma su stessa, pertanto la traiettoria effettivamente descritta dallo scafo sarà diversa. Infatti, in accostata, l’imbarcazione descrive una curva tangente ad entrambe le rotte, nota come curva d’evoluzione. L’esatta descrizione di questa curva è molto complessa. Essa viene stimata in fase di progettazione, per poi essere verificata sperimentalmente con le prove in mare. Per gli scopi del carteggio nautico, essa può essere approssimata come un arco di circonferenza tangente ad entrambe le rotte il cui raggio è quello d’evoluzione. La distanza tra il punto di incrocio delle due rotte ed il punto in cui la nave dovrà dare barra al timone è nota come distanza all’incrocio. Per tracciare la curva d’evoluzione sulla carta nautica devono essere noti il raggio d’evoluzione e la distanza all’incrocio. Questi dati sono illustrati su apposite tabelle fornite dal cantiere le quali, tra l’altro, indicano queste grandezze al variare dell’angolo di barra. La curva può essere tracciata, ad esempio, col metodo delle parallele che permette di determinare il centro della circonferenza d’evoluzione. In pratica si traccia una linea parallela internamente alla prima rotta di una distanza pari al raggio d’evoluzio- Legenda Traiettoria seguita dalla nave R Circonferenza di evoluzione D R Raggio di evoluzione D Distanza all’incrocio I parametri della curva d’evoluzione illustrati; in apertura, l’impressionante immagine di un’accostata piuttosto “stretta” effettuata dalla portaerei nucleare americana Harry Truman (CVN 75) ne, si ripete lo stesso procedimento anche per la seconda rotta. Il punto di incrocio tra le due rette parallele rappresenta il centro della circonferenza, dal quale tracciare un arco tangente ad entrambe le rotte. Il rate of turn Il rate of turn è la velocità di accostata espressa in gradi al minuto. Si può dimostrare che questa grandezza, con buona approssimazione, è data dal rapporto tra la velocità della nave ed il raggio d’evoluzione (sinteticamente ROT = V/R). Si nota che, ad esempio, il rate of turn diventa grande per elevate velocità e/o piccoli raggi d’evoluzione. Dalla lettura del rate of turn si possono dedurre informazioni sull’entità dello sbandamento. Se la nave ha una certa velocità, un elevato rate of turn può favorire un forte sbandamento dell’imbarcazione. Viceversa, non è detto che per velocità basse o nulle (ad esempio nelle manovre in porto) un grande rate of turn implichi forti sbandamenti. Pianificare l’accostata Accostando in navigazione, è utile tenere sotto controllo il rate of turn per evitare forti sbandamenti. A tale proposito si può decidere di ridurre la velocità, oppure di aumentare il raggio d’evoluzione diminuendo l’angolo di barra (in pratica facendo un’accostata più dolce). Ad esempio supponiamo di voler accostare con un rate of turn di 10°/min. In tal caso si potrà fare l’accostata con una velocità di 10 nodi ed un raggio d’evoluzione di 1 miglio nautico. Analogamente, si potrà accostare a 5 nodi con un raggio d’evoluzione di 0.5 miglia nautiche, riducendo quindi la velocità ed aumentando l’angolo di barra da dare al timone. Un altro metodo può essere quello di dare un certo angolo di barra e, nell’evolversi dell’accostata, aumentarlo o diminuirlo mantenendo il rate of turn voluto. Le navi dotate di casse di bilanciamento possono utilizzarle per minimizzare gli effetti di sbandamento. Conclusioni L’indicatore del rate of turn ormai è sempre più diffuso sui ponti di comando delle imbarcazioni di una certa grandezza. Può essere sia di tipo analogico che di tipo digitale ed è visibile dalla postazione del timoniere. Per questo, è utile sfruttarlo per una condotta sicura ed economica della navigazione. Si ricorda che, anche in questo caso, l’esperienza di chi naviga assume una importanza fondamentale. Ad esempio il rate of turn da impostare nell’accostata viene deciso da chi ha consapevolezza della manovrabilità dell’imbarcazione. Come sempre accade per le discipline nautiche, la teoria fornisce una base sulla quale si posa il più ampio fat■ tore dell’esperienza di chi naviga. novembre-dicembre 2014 41 Recensioni e segnalazioni AUTORI VARI Civiltà del mare Le Rotte, gli Approdi, il Navigare Progetto Editoriale Edition sr.l. - Roma 2014 Pagine 480 - Prezzo non comunicato Non è possibile pensare all’Italia e ai suoi mari al di fuori della rappresentazione del contesto geografico generale, l’Europa nel suo insieme, ma soprattutto del Mediterraneo. È qui che si sono svolte in massima parte le vicende narrate in questa Opera senza precedenti nel cronologico dell’editoria del nostro Paese; vicende straordinarie che per millenni hanno visto protagonisti il grande mare degli antichi, il navigare, gli approdi, i popoli e le genti, che, di volta in volta, hanno dato vita alla storia stessa della penisola e delle sue isole in pace e in guerra, nel commercio e nella pirateria, in bonaccia e in tempesta. Proprio da questi scenari nasce l’idea di Civiltà del Mare, una grande pubblicazione dedicata alla lunga e affascinante storia della marineria di quella parte del nostro bacino che poi diverrà italica. La narrazione parte dal grande mare, dalle origini, dal mito, dall’Ulisse omerico, da Virgilio, da Enea, nel racconto dei commerci, delle battaglie e delle guerre, degli insediamenti e della vita quotidiana dei borghi e delle città rivierasche, attraverso l’Impero Romano, le Repubbliche Marinare, le imprese dei grandi navigatori, lo scontro di civiltà con l’Impero Ottomano. Dopo l’Unità d’Italia, il Mediterraneo e i mari della penisola fu- 42 rono investiti più volte da funesti venti di guerra, alternati alle quotidiane attività della pesca, alle affascinanti avventure di bastimenti e transatlantici, mentre le spiagge diventarono sempre più d’uso comune e consuetudine di svago durante la nuova attività portata dai tempi moderni: la villeggiatura. Oggi, in un quadro geopolitico profondamente cambiato, l’Italia viene descritta quale propaggine avanzata in un mare più prossimo e conosciuto, ma altrettanto pieno di insidie, così come di immutata e straordinaria bellezza. L’impegno verso i migranti, la salvaguardia dell’ambiente, delle specie marine, del patrimonio naturale e paesaggistico, sono le nuove sfide che scorrono sul mare e nelle acque interne, lì dove il navigare non perde mai, comunque, la sua dimensione propria di splendida e misteriosa avventura. Questa grande Opera riguardante la storia della Marineria Italiana, porterà all’appassionato e al lettore un completo excursus che si dipanerà fra tutti questi argomenti con una lettura appassionante, potendo proprio per questo contare sul novembre-dicembre 2014 concorso di storici e specialisti, sulla preziosa collaborazione della Lega Navale Italiana, della Società Geografica e sul fondamentale apporto dell’Ufficio Storico, insieme a quello dell’Ufficio Comunicazione, della Marina Militare. Un grande viaggio e un eccezionale percorso di conoscenza, corredato dalla più ricca galleria iconografica mai dedicata all’argomento. Il tutto espresso in un Volume di grande formato (cm 30x40x10), con oltre 600 iconografie e documenti. Rilegatura artigianale in pelle blu a concia naturale con impressioni in oro a caldo e a secco, con una fusione d’arte in bronzo sul piatto di coperta del Maestro Remo Carboni, mentre ne è prevista anche una speciale Edizione in due volumi rilegati in seta moire blu Brunei, con le stesse caratteristiche di formato e di stampa. Le due Edizioni saranno disponibili per la consegna a partire da gennaio 2015 mentre sarà possibile richiederle direttamente all’Editore (06 4744971 - fax 06 4743226 [email protected]), fruendo dei prezzi dedicati durante la fase di lancio, che prevedono la possibilità di pagamento anche in comode rate mensili fino a 36 mesi, con condizioni particolarmente agevolate riservate ai soci della Lega Navale Italiana. L’edizione internazionale, avrà una tiratura in 2999 esemplari numerati e certificati. Il prezzo di questa Edizione sarà disponibile alla fine di novembre sul sito istituzionale LNI e sul sito www.arsilluminandi.com. Francesco Malvasi MARIO NEGRI Per mari estremi Arcipelago Edizioni - Firenze 2014 Pagg. 148 - euro 25,00 Questo libro è un gran bell’esempio di conciliazione tra le due eterne nemiche: la cultura umanistica e quella scientifica, che da almeno tre secoli si fronteggiano l’una contro l’altra armata, e che tuttora, restano rivali nonostante lo sforzo di tante anime belle per almeno un armistizio tra loro: vorrei, per esempio, citare tra i tanti che si sono interessati al problema e si sono dati da fare per la sua soluzione, Paolo Parrini con il suo Filosofia e scienza nell’Italia del Novecento, Guerini, 2004. Nel libro qui presentato troviamo, appunto, una compresenza di motivazioni e tematiche che si potrebbero ascrivere alla categoria umanistica (in particolare, letteraria), ed ameno altrettante da etichettare come scientifiche; o, forse meglio, come storicoscientifiche, il che complica, o forse piuttosto felicemente sintetizza al meglio il distillato dell’opera. Ma lasciamo questi discorsi pseudo-filosofici, forse troppo fumosi, e veniamo ai contenuti del libro e al profilo del suo Autore. È, questi, ordinario di Civiltà Egee dello IULM di Milano, uno studioso che ha dedicato la vita alla ricerca delle più lontane scaturigini della nostra civiltà, interessandosi in particolare alla cultura e lingua minoica, cultura e lingua proprie della Creta dei primordi, quando Atene era forse ancora un villaggetto di rozzi ed incolti contadini, ed anche la civiltà achea doveva ancora sbocciare. Ma la cosa che qui va segnalata con particolare evidenza è che il Professor Negri non si limita a indagare su vecchi cocci incussi con misteriosi grafemi, ma ama egli stesso navigare quei mari che videro il fiorire della grande civiltà cretese. Da ciò il suo interesse anche alla storia della navigazione, “estratta” e comparata con testimonianze letterarie. Frutto di questa inclinazione un corso da lui tenuto proprio di recente su Storia della navigazione e delle scoperte geografiche. E il libro che abbiamo per le mani è il frutto proprio del lavoro preparatorio di questo corso. I personaggi su cui Negri ha puntato il riflettore sono Odisseo, Colombo e Shackleton. Sul primo di essi, l’A. parte da un dilemma puntuale: sarebbe mai possibile che Dante avesse contezza dell’esistenza della Croce del Sud, cui sembra far cenno nella seconda cantica? Questo quesito porta Negri a indagare su quale fosse la Forma Mundi prima del Poeta, con una serie di acquisizioni e deduzioni che – absit iniuria verbo – definirei estremamente “sfiziose”, specie per chi abbia una qualche preparazione di cosmologia e geografia. Negri poi, per tentare di sciogliere il mistero della possibile conoscenza dantesca della citata costellazione australe, si rifà soprattutto alla localizzazione della montagna del Paradiso Terrestre, posta agli antipodi di Gerusalemme, che Odisseo avrebbe (sfortunatamente per lui!) “incocciata” di prora, col risultato di perdersi, a nessun mortale essendo consentito approdare a quell’isola montuosa. Ma il “divertimento” (nobile, s’intende) del lettore consiste proprio nel seguire l’intreccio di ragionamenti basati su passi della Commedia ed altri rifacentisi alle cognizioni geografiche e cartografiche dell’epoca del Padre Dante. Il filo del discorso si svolge, quasi senza cesure, alle cognizioni cosmologiche che doveva possedere Cristoforo Colombo, del resto non granché avanzate rispetto al tempo di Dante. Il navigatore genovese (che ovviamente aveva una “professionalità” ben diversa da quella del Poeta di un paio di secoli prima) si rifaceva soprattutto a Posidonio Tolomeo; ma un rilievo tutto suo va riconosciuto _anche al geografo arabo al-Farghani (o Alfagrano), operante a Baghdad intorno alla metà del secolo IX, cui molto doveva la scienza cosmologica europea del tempo; come del resto in tanti altri campi del sapere tanto dobbiamo alla mediazione degli Arabi. Il limitato spazio ancora disponibile impone ancora un’accelerazione. Veniamo a Sir Ernest Henry Shackleton: qui siamo davvero “per mari estremi”. Nella rievocazione delle sue imprese fatte da Negri compaiono altri nomi di navigatori leggendari: come Cook e Weddel. Siamo nei Furious Fifties, quei Cinquanta Urlanti ancora più spaventosi dei Roaring Forties o Quaranta Ruggenti. Ma quello che più interessa Negri non è la narrazione delle traversate in quelle acque perigliose (fra l’altro esiste una nutrita letteratura in proposito), quanto piuttosto, come sempre in questo libro, i problemi teorici ed operativi della navigazione, particolarmente acuti nelle alte latitudini. In sintesi, un libro affascinante, da centellinare; anche se va detto che richiede almeno una certa infarinatura di cosmologia, geografia e cartografia. novembre-dicembre 2014 Renato Ferraro 43 Sub LA SICUREZZA DEI SUB (3) Respiriamo sott’acqua G li esseri umani se vanno sott’acqua subiscono delle mutazioni. Ora, non sappiamo spiegarci se ciò avviene per avvicinare il corpo umano a un ambiente acquatico al quale non è adattato, o se al contrario, sono conseguenze, talvolta molto preoccupanti, ovvero un campanello di allarme che suona sempre più forte ogni volta che affrontiamo limiti estremi. Il fatto è che per questi motivi sono state studiate delle regole, possiamo definirle “comandamenti”, tra cui ci sono le tabelle di desaturazione. Come abbiamo letto nell’ultimo articolo, la saturazione dell’azoto della miscela respiratoria che si utilizza in immersione è un problema che un sub deve risolvere senza margine di errore. Le tabelle sono un insieme di parametri standard; rispettandole, il nostro ritorno in superficie po- Una tabella di decompressione britannica, e nella pagina accanto, un vecchio regolo per il calcolo meccanico dei dati di decompressione 44 novembre-dicembre 2014 trà avvenire senza problemi. Bisogna precisare che dopo avere effettuato un’immersione, nell’arco delle successive ventiquattro ore, nonostante il dovuto rispetto delle tabelle di desaturazione, il nostro fisico manterrà sotto forma di microbolle presenti nel sangue quello che si definisce tempo di azoto residuo. Questo importante indice è determinante per il calcolo delle immersioni successive alla prima nella stessa giornata. Per lo stesso motivo è bene ricordare che dopo una saturazione non si deve mai affrontare una condizione ipobarica, come ad esempio: un volo in aereo o una rapida ascesa su per una montagna. Attenzione a non effettuare immersioni l’ultimo giorno di vacanze se si prevede un ritorno a casa via aerea. Sempre nello scorso articolo, abbiamo letto che un sub trattiene azoto in maniera direttamente proporzionale al tempo e alla profondità alle quali l’interessato è sottoposto,(elementi fissi), ma sono determinanti anche altri fattori (elementi variabili): gli sforzi fisici, la respirazione incontrollata, il freddo eccessivo, ecc. ecc. che partecipano decisivamente a una sovrasaturazione di azoto in immersione. Ecco che proprio in questo caso i calcoli ta- bellari non costituiscono una certezza, ma soltanto la base sulla quale elaborare, dove ce ne fosse bisogno, nuovi calcoli personalizzati, per risolvere i vari casi che si presentano di volta in volta. Può capitare che un’immersione, nella quale gli elementi variabili sono fortemente incisivi, possa trasformarsi da una tranquilla discesa in “ curva di sicurezza”, cioè senza le soste di desaturazione alle quote stabilite e solamente risolvibile con una risalita con tempo regolare di nove metri al minuto, in un’immersione “fuori curva di sicurezza”, impegno che invece deve rispettare delle soste obbligatorie,per un determinato tempo, a delle quote precise, oltre ovviamente a un tempo di risalita regolare. Un tempo andava tutto bene, perchè con il puro calcolo tabellare fatto manualmente, cioè considerando tempi e profondità massimi, la nostra sicurezza era certa. Ma l’essere umano ama le scorciatoie, soprattutto quelle più comode, e allora ha inventato i computers subacquei, abbandonando quasi definitivamente i calcoli tabellari manuali. L’inizio dell’utilizzo degli elaboratori elettronici fu un vero disastro: Moltissime sono state le malattie da decompressione provocate dall’utilizzo scorretto del computer. Solamente in seguito, con una at- tenta didattica, mirata a spiegare i pericoli di una cattiva gestione dello strumento, si è finalmente arrivati a una sicurezza ormai accertata, ad un metodo sicuro di immersione con l’elaboratore al polso. Per questo ricordiamoci sempre, quando andiamo sott’acqua, di scendere subito alle quote più profonde, e nella risalita graduale verso la superficie, di rispettare quella regola di grande sicurezza che consiglia sempre “tempi di desaturazione crescenti per profondità decrescenti”, senza fare mai dei pericolosi saliscendi in immersione. Abbiamo anche delle regole di comportamento da rispettare prima e dopo un’immersione; cito le più ricorrenti: la notte prima di un impegno sott’acqua, bisogna dormire bene le ore necessarie, ma soprattutto non assumere alcuna sostanza dannosa per il nostro fisico: alcool, sostanze tossiche o farmaci. Per il dopo immersione invece sarà buona norma non fare sforzi eccessivi, non andare in immersione in apnea e non esporsi a temperature estreme. Quello che rimane come azoto residuo all’interno del nostro organismo dopo una saturazione, anche poco impegnativa, sono delle micro bolle di gas da desaturare, destinate a sparire definitivamente dopo un certo periodo di tempo. Ciò che noi dobbiamo evitare con il rispetto delle regole suddette, è proprio che questo insieme di micro bolle possa aggregarsi e diventare una bolla più grande (embolo). Il problema delle micro bolle “silenti” è stato ed è tuttora fonte di molti studi. Si è notato che anche un accumulo eccessivo di queste presenze gassose nell’arco di più ore, oltre le ventiquattro considerate totalmente desaturanti, possa creare dei problemi rilevanti. A causa di ciò, quando si devono affrontare parecchie immersioni in un tempo ristretto, bisogna stare attenti. Oltre il rispetto dei “comandamenti”, come abbiamo spiegato all’inizio dell’articolo, possibilmente bisogna avere cura nel sapere decidere con moderazione la quantità di immersioni da fare, a prescindere dal “tutto compreso”, promozione allettante del venditore della vacanza. Non mi stancherò mai di dirlo, andare sott’acqua è facile e non pericoloso, ma come in tutte le cose c’è sempre un “ma” e quello spetta a voi valutarlo. Alberico Barbato novembre-dicembre 2014 45 La voce del diportista EVENTO STRAORDINARIO IN MARE G li eventi straordinari in mare sono tutti quegli avvenimenti fuori della norma connessi con la navigazione. Possono consistere in fatti gravi, i cosiddetti sinistri marittimi, come collisione, naufragio, incendio, affondamento, fatti che abbiano leso l’incolumità fisica di persone, falla, incaglio. Ma lo sono anche eventi meno rilevanti, come l’assistenza/rimorchio/soccorso ricevuto o prestato ad altri in mare, la rottura del timone, l’avaria al motore o all’elica, l’avvistamento di relitti pericolosi per la navigazione, l’urto di scogli affioranti ecc.. In caso di evento straordinario, il Codice della Navigazione impone al comandante della nave l’obbligo, al momento dell’arrivo in porto, di presentare all’Autorità Marittima o a quella consolare (se si trova all’estero) la denuncia di evento straordinario. Conseguono accertamenti amministrativi (investigazioni sommarie) sui fatti denunciati e sulle loro cause, qualora l’autorità che riceve la denuncia, li ritenga opportuni. Quindi, l’Autorità Marittima ha la potestà di vagliare la rilevanza di un fatto straordinario accaduto in mare e la conseguente opportunità di approfondimenti. Quando si tratta di veri e propri sinistri marittimi, l’autorità è tenuta a procedere ad un’inchiesta sommaria sulle cause e sulle circostanze e a redigere una relazione da trasmettere alla Dire- 46 zione Marittima. Quest’ultima procederà ad ulteriore inchiesta (c.d. inchiesta formale), qualora risulti dagli atti che il fatto si sia verificato per dolo (cioè intenzionalmente) o per colpa (cioè per negligenza, imprudenza o imperizia) oppure qualora ne sia stata fatta richiesta da parte degli interessati. All’inchiesta formale provvede apposita commissione e nel caso esprima il parere che il sinistro è avvenuto per dolo o colpa del responsabile, gli atti vengono trasmessi all’Autorità Giudiziaria per l’eventuale apertura di un procedimento penale. Queste inchieste hanno natura amministrativa, vale a dire che servono a predisporre materiale probatorio per eventuali processi civili (ad es. controversie assicurative, azioni di risarcimento dei danni, richieste di compenso per soccorso o rimorchio prestato etc.) o penali (in caso di ipotesi di reato) derivanti dal sinistro verificatosi. Per il settore della nautica da diporto, il Codice della Nautica da Diporto prevede due norme di semplificazione amministrativa. Sussiste ugualmente in capo al comandante di qualsiasi unità da diporto, nel caso si verifichi in navigazione o durante la sosta in porto un avvenimento straordinario relativo all’unità o alle persone a bordo, l’obbligo di farne denuncia all’Autorità Marittima o consolare del posto, ma la procedura viene novembre-dicembre 2014 semplificata. Innanzi tutto, l’obbligo non scatta al momento dell’arrivo in porto, bensì entro tre giorni dall’arrivo (termine che si riduce a 24 ore se l’evento ha coinvolto l’incolumità fisica di persone). In secondo luogo, la denuncia non richiede la presenza fisica del comandante negli uffici dell’autorità, perché può essere trasmessa via fax insieme ad una copia del documento di identità oppure per via telematica con sottoscrizione mediante firma digitale. Quanto alle inchieste, è previsto per la navigazione da diporto che qualora l’unità da diporto coinvolta non sia adibita ad uso commerciale (locazione, noleggio, diving o scuola nautica), si faccia luogo soltanto ad inchiesta sommaria, mentre l’inchiesta formale non è necessaria a meno che non la richiedano gli interessati o non sia aperto un procedimento penale. La prima semplificazione descritta consente al diportista di assolvere comunque agli obblighi previsti dalla legge per tutti i comandanti, ma in termini temporali meno severi e soprattutto con forme di comunicazione più al passo coi tempi. La seconda, invece, permette risparmio di risorse e di tempo agli uffici pubblici, che in passato erano invece comunque tenuti, anche per lievi incidenti, ad attivare - in caso di dolo o colpa - il secondo livello di inchiesta (quella formale). Aniello Raiola Emergenza sanitaria Apparato digerente Dai dati statistici raccolti dal nostro Centro Studi e dal CIRM, Nausea e Vomito sono le patologie più frequenti a bordo sia di piccoli natanti che di grandi imbarcazioni. La nausea è lo stato di malessere che precede il vomito. Non è dovuta solo all’effetto del mal di mare di cui abbiamo già parlato su questa rivista proprio all’inizio di questo lungo percorso (novdic 2010), ma anche alla cattiva digestione, all’assunzione di alcolici, al colpo di freddo o di calore. La nausea e poi il vomito possono insorgere a seguito di ustioni o essere collegate a disturbi più gravi che sono spesso accompagnati da altri sintomi: nevralgia, febbre, dolori addominali o addirittura perdite di sangue dagli orifizi naturali (in questo caso la situazione potrebbe essere veramente grave, non esitate a contattare il CIRM). La nausea è quindi un segnale importante che deve essere indagato con il medico. Una delle conseguenze più gravi a cui si va incontro in caso di nausea e vomito persistente è la disidratazione che può evolvere in uno stato di shock proprio a causa della perdita eccessiva di liquidi. Attenzione quindi a chi sta tante ore sotto il sole o in cabine calde e afose. In canoa, sul surf, in barca a pescare sotto il sole si rischia e quindi la nausea è un importante segnale. La terapia è semplice, consiste nella reintegrazione dei liquidi. Questo può avvenire attraverso la somministrazione di piccoli sorsi d’acqua o di ghiaccio se disponibile. Se, durante le lunghe navigazioni, il vomito persiste per ore o giorni, è consigliabile assume- re integratori appropriati o somministrare una vera soluzione reidratante. Ma altri sono i problemi che l’apparato digerente può creare e che a bordo possono essere di non banale gestione, a volte imbarazzanti. La dissenteria o diarrea è abbastanza frequente a bordo; può essere causata da un colpo di freddo o di calore, da un’alimentazione scorretta, da una conservazione inadeguata dei cibi ecc. Si tratta di un disturbo imbarazzante in quanto gli spazi ristretti non garantiscono una privacy adeguata; inoltre, l’essere costretti a recarsi sottocoperta aumenta il rischio di aggiungere alla dissenteria il mal di mare. Il problema da contrastare è anche qui la possibile disidratazione. Tra gli amanti delle escursioni in barca, tuttavia, è ancora più diffusa e preoccupante la stitichezza, sia per il cambio di alimentazione sia per questioni psicologiche (la lezione sull’uso del wc con la raccomandazione comune di “non usarlo” perché potrebbe rompersi è fonte di un blocco psicologico quasi assicurato). Non bisogna esitare a indagare su eventuali stati di stitichezza a bordo. Più i giorni passano, più la situazione si aggrava tanto dal punto di vista fisico quanto da quello psicologico. Per prima cosa, è consigliabile intervenire sulla dieta, fornendo pasti leggeri e liquidi con l’aggiunta di un cucchiaio d’olio. Se dopo il terzo giorno i sintomi persistono, si può ricorrere a una supposta di glicerina o a un piccolo clistere. Morale della favola: sdrammatizzare si, sottovalutare no. In tutti questi casi che interessano l’apparato digerente non esitate, interpellare il medico a terra, il CIRM è a nostra disposizione gratuitamente 24 ore su 24. Umberto Verna novembre-dicembre 2014 47 Corso di pesca Gira, gira… la girella ella pesca dalla barca, così come in quella da terra, esistono accessori tanto piccoli quanto importanti, come le cosiddette girelle, dotate o meno di moschettone, che ci permettono di collegare due lenze e nello stesso tempo dissipare la torsione che si accumula durante l’azione di pesca, specie in fase di recupero e salpaggio della preda. Già, ma quale girella ci serve effettivamente in pesca? Per rispondere a chi ancora non è molto esperto, cominciamo esaminando i vari modelli in commercio. Infatti, il panorama degli snodi di collegamento è molto vario e la nostra scelta dovrà essere guidata in primo luogo dal tipo di pesca che vogliamo praticare ma anche da tanti altri fattori. N Semplici e con moschettone La girella “semplice” è composta da un corpo centrale fisso e da due anelli che ruotano sull’asse di quest’ultimo grazie ad altrettanti perni centrali. Su un anellino va legata la lenza madre e sull’altro il terminale. Senza menzionare modelli specifici, possiamo dire che ne esistono due varianti: quella classica, appena descritta, e quella con cuscinetti a sfere. Decisamente più costosa, quest’ultima garantisce però una rotazione perfetta della lenza sul proprio asse. È raccomandata quando il terminale è soggetto a marcate torsioni, per esempio nel bolentino di profondità ma anche nel drifting dedicato a prede impegnative come la palamita o i tonni. Altre girelle hanno una struttura del tutto simile a quella appena descritta ma, in più, hanno un moschettone, una sorta di “gancio” che ci permette di fissare o staccare il terminale senza obbligarci a usare le forbici o a fare nuovi nodi. Nella scelta di questi modelli è molto importante verificare il ti- 48 novembre-dicembre 2014 po di moschettone che montano. A seconda del genere di pesca che effettueremo, infatti, dovremo essere certi che il moschettone possa sopportare un determinato carico, di norma almeno pari a quello del terminale, senza aprirsi o “stirarsi”. L’esperienza pratica ci porta a dire che tra i moschettoni di forma arrotondata è sempre meglio scegliere quelli con gancetto antiapertura rivolto verso l’esterno, che sopportano meglio il peso e si aprono o stirano con maggiore difficoltà. Multiple e a tre vie Ultime nate nel settore, le girelle multiple sono composte o da una serie, in genere, tre o quattro, di girelle semplici collegate tra loro (di qui la definizione di “girelle multiple”) oppure da una serie di barilotti (sempre tre o quattro) connessi tra loro a girare, con due occhielli di collegamento per i fili agli estremi. Quest’ultimo modello è il più recente in assoluto ed è molto usato soprattutto da chi fa le gare e maliziosamente chiamato... “trenino”. Nate soprattutto per la pesca da terra a striscio con la bombarda, questa girelle si stanno rivelando molto utili anche nella pesca dalla barca quando serve una perfetta rotazione della lenza sul proprio asse per dissipare la torsione che si sprigiona, per esempio, pescando a light drifting in presenza di forte corrente. Da non confondere con le precedenti, le girelle a tre vie, dette anche “pater noster”, ci permettono di collegare un bracciolo perpendicolarmente rispetto alla lenza madre. Molto usate per i calamenti da bolentino medio e di profondità, sono costituite da una sorta di girella semplice con un ulteriore anello girevole situato a lato del barilotto. Le girelle a tre vie sono utili ma ci obbligano a legarle in tutti e tre gli occhielli, quello del bracciolo e i due di collegamento sul trave, cosa che rende abbastanza laboriosa la preparazione dei terminali. Inoltre, montando questo modelli si aumentano necessariamente i possibili punti di rottura anche se si utilizzano lenze di diametro sostenuto come è uso nel bolentino di profondità. Colori, materiali e misure In commercio esistono quattro colorazioni standard per le girelle, ovvero nero, bronzato, nichelato e color ottone. Anche se una diversa colorazione non condiziona molto la pesca, possiamo dire che nelle tecniche di superficie sia generalmente meglio optare per quelle scure, che riflettono meno la luce solare. Tre, invece, i materiali maggiormente utilizzati per la costruzione delle girelle: ottone, acciaio oppure leghe metalliche meno pregiate. Inutile sottolineare che quelle in acciaio inox sono le migliori, sia per durata sia per robustezza. Anche le dimensioni delle girelle e, naturalmente, il loro peso sono dettagli da non trascurare al momento della scelta, poiché qualsiasi peso aggiunto alla lenza influenza la presentazione “naturale” dell’esca, quindi una grossa girella posta fra lenza madre e terminale fa sì che questo si mostri alla preda in maniera più sospetta. Dunque è sempre bene ridurre al minimo le dimensioni e il peso degli snodi di collegamento, specialmente nelle tecniche in cui è più agevole farlo. Volendo fare un esempio pratico, nella pesca a drifting leggero in superficie con la sarda come esca morta, normalmente mirata alle palamite, è bene utilizzare girelle con moschettone piccole ma di buona qualità. Nell’ordine dall’alto, una girella a barilotto semplice ottonata con moschettone senza gancetto di fermo, un’altra semplice ma di colore scuro (meno visibile in superficie) e dotata di moschettone con gancetto di sicurezza, infine una in acciaio inox con cuscinetti a sfere e gancetto di sicurezza per il collegamento del terminale. Abbiamo quindi tre girelle triple con corpi collegati in serie per una miglior rotazione e dissipazione delle torsioni sulla lenza (“trenino”), diffusissime soprattutto nella pesca superficiale a recupero con galleggianti piombati e “bombarde” e, per finire, una a tre vie (o “pater noster”) per il collegamento di finali perpendicolari alla lenza madre novembre-dicembre 2014 49 Corso di pesca Astuzie importanti Lo sciarrano è una delle catture più facili e abbondanti per chi si avvicina al bolentino leggero dalla barca in acque poco profonde, ma anche la sua pesca richiede l’uso delle girelle per evitare di ritrovarsi con la lenza aggrovigliata in pochi minuti Le dimensioni delle girelle non hanno conseguenze solo in termini di peso ma anche di visibilità da parte dei pesci. Un classico esempio si ha nel drifting al tonno: per evitare che la preda possa notare la girella sul terminale, gli esperti la sistemano direttamente sull’amo. È vero che esistono ami con la girella incorporata ma, in alternativa, aprendo l’occhiello dell’amo è possibile inserire una girella di tenuta (in questo caso, libbraggio) adeguata. Così facendo, avremo sempre una girella capace di ruotare sotto l’azione della corrente e, allo stesso tempo, potremo nasconderla nell’esca. Un’altra astuzia relativa all’uso delle girelle nella pesca dalla barca prevede di incorporarle nei piombi. In questo caso quelle dotate di moschettone sono molto utili perché ci consentono di cambiare la zavorra in un attimo. Riccardo Zago I tonni sono le prede più combattive e ambite dei nostri mari: servono girelle grosse, robuste e dotate di cuscinetti a sfere anche se si pesca a traina con un semplice artificiale come esca 50 novembre-dicembre 2014 “Un bel viaggio tra mare e fede” “Andiamo da Porto Recanati a Città del Vaticano in canoa ad incontrare il Papa?”, questa è la domanda che mi ha posto il comandante Corrado Gamberini, capitano di vascello (CP) ris., che si è addossato tutto il lavoro logistico. Una domanda, poi una risposta e così mi ha presentato Roberto Rabboni, il vero artefice di questa bella avventura. Non so bene il motivo, ma mi aspettavo un gigante, invece Roberto era un uomo normale, almeno così ho pensato all’inizio, perché in seguito ho capito che è un uomo grande, portatore di un’enorme tenacia ed un’immensa forza d’animo. Il progetto aveva ormai preso vita e restava da Porto Recanati - Alla partenza dalla cittadina delle Marche, la canoa di Rabboni (seduto nella postazione poppiera), scortata da un mezzo della Guardia Costiera della locale Capitaneria di Porto decidere cosa portare a Papa Francesco, visto che da ospiti non ci si presenta mai a mani vuote. Forse proprio per la vicinanza della nostra base nautica alla Santa Casa di Loreto è stato semplice decidere: nulla avrebbe potuto avvicinarci di più al Santo Padre dell’immagine della Madonna Ostia Lido – Con la canoa in secco sull’arenile di Ostia Lido, Roberto Rabboni (con la maglia azzurra) e la consorte, signora Chiara, che ha compiuto con lui l’ultimo tratto di navigazione da Pomezia a Lido di Ostia di Loreto, insieme ai messaggi di tutte le persone che avremmo incontrato lungo il percorso (che alla fine è divenuto un enorme cesto). L’avventura diviene presto pellegrinaggio, perché i pellegrini chiedono alloggio e vitto durante il loro viaggio, proprio come i “nostri” canoisti che hanno chiesto il sostegno dei soci delle Basi Nautiche toccate lungo il percorso. Un aiuto tangibile, per cui ringraziamo tutti, ma soprattutto un aiuto morale che unito al profondo amore per il mare ha rappresentato la vera spinta emotiva che ha novembre-dicembre 2014 51 Cronache delle Sezioni e Delegazioni PORTO RECANATI Cronache delle Sezioni e Delegazioni Roma – Sotto il colonnato di Piazza San Pietro, Roberto Rabboni e la consorte (a sinistra, il presidente della Sezione di Porto Recanati Mario Baleani - con la maglia bianca - e un gruppo di altri “staffettisti” che hanno preso parte all’impresa, reggono la fida canoa abbondantemente cosparsa di firme raccolte un po’ ovunque, in attesa di essere ricevuti dal Santo Padre permesso ai canoisti di superare le difficoltà e la stanchezza. Salvo i due tratti iniziali (da Loreto a Porto Recanati) e finale (dal Lido di Ostia a Piazza S. Pietro), il tragitto si è svolto totalmente per mare, appoggiato da un entu- siastico supporto, ed altrettanto efficace è stata la presenza, discreta ma costante, degli uomini e dei mezzi della Guardia Costiera lungo tutte le tappe del tragitto. Un percorso di oltre 1.200 miglia nautiche con un kayak biposto, nel quale insieme a Roberto si sono alternati diversi compagni di viaggio che con lui hanno condiviso la fatica, ma soprattutto la meravigliosa esperienza umana e religiosa. Il viaggio ha avuto inizio il 2 giugno a Lore- Città del Vaticano – Rabboni, il presidente Baleani e Nikita, una giovanissima regatante, in udienza dal Santo Padre, che regge affettuosamente fra le mani la statua della Madonna di Loreto portatagli in dono dalla singolare missione 52 novembre-dicembre 2014 to/Porto Recanati, per giungere infine il I7 agosto ad Ostia Lido: 60 lunghissimi giorni che hanno segnato intimamente e positivamente tutti i partecipanti e le persone incontrate nelle varie sedi delle Leghe Navali. Un’avventura marinara e insieme un evento sportivo e religioso che si è sviluppata lungo le coste di Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Campania e Lazio, facendo tappa prevalentemente nelle basi nautiche delle numerose Sezioni e Delegazioni LNI, risvegliando così in noi ciò che di più profondo muove l’animo umano: la solidarietà e la predisposizione all’aiuto, che i soci tutti della Lega Navale hanno dimostrato di possedere. Il tempo dedicato all’iniziativa e le energie spese sono stati abbondantemente e pienamente ripagati dalle soddisfazioni morali ricevute e dall’aver raggiunto l’obiettivo ultimo di portare in omaggio al Santo Pontefice i messaggi raccolti e la statua della Madonna Lauretana. Questa breve storia è per ricordare e ringraziare Roberto Rabboni e i suoi canoisti per aver portato a termine una grandissima impresa che rimarrà impressa nella loro e nostra memoria per sempre. Mario Baleani I2 aprile, secondo appuntamento presso la Sezione sulle tecniche di pesca sportiva a drifting al tonno gigante; all’incontro ha partecipato il Gotha della pesca pugliese. A spiegare tecniche ed esperienze di gara vissute, c’era persino il pesarese Mirko Eusebi, commissario tecnico della nazionale italiana del big game e capace, col suo team, di vincere sia i mondiali di drifting al tonno che i mondiali di traina d’altura. “Questi incontri – ha detto Eusebi – li considero fondamentali, perché servono ad amalgamare le squadre di pescatori ed a creare interesse verso una disciplina praticata da molti giovani, anche se potrebbe non sembrare così. Per affrontare la sfida del mare, occorre una grande conoscenza dello stesso, soprattutto quando ci si porta ben oltre determinate distanze, e poi tanta concentrazione”. Oltre ad Eusebi, sono giunti a Trani pescatori di provata esperienza, provenienti da ogni parte della Puglia. In particolare, si segnala la partecipazione all’incontro di Giampiero Cariglia, secondo classificato al campionato italiano di drifting del 2013. “È stata una grande soddisfazione per me e per il mio equipaggio. La squadra, molto Progetto Mediterranea A Trani, fra i pontili della Sezione approda Mediterranea, una barca a vela salpata il 17 maggio da San Benedetto del Tron- to. Mediterranea è la protagonista di un viaggio della durata di cinque anni che attraverserà tutto il Mediterraneo, il Mar Nero e il Mar Rosso settentrionale alla ricerca delle voci e dell’identità del Mare Nostrum. “L’idea di questo viaggio -racconta Simone Perotti, scrittore, marinaio e cofondatore del progetto è nata come nascono i sogni. Una sera ci siamo riuniti e ci siamo detti: perché no? E così abbiamo trasformato un’ambizione in un’impresa”. Teatro della spedizione è il Mediterraneo, centro del mondo, della civiltà e della cultura, non solo nel passato. “Il nostro mare - ricorda Perotti - custodisce il mito della fratellanza e dell’unità. Tutti i paesi che toccano le sponde del Mediterraneo devono riscoprire la straordinarietà di essere parte integrante di una stessa cittadinanza”. La scia della barca come un filo che cuce. Con questa metafora lo scrittore spiega l’obiettivo del progetto: ricucire, appunto, un sistema di convivenza culturale e relazionale cercando di riscoprire il Mare Nostrum, terra di tradizioni condivise. L’area del Mediterraneo sta attraversando un momento di profonda crisi, anche economica. Perotti, accompagnato da altri sostenitori del progetto, cercherà di dare una risposta alla crisi andando alla ricerca di filosofi, giornalisti, scrittori ed intellettuali, chiedendo loro soluzioni per vincere la decadenza. L’ambito culturale non è l’unica finalità di un viaggio che ha an- Trani – Ha fatto sosta a Trani Mediterranea, un bellissimo ketch di 60 piedi che in 5 anni navigherà per 20.000 chilometri attraverso Mediterraneo, Mar Nero e Mar Rosso settentrionale seguendo un circuito storico e socio-culturale che lega tutte le genti che vivono su queste sponde novembre-dicembre 2014 53 Cronache delle Sezioni e Delegazioni TRANI Si ritrova il Gotha di esperti spesso, fa la differenza in queste competizioni. Siamo riusciti ad ottenere un grande piazzamento a Jesolo, giusto premio a tanti sacrifici. Per raggiungere livelli ottimali nella pesca al drifting occorre molta esperienza in mare. Proveniendo da Vieste, abbiamo il vantaggio di poterci allenare in un tratto di costa che ben si presta a questo tipo di disciplina, una zona strategica perché esposta a correnti, mentre il basso adriatico è più favorevole per la traina d’altura. Il livello di preparazione dei pescatori pugliesi è comunque eccellente”. Cronache delle Sezioni e Delegazioni che una forte connotazione ambientale. Mediterranea sarà un laboratorio galleggiante a disposizione della scienza per la difesa del mare e dell’ambiente marino. “Strano come spesso basti un viaggio”, canta Daniele Silvestri. Dalla musica, qui si passa ai fatti. Il tema principale è proprio il viaggio, in questo caso senza mete prestabilite. “Quando si naviga – spiega Perotti - le tappe sono solo orientative. Chi decide è il mare”. E la casualità ha condotto Mediterranea a Trani. “Io non sono pugliese – conclude lo scrittore - ma qui mi sono sentito subito a casa. Trani è una città fantastica, senza eguali. Dal primo istante in cui siamo sbarcati ci siamo sentiti al riparo. Trani è il Mediterraneo”. La Sezione, lieta di ritrovare l’amico Perotti ospite ormai di casa presso i nostri pontili, esprime a nome del presidente, dr. Giuseppe D’Innella, il più vivo compiacimento per il progetto e l’inappuntabile organizzazione del delegato regionale dr. Pagazzo che ci ha permesso di accoglierlo nei tempi e nella giusta modalità. Mimmo Diomede Conferenza su “Gli Statuti Marittimi” La Sezione ha ospitato il 13 giugno una conferenza a cura di Luciano Carcereri (presidente 54 della sezione Benedetto Ronchi di Trani della Società di storia patria per la Puglia) sugli Statuti Marittimi di Trani. Essi, pur essendo del 1063, godono di una peculiarità che contraddistingue la fortuna di questo testo giuridico, vanto della cittadina pugliese. Sono conosciuti e divulgati solo ed esclusivamente tramite edizioni a stampa. E siccome la stampa a caratteri mobili è invenzione della seconda metà del Quattrocento, la tradizione del testo nei primi secoli della sua diffusione è avvenuta tramite supporti che non sono pervenuti fino a noi (o che non sono ancora stati scovati negli archivi). La prima edizione a stampa degli Statuti è del 1507, a Venezia, pubblicata a cura di un personaggio marchigiano, Marco Martelli, che aveva ricevuto dal Comune di Fermo l’incarico di collazionare i vecchi Statuti della città. Il volume del 1507, che contiene in appendice la prima edizione nota degli Ordinamenta et consuetudo maris edita per consules civitatis Trani, non giungerà mai a Trani e neppure nei confini del Regno di Napoli. Infatti non risultano posseduti esemplari degli Statuta Firmanorum del 1507 da parte di biblioteche del Mezzogiorno d’Italia. Stessa sorte tocca più o novembre-dicembre 2014 meno all’edizione successiva, pubblicata a Fermo nel 1589. Tant’è che Marino Freccia, un giurista napoletano del Cinquecento, in una sua monumentale opera, De subfeudis baronum et investituris feudorum del 1554, parlando della magistratura dell’Ammiragliato del mare, dice che nel Regno tutte le controversie, le liti e le decisioni che attengono all’attività marinara sono giudicate sulla base dei principi contenuti nella Tavola amalfitana. All’affermazione di Marino Freccia hanno attinto tutti gli storici regnicoli dei secoli successivi e la norma tranese rimarrà ignorata dalla storiografia giuridica napoletana. L’artefice della fortuna del testo giuridico tranese sarà nell’Ottocento il ricercatore e storico francese Jean-Marie Pardessus, che, con la riscoperta e la valutazione critica del testo, favorirà la genesi di un dibattito storiografico europeo tuttora in corso. Il dottor Carcereri, attraverso una indagine capillare sulle edizioni cinquecentesche e sulle fonti bibliografiche del dibattito iniziato nel primo quarto del XIX secolo, ha potuto ricostruire una serie di relazioni e riferimenti che assicurano una messa a fuoco appropriata di tutta la vicenda degli Statuti Marittimi di Trani. Giornata della Sicurezza in Mare La Sezione, il 7 agosto, ha ospitato una manifestazione dedicata alla sicurezza in mare organizzata dalla Capitaneria di Porto di Barletta. “L’obiettivo dell’evento – ha spiegato il capitano di fregata Pierpaolo Pallotti, comandante di questa Capitaneria – è stato quello di diffondere la conoscenza del corretto utilizzo dei dispositivi di sicurezza in dotazione alle unità di diporto”. Nel corso della manifestazione la motovedetta CP 539, dell’ufficio locale marittimo di Trani, è restata ormeggiata presso i pontili della Lega Navale. L’equipaggio, coordinato dal comandante Stefano Sarpi, ha effettuato l’accensione di un fuoco a mano, di un razzo a paracadute e di una boetta fumogena. Durante l’incontro, il comandante della Capitaneria, ha esposto le innumerevoli attività che hanno interessato il compartimento marittimo della Provincia. Dal 23 giugno ha avviato con ottimi risultati l’operazione “mare sicuro” al fine di vigilare sull’ordinato svolgimento delle attività diportistiche, turistiche e balneari, e prevenire, reprimendo se necessario, i comportamenti che possono mettere a repentaglio la sicurezza della navigazione e la salvaguardia della vita umana in mare. Trani – Il tenente di Vascello Scuccimarri, il capitano di fregata Pierpaolo Pallotti comandante la Capitaneria di Barletta e Giuseppe D’Innella, presidente della Sezione di Trani, riepilogano lo svolgimento della manifestazione al termine della giornata per la sicurezza in mare Ricordiamo che il compartimento di Barletta si avvale di mezzi nautici che sorvegliano il litorale della sua giurisdizione che si estende da Margherita di Savoia a Bisceglie. Immancabili le raccomandazioni ai diportisti. Puntuale anche l’invito, rivolto a tutti i cittadini, di contattare per qualsiasi segnalazione ed emergenza il numero blu gratuito 1530. Il presidente della Sezio- ne, Giuseppe D’Innella, nel suo intervento, ha ringraziato le autorità per aver scelto Trani come sede di questo importante evento. “Quando ci è stata chiesta la disponibilità della sede per la Olbia – L’ammiraglio Paolo Bembo, direttore della nostra Rivista e autore del libro “La Pittura di Marina in Italia” assieme all’ammiraglio Grillo, fra il socio Giorgio Campanella (sullo sfondo) e il presidente della Sezione Cassetta (in primo piano), durante la presentazione dell’Opera OLBIA Presentazione del libro “La Pittura di Marina in Italia” La sera del 26 maggio, il socio Carmelo Campanella, sensibile pittore e docente emerito della Cattedra di Illustrazioni presso l’Accademia delle Belle Arti di Sassari, ha presentato ad un congruo numero di soci, presso la sede sociale, il volume “La Pittura di Marina in Italia dal XV secolo ad oggi”, di Paolo Bembo, direttore della Rivista dell’Associazione, e Salvatore Grillo. Il libro, che tratta di un settore di nicchia ma importante della cultura del mare, ha non a caso ricevuto il patrocinio della Presidenza Nazionale; riccamente illustrato, si diffonde sulle origini di questo genere e ne traccia il percorso, fino a citarne molti dei cultori contemporanei, colmando al riguardo novembre-dicembre 2014 55 Cronache delle Sezioni e Delegazioni manifestazione, siamo stati felicissimi. La Sezione è sempre in prima linea per promuovere la cultura del rispetto del mare. Quando poi si parla di sicurezza, l’impegno deve raddoppiare. Avvicinandoci al periodo ferragostano, è stato quanto mai prezioso ribadire tutte le necessarie misure di prevenzione per abbattere ogni situazione di potenziale pericolo in acqua”. Cronache delle Sezioni e Delegazioni una lacuna nell’editoria nazionale. Questa presentazione ha seguito quelle che hanno già avuto luogo presso le Sezioni di Venezia, Milano, Torino (nell’ambito del Salone Internazionale del libro), Pomezia, ed è previsto che continui ad avere luogo presso le Sezioni che ne hanno fatto o ne faranno eventualmente richiesta, seguendo un itinerario che cerchi di coprire il più possibile la diffusione territoriale delle Sezioni. CAMPOMARINO DI MARUGGIO Concluso il progetto LN Il 7 aprile si è conclusa la fase didattica del progetto della Sezione riguardante tecnica marinara, meteorologia, rispetto dell’ambiente, rispetto delle regole, sicurezza in mare e nella balneazione. I relatori sono stati il Presidente, ing. Vincenzo Cangiano e due brillanti volontari: l’esperto velista Nicola Scafogliero e l’istruttore sub e salvamento Carmelo De Maglie, nuovo socio della Sezione. L’entusiasmo degli alunni ha contagiato la dirigente scolastica, dottoressa Anna Laguardia, che nell’occasione è diventata socia della Sezione, ed anche i docenti che hanno accompagnato i ragazzi. Con l’ultima lezione in aula (so- 56 Campomarino di Maruggio – Un momento della regata di modelli auto costruiti dai ragazzi partecipanti al progetto sulla tecnica marinara organizzato dalla Sezione no già programmate una regata per modellini costruiti dagli alunni ed una visita ad una nave della Marina Militare) ha avuto luogo la distribuzione agli alunni delle 48 tessere di associazione a cura della dirigente e della delegata scolastica insegnante Rita Virginia Carrieri, otti- ma organizzatrice. Il presidente ringrazia tutti coloro che hanno collaborato al progetto, in particolare la prof. Licia Petroni, che ha curato con efficacia i contatti tra la Sezione e le scuole, e la prof. Rosanna Locorotondo che ha chiesto di associarsi poiché apprezza l’attività della Se- zione. Il 9 giugno, ultimo giorno di scuola, si è concluso il progetto, per 43 alunni di terza media, con una mattinata, ambientata nel porto turistico, ricca di due eventi: “La giornata nazionale della sicurezza in mare” e “la Festa del Mare”. Dopo il saluto del Comandante della Stazione Campomarino di Maruggio – Altri alunni partecipanti al progetto discutono fra loro all’ombra di una tenda provvidenzialmente eretta novembre-dicembre 2014 Vincenzo Cangiano CASTIGLIONE DELLA PESCAIA Giornata della Sicurezza in Mare Il 31 maggio si è svolta la Giornata della Sicurezza in Mare, promossa dalla Sezione in collaborazione con la Capitaneria di Porto - Guardia Costiera, inserita quest’anno tra gli eventi che Castiglione organizza quale Comune Europeo dello Sport. Questa manifestazione che, a livello nazionale, si tiene ogni anno all’i- nizio della stagione estiva, quando aumentano le presenze dei bagnanti e dei naviganti, intende ricordare che il mare va affrontato con grande rispetto e consapevolezza dei nostri limiti, perchè non si trasformi da luogo di svago e di riposo in luogo di tragedia. È inoltre l’occasione per rendere un doveroso riconoscimento e ringraziamento ai Corpi dello Stato e alle Organizzazioni del Volontariato, che operano per la sicurezza in mare e per il salvataggio: la Guardia Co- stiera, i Vigili del Fuoco, la CRI, l’Associazione Cinofila della Protezione Civile per il salvataggio in mare. Presenti quest’anno una folta rappresentanza delle scuole di Castiglione con insegnanti e preside, oltre a molti cittadini e villeggianti, che, dalla spiaggia e dal piazzale dell’ex bagno Maristella, hanno seguito con interesse le varie fasi dell’evento. È stata simulata una situazione di pericolo su imbarcazione, in cui un membro dell’equipaggio è caduto in mare in stato di semincoscienza e di acuto dolore toracico. Il comandante dell’imbarcazione lancia il “MAYDAY” sul canale 16, richiede aiuto per pericolo di vita, fornendo il nominativo della barca e la posizione in mare. La richiesta viene ricevuta dalla stazione radio della Capitaneria di Porto che, quale Ente preposto al coordinamento delle operazioni di soccorso in mare, si attiva richiedendo l’intervento della CRI. La motovedetta della Guardia Costiera, con a bordo personale specializzato della Croce Rossa, si dirige verso la posizione segnalata e indivi- novembre-dicembre 2014 57 Cronache delle Sezioni e Delegazioni CC, il C° 1ª Cl. Np. Arcangelo Spada, dell’Ufficio Locale Marittimo di Maruggio, ha tenuto un breve ma incisivo discorso sulla sicurezza in mare, ha coordinato la visita ad una motovedetta della Guardia Costiera, monitorando le operazioni di imbarco e sbarco degli alunni, per “brevi passeggiate a mare” su barche di soci e su un peschereccio: per alcuni ragazzi si è trattato del battesimo del mare. La mattinata si è conclusa con uno spuntino. Il presidente della Sezione ha ringraziato gli alunni partecipanti, i docenti che li hanno accompagnati, la dirigente scolastica che, pur oberata di impegni che le hanno impedito di partecipare, è stata in frequente contatto telefonico con i docenti, assicurandosi del fatto che tutto procedesse senza problemi. Ha ringraziato anche il tesoriere Casagrande, il consigliere Puglisi, ed il socio De Maglie, per la collaborazione, nonché l’azienda “Torre Moline” che ha ospitato la manifestazione. Infine, ancora una volta, un grazie a capo Spada che ha contribuito al successo della bellissima giornata. Cronache delle Sezioni e Delegazioni duata anche grazie all’accensione di un fumogeno da parte dell’equipaggio. Il naufrago, soccorso in acqua dal personale paramedico e posto sulla tavola spinale galleggiante, è condotto a riva, dove gli vengono praticate le prime cure di rianimazione per stabilizzare la situazione clinica e per l’eventuale trasporto in ospedale. È a disposizione anche la motocicletta da fuoristrada della CRI, attrezzata per il trasferimento dalla spiaggia all’ambulanza. Successivamente, sono state simulate situazioni relative a cinque bagnanti con evidenti difficoltà natatorie. In questi casi sono allertate le Unità Cinofile della Protezione Civile ed entrano in azione i cani addestrati ed equipaggiati per il soccorso: un terranova, che ne porta a riva quattro aggrappati alle maniglie del suo giubbetto e un labrador che trascina l’altro. Segue la rianimazione a cura del personale specializzato delle Unità Cinofile della Protezione Civile, sezione di Follonica. Ogni rientro a terra dei magnifici animali è salutato da un lungo applauso di tutti gli spettatori. L’ultima fase della manifestazione ha mostrato l’uso di una zattera di salvataggio, dotazione di sicurezza obbligatoria per la navigazione oltre 6 miglia dalla costa, gen- 58 tilmente messa a disposizione dalla Eurovinil; in caso di abbandono dell’imbarcazione, deciso dal comandante, l’equipaggio, in attesa di ricevere soccorsi, si trasferisce nella zattera ad apertura automatica e dotata di mezzi di sussistenza. I giovani studenti, meravigliati e divertiti, hanno aperto e visitato la zattera osservandone ogni parte. Terminata la manifestazione, l’Hotel Miramare ha gentilmente offerto un aperitivo al presidente e ai volontari della CRI e della Protezione Civile, ai Comandanti rispettivamente della Delegazione di Spiaggia, dell’Arma del Carabinieri, della Brigata di Finanza, alla preside dell’Istituto Comprensivo Statale Orsino Orsini e al presidente e ai rappresentanti della Sezione. VICO EQUENSE Gli occhi di Marta Sabato mattina. Sulla banchina, giù al porto ci saranno più di 30° con un umidità che non vi dico; si suda a più non posso. Ma, penso, siamo a metà giugno, sarà pure normale. Non lo è provare un brivido di freddo che ti piglia lungo tutta la schiena fino ad arrivare alle spalle. Marta avrà avuto tredici d’anni, una bella ragazzina già pronta in costu- novembre-dicembre 2014 me per salire sulla barca di Gianpaolo. Si va tutti a fare un giro lungo la costa. È arrivata da Napoli con un pulmino in mattinata, insieme ad una quindicina di suoi amici alcuni dei quali anche più piccoli. Io sto sulla banchina, prendo la cima, le do volta sulla bitta, do una mano a salire mentre Emilio sta a bordo e ad uno ad uno li prende per mano e li fa accomodare sulle panche nel pozzetto di poppa. È il turno di Marta, le stringo forte il braccio, deve fare attenzione fra drizze, cime, scotte e sartie la barca, per lei è piena di pericoli. È proprio in quel momento che esclama: sento l’odore del mare, come vorrei fare il bagno. Un brivido di freddo mi attraversa la schiena. No! No! il mare è tutto sporco. Oggi il mare è di una purezza cristallina, di sporco c’è solo la mia bugia. Chissà se sa nuotare? E se si come fa? Chissà quanti altri desideri avrà, chissà.....? Marta non conosce l’azzurro del mare n’è il verde delle colline che ci circondano. Marta è nata cosi, nel buio e nel buio passerà il resto della sua vita. Noi della Sezione abbiamo conosciuto l’UNIVOC, un associazione Onlus che si dedica all’assistenza dei ciechi ed insieme abbiamo deciso di far passare una giornata diversa a questi ra- gazzi meno fortunati di noi. Fargli sentire l’ebbrezza del vento su di una barca a vela ed il rumore delle onde che si frangono sulla sua prua. È stato bello, si sono divertiti tanto, siamo tutti un po’ stanchi; con un applauso allo skipper la nostra avventura volge al termine. Ciao Marta, a te e i tuoi compagni di viaggio un grazie di cuore da parte di Emilio, Silvio, Peppe e Gianpaolo; volevamo darvi qualcosa ma invece siamo stati noi a ricevere, ci avete dato tanta soddisfazione ed un enorme emozione. E, si sa, l’emozione non ha prezzo.... Peppe Vanacore ALGHERO Presentazione libro Martedì 27 Maggio si è svolta la presentazione del libro “La pittura di Marina in Italia dal XV secolo ad oggi”. L’occasione è stata particolarmente ghiotta per i presenti che numerosi hanno seguito il “percorso”, tra le opere più rappresentative, proposto dall’ammiraglio Paolo Bembo, coautore insieme all’ammiraglio Salvatore Grillo di un volume unico nel suo genere. Con grande passione e competenza l’autore ha trasportato il pubblico tra le scene di battaglia e le più pacifiche giornate di lavoro nel porto, sottoli- Alghero – Un momento della presentazione del libro “La pittura di Marina in Italia dal XV secolo” da parte dell’ammiraglio Paolo Bembo (seduto al tavolo) nella nuova Biblioteca cittadina neando i dettagli che caratterizzavano ogni opera. A rendere ancora più suggestiva la serata è stato il luogo: la nuova Biblioteca della città catalana, quella che in passato era stata la chiesa del complesso di Santa Chiara, appena alle spalle del- le antiche mura che si affacciano sul mare. Il presidente della Sezione di Alghero, Francesco Canu ha ringraziato l’Amministrazione Comunale per la collaborazione fornita, donando alcuni volumi alla biblioteca, con l’auspicio che venga realiz- zata una sezione libraria dedicata al mare. Tra gli ospiti il Delegato Regionale Ingrid Crabuzza e il presidente della Sezione Golfo dell’Asinara Vittore Canopoli che hanno collaborato all’organizzazione dell’evento. F.C. Sabato 28 giugno si è concluso ad Alghero, con successo, il Progetto sport e disabilità: la pratica della Vela nella Paraparesi Spastica Ereditaria (PSE). Il Progetto è stato sviluppato dalla dottoressa Letizia Martinengo (Università di Torino) per la parte Psicologica, e dalla dottoressa Loretta Racis (Università degli Studi di Sassari), per la parte neurologica. L’AIViPS Onlus (Vipsonlus) in collaborazione con la Sezione di Alghero, si è proposta di studiare quali significati e quali rappresentazioni i soggetti con disabilità fisica conseguente a Paraparesi Spastica Ereditaria (PSE) che partecipano al progetto vela costruiscono intorno all’attività fisica, al fine di poter meglio cogliere l’impatto che la pratica sportiva comporta sulla loro soggettività e sulla percezione del Sé. Le uscite in mare si sono svolte tutti i fine settimana (venerdi e sabato), al fine di poter consentire agli “aspiranti velisti” di concludere il ciclo richiesto, pari a 6/7 giorni, impegnandoli dalle 16,00 alle 19,00, circa. Un grande merito della buona riuscita dei lavori va riconosciuto alle persone, i soci della Sezione di Alghero, per la grande disponibilità offerta in termini di risorse umane e novembre-dicembre 2014 59 Cronache delle Sezioni e Delegazioni Progetto sport e disabilità Cronache delle Sezioni e Delegazioni nate trascorse con gli armatori, i partecipanti hanno annotato le loro esperienze, emozioni. e quant’altro su un diario giornaliero. I loro scritti saranno poi oggetto di studio a cura della psicologa, dottoressa Letizia Martinengo. Pasquale Masala Segretario AIViPS Onlus BARLETTA Premio a Paola Piazzolla Alghero – Ingrid Crabuzza (delegato regionale LNI per la Sardegna) e Pasquale Masala (segretario AIViPS Onlus) al tavolo della conferenza imbarcazioni, nonché per il grande calore umano che essi hanno profuso nei confronti dei pazienti con PSE, mettendoli a loro agio, in un ambiente in precedenza giudicato da costoro “ostile”, mentre, dopo sarebbe diventato familiare e amico. Ambiente del quale, ora, sentono già la mancanza. Questo a dimostrazione di come la Sezione abbia saputo coinvolgere tutti, persone aderenti al progetto e il personale che le segue. Di questa esperienza l’AIViPS Onlus, ha fatto tesoro, e spera che in un prossimo futuro, in altre realtà italiane ci siano Sezioni della Lega Navale disposte a offrire possibilità di studio e di av- 60 vicinamento all’ambiente della vela, sia a favore di quelle persone che hanno difficoltà di movimento, come per esempio quelle create dalla Paraparesi Spastica Ereditaria, che per tutti coloro che amano confrontarsi con il mare, su una barca a vela, diventandone soci. A nome del presidente dell’Associazione AIViPS – Onlus, signora Tiziana Maero, si ringraziano: il presidente della Sezione di Alghero, signor Franco Canu, per aver accettato la nostra proposta di progetto, ospitandoci e facendoci sentire come a casa nostra presso la “sua” struttura; la delegata regionale LNI per la Sardegna, signora Ingrid Crabuzza con la quale, novembre-dicembre 2014 l’altro anno, vennero gettate le basi per valutare la fattibilità dei lavori, e che ha creduto nella nostra iniziativa; il vice presidente signor Antonello Casu, il quale è stato il perno della coordinazione degli imbarchi, della disponibilità delle imbarcazioni e la persona che ha curato i rapporti con la AIViPS Onlus; tutti i soci della Lega Navale che a diverso titolo, sempre col sorriso sulle labbra, hanno dato la loro disponibilità per far si che tutti i partecipanti al progetto si sentissero a loro agio, affrontassero con piacere le navigazioni e apprendessero quanto veniva insegnato a bordo, per condurre al meglio la barca. Di tutte le gior- Giovanissima atleta di caratura mondiale, corteggiata da prestigiose università degli Stati Uniti tra cui Yale, eppure nel nostro Paese fatica a trovare sponsor. Paradossale la situazione di Paola Piazzolla, diciassettenne campionessa di canottaggio che ha ottenuto il 5° posto nel doppio in nazionale ai mondiali juniores di Amburgo del 10 agosto scorso, punta di diamante della squadra della Sezione. Ma le difficoltà non intaccano la volontà e la tenacia di questa ragazza, capace di raggiungere straordinari obiettivi non solo nello sport ma anche in ambito scolastico: frequenta infatti con eccellente profitto il Liceo Scientifico “Cafiero”. “Paola in questo momento è la gloria del nostro Liceo”, commenta orgoglioso il suo insegnante di Scienze Motorie, il professor Monte- nero. Allenata da Cosimo Damiano Cascella, Paola Piazzolla è la rappresentante di spicco di un gruppo di coetanei che animano la bellissima realtà degli sport acquatici in città: a presentarli, uno per uno, è stato proprio il coach Cascella che ha ringra- ziato “soprattutto i genitori per il sostegno all’impegno dei figli” e ha invitato anche gli adulti ad avvicinarsi al canottaggio attraverso appositi “corsi di coastal rowing, adatti a tutti dai 30 ai 70 anni, tenuti presso la sede della Sezione” Alla manifestazione, il 24 agosto, sono intervenuti anche esponenti istituzionali: per il Comune di Barletta l’assessore Antonio Rizzi e a nome della Provincia Bat (Barletta, Andria, Trani), l’ex assessore Dario Damiani. Il presidente della Sezione, dottor Giuseppe Pa- Matera Castellaneta – Una splendida immagine variopinta e solare della manifestazione “Vele di ferragosto” tenutasi il 17 agosto a Castellaneta Marina MATERA CASTELLANETA Vele di ferragosto Il 17 agosto si è svolta a Castellaneta Marina, la manifestazione sportiva denominata, “Vele di ferragosto”, regata a calendario federale con la Sezione con base nautica a Castellaneta Marina come comitato organizzatore, in sinergia con il Rotary club di Riva dei Tessali e con il circolo velico Vega di Castellaneta. Insieme, si è riusciti finalmente all’unisono a colorare di vele il mare di Castellaneta Marina. Il richiamo è stato forte anche per gli altri circoli velici, legati da profonda amicizia e dalla comune passione che hanno deciso di prendere parte all’iniziativa. Grandi e piccini, con barche molto performanti o da scuola vela, hanno solcato lo novembre-dicembre 2014 61 Cronache delle Sezioni e Delegazioni Barletta – Paola Piazzolla (verso sinistra nella foto) assieme a una collega, campionessa di canottaggio e brillante speranza della Sezione, che attira attenzioni a livello internazionale, ne riscuote poche in Italia, come spesso avviene peri giovani più meritevoli gliarulo, ha focalizzato l’attenzione sui benefici dell’attività sportiva durante l’adolescenza, “età in cui tanti ragazzi si perdono, seguendo strade malsane. Lo sport, invece, insegna a lottare e ad assumersi responsabilità, aiutando a formare la personalità di coloro che saranno la classe dirigente del futuro”. La serata si è conclusa con la consegna di un contributo economico alla Piazzolla, in forma di buono acquisto per il necessario alla sua attività agonistica. Cronache delle Sezioni e Delegazioni specchio d’acqua antistante Riva dei Tessali. Nonostante le condizioni meteomarine non propizie, in molti hanno deciso di partecipare comunque all’evento ma il vento forte e minaccioso con le sue improvvise raffiche che sferzavano il campo di regata, ha costretto i giudici di regata ad inibire la partecipazione ai più piccoli. Raffiche che hanno reso dura la vita a numerosi equipaggi, anche tra i più forti, che si sono capovolti, in termini tecnici hanno scuffiato, o hanno riportato danni alle attrezzature ed alle vele. Tutto, comunque, nella norma e senza incidenti o contusioni ma solo motivo di spettacolo. L’ulteriore rinforzare del vento ha poi costretto il comitato di regata a non far disputare la seconda e la terza prova previste e a validare la regata con una sola prova svolta, ma lunga e difficile. Tra le derive, il fortissimo equipaggio SodoVacca, della Sezione, costretto al terzo posto, dopo aver condotto la regata per lungo tempo, a causa di una scuffia dovuta al forte vento. La Lega Navale ha donato al presidente 2013-14 del Rotary, ing. Luigi Severini una targa di riconoscimento per l’ideazione e l’organizzazione della competizione e un’altra targa è stata donata al presidente 2014- 62 15 prof.ssa Maria Carmela Bonelli per aver supportato l’iniziativa, ed effettivamente grazie alla energia cementificatrice del prestigioso circolo, la manifestazione ha riscosso un evidente successo ed ha compiuto un gran bel salto di qualità. Ha unito le varie piccole realtà locali e finalmente si è vista in acqua la bella vela che unisce ed appaga la voglia di andare in mare per divertirsi con il magnifico gioco di imbrigliare il vento con le vele. Altra novità assoluta, che ha sicuramente contribuito a rendere allettante la partecipazione di tutti, il sorteggio tra i partecipanti di tre preziosissimi orologi Hamilton, di cui uno di edizione limitata, offerti dalla gioielleria Feni di Taranto. La cerimonia di premiazione ha visto il coinvolgimento anche di autorità della Marina Militare, oltre che dei delegati allo sport ed al turismo dei comuni di Castellaneta e di Ginosa, che hanno patrocinato l’evento. È stata partecipatissima e si è conclusa con una corale promessa di arrivederci e con l’augurio di una sempre più forte crescita di questo stupendo sport che pur prestandosi bene alle nostre spiagge sabbiose per le costanti brezze marine tipiche, fino ad oggi ha stentato a decollare, ma l’odierna manifesta- novembre-dicembre 2014 zione ha dimostrato agli occhi di tutti, anche dei più scettici, che si può fare, si può vivere il mare in modo diverso dalla normale balneazione estiva, ed è un modo semplice, pulito ed anche economico, alla portata di tutti. PORTO SAN PAOLO La Sezione riprende l’attività con le scuole Il presidente della Sezione, con la riapertura delle scuole, ha pensato di dare inizio ad una nuova serie di collaborazioni con le insegnanti e con la dirigenza degli istituti elementari e medi, per avvicinare i più piccoli al rispetto del mare. L’incontro casuale con Salvatore Cimmino, campione di nuoto protagonista del giro del mondo a nuoto con una gamba, ha permesso che i piccoli delle ultime classi delle scuole elementari e medie potessero avvicinare un grande campione capace di imprese incredibili nonostante la disabilità che lo accompagna fin dall’infanzia. Le immagini del documentario realizzato dall’atleta, campano di nascita ma romano di adozione, ha sbalordito i piccoli, che alla fine della proiezione lo hanno letteralmente circondato sottoponendolo ad una serie di domande mai scontate, mosse da curiosità e ammirazione per lo spessore dell’impresa sportiva fino a questo punto portata a compimento. Salvatore Cimmino è da tempo protagonista di grandi sfide per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della disabilità. Ai bambini delle scuole di Porto San Paolo, Cimmino ha raccontato la sua storia, quella di un ragazzino di quattordici anni che a seguito di una malattia perde una gamba. “....poi l’incontro con la piscina, e quindi il mare”. I bambini lo hanno sottoposto ad una vera raffica di domande, alle quali ha sempre risposto con dolcezza,spiegando con parole semplici il senso della sua iniziativa:” Il mio percorso di vita a tratti è stato molto faticoso perché ho capito presto che il mondo in cui viviamo è spesso tagliato su misura delle persone perfettamente sane e abili,” ha detto “ la miglior medicina è lo sport, una medicina che agisce sul corpo e sulla mente.” La Sezione di Porto San Paolo non è comunque nuova ad incontri con le scuole. Per meglio educare i piccoli cittadini di domani al rispetto della natura e del mare, oltre che alla conoscenza della storia e delle curiosità legate al mare, da tempo organizza incontri ed escursioni che i merota, con la premiazione dei vincitori della 1ª edizione della regata velica “Golfo di Policastro”, iscritta nel calendario della Federazione Italiana Vela - V Zona Campania ed organizzata dalla Sezione, insieme al Circolo Nautico di Sa- pri e in collaborazione con il Circolo velico Astrades e la Sezione di Marina di Camerota. Questa regata, la prima di una serie che si vuole continuare negli anni avvenire per far crescere nel nostro golfo l’interesse per l’esercizio della vela, con i trofei “Leone di Caprera” e “Pietro De Luca” ha voluto rendere omaggio a due nostri concittadini: Pietro Troccoli originario di Marina di Camerota, che, nel 1880-1881 fece parte di un esiguo equipaggio di una piccola goletta, SCARIO Regata “Golfo di Policastro” L’ultimo atto di una produttiva ed intensa attività della Sezione dell’anno in corso, si è concluso la sera del 20 settembre a Marina di Ca- Scario – Le snelle e candide linee dell’imbarcazione Gioy si stagliano nitide contro i caldi colori dell’abitato di questa riviera tirrenica e della foresta che lo circonda novembre-dicembre 2014 63 Cronache delle Sezioni e Delegazioni piccoli trasferiscono poi su carta realizzando disegni e temi destinati alla memoria collettiva. Il presidente Borghesan è sempre in prima fila; la comunione di intenti nata fra Cimmino e la nostra Sezione ha permesso a tanti bambini di trascorrere una mattina diversa, spinti da sana curiosità, disposti ad ascoltare dalla viva voce di un protagonista di qualità, le difficoltà alle quali si va incontro quando la disabilità entra nella vita di una famiglia colpendola al cuore. La voglia di abbattere le differenza creando un sistema capace di migliorare la vita di un portatore di handicap ha incuriosito i piccoli ascoltatori e le insegnanti, sempre disponibili. Il calendario di incontri che la Sezione intende ora organizzare è ricco e non si limita alla presenza di Salvatore Cimmino, comunque atteso a breve anche nelle scuole olbiesi grazie alla collaborazione fra la Sezione di Porto San Paolo e quella di Olbia. Cronache delle Sezioni e Delegazioni chiamata “Leone di Caprera” che attraversò l’Oceano Atlantico da Montevideo all’Italia per rendere omaggio all’Eroe dei due mondi, e Pietro De Luca, un giovane studente di legge dei nostri tempi che ci lasciato prematuramente, che si era distinto, tra l’altro, per l’amore che profondeva per esaltare e perpetuare nel tempo le peculiarità tradizionali e le bellezze naturali della nostra terra. Entrambi costituiscono un esempio per i giovani, non solo di dedizione alle attività ricreative, nella fruizione delle bellezze della nostra terra in modo rispettoso per l’ambiente. La Lega Navale, forte dei suoi principi statutari, che la vedono promotrice di attività marinare ed en- te di protezione ambientale, intende, intorno a questi esempi, perpetuare il significato dell’impegno e lo sviluppo delle attività nel nostro golfo, che ruotano intorno all’amore per il mare e il rispetto per l’ambiente. ANCONA Canoapolo: Cadetti in crescita Grandi progressi nella formazione cadetti della Sezione nel torneo “Canoagiovani”, disputatosi nella bellissima radura del bacino naturalistico di Roffia, presso San Miniato di Pisa, l’ultimo week-end di luglio. I piccoli polisti dorici, futuro serbatoio della canoapolo ad Ancona, hanno messo a frutto quanto imparato negli allenamenti in acqua curati con grande impegno e soddisfazione dagli allenatori Amore e Amicucci. Tante le sconfitte, anche perché, in questo campionato cadetto, l’Ancona era la squadra in assoluto più giovane, ma tante sono state le belle giocate che denotano un buon affiatamento ed una grande carica agonistica profusa in particolar modo dalle due sorelle Letizia e Gaia Lombardi. La squadra “gira” molto bene attorno all’esperto capitano Andrea Amore, diciamo il più “vecchio” come approccio a questo sport, e quando gli avversari sono alla portata anche come età (si può arrivare fino a 14 anni nel campionato cadetto), la squadra non Ancona – Giovani, agguerriti, motivati: sono i cadetti della squadra di canoa polo della Sezione che, giorno per giorno, si vanno facendo strada verso le future vittorie 64 novembre-dicembre 2014 ha certo sfigurato, andando anche a segno diverse volte con i forti centrali Antony Zoia e Hermes Bracci. Girone di ferro contro le compagini dell’Team Kayak Sardegna, della Pol. Katana, e dell’Arci Lerici, con i quali Amore e compagni hanno disputato una bellissima rimonta lo scorso luglio, perdendo nel finale per 7 a 4. ARONA “I Leoni delle Due Rocche” Il 28 giugno scorso, nelle acque del Lago Maggiore incorniciate dallo sguardo maestoso della Rocca di Arona e della Rocca di Angera, si è tenuta la terza edizione del raduno velico a scopo benefico “I Leoni delle Due Rocche” organizzato dalla Sezione con la collaborazione del Leo Club Lago Maggiore. Anche quest’anno, l’iniziativa ha riscosso un grande successo, permettendo di raccogliere fondi che verranno devoluti in beneficenza alle associazioni “Liberi di Sentire Onlus”, che ha quale scopo la tutela e l’emancipazione delle persone affette da sordità e “Ragazzi di Camelot Onlus”, che si propone di offrire sostegno e supporto a persone che si trovano in situazioni difficili, grazie ad un metodo pedagogico che Cronache delle Sezioni e Delegazioni valorizza l’interazione con gli animali. Il raduno velico, inserito come terza prova nel circuito della Vela Libera Verbano, era aperto a tutti, sia velisti esperti che semplici appassionati, che si sono misurati in una competizione che unisce spirito agonistico e solidarietà. Neppure la pioggia ostile ha fermato i numerosi partecipanti, ben 47 imbarcazioni, provenienti da importanti circoli e associazioni veliche. Ma non solo. Grazie all’iniziativa della Sezione e alla dedizione dei soci che hanno messo a disposizione posti barca sulle proprie imbarcazioni, anche chi non è mai salito su una barca a vela ha avuto la possibilità di partecipare e provare per la prima volta l’emozione di questo sport. La giornata si è conclusa, grazie alla collaborazione dei soci, dei ragazzi del Leo Club, alla generosità degli sponsor e alla fitta partecipazione dei regatanti, con una festosa cena al parco della Rocca di Arona, in cui si è svolta la premiazione che, tra i tanti riconoscimenti, ha visto assegnato per la prima volta il trofeo istituito dalla sezione in onore del proprio socio Alfredo Cairo, grande uomo e grande velista, recentemente scomparso all’età di 93 anni che tutti sul nostro lago conoscevano e che ha fatto crescere genera- 66 zioni di aspiranti velisti grazie al suo spirito e ai suoi insegnamenti. L’ambito trofeo è stato vinto proprio da uno dei suoi allievi, ora affermato velista a livello nazionale e internazionale, che ha avuto l’onore di averlo in equipaggio lo scorso anno durante una delle sue ultime regate. La sezione di Arona, non può che essere orgogliosa di poter contare su tutte queste persone che hanno contribuito, con il loro sostegno e la loro partecipazione, a rendere sempre crescente il successo dei “Leoni delle Due Rocche”, permettendo così di diffondere lo spirito di solidarietà che contraddistingue la Lega Navale. ANZIO Palio del mare Lo scorso 6 luglio, si è svolta ad Anzio la terza edizione del Palio del Mare, organizzata dalla relativa associazione onlus. A differenza di quello più famoso di Siena, invece che con i cavalli le 9 contrade/quartieri si sono sfidate su barche a vela classe J/24, sorteggiate come avviene per i fantini toscani. La Sezione, come da tradizione, ha fatto scendere in acqua tutte le sue barche, che in quest’edizione hanno occupato le prime tre piazze. Per la cronaca, il socio Meriggi con il suo Cesare Julio ha portato alla vittoria il rione Anzio colonia, seguito da Paolo Rinaldi abbinato a Lavinio Mare, mentre terzo si è classificato Gianni Riccobono per Sacro Cuore. La manifestazione è stata accompagnata da varie iniziative ed eventi che sono culminati con la sfilata in costume d’epoca nel centro di Anzio, mentre vari giornali e televisioni ne hanno riportato la cronaca. GENOVA QUINTO Trofeo Safari Fotosub Bonassola Anche quest’anno, il 14 giugno, si è rinnovato l’appuntamento della Sezione con la magnifica località di Bonassola e il suo splendido mare. Il Trofeo, al suo sesto appuntamento, ha visto Genova Quinto – Questo bel tordo rosso, fotografato sui fondali di Bonassola in occasione del Trofeo Safari Sub svoltosi il 14 giugno in quella località da Fabrizio Landro, classificatosi al 3° posto nella categoria Ara Compatte con questa immagine novembre-dicembre 2014 patte con Gianni Costo e al terzo, quarto e quinto posto nella categoria Ara Compatte con Fabrizio Landro, Augusto Carbone e Piero Tassara. Alla premiazione erano presenti il neosindaco Giorgio Bernardin, il vicesindaco e assessore alla cultura e al turismo Piera Gandolfi, gli assessori Francesco Rocca, Mauro Ratto e il presidente della Proloco Lucia Beccaris, che hanno consegnato il trofeo, i premi e soprattutto prodotti del territorio molto apprezzati dai partecipanti. MOLFETTA Debutto nazionale canoa Ottima performance al debutto nazionale dei giovani atleti di canoa della Sezione. Il 30 e 31 agosto, si sono disputati sul lago di Caldonazzo, in Trentino, i campionati Italiani di Canoa, categoria giovanili, 9-14 anni. Le atlete Federica Altamura e Donatella Spadavecchia hanno conquistato un posto sul podio, nella propria categoria allievi B. La rappresentativa degli atleti molfettese era composta anche dai giovanissimi atleti di 9 anni, allievi A, Walter Brattoli e Matteo De Gennaro che hanno ottenuto alla loro prima gara nazionale risultati lodevoli. La manifestazione era iniziata sin dal venerdì 29 con la sfilata degli atleti, ben 951 partecipanti in rappresentanza di 98 società sportive di canoa provenienti da tutte le parti di Italia. La due giorni di gare ha visto le nostre atlete scendere in acqua e confrontarsi con la “distanza”, regina delle categorie giovanili, la gara sui 2.000 m. Entrambe le nostre due ragazze si sono piazzate, una al sesto e l’altra al decimo posto, un risultato non malvagio, visto il loro recente approdo alla pratica agonistica di questo Sport. Breve pausa e con il pomeriggio si dava inizio alle gare sprint sulla distanza olimpica dei 200 m. Le nostre atlete non mancavano l’appuntamento e nelle gare in rappresentanza della propria regione (Meeting), Federica Altamura, nella gara dei 200 metri nel k1 420 conquistava la seconda posizione. Nella gara in equipaggio doppio gareggiava insieme alla compagna di squadra Donatella Spadavecchia; le giovani atlete in K2 si classificavano in rimonta al 3° posto. Ai successi fatti segnare dalle nostre due atlete rispondevano con una prestazione importante anche i nostri due Molfetta – Federica Altamura (con il numero 122) e Donatella Spadavecchia, classificate al 3° posto nel K2 ai campionati di Caldonazzo, in agosto, giovanissime emergenti nel promettente vivaio di risorse sportive della Sezione novembre-dicembre 2014 67 Cronache delle Sezioni e Delegazioni un’ampia rosa di partecipanti che hanno scelto Bonassola per passare un giorno all’insegna della fotografia e dell’amicizia, pur non essendo il trofeo, quest’anno, selettivo per la gara nazionale. La Sezione, con la collaborazione della società sportiva “Il Delfino” e del gruppo “Onda Anomala” di Bonassola, ha organizzato questa edizione con il patrocinio del Comune e della Proloco locali; oltre al trofeo è stato assegnato il titolo di Campione Regionale Ligure di Safari Fotosub. La gara ha avuto inizio alle ore 8 ed è terminata alle 12. Dopo un lauto pranzo presso i ristoranti di Bonassola che hanno aderito ad una convenzione, i concorrenti hanno potuto scegliere le fotografie da presentare nel suggestivo scenario della chiesa di S. Erasmo. Grazie alla Polisportiva Bonassolese, che ha messo a disposizione il campo sportivo, i concorrenti del trofeo hanno, inoltre, potuto parcheggiare gratuitamente le loro automobili. Il mare di Bonassola, come gli altri anni, non ha deluso le aspettative dei concorrenti che hanno potuto fotografare ben 66 specie di pesci, tra cui alcuni difficilmente avvistabili in altre località. Ben ha figurato la Sezione, piazzandosi al terzo posto come squadra, al terzo posto nella categoria Apnea Com- Cronache delle Sezioni e Delegazioni Diaro di un genitore Il 30 e 31 agosto sul lago di Caldonazzo in Trentino si sono disputati i campionati Italiani di Canoa, riservato alle categorie giovanili e mia figlia undicenne per la prima volta ha partecipato alle gare come atleta della Sezione di Molfetta. Come genitore ho seguito mia figlia, in quel di Caldonazzo; sin da subito ho avvertito e apprezzato l’atmosfera di sano agonismo della 2 giorni di gare. Ero molto emozionata, ma ho cercato di non darlo a vedere. In fondo il compito di un genitore, al seguito del gruppo dei giovani atleti, in occasioni come questa ritengo debba essere di presenza, ma non di ingombro. Credo che per tutti coloro che gareggiano in una competizione, sapere di avere vicino oltre che lo staff tecnico anche i propri cari, che sono anche i tifosi più accesi, costituisce un beneficio aggiunto contro l’ansia, in maggior misura se quella è atleti più piccoli, Walter Brattoli e Matteo De Gennaro, che nella gara slalom 200 metri ottenevano risultati lodevoli; entrambi sono stati premiati con medaglie per la partecipazione. Nella 2ª ed ultima giornata di gara, le atlete, motivate dallo staff tecnico, conquistavano un’altra medaglia, la terza, con il podio di Federica Altamura al 2° posto nelle gare di velocità per Società. Rammarico per il 4° posto nella specialità K2; le due atlete, per un secondo, non sono salite sul podio. Nella gara di specialità in 68 la prima competizione Nazionale a cui si partecipa. Ho cercato di mantenere un atteggiamento sereno anche se partecipativo. Vedere mia figlia affrontare le gare, la specialità più dura della competizione Nazionale, la distanza dei 2000 metri in K1, mi ha fatto capire quanto lei sia più forte e matura di quanto pensassi. Vederla salire sul podio nelle gare di velocità sprint sulla distanza olimpica dei 200 m, poi, mi ha commossa. Sono molto soddisfatta per i risultati ottenuti in tutte le gare anche quando non ha vinto, ma soprattutto sono rimasta colpita dalla serietà, dalla correttezza, dalla disciplina e dalla voglia di ben figurare di tutti i ragazzi, ben 951 atleti in rappresentanza di 98 società sportive partecipanti, provenienti da tutte le parti di Italia. È proprio vero, lo sport è energia, è vita, è scuola di vita. equipaggio anche i nostri giovani atleti, allievi A, hanno fornito una prestazione che fa ben sperare per il futuro della canoa olimpica molfettese. Soddisfazioni sono state espresse anche dallo staff tecnico della Sezione: la partecipazione del nostro Sodalizio ai Campionati Italiani di canoa di Caldonazzo ha segnato un ritorno alle competizioni nazionali dalle quali il sodalizio mancava dal 2008. I risultati, se visti anche in termini di medaglie, sono stati riconoscimenti all’impegno profuso, tuttavia lo Sport è edu- novembre-dicembre 2014 AnnaMaria De Gennaro cazione alla vita, all’impegnarsi per poter ottenere risultati, formare il carattere, avere tenacia, pazienza ed ascoltare i propri allenatori, in quanto esperti della disciplina sportiva. Soddisfatto anche tutto lo staff dirigenziale che punta a rilanciare le proprie strutture come centro di aggregazione sportiva per atleti e appassionati di Sport, quali canoa, canottaggio con lance a remi, pesca sportiva e vela. Un elogio, non ultimo, a tutto il gruppo sportivo della Sezione, atleti, tecnici, accompagnatori e infine i genitori che con il proprio impegno li hanno sostenuti. PORTO SAN GIORGIO Europei Optimist Sabato 19 luglio, si è conclusa l’edizione 2014 degli Europei classe Optimist. Presenti ben 153 atleti, di cui 7 in rappresentanza dell’Italia, uno di questi il nostro Rodolfo Silvestrini, unico rappresentante di tutti i Gruppi Vela costituiti all’interno delle Sezioni LNI. Il campo di regata irlandese si è rivelato insidioso e particolarmente difficile. Il nostro atleta, nelle prime due giornate ha ottenuto degli ottimi parziali. In particolare, durante la seconda giornata, quando ha trovato le condizioni meteo ideali per le sue caratteristiche e con un vento che ha raggiunto anche 22 nodi e una onda crescente, ha ottenuto un 4° e 2° posto. Nel terzo giorno, il campo di regata si è rivelato insidioso, con un vento che ha raggiunto punte di 16 nodi, ma ha presentato numerose variazioni di intensità e direzione con mollane fino a 56 nodi, mollane in cui Rodolfo è incappato (1222). Nonostante ciò, l’atleta sangiorgese ha avuto un agevole accesso alla flotta Gold europea, i primi 51 della classifica parziale, con un 13° posto, primo degli italiani. Il quarto giorno si presenta con un vento da sud-est, intensità di 8-10 nodi, condizioni che non favoriscono il ragazzo che chiude la giornata nella 22° posizione in generale. Giornata guastata dall’inatteso avanzamento di fitti banchi di nebbia (con visibilità ridotta ai minimi termini) che hanno costretto il Comitato ad accorciare la regata alla poppa, per condurre in sicurezza i regatanti ed abbandonare il campo di regata. La quinta giornata si presenta con la baia di Dublino ammantata dalla nebbia, “Una giornata da lotteria; praticamente impossibile distinguere le boe e gli avversari sul campo, poter fissare con precisione le tattiche e le strategie da adottare con scarsa visibilità sulle raffiche, un vento da sud est non più intenso di 10 nodi e poco costante nella direzione”, come ha scritto Daniela Colnaghi in una news per Federvela del 18 giugno. Veniva disputata una sola prova e Rodolfo no nostante una fantastica partenza davanti a tutti sul controstarter, pagava una brutta prestazione che lo portava alla 31° posizione. La sesta giornata vedeva il campo di regata ancora completamente invaso dalla nebbia e il Comitato, per ragioni di sicurezza, annullava le due prove previste e venivano quindi assegnati i titoli europei. Rodolfo ha chiuso questa sua fantastica esperienza al 31° posto, primo degli italiani. Una posizione che lascia un po’ l’amaro in bocca, perché le condizioni incontrate sul campo di regata non hanno favorito il nostro ragazzo. Nonostante ciò, Rodolfo e gli altri 6 ragazzi tornano da Dublino colmi di esperienza per le prossime future avventure. È inutile scrivere che tutta la Sezione è orgogliosa del proprio velista. VARAZZE Memorial Renato Geronazzo Domenica 7 settembre la Sezione ha organizzato il 2°raduno di pesca al pesce pettine, quest’anno intitolato come Memorial a Renato Geronazzo, scomparso due anni fa, che ha per lungo tempo novembre-dicembre 2014 Luca Geronazzo 69 Cronache delle Sezioni e Delegazioni Porto San Giorgio – Il team azzurro che ha partecipato agli Europei classe Optimist; il terzo atleta in piedi da sinistra è Rodolfo Silvestrini, della Sezione, unico rappresentante dei Gruppi Vela LNI presente ai difficili campionati irlandesi ricoperto la carica di Presidente della Sezione, poi consigliere allo sport fino a pochi anni fa e socio da una vita. Al raduno hanno partecipato 11 imbarcazioni armate da 2 persone più 1 ospite non gareggiante. La manifestazione si è svolta sotto i Piani d’Invrea, bellissima costa tra Varazze e Cogoleto, su un basso fondale di sabbia dove appunto si trovano i pesci pettine, chiamati anche surici, che sono molto colorati oltre che buoni da mangiare. La pesca è stata effettuata al bolentino con attrezzature leggere, allo scarroccio. Abbastanza soddisfacenti le catture costituite non solo dai pettini, ai quali veniva attribuito un punteggio doppio di 200 punti per ogni pesce, ma anche da vari pesci di fondo quali sciarrani, menole, rombi, tracine, pagari. È risultata vincitrice la coppia di soci Marcello e Giacomo Spotorno (figlio e padre) con ben 17 pettini e vari altri pesci, con un punteggio di 5.862; terzi, sempre della Sezione, la coppia Lista-Lista con 11 pettini per 3952 punti. La premiazione con rinfresco si è svolta presso la sede sezionale, nel Porto Turistico Marina di Varazze e visto il successo ottenuto, tale raduno sarà sicuramente ripetuto l’anno prossimo. Cronache delle Sezioni e Delegazioni Varazze – Giacomo e Marcello Spotorno, la coppia della Sezione composta da padre e figlio, qualificatasi vincitrice al Memorial Renato Geronazzo, svoltasi in una località tra Varazze e Cogoleto BRESCIA DESENZANO “Stand up paddle” sul Garda Antonio Valente, giovane ed esuberante sportivo da poco entrato nella Sezione, ha deciso di cimentarsi in questa impresa di traversata del lago da Nord a Sud, per conoscere e sperimentare i propri limiti fisici e mentali, per dare visibilità al SUP (una tavola sulla quale lo sportivo voga in posizione eretta utilizzando una pagaia) a livello locale e nazionale, con una preparazione intensa ma di soli 3 mesi e mezzo, e non ultimo essere un esempio di coraggio e abnegazione per i propri figli. L’impresa ha anche l’intento di trasmettere la passione per questo 70 ca, un’ottima organizzazione in mare e a terra, premi e ricordi per tutti, la premiazione nello splendido scenario del Castello, un buffet a prova di marinai.... Ha vinto, in tempo reale e con largo anticipo sugli altri, una delle barche più grandi e più tecniche: XMas di Antonio Bizzarro (Sezione di Gallipoli), condotta dallo stesso e da un numeroso equipaggio, cui è andato il Trofeo del Rivellino. Ma, al di là del vincitore, hanno combattuto tutti contro un vento quasi inesistente e capriccioso che ha forse penalizzato le barche più pesanti e da crociera e gli equipaggi meno numerosi ed agguerriti, ma non ha fatto demordere nessuno delle donne e degli uomini imbarcati in questa avventura di fine estate, sotto un caldo afoso e insopportabile. Così la XVI edizione del Trofeo, organizzato come sempre dalla Sezione, ha ripetuto il successo dello scorso anno con una grande numero di iscritti, per una metà affiliati al circolo organizzatore per il resto ad altri circoli del Salento, il che testimonia la validità della nuovo sport che ben si addice e si associa alla conoscenza del territorio gardesano e alla tutela di questo patrimonio naturale. Per questi motivi, l’evento è stato accolto, supportato e condiviso anche dalle altre Sezioni presenti sul Lago di Riva del Garda, Garda, e Verona, a cui va il nostro sentito ringraziamento. GALLIPOLI XVI Trofeo del Rivellino Domenica 21 settembre, a Gallipoli, ha scarseggiato solo il vento; gli altri ingredienti per il successo della classica manifestazione velica Trofeo del Rivellino ci sono stati tutti: ben 23 barche alla partenza, tanto agonismo e tecni- novembre-dicembre 2014 Brescia Desenzano - Il manifesto per il SUP Day, la maratona in solitario del Lago di Garda che Antonio Valente ha effettuato il 13 settembre CROTONE Di scena la solidarietà Gallipoli – Nonostante sia giunto alla sua XVI edizione,vinta quest’anno da XMAS di Antonio Bizzarro, le immagini del Trofeo del Rivellino stupiscono sempre per la bellezza incantata del loro sfondo costituito dalla vecchia città formula Veleggiata, nella sostanza una competizione velica aperta anche alle barche non stazzate per il circuito più propriamente regatistico. La partenza è stata data dal giudice di gara Alessandro Cortese intorno alle 10.45, la prima imbarcazione ha tagliato la linea d’arrivo intorno alle 13, le ultime tre dopo le 15. Partenza dal Seno del Canneto, boa di disimpegno, giro dell’isola di S. Andrea, boa verso i grandi alberghi, ritorno, altro giro dell’isola e arrivo al Seno del Canneto, ove si trova la sede nautica della Sezione. Per le barche di classe A (sino a 8 metri) percorso ridotto, evitando il secondo giro dell’isola di Sant’Andrea. Una bella giornata di mare, con una bava di libeccio, che ha visto tutti vincitori: è stata infatti consegnata una medaglia di partecipazione ad ogni skipper e numerosi premi ad estrazione offerti da ditte locali. La premiazione è avvenuta nella sala ennagonale (a nove lati) del Castello, messa a disposizione dall’architetto Raffaela Zizzari in rappresentanza della società che da quest’anno gestisce la struttura, al centro dell’attenzione turistica e culturale. Un sito di prestigio, vicinissimo alla sede nautica della Sezione, che ha offerto una targa ricordo alla gentile ospite. Alla premiazione, condotta dal presidente, avvocato Leo Bacile, ha partecipa- to, per l’amministrazione comunale, il vicesindaco, dottoressa Antonella Greco, e, infine, vincitori e partecipanti. A XMas di Antonio Bizzarro, oltre all’ambito Trofeo, è andata anche la coppa quale vincito re della classe D (imbarcazioni oltre i dodici metri di lunghezza), in scia Costa del Salento di Vante Todisco, Bellamente di Pezzuto e Taoro di Giannelli. Nella Classe C (1012 metri) sul podio Pavane di Leo Bacile che ha preceduto, fra le altre imbarcazioni, Elù di Minerva, Nordic Rose di Nestola, Mon Bijou di Salamina. Vincitore della Classe B è stato Relax III di Gianni Saccomanno, dietro la sua poppa, fra gli altri, W31 di Zizzari. I piccoli della classe 31 agosto. Mare e solidarietà per tre giorni protagonisti della manifestazione “Velart. Il mare e la vita”. L’iniziativa che si concluderà stasera sotto l’egida della Sezione, delle associazioni VelAmando la vita e Gli altri siamo noi di Cosenza e Crotone, è un evento artistico e benefico il cui scopo è la raccolta di fondi per i ragazzi con sindrome di Down. La manifestazione ha preso il via venerdì 29 con l’allestimento scenico dell’evento a cura dei ragazzi di VelAmando la Vita e dell’associazione Gli altri siamo noi. Di seguito, la conferenza stampa di presentazione dell’evento, alla quale hanno partecipato Giovanni Pugliese, presidente della Sezione, Adriana De Luca, presidente dell’associazione Gli altri siamo noi di Cosenza, Antonio Clausi, Giovanna Manno e Agata Tudisco, del direttivo dell’associazione Gli altri siamo noi di Crotone e Francesco Tudisco, presidente di VelAmando la vita. novembre-dicembre 2014 71 Cronache delle Sezioni e Delegazioni A (fino a 8 metri) hanno visto una buona prestazione di Alpa Dodi di Rizzo, e di Brezza 3 di Guglielmi. I proprietari di tutte le imbarcazioni citate sono soci della Sezione. Cronache delle Sezioni e Delegazioni Crotone – Un momento della manifestazione “Velart. Il mare e la vita” svolta il 31 agosto, sotto l’egida della Sezione, con la partecipazione di varie associazioni locali 72 novembre-dicembre 2014 “La manifestazione - ha spiegato Francesco Tudisco - ha come scopo quello di raccogliere fondi per l’associazione Gli altri siamo noi in un evento in cui i ragazzi sono anche protagonisti dell’iniziativa”. “È da diversi anni - ha ricordato Pugliese - che con grande entusiasmo, al termine dell’estate, appoggiamo iniziative benefiche e che abbiano come scopo il sociale. Il mare unisce le persone e favorisce l’integrazione”. Nella giornata di sabato vi è’stata una “Estemporanea d’Arte” con la realizzazione di opere pittoriche dei ragazzi dell’Associazione Gli altri siamo noi presso il molo della Sezione. “È stato davvero emozionante - ha osservato Gianni Liotti, segretario della Sezione di Crotone - vedere questi ragazzi speciali mettersi in gioco in questo evento artistico a loro favore”. Il 31, quindi, fino a mezzogiorno, si è svolta la Mostra d’Arte con la creazione di un’installazione artistica, creata con materiali di riciclo, da parte dei ragazzi dell’Associazione Gli altri siamo noi. Alle 18 c’è stata la cerimonia conclusiva dell’evento, alla quale ha partecipato il direttivo della Sezione, mentre dalle 20 si è tenuta la sagra di degustazione di prodotti culinari preparati dai ragazzi dell’Associazione Gli altri siamo noi. 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