EDITORIALE COLOPHON BARRICATE L’INFORMAZIONE IN MOVIMENTO anno 1°_ numero 3 _ MAGGIO 2013 registrazione Tribunale di Pesaro n°7/2012 del 23/08/2012 di Maria Chiara Ballerini “Le parole sono finestre, oppure muri, ci imprigionano o ci danno la libertà. Quando parlo e quando ascolto, possa la luce dell’amore splendere attraverso me” (Ruth Bebermeyer) DIRETTORE RESPONSABILE Giancarlo Ridolfi DIRETTRICE DI REDAZIONE Maria Chiara Ballerini REDATTORI Francesco Ballerini, Laura Ballerini, Michele Boato, Martino Campagnoli, Franco Cittadini, Eleonora Celi, Massimiliano De Simone, Manuela Fabbri, Mauro Ferri, Nazareno Giusti, Fabio Greggio, Giancarlo Iacchini, Marzia Marzoli, Domenico Alessandro Mascialino, Adriano Mei, Max Olla, Alberto Zoratti DISEGNATORI Andrea Bersani, Mauro Biani, Paolo Castaldi, Davide Ceccon, Maja Celija, Sauro Ciantini, Alberto Corradi, Pino Creanza, Deco, Dalia Del Bue, Massimo Giacon, Roberto La Forgia, Pasquale La Forgia, Ivan “Hurricane” Manuppelli, Diego Miedo, Marilena Nardi, Davide Pascutti, Michele Petrucci, Sergio Ponchione, Simone “Nigraz” Pontieri, Elena Rapa, Giuseppe Scapigliati, Danilo “Dast” Strulato, Pasquale “Squaz” Todisco, Fabio Tonetto, Stefano Zattera FOTOGRAFI Paolo Rosso, Tonino Mosconi, Luciano Manna, Insidefoto WEB Walter Del Prete – E-Leva GRAFICA Carlotta Campagnoli, Filippo Emiliani IMPAGINAZIONE Susanna Galeotti STAMPA Nuovo Istituto Italiano d’Arti Grafiche Be Printers - Bergamo DISTRIBUZIONE Messaggerie Periodici Spa - Milano via Ettore Bugatti, 15 EDITORE Italo Campagnoli Il verso iniziale del brano citato dà il titolo a un testo essenziale per chi si interessa di comunicazione e di educazione, ma anche per chi ha semplicemente a cuore il tema della pace: Le parole sono finestre [oppure muri] Introduzione alla Comunicazione Nonviolenta. Un punto di vista teorico e pragmatico per capire fino a che punto può essere determinante il modo di comunicare con noi stessi e con gli altri per la costruzione di una civiltà meno violenta. Il processo di “comunicazione nonviolenta” è stato ideato e sviluppato da Marshall Rosenberg come metodo per la risoluzione dei conflitti tra le persone, e si basa sul concetto di empatia: l’atteggiamento verso gli altri caratterizzato da uno sforzo di comprensione intellettuale, di ascolto con tutto il proprio essere, al di là di ogni attitudine affettiva individuale e di ogni giudizio morale. L’empatia richiede la non facile, né diffusa, né tanto meno scontata capacità di riconoscere l’altro come soggetto portatore non solo di diritti, ma anche di verità. Una verità che nessuno può possedere definitivamente e che è sempre suscettibile di essere messa in discussione e modificata. È provando ad “ascoltare con tutto il proprio essere” che Barricate affronta il tema centrale di questo numero: la pace. E ciò che ad essa ruota intorno, come suo sinonimo, suo contrario, suo complemento, pacifismo, nonviolenza, guerra, disarmo, spese militari, finanza. Argomenti le cui tante e tali forme sfuggono a ogni tentativo di semplificazione, e che abbiamo cercato di contestualizzare e rispettare in tutta la loro complessità dando spazio a sensibilità e tesi diverse, alcune discutibili, contestabili forse, non del tutto “politically correct”, ma comunque ragionate, articolate, impossibili da imbrigliare in definizioni che le etichettino sbrigativamente facendole ricadere nella dicotomia giusto/sbagliato - bene/male. L’appello francescano di Padre Zanotelli si addentra e fa luce sui numerosi aspetti di questo mondo, ed altre voci si aggiungono, dialogano e convivono, fornendo -ci auguriamo- molteplici e talora inconsueti spunti di riflessione. E se un dibattito, magari acceso, si scatenerà, saranno idee che circolano e che si confrontano. Un risultato assai più interessante di un quieto rimpasto di pensieri appiattiti. SEDE LEGALE Strada di Monteballante, 12 - 61122 - Pesaro [email protected] [email protected] [email protected] www.barricate.net COPERTINA Riccardo Travaglini Per una svista è stata omessa la titolarità di tutte le fotografie che nel numero 2 hanno corredato l’articolo ‘Credevo fosse un pollo, invece era un pulcino’, che ci sono state gentilmente concesse dalla rivista Zootecnica International. Ce ne scusiamo con l’interessato. MAGGIO 2013 - BARRICATE 1 Hurricane (Ivan Manuppelli) Disegnatore per “Il Male” di Vauro e Vincino e “Frigidaire”. Fondatore e direttore irresponsabile della rivista “Puck!”, che dopo 10 anni di attività clandestina oggi progetta piani top secret e di stampo apocalittico. Con la sua band, gli Hamelin, ha recentemente dato alle stampe l’LP “Niente di Nuovo Tranne Le Mosche”, 2 MAGGIO 2013 - BARRICATE che contiene anche la sgangherata “Co. Co.Pro. Blues” per cui firma testo, musica e voce. Nel mese di Marzo, all’Ex Ansaldo di Milano, esordisce il collettivo Hurricane & il Fronte Pauperista degli Artisti Rivoluzionari. Tra gli ospiti della prima apparizione, il poeta-filosofo di strada Aldo Monticelli, Bluesman (l’artista un tempo noto come Becksman), (b)ananartista, Marco Falatti, Ilaria Del Monte, Fabio Tonetto, Leonardo Romano, Romeo Steiner, Peppe lo Shamano di Giallonardo e Ser Skape. DATE: 24 MAGGIO, ore 22: Concerto gratuito degli Hamelin all’Arci Metissage, via Borsieri 2 - Milano www.hurricaneivan.blogspot.com [email protected] BARRICATE E PALAZZI POLITICA ECCE LEX Intrappolati tra vecchia casta e nuovi detta-legge. Quale alternativa per i cittadini? La premiata partiteria italica è ancora lì. Pervicacemente avvinghiata al potere e atterrita da qualsiasi possibile cambiamento. Pur di non aprire nemmeno uno spiraglio a nuove aspettative, prospettive e procedimenti si è respinta per la Presidenza della Repubblica una figura corretta e irreprensibile come il giurista Stefano Rodotà. Se questo rifiuto fosse stato determinato dal PDL sarebbe stato comprensibile: perdere privilegi e coperture personali ed arrestare la guerra al sistema giudiziario è una questione di vita o di morte per l’anziano capo del polo. Indecifrabili sono invece le motivazioni che hanno potuto spingere il Partito Democratico a dividersi fino a spaccarsi, a stringere un’alleanza con tutto il sistema partitico ad eccezione del proprio alleato SEL e del precedentemente corteggiato Movimento 5 Stelle, e infine a salvare ancora una volta Berlusconi, pur di non accettare Rodotà (che del PD, quando era ancora DS, fu addirittura presidente). Ovvero, come ignorare il ponte tra un problema e la sua soluzione. A giustificazione di una condotta quasi schizofrenica, il consueto ricorso al “senso di responsabilità” e alla “necessità di uscire dalla crisi e dallo stallo”. Ci chiediamo però quali probabilità ci siano di riuscirci se a farsi carico di questa difficile missione saranno le stesse persone che a crisi e stallo hanno condotto il Paese. E ancora: può un Presidente che -per la prima volta nella storia della nostra Repubblicaaccetta un secondo mandato settennale all’età di 88 anni dopo avere egli stesso definito solo poche settimane fa questa ipotesi “ridicola”, garantire una soluzione politica alla paralisi dell’Italia? A queste due domande possiamo solo proporre risposte che ci rimandano all’inizio di questo articolo: i partiti tradizionali non sono in grado di cambiare e di lasciare ad altri gli spazi che occupano. Non possono rinunciare alle grandi opere e al business inutile e dannoso dell’energia, che nulla portano al Paese ma tanto nelle casse degli sponsor dei partiti. Non possono affrancarsi dalla sudditanza al sistema bancario per non perdere le “loro” banche. Non intendono rinunciare ai privilegi che li hanno resi una vera e propria casta. Di fronte a questa realtà che ha conseguenze gravissime sulla vita dei normali cittadini, che continuano a perdere il lavoro, a navigare nell’in- illustrazione Riccardo Travaglini Franco Cittadini certezza, a non vedere futuro, i partiti stanno spalancando porte e finestre alla rabbia e alla protesta, stanno consegnando il Paese a personaggi abili a raccogliere questo malcontento, ma altrettanto oscuri e determinati a non lasciare troppo spazio alla partecipazione diretta dei cittadini. Ancora una volta, leader accentratori che si presentano come i detentori di una verità assoluta e indiscutibile, che possono alzare le tavole della legge e chiedere di nuovo una fiducia incondizionata: carta bianca e tanti voti. L’esito di questa appropriazione della protesta è visibile nella mancanza di preparazione dei nuovi eletti nelle liste del Movimento 5 Stelle: chiunque, a prescindere da virtù e competenze, può entrare in Parlamento purché segua ciecamente il capo. Un sistema non molto diverso da quello che per troppo tempo ha finito per riempire di “nani e ballerine” il nostro parlamento. È triste dirlo, ma Rodotà e il libero pensiero stanno fuori, e ancora una volta i seguaci obbedienti stanno dentro. MAGGIO 2013 - BARRICATE 3 4 MAGGIO 2013 - BARRICATE LINGUAGGI GRAFICI: DAVIDE PASCUTTI Davide Pascutti nasce a Udine nel 1973, segue alcuni corsi di fumetto e illustrazione ma si forma principalmente da autodidatta. Sul finire del 2005 entra in contatto con la casa editrice BeccoGiallo e disegna i romanzi grafici “Marcinelle – storie di minatori”, “La Grande Guerra – storia di nessuno” e “Fausto Coppi – l’uomo e il campione”. Nel 2008 escono il graphic novel “Il maestro” (Tunué) e l’albo “Pioggia” (Lavieri). Disegna la locandina dell’edizione 2008 della fiera Fumetti in TV, una mostra personale viene allestita all’interno della manifestazione. Nel 2009 fa parte del gruppo di autori chiamati a lavorare sul volume “Futuro Anteriore Giallo” in occasione del salone Comicon di Napoli. Nel 2011 riceve il premio Albertarelli dall’ANAFI come miglior nuovo autore, nello stesso anno disegna il libro “L’uomo che sfidò le stelle – Augusto Imperiali, il buttero che sconfisse Buffalo Bill” (Tunué). Viene quindi coinvolto in una serie di progetti volti a valorizzare storie, persone e luoghi della sua terra e realizza i libri “C’è una storia da raccontare”, “Emilio” e “La meglio gioventù”. Vive e lavora a Udine ed affianca all’attività di fumettista quella di ingegnere e disegnatore/ illustratore per editoria, eventi e web. http://davidepascutti. blogspot.it MAGGIO 2013 - BARRICATE 5 TASSE PAGARE IL GIUSTO, PAGARE TUTTI Contro un fisco incostituzionale Mauro Ferri pa del nostro DNA. Forse il fatto che i due sacrosanti principi enunciati in apertura non siano stati ancora applicati ha una sua parte di responsabilità nei nostri comportamenti. E scoprire che il nostro sistema fiscale è addirittura incostituzionale fa proprio arrabbiare. Ma come, Stato italiano – verrebbe da urlare – proprio tu, che pontifichi in ogni dove i doveri di ogni cittadino, sei il primo a disattendere la nostra Costituzione! E cosa ti aspetti da Certa politica vuole noi, allora? Hai dimenticato che i nostri mantenere i privilegi Padri costituenti hanno voluto stabilire delle caste rappre“l’anteriorità della persona umana rispetsentate dagli ordini to alla Stato” e che tu dovresti essere “al 1 professionali; un voto servizio della persona umana?” Reazione legittima nei confronti di un di scambio, in un fisco ingiusto, che colpisce i poveri e certo senso lascia stare i ricchi (o quasi). Ma stanno proprio così le cose, o il sentimento della gran parte dei cittadini è solo un fatto umorale, connaturato al DNA di un popolo che ha sviluppato il gene dell’evasore?2 C’è chi si è occupato in profondità dell’argomento, ha creato un’associazione e ha pronta una Proposta di riforma del sistema tributario in senso costituzionale. Si tratta dell’Associazione Articolo 53 , con sede “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche a Firenze, dedicata ai Padri costituzionalisti Salvain ragione della propria capacità contributiva. Il si- tore Scoca e Meuccio Ruini, e coordinata da Roberstema tributario è informato a criteri di progressi- to Innocenti Torelli. vità.” Art. 53 della Costituzione della A leggere le carte reperibili sul sito Repubblica Italiana. Non ancora apdell’associazione, non è roba da 1- Dal “Documento plicato. E siamo ancora vessati dal Gli italiani mal dige- poco: l’errore di fondo è che si deve di accompagnamensistema fiscale della Monarchia. riscono le tasse e cer- tassare la capacità contributiva, in- to della Proposta” Gli appuntamenti con il fisco rit- cano di non pagarle. dipendentemente da come si forma (Associazione Articolo 53). mano i calendari degli italiani quasi il reddito. Quindi niente dichiara- 2- Così fosse, anche Siamo proprio un come i cambi delle stagioni, ma se zione dei redditi, ma dichiarazione questo gene è arduo a trovarsi, sennò che equinozi e solstizi recano sogni di popolo così incivile? della propria capacità contributiva, evasore sarebbe? speranze o liberano sollievi quanin altre parole, redditi da patrimodo la stagione si apre a tempi migliori, le scadenze ni inclusi, senza formule a forfait. Per dare un’idea delle tasse sono più causa di apprensioni e inquie- dell’ingiustizia insita nell’attuale sistema, l’Associatudini, che si tratti delle dichiarazioni estive, degli zione Articolo 533 fa l’esempio della pompa di benacconti autunnali (per gli autonomi e le imprese) zina: vi arrivano contemporaneamente un tizio che o dell’ultima busta paga dell’anno, per i lavoratori guida una potente auto di lusso e un altro su un’utidipendenti. litaria. Fanno il pieno, pagano e vanno via. Entrambi Gli italiani mal digeriscono le tasse e, appena pos- hanno pagato la stessa quota di tasse sul carburansono, cercano di non pagarle. Si sa. te, circa il 75%; se fosse applicato il principio costiMa perché? Siamo proprio un popolo così incivile? tuzionale della progressività del carico impositivo, Forse è anche un po’ vero, ma non del tutto per col- l’onere per il primo crescerebbe, ma alla fine non 6 MAGGIO 2013 - BARRICATE BARRICATE E PALAZZI 3- Associazione Articolo 53, c/o Circolo Arci “R. Andreoni”, Via Antonio D’Orso n° 8, 50135 – Firenze, T. 055.602636, [email protected], www.articolo53.it. 4- “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili della persona, sia come singolo, sia nelle formazioni ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.” 5- “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.” 6- Da “Attuazione della Costituzione applicando il suo articolo 53”, p. 2 (Associazione Articolo 53). 7- Con criteri di progressività dall’80% al 40% in base agli scaglioni di capacità contributiva (non di reddito). 8-“Analisi del gettito fiscale a fronte della Riforma Tributaria su Base Costituzionale” (Associazione Articolo 53). 9-Torelli – Mazzoccoli, “Analisi del gettito fiscale a fronte della Riforma Tributaria su Base Costituzionale, Vs 1.02”, Associazione Articolo 53. gli cambierebbe molto la vita, e per il secondo di- rimane da tassare? Qual è la perdita per l’erario? Ce minuirebbe, consentendogli preziosi risparmi per lo possiamo permettere? condurre la sua vita sociale. Tanto per cominciare, se posso togliere dalle tasse E qui veniamo alla questione della dignità della per- anche le spese del fruttivendolo, comincio a richiesona umana. dere e a raccogliere tutti gli scontrini fiscali. Sarà Sì, perché questa è la chiave di volta su cui può un po’ farraginoso e complesso, ma a fine anno ne reggersi l’architettura impositiva che dà senso ai vale la pena, si possono risparmiare cifre interesdue fondamentali articoli d’apertura della Costi- santi sulle imposte. Quindi, chiedo gli scontrini, le tuzione, il numero 2 sui diritti della persona4 e il ricevute, le fatture. Quanto nero emerge solo per numero 3 sui doveri dello Stato nel rimuovere gli questo semplice comportamento? Secondo le stiostacoli che limitano (se non ledono) tali diritti5. Ma me dell’Associazione Articolo 53 alla fine lo Stato qui casca l’asino. “Il sistema fiscale vigente (…) non ci guadagna8. permette di determinare né i reddiIl vantaggio per l’erario, però, è conti effettivi di tutti i contribuenti, né dizionato da un altro intervento Il sistema fiscale la deducibilità analitica delle spese normativo, necessario e ineludibile: (…) in modo da determinare l’esatta vigente è incostitul’abolizione degli studi di settore e di capacità contributiva”6, cosa che lo zionale: non permette tutti i regimi fiscali a carattere forferende anticostituzionale. tario. Infatti “l’attuale sistema indutdi determinare né i Cos’è che non va? tivo, oltre a non accertare i redditi Intanto, il fatto che non possiamo redditi, né l’esatta effettivi, penalizza i lavoratori che dedurre le spese che ci sono neces- capacità contributiva non raggiungono il minimo e dà fasarie per vivere, dagli alimenti, agli coltà di evasione a chi lo raggiunge.”9 affitti, alle utenze, ai carburanti, L’eliminazione dei sistemi di conalla telefonia, al canone Rai (non parliamo del ca- tribuzione forfetaria costringe tutti a dichiarare il none Rai, per carità! Merita una sua trattazione dato reale, in quanto anche chi è tentato dall’evaspecifica) e via dicendo. In altre parole, come fac- sione si trova costretto a mettere nero su bianco cio a determinare la mia capacità contributiva, se quello che ha venduto (o il servizio che ha erogato), non posso togliere quello che mi serve per vivere? perché il suo cliente, non proprio tutti, ma diciamo È qui che viene a mancare l’applicazione della Co- al 90%, lo dedurrà dalle sue tasse e oggi i sistemi stituzione: se lo Stato per farmi pagare le tasse mi informatici consentono l’incrocio dei dati con un toglie il pane, lede la mia dignità. Cioè viene meno buon livello di affidabilità. Se poi si passa alla moneall’art. 3. Messo così è un ragionamento un po’ sem- ta elettronica, il gioco è ancora più semplice. plicistico, ma il concetto di fondo rimane. Quindi, Così, oltre ad applicare finalmente la Costituzione, via alla deducibilità di tutte le spese7 (esclusi certi il contribuente vessato risparmia, lo Stato recupera beni di lusso e gli investimenti per i beni durevoli, risorse impositive e gli unici che ci rimettono sono tipo la casa, che rientrano in altre casistiche). Sì, ma gli evasori. Un libro dei sogni? – prima intuitiva obiezione – se facciamo così, cosa MAGGIO 2013 - BARRICATE 7 Intervista a Roberto Innocenti Torelli, presidente dell’Associazione Articolo 53 Dr. Torelli, come è possibile che il dettato dell’art. 53 della Costituzione sia ancora ignorato, dopo più di 60 anni? L’art. 53 è l’architrave per l’attuazione dei diritti sociali, definiti inviolabili ed effettivi, presenti nella prima parte della Costituzione. Nel lontano 1949 Ezio Vanoni, costituente e artefice dell’articolo 53, denunciava la colossale evasione fiscale e proponeva la legge di “perequazione tributaria”, introducendo il sistema analitico/deduttivo/sistematico per dare attuazione all’articolo in questione. Successivamente la Legge Delega 825/71, che lo recepiva e metteva in soffitta l’articolo 25 del vecchio Statuto Albertino, veniva dimenticata nei cassetti ministeriali; le leggi che seguirono (600/73, 917/86 e 331/93) confermarono il vecchio Statuto determinando l’attuale disastrosa situazione: continuiamo ad avere il sistema fiscale della monarchia, basato sul doppio regime delle ritenute in busta paga per i redditi certi e sistemi forfetari concordati con tutti gli altri tramite gli studi di settore e simili, cosa che determina 160 miliardi di mancato gettito annuo erariale tra IRPEF e IVA, altri 50/60 di evasione contributiva e altri 70 di corruzione, dove nuota come un pesce la criminalità organizzata. Ma perché, secondo Lei, si è verificata questa situazione? La causa è una certa politica che vuole mantenere i privilegi delle caste rappresentate dagli ordini professionali; a loro volta queste caste garantiscono il sistema politico: è un voto di scambio, in un certo senso. Nel 2006 Visco voleva rivedere gli studi di settore e il 2 dicembre Berlusconi ha portato in piazza 2 milioni e mezzo di persone 8 MAGGIO 2013 - BARRICATE contro il Governo di centrosinistra che voleva mettere mano al minimo concordato. Una dimostrazione di forza del potere delle caste… Appunto. Tutte queste caste concordavano le imposte con il fisco fino al 1998, dopo lo hanno fatto direttamente con il Governo. Ma concordare un forfait sulle imposte è una violazione dell’art. 53 della Costituzione. Che il vantaggio per il cittadino non si traduca poi in un minore introito per lo Stato grazie all’abolizione degli Studi di Settore e affini, è vero o solo teoria? Intanto, ricordo che le deduzioni delle spese citate non sono un vantaggio, ma un diritto della persona. E in ogni caso tali spese, certificate dai documenti fiscali, risulteranno essere i ricavi effettivi di chi vende beni e servizi, cioè di quelle categorie di contribuenti che sono regolate dal regime fiscale privilegiato degli studi di settore o altro modo forfetario che è causa della colossale evasione. Come potrà funzionare il nuovo modello fiscale in concreto (al di là della volontà del legislatore di realizzarlo)? Funzionerà in modo semplicissimo. Nel modello della capacità contributiva figureranno poche pagine: una per indicare tutti i redditi comunque conseguiti, una dove indicare tutte le spese citate, non quelle sul lusso facilmente identificabili, e una pagina per calcolare la somma della differenza tra le due. Si invia tutto al MEF, che calcolerà l’imposta dovuta. A pag. 12 della Proposta c’è scritto: “gli anni successivi al primo saranno migliorativi”. Come? Per il primo anno si prevede un gettito di 70 miliardi sulla base delle stime della capacità contributiva reale nel corretto BARRICATE E PALAZZI rapporto redditi-spese necessarie (non quelle di lusso); negli anni successivi, con l’emergere di tutto il sommerso, il gettito potrà arrivare fino all’ordine dei 210 miliardi. In quanto tempo stimate che possa andare a regime il nuovo sistema? In tre anni. Come pensate di gestire le inevitabili criticità della fase di passaggio? Non ci saranno criticità. Davvero? Non temete che l’applicazione di questa norma scateni una fuga di capitali e di investitori? La fuga di capitali all’estero ci sarà sempre fino a quando la stalla rimarrà aperta e i buoi potranno scappare. Con l’applicazione dell’articolo 53 le stalle verranno chiuse per tutto il tempo che occorrerà finché non saranno certificati tutti i capitali (oggi non lo sono)! E gli investitori esteri? È un falso problema. Un esempio? L’Ikea: investe e produce reddito in Italia. Se dovesse entrare in vigore, per esempio dal 2014, entro quando dovrebbe essere approvata nel 2013? Con la prossima legge finanziaria. DEDURRE O DETRARRE? Dal Grande Dizionario Garzanti: • DEDURRE: (oltre ad altri significati) detrarre, defalcare, sottrarre: il guadagno si calcola deducendo le spese dal ricavo. DEDUZIONE: diminuzione dell’imponibile. • DETRARRE: (oltre a altro significato) sottrarre, defalcare – le spese dal ricavato / togliere via, levare. DETRAZIONE: diminuzione dell’imposta. Quindi, nel primo caso si abbassa la base imponibile scaricando il documento fiscale della spesa (ammessa) sostenuta. Esempio: con l’applicazione dell’Art. 53, la visita medica che mi è costata 100 Euro viene interamente dedotta dal reddito, che viene quindi abbassato di 100 Euro, sui quali non pagherò alcuna tassa. Nel secondo caso non lo posso fare, quindi su quei 100 Euro pagherò le tasse. Però posso diminuire l’imposta risultante detraendo la spesa medica sostenuta in ragione del 19%, cioè tolgo dall’imposta 19 Euro. È la stessa cosa? Non proprio. Salvo le fasce più basse, il 19% è sempre meno dell’imposta, che sale in percentuale con l’aumentare della base imponibile. E siccome le deduzioni si fanno dall’alto, lo Stato ci guadagna e noi paghiamo le tasse anche su risorse che sono state necessarie per il nostro sviluppo come persone umane. Più che rimuovere gli ostacoli, lo Stato sembra metterli. CHIL’HADETTOQUIZ Indovinate i responsabili delle affermazioni sottostanti. Chi le indovina tutte potrà avanzare richiesta per la restituzione dell’IMU (tanto chiedere non costa nulla!) 1) Il fenomeno dell’evasione fiscale oggi si verifica su di una scala preoccupante e compromette un’equa ripartizione dei carichi tributari. In una simile situazione la pressione tributaria diviene vessatoria e veramente insopportabile per gli onesti e per le categorie dei contribuenti che non possono sfuggire all’esatta determinazione dell’imposta per motivi tecnici. A) Pierluigi Bersani – B) Gianfranco Fini – C) Ezio Vanoni – D) Antonio Di Pietro. 2) Libero non è colui che ha un diritto astratto senza il potere di esercitarlo, bensì colui che oltre al diritto ha anche il potere di esercizio. A) Silvio Berlusconi – B) Norberto Bobbio – C) Maurizio Belpietro – D) Antonio Ingroia. 3) Se poi consideriamo che più dei tributi diretti rendono i tributi indiretti e questi attuano una progressione a rovescio, in quanto, essendo stabiliti prevalentemente sui consumi, gravano maggiormente sulle classi meno abbienti, si vede come in effetti la distribuzione del carico tributario avvenga non già in senso progressivo e neppure proporzionale, ma in senso regressivo. A) Salvatore Scoca – B) Niki Vendola – C) Pierluigi Giussani – D) Mario Monti. SOLUZIONI: 1) Ezio Vanoni nel 1949; 2) Norberto Bobbio; 3) Salvatore Scoca nel 1947. MAGGIO 2013 - BARRICATE 9 10 MAGGIO 2013 - BARRICATE LINGUAGGI GRAFICI: SQUAZ Squaz (Pasquale Todisco) Fumettista e illustratore con un occhio all’indipendenza artistica e l’altro al portafoglio, rischia costantemente lo strabismo pubblicando per Internazionale, XL di Repubblica, Linus ed Il Male di Vauro e Vincino. Tra i suoi libri a fumetti, Minus Habens, Le 5 fasi (con il collettivo Dummy) e Pandemonio, quest’ultimo su testi di Gianluca Morozzi e che gli è valso il premio come miglior libro al Napoli Comicon nel 2007. Collabora con il collettivo multimediale Action30, con il quale ha portato in scena lo spettacolo Constellation61 basato sulla storia e la figura di Franco Basaglia e che è stato rappresentato in diverse occasioni al Teatro Nazionale di Bruxelles e al Festival teatrale di Liegi. Come illustratore ha recentemente realizzato disegni e copertine per Il Sogno Eretico di Caparezza, Read Between the lines…Think Outside Them degli Tsigoti (gruppo avant-punkjazz italo-statunitense) e il recentissimo In Vino Veritas del musicista napoletano Daniele Sepe. I suoi lavori sono visibili sul blog: hotel-tarantula. blogspot.com MAGGIO 2013 - BARRICATE 11 CRISI E MONETA Intervista a Paolo Barnard IL PIÙ GRANDE CRIMINE PERPETRATO AI DANNI DEI CITTADINI EUROPEI Paolo Barnard ci racconta come l’Unione Europea e l’Euro abbiano distrutto economicamente il continente e come questo effetto sia stato programmato ed eseguito a tavolino Domenico Alessandro Mascialino Una Unione Europea e un Euro al servizio dei poteri forti, delle élite economiche neoliberiste e a danno delle popolazioni europee. All’interno di un piano congegnato per togliere ai cittadini europei una delle principali fonti del loro benessere, la sovranità monetaria, e per mettere in cantina le politiche keynesiane, viste come un impiccio. È questo “il più grande crimine” dal dopoguerra secondo Paolo Barnard, che nell’omonimo saggio spiega chi sono gli autori di un vero e proprio “economicidio” ai danni del continente. Nomi come Romano Prodi, Jean Claude Trichet, Mario Draghi sono affiancati a organizzazioni come il gruppo Bilderberg, la Commissione Trilaterale, l’Aspen Institute, in una comunione di intenti volta a favorire i grandi poteri economici, marginalizzando sempre più dalla scena politica il ruolo e il benessere della gente comune. Paolo Barnard, ci spiega qual è il “più grande crimine” di cui parla nel Suo saggio? Per capirlo dobbiamo partire dal fatto che, dopo due guerre che hanno distrutto l’Europa, il sistema economico e non solo stava creando le basi per un mondo migliore. C’era stata una rivoluzione in economia e nella società che, partita da Marx e passata per il sociali12 MAGGIO 2013 - BARRICATE smo e il consolidamento della democrazia, era arrivata a un punto di svolta fondamentale con Keynes, che in quegli anni aveva indovinato un sistema economico internazionale. Nel frattempo nascevano gli accordi degli anni ’50 e ‘60 dei Paesi in via di sviluppo come l’Indonesia e la Jugoslavia, gli accordi di Bandung. Stava nascendo un nuovo ordine economico mondiale, portatore di idee su come regolare l’economia in modo più giusto. I partiti socialisti trionfavano, avevano sempre più consensi. Così, le élite economiche, che avevano perso potere nei decenni precedenti, si sono organizzate per reagire. Nel mio libro ci sono nomi, cognomi, organizzazioni, chi ha steso i testi fondamentali da seguire. Queste élite si sono organizzate per prendere nuovamente il potere nel contesto delle nuove democrazie, senza le impiccagioni ottocentesche. Si sono coalizzate e hanno sottratto, nascosto, ucciso questo nuovo ordine economico keynesiano e dei Paesi della conferenza di Bandung. Hanno soffocato queste economie e condannato centinaia di milioni di es- BARRICATE E PALAZZI seri umani del sud del mondo a una situazione disastrosa, mentre al nord, Europa compresa, a condizioni più grame di lavoro. Come fai, quando ripercorri le sofferenze di centinai di milioni di persone, a non considerare questo il più grande crimine del dopoguerra? Era tutto evitabile, se si fosse lasciato in vita questo complesso economico che nasceva, soffocato da neoclassicismo e neoliberismo. C’è chi La accusa di avere una visione troppo “complottista”. Cosa risponde a queste persone? Rispondo che ne “Il più grande crimine”, un testo di 100 pagine, ci sono dati, nomi, fondazioni e circa 70 note bibliografiche di documenti precisi. È ridicolo dire che ho scritto qualcosa di complottista. Chi lo afferma evidentemente non vuole fare la fatica di leggerlo. Quali sono le fonti che La hanno influenzata dal punto di vista economico? Ci sono economisti che consiglia di seguire, in opposizione a quelli neoliberisti? Assolutamente sì. Io ho per caso scoperto che esiste un’economia che è la riformulazio- ne moderna, nata dalla mente geniale dell’economista americano Warren Mosler, di quella keynesiana. È la più adatta ai sistemi monetari moderni, che Keynes non poteva conoscere, e si chiama Mosler Economic Modern Money Theory (Memmt). L’ho studiata molto, e la considero dirompente. Gli economisti che seguo sono quelli della Memmt. Nel libro ne ho elencati circa dodici, tra cui lo stesso Mosler e Alain Parguez. Bisognerebbe uscire dall’Euro? Se sì, quali potrebbero essere le conseguenze? Alla prima parte della domanda rispondo: assolutamente sì, perché è un costrutto criminale e ormai ha distrutto l’economia europea. Alla seconda parte non posso rispondere in uno spazio così breve. Noi abbiamo formulato un programma di salvezza nazionale di 40 pagine, consultabile sul mio sito e su quello della Memmt. Sicuramente incoraggio il ritorno alla sovranità monetaria, quindi il fatto che il Paese torni proprietario dell’economia. Quando hai sovranità monetaria ed economica e la sai usa- re, allora diventi inattaccabile. Non ci possono più essere problemi di inflazione, deflazione, svalutazione, speculazione, è tutto sotto il controllo di chi usa questo strumento. L’Unione Europea è da abbandonare o da rifondare su nuove basi? Da rifondare su nuove basi. Non c’è niente di male nel volere un’Europa unita, ma questa Europa è stata una favola venduta sui libri delle elementari dagli anni ‘60, grazie a tecnocrati da me citati come Perroux, Attali, Trichet, Jacques Delors, i primi padri di queste idee. Si è trattato soprattutto di francesi e italiani, i tedeschi hanno avuto un ruolo minore. Ad ogni modo, è stata una truffa disegnata per favorire le élite neomercantili e speculative, e anche i Trattati da Maastricht in poi sono stati scritti per essere illeggibili e non sono stati mai votati, tranne in pochissimi casi. Questa Unione è stata una truffa ai danni della popolazione, fatta per togliere la sovranità monetaria e quella dei parlamenti. In definitiva: l’Euro va distrutto e l’Unione rifatta. Come combattere lo strapoMAGGIO 2013 - BARRICATE 13 tere dei mercati e la “dittatura dello spread”? Con la stessa soluzione data in precedenza: riprendendo la sovranità monetaria e sapendola usare. Agenzie di rating e spread non contano niente con la sovranità monetaria, come nei casi di Stati Uniti e Giappone. Lo spread è una trovata pubblicitaria usata da media asserviti e ignoranti -e da economisti asserviti e ignoranti- per terrorizzare la gente. Lo spread ha valore solo se il Paese è commissariato come l’Itala. Cosa dovrebbero fare secondo te i popoli e le istituzioni europee per uscire da questa situazione così difficile? Il cardine di tutto è la conoscenza. Non è immaginabile che i popoli europei possano ribellarsi a questo mostro se non sanno di cosa si tratta. Io sono il primo in Italia ad aver rivelato cosa succede veramente con l’Euro, e lo faccio come un salmone che nuota contro un fiume in piena. Se ci fossero in Italia, Germania, Francia, altre centinaia di divulgatori di questi temi e se il popolo fosse informato su cosa sta succedendo e su cos’è l’Euro, ci sarebbe una immediata risposta. Si verificherebbero ribellioni di massa e per i potenti sarebbe finita. Una domanda apparentemente fuori contesto: il sistema capitalistico va abbattuto? Il capitalismo ci ha dato anche mezzi che non avremmo mai avuto, ma per sua natura si contrappone all’interesse pubblico. Ti cito una frase di Adam Smith che i neoliberisti spesso dimenticano: “Raramente due capitalisti si riuniscono se non per imbrogliare qualcuno”. L’interesse pubblico deve essere sempre azionista di maggioranza, mentre il capitalismo non deve andare oltre il 49%. Può funzionare solo se c’è questo bilanciamento. 14 MAGGIO 2013 - BARRICATE IL GLOSSARIO DELLA CRISI Le parole chiave per muoversi nella selva dell’informazione economica D. A. M. PAOLO BARNARD È un giornalista e scrittore italiano, autore di libri come “Perché ci odiano” sul conflitto tra Israele e Palestina e “In alto il deficit”, scritto con l’economista Warren Mosler. Ha collaborato con numerose testate nazionali come il Corriere della sera, Repubblica, La Stampa, e con trasmissioni come Report e Samarcanda. Esperto di politica estera, ha scritto libri sul terrorismo internazionale e sull’umanizzazione della medicina. Recentemente è apparso al talk show “L’ultima parola” su Rai2 ed è impegnato in conferenze in tutta Italia per promuovere le sue inchieste. Per orientarsi nella giungla di termini tecnici che vengono usati quotidianamente all’interno di questa crisi, può essere utile una breve guida alle parole più utilizzate. Cercando di capire qual è la loro importanza nel contesto nazionale ed europeo. Bolla speculativa Si verifica quando il prezzo di un bene o di un titolo schizza alle stelle per un eccesso di domanda, superando il suo valore reale. L’eccessivo valore attribuito alle case negli Stati Uniti negli anni 2000 è stato all’origine della cosiddetta bolla immobiliare, che ha giocato un ruolo fondamentale nella successiva crisi finanziaria mondiale (assieme al credito facile per l’acquisto delle case, con la sottoscrizione dei famosi “mutui subprime”). Alla “esplosione” della bolla (repentino crollo del prezzo di un bene) ha fatto seguito la crisi di numerosi istituti di credito, che ha poi influenzato la crisi del debito europea. Debito pubblico È l’indebitamento dello Stato nei confronti dei suoi creditori, cioè gli acquirenti di obbligazioni o titoli di debito pubblico. Può trattarsi di privati cittadini, banche e imprese, altri Stati. I parametri di Maastricht proibiscono per i Paesi dell’Eurozona un rapporto debito pubblico/Pil superiore al 60%. Nel 2012 l’Italia ha superato il 125%, mentre la media dell’Eurozona ha superato il 90%. Deficit pubblico Si ha quando lo Stato spende più di quanto entri nelle sue tasche attraverso le tasse o altre fonti di finanziamento. La differenza negativa tra le entrate e le spese pubbliche in un dato periodo di tempo è anche chiamata “disavanzo primario”. I parametri di Maastricht proibiscono per i Paesi dell’Eurozona un rapporto Deficit/Pil superiore al 3% annuo. BARRICATE E PALAZZI Economia finanziaria È l’economia che si occupa dei cosiddetti strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, titoli di Stato eccetera) e degli agenti che operano nei mercati finanziari, in opposizione all’economia reale, che si occupa di beni e servizi reali (beni alimentari, abitazioni, elettrodomestici…). Il valore dell’economia finanziaria attualmente supera grandemente il valore dell’economia reale. Nel 2012 il solo valore dei titoli derivati nel mondo superava di quasi 7 volte il Pil mondiale. Di qui una sorta di strapotere della finanza nel mondo contemporaneo. Fiscal compact Detto anche Patto di bilancio europeo. Firmato nel marzo 2012 dai Paesi dell’Unione Europea (tranne Gran Bretagna e Repubblica Ceca) ed entrato in vigore nel gennaio 2013, obbliga i suoi contraenti a rigide politiche di austerità per i prossimi 20 anni, al fine di rientrare nei parametri di Maastricht. Contiene il famoso “pareggio di bilancio”, per cui i Paesi contraenti con debito pubblico/ Pil superiore al 60% si obbligano a non superare il deficit annuo dello 0,5% e a inserire la regola stessa nelle proprie costituzioni. Inflazione È l’aumento generalizzato dei prezzi, al quale corrisponde una diminuzione del potere d’acquisto della moneta. La Banca Centrale Europea ha la funzione primaria di mantenere stabile il tasso di inflazione nell’Eurozona sotto il 2%. Mercati Si intende l’insieme di acquirenti e venditori di strumenti finanziari (più propriamente i mercati finanziari sono i luoghi in cui questi scambi avvengono), tra cui i titoli di debito pubblico degli Stati. Gli investitori possono essere banche, Stati, fondi privati. Il loro comportamento è strettamente legato al rapporto costi-benefici e quindi nelle loro scelte entra spesso in campo una buona componente di speculazione. PIL Prodotto Interno Lordo. Misura l’insieme di beni e servizi prodotti in una nazione. Purtroppo, come ebbe a dire Bob Kennedy, non è in grado di misurare il grado di benessere e felicità nella nazione stessa. Sovranità monetaria Indica la capacità di uno Stato di stampare la propria moneta, tramite il Ministero del Tesoro o una Banca Centrale nazionale. Gli Stati dell’Eurozona hanno ceduto questa sovranità quando hanno deciso di aderire alla moneta unica. Le politiche monetarie dell’Eurozona, così come l’emissione dell’Euro, sono attualmente di competenza della Banca Centrale Europea, con sede a Francoforte. Speculazione Attività per la quale gli investitori approfittano della situazione di Paesi e istituti in difficoltà, per aumentare i loro profitti. Si verifica quando i soggetti colpiti promettono tassi di interesse più alti, al fine di attrarre finanziamenti. È un’attività rischiosa, in quanto la solvibilità dei debitori non è sempre garantita, ma può essere molto remunerativa. Spread È il differenziale tra il tasso di interesse promesso a chi acquista titoli di debito pubblico di un Paese e quello promesso da un altro Stato preso come riferimento. Per l’Italia si usa solitamente il rapporto tra i Btp (Buoni del tesoro poliennali) a 10 anni e i Bund (titoli di debito tedeschi). Titoli tossici Sono quegli strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, derivati come i Credit default swap) sottoscritti o riguardanti soggetti con bassa garanzia di solvibilità. Nella corsa al “credito facile”, molti istituti statunitensi, e non solo, hanno erogato credito a “cattivi pagatori”. Quando la cosa è venuta alla luce, la crisi di fiducia degli investitori e la corsa alle vendite hanno causato il collasso di diversi istituti e la conseguente necessità di interventi pubblici di “salvataggio”. Troika È il termine che definisce il trio Unione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale, coinvolto nei prestiti a numerosi Stati europei per “salvarli” dalla bancarotta e dalla possibile uscita dall’Euro. È al centro di contestazioni in tutta Europa, con l’accusa di utilizzare lo stato di crisi di alcuni Paesi per imporre ricette politiche ed economiche predefinite, di solito basate su privatizzazioni e tagli alla spesa pubblica. MAGGIO 2013 - BARRICATE 15 LINGUAGGI GRAFICI: LA FORGIA PASQUALE Pasquale La Forgia ghost writer e disegnatore, vive a Milano, dove lavora nell’editoria. Per Rizzoli ha lavorato a svariati titoli, fra cui “Che”, la biografia a fumetti di Ernesto Guevara disegnata da Alberto ed Enrique Breccia e sceneggiata da Héctor Oesterheld; “Sfide” di Simona Ercolani, una raccolta di storie sportive ispirata all’omonima trasmissione televisiva; e “Il Male. 1978-1982” di Vincino, un racconto per immagini dei cinque anni che sconvolsero la satira del nostro Paese. Grande appassionato di cinema e televisione, per il freepress “Pool” cura la rubrica “Chiusi in casa”, nella quale analizza alcune fra le più significative serie tv degli 16 MAGGIO 2013 - BARRICATE ultimi anni. Per Coconino Press ha ideato e curato l’antologia a fumetti “Gli Intrusi”, nella quale ha anche esordito come autore completo. Scrive per il portale di recensioni “Bookdetector” e collabora con illustrazioni e storie brevi al settimanale satirico “Il Male di Vauro e Vincino”. BARRICATE E PALAZZI CRISI GRECA Intervista a Diana Riboli L’INFINITA ODISSEA Una nazione devastata dai tagli alla spesa pubblica, un’emergenza sociale che i media spesso preferiscono ignorare e un Paese diventato un monito per chi intenda “sgarrare” dalle regole europee. È la Grecia raccontata da chi si trova sul posto. Tra mancanza di beni primari ed episodi di violenza Domenico Alessandro Mascialino Uno dei più antichi Paesi al mondo, culla della democrazia e centro della cultura mediterranea. In ginocchio da anni a causa delle imposizioni della Troika e di una gestione poco trasparente dei bilanci pubblici. La nazione greca resta in una situazione preoccupante, a causa delle difficoltà economiche e dell’ascesa dei gruppi di estrema destra che si ergono a portatori di “sicurezza”. Ce ne parla Diana Riboli, docente di antropologia all’università di Atene. Diana, ci potrebbe descrivere la situazione generale in Grecia negli ultimi mesi? La situazione peggiora di giorno in giorno e la popolazione è ormai allo stremo. A causa del nepotismo e della corruzione, nessuno ha più fiducia nella classe politica. Da anni lo Stato viene avvertito come un nemico subdolo, incapace di guidare il Paese fuori dalla crisi. La gente non crede più alle promesse del governo, che ogni tanto “garantisce” che non ci saranno più tagli su salari e pensioni. Dichiarazioni che vengono spesso smentite da nuove tasse e tagli a tutte le fasce della popolazione, anche a quelle più indigenti. Le tasse sulle proprietà, comprese quelle sulla prima casa, arrivano insieme alla bolletta della luce. Alle molte famiglie che non hanno i mezzi per pagare viene tagliata l’elettricità. Una decisione imposta dalla Troika (ma accettata dai politici), antidemocratica e anticostituzionale. La percentuale di famiglie che vive sotto il livello di povertà aumenta sempre più. Da alcuni mesi, specie nelle scuole elementari e negli asili statali, i maestri si trovano di fronte a bambini che piangono o addirittura svengono dalla fame. MAGGIO 2013 - BARRICATE 17 I prezzi dei generi alimentari continuano a restare alti rispetto ai salari. La benzina e il petrolio sono proibitivi per i più. Quest’inverno in pochissimi condomini, scuole e università è stato acceso il riscaldamento. La disoccupazione, specie giovanile, è in crescita e il sistema sanitario ormai allo sfascio, per via dei tagli dei fondi agli ospedali, dove il corpo medico cerca di fare economia anche su garze e siringhe. Nelle piazze le proteste continuano con frequenza? Qui i giornali ne parlano sempre meno… Negli ultimi quattro mesi le dimostrazioni di piazza sono notevolmente diminuite per diversi motivi. Innanzitutto la violenta repressione governativa. Credo che le immagini degli attacchi dei MAT (corpi speciali antisommossa) alla popolazione abbiano fatto il giro del mondo. Durante le ultime proteste a grande partecipazione popolare, i MAT hanno allontanato le folla usando quantità enormi di gas asfissianti, idranti e colpendo con manganelli, calci e pugni anche i gruppi più pacifici. I gas asfissianti, oltre a provocare insopportabili bruciori agli occhi e alla gola, sono pericolosi per persone affette da varie patologie e cancerogeni. La polizia ha addirittura usato, in alcuni casi, bombolette di gas scadute negli anni ’90. Ovviamente non tutti possono o vogliono munirsi di maschere anti-gas. Al di là della paura dei danni fisici, il popolo non trova una sua unità. Il frazionamento dei partiti e dei gruppi politici e la propaganda del governo che cerca di scaricare tutte le colpe su diversi gruppi, opponendo il 18 MAGGIO 2013 - BARRICATE settore privato e quello pubblico, annullano la possibilità che il popolo riesca a fare fronte unito. Qual è la situazione dal punto di vista politico? Come si comportano i partiti nei confronti delle richieste della Troika e dei mercati? Prima delle ultime visite della Troika in Grecia, il Primo Ministro Antonis Samaras aveva annunciato che il governo era pronto a dure negoziazioni, soprattutto sulle richieste di ridimensionare il settore pubblico da parte della Troika. In realtà, e nonostante alcune negoziazioni siano state fatte, il settore pubblico continua a essere colpito da licenziamenti, pensionamenti anticipati e riduzione dei salari. La Troika vuole il licenziamento di 25.000 dipendenti statali entro la fine dell’anno. Per il momento circa 2.000 impiegati del settore pubblico sono stati messi in diathesimotita, una sorta di cassa integrazione. Hanno il diritto di percepire il 75% dello stipendio per un anno e poi, se non possono essere assunti in altri settori pubblici, vengono licenziati. Il mese scorso è stato annunciato che, entro la fine di maggio, 19.000 dipendenti statali verranno messi in diathesimotita. L’ironia è che questo meccanismo dovrebbe colpire soprattutto le assunzioni avvenute in base a processi di corruzione o nepotismo. Per prima cosa è risaputo che in Grecia anche persone di merito debbano spesso ricorrere a qualche “spinta” per assicurarsi un posto di lavoro. Inoltre si ha l’impressione che, in questo momento, siano comunque più tutelati coloro che hanno appoggi di un certo peso. Il problema dell’evasione fiscale, principale colpevole della situazione del Paese, non viene risolto, prima di tutto perché molti attuali o ex-parlamentari, che continuano ad avere stipendi altissimi, si troverebbero in difficoltà. Pochissimi evasori sono stati davvero processati e messi in carcere. Il governo pare del tutto incapace di recuperare fondi da loro e preferisce accanirsi su tagli di stipendi già inferiori ai 700 euro e persino pensioni di invalidità. Il governo sta anche cercando di svendere le ricchezze del Paese, puntando sulle privatizzazioni. I riflettori negli ultimi mesi sono puntati sul gas e sulla compagnia di stato che ha il monopolio sui giochi d’azzardo (OPAP), una delle poche compagnie statali con buoni tassi di rendita. Ci sono ricette per uscire dalla crisi, diverse da quelle della Troika, che sono appoggiate dai movimenti o dai partiti? La sinistra è divisa e piuttosto passiva. Si sentono voci di opposizione ma sembrano più propaganda per attirare voti che programmi politici. Ritengo sia a causa dell’inettitudine dell’opposizione che il partito di Alba Dorata sia arrivato ad essere il terzo partito del Paese. Il suo programma violento e raz- BARRICATE E PALAZZI zista viene interpretato da molti come l’unica possibile soluzione contro la corruzione nazionale e l’arroganza dei Paesi europei più potenti. A livello popolare, l’odio razziale e il moltiplicarsi di violenze e persino di omicidi nei confronti di immigrati e stranieri si identifica in parte anche con un “no” all’interferenza straniera in genere, Troika e Merkel compresi. Occorre capire che Alba Dorata è molto meglio organizzata di quanto non si pensi e probabilmente sovvenzionata da gruppi analoghi che altrove non hanno il diritto di diventare partiti politici. Il partito ha una sua sorta di polizia privata, con numeri di pronto intervento a cui si rivolgono sempre più cittadini vittime di rapine ed estorsioni, in aumento per l’esplosione della criminalità organizzata nazionale e internazionale. Organizza corsi di autodifesa per insegnare a donne (greche) come far fronte agli attacchi di criminali (stranieri). Aiuta famiglie bisognose (greche). Nerborute guardie del corpo con la testa rasata accompagnano amorevolmente anziani (greci) a riscuotere le pensioni. Organizzano doposcuola e attività ricreative per bambini (greci) e hanno già lanciato la proposta di aprire ambulatori (il nome proposto, simile a quello di una nota organizzazione internazionale, è Medici Con Frontiere) del tutto gratuiti per pazienti ovviamente greci. Il tutto con il beneplacito del governo che non solo non ne ostacola le mosse, ma spesso le supporta. Se questo è ciò che sognano coloro che votano Alba Dorata come soluzione per la crisi, appare chiaramente meglio la crisi. Per contro, altre iniziative per uscire o limitare i danni della crisi si moltiplicano da parte di centinaia di organizzazioni e gruppi basati sulla solidarietà, sullo scambio equo di prodotti e servizi, sul tentativo di uscire da una logica legata al denaro. Moltissimi fanno opera di volontariato o partecipano a iniziative solidali. Iniziano a sor- gere le prime piccole comunità, formate da alcune famiglie, in cui viene limitato al massimo, se non eliminato, l’uso del denaro. La Grecia fuori dall’Euro. È una prospettiva che si potrebbe realizzare a breve termine o sembra ancora lontana? Importanti economisti di vari Paesi del mondo hanno dichiarato che la Grecia è chiaramente già in bancarotta, per quanto la classe politica sostenga il contrario. L’ipotesi di una Grecia fuori dall’Euro, dal mio punto di vista sicuramente auspicabile, sembra per il momento lontana. La Germania e la Troika mantengono in vita un malato terminale agonizzante, un po’ perché probabilmente l’uscita del paese dall’Euro creerebbe un pericoloso effetto domino, e un po’ perché la Grecia viene usata come monito per gli altri Paesi. Un esempio di cosa potrebbe accadere se non ci si attiene alle regole… Si dice che quello che accade in Grecia sia l’anticamera di quello che poi si verificherà in Italia. Per Lei ci sono possibilità che gli stessi fenomeni si ripetano nel nostro Paese? Come dicevo, la Grecia viene in questo momento usata un po’ come uno spauracchio, e nei vari Paesi si dissemina l’idea che ciò che è accaduto qui accadrà anche in Italia, Spagna, ecc. In realtà non lo credo. Prima di tutto perché ogni Paese ha una storia e risorse assai diverse. La Grecia è un Paese che non produce quasi nulla, dove pressoché tutto viene importato. Le campagne e le isole si sono spopolate molti anni fa, anche se ora assistiamo a un certo ritorno. L’alto numero dei dipendenti statali (comunque non molto alto rispetto ad altri Paesi europei) è anche dovuto al fatto che qui non ci sono molti settori che sono invece aperti, anche se in crisi, in Paesi come Italia e Spagna. Dal punto di vista turistico rimane un Paese di estremo interesse, ma una politica discutibile ha promosso vacanze basate soprattutto sulla bellezza dei mari. Che sono sicuramente straordinari, ma molti turisti ora, ad esempio, preferiscono la più economica Croazia. L’Italia, come ben risaputo, è il Paese al mondo più ricco di opere d’arte. Difficilmente diminuirà l’affluenza mondiale verso Roma, Firenze o Venezia. E’ anche un Paese altamente industrializzato che, con una politica intelligente, potrebbe essere quasi indipendente a livello economico. Prodotti di altissima qualità (macchine di lusso, alta moda e pelletteria, design…) continuano a portare il marchio italiano. E’ chiaro che anche in Italia la crisi è e sarà durissima, specie per i ceti meno abbienti. Ma il Paese ha almeno in potenza il privilegio di cambiare le cose a livello nazionale ed europeo, come confermato dal risultato delle ultime elezioni. Forse perché vivo una situazione molto più drammatica, vedo ancora una luce alla fine del tunnel italiano. E speriamo di essere in molti a vederla, questa luce che in Grecia pare essersi spenta. MAGGIO 2013 - BARRICATE 19 LINGUAGGI GRAFICI: MAURO BIANI Mauro Biani è vignettista, illustratore, scultore. È inoltre educatore professionale. I suoi disegni hanno fatto il giro del mondo su carta stampata, sul web e in mostre personali e collettive. È vignettista de Il manifesto, L’Espresso, Il Fatto Quotidiano, Azione Nonviolenta, I Siciliani. Fa parte del gruppo internazionale “Cartooning for Peace”, sotto l’Alto Patrocinio dell’ONU. È uno dei fondatori di Mamma!, rivista di satira, giornalismo e fumetti. Ha ricevuto il XXXV Premio di Satira Politica nel 2007 e il premio per la miglior vignetta europea del 2011, istituito alla Rappresentanza italiana della Commissione Europea in collaborazione con la rivista “Internazionale”. Il 16 febbraio 2013 a Sansepolcro (AR) ha vinto il Premio Nazionale “Nonviolenza, Cultura della Pace” insieme a Marco Paolini. Nel 2009 ha pubblicato il fortunato “Come una specie di sorriso” (Stampa Alternativa), attraverso cui si è misurato con i temi più cari a Fabrizio De André interpretando in 15 tavole alcune delle canzoni più celebri del cantautore. A seguito della mostra personale ospitata dal Museo della satira di Forte dei Marmi, nel 2012 è uscito il volume “Chi semina racconta”, che raccoglie il meglio della sua produzione, edito dall’associazione culturale Altrinformazione nella collana “I libri di Mamma!” Sito web: www.maurobiani.it Facebook: www.facebook.com/maurobiani Twitter: https://twitter. com/#!/maurobiani 20 MAGGIO 2013 - BARRICATE BARRICATE E PALAZZI LA GRECIA DI PETROS MARKARIS Due romanzi per capire la crisi Parlando di Grecia, Barricate suggerisce la lettura dei gradevoli libri del giallista Markaris, che non solo ci permettono di respirare l’aria salmastra dell’Egeo, lo smog di Atene, gli odori della cucina ellenica, ma ci immergono nella realtà difficile che sta attraversando il Paese. Una crisi molto simile a quella che aleggia sull’Italia e che potremmo vivere presto anche noi. Del resto, come si sente dire spesso, “Italiani e Greci, una razza una faccia!” Petros Márkaris è scrittore, drammaturgo, sceneggiatore e traduttore. Nato a Istanbul nel 1937 da padre armeno e madre greca, si diploma presso una scuola austro-turca e poi studia economia a Vienna e Stoccarda. Successivamente si stabilisce ad Atene, dove assume la cittadinanza greca. In Europa diviene celebre con i romanzi che vedono protagonista il commissario Kostas Charitos, tradotti in italiano, inglese, tedesco, spagnolo e turco. Con trame coinvolgenti, intrecci ineccepibili, dialoghi verosimili e linguaggio ironico ed empatico allo stesso tempo, i romanzi di Markaris sono lontani anni luce dagli ormai obsoleti polizieschi “sesso e sangue”. Attraverso i casi indagati dal commissario Charitos, le vicende dei personaggi della sua famiglia, la minuziosa descrizione della topografia stradale della città di Atene tra ingorghi e cortei di protesta, l’autore fotografa la Grecia contemporanea in tutte le sue contraddizioni. In particolare, Prestiti scaduti e L’esattore hanno al centro la crisi economica che la Grecia sta vivendo, con tutto ciò che essa comporta: l’insicurezza, la perdita del lavoro, l’impoverimento, la ribellione. Temi che non costituiscono soltanto lo sfondo della storia, ma entrano nel quotidiano di tutti i personaggi, di cui influenzano le scelte, i comportamenti, la vita. La sua ultima opera Tempi bui, è così descritta dall’autore: “Ci troviamo in piena crisi e l’anno ormai imminente sarà, almeno per la Grecia, più difficile di tutti gli altri. Questa crisi non è solo finanziaria. Segna anche la fine delle illusioni con le quali abbiamo vissuto fin dalla costituzione dell’Unione monetaria. Gli articoli, le interviste e i discorsi contenuti in questo libro sono un tentativo di fare i conti con queste illusioni. Rappresentano anche uno sforzo di chiarire le cause e le conseguenze del disastro economico dalla prospettiva di uno scrittore. Da quando è iniziata la crisi, circola una parola che i politici e i giornalisti usano molto volentieri e che mi innervosisce profondamente. Si tratta di: ‘narrazione’. Come ho già detto, io sono uno scrittore e non un politico o un editorialista. Per questo so anche che una narrazione presuppone una storia che si desidera raccontare. Non c’è narrazione senza storia. Quale storia, quindi, potremmo raccontare in Europa? L’Euro non è l’unica cosa che ci accomuna e quindi non dovremmo limitarci a questo argomento. L’Europa ha molte storie da raccontare. Sarebbe bello se le unissimo al fine di dar vita a una narrazione comune.” BIBLIOGRAFIA I libri di Markaris tradotti in italiano sono tutti pubblicati da Bompiani Ultime della notte, 1995 Difesa a zona, 2002 Si è suicidato il Che, 2004 La lunga estate calda del Commissario Charitos, 2007 I labirinti di Atene, 2008 La balia, 2009 Io e Kostas Charitos, 2010 Prestiti scaduti, 2011 L’esattore, 2012 Tempi Bui, 2013 (Petros Markaris) MAGGIO 2013 - BARRICATE 21 DALL’ESTERO L’ISOLA CHE C’È (MA NON SI VEDE) Dopo il crack del 2008, l’Islanda ha letteralmente mandato al diavolo banchieri, governo e Fondo Monetario Internazionale. E scritto una nuova Costituzione con l’aiuto dei cittadini e dei social media. Risultato: la sua economia ora va a gonfie vele. Nel silenzio dei media industriali Domenico Alessandro Mascialino Edoardo Bennato cantava l’Isola che non c’è, Francesco Guccini l’Isola non trovata. Quest’Isola invece c’è eccome, eppure se ne parla molto poco. Forse perché ha avuto l’ardire di fare qualcosa che è visto come un sacrilegio da banchieri, corporations e ideologi neoliberisti, buoni a snocciolare termini economici ma pessimi nel nascondere gli effetti devastanti delle loro idee sulle popolazioni. Parliamo dell’Islanda naturalmente, l’Ultima Thule delle leggende precristiane. La terra di ghiaccio e del sole a mezzanotte ha fatto qualcosa di molto semplice: di fronte alla crisi scatenata nel 2008 dalla finanza internazionale e dall’operato delle banche, ha sottoposto ai suoi cittadini tramite referendum la decisione su quale politica adottare nei confronti del debito. Dopo il crack del 2008 innescato dalla crisi dei subprime negli Usa, il governo islandese fu costretto a nazionalizzare le tre banche principali dell’isola e farsi carico del debito che queste non erano più in grado di sostenere. Il Fondo Monetario Internazionale a quel punto, chiamato in causa dal governo Haarde, intervenne con un prestito da 2 miliardi e 200 milioni di dollari (che si sommavano ai 2 miliardi e mezzo erogati da altri Paesi nordici) per evitare al Paese la bancarotta. Ma, come al solito, il Fmi propose che, a fronte dei finanziamenti erogati, venissero applicate nei confronti della popolazione le arcinote misure di austerità per ripagare i debiti contratti nei confronti delle banche estere, soprattutto britanniche e olandesi. Più precisamente, si chie22 MAGGIO 2013 - BARRICATE deva al popolo islandese di pagare circa 3.500 milioni di euro (qualcosa come 100 euro al mese a persona) in 15 anni, con un interesse del 5,5%. Dopo il crack bancario e le richieste del Fmi, si susseguirono numerose proteste di piazza e davanti ai palazzi istituzionali, le “caceroladas”, o proteste con pentole e coperchi. Le manifestazioni portarono alle dimissioni del governo Haarde e a nuove elezioni nell’aprile BARRICATE E PALAZZI 2009, vinte dalla coalizione socialdemocratica guidata da Jòhanna Siguroardòttir. Quando anche il nuovo governo propose il pagamento del debito nei confronti delle banche estere secondo i dettami del Fmi, ci furono nuove manifestazioni di piazza. A quel punto, il capo dello Stato, Olafur Ragnar Grìmsson, si rifiutò di promulgare la legge e decise di indire il referendum invocato dalla popolazione. Nel marzo 2010 il referendum sancì, con il 93% dei consensi, che il popolo islandese non avrebbe dovuto pagare un debito causato soprattutto dall’avventatezza delle banche e della classe politica, oltre che dalla speculazione internazionale. Poco dopo il Fmi si affrettò a congelare gli aiuti concessi all’isola. Nel novembre 2010 venne eletta un’assemblea costituente, composta da 25 cittadini non coinvolti con la politica, nominati su una lista di 522 candidati. Unici requisiti: la maggiore età e l’appoggio sottoscritto di almeno 30 persone. La nuova Costituzione fu riscritta in un modo assolutamente innovativo. Per stilare quest’ultima, infatti, furono chiamati in causa tutti i cittadini, che poterono dare il loro contributo attraverso i social media (Facebook, Twitter, Youtube). Ogni riunione del Consiglio costituente fu trasmessa in streaming. Ne venne fuori una Costituzione che dà una centralità assoluta alla libertà di stampa e pone l’economia al servizio dei cittadini. La cosiddetta “rivoluzione delle pentole”, oltre a mandare a casa l’intero governo, insediò anche un parlamento composto per quasi la metà da donne. Un altro primato non da poco. Nel frattempo venne istituita una commissione per perseguire tutti i responsabili del crack del 2008, il cui operato continua tutt’oggi. Lo “sceriffo” Olafur Hauksson, proveniente da un paesino di pescatori, ha spedito in galera, tra gli altri, due ex dirigenti della banca Byr e l’ex direttore del gabinetto del ministro delle finanze. E qualche mese fa, in un’intervista a Bloomberg Businessweek, persino il capo della missione del Fmi nell’isola ha dovuto ammettere che la ripresa del Paese è stata “sorprendentemente forte”, a riprova di come il “metodo Islanda” sia forse il migliore per uscire dalla crisi. La crescita prevista per il Paese, quest’anno, è attestata al 2,9%. A fine gennaio, inoltre, la Corte europea del libero scambio ha dato ragione a Reykjavik contro Gran Bretagna e Olanda, per quanto riguarda il risarcimento dei correntisti di Icesave. Londra e Amsterdam in un ricorso avevano chiesto 2 miliardi e mezzo di euro per risarcire le perdite dei correntisti della banca Landesbanki, ma la Corte ha stabilito che dovranno accontentarsi dei 20mila euro previsti dagli accordi Ue. Eppure dal referendum del 2010 in poi l’Islanda è diventata una specie di Cuba europea: osannata da tutti i movimenti di lotta alla finanza selvaggia ma uno spauracchio per politici, economisti e giornalisti neoliberisti, che vedono nell’isola un pericoloso precedente che potrebbe “contagiare” gli altri Paesi e contrastare le tanto invocate misure di austerità. Come dire: la crisi è stata scatenata dalle banche, ma se ne esce solo con tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni e tanta austerità per gli ingordi popoli europei. Una visione che fa molto comodo ai soliti noti. In realtà l’essenza della “rivoluzione gentile” islandese sta in un semplice principio di buon senso: il fatto che, in caso di crisi, la priorità dell’economia e della politica nazionale debba essere quella di salvaguardare il benessere della popolazione, anteponendolo a quello di banche e creditori privati. Esattamente il contrario di quello che viene richiesto ai Paesi europei per uscire dalla crisi. MAGGIO 2013 - BARRICATE 23 PACE FACCIAMO PACE? Dall’assenza di guerra alla costruzione di una società nonviolenta Maria Chiara Ballerini Quando sono stanchi di litigare, i bambini dicono “facciamo pace”. Una formula magica che appiana ogni screzio, dissolve l’astio, stempera l’orgoglio. Fare pace, con l’accento sul verbo, indica un’azione concreta, perché non basta desiderarla e sognarla. La pace si “fa”. A volerla siamo in tanti: solo in Italia esistono circa 6500 organizzazioni che si occupano di tutela della pace e dei diritti1, di orientamento sia laico, come Amnesty, sia cattolico, come Pax Christi, per citare due delle maggiori. Eppure, dai dizionari classici al web, la prima accezione di “pace” è definita sostanzialmente in base a un concetto di assenza, invece che in senso assoluto: “Condizione di normalità di rapporti, di assenza di guerre e conflitti, sia all’interno di un popolo, di uno stato, di gruppi organizzati, etnici, sociali, religiosi, ecc., sia all’esterno, con altri popoli, altri stati, altri gruppi.” (Treccani) “Condizione personale (intraindividuale), sociale, relazionale, politica o legata ad altri contesti caratterizzata da condivisa armonia ed assenza di tensioni e conflitti.“ (Wikipedia) In questo senso anche i termini pacifismo e nonviolenza riprendono (almeno inizialmente) questa accezione “negativa”, ovvero si definiscono in base a qualcosa che non c’è invece che come realtà. Con pacifismo si intende generalmente il “rifiuto della guerra”, con diverse sfumature che vanno dalla totale condanna dei conflitti armati, all’opposizione in base ad un giudizio morale, al dissenso pragmatico verso la guerra in quanto azione inefficace e non risolutiva. L’espressione non violenza deriva dalla traduzione letterale del sanscrito ahimsa, formato da himsa (danno, violenza) e da una a privativa, riferendosi così all’assenza di tali elementi, al “non nuocere” alle persone e all’ambiente. Spesso sovrapposti e usati come fossero intercambiabili, i due concetti rivelano una certa difformità. Sul sito di Peacelink, uno dei portali più importanti e completi sui movimenti per la pace, si legge: “Il termine ‘non violenza’ fu introdotto nel 1930 nella lingua italiana, ossia oltre vent’anni dopo il termine ‘pacifismo’. La ragione storica sta nella lotta nonviolenta di Gandhi che dal 1919 in poi acquisì caratteristiche specifiche, basate sulla non cooperazione, 24 MAGGIO 2013 - BARRICATE sulla disobbedienza civile e sul boicottaggio dei prodotti britannici. Fu Aldo Capitini ad introdurre in Italia il pensiero di Gandhi. La nonviolenza di Gandhi si innestò sul pacifismo trasformandolo in una metodologia che - pur nella conflittualità - escludeva in maniera radicale il ricorso alla violenza oltre che alla guerra. Pertanto i nonviolenti sono pacifisti che hanno elaborato una metodologia coerente di tipo gandhiano; vi sono viceversa pacifisti che individuano casi in cui la violenza possa essere - seppur dolorosamente - usata, come nel caso della legittima difesa. In altri termini si può essere pacifisti ma non necessariamente nonviolenti; il termine nonviolento indica in tal mondo un ‘di più’ rispetto al ‘pacifista’ in termini di esclusione di ogni forma di guerra e di adesione quindi all’obiezione di coscienza al servizio militare.” 2 Ed è lo stesso Aldo Capitini3 a dare la prima spinta verso una concezione attiva e positiva della “non violenza”: scrivendo la parola senza il trattino separatore, sottolinea il fatto che la nonviolenza non è semplice negazione della violenza, bensì un valore autonomo, una modalità di azione costruttiva che persegue una realtà concreta di pace, giustizia e benessere per tutti. Oggi, nell’ambito degli studi internazionali sulla pace, c’è sempre maggiore attenzione all’idea, più 1- Fonte ISTAT relativa all’anno 2003. 2- Alessandro Marescotti, su www.peacelink.it/ pace/a/29912.html 3- Aldo Capitini è stato filosofo, politico, poeta ed educatore. Ha fondato negli anni ’60 il Movimento Nonviolento e ideato la Marcia per la Pace e la fratellanza dei popoli, celebre corteo da Perugia ad Assisi. VOCI SOLIDALI Ph: Luciano Manna RIFERIMENTI E LINK ampia, di “pace positiva”. Un’insolita definizione arriva addirittura dalla matematica: nel testo Peace Mathematics –Does It Exist?, Johan Galtung elabora una vera e propria “formula per la pace”: + Pace Positiva Equità x Armonia Pace = ________________ = _________________ – Pace Negativa Trauma x Conflitto 4- Johan Galtung, Conferenza all’Università di Strasburgo, traduzione a cura del Centro Sereno Regis. Titolo originale: Dire la Guerre, Penser la Paix, http://www. transcend.org/ tms/2012/05/direla-guerre-penser-lapaix. “Al numeratore c’è la pace positiva: tanto è maggiore, meglio è. E al denominatore ci sono i fattori chiave della pace negativa, opposta a quella positiva: violenza diretta, strutturale e culturale. Meno sono, meglio è. Quello che si guadagna in pace è facilmente perso attraverso la disattenzione alla pace negativa. Ma c’è una zona di stabilità per compensazione. Secondo questa formula, ci sono quattro compiti fondamentali, ciascuno dei quali difficile ma non impossibile. Tutti richiedono addestramento, capacità. 1. Costruire equità: cooperazione per benefici mutui e uguali, o almeno non clamorosamente diseguali e peggiorativi, è fondamentale. L’Occidente e il capitalismo vogliono grandi guadagni, creando quindi violenza strutturale. 2. Costruire armonia: nel senso taoista di condividere la gioia e la sofferenza degli altri. Emozioni che risuonano, simpatia. 3. Riconciliare i traumi del passato: ripulire il passato, riconoscere gli errori, augurandosi di non ripeterli, dialogo sul perché e il come, costruire un futuro. 4. Risolvere i conflitti presenti: lavorare per superare le contraddizioni/incompatibilità ma anche sugli atteggiamenti e comportamenti negativi.”4 Affinché si realizzi una pace “vera”, quindi, sono necessarie “vere” azioni che vadano oltre la mera assenza di guerra: obiettare ad ogni tipo di violenza, realizzare una giusta distribuzione della ricchezza, garantire il rispetto dei diritti fondamentali della persona, partecipare allo sviluppo della società, Padre Alex Zanotelli [email protected] Amnesty International Organizzazione non governativa internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani. www.antennedipace.org www.assopace.org Associazione per la Pace www.betterworldlinks.org Censimento di realtà che si impegnano per la pace e la giustizia a livello mondiale www.casaperlapace.it www.disarmo.org Controllarmi - Rete Italiana per il Disarmo www.ipb.org/web International Peace Bureau, coordinamento internazionale del movimento per la pace Lega degli Obiettori di Coscienza (LOC) Lega per il Disarmo Unilaterale (LDU) www.mercatiesplosivi.com/guerrepace Guerre&Pace è una rivista di approfondimento sui conflitti nel mondo www.mkgandhi-sarvodaya.org/peace_dir.htm Informazioni su Peace Directory, elenco pubblicato annualmente all’interno di Peace Diary, contenente numerosissimi indirizzi di associazioni pacifiste a livello internazionale www.mosaicodipace.it Sito della rivista mensile Mosaico di Pace, promossa dalla sezione italiana di Pax Christi, movimento cattolico internazionale per la pace. Pace, ambiente, nonviolenza, disarmo, dialogo interreligioso per la pace, economia di giustizia sono i principali temi su cui interroga e provoca. Diretta da Alex Zanotelli ospiti.peacelink.it/mir Movimento Internazionale della Riconciliazione nonviolenti.org/cms Sito del Movimento Nonviolento, che tra le diverse attività realizza la rivista Azione nonviolenta www.paxchristi.it Sito di Pax Christi, movimento cattolico internazionale per la pace fondato nel 1945. Promuove i diritti umani e la giustizia sociale nei paesi oppressi da guerre e conflitti. La sezione italiana fu guidata da Don Tonino Bello dal 1985 al 1993. www.peacelink.it Peacelink è un’associazione di volontariato dell’informazione che dal 1992 offre un’alternativa ai messaggi proposti dai grandi gruppi editoriali e televisivi, occupandosi di pace, nonviolenza, diritti umani, liberazione dei popoli oppressi, rispetto dell’ambiente e libertà di espressione. http://serenoregis.org Il Centro Studi Sereno Regis, costituito nel 1982 su iniziativa del Movimento Internazionale della Riconciliazione (MIR) e del Movimento Nonviolento (MN), è una ONLUS che promuove programmi di ricerca, educazione e azione sui temi della partecipazione politica, della difesa popolare nonviolenta, dell’educazione alla pace e all’interculturalità, della trasformazione nonviolenta dei conflitti, dei modelli di sviluppo, delle energie rinnovabili e dell’ecologia. MAGGIO 2013 - BARRICATE 25 VOCI SOLIDALI costruire armonia nelle relazioni interpersonali. In breve, promuovere l’educazione alla nonviolenza attiva come pratica, come uno stile di vita che abbraccia ogni aspetto della realtà e può concretizzarsi a tutti i livelli. A cominciare da noi stessi e da chi abbiamo più vicino. A cominciare - per esempio - dal linguaggio e dalla comunicazione, dal momento che “L’uso disinvolto e approssimativo delle parole ci fa contribuire quasi senza che ce ne accorgiamo alla strutturazione violenta dei nostri rapporti sociali.”5 La pace non va soltanto pensata. Va parlata, scritta, costruita. Insomma, fatta. Questo verbo così semplice, di cui ci si affanna a trovare dei sinonimi, sembra proprio il migliore per sposare la pace. Bibliografia Hannah Arendt, Sulla violenza, Pratiche, Parma, 2001 Norberto Bobbio, Il problema della guerra e le vie della pace, il Mulino, Bologna 1997 Andrea Caffi, Albetro Castelli, Contro la guerra. Violenza e liberazione, Nonluoghi Libere Edizioni, Divezzano (TN), 2002 Centro Studi Sereno Regis (a cura del), Manuale di difesa civile nonviolenta, Centro Studi Sereno Regis, Torino 1998 Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Perugia Aldo Capitini, Le ragioni della nonviolenza. Antologia degli scritti, a cura di Mario Martini, ETS, Pisa 2004 Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, Linea d’ombra, Milano, 1989 Danilo Dolci. Una rivoluzione nonviolenta, a cura di Giuseppe Barone, Terre di mezzo, Milano, 2007. Paulo Freire, La pedagogia degli oppressi e L’educazione come pratica della libertà, Mondadori, Milano Johan Galtung, La trasformazione nonviolenta dei conflitti, Gruppo Abele, Torino, 2000 Johan Galtung e Dietrich Fischer, Matematica di pace, Transcend University Press, 2012 Mohandas K. Gandhi, Antiche come le montagne, a cura di Sarvepalli Radhakrishnan, Arnoldo Mondadori, “Oscar”, Milano, 2001 Mohandas Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino, 1973 e seguenti Mohandas K. Gandhi, La resistenza non violenta, a cura di Franco Paris, Newton & Compton, Milano 2000 Etty Hillesum, Diario (1941-1943), Adelphi, Milano, 2011 5- Contributo di Andrea Canevaro in Marshall Rosemberg, Le parole sono finestre (oppure muri) Introduzione alla Comunicazione Nonviolenta, Esserci, 2003. M. L. King, I have a dream. L’autobiografia del profeta dell’uguaglianza, A. Mondadori, “Oscar storia”, Milano, 2001 Alexandre Langer, Il viaggiatore leggero. Scritti (1961-1995), Sellerio, Palermo, 1996 Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto, Che cos’è la nonviolenza, Jaca Book, Milano, 1990 Primo Levi, I sommersi e i salvati, Einaudi, Torino Lorenzo Milani, Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, A. Mondadori, “Oscar”, Milano, 1988 Movimento Nonviolento (a cura di), Nonviolenza in cammino. Storia del Movimento Nonviolento dal 1962 al 1992, Movimento Nonviolento, Verona, 1998 Elisabetta Nigris, I conflitti a scuola. La mediazione pedagogico-didattica, Bruno Mondadori, Milano 2002 Enrico Peyretti, Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, in “La nonviolenza è in cammino”, n. 145 del 10 marzo 2001 Giuliano Pontara, La personalità nonviolenta, Gruppo Abele, Torino, 1996 Ph: Luciano Manna Marshall Rosenberg, Le parole sono finestre [oppure muri] Introduzione alla Comunicazione Nonviolenta, Esserci, 2003 26 Marshall Rosenberg, Parlare Pace. Quello che dici può cambiare il tuo mondo, Esserci, 2006 Tiziano Terzani, Lettere contro la guerra, TEA, Milano, 2004 Simone Weil, Sulla guerra, Pratiche, Parma, 1996. MAGGIO 2013 - BARRICATE VOCI SOLIDALI È il monologo finale del film “Il grande dittatore”, diretto, prodotto e interpretato da Charlie Chaplin nel 1940. Nei panni di un barbiere ebreo sosia del dittatore Adenoid Hynkel, Chaplin pronuncia questo discorso, che ha segnato non solo la storia del cinema, ma la storia dell’umanità stessa: “… il clown universalmente famoso e amato del suo tempo sfidava apertamente l’uomo che aveva causato più orrori e sofferenze di chiunque altro nell’epoca moderna …Da destra e da sinistra, i critici accusarono Chaplin: banalità, luoghi comuni. È un fatto comunque che a distanza di più di quarant’anni da quel discorso nessuna frase è invecchiata o ha perduto la sua forza, anche se l’ottimismo delle ultime battute … non si può proprio dire si sia mai tradotto in realtà.” (David Robinson, Chaplin - La vita e l’arte, Marsilio, 1995) “Mi dispiace ma io non voglio fare l’Imperatore, non è il mio mestiere, non voglio governare e conquistare nessuno, vorrei aiutare tutti, ebrei, ariani, uomini neri e bianchi, tutti noi dovremo aiutarci sempre, dovremo soltanto godere della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti, la natura è ricca, è sufficiente per tutti noi, la vita può essere felice e magnifica, ma noi lo abbiamo dimenticato. L’avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell’odio, ci ha condotti a passo d’oca a fare le cose più abbiette, abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà, la scienza ci ha trasformato in cimici, l’avidità ci ha resi duri e cattivi, pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchinari ci serve umanità, più che abilità ci serve bontà e gentilezza, senza queste qualità la vita è violenza e tutto è perduto. L’aviazione e la radio hanno riavvicinato le genti, la natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà nell’ uomo, reclama la fratellanza universale, l’unione dell’umanità. Perfino ora la mia voce raggiunge milioni di persone nel mondo, milioni di uomini, donne e bambini disperati, vittime di un sistema che impone agli uomini di torturare e imprigionare gente innocente. A coloro che mi odono, io dico, non disperate! L’avidità che ci comanda è solo un male passeggero, l’amarezza di uomini che temono le vie del progresso umano. L’odio degli uomini scompare insieme ai dittatori e il potere che hanno tolto al popolo ritornerà al popolo e qualsiasi mezzo usino la libertà non può essere soppressa. Soldati! Non cedete a dei bruti uomini che vi disprezzano e vi sfruttano, che vi dicono come vivere, cosa fare, cosa dire, cosa pensare, che vi irreggimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie. Non vi consegnate a questa gente senza un anima, uomini macchina, con macchine al posto del cervello e del cuore. Voi non siete macchine, voi non siete bestie, siete uomini ! Voi avete l’amore dell’umanità nel cuore, voi non odiate, coloro che odiano sono quelli che non hanno l’amore altrui. Soldati! Non difendete la schiavitù, ma la libertà! Ricordate nel Vangelo di S. Luca è scritto - ‘Il Regno di Dio è nel cuore dell’ uomo’ - non di un solo uomo o di un gruppo di uomini, ma di tutti gli uomini. Voi, il popolo avete la forza di creare la macchina, la forza di creare la felicità, avete la forza di fare che la vita sia bella e libera, di fare di questa vita una splendida avventura. Quindi in nome della democrazia uniamo questa forza, uniamoci tutti! Combattiamo per un mondo nuovo che sia migliore, che dia a tutti gli uomini lavoro, ai giovani un futuro, ai vecchi la sicurezza. Promettendovi queste cose dei bruti sono andati al potere, mentivano! Non hanno mantenuto quelle promesse e mai lo faranno! I dittatori forse sono liberi? Perché rendono schiavi il popolo. Allora combattiamo per mantenere quelle promesse, combattiamo per liberare il mondo, eliminando confini e barriere, eliminando l’avidità, l’odio e l’intolleranza. Combattiamo per un mondo ragionevole, un mondo in cui la scienza e il progresso diano a tutti gli uomini il benessere. Soldati, nel nome della democrazia siate tutti uniti!” illustrazione Paolo Castaldi DISCORSO ALL’UMANITÀ da The Great Dictator, di Charlie Chaplin MAGGIO 2013 - BARRICATE 27 IL PUNTO DI VISTA Intervista a Padre Alex Zanotelli RIVOLUZIONE FRANCESCANA Semplicità e fraternità. L’unica strada che l’umanità, tutta insieme, può percorrere per uscire dalla crisi economica e ambientale Maria Chiara Ballerini In parte defilata rispetto ai riflettori dei media, Padre Zanotelli è una figura centrale in questa fase di trasformazione che l’Italia sta vivendo e rappresenta un importante punto di riferimento per una parte consistente della società civile, che si riconosce nei principi e nei valori di cui è portatore. Alex Zanotelli ha sempre speso la sua vita accanto ai più deboli ed ha sempre fatto risuonare la sua voce alta e chiarissima contro le ingiustizie, nel sud come nel nord del mondo. Per le lotte che ha condotto in difesa dei beni comuni, per le denunce contro le banche e il predominio finanziario, per le sue analisi della società attuale sempre lucide e dirette, per non aver risparmiato nessuno di coloro che ritiene responsabili della condizione di miseria e disperazione in cui versano tante popolazioni, si è attirato spesso l’inimicizia di molti esponenti del potere politico, economico, militare e spesso anche religioso. Ma molto più numerose sono l’ammirazione e la simpatia “trasversali” che ha raccolto tra tutti coloro che, ognuno con la propria sensibilità, desiderano avvicinarsi a una visione francescana della vita. Padre Zanotelli, in questo momento storico segnali positivi stanno giungendo da più parti: dal nuovo parlamento che -con tutti i limiti e difetti- si è almeno un poco ripulito per lasciare spazio a un numero maggiore di gente “normale”, al nuovo Papa 28 MAGGIO 2013 - BARRICATE Francesco che trasmette mes- inciso profondamente su coloro saggi di profonda umiltà e che hanno eletto il Papa, maniumanità. Come festando la decipercepisce e Solo se le chiese e le sione di dare una come interpreta svolta, ed è una grandi religioni oggi scelta che ha sorquesti cambiariescono a portare un preso un po’ tutmenti? Ho sentito que- messaggio di sempliti. Penso che una sti cambiamenti cità della vita e di grande speranza come una primastia arrivando: fraternità, sarà un vera che stentava prima di tutto ad arrivare. L’e- po’ più facile che la il nome scelto, lezione di Papa società civile possa Francesco, è già Francesco è stata davvero accogliere una missione; davvero una boc- questo suggerimento secondo, il Papa cata d’ossigeno. si è richiamato a La chiesa viveva Giovanni XXIII, un periodo estremamente dif- riprendendo il concetto fondaficile, una situazione che ha mentale di una chiesa povera VOCI SOLIDALI illustrazioni Dalia Del Bue per i poveri, perché solo una chiesa povera potrà davvero parlare a favore dei poveri. Per quanto riguarda ciò che è avvenuto in parlamento, anche se con questo risultato non è facile formare il governo, per la prima volta si sono visti tantissimi volti nuovi, soprattutto di giovani e di donne, e ne avevamo profondamente bisogno. Sono spunti che fanno ben sperare, al di là delle specifiche scelte politiche. Avrà sicuramente apprezzato l’elezione di Laura Boldrini, così attenta ed attiva nel campo dei diritti umani… L’elezione di Laura Boldrini è per me un evento molto bello! Finalmente, dopo 20 o 30 anni, in parlamento è stato fatto un discorso serio sui diritti umani, su coloro che non contano… Se in parlamento non si discutono questi argomenti, che leggi verranno fatte allora? Le elezioni di Boldirini e Grasso mi sembrano un segnale chiaro della svolta che il Paese vuole to che abbiamo bisogno di una prendere. Mi auguro davvero rivoluzione culturale, spirituache le istanze nuove che stanno le, etica. arrivando incomincino ad es- Una rivoluzione che dovrebsere trasformate in leggi, e mi be investire il campo econoauguro che acmico, o forse cada presto, persarebbe meglio Un altro tipo di soché questo Paese dire finanziavive un momento cietà, un altro tipo di rio, dal momenuomo deve nascere. difficilissimo. to che l’econoÈ lecito sentirsi Sono convinto che mia finanziaria più ottimisti? abbiamo bisogno sembra deciStiamo avvicidere i destini di una rivoluzione nandoci a una dell’universo… visione più culturale, spirituale, Luciano Gallino “francescana” etica ha parlato di della vita? “finanzcapitaQuesto è fondamentale. Ed è lismo”, Lei ha più esplicitapoi quello che il Papa sta sug- mente condannato il sistema gerendo, cioè una vita più so- definendolo “dittatura della bria, perché questo è il france- finanza”. Come ribellarsi a scanesimo. Francesco d’Assisi una tirannia di questo tipo, non voleva fondare nuovi or- impalpabile nei contorni ma dini, aveva solo l’intenzione di devastante negli effetti? richiamare i cristiani a vivere Sì, ho parlato, e non ho probleil Vangelo così com’è, come mi a riaffermarlo, di dittatura diceva lui, “sine glossa”, senza della finanza. Oggi non è più tante interpretazioni. Solo se l’economia che domina. Dalla le chiese e le grandi religioni seconda guerra mondiale agli oggi riescono a portare questo anni ‘80 abbiamo avuto il premessaggio di semplicità della dominio economico, ma oggi vita, di fraternità, sarà un po’ dobbiamo parlare di finandell’economia, più facile che la società civile ziarizzazione -che non è motivata da spinte e questo è gravissimo, perché profondamente religiose- possa sta portando alla follia totale, davvero accogliere questo sug- al fare soldi con soldi cui non gerimento. E dico questo per corrisponde più nulla di reauna semplice ragione: se noi le. Secondo le ultime indagini andiamo avanti a vivere come di economisti, nel 2011 il PIL stiamo vivendo adesso, siamo planetario è stato di 70 mila già destinati a morire. Il 20% miliardi, mentre il totale della ricco del mondo, cioè 1 miliar- ricchezza finanziaria corrisponderebbe a 1 mido di persone su 7, consuma Oggi siamo di fronte lione di miliardi, ciò vuol dire che qualcosa come fra l’economia l’86% delle ri- alla finanziarizzasorse, e da solo zione dell’economia. reale e l’econosta già creando Questo sta portando mia finanziaria c’è una diversità una crisi ecolo- alla follia totale, al enorme. L’econogica paurosa; se fare soldi con soldi mia finanziaria anche gli altri 6 miliardi vivran- cui non corrisponde sta soppiantando l’economia dino nello stesso più nulla di reale. retta alla produmodo, a questo mondo non si potrà più vivere! zione di beni e di servizi, è asPer cui è essenziale il richiamo surdo! Questa bolla finanziaria allo stile di vita, alla sobrietà, deve assolutamente sgonfiarsi. alla semplicità, all’accoglierci Come agire? Io propongo diproprio perché diversi…Questo verse strade. Se parlo dei crevuol dire che è un altro tipo di denti, devo dire che noi come società, un altro tipo di uomo cristiani abbiamo tradito il che deve nascere. Sono convin- Vangelo, che è chiarissimo a MAGGIO 2013 - BARRICATE 29 questo proposito, Gesù sui soldi ha detti estremamente duri che abbiamo dimenticato. Cito uno dei migliori moralisti italiani, riconosciuto tale da tutti, Enrico Chiavacci, che riassume l’insegnamento di Gesù in campo economico con due comandamenti: primo comandamento, cerca di non arricchirti; secondo, se hai, hai per condividere. È proprio questo che come chiesa, come comunità cristiana, abbiamo dimenticato: la logica evangelica sui soldi. Dobbiamo pertanto incominciare a ritornare al Vangelo. Invece, coloro che non si ispirano al Vangelo o non si dicono credenti, io li inviterei seriamente a un’altra riflessione: incominciare a capire che andando avanti così ci roviniamo con le nostre stesse mani, 30 MAGGIO 2013 - BARRICATE avverrà un disastro dietro l’altro a livello finanziario, non c’è via. Dobbiamo ribellarci a questa dittatura. Come? Ma in tantissime maniere! Prima di tutto ritirando i nostri soldi da quelle banche che stanno investendo in titoli cosiddetti tossici: se ogni cittadino lo facesse, avremmo un impatto incredibile. Secondo, dobbiamo esigere sempre più banche pubbliche: è possibile che vi siano negli Stati Uniti e che in Italia non esistano? Terzo, dobbiamo ragionare su tutta la filiera finanziaria e pretendere, come cittadini, che le banche vengano divise fra quelle commerciali e quelle di investimento. Credenti o non credenti, per tutti coloro che si ispirano a dei valori, ma soprattutto al valore della vita, ci sono tantissime maniere di ribellarsi a questo sistema partendo dal basso. Proprio partendo dal basso Lei ha condotto una battaglia vittoriosa per l’acqua pubblica. Ma nonostante che il Paese abbia vinto un referendum, incombe ancora la minaccia della privatizzazione… Esatto, è incredibile, siamo riusciti a vincere un referendum con 26 milioni di voti, senza soldi, senza partiti che ci abbiano appoggiato, senza che i grandi media ci abbiamo dato spazio adeguato, eppure non c’è verso di farlo passare. Per me Credenti o non crela spiegazione è s e m p l i c i s s i m a . denti, ci sono tanOggi chi coman- tissime maniere di da non sono più i ribellarsi alla dittagoverni: i politici tura della finanza che noi eleggiamo, se vogliono partendo dal basso governare, devono obbedire ai potentati economico-finanziari, i quali hanno capito che non è più il petrolio il futuro, ma è l’acqua, è sull’acqua che si giocherà tutto a livello mondiale, ed è chiaro che vogliono fare i soldi sull’acqua. Il problema concreto è tutto qui: i politici non decidono, chi decide sono i potentati economico-finanziari. Barricate dedica questo numero alla pace e alla nonviolenza. Tutti detestiamo la guerra per l’atrocità che infligge alle singole persone, ma forse non siamo del tutto consapevoli di come i conflitti incidano tragicamente anche sull’ambiente che ci circonda. Come fondatore di movimenti per la pace e come missionario che ha vissuto in Paesi in guerra, cosa può dirci a questo riguardo? Prima di tutto è fondamentale capire bene il problema delle armi. Abbiamo parlato prima del 20% della popolazione che consuma più del’80% delle risorse del pianeta. Che cosa permette che ciò accada? Quello che impedisce ai poveri di ribellarsi è il nostro strapotere in VOCI SOLIDALI armi. Sarebbe altrimenti inconcepibile che gli altri vari miliardi di persone stessero solo a guardare senza reagire. Le armi servono a difendere lo stile di vita del 20% del mondo. È chiaro, basta vedere le statistiche di SIPRI (NdR: Stockholm International Peace Research Institute, istituto svedese che fornisce ogni anno le statistiche sulle spese militari di ogni Paese). Nel 2011 a livello mondiale abbiamo speso 1740 miliardi di dollari in armi. Certo, sono necessarie queste armi, perché con esse facciamo le guerre per mantenere i nostri privilegi, per mettere le mani sulle risorse del pianeta. Basta vedere l’Italia, che è un paesino in confronto alle grandi potenze e che conterebbe ben poco, eppure nel 2011 abbiamo speso 26 miliardi di euro in difesa, cui bisogna aggiungere i 15 già messi da parte per l’acquisto degli F35: fanno 41 miliardi, in pratica l’equivalente della ma- PADRE ALEX ZANOTELLI Padre Zanotelli fa parte della comunità missionaria dei Comboniani ed è ispiratore e fondatore di diversi movimenti italiani che si propongono di contribuire a creare nel mondo le condizioni per una pace vera e una società giusta. Alex (Alessandro) Zanotelli nasce a Livo (Trento) il 26 agosto 1938. Dopo gli studi in teologia negli Stati Uniti, viene ordinato sacerdote nel 1964 e svolge servizio per otto anni come missionario nel Sudan martoriato dalla guerra civile. Nel 1978, a Verona, assume la direzione della rivista Nigrizia, che rende un importante organo di informazione socio-politica sui Paesi africani. La lascia nel 1987 quando parte in missione per Korogocho, una baraccopoli intorno a Nairobi, capitale del Kenya, dove dà vita a piccole comunità cristiane, forma una cooperativa che con il recupero di rifiuti riesce a dare lavoro ai più poveri, lotta affinché il governo keniano metta in atto riforme sulla distribuzione della terra. Nel 1990 inizia a dirigere, su proposta di don Tonino Bello, la rivista Mosaico di pace, e pochi anni dopo contribuisce a lanciare l’idea della rete Lilliput, divenendone principale punto di riferimento. Dal 2001 vive a Napoli, nel Rione Sanità, dove opera nella comunità Crescere insieme e continua la sua battaglia a fianco dei più deboli. Nel 2008 lancia la campagna contro l’aumento delle spese militari Finanziaria, armi e politica: che vergogna! e nel 2011 conduce una strenua battaglia in favore dell’acqua pubblica. Ha sempre condannato come immorale costringere i Paesi poveri al pagamento del debito e ha recentemente appoggiato le campagne contro il debito pubblico e il governo delle banche, avanzando proposte relative alla crisi economico-finanziaria che sta travolgendo il nostro Paese e l’intero pianeta. BIBLIOGRAFIA La morte promessa. Armi, droga e fame nel terzo mondo, Publiprint, 1987 Il coraggio dell’utopia, Publiprint, 1988 I poveri non ci lasceranno dormire, Monti, 1996 Leggere l’impero. Il potere tra l’Apocalisse e l’Esodo, La meridiana, 1996 Sulle strade di Pasqua, EMI, 1998 Inno alla vita, EMI, 1998 Ti no ses mia nat par noi, CUM, 1998 La solidarietà di Dio, EMI, 2000 L’era Wojtyla. Dialogo su questo papato, La meridiana, 2000 (con Tomás Balduino) R...esistenza e dialogo, EMI, 2001 Non ci sto!, Piero Manni, 2003 (con Pietro Ingrao) Fa’ strada ai poveri senza farti strada. Don Milani, il Vangelo e la povertà nel mondo d’oggi, EMI, 2003 (con Mario Lancisi) Nel cuore del sistema: quale missione?, EMI, 2003 Korogocho, Feltrinelli, 2003 W Nairobi W. Ediz. italiana e inglese, EMI, 2004 (con Daniele Moschetti) Korogocho. Alla scuola delle baracche, EMI, 2005 Da Korogocho con passione. Lettere dai sotterranei della vita e della storia, EMI, 2006 Voci dei poveri, voce di Dio. La Bibbia letta con gli occhi degli impoveriti, delle donne e dei senza armi, EMI, 2007 Paolo. Sulle strade dell’impero proclamando il dio della vita, EMI, 2008 Europa dei mercati o dei popoli? Il ruolo dei missionari, EMI, 2008 I poveri non ci lasceranno dormire. Da Korogocho al Rione Sanità, Editrice Monti, 2011 MAGGIO 2013 - BARRICATE 31 VOCI SOLIDALI novra di Monti. Per salvare il vita in tutti i suoi aspetti. Paese bastava tagliare le spese Quali sono secondo Lei altri militari. Ma non c’è nessuno temi su cui non dobbiamo che lo vuol fare! E ci sarebbe mai abbassare la guardia? da domandarsi Li abbiamo tocperché i partiti I politici che noi cati tutti mi non lo fanno. Le eleggiamo devono sembra, la pace, armi servono a stile di vita, obbedire ai potentati lo difendere il nol’ambiente… stro stile di vita. economico-finanEcco, in campo Quello di cui non ziari, i quali hanno ecologico c’è un ci accorgiamo -e capito che non è più aspetto inderogaarrivo adesso al il petrolio il futuro, bile, il gravissiproblema ecolomo problema dei gico- è che con ma è l’acqua rifiuti. Io sono a lo stile di vita del Napoli ora, ab20% del mondo, protetto da biamo lottato tanto in questi somme incredibili, con le speri- anni, ma anche qui siamo stati mentazioni atomiche, con tutto sconfitti. Andando avanti con quello che implica la guerra, questo sistema di smaltimento con questo sistema economico, dei rifiuti con incenerimento e finanziario e militare, stiamo megadiscariche vuol dire ampesando sull’ecosistema in ma- mazzarsi e morire. È necessario niera così forte che sta saltan- arrivare -e ripeto che ci vuole do tutto: siamo davanti a una una rivoluzione vera e propriacrisi ecologica paurosa, siamo al 70% di raccolta differenziata: davanti a un disastro, eppure il 40%, l’umido, deve tornare ai non si vuole cambiare. Le armi nostri campi; il 30%, il secco, sono uno dei nodi fondamenta- deve ritornare alle industrie. li. Sono anni che lotto, ma non riusciamo a far passare questo Ciò che impedisce ai aspetto, perché è essenziale, indispensabile al sistema. Inpoveri di ribellarsi è vece dobbiamo assolutamente il nostro strapotere in far capire che stiamo rovinanarmi. Le armi servodo questo gioiello della madre no a difendere lo stile terra, e ne abbiamo solo uno di di vita del 20% ricco pianeti, non sappiamo dove andare altrove. Ecco perché pardel mondo lo di una rivoluzione cultuale, spirituale, etica, che tutta l’umanità dovrà fare, insieme. Se eliminassimo il 70% sarebSono convinto di una cosa, lo be già un passo straordinario in dico con le parole di padre Bal- avanti; poi dobbiamo diminuducci, l’evoluzione degli omini- ire i rifiuti. Ecco l’importanza di era arrivata a un punto in cui dello stile di vita. Produciamo tutto era pronto perché si com- troppi rifiuti, imballaggi, buste pisse il salto e apparisse l’homo di plastica, bottiglie… un’assapiens; ma purtroppo homo surdità. Dobbiamo arrivare ad sapiens è diventato oggi homo eliminare quel 30% che mandemens. Cominciamo a capire ca proprio con un altro stile di che siamo demenziali, come vita. La città di San Francisco è demenziale è questo sistema, già arrivata al 90%, e ci guadae attuiamo una vera, radicale gna! Noi, andando avanti con trasformazione per diventare, discariche e inceneritori che io direi, “homo planetarius”. producono diossine, finiremo Ecco cosa ci attende, e mi au- per avvelenarci del tutto. C’è guro che avvenga presto. Come bisogno di novità totale. Mi uomo di fede credo che Dio è auguro che questo parlamento il Dio della vita, appassionato abbia finalmente il coraggio di di vita, e porterà a difendere la dotare il Paese di una legge se32 MAGGIO 2013 - BARRICATE ria su rifiuti e riciclo. Io sono per arrivare a riciclare almeno il 97%, e quel 3-4% che non si può riciclare bisognerà dire alle industre di non produrlo più! Non c’è altra via. E mi auguro anche presto di avere dal parlamento una legge sull’acqua. Ne abbiamo un bisogno vitale. Un suo appello per tutti noi? Il mio appello, soprattutto a voi che lavorate nei media, è prima di tutto informare. È impressionante come queste notizie girino poco. Sulla crisi ecologica, sulle armi, sul sistema economico-finanziario, c’è pochissima analisi. La cosa fondamentale è informare e informarsi, prendere coscienza che c’è qualcosa che non va, mettersi insieme, piccoli gruppi che si uniscono ad altri gruppi, fare rete, non solo rete sul web ma reti concrete. Se un popolo si muove e si ribella, ce la possiamo fare, ma dobbiamo partire dal basso. Dall’alto penso che non ci arriverà più nulla. LINGUAGGI GRAFICI: DALIA DEL BUE Dalia Del Bue è nata a Chieri nel 1984. Nel 2010 si diploma all’Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, città in cui vive. Lavora presso alcuni studi d’artigianato, restauro e arte contemporanea e partecipa a mostre personali e collettive, l’ultima tra le quali “Nuovi talenti surreali” alla Galleria Davico di Torino. Con i suoi disegni collabora ad alcuni progetti e riviste autoprodotte, pubblicando su Pastiche, Illustrati e su Saturno, inserto culturale de Il Fatto Quotidiano. daliadelbue.blogspot.it MAGGIO 2013 - BARRICATE 33 PEACELINK Intervista a Alessandro Marescotti LEGAMI DI PACE Una rete telematica ecopacifista per comunicare la pace in tempo reale PeaceLink significa “collegamento di pace” ed è una comunità di persone che fa cittadinanza attiva e controinformazione tramite la telematica. È nata nel 1991 ed stata la prima rete telematica di Bulletin Board Systems ad occuparsi in Italia di volontariato, pace, ambiente e solidarietà. Attualmente è un sito web (www. peacelink.it) interfacciato con i social network e dotato di una web-tv. I principi a cui si ispira l’Associazione sono: la promozione della solidarietà, la difesa dei diritti umani, l’educazione alla pace, il volontariato, la cooperazione internazionale, il supporto umanitario in situazioni di disagio e di sofferenza, il ripudio del razzismo, la cultura della legalità, la lotta alla mafia, la difesa dell’ambiente. PeaceLink si è occupata di diritti all’espressione multimediale del pensiero e al pluralismo informativo. PeaceLink promuove Linux, il software libero, l’open source e la condivisione delle tecnologie cooperative nel quadro di una strategia di ampliamento dei diritti e di “empowerment” sociale. A tal fine utilizza un software gratuito e open source realizzato per le associazioni di volontariato: il PhPeace. PeaceLink promuove - tramite i social network telematici e altri strumenti di aggregazione sociale on line - la cultura dell’informazione indipendente e sviluppa forme di collaborazione con associazioni, scuole, società civi34 MAGGIO 2013 - BARRICATE Ph: Luciano Manna Franco Cittadini Incontro Peacelink a Tavarnuzze, Firenze, gennaio 2013, tutti i componenti di Peacelink si confrontano sulle linee redazionali, gli argomenti, i temi e fanno dei piccoli seminari sull’uso dei mezzi media, il sistema phpeace usato per il sito peacelink.it, le trasmissioni della web TV le, enti ed istituzioni. Nel 1996 PeaceLink ha realizzato il libro “Telematica per la pace” (ed. Apogeo). Nel 2006 una tesi di laurea di Filippo Piredda in Scienze della Comunicazione a Bologna,”Comunicare la pace on line: il caso PeaceLink”, ha ricostruito la storia e le modalità comunicative di questa esperienza. Una linea di azione intrapresa da anni è la socializzazione informativa per ottenere più trasparenza e più partecipazione nell’ambito delle scelte ambientali,e della “partecipazione del pubblico”, in linea con i diritti contenuti nella Convenzione di Aarhus. Nel 2008 PeaceLink ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Taranto con le analisi della diossina di un pezzo di pecorino locale, azione che ha dato inizio alle indagini attualmente in corso sull’Ilva di Taranto. www.peacelink.it [email protected] [email protected] Alessandro Marescotti è stato tra i fondatori di PeaceLink e ne è oggi presidente. Abbiamo approfondito con lui alcuni argomenti. Peacelink nasce più di 20 anni fa. Vuole raccontarci come e perché? Eravamo nel 1991 ed era da poco finita la Guerra del Golfo. I pacifisti non avevano una rete telematica che consentisse di comunicare in tempo reale. E Aprile 2012, Marescotti partecipa come presidente di Peacelink alla conferenza stampa alla Camera dei Deputati “Campagna nazionale difesa latte materno” Ph: Luciano Manna e di quelle cose non si parla. Ci sono conflitti militari (come quello sulla Siria) in cui la narrazione è gestita e stravolta dai canali militari. C’è una coltre di silenzio impressionante e una gestione manipolata dell’informazione che arriva perfino a cambiare il senso delle parole. E anche su Internet c’è una pigrizia incredibile. Si rilanciano le stesse notizie, spesso si rilanciano delle bufale senza controllare le fonti. Il nostro ruolo è quello di dire: credevate di sapere tutto? In realtà non sapete nulla su questa cosa. E ve la raccontiamo. Che riscontro avete avuto nel tempo sulle diverse attività svolte? Se si lavora bene, alla fine si diventa punti di riferimento per quella parte di giornalismo attenta e coscienziosa ancora esistente. E i riscontri arrivano da lì. Quali sono le vicende di cui vi siete occupati più recentemente, e con quali risultati? Il più recente riscontro alla nostre iniziative giunge dalla magistratura di Taranto, che ha raccolto la nostra denuncia sulla diossina. Nessuno sapeva che a Taranto ci fosse diossina, tranne chi inquinava. Ora diverse persone del gruppo Riva sono agli arresti per disastro ambientale. In che modo associazioni o singoli cittadini possono contribuire e collaborare con il progetto di Peacelink? Possono scrivere a volontari@ peacelink.it e mandare un proprio curriculum. Siamo un’associazione di volontariato e nessuno riceve compensi. Ma chi vuole contribuire per fare controinformazione e cittadinanza attiva, sia a livello locale che globale, è assolutamente benvenuto. Quando rispondo a chi vuole collaborare con PeaceLink, mando sempre la frase del Mahatma Gandhi: “Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. Marescotti con Valentina Petrini, giornalista tarantina di LA7 durante il corteo dell’agosto 2012 sul quartiere Tamburi Ph: Luciano Manna allora studiai esperienze come PeaceNet (Stati Uniti) e GreenNet (Inghilterra) per capire come fare in Italia una cosa simile. Fu molto complicato allora trovare dei collaboratori, in quanto le associazioni pacifiste avevano un’impostazione poco pragmatica e poco tecnica. A quel tempo formammo un gruppo di persone in cui i pacifisti erano veramente pochi: il resto erano tecnici “smanettoni” a cui semplicemente piaceva l’idea. Tra i vostri obiettivi fondamentali ce n’è uno in particolare che ci accomuna: “dare voce a chi non ha voce”. Cosa significa questo oggi per voi? Significa entrare nella società civile e raccontare quello che i mass media relegano ad “informazione locale”. Se oggi in Italia nascesse Francesco d’Assisi, avrebbe al massimo spazio in un TG regionale. I media relegano a dimensione di pura curiosità locale quella società civile che opera per cambiare la società, che fa solidarietà, che trasforma il quotidiano e il senso della vita. Se invece qualcuno uccide, arriva nel TG nazionale. I partiti hanno occupato l’informazione nazionale scalciando via dai media la società civile organizzata, buttandola fuori dalla rappresentazione della realtà, e a quella società civile attiva e partecipativa invece vogliamo dare voce. Quale ruolo svolge concretamente Peacelink nell’informazione? Cerchiamo di trasformare le “informazioni” in “notizie”. Lavoriamo sulla “notiziabilità” dell’informazione. Ci sono ad esempio persone che finiscono in carcere negli Stati Uniti perché sono pacifisti che hanno generato scandalo, che sono entrati in luoghi di tortura o hanno rivelato informazioni riservate. Di loro non si parla. Ci sono industrie inquinanti che distruggono interi territori Ph: Luciano Manna VOCI SOLIDALI Marescotti, corteo dell’agosto 2012 sul quartiere Tamburi Sogni tranquilli? di Davide Ceccon MAGGIO 2013 - BARRICATE 35 LINGUAGGI GRAFICI: FABIO TONETTO Tonetto Fabio È nato ad Alessandria nel 1983. Nel 2006 si è diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia dipartimento di animazione di Chieri (TO). Come animatore ha lavorato per Cartoon Network e ha realizzato video pubblicitari e musicali. I suoi lavori hanno trovato spazio su diverse fanzine e progetti (Lök, Puck!, Delebile, collettivo mensa, A4GOD) e su magazine come Rolling Stone e Frigidaire. www.colpettonetto.blogspot.it www.fatonetto.com Mostre recenti : A GHOST HAD BURNED: AMENITA’ #2 FANTASMI www.amenitacomics.com/ news BilBOlbul 2013 - Festival Internazionale di Fumetto. Bologna dal 21 al 24 febbraio presso Martino Design. www.martinodesign.it/Benvenuto. html 36 MAGGIO 2013 - BARRICATE VOCI SOLIDALI NONVIOLENZA Intervista a Luciano Capitini UN’IDEA “ANTICA COME LE MONTAGNE” Eleonora Celi illustrazione NIGRAZ grande partecipazione. Intanto fa parte del direttivo del Movimento Nonviolento ricoprendo il ruolo di segretario itinerante e diviene presidente dell’Associazione Nazionale “Amici di Aldo Capitini”, con sede a Perugia. Con il suo acuto senso di responsabilità si pone come obiettivo la costruzione di un’avanzata democrazia diretta, continuando a diffondere il metodo nonviolento in ogni contesto sociale. Nato a Milano nel 1933, Luciano Capitini negli anni ’70 inizia una nuova vita nelle Marche, trasferendosi a Pesaro. Influenzato dall’attività dello zio Aldo, che impara a conoscere veramente solo dopo la morte nel 1968, dedica la sua esistenza da adulto all’impegno civico e alla promozione della nonviolenza come stile di vita. Dopo essere stato segreta- rio regionale dei Verdi, diventa segretario del Coordinamento Comunale per la Pace a Pesaro, città in cui fonda anche il “Centro comunale per la soluzione dei conflitti”. Aderisce alla rete Lilliput nel gruppo “nonviolenza” e insieme ad altre dieci persone lancia la campagna di sensibilizzazione “Una bandiera della Pace da ogni balcone”, ottenendo una Signor Luciano, com’è nato il suo interesse per la pace e la nonviolenza? Avevo 35 anni quando è morto Aldo Capitini, mio zio, e rimasi sorpreso dal clamore che suscitò la sua scomparsa e dai successivi eventi e gesti di commemorazione che ne derivarono, anche da parte dei mass media. Stupore che scaturiva anche dalla consapevolezza che egli era sempre stato considerato nemico di tutti, un uomo al di fuori delle chiese (Partito Comunista da una parte e Chiesa Cattolica dall’altra, ndr). Personaggi di spicco della vita pubblica ne parlavano come di un maestro e la cosa mi appariva quasi esagerata. In realtà Aldo era una persona di famiglia, che non mi aveva mai parlato apertamente del suo impegno civile, culturale e politico. Spesso era ospite a casa della mia famiglia a Milano, per poter partecipare a seminari o per tenere delle conferenze, ma io vedevo quelle attività come una parte del suo lavoro di docente universitario, nulla di più. Quando mi sono imbattuto in necrologi e articoli in sua memoria, ho caMAGGIO 2013 - BARRICATE 37 pito che avrei dovuto iniziare a leggere i suoi scritti, e così feci. E come per ogni amico della nonviolenza, il mio impegno si è manifestato lentamente, con un processo formativo quasi solo interiore. Del resto, l’interesse per la pratica della nonviolenza può crescere e svilupparsi solo in individui adulti, per la sua complessità e per la maturità che richiede nella sua totale accettazione. Come definirebbe la nonviolenza? Si tratta di un insieme di pratiche e metodi atti a regolare i rapporti tra persone. Adottando un metodo nonviolento, si escogitano delle prassi per migliorare questi rapporti, puntando alla crescita dell’individuo. Gandhi diceva che la nonviolenza è “antica come le montagne” perché è dentro di noi da sempre, è una “resistenza attiva” che fa parte di noi, non è affatto passiva. Per questo Aldo decise di proporre il termine senza il trattino separatore dopo il non, perché la nonviolenza è un va38 MAGGIO 2013 - BARRICATE lore assoluto, autonomo, non solo negazione di qualcos’altro. Seguendo questi principi, quali sono stati nello specifico gli obiettivi del Coordinamento Comunale per la Pace e del primo centro comunale per la soluzione dei conflitti di Pesaro? Il metodo nonviolento suggerisce di far penetrare nel mondo, iniziando dalla propria città, o dal proprio ambiente di riferimento, pratiche positive, al fine di migliorare i rapporti sociali intercorrenti nella collettività. Per questa ragione negli anni ‘90, in collaborazione col Comune di Pesaro, abbiamo fondato il “Coordinamento Comunale per la Pace”. L’organizzazione, interamente gestita da volontari, ha avuto circa 450 aderenti, che hanno partecipato ad un intenso programma culturale che ha mosso grandi numeri di cittadini. Funzionava sulla base di assemblee indette ogni due settimane circa, nelle quali si affrontavano le tematiche più disparate, secondo le necessità della popolazione, del luogo, oppure inerenti fatti di interesse nazionale o internazionale. Ricordo, ad esempio, che alla morte di Yitzhak Rabin interpellammo la comunità ebraica di Roma e, grazie ad una conoscente diretta del politico israeliano, riuscimmo ad organizzare una bellissima conferenza relativa al suo impegno in difesa della pace. Negli anni abbiamo dato vita anche a molti progetti per le scuole, per diffondere il metodo nonviolento tra i giovani, che sono il futuro del mondo. Ogni gesto e ogni attività rappresentano una goccia, ma una goccia che può arrivare a scavare la roccia, come dicevano i latini. A tal proposito mi viene in mente una frase che Rabin pronunciò poco prima di essere ucciso: “Sono stato un soldato per ventisette anni. Ho combattuto finché non si vedeva alcuna possibilità di pace. Ora credo che questa possibilità ci sia, una grande possibilità che dobbiamo cogliere”. Negli anni, quali sono state VOCI SOLIDALI le conquiste del Movimento Nonviolento? L’applicazione del metodo nonviolento non prevede vittorie o sconfitte, bensì un impegno costante, che investe tutta la vita della persona. Per questo ritengo un segno positivo che nella mia città, ma anche altrove, io sia considerato positivamente dai pochi che mi conoscono per le occasioni di incontro che propongo. Non ho praticato tutto il metodo nonviolento in tutte le sue sfaccettature, la vita non offre a tutti tutte le possibilità. Ma come amico della nonviolenza “cerco di metterla in pratica, ne parlo con gli altri, ma capisco che c’è molto da fare per cambiare se stessi”, come diceva lo stesso Aldo Capitini. Chi pratica la nonviolenza non vuole farsi vedere dal potere, ma dalla gente perché se è la moltitudine a lottare si può arrivare a vincere. La stessa Marcia della Pace è stata una grande vittoria, che si ripete e amplifica ogni anno, infatti “una marcia non è fine a se stessa, continua negli animi, produce onde che vanno lontano, fa sorgere problemi, orientamenti, affinità”. Essere d’accordo sul tema della pace però non vuol dire necessariamente essere a favore del disarmo. Cosa ne pensa lei e cosa ne pensava Aldo Capitini? La nonviolenza si manifesta anche nel pacifismo integrale, quindi nel rifiuto di collaborare alle guerre e di accettarle, e nell’idea del disarmo unilaterale, che deve andare di pari passo con un addestramento all’azione del metodo nonviolento. In Italia e nel mondo quanto si spende per gli apparati militari? E quanto per lo sviluppo civile? Il dovere costituzionale dei cittadini alla difesa della patria può essere svolto in maniera equivalente con modalità estranee alla difesa militare. Eppure non sono ancora stati premiati del tutto gli sforzi dei movimenti per la pace volti alla creazione di corpi civili, i cosiddetti Caschi Bianchi, o i peacekeeper. Con un millesimo delle spese militari si potrebbero fare grandi cose… ma chi ci ha governato e ci governa, chi ha in mano il potere economico e politico difficilmente farà delle scelte realmente rivoluzionarie che possano condurre a trasformazioni profonde nei rapporti tra persone, tra culture, tra Paesi: “l’uso della violenza è sollecitato dal successo che essa procura a più breve scadenza che non gli altri mezzi”. Nella carta ideologico-programmatica del Movimento Nonviolento si legge che “Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l’esempio, l’educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la non collaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli”. Per coinvolgere sempre più individui e sensibilizzarli ad un cambiamento profondo del proprio modo di vivere cosa le è capitato di fare? La creatività è uno strumento importante quando si vuole attirare l’attenzione senza far rumore. Spesso mi è capitato e mi capita, con altre persone, di dare la mia, la nostra opinione su importanti fatti di cronaca che a nostro parere ledono la dignità umana e impongono violenza. Così “indossiamo” semplicemente dei cartelloni con frasi per noi significative e lasciamo che gli sguardi dei passanti incontrino le nostre idee. C’è poi un momento che si ripete da tre anni, il 4 novembre, in occasione della festa delle Forze Armate. Quel giorno invito i simpatizzanti del nostro metodo a radunarsi sotto la lapide che commemora i morti a causa della Seconda Guerra Mondiale e insieme ricordiamo il dolore sofferto da tanti a causa dell’uso delle armi. Si tratta di una modestissima cerimonia che però esprime grande e sentita commozione, proprio nel giorno in cui si festeggia la “forza” dell’uomo e dei suoi mezzi offensivi. In che modo è possibile diventare membro del Movimento e qual è l’impegno sociale che comporta? Entrare nel Movimento Nonviolento è estremamente facile, come, d’altra parte, è facile aderire alla proposta nonviolenta, è un’idea antica fortemente radicata nel nostro intimo, che non ci costringe a MAGGIO 2013 - BARRICATE 39 VOCI SOLIDALI nulla. Le nostre pratiche nascono da una insoddisfazione per lo stato attuale della società ma evitano di creare in noi rimorsi e rimpianti. Con un impegno attivo e creando una rete di solidarietà, educando soprattutto i giovani, è possibile cambiare le cose. Il disegno pacifista contempla azioni importanti, come la resistenza nonviolenta contro il potere mafioso, o le risposte alla crisi politica e sociale del nostro tempo. La contestazione può avere un significato profondo quando priva “il sistema attuale di potere e potenza della sua validità universale”. Aldo Capitini diceva: “Noi non possiamo garantire che il metodo nonviolento vincerà prima e meglio di ogni altro e che pos- sa essere assunto perché è uno strumento più adatto a conseguire il fine. Noi lo illustriamo, ne diciamo le qualità, perché sorga interesse ad esse, un innamoramento e una persuasione interiore. E per noi è strumento migliore in questo senso, per i valori che mette in movimento e che ne fanno ben più di un semplice mezzo. Ora, gli uomini non hanno bisogno soltanto di ordine nella società, ma che ci siano vette alte e pure”. IL GANDHI ITALIANO: BIOGRAFIA DI ALDO CAPITINI Aldo Capitini è un protagonista anomalo della cultura italiana e della scena politica del XX secolo. Un uomo che per tutta la vita ha rifiutato di sottomettersi al potere, a costo dell’isolamento, senza mai rinunciare alla più ampia dedizione al sociale. Un personaggio che ha messo in discussione “non solo le ingiustizie ma anche i modi ingiusti di combatterle” e che ha proposto la nonviolenza come metodo di risoluzione dei conflitti. Capitini nasce a Perugia il 23 dicembre 1899 da modesta famiglia che lo avvia agli studi tecnici. Studia da autodidatta il latino e il greco e consegue il diploma di maturità classica, per poi laurearsi in Letteratura Italiana. Il successivo passaggio agli studi di Filosofia è segnato dal discepolato con i maestri del Neoidealismo italiano. Ben presto matura un’opposizione morale e religiosa al regime che si sta affermando, e quando Gentile lo invita a prendere la tessera del Partito Fascista, Capitini rifiuta e viene licenziato in tronco. Gli anni dal 1933 al 1943 sono un periodo di intensa attività contro il regime. Per la costruzione del movimento del Liberalsocialismo finisce in carcere, dal quale esce con la caduta del fascismo. A Perugia e in altre città organizza i C.O.S. – Centri di Orientamento Sociale -, assemblee alle quali la gente accorreva per dibattere, prendere parte alla vita pubblica, parlare e ascoltare, perché di questo “si sentiva tanto il bisogno dopo vent’anni di dittatura”. Capitini dà vita anche ad un “movimento di religione” con i C.O.R. - Centri di Orientamento Religioso -, opponendosi alla religione come istituzione e richiamandosi alle figure di San Francesco e di Mazzini. Diviene noto come il Gandhi italiano. La figura di Gandhi e il messaggio della nonviolenza sono infatti presenti in tutto il suo pensiero e ne determinano fortemente l’azione e l’intervento sociale: “Quando si arrivasse a mettere il ritratto di Gandhi in chiesa tra i santi, avremmo quella riforma religiosa che l’Italia aspetta dal Millecento”. Nel settembre del 1961 Capitini organizza per la prima volta in Italia la “Marcia della Pace e la Fratellanza tra i Popoli” da Perugia ad Assisi, che vede un notevole afflusso di partecipanti tra i quali intellettuali come Norberto Bobbio, Guido Piovene, Walter Binni, Giovanni Arpino. E provoca lo sbigottimento di polizia e istituzioni: “Aver mostrato che il pacifismo, che la nonviolenza, non sono inerte e passiva accettazione dei mali esistenti, ma sono attivi e in lotta, con un proprio metodo che non lascia un momento di sosta nella solidarietà che suscita e nelle non collaborazioni, nelle proteste, nelle denunce aperte, è un grande risultato della Marcia”. Nel 1962 Capitini fonda, con il primo obiettore di coscienza in Italia Pietro Pinna, il Movimento Nonviolento e nel 1964 la rivista “Azione Nonviolenta”. Come docente universitario di filosofia morale e storia delle religioni svolge un continuo impegno di educazione civile e politica rivolto anche alla riforma della scuola e alla difesa di una scuola pubblica, ambito di formazione del senso della cittadinanza e presidio di democrazia. Aldo Capitini muore il 19 ottobre 1968. 40 MAGGIO 2013 - BARRICATE LINGUAGGI GRAFICI: STEFANO ZATTERA Stefano Zattera Pittore, illustratore, fumettista, e designer, nato in provincia di Vicenza nel 1965. Ha pubblicato su fanzine, riviste, e libri d’arte, tra cui, in Italia, Mostri italiani di Stampa alternativa, Tattoo Comics di AAA, Mutant Pop, Horrorgasmo e Mater Universalis di Mondo Bizzarro Press, Black di Coconino Press, Inguinemah! di Comma22, XL di Repubblica, Il Male di Vauro e Vincino; all’estero sulla fanzine francese Hopital Brut, sulla belga Rancune, sulla spagnola Monografico, sulla portoghese Biblia e sull’americana Malefact. Ha esposto nei principali festival del fumetto italiani (Lucca, Napoli, Padova), in gallerie d’arte come Antonio Colombo Arte Contemporanea, The Don Gallery, Gestalt, Mondo Bizzarro, Mondo Pop, e in varie edizioni di Infart ai Musei Civici di Bassano del Grappa. All’estero ha esposto alla Galleria La Luz de Jesus a Los Angeles, al Museo d’Arte Il Min a Seoul, all’Art Fair di Colonia, al festival del fumetto di Angouleme. Fa parte del laboratorio di design Oltremondano. www.stefanozattera.it www.oltremondano.com www.deliriohouse.com MAGGIO 2013 - BARRICATE 41 SPESE MILITARI Intervista a Mao Valpiana RIARMO E DISARMO Come ripudiare davvero la guerra attraverso la riconversione dalla difesa militare a quella civile Michele Boato Incontro Mao nella Casa della Nonviolenza, in via Spagna a Verona, a due passi dalla magnifica cattedrale romanica di San Zeno, “vescovo moro” venuto dalla Mauritania a Verona, di cui è il patrono. La Casa è, oltre che sede del Movimento Nonviolento e della redazione di Azione Nonviolenta, un crocevia di incontri ed associazioni cittadine ecologiste, femministe e civiche. Allora Mao, la crisi fa ridurre le spese militari nel mondo? Assolutamente no, anzi: vediamone l’andamento negli ultimi decenni. Nel 1988 - anno che precede l’abbattimento del “muro di Berlino”, in cui si raggiunse il picco di spesa dell’epoca della “corsa agli armamenti” - le spese militari globali viaggiavano oltre i 1.400 miliardi di dollari. Stava finendo l’ “equilibrio del terrore”, durante il quale gli USA, principale potenza, avevano una spesa militare annua di 540 miliardi di dollari e l’URSS, 42 MAGGIO 2013 - BARRICATE la potenza antagonista, ne spendeva 330. Contro questa assurda escalation al riarmo, anche nucleare, negli anni ‘80 si sviluppò un imponente Movimento per il disarmo negli USA, in Europa, in Italia. “Corsa agli armamenti” e “disarmo” erano i temi all’odg nei mezzi di informazione, nei partiti, nella società civile, tra La spesa militare globale raggiunge oggi la cifra stratosferica di 1.740 miliardi di dollari, mai raggiunta nella storia dell’umanità: un enorme processo di riarmo, in piena crisi economica globale gli intellettuali.Con la fine del mondo bipolare, le rivoluzioni nonviolente nei paesi del blocco sovietico (imploso anche perché non riusciva più a sostene- re quella dispendiosa rincorsa), aprono un nuovo scenario storico che sembra portare ad una riduzione delle spese militari, nonostante le guerre nel Golfo Persico e nella ex Jugoslavia: nel 1998 la Russia “crolla” a 20 miliardi di dollari; nel 1999 gli Usa ne spendono “appena” 367. Ma, dopo l’11 settembre 2001, la corsa agli armamenti riprende a ritmo vorticoso, fino a un nuovo picco nel 2011: negli USA tocca la cifra di 711 miliardi di dollari (+ 30 % rispetto al 1988), il 41% della spesa mondiale; nello stesso anno in Russia sale a 72 miliardi; si registra un grande balzo in avanti della Cina a 143 miliardi di dollari; l’Unione europea, pur strangolata da una crisi economica senza precedenti, spende l’incredibile cifra di 407 miliardi di dollari, molto di più di quanto spendeva l’URSS nel momento di massima espansione imperialista. Insomma, la spesa militare globale raggiunge oggi la cifra stratosferica di 1.740 miliardi di dollari, mai raggiunta nella storia dell’umanità: un enorme processo di riarmo, in piena crisi economica globale. Eppure (quasi) nessuno lo dice. Riarmo e disarmo sono i grandi temi rimossi di questo passaggio storico, usciti dall’agenda politica, dal circuito informativo-culturale e perciò dalla coscienza collettiva. E l’Italia, col suo articolo 11 della Costituzione, come si comporta? Il nostro Paese è stabilmente, da molti anni, tra le prime 10 VOCI SOLIDALI potenze militari (nel 2011 mantiene i suoi 34,5 miliardi di dollari (26 di euro) e da vent’anni è impegnato in azioni di guerra internazionali, spacciate per “missioni di pace”: un ossimoro. È l’applicazione del “nuovo modello di difesa”, con cui si giustifica anche l’acquisto dei cacciabombardieri d’attacco F 35, in pieno contrasto con il sistema normativo italiano, a cominciare dalla Costituzione. La Costituzione italiana si occupa della difesa in due articoli. L’art. 11, è uno dei dodici “principi fondamentali”, che formano l’architrave del nostro Patto di cittadinanza, nel quale si “ripudia la guerra” non solo “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”, ma anche come “mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Questo articolo, l’unico della Costituzione in cui si usa la forza del verbo “ripudiare”, è la negazione della “ragion di Stato”, della politica come “fine che giustifica i mezzi”, è l’orien- La generazione attuale ha diritto ad una nuova coscienza disarmista e il compito di conquistare il diritto alla difesa “non armata e nonviolenta” della Patria tamento alla ricerca di “strumenti” e “mezzi” alternativi alla guerra. L’altro articolo, il 52, afferma solennemente che “la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino” e aggiunge che “il servizio militare è obbligatorio nei limiti e nei modi stabiliti dalla legge”. La Corte Costituzionale nel 1985, su spinta del movimento degli obiettori di coscienza, sentenzia che va letto e interpretato scindendo il primo dal secondo comma, perché la difesa della Patria è un dovere per tutti i cittadini, non solo degli abili ed arruolati nelle forze armate. Il secondo com- ma si riferisce pertanto ad una modalità di difesa della Patria, quella armata - che oggi vede comunque “sospesa” l’obbligatorietà del servizio militare - accanto alla quale ce n’è un’altra: quella disarmata. In riferimento a questi principi costituzionali, la legge istitutiva del Servizio Civile Nazionale n.64/2001 indica come prima finalità “concorrere, in alternativa al servizio militare, alla difesa della Patria con mezzi e attività non militari”, ponendo le basi legislative per l’altra difesa, disarmata, coerente con il “ripudio della guerra”. Concorrere, nella lingua italiana, significa “correre insieme”, ma anche “essere in concorrenza” con il servizio militare. È evidente come sia una concorrenza sleale: per l’anno in corso di servizio civile, per ventimila volontari “difensori civili della Patria”, sono stati spesi 68 milioni di euro, meno della metà del costo medio di un solo caccia F-35, che oscilla tra i 133 e i 170 milioni di euro, di cui si prevede l’acquisto di 90 esemplari: 90 colpi mortali al Servizio Civile, al precario bilancio dello Stato, alla (essa sì...) ripudiata Costituzione italiana. Cosa proponi per arrivare ad una vera svolta verso il disarmo? Una rivoluzione culturale: di fronte al drammatico scenario internazionale e al ripudio della nostra Costituzione, come le generazioni passate, consapevoli dell’esigenza del disarmo (a partire dalla scelta solitaria di Pietro Pinna), hanno conquistato il diritto all’obiezione di coscienza ed al servizio civile alternativo, la generazione attuale ha diritto ad una nuova coscienza disarmista e il compito di conquistare il diritto alla difesa “non armata e nonviolenta” della Patria, che passa attraverso il disarmo militare e la riconversione delle risorse dalla “difesa” fondata sulla guerra a quella fondata sulla nonviolenza, secondo gli insegnamenti di Capitini. Si tratta di un cambiamento culturale, una vera rivoluzione, seppur costituzionale. È una rivoluzione che, per avvenire davvero, deve puntare a disarmare il livello più radicato, quello che Galtung chiama il “potere culturale”, la dimensione simbolica della violenza, che (quasi) tutti danno per scontata e ritengono inevitabile. Su di essa è fondato e reso socialmente accettabile la struttura militare-industriale-commerciale-mediatica del sistema di “difesa” fondato sulle forze armate, alimentato dalle crescenti spese militari pubbliche e da produzione e commercio delle armi, partecipato fortemente dal pubblico (settore in cui il “Made in Italy” primeggia). Da questo deriva, infine, la guerra vera e propria sui vari “teatri” internazionali nei quali sono impegnati i “nostri ragazzi”, i soldati “combattenti”, da vent’anni senza interruzioni: dal Golfo (1 e 2), alla Somalia, alla Jugoslavia, all’Afghanistan, alla Libia, al Mali, alla Siria. Quanto sia profondo questo liMAGGIO 2013 - BARRICATE 43 VOCI SOLIDALI vello culturale e quanto sia gravoso, ma necessario e urgente, il compito del disarmo culturale lo ha analizzato compiutamente il sociologo Krippendorff: “esistono Stati con o senza partiti, parlamenti, costituzioni scritte, tribunali indipendenti, con o senza presidenti, banche centrali, chiese di Stato, moneta propria, lingue nazionali e così via, ma tutti hanno le loro forze armate. Globalmente, tutti gli Stati spendono per le forze armate più che per l’educazione e la salute dei loro cittadini. (...). Questa istituzione con le sue guerre, di cui soltanto nell’ultimo secolo sono cadute vittime milioni e milioni di persone (per tacere del numero molto più grande di persone cacciate dalle loro terra o ridotte alla fame dalle conseguenze della guerra) riceve da parte delle scienze sociali un’attenzione relativamente modesta, e nella stampa e nell’opinione pubblica l’istituzione militare viene trattata come uno dei tanti temi. L’istituzione militare non viene però vista come uno dei tanti organi dello Stato, ma come quello più ovvio tra di essi...”. A destra, come spesso a sinistra. Come tradurre in pratica il ripudio della guerra? Le forze armate non sono solo uno strumento di guerra potenziale; esse sono strumento e mezzo di guerra in atto anche quando le armi non sparano, perché la quantità enorme di risorse pubbliche che vengono destinate alle spese militari, alla preparazione della guerra contro minacce ipotetiche o pretestuose, lasciano la Patria senza difesa rispetto alle reali minacce a cui sono gravemente sottoposti, qui ed ora, i cittadini, sul proprio territorio: mafie, disoccupazione e precarietà del lavoro, povertà e analfabetismo, terremoti e disastri idro-geologici... “La sicurezza è un bene condiviso la cui responsabilità è di tutti”, dice l’ammiraglio Di Paola, ministro della “difesa” del governo Monti, ma investire miliardi di euro in armi, inve44 MAGGIO 2013 - BARRICATE ce che in lavoro, scuola, sanità e servizi sociali, mina il “bene” della sicurezza di milioni di persone. Riempire gli arsenali e svuotare i granai è la peggiore delle risposte alla crisi economica e sociale. Ripudiare davvero la guerra e avviare un serio disarmo attraverso la riconversione dalla difesa militare a quella civile, Riempire gli arsenali e svuotare i granai è la peggiore delle risposte alla crisi economica e sociale significa rivedere i concetti di “minaccia, sicurezza e difesa” della Patria. Significa uscire dal “potere della violenza” e liberare le risorse necessarie per l’affermazione dei “principi fondamentali” dei primi articoli della Costituzione, che offrono la sicurezza della cittadinanza: lavoro, solidarietà, uguaglianza, cultura, difesa del patrimonio naturale. Uno studio dell’Università del Massachusset dimostra come, investendo un miliardo di dollari nel settore militare, si creano (direttamente e indirettamente) 11.200 posti di lavoro, mentre investendo lo stesso miliardo nel settore educativo se ne creano ben 26.700 (di cui 15.300 direttamente). Hai valutato gli “effetti collaterali” di tali scelte disarmiste? Certo: il vero ripudio della guerra con la fondazione di una nuova “difesa della Patria” ha ricadute dirette e indirette, positivi “effetti collaterali”. La prima conseguenza è la costruzione (ricerca, progettazione, finanziamento, preparazione) di strumenti differenti per la risoluzione dei conflitti interni e internazionali: per esempio quei “Corpi civili di pace”, magari a dimensione europea, come avrebbe voluto Alex Langer, capaci di intervenire nei conflitti prima della loro degenerazione violenta (con gli strumenti della prevenzione), durante, con l’ar- te della mediazione e dopo, con i processi di riconciliazione. Altro effetto: aprire la strada al cambiamento dei principali paradigmi culturali e formativi, per esempio nei campi della storiografia e della pedagogia. Nel primo caso avviando riletture critiche delle vicende storiche, capaci di uscire dalla retorica, o dal mito, della “violenza levatrice della storia”, riconoscendo il giusto peso a tutte le azioni che hanno prevenuto o risolto i conflitti, o resistito ad un oppressore in maniera disarmata, civile o nonviolenta. Nel secondo caso impostando un progetto formativo nazionale capace di educare – fin dai primi anni di scuola - alla trasformazione nonviolenta dei conflitti, per aiutare i più giovani a sviluppare quelle competenze, esperienziali e teoriche, necessarie per vivere nella convivenza delle differenze. Insomma, l’impegno per il disarmo apre il varco alla più lungimirante sicurezza e difesa della Patria. MASSIMO VALPIANA per tutti Mao, obiettore al servizio e alle spese militari, è dal 1983 direttore di Azione nonviolenta, la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini e, dal 2010, presidente del Movimento stesso www.nonviolenti.org RAGAZZI IL DRAGO D’ARIA le ossa del drago d’aria sono le piu’ leggere in assoluto, questo perche’ sono cave all’interno proprio come quelle degli uccelli… in effetti ha quasi la stessa struttura ossea di un pollo. Questo pero’ non ditelo mai ad un drago...tendono ad essere permalosi! IL DRAGO D’acqua ENCICLOPEDIA DRAGHIS il drago d’acqua e’ ottimo a filetti in padella ma… non e’ molto facile da pescare 4 IL DRAGO Della terra decisamente il piu’ giocherellone della specie, e’ come un cagnolino… pero’ attenti a lanciargli un rametto: potrebbe tornare scodinzolando con un albero tra i denti! LINGUAGGI GRAFICI: DIEGO MIEDO Diego Miedo è nato a Napoli, dove vive e lavora. Da autodidatta comincia a disegnare i propri fumetti e stampare piccoli albi. Dal 2006 fa parte della redazione del mensile (ora diventato bimensile) NapoliMonitor, giornale autoprodotto di inchieste, reportages, disegni e fumetti, che da otto anni esiste e resiste. Nel 2010 pubblica il suo primo fumetto lungo “Giornata da cani”, edito da NapoliMonitor e Il Punto Librarteria. Ha pubblicato disegni e foto su varie riviste di fumetti e pittura murale. Parallelamente ai fumetti, dipinge strani esseri per le strade delle città e nelle scuole. www.diegomiedo.org www.napolimonitor.it MAGGIO 2013 - BARRICATE 45 VOCI SOLIDALI PACIFISMO CULTURA NONVIOLENTA Un incontro con Nanni Salio, fondatore del Centro Studi Sereno Regis Giancarlo Iacchini illustrazioni DAST suoi discorsi sulla pace e la nonviolenza. Questioni che insieme a quelle dell’ambiente e dei diritti sono i temi forti del Centro Studi Sereno Regis, fondato oltre 30 anni fa (nell’82) a Torino proprio da Giovanni Salio – per tutti Nanni – (oggi 70enne) insieme a Piercarlo Racca, Franco Sgroi e a quel Domenico Sereno Re- L’incontro tra pace e gis che morì appena 3 anni dopo la ambiente fu suggerito nascita del Centro, ora intitolato alla dallo stesso Gandhi sua memoria. L’incontro tra pace e ambiente fu suggerito dallo stesso Gandhi, alla cui figura e insegnamento si ispira costantemente Salio, che oggi presiede il Sereno Regis: “In uno scritto del 1909, Gandhi muove una critica durissima alla moderna civiltà occidentale, indicando profeticamente i limiti fisici del consumo di risorse naturali. In quegli anni non si parlava ancora di questione ambientale, ma lui aveva chiara la visione di un modello economico alternativo, autenticamente sostenibile. Dopo di lui tanti altri, tra i quali ad esempio Ivan Illich: nei suoi libri, molto letti già negli anni ‘70, si trovano tutte le premesse ai problemi odierni. Oggi il nostro Centro opera in modo sistematico su questo rapporto tra sostenibilità e nonviolenza, che appare ovvio solo pensando al devastante impatto ambientale di una guerra nucleare”. Il grande filosofo Immanuel Kant fondava la sua Il Sereno Regis, che dispone di una ricca biblioteca morale illuministica su un “imperativo categorico” sui temi della pace e dei diritti, ha promosso molche, sia pure formulato in modi diversi, diceva in tissime iniziative, sempre cercando di “guardare il sostanza questo: agisci sempre come se tutti gli altri mondo con gli occhi di Gandhi”, come dice Nanni potessero e dovessero fare la tua stesSalio, e ricorrere a strumenti di lotsa azione, quasi a fondare col nostro ta rigorosamente nonviolenti. Ad comportamento una “legislazione Il dialogo non è cosa esempio il digiuno (“non lo sciopero umana universale”. Una gran bel- facile: implica la didella fame, che è cosa diversa perla responsabilità, non c’è che dire! sponibilità a ricerca- ché esercita una forte pressione Gandhi invece, nel suo “messaggio sulla controparte”): pratica semplire insieme la verità del talismano”, era più… selettivo, ce che aiuta a liberare la mente e ad ma non meno esigente: agisci semacquisire consapevolezza: ad esso pre nell’interesse dell’uomo più povero e più debole hanno fatto ricorso a turno molti aderenti e simche esista sulla terra! Un ammonimento altrettan- patizzanti del Centro durante le manifestazioni to “pesante”, che Nanni Salio ama molto citare nei in piazza Castello contro la Tav, all’insegna dello 46 MAGGIO 2013 - BARRICATE slogan: Digiuno perché ho fame di verità, di giustizia, di democrazia. “La lotta nonviolenta va portata avanti con determinazione e continuità. La nonviolenza non può tutto, ma certamente può molto. Se si pensa allo stato della nostra democrazia, si comprende che c’è bisogno di nonviolenza: il dialogo tra le diverse componenti etniche, culturali, religiose della società è merito degli strumenti nonviolenti: condivisione, comprensione, reciprocità. Ma il dialogo non è cosa facile: implica la disponibilità a ricercare insieme la verità. Gandhi invita a non aver paura del conflitto (che non bisogna demonizzare confondendolo con la violenza) ma a dialogare con chiunque, senza nessuna pretesa di superiorità. Lui applicò sempre questo metodo, ottenendo grandi risultati”. Ma nei discorsi e negli scritti di Salio (che ha più volte espresso il suo apprezzamento per il “lavoro straordinario” svolto negli anni ‘50 da Aldo Capitini, precursore del pacifismo nonviolento in Italia e ideatore della celebre Marcia per la Pace Perugia-Assisi, nonché di rivoluzionari esperimenti di democrazia diretta in terra umbra e non solo), ricorre continuamente un altro nesso: quello tra la questione ambientale e quella sociale, riassunte nel diritto ad una vita sana e dignitosa per ogni persona: “Tutti I governanti ci dico- gli esseri umani devono poter soddino che è necessaria sfare i bisogni essenziali. L’obiettivo la crescita, ma non fondamentale non è la crescita, ma ci dicono perché e in lo sradicamento della povertà. Nella società più ricca che la storia umache modo na abbia conosciuto, la questione sociale è sempre più all’ordine del giorno. Stiamo andando verso un mondo che deve operare una transizione verso un altro modello di sviluppo, una diversa concezione della vita comune. La questione energetica (il picco del petrolio e tutto il resto) ci dimostrano con sempre maggiore evidenza che una crescita continua è incompatibile con i limiti della biosfera. Per non dire che gli aspetti della nostra interiorità, poiché non fanno crescere il PIL, vengono rimossi dal modello economico dominante, eppure sono ciò che determina la nostra felicità o infelicità”. Il dogma della crescita e dell’incremento della produttività esercita una pressione simultanea tanto sui limiti naturali quanto su quelli sociali dello sviluppo: “I governanti ci dicono che è necessaria la crescita, ma non ci dicono perché e in che modo. Dovrebbero invece adoperarsi per ridurre la miseria e le disuguaglianze, garantendo a tutti un lavoro dignitoso (da quest’ultimo punto di vista è intollerabile la situazione dei giovani, stretti tra precarietà e disoccupazione). Gandhi un se- colo fa ebbe la lungimiranza di capire che il processo tecnologico legato all’industrializzazione conduceva non solo allo sfruttamento dei paesi poveri, ma anche alla creazione di enormi masse di disoccupati nei paesi ricchi, perché le macchine eliminano il lavoro umano senza che il sistema abbia convenienza a ridistribuire equamente il lavoro che resta. Qualcuno ha scritto che quando Gandhi entrerà a pieno diritto nei manuali di economia, potrebbe essere già troppo tardi per le sorti dell’economia stessa”. Fondamentale diventa allora la questione della democrazia, impostata in modo radicale: “L’obiettivo politico di Gandhi è l’autogoverno di milioni di persone. Qualcuno l’ha definito ‘un anarchico gentile’. Gentile perché nonviolento, anarchico perché sogna una libera federazione di comunità autogestite e decentralizzate, che adottino uno stile di vita volutamente semplice, sobrio, capace di utilizzare in maniera intelligente le risorse della Terra. E lento: come dice lui, dobbiamo imparare a vivere ad un ritmo più ampio, non più veloce!”. Ha scritto ancora Salio: “La questione ecologica richiede una totale revisione del nostro sistema socioeconomico: insediamenti urbani e produttivi su piccola scala; risparmio energetico sia nella produzione che nella progettazione di qualsiasi bene; fonti rinnovabili decentrate di piccola potenza, ecc. Sta a noi scegliere, e quanto prima opteremo per questa transizione, tanto meglio sarà, per evitare di cadere in una situazione fuori controllo che produrrebbe un collasso di proporzioni inimmaginabili”. La nonviolenza, che per Salio “non è un’utopia ed anzi sta alla base di tutte le altre forme di impegno” (il Centro ha seguito con grande interesse le questioni dell’alimentazione e dell’acqua bene comune), rappresenta una leva ben più potente di quanto normalmente si creda, l’emblema “di una nuova tappa evolutiva dell’umanità, il collante e la base di questa evoluzione futura”. Ma c’è bisogno di educare consapevolmente ad essa: “Occorre un impegno ancora maggiore di ricerca, educazione e azione per creare e diffondere una cultura della nonviolenza che ci permetta di vivere in modo più armonioso e ricco interiormente”. Con l’attenzione rivolta al mondo della scuola, dunque, ma anche per esempio a quello dell’arte e in particolare del cinema: istituendo il premio Gli occhiali di Gandhi in occasione del Torino Film Festival, il centro intitolato a Domenico Sereno Regis assegna ogni anno un pedagogico riconoscimento al film con il maggiore contenuto di cultura sulla nonviolenza”. MAGGIO 2013 - BARRICATE 47 BUSINESS ENERGIA LA GRANDE BUGIA Il costoso bluff delle energie alternative Adriano Mei www.comitatinrete.it Da anni politici e classe dirigente si sono lanciati nel grande business dell’energia. Come sempre dove girano tanti soldi, per di più facili perché pubblici, arrivano prontamente nell’ordine: multinazionali, banche, improvvisati imprenditori senza scrupoli, corruzione e criminalità organizzata. A sostegno di questo enorme affare ci vengono presentate tutte le fonti di energia come alternative, sostenibili ed ecologiche. Tre parole utili a giustificare la spesa pubblica per questa voce che, cominciando con Prodi, passando per Berlusconi e continuando con Monti, è arrivata a 10 miliardi di Euro all’anno, determinando un costo totale fino ad oggi di 165 miliardi di Euro e che sarà da qui al 2025 di altri 130 miliardi. La grande bugia inizia nel 1992 con i “CIP6”, una delibera del Comitato Interministeriale Prezzi che autorizza chi produce energia elettrica a rivenderla al Gestore dei Servizi Energetici (società controllata dal Ministero della Economia e delle Finanze) a un prezzo superiore a quello di mercato. I costi di tale incentivo vengono finanziati mediante un sovrapprezzo del costo dell’energia elettrica del 6-7%, che noi consumatori paghiamo direttamente sulla bolletta. Tutto questo per finanziare le “fonti rinnovabili e assimiliate”, ma solo in Italia vengono riconosciute come tali anche le centrali a carbone e i “termovalorizzatori”, mistificatorio termine per definire gli inceneritori. Questa politica è insensata e contraddittoria. Se si vuole produrre energia alternativa, la stessa 48 MAGGIO 2013 - BARRICATE BERE MANGIARE RESPIRARE GLOSSARIO DELLE ENERGIE ALTERNATIVE illustrazioni Davide Ceccon dovrebbe essere sostitutiva e non aggiuntiva alle fonti di produzione esistenti, invece quelle da incenerimento (biomasse, biogas, etc) producono energia termica, che corrisponde a circa due terzi del “combustibile” utilizzato. Senza l’utilizzo di tale energia siamo di fronte a veri e propri sprechi, e quindi finanziamo lo spreco e non la sostenibilità. Ma abbiamo davvero bisogno di nuova energia? La crisi produce un restringimento dei consumi (circa il 3% annuo). Il mercato degli idrocarburi (fonte energetica principale) si fonda sul comprare oggi, fissare il prezzo, garantire con fidejussioni bancarie approvate dal Governo e ritirare la merce tra dieci anni. Ora noi siamo impegnati a ritirare fonti fossili, petrolio e gas, in base a contratti in essere che prevedevano un aumento costante di consumo del 2% annuo. In estrema sintesi abbiamo comprato risorse pari al doppio del consumo prevedibile nel 2020. Tutto da rifare allora. I cittadini hanno strumenti di difesa e devono utilizzare i propri diritti di cittadinanza. La scelta non è infatti tra decrescita e sviluppo, ma tra decrescita felice ed infelice. Nessuno vuole ciò che stiamo diventando: una società vecchia e malata. Termovalorizzatori, ne esistono tre tipi: a) a combustibile solido: biomasse, rifiuti, parte biodegradabili dei rifiuti, residui dell’industria alimentare; b) a combustile liquido: olio di girasole, di cocco; c) a biogas: digestione anaerobica di materia biologica e successivo incenerimento del gas per produrre energia. La materia prima può essere data da liquami, residui dell’industria agro alimentare, residui delle sfalciature, o purtroppo culture dedicate (mais, pioppeti, graminacee varie). Fotovoltaico: captazione dell’energia solare. In genere si attua, in Italia, con soluzioni tecnologicamente superate (i pannelli). Ve ne sono di due tipi : a) su superfici come tetti casalinghi, opifici industriali, superfici già tolte all’uso agricolo. Ha il minimo di diffusione ed è destinata all’autoconsumo; b) su terreni agricoli. È quella che ha avuto maggiore diffusione nel nostro paese, Impattante dal punto di vista paesistico, produce nel tempo, anche per altre concause, la desertificazione dei terreni utilizzati. Comporterà problemi gravi di recupero e smaltimento. Eolico, anche qui tre tipi: a) minieolico, massimo ingombro 1,50 m in altezza destinato all’autoconsumo, ha scarsissima diffusione in Italia; b) eolico sospeso (sistema giapponese), captazione del vento ad altezza considerevole. Nessun impatto paesaggistico, molto adatto sui mari, nessun uso in Italia; c) maxi-eolico, impianti fino a 150 m in altezza, con campi di produzione lunghi almeno 2 Km. Devastanti per il paesaggio, la vita, l’agricoltura e l’allevamento. È quello più diffuso in Italia e che vede, al momento, il più alto grado di infiltrazione malavitosa. Geotermico: scambio di calore con la terra. Scarsamente diffuso, ma potenzialmente promettente. Idrico: per questo non esistono incentivazioni pubbliche, col risultato che, a causa dell’incuria decennale nella manutenzione degli invasi, è diminuita la potenzialità produttiva. Vi sono poi altri due settori, non propriamente ecologici, ma alternativi all’uso del petrolio: Carbone e Gassificazione: sono estremamente impattanti (polveri sottili e nano particelle). Enel aveva un vasto programma in questo settore, ma la ferma protesta dei cittadini ha bloccato molte iniziative, anche se non tutte. Turbogas, Rigassificatori e Stoccaggi Gas: con le Turbogas si produce energia mediante gas. Attualmente sono progettate per oltre 800 Mega (la centrale atomica di Caorso era di poco superiore). Vale il discorso del carbone: rigassificatori e stoccaggi gas non producono direttamente energia elettrica, ma vengono presentati come strumenti per costituire riserve strategiche. I rigassificatori, come dice il nome, sono impianti che rigassificano gas congelato a meno 270 gradi nei luoghi di produzione, trasportati via mare da gasoliere gigantesche (almeno 250.000 tonnellate) e lavorato in appositi impianti in mare (progetto Falconara) o a ridosso dello stesso (Porto Tolle). È un procedimento che consuma più energia di quella utilizzata dal consumatore finale. Per gli Stoccaggi, si tratta di re-iniettare in bacini sotterranei da cui si è già estratto gas, gas di importazione per stoccarlo in attesa di successivo prelievo. MAGGIO 2013 - BARRICATE 49 LINGUAGGI GRAFICI: DAVIDE CECCON I SIGNORI DELLA GREEN ECONOMY Neocapitalismo tinto di verde e Movimenti glocali di resistenza Segnaliamo questo interessante e documentato libro di inchiesta che svela come dietro la retorica e il volto pulito dell’economia “verde” si celino contraddizioni e ambiguità che hanno a che fare più con strategie di marketing che con una vera economia ecologica improntata a un futuro sostenibile e di benessere per tutti. Monica Di Sisto e Alberto Zoratti sono giornalisti esperti di economia internazionale e transizione ecologica e da tempo attivisti dell’organizzazione eco-solidale Fairwatch. Autori: Alberto Zoratti Presidente di Fairwatch, giornalista freelance, è responsabile del blog “Ri(E)voluzione” di “Altreconomia” e tra i fondatori di “Comune-info.net”. È autore di numerosi libri. Monica Di Sisto: Vicepresidente di Fairwatch, giornalista professionista. Collabora con l’agenzia “Asca” e con “Altreconomia”; è fondatrice di “Comune-info.net”. Insegna Modelli di sviluppo economico alla facoltà di Scienze sociali della Pontificia Università Gregoriana. Autrice di numerosi libri. Prefazione di Maurizio Gubbiotti, coordinatore della segreteria nazionale di Legambiente, e di Maurizio Landini, segretario generale della Fiom Edizioni EMI (Editrice Missionaria Italiana) collana: 7.1 - Cittadini sul Pianeta cod. 2097-8 anno: 2013 formato: 14x21 pagg. 176 euro 13,50 “Finché non si è scoperto che il Ddt è indistruttibile e che si accumula nelle catene alimentari, si è pensato che il capitalismo fosse solo nemico del lavoro. Ma oggi che l’acqua sta calando, che i terreni si stanno impoverendo, che l’aria sta diventando irrespirabile, abbiamo capito che il capitalismo è nemico addirittura della vita. La sua strategia verso i beni comuni è nota: prima saccheggia, poi, quando li ha trasformati in risorse scarse, se ne impossessa per farne oggetto di mercato. Così le multinazionali, che oggi si presentano col volto pulito della green economy, compromettono la nostra vita e costruiscono un mondo sempre più a misura dei ricchi. Ma noi possiamo fermarle organizzando la denuncia, praticando la resistenza, vivendo l’alternativa. Piccoli granelli di sabbia che possono cambiare il futuro.” 50 MAGGIO 2013 - BARRICATE Davide Ceccon esordisce come vignettista/fumettista alla fine degli anni ‘80. Presto disegna per Snoopy (Rcs), Dodo (Mondadori), Cuore. Crea i personaggi Lilo (Messaggero dei Ragazzi-Antoniani PD) e Volfango e Costanza (Comix Panini Modena). A teatro collabora con Dario Vergassola tramite videolavagna in una serie di spettacoli. A Rai 1 disegna e scrive testi per Gaspare, Zuzzurro e Carlo Pistarino, a Rai 3 fa lo stesso in diretta nella trasmissione “Parlato semplice” di Gabriele La Porta. Produce tavole per canzoni di Modugno a “Ritratti”- Giancarlo Governi (Rai 1). Illustra testi scolastici, fiabe, cartoline augurali, articoli, copertine e manifesti. Collabora con Smemoranda dal ‘91, con L.A.V. (Roma) e con diverse riviste tra cui “La tecnica della scuola” (Catania). Insegna “Letteratura a fumetti” presso istituti d’arte, scuole, enti. Presta il pennino alla pubblicità. Ha curato numerose personali e ricevuto diversi premi e riconoscimenti. Contatti: [email protected] http://davidececcon-scrittidissidenti. blogspot.it LINGUAGGI GRAFICI: ANDREA BERSANI Andrea Bersani grafico, illustratore e fumettista, vive e lavora a Bologna. www.andreabersani.it RIDO AMARO Cicogna Editore Genere: satira politica Pagine: 178 Formato: cm. 14 x 21 Confezione: brossura Prezzo: Euro 12,90 Acquistabile on-line www.cicognaeditore.it ISBN 9788897481102 Per un narratore di fiabe, come per un disegnatore satirico, la scelta di esprimersi per bocca di un animale, non è mai un caso. Fra le tante “maschere” che la sua fantasia gli offre, l’autore sceglie di dissimularsi dietro una creatura che non appartiene al genere umano proprio nel momento in cui esprime la propria posizione morale contro l’immoralità dei suoi simili. Leggendo le vignette di Andrea Bersani e la realtà che prendono di mira, viene da pensare che l’orrore che ci circonda (e al quale ci siamo colpevolmente assuefatti), può essere guardato con ironia soltanto dalla prospettiva di una gru (o di uno struzzo). Roberto Chiesi. MAGGIO 2013 - BARRICATE 51 MOVIMENTI PICCOLI COMITATI CRESCONO Arriva un’ondata ambientalista Michele Boato I Verdi in Italia, al contrario di gran parte dei paesi europei, sono morti e sepolti, vittime di orde di arrivisti che, nell’era di Manconi e Pecoraro Scanio, hanno dilapidato il (piccolo) tesoro di credibilità, accumulato da tantissimi “donatori di sangue” impegnati negli anni ’80 e ’90. Ma l’ambientalismo vero è vivo e vegeto, mette radici dovunque, si dirama dalle Alpi alle isole, anche nei più piccoli paesi. DA RIFIUTI A RISORSE Prende le forme di raccolte differenziate spinte fino ed oltre l’80% dei rifiuti, non solo nel Nord Est, ma anche in vari quartieri di Napoli, in molti paesi del Salernitano o del Leccese; si incarna in associazioni di pedoni e di ciclisti, di genitori delle elementari che difendono la propria vita e quella dei più piccoli, contrastando con successo la mono-cultura dell’automobile e conquistando aree pedonali e percorsi ciclabili protetti. illustrazioni Marilena Nardi BIOLOGICO A KM ZERO L’ambientalismo vero è fatto, inoltre, di un numero crescente, quasi sbalorditivo, di agricoltori, moltissimi giovani, che abbandonano i veleni chimici e abbracciano la coltivazione biologica di nostra madre terra; spesso (a Torino con il Movimento Consumatori, a Milano nel Distretto di Economia Solidale Rurale del Parco Sud, ecc.) si alleano agli abitanti della città, organizzati in GAS, Gruppi di Acquisto Solidale, realizzando una perfetta “filiera corta” con produzione e consumo locali.1 IN ARMONIA CON LA NATURA L’arcipelago ambientalista non finisce certo qui: ci sono singoli e associazioni di vegetariani, salutisti, animalisti, amici degli alberi: la più attiva associazione di Mestre è AmicoAlbero, che attacca la speculazione edilizia, difendendo e promuovendo il verde urbano in tutte le sue forme, mentre a Torino agisce Badili Badola, che fa una specie di “guerriglia gardening” piantando alberi ovunque sia possibile; a Roma l’associazione La Vanga Quadra moltiplica non solo il verde, ma anche gli orti urbani in vari quartieri di centro e periferia. SULLE ORME DI GANDHI: ECOLOGIA E NONVIOLENZA Per non parlare della miriade di gruppi e associazioni nonviolente e pacifiste, che coniugano l’impegno per la pace tra le persone con quello 52 MAGGIO 2013 - BARRICATE BERE MANGIARE RESPIRARE per l’armonia con la natura. A Verona, per esempio, nella Casa per la Nonviolenza sono nati anche gli Amici della Bicicletta, la più attiva e numerosa associazione ecologista della città; così a Brescia, nell’area nonviolenta del MIR è nata la Cooperativa Amici dello Scarto, attivissima nel riuso, riparazione e riciclo di ogni genere di “ex-rifiuto”. 1- Vedi l’ottimo libro di Emanuele Gosamo “Biologico a Km Zero” edito da Fondazione ICUIstituto Consumatori Utenti, 184 pagg., 5 euro, ordinabile con versamento sul ccp 29119880 intestato Ecoistituto del Veneto-Mestre 5- Renzo Galli, La filiera avicola convenzionale e biologica, conferenza tenuta a Padova il 6 luglio 2006; Fulvia Boera, L’allevamento alternativo dei polli da carne, Università Federico II°, Napoli. 2- Per una visione più approfondita degli Ecoistituti, vedi l’articolo “Breve storia degli ecoistituti italiani ed europei di Michele Boato in Gaia n.8 autunno 2001, in cui si tratta anche dell’Ecoistituto dell’Emilia Romagna (con sede a Reggio Emilia). Altri Ecoistituti sono sorti negli ultimi anni in varie località, ne riparleremo. LA RETE DEGLI ECOISTITUTI Ma gli esempi più notevoli di questa sinergia tra nonviolenza ed ecologismo sono gli Ecoistituti del Veneto, del Piemonte, delle Tecnologie Appropriate, della Valle del Ticino e di Bolzano. Tante sono le attività, che per ognuno di loro servirebbe un intero articolo; qui accenniamo solo ad alcune iniziative di carattere più generale. Cominciamo dalla campagna nazionale “Meno rifiuti e riciclarli”, mirata alla prevenzione e riduzione degli imballaggi e alla diffusione del compostaggio domestico, coordinata negli anni scorsi dall’Ecoistituto del Veneto “Alex Langer”, assieme al Forum Risorse e Rifiuti e a Federconsumatori; passiamo al sostegno alle lotte contro i peggiori progetti di TAV dato dall’Ecoistituto del Veneto con il Progetto RAV-Rete Alta Velocità, fatto proprio dai Comuni del tratto Verona-Padova che, tra le altre cose, ha salvato i Colli Euganei, destinati allo sfascio dal primitivo progetto; un valido appoggio scientifico e organizzativo all’opposizione al tratto TAV Torino-Lione (inutile, costosissimo e dannoso) viene dato da anni dall’Ecoistituto del Piemonte, che fa parte del Centro Sereno Regis, nato a Torino come Centro studi e documentazione sulla storia della resistenza e della nonviolenza, e sviluppatosi negli anni anche nei settori dell’energia, dei trasporti, dei rifiuti, dell’educazione e comunicazione ambientale. A Cesena è attivo da molti anni l’Ecoistituto delle Tecnologie Appropriate, fondato e diretto da Gianfranco Zavalloni (purtroppo scomparso l’estate scorsa) e da un validissimo gruppo che ha sede in una fattoria biologica, sperimenta e diffonde le tecnologie per il risparmio energetico ed idrico e le energie rinnovabili, e sostiene una rete nazionale di “Orti per la pace” diffusi in centinaia di scuole dell’obbligo. L’Ecoistituto della Valle del Ticino ha come punto di forza il paese di Cuggiono, nel Parco del Ticino a Sud-Ovest di Milano e, tra l’altro, progetta la rimessa in funzione di una centrale idroelettrica, dismessa dall’Enel nell’epoca della sbornia petrolifera; l’Ecoistituto di Bolzano è il primo nato in Italia, sull’onda dei cugini tedeschi a cui si è ispirato, sostenendo la bioarchitettura, la progettazione di percorsi ciclabili, l’educazione della cittadinanza al riciclo degli scarti verdi e alimentari (anche insegnando ad auto-costruirsi i compostatori familiari) e così via.2 E I COMITATI DEL NO? La retorica industrialista, cementiera e asfaltista ripete che i Comitati sono capaci solo di dire No e non propongono niente di positivo. Con questa veloce rassegna abbiamo dimostrato quanto siano false queste affermazioni. Ciò non significa che non ci siano anche centinaia di Comitati locali, e anche alcune reti nazionali, che hanno come loro principale obiettivo impedire che vengano fatte delle opere più o meno grandi che provocherebbero molti danni ad ambiente, salute ed economia generale in cambio di vantaggi per i singoli proponenti o costruttori: parliamo di inceneritori di rifiuti, di raddoppi e triplicazioni di corridoi autostradali, di ri-gassificatori (pericolosissimi e ancora legati ai combustibili fossili), trasformazione a carbone di enormi centrali elettriche, come quelle di Porto Tolle e di Civitavecchia, di ulteriori centri commerciali, con annessi parcheggi, torri, capannoni, autodromi, stadi e chi più ne ha più ne metta. Ma di questo parleremo nel prossimo numero. MAGGIO 2013 - BARRICATE 53 LINGUAGGI GRAFICI: MARILENA NARDI Marilena Nardi Docente all’ABBAA di Venezia, ama alternare o, secondo i casi, combinare insieme illustrazione, umorismo grafico e satira politica. Ha preso parte a diverse mostre, rassegne, concorsi di grafica umoristica, sia in Italia che all’estero, alcuni anche in veste di giurata. Numerosi i premi ricevuti, primo fra tutti, nel 2011, il Grand Prize all’undicesima edizione del World Press Freedom Editorial Cartoon Competition. Ha collaborato a lungo con Diario, Corriere della Sera, Gente Money, Borsa & Finanza, Salute Naturale, Monthly, Avvenimenti, e vari altri periodici. Oggi disegna soprattutto per Il Fatto Quotidiano e per le testate satiriche L’Antitempo, Il Ruvido e l’internazionale Fire. Qualche disegno anche per Il Nuovo Male e Micromega online. Infinite le collaborazioni a blog di informazione e giornali online, tra cui l’Asino e ANPI.it. “Un solo marito e... nient’altro da dichiarare!” www.marilenanardi.it www.facebook.com/marilena.nardi.1 54 MAGGIO 2013 - BARRICATE LINGUAGGI GRAFICI: ROBERTO LA FORGIA Roberto La Forgia è nato a Treviso nel 1983. Di recente ha pubblicato il libro “Il Signore dei colori” in Italia (Coconino - Fandango), in Francia, Belgio e Svizzera (Les Éditions Atrabile), collocandosi tra gli autori della nuova generazione del graphic novel italiano. Sua è la riedizione del volume “Favole per bambini birichini” (Editori Internazionali Riuniti) di Gianni Ro- dari, per cui realizza le illustrazioni. Pubblica regolarmente su Barricate e su Il Male di Vauro e Vincino storie di satira sociale capitanate da personaggi dirompenti e dissacratori come, tra i tanti, “Pasqualino, un tipo Capacissimo”. I suoi lavori sono apparsi anche su “La lettura” del Corriere della Sera e Lo Straniero. Vive tra Milano e Parigi, e attualmente sta lavorando ad un nuovo graphic novel. www.sacchettidipatatine.blogspot.it MAGGIO 2013 - BARRICATE 55 LINGUAGGI GRAFICI: ALBERTO CORRADI Alberto Corradi È nato a Verona nel 1971. Attivo dal 1993, le sue storie e immagini sono apparse in Italia e in altre dodici nazioni a cavallo tra graphic novel, riviste, antologie, mostre, design e progetti collettivi. Per il magazine La Repubblica XL ha creato nel 2006 i temibili personaggi di Mostro & Morto, in edicola ogni mese, mentre per la storica testata del settore Linus dal 56 MAGGIO 2013 - BARRICATE 2010 al 2013 ha realizzato la serie Conte Vlad. Dal 2011 è una stabile presenza sulle pagine dell’agenda Smemoranda. Nel 2006 è entrato a far parte del movimento pop surrealista ed è attualmente al lavoro sul progetto QU4TTRO insieme a Massimo Giacon, Diavù e Ale Giorgini. Collabora con vari gruppi di designer, tra cui Stikka, Les Éditions Mugsdesign, Society6, Heroes_Art e sta sviluppando dei progetti per la piattaforma Buru Buru. Ha realizzato il romanzo (autobio)grafico Smilodonte, edito da Black Velvet Editrice e l’antologia senza parole Regno di Silenzio. È attualmente al lavoro su un graphic novel ambientato nel Seicento giapponese e una serie a fumetti per bambini di prossima pubblicazione. www.ossario.blogspot.com BERE MANGIARE RESPIRARE LIBRI L’ITALIA NO TAV Un racconto a più voci per salvare l’unico pianeta che abbiamo Alberto Zoratti Per capire come il nostro pianeta reagisce ad un modello di sviluppo insostenibile, non dovremmo solo osservare i cambiamenti epocali, la comparsa di eventi atmosferici estremi o la scomparsa di intere specie viventi dalla storia. Potremmo rivolgerci al piccolo, al locale, prendendo un microscopio concettuale capace di mostrarci le migliaia di piccole opposizioni ad un sistema alla deriva. Assomiglierebbero a quegli anticorpi della madre Terra che più di 35 anni fa avevano ispirato lo scienziato inglese James Lovelock nella sua “Ipotesi Gaia”, in cui il pianeta, un vero e proprio organismo vivente, avrebbe reagito ai pericoli che lo minacciavano. Quella reazione ha il volto delle migliaia di persone che animano i “No Tav d’Italia”, raccontati a più voci in modo intelligente e per nulla retorico nel libro omonimo (IntraMoenia edizioni) curato Ph: Luca Perino da Pierluigi Sullo ed Anna Pizzo, giornalisti indipendenti e da sempre attivisti nei movimenti sociali. Ha le ragioni di cittadine e cittadini che ben lontano dalla tanto declamata “sindrome Nimby” (Not In My Backyard, “non nel mio cortile”), decidono di auto-organizzarsi per bloccare l’ennesimo consumo di suolo, la nuova cementificazione sostenuta con ondate di denaro dei contribuenti e con una libertà d’azione per le grandi imprese che supera la decenza. La mobilitazione dei nuovi anticorpi sociali passa per lo studio e l’approfondimento, come ha dimostrato il movimento NoTav in Val Susa, che ha saputo ar- gomentare le proprie ragioni con la coerenza del valligiano e la competenza dell’ingegnere civile. E sfocia nell’informazione e nella sensibilizzazione. Perché “una qualsiasi persona informata e ragionevole non può che essere no-tav” e non solo riferendosi al Treno Torino – Lione, ma all’ampliamento della Tangenziale Est in Brianza, o al tunnel Alta Velocità sotto Firenze o ancora alla cementificazione della riviera del Brenta. Conoscere queste esperienze e la loro capacità di proposta ed opposizione significa avere sotto gli occhi un mosaico coerente, fatto di realtà sempre più connesse tra loro e capaci di azione politica. E vuol dire avere gli strumenti per capire la grande potenzialità offerta da un movimento di cittadine e cittadini che, ad esempio, sono riusciti a bloccare il Muos a Niscemi, la grande antenna militare statunitense, o stanno riuscendo ad ostacolare un consumo di suolo che, fonte ISPRA 2013, è passato da 170 mq/abitante all’anno nel 1956 ai 343 mq/abitante all’anno nel 2010. “È l’unico pianeta che abbiamo” ci ricorda Luca Mercalli nelle prime pagine di “No Tav d’Italia”. Perché i limiti dello sviluppo, al di là della fortunata intuizione del Club di Roma nel 1972, sono diventati una conditio sine qua non per garantire il futuro dei nostri figli e dell’intero pianeta. Un motivo valido per capire quanto un “No” detto in modo chiaro e diretto sia un atto costruttivo e dall’immensa forza trasformatrice. MAGGIO 2013 - BARRICATE 57 TURISMO SOSTENIBILE SE È RESPONSABILE È ANCHE SOSTENIBILE, ALTRIMENTI CHE TURISMO È? In cosa consiste la vacanza alternativa rispettosa di ambiente e popoli, ormai nota anche in Italia Non è una novità, ma per alcuni aspetti sta seguendo una scia di recenti tendenze “ecosostenibili”. Ed è così che anche in Italia si sente parlare di turismo sostenibile, o responsabile, ovvero di nuove forme di turismo, e succede che qualcuno timidamente inizi a muovere i primi passi verso tipologie alternative di vacanza, probabilmente anche grazie alla possibilità di spostarsi ed esplorare con budget ristretti. Il principio di turismo sostenibile, però, è stato definito già nel 1988 dall’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT): “Le attività turistiche sono sostenibili quando si sviluppano in modo tale da mantenersi vitali in un’area turistica per un tempo illimitato, non alterano l’ambiente (naturale, sociale ed artistico) e non ostacolano o inibiscono lo sviluppo di altre attività sociali ed economiche”. Un concetto ampio che riprende una definizione precedente della World Commission on Environment and Development (WCED) nel Rapporto Brundtland1 del 1987: “Lo sviluppo sostenibile è lo sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri”. Niente di più giusto, equo e anche banale, se vogliamo. Ed è quasi paradossale che solo ventisei anni fa sia stata ufficializzata una definizione di turismo che rispetti senza distruggere, né alterare. Eppure il turismo affonda le radici già nel Seicento, per poi ottenere l’attributo di moderno nel XIX secolo. Bene, e questo vuol dire che abbiamo impiegato solo trecento anni, anno più anno meno, per teorizzare e provare a promuovere uno stile di viaggio e abitudini di vita sani e rispettosi dell’ambiente. Esistono vari operatori che cercano di essere “sostenibili” con le loro proposte, educando ad un turismo slow, che voglia conoscere i luoghi e le persone, privilegiando strutture gestite da locali e nel rispetto del territorio, oltre che mezzi di trasporto non inquinanti. Navigando in rete si trovano idee e suggerimenti per viaggi alternativi dall’Antartide all’Africa, dal Perù all’India, o per mete che pre58 MAGGIO 2013 - BARRICATE Ph: Tonino Mosconi Eleonora Celi vedano soste in parchi ed aree protette per realizzare un turismo in grado di supportare le risorse locali, e ancora per scoprire la natura in tutti i suoi aspetti, dall’arcipelago toscano al Senegal, dalla fattoria del Panda al trekking in Finlandia.2 Secondo la prima indagine statistica commissionata da Fondazioni4Africa e Cisv sul turismo responsabile in Italia3, Il 72,4% degli italiani sa cosa significa ecoturismo e si sofferma sul problema legato alla natura, ai paesaggi, al patrimonio artistico e culturale; il 61% si è dichiarato abbastanza disponibile a sperimentare questa nuova forma di turismo e il 23% molto propenso. Dati che fanno ben sperare e su cui tutti gli operatori del turismo devono iniziare a fare i conti, con proposte più dimensionate e diversificate. In occasione del SANA 2011 - il grande salone del naturale di Bologna -, è stata presentata la prima certificazione italiana rivolta agli operatori turistici sostenibili, la Csr Tourism (Corporate social responsibility in tourism)4 che avrebbe lo scopo di agevolare i viaggiatori, dando loro la possibilità di scegliere al meglio delle soluzioni green per la propria vacanza, valutando anche l’impatto del proprio viaggio e conoscendo 1- Documento rilasciato nel 1987 dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo (WCED) in cui, per la prima volta, viene introdotto il concetto di sviluppo sostenibile. 2- Per informazioni: earthviaggi.it, cts.it, wwfnature.it. illustrazioni Elena Rapa IMPRESE VIRTUOSE 3- Ricerca realizzata nel 2009 da Isnart (Istituto Nazionale Ricerche Turistiche, Società Consortile per Azioni di Unioncamere) e Ciset (Centro Internazionale di Studi sull’Economia Turistica dell’Università Ca’ Foscari di Venezia) attraverso 1000 interviste ad un campione nazionale rappresentativo delle diverse fasce di età e condizioni sociali, utilizzando il metodo CAWI, ovvero il questionario via internet. 4- Promotori dell’iniziativa sono stati ICEA (Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale), TourCert (organizzazione tedesca no profit per la certificazione) e AITR (Associazione Italiana di Tursmo Responsabile). le modalità di trattamento dei dipendenti delle strutture. Addirittura in Germania circa il 75% dei viaggi in treno interni è effettuato con corrente proveniente da energie rinnovabili e con 1 euro in più per persona a tratta è possibile viaggiare sui treni a lunga percorrenza con corrente ecologica, sovrapprezzo destinato ad incentivare i progetti per il potenziamento delle energie rinnovabili. E l’obiettivo di raggiungere entro il 2020 la quota ecologica del 35% sarà raggiunto dalle ferrovie tedesche entro il 2015, con 5 anni di anticipo. In Italia non siamo affatto a questi livelli, ma è interessante scoprire che l’attenzione all’ambiente e alla sostenibilità non è più solo una moda, ma un bisogno consapevole. Turismo sostenibile è, infatti, soprattutto un connettore di bisogni del territorio e dei viaggiatori, con l’obiettivo, sottolinea la OMT, di “integrare la gestione di tutte le risorse in modo tale che le esigenze economiche, sociali ed estetiche possano essere soddisfatte, mantenendo allo stesso tempo l’integrità culturale, i processi ecologici essenziali, la diversità biologica e i sistemi viventi”. Come dovrebbe essere sempre, in sostanza. Ma dal momento che abbiamo avuto la necessità di creare delle definizioni, possiamo diventare paladini ufficiali di conservazione dell’ambiente e dell’identità locale, di afflusso limitato in funzione delle caratteristiche fisiche dei luoghi, e di una qualità maggiore dell’esperienza turistica. L’offerta turistica dovrebbe quindi essere il risultato naturale delle risorse locali, non uno sfruttamento mordi e fuggi. Un evento cruciale nel nostro Paese è rappresentato senza dubbio dalla nascita, nel 1998, di AITR, Associazione Italiana Turismo Responsabile, che oggi è un punto di riferimento per la promozione delle diverse forme di turismo etico in Italia. Opera infatti per qualificare, divulgare, ricercare, aggiornare, tutelare i contenuti culturali e le conseguenti azioni pratiche che siano connessi al concetto di turismo responsabile, promuovendone la cultura e la pratica. Il turismo per essere realmente sostenibile ed etico dovrebbe essere volto ad una crescita dei comportamenti di consumo e vita solidale, oltre che di rispetto della natura. Esistono infatti alcuni operatori, come Viaggi Solidali, che sono stati creati esplicitamente a scopo benefico e sono collegati a gruppi ambientalisti e associazioni di commercio equo e solidale. Le loro proposte sono vacanze in cui si viaggia su itinerari sperimentati, accompagnati da mediatori culturali (spesso locali), cercando di prendersi il tempo necessario per assaporare il gusto dell’incontro e della conoscenza. Uno scambio interculturale più che un viaggio, un’esperienza solidale più che una vacanza. Questa forma di turismo ha in sé il concetto di assunzione di responsabilità e ricerca di un modus vivendi sostenibile da ogni punto di vista, in cui ogni viaggio sia una scoperta che non lascia segni ma solo contatti, sia un incontro e non un passaggio. E la riduzione al minimo degli impatti ambientali e sociali sia profondamente legata ai principi dell’economia solidale, dell’equità e della legalità in ogni sua forma. Perché viaggiare è il modo più bello per sentirsi parte di un tutto, di un mondo meraviglioso che chiede solo di non essere trattato con superficialità. MAGGIO 2013 - BARRICATE 59 IMPRESE D’ITALIA Intervista a Massimo Monti UN ALCE NERO PER DARE VALORE A CHI PRODUCE Dalle intuizioni pionieristiche di apicoltori e agricoltori emiliani e marchigiani è nato un marchio che oggi è in Italia leader nel biologico e che porta nel mondo il prodotto italiano etico e di qualità Laura Ballerini Mauro Ferri Alce Nero è uno dei più noti marchi del biologico italiano, di recente arrivato nelle nostre case anche con una penetrante campagna pubblicitaria. E noi, da bravi teledipendenti distratti, ce lo siamo ritrovato quasi quotidianamente sotto gli occhi, deciso a inserirsi nei meandri della memoria subliminare per essere prontamente recuperato alla prima passeggiata tra i banconi di un supermercato. Il logo dell’omino scuro che cavalca selvaggio brandendo una lancia è lì, non lontano da altri brand che rievocano messaggi accattivanti, rassicuranti, invitanti, seducenti. Nella percezione del consumatore poco attento potrebbe confondersi con quelli e uniformarsi ai diversi livelli di fiducia o diffidenza che ciascuno di noi matura nei confronti dei prodotti del’industria, soprattutto quando a proporla sono grandi imprese che hanno risorse per poderosi investimenti pubblicitari. Se Antonio Banderas e il lento muoversi di una enorme ruota di mulino alle sue spalle vogliono richiamare una familiarità contadina più fiabesca e archetipica che reale, qui parliamo di biologico. La differenza non è solo nel modo di produzione e nelle ga60 MAGGIO 2013 - BARRICATE ranzie che dà, o dovrebbe dare il alimentare italiana. Se il biologisistema di certificazioni; la diffe- co è davvero, prima di tutto, un renza è sopratfatto culturale. tutto culturale. Parliamo di biologico. “Alce Nero & E non è poco. Mielizia è una Abbiamo volu- La differenza non è SpA che comto incontrare solo nel modo di promercializza i Alce Nero per duzione, è soprattutto prodotti dei suoi provare a capiazionisti, che re quale realtà culturale. sono agricoltori esiste dietro un e apicoltori riumarchio che contende spazi di niti in cooperative e aziende di attenzione alla grande industria trasformazione -dice l’ammini- IMPRESE VIRTUOSE stratore delegato Massimo Monti- questi sono l’80% del capitale sociale, il resto è di realtà finanziarie legate al mondo della cooperazione e della finanza etica.”1 Siamo a Monterenzio, minuscolo paese tra colline coperte di vegetazione discreta, inoltrato in profondità nella val d’Idice, che risale l’Appennino a sud est di Bologna. Qui, gomito a gomito, convivono la sede centrale di Alce Nero & Mielizia e il Consorzio di apicoltori CONAPI, dal quale è nato tutto alla fine degli anni ’70. “La nostra storia 1- Coopfondo, fondo mutualistico della Lega delle Cooperative 18,97% e Etimos, socio di Banca Etica, 3,3% Libera Terra ha anche un significato simbolico. Certamente. Ma lo scopo è diverso: Alce Nero intende essere lo strumento di promozione e di commercializzazione dei prodotti di tutti i suoi azionisti, che sono più di mille tra diretti e partecipanti alle coo- si produttori e l’azienda? Il produttore è consapevole del suo ruolo nel gruppo, ha investito per farvi parte, sia adeguandosi ai disciplinari, sia partecipando con quote azionarie. Siamo un’azienda molto capitalizzata, oltre cinque milioni di capitale sociale: se partecipi investendo lo fai perché ci credi e nel CdA passano tutte le partite economiche, a cominciare dai prezzi di acquisto dei prodotti. Ha parlato di disciplinari per i produttori. In cosa consistono? C’è un decalogo di linee guida per il produttore, con vincoli che riguardano gli standard perative. Tutti condividono la qualitativi, gli ingredienti e nostra filosofia aziendale e le l’origine delle materie prime. scelte imprenditoriali conse- Alle linee guida si informano guenti, perché il nostro scopo in maniera più analitica e perè far partecipare alla politica sonalizzata i singoli contratti. di marca chi non è assoluta- Quindi, produrre per Alce Nero significa mente consiessere inseriti derato, cioè “Il nostro scopo è far in un’aziengli agricoltopartecipare alla polida che dà un ri. Ma questo maggiore vava fatto nel tica di marca chi non lore aggiunto. rispetto del- è assolutamente conle regole del siderato, cioè gli agri- Come assicurate il mantemercato. nimento degli Alle quali, coltori” standard quavolenti o nolenti, anche voi di Alce Nero litativi da parte dei vostri produttori? dovete sottostare… Per forza, o almeno non si pos- Noi abbiamo con loro un rapsono cambiare in un sol colpo. porto vincolante, operativo ed Per esempio, i prodotti biolo- economico. Alce Nero può rigici negli scaffali della GDO fornirsi solo dal socio, in nessubiscono un maggior ricarico sun caso da altri produttori e per via della minore rotazione il socio non può vendere di(cioè se ne vendono di meno, rettamente i prodotti biologindr) ed è uno dei fattori che li ci in formato retail; Sono imprenditori che prima di tutto fanno costare di più. Nel costo finale non c’è solo il credono in questo progetto e condividono le scelte etiche, costo di produzione, quindi. Nella GDO ogni cm quadrato prima che economiche. E poi, dei banconi deve avere una ripeto, hanno investito. Se incerta redditività. Più vendi, vesti nella qualità, per esempiù c’è ricambio, più si può pio comprando materie prime abbassare il margine. Anche i italiane, che costano di più, negozi specializzati per il bio- poi stai attento a non rovinare logico rispondono alla stessa tutto, basta poco a macchiare regola e in termini di prezzi una buona immagine. Chi prosono di fatto uniformati alla duce per Alce Nero sa che fa parte di una squadra che atGDO. Come si concretizza la stret- tua in concreto l’etica nel suo ta collaborazione tra i diver- modo di operare: da una parte MAGGIO 2013 - BARRICATE 61 il prezzo, la catena del valore, che non sfrutta o penalizza il produttore, ma lo rende partner strategico del processo, dall’altra gli effetti positivi del far partecipare i produttori alle strategie aziendali, nel rispetto, ovviamente delle regole produttive e di mercato. Cioè, alla fine i prodotti vanno venduti. Esattamente. Il Socio collabora attivamente con Alce Nero & Mielizia per la definizione delle condizioni commerciali, partendo dal mercato e valutando assieme tutti i passaggi lungo la filiera. E i risultati si vedono: il gruppo ha fatturato nel 2012 oltre 46 milioni di Euro, duttori sono presenti un po’ in con una crescita dell’8,5% ri- tutte le regioni, con esclusione spetto all’anno precedente; e della Sardegna e della Valle all’interno del gruppo il brand d’Aosta, e con maggiori conAlce Nero ha avuto la migliore centrazioni in Emilia-Romagna performance, con un + 15% e e nel sud Italia, Puglia in parnetti miglioramenti rispetto ai ticolare, questo made in Italy trova mercati trend di merattenti in parcato di diversi “Chi produce per Alce ticolar modo settori come le passate, i Nero sa che fa parte di in Asia, dove il pomodori in una squadra che attua Giappone è il nostro secondo polpa, i netta- in concreto l’etica nel mercato. ri di frutta, i suo modo di operare” Per quali profrollini. dotti? Voi operaPomodori, pate in Italia e all’estero. Qual è la geogra- sta e olio, soprattutto. fia del vostro raggio d’azio- E con quali quote di mercato? ne? Noi portiamo nel mondo il Nel 2012 abbiamo realizzato prodotto italiano etico e di all’estero il 22% del fatturato. qualità; se in Italia i nostri pro- Dall’estero Alce Nero impor- 62 MAGGIO 2013 - BARRICATE ta tramite i canali del mercato equo e solidale. Con quali criteri? Importiamo una linea di prodotti cosiddetti “coloniali” (è rimasto questo nome che evoca comportamenti tutt’altro che equi e solidali), cioè tè, caffè, cacao e zucchero di canna, certificati Fairtrade, e l’operatore internazionale con cui collaboriamo è anche nostro piccolo azionista2. Dopo la prima esperienza del ’96 ancora con CONAPI, abbiamo cercato di capire se Alce Nero, che si connota come marchio di prodotti italiani, poteva veicolare anche importazioni del circuito equo e solidale. Il riscontro del mercato è stato positivo e lo abbiamo fatto, anche perché i concetti di base sono gli stessi: dare valore a chi produce. C’è tuttavia un approccio di partenza che stiamo rivedendo perché non è del tutto coerente con la nostra filosofia aziendale: nel pagare i produttori non intendiamo fare carità, ma fare impresa consapevole che fa buoni prodotti e che sono pagati il giusto. E poi ci sono politiche di Fairtrade che non condividiamo: hanno deciso di aprire alle grandi multinazionali, cosa che può stare bene in linea di principio (se rispettano le regole, perché escluderli?), ma a noi non piace comunque, po- 2- Cooperar Sin Fronteras Internacional, con lo 0,17% di azioni. IMPRESE VIRTUOSE tranno anche pagare il giusto, ma se diventano i proprietari dei terreni, chi ci dice che in futuro non cambieranno idee? Per noi è il rapporto con il produttore che conta, che deve essere proprietario dei suoi mezzi, cioè della terra. Qual è la quota di mercato dei prodotti di importazione Fairtrade? Il 15%. E di questo, il 10% (cioè l’1,5% del totale) viene esportato in Europa e Russia. Un marchio italiano che movimenta estero su estero con precisi standard etici e di qualità produttiva. Ma tutto il lavoro e il successo commerciale del gruppo Alce Nero & Mielizia è il risultato di un gioco di squadra, dove ogni singolo componente, nelle diverse fasi delle filiere, si sente partecipe di un progetto condiviso. Un’atmosfera di partecipazione che si avverte nelle piccole cose, come nella pausa pranzo quotidiana, servita nel self service aziendale, dove si ritrovano in fila tutti i componenti della squadra, dall’amministratore delegato al personale dei magazzini. NO ALL’OLIO DI PALMA Alce Nero ha lanciato la campagna contro l’uso alimentare dell’olio di palma (Palm oil free). Dice Massimo Monti: “l’olio di palma è utilizzato dall’industria alimentare perché, oltre a costare poco, è insapore e ed è facile da usare, solidifica e diventa come il burro; si adatta ottimamente a tutte le ricette, dai dolci ai dadi per brodo. Solo che non è il massimo dal punto di vista nutrizionale, è poco digeribile, pieno di grassi saturi e, soprattutto, è un prodotto ad altissimo contenuto chimico, un’estrazione di massa fatta con solventi da aziende che sono delle raffinerie che distruggono foreste. Passare, però, all’olio di oliva non è facile, ci si deve lavorare per riequilibrare il sapore, oltre al maggiore costo, perché per fare i nostri frollini dobbiamo usare olio di oliva di ottima qualità, altrimenti l’acidità dell’olio li rovina.” Pasta industriale e pasta artigianale, ma sempre biologica. Tra i soci azionisti c’è un pastificio, con sede a Predappio, nelle dolomiti, il Pastificio Felicetti, con oltre cento anni di attività alle spalle. Poi, tra i prodotti, troviamo la pasta di Gragnano. Subito si pone la domanda: fate nelle dolomiti la pasta di Gragnano? “No -risponde Massimo Monti- sono due diversi metodi di produzione. La pasta si produce in due fasi: la prima è la creazione dell’impasto di semola, acqua e sale fino alla trafilatura. Quella che esce è pasta fresca. Poi c’è l’essicatura, che nell’industria è ‘dinamica’ con un processo che asciuga la pasta tramite ventilazione e adeguate temperature; questo processo può essere più o meno veloce, variando la temperatura. Il Pastificio Felicetti produce tutte le nostre paste biologiche di grano duro, lavorando le semole fino alla trafilatura ed essicandole a temperature che mantengono comunque tutte le qualità del grano.La pasta artigianale, invece, viene stesa su telai e lasciata in una specie di sauna per l’essicazione statica, ovviamente con tempi molto più lunghi e basse temperature. Volevamo un prodotto artigianale e abbiamo sottoscritto un accordo con il pastificio Afeltra, storica realtà del centro di Gragnano oggi acquistato da Farinetti, il patron di Eataly. Con loro abbiamo l’esclusiva del biologico, lo fanno solo per noi, con il nostro grano delle Murge.” Il miele di CONAPI (Dall’opuscolo CONAPI, Consorzio Nazionale Apicoltori – Coltivatori di biodiversità). “CONAPI è un’impresa cooperativa fra apicoltori soci, a carattere nazionale, che fa della valorizzazione della produzione del socio, della qualità, del biologico, la propria bandiera. Il gruppo, nato nel 1978 da una cooperativa in provincia di Bologna, diventa Consorzio nel 1985 e oggi i 227 soci rappresentano circa 1.000 apicoltori che, dal Piemonte alla Sicilia, raccolgono il miele in circa 60.000 alveari, lavorando secondo le indicazioni del documento che disciplina i rapporti tra i soci e la cooperativa e producono un miele non pastorizzato e privo di residui chimici. I soci si sono impegnati a partecipare alla politica produttiva; i nuovi soci vengono selezionati dai 13 componenti del CdA di CONAPI, in maggioranza apicoltori. Quattro Comitati approfondiscono i temi di interesse prioritario: investimenti, politiche dei territori, politiche di indirizzo e regolamenti. Tra i principali produttori di miele italiano, nonché primo in Italia per il miele biologico, che commercializza con AlceNero & Mielizia, CONAPI conferisce oltre il 25% del miele italiano distribuito nelle GDO” In giugno CONAPI aprirà il nuovo parco tematico sul miele e sulla vita delle api che sta allestendo tra il verde alle spalle dello stabilimento di Monterenzio. Sarà l’opportunità per una visita in val d’Idice e capire di più dell’affascinante mondo degli alveari e di come l’uomo ha imparato a utilizzare e a rispettare il lavoro delle api. MAGGIO 2013 - BARRICATE 63 LAZIO Intervista a Zelda Palombi LAZIO, UNA REGIONE ATIPICA Fabio Greggio Questa è una chiacchierata con una laziale “doc”, Zelda Palombi, autrice e regista teatrale, fotografa e collaboratrice in editing delle ultime pubblicazioni del Nobel Dario Fo. Il quadro dipinto da Zelda ci fa apparire il Lazio come una regione eterogenea, difficilmente analizzabile, nella struttura conservatrice con impennate progressiste. Altra cosa è la politica: gli ultimi esempi di amministrazione ci consegnano un vero sistema di corruttele e degrado che non hanno nulla da invidiare ad altre regioni discutibili, come la Lombardia di Formigoni, ad esempio. Su tutto spicca il monolite Roma, che grava su tutte le province, si espande senza regole e crea un polo di attrazione, dove spesso le delusioni sono sonore e i ritorni al proprio paesello d’origine sempre più frequenti. “Il Lazio non è una vera e propria regione, ma un accorpamento geografico amministrativo di realtà molto diverse in fatto di cultura, storia e lingua. Il nord, antica terra dell’Etruria, è da sempre vicino alla cultura toscana, mentre il sud confinava con il Regno di Na64 MAGGIO 2013 - BARRICATE poli e l’influenza campano-partenopea si palpa nella parlata e nelle abitudini. Non si può affermare l’esistenza di un’identità laziale. A questo si aggiunga Roma, stato nello stato, metropoli a sé, caput mundi, e quelle realtà agro pontine create dal fascismo che sono un crogiolo di razze italiche che spaziano dal Veneto, al Ferrarese, all’Italia meridionale. È vero che spesso si tende a identificare queste città con una diffusa nostalgia per il fascismo, ma poi si trovano a macchia di leopardo amministrazioni da sempre di sinistra.”. Che realtà economica è il Lazio? “Fino a qualche anno fa la voce agricoltura era importante. Oggi il declino è consistente: campi abbandonati, stalle deserte. Si è ritornati a produrre solo per sé e non per innestare una vera economia. Direi che siamo in pieno regresso e impoverimento generale. Chiudono grandi aziende e quello che resta è asfittico”. E sul piano culturale? “C’è un grande recupero delle tradizioni, delle sagre antiche di paese, dei cori e di antichi riti. In fondo il Lazio è terra molto provinciale. Quando c’è crisi, si ritorna all’antico, unico vero punto fermo, certezza fra mille dubbi che avanzano”. Parliamo di giovani? “Esiste grande differenza fra i giovani di qui e quelli del nord. C’è una vera paralisi sul fare, una certa rassegnazione e difficoltà nel portare avanti progetti o idee. Non che manchino gli slanci, ma non esiste la possibilità di canalizzare e portare alla luce le idee, mancano i media anche locali. A venti anni si desidera inurbarsi a Roma, il che è tipicamente provinciale. Poi a trenta si desidera tornare e fare qualcosa, ma fra mille difficoltà”. Il Lazio ha una propria identità? “No, non esiste un archetipo culturale laziale. Perfino i dialetti diventano una barriera e cambiano tantissimo da nord a sud. Direi di più: le varie ondate migratorie di veneti, ferraresi e altri non hanno prodotto una vera integrazione. Forse la seconda o terza generazione è oggi un ibrido multietnico che spazia da tradizioni culinarie delle regioni di origine miste a quelle autoctone. Insomma, i giovani si sono contaminati in una sorta di micro Brasile”. E il proverbiale campanilismo laziale o romano? “Raffaele Viviani, grande figura teatrale di origine partenopea, affermava che a Napoli non c’è campanilismo. A Roma sì. Il campanilismo sopperisce a una mancanza d’identità laziale. Roma è campanilista perché megalopoli storica. Ma lo è anche New York allora…” LAZIO - LA TERRA RACCONTA SCANDALO REGIONE LA CASTA IN AZIONE NELLA REGIONE LAZIO Un tesoretto sottratto ai cittadini, dilapidato dalla giunta Polverini (e non solo) Manuela Fabbri Quando i media hanno un ruolo di pubblica utilità: Sergio Rizzo e il Corriere della Sera Luglio 2012. Dopo aver depositato il bilancio del proprio gruppo presso l’Ufficio di Presidenza del Consiglio e aver posto inutili denunce sulla mancanza di trasparenza nei conti della Regione, Giuseppe Rossodivita e Rocco Berardo mostrano le carte a Sergio Rizzo e gli spiegano nel dettaglio le voci da cui è composto il rendiconto. Il Corriere della Sera del 20 agosto, pubblica il primo pezzo il cui titolo è: “Regione Lazio, ai partiti 4 volte più della Camera”. Scrive Rizzo: “Da destra a sinistra non c’è chi non abbia invocato più trasparenza sui soldi pubblici destinati alla politica. Ma di passare ai fatti non se ne parla proprio. Se si eccettuano, naturalmente, alcune meritorie iniziative purtroppo isolate. Qualche settimana fa il gruppo radicale al Consiglio regionale del Lazio presieduto dall’avvocato Giuseppe Rossodivita ha pubblicato sul sito internet il proprio bilancio. Un documento impressionante, che illumina un angolo del capitolo costi della politica finora tenuto accuratamente all’oscuro. Ovvero, i contributi che le Regioni erogano ai gruppi ‘consiliari’.” I radicali prima e Rizzo poi fanno il conto: i costi sono complessivamente lievitati del 43,1% in 5 anni. Quintuplicati per consulenze e convegni, 35 milioni per arredi e telefoni. E alla fine dei giochi dalle casse regionali si sono volatilizzati 44 milioni di euro. Tut- to denaro proveniente dalle tasche dei cittadini che in un paese normale, tra persone serie e una politica onesta, andrebbero considerati parte integrante del finanziamento pubblico ai partiti, ma la cui entità è sconosciuta perché molti Consigli regionali non pubblicano neppure il bilancio. Rocco Berardo e Giuseppe Rossodivita erano stati eletti consiglieri di opposizione alle elezioni regionali del 2010, quando i radicali in coalizione col Partito Democratico hanno candidato Emma Bonino presidente del Lazio. Non possiamo non dire che se i media ogni tanto hanno un ruolo positivo (v. Rizzo), la tv il più delle volte esercita un potere davvero sproporzionato, imponendo un’immagine illusoria e ammiccante sull’ignaro telespettatore, per nulla corrispondente alla realtà. In questo caso il personaggio Polverini, segretaria di un piccolo sindacato di destra, è stato creato dal nulla da Giovanni Floris in Ballarò, quale “autorevole e rassicurante”, con una ventina di ospitate televisive: a sua discolpa va detto che da Berlusconi & co., era data quale uno dei pochi volti femminili spendibili in grado di bucare lo schermo. I risultati sono già leggibili un anno dopo, nell’aprile 2011: sfascio della Sanità, doppi incarichi, nomine a oltranza, moltiplicazione delle poltrone di rappresentanza politica, per gruppi e monogruppi, commissioni inventate (una sulle Olimpiadi) e pagate per 5 minuti a MAGGIO 2013 - BARRICATE 65 seduta. “La Regione Lazio è zeppa di parassiti e sanguisughe: un sistema clientelare e partitocratico che si autoproduce incessantemente, oliato e organizzato”, fu la definizione lapidaria del gruppo radicale al primo incontro di denuncia alla stampa. Trasparenza? Basta l’anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati, dicono i radicali “C’è un problema sulla norma che vuole la pubblicità sul bilancio dei gruppi e i rendiconti dei consiglieri”, era stata la motivazione data dalla Polverini alla richiesta dei due radicali alla proposta di legge su “l’anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati”, il cui testo dopo due anni non era ancora stato licenziato dalla commissione competente per il voto in Assemblea. Così in assenza di una legge che lo imponga a tutti, nei primi mesi del 2012, il gruppo Lista Bonino Pannella pubblica sul proprio sito, prima il bilancio consuntivo del gruppo del 2010 e di seguito quello del 2011. L’atto “rivoluzionario” dal quale tutto ebbe inizio. Da cui qualcuno cominciò a chiedersi come spendevano i soldi i gruppi consiliari. Di lì lo svelamento dello scandalo Fiorito con tutto ciò che ne è seguito, in Lazio e su e giù per le regioni d’Italia. Sergio Rizzo era dunque partito da quel bilancio - da sempre i radicali sono contro il finanziamento pubblico dei partiti - per tentare di decodificare quello degli altri, altrimenti vago e indecifrabile. Alla voce “finanziamento delle attività del gruppo consiliare”, era evidente come il denaro venisse prima bonificato sul conto del gruppo, poi girato sui conti correnti dei singoli consiglieri. Per essere utilizzato, senza alcuna rendicontazione contestuale attendibile, oltre che per usi personali che ci sono stati resi noti, dagli apparati di partito per finanziare passate e future campagne elettorali. E che essendoci convenienza per ciascuno, con tutta evidenza l’accordo era consociativo. E’ solitario il gruppo radicale a votare contro i bilanci presentati. E anche a rilevare i dati sull’attività dei gruppi: gli interventi sono 50 del Pd, 12 circa del Pdl, contro circa 180 dei loro (due consiglieri). L’assemblea d’aula ha promosso e fatto approvare meno di 10 leggi, tutte le altre derivano da delibere di giunta. Se ne desume che l’efficienza del lavoro svolto non è minimamente commisurata agli emolumenti e non se ne capisce da che cosa dipenda l’importo attribuito, in assenza di regolamento e trasparenza. Nel 2011 i gruppi politici del Consiglio regionale del Lazio hanno incassato contributi quasi quadrupli rispetto a quelli di Montecitorio: 211.064 euro pro capite che per i 71 consiglieri, considerata anche Renata Polverini. La Presidente, per propria scelta politica (si chiama manovra d’Aula), ne ha determinato un introito annuale aggiuntivo di oltre due milioni e mezzo. Esattamente 14 milioni 985.544 euro l’anno, per una sola delle 20 Regioni italiane. Tutte cifre contrattate nelle sessioni di bilancio dalla giunta per far passare senza intoppi le leggi finanziarie: un verosimile prezzo pagato ai consiglieri sia di maggioranza che di opposizione. 66 MAGGIO 2013 - BARRICATE Rocco Berardo, iscritto al Partito Radicale dal 1994, tra i fondatori dell’associazione Radicali Roma, è nella giunta di segreteria di Radicali Italiani, vicesegretario dell’Associazione Luca Coscioni e direttore della sua rivista mensile. La malapolitica, ossia la cattiva relazione tra i politici e il denaro Il meccanismo perverso dell’attribuzione dei fondi in Regione Lazio ai gruppi consiliari - e forse in altri - nasce e cresce progressivamente fin dai precedenti governi regionali: filo rosso le ultime tre gestioni, Storace-Marazzo-Polverini. Il finanziamento dei gruppi fa parte del bilancio del Consiglio che a sua volta è parte del bilancio della Regione, proposto dall’ufficio di Presidenza, accettato dalla Giunta e votato a maggioranza prima dalla commissione Bilancio e poi dal Consiglio Regionale. La giunta Polverini, imponendo un maxi-emendamento per non consentire al Consiglio di modificare il testo, ha deliberato lo stanziamento di quei fondi all’interno dell’Ufficio di Presidenza di cui facevano parte Pdl, Lista Polverini, Udc, Pd e Idv (non il gruppo radicale). Illuminante il proliferare dei “monogruppo”. Inizialmente i gruppi erano otto, in corrispondenza ai simboli elettorali presenti alle elezioni, ma nel corso della legislatura se ne sono costituiti altri cinque di un solo componente. A ognuno dei quali va: indennità di funzione per il presidente/unico membro, il finanziamento al gruppo, 7 collaboratori pagati dalla Regione. Il tutto per un totale di 12 milioni. Con il gruppo misto presieduto e composto da un solo consigliere, Antonio Paris. Il presidente di se stesso ha diritto a un’indennità aggiuntiva di 891 euro netti mensili. I sette collaboratori sono: due laureati, due diplomati, una segretaria, un addetto stampa e un responsabile della struttura. I gruppi più numerosi possono arrivare fino a 24 dipendenti: il tetto per il Lazio era di 201, tant’è che è stato emesso un bando per l’ampliamento degli uffici della Pisana per n. 2 palazzine definite da tre livelli fuori terra più un piano interrato e un corpo centrale (base d’asta, 8 milioni 259.750 euro, iva esclusa). All’esaurirsi della legislatura, Giuseppe Rossodivita, unico capogruppo, ha restituito alla Regione il fondo cassa rimanente: 360 mila euro. Alle elezioni regio- LAZIO - LA TERRA RACCONTA nali 2013 i radicali avevano presentato una solitaria lista di scopo denominata Amnistia Giustizia Libertà (non in coalizione col Partito Democratico, come nelle elezioni regionali 2008) e non avendo raggiunto il quorum sono stati esclusi dalla Regione Lazio come pure dal Parlamento. Ancora oggi Rossodivita continua a chiedersi dove siano finiti gli avanzi degli altri gruppi: “Se i 71 componenti di un consiglio sciolto da settembre 2012 avessero restituito 180 mila euro ciascuno, nelle tasche dei contribuenti sarebbero rientrati 12 milioni e 780 mila euro”, egli rileva. La Presidente Polverini, il suo gruppo di 12 consiglieri era tra i più numerosi, ne è uscita invece indenne e ora siede in Parlamento con molti altri ex consiglieri del Lazio implicati nello scandalo, sia di maggioranza che di opposizione. In conclusione… c’è una morale? Gli ispettori del Ministero del Tesoro Luciano Cimbolini e Vito Tatò hanno registrato che negli ultimi cinque anni (dal 2007 giunta Marazzo al 2012 giunta Polverini) le spese del consiglio sono lievitate del 43,1 per cento, da 80,4 a 115 milioni. Con punte d’incremento sbalorditive. Alcuni numeri: consulenze e convegni da 1,35 a 8 milioni di euro (+ 493%); spese telefoniche, postali, di cancelleria, attrezzature e arredi del consiglio + 226 %. Dai 10,8 milioni del 2007 nel 2012 il bilancio del solo consiglio regionale è salito a 35,2 milioni. Mezzo milione l’anno il costo per ciascun consigliere. Dal loro dossier tuttavia si evince che sprechi e costi illeciti non sono esclusivamente riferibili agli apparati della politica ma vengono distribuiti tra la copertura dei disavanzi del settore sanitario (attraverso altre risorse di bilancio) e il progressivo aggravarsi della situazione economico-patrimoniale delle società partecipate: 72 in totale. Da Lazio Service usata per soddisfare esigenze occupazionali (leggasi clientelari, con + 44% in tre anni solo di personale) all’ultima Giuseppe Rossodivita, è avvocato penalista. Difensore nel caso Welby, componente della Direzione Nazionale di Radicali Italiani, consigliere giuridico di Emma Bonino al Ministero delle Politiche Comunitarie e alla Vice Presidenza del Senato. nata, la Lazio Ambiente spa, istituita ex novo il 18 novembre 2011. Un’incursione sul capitolo patrimonio immobiliare è significativa: 500 immobili di proprietà per un valore a bilancio di un miliardo e 360 milioni di euro, rende solamente lo 0,003% a causa del sistema drogato di attribuzione e riscossione. La massiccia alienazione prevista tra il 2007 e il 2011 per risanare parte del debito, avrebbe dovuto far rientrare in cassa 2 miliardi e 95 milioni. E’ invece stata di 104,8 milioni (6,7 %). E infine alcune voci di elargizioni a pioggia, connesse al clero: un finanziamento straordinario di 5,4 milioni per il recupero di edifici di culto, 20 milioni a favore del patrimonio culturale di soggetti privati, oltre 5 milioni per il “riconoscimento della funzione sociale ed educativa degli oratori” e la stabilizzazione di lavoratori socialmente utili (pagata con i debiti). L’inevitabile interrogativo che ci poniamo è: ma tutte le responsabilità sono solamente dei politici? Sì è vero, la democrazia delega alla politica che a sua volta dà indirizzi di governo, ma tutti coloro i quali per professione godono di un ruolo privilegiato nel pubblico (oggigiorno meno esposto alla instabilità del lavoro) è immune da colpe? Sì colpe. Perché di senso di responsabilità non se ne parla proprio. Quanto abbiamo raccontato, è raccolto in un dossier di 334 pagine pieno di numeri e tabelle, redatto da due ispettori della Ragioneria generale dello Stato che il Tesoro aveva spedito prima dello scandalo, fin da giugno 2012: si chiama “verifica amministrativo-contabile”. Che fa pensare che l’evidenza già c’era. É doveroso concludere con le parole di colui il quale, Sergio Rizzo, ha dato voce alle prime denunce: “.. davano pure agli autisti due buoni pasto al giorno, monetizzando il terzo: per 477.916 euro e 50 centesimi mensili (in aggiunta allo stipendio). Perché rischiare avessero un calo di zuccheri al volante?” MAGGIO 2013 - BARRICATE 67 AMBIENTE I RIFIUTI DI MALAGROTTA La vicenda senza fine della discarica più grande d’Europa Francesco Ballerini “Malagrotta – La città delle industrie ambientali” Questo è il cartello, simile ad un accesso autostradale, che accoglie chi si trovi a transitare in questo angolo di Roma Ovest, a ridosso della Riserva Naturale Tenuta dei Massimi e retrostante i quartieri periferici di Casal Lumbroso e Massimina. Transitando su Via di Ponte Galeria, si ha la sensazione di essere già usciti dal caos urbano per immettersi nell’agro romano in direzione del mare, una campagna la cui importanza strategica era già nota agli antichi Romani. Malagrotta viene menzionata per la prima volta nel 955 d.C. con il nome di Mola Rupta, per via della cessione di una parte della tenuta da parte di Costanza, una nobildonna romana, ma la leggenda popolare vuole che il nome sia da attribuire ad una grotta abitata da un drago, come narra il componimento del poeta romanesco Augusto Sindici. Purtroppo, a rendere noto questo luogo non è stata né l’antica storiografia né l’affascinante tradizione popolare, bensì la ben più triste vicenda della discarica -a detta di molti- più grande d’Europa: 240 ettari per 4500/5000 tonnellate di rifiuti scaricati ogni giorno. Dietro l’ingannevole cartello d’accesso, infatti, ve n’è un altro dove campeggia la dicitura “Discarica di Malagrotta”, una discarica che serve interamente il Comune di Roma e gli scarti degli aeroporti 68 MAGGIO 2013 - BARRICATE di Fiumicino e Ciampino, e che raggiunse il punto di saturazione nell’ormai lontano 2004. L’Unione Europea già nel 1999 aveva emanato un provvedimento per cui nelle discariche potessero confluire solamente i rifiuti non riciclabili e l’Italia recepì la direttiva nel 2003, ma è noto che, nelle più ottimistiche rilevazioni, il Comune di Roma ha una percentuale di raccolta differenziata pari ad un misero 20%, per cui nella discarica confluiscono rifiuti di ogni genere. In forza di questa normativa, dunque, fu stabilito che la discarica avrebbe dovuto chiudere i battenti il 31 luglio 2007, ma già la giunta Marrazzo ne prorogò l’apertura fino al dicembre 2008, in attesa di trovare un sito alternativo, al fine di scongiurare una crisi di rifiuti comparabile con quella napoletana. Iniziò dunque nel 2008 una “tarantella” istituzionale in merito alla competenza ultima per la chiusura dell’impianto, che portò ad una serie infinita di proroghe, per cui l’impianto oggi, marzo 2013, è ancora in funzione. Nel frattempo, l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Lazio individua l’avvenuta contaminazione di parte della falda acquifera sottostante, che va ad aggravare una situazione di inquinamento ambientale già rilevabile dallo stato fortemente maleodorante dell’aria, un effetto che si ripercuote da anni sui circa 50.000 residenti dei LAZIO - LA TERRA RACCONTA quartieri circostanti, nonché per sullo stesso Consiglio della Regione Lazio, la cui sede è ad appena 2 km di distanza in linea d’aria. L’ultima proroga scadrà a giugno 2013 e il 7 marzo scorso il Ministro per l’ Ambiente Clini fa sapere da Bruxelles che non vi sarà alcuna ulteriore proroga e dunque “finisce così il sistema su cui si è basata Roma per 40 anni”. L’incubo per i residenti sembra poter finire, se non fosse che negli ultimi mesi sono spuntate le ipotesi alternative più disparate per il nuovo sito, tra cui Monti dell’Ortaccio, che si trova nelle immediate vicinanze di Malagrotta, prospettando dunque per i cittadini l’ombra di un “Malagrotta 2”. A questa azione è seguito il provvedimento di acquisizione dell’area da parte del Presidente del Municipio XV, Gianni Paris, in modo da impedire le azioni di sbancamento del sito -peraltro già iniziate abusivamente-, che per ora ha bloccato il perpetuarsi di un’ulteriore scelleratezza ambientale per quest’area. Il 20 Marzo scorso, il Tar si è pronunciato in merito al ricorso presentato dall’Amministrazione di Roma Capitale, in cui viene negato il conferimento di rifiuti in questo sito prima che il Colari (Consorzio Laziale Rifiuti) presenti una serie di documenti, tra cui uno studio idrogeologico che assicuri la non contaminazione della falda acquifera sottostante, sancendo dunque la possibilità di continuare i lavori esplorativi. Intanto si è aperta la strada di un ulteriore sito per la nuova discarica, poiché il Ministro Clini ha asserito di non accordare alcuna proroga né di volere una nuova discarica, ma la bassa percentuale di raccolta differenziata a Roma impone necessariamente la costruzione di un nuovo invaso, come sottolineato dal Commissario straordinario Sottile; e così negli ultimi giorni si parla di una cava nel quadrante Laurentino, presso Porta Medaglia a Roma Sud, ma le proteste non si sono fatte attendere, in quanto “l’area è a ridosso delle abitazioni” -segnala Massimiliano De Iuliis, consigliere del Municipio XII- “tra le vie Laurentina e Ardeatina, ed è sottoposta al vincolo paesaggistico del decreto Bondi”. Il sindaco Alemanno, con l’ausilio del Prefetto della Provincia di Roma Postiglione, nega la possibilità di una discarica in quest’area, rimproverando il Commissario Straordinario Sottile di effettuare dichiarazioni che esulano dal suo mandato. E così, mentre dal Ministero dell’Ambiente giungono i rimproveri sulla primordialità del sistema discariche e sull’efficienza dello smaltimento delle grandi città del Nord, i cittadini e i loro comitati attendono il responso finale nella disillusione. MAGGIO 2013 - BARRICATE 69 LAGO DI VICO CHEMICAL CITY La bonifica “trasparente” dell’area che durante il secondo conflitto mondiale riforniva l’esercito fascista di centinaia di tonnellate di armi letali Laura Ballerini Dal novembre scorso, dopo mesi di ritardi e proroghe, sono finalmente iniziati i lavori di bonifica dell’area intorno al Lago di Vico, nota anche come Chemical City, per il suo coinvolgimento nella produzione di armi chimiche in epoca fascista. Ma per quale motivo questo piccolo lago vulcanico in provincia di Viterbo si è trovato al centro di proteste e indagini nel corso di questi anni? Passato di guerra Tutto è cominciato nel gennaio del 1996, quando la morte di un ciclista, intossicato da una nuvola di iprite sulle rive del lago, svelò alla popolazione e agli Enti Locali le reali condizioni dell’area, già sottoposta, in segreto, a un’opera di bonifica. Nello stesso anno, infatti, erano state rinvenute nel territorio 60 cisterne di fosgene in pessime condizioni e in seguito “nella totale segretezza si cominciò a svuotarle sul posto: il liquido veniva pompato dalle ogive, trasferito in nuovi bidoni 70 MAGGIO 2013 - BARRICATE e inviato a Civitavecchia, il centro nazionale di bonifica e stoccaggio” spiega il dossier Armi chimiche: un’eredità ancora pericolosa, realizzato da Legambiente e CNBAC nel 2012. Ma cosa ci facevano delle cisterne di fosgene nel Viterbese? Questa domanda diede inizio a numerose indagini che portarono alla luce la vera storia del territorio. Il Lago di Vico, per la sua vicinanza ai Laboratori del Servizio Chimico Militare di Roma e per la protezione che i boschi cimini gli conferivano, costituiva il luogo ideale dove attuare il programma di riarmo bellico, avviato da Mussolini nel corso degli anni Trenta. L’area intorno al lago era dunque destinata a diventare “nella massima segretezza, un centro di ricerca e produzione di armi chimiche, prevalentemente fosgene, iprite e gas asfissianti – prosegue il testo di Legambiente – La gigantesca base occupava un’area di oltre 20 ettari con bunker per gli espe- LAZIO - LA TERRA RACCONTA rimenti, magazzini sotterranei per lo stoccaggio delle testate a caricamento speciale, caserme, uffici e alloggi per alcune centinaia di scienziati e tecnici civili”. Nel corso del secondo conflitto mondiale questa base era in grado di rifornire i reparti speciali dell’Esercito fascista di centinaia di tonnellate di armi letali: un’intensa e pericolosa attività che tenne costantemente all’erta l’intelligence britannica, i cui rapporti sulla soprannominata Chemical City sono stati recentemente resi pubblici. “Con la fine del conflitto – spiega il dossier – la produzione di ordigni bellici venne interrotta, anche se l’impianto ha continuato a fabbricare fino agli anni ‘70 candele nebbiogene e fumogeni destinati a sedare le rivolte di piazza”. Bonifiche e promesse Le pesanti conseguenze che quest’intensa attività ebbe sul territorio non vennero accertate ne- centro chimico dismesso: il comune di Viterbo allertò il Ministero della Difesa che commissionò un’indagine geofisica del sito al Centro Logistico Interforze NBC. L’analisi preliminare evidenziò “masse anomale interrate presso il magazzino” e un eccessivo valore di arsenico nei campioni di territorio analizzati: nella raccomandata n.16288 del 09/03/2010 del Centro Logistico Interforze NBC viene scritto: “in considerazione che il sito, durante l’ultimo conflitto mondiale, è stato sede di un impianto per la produzione e il deposito di ordigni a caricamento speciale, sembra ragionevole supporre che la contaminazione di cui trattasi sia una contaminazione storica derivante dalle attività pregresse svolte presso il sito militare”. Si ravvisa inoltre “l’opportunità di eseguire preliminarmente la rimozione di eventuali ordigni inesplosi o altri residuati bellici pericolosi, attivando nella fase immediatamente successiva la anche nel 1982, quando la Valle di Vico divenne la prima Riserva Naturale del Lazio e alcune aree prossime ai reticolati della base militare divennero Zona di Protezione Speciale e Sito Comunitario. Sarà solamente il ritrovamento delle vasche di fosgene e la successiva morte del ciclista nel `96 ad avviare un’opera di bonifica conclusa poi nel 2000. Gli anni passarono e la vicenda sembrò archiviata, sennonché, nel 2009, il lago si colorò del rosso delle imponenti fioriture di un’alga tossica (Plankhotrix rubescens). Le successive analisi condotte dall’Arpa Lazio su un campione di sedimento prelevato a circa 40 metri di profondità, rivelarono valori molto superiori alla Concentrazione Soglia di Contaminazione (CSC): Cadmio 12 mg/kg (CSC = 2.0 mg/kg); Nichel 566 mg/kg (CSC = 120 mg/kg); Arsenico 647 mg/kg (CSC = 20 mg/kg), secondo la relazione tecnica del 26 febbraio 2010. L’Arpa Lazio proseguì le sue ricerche su un numero più ampio di campioni (6), che evidenziarono il superamento di Cadmio (1 superamento), Arsenico (6 superamenti) e Piombo (1 superamento), della CSC (Relazione tecnica del 4 giugno 2010). Tali rivelazioni suscitarono l’ipotesi di un collegamento tra il forte inquinamento del lago e il procedura di caratterizzazione e bonifica ai sensi de D.Lgs., al fine di eliminare la residua contaminazione chimica”. Constatata la gravità della situazione, gli Enti Locali le Autorità Militari passarono finalmente alla fase operativa. “Entro maggio si dovrebbe concludere la bonifica del primo dei sei lotti previsti; l’area interessata è solo una piccola parte dell’intero sito militare, ma è evidente che dopo tanti anni di silenzi e omissioni, salutiamo con grande soddisfazione l’avvio dei lavori – dichiara Fabrizio Giometti, presidente di Legambiente Lago di Vico– Va sottolineato che in questo caso – a differenza del 1996 - le Autorità militari hanno deciso di operare con la massima trasparenza, coinvolgendo gli enti locali e informando tempestivamente la popolazione; evidentemente la mobilitazione incessante di Legambiente, del CNBAC e di tanti cittadini che in questi anni si sono attivati, sta cominciando a dare i suoi frutti. Ci auguriamo che questo nuovo approccio diventi un modello per il futuro, non solo al Lago di Vico, ma per i tanti siti nazionali investiti da questa emergenza, e che si superi una volta per sempre la logica del segreto di stato”. MAGGIO 2013 - BARRICATE 71 LINGUAGGI GRAFICI: MASSIMO GIACON Massimo Giacon Nasce a Padova nel 1961. Dal 1980 lavora a Milano sospeso tra le sue attività di fumettista, illustratore, designer, artista e musicista. Protagonista sin dai primi anni ’80 del rinnovamento del fumetto italiano scaturito da riviste come Frigidaire, Alter, Linus, Dolce Vita, Cyborg, Nova Express. Ha aggiunto alla sua attività diverse col- 72 MAGGIO 2013 - BARRICATE laborazioni come designer con studi e marchi prestigiosi (Sottsass, Mendini, Alessi, Artemide, Swatch, Memphis, Olivetti). Ha fondato un paio di gruppi musicali negli anni ‘80 (Spirocheta Pergoli, I Nipoti del Faraone), ha prodotto due dischi da solista e attualmente sta continuando con un nuovo progetto musicale (Massimo Giacon & The Blass). Ha disegnato: arazzi, tappeti, siti web, oggetti per la cucina, magliette, vestiti, oggetti per il bagno e per l’ufficio, lampadari, orologi, giocattoli, ceramiche... Attualmente sta lavorando a diversi progetti editoriali, continuando la sua attività artistica e performativa intorno al globo. LAZIO - LA TERRA RACCONTA INQUINAMENTO ENERGIA DAL CARBONE, A QUALE COSTO? La lotta del Movimento No Coke Alto Lazio a Civitavecchia Marzia Marzoli La lotta contro la riconversione a carbone della centrale di Torre Valdaliga Nord (TVN) di Civitavecchia risale al gennaio del 2001, data di nascita del primo Comitato per il No al carbone della città, immediatamente dopo l’annuncio da parte di Enel di voler riconvertire la centrale, nel dicembre del 2000. Malgrado il peso ambientale subito dal territorio, nel dicembre del 2000 l’Enel Produzione s.p.a. ha proposto un intervento di quasi completa demolizione dell’esistente impianto di TVN e la sua totale ricostruzione per l’alimentazione a carbone. I dati sulla salute pubblica nel comprensorio di Civitavecchia -dopo 25 anni di operatività, a partire dal 1962, delle diverse centrali Torre Valdaliga Sud (con quattro gruppi termoelettrici, di cui uno da 200 Megawatt e tre da 320 Megawatt), Torre Valdaliga Nord, (con quattro gruppi termoelettrici da 660 Megawatt ad olio combustibile e una ciminiera multi-camino di 250 metri di altezza)- erano già allarmanti: Civitavecchia era al primo posto nel Lazio e al terzo in Italia per mortalità causata da tumori ai polmoni, alla trachea e ai bronchi, con leucemie e linfomi diffusi in maniera nettamente superiore rispetto alla media nazionale. Le centrali a carbone sono inoltre tra le principali responsabili delle emissioni di mercurio, arsenico e di polveri sottili nell’aria. Il mercurio contenuto nel carbone è fino a 150 volte maggiore di quello contenuto nell’olio combustibile. Questo espone la popolazione al rischio d’inquinamento da mercurio, con gravi effetti sulla salute umana e soprattutto sul sistema nervoso in via di sviluppo (feto, neonato e bambino). La centrale termoelettrica di Torre Valdaliga Nord è per di più circondata da un territorio a forte vocazione agricola e turistica, custode di tesori ambientali e culturali riconosciuti dall’Unesco come patrimonio dell’umanità (Tarquinia e Cerveteri). Nonostante tutto ciò, la riconversione a carbone della centrale di Torre Valdaliga Nord ha ricevuto un giudizio di compatibilità ambientale positivo ed è stata autorizzata il 24 dicembre 2003. Da allora, si sono succeduti dieci anni di battaglie amministrative, con ripetuti ricorsi da parte dei cittadini di Civitavecchia e del comprensorio, ricorsi al Tar, Consiglio di stato, richiesta di riesame del decreto autorizzativo, numerosi reclami, esposti alla procura, alcuni ancora in corso. La storia politica del “sì” al carbone ha inizio il 25 Marzo 2003, un giorno memorabile per Civitavecchia: in un burrascoso Consiglio Comunale in cui viene votata la riconversione a carbone della centrale di Torrevaldaliga Nord, a pochi mesi di distanza dall’ iniziale “no” al carbone dello stesso consiglio comunale. Il sì alla riconversione viene motivato con le stesse parole di Storace: “Non si può rinunciare a 3mila miliardi di investimenti dell’Enel sulla città”. L’assenso è dato per difendere l’occupazione. Di chi? L’Alto Lazio, vanta però un cinquantennale polo energetico, vera e propria colonizzazione su un territorio metodicamente preparato ad essere aggredito, privato della sua anima e del suo futuro, inquinato nelle coscienze, prima ancora che nelle sue risorse naturali. Protagonista l’inerzia, MAGGIO 2013 - BARRICATE 73 Così, dopo il caso dell’AIA rilasciata all’Ilva, arriva il turno dell’impianto a carbone di Civitavecchia. La conferenza dei servizi si tiene il 12 Marzo 2013, preceduta da ulteriori dichiarazioni ultra ambientaliste del sindaco Tidei, che ripete alle associazioni ambientaliste di aver fatto proprie le prescrizioni sottoscritte da migliaia di cittadini in una petizione popolare, consegnata prima della conferenza. I dati Enel dimostrano che la centrale Nonostante i danni di TVN di Civitavecchia con i suoi tre gruppi a carbone emette in atmosfera, sulla salute e sull’amogni anno, 2100 t/a di SO2, 3450 t/a di biente, la riconverquando non subalternità, delle istituzioni, Comu- NOx e 260 t/a di polveri. Questo è l’in- sione a carbone delni in testa, ma anche dell’intero ceto politico del quinamento massiccio che la conferenla centrale di Torre comprensorio, che ha consentito che ciò avvenis- za dei servizi andrà a discutere e che la se, abbagliato dai milioni di euro per compensa- delegazione dei Medici e Tecnici del Valdaliga Nord ha zioni ambientali riversate nelle casse dei Comu- Movimento No Coke Alto Lazio chie- ricevuto un giudizio ni. Un territorio dove le percentuali di mortalità derà di abbassare, con l’adeguamento di compatibilità ame morbilità per neoplasie all’apparato respirato- dell’impianto alla normativa europea. rio, per leucemie e linfomi sono al di sopra delle Secondo il “Rapporto 2011 ” pubblica- bientale positivo ed è medie regionali e nazionali, e dove, a fronte del to dall’Osservatorio Ambientale per stata autorizzata il 24 ricatto occupazionale utilizzato per sponsoriz- Torre Valdaliga Nord della Regione La- dicembre 2003 zare questi impianti veleniferi, la disoccupazione zio, “La popolazione residente nel solo comune di Civitavecchia nel periodo supera il 30%. Sono sufficienti questi pochi dati per compren- 2006-2010 presenta un quadro di mortalità per dere quali siano le conseguenze del vivere nel cause naturali (tutte le cause eccetto i traumaraggio di azione di una servitù energetica, figuria- tismi) e per tumori maligni in eccesso di circa il 10% rispetto alla popolazione residente nel Lazio moci a carbone. Ci si sente ripetere che la politica si deve misu- nello stesso periodo. Tale eccesso viene conferrare con la vita reale dei cittadini. Ebbene, le vite mato tra gli uomini residenti nell’area allargata”. reali e materiali dei cittadini in questo territo- La delegazione, in audizione pre-conferenza, ha rio, come in tanti altri dove Enel ha insediato i trasmesso ai membri della commissione le osserpropri impianti energetici, “rientrano” in quelle vazioni con le criticità al parere istruttorio, insiepercentuali di mortalità e morbilità per tumo- me allo studio commissionato da Greenpeace a re bronchiale e pleurico, per asme e allergie o SOMO, istituto di ricerca indipendente no profit, per insufficienza renale cronica. Tutti aspetti sui i cui dati sono stati riconosciuti come conformi quali è palesemente e colpevolmente lacunosa la alla realtà dal Tribunale di Roma e in cui si evidenValutazione di Impatto Ambientale, come dichia- zia che “la produzione termoelettrica a carbone di Enel è causa, in Italia, di una rato a suo tempo dal ministero dell’Ambiente e da quello della “la produzione termo- morte prematura al giorno e di danni al Paese stimabili in circa 2 Salute. Vite materiali su cui la miliardi di euro l´anno; mentre in riconversione a carbone, falsa- elettrica a carbone di mente definita “pulita”, sta river- Enel è causa, in Italia, Europa quella stessa produzione sando tonnellate di veleni. di una morte prematu- causa quasi 1.100 casi di morti l´anno e danni per 4,3 Il vero partito del “no” non sono ra al giorno e di dan- premature miliardi di euro.” i cittadini che si contrappongono a scelte dissennate, ma que- ni al Paese stimabili I cittadini chiedevano: gli stessi che li definiscono così. in circa 2 miliardi di - l’inserimento delle prescrizioni Sono loro in quanto partito del euro l´anno” sui limiti emissivi di 50 mg/Nm3 No alla vita, il partito trasversale per il monossido di carbonio, ridella “rinuncia”. Nell’estate del 2012, Civitavecchia balza agli sultato ottenibile applicando le Migliori Tecniche onori della cronaca nazionale con le dichiarazio- Disponibili individuate dall’Unione Europea; ni del neo sindaco Tidei, che minaccia la chiusura - l’utilizzo di carbone con contenuto di zolfo infeentro agosto della centrale Enel. Le dichiarazioni riore allo 0,3% come previsto dal Piano di Risanasono lanciate affinché Enel intenda, visto l’ap- mento della Qualità dell’aria della Regione Lazio; prossimarsi della convocazione della conferenza - il mantenimento della capacità produttiva e del dei servizi per il rinnovo dell’AIA, che il sindaco consumo di materie prime come dichiarato nel del comune ospitante è l’unico in grado di chiude- 2003 in sede di prima autorizzazione, in sintesi: un massimo di 6.000 ore all’anno di funzionare l’impianto per tutelare la salute. 74 MAGGIO 2013 - BARRICATE illustrazioni Marilena Nardi LAZIO - LA TERRA RACCONTA m- - o mè 24 un’importante occasione per ridurre il carico inquinante sul territorio, che già cosi pesantemente sta pagando gli effetti degli oltre 50 anni di servitù energetica; ed è ancor più grave che si spacci come vittoria storica l’accettazione passiva della maggior parte delle richieste di Enel. Accettazione che, invece, faciliterà le trattative sulle compensazioni economiche che il Comune sta conducendo con l’ente elettrico e che passano, ancora una volta, sulla pelle della popolazione di Civitavecchia e dell’Alto Lazio. LA “GUERRA” ALL’ENEL DI GREENPEACE mento a pieno regime e 3.600.000 tonnellate di carbone. Ciononostante, la conferenza ha accolto tutte le pretese di Enel ad esclusivo beneficio del conto in banca degli azionisti, e la centrale -solo per citare alcuni dati- potrà funzionare al massimo carico per 7.500 ore all’anno (312 giorni invece che i 250 dichiarati nel 2003), bruciare 4.500.000 tonnellate all’anno di carbone (quindi 900.000 tonnellate in più di quelle previste), utilizzare carbone con percentuale di zolfo fino ad oltre tre volte superiore a quella consentita dal Piano Regionale di Qualità dell’Aria, emettere una quantità massima di 120 mg/Nm3 di monossido di carbonio -quindi ben più del doppio della quantità attesa con l’utilizzo delle Migliori Tecniche Disponibilimantenendo invariato il limite annuo consentito di emissioni di anidride solforosa (2.100 tonnellate) e ossidi di azoto (3.450 tonnellate). Il sindaco Tidei ha prescritto unicamente l’abbassamento della quota massima di emissioni delle polveri, portandola a 160 tonnellate/anno dalle 260 previste finora, proponendo una riduzione -peraltro l’unica sulla quale l’Enel si era dichiarata disponibile a trattare- di carattere più che altro scenografico, se solo si considera che l’intero impianto a pieno regime nel 2011 ha prodotto -sempre secondo i dati rilevati dall’Enel e approvati dalle autorità competenti- un totale di 55 tonnellate di polveri, ovvero circa un terzo del limite che il sindaco ha “imposto” con “severità” memorabile nella conferenza dei servizi. Per quanto riguarda la fissazione del 2034 come data di chiusura dell’impianto (anche qui nel pieno rispetto delle indicazioni di Enel sul ciclo di vita della centrale), qualsiasi persona mediamente dotata di buon senso non potrà che considerarla, più che una prescrizione, una profezia da cartomante. È grave che il Sindaco e gli altri enti rappresentati in Conferenza dei Servizi abbiano perso Nel novembre 2011 l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) ha pubblicato uno studio sugli impatti sanitari, ambientali ed economici dell’inquinamento atmosferico dei principali impianti industriali europei. In quella ricerca l’EEA presenta una classifica dei 20 impianti industriali più inquinanti, per emissioni atmosferiche, nel nostro continente: al 18° posto viene classificata la centrale termoelettrica a carbone Enel Federico II, a Brindisi. Lo studio fornisce una stima del costo aggregato dei danni sanitari, economici e ambientali di quell’impianto: un importo economico tra i 536 e i 707 milioni di euro. Greenpeace Italia ha deciso di utilizzare lo stesso metodo applicato dall’EEA, estendendolo a tutte le centrali termoelettriche a carbone di Enel in Italia, e si è fatta promotrice della campagna ENEL, KILLER DEL CLIMA. Enel è la grande multinazionale italiana, controllata per il 30% dal Ministero del Tesoro, operante in molti Paesi del mondo, la più grande azienda elettrica in Italia, Spagna, Slovacchia e in alcuni grandi Paesi dell’America Latina, nonché la seconda più grande azienda in Europa per capacità installata. Alle dettagliate denunce e richieste di informazioni da parte di Greenpeace, ENEL ha risposto trascinando l’organizzazione ambientalista in tribunale e chiedendo risarcimenti milionari per danni di immagine, cercando così di intimidire con i propri legali i cittadini che si oppongono alla devastazione dell’ambiente e della propria salute. Intanto gli studi effettuati stimano le morti premature causate dalle centrali a carbone in Italia nel 2009 in 562 unità, di cui il 64,4% imputabili alle 8 centrali ENEL. I dati di emissione utilizzati in questo studio fanno riferimento al 2009, anno in cui la centrale a carbone Enel di Civitavecchia ha funzionato molto poco. L’applicazione della metodologia EEA a quelli che sarebbero i valori di emissione della centrale funzionante a pieno regime farebbero aumentare i casi attesi di morti premature fino a circa 400 unità l’anno per l’Italia, e il valore aggregato dei costi esterni della produzione Enel da carbone a oltre 2 miliardi di euro l’anno. MAGGIO 2013 - BARRICATE 75 MOVIMENTI VALLE AVVELENATA Storia di guerra in Ciociaria Laura Ballerini Si ringrazia per la collaborazione Alberto Valleriani, presidente ReTuVaSa Le foto sono tratte dalla manifestazione del 6 Ottobre 2012 a Colleferro, a cui parteciparono circa 3000 persone da tutta la valle. Tutte le volte che si parla della famosa Ciociaria ci si riferisce in realtà a una precisa porzione del territorio laziale, compresa tra i Monti Ernici e i Monti Lepini: la Valle del Sacco, oggi in grave emergenza per inquinamento ambientale. Attraversata dal l’omonimo fiume, questa valle è situata nella provincia di Frosinone (in parte anche in quella di Roma) e ospita diversi comuni tra cui Anagni e Colleferro. Storie di industrie belliche Dal 1912 una parte di quest’area è sede di un importante distretto industriale, la cui intensa attività ne ha compromesso la salute ambientale, sanitaria e sociale. Il dossier pubblicato da Legambiente e dal CNBAC (Coordinamento Nazionale Bonifica Armi Chimiche) nel 2012, Armi chimiche: un’eredità ancora pericolosa, scrive infatti: “Nel 1912 il Governo Italiano, all’indomani della conquista dello ‘scatolone di sabbia’ libico (i giacimenti petroliferi erano ancora ignoti), desideroso di tenere il passo con le potenze europee, si convince della necessità di dotarsi di una prima vera e propria industria bellica” e per la sua protezione dal mare, vicinanza a una grande città e possibilità di scarico industriale nel fiume Sacco, il sito dove sorgerà poi Colleferro venne considerato l’ideale. “In particolare – prosegue il testo – gli anni ‘70 e 76 MAGGIO 2013 - BARRICATE ’80 sono da ricordare per una conduzione aziendale particolarmente spregiudicata. I principali settori industriali, chimico, bellico e ferroviario, con i loro scarti di produzione interrati all’interno del sito industriale, comporteranno ripercussioni devastanti sull’intera Valle del Sacco, provocando danni indelebili all’importante settore agricolo e contaminazioni nella catena alimentare e negli esseri umani”. Tale frenetica attività industriale, secondo un’inchiesta condotta dal giornalista Gianluca di Feo (e pubblicata nel volume Veleni di Stato, 2009), era dovuta alla collaborazione tra le industrie del distretto e il dittatore iracheno Saddam Hussein, il quale, nel corso degli anni `80, ricostruiva il suo arsenale in chiave chimica. Il dossier di Legambiente dice infatti: “Gianluca Di Feo, in Veleni di Stato, ricostruisce tasselli essenziali circa la responsabilità delle produzioni belliche colleferrine, in particolare relativamente alla fornitura di tecnologie atte a trasformare armi convenzionali in armi chimiche, scavalcando le convenzioni internazionali”. E infine: “In tempi recenti (2006) – continua il dossier – le industrie belliche di Colleferro (ora Simmel Difesa SpA) vendono ancora unità di ricambio di armamenti modificabili in vettori chimici a paesi come l’Arabia Saudita, trasferibili ad altri paesi ex Legge 185/90, che non garantisce l’ end use. Non è dato sapere, in ultima analisi, quali altri paesi siano in possesso di tecnologia italiana per la modifica di armi convenzionali in armi chimiche.” Il devastante impatto ambientale L’effetto di questa intensa attività industriale si è rivelata disastrosa per l’ambiente circostante. Ai primi anni `90 risale il primo atto giudiziario con la sentenza del Tribunale di Velletri per il ritrovamento di fusti tossici, contenenti scarti di produzione delle industrie colleferrine; nel 1998 la Commissione Bicamerale per il traffico illecito di rifiuti ribadiva che su Colleferro insisteva una bomba ecologica con contaminazioni diffuse sia nei luoghi incriminati (Arsenico, Cadmio, Piombo) che nelle acque di falda superficiale (metalli pesanti e organo clorurati), e che nel complessivo nei terreni e nelle acque si evidenziavano presenze LAZIO - LA TERRA RACCONTA vo della popolazione. Il nuovo studio di cui ancora non si hanno pubblicazioni ufficiali effettuato su un campione più ampio, da indiscrezioni, ribadisce però i dati allarmanti del 50% della popolazione contaminata da Betaesaclorocicloesano. anomale di pesticidi. Successivamente, nel 2005, in campioni di latte crudo di un’azienda agricola vennero trovati alti livelli di beta-esaclorocicloesano (Beta-HCH), una sostanza proveniente da insetticidi tossici che, nel 2008, uno studio condotto dal Dipartimento di epidemiologia della ASL Roma riscontrò nel sangue degli abitanti dell’area. Questo studio afferma: “si è accertato un inquinamento ambientale di ampia estensione legato alla contaminazione del fiume Sacco da discariche di rifiuti tossici di origine industriale (contaminazione delle acque e utilizzo nelle aziende a scopo irriguo), a cui potrebbero essere stati esposti non solo gli animali di interesse zootecnico, ma anche la popolazione umana”. Prima di arrivare all’uomo, però, la contaminazione aveva portato all’abbattimento di più di 6000 capi di bestiame e all’emanazione di numerose ordinanze che vietavano il consumo di ortaggi e frutti coltivati nei terreni delle zone a rischio. Nel 2005 Piero Marrazzo, allora (e fino al 2009) presidente della Regione Lazio, nominato commissario straordinario per gestire la situazione della Valle del Sacco, dichiarò lo stato d’emergenza e la zona divenne Sito di Interesse Nazionale di Bonifica. L’assunzione di alimenti inquinati e l’esposizione a sostanze tossiche ha però compromesso la salute della popolazione della Valle. Il sopracitato studio infatti affermava: “si è evidenziato un aumento di mortalità per tumore dello stomaco e della pleura e per malattie cardiovascolari. L’analisi di morbosità, eseguita separatamente per i periodi 19972000 e 2001-2004, ha evidenziato un eccesso di ricoveri per diverse forme tumorali, in particolare negli uomini. Sono stati inoltre osservati eccessi di ricovero per malattie cardiovascolari e asma negli uomini, disturbi del sistema nervoso periferico e degli organi genitali in entrambi i sessi”. “Il quadro di aumento della patologia respiratoria e cardiovascolare – continua lo studio – riscontrato nel comune di Colleferro e nelle aree rurali viciniori può essere in parte attribuibile all’inquinamento dell’aria negli anni trascorsi. Gli eccessi di tumore della pleura possono essere messi in rapporto con la esposizione ad amianto in ambito occupazionale”. Le conclusioni dello studio come da relazione del Dipartimento di Epidemiologia della USL RME provocano un allarme sociale, anche se derivanti, allora, da un campione esiguo non rappresentati- ReTuVaSa L’interesse verso la salute del proprio territorio coinvolse un numero sempre maggiore dei cittadini tra Colleferro, Anagni e Ferentino, e ReTuVaSa (Rete Tutela Valle del Sacco, ODV-Onlus dal 2010) acquisì un’eco sempre maggiore, prendendo parte a numerose trasmissioni televisive e ai processi inerenti l’inquinamento della valle, per farsi interlocutrice di un diverso sviluppo del territorio. Tra questi ultimi, il processo inerente gli illeciti nella gestione degli inceneritori di Colleferro. Nel marzo del 2009, infatti, si rilevarono procedure criminose nella gestione dei rifiuti, come smaltimento illecito, falsificazioni di certificati di conferimento e modifica dei valori limite delle emissioni in atmosfera. Il 10 gennaio scorso un motivo di grande soddisfazione per ReTuVaSa è stata l’ordinanza di rinvio a giudizio emessa dal Tribunale di Velletri per i 26 indagati nel processo sopracitato. ReTuVaSa è stata ammessa come parte civile in questo processo, come in quello dell’inquinamento della Valle del Sacco e in un altro processo che unisce Malagrotta a Colleferro sempre per la gestione illecita dei rifiuti. La nuova questione che in questo momento interessa i sostenitori per la tutela della valle, è il declassamento da Sito di Bonifica di Interesse Nazionale (SIN) della Valle del Sacco in Sito di Interesse Regionale (SIR), e quanto questo possa giovare o meno al risanamento dall’area, dopo cento anni di veleni. “È accertato – afferma Alberto Valleriani, presidente ReTuVaSa – che l’essere umano in un ciclo perverso ha preferito “progredire” attraverso un’industrializzazione selvaggia generando bombe ad orologeria ecologiche che gli si sono ritorte contro come un boomerang, andando a contaminare il ciclo alimentare e di conseguenza quello biologico. Ora si tirano le somme e ci si attende che qualcuno prenda finalmente in esame le nostre istanze che propendono verso una visione dei territori priva di conseguenze ambientali, nella direzione di moratorie industriali e di sviluppo sostenibile non solo a parole”. MAGGIO 2013 - BARRICATE 77 LAZIO – LA TERRA RACCONTA SUCCEDE DOMANI CARBONE PULITO di Michele Boato Silvio La Scienza è un noto docente, splendida e fulminea carriera universitaria, a 36 anni è già cattedratico di Igiene in una prestigiosissima Università di Roma. L’intelligenza è acuta, ma certo le illustri conoscenze del padre, anche lui celebre e stimatissimo cattedratico, hanno aiutato. Il suo nome appare sempre più spesso nelle pubblicazioni scientifiche relative alle centrali elettriche di ogni tipo; le industrie fanno a gara per averlo alle loro conferenze stampa e, ancor più, ai loro prelibati convegni di studio (no, non è una svista: “prelibati” lo sono veramente, perché il momento clou di questi consessi è il pranzo, con portate senza paragoni). Nel 2000 un’industria elettrica lo contatta per uno Studio di Impatto ambientale relativo alla trasformazione a carbone di una sua centrale elettrica nell’alto Lazio. È bastata una telefonata e il docente è volato all’appuntamento: ha trovato altri colleghi di varie specializzazioni, dall’ingegneria impiantistica alla chimica, dalla geotecnica alla botanica. Tutti pronti a studiare i possibili impatti del carbone nell’area circostante. Lo studio è stato veloce: molte parti erano già quasi pronte, è bastato prendere altri Studi simili (fatti per altre centrali) e riadattarli un po’. Per altri settori, si è spulciata la letteratura scientifica internazionale, scegliendo le ricerche che più si adattavano alle raccomandazioni di fondo dell’industria: “serietà sì, ma niente allarmismi” e “bando alle esagerazioni del principio di precauzione: se i pericoli non sono dimostrati, non siamo obbligati a tenerne conto”. Dal Ministero, dopo qualche mese e alcuni “mal di pancia” di singoli tecnici (debitamente spostati di incarico, per guarirli da questi fastidiosi malori), è arrivato il Nulla-Osta. I giornali, di proprietà di palazzinari, amici degli amici del carbone, hanno titolato entusiasti “Finalmente si parte verso l’energia del futuro”, “La centrale al passo coi tempi, crea occupazione”, “Stop al partito del No”. Quest’ultimo titolo si riferiva ai “Comitati cittadini per la salute e contro il carbone”, che per anni avevano ostacolato ogni tappa dell’iter autorizzativo, ricordando la quantità di polveri fini e finissime, di metalli pesanti, mercurio, arsenico e gas di scarico che la combustione di una quantità così enorme di carbone provoca. C’erano state anche varie assemblee popolari in cui, in risposta ai convegni di lusso degli industriali, diversi medici del lavoro ed altri scienziati erano venuti, gratuitamente, a spiegare i danni certi, e quelli probabili, provocati dal carbone alla salute umana e all’ambiente. La stampa e le TV non ne avevano quasi parlato, anzi intervistavano sempre più spesso politici e accademici che, per disinteressata simpatia verso gli industriali, tessevano le lodi delle “magnifiche sorti e progressive del carbone”. I lavori sono durati meno di 2 anni; a tagliare i nastri tricolori si sono precipitati una carovana di papaveri politici, religiosi e militari da tutto il Lazio. La gente osservava perplessa da molto lontano, vedeva lo spettacolo in TV, sentiva e leggeva sulla stampa un ritornello ossessivo: “È carbone pulito”. Dopo dieci anni, i dati del Registro Tumori, che le autorità avevano cercato invano di secretare, registrano nella zona un aumento sempre più rilevante di casi, soprattutto alle vie respiratorie e, incredibile, anche tra i bambini da 0 a 3 anni. Il prof. Silvio La Scienza, che abita a 2 Km dalla centrale, è disperato: una leucemia infantile ha colpito Luca, il piccolo che avevano tanto desiderato: una fatalità davvero imprevedibile. 78 MAGGIO 2013 - BARRICATE LINGUAGGI GRAFICI: MICHELE PETRUCCI PIER FRANCESCO ORSINI, DETTO VICINO Michele Petrucci Nasce nel 1973 nelle Marche, dove vive. Ha pubblicato i fumetti Keires, Sali d’argento (Innocent Victim), tradotti anche in Francia e negli Usa, Numeri (Magic Press), Metauro e Il brigante Grossi e la sua miserabile banda (Tunué), A caccia di rane (Topipittori). Ha disegnato Il vangelo del coyote (Guanda) e la trilogia FactorY (Fernandel). Ha scritto e disegnato racconti per il Corriere della sera, Il manifesto, Coconino Press e Black Velvet. Ha vinto il premio Nuove Strade (2002) e il premio Attilio Micheluzzi (2009). Il suo blog si chiama Niente Trucchi. In ogni numero di Barricate Michele Petrucci dedica una tavola ad un personaggio storico della regione trattata MAGGIO 2013 - BARRICATE 79 TEATRO Intervista agli occupanti COME L’ACQUA COME L’ARIA Come il Teatro Valle è diventato “bene comune” Massimiliano De Simone PH courtesy “Valle Occupato” Il Teatro Valle è uno storico teatro di Roma. Inaugurato nel 1727, è da allora in attività. Ha sede in un palazzo del 1550 nel quartiere Sant’Eustachio, lo stesso rione in cui si trova San Luigi dei francesi, chiesa che custodisce tre dipinti del Caravaggio, visibili a tutti e gratuitamente. Al Valle si sono esibiti i più noti artisti, teatranti e musicisti degli ultimi tre secoli. L’ETI1, Ente Italiano Teatro, gestiva e curava la programmazione del teatro dal 1955. Fino al 2010 il Valle, teatro pubblico per eccellenza, ha un suo regolare cartellone annuale e svolge una sua regolare attività di promozione culturale sul territorio. 80 MAGGIO 2013 - BARRICATE Ma la scure del “taglia-enti” statale) si ritrova senza guida, sta per abbattersi. Il super mi- sotto tutela, impossibilitato a nistro economico del terzo go- svolgere la sua funzione. Il verno Berlusconi, il “creativo” 19 maggio 2011 tutte le sue attività sono inTremonti, piaterrotte in attesa nifica tagli alla La cultura è come che la gestione spesa pubblica l’acqua, un bene del teatro sia afe una riduzione dei costi della essenziale, un diritto fidata a terzi, atpolitica e della universale che appar- traverso un banpubblica ammi- tiene a tutti. Nessuno do di gara con modalità e temnistrazione. Con può appropriarsene pistiche da defiil Decreto Legge per trarne profitti nire. Si prospetta n. 78 del 31 maguna situazione di gio 2010 l’ETI è soppresso.2 Le sue competenze stallo. Emerge l’ipotesi di una passano, provvisoriamente, al privatizzazione più o meno diMinistero per i beni e le atti- retta e di una direzione artistività culturali. Il Teatro Valle ca da affidare al solito attore (come anche gli altri teatri di richiamo (il buon Albertazzi gestiti direttamente dall’ente in questi casi è un nome sem- 1- L’Ente Teatrale Italiano (E.T.I.) è stato un ente statale sotto l’egida del MinCulPop, nato nel 1942 con lo scopo di promuovere e diffondere le attività teatrali di prosa, musica e danza attraverso una politica di valorizzazione e scambi del patrimonio culturale nei limiti delle direttive imposte dal Ministero dei Beni Culturali in materia. Nel 1969 acquista il teatro Valle e negli anni ‘90 cofinanzia l’ampliamento del foyer. 2- Con il Decreto Legge n. 78 del 31 maggio 2010 recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, l’ETI viene soppresso. Le sue competenze passano al Ministero per i beni e le attività culturali. L’obiettivo dichiarato del decreto è ribadito nelle sedi istituzionali: si tratta di “un intervento finalizzato al superamento della crisi dell’euro, provocata dalla speculazione. Con tale manovra, infatti, il Governo si prefigge l’obiettivo di ridurre il peso dello Stato nell’economia e nella società”. foyer. LA CULTURA DIETRO LE RIGHE corsi di formazioni per tecnici; laboratori teatrali, incontri e dibattiti con i cittadini. In collaborazione con un gruppo di giuristi si sta lavorando alla stesura dello statuto e alla configurazione di una “Fondazione Valle bene comune”, i cui soci aderiscono online e sempre online chiunque può lasciare commenti e critiche sulla bozza. Dopo sei anni sono ripresi al Valle Occupato, fuori dalle sedi istituzionali, i lavori della commissione Rodotà4 sui beni comuni. courtesy Harriett Bennett 3- Definizione di beni comuni: sono quei beni che producono utilità idonee a garantire i diritti fondamentali della persona nell’interesse anche delle generazioni future. 4- La Commissione Rodotà è istituita nel 2007 al fine di studiare la riforma delle norme del Codice Civile in materia di beni pubblici; dopo 11 riunioni plenarie e 5 riunioni speciali della Segreteria Scientifica, si è prodotta una proposta di articolato che non è mai stata tramutata in legge. pre molto spendibile). Il 14 giugno del 2011, il giorno dopo la vittoria del SÌ al referendum sull’acqua bene comune, teatranti e lavoratori dello spettacolo occupano il Valle con lo slogan ”come l’acqua, come l’aria, riprendiamoci il Valle”. L’azione produce una grande mobilitazione del mondo dello spettacolo a favore dell’iniziativa, una forte partecipazione dei cittadini e un imprevedibile sostegno al progetto da parte di giuristi di levatura internazionale. Il prof. Ugo Mattei, redattore dei requisiti referendari, non solo riconosce l’opportunità dell’occupazione, ma ricorre al concetto giuridico di bene comune3 per tutelare il Valle. Partendo dalla definizione giuridica data dalla commissione Rodotà, il prof. Ugo Mattei valorizza la funzione politica e PH courtesy “Valle Occupato” di mobilitazione del concetto di bene comune: è il collante per rivendicazioni sociali su qualcosa che si ritiene debba essere fruito da tutti, senza vincoli economici (il territorio per esempio); produce citta- Al Valle Occupato c’è un progetto: fare cultura in modo alternativo, fare autoformazione, favorire voci e notizie che non trovano i canali giusti dinanza civile perché esalta il sentimento collettivo di emancipazione e di partecipazione; mette in collegamento lotte diverse e pone un freno alla drammatica crisi della rappresentanza. La cultura è come l’acqua, un bene essenziale, un diritto universale che appartiene a tutti, nessuno può appropriarsene per trarne profitti. Due anni dopo, l’occupazione del Valle continua. Il teatro è soprattutto un luogo vissuto fisicamente e quotidianamente dagli occupanti, sostenitori, spettatori, simpatizzanti. Un cantiere in continuo fermento: spettacoli teatrali, di nomi illustri e compagnie meno note; proiezioni di film che non hanno avuto una distribuzione nazionale e di video sperimentali; Del Valle Occupato ne parliamo con Stefania, un architetto quarantenne che dagli inizi segue e si impegna nella gestione di questo progetto “complesso ed entusiasmante”. Come ti sei ritrovata in quest’avventura? Due anni fa in Italia si percepiva un senso di malcontento e di svuotamento di valori in cui mi riconoscevo. In una città europea come Roma non c’erano risposte a questo svuotamento soffocante che vivevamo quotidianamente. Sona andata al Valle Occupato per curiosità, lo conoscevo già come spettatrice e ci sono rimasta. Ho visto un’energia costruttiva e propulsiva: non si trattava di un’occupazione del tipo “dormiamo e fumiamo”. C’era un progetto: fare cultura in modo alternativo al modello dominante, fare informazione favorendo le voci e le notizie che non trovano mai i canali giusti. Queste attività erano, e sono tuttora, accompagnate da dibattiti pubblici che ripropongono l’idea del teatro come luogo della cittadinanza in cui si discute non solo di questioni artistiche, ma anche sociali e di stringente attualità; penso all’incontro con i lavoratori dell’ ILVA. Come è organizzata la gestione del Valle Occupato? Premessa: tutti quelli che sono impegnati nell’occupazione lo MAGGIO 2013 - BARRICATE 81 LA CULTURA DIETRO LE RIGHE fanno a titolo gratuito, ritagliandosi del tempo dai propri impegni lavorativi o personali. Questo comporta che nell’organizzazione spicciola degli eventi possano esserci piccoli disguidi, ritardi. Le mancanze sono dovute alla gestione più ampia e partecipata possibile di una macchina complessa, e anche alle nostre parziali lacune che stiamo cercando di colmare con l’esperienza. L’organizzazione è divisa per gruppi di lavoro: accoglienza, pulizie, sicurezza, tecnici, programmazione, comunicazione, internet, formazione; c’è il Valle ragazzi che si occupa di formazione teatrale per i minorenni. Sono gruppi aperti a chiunque abbia voglia di morte, la cultura del nulla di partecipare con passione e mascherato era opprimente. responsabilità. Ogni professio- Al Valle Occupato l’aria era nalità e competenza specifica pulita, con tutti i limiti e le inè considerata una ricchezza. congruenze delle cose umane. Altra componente fondamen- L’altro aspetto interessante è tale sono i tavoli pubblici con che l’azione del Valle è stata i cittadini su vari argomenti. Il propulsiva per l’occupazione presupposto di questa scelta è di altri teatri in Italia: il teatro che la cittadinanza sia attiva Coppola di Catania, il teatro nella programmazione dell’at- Garibaldi aperto di Palermo, tività teatrale, proponendo le Sale Docks di Venezia, Il Macao di Milano e altre realtà temi e dando suggerimenti. Tutti i gruppi s’incontrano in adesso in rete con il Valle Ocun’assemblea plenaria il lune- cupato. dì. L’altro modo per comuni- Un altro tema centrale della care è la mailing list, divisa in vostra attività è la formaziosottogruppi collegati a un ma- ne e l’auto formazione. Formazione che sia economicro gruppo. camente sosteniL’occupazione bile e consenta del Valle ha da Attività e dibattiti opportunità di subito richialavoro. In qualpubblici ripropongomato l’interessiasi settore, arse dei cittadini no l’idea del teatro tistico o non, sei romani? come luogo della spolpato dalla L’occupazione cittadinanza, in cui formazione; ti è partita da lasi discute non solo di formi sempre a voratori dello tue spese e non questioni artistiche, spettacolo ma avuto una gran- ma anche di temi so- lavori mai. Vivi una finta condide risposta della ciali e di attualità zione di eterno cittadinanza, che giovane. Al Valevidentemente le organizziamo molti corsi temeva un’appropriazione indi formazione, a costi molto debita da parte della politica bassi, per tecnici e per artisti. di una ricchezza che riteneva, Inoltre diamo spazio con mogiustamente, di tutti. I romani dalità sempre nuove a giovani avevano bisogno di bellezza. artisti. Per esempio il musiciA Roma si respirava un fetore 82 MAGGIO 2013 - BARRICATE Laboratorio teatrale al Valle di Fausto Paradivino sta Enrico Melozzi ha organizzato un concerto di cento giovani violoncellisti, provenienti da tutto il mondo, diretti dal maestro Giovanni Sollima. Un nome di prestigio ha consentito ad un gruppo di giovani talentuosi ma sconosciuti di esibirsi davanti ad un grande pubblico. Hanno lavorato. Tu mi hai parlato di “malattia Valle”… (Stefania sorride)…Sì, succede quando nonostante che ti barcameni tra due lavori precari, tra gli imprevisti di tutti i giorni, trovi il tempo di passare al Valle per fare quello per cui ti sei proposta. Io mi occupo prevalentemente dell’accoglienza. Al Valle si fa, si discute di progetti, non ci si lamenta. Si fa con passione. Produrre cultura, condividerla è l’unico modo per creare cittadini consapevoli e critici. Mi sono riconosciuta in questo: io ho voglia di costruire. Il Valle è come ci sentiamo noi oggi: persi, incasinati, instabili; ma sappiamo dentro di noi di valere molto e il Valle ci dà l’occasione di mostrarlo. LA CULTURA DIETRO LE RIGHE MUSICA JANNACCI, IL MILANESE TERÙN Fabio Greggio Devo intervistare Jannacci. Gli telefono e lui mi fa subito: “Sei della Rai? io non parlo più con nessuno perché sùnt incasà, ….quello là che mi sembra il Mussolini e tutti ad applaudire…”. Gli dico che siamo una radio olandese in lingua italiana. Allora mi dice si, si può fare: fissiamo un appuntamento telefonico. Il giorno stabilito siamo in diretta. Gli telefono e mi risponde la moglie: “È dal barbiere… ussignùr”. La moglie preoccupata mi dà il numero del barbiere. Telefono al barbiere: “C’è Jannacci?” Mi passano Enzo: “Maestro è per un’intervista, la cercano” Preoccupato, gli dico: “Enzo ma non ti ricordi?” “Sei della Rai?”. “Ma no Enzo, siamo la radio olandese, ricordi?” “Casso mi sono dimenticato, la facciamo qui l’intervista?” “Dal barbiere?” “Sì, dal barbè” “Va bene” . Inizia a parlare di Berlusconi. “Io mi ricordo perché lui lo conoscevo, el picùl. Si saltava sui camion della margarina per ciularla [ndr. Dal milanese rubarla]. Il mio papà l’era un terùn, in una mano la valigia di cartone legata con lo spago, nell’altra io. Nel ‘57 io, il Gaber e il Cele, che cantava, partecipiamo al primo Festival del rock’n’roll al Vigorelli di Milano. Il Cele imitava Jerry Lewis, saltava con le gambe a croce ed io suonavo il piano. Successone, abbiamo vinto il festival!” E poi parlando di Berlusconi, sua ossessione, e la delusione per il popolo che lo vota: “Non voglio più parlare con nessuno, sono arrabbiato dentro. Ma non si può dài…ma io me li ricordo quelli che andavano ad applaudire il Benito, era la stessa cosa.” La parlata era sbiascicata, come se avesse un mandarino in bocca. Si capiva e non si capiva. Giorni dopo telefono alla Franca Rame e glielo dico. “Fa così con tutti, lo fa apposta, parla che non si capisce niente. Io una volta mi sono incazzata e gli ho detto: senti o parli bene o riappendo. ….Mi ritelefona e chiede di Dario. Parla bene e si capisce tutto. Chiamo Dario contenta: Dario! È Enzo, parla! Ma si capisce tutto!” Enzo Jannacci è stato il padre del cabaret moderno. Ha inventato il surrealismo reale, quello che con le metafore e il sarcasmo, condito da frasi fatte, porta a conoscenza il mondo dei reietti, dei diseredati, dei barboni, quelli che vivono di espedienti, alla ricerca di una dignità impossibile. Al Santa Tecla, locale storico della Milano degli anni ’50, fa gruppo prima con Tony Dallara, primo urlatore a rompere il ghiaccio all’epoca di Nilla Pizzi e Claudio Villa, poi con Celentano. Con Giorgio Gaber crea il duo dal nome “I Corsari”, con Luigi Tenco e Riky Gianco. Attorno a lui ruota il fermento irripetibile di una Milano catapultata ad essere una delle capitali europee delle avanguardie. Nel 1963 incontra Dario Fo e inizia un percorso irripetibile di canzoni storiche in milanese miste spesso all’italiano: Ho visto un Re, La Lampadina, Vengo anch’io, Il Foruncolo, Veronica, Aveva un taxi Nero, Il Bonzo… Canzoni entrate nella storia della città meneghina e poi del Paese. Jannacci è stato l’epicentro attorno al quale sono nati e cresciuti Cochi e Renato, Felice Andreasi, Lino Toffolo, Diego Abbatantuono. Tutta la generazione dei Paolo Rossi, Bisio, Bebo Storti ed altri hanno attinto a piene mani dal surrealismo del maestro: possiamo anzi dire che senza di lui molto oggi sarebbe diverso. Enzo è diplomato al conservatorio con otto anni di pianoforte, è laureato in medicina con specializzazione in Sud Africa presso Christiaan Barnard, primo ad avere praticato il trapianto di cuore al mondo. Ha gestito ambulatori a titolo gratuito per gli extracomunitari e ha sempre avuto un cuore grande per tutti. Umile, schietto, popolare, lui è l’anima di una Milano che non c’è più. La Milano dei bar di periferia, dei quartieri che sono paesi nella città, dei personaggi sopra le righe. Interpretato da tutte le grandi, Mina, Milva, Ornella Vanoni, capace di intimismi geniali come in Vincenzina, Ohei sunt chi!, El me indiriss, Jannacci rappresenta il meglio di una città che da anni dà solo il peggio. Con lui scompare una delle anime nobili di una città che non riesce più a trasmettere ai suoi cittadini l’orgoglio di essere milanesi. Anche quando si è barbùn cunt i scàrp del tennis. Ciao Enzo, ci mancherà la tua geniale umiltà. MAGGIO 2013 - BARRICATE 83 LINGUAGGI GRAFICI: SERGIO PONCHIONE Sergio Ponchione Fumettista e illustratore nato ad Asti nel 1975. Le sue prime storie appaiono sulla rivista Maltese Narrazioni, poi raccolte nel volume Impronte Maltesi da Scritturapura. Per Bonelli Editore e Star Comics ha disegnato la serie Jonathan Steele. È il creatore dell’Obliquomo, personaggio protagonista di un volume edito da Coconino Press e in Francia da Vertige Graphic. Con la serie Grotesque, edita anche negli Usa da Fantagraphics, ha vinto il Premio Gran Guinigi a Lucca nel 2009. Ha collaborato con vari editori e riviste come Linus, Internazionale, La Repubblica XL, Puck! e Slowfood. Per l’antologia Cattivi Soggetti (Rizzoli) ha illustrato un racconto di Loriano Macchiavelli. Ha realizzato i disegni dell’albo Verso la Terra Promessa per il Premio Exodus di La Spezia, il racconto Storia di Aiace, Fumettista Tenace! per l’antologia Gang Bang de Il Manifesto/BD, vincitore del Premio Micheluzzi a Napoli Comicon 2012, e ha illustrato l’ultima Guida Zero di Torino. Insegna alla Scuola di Fumetto di Asti. Il suo ultimo lavoro è Comics for Engineers, albo promozionale per conto della fattoria digitale Moltimedia per il lancio di Emax2, nuovo interruttore dell’azienda di automazione ed energia ABB. http://mondobliquo. blogspot.com http://ponchione-splog. blogspot.com 84 MAGGIO 2013 - BARRICATE FUMETTO A STRISCE Intervista a Max Olla BALLOONS Il Blog delle Comic Strips Nazareno Giusti È un dato di fatto: il fumetto così detto “a striscia”, in Italia, a parte rari esempi, è sempre stato bistrattato soprattutto dopo il tragico periodo della chiusura delle riviste. Oggi, con la fine del periodico Comix, solo Linus è rimasto in edicola a pubblicare comic strip, come le chiamano negli States, dove, invece, hanno avuto e hanno un notevole successo, occupando posizioni di primaria importanza sulle principali testate giornalistiche. Qui da noi non se ne parla neanche lontanamente. A cercare di colmare questa lacuna ci prova un blog, visitatissimo, dal nome caratteristico, inequivocabile: “Balloons- Il Blog delle Comic Strip”. “Novità, storie e storia delle comic strip” e ogni giorno una nuova striscia. Deus ex machina dello spazio web è Max Olla, tra i massimi esperti di questo particolare genere di fumetto. Olla, come è nata la sua passione per le strip? Ci sono cresciuto, me le ritrovavo nei diari. Ho letto innumerevoli volte i Peanuts. Le riviste Linus, il Mago, Eureka e poi, più tardi, Comix mi hanno accompagnato. Ma il salto quasi da studioso del genere è arrivato nella fase in cui avevo deciso di perfezionare l’inglese e ottenere il “Proficiency”, allora l’esame più difficile nelle scuole private. Avevo bisogno di una lettura che mi aiutasse a capire le conversazione in un contesto vivo e divertente. Ho cominciato a cercare raccolte di strisce in originale e mi si è aperto un mondo. Compravo di tutto scoprendo autori e strisce mai arrivate in Italia. E incredibilmente la stessa parola che in un libro mi sarebbe rimasta dal significato oscuro dentro le strisce mi entrava in testa con tutte le sfumature semantiche. Poi è arrivata l’era del web e della scoperta dei talenti italiani sommersi, ma questa è un’altra storia. Ecco, parliamo dell’ “altra storia”...come e perché è nata l’idea dello spazio web? Agli albori o quasi del web in Italia, nel 1998, misi su un sito per sperimentare un po’ il linguaggio e la programmazione delle pagine: www.ragnacci.net. Niente di individuale, sempre detestato il narcisismo web. Bel periodo, molto creativo. Cominciai a scrivere su quello che più mi piaceva: le strisce. Un giorno bussò, via mail, un autore italiano, si chiama Fulber e da lui iniziai un percorso nel mondo del fumetto “a strisce” italiano: autori come Lele Corvi, Deco, i Persichetti e tanti altri ancora. Non pubblicati e trascurati ma ora visibili grazie a Internet. Senza quasi accorgermene mi ritrovai ad agire come talent scout in quel mondo sommerso. Con il primo gruppo di autori decidemmo di fondare un gruppo, per rilanciare la striscia italiana e che chiamammo, ovviamente: la Striscia. Ma la vera idea era quella di una sorta di cooperativa, un’agenzia collettiva che proponesse le strisce a giornali e editori. Dopo qualche esperienza positiva, si sciolse per vari motivi. Ma, intanto, si era MAGGIO 2013 - BARRICATE 85 affiancato il blog Balloons che è ancora in piedi e ha raccolto qualche successo e qualche premio dalla critica di settore. Chi sono gli autori dei comics strip ospitati? L’elenco è lungo, nel tempo molti si sono succeduti: per conoscerli meglio (e non dimenticare nessuno) rinvio agli archivi del blog, per ogni arrivo abbiamo scritto una recensione o un’introduzione. Motivo di grande orgoglio, comunque, è stato riunire i padri della striscia contemporanea italiana, la generazione della rivista Comix, ritrovati uno a uno con pazienza: Totaro, Ciantini, Cavezzali, Scarton. Dalle nostre pagine è passato anche Makkox quando ancora non era noto come oggi e poi Pino Creanza, Bruno Olivieri, Stefano blogcomicstrip. blogspot.it COMIC STRIPS Max Olla Frassetto, Stefano Milani. Infine, la più piccola del gruppo, scovata due anni fa a soli 24 anni: Andrea Barattin. Alcuni degli autori scoperti se fossero nati negli USA, magari nel periodo d’oro delle strip, oggi avrebbero un estratto conto bancario migliore anziché mendicare spazi su giornalini retti da editori penosamente ignoranti e rozzi. E sono sicuro che se a noi ci avessero dato carta, credito ed edicole avremmo potuto stracciare qualunque rivista di strisce del passato. 86 MAGGIO 2013 - BARRICATE Comic strips, letteralmente “strisce comiche”, non è traducibile. Le “strisce” sono un genere particolare di fumetti. Nate nei grandi quotidiani americani, sono ideate anche per un pubblico adulto. Hanno più livelli di lettura. Vanno bene per i piccoli che apprezzano il disegno semplice e trovano buffi i personaggi. Fanno sognare e riflettere i grandi con citazioni colte, battute argute e richiami ad un’infanzia mai completata. In ogni striscia, dentro un mondo surreale, chiuso e terribilmente coerente, bambini, animali, pupazzi, robot e altri personaggi eclettici hanno un gran da dirsi e da fare. Vivono in un loro tempo ma sono uno specchio della nostra esistenza. Brevi sequenze, tre o quattro quadretti di solito, e l’incantesimo inizia. Le tavole domenicali sono più numerose e costruiscono ministorie. Sono ormai nell’immaginario di diverse generazioni. La coperta di Linus, il bracchetto sdraiato sul tetto della cuccia, il tigrotto di pezza amico di Calvin, hanno salvato il bimbo che vive dentro di noi. Ci coinvolge la straordinaria caratterizzazione dei personaggi e la loro verità. L’angoscia e l’ansia di Charlie Brown, la saggezza candida di Linus, la manipolazione del mondo di Calvin, il cinismo aziendale dell’impiegato Dilbert. È tutto, in chiave fantastica, più vero di qualsiasi telefilm o telenovela. LINGUAGGI GRAFICI: DECO e CREANZA www.inkspinster.com www.pinocreanza.it MAGGIO 2013 - BARRICATE 87 LINGUAGGI GRAFICI: SCARPIGLIATI e CIANTINI www.vincenzina.net www.palmiro.it 88 MAGGIO 2013 - BARRICATE
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