barricate n°3

EDITORIALE
COLOPHON
BARRICATE
L’INFORMAZIONE IN MOVIMENTO
anno 1°_ numero 3 _ MAGGIO 2013
registrazione Tribunale di Pesaro
n°7/2012 del 23/08/2012
di Maria Chiara Ballerini
“Le parole sono finestre, oppure muri,
ci imprigionano o ci danno la libertà.
Quando parlo e quando ascolto,
possa la luce dell’amore splendere attraverso me”
(Ruth Bebermeyer)
DIRETTORE RESPONSABILE
Giancarlo Ridolfi
DIRETTRICE DI REDAZIONE
Maria Chiara Ballerini
REDATTORI
Francesco Ballerini, Laura Ballerini, Michele Boato,
Martino Campagnoli, Franco Cittadini, Eleonora
Celi, Massimiliano De Simone, Manuela Fabbri,
Mauro Ferri, Nazareno Giusti, Fabio Greggio,
Giancarlo Iacchini, Marzia Marzoli, Domenico
Alessandro Mascialino, Adriano Mei, Max Olla,
Alberto Zoratti
DISEGNATORI
Andrea Bersani, Mauro Biani, Paolo Castaldi,
Davide Ceccon, Maja Celija, Sauro Ciantini,
Alberto Corradi, Pino Creanza, Deco, Dalia Del
Bue, Massimo Giacon, Roberto La Forgia, Pasquale
La Forgia, Ivan “Hurricane” Manuppelli, Diego
Miedo, Marilena Nardi, Davide Pascutti, Michele
Petrucci, Sergio Ponchione, Simone “Nigraz”
Pontieri, Elena Rapa, Giuseppe Scapigliati, Danilo
“Dast” Strulato, Pasquale “Squaz” Todisco, Fabio
Tonetto, Stefano Zattera
FOTOGRAFI
Paolo Rosso, Tonino Mosconi, Luciano Manna,
Insidefoto
WEB
Walter Del Prete – E-Leva
GRAFICA
Carlotta Campagnoli, Filippo Emiliani
IMPAGINAZIONE
Susanna Galeotti
STAMPA
Nuovo Istituto Italiano d’Arti Grafiche
Be Printers - Bergamo
DISTRIBUZIONE
Messaggerie Periodici Spa - Milano
via Ettore Bugatti, 15
EDITORE
Italo Campagnoli
Il verso iniziale del brano citato dà il titolo a un testo essenziale
per chi si interessa di comunicazione e di educazione, ma anche
per chi ha semplicemente a cuore il tema della pace: Le parole sono
finestre [oppure muri] Introduzione alla Comunicazione Nonviolenta.
Un punto di vista teorico e pragmatico per capire fino a che punto
può essere determinante il modo di comunicare con noi stessi e
con gli altri per la costruzione di una civiltà meno violenta.
Il processo di “comunicazione nonviolenta” è stato ideato e sviluppato da Marshall Rosenberg come metodo per la risoluzione dei
conflitti tra le persone, e si basa sul concetto di empatia: l’atteggiamento verso gli altri caratterizzato da uno sforzo di comprensione intellettuale, di ascolto con tutto il proprio essere, al di là di
ogni attitudine affettiva individuale e di ogni giudizio morale.
L’empatia richiede la non facile, né diffusa, né tanto meno scontata capacità di riconoscere l’altro come soggetto portatore non
solo di diritti, ma anche di verità. Una verità che nessuno può
possedere definitivamente e che è sempre suscettibile di essere
messa in discussione e modificata.
È provando ad “ascoltare con tutto il proprio essere” che Barricate
affronta il tema centrale di questo numero: la pace. E ciò che ad
essa ruota intorno, come suo sinonimo, suo contrario, suo complemento, pacifismo, nonviolenza, guerra, disarmo, spese militari,
finanza. Argomenti le cui tante e tali forme sfuggono a ogni tentativo di semplificazione, e che abbiamo cercato di contestualizzare
e rispettare in tutta la loro complessità dando spazio a sensibilità
e tesi diverse, alcune discutibili, contestabili forse, non del tutto
“politically correct”, ma comunque ragionate, articolate, impossibili da imbrigliare in definizioni che le etichettino sbrigativamente
facendole ricadere nella dicotomia giusto/sbagliato - bene/male.
L’appello francescano di Padre Zanotelli si addentra e fa luce sui
numerosi aspetti di questo mondo, ed altre voci si aggiungono,
dialogano e convivono, fornendo -ci auguriamo- molteplici e
talora inconsueti spunti di riflessione. E se un dibattito, magari
acceso, si scatenerà, saranno idee che circolano e che si confrontano. Un risultato assai più interessante di un quieto rimpasto di
pensieri appiattiti.
SEDE LEGALE
Strada di Monteballante, 12 - 61122 - Pesaro
[email protected]
[email protected]
[email protected]
www.barricate.net
COPERTINA
Riccardo Travaglini
Per una svista è stata omessa la titolarità di tutte le fotografie che
nel numero 2 hanno corredato l’articolo ‘Credevo fosse un pollo,
invece era un pulcino’, che ci sono state gentilmente concesse dalla
rivista Zootecnica International. Ce ne scusiamo con l’interessato.
MAGGIO 2013 - BARRICATE
1
Hurricane (Ivan Manuppelli)
Disegnatore per “Il Male” di Vauro e
Vincino e “Frigidaire”. Fondatore e direttore
irresponsabile della rivista “Puck!”, che
dopo 10 anni di attività clandestina oggi
progetta piani top secret e di stampo
apocalittico. Con la sua band, gli Hamelin,
ha recentemente dato alle stampe l’LP
“Niente di Nuovo Tranne Le Mosche”,
2
MAGGIO 2013 - BARRICATE
che contiene anche la sgangherata “Co.
Co.Pro. Blues” per cui firma testo, musica
e voce. Nel mese di Marzo, all’Ex Ansaldo
di Milano, esordisce il collettivo Hurricane
& il Fronte Pauperista degli Artisti
Rivoluzionari. Tra gli ospiti della prima
apparizione, il poeta-filosofo di strada Aldo
Monticelli, Bluesman (l’artista un tempo
noto come Becksman), (b)ananartista,
Marco Falatti, Ilaria Del Monte, Fabio
Tonetto, Leonardo Romano, Romeo Steiner,
Peppe lo Shamano di Giallonardo e Ser
Skape.
DATE: 24 MAGGIO, ore 22: Concerto
gratuito degli Hamelin all’Arci Metissage,
via Borsieri 2 - Milano
www.hurricaneivan.blogspot.com
[email protected]
BARRICATE E PALAZZI
POLITICA
ECCE LEX
Intrappolati tra vecchia casta e nuovi detta-legge.
Quale alternativa per i cittadini?
La premiata partiteria italica è ancora lì. Pervicacemente avvinghiata al potere e atterrita da qualsiasi
possibile cambiamento.
Pur di non aprire nemmeno uno spiraglio a nuove
aspettative, prospettive e procedimenti si è respinta per la Presidenza della Repubblica una figura
corretta e irreprensibile come il giurista Stefano
Rodotà. Se questo rifiuto fosse stato determinato
dal PDL sarebbe stato comprensibile: perdere privilegi e coperture personali ed arrestare la guerra
al sistema giudiziario è una questione di vita o di
morte per l’anziano capo del polo. Indecifrabili sono
invece le motivazioni che hanno potuto spingere il
Partito Democratico a dividersi fino a spaccarsi, a
stringere un’alleanza con tutto il sistema partitico
ad eccezione del proprio alleato SEL e del precedentemente corteggiato Movimento 5 Stelle, e
infine a salvare ancora una volta Berlusconi, pur di
non accettare Rodotà (che del PD, quando era ancora DS, fu addirittura presidente). Ovvero, come
ignorare il ponte tra un problema e la sua soluzione.
A giustificazione di una condotta quasi schizofrenica, il consueto ricorso al “senso di responsabilità” e
alla “necessità di uscire dalla crisi e dallo stallo”. Ci
chiediamo però quali probabilità ci siano di riuscirci
se a farsi carico di questa difficile missione saranno
le stesse persone che a crisi e stallo hanno condotto il Paese. E ancora: può un Presidente che -per la
prima volta nella storia della nostra Repubblicaaccetta un secondo mandato settennale all’età di
88 anni dopo avere egli stesso definito solo poche
settimane fa questa ipotesi “ridicola”, garantire una
soluzione politica alla paralisi dell’Italia?
A queste due domande possiamo solo proporre risposte che ci rimandano all’inizio di questo articolo: i partiti tradizionali non sono in grado di cambiare e di lasciare ad altri gli spazi che occupano. Non
possono rinunciare alle grandi opere e al business
inutile e dannoso dell’energia, che nulla portano al
Paese ma tanto nelle casse degli sponsor dei partiti.
Non possono affrancarsi dalla sudditanza al sistema bancario per non perdere le “loro” banche. Non
intendono rinunciare ai privilegi che li hanno resi
una vera e propria casta.
Di fronte a questa realtà che ha conseguenze
gravissime sulla vita dei normali cittadini, che
continuano a perdere il lavoro, a navigare nell’in-
illustrazione Riccardo Travaglini
Franco Cittadini
certezza, a non vedere futuro, i partiti stanno spalancando porte e finestre alla rabbia e alla protesta,
stanno consegnando il Paese a personaggi abili a
raccogliere questo malcontento, ma altrettanto
oscuri e determinati a non lasciare troppo spazio
alla partecipazione diretta dei cittadini. Ancora una
volta, leader accentratori che si presentano come
i detentori di una verità assoluta e indiscutibile,
che possono alzare le tavole della legge e chiedere
di nuovo una fiducia incondizionata: carta bianca
e tanti voti. L’esito di questa appropriazione della
protesta è visibile nella mancanza di preparazione
dei nuovi eletti nelle liste del Movimento 5 Stelle:
chiunque, a prescindere da virtù e competenze,
può entrare in Parlamento purché segua ciecamente il capo. Un sistema non molto diverso da quello
che per troppo tempo ha finito per riempire di “nani
e ballerine” il nostro parlamento.
È triste dirlo, ma Rodotà e il libero pensiero stanno
fuori, e ancora una volta i seguaci obbedienti stanno dentro.
MAGGIO 2013 - BARRICATE
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MAGGIO 2013 - BARRICATE
LINGUAGGI GRAFICI: DAVIDE PASCUTTI
Davide Pascutti
nasce a Udine nel 1973,
segue alcuni corsi di fumetto e illustrazione ma
si forma principalmente da autodidatta. Sul
finire del 2005 entra
in contatto con la casa
editrice BeccoGiallo e
disegna i romanzi grafici “Marcinelle – storie
di minatori”, “La Grande
Guerra – storia di nessuno” e “Fausto Coppi
– l’uomo e il campione”. Nel 2008 escono
il graphic novel “Il maestro” (Tunué) e l’albo
“Pioggia” (Lavieri).
Disegna la locandina
dell’edizione 2008 della
fiera Fumetti in TV, una
mostra personale viene
allestita all’interno della manifestazione. Nel
2009 fa parte del gruppo di autori chiamati a
lavorare sul volume “Futuro Anteriore Giallo”
in occasione del salone
Comicon di Napoli.
Nel 2011 riceve il premio Albertarelli dall’ANAFI come miglior nuovo autore, nello stesso
anno disegna il libro
“L’uomo che sfidò le stelle – Augusto Imperiali,
il buttero che sconfisse
Buffalo Bill” (Tunué).
Viene quindi coinvolto
in una serie di progetti
volti a valorizzare storie, persone e luoghi
della sua terra e realizza
i libri “C’è una storia da
raccontare”, “Emilio” e
“La meglio gioventù”.
Vive e lavora a Udine ed
affianca all’attività di
fumettista quella di ingegnere e disegnatore/
illustratore per editoria,
eventi e web.
http://davidepascutti.
blogspot.it
MAGGIO 2013 - BARRICATE
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TASSE
PAGARE IL GIUSTO,
PAGARE TUTTI
Contro un fisco incostituzionale
Mauro Ferri
pa del nostro DNA.
Forse il fatto che i due sacrosanti principi enunciati
in apertura non siano stati ancora applicati ha una
sua parte di responsabilità nei nostri comportamenti. E scoprire che il nostro sistema fiscale è addirittura incostituzionale fa proprio arrabbiare. Ma
come, Stato italiano – verrebbe da urlare – proprio tu,
che pontifichi in ogni dove i doveri di ogni
cittadino, sei il primo a disattendere la
nostra Costituzione! E cosa ti aspetti da Certa politica vuole
noi, allora? Hai dimenticato che i nostri mantenere i privilegi
Padri costituenti hanno voluto stabilire delle caste rappre“l’anteriorità della persona umana rispetsentate dagli ordini
to alla Stato” e che tu dovresti essere “al
1
professionali; un voto
servizio della persona umana?”
Reazione legittima nei confronti di un di scambio, in un
fisco ingiusto, che colpisce i poveri e certo senso
lascia stare i ricchi (o quasi). Ma stanno proprio così le cose, o il sentimento
della gran parte dei cittadini è solo un fatto umorale, connaturato al DNA di un popolo che ha sviluppato il gene dell’evasore?2
C’è chi si è occupato in profondità dell’argomento,
ha creato un’associazione e ha pronta una Proposta
di riforma del sistema tributario in senso costituzionale. Si tratta dell’Associazione Articolo 53 , con sede
“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche a Firenze, dedicata ai Padri costituzionalisti Salvain ragione della propria capacità contributiva. Il si- tore Scoca e Meuccio Ruini, e coordinata da Roberstema tributario è informato a criteri di progressi- to Innocenti Torelli.
vità.” Art. 53 della Costituzione della
A leggere le carte reperibili sul sito
Repubblica Italiana. Non ancora apdell’associazione, non è roba da 1- Dal “Documento
plicato. E siamo ancora vessati dal Gli italiani mal dige- poco: l’errore di fondo è che si deve di accompagnamensistema fiscale della Monarchia.
riscono le tasse e cer- tassare la capacità contributiva, in- to della Proposta”
Gli appuntamenti con il fisco rit- cano di non pagarle.
dipendentemente da come si forma (Associazione
Articolo 53).
mano i calendari degli italiani quasi
il reddito. Quindi niente dichiara- 2- Così fosse, anche
Siamo
proprio
un
come i cambi delle stagioni, ma se
zione dei redditi, ma dichiarazione questo gene è arduo
a trovarsi, sennò che
equinozi e solstizi recano sogni di popolo così incivile?
della propria capacità contributiva, evasore sarebbe?
speranze o liberano sollievi quanin altre parole, redditi da patrimodo la stagione si apre a tempi migliori, le scadenze ni inclusi, senza formule a forfait. Per dare un’idea
delle tasse sono più causa di apprensioni e inquie- dell’ingiustizia insita nell’attuale sistema, l’Associatudini, che si tratti delle dichiarazioni estive, degli zione Articolo 533 fa l’esempio della pompa di benacconti autunnali (per gli autonomi e le imprese) zina: vi arrivano contemporaneamente un tizio che
o dell’ultima busta paga dell’anno, per i lavoratori guida una potente auto di lusso e un altro su un’utidipendenti.
litaria. Fanno il pieno, pagano e vanno via. Entrambi
Gli italiani mal digeriscono le tasse e, appena pos- hanno pagato la stessa quota di tasse sul carburansono, cercano di non pagarle. Si sa.
te, circa il 75%; se fosse applicato il principio costiMa perché? Siamo proprio un popolo così incivile? tuzionale della progressività del carico impositivo,
Forse è anche un po’ vero, ma non del tutto per col- l’onere per il primo crescerebbe, ma alla fine non
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MAGGIO 2013 - BARRICATE
BARRICATE E PALAZZI
3- Associazione
Articolo 53, c/o
Circolo Arci “R.
Andreoni”, Via Antonio D’Orso n° 8,
50135 – Firenze, T.
055.602636, [email protected],
www.articolo53.it.
4- “La Repubblica
riconosce e garantisce i diritti inviolabili della persona,
sia come singolo, sia
nelle formazioni ove
si svolge la sua personalità, e richiede
l’adempimento dei
doveri inderogabili di solidarietà
politica, economica
e sociale.”
5- “Tutti i cittadini
hanno pari dignità
sociale e sono eguali
davanti alla legge,
senza distinzione di
sesso, di razza, di
lingua, di religione,
di opinione politiche,
di condizioni
personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere
gli ostacoli di ordine
economico e sociale,
che, limitando di
fatto la libertà e la
uguaglianza dei cittadini, impediscono
il pieno sviluppo della persona umana.”
6- Da “Attuazione
della Costituzione
applicando il suo
articolo 53”, p.
2 (Associazione
Articolo 53).
7- Con criteri di progressività dall’80%
al 40% in base agli
scaglioni di capacità
contributiva (non di
reddito).
8-“Analisi del gettito
fiscale a fronte della
Riforma Tributaria
su Base Costituzionale” (Associazione
Articolo 53).
9-Torelli – Mazzoccoli, “Analisi
del gettito fiscale a
fronte della Riforma
Tributaria su Base
Costituzionale, Vs
1.02”, Associazione
Articolo 53.
gli cambierebbe molto la vita, e per il secondo di- rimane da tassare? Qual è la perdita per l’erario? Ce
minuirebbe, consentendogli preziosi risparmi per lo possiamo permettere?
condurre la sua vita sociale.
Tanto per cominciare, se posso togliere dalle tasse
E qui veniamo alla questione della dignità della per- anche le spese del fruttivendolo, comincio a richiesona umana.
dere e a raccogliere tutti gli scontrini fiscali. Sarà
Sì, perché questa è la chiave di volta su cui può un po’ farraginoso e complesso, ma a fine anno ne
reggersi l’architettura impositiva che dà senso ai vale la pena, si possono risparmiare cifre interesdue fondamentali articoli d’apertura della Costi- santi sulle imposte. Quindi, chiedo gli scontrini, le
tuzione, il numero 2 sui diritti della persona4 e il ricevute, le fatture. Quanto nero emerge solo per
numero 3 sui doveri dello Stato nel rimuovere gli questo semplice comportamento? Secondo le stiostacoli che limitano (se non ledono) tali diritti5. Ma me dell’Associazione Articolo 53 alla fine lo Stato
qui casca l’asino. “Il sistema fiscale vigente (…) non ci guadagna8.
permette di determinare né i reddiIl vantaggio per l’erario, però, è conti effettivi di tutti i contribuenti, né
dizionato da un altro intervento
Il sistema fiscale
la deducibilità analitica delle spese
normativo, necessario e ineludibile:
(…) in modo da determinare l’esatta vigente è incostitul’abolizione degli studi di settore e di
capacità contributiva”6, cosa che lo zionale: non permette tutti i regimi fiscali a carattere forferende anticostituzionale.
tario. Infatti “l’attuale sistema indutdi determinare né i
Cos’è che non va?
tivo, oltre a non accertare i redditi
Intanto, il fatto che non possiamo redditi, né l’esatta
effettivi, penalizza i lavoratori che
dedurre le spese che ci sono neces- capacità contributiva non raggiungono il minimo e dà fasarie per vivere, dagli alimenti, agli
coltà di evasione a chi lo raggiunge.”9
affitti, alle utenze, ai carburanti,
L’eliminazione dei sistemi di conalla telefonia, al canone Rai (non parliamo del ca- tribuzione forfetaria costringe tutti a dichiarare il
none Rai, per carità! Merita una sua trattazione dato reale, in quanto anche chi è tentato dall’evaspecifica) e via dicendo. In altre parole, come fac- sione si trova costretto a mettere nero su bianco
cio a determinare la mia capacità contributiva, se quello che ha venduto (o il servizio che ha erogato),
non posso togliere quello che mi serve per vivere? perché il suo cliente, non proprio tutti, ma diciamo
È qui che viene a mancare l’applicazione della Co- al 90%, lo dedurrà dalle sue tasse e oggi i sistemi
stituzione: se lo Stato per farmi pagare le tasse mi informatici consentono l’incrocio dei dati con un
toglie il pane, lede la mia dignità. Cioè viene meno buon livello di affidabilità. Se poi si passa alla moneall’art. 3. Messo così è un ragionamento un po’ sem- ta elettronica, il gioco è ancora più semplice.
plicistico, ma il concetto di fondo rimane. Quindi, Così, oltre ad applicare finalmente la Costituzione,
via alla deducibilità di tutte le spese7 (esclusi certi il contribuente vessato risparmia, lo Stato recupera
beni di lusso e gli investimenti per i beni durevoli, risorse impositive e gli unici che ci rimettono sono
tipo la casa, che rientrano in altre casistiche). Sì, ma gli evasori. Un libro dei sogni?
– prima intuitiva obiezione – se facciamo così, cosa
MAGGIO 2013 - BARRICATE
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Intervista a Roberto Innocenti
Torelli, presidente dell’Associazione Articolo 53
Dr. Torelli, come è possibile che il dettato dell’art. 53
della Costituzione sia ancora ignorato, dopo più di 60
anni?
L’art. 53 è l’architrave per
l’attuazione dei diritti sociali,
definiti inviolabili ed effettivi, presenti nella prima parte
della Costituzione. Nel lontano
1949 Ezio Vanoni, costituente
e artefice dell’articolo 53, denunciava la colossale evasione
fiscale e proponeva la legge
di “perequazione tributaria”,
introducendo il sistema analitico/deduttivo/sistematico per
dare attuazione all’articolo in
questione. Successivamente la
Legge Delega 825/71, che lo
recepiva e metteva in soffitta
l’articolo 25 del vecchio Statuto Albertino, veniva dimenticata nei cassetti ministeriali; le
leggi che seguirono (600/73,
917/86 e 331/93) confermarono il vecchio Statuto determinando l’attuale disastrosa
situazione: continuiamo ad
avere il sistema fiscale della
monarchia, basato sul doppio
regime delle ritenute in busta
paga per i redditi certi e sistemi forfetari concordati con
tutti gli altri tramite gli studi
di settore e simili, cosa che determina 160 miliardi di mancato gettito annuo erariale tra
IRPEF e IVA, altri 50/60 di
evasione contributiva e altri
70 di corruzione, dove nuota
come un pesce la criminalità
organizzata.
Ma perché, secondo Lei, si è
verificata questa situazione?
La causa è una certa politica
che vuole mantenere i privilegi
delle caste rappresentate dagli
ordini professionali; a loro volta queste caste garantiscono il
sistema politico: è un voto di
scambio, in un certo senso. Nel
2006 Visco voleva rivedere gli
studi di settore e il 2 dicembre
Berlusconi ha portato in piazza
2 milioni e mezzo di persone
8
MAGGIO 2013 - BARRICATE
contro il Governo di centrosinistra che voleva mettere
mano al minimo concordato.
Una dimostrazione di forza
del potere delle caste…
Appunto. Tutte queste caste
concordavano le imposte con
il fisco fino al 1998, dopo lo
hanno fatto direttamente con
il Governo. Ma concordare un
forfait sulle imposte è una violazione dell’art. 53 della Costituzione.
Che il vantaggio per il cittadino non si traduca poi in un
minore introito per lo Stato
grazie all’abolizione degli
Studi di Settore e affini, è
vero o solo teoria?
Intanto, ricordo che le deduzioni delle spese citate non
sono un vantaggio, ma un diritto della persona. E in ogni
caso tali spese, certificate dai
documenti fiscali, risulteranno
essere i ricavi effettivi di chi
vende beni e servizi, cioè di
quelle categorie di contribuenti che sono regolate dal regime
fiscale privilegiato degli studi
di settore o altro modo forfetario che è causa della colossale
evasione.
Come potrà funzionare il
nuovo modello fiscale in
concreto (al di là della volontà del legislatore di realizzarlo)?
Funzionerà in modo semplicissimo. Nel modello della capacità contributiva figureranno
poche pagine: una per indicare
tutti i redditi comunque conseguiti, una dove indicare tutte
le spese citate, non quelle sul
lusso facilmente identificabili,
e una pagina per calcolare la
somma della differenza tra le
due. Si invia tutto al MEF, che
calcolerà l’imposta dovuta.
A pag. 12 della Proposta c’è
scritto: “gli anni successivi al
primo saranno migliorativi”.
Come?
Per il primo anno si prevede
un gettito di 70 miliardi sulla
base delle stime della capacità
contributiva reale nel corretto
BARRICATE E PALAZZI
rapporto redditi-spese necessarie (non quelle di lusso); negli
anni successivi, con l’emergere
di tutto il sommerso, il gettito
potrà arrivare fino all’ordine
dei 210 miliardi.
In quanto tempo stimate
che possa andare a regime il
nuovo sistema?
In tre anni.
Come pensate di gestire le
inevitabili criticità della
fase di passaggio?
Non ci saranno criticità.
Davvero? Non temete che
l’applicazione di questa norma scateni una fuga di capitali e di investitori?
La fuga di capitali all’estero ci
sarà sempre fino a quando la
stalla rimarrà aperta e i buoi
potranno scappare. Con l’applicazione dell’articolo 53 le
stalle verranno chiuse per tutto il tempo che occorrerà finché non saranno certificati tutti i capitali (oggi non lo sono)!
E gli investitori esteri?
È un falso problema. Un esempio? L’Ikea: investe e produce
reddito in Italia.
Se dovesse entrare in vigore,
per esempio dal 2014, entro
quando dovrebbe essere approvata nel 2013?
Con la prossima legge finanziaria.
DEDURRE O DETRARRE?
Dal Grande Dizionario Garzanti:
• DEDURRE: (oltre ad altri significati) detrarre, defalcare,
sottrarre: il guadagno si calcola deducendo le spese dal ricavo. DEDUZIONE: diminuzione
dell’imponibile.
• DETRARRE: (oltre a altro significato) sottrarre, defalcare –
le spese dal ricavato / togliere via,
levare. DETRAZIONE: diminuzione dell’imposta.
Quindi, nel primo caso si abbassa la base imponibile scaricando
il documento fiscale della spesa
(ammessa) sostenuta. Esempio:
con l’applicazione dell’Art. 53,
la visita medica che mi è costata 100 Euro viene interamente
dedotta dal reddito, che viene
quindi abbassato di 100 Euro,
sui quali non pagherò alcuna
tassa. Nel secondo caso non lo
posso fare, quindi su quei 100
Euro pagherò le tasse. Però posso diminuire l’imposta risultante detraendo la spesa medica
sostenuta in ragione del 19%,
cioè tolgo dall’imposta 19 Euro.
È la stessa cosa? Non proprio.
Salvo le fasce più basse, il 19%
è sempre meno dell’imposta,
che sale in percentuale con l’aumentare della base imponibile.
E siccome le deduzioni si fanno
dall’alto, lo Stato ci guadagna e
noi paghiamo le tasse anche su
risorse che sono state necessarie
per il nostro sviluppo come persone umane. Più che rimuovere gli ostacoli, lo Stato sembra
metterli.
CHIL’HADETTOQUIZ
Indovinate i responsabili delle affermazioni sottostanti. Chi le indovina tutte potrà avanzare richiesta
per la restituzione dell’IMU (tanto chiedere non costa nulla!)
1) Il fenomeno dell’evasione fiscale oggi si verifica su di una scala preoccupante e compromette un’equa ripartizione dei carichi tributari. In una simile situazione la pressione tributaria diviene vessatoria e veramente
insopportabile per gli onesti e per le categorie dei contribuenti che non possono sfuggire all’esatta determinazione dell’imposta per motivi tecnici. A) Pierluigi Bersani – B) Gianfranco Fini – C) Ezio Vanoni – D)
Antonio Di Pietro.
2) Libero non è colui che ha un diritto astratto senza il potere di esercitarlo, bensì colui che oltre al diritto
ha anche il potere di esercizio. A) Silvio Berlusconi – B) Norberto Bobbio – C) Maurizio Belpietro – D)
Antonio Ingroia.
3) Se poi consideriamo che più dei tributi diretti rendono i tributi indiretti e questi attuano una progressione
a rovescio, in quanto, essendo stabiliti prevalentemente sui consumi, gravano maggiormente sulle classi meno
abbienti, si vede come in effetti la distribuzione del carico tributario avvenga non già in senso progressivo e
neppure proporzionale, ma in senso regressivo. A) Salvatore Scoca – B) Niki Vendola – C) Pierluigi Giussani – D) Mario Monti.
SOLUZIONI: 1) Ezio Vanoni nel 1949; 2) Norberto Bobbio; 3) Salvatore Scoca nel 1947.
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MAGGIO 2013 - BARRICATE
LINGUAGGI GRAFICI: SQUAZ
Squaz (Pasquale Todisco)
Fumettista e illustratore con un occhio all’indipendenza artistica
e l’altro al portafoglio,
rischia costantemente
lo strabismo pubblicando per Internazionale,
XL di Repubblica, Linus
ed Il Male di Vauro e
Vincino. Tra i suoi
libri a fumetti, Minus
Habens, Le 5 fasi (con
il collettivo Dummy) e
Pandemonio, quest’ultimo su testi di Gianluca
Morozzi e che gli è
valso il premio come
miglior libro al Napoli
Comicon nel 2007. Collabora con il collettivo
multimediale Action30,
con il quale ha portato
in scena lo spettacolo
Constellation61 basato
sulla storia e la figura di
Franco Basaglia e che
è stato rappresentato
in diverse occasioni
al Teatro Nazionale di
Bruxelles e al Festival
teatrale di Liegi. Come
illustratore ha recentemente realizzato
disegni e copertine per
Il Sogno Eretico di Caparezza, Read Between
the lines…Think Outside
Them degli Tsigoti
(gruppo avant-punkjazz italo-statunitense)
e il recentissimo In Vino
Veritas del musicista napoletano Daniele Sepe.
I suoi lavori sono visibili
sul blog: hotel-tarantula.
blogspot.com
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CRISI E MONETA
Intervista a Paolo Barnard
IL PIÙ GRANDE CRIMINE PERPETRATO
AI DANNI DEI CITTADINI EUROPEI
Paolo Barnard ci racconta come l’Unione Europea e l’Euro abbiano
distrutto economicamente il continente e come questo effetto sia stato
programmato ed eseguito a tavolino
Domenico Alessandro Mascialino
Una Unione Europea e un Euro
al servizio dei poteri forti, delle
élite economiche neoliberiste e
a danno delle popolazioni europee. All’interno di un piano congegnato per togliere ai cittadini
europei una delle principali fonti
del loro benessere, la sovranità
monetaria, e per mettere in cantina le politiche keynesiane, viste
come un impiccio.
È questo “il più grande crimine”
dal dopoguerra secondo Paolo Barnard, che nell’omonimo
saggio spiega chi sono gli autori
di un vero e proprio “economicidio” ai danni del continente.
Nomi come Romano Prodi, Jean
Claude Trichet, Mario Draghi
sono affiancati a organizzazioni come il gruppo Bilderberg, la
Commissione Trilaterale, l’Aspen
Institute, in una comunione di
intenti volta a favorire i grandi
poteri economici, marginalizzando sempre più dalla scena politica il ruolo e il benessere della
gente comune.
Paolo Barnard, ci spiega
qual è il “più grande crimine” di cui parla nel Suo saggio?
Per capirlo dobbiamo partire
dal fatto che, dopo due guerre
che hanno distrutto l’Europa,
il sistema economico e non
solo stava creando le basi per
un mondo migliore. C’era stata
una rivoluzione in economia
e nella società che, partita da
Marx e passata per il sociali12
MAGGIO 2013 - BARRICATE
smo e il consolidamento della
democrazia, era arrivata a un
punto di svolta fondamentale
con Keynes, che in quegli anni
aveva indovinato un sistema
economico internazionale. Nel
frattempo nascevano gli accordi degli anni ’50 e ‘60 dei Paesi
in via di sviluppo come l’Indonesia e la Jugoslavia, gli accordi di Bandung. Stava nascendo
un nuovo ordine economico
mondiale, portatore di idee su
come regolare l’economia in
modo più giusto. I partiti socialisti trionfavano, avevano
sempre più consensi.
Così, le élite economiche, che
avevano perso potere nei decenni precedenti, si sono organizzate per reagire. Nel mio
libro ci sono nomi, cognomi,
organizzazioni, chi ha steso i
testi fondamentali da seguire.
Queste élite si sono organizzate per prendere nuovamente il
potere nel contesto delle nuove democrazie, senza le impiccagioni ottocentesche. Si sono
coalizzate e hanno sottratto,
nascosto, ucciso questo nuovo
ordine economico keynesiano
e dei Paesi della conferenza
di Bandung. Hanno soffocato
queste economie e condannato centinaia di milioni di es-
BARRICATE E PALAZZI
seri umani del sud del mondo
a una situazione disastrosa,
mentre al nord, Europa compresa, a condizioni più grame
di lavoro.
Come fai, quando ripercorri le
sofferenze di centinai di milioni di persone, a non considerare questo il più grande crimine del dopoguerra? Era tutto
evitabile, se si fosse lasciato in
vita questo complesso economico che nasceva, soffocato da
neoclassicismo e neoliberismo.
C’è chi La accusa di avere
una visione troppo “complottista”. Cosa risponde a
queste persone?
Rispondo che ne “Il più grande
crimine”, un testo di 100 pagine, ci sono dati, nomi, fondazioni e circa 70 note bibliografiche di documenti precisi.
È ridicolo dire che ho scritto
qualcosa di complottista. Chi
lo afferma evidentemente non
vuole fare la fatica di leggerlo.
Quali sono le fonti che La
hanno influenzata dal punto
di vista economico? Ci sono
economisti che consiglia di
seguire, in opposizione a
quelli neoliberisti?
Assolutamente sì. Io ho per
caso scoperto che esiste un’economia che è la riformulazio-
ne moderna, nata dalla mente
geniale dell’economista americano Warren Mosler, di quella keynesiana. È la più adatta
ai sistemi monetari moderni,
che Keynes non poteva conoscere, e si chiama Mosler Economic Modern Money Theory
(Memmt). L’ho studiata molto,
e la considero dirompente.
Gli economisti che seguo sono
quelli della Memmt. Nel libro
ne ho elencati circa dodici, tra
cui lo stesso Mosler e Alain
Parguez.
Bisognerebbe uscire dall’Euro? Se sì, quali potrebbero
essere le conseguenze?
Alla prima parte della domanda rispondo: assolutamente sì,
perché è un costrutto criminale e ormai ha distrutto l’economia europea.
Alla seconda parte non posso
rispondere in uno spazio così
breve. Noi abbiamo formulato
un programma di salvezza nazionale di 40 pagine, consultabile sul mio sito e su quello
della Memmt.
Sicuramente incoraggio il ritorno alla sovranità monetaria,
quindi il fatto che il Paese torni proprietario dell’economia.
Quando hai sovranità monetaria ed economica e la sai usa-
re, allora diventi inattaccabile.
Non ci possono più essere problemi di inflazione, deflazione,
svalutazione, speculazione, è
tutto sotto il controllo di chi
usa questo strumento.
L’Unione Europea è da abbandonare o da rifondare su
nuove basi?
Da rifondare su nuove basi.
Non c’è niente di male nel volere un’Europa unita, ma questa Europa è stata una favola
venduta sui libri delle elementari dagli anni ‘60, grazie a tecnocrati da me citati come Perroux, Attali, Trichet, Jacques
Delors, i primi padri di queste
idee. Si è trattato soprattutto
di francesi e italiani, i tedeschi
hanno avuto un ruolo minore. Ad ogni modo, è stata una
truffa disegnata per favorire le
élite neomercantili e speculative, e anche i Trattati da Maastricht in poi sono stati scritti per essere illeggibili e non
sono stati mai votati, tranne in
pochissimi casi. Questa Unione è stata una truffa ai danni
della popolazione, fatta per togliere la sovranità monetaria e
quella dei parlamenti.
In definitiva: l’Euro va distrutto e l’Unione rifatta.
Come combattere lo strapoMAGGIO 2013 - BARRICATE
13
tere dei mercati e la “dittatura dello spread”?
Con la stessa soluzione data in
precedenza: riprendendo la sovranità monetaria e sapendola
usare. Agenzie di rating e spread non contano niente con la
sovranità monetaria, come nei
casi di Stati Uniti e Giappone.
Lo spread è una trovata pubblicitaria usata da media asserviti e ignoranti -e da economisti asserviti e ignoranti- per
terrorizzare la gente. Lo spread ha valore solo se il Paese è
commissariato come l’Itala.
Cosa dovrebbero fare secondo te i popoli e le istituzioni
europee per uscire da questa
situazione così difficile?
Il cardine di tutto è la conoscenza. Non è immaginabile
che i popoli europei possano
ribellarsi a questo mostro se
non sanno di cosa si tratta. Io
sono il primo in Italia ad aver
rivelato cosa succede veramente con l’Euro, e lo faccio
come un salmone che nuota
contro un fiume in piena. Se
ci fossero in Italia, Germania,
Francia, altre centinaia di divulgatori di questi temi e se il
popolo fosse informato su cosa
sta succedendo e su cos’è l’Euro, ci sarebbe una immediata
risposta. Si verificherebbero
ribellioni di massa e per i potenti sarebbe finita.
Una domanda apparentemente fuori contesto: il sistema capitalistico va abbattuto?
Il capitalismo ci ha dato anche
mezzi che non avremmo mai
avuto, ma per sua natura si
contrappone all’interesse pubblico. Ti cito una frase di Adam
Smith che i neoliberisti spesso
dimenticano: “Raramente due
capitalisti si riuniscono se non
per imbrogliare qualcuno”.
L’interesse pubblico deve essere sempre azionista di maggioranza, mentre il capitalismo
non deve andare oltre il 49%.
Può funzionare solo se c’è questo bilanciamento.
14
MAGGIO 2013 - BARRICATE
IL GLOSSARIO
DELLA CRISI
Le parole chiave per muoversi
nella selva dell’informazione
economica
D. A. M.
PAOLO BARNARD
È un giornalista e scrittore
italiano, autore di libri come
“Perché ci odiano” sul conflitto tra Israele e Palestina e “In
alto il deficit”, scritto con l’economista Warren Mosler.
Ha collaborato con numerose
testate nazionali come il Corriere della sera, Repubblica,
La Stampa, e con trasmissioni come Report e Samarcanda. Esperto di politica estera,
ha scritto libri sul terrorismo
internazionale e sull’umanizzazione della medicina. Recentemente è apparso al talk
show “L’ultima parola” su
Rai2 ed è impegnato in conferenze in tutta Italia per promuovere le sue inchieste.
Per orientarsi nella giungla di termini tecnici che vengono usati quotidianamente all’interno di questa
crisi, può essere utile una breve
guida alle parole più utilizzate.
Cercando di capire qual è la loro
importanza nel contesto nazionale
ed europeo.
Bolla speculativa
Si verifica quando il prezzo di un
bene o di un titolo schizza alle
stelle per un eccesso di domanda, superando il suo valore reale. L’eccessivo valore attribuito
alle case negli Stati Uniti negli
anni 2000 è stato all’origine della cosiddetta bolla immobiliare,
che ha giocato un ruolo fondamentale nella successiva crisi
finanziaria mondiale (assieme
al credito facile per l’acquisto
delle case, con la sottoscrizione
dei famosi “mutui subprime”).
Alla “esplosione” della bolla (repentino crollo del prezzo di un
bene) ha fatto seguito la crisi di
numerosi istituti di credito, che
ha poi influenzato la crisi del debito europea.
Debito pubblico
È l’indebitamento dello Stato
nei confronti dei suoi creditori,
cioè gli acquirenti di obbligazioni o titoli di debito pubblico.
Può trattarsi di privati cittadini,
banche e imprese, altri Stati. I
parametri di Maastricht proibiscono per i Paesi dell’Eurozona
un rapporto debito pubblico/Pil
superiore al 60%. Nel 2012 l’Italia ha superato il 125%, mentre
la media dell’Eurozona ha superato il 90%.
Deficit pubblico
Si ha quando lo Stato spende più
di quanto entri nelle sue tasche
attraverso le tasse o altre fonti
di finanziamento. La differenza
negativa tra le entrate e le spese
pubbliche in un dato periodo di
tempo è anche chiamata “disavanzo primario”. I parametri di
Maastricht proibiscono per i Paesi dell’Eurozona un rapporto Deficit/Pil superiore al 3% annuo.
BARRICATE E PALAZZI
Economia finanziaria
È l’economia che si occupa dei cosiddetti strumenti finanziari
(azioni, obbligazioni, titoli di Stato eccetera) e degli agenti che
operano nei mercati finanziari, in opposizione all’economia reale,
che
si occupa di beni e servizi reali (beni alimentari, abitazioni, elettrodomestici…). Il valore dell’economia finanziaria attualmente
supera grandemente il valore dell’economia reale. Nel 2012 il
solo valore dei titoli derivati nel mondo superava di quasi 7 volte
il Pil mondiale. Di qui una sorta di strapotere della finanza nel
mondo contemporaneo.
Fiscal compact
Detto anche Patto di bilancio europeo. Firmato nel marzo 2012
dai Paesi dell’Unione Europea (tranne Gran Bretagna e Repubblica Ceca) ed entrato in vigore nel gennaio 2013, obbliga i suoi contraenti a rigide politiche di austerità per i prossimi 20 anni, al fine
di rientrare nei parametri di Maastricht. Contiene il famoso “pareggio di bilancio”, per cui i Paesi contraenti con debito pubblico/
Pil superiore al 60% si obbligano a non superare il deficit annuo
dello 0,5% e a inserire la regola stessa nelle proprie costituzioni.
Inflazione
È l’aumento generalizzato dei prezzi, al quale corrisponde una diminuzione del potere d’acquisto della moneta. La Banca Centrale
Europea ha la funzione primaria di mantenere stabile il tasso di inflazione nell’Eurozona sotto il 2%.
Mercati
Si intende l’insieme di acquirenti e venditori di strumenti finanziari (più propriamente i mercati finanziari sono i
luoghi in cui questi scambi avvengono), tra cui i titoli di debito pubblico degli Stati. Gli investitori possono essere
banche, Stati, fondi privati. Il loro comportamento è strettamente legato al rapporto costi-benefici e quindi nelle
loro scelte entra spesso in campo una buona componente di speculazione.
PIL
Prodotto Interno Lordo. Misura l’insieme di beni e servizi prodotti in una nazione. Purtroppo, come ebbe a dire
Bob Kennedy, non è in grado di misurare il grado di benessere e felicità nella nazione stessa.
Sovranità monetaria
Indica la capacità di uno Stato di stampare la propria moneta, tramite il Ministero del Tesoro o una Banca Centrale nazionale. Gli Stati dell’Eurozona hanno ceduto questa sovranità quando hanno deciso di aderire alla moneta unica. Le politiche monetarie dell’Eurozona, così come l’emissione dell’Euro, sono attualmente di competenza
della Banca Centrale Europea, con sede a Francoforte.
Speculazione
Attività per la quale gli investitori approfittano della situazione di Paesi e istituti in difficoltà, per aumentare i
loro profitti. Si verifica quando i soggetti colpiti promettono tassi di interesse più alti, al fine di attrarre finanziamenti. È un’attività rischiosa, in quanto la solvibilità dei debitori non è sempre garantita, ma può essere molto
remunerativa.
Spread
È il differenziale tra il tasso di interesse promesso a chi acquista titoli di debito pubblico di un Paese e quello
promesso da un altro Stato preso come riferimento. Per l’Italia si usa solitamente il rapporto tra i Btp (Buoni del
tesoro poliennali) a 10 anni e i Bund (titoli di debito tedeschi).
Titoli tossici
Sono quegli strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, derivati come i Credit default swap) sottoscritti o riguardanti soggetti con bassa garanzia di solvibilità. Nella corsa al “credito facile”, molti istituti statunitensi, e non
solo, hanno erogato credito a “cattivi pagatori”. Quando la cosa è venuta alla luce, la crisi di fiducia degli investitori e la corsa alle vendite hanno causato il collasso di diversi istituti e la conseguente necessità di interventi
pubblici di “salvataggio”.
Troika
È il termine che definisce il trio Unione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale,
coinvolto nei prestiti a numerosi Stati europei per “salvarli” dalla bancarotta e dalla possibile uscita dall’Euro.
È al centro di contestazioni in tutta Europa, con l’accusa di utilizzare lo stato di crisi di alcuni Paesi per imporre
ricette politiche ed economiche predefinite, di solito basate su privatizzazioni e tagli alla spesa pubblica.
MAGGIO 2013 - BARRICATE
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LINGUAGGI GRAFICI: LA FORGIA PASQUALE
Pasquale La Forgia
ghost writer e disegnatore, vive a Milano, dove lavora
nell’editoria. Per Rizzoli ha lavorato a svariati titoli,
fra cui “Che”, la biografia a fumetti di Ernesto Guevara
disegnata da Alberto ed Enrique Breccia e sceneggiata
da Héctor Oesterheld; “Sfide” di Simona Ercolani,
una raccolta di storie sportive ispirata all’omonima
trasmissione televisiva; e “Il Male. 1978-1982” di
Vincino, un racconto per immagini dei cinque anni
che sconvolsero la satira del nostro Paese. Grande
appassionato di cinema e televisione, per il freepress
“Pool” cura la rubrica “Chiusi in casa”, nella quale
analizza alcune fra le più significative serie tv degli
16
MAGGIO 2013 - BARRICATE
ultimi anni. Per Coconino Press ha ideato e curato
l’antologia a fumetti “Gli Intrusi”, nella quale ha anche
esordito come autore completo. Scrive per il portale di
recensioni “Bookdetector” e collabora con illustrazioni
e storie brevi al settimanale satirico “Il Male di Vauro
e Vincino”.
BARRICATE E PALAZZI
CRISI GRECA
Intervista a Diana Riboli
L’INFINITA ODISSEA
Una nazione devastata dai tagli alla spesa pubblica, un’emergenza sociale
che i media spesso preferiscono ignorare e un Paese diventato un monito
per chi intenda “sgarrare” dalle regole europee. È la Grecia raccontata da
chi si trova sul posto. Tra mancanza di beni primari ed episodi di violenza
Domenico Alessandro Mascialino
Uno dei più antichi Paesi al
mondo, culla della democrazia
e centro della cultura mediterranea. In ginocchio da anni a
causa delle imposizioni della
Troika e di una gestione poco
trasparente dei bilanci pubblici.
La nazione greca resta in una
situazione preoccupante, a causa delle difficoltà economiche e
dell’ascesa dei gruppi di estrema
destra che si ergono a portatori
di “sicurezza”.
Ce ne parla Diana Riboli, docente di antropologia all’università
di Atene.
Diana, ci potrebbe descrivere
la situazione generale in Grecia negli ultimi mesi?
La situazione peggiora di giorno in giorno e la popolazione è
ormai allo stremo. A causa del
nepotismo e della corruzione,
nessuno ha più fiducia nella
classe politica. Da anni lo Stato
viene avvertito come un nemico
subdolo, incapace di guidare il
Paese fuori dalla crisi.
La gente non crede più alle promesse del governo, che ogni
tanto “garantisce” che non ci
saranno più tagli su salari e
pensioni. Dichiarazioni che vengono spesso smentite da nuove
tasse e tagli a tutte le fasce della
popolazione, anche a quelle più
indigenti. Le tasse sulle proprietà, comprese quelle sulla prima
casa, arrivano insieme alla bolletta della luce. Alle molte famiglie che non hanno i mezzi per
pagare viene tagliata l’elettricità. Una decisione imposta dalla
Troika (ma accettata dai politici), antidemocratica e anticostituzionale.
La percentuale di famiglie che
vive sotto il livello di povertà aumenta sempre più. Da alcuni mesi, specie nelle scuole
elementari e negli asili statali,
i maestri si trovano di fronte
a bambini che piangono o addirittura svengono dalla fame.
MAGGIO 2013 - BARRICATE
17
I prezzi dei generi alimentari
continuano a restare alti rispetto ai salari. La benzina e il petrolio sono proibitivi per i più.
Quest’inverno in pochissimi
condomini, scuole e università
è stato acceso il riscaldamento.
La disoccupazione, specie giovanile, è in crescita e il sistema
sanitario ormai allo sfascio, per
via dei tagli dei fondi agli ospedali, dove il corpo medico cerca
di fare economia anche su garze
e siringhe.
Nelle piazze le proteste continuano
con
frequenza? Qui
i giornali ne
parlano sempre
meno…
Negli
ultimi
quattro mesi le
dimostrazioni
di piazza sono
notevolmente
diminuite
per
diversi
motivi.
Innanzitutto
la
violenta repressione governativa. Credo che le
immagini degli
attacchi dei MAT
(corpi
speciali
antisommossa)
alla popolazione
abbiano fatto il
giro del mondo.
Durante le ultime
proteste a grande partecipazione popolare, i
MAT hanno allontanato le folla
usando quantità enormi di gas
asfissianti, idranti e colpendo
con manganelli, calci e pugni
anche i gruppi più pacifici. I gas
asfissianti, oltre a provocare insopportabili bruciori agli occhi
e alla gola, sono pericolosi per
persone affette da varie patologie e cancerogeni. La polizia ha
addirittura usato, in alcuni casi,
bombolette di gas scadute negli
anni ’90. Ovviamente non tutti
possono o vogliono munirsi di
maschere anti-gas.
Al di là della paura dei danni
fisici, il popolo non trova una
sua unità. Il frazionamento dei
partiti e dei gruppi politici e
la propaganda del governo che
cerca di scaricare tutte le colpe
su diversi gruppi, opponendo il
18
MAGGIO 2013 - BARRICATE
settore privato e quello pubblico, annullano la possibilità che
il popolo riesca a fare fronte
unito.
Qual è la situazione dal punto di vista politico? Come si
comportano i partiti nei confronti delle richieste della
Troika e dei mercati?
Prima delle ultime visite della
Troika in Grecia, il Primo Ministro Antonis Samaras aveva
annunciato che il governo era
pronto a dure negoziazioni,
soprattutto sulle richieste di
ridimensionare il settore pubblico da parte della Troika.
In realtà, e nonostante alcune
negoziazioni siano state fatte,
il settore pubblico continua a
essere colpito da licenziamenti, pensionamenti anticipati e
riduzione dei salari. La Troika
vuole il licenziamento di 25.000
dipendenti statali entro la fine
dell’anno. Per il momento circa 2.000 impiegati del settore
pubblico sono stati messi in diathesimotita, una sorta di cassa
integrazione. Hanno il diritto di
percepire il 75% dello stipendio
per un anno e poi, se non possono essere assunti in altri settori
pubblici, vengono licenziati. Il
mese scorso è stato annunciato che, entro la fine di maggio,
19.000 dipendenti statali verranno messi in diathesimotita.
L’ironia è che questo meccanismo dovrebbe colpire soprattutto le assunzioni avvenute in
base a processi di corruzione o
nepotismo. Per prima cosa è risaputo che in Grecia anche persone di merito debbano spesso
ricorrere a qualche “spinta” per
assicurarsi un posto di lavoro.
Inoltre si ha l’impressione che,
in questo momento, siano comunque più tutelati coloro che
hanno appoggi di un certo peso.
Il problema dell’evasione fiscale, principale colpevole della
situazione
del
Paese, non viene risolto, prima
di tutto perché
molti attuali o
ex-parlamentari,
che continuano
ad avere stipendi altissimi, si
troverebbero in
difficoltà. Pochissimi evasori sono
stati davvero processati e messi in
carcere.
Il governo pare
del tutto incapace di recuperare
fondi da loro e
preferisce accanirsi su tagli di
stipendi già inferiori ai 700 euro
e persino pensioni di invalidità. Il
governo sta anche cercando di
svendere le ricchezze del Paese,
puntando sulle privatizzazioni. I
riflettori negli ultimi mesi sono
puntati sul gas e sulla compagnia di stato che ha il monopolio sui giochi d’azzardo (OPAP),
una delle poche compagnie statali con buoni tassi di rendita.
Ci sono ricette per uscire dalla
crisi, diverse da quelle della
Troika, che sono appoggiate
dai movimenti o dai partiti?
La sinistra è divisa e piuttosto passiva. Si sentono voci di
opposizione ma sembrano più
propaganda per attirare voti
che programmi politici. Ritengo sia a causa dell’inettitudine
dell’opposizione che il partito di
Alba Dorata sia arrivato ad essere il terzo partito del Paese. Il
suo programma violento e raz-
BARRICATE E PALAZZI
zista viene interpretato da molti
come l’unica possibile soluzione
contro la corruzione nazionale
e l’arroganza dei Paesi europei
più potenti. A livello popolare,
l’odio razziale e il moltiplicarsi
di violenze e persino di omicidi nei confronti di immigrati e
stranieri si identifica in parte
anche con un “no” all’interferenza straniera in genere, Troika e Merkel compresi.
Occorre capire che Alba Dorata
è molto meglio organizzata di
quanto non si pensi e probabilmente sovvenzionata da gruppi
analoghi che altrove non hanno
il diritto di diventare partiti politici.
Il partito ha una sua sorta di
polizia privata, con numeri di
pronto intervento a cui si rivolgono sempre più cittadini vittime di rapine ed estorsioni, in
aumento per l’esplosione della
criminalità organizzata nazionale e internazionale. Organizza
corsi di autodifesa per insegnare a donne (greche) come far
fronte agli attacchi di criminali
(stranieri). Aiuta famiglie bisognose (greche). Nerborute guardie del corpo con la testa rasata
accompagnano amorevolmente
anziani (greci) a riscuotere le
pensioni. Organizzano doposcuola e attività ricreative per
bambini (greci) e hanno già
lanciato la proposta di aprire
ambulatori (il nome proposto,
simile a quello di una nota organizzazione internazionale, è
Medici Con Frontiere) del tutto
gratuiti per pazienti ovviamente
greci. Il tutto con il beneplacito
del governo che non solo non
ne ostacola le mosse, ma spesso le supporta. Se questo è ciò
che sognano coloro che votano
Alba Dorata come soluzione per
la crisi, appare chiaramente meglio la crisi.
Per contro, altre iniziative per
uscire o limitare i danni della
crisi si moltiplicano da parte
di centinaia di organizzazioni e
gruppi basati sulla solidarietà,
sullo scambio equo di prodotti
e servizi, sul tentativo di uscire
da una logica legata al denaro.
Moltissimi fanno opera di volontariato o partecipano a iniziative solidali. Iniziano a sor-
gere le prime piccole comunità,
formate da alcune famiglie, in
cui viene limitato al massimo,
se non eliminato, l’uso del denaro.
La Grecia fuori dall’Euro. È
una prospettiva che si potrebbe realizzare a breve termine
o sembra ancora lontana?
Importanti economisti di vari
Paesi del mondo hanno dichiarato che la Grecia è chiaramente
già in bancarotta, per quanto la
classe politica sostenga il contrario. L’ipotesi di una Grecia
fuori dall’Euro, dal mio punto
di vista sicuramente auspicabile, sembra per il momento lontana. La Germania e la Troika
mantengono in vita un malato
terminale agonizzante, un po’
perché probabilmente l’uscita
del paese dall’Euro creerebbe
un pericoloso effetto domino,
e un po’ perché la Grecia viene usata come monito per gli
altri Paesi. Un esempio di cosa
potrebbe accadere se non ci si
attiene alle regole…
Si dice che quello che accade
in Grecia sia l’anticamera di
quello che poi si verificherà
in Italia. Per Lei ci sono possibilità che gli stessi fenomeni
si ripetano nel nostro Paese?
Come dicevo, la Grecia viene in
questo momento usata un po’
come uno spauracchio, e nei
vari Paesi si dissemina l’idea
che ciò che è accaduto qui accadrà anche in Italia, Spagna, ecc.
In realtà non lo credo. Prima di
tutto perché ogni Paese ha una
storia e risorse assai diverse.
La Grecia è un Paese che non
produce quasi nulla, dove pressoché tutto viene importato.
Le campagne e le isole si sono
spopolate molti anni fa, anche
se ora assistiamo a un certo ritorno. L’alto numero dei dipendenti statali (comunque non
molto alto rispetto ad altri Paesi
europei) è anche dovuto al fatto
che qui non ci sono molti settori che sono invece aperti, anche
se in crisi, in Paesi come Italia
e Spagna.
Dal punto di vista turistico
rimane un Paese di estremo
interesse, ma una politica discutibile ha promosso vacanze
basate soprattutto sulla bellezza
dei mari. Che sono sicuramente straordinari, ma molti turisti
ora, ad esempio, preferiscono la
più economica Croazia.
L’Italia, come ben risaputo, è
il Paese al mondo più ricco di
opere d’arte. Difficilmente diminuirà l’affluenza mondiale
verso Roma, Firenze o Venezia.
E’ anche un Paese altamente industrializzato che, con una politica intelligente, potrebbe essere quasi indipendente a livello
economico. Prodotti di altissima
qualità (macchine di lusso, alta
moda e pelletteria, design…)
continuano a portare il marchio
italiano. E’ chiaro che anche in
Italia la crisi è e sarà durissima,
specie per i ceti meno abbienti.
Ma il Paese ha almeno in potenza il privilegio di cambiare le
cose a livello nazionale ed europeo, come confermato dal risultato delle ultime elezioni.
Forse perché vivo una situazione molto più drammatica, vedo
ancora una luce alla fine del
tunnel italiano. E speriamo di
essere in molti a vederla, questa
luce che in Grecia pare essersi
spenta.
MAGGIO 2013 - BARRICATE
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LINGUAGGI GRAFICI: MAURO BIANI
Mauro Biani
è vignettista, illustratore,
scultore. È inoltre educatore professionale.
I suoi disegni hanno fatto
il giro del mondo su carta
stampata, sul web e in
mostre personali e collettive. È vignettista de Il
manifesto, L’Espresso, Il
Fatto Quotidiano, Azione
Nonviolenta, I Siciliani.
Fa parte del gruppo internazionale “Cartooning
for Peace”, sotto l’Alto
Patrocinio dell’ONU.
È uno dei fondatori di
Mamma!, rivista di satira, giornalismo e fumetti.
Ha ricevuto il XXXV Premio di Satira Politica nel
2007 e il premio per la
miglior vignetta europea
del 2011, istituito alla
Rappresentanza italiana
della Commissione Europea in collaborazione
con la rivista “Internazionale”. Il 16 febbraio
2013 a Sansepolcro
(AR) ha vinto il Premio
Nazionale “Nonviolenza, Cultura della Pace”
insieme a Marco Paolini.
Nel 2009 ha pubblicato
il fortunato “Come una
specie di sorriso” (Stampa
Alternativa), attraverso
cui si è misurato con i
temi più cari a Fabrizio
De André interpretando
in 15 tavole alcune delle
canzoni più celebri del
cantautore. A seguito
della mostra personale
ospitata dal Museo della
satira di Forte dei Marmi,
nel 2012 è uscito il volume “Chi semina racconta”, che raccoglie il meglio
della sua produzione,
edito dall’associazione
culturale Altrinformazione nella collana “I libri di
Mamma!”
Sito web: www.maurobiani.it
Facebook: www.facebook.com/maurobiani
Twitter: https://twitter.
com/#!/maurobiani
20
MAGGIO 2013 - BARRICATE
BARRICATE E PALAZZI
LA GRECIA DI
PETROS MARKARIS
Due romanzi per capire la
crisi
Parlando di Grecia, Barricate
suggerisce la lettura dei gradevoli libri del giallista Markaris, che
non solo ci permettono di respirare l’aria salmastra dell’Egeo,
lo smog di Atene, gli odori della
cucina ellenica, ma ci immergono nella realtà difficile che sta
attraversando il Paese. Una crisi
molto simile a quella che aleggia
sull’Italia e che potremmo vivere
presto anche noi. Del resto, come
si sente dire spesso, “Italiani e
Greci, una razza una faccia!”
Petros Márkaris è scrittore,
drammaturgo, sceneggiatore e
traduttore. Nato a Istanbul nel
1937 da padre armeno e madre
greca, si diploma presso una
scuola austro-turca e poi studia
economia a Vienna e Stoccarda. Successivamente si stabilisce ad Atene, dove assume la
cittadinanza greca.
In Europa diviene celebre con i
romanzi che vedono protagonista il commissario Kostas Charitos, tradotti in italiano, inglese, tedesco, spagnolo e turco.
Con trame coinvolgenti, intrecci ineccepibili, dialoghi
verosimili e linguaggio ironico
ed empatico allo stesso tempo, i romanzi di Markaris sono
lontani anni luce dagli ormai
obsoleti polizieschi “sesso e
sangue”. Attraverso i casi indagati dal commissario Charitos,
le vicende dei personaggi della sua famiglia, la minuziosa
descrizione della topografia
stradale della città di Atene tra
ingorghi e cortei di protesta,
l’autore fotografa la Grecia contemporanea in tutte le sue contraddizioni.
In particolare, Prestiti scaduti e
L’esattore hanno al centro la crisi economica che la Grecia sta
vivendo, con tutto ciò che essa
comporta: l’insicurezza, la perdita del lavoro, l’impoverimento, la ribellione. Temi che non
costituiscono soltanto lo sfondo della storia, ma entrano nel
quotidiano di tutti i personaggi,
di cui influenzano le scelte, i
comportamenti, la vita.
La sua ultima opera Tempi bui,
è così descritta dall’autore:
“Ci troviamo in piena crisi e
l’anno ormai imminente sarà,
almeno per la Grecia, più difficile di tutti gli altri.
Questa crisi non è solo finanziaria. Segna anche la fine delle
illusioni con le quali abbiamo
vissuto fin dalla costituzione
dell’Unione monetaria.
Gli articoli, le interviste e i discorsi contenuti in questo libro
sono un tentativo di fare i conti
con queste illusioni. Rappresentano anche uno sforzo di chiarire le cause e le conseguenze del
disastro economico dalla prospettiva di uno scrittore.
Da quando è iniziata la crisi, circola una parola che i politici e
i giornalisti usano molto volentieri e che mi innervosisce profondamente. Si tratta di: ‘narrazione’.
Come ho già detto, io sono uno
scrittore e non un politico o un
editorialista. Per questo so anche che una narrazione presuppone una storia che si desidera
raccontare. Non c’è narrazione
senza storia.
Quale storia, quindi, potremmo
raccontare in Europa? L’Euro
non è l’unica cosa che ci accomuna e quindi non dovremmo
limitarci a questo argomento.
L’Europa ha molte storie da raccontare.
Sarebbe bello se le unissimo al
fine di dar vita a una narrazione
comune.”
BIBLIOGRAFIA
I libri di Markaris tradotti in
italiano sono tutti pubblicati
da Bompiani
Ultime della notte, 1995
Difesa a zona, 2002
Si è suicidato il Che, 2004
La lunga estate calda del Commissario Charitos, 2007
I labirinti di Atene, 2008
La balia, 2009
Io e Kostas Charitos, 2010
Prestiti scaduti, 2011
L’esattore, 2012
Tempi Bui, 2013
(Petros Markaris)
MAGGIO 2013 - BARRICATE
21
DALL’ESTERO
L’ISOLA CHE C’È
(MA NON SI VEDE)
Dopo il crack del 2008, l’Islanda ha letteralmente mandato al diavolo
banchieri, governo e Fondo Monetario Internazionale. E scritto una nuova
Costituzione con l’aiuto dei cittadini e dei social media. Risultato: la sua
economia ora va a gonfie vele. Nel silenzio dei media industriali
Domenico Alessandro Mascialino
Edoardo Bennato cantava l’Isola che non c’è,
Francesco Guccini l’Isola non trovata. Quest’Isola invece c’è eccome, eppure se ne parla molto
poco. Forse perché ha avuto l’ardire di fare qualcosa che è visto come un sacrilegio da banchieri, corporations e ideologi neoliberisti, buoni a
snocciolare termini economici ma pessimi nel
nascondere gli effetti devastanti delle loro idee
sulle popolazioni.
Parliamo dell’Islanda naturalmente, l’Ultima
Thule delle leggende precristiane.
La terra di ghiaccio e del sole a mezzanotte ha
fatto qualcosa di molto semplice: di fronte alla
crisi scatenata nel 2008 dalla finanza internazionale e dall’operato delle banche, ha sottoposto ai suoi cittadini tramite referendum la decisione su quale politica adottare nei confronti del
debito.
Dopo il crack del 2008 innescato dalla crisi dei
subprime negli Usa, il governo islandese fu costretto a nazionalizzare le tre banche principali
dell’isola e farsi carico del debito che queste non
erano più in grado di sostenere. Il Fondo Monetario Internazionale a quel punto, chiamato in
causa dal governo Haarde, intervenne con un
prestito da 2 miliardi e 200 milioni di dollari (che
si sommavano ai 2 miliardi e mezzo erogati da
altri Paesi nordici) per evitare al Paese la bancarotta.
Ma, come al solito, il Fmi propose che, a fronte
dei finanziamenti erogati, venissero applicate
nei confronti della popolazione le arcinote misure di austerità per ripagare i debiti contratti nei
confronti delle banche estere, soprattutto britanniche e olandesi. Più precisamente, si chie22
MAGGIO 2013 - BARRICATE
deva al popolo islandese di pagare circa 3.500
milioni di euro (qualcosa come 100 euro al mese
a persona) in 15 anni, con un interesse del 5,5%.
Dopo il crack bancario e le richieste del Fmi, si
susseguirono numerose proteste di piazza e davanti ai palazzi istituzionali, le “caceroladas”, o
proteste con pentole e coperchi.
Le manifestazioni portarono alle dimissioni del
governo Haarde e a nuove elezioni nell’aprile
BARRICATE E PALAZZI
2009, vinte dalla coalizione socialdemocratica
guidata da Jòhanna Siguroardòttir.
Quando anche il nuovo governo propose il pagamento del debito nei confronti delle banche
estere secondo i dettami del Fmi, ci furono nuove manifestazioni di piazza. A quel punto, il capo
dello Stato, Olafur Ragnar Grìmsson, si rifiutò di
promulgare la legge e decise di indire il referendum invocato dalla popolazione.
Nel marzo 2010 il referendum sancì, con il 93%
dei consensi, che il popolo islandese non avrebbe dovuto pagare un debito causato soprattutto dall’avventatezza delle banche e della classe
politica, oltre che dalla speculazione internazionale. Poco dopo il Fmi si affrettò a congelare gli
aiuti concessi all’isola.
Nel novembre 2010 venne eletta un’assemblea
costituente, composta da 25 cittadini non coinvolti con la politica, nominati su una lista di 522
candidati. Unici requisiti: la maggiore età e l’appoggio sottoscritto di almeno 30 persone.
La nuova Costituzione fu riscritta in un modo
assolutamente innovativo. Per stilare quest’ultima, infatti, furono chiamati in causa tutti i
cittadini, che poterono dare il loro contributo
attraverso i social media (Facebook, Twitter,
Youtube). Ogni riunione del Consiglio costituente fu trasmessa in streaming. Ne venne fuori una
Costituzione che dà una centralità assoluta alla
libertà di stampa e pone l’economia al servizio
dei cittadini.
La cosiddetta “rivoluzione delle pentole”, oltre a
mandare a casa l’intero governo, insediò anche
un parlamento composto per quasi la metà da
donne. Un altro primato non da poco.
Nel frattempo venne istituita una commissione per perseguire tutti i responsabili del crack
del 2008, il cui operato continua tutt’oggi. Lo
“sceriffo” Olafur Hauksson, proveniente da un
paesino di pescatori, ha spedito in galera, tra gli
altri, due ex dirigenti della banca Byr e l’ex direttore del gabinetto del ministro delle finanze. E
qualche mese fa, in un’intervista a Bloomberg
Businessweek, persino il capo della missione del
Fmi nell’isola ha dovuto ammettere che la ripresa del Paese è stata “sorprendentemente forte”,
a riprova di come il “metodo Islanda” sia forse il
migliore per uscire dalla crisi. La crescita prevista per il Paese, quest’anno, è attestata al 2,9%.
A fine gennaio, inoltre, la Corte europea del libero scambio ha dato ragione a Reykjavik contro
Gran Bretagna e Olanda, per quanto riguarda il
risarcimento dei correntisti di Icesave. Londra e
Amsterdam in un ricorso avevano chiesto 2 miliardi e mezzo di euro per risarcire le perdite dei
correntisti della banca Landesbanki, ma la Corte ha stabilito che dovranno accontentarsi dei
20mila euro previsti dagli accordi Ue.
Eppure dal referendum del 2010 in poi l’Islanda
è diventata una specie di Cuba europea: osannata da tutti i movimenti di lotta alla finanza selvaggia ma uno spauracchio per politici, economisti e
giornalisti neoliberisti, che vedono nell’isola un
pericoloso precedente che potrebbe “contagiare” gli altri Paesi e contrastare le tanto invocate
misure di austerità. Come dire: la crisi è stata
scatenata dalle banche, ma se ne esce solo con
tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni e tanta
austerità per gli ingordi popoli europei. Una visione che fa molto comodo ai soliti noti.
In realtà l’essenza della “rivoluzione gentile”
islandese sta in un semplice principio di buon
senso: il fatto che, in caso di crisi, la priorità
dell’economia e della politica nazionale debba
essere quella di salvaguardare il benessere della
popolazione, anteponendolo a quello di banche
e creditori privati.
Esattamente il contrario di quello che viene richiesto ai Paesi europei per uscire dalla crisi.
MAGGIO 2013 - BARRICATE
23
PACE
FACCIAMO PACE?
Dall’assenza di guerra alla costruzione di una società nonviolenta
Maria Chiara Ballerini
Quando sono stanchi di litigare, i bambini dicono
“facciamo pace”. Una formula magica che appiana
ogni screzio, dissolve l’astio, stempera l’orgoglio.
Fare pace, con l’accento sul verbo, indica un’azione
concreta, perché non basta desiderarla e sognarla.
La pace si “fa”.
A volerla siamo in tanti: solo in Italia esistono circa
6500 organizzazioni che si occupano di tutela della
pace e dei diritti1, di orientamento sia laico, come
Amnesty, sia cattolico, come Pax Christi, per citare
due delle maggiori.
Eppure, dai dizionari classici al web, la prima accezione di “pace” è definita sostanzialmente in base a
un concetto di assenza, invece che in senso assoluto:
“Condizione di normalità di rapporti, di assenza di
guerre e conflitti, sia all’interno di un popolo, di uno
stato, di gruppi organizzati, etnici, sociali, religiosi,
ecc., sia all’esterno, con altri popoli, altri stati, altri
gruppi.” (Treccani)
“Condizione personale (intraindividuale), sociale,
relazionale, politica o legata ad altri contesti caratterizzata da condivisa armonia ed assenza di tensioni e conflitti.“ (Wikipedia)
In questo senso anche i termini pacifismo e nonviolenza riprendono (almeno inizialmente) questa accezione “negativa”, ovvero si definiscono in base a
qualcosa che non c’è invece che come realtà.
Con pacifismo si intende generalmente il “rifiuto
della guerra”, con diverse sfumature che vanno dalla
totale condanna dei conflitti armati, all’opposizione
in base ad un giudizio morale, al dissenso pragmatico verso la guerra in quanto azione inefficace e non
risolutiva.
L’espressione non violenza deriva dalla traduzione
letterale del sanscrito ahimsa, formato da himsa
(danno, violenza) e da una a privativa, riferendosi
così all’assenza di tali elementi, al “non nuocere” alle
persone e all’ambiente.
Spesso sovrapposti e usati come fossero intercambiabili, i due concetti rivelano una certa difformità.
Sul sito di Peacelink, uno dei portali più importanti e completi sui movimenti per la pace, si legge: “Il
termine ‘non violenza’ fu introdotto nel 1930 nella
lingua italiana, ossia oltre vent’anni dopo il termine
‘pacifismo’. La ragione storica sta nella lotta nonviolenta di Gandhi che dal 1919 in poi acquisì caratteristiche specifiche, basate sulla non cooperazione,
24
MAGGIO 2013 - BARRICATE
sulla disobbedienza civile e sul boicottaggio dei
prodotti britannici. Fu Aldo Capitini ad introdurre in
Italia il pensiero di Gandhi. La nonviolenza di Gandhi
si innestò sul pacifismo trasformandolo in una metodologia che - pur nella conflittualità - escludeva
in maniera radicale il ricorso alla violenza oltre che
alla guerra. Pertanto i nonviolenti sono pacifisti che
hanno elaborato una metodologia coerente di tipo
gandhiano; vi sono viceversa pacifisti che individuano casi in cui la violenza possa essere - seppur dolorosamente - usata, come nel caso della legittima
difesa. In altri termini si può essere pacifisti ma non
necessariamente nonviolenti; il termine nonviolento indica in tal mondo un ‘di più’ rispetto al ‘pacifista’
in termini di esclusione di ogni forma di guerra e di
adesione quindi all’obiezione di coscienza al servizio militare.” 2
Ed è lo stesso Aldo Capitini3 a dare la prima spinta
verso una concezione attiva e positiva della “non
violenza”: scrivendo la parola senza il trattino separatore, sottolinea il fatto che la nonviolenza non è
semplice negazione della violenza, bensì un valore
autonomo, una modalità di azione costruttiva che
persegue una realtà concreta di pace, giustizia e benessere per tutti.
Oggi, nell’ambito degli studi internazionali sulla
pace, c’è sempre maggiore attenzione all’idea, più
1- Fonte ISTAT
relativa all’anno
2003.
2- Alessandro
Marescotti, su
www.peacelink.it/
pace/a/29912.html
3- Aldo Capitini
è stato filosofo,
politico, poeta ed
educatore. Ha
fondato negli anni
’60 il Movimento
Nonviolento e ideato
la Marcia per la
Pace e la fratellanza
dei popoli, celebre
corteo da Perugia ad
Assisi.
VOCI SOLIDALI
Ph: Luciano Manna
RIFERIMENTI E LINK
ampia, di “pace positiva”. Un’insolita definizione arriva addirittura dalla matematica: nel testo Peace
Mathematics –Does It Exist?, Johan Galtung elabora
una vera e propria “formula per la pace”:
+ Pace Positiva
Equità x Armonia
Pace = ________________ = _________________
– Pace Negativa
Trauma x Conflitto
4- Johan Galtung,
Conferenza all’Università di Strasburgo, traduzione
a cura del Centro
Sereno Regis. Titolo
originale: Dire la
Guerre, Penser la
Paix, http://www.
transcend.org/
tms/2012/05/direla-guerre-penser-lapaix.
“Al numeratore c’è la pace positiva: tanto è maggiore, meglio è. E al denominatore ci sono i fattori chiave della pace negativa, opposta a quella positiva:
violenza diretta, strutturale e culturale. Meno sono,
meglio è. Quello che si guadagna in pace è facilmente perso attraverso la disattenzione alla pace negativa. Ma c’è una zona di stabilità per compensazione.
Secondo questa formula, ci sono quattro compiti
fondamentali, ciascuno dei quali difficile ma non impossibile. Tutti richiedono addestramento, capacità.
1. Costruire equità: cooperazione per benefici mutui e uguali, o almeno non clamorosamente diseguali
e peggiorativi, è fondamentale. L’Occidente e il capitalismo vogliono grandi guadagni, creando quindi
violenza strutturale.
2. Costruire armonia: nel senso taoista di condividere la gioia e la sofferenza degli altri. Emozioni che
risuonano, simpatia.
3. Riconciliare i traumi del passato: ripulire il passato, riconoscere gli errori, augurandosi di non ripeterli, dialogo sul perché e il come, costruire un
futuro.
4. Risolvere i conflitti presenti: lavorare per superare le contraddizioni/incompatibilità ma anche sugli atteggiamenti e comportamenti negativi.”4
Affinché si realizzi una pace “vera”, quindi, sono necessarie “vere” azioni che vadano oltre la mera assenza di guerra: obiettare ad ogni tipo di violenza,
realizzare una giusta distribuzione della ricchezza,
garantire il rispetto dei diritti fondamentali della
persona, partecipare allo sviluppo della società,
Padre Alex Zanotelli
[email protected]
Amnesty International
Organizzazione non governativa internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani.
www.antennedipace.org
www.assopace.org
Associazione per la Pace
www.betterworldlinks.org
Censimento di realtà che si impegnano per la pace
e la giustizia a livello mondiale
www.casaperlapace.it
www.disarmo.org
Controllarmi - Rete Italiana per il Disarmo
www.ipb.org/web
International Peace Bureau, coordinamento internazionale del movimento per la pace
Lega degli Obiettori di Coscienza (LOC)
Lega per il Disarmo Unilaterale (LDU)
www.mercatiesplosivi.com/guerrepace
Guerre&Pace è una rivista di approfondimento sui
conflitti nel mondo
www.mkgandhi-sarvodaya.org/peace_dir.htm
Informazioni su Peace Directory, elenco pubblicato
annualmente all’interno di Peace Diary, contenente
numerosissimi indirizzi di associazioni pacifiste a
livello internazionale
www.mosaicodipace.it
Sito della rivista mensile Mosaico di Pace, promossa dalla sezione italiana di Pax Christi, movimento
cattolico internazionale per la pace. Pace, ambiente,
nonviolenza, disarmo, dialogo interreligioso per la
pace, economia di giustizia sono i principali temi su
cui interroga e provoca. Diretta da Alex Zanotelli
ospiti.peacelink.it/mir
Movimento Internazionale della Riconciliazione
nonviolenti.org/cms
Sito del Movimento Nonviolento, che tra le diverse
attività realizza la rivista Azione nonviolenta
www.paxchristi.it
Sito di Pax Christi, movimento cattolico internazionale per la pace fondato nel 1945. Promuove i diritti umani e la giustizia sociale nei paesi oppressi da
guerre e conflitti. La sezione italiana fu guidata da
Don Tonino Bello dal 1985 al 1993.
www.peacelink.it
Peacelink è un’associazione di volontariato dell’informazione che dal 1992 offre un’alternativa ai
messaggi proposti dai grandi gruppi editoriali e
televisivi, occupandosi di pace, nonviolenza, diritti umani, liberazione dei popoli oppressi, rispetto
dell’ambiente e libertà di espressione.
http://serenoregis.org
Il Centro Studi Sereno Regis, costituito nel 1982 su
iniziativa del Movimento Internazionale della Riconciliazione (MIR) e del Movimento Nonviolento
(MN), è una ONLUS che promuove programmi di
ricerca, educazione e azione sui temi della partecipazione politica, della difesa popolare nonviolenta,
dell’educazione alla pace e all’interculturalità, della
trasformazione nonviolenta dei conflitti, dei modelli di sviluppo, delle energie rinnovabili e dell’ecologia.
MAGGIO 2013 - BARRICATE
25
VOCI SOLIDALI
costruire armonia nelle relazioni
interpersonali.
In breve, promuovere l’educazione alla nonviolenza attiva come
pratica, come uno stile di vita che
abbraccia ogni aspetto della realtà e può concretizzarsi a tutti i
livelli. A cominciare da noi stessi
e da chi abbiamo più vicino. A cominciare - per esempio - dal linguaggio e dalla comunicazione,
dal momento che “L’uso disinvolto e approssimativo delle parole
ci fa contribuire quasi senza che
ce ne accorgiamo alla strutturazione violenta dei nostri rapporti
sociali.”5
La pace non va soltanto pensata. Va parlata, scritta, costruita.
Insomma, fatta. Questo verbo
così semplice, di cui ci si affanna
a trovare dei sinonimi, sembra
proprio il migliore per sposare la
pace.
Bibliografia
Hannah Arendt, Sulla violenza, Pratiche, Parma, 2001
Norberto Bobbio, Il problema della guerra e le vie della pace, il Mulino, Bologna
1997
Andrea Caffi, Albetro Castelli, Contro la guerra. Violenza e liberazione, Nonluoghi Libere Edizioni, Divezzano (TN), 2002
Centro Studi Sereno Regis (a cura del), Manuale di difesa civile nonviolenta, Centro Studi Sereno Regis, Torino 1998
Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Perugia
Aldo Capitini, Le ragioni della nonviolenza. Antologia degli scritti, a cura di Mario
Martini, ETS, Pisa 2004
Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, Linea d’ombra, Milano, 1989
Danilo Dolci. Una rivoluzione nonviolenta, a cura di Giuseppe Barone, Terre di
mezzo, Milano, 2007.
Paulo Freire, La pedagogia degli oppressi e L’educazione come pratica della libertà,
Mondadori, Milano
Johan Galtung, La trasformazione nonviolenta dei conflitti, Gruppo Abele, Torino,
2000
Johan Galtung e Dietrich Fischer, Matematica di pace, Transcend University
Press, 2012
Mohandas K. Gandhi, Antiche come le montagne, a cura di Sarvepalli Radhakrishnan, Arnoldo Mondadori, “Oscar”, Milano, 2001
Mohandas Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino, 1973 e
seguenti
Mohandas K. Gandhi, La resistenza non violenta, a cura di Franco Paris, Newton
& Compton, Milano 2000
Etty Hillesum, Diario (1941-1943), Adelphi, Milano, 2011
5- Contributo di
Andrea Canevaro
in Marshall Rosemberg, Le parole sono
finestre (oppure
muri) Introduzione
alla Comunicazione
Nonviolenta, Esserci,
2003.
M. L. King, I have a dream. L’autobiografia del profeta dell’uguaglianza, A.
Mondadori, “Oscar storia”, Milano, 2001
Alexandre Langer, Il viaggiatore leggero. Scritti (1961-1995), Sellerio, Palermo,
1996
Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto, Che cos’è la nonviolenza, Jaca Book, Milano, 1990
Primo Levi, I sommersi e i salvati, Einaudi, Torino
Lorenzo Milani, Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, A. Mondadori,
“Oscar”, Milano, 1988
Movimento Nonviolento (a cura di), Nonviolenza in cammino. Storia del Movimento Nonviolento dal 1962 al 1992, Movimento Nonviolento, Verona, 1998
Elisabetta Nigris, I conflitti a scuola. La mediazione pedagogico-didattica, Bruno
Mondadori, Milano 2002
Enrico Peyretti, Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e
nonviolente, in “La nonviolenza è in cammino”, n. 145 del 10 marzo 2001
Giuliano Pontara, La personalità nonviolenta, Gruppo Abele, Torino, 1996
Ph: Luciano Manna
Marshall Rosenberg, Le parole sono finestre [oppure muri] Introduzione alla Comunicazione Nonviolenta, Esserci, 2003
26
Marshall Rosenberg, Parlare Pace. Quello che dici può cambiare il tuo mondo,
Esserci, 2006
Tiziano Terzani, Lettere contro la guerra, TEA, Milano, 2004
Simone Weil, Sulla guerra, Pratiche, Parma, 1996.
MAGGIO 2013 - BARRICATE
VOCI SOLIDALI
È il monologo finale del film “Il
grande dittatore”, diretto, prodotto
e interpretato da Charlie Chaplin nel
1940. Nei panni di un barbiere ebreo
sosia del dittatore Adenoid Hynkel,
Chaplin pronuncia questo discorso,
che ha segnato non solo la storia del
cinema, ma la storia dell’umanità
stessa: “… il clown universalmente
famoso e amato del suo tempo sfidava
apertamente l’uomo che aveva causato più orrori e sofferenze di chiunque
altro nell’epoca moderna …Da destra
e da sinistra, i critici accusarono
Chaplin: banalità, luoghi comuni. È
un fatto comunque che a distanza di
più di quarant’anni da quel discorso
nessuna frase è invecchiata o ha perduto la sua forza, anche se l’ottimismo delle ultime battute … non si
può proprio dire si sia mai tradotto
in realtà.”
(David Robinson, Chaplin - La vita e
l’arte, Marsilio, 1995)
“Mi dispiace ma io non voglio fare l’Imperatore, non è il mio mestiere, non voglio governare
e conquistare nessuno, vorrei aiutare tutti, ebrei, ariani, uomini neri e bianchi, tutti noi
dovremo aiutarci sempre, dovremo soltanto godere della felicità del prossimo, non odiarci
e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti, la natura è ricca, è sufficiente per tutti noi, la vita può essere felice e magnifica, ma noi lo abbiamo dimenticato.
L’avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell’odio, ci ha condotti a
passo d’oca a fare le cose più abbiette, abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi
in noi stessi. La macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà, la scienza ci ha trasformato in cimici, l’avidità ci ha resi duri e cattivi, pensiamo troppo e sentiamo poco. Più
che macchinari ci serve umanità, più che abilità ci serve bontà e gentilezza, senza queste
qualità la vita è violenza e tutto è perduto. L’aviazione e la radio hanno riavvicinato le
genti, la natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà nell’ uomo, reclama la fratellanza universale, l’unione dell’umanità. Perfino ora la mia voce raggiunge milioni di
persone nel mondo, milioni di uomini, donne e bambini disperati, vittime di un sistema che
impone agli uomini di torturare e imprigionare gente innocente. A coloro che mi odono,
io dico, non disperate! L’avidità che ci comanda è solo un male passeggero, l’amarezza di
uomini che temono le vie del progresso umano. L’odio degli uomini scompare insieme ai
dittatori e il potere che hanno tolto al popolo ritornerà al popolo e qualsiasi mezzo usino
la libertà non può essere soppressa. Soldati! Non cedete a dei bruti uomini che vi disprezzano e vi sfruttano, che vi dicono come vivere, cosa fare, cosa dire, cosa pensare, che
vi irreggimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie. Non vi consegnate a questa
gente senza un anima, uomini macchina, con macchine al posto del cervello e del cuore.
Voi non siete macchine, voi non siete bestie, siete uomini ! Voi avete l’amore dell’umanità nel
cuore, voi non odiate, coloro che odiano sono quelli che non hanno l’amore altrui. Soldati!
Non difendete la schiavitù, ma la libertà! Ricordate nel Vangelo di S. Luca è scritto - ‘Il
Regno di Dio è nel cuore dell’ uomo’ - non di un solo uomo o di un gruppo di uomini, ma
di tutti gli uomini. Voi, il popolo avete la forza di creare la macchina, la forza di creare
la felicità, avete la forza di fare che la vita sia bella e libera, di fare di questa vita
una splendida avventura. Quindi in nome della democrazia uniamo questa forza,
uniamoci tutti! Combattiamo per un mondo nuovo che sia migliore, che dia a tutti
gli uomini lavoro, ai giovani un futuro, ai vecchi la sicurezza. Promettendovi
queste cose dei bruti sono andati al potere, mentivano! Non hanno mantenuto
quelle promesse e mai lo faranno! I dittatori forse sono liberi? Perché rendono
schiavi il popolo. Allora combattiamo per mantenere quelle promesse, combattiamo per liberare il mondo, eliminando confini e barriere, eliminando
l’avidità, l’odio e l’intolleranza. Combattiamo per un mondo ragionevole, un mondo in cui la scienza e il progresso diano a tutti gli uomini il benessere. Soldati, nel nome della democrazia siate tutti uniti!”
illustrazione Paolo Castaldi
DISCORSO ALL’UMANITÀ
da The Great Dictator,
di Charlie Chaplin
MAGGIO 2013 - BARRICATE
27
IL PUNTO DI VISTA
Intervista a Padre Alex Zanotelli
RIVOLUZIONE
FRANCESCANA
Semplicità e fraternità. L’unica strada che l’umanità, tutta insieme, può
percorrere per uscire dalla crisi economica e ambientale
Maria Chiara Ballerini
In parte defilata rispetto ai riflettori dei media, Padre Zanotelli è
una figura centrale in questa fase
di trasformazione che l’Italia sta
vivendo e rappresenta un importante punto di riferimento per
una parte consistente della società civile, che si riconosce nei principi e nei valori di cui è portatore.
Alex Zanotelli ha sempre speso la
sua vita accanto ai più deboli ed
ha sempre fatto risuonare la sua
voce alta e chiarissima contro le
ingiustizie, nel sud come nel nord
del mondo.
Per le lotte che ha condotto in
difesa dei beni comuni, per le denunce contro le banche e il predominio finanziario, per le sue
analisi della società attuale sempre lucide e dirette, per non aver
risparmiato nessuno di coloro che
ritiene responsabili della condizione di miseria e disperazione
in cui versano tante popolazioni,
si è attirato spesso l’inimicizia di
molti esponenti del potere politico, economico, militare e spesso
anche religioso. Ma molto più numerose sono l’ammirazione e la
simpatia “trasversali” che ha raccolto tra tutti coloro che, ognuno
con la propria sensibilità, desiderano avvicinarsi a una visione
francescana della vita.
Padre Zanotelli, in questo
momento storico segnali positivi stanno giungendo da
più parti: dal nuovo parlamento che -con tutti i limiti
e difetti- si è almeno un poco
ripulito per lasciare spazio a
un numero maggiore di gente “normale”, al nuovo Papa
28
MAGGIO 2013 - BARRICATE
Francesco che trasmette mes- inciso profondamente su coloro
saggi di profonda umiltà e che hanno eletto il Papa, maniumanità. Come
festando la decipercepisce
e Solo se le chiese e le
sione di dare una
come interpreta
svolta, ed è una
grandi religioni oggi scelta che ha sorquesti cambiariescono a portare un preso un po’ tutmenti?
Ho sentito que- messaggio di sempliti. Penso che una
sti cambiamenti cità della vita e di
grande speranza
come una primastia
arrivando:
fraternità, sarà un
vera che stentava
prima di tutto
ad arrivare. L’e- po’ più facile che la
il nome scelto,
lezione di Papa società civile possa
Francesco, è già
Francesco è stata davvero accogliere
una
missione;
davvero una boc- questo suggerimento
secondo, il Papa
cata d’ossigeno.
si è richiamato a
La chiesa viveva
Giovanni XXIII,
un periodo estremamente dif- riprendendo il concetto fondaficile, una situazione che ha mentale di una chiesa povera
VOCI SOLIDALI
illustrazioni Dalia Del Bue
per i poveri, perché solo una
chiesa povera potrà davvero
parlare a favore dei poveri.
Per quanto riguarda ciò che è
avvenuto in parlamento, anche
se con questo risultato non è
facile formare il governo, per
la prima volta si sono visti tantissimi volti nuovi, soprattutto di giovani e di donne, e ne
avevamo profondamente bisogno. Sono spunti che fanno ben
sperare, al di là delle specifiche
scelte politiche.
Avrà sicuramente apprezzato l’elezione di Laura Boldrini, così attenta ed attiva nel
campo dei diritti umani…
L’elezione di Laura Boldrini è
per me un evento molto bello!
Finalmente, dopo 20 o 30 anni,
in parlamento è stato fatto un
discorso serio sui diritti umani,
su coloro che non contano… Se
in parlamento non si discutono questi argomenti, che leggi
verranno fatte allora? Le elezioni di Boldirini e Grasso mi
sembrano un segnale chiaro
della svolta che il Paese vuole to che abbiamo bisogno di una
prendere. Mi auguro davvero rivoluzione culturale, spirituache le istanze nuove che stanno le, etica.
arrivando incomincino ad es- Una rivoluzione che dovrebsere trasformate in leggi, e mi be investire il campo econoauguro che acmico, o forse
cada presto, persarebbe meglio
Un altro tipo di soché questo Paese
dire
finanziavive un momento cietà, un altro tipo di rio, dal momenuomo deve nascere.
difficilissimo.
to che l’econoÈ lecito sentirsi Sono convinto che
mia finanziaria
più
ottimisti? abbiamo bisogno
sembra
deciStiamo avvicidere i destini
di una rivoluzione
nandoci a una
dell’universo…
visione
più culturale, spirituale,
Luciano Gallino
“francescana” etica
ha parlato di
della vita?
“finanzcapitaQuesto è fondamentale. Ed è lismo”, Lei ha più esplicitapoi quello che il Papa sta sug- mente condannato il sistema
gerendo, cioè una vita più so- definendolo “dittatura della
bria, perché questo è il france- finanza”. Come ribellarsi a
scanesimo. Francesco d’Assisi una tirannia di questo tipo,
non voleva fondare nuovi or- impalpabile nei contorni ma
dini, aveva solo l’intenzione di devastante negli effetti?
richiamare i cristiani a vivere Sì, ho parlato, e non ho probleil Vangelo così com’è, come mi a riaffermarlo, di dittatura
diceva lui, “sine glossa”, senza della finanza. Oggi non è più
tante interpretazioni. Solo se l’economia che domina. Dalla
le chiese e le grandi religioni seconda guerra mondiale agli
oggi riescono a portare questo anni ‘80 abbiamo avuto il premessaggio di semplicità della dominio economico, ma oggi
vita, di fraternità, sarà un po’ dobbiamo parlare di finandell’economia,
più facile che la società civile ziarizzazione
-che non è motivata da spinte e questo è gravissimo, perché
profondamente religiose- possa sta portando alla follia totale,
davvero accogliere questo sug- al fare soldi con soldi cui non
gerimento. E dico questo per corrisponde più nulla di reauna semplice ragione: se noi le. Secondo le ultime indagini
andiamo avanti a vivere come di economisti, nel 2011 il PIL
stiamo vivendo adesso, siamo planetario è stato di 70 mila
già destinati a morire. Il 20% miliardi, mentre il totale della
ricco del mondo, cioè 1 miliar- ricchezza finanziaria corrisponderebbe a 1 mido di persone
su 7, consuma Oggi siamo di fronte lione di miliardi,
ciò vuol dire che
qualcosa come
fra
l’economia
l’86% delle ri- alla finanziarizzasorse, e da solo zione dell’economia. reale e l’econosta già creando Questo sta portando mia finanziaria
c’è una diversità
una crisi ecolo- alla follia totale, al
enorme. L’econogica paurosa; se
fare soldi con soldi
mia finanziaria
anche gli altri 6
miliardi vivran- cui non corrisponde sta soppiantando
l’economia
dino nello stesso più nulla di reale.
retta alla produmodo, a questo
mondo non si potrà più vivere! zione di beni e di servizi, è asPer cui è essenziale il richiamo surdo! Questa bolla finanziaria
allo stile di vita, alla sobrietà, deve assolutamente sgonfiarsi.
alla semplicità, all’accoglierci Come agire? Io propongo diproprio perché diversi…Questo verse strade. Se parlo dei crevuol dire che è un altro tipo di denti, devo dire che noi come
società, un altro tipo di uomo cristiani abbiamo tradito il
che deve nascere. Sono convin- Vangelo, che è chiarissimo a
MAGGIO 2013 - BARRICATE
29
questo proposito, Gesù sui soldi
ha detti estremamente duri che
abbiamo dimenticato. Cito uno
dei migliori moralisti italiani,
riconosciuto tale da tutti, Enrico Chiavacci, che riassume l’insegnamento di Gesù in campo
economico con due comandamenti: primo comandamento,
cerca di non arricchirti; secondo, se hai, hai per condividere. È proprio questo che come
chiesa, come comunità cristiana, abbiamo dimenticato: la logica evangelica sui soldi. Dobbiamo pertanto incominciare a
ritornare al Vangelo.
Invece, coloro che non si ispirano al Vangelo o non si dicono
credenti, io li inviterei seriamente a un’altra riflessione:
incominciare a capire che andando avanti così ci roviniamo con le nostre stesse mani,
30
MAGGIO 2013 - BARRICATE
avverrà un disastro dietro l’altro a livello finanziario, non
c’è via. Dobbiamo ribellarci a
questa dittatura. Come? Ma in
tantissime maniere! Prima di
tutto ritirando i nostri soldi da
quelle banche che stanno investendo in titoli cosiddetti tossici: se ogni cittadino lo facesse,
avremmo un impatto incredibile. Secondo, dobbiamo esigere
sempre più banche pubbliche:
è possibile che vi siano negli
Stati Uniti e che in Italia non
esistano? Terzo, dobbiamo ragionare su tutta la filiera finanziaria e pretendere, come cittadini, che le banche vengano
divise fra quelle commerciali e
quelle di investimento.
Credenti o non credenti, per
tutti coloro che si ispirano a dei
valori, ma soprattutto al valore della vita, ci sono tantissime
maniere di ribellarsi a questo
sistema partendo dal basso.
Proprio partendo dal basso
Lei ha condotto una battaglia vittoriosa per l’acqua
pubblica. Ma nonostante che
il Paese abbia vinto un referendum, incombe ancora la
minaccia della privatizzazione…
Esatto, è incredibile, siamo riusciti a vincere un referendum
con 26 milioni di voti, senza
soldi, senza partiti che ci abbiano appoggiato, senza che i
grandi media ci abbiamo dato
spazio adeguato, eppure non
c’è verso di farlo
passare. Per me
Credenti o non crela spiegazione è
s e m p l i c i s s i m a . denti, ci sono tanOggi chi coman- tissime maniere di
da non sono più i ribellarsi alla dittagoverni: i politici
tura della finanza
che noi eleggiamo, se vogliono partendo dal basso
governare, devono obbedire ai potentati economico-finanziari, i quali hanno
capito che non è più il petrolio il futuro, ma è l’acqua, è
sull’acqua che si giocherà tutto
a livello mondiale, ed è chiaro
che vogliono fare i soldi sull’acqua. Il problema concreto è tutto qui: i politici non decidono,
chi decide sono i potentati economico-finanziari.
Barricate dedica questo numero alla pace e alla nonviolenza. Tutti detestiamo
la guerra per l’atrocità che
infligge alle singole persone,
ma forse non siamo del tutto
consapevoli di come i conflitti incidano tragicamente
anche sull’ambiente che ci
circonda. Come fondatore
di movimenti per la pace e
come missionario che ha vissuto in Paesi in guerra, cosa
può dirci a questo riguardo?
Prima di tutto è fondamentale
capire bene il problema delle
armi. Abbiamo parlato prima
del 20% della popolazione che
consuma più del’80% delle risorse del pianeta. Che cosa permette che ciò accada? Quello
che impedisce ai poveri di ribellarsi è il nostro strapotere in
VOCI SOLIDALI
armi. Sarebbe altrimenti inconcepibile che gli altri vari miliardi di persone stessero solo a
guardare senza reagire. Le armi
servono a difendere lo stile di
vita del 20% del mondo. È chiaro, basta vedere le statistiche di
SIPRI (NdR: Stockholm International Peace Research Institute,
istituto svedese che fornisce ogni
anno le statistiche sulle spese militari di ogni Paese). Nel 2011 a
livello mondiale abbiamo speso
1740 miliardi di dollari in armi.
Certo, sono necessarie queste
armi, perché con esse facciamo
le guerre per mantenere i nostri
privilegi, per mettere le mani
sulle risorse del pianeta. Basta
vedere l’Italia, che è un paesino
in confronto alle grandi potenze e che conterebbe ben poco,
eppure nel 2011 abbiamo speso 26 miliardi di euro in difesa,
cui bisogna aggiungere i 15 già
messi da parte per l’acquisto
degli F35: fanno 41 miliardi, in
pratica l’equivalente della ma-
PADRE ALEX ZANOTELLI
Padre Zanotelli fa parte della comunità missionaria dei Comboniani ed
è ispiratore e fondatore di diversi
movimenti italiani che si propongono di contribuire a creare nel mondo le condizioni per una pace vera e
una società giusta. Alex (Alessandro)
Zanotelli nasce a Livo (Trento) il 26
agosto 1938. Dopo gli studi in teologia negli Stati Uniti, viene ordinato
sacerdote nel 1964 e svolge servizio
per otto anni come missionario nel
Sudan martoriato dalla guerra civile.
Nel 1978, a Verona, assume la direzione della rivista Nigrizia, che rende
un importante organo di informazione socio-politica sui Paesi africani. La
lascia nel 1987 quando parte in missione per Korogocho, una baraccopoli
intorno a Nairobi, capitale del Kenya,
dove dà vita a piccole comunità cristiane, forma una cooperativa che
con il recupero di rifiuti riesce a dare
lavoro ai più poveri, lotta affinché il
governo keniano metta in atto riforme sulla distribuzione della terra. Nel
1990 inizia a dirigere, su proposta di
don Tonino Bello, la rivista Mosaico di
pace, e pochi anni dopo contribuisce
a lanciare l’idea della rete Lilliput,
divenendone principale punto di riferimento. Dal 2001 vive a Napoli,
nel Rione Sanità, dove opera nella comunità Crescere insieme e continua la
sua battaglia a fianco dei più deboli.
Nel 2008 lancia la campagna contro
l’aumento delle spese militari Finanziaria, armi e politica: che vergogna! e
nel 2011 conduce una strenua battaglia in favore dell’acqua pubblica. Ha
sempre condannato come immorale
costringere i Paesi poveri al pagamento del debito e ha recentemente
appoggiato le campagne contro il debito pubblico e il governo delle banche, avanzando proposte relative alla
crisi economico-finanziaria che sta
travolgendo il nostro Paese e l’intero
pianeta.
BIBLIOGRAFIA
La morte promessa. Armi, droga e
fame nel terzo mondo, Publiprint,
1987
Il coraggio dell’utopia, Publiprint,
1988
I poveri non ci lasceranno dormire,
Monti, 1996
Leggere l’impero. Il potere tra l’Apocalisse e l’Esodo, La meridiana, 1996
Sulle strade di Pasqua, EMI, 1998
Inno alla vita, EMI, 1998
Ti no ses mia nat par noi, CUM, 1998
La solidarietà di Dio, EMI, 2000
L’era Wojtyla. Dialogo su questo
papato, La meridiana, 2000 (con
Tomás Balduino)
R...esistenza e dialogo, EMI, 2001
Non ci sto!, Piero Manni, 2003 (con
Pietro Ingrao)
Fa’ strada ai poveri senza farti strada.
Don Milani, il Vangelo e la povertà
nel mondo d’oggi, EMI, 2003 (con
Mario Lancisi)
Nel cuore del sistema: quale missione?, EMI, 2003
Korogocho, Feltrinelli, 2003
W Nairobi W. Ediz. italiana e inglese,
EMI, 2004 (con Daniele Moschetti)
Korogocho. Alla scuola delle baracche, EMI, 2005
Da Korogocho con passione. Lettere
dai sotterranei della vita e della storia, EMI, 2006
Voci dei poveri, voce di Dio. La Bibbia
letta con gli occhi degli impoveriti, delle donne e dei senza armi, EMI, 2007
Paolo. Sulle strade dell’impero proclamando il dio della vita, EMI, 2008
Europa dei mercati o dei popoli? Il
ruolo dei missionari, EMI, 2008
I poveri non ci lasceranno dormire.
Da Korogocho al Rione Sanità, Editrice Monti, 2011
MAGGIO 2013 - BARRICATE
31
VOCI SOLIDALI
novra di Monti. Per salvare il vita in tutti i suoi aspetti.
Paese bastava tagliare le spese Quali sono secondo Lei altri
militari. Ma non c’è nessuno temi su cui non dobbiamo
che lo vuol fare! E ci sarebbe mai abbassare la guardia?
da domandarsi
Li abbiamo tocperché i partiti I politici che noi
cati tutti mi
non lo fanno. Le eleggiamo devono
sembra, la pace,
armi servono a
stile di vita,
obbedire ai potentati lo
difendere il nol’ambiente…
stro stile di vita. economico-finanEcco, in campo
Quello di cui non ziari, i quali hanno
ecologico c’è un
ci accorgiamo -e capito che non è più aspetto inderogaarrivo adesso al il petrolio il futuro,
bile, il gravissiproblema ecolomo problema dei
gico- è che con ma è l’acqua
rifiuti. Io sono a
lo stile di vita del
Napoli ora, ab20% del mondo, protetto da biamo lottato tanto in questi
somme incredibili, con le speri- anni, ma anche qui siamo stati
mentazioni atomiche, con tutto sconfitti. Andando avanti con
quello che implica la guerra, questo sistema di smaltimento
con questo sistema economico, dei rifiuti con incenerimento e
finanziario e militare, stiamo megadiscariche vuol dire ampesando sull’ecosistema in ma- mazzarsi e morire. È necessario
niera così forte che sta saltan- arrivare -e ripeto che ci vuole
do tutto: siamo davanti a una una rivoluzione vera e propriacrisi ecologica paurosa, siamo al 70% di raccolta differenziata:
davanti a un disastro, eppure il 40%, l’umido, deve tornare ai
non si vuole cambiare. Le armi nostri campi; il 30%, il secco,
sono uno dei nodi fondamenta- deve ritornare alle industrie.
li. Sono anni che lotto, ma non
riusciamo a far passare questo
Ciò che impedisce ai
aspetto, perché è essenziale,
indispensabile al sistema. Inpoveri di ribellarsi è
vece dobbiamo assolutamente
il nostro strapotere in
far capire che stiamo rovinanarmi. Le armi servodo questo gioiello della madre
no a difendere lo stile
terra, e ne abbiamo solo uno di
di vita del 20% ricco
pianeti, non sappiamo dove andare altrove. Ecco perché pardel mondo
lo di una rivoluzione cultuale,
spirituale, etica, che tutta l’umanità dovrà fare, insieme. Se eliminassimo il 70% sarebSono convinto di una cosa, lo be già un passo straordinario in
dico con le parole di padre Bal- avanti; poi dobbiamo diminuducci, l’evoluzione degli omini- ire i rifiuti. Ecco l’importanza
di era arrivata a un punto in cui dello stile di vita. Produciamo
tutto era pronto perché si com- troppi rifiuti, imballaggi, buste
pisse il salto e apparisse l’homo di plastica, bottiglie… un’assapiens; ma purtroppo homo surdità. Dobbiamo arrivare ad
sapiens è diventato oggi homo eliminare quel 30% che mandemens. Cominciamo a capire ca proprio con un altro stile di
che siamo demenziali, come vita. La città di San Francisco è
demenziale è questo sistema, già arrivata al 90%, e ci guadae attuiamo una vera, radicale gna! Noi, andando avanti con
trasformazione per diventare, discariche e inceneritori che
io direi, “homo planetarius”. producono diossine, finiremo
Ecco cosa ci attende, e mi au- per avvelenarci del tutto. C’è
guro che avvenga presto. Come bisogno di novità totale. Mi
uomo di fede credo che Dio è auguro che questo parlamento
il Dio della vita, appassionato abbia finalmente il coraggio di
di vita, e porterà a difendere la dotare il Paese di una legge se32
MAGGIO 2013 - BARRICATE
ria su rifiuti e riciclo. Io sono
per arrivare a riciclare almeno
il 97%, e quel 3-4% che non si
può riciclare bisognerà dire alle
industre di non produrlo più!
Non c’è altra via. E mi auguro
anche presto di avere dal parlamento una legge sull’acqua. Ne
abbiamo un bisogno vitale.
Un suo appello per tutti noi?
Il mio appello, soprattutto a voi
che lavorate nei media, è prima
di tutto informare. È impressionante come queste notizie girino poco. Sulla crisi ecologica,
sulle armi, sul sistema economico-finanziario, c’è pochissima analisi. La cosa fondamentale è informare e informarsi,
prendere coscienza che c’è
qualcosa che non va, mettersi
insieme, piccoli gruppi che si
uniscono ad altri gruppi, fare
rete, non solo rete sul web ma
reti concrete. Se un popolo si
muove e si ribella, ce la possiamo fare, ma dobbiamo partire
dal basso. Dall’alto penso che
non ci arriverà più nulla.
LINGUAGGI GRAFICI: DALIA DEL BUE
Dalia Del Bue
è nata a Chieri nel 1984. Nel
2010 si diploma all’Accademia
Albertina delle Belle Arti di
Torino, città in cui vive. Lavora
presso alcuni studi d’artigianato,
restauro e arte contemporanea
e partecipa a mostre personali
e collettive, l’ultima tra le quali
“Nuovi talenti surreali” alla Galleria
Davico di Torino. Con i suoi disegni
collabora ad alcuni progetti e
riviste autoprodotte, pubblicando
su Pastiche, Illustrati e su Saturno,
inserto culturale de Il Fatto
Quotidiano.
daliadelbue.blogspot.it
MAGGIO 2013 - BARRICATE
33
PEACELINK
Intervista a Alessandro Marescotti
LEGAMI DI PACE
Una rete telematica ecopacifista per comunicare la pace in tempo reale
PeaceLink significa “collegamento di pace” ed è una comunità di
persone che fa cittadinanza attiva e controinformazione tramite
la telematica. È nata nel 1991
ed stata la prima rete telematica
di Bulletin Board Systems ad occuparsi in Italia di volontariato,
pace, ambiente e solidarietà. Attualmente è un sito web (www.
peacelink.it) interfacciato con i
social network e dotato di una
web-tv. I principi a cui si ispira
l’Associazione sono: la promozione della solidarietà, la difesa
dei diritti umani, l’educazione
alla pace, il volontariato, la cooperazione internazionale, il supporto umanitario in situazioni di
disagio e di sofferenza, il ripudio
del razzismo, la cultura della
legalità, la lotta alla mafia, la
difesa dell’ambiente. PeaceLink
si è occupata di diritti all’espressione multimediale del pensiero
e al pluralismo informativo. PeaceLink promuove Linux, il software libero, l’open source e la
condivisione delle tecnologie cooperative nel quadro di una strategia di ampliamento dei diritti e
di “empowerment” sociale. A tal
fine utilizza un software gratuito
e open source realizzato per le
associazioni di volontariato: il
PhPeace.
PeaceLink promuove - tramite i
social network telematici e altri
strumenti di aggregazione sociale on line - la cultura dell’informazione indipendente e sviluppa
forme di collaborazione con associazioni, scuole, società civi34
MAGGIO 2013 - BARRICATE
Ph: Luciano Manna
Franco Cittadini
Incontro Peacelink a Tavarnuzze, Firenze, gennaio 2013, tutti i componenti di Peacelink si confrontano sulle linee redazionali, gli argomenti, i temi e fanno dei piccoli seminari sull’uso dei mezzi media, il
sistema phpeace usato per il sito peacelink.it, le trasmissioni della web TV
le, enti ed istituzioni. Nel 1996
PeaceLink ha realizzato il libro
“Telematica per la pace” (ed.
Apogeo). Nel 2006 una tesi
di laurea di Filippo Piredda in
Scienze della Comunicazione a
Bologna,”Comunicare la pace on
line: il caso PeaceLink”, ha ricostruito la storia e le modalità comunicative di questa esperienza.
Una linea di azione intrapresa da anni è la socializzazione
informativa per ottenere più
trasparenza e più partecipazione nell’ambito delle scelte
ambientali,e della “partecipazione del pubblico”, in linea con i
diritti contenuti nella Convenzione di Aarhus.
Nel 2008 PeaceLink ha presentato un esposto alla Procura
della Repubblica di Taranto con
le analisi della diossina di un
pezzo di pecorino locale, azione
che ha dato inizio alle indagini
attualmente in corso sull’Ilva di
Taranto.
www.peacelink.it
[email protected]
[email protected]
Alessandro Marescotti è stato tra
i fondatori di PeaceLink e ne è
oggi presidente. Abbiamo approfondito con lui alcuni argomenti.
Peacelink nasce più di 20
anni fa. Vuole raccontarci
come e perché?
Eravamo nel 1991 ed era da
poco finita la Guerra del Golfo.
I pacifisti non avevano una rete
telematica che consentisse di
comunicare in tempo reale. E
Aprile 2012, Marescotti partecipa come
presidente di Peacelink alla conferenza stampa
alla Camera dei Deputati “Campagna nazionale
difesa latte materno”
Ph: Luciano Manna
e di quelle cose non si parla.
Ci sono conflitti militari (come
quello sulla Siria) in cui la narrazione è gestita e stravolta
dai canali militari. C’è una coltre di silenzio impressionante e una gestione manipolata
dell’informazione che arriva
perfino a cambiare il senso
delle parole. E anche su Internet c’è una pigrizia incredibile.
Si rilanciano le stesse notizie,
spesso si rilanciano delle bufale senza controllare le fonti. Il
nostro ruolo è quello di dire:
credevate di sapere tutto? In
realtà non sapete nulla su questa cosa. E ve la raccontiamo.
Che riscontro avete avuto
nel tempo sulle diverse attività svolte?
Se si lavora bene, alla fine si
diventa punti di riferimento
per quella parte di giornalismo
attenta e coscienziosa ancora
esistente. E i riscontri arrivano
da lì.
Quali sono le vicende di cui
vi siete occupati più recentemente, e con quali risultati?
Il più recente riscontro alla
nostre iniziative giunge dalla
magistratura di Taranto, che
ha raccolto la nostra denuncia
sulla diossina. Nessuno sapeva
che a Taranto ci fosse diossina,
tranne chi inquinava. Ora diverse persone del gruppo Riva
sono agli arresti per disastro
ambientale.
In che modo associazioni
o singoli cittadini possono
contribuire e collaborare
con il progetto di Peacelink?
Possono scrivere a volontari@
peacelink.it e mandare un proprio curriculum. Siamo un’associazione di volontariato e
nessuno riceve compensi. Ma
chi vuole contribuire per fare
controinformazione e cittadinanza attiva, sia a livello locale che globale, è assolutamente
benvenuto. Quando rispondo a
chi vuole collaborare con PeaceLink, mando sempre la frase
del Mahatma Gandhi: “Sii tu il
cambiamento che vuoi vedere
nel mondo”.
Marescotti con Valentina Petrini, giornalista
tarantina di LA7 durante il corteo dell’agosto
2012 sul quartiere Tamburi
Ph: Luciano Manna
allora studiai esperienze come
PeaceNet (Stati Uniti) e GreenNet (Inghilterra) per capire
come fare in Italia una cosa simile. Fu molto complicato allora trovare dei collaboratori,
in quanto le associazioni pacifiste avevano un’impostazione
poco pragmatica e poco tecnica. A quel tempo formammo
un gruppo di persone in cui i
pacifisti erano veramente pochi: il resto erano tecnici “smanettoni” a cui semplicemente
piaceva l’idea.
Tra i vostri obiettivi fondamentali ce n’è uno in particolare che ci accomuna:
“dare voce a chi non ha
voce”. Cosa significa questo
oggi per voi?
Significa entrare nella società
civile e raccontare quello che
i mass media relegano ad “informazione locale”. Se oggi in
Italia nascesse Francesco d’Assisi, avrebbe al massimo spazio in un TG regionale. I media
relegano a dimensione di pura
curiosità locale quella società
civile che opera per cambiare
la società, che fa solidarietà,
che trasforma il quotidiano e
il senso della vita. Se invece
qualcuno uccide, arriva nel TG
nazionale. I partiti hanno occupato l’informazione nazionale scalciando via dai media
la società civile organizzata,
buttandola fuori dalla rappresentazione della realtà, e a
quella società civile attiva e
partecipativa invece vogliamo
dare voce.
Quale ruolo svolge concretamente Peacelink nell’informazione?
Cerchiamo di trasformare le
“informazioni” in “notizie”.
Lavoriamo sulla “notiziabilità”
dell’informazione. Ci sono ad
esempio persone che finiscono
in carcere negli Stati Uniti perché sono pacifisti che hanno
generato scandalo, che sono
entrati in luoghi di tortura o
hanno rivelato informazioni
riservate. Di loro non si parla.
Ci sono industrie inquinanti
che distruggono interi territori
Ph: Luciano Manna
VOCI SOLIDALI
Marescotti, corteo dell’agosto 2012 sul quartiere Tamburi
Sogni tranquilli? di Davide Ceccon
MAGGIO 2013 - BARRICATE
35
LINGUAGGI GRAFICI: FABIO TONETTO
Tonetto Fabio
È nato ad Alessandria nel 1983.
Nel 2006 si è diplomato al Centro
Sperimentale di Cinematografia
dipartimento di animazione di
Chieri (TO). Come animatore ha
lavorato per Cartoon Network e ha
realizzato video pubblicitari e musicali. I suoi lavori hanno trovato
spazio su diverse fanzine e progetti
(Lök, Puck!, Delebile, collettivo
mensa, A4GOD) e su magazine
come Rolling Stone e Frigidaire.
www.colpettonetto.blogspot.it
www.fatonetto.com
Mostre recenti : A GHOST HAD
BURNED: AMENITA’ #2 FANTASMI www.amenitacomics.com/
news
BilBOlbul 2013 - Festival Internazionale di Fumetto.
Bologna dal 21 al 24 febbraio
presso Martino Design.
www.martinodesign.it/Benvenuto.
html
36
MAGGIO 2013 - BARRICATE
VOCI SOLIDALI
NONVIOLENZA
Intervista a Luciano Capitini
UN’IDEA “ANTICA
COME LE MONTAGNE”
Eleonora Celi
illustrazione NIGRAZ
grande partecipazione. Intanto fa
parte del direttivo del Movimento
Nonviolento ricoprendo il ruolo
di segretario itinerante e diviene presidente dell’Associazione
Nazionale “Amici di Aldo Capitini”, con sede a Perugia. Con il
suo acuto senso di responsabilità
si pone come obiettivo la costruzione di un’avanzata democrazia
diretta, continuando a diffondere
il metodo nonviolento in ogni contesto sociale.
Nato a Milano nel 1933, Luciano Capitini negli anni ’70 inizia
una nuova vita nelle Marche,
trasferendosi a Pesaro. Influenzato dall’attività dello zio Aldo,
che impara a conoscere veramente solo dopo la morte nel 1968,
dedica la sua esistenza da adulto
all’impegno civico e alla promozione della nonviolenza come stile
di vita. Dopo essere stato segreta-
rio regionale dei Verdi, diventa
segretario del Coordinamento
Comunale per la Pace a Pesaro,
città in cui fonda anche il “Centro comunale per la soluzione
dei conflitti”. Aderisce alla rete
Lilliput nel gruppo “nonviolenza”
e insieme ad altre dieci persone
lancia la campagna di sensibilizzazione “Una bandiera della Pace
da ogni balcone”, ottenendo una
Signor Luciano, com’è nato il
suo interesse per la pace e la
nonviolenza?
Avevo 35 anni quando è morto Aldo Capitini, mio zio, e rimasi sorpreso dal clamore che
suscitò la sua scomparsa e dai
successivi eventi e gesti di commemorazione che ne derivarono, anche da parte dei mass
media. Stupore che scaturiva
anche dalla consapevolezza che
egli era sempre stato considerato nemico di tutti, un uomo al
di fuori delle chiese (Partito Comunista da una parte e Chiesa
Cattolica dall’altra, ndr). Personaggi di spicco della vita pubblica ne parlavano come di un
maestro e la cosa mi appariva
quasi esagerata. In realtà Aldo
era una persona di famiglia, che
non mi aveva mai parlato apertamente del suo impegno civile,
culturale e politico. Spesso era
ospite a casa della mia famiglia
a Milano, per poter partecipare
a seminari o per tenere delle
conferenze, ma io vedevo quelle attività come una parte del
suo lavoro di docente universitario, nulla di più. Quando mi
sono imbattuto in necrologi e
articoli in sua memoria, ho caMAGGIO 2013 - BARRICATE
37
pito che avrei dovuto iniziare a
leggere i suoi scritti, e così feci.
E come per ogni amico della
nonviolenza, il mio impegno si
è manifestato lentamente, con
un processo formativo quasi
solo interiore. Del resto, l’interesse per la pratica della nonviolenza può crescere e svilupparsi solo in individui adulti,
per la sua complessità e per la
maturità che richiede nella sua
totale accettazione.
Come definirebbe la nonviolenza?
Si tratta di un insieme di pratiche e metodi atti a regolare i
rapporti tra persone. Adottando
un metodo nonviolento, si escogitano delle prassi per migliorare questi rapporti, puntando
alla crescita dell’individuo.
Gandhi diceva che la nonviolenza è “antica come le montagne”
perché è dentro di noi da sempre, è una “resistenza attiva”
che fa parte di noi, non è affatto
passiva. Per questo Aldo decise
di proporre il termine senza il
trattino separatore dopo il non,
perché la nonviolenza è un va38
MAGGIO 2013 - BARRICATE
lore assoluto, autonomo, non
solo negazione di qualcos’altro.
Seguendo questi principi,
quali sono stati nello specifico gli obiettivi del Coordinamento Comunale per la Pace
e del primo centro comunale
per la soluzione dei conflitti
di Pesaro?
Il metodo nonviolento suggerisce di far penetrare nel mondo,
iniziando dalla propria città, o
dal proprio ambiente di riferimento, pratiche positive, al fine
di migliorare i rapporti sociali
intercorrenti nella collettività. Per questa ragione negli
anni ‘90, in collaborazione col
Comune di Pesaro, abbiamo
fondato il “Coordinamento Comunale per la Pace”. L’organizzazione, interamente gestita da
volontari, ha avuto circa 450
aderenti, che hanno partecipato ad un intenso programma
culturale che ha mosso grandi
numeri di cittadini. Funzionava
sulla base di assemblee indette
ogni due settimane circa, nelle
quali si affrontavano le tematiche più disparate, secondo le
necessità della popolazione, del
luogo, oppure inerenti fatti di
interesse nazionale o internazionale. Ricordo, ad esempio,
che alla morte di Yitzhak Rabin interpellammo la comunità
ebraica di Roma e, grazie ad
una conoscente diretta del politico israeliano, riuscimmo ad
organizzare una bellissima conferenza relativa al suo impegno
in difesa della pace. Negli anni
abbiamo dato vita anche a molti progetti per le scuole, per diffondere il metodo nonviolento
tra i giovani, che sono il futuro
del mondo. Ogni gesto e ogni
attività rappresentano una goccia, ma una goccia che può arrivare a scavare la roccia, come
dicevano i latini. A tal proposito mi viene in mente una frase
che Rabin pronunciò poco prima di essere ucciso: “Sono stato
un soldato per ventisette anni.
Ho combattuto finché non si vedeva alcuna possibilità di pace.
Ora credo che questa possibilità ci sia, una grande possibilità
che dobbiamo cogliere”.
Negli anni, quali sono state
VOCI SOLIDALI
le conquiste del Movimento
Nonviolento?
L’applicazione del metodo nonviolento non prevede vittorie o
sconfitte, bensì un impegno costante, che investe tutta la vita
della persona. Per questo ritengo un segno positivo che nella
mia città, ma anche altrove, io
sia considerato positivamente
dai pochi che mi conoscono per
le occasioni di incontro che propongo. Non ho praticato tutto il
metodo nonviolento in tutte le
sue sfaccettature, la vita non offre a tutti tutte le possibilità. Ma
come amico della nonviolenza
“cerco di metterla in pratica, ne
parlo con gli altri, ma capisco
che c’è molto da fare per cambiare se stessi”, come diceva lo
stesso Aldo Capitini. Chi pratica
la nonviolenza non vuole farsi vedere dal potere, ma dalla
gente perché se è la moltitudine
a lottare si può arrivare a vincere. La stessa Marcia della Pace
è stata una grande vittoria, che
si ripete e amplifica ogni anno,
infatti “una marcia non è fine a
se stessa, continua negli animi,
produce onde che vanno lontano, fa sorgere problemi, orientamenti, affinità”.
Essere d’accordo sul tema
della pace però non vuol dire
necessariamente essere a favore del disarmo. Cosa ne
pensa lei e cosa ne pensava
Aldo Capitini?
La nonviolenza si manifesta
anche nel pacifismo integrale,
quindi nel rifiuto di collaborare alle guerre e di accettarle, e
nell’idea del disarmo unilaterale, che deve andare di pari passo con un addestramento all’azione del metodo nonviolento.
In Italia e nel mondo quanto
si spende per gli apparati militari? E quanto per lo sviluppo
civile? Il dovere costituzionale
dei cittadini alla difesa della
patria può essere svolto in maniera equivalente con modalità
estranee alla difesa militare.
Eppure non sono ancora stati premiati del tutto gli sforzi
dei movimenti per la pace volti
alla creazione di corpi civili, i
cosiddetti Caschi Bianchi, o i
peacekeeper. Con un millesimo
delle spese militari si potrebbero fare grandi cose… ma chi ci
ha governato e ci governa, chi
ha in mano il potere economico e politico difficilmente farà
delle scelte realmente rivoluzionarie che possano condurre
a trasformazioni profonde nei
rapporti tra persone, tra culture, tra Paesi: “l’uso della violenza è sollecitato dal successo che
essa procura a più breve scadenza che non gli altri mezzi”.
Nella carta ideologico-programmatica del Movimento
Nonviolento si legge che “Gli
essenziali strumenti di lotta
nonviolenta sono: l’esempio,
l’educazione, la persuasione,
la propaganda, la protesta,
lo sciopero, la non collaborazione, il boicottaggio, la
disobbedienza civile, la formazione di organi di governo
paralleli”. Per coinvolgere
sempre più individui e sensibilizzarli ad un cambiamento
profondo del proprio modo
di vivere cosa le è capitato di
fare?
La creatività è uno strumento importante quando si vuole
attirare l’attenzione senza far
rumore. Spesso mi è capitato e
mi capita, con altre persone, di
dare la mia, la nostra opinione
su importanti fatti di cronaca
che a nostro parere ledono la
dignità umana e impongono
violenza. Così “indossiamo”
semplicemente dei cartelloni
con frasi per noi significative
e lasciamo che gli sguardi dei
passanti incontrino le nostre
idee. C’è poi un momento che
si ripete da tre anni, il 4 novembre, in occasione della festa
delle Forze Armate. Quel giorno invito i simpatizzanti del nostro metodo a radunarsi sotto la
lapide che commemora i morti
a causa della Seconda Guerra
Mondiale e insieme ricordiamo
il dolore sofferto da tanti a causa dell’uso delle armi. Si tratta
di una modestissima cerimonia
che però esprime grande e sentita commozione, proprio nel
giorno in cui si festeggia la “forza” dell’uomo e dei suoi mezzi
offensivi.
In che modo è possibile diventare membro del Movimento e qual è l’impegno sociale che comporta?
Entrare nel Movimento Nonviolento è estremamente facile, come, d’altra parte, è facile
aderire alla proposta nonviolenta, è un’idea antica fortemente radicata nel nostro intimo, che non ci costringe a
MAGGIO 2013 - BARRICATE
39
VOCI SOLIDALI
nulla. Le nostre pratiche nascono da una insoddisfazione per
lo stato attuale della società ma
evitano di creare in noi rimorsi e rimpianti. Con un impegno
attivo e creando una rete di solidarietà, educando soprattutto
i giovani, è possibile cambiare
le cose. Il disegno pacifista contempla azioni importanti, come
la resistenza nonviolenta contro
il potere mafioso, o le risposte
alla crisi politica e sociale del
nostro tempo. La contestazione
può avere un significato profondo quando priva “il sistema attuale di potere e potenza
della sua validità universale”.
Aldo Capitini diceva: “Noi non
possiamo garantire che il metodo nonviolento vincerà prima e
meglio di ogni altro e che pos-
sa essere assunto perché è uno
strumento più adatto a conseguire il fine. Noi lo illustriamo,
ne diciamo le qualità, perché
sorga interesse ad esse, un innamoramento e una persuasione
interiore. E per noi è strumento
migliore in questo senso, per i
valori che mette in movimento
e che ne fanno ben più di un
semplice mezzo. Ora, gli uomini non hanno bisogno soltanto
di ordine nella società, ma che
ci siano vette alte e pure”.
IL GANDHI ITALIANO:
BIOGRAFIA DI ALDO CAPITINI
Aldo Capitini è un protagonista anomalo della cultura italiana e della
scena politica del XX secolo. Un uomo che per tutta la vita ha rifiutato
di sottomettersi al potere, a costo dell’isolamento, senza mai rinunciare alla più ampia dedizione al sociale. Un personaggio che ha messo in
discussione “non solo le ingiustizie ma anche i modi ingiusti di combatterle” e che ha proposto la nonviolenza come metodo di risoluzione
dei conflitti.
Capitini nasce a Perugia il 23 dicembre 1899 da modesta famiglia che
lo avvia agli studi tecnici. Studia da autodidatta il latino e il greco e
consegue il diploma di maturità classica, per poi laurearsi in Letteratura Italiana. Il successivo passaggio agli studi di Filosofia è segnato dal
discepolato con i maestri del Neoidealismo italiano. Ben presto matura
un’opposizione morale e religiosa al regime che si sta affermando, e
quando Gentile lo invita a prendere la tessera del Partito Fascista,
Capitini rifiuta e viene licenziato in tronco. Gli anni dal 1933 al 1943
sono un periodo di intensa attività contro il regime. Per la costruzione del movimento del Liberalsocialismo finisce in carcere, dal quale
esce con la caduta del fascismo. A Perugia e in altre città organizza i C.O.S. – Centri di Orientamento Sociale
-, assemblee alle quali la gente accorreva per dibattere, prendere parte alla vita pubblica, parlare e ascoltare, perché di questo “si sentiva tanto il bisogno dopo vent’anni di dittatura”. Capitini dà vita anche ad un
“movimento di religione” con i C.O.R. - Centri di Orientamento Religioso -, opponendosi alla religione come
istituzione e richiamandosi alle figure di San Francesco e di Mazzini. Diviene noto come il Gandhi italiano. La
figura di Gandhi e il messaggio della nonviolenza sono infatti presenti in tutto il suo pensiero e ne determinano fortemente l’azione e l’intervento sociale: “Quando si arrivasse a mettere il ritratto di Gandhi in chiesa tra
i santi, avremmo quella riforma religiosa che l’Italia aspetta dal Millecento”. Nel settembre del 1961 Capitini
organizza per la prima volta in Italia la “Marcia della Pace e la Fratellanza tra i Popoli” da Perugia ad Assisi,
che vede un notevole afflusso di partecipanti tra i quali intellettuali come Norberto Bobbio, Guido Piovene,
Walter Binni, Giovanni Arpino. E provoca lo sbigottimento di polizia e istituzioni: “Aver mostrato che il pacifismo, che la nonviolenza, non sono inerte e passiva accettazione dei mali esistenti, ma sono attivi e in lotta, con
un proprio metodo che non lascia un momento di sosta nella solidarietà che suscita e nelle non collaborazioni,
nelle proteste, nelle denunce aperte, è un grande risultato della Marcia”. Nel 1962 Capitini fonda, con il primo
obiettore di coscienza in Italia Pietro Pinna, il Movimento Nonviolento e nel 1964 la rivista “Azione Nonviolenta”. Come docente universitario di filosofia morale e storia delle religioni svolge un continuo impegno di
educazione civile e politica rivolto anche alla riforma della scuola e alla difesa di una scuola pubblica, ambito
di formazione del senso della cittadinanza e presidio di democrazia. Aldo Capitini muore il 19 ottobre 1968.
40
MAGGIO 2013 - BARRICATE
LINGUAGGI GRAFICI: STEFANO ZATTERA
Stefano Zattera
Pittore, illustratore, fumettista, e designer, nato in provincia di Vicenza
nel 1965. Ha pubblicato su fanzine,
riviste, e libri d’arte, tra cui, in Italia,
Mostri italiani di Stampa alternativa, Tattoo Comics di AAA, Mutant
Pop, Horrorgasmo e Mater Universalis di Mondo Bizzarro Press, Black
di Coconino Press, Inguinemah! di
Comma22, XL di Repubblica, Il Male
di Vauro e Vincino; all’estero sulla
fanzine francese Hopital Brut, sulla
belga Rancune, sulla spagnola Monografico, sulla portoghese Biblia e
sull’americana Malefact. Ha esposto
nei principali festival del fumetto italiani (Lucca, Napoli, Padova), in gallerie d’arte come Antonio Colombo
Arte Contemporanea, The Don Gallery, Gestalt, Mondo Bizzarro, Mondo Pop, e in varie edizioni di Infart ai
Musei Civici di Bassano del Grappa.
All’estero ha esposto alla Galleria La
Luz de Jesus a Los Angeles, al Museo d’Arte Il Min a Seoul, all’Art Fair
di Colonia, al festival del fumetto di
Angouleme.
Fa parte del laboratorio di design Oltremondano.
www.stefanozattera.it
www.oltremondano.com
www.deliriohouse.com
MAGGIO 2013 - BARRICATE
41
SPESE MILITARI
Intervista a Mao Valpiana
RIARMO E DISARMO
Come ripudiare davvero la guerra attraverso la riconversione
dalla difesa militare a quella civile
Michele Boato
Incontro Mao nella Casa della
Nonviolenza, in via Spagna a Verona, a due passi dalla magnifica
cattedrale romanica di San Zeno,
“vescovo moro” venuto dalla
Mauritania a Verona, di cui è il
patrono. La Casa è, oltre che sede
del Movimento Nonviolento e della redazione di Azione Nonviolenta, un crocevia di incontri ed
associazioni cittadine ecologiste,
femministe e civiche.
Allora Mao, la crisi fa ridurre
le spese militari nel mondo?
Assolutamente no, anzi: vediamone l’andamento negli ultimi
decenni.
Nel 1988 - anno che precede
l’abbattimento del “muro di
Berlino”, in cui si raggiunse il
picco di spesa dell’epoca della
“corsa agli armamenti” - le spese militari globali viaggiavano
oltre i 1.400 miliardi di dollari. Stava finendo l’ “equilibrio
del terrore”, durante il quale gli
USA, principale potenza, avevano una spesa militare annua di
540 miliardi di dollari e l’URSS,
42
MAGGIO 2013 - BARRICATE
la potenza antagonista, ne spendeva 330. Contro questa assurda
escalation al riarmo, anche nucleare, negli anni ‘80 si sviluppò
un imponente Movimento per il
disarmo negli USA, in Europa,
in Italia. “Corsa agli armamenti”
e “disarmo” erano i temi all’odg
nei mezzi di informazione, nei
partiti, nella società civile, tra
La spesa militare globale raggiunge oggi
la cifra stratosferica
di 1.740 miliardi di
dollari, mai raggiunta nella storia dell’umanità: un enorme
processo di riarmo,
in piena crisi economica globale
gli intellettuali.Con la fine del
mondo bipolare, le rivoluzioni
nonviolente nei paesi del blocco
sovietico (imploso anche perché non riusciva più a sostene-
re quella dispendiosa rincorsa),
aprono un nuovo scenario storico che sembra portare ad una
riduzione delle spese militari,
nonostante le guerre nel Golfo
Persico e nella ex Jugoslavia:
nel 1998 la Russia “crolla” a 20
miliardi di dollari; nel 1999 gli
Usa ne spendono “appena” 367.
Ma, dopo l’11 settembre 2001,
la corsa agli armamenti riprende a ritmo vorticoso, fino a un
nuovo picco nel 2011: negli
USA tocca la cifra di 711 miliardi di dollari (+ 30 % rispetto al
1988), il 41% della spesa mondiale; nello stesso anno in Russia sale a 72 miliardi; si registra
un grande balzo in avanti della
Cina a 143 miliardi di dollari;
l’Unione europea, pur strangolata da una crisi economica
senza precedenti, spende l’incredibile cifra di 407 miliardi di
dollari, molto di più di quanto
spendeva l’URSS nel momento
di massima espansione imperialista. Insomma, la spesa militare
globale raggiunge oggi la cifra
stratosferica di 1.740 miliardi
di dollari, mai raggiunta nella
storia dell’umanità: un enorme
processo di riarmo, in piena crisi economica globale.
Eppure (quasi) nessuno lo dice.
Riarmo e disarmo sono i grandi
temi rimossi di questo passaggio storico, usciti dall’agenda
politica, dal circuito informativo-culturale e perciò dalla coscienza collettiva.
E l’Italia, col suo articolo 11
della Costituzione, come si
comporta?
Il nostro Paese è stabilmente,
da molti anni, tra le prime 10
VOCI SOLIDALI
potenze militari (nel 2011 mantiene i suoi 34,5 miliardi di dollari (26 di euro) e da vent’anni
è impegnato in azioni di guerra internazionali, spacciate per
“missioni di pace”: un ossimoro. È l’applicazione del “nuovo
modello di difesa”, con cui si
giustifica anche l’acquisto dei
cacciabombardieri d’attacco F
35, in pieno contrasto con il sistema normativo italiano, a cominciare dalla Costituzione.
La Costituzione italiana si occupa della difesa in due articoli.
L’art. 11, è uno dei dodici “principi fondamentali”, che formano l’architrave del nostro Patto
di cittadinanza, nel quale si “ripudia la guerra” non solo “come
strumento di offesa alla libertà
degli altri popoli”, ma anche
come “mezzo di risoluzione
delle controversie internazionali”. Questo articolo, l’unico
della Costituzione in cui si usa
la forza del verbo “ripudiare”,
è la negazione della “ragion di
Stato”, della politica come “fine
che giustifica i mezzi”, è l’orien-
La generazione
attuale ha diritto ad
una nuova coscienza
disarmista e il compito di conquistare
il diritto alla difesa
“non armata e nonviolenta” della Patria
tamento alla ricerca di “strumenti” e “mezzi” alternativi alla
guerra.
L’altro articolo, il 52, afferma
solennemente che “la difesa
della Patria è sacro dovere del
cittadino” e aggiunge che “il
servizio militare è obbligatorio
nei limiti e nei modi stabiliti
dalla legge”. La Corte Costituzionale nel 1985, su spinta del
movimento degli obiettori di
coscienza, sentenzia che va letto e interpretato scindendo il
primo dal secondo comma, perché la difesa della Patria è un
dovere per tutti i cittadini, non
solo degli abili ed arruolati nelle forze armate. Il secondo com-
ma si riferisce pertanto ad una
modalità di difesa della Patria,
quella armata - che oggi vede
comunque “sospesa” l’obbligatorietà del servizio militare - accanto alla quale ce n’è un’altra:
quella disarmata.
In riferimento a questi principi
costituzionali, la legge istitutiva del Servizio Civile Nazionale
n.64/2001 indica come prima
finalità “concorrere, in alternativa al servizio militare, alla
difesa della Patria con mezzi e
attività non militari”, ponendo le basi legislative per l’altra
difesa, disarmata, coerente con
il “ripudio della guerra”. Concorrere, nella lingua italiana,
significa “correre insieme”, ma
anche “essere in concorrenza”
con il servizio militare. È evidente come sia una concorrenza sleale: per l’anno in corso di
servizio civile, per ventimila
volontari “difensori civili della
Patria”, sono stati spesi 68 milioni di euro, meno della metà
del costo medio di un solo caccia F-35, che oscilla tra i 133 e
i 170 milioni di euro, di cui si
prevede l’acquisto di 90 esemplari: 90 colpi mortali al Servizio Civile, al precario bilancio
dello Stato, alla (essa sì...) ripudiata Costituzione italiana.
Cosa proponi per arrivare ad
una vera svolta verso il disarmo?
Una rivoluzione culturale: di
fronte al drammatico scenario
internazionale e al ripudio della nostra Costituzione, come le
generazioni passate, consapevoli dell’esigenza del disarmo
(a partire dalla scelta solitaria
di Pietro Pinna), hanno conquistato il diritto all’obiezione di
coscienza ed al servizio civile
alternativo, la generazione attuale ha diritto ad una nuova
coscienza disarmista e il compito di conquistare il diritto alla
difesa “non armata e nonviolenta” della Patria, che passa attraverso il disarmo militare e la
riconversione delle risorse dalla
“difesa” fondata sulla guerra a
quella fondata sulla nonviolenza, secondo gli insegnamenti di
Capitini. Si tratta di un cambiamento culturale, una vera rivoluzione, seppur costituzionale.
È una rivoluzione che, per avvenire davvero, deve puntare a
disarmare il livello più radicato, quello che Galtung chiama
il “potere culturale”, la dimensione simbolica della violenza, che (quasi) tutti danno per
scontata e ritengono inevitabile. Su di essa è fondato e reso
socialmente accettabile la struttura militare-industriale-commerciale-mediatica del sistema
di “difesa” fondato sulle forze
armate, alimentato dalle crescenti spese militari pubbliche
e da produzione e commercio
delle armi, partecipato fortemente dal pubblico (settore in
cui il “Made in Italy” primeggia). Da questo deriva, infine,
la guerra vera e propria sui vari
“teatri” internazionali nei quali
sono impegnati i “nostri ragazzi”, i soldati “combattenti”, da
vent’anni senza interruzioni: dal
Golfo (1 e 2), alla Somalia, alla
Jugoslavia, all’Afghanistan, alla
Libia, al Mali, alla Siria.
Quanto sia profondo questo liMAGGIO 2013 - BARRICATE
43
VOCI SOLIDALI
vello culturale e quanto sia gravoso, ma necessario e urgente,
il compito del disarmo culturale
lo ha analizzato compiutamente
il sociologo Krippendorff: “esistono Stati con o senza partiti,
parlamenti, costituzioni scritte,
tribunali indipendenti, con o
senza presidenti, banche centrali, chiese di Stato, moneta
propria, lingue nazionali e così
via, ma tutti hanno le loro forze
armate. Globalmente, tutti gli
Stati spendono per le forze armate più che per l’educazione e
la salute dei loro cittadini. (...).
Questa istituzione con le sue
guerre, di cui soltanto nell’ultimo secolo sono cadute vittime
milioni e milioni di persone (per
tacere del numero molto più
grande di persone cacciate dalle loro terra o ridotte alla fame
dalle conseguenze della guerra)
riceve da parte delle scienze
sociali un’attenzione relativamente modesta, e nella stampa
e nell’opinione pubblica l’istituzione militare viene trattata
come uno dei tanti temi. L’istituzione militare non viene però
vista come uno dei tanti organi
dello Stato, ma come quello più
ovvio tra di essi...”. A destra,
come spesso a sinistra.
Come tradurre in pratica il ripudio della guerra?
Le forze armate non sono solo
uno strumento di guerra potenziale; esse sono strumento e
mezzo di guerra in atto anche
quando le armi non sparano,
perché la quantità enorme di
risorse pubbliche che vengono
destinate alle spese militari,
alla preparazione della guerra contro minacce ipotetiche o
pretestuose, lasciano la Patria
senza difesa rispetto alle reali
minacce a cui sono gravemente
sottoposti, qui ed ora, i cittadini, sul proprio territorio: mafie,
disoccupazione e precarietà del
lavoro, povertà e analfabetismo,
terremoti e disastri idro-geologici... “La sicurezza è un bene
condiviso la cui responsabilità
è di tutti”, dice l’ammiraglio Di
Paola, ministro della “difesa”
del governo Monti, ma investire
miliardi di euro in armi, inve44
MAGGIO 2013 - BARRICATE
ce che in lavoro, scuola, sanità
e servizi sociali, mina il “bene”
della sicurezza di milioni di
persone. Riempire gli arsenali e
svuotare i granai è la peggiore
delle risposte alla crisi economica e sociale.
Ripudiare davvero la guerra
e avviare un serio disarmo attraverso la riconversione dalla
difesa militare a quella civile,
Riempire gli arsenali
e svuotare i granai
è la peggiore delle
risposte alla crisi
economica e sociale
significa rivedere i concetti di
“minaccia, sicurezza e difesa”
della Patria. Significa uscire
dal “potere della violenza” e
liberare le risorse necessarie
per l’affermazione dei “principi
fondamentali” dei primi articoli
della Costituzione, che offrono
la sicurezza della cittadinanza:
lavoro, solidarietà, uguaglianza,
cultura, difesa del patrimonio
naturale. Uno studio dell’Università del Massachusset dimostra come, investendo un
miliardo di dollari nel settore
militare, si creano (direttamente
e indirettamente) 11.200 posti
di lavoro, mentre investendo lo
stesso miliardo nel settore educativo se ne creano ben 26.700
(di cui 15.300 direttamente).
Hai valutato gli “effetti collaterali” di tali scelte disarmiste?
Certo: il vero ripudio della
guerra con la fondazione di
una nuova “difesa della Patria”
ha ricadute dirette e indirette,
positivi “effetti collaterali”. La
prima conseguenza è la costruzione (ricerca, progettazione,
finanziamento, preparazione)
di strumenti differenti per la risoluzione dei conflitti interni e
internazionali: per esempio quei
“Corpi civili di pace”, magari
a dimensione europea, come
avrebbe voluto Alex Langer, capaci di intervenire nei conflitti
prima della loro degenerazione
violenta (con gli strumenti della
prevenzione), durante, con l’ar-
te della mediazione e dopo, con
i processi di riconciliazione.
Altro effetto: aprire la strada
al cambiamento dei principali
paradigmi culturali e formativi,
per esempio nei campi della storiografia e della pedagogia. Nel
primo caso avviando riletture
critiche delle vicende storiche,
capaci di uscire dalla retorica, o
dal mito, della “violenza levatrice della storia”, riconoscendo il
giusto peso a tutte le azioni che
hanno prevenuto o risolto i conflitti, o resistito ad un oppressore in maniera disarmata, civile
o nonviolenta. Nel secondo caso
impostando un progetto formativo nazionale capace di educare – fin dai primi anni di scuola
- alla trasformazione nonviolenta dei conflitti, per aiutare i
più giovani a sviluppare quelle
competenze, esperienziali e teoriche, necessarie per vivere nella convivenza delle differenze.
Insomma, l’impegno per il disarmo apre il varco alla più
lungimirante sicurezza e difesa
della Patria.
MASSIMO VALPIANA
per tutti Mao, obiettore al
servizio e alle spese militari, è dal 1983 direttore
di Azione nonviolenta,
la rivista del Movimento
Nonviolento, fondata da
Aldo Capitini e, dal 2010,
presidente del Movimento
stesso
www.nonviolenti.org
RAGAZZI
IL DRAGO
D’ARIA
le ossa del drago
d’aria sono le piu’
leggere in assoluto,
questo perche’ sono
cave all’interno
proprio come quelle
degli uccelli…
in effetti ha quasi la
stessa struttura
ossea di un pollo.
Questo pero’ non
ditelo mai ad un
drago...tendono ad
essere permalosi!
IL DRAGO
D’acqua
ENCICLOPEDIA DRAGHIS
il drago d’acqua e’
ottimo a filetti in
padella ma… non e’
molto facile da
pescare
4
IL DRAGO
Della terra
decisamente il piu’
giocherellone
della specie, e’ come
un cagnolino… pero’
attenti a lanciargli
un rametto: potrebbe
tornare
scodinzolando con
un albero tra i denti!
LINGUAGGI GRAFICI: DIEGO MIEDO
Diego Miedo
è nato a Napoli, dove
vive e lavora. Da
autodidatta comincia a
disegnare i propri fumetti
e stampare piccoli albi.
Dal 2006 fa parte della
redazione del mensile
(ora diventato bimensile)
NapoliMonitor, giornale
autoprodotto di inchieste, reportages, disegni e
fumetti, che da otto anni
esiste e resiste. Nel 2010
pubblica il suo primo
fumetto lungo “Giornata
da cani”, edito da NapoliMonitor e Il Punto
Librarteria. Ha pubblicato disegni e foto su varie
riviste di fumetti e pittura
murale. Parallelamente
ai fumetti, dipinge strani
esseri per le strade delle
città e nelle scuole.
www.diegomiedo.org
www.napolimonitor.it
MAGGIO 2013 - BARRICATE
45
VOCI SOLIDALI
PACIFISMO
CULTURA
NONVIOLENTA
Un incontro con Nanni Salio, fondatore del Centro Studi Sereno Regis
Giancarlo Iacchini
illustrazioni DAST
suoi discorsi sulla pace e la nonviolenza. Questioni che insieme a quelle dell’ambiente e dei diritti sono i temi forti del Centro Studi Sereno Regis,
fondato oltre 30 anni fa (nell’82) a Torino proprio
da Giovanni Salio – per tutti Nanni – (oggi 70enne)
insieme a Piercarlo Racca, Franco
Sgroi e a quel Domenico Sereno Re- L’incontro tra pace e
gis che morì appena 3 anni dopo la
ambiente fu suggerito
nascita del Centro, ora intitolato alla
dallo stesso Gandhi
sua memoria.
L’incontro tra pace e ambiente fu suggerito dallo stesso Gandhi, alla cui figura e insegnamento si ispira costantemente Salio, che oggi
presiede il Sereno Regis: “In uno scritto del 1909,
Gandhi muove una critica durissima alla moderna
civiltà occidentale, indicando profeticamente i limiti fisici del consumo di risorse naturali. In quegli
anni non si parlava ancora di questione ambientale, ma lui aveva chiara la visione di un modello economico alternativo, autenticamente sostenibile.
Dopo di lui tanti altri, tra i quali ad esempio Ivan
Illich: nei suoi libri, molto letti già negli anni ‘70,
si trovano tutte le premesse ai problemi odierni.
Oggi il nostro Centro opera in modo sistematico
su questo rapporto tra sostenibilità e nonviolenza, che appare ovvio solo pensando al devastante
impatto ambientale di una guerra nucleare”.
Il grande filosofo Immanuel Kant fondava la sua Il Sereno Regis, che dispone di una ricca biblioteca
morale illuministica su un “imperativo categorico” sui temi della pace e dei diritti, ha promosso molche, sia pure formulato in modi diversi, diceva in tissime iniziative, sempre cercando di “guardare il
sostanza questo: agisci sempre come se tutti gli altri mondo con gli occhi di Gandhi”, come dice Nanni
potessero e dovessero fare la tua stesSalio, e ricorrere a strumenti di lotsa azione, quasi a fondare col nostro
ta rigorosamente nonviolenti. Ad
comportamento una “legislazione Il dialogo non è cosa esempio il digiuno (“non lo sciopero
umana universale”. Una gran bel- facile: implica la didella fame, che è cosa diversa perla responsabilità, non c’è che dire! sponibilità a ricerca- ché esercita una forte pressione
Gandhi invece, nel suo “messaggio
sulla controparte”): pratica semplire insieme la verità
del talismano”, era più… selettivo,
ce che aiuta a liberare la mente e ad
ma non meno esigente: agisci semacquisire consapevolezza: ad esso
pre nell’interesse dell’uomo più povero e più debole hanno fatto ricorso a turno molti aderenti e simche esista sulla terra! Un ammonimento altrettan- patizzanti del Centro durante le manifestazioni
to “pesante”, che Nanni Salio ama molto citare nei in piazza Castello contro la Tav, all’insegna dello
46
MAGGIO 2013 - BARRICATE
slogan: Digiuno perché ho fame di verità, di giustizia,
di democrazia. “La lotta nonviolenta va portata
avanti con determinazione e continuità. La nonviolenza non può tutto, ma certamente può molto. Se si pensa allo stato della nostra democrazia,
si comprende che c’è bisogno di
nonviolenza: il dialogo tra le diverse componenti etniche, culturali, religiose della società è merito degli strumenti nonviolenti:
condivisione,
comprensione,
reciprocità. Ma il dialogo non è
cosa facile: implica la disponibilità a ricercare insieme la verità.
Gandhi invita a non aver paura
del conflitto (che non bisogna
demonizzare confondendolo con
la violenza) ma a dialogare con
chiunque, senza nessuna pretesa
di superiorità. Lui applicò sempre questo metodo, ottenendo
grandi risultati”.
Ma nei discorsi e negli scritti di Salio (che ha più
volte espresso il suo apprezzamento per il “lavoro straordinario” svolto negli anni ‘50 da Aldo
Capitini, precursore del pacifismo nonviolento in
Italia e ideatore della celebre Marcia per la Pace
Perugia-Assisi, nonché di rivoluzionari esperimenti di democrazia diretta in terra umbra e non
solo), ricorre continuamente un altro nesso: quello tra la questione ambientale e quella sociale,
riassunte nel diritto ad una vita sana
e dignitosa per ogni persona: “Tutti
I governanti ci dico- gli esseri umani devono poter soddino che è necessaria
sfare i bisogni essenziali. L’obiettivo
la crescita, ma non
fondamentale non è la crescita, ma
ci dicono perché e in lo sradicamento della povertà. Nella
società più ricca che la storia umache modo
na abbia conosciuto, la questione
sociale è sempre più all’ordine del
giorno. Stiamo andando verso un mondo che deve
operare una transizione verso un altro modello di
sviluppo, una diversa concezione della vita comune. La questione energetica (il picco del petrolio e
tutto il resto) ci dimostrano con sempre maggiore
evidenza che una crescita continua è incompatibile con i limiti della biosfera. Per non dire che gli
aspetti della nostra interiorità, poiché non fanno
crescere il PIL, vengono rimossi dal modello economico dominante, eppure sono ciò che determina la nostra felicità o infelicità”.
Il dogma della crescita e dell’incremento della
produttività esercita una pressione simultanea
tanto sui limiti naturali quanto su quelli sociali dello sviluppo: “I governanti ci dicono che è necessaria la crescita, ma non ci dicono perché e in che
modo. Dovrebbero invece adoperarsi per ridurre
la miseria e le disuguaglianze, garantendo a tutti
un lavoro dignitoso (da quest’ultimo punto di vista è intollerabile la situazione dei giovani, stretti
tra precarietà e disoccupazione). Gandhi un se-
colo fa ebbe la lungimiranza di capire che il processo tecnologico legato all’industrializzazione
conduceva non solo allo sfruttamento dei paesi
poveri, ma anche alla creazione di enormi masse
di disoccupati nei paesi ricchi, perché le macchine
eliminano il lavoro umano senza
che il sistema abbia convenienza a ridistribuire equamente il
lavoro che resta. Qualcuno ha
scritto che quando Gandhi entrerà a pieno diritto nei manuali
di economia, potrebbe essere già
troppo tardi per le sorti dell’economia stessa”.
Fondamentale diventa allora
la questione della democrazia,
impostata in modo radicale:
“L’obiettivo politico di Gandhi è
l’autogoverno di milioni di persone. Qualcuno l’ha definito ‘un
anarchico gentile’. Gentile perché
nonviolento, anarchico perché
sogna una libera federazione di comunità autogestite e decentralizzate, che adottino uno stile
di vita volutamente semplice, sobrio, capace di
utilizzare in maniera intelligente le risorse della
Terra. E lento: come dice lui, dobbiamo imparare
a vivere ad un ritmo più ampio, non più veloce!”.
Ha scritto ancora Salio: “La questione ecologica
richiede una totale revisione del nostro sistema
socioeconomico: insediamenti urbani e produttivi su piccola scala; risparmio energetico sia nella
produzione che nella progettazione di qualsiasi
bene; fonti rinnovabili decentrate di piccola potenza, ecc. Sta a noi scegliere, e quanto prima opteremo per questa transizione, tanto meglio sarà,
per evitare di cadere in una situazione fuori controllo che produrrebbe un collasso di proporzioni
inimmaginabili”.
La nonviolenza, che per Salio “non è un’utopia ed
anzi sta alla base di tutte le altre forme di impegno” (il Centro ha seguito con grande interesse
le questioni dell’alimentazione e dell’acqua bene
comune), rappresenta una leva ben più potente di
quanto normalmente si creda, l’emblema “di una
nuova tappa evolutiva dell’umanità, il collante e la
base di questa evoluzione futura”. Ma c’è bisogno
di educare consapevolmente ad essa: “Occorre un
impegno ancora maggiore di ricerca, educazione
e azione per creare e diffondere una cultura della
nonviolenza che ci permetta di vivere in modo più
armonioso e ricco interiormente”. Con l’attenzione rivolta al mondo della scuola, dunque, ma anche per esempio a quello dell’arte e in particolare
del cinema: istituendo il premio Gli occhiali di Gandhi in occasione del Torino Film Festival, il centro
intitolato a Domenico Sereno Regis assegna ogni
anno un pedagogico riconoscimento al film con il
maggiore contenuto di cultura sulla nonviolenza”.
MAGGIO 2013 - BARRICATE
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BUSINESS ENERGIA
LA GRANDE
BUGIA
Il costoso bluff delle energie alternative
Adriano Mei
www.comitatinrete.it
Da anni politici e classe dirigente si sono lanciati
nel grande business dell’energia.
Come sempre dove girano tanti soldi, per di più
facili perché pubblici, arrivano prontamente
nell’ordine: multinazionali, banche, improvvisati
imprenditori senza scrupoli, corruzione e criminalità organizzata.
A sostegno di questo enorme affare ci vengono
presentate tutte le fonti di energia come alternative, sostenibili ed ecologiche. Tre parole utili
a giustificare la spesa pubblica per questa voce
che, cominciando con Prodi, passando per Berlusconi e continuando con Monti, è arrivata a 10
miliardi di Euro all’anno, determinando un costo
totale fino ad oggi di 165 miliardi di Euro e che
sarà da qui al 2025 di altri 130 miliardi.
La grande bugia inizia nel 1992 con i “CIP6”, una
delibera del Comitato Interministeriale Prezzi che autorizza chi produce energia elettrica a
rivenderla al Gestore dei Servizi Energetici (società controllata dal Ministero della Economia e
delle Finanze) a un prezzo superiore a quello di
mercato. I costi di tale incentivo vengono finanziati mediante un sovrapprezzo del costo dell’energia elettrica del 6-7%, che noi consumatori
paghiamo direttamente sulla bolletta. Tutto questo per finanziare le “fonti rinnovabili e assimiliate”, ma solo in Italia vengono riconosciute come
tali anche le centrali a carbone e i “termovalorizzatori”, mistificatorio termine per definire gli inceneritori.
Questa politica è insensata e contraddittoria. Se
si vuole produrre energia alternativa, la stessa
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MAGGIO 2013 - BARRICATE
BERE MANGIARE RESPIRARE
GLOSSARIO DELLE
ENERGIE ALTERNATIVE
illustrazioni Davide Ceccon
dovrebbe essere sostitutiva e non aggiuntiva alle
fonti di produzione esistenti, invece quelle da incenerimento (biomasse, biogas, etc) producono
energia termica, che corrisponde a circa due terzi del “combustibile” utilizzato. Senza l’utilizzo di
tale energia siamo di fronte a veri e propri sprechi, e quindi finanziamo lo spreco e non la sostenibilità.
Ma abbiamo davvero bisogno di nuova energia?
La crisi produce un restringimento dei consumi
(circa il 3% annuo). Il mercato degli idrocarburi
(fonte energetica principale) si fonda sul comprare oggi, fissare il prezzo, garantire con fidejussioni bancarie approvate dal Governo e ritirare
la merce tra dieci anni. Ora noi siamo impegnati a ritirare fonti fossili, petrolio e gas, in base a
contratti in essere che prevedevano un aumento
costante di consumo del 2% annuo. In estrema
sintesi abbiamo comprato risorse pari al doppio
del consumo prevedibile nel 2020.
Tutto da rifare allora. I cittadini hanno strumenti
di difesa e devono utilizzare i propri diritti di cittadinanza. La scelta non è infatti tra decrescita e
sviluppo, ma tra decrescita felice ed infelice. Nessuno vuole ciò che stiamo diventando: una società vecchia e malata.
Termovalorizzatori, ne esistono tre tipi:
a) a combustibile solido: biomasse, rifiuti, parte biodegradabili dei rifiuti, residui dell’industria alimentare;
b) a combustile liquido: olio di girasole, di cocco;
c) a biogas: digestione anaerobica di materia biologica
e successivo incenerimento del gas per produrre energia. La materia prima può essere data da liquami, residui dell’industria agro alimentare, residui delle sfalciature, o purtroppo culture dedicate (mais, pioppeti,
graminacee varie).
Fotovoltaico: captazione dell’energia solare. In genere si attua, in Italia, con soluzioni tecnologicamente
superate (i pannelli). Ve ne sono di due tipi :
a) su superfici come tetti casalinghi, opifici industriali,
superfici già tolte all’uso agricolo. Ha il minimo di diffusione ed è destinata all’autoconsumo;
b) su terreni agricoli. È quella che ha avuto maggiore diffusione nel nostro paese, Impattante dal punto
di vista paesistico, produce nel tempo, anche per altre concause, la desertificazione dei terreni utilizzati.
Comporterà problemi gravi di recupero e smaltimento.
Eolico, anche qui tre tipi:
a) minieolico, massimo ingombro 1,50 m in altezza
destinato all’autoconsumo, ha scarsissima diffusione
in Italia;
b) eolico sospeso (sistema giapponese), captazione del
vento ad altezza considerevole. Nessun impatto paesaggistico, molto adatto sui mari, nessun uso in Italia;
c) maxi-eolico, impianti fino a 150 m in altezza, con
campi di produzione lunghi almeno 2 Km. Devastanti
per il paesaggio, la vita, l’agricoltura e l’allevamento.
È quello più diffuso in Italia e che vede, al momento, il
più alto grado di infiltrazione malavitosa.
Geotermico: scambio di calore con la terra. Scarsamente diffuso, ma potenzialmente promettente.
Idrico: per questo non esistono incentivazioni pubbliche, col risultato che, a causa dell’incuria decennale
nella manutenzione degli invasi, è diminuita la potenzialità produttiva.
Vi sono poi altri due settori, non propriamente ecologici, ma alternativi all’uso del petrolio: Carbone e Gassificazione: sono estremamente impattanti (polveri
sottili e nano particelle). Enel aveva un vasto programma in questo settore, ma la ferma protesta dei cittadini
ha bloccato molte iniziative, anche se non tutte.
Turbogas, Rigassificatori e Stoccaggi Gas: con le
Turbogas si produce energia mediante gas. Attualmente sono progettate per oltre 800 Mega (la centrale atomica di Caorso era di poco superiore). Vale il discorso
del carbone: rigassificatori e stoccaggi gas non producono direttamente energia elettrica, ma vengono presentati come strumenti per costituire riserve strategiche. I rigassificatori, come dice il nome, sono impianti
che rigassificano gas congelato a meno 270 gradi nei
luoghi di produzione, trasportati via mare da gasoliere
gigantesche (almeno 250.000 tonnellate) e lavorato
in appositi impianti in mare (progetto Falconara) o a
ridosso dello stesso (Porto Tolle). È un procedimento
che consuma più energia di quella utilizzata dal consumatore finale. Per gli Stoccaggi, si tratta di re-iniettare
in bacini sotterranei da cui si è già estratto gas, gas
di importazione per stoccarlo in attesa di successivo
prelievo.
MAGGIO 2013 - BARRICATE
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LINGUAGGI GRAFICI: DAVIDE CECCON
I SIGNORI DELLA
GREEN ECONOMY
Neocapitalismo tinto di verde e Movimenti glocali di resistenza
Segnaliamo questo interessante e documentato libro di inchiesta che svela come dietro la retorica e
il volto pulito dell’economia “verde” si celino contraddizioni e ambiguità che hanno a che fare più
con strategie di marketing che con una vera economia ecologica improntata a un futuro sostenibile e
di benessere per tutti.
Monica Di Sisto e Alberto Zoratti sono giornalisti
esperti di economia internazionale e transizione
ecologica e da tempo attivisti dell’organizzazione
eco-solidale Fairwatch.
Autori:
Alberto Zoratti
Presidente di Fairwatch, giornalista freelance, è
responsabile del blog “Ri(E)voluzione” di “Altreconomia” e tra i fondatori di “Comune-info.net”. È
autore di numerosi libri.
Monica Di Sisto:
Vicepresidente di Fairwatch, giornalista professionista. Collabora con l’agenzia “Asca” e con “Altreconomia”; è fondatrice di “Comune-info.net”. Insegna Modelli di sviluppo economico alla facoltà di
Scienze sociali della Pontificia Università Gregoriana. Autrice di numerosi libri.
Prefazione di Maurizio Gubbiotti, coordinatore
della segreteria nazionale di Legambiente, e di
Maurizio Landini, segretario generale della Fiom
Edizioni EMI
(Editrice Missionaria Italiana)
collana: 7.1 - Cittadini sul Pianeta
cod. 2097-8
anno: 2013
formato: 14x21
pagg. 176
euro 13,50
“Finché non si è scoperto che il Ddt è indistruttibile e
che si accumula nelle catene alimentari, si è pensato
che il capitalismo fosse solo nemico del lavoro. Ma
oggi che l’acqua sta calando, che i terreni si stanno
impoverendo, che l’aria sta diventando irrespirabile,
abbiamo capito che il capitalismo è nemico addirittura
della vita.
La sua strategia verso i beni comuni è nota: prima
saccheggia, poi, quando li ha trasformati in risorse
scarse, se ne impossessa per farne oggetto di mercato. Così le multinazionali, che oggi si presentano
col volto pulito della green
economy, compromettono la
nostra vita e costruiscono un
mondo sempre più a misura
dei ricchi. Ma noi possiamo fermarle organizzando
la denuncia, praticando la
resistenza, vivendo l’alternativa. Piccoli granelli di
sabbia che possono cambiare il futuro.”
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MAGGIO 2013 - BARRICATE
Davide Ceccon
esordisce come vignettista/fumettista
alla fine degli anni ‘80. Presto disegna
per Snoopy (Rcs), Dodo (Mondadori),
Cuore. Crea i personaggi Lilo (Messaggero dei Ragazzi-Antoniani PD) e
Volfango e Costanza (Comix Panini
Modena). A teatro collabora con Dario
Vergassola tramite videolavagna in una
serie di spettacoli. A Rai 1 disegna e scrive testi per Gaspare, Zuzzurro e Carlo
Pistarino, a Rai 3 fa lo stesso in diretta
nella trasmissione “Parlato semplice” di
Gabriele La Porta. Produce tavole per
canzoni di Modugno a “Ritratti”- Giancarlo Governi (Rai 1).
Illustra testi scolastici, fiabe, cartoline
augurali, articoli, copertine e manifesti.
Collabora con Smemoranda dal ‘91, con
L.A.V. (Roma) e con diverse riviste tra cui
“La tecnica della scuola” (Catania). Insegna “Letteratura a fumetti” presso istituti
d’arte, scuole, enti. Presta il pennino alla
pubblicità. Ha curato numerose personali
e ricevuto diversi premi e riconoscimenti.
Contatti:
[email protected]
http://davidececcon-scrittidissidenti.
blogspot.it
LINGUAGGI GRAFICI: ANDREA BERSANI
Andrea Bersani
grafico, illustratore e fumettista, vive e lavora a
Bologna.
www.andreabersani.it
RIDO AMARO
Cicogna Editore
Genere: satira politica
Pagine: 178
Formato: cm. 14 x 21
Confezione: brossura
Prezzo: Euro 12,90
Acquistabile on-line
www.cicognaeditore.it
ISBN 9788897481102
Per un narratore di fiabe, come per un disegnatore satirico, la scelta di
esprimersi per bocca di
un animale, non è mai
un caso. Fra le tante
“maschere” che la sua
fantasia gli offre, l’autore sceglie di dissimularsi
dietro una creatura che
non appartiene al genere umano proprio nel
momento in cui esprime
la propria posizione morale contro l’immoralità
dei suoi simili. Leggendo
le vignette di Andrea
Bersani e la realtà che
prendono di mira, viene
da pensare che l’orrore
che ci circonda (e al quale ci siamo colpevolmente assuefatti), può essere
guardato con ironia
soltanto dalla prospettiva di una gru (o di uno
struzzo).
Roberto Chiesi.
MAGGIO 2013 - BARRICATE
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MOVIMENTI
PICCOLI COMITATI
CRESCONO
Arriva un’ondata ambientalista
Michele Boato
I Verdi in Italia, al contrario di gran parte dei paesi europei, sono morti e sepolti, vittime di orde
di arrivisti che, nell’era di Manconi e Pecoraro
Scanio, hanno dilapidato il (piccolo) tesoro di
credibilità, accumulato da tantissimi “donatori di
sangue” impegnati negli anni ’80 e ’90.
Ma l’ambientalismo vero è vivo e vegeto, mette
radici dovunque, si dirama dalle Alpi alle isole, anche nei più piccoli paesi.
DA RIFIUTI A RISORSE
Prende le forme di raccolte differenziate spinte
fino ed oltre l’80% dei rifiuti, non solo nel Nord
Est, ma anche in vari quartieri di Napoli, in molti paesi del Salernitano o del Leccese; si incarna
in associazioni di pedoni e di ciclisti, di genitori
delle elementari che difendono la propria vita e
quella dei più piccoli, contrastando con successo
la mono-cultura dell’automobile e conquistando
aree pedonali e percorsi ciclabili protetti.
illustrazioni Marilena Nardi
BIOLOGICO A KM ZERO
L’ambientalismo vero è fatto, inoltre, di un numero crescente, quasi sbalorditivo, di agricoltori, moltissimi giovani, che abbandonano i veleni
chimici e abbracciano la coltivazione biologica di
nostra madre terra; spesso (a Torino con il Movimento Consumatori, a Milano nel Distretto di
Economia Solidale Rurale del Parco Sud, ecc.)
si alleano agli abitanti della città, organizzati in
GAS, Gruppi di Acquisto Solidale, realizzando
una perfetta “filiera corta” con produzione e consumo locali.1
IN ARMONIA CON LA NATURA
L’arcipelago ambientalista non finisce certo qui:
ci sono singoli e associazioni di vegetariani, salutisti, animalisti, amici degli alberi: la più attiva
associazione di Mestre è AmicoAlbero, che attacca la speculazione edilizia, difendendo e promuovendo il verde urbano in tutte le sue forme,
mentre a Torino agisce Badili Badola, che fa una
specie di “guerriglia gardening” piantando alberi
ovunque sia possibile; a Roma l’associazione La
Vanga Quadra moltiplica non solo il verde, ma
anche gli orti urbani in vari quartieri di centro e
periferia.
SULLE ORME DI GANDHI: ECOLOGIA E NONVIOLENZA
Per non parlare della miriade di gruppi e associazioni nonviolente e pacifiste, che coniugano
l’impegno per la pace tra le persone con quello
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MAGGIO 2013 - BARRICATE
BERE MANGIARE RESPIRARE
per l’armonia con la
natura.
A Verona, per esempio, nella Casa per
la Nonviolenza sono
nati anche gli Amici
della Bicicletta, la più
attiva e numerosa associazione ecologista
della città; così a Brescia, nell’area nonviolenta del MIR è nata
la Cooperativa Amici
dello Scarto, attivissima nel riuso, riparazione e riciclo di ogni
genere di “ex-rifiuto”.
1- Vedi l’ottimo
libro di Emanuele
Gosamo “Biologico
a Km Zero” edito
da Fondazione ICUIstituto Consumatori
Utenti, 184 pagg.,
5 euro, ordinabile
con versamento
sul ccp 29119880
intestato Ecoistituto
del Veneto-Mestre
5- Renzo Galli,
La filiera avicola
convenzionale e biologica, conferenza
tenuta a Padova il 6
luglio 2006; Fulvia
Boera, L’allevamento alternativo
dei polli da carne,
Università Federico
II°, Napoli.
2- Per una visione
più approfondita
degli Ecoistituti, vedi
l’articolo “Breve storia degli ecoistituti
italiani ed europei
di Michele Boato in
Gaia n.8 autunno
2001, in cui si tratta
anche dell’Ecoistituto dell’Emilia Romagna (con sede a
Reggio Emilia). Altri
Ecoistituti sono sorti
negli ultimi anni in
varie località, ne
riparleremo.
LA RETE DEGLI
ECOISTITUTI
Ma gli esempi più notevoli di questa sinergia tra nonviolenza
ed ecologismo sono
gli Ecoistituti del
Veneto, del Piemonte, delle Tecnologie
Appropriate, della Valle del Ticino e di Bolzano.
Tante sono le attività, che per ognuno di loro servirebbe un intero articolo; qui accenniamo solo
ad alcune iniziative di carattere più generale. Cominciamo dalla campagna nazionale “Meno rifiuti e riciclarli”, mirata alla prevenzione e riduzione
degli imballaggi e alla diffusione del compostaggio domestico, coordinata negli anni scorsi dall’Ecoistituto del Veneto “Alex Langer”, assieme al
Forum Risorse e Rifiuti e a Federconsumatori;
passiamo al sostegno alle lotte contro i peggiori
progetti di TAV dato dall’Ecoistituto del Veneto
con il Progetto RAV-Rete Alta Velocità, fatto proprio dai Comuni del tratto Verona-Padova che, tra
le altre cose, ha salvato i Colli Euganei, destinati
allo sfascio dal primitivo progetto; un valido appoggio scientifico e organizzativo all’opposizione
al tratto TAV Torino-Lione (inutile, costosissimo
e dannoso) viene dato da anni dall’Ecoistituto del
Piemonte, che fa parte del Centro Sereno Regis,
nato a Torino come Centro studi e documentazione sulla storia della resistenza e della nonviolenza, e sviluppatosi negli anni anche nei settori
dell’energia, dei trasporti, dei rifiuti, dell’educazione e comunicazione ambientale. A Cesena è
attivo da molti anni l’Ecoistituto delle Tecnologie
Appropriate, fondato e diretto da Gianfranco
Zavalloni (purtroppo scomparso l’estate scorsa)
e da un validissimo gruppo che ha sede in una
fattoria biologica, sperimenta e diffonde le tecnologie per il risparmio energetico ed idrico e le
energie rinnovabili, e sostiene una rete nazionale
di “Orti per la pace” diffusi in centinaia di scuole
dell’obbligo. L’Ecoistituto della Valle del Ticino
ha come punto
di forza il paese
di Cuggiono, nel
Parco del Ticino
a Sud-Ovest di
Milano e, tra l’altro, progetta la
rimessa in funzione di una centrale
idroelettrica, dismessa dall’Enel
nell’epoca della
sbornia petrolifera; l’Ecoistituto di
Bolzano è il primo nato in Italia,
sull’onda dei cugini tedeschi a cui
si è ispirato, sostenendo la bioarchitettura,
la
progettazione di
percorsi ciclabili,
l’educazione della cittadinanza al
riciclo degli scarti
verdi e alimentari
(anche insegnando ad auto-costruirsi i compostatori familiari) e così via.2
E I COMITATI DEL NO?
La retorica industrialista, cementiera e asfaltista
ripete che i Comitati sono capaci solo di dire No
e non propongono niente di positivo. Con questa
veloce rassegna abbiamo dimostrato quanto siano false queste affermazioni.
Ciò non significa che non ci siano anche centinaia
di Comitati locali, e anche alcune reti nazionali,
che hanno come loro principale obiettivo impedire che vengano fatte delle opere più o meno grandi che provocherebbero molti danni ad ambiente,
salute ed economia generale in cambio di vantaggi per i singoli proponenti o costruttori: parliamo
di inceneritori di rifiuti, di raddoppi e triplicazioni
di corridoi autostradali, di ri-gassificatori (pericolosissimi e ancora legati ai combustibili fossili),
trasformazione a carbone di enormi centrali elettriche, come quelle di Porto Tolle e di Civitavecchia, di ulteriori centri commerciali, con annessi
parcheggi, torri, capannoni, autodromi, stadi e
chi più ne ha più ne metta.
Ma di questo parleremo nel prossimo numero.
MAGGIO 2013 - BARRICATE
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LINGUAGGI GRAFICI: MARILENA NARDI
Marilena Nardi Docente all’ABBAA
di Venezia, ama alternare o, secondo i
casi, combinare insieme illustrazione,
umorismo grafico e satira politica. Ha
preso parte a diverse mostre, rassegne, concorsi di grafica umoristica, sia
in Italia che all’estero, alcuni anche in
veste di giurata. Numerosi i premi
ricevuti, primo fra tutti, nel 2011, il
Grand Prize all’undicesima edizione
del World Press Freedom Editorial
Cartoon Competition. Ha collaborato
a lungo con Diario, Corriere della
Sera, Gente Money, Borsa &
Finanza, Salute Naturale,
Monthly, Avvenimenti, e
vari altri periodici. Oggi
disegna soprattutto per
Il Fatto Quotidiano e per
le testate satiriche L’Antitempo, Il Ruvido e l’internazionale Fire. Qualche disegno
anche per Il Nuovo Male e Micromega online. Infinite le collaborazioni a
blog di informazione e giornali online,
tra cui l’Asino e ANPI.it.
“Un solo marito e... nient’altro da dichiarare!”
www.marilenanardi.it
www.facebook.com/marilena.nardi.1
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MAGGIO 2013 - BARRICATE
LINGUAGGI GRAFICI: ROBERTO LA FORGIA
Roberto La Forgia
è nato a Treviso nel 1983.
Di recente ha pubblicato il libro “Il
Signore dei colori” in Italia (Coconino - Fandango), in Francia, Belgio e
Svizzera (Les Éditions Atrabile), collocandosi tra gli autori della nuova
generazione del graphic novel italiano.
Sua è la riedizione del volume “Favole per bambini birichini” (Editori
Internazionali Riuniti) di Gianni Ro-
dari, per cui realizza le illustrazioni.
Pubblica regolarmente su Barricate
e su Il Male di Vauro e Vincino storie di satira sociale capitanate da
personaggi dirompenti e dissacratori
come, tra i tanti, “Pasqualino, un tipo
Capacissimo”.
I suoi lavori sono apparsi anche su
“La lettura” del Corriere della Sera e
Lo Straniero. Vive tra Milano e Parigi, e attualmente sta lavorando ad
un nuovo graphic novel.
www.sacchettidipatatine.blogspot.it
MAGGIO 2013 - BARRICATE
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LINGUAGGI GRAFICI: ALBERTO CORRADI
Alberto Corradi
È nato a Verona nel 1971. Attivo dal
1993, le sue storie e immagini sono
apparse in Italia e in altre dodici
nazioni a cavallo tra graphic novel,
riviste, antologie, mostre, design e
progetti collettivi. Per il magazine La
Repubblica XL ha creato nel 2006 i
temibili personaggi di Mostro & Morto, in edicola ogni mese, mentre per
la storica testata del settore Linus dal
56
MAGGIO 2013 - BARRICATE
2010 al 2013 ha realizzato la serie
Conte Vlad. Dal 2011 è una stabile
presenza sulle pagine dell’agenda
Smemoranda. Nel 2006 è entrato a
far parte del movimento pop surrealista ed è attualmente al lavoro sul progetto QU4TTRO insieme a Massimo
Giacon, Diavù e Ale Giorgini.
Collabora con vari gruppi di designer,
tra cui Stikka, Les Éditions Mugsdesign, Society6, Heroes_Art e sta
sviluppando dei progetti per la piattaforma Buru Buru.
Ha realizzato il romanzo (autobio)grafico Smilodonte, edito da Black Velvet
Editrice e l’antologia senza parole
Regno di Silenzio. È attualmente al lavoro su un graphic novel ambientato
nel Seicento giapponese e una serie a
fumetti per bambini di prossima pubblicazione.
www.ossario.blogspot.com
BERE MANGIARE RESPIRARE
LIBRI
L’ITALIA NO TAV
Un racconto a più voci per salvare l’unico pianeta che abbiamo
Alberto Zoratti
Per capire come il nostro
pianeta reagisce ad un modello di sviluppo insostenibile, non dovremmo solo
osservare i cambiamenti epocali, la comparsa di
eventi atmosferici estremi
o la scomparsa di intere
specie viventi dalla storia.
Potremmo rivolgerci al piccolo, al locale, prendendo
un microscopio concettuale
capace di mostrarci le migliaia di piccole opposizioni
ad un sistema alla deriva.
Assomiglierebbero a quegli
anticorpi della madre Terra
che più di 35 anni fa avevano ispirato lo scienziato inglese James Lovelock nella
sua “Ipotesi Gaia”, in cui il
pianeta, un vero e proprio
organismo vivente, avrebbe
reagito ai pericoli che lo minacciavano.
Quella reazione ha il volto
delle migliaia di persone che
animano i “No Tav d’Italia”,
raccontati a più voci in modo
intelligente e per nulla retorico nel libro omonimo (IntraMoenia edizioni) curato
Ph: Luca Perino
da Pierluigi Sullo ed Anna
Pizzo, giornalisti indipendenti e da sempre attivisti nei movimenti sociali. Ha le ragioni di cittadine
e cittadini che ben lontano dalla tanto declamata
“sindrome Nimby” (Not In My Backyard, “non nel
mio cortile”), decidono di auto-organizzarsi per
bloccare l’ennesimo consumo di suolo, la nuova
cementificazione sostenuta con ondate di denaro dei contribuenti e con una libertà d’azione per
le grandi imprese che supera la decenza. La mobilitazione dei nuovi anticorpi sociali passa per lo
studio e l’approfondimento, come ha dimostrato
il movimento NoTav in Val Susa, che ha saputo ar-
gomentare le proprie ragioni
con la coerenza del valligiano
e la competenza dell’ingegnere civile. E sfocia nell’informazione e nella sensibilizzazione.
Perché “una qualsiasi persona informata e ragionevole
non può che essere no-tav” e
non solo riferendosi al Treno
Torino – Lione, ma all’ampliamento della Tangenziale Est in
Brianza, o al tunnel Alta Velocità sotto Firenze o ancora alla
cementificazione della riviera
del Brenta.
Conoscere queste esperienze
e la loro capacità di proposta
ed opposizione significa avere
sotto gli occhi un mosaico coerente, fatto di realtà sempre
più connesse tra loro e capaci
di azione politica. E vuol dire
avere gli strumenti per capire
la grande potenzialità offerta
da un movimento di cittadine
e cittadini che, ad esempio,
sono riusciti a bloccare il Muos
a Niscemi, la grande antenna
militare statunitense, o stanno riuscendo ad ostacolare un
consumo di suolo che, fonte
ISPRA 2013, è passato da 170
mq/abitante all’anno nel 1956
ai 343 mq/abitante all’anno nel 2010.
“È l’unico pianeta che abbiamo” ci ricorda Luca
Mercalli nelle prime pagine di “No Tav d’Italia”.
Perché i limiti dello sviluppo, al di là della fortunata intuizione del Club di Roma nel 1972, sono
diventati una conditio sine qua non per garantire
il futuro dei nostri figli e dell’intero pianeta. Un
motivo valido per capire quanto un “No” detto
in modo chiaro e diretto sia un atto costruttivo e
dall’immensa forza trasformatrice.
MAGGIO 2013 - BARRICATE
57
TURISMO SOSTENIBILE
SE È RESPONSABILE È ANCHE
SOSTENIBILE, ALTRIMENTI
CHE TURISMO È?
In cosa consiste la vacanza alternativa rispettosa di ambiente e popoli,
ormai nota anche in Italia
Non è una novità, ma per alcuni aspetti sta seguendo una scia di recenti tendenze “ecosostenibili”. Ed è così che anche in Italia si sente parlare di
turismo sostenibile, o responsabile, ovvero di nuove forme di turismo, e succede che qualcuno timidamente inizi a muovere i primi passi verso tipologie alternative di vacanza, probabilmente anche
grazie alla possibilità di spostarsi ed esplorare con
budget ristretti. Il principio di turismo sostenibile,
però, è stato definito già nel 1988 dall’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT): “Le attività
turistiche sono sostenibili quando si sviluppano in
modo tale da mantenersi vitali in un’area turistica
per un tempo illimitato, non alterano l’ambiente
(naturale, sociale ed artistico) e non ostacolano
o inibiscono lo sviluppo di altre attività sociali ed
economiche”. Un concetto ampio che riprende una
definizione precedente della World Commission
on Environment and Development (WCED) nel
Rapporto Brundtland1 del 1987: “Lo sviluppo sostenibile è lo sviluppo che soddisfa i bisogni del
presente senza compromettere la capacità delle
future generazioni di soddisfare i propri”.
Niente di più giusto, equo e anche banale, se vogliamo. Ed è quasi paradossale che solo ventisei
anni fa sia stata ufficializzata una definizione di
turismo che rispetti senza distruggere, né alterare. Eppure il turismo affonda le radici già nel Seicento, per poi ottenere l’attributo di moderno nel
XIX secolo. Bene, e questo vuol dire che abbiamo
impiegato solo trecento anni, anno più anno meno,
per teorizzare e provare a promuovere uno stile di
viaggio e abitudini di vita sani e rispettosi dell’ambiente.
Esistono vari operatori che cercano di essere “sostenibili” con le loro proposte, educando ad un turismo slow, che voglia conoscere i luoghi e le persone, privilegiando strutture gestite da locali e nel
rispetto del territorio, oltre che mezzi di trasporto
non inquinanti. Navigando in rete si trovano idee
e suggerimenti per viaggi alternativi dall’Antartide all’Africa, dal Perù all’India, o per mete che pre58
MAGGIO 2013 - BARRICATE
Ph: Tonino Mosconi
Eleonora Celi
vedano soste in parchi ed aree protette per realizzare un turismo in grado di supportare le risorse
locali, e ancora per scoprire la natura in tutti i suoi
aspetti, dall’arcipelago toscano al Senegal, dalla
fattoria del Panda al trekking in Finlandia.2
Secondo la prima indagine statistica commissionata da Fondazioni4Africa e Cisv sul turismo responsabile in Italia3, Il 72,4% degli italiani sa cosa
significa ecoturismo e si sofferma sul problema
legato alla natura, ai paesaggi, al patrimonio artistico e culturale; il 61% si è dichiarato abbastanza
disponibile a sperimentare questa nuova forma di
turismo e il 23% molto propenso. Dati che fanno
ben sperare e su cui tutti gli operatori del turismo
devono iniziare a fare i conti, con proposte più dimensionate e diversificate. In occasione del SANA
2011 - il grande salone del naturale di Bologna -, è
stata presentata la prima certificazione italiana rivolta agli operatori turistici sostenibili, la Csr Tourism (Corporate social responsibility in tourism)4
che avrebbe lo scopo di agevolare i viaggiatori,
dando loro la possibilità di scegliere al meglio delle
soluzioni green per la propria vacanza, valutando
anche l’impatto del proprio viaggio e conoscendo
1- Documento
rilasciato nel 1987
dalla Commissione
mondiale sull’ambiente e lo sviluppo
(WCED) in cui,
per la prima volta,
viene introdotto il
concetto di sviluppo
sostenibile.
2- Per informazioni:
earthviaggi.it, cts.it,
wwfnature.it.
illustrazioni Elena Rapa
IMPRESE VIRTUOSE
3- Ricerca realizzata
nel 2009 da Isnart
(Istituto Nazionale
Ricerche Turistiche,
Società Consortile
per Azioni di Unioncamere) e Ciset
(Centro Internazionale di Studi sull’Economia Turistica
dell’Università Ca’
Foscari di Venezia)
attraverso 1000
interviste ad un
campione nazionale
rappresentativo delle
diverse fasce di età
e condizioni sociali,
utilizzando il metodo CAWI, ovvero
il questionario via
internet.
4- Promotori
dell’iniziativa sono
stati ICEA (Istituto
per la Certificazione
Etica e Ambientale), TourCert
(organizzazione
tedesca no profit per
la certificazione) e
AITR (Associazione
Italiana di Tursmo
Responsabile).
le modalità di trattamento dei dipendenti delle
strutture.
Addirittura in Germania circa il 75% dei viaggi
in treno interni è effettuato con corrente proveniente da energie rinnovabili e con 1 euro in più
per persona a tratta è possibile viaggiare sui treni a lunga percorrenza con corrente ecologica,
sovrapprezzo destinato ad incentivare i progetti
per il potenziamento delle energie rinnovabili. E
l’obiettivo di raggiungere entro il 2020 la quota
ecologica del 35% sarà raggiunto dalle ferrovie
tedesche entro il 2015, con 5 anni di anticipo. In
Italia non siamo affatto a questi livelli, ma è interessante scoprire che l’attenzione all’ambiente e
alla sostenibilità non è più solo una moda, ma un
bisogno consapevole.
Turismo sostenibile è, infatti, soprattutto un connettore di bisogni del territorio e dei viaggiatori,
con l’obiettivo, sottolinea la OMT, di “integrare la
gestione di tutte le risorse in modo tale che le esigenze economiche, sociali ed estetiche possano
essere soddisfatte, mantenendo allo stesso tempo
l’integrità culturale, i processi ecologici essenziali, la diversità biologica e i sistemi viventi”. Come
dovrebbe essere sempre, in sostanza. Ma dal momento che abbiamo avuto la necessità di creare
delle definizioni, possiamo diventare paladini ufficiali di conservazione dell’ambiente e dell’identità
locale, di afflusso limitato in funzione delle caratteristiche fisiche dei luoghi, e di una qualità maggiore dell’esperienza turistica. L’offerta turistica
dovrebbe quindi essere il risultato naturale delle
risorse locali, non uno sfruttamento mordi e fuggi.
Un evento cruciale nel nostro Paese è rappresentato senza dubbio dalla nascita, nel 1998, di AITR,
Associazione Italiana Turismo Responsabile, che
oggi è un punto di riferimento per la promozione delle diverse forme di turismo etico in Italia.
Opera infatti per qualificare, divulgare, ricercare, aggiornare, tutelare i contenuti culturali e le
conseguenti azioni pratiche che siano connessi al
concetto di turismo responsabile, promuovendone la cultura e la pratica. Il turismo per essere realmente sostenibile ed etico dovrebbe essere volto
ad una crescita dei comportamenti di consumo
e vita solidale, oltre che di rispetto della natura.
Esistono infatti alcuni operatori, come Viaggi Solidali, che sono stati creati esplicitamente a scopo
benefico e sono collegati a gruppi ambientalisti e
associazioni di commercio equo e solidale. Le loro
proposte sono vacanze in cui si viaggia su itinerari
sperimentati, accompagnati da mediatori culturali (spesso locali), cercando di prendersi il tempo
necessario per assaporare il gusto dell’incontro e
della conoscenza. Uno scambio interculturale più
che un viaggio, un’esperienza solidale più che una
vacanza.
Questa forma di turismo ha in sé il concetto di assunzione di responsabilità e ricerca di un modus vivendi sostenibile da ogni punto di vista, in cui ogni
viaggio sia una scoperta che non lascia segni ma
solo contatti, sia un incontro e non un passaggio.
E la riduzione al minimo degli impatti ambientali e
sociali sia profondamente legata ai principi dell’economia solidale, dell’equità e della legalità in ogni
sua forma. Perché viaggiare è il modo più bello per
sentirsi parte di un tutto, di un mondo meraviglioso che chiede solo di non essere trattato con superficialità.
MAGGIO 2013 - BARRICATE
59
IMPRESE D’ITALIA
Intervista a Massimo Monti
UN ALCE NERO PER DARE
VALORE A CHI PRODUCE
Dalle intuizioni pionieristiche di apicoltori e agricoltori emiliani e marchigiani è nato un marchio che oggi è in Italia leader nel biologico e che porta nel mondo il prodotto italiano
etico e di qualità
Laura Ballerini
Mauro
Ferri
Alce Nero è uno dei più noti
marchi del biologico italiano,
di recente arrivato nelle nostre
case anche con una penetrante
campagna pubblicitaria. E noi,
da bravi teledipendenti distratti,
ce lo siamo ritrovato quasi quotidianamente sotto gli occhi, deciso a inserirsi nei meandri della
memoria subliminare per essere
prontamente recuperato alla prima passeggiata tra i banconi di
un supermercato.
Il logo dell’omino scuro che cavalca selvaggio brandendo una
lancia è lì, non lontano da altri
brand che rievocano messaggi
accattivanti, rassicuranti, invitanti, seducenti. Nella percezione del consumatore poco attento
potrebbe confondersi con quelli
e uniformarsi ai diversi livelli di
fiducia o diffidenza che ciascuno
di noi matura nei confronti dei
prodotti del’industria, soprattutto quando a proporla sono grandi imprese che hanno risorse per
poderosi investimenti pubblicitari. Se Antonio Banderas e il lento
muoversi di una enorme ruota di
mulino alle sue spalle vogliono
richiamare una familiarità contadina più fiabesca e archetipica
che reale, qui parliamo di biologico.
La differenza non è solo nel
modo di produzione e nelle ga60
MAGGIO 2013 - BARRICATE
ranzie che dà, o dovrebbe dare il alimentare italiana. Se il biologisistema di certificazioni; la diffe- co è davvero, prima di tutto, un
renza è sopratfatto culturale.
tutto culturale.
Parliamo di biologico. “Alce Nero &
E non è poco.
Mielizia è una
Abbiamo volu- La differenza non è
SpA che comto incontrare solo nel modo di promercializza
i
Alce Nero per duzione, è soprattutto prodotti dei suoi
provare a capiazionisti,
che
re quale realtà culturale.
sono agricoltori
esiste dietro un
e apicoltori riumarchio che contende spazi di niti in cooperative e aziende di
attenzione alla grande industria trasformazione -dice l’ammini-
IMPRESE VIRTUOSE
stratore delegato Massimo Monti- questi sono l’80% del capitale
sociale, il resto è di realtà finanziarie legate al mondo della cooperazione e della finanza etica.”1
Siamo a Monterenzio, minuscolo paese tra colline coperte di
vegetazione discreta, inoltrato
in profondità nella val d’Idice,
che risale l’Appennino a sud est
di Bologna. Qui, gomito a gomito, convivono la sede centrale di
Alce Nero & Mielizia e il Consorzio di apicoltori CONAPI, dal
quale è nato tutto alla fine degli
anni ’70. “La nostra storia
1- Coopfondo,
fondo mutualistico
della Lega delle
Cooperative 18,97%
e Etimos, socio di
Banca Etica, 3,3%
Libera Terra ha anche un significato simbolico.
Certamente. Ma lo scopo è diverso: Alce Nero intende essere lo strumento di promozione
e di commercializzazione dei
prodotti di tutti i suoi azionisti, che sono più di mille tra
diretti e partecipanti alle coo-
si produttori e l’azienda?
Il produttore è consapevole
del suo ruolo nel gruppo, ha
investito per farvi parte, sia
adeguandosi ai disciplinari, sia
partecipando con quote azionarie. Siamo un’azienda molto capitalizzata, oltre cinque
milioni di capitale sociale: se
partecipi investendo lo fai perché ci credi e nel CdA passano
tutte le partite economiche, a
cominciare dai prezzi di acquisto dei prodotti.
Ha parlato di disciplinari per i
produttori. In cosa consistono?
C’è un decalogo di linee guida
per il produttore, con vincoli
che riguardano gli standard
perative. Tutti condividono la qualitativi, gli ingredienti e
nostra filosofia aziendale e le l’origine delle materie prime.
scelte imprenditoriali conse- Alle linee guida si informano
guenti, perché il nostro scopo in maniera più analitica e perè far partecipare alla politica sonalizzata i singoli contratti.
di marca chi non è assoluta- Quindi, produrre per Alce
Nero significa
mente consiessere inseriti
derato, cioè “Il nostro scopo è far
in un’aziengli agricoltopartecipare alla polida che dà un
ri. Ma questo
maggiore vava fatto nel tica di marca chi non
lore aggiunto.
rispetto del- è assolutamente conle regole del siderato, cioè gli agri- Come assicurate il mantemercato.
nimento degli
Alle
quali, coltori”
standard quavolenti o nolenti, anche voi di Alce Nero litativi da parte dei vostri
produttori?
dovete sottostare…
Per forza, o almeno non si pos- Noi abbiamo con loro un rapsono cambiare in un sol colpo. porto vincolante, operativo ed
Per esempio, i prodotti biolo- economico. Alce Nero può rigici negli scaffali della GDO fornirsi solo dal socio, in nessubiscono un maggior ricarico sun caso da altri produttori e
per via della minore rotazione il socio non può vendere di(cioè se ne vendono di meno, rettamente i prodotti biologindr) ed è uno dei fattori che li ci in formato retail; Sono imprenditori che prima di tutto
fanno costare di più.
Nel costo finale non c’è solo il credono in questo progetto e
condividono le scelte etiche,
costo di produzione, quindi.
Nella GDO ogni cm quadrato prima che economiche. E poi,
dei banconi deve avere una ripeto, hanno investito. Se incerta redditività. Più vendi, vesti nella qualità, per esempiù c’è ricambio, più si può pio comprando materie prime
abbassare il margine. Anche i italiane, che costano di più,
negozi specializzati per il bio- poi stai attento a non rovinare
logico rispondono alla stessa tutto, basta poco a macchiare
regola e in termini di prezzi una buona immagine. Chi prosono di fatto uniformati alla duce per Alce Nero sa che fa
parte di una squadra che atGDO.
Come si concretizza la stret- tua in concreto l’etica nel suo
ta collaborazione tra i diver- modo di operare: da una parte
MAGGIO 2013 - BARRICATE
61
il prezzo, la catena del valore,
che non sfrutta o penalizza il
produttore, ma lo rende partner strategico del processo,
dall’altra gli effetti positivi del
far partecipare i produttori
alle strategie aziendali, nel rispetto, ovviamente delle regole produttive e di mercato.
Cioè, alla fine i prodotti vanno venduti.
Esattamente. Il Socio collabora
attivamente con Alce Nero &
Mielizia per la definizione delle condizioni commerciali, partendo dal mercato e valutando
assieme tutti i passaggi lungo
la filiera. E i risultati si vedono: il gruppo ha fatturato nel
2012 oltre 46 milioni di Euro, duttori sono presenti un po’ in
con una crescita dell’8,5% ri- tutte le regioni, con esclusione
spetto all’anno precedente; e della Sardegna e della Valle
all’interno del gruppo il brand d’Aosta, e con maggiori conAlce Nero ha avuto la migliore centrazioni in Emilia-Romagna
performance, con un + 15% e e nel sud Italia, Puglia in parnetti miglioramenti rispetto ai ticolare, questo made in Italy
trova mercati
trend di merattenti in parcato di diversi
“Chi produce per Alce ticolar modo
settori come
le passate, i Nero sa che fa parte di in Asia, dove il
pomodori in una squadra che attua Giappone è il
nostro secondo
polpa, i netta- in concreto l’etica nel
mercato.
ri di frutta, i
suo modo di operare” Per quali profrollini.
dotti?
Voi
operaPomodori, pate in Italia e
all’estero. Qual è la geogra- sta e olio, soprattutto.
fia del vostro raggio d’azio- E con quali quote di mercato?
ne?
Noi portiamo nel mondo il Nel 2012 abbiamo realizzato
prodotto italiano etico e di all’estero il 22% del fatturato.
qualità; se in Italia i nostri pro- Dall’estero Alce Nero impor-
62
MAGGIO 2013 - BARRICATE
ta tramite i canali del mercato equo e solidale. Con quali
criteri?
Importiamo una linea di prodotti cosiddetti “coloniali”
(è rimasto questo nome che
evoca comportamenti tutt’altro che equi e solidali), cioè
tè, caffè, cacao e zucchero di
canna, certificati Fairtrade, e
l’operatore internazionale con
cui collaboriamo è anche nostro piccolo azionista2. Dopo
la prima esperienza del ’96
ancora con CONAPI, abbiamo
cercato di capire se Alce Nero,
che si connota come marchio
di prodotti italiani, poteva
veicolare anche importazioni
del circuito equo e solidale.
Il riscontro del mercato è stato positivo e lo abbiamo fatto, anche perché i concetti di
base sono gli stessi: dare valore a chi produce. C’è tuttavia
un approccio di partenza che
stiamo rivedendo perché non è
del tutto coerente con la nostra
filosofia aziendale: nel pagare
i produttori non intendiamo
fare carità, ma fare impresa
consapevole che fa buoni prodotti e che sono pagati il giusto. E poi ci sono politiche di
Fairtrade che non condividiamo: hanno deciso di aprire alle
grandi multinazionali, cosa
che può stare bene in linea di
principio (se rispettano le regole, perché escluderli?), ma a
noi non piace comunque, po-
2- Cooperar
Sin Fronteras
Internacional, con lo
0,17% di azioni.
IMPRESE VIRTUOSE
tranno anche pagare il giusto,
ma se diventano i proprietari
dei terreni, chi ci dice che in
futuro non cambieranno idee?
Per noi è il rapporto con il produttore che conta, che deve essere proprietario dei suoi mezzi, cioè della terra.
Qual è la quota di mercato
dei prodotti di importazione
Fairtrade?
Il 15%. E di questo, il 10%
(cioè l’1,5% del totale) viene
esportato in Europa e Russia.
Un marchio italiano che movimenta estero su estero con precisi standard etici e di qualità
produttiva. Ma tutto il lavoro e il
successo commerciale del gruppo
Alce Nero & Mielizia è il risultato di un gioco di squadra, dove
ogni singolo componente, nelle
diverse fasi delle filiere, si sente
partecipe di un progetto condiviso.
Un’atmosfera di partecipazione
che si avverte nelle piccole cose,
come nella pausa pranzo quotidiana, servita nel self service
aziendale, dove si ritrovano in
fila tutti i componenti della squadra, dall’amministratore delegato al personale dei magazzini.
NO ALL’OLIO DI PALMA
Alce Nero ha lanciato la campagna
contro l’uso alimentare dell’olio di
palma (Palm oil free). Dice Massimo
Monti: “l’olio di palma è utilizzato
dall’industria alimentare perché, oltre
a costare poco, è insapore e ed è facile
da usare, solidifica e diventa come il
burro; si adatta ottimamente a tutte
le ricette, dai dolci ai dadi per brodo.
Solo che non è il massimo dal punto
di vista nutrizionale, è poco digeribile, pieno di grassi saturi e, soprattutto,
è un prodotto ad altissimo contenuto chimico, un’estrazione di massa
fatta con solventi da aziende che sono delle raffinerie che distruggono
foreste. Passare, però, all’olio di oliva non è facile, ci si deve lavorare
per riequilibrare il sapore, oltre al maggiore costo, perché per fare i
nostri frollini dobbiamo usare olio di oliva di ottima qualità, altrimenti
l’acidità dell’olio li rovina.”
Pasta industriale e pasta artigianale, ma sempre biologica.
Tra i soci azionisti c’è un pastificio, con sede a Predappio, nelle dolomiti, il Pastificio Felicetti, con oltre cento anni di attività alle spalle. Poi,
tra i prodotti, troviamo la pasta di Gragnano. Subito si pone la domanda: fate nelle dolomiti la pasta di Gragnano?
“No -risponde Massimo Monti- sono due diversi metodi di produzione.
La pasta si produce in due fasi: la prima è la creazione dell’impasto di
semola, acqua e sale fino alla trafilatura. Quella che esce è pasta fresca.
Poi c’è l’essicatura, che nell’industria è ‘dinamica’ con un processo che
asciuga la pasta tramite ventilazione e adeguate temperature; questo
processo può essere più o meno veloce, variando la temperatura. Il Pastificio Felicetti produce tutte le nostre paste biologiche di grano duro,
lavorando le semole fino alla trafilatura ed essicandole a temperature
che mantengono comunque tutte le qualità del grano.La pasta artigianale, invece, viene stesa su telai e lasciata in una specie di sauna per
l’essicazione statica, ovviamente con tempi molto più lunghi e basse
temperature. Volevamo un prodotto artigianale e abbiamo sottoscritto
un accordo con il pastificio Afeltra, storica realtà del centro di Gragnano oggi acquistato da Farinetti, il patron di Eataly. Con loro abbiamo
l’esclusiva del biologico, lo fanno solo per noi, con il nostro grano delle
Murge.”
Il miele di CONAPI
(Dall’opuscolo CONAPI, Consorzio Nazionale Apicoltori – Coltivatori di biodiversità).
“CONAPI è un’impresa cooperativa fra apicoltori soci, a carattere nazionale, che fa della valorizzazione della produzione del socio, della
qualità, del biologico, la propria bandiera. Il gruppo, nato nel 1978 da
una cooperativa in provincia di Bologna, diventa Consorzio nel 1985 e
oggi i 227 soci rappresentano circa 1.000 apicoltori che, dal Piemonte
alla Sicilia, raccolgono il miele in circa 60.000 alveari, lavorando secondo le indicazioni del documento che disciplina i rapporti tra i soci e la
cooperativa e producono un miele non pastorizzato e privo di residui
chimici. I soci si sono impegnati a partecipare alla politica produttiva;
i nuovi soci vengono selezionati dai 13 componenti del CdA di CONAPI, in maggioranza apicoltori. Quattro Comitati approfondiscono i temi
di interesse prioritario: investimenti, politiche dei territori, politiche di
indirizzo e regolamenti. Tra i principali produttori di miele italiano,
nonché primo in Italia per il miele biologico, che commercializza con
AlceNero & Mielizia, CONAPI conferisce oltre il 25% del miele italiano
distribuito nelle GDO”
In giugno CONAPI aprirà il nuovo parco tematico sul miele e sulla vita
delle api che sta allestendo tra il verde alle spalle dello stabilimento di
Monterenzio. Sarà l’opportunità per una visita in val d’Idice e capire di
più dell’affascinante mondo degli alveari e di come l’uomo ha imparato
a utilizzare e a rispettare il lavoro delle api.
MAGGIO 2013 - BARRICATE
63
LAZIO
Intervista a Zelda Palombi
LAZIO, UNA REGIONE ATIPICA
Fabio Greggio
Questa è una chiacchierata con
una laziale “doc”, Zelda Palombi, autrice e regista teatrale, fotografa e collaboratrice in editing
delle ultime pubblicazioni del Nobel Dario Fo.
Il quadro dipinto da Zelda ci fa
apparire il Lazio come una regione eterogenea, difficilmente
analizzabile, nella struttura conservatrice con impennate progressiste.
Altra cosa è la politica: gli ultimi esempi di amministrazione
ci consegnano un vero sistema
di corruttele e degrado che non
hanno nulla da invidiare ad altre
regioni discutibili, come la Lombardia di Formigoni, ad esempio.
Su tutto spicca il monolite Roma,
che grava su tutte le province, si
espande senza regole e crea un
polo di attrazione, dove spesso le
delusioni sono sonore e i ritorni al
proprio paesello d’origine sempre
più frequenti.
“Il Lazio non è una vera e propria regione, ma un accorpamento geografico amministrativo di realtà molto diverse in
fatto di cultura, storia e lingua.
Il nord, antica terra dell’Etruria, è da sempre vicino alla
cultura toscana, mentre il sud
confinava con il Regno di Na64
MAGGIO 2013 - BARRICATE
poli e l’influenza campano-partenopea si palpa nella parlata e
nelle abitudini. Non si può affermare l’esistenza di un’identità laziale. A questo si aggiunga
Roma, stato nello stato, metropoli a sé, caput mundi, e quelle
realtà agro pontine create dal
fascismo che sono un crogiolo
di razze italiche che spaziano
dal Veneto, al Ferrarese, all’Italia meridionale.
È vero che spesso si tende a
identificare queste città con
una diffusa nostalgia per il
fascismo, ma poi si trovano
a macchia di leopardo amministrazioni da sempre di sinistra.”.
Che realtà economica è il Lazio?
“Fino a qualche anno fa la voce
agricoltura era importante.
Oggi il declino è consistente:
campi abbandonati, stalle deserte. Si è ritornati a produrre
solo per sé e non per innestare
una vera economia. Direi che
siamo in pieno regresso e impoverimento generale. Chiudono grandi aziende e quello che
resta è asfittico”.
E sul piano culturale?
“C’è un grande recupero delle
tradizioni, delle sagre antiche
di paese, dei cori e di antichi
riti. In fondo il Lazio è terra
molto provinciale. Quando c’è
crisi, si ritorna all’antico, unico
vero punto fermo, certezza fra
mille dubbi che avanzano”.
Parliamo di giovani?
“Esiste grande differenza fra i
giovani di qui e quelli del nord.
C’è una vera paralisi sul fare,
una certa rassegnazione e difficoltà nel portare avanti progetti o idee. Non che manchino
gli slanci, ma non esiste la possibilità di canalizzare e portare
alla luce le idee, mancano i media anche locali. A venti anni
si desidera inurbarsi a Roma, il
che è tipicamente provinciale.
Poi a trenta si desidera tornare e fare qualcosa, ma fra mille
difficoltà”.
Il Lazio ha una propria identità?
“No, non esiste un archetipo
culturale laziale. Perfino i dialetti diventano una barriera e
cambiano tantissimo da nord
a sud. Direi di più: le varie ondate migratorie di veneti, ferraresi e altri non hanno prodotto
una vera integrazione. Forse la
seconda o terza generazione è
oggi un ibrido multietnico che
spazia da tradizioni culinarie
delle regioni di origine miste
a quelle autoctone. Insomma, i
giovani si sono contaminati in
una sorta di micro Brasile”.
E il proverbiale campanilismo laziale o romano?
“Raffaele Viviani, grande figura teatrale di origine partenopea, affermava che a Napoli
non c’è campanilismo. A Roma
sì. Il campanilismo sopperisce a
una mancanza d’identità laziale. Roma è campanilista perché
megalopoli storica. Ma lo è anche New York allora…”
LAZIO - LA TERRA RACCONTA
SCANDALO REGIONE
LA CASTA IN AZIONE
NELLA REGIONE LAZIO
Un tesoretto sottratto ai cittadini, dilapidato dalla giunta Polverini
(e non solo)
Manuela Fabbri
Quando i media hanno un ruolo di pubblica
utilità: Sergio Rizzo e il
Corriere della Sera
Luglio 2012. Dopo aver
depositato il bilancio del
proprio gruppo presso
l’Ufficio di Presidenza
del Consiglio e aver posto inutili denunce sulla
mancanza di trasparenza nei conti della Regione, Giuseppe Rossodivita e Rocco Berardo
mostrano le carte a Sergio Rizzo e gli spiegano
nel dettaglio le voci da
cui è composto il rendiconto. Il Corriere della
Sera del 20 agosto, pubblica il primo pezzo il cui
titolo è: “Regione Lazio,
ai partiti 4 volte più della
Camera”.
Scrive Rizzo: “Da destra a
sinistra non c’è chi non abbia invocato più trasparenza sui
soldi pubblici destinati alla politica. Ma di passare ai fatti
non se ne parla proprio. Se si eccettuano, naturalmente,
alcune meritorie iniziative purtroppo isolate. Qualche
settimana fa il gruppo radicale al Consiglio regionale
del Lazio presieduto dall’avvocato Giuseppe Rossodivita ha pubblicato sul sito internet il proprio bilancio. Un
documento impressionante, che illumina un angolo del
capitolo costi della politica finora tenuto accuratamente
all’oscuro. Ovvero, i contributi che le Regioni erogano ai
gruppi ‘consiliari’.”
I radicali prima e Rizzo poi fanno il conto: i costi
sono complessivamente lievitati del 43,1% in 5 anni.
Quintuplicati per consulenze e convegni, 35 milioni
per arredi e telefoni. E alla fine dei giochi dalle casse
regionali si sono volatilizzati 44 milioni di euro. Tut-
to denaro proveniente
dalle tasche dei cittadini che in un paese normale, tra persone serie
e una politica onesta,
andrebbero considerati
parte integrante del finanziamento pubblico
ai partiti, ma la cui entità è sconosciuta perché
molti Consigli regionali
non pubblicano neppure il bilancio.
Rocco Berardo e Giuseppe Rossodivita erano stati eletti consiglieri di opposizione alle
elezioni regionali del
2010, quando i radicali
in coalizione col Partito Democratico hanno
candidato Emma Bonino presidente del Lazio.
Non possiamo non dire
che se i media ogni tanto hanno un ruolo positivo (v. Rizzo), la tv il più delle
volte esercita un potere davvero sproporzionato,
imponendo un’immagine illusoria e ammiccante
sull’ignaro telespettatore, per nulla corrispondente
alla realtà. In questo caso il personaggio Polverini,
segretaria di un piccolo sindacato di destra, è stato
creato dal nulla da Giovanni Floris in Ballarò, quale
“autorevole e rassicurante”, con una ventina di ospitate televisive: a sua discolpa va detto che da Berlusconi & co., era data quale uno dei pochi volti femminili spendibili in grado di bucare lo schermo. I risultati
sono già leggibili un anno dopo, nell’aprile 2011: sfascio della Sanità, doppi incarichi, nomine a oltranza,
moltiplicazione delle poltrone di rappresentanza
politica, per gruppi e monogruppi, commissioni inventate (una sulle Olimpiadi) e pagate per 5 minuti a
MAGGIO 2013 - BARRICATE
65
seduta. “La Regione Lazio è zeppa di parassiti e sanguisughe: un sistema clientelare e partitocratico che
si autoproduce incessantemente, oliato e organizzato”, fu la definizione lapidaria del gruppo radicale al
primo incontro di denuncia alla stampa.
Trasparenza? Basta l’anagrafe pubblica degli eletti
e dei nominati, dicono i radicali
“C’è un problema sulla norma che vuole la pubblicità
sul bilancio dei gruppi e i rendiconti dei consiglieri”,
era stata la motivazione data dalla Polverini alla
richiesta dei due radicali alla proposta di legge su
“l’anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati”, il cui
testo dopo due anni non era ancora stato licenziato
dalla commissione competente per il voto in Assemblea. Così in assenza di una legge che lo imponga a
tutti, nei primi mesi del 2012, il gruppo Lista Bonino
Pannella pubblica sul proprio sito, prima il bilancio
consuntivo del gruppo del 2010 e di seguito quello
del 2011. L’atto “rivoluzionario” dal quale tutto ebbe
inizio. Da cui qualcuno cominciò a chiedersi come
spendevano i soldi i gruppi consiliari. Di lì lo svelamento dello scandalo Fiorito con tutto ciò che ne è
seguito, in Lazio e su e giù per le regioni d’Italia.
Sergio Rizzo era dunque partito da quel bilancio - da
sempre i radicali sono contro il finanziamento pubblico dei partiti - per tentare di decodificare quello
degli altri, altrimenti vago e indecifrabile. Alla voce
“finanziamento delle attività del gruppo consiliare”,
era evidente come il denaro venisse prima bonificato sul conto del gruppo, poi girato sui conti correnti
dei singoli consiglieri. Per essere utilizzato, senza alcuna rendicontazione contestuale attendibile, oltre
che per usi personali che ci sono stati resi noti, dagli
apparati di partito per finanziare passate e future
campagne elettorali. E che essendoci convenienza
per ciascuno, con tutta evidenza l’accordo era consociativo. E’ solitario il gruppo radicale a votare contro i
bilanci presentati. E anche a rilevare i dati sull’attività
dei gruppi: gli interventi sono 50 del Pd, 12 circa del
Pdl, contro circa 180 dei loro (due consiglieri). L’assemblea d’aula ha promosso e fatto approvare meno
di 10 leggi, tutte le altre derivano da delibere di giunta. Se ne desume che l’efficienza del lavoro svolto
non è minimamente commisurata agli emolumenti
e non se ne capisce da che cosa dipenda l’importo
attribuito, in assenza di regolamento e trasparenza.
Nel 2011 i gruppi politici del Consiglio regionale del
Lazio hanno incassato contributi quasi quadrupli
rispetto a quelli di Montecitorio: 211.064 euro pro
capite che per i 71 consiglieri, considerata anche Renata Polverini. La Presidente, per propria scelta politica (si chiama manovra d’Aula), ne ha determinato
un introito annuale aggiuntivo di oltre due milioni e
mezzo. Esattamente 14 milioni 985.544 euro l’anno,
per una sola delle 20 Regioni italiane. Tutte cifre contrattate nelle sessioni di bilancio dalla giunta per far
passare senza intoppi le leggi finanziarie: un verosimile prezzo pagato ai consiglieri sia di maggioranza
che di opposizione.
66
MAGGIO 2013 - BARRICATE
Rocco Berardo, iscritto al Partito Radicale dal 1994, tra i fondatori
dell’associazione Radicali Roma, è nella giunta di segreteria di Radicali
Italiani, vicesegretario dell’Associazione Luca Coscioni e direttore della
sua rivista mensile.
La malapolitica, ossia la cattiva relazione tra i politici e il denaro
Il meccanismo perverso dell’attribuzione dei fondi in
Regione Lazio ai gruppi consiliari - e forse in altri - nasce e cresce progressivamente fin dai precedenti governi regionali: filo rosso le ultime tre gestioni, Storace-Marazzo-Polverini. Il finanziamento dei gruppi
fa parte del bilancio del Consiglio che a sua volta è
parte del bilancio della Regione, proposto dall’ufficio di Presidenza, accettato dalla Giunta e votato a
maggioranza prima dalla commissione Bilancio e poi
dal Consiglio Regionale. La giunta Polverini, imponendo un maxi-emendamento per non consentire
al Consiglio di modificare il testo, ha deliberato lo
stanziamento di quei fondi all’interno dell’Ufficio di
Presidenza di cui facevano parte Pdl, Lista Polverini,
Udc, Pd e Idv (non il gruppo radicale).
Illuminante il proliferare dei “monogruppo”. Inizialmente i gruppi erano otto, in corrispondenza ai simboli elettorali presenti alle elezioni, ma nel corso della legislatura se ne sono costituiti altri cinque di un
solo componente. A ognuno dei quali va: indennità di
funzione per il presidente/unico membro, il finanziamento al gruppo, 7 collaboratori pagati dalla Regione. Il tutto per un totale di 12 milioni. Con il gruppo
misto presieduto e composto da un solo consigliere,
Antonio Paris. Il presidente di se stesso ha diritto a
un’indennità aggiuntiva di 891 euro netti mensili. I
sette collaboratori sono: due laureati, due diplomati,
una segretaria, un addetto stampa e un responsabile
della struttura. I gruppi più numerosi possono arrivare fino a 24 dipendenti: il tetto per il Lazio era di 201,
tant’è che è stato emesso un bando per l’ampliamento degli uffici della Pisana per n. 2 palazzine definite
da tre livelli fuori terra più un piano interrato e un
corpo centrale (base d’asta, 8 milioni 259.750 euro,
iva esclusa).
All’esaurirsi della legislatura, Giuseppe Rossodivita,
unico capogruppo, ha restituito alla Regione il fondo
cassa rimanente: 360 mila euro. Alle elezioni regio-
LAZIO - LA TERRA RACCONTA
nali 2013 i radicali avevano presentato una solitaria
lista di scopo denominata Amnistia Giustizia Libertà
(non in coalizione col Partito Democratico, come nelle elezioni regionali 2008) e non avendo raggiunto il
quorum sono stati esclusi dalla Regione Lazio come
pure dal Parlamento. Ancora oggi Rossodivita continua a chiedersi dove siano finiti gli avanzi degli altri
gruppi: “Se i 71 componenti di un consiglio sciolto da
settembre 2012 avessero restituito 180 mila euro
ciascuno, nelle tasche dei contribuenti sarebbero rientrati 12 milioni e 780 mila euro”, egli rileva.
La Presidente Polverini, il suo gruppo di 12 consiglieri era tra i più numerosi, ne è uscita invece indenne e
ora siede in Parlamento con molti altri ex consiglieri
del Lazio implicati nello scandalo, sia di maggioranza
che di opposizione.
In conclusione… c’è una morale?
Gli ispettori del Ministero del Tesoro Luciano Cimbolini e Vito Tatò hanno registrato che negli ultimi
cinque anni (dal 2007 giunta Marazzo al 2012 giunta Polverini) le spese del consiglio sono lievitate del
43,1 per cento, da 80,4 a 115 milioni. Con punte d’incremento sbalorditive. Alcuni numeri: consulenze e
convegni da 1,35 a 8 milioni di euro (+ 493%); spese
telefoniche, postali, di cancelleria, attrezzature e arredi del consiglio + 226 %. Dai 10,8 milioni del 2007
nel 2012 il bilancio del solo consiglio regionale è salito a 35,2 milioni. Mezzo milione l’anno il costo per
ciascun consigliere.
Dal loro dossier tuttavia si evince che sprechi e costi
illeciti non sono esclusivamente riferibili agli apparati della politica ma vengono distribuiti tra la copertura dei disavanzi del settore sanitario (attraverso altre
risorse di bilancio) e il progressivo aggravarsi della
situazione economico-patrimoniale delle società
partecipate: 72 in totale. Da Lazio Service usata per
soddisfare esigenze occupazionali (leggasi clientelari, con + 44% in tre anni solo di personale) all’ultima
Giuseppe Rossodivita, è avvocato penalista. Difensore nel caso Welby,
componente della Direzione Nazionale di Radicali Italiani, consigliere
giuridico di Emma Bonino al Ministero delle Politiche Comunitarie e alla
Vice Presidenza del Senato.
nata, la Lazio Ambiente spa, istituita ex novo il 18 novembre 2011.
Un’incursione sul capitolo patrimonio immobiliare è
significativa: 500 immobili di proprietà per un valore
a bilancio di un miliardo e 360 milioni di euro, rende
solamente lo 0,003% a causa del sistema drogato di
attribuzione e riscossione. La massiccia alienazione
prevista tra il 2007 e il 2011 per risanare parte del
debito, avrebbe dovuto far rientrare in cassa 2 miliardi e 95 milioni. E’ invece stata di 104,8 milioni (6,7
%). E infine alcune voci di elargizioni a pioggia, connesse al clero: un finanziamento straordinario di 5,4
milioni per il recupero di edifici di culto, 20 milioni a
favore del patrimonio culturale di soggetti privati,
oltre 5 milioni per il “riconoscimento della funzione
sociale ed educativa degli oratori” e la stabilizzazione
di lavoratori socialmente utili (pagata con i debiti).
L’inevitabile interrogativo che ci poniamo è: ma tutte le responsabilità sono solamente dei politici? Sì
è vero, la democrazia delega alla politica che a sua
volta dà indirizzi di governo, ma tutti coloro i quali
per professione godono di un ruolo privilegiato nel
pubblico (oggigiorno meno esposto alla instabilità
del lavoro) è immune da colpe?
Sì colpe. Perché di senso di responsabilità non se ne
parla proprio. Quanto abbiamo raccontato, è raccolto in un dossier di 334 pagine pieno di numeri e
tabelle, redatto da due ispettori della Ragioneria generale dello Stato che il Tesoro aveva spedito prima
dello scandalo, fin da giugno 2012: si chiama “verifica
amministrativo-contabile”. Che fa pensare che l’evidenza già c’era.
É doveroso concludere con le parole di colui il quale,
Sergio Rizzo, ha dato voce alle prime denunce: “.. davano pure agli autisti due buoni pasto al giorno, monetizzando il terzo: per 477.916 euro e 50 centesimi
mensili (in aggiunta allo stipendio). Perché rischiare
avessero un calo di zuccheri al volante?”
MAGGIO 2013 - BARRICATE
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AMBIENTE
I RIFIUTI DI MALAGROTTA
La vicenda senza fine della discarica più grande d’Europa
Francesco Ballerini
“Malagrotta – La città delle industrie ambientali”
Questo è il cartello, simile ad un accesso autostradale, che accoglie chi si trovi a transitare in questo angolo di Roma Ovest, a ridosso della Riserva Naturale
Tenuta dei Massimi e retrostante i quartieri periferici di Casal Lumbroso e Massimina.
Transitando su Via di Ponte Galeria, si ha la sensazione di essere già usciti dal caos urbano per immettersi
nell’agro romano in direzione del mare, una campagna la cui importanza strategica era già nota agli antichi Romani. Malagrotta viene menzionata per la prima volta nel 955 d.C. con il nome di Mola Rupta, per
via della cessione di una parte della tenuta da parte
di Costanza, una nobildonna romana, ma la leggenda
popolare vuole che il nome sia da attribuire ad una
grotta abitata da un drago, come narra il componimento del poeta romanesco Augusto Sindici.
Purtroppo, a rendere noto questo luogo non è stata
né l’antica storiografia né l’affascinante tradizione
popolare, bensì la ben più triste vicenda della discarica -a detta di molti- più grande d’Europa: 240
ettari per 4500/5000 tonnellate di rifiuti scaricati
ogni giorno. Dietro l’ingannevole cartello d’accesso,
infatti, ve n’è un altro dove campeggia la dicitura “Discarica di Malagrotta”, una discarica che serve interamente il Comune di Roma e gli scarti degli aeroporti
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MAGGIO 2013 - BARRICATE
di Fiumicino e Ciampino, e che raggiunse il punto di
saturazione nell’ormai lontano 2004.
L’Unione Europea già nel 1999 aveva emanato un
provvedimento per cui nelle discariche potessero
confluire solamente i rifiuti non riciclabili e l’Italia
recepì la direttiva nel 2003, ma è noto che, nelle più
ottimistiche rilevazioni, il Comune di Roma ha una
percentuale di raccolta differenziata pari ad un misero 20%, per cui nella discarica confluiscono rifiuti
di ogni genere. In forza di questa normativa, dunque,
fu stabilito che la discarica avrebbe dovuto chiudere
i battenti il 31 luglio 2007, ma già la giunta Marrazzo
ne prorogò l’apertura fino al dicembre 2008, in attesa di trovare un sito alternativo, al fine di scongiurare
una crisi di rifiuti comparabile con quella napoletana.
Iniziò dunque nel 2008 una “tarantella” istituzionale in merito alla competenza ultima per la chiusura
dell’impianto, che portò ad una serie infinita di proroghe, per cui l’impianto oggi, marzo 2013, è ancora
in funzione. Nel frattempo, l’Agenzia Regionale per
la Protezione Ambientale del Lazio individua l’avvenuta contaminazione di parte della falda acquifera
sottostante, che va ad aggravare una situazione di
inquinamento ambientale già rilevabile dallo stato
fortemente maleodorante dell’aria, un effetto che
si ripercuote da anni sui circa 50.000 residenti dei
LAZIO - LA TERRA RACCONTA
quartieri circostanti, nonché per sullo stesso Consiglio della Regione Lazio, la cui sede è ad appena 2
km di distanza in linea d’aria. L’ultima proroga scadrà
a giugno 2013 e il 7 marzo scorso il Ministro per l’
Ambiente Clini fa sapere da Bruxelles che non vi sarà
alcuna ulteriore proroga e dunque “finisce così il sistema su cui si è basata Roma per 40 anni”.
L’incubo per i residenti sembra poter finire, se non
fosse che negli ultimi mesi sono spuntate le ipotesi alternative più disparate per il nuovo sito, tra cui
Monti dell’Ortaccio, che si trova nelle immediate
vicinanze di Malagrotta, prospettando dunque per i
cittadini l’ombra di un “Malagrotta 2”. A questa azione è seguito il provvedimento di acquisizione dell’area da parte del Presidente del Municipio XV, Gianni
Paris, in modo da impedire le azioni di sbancamento
del sito -peraltro già iniziate abusivamente-, che per
ora ha bloccato il perpetuarsi di un’ulteriore scelleratezza ambientale per quest’area. Il 20 Marzo scorso,
il Tar si è pronunciato in merito al ricorso presentato
dall’Amministrazione di Roma Capitale, in cui viene
negato il conferimento di rifiuti in questo sito prima
che il Colari (Consorzio Laziale Rifiuti) presenti una
serie di documenti, tra cui uno studio idrogeologico
che assicuri la non contaminazione della falda acquifera sottostante, sancendo dunque la possibilità
di continuare i lavori esplorativi. Intanto si è aperta
la strada di un ulteriore sito per la nuova discarica,
poiché il Ministro Clini ha asserito di non accordare alcuna proroga né di volere una nuova discarica,
ma la bassa percentuale di raccolta differenziata a
Roma impone necessariamente la costruzione di un
nuovo invaso, come sottolineato dal Commissario
straordinario Sottile; e così negli ultimi giorni si parla
di una cava nel quadrante Laurentino, presso Porta
Medaglia a Roma Sud, ma le proteste non si sono fatte attendere, in quanto “l’area è a ridosso delle abitazioni” -segnala Massimiliano De Iuliis, consigliere
del Municipio XII- “tra le vie Laurentina e Ardeatina,
ed è sottoposta al vincolo paesaggistico del decreto
Bondi”. Il sindaco Alemanno, con l’ausilio del Prefetto
della Provincia di Roma Postiglione, nega la possibilità di una discarica in quest’area, rimproverando il
Commissario Straordinario Sottile di effettuare dichiarazioni che esulano dal suo mandato.
E così, mentre dal Ministero dell’Ambiente giungono
i rimproveri sulla primordialità del sistema discariche e sull’efficienza dello smaltimento delle grandi
città del Nord, i cittadini e i loro comitati attendono
il responso finale nella disillusione.
MAGGIO 2013 - BARRICATE
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LAGO DI VICO
CHEMICAL CITY
La bonifica “trasparente” dell’area che durante il secondo conflitto
mondiale riforniva l’esercito fascista di centinaia di tonnellate di armi letali
Laura Ballerini
Dal novembre scorso, dopo mesi di ritardi e proroghe, sono finalmente iniziati i lavori di bonifica
dell’area intorno al Lago di Vico, nota anche come
Chemical City, per il suo coinvolgimento nella
produzione di armi chimiche in epoca fascista.
Ma per quale motivo questo piccolo lago vulcanico in provincia di Viterbo si è trovato al centro di
proteste e indagini nel corso di questi anni?
Passato di guerra
Tutto è cominciato nel gennaio del 1996, quando
la morte di un ciclista, intossicato da una nuvola
di iprite sulle rive del lago, svelò alla popolazione e agli Enti Locali le reali condizioni dell’area,
già sottoposta, in segreto, a un’opera di bonifica.
Nello stesso anno, infatti, erano state rinvenute
nel territorio 60 cisterne di fosgene in pessime
condizioni e in seguito “nella totale segretezza
si cominciò a svuotarle sul posto: il liquido veniva pompato dalle ogive, trasferito in nuovi bidoni
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MAGGIO 2013 - BARRICATE
e inviato a Civitavecchia, il centro nazionale di
bonifica e stoccaggio” spiega il dossier Armi chimiche: un’eredità ancora pericolosa, realizzato da
Legambiente e CNBAC nel 2012.
Ma cosa ci facevano delle cisterne di fosgene nel
Viterbese? Questa domanda diede inizio a numerose indagini che portarono alla luce la vera
storia del territorio. Il Lago di Vico, per la sua vicinanza ai Laboratori del Servizio Chimico Militare
di Roma e per la protezione che i boschi cimini
gli conferivano, costituiva il luogo ideale dove
attuare il programma di riarmo bellico, avviato
da Mussolini nel corso degli anni Trenta. L’area
intorno al lago era dunque destinata a diventare
“nella massima segretezza, un centro di ricerca e
produzione di armi chimiche, prevalentemente
fosgene, iprite e gas asfissianti – prosegue il testo
di Legambiente – La gigantesca base occupava
un’area di oltre 20 ettari con bunker per gli espe-
LAZIO - LA TERRA RACCONTA
rimenti, magazzini sotterranei per lo stoccaggio
delle testate a caricamento speciale, caserme,
uffici e alloggi per alcune centinaia di scienziati e
tecnici civili”.
Nel corso del secondo conflitto mondiale questa base era in grado di rifornire i reparti speciali
dell’Esercito fascista di centinaia di tonnellate di
armi letali: un’intensa e pericolosa attività che
tenne costantemente all’erta l’intelligence britannica, i cui rapporti sulla soprannominata Chemical City sono stati recentemente resi pubblici.
“Con la fine del conflitto – spiega il dossier – la
produzione di ordigni bellici venne interrotta, anche se l’impianto ha continuato a fabbricare fino
agli anni ‘70 candele nebbiogene e fumogeni destinati a sedare le rivolte di piazza”.
Bonifiche e promesse
Le pesanti conseguenze che quest’intensa attività ebbe sul territorio non vennero accertate ne-
centro chimico dismesso: il comune di Viterbo
allertò il Ministero della Difesa che commissionò
un’indagine geofisica del sito al Centro Logistico
Interforze NBC. L’analisi preliminare evidenziò
“masse anomale interrate presso il magazzino”
e un eccessivo valore di arsenico nei campioni di
territorio analizzati: nella raccomandata n.16288
del 09/03/2010 del Centro Logistico Interforze
NBC viene scritto: “in considerazione che il sito,
durante l’ultimo conflitto mondiale, è stato sede
di un impianto per la produzione e il deposito di
ordigni a caricamento speciale, sembra ragionevole supporre che la contaminazione di cui trattasi sia una contaminazione storica derivante
dalle attività pregresse svolte presso il sito militare”. Si ravvisa inoltre “l’opportunità di eseguire
preliminarmente la rimozione di eventuali ordigni inesplosi o altri residuati bellici pericolosi, attivando nella fase immediatamente successiva la
anche nel 1982, quando la Valle di Vico divenne
la prima Riserva Naturale del Lazio e alcune aree
prossime ai reticolati della base militare divennero Zona di Protezione Speciale e Sito Comunitario. Sarà solamente il ritrovamento delle vasche
di fosgene e la successiva morte del ciclista nel
`96 ad avviare un’opera di bonifica conclusa poi
nel 2000.
Gli anni passarono e la vicenda sembrò archiviata, sennonché, nel 2009, il lago si colorò del
rosso delle imponenti fioriture di un’alga tossica
(Plankhotrix rubescens). Le successive analisi
condotte dall’Arpa Lazio su un campione di sedimento prelevato a circa 40 metri di profondità,
rivelarono valori molto superiori alla Concentrazione Soglia di Contaminazione (CSC): Cadmio
12 mg/kg (CSC = 2.0 mg/kg); Nichel 566 mg/kg
(CSC = 120 mg/kg); Arsenico 647 mg/kg (CSC
= 20 mg/kg), secondo la relazione tecnica del 26
febbraio 2010. L’Arpa Lazio proseguì le sue ricerche su un numero più ampio di campioni (6), che
evidenziarono il superamento di Cadmio (1 superamento), Arsenico (6 superamenti) e Piombo (1
superamento), della CSC (Relazione tecnica del 4
giugno 2010).
Tali rivelazioni suscitarono l’ipotesi di un collegamento tra il forte inquinamento del lago e il
procedura di caratterizzazione e bonifica ai sensi
de D.Lgs., al fine di eliminare la residua contaminazione chimica”.
Constatata la gravità della situazione, gli Enti Locali le Autorità Militari passarono finalmente alla
fase operativa.
“Entro maggio si dovrebbe concludere la bonifica
del primo dei sei lotti previsti; l’area interessata è
solo una piccola parte dell’intero sito militare, ma
è evidente che dopo tanti anni di silenzi e omissioni, salutiamo con grande soddisfazione l’avvio
dei lavori – dichiara Fabrizio Giometti, presidente di Legambiente Lago di Vico– Va sottolineato
che in questo caso – a differenza del 1996 - le
Autorità militari hanno deciso di operare con la
massima trasparenza, coinvolgendo gli enti locali
e informando tempestivamente la popolazione;
evidentemente la mobilitazione incessante di
Legambiente, del CNBAC e di tanti cittadini che
in questi anni si sono attivati, sta cominciando a
dare i suoi frutti. Ci auguriamo che questo nuovo
approccio diventi un modello per il futuro, non
solo al Lago di Vico, ma per i tanti siti nazionali
investiti da questa emergenza, e che si superi una
volta per sempre la logica del segreto di stato”.
MAGGIO 2013 - BARRICATE
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LINGUAGGI GRAFICI: MASSIMO GIACON
Massimo Giacon
Nasce a Padova nel 1961. Dal 1980
lavora a Milano sospeso tra le sue attività di fumettista, illustratore, designer, artista e musicista. Protagonista
sin dai primi anni ’80 del rinnovamento del fumetto italiano scaturito da
riviste come Frigidaire, Alter, Linus,
Dolce Vita, Cyborg, Nova Express. Ha
aggiunto alla sua attività diverse col-
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MAGGIO 2013 - BARRICATE
laborazioni come designer con studi e
marchi prestigiosi (Sottsass, Mendini,
Alessi, Artemide, Swatch, Memphis,
Olivetti). Ha fondato un paio di gruppi musicali negli anni ‘80 (Spirocheta
Pergoli, I Nipoti del Faraone), ha prodotto due dischi da solista e attualmente sta continuando con un nuovo
progetto musicale (Massimo Giacon
& The Blass). Ha disegnato: arazzi,
tappeti, siti web, oggetti per la cucina,
magliette, vestiti, oggetti per il bagno
e per l’ufficio, lampadari, orologi, giocattoli, ceramiche... Attualmente sta
lavorando a diversi progetti editoriali,
continuando la sua attività artistica e
performativa intorno al globo.
LAZIO - LA TERRA RACCONTA
INQUINAMENTO
ENERGIA DAL CARBONE,
A QUALE COSTO?
La lotta del Movimento No Coke Alto Lazio a Civitavecchia
Marzia Marzoli
La lotta contro la riconversione a carbone della
centrale di Torre Valdaliga Nord (TVN) di Civitavecchia risale al gennaio del 2001, data di nascita
del primo Comitato per il No al carbone della città, immediatamente dopo l’annuncio da parte di
Enel di voler riconvertire la centrale, nel dicembre del 2000.
Malgrado il peso ambientale subito dal territorio,
nel dicembre del 2000 l’Enel Produzione s.p.a. ha
proposto un intervento di quasi completa demolizione dell’esistente impianto di TVN e la sua totale ricostruzione per l’alimentazione a carbone.
I dati sulla salute pubblica nel comprensorio di
Civitavecchia -dopo 25 anni di operatività, a partire dal 1962, delle diverse centrali Torre Valdaliga Sud (con quattro gruppi termoelettrici, di cui
uno da 200 Megawatt e tre da 320 Megawatt),
Torre Valdaliga Nord, (con quattro gruppi termoelettrici da 660 Megawatt ad olio combustibile e
una ciminiera multi-camino di 250 metri di altezza)- erano già allarmanti: Civitavecchia era al primo posto nel Lazio e al terzo in Italia per mortalità causata da tumori ai polmoni, alla trachea e ai
bronchi, con leucemie e linfomi diffusi in maniera
nettamente superiore rispetto alla media nazionale. Le centrali a carbone sono inoltre tra le principali responsabili delle emissioni di mercurio,
arsenico e di polveri sottili nell’aria. Il mercurio
contenuto nel carbone è fino a 150 volte maggiore di quello contenuto nell’olio combustibile.
Questo espone la popolazione al rischio d’inquinamento da mercurio, con gravi effetti sulla salute umana e soprattutto sul sistema nervoso in via
di sviluppo (feto, neonato e bambino).
La centrale termoelettrica di Torre Valdaliga
Nord è per di più circondata da un territorio a
forte vocazione agricola e turistica, custode di
tesori ambientali e culturali riconosciuti dall’Unesco come patrimonio dell’umanità (Tarquinia e
Cerveteri).
Nonostante tutto ciò, la riconversione a carbone
della centrale di Torre Valdaliga Nord ha ricevuto
un giudizio di compatibilità ambientale positivo
ed è stata autorizzata il 24 dicembre 2003.
Da allora, si sono succeduti dieci anni di battaglie amministrative, con ripetuti ricorsi da parte
dei cittadini di Civitavecchia e del comprensorio,
ricorsi al Tar, Consiglio di stato, richiesta di riesame del decreto autorizzativo, numerosi reclami,
esposti alla procura, alcuni ancora in corso.
La storia politica del “sì” al carbone ha inizio il 25
Marzo 2003, un giorno memorabile per Civitavecchia: in un burrascoso Consiglio Comunale in
cui viene votata la riconversione a carbone della
centrale di Torrevaldaliga Nord, a pochi mesi di
distanza dall’ iniziale “no” al carbone dello stesso
consiglio comunale. Il sì alla riconversione viene
motivato con le stesse parole di Storace: “Non
si può rinunciare a 3mila miliardi di investimenti
dell’Enel sulla città”. L’assenso è dato per difendere l’occupazione. Di chi?
L’Alto Lazio, vanta però un cinquantennale polo
energetico, vera e propria colonizzazione su un
territorio metodicamente preparato ad essere
aggredito, privato della sua anima e del suo futuro, inquinato nelle coscienze, prima ancora che
nelle sue risorse naturali. Protagonista l’inerzia,
MAGGIO 2013 - BARRICATE
73
Così, dopo il caso dell’AIA rilasciata all’Ilva, arriva
il turno dell’impianto a carbone di Civitavecchia.
La conferenza dei servizi si tiene il 12 Marzo
2013, preceduta da ulteriori dichiarazioni ultra
ambientaliste del sindaco Tidei, che ripete alle
associazioni ambientaliste di aver fatto proprie
le prescrizioni sottoscritte da migliaia di cittadini
in una petizione popolare, consegnata prima della conferenza.
I dati Enel dimostrano che la centrale Nonostante i danni
di TVN di Civitavecchia con i suoi tre
gruppi a carbone emette in atmosfera, sulla salute e sull’amogni anno, 2100 t/a di SO2, 3450 t/a di biente, la riconverquando non subalternità, delle istituzioni, Comu- NOx e 260 t/a di polveri. Questo è l’in- sione a carbone delni in testa, ma anche dell’intero ceto politico del quinamento massiccio che la conferenla centrale di Torre
comprensorio, che ha consentito che ciò avvenis- za dei servizi andrà a discutere e che la
se, abbagliato dai milioni di euro per compensa- delegazione dei Medici e Tecnici del Valdaliga Nord ha
zioni ambientali riversate nelle casse dei Comu- Movimento No Coke Alto Lazio chie- ricevuto un giudizio
ni. Un territorio dove le percentuali di mortalità derà di abbassare, con l’adeguamento
di compatibilità ame morbilità per neoplasie all’apparato respirato- dell’impianto alla normativa europea.
rio, per leucemie e linfomi sono al di sopra delle Secondo il “Rapporto 2011 ” pubblica- bientale positivo ed è
medie regionali e nazionali, e dove, a fronte del to dall’Osservatorio Ambientale per stata autorizzata il 24
ricatto occupazionale utilizzato per sponsoriz- Torre Valdaliga Nord della Regione La- dicembre 2003
zare questi impianti veleniferi, la disoccupazione zio, “La popolazione residente nel solo
comune di Civitavecchia nel periodo
supera il 30%.
Sono sufficienti questi pochi dati per compren- 2006-2010 presenta un quadro di mortalità per
dere quali siano le conseguenze del vivere nel cause naturali (tutte le cause eccetto i traumaraggio di azione di una servitù energetica, figuria- tismi) e per tumori maligni in eccesso di circa il
10% rispetto alla popolazione residente nel Lazio
moci a carbone.
Ci si sente ripetere che la politica si deve misu- nello stesso periodo. Tale eccesso viene conferrare con la vita reale dei cittadini. Ebbene, le vite mato tra gli uomini residenti nell’area allargata”.
reali e materiali dei cittadini in questo territo- La delegazione, in audizione pre-conferenza, ha
rio, come in tanti altri dove Enel ha insediato i trasmesso ai membri della commissione le osserpropri impianti energetici, “rientrano” in quelle vazioni con le criticità al parere istruttorio, insiepercentuali di mortalità e morbilità per tumo- me allo studio commissionato da Greenpeace a
re bronchiale e pleurico, per asme e allergie o SOMO, istituto di ricerca indipendente no profit,
per insufficienza renale cronica. Tutti aspetti sui i cui dati sono stati riconosciuti come conformi
quali è palesemente e colpevolmente lacunosa la alla realtà dal Tribunale di Roma e in cui si evidenValutazione di Impatto Ambientale, come dichia- zia che “la produzione termoelettrica a carbone
di Enel è causa, in Italia, di una
rato a suo tempo dal ministero
dell’Ambiente e da quello della “la produzione termo- morte prematura al giorno e di
danni al Paese stimabili in circa 2
Salute. Vite materiali su cui la
miliardi di euro l´anno; mentre in
riconversione a carbone, falsa- elettrica a carbone di
mente definita “pulita”, sta river- Enel è causa, in Italia, Europa quella stessa produzione
sando tonnellate di veleni.
di una morte prematu- causa quasi 1.100 casi di morti
l´anno e danni per 4,3
Il vero partito del “no” non sono
ra al giorno e di dan- premature
miliardi di euro.”
i cittadini che si contrappongono a scelte dissennate, ma que- ni al Paese stimabili
I cittadini chiedevano:
gli stessi che li definiscono così. in circa 2 miliardi di
- l’inserimento delle prescrizioni
Sono loro in quanto partito del euro l´anno”
sui limiti emissivi di 50 mg/Nm3
No alla vita, il partito trasversale
per il monossido di carbonio, ridella “rinuncia”.
Nell’estate del 2012, Civitavecchia balza agli sultato ottenibile applicando le Migliori Tecniche
onori della cronaca nazionale con le dichiarazio- Disponibili individuate dall’Unione Europea;
ni del neo sindaco Tidei, che minaccia la chiusura - l’utilizzo di carbone con contenuto di zolfo infeentro agosto della centrale Enel. Le dichiarazioni riore allo 0,3% come previsto dal Piano di Risanasono lanciate affinché Enel intenda, visto l’ap- mento della Qualità dell’aria della Regione Lazio;
prossimarsi della convocazione della conferenza - il mantenimento della capacità produttiva e del
dei servizi per il rinnovo dell’AIA, che il sindaco consumo di materie prime come dichiarato nel
del comune ospitante è l’unico in grado di chiude- 2003 in sede di prima autorizzazione, in sintesi:
un massimo di 6.000 ore all’anno di funzionare l’impianto per tutelare la salute.
74
MAGGIO 2013 - BARRICATE
illustrazioni Marilena Nardi
LAZIO - LA TERRA RACCONTA
m-
-
o
mè
24
un’importante occasione per ridurre il carico
inquinante sul territorio, che già cosi pesantemente sta pagando gli effetti degli oltre 50 anni
di servitù energetica; ed è ancor più grave che si
spacci come vittoria storica l’accettazione passiva della maggior parte delle richieste di Enel.
Accettazione che, invece, faciliterà le trattative
sulle compensazioni economiche che il Comune
sta conducendo con l’ente elettrico e che passano, ancora una volta, sulla pelle della popolazione
di Civitavecchia e dell’Alto Lazio.
LA “GUERRA” ALL’ENEL DI
GREENPEACE
mento a pieno regime e 3.600.000 tonnellate di
carbone.
Ciononostante, la conferenza ha accolto tutte le
pretese di Enel ad esclusivo beneficio del conto in
banca degli azionisti, e la centrale -solo per citare
alcuni dati- potrà funzionare al massimo carico
per 7.500 ore all’anno (312 giorni invece che i
250 dichiarati nel 2003), bruciare 4.500.000 tonnellate all’anno di carbone (quindi 900.000 tonnellate in più di quelle previste), utilizzare carbone con percentuale di zolfo fino ad oltre tre volte
superiore a quella consentita dal Piano Regionale
di Qualità dell’Aria, emettere una quantità massima di 120 mg/Nm3 di monossido di carbonio
-quindi ben più del doppio della quantità attesa
con l’utilizzo delle Migliori Tecniche Disponibilimantenendo invariato il limite annuo consentito
di emissioni di anidride solforosa (2.100 tonnellate) e ossidi di azoto (3.450 tonnellate).
Il sindaco Tidei ha prescritto unicamente l’abbassamento della quota massima di emissioni delle
polveri, portandola a 160 tonnellate/anno dalle
260 previste finora, proponendo una riduzione
-peraltro l’unica sulla quale l’Enel si era dichiarata disponibile a trattare- di carattere più che
altro scenografico, se solo si considera che l’intero impianto a pieno regime nel 2011 ha prodotto -sempre secondo i dati rilevati dall’Enel e
approvati dalle autorità competenti- un totale di
55 tonnellate di polveri, ovvero circa un terzo del
limite che il sindaco ha “imposto” con “severità”
memorabile nella conferenza dei servizi.
Per quanto riguarda la fissazione del 2034 come
data di chiusura dell’impianto (anche qui nel pieno rispetto delle indicazioni di Enel sul ciclo di
vita della centrale), qualsiasi persona mediamente dotata di buon senso non potrà che considerarla, più che una prescrizione, una profezia da
cartomante.
È grave che il Sindaco e gli altri enti rappresentati in Conferenza dei Servizi abbiano perso
Nel novembre 2011 l’Agenzia
Europea per l’Ambiente (EEA)
ha pubblicato uno studio sugli
impatti sanitari, ambientali ed
economici dell’inquinamento
atmosferico dei principali impianti industriali europei. In
quella ricerca l’EEA presenta
una classifica dei 20 impianti
industriali più inquinanti, per emissioni atmosferiche, nel nostro continente: al 18° posto viene classificata la centrale termoelettrica a carbone Enel
Federico II, a Brindisi. Lo studio fornisce una stima
del costo aggregato dei danni sanitari, economici e
ambientali di quell’impianto: un importo economico tra i 536 e i 707 milioni di euro.
Greenpeace Italia ha deciso di utilizzare lo stesso
metodo applicato dall’EEA, estendendolo a tutte le
centrali termoelettriche a carbone di Enel in Italia,
e si è fatta promotrice della campagna ENEL, KILLER DEL CLIMA.
Enel è la grande multinazionale italiana, controllata per il 30% dal Ministero del Tesoro, operante
in molti Paesi del mondo, la più grande azienda
elettrica in Italia, Spagna, Slovacchia e in alcuni
grandi Paesi dell’America Latina, nonché la seconda più grande azienda in Europa per capacità installata.
Alle dettagliate denunce e richieste di informazioni da parte di Greenpeace, ENEL ha risposto trascinando l’organizzazione ambientalista in tribunale
e chiedendo risarcimenti milionari per danni di
immagine, cercando così di intimidire con i propri
legali i cittadini che si oppongono alla devastazione dell’ambiente e della propria salute.
Intanto gli studi effettuati stimano le morti premature causate dalle centrali a carbone in Italia nel
2009 in 562 unità, di cui il 64,4% imputabili alle 8
centrali ENEL. I dati di emissione utilizzati in questo studio fanno riferimento al 2009, anno in cui la
centrale a carbone Enel di Civitavecchia ha funzionato molto poco. L’applicazione della metodologia
EEA a quelli che sarebbero i valori di emissione
della centrale funzionante a pieno regime farebbero aumentare i casi attesi di morti premature fino
a circa 400 unità l’anno per l’Italia, e il valore aggregato dei costi esterni della produzione Enel da
carbone a oltre 2 miliardi di euro l’anno.
MAGGIO 2013 - BARRICATE
75
MOVIMENTI
VALLE AVVELENATA
Storia di guerra in Ciociaria
Laura Ballerini
Si ringrazia per la collaborazione Alberto Valleriani, presidente ReTuVaSa
Le foto sono tratte dalla manifestazione del 6 Ottobre 2012 a Colleferro, a
cui parteciparono circa 3000 persone da tutta la valle.
Tutte le volte che si parla della famosa Ciociaria ci
si riferisce in realtà a una precisa porzione del territorio laziale, compresa tra i Monti Ernici e i Monti Lepini: la Valle del Sacco, oggi in grave emergenza per inquinamento ambientale. Attraversata
dal l’omonimo fiume, questa valle è situata nella
provincia di Frosinone (in parte anche in quella
di Roma) e ospita diversi comuni tra cui Anagni e
Colleferro.
Storie di industrie belliche
Dal 1912 una parte di quest’area è sede di un
importante distretto industriale, la cui intensa
attività ne ha compromesso la salute ambientale, sanitaria e sociale. Il dossier pubblicato da
Legambiente e dal CNBAC (Coordinamento Nazionale Bonifica Armi Chimiche) nel 2012, Armi
chimiche: un’eredità ancora pericolosa, scrive infatti:
“Nel 1912 il Governo Italiano, all’indomani della
conquista dello ‘scatolone di sabbia’ libico (i giacimenti petroliferi erano ancora ignoti), desideroso
di tenere il passo con le potenze europee, si convince della necessità di dotarsi di una prima vera
e propria industria bellica” e per la sua protezione
dal mare, vicinanza a una grande città e possibilità
di scarico industriale nel fiume Sacco, il sito dove
sorgerà poi Colleferro venne considerato l’ideale.
“In particolare – prosegue il testo – gli anni ‘70 e
76
MAGGIO 2013 - BARRICATE
’80 sono da ricordare per una conduzione aziendale particolarmente spregiudicata. I principali
settori industriali, chimico, bellico e ferroviario,
con i loro scarti di produzione interrati all’interno
del sito industriale, comporteranno ripercussioni
devastanti sull’intera Valle del Sacco, provocando
danni indelebili all’importante settore agricolo e
contaminazioni nella catena alimentare e negli esseri umani”.
Tale frenetica attività industriale, secondo un’inchiesta condotta dal giornalista Gianluca di Feo
(e pubblicata nel volume Veleni di Stato, 2009), era
dovuta alla collaborazione tra le industrie del distretto e il dittatore iracheno Saddam Hussein, il
quale, nel corso degli anni `80, ricostruiva il suo arsenale in chiave chimica. Il dossier di Legambiente dice infatti: “Gianluca Di Feo, in Veleni di Stato,
ricostruisce tasselli essenziali circa la responsabilità delle produzioni belliche colleferrine, in particolare relativamente alla fornitura di tecnologie
atte a trasformare armi convenzionali in armi chimiche, scavalcando le convenzioni internazionali”.
E infine: “In tempi recenti (2006) – continua il dossier – le industrie belliche di Colleferro (ora Simmel Difesa SpA) vendono ancora unità di ricambio
di armamenti modificabili in vettori chimici a paesi
come l’Arabia Saudita, trasferibili ad altri paesi ex
Legge 185/90, che non garantisce l’ end use. Non è
dato sapere, in ultima analisi, quali altri paesi siano
in possesso di tecnologia italiana per la modifica di
armi convenzionali in armi chimiche.”
Il devastante impatto ambientale
L’effetto di questa intensa attività industriale si
è rivelata disastrosa per l’ambiente circostante.
Ai primi anni `90 risale il primo atto giudiziario
con la sentenza del Tribunale di Velletri per il ritrovamento di fusti tossici, contenenti scarti di
produzione delle industrie colleferrine; nel 1998
la Commissione Bicamerale per il traffico illecito
di rifiuti ribadiva che su Colleferro insisteva una
bomba ecologica con contaminazioni diffuse sia
nei luoghi incriminati (Arsenico, Cadmio, Piombo)
che nelle acque di falda superficiale (metalli pesanti e organo clorurati), e che nel complessivo nei
terreni e nelle acque si evidenziavano presenze
LAZIO - LA TERRA RACCONTA
vo della popolazione. Il nuovo studio di cui ancora
non si hanno pubblicazioni ufficiali effettuato su
un campione più ampio, da indiscrezioni, ribadisce
però i dati allarmanti del 50% della popolazione
contaminata da Betaesaclorocicloesano.
anomale di pesticidi. Successivamente, nel 2005,
in campioni di latte crudo di un’azienda agricola
vennero trovati alti livelli di beta-esaclorocicloesano (Beta-HCH), una sostanza proveniente da
insetticidi tossici che, nel 2008, uno studio condotto dal Dipartimento di epidemiologia della ASL
Roma riscontrò nel sangue degli abitanti dell’area.
Questo studio afferma: “si è accertato un inquinamento ambientale di ampia estensione legato
alla contaminazione del fiume Sacco da discariche
di rifiuti tossici di origine industriale (contaminazione delle acque e utilizzo nelle aziende a scopo
irriguo), a cui potrebbero essere stati esposti non
solo gli animali di interesse zootecnico, ma anche
la popolazione umana”.
Prima di arrivare all’uomo, però, la contaminazione aveva portato all’abbattimento di più di 6000
capi di bestiame e all’emanazione di numerose
ordinanze che vietavano il consumo di ortaggi e
frutti coltivati nei terreni delle zone a rischio. Nel
2005 Piero Marrazzo, allora (e fino al 2009) presidente della Regione Lazio, nominato commissario
straordinario per gestire la situazione della Valle
del Sacco, dichiarò lo stato d’emergenza e la zona
divenne Sito di Interesse Nazionale di Bonifica.
L’assunzione di alimenti inquinati e l’esposizione a
sostanze tossiche ha però compromesso la salute
della popolazione della Valle. Il sopracitato studio
infatti affermava: “si è evidenziato un aumento di
mortalità per tumore dello stomaco e della pleura
e per malattie cardiovascolari. L’analisi di morbosità, eseguita separatamente per i periodi 19972000 e 2001-2004, ha evidenziato un eccesso di
ricoveri per diverse forme tumorali, in particolare
negli uomini. Sono stati inoltre osservati eccessi di
ricovero per malattie cardiovascolari e asma negli
uomini, disturbi del sistema nervoso periferico e
degli organi genitali in entrambi i sessi”. “Il quadro
di aumento della patologia respiratoria e cardiovascolare – continua lo studio – riscontrato nel
comune di Colleferro e nelle aree rurali viciniori
può essere in parte attribuibile all’inquinamento
dell’aria negli anni trascorsi. Gli eccessi di tumore
della pleura possono essere messi in rapporto con
la esposizione ad amianto in ambito occupazionale”.
Le conclusioni dello studio come da relazione del
Dipartimento di Epidemiologia della USL RME
provocano un allarme sociale, anche se derivanti,
allora, da un campione esiguo non rappresentati-
ReTuVaSa
L’interesse verso la salute del proprio territorio
coinvolse un numero sempre maggiore dei cittadini tra Colleferro, Anagni e Ferentino, e ReTuVaSa
(Rete Tutela Valle del Sacco, ODV-Onlus dal 2010)
acquisì un’eco sempre maggiore, prendendo parte
a numerose trasmissioni televisive e ai processi
inerenti l’inquinamento della valle, per farsi interlocutrice di un diverso sviluppo del territorio. Tra
questi ultimi, il processo inerente gli illeciti nella
gestione degli inceneritori di Colleferro. Nel marzo del 2009, infatti, si rilevarono procedure criminose nella gestione dei rifiuti, come smaltimento
illecito, falsificazioni di certificati di conferimento
e modifica dei valori limite delle emissioni in atmosfera. Il 10 gennaio scorso un motivo di grande
soddisfazione per ReTuVaSa è stata l’ordinanza di
rinvio a giudizio emessa dal Tribunale di Velletri
per i 26 indagati nel processo sopracitato. ReTuVaSa è stata ammessa come parte civile in questo
processo, come in quello dell’inquinamento della
Valle del Sacco e in un altro processo che unisce
Malagrotta a Colleferro sempre per la gestione
illecita dei rifiuti.
La nuova questione che in questo momento interessa i sostenitori per la tutela della valle, è il declassamento da Sito di Bonifica di Interesse Nazionale (SIN) della Valle del Sacco in Sito di Interesse
Regionale (SIR), e quanto questo possa giovare o
meno al risanamento dall’area, dopo cento anni di
veleni.
“È accertato – afferma Alberto Valleriani, presidente ReTuVaSa – che l’essere umano in un ciclo
perverso ha preferito “progredire” attraverso
un’industrializzazione selvaggia generando bombe ad orologeria ecologiche che gli si sono ritorte
contro come un boomerang, andando a contaminare il ciclo alimentare e di conseguenza quello
biologico. Ora si tirano le somme e ci si attende
che qualcuno prenda finalmente in esame le nostre istanze che propendono verso una visione dei
territori priva di conseguenze ambientali, nella
direzione di moratorie industriali e di sviluppo sostenibile non solo a parole”.
MAGGIO 2013 - BARRICATE
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LAZIO – LA TERRA RACCONTA
SUCCEDE DOMANI
CARBONE PULITO
di Michele Boato
Silvio La Scienza è un noto docente, splendida e fulminea carriera universitaria, a 36 anni è già cattedratico di Igiene in una prestigiosissima Università di Roma. L’intelligenza è acuta, ma certo le illustri conoscenze del
padre, anche lui celebre e stimatissimo cattedratico, hanno aiutato.
Il suo nome appare sempre più spesso nelle pubblicazioni scientifiche relative alle centrali elettriche di ogni tipo; le industrie fanno a gara per averlo
alle loro conferenze stampa e, ancor più, ai loro prelibati convegni di studio (no, non è una svista: “prelibati” lo sono veramente, perché il momento
clou di questi consessi è il pranzo, con portate senza paragoni).
Nel 2000 un’industria elettrica lo contatta per uno Studio di Impatto ambientale relativo alla trasformazione a carbone di una sua centrale elettrica
nell’alto Lazio. È bastata una telefonata e il docente è volato all’appuntamento: ha trovato altri colleghi di varie specializzazioni, dall’ingegneria
impiantistica alla chimica, dalla geotecnica alla botanica. Tutti pronti a
studiare i possibili impatti del carbone nell’area circostante.
Lo studio è stato veloce: molte parti erano già quasi pronte, è bastato
prendere altri Studi simili (fatti per altre centrali) e riadattarli un po’. Per
altri settori, si è spulciata la letteratura scientifica internazionale, scegliendo le ricerche che più si adattavano alle raccomandazioni di fondo
dell’industria: “serietà sì, ma niente allarmismi” e “bando alle esagerazioni
del principio di precauzione: se i pericoli non sono dimostrati, non siamo
obbligati a tenerne conto”.
Dal Ministero, dopo qualche mese e alcuni “mal di pancia” di singoli
tecnici (debitamente spostati di incarico, per guarirli da questi fastidiosi
malori), è arrivato il Nulla-Osta.
I giornali, di proprietà di palazzinari, amici degli amici del carbone, hanno
titolato entusiasti “Finalmente si parte verso l’energia del futuro”, “La centrale al passo coi tempi, crea occupazione”, “Stop al partito del No”.
Quest’ultimo titolo si riferiva ai “Comitati cittadini per la salute e contro il
carbone”, che per anni avevano ostacolato ogni tappa dell’iter autorizzativo, ricordando la quantità di polveri fini e finissime, di metalli pesanti,
mercurio, arsenico e gas di scarico che la combustione di una quantità così
enorme di carbone provoca.
C’erano state anche varie assemblee popolari in cui, in risposta ai convegni
di lusso degli industriali, diversi medici del lavoro ed altri scienziati erano
venuti, gratuitamente, a spiegare i danni certi, e quelli probabili, provocati
dal carbone alla salute umana e all’ambiente. La stampa e le TV non ne
avevano quasi parlato, anzi intervistavano sempre più spesso politici e
accademici che, per disinteressata simpatia verso gli industriali, tessevano
le lodi delle “magnifiche sorti e progressive del carbone”.
I lavori sono durati meno di 2 anni; a tagliare i nastri tricolori si sono
precipitati una carovana di papaveri politici, religiosi e militari da tutto il
Lazio. La gente osservava perplessa da molto lontano, vedeva lo spettacolo
in TV, sentiva e leggeva sulla stampa un ritornello ossessivo: “È carbone
pulito”.
Dopo dieci anni, i dati del Registro Tumori, che le autorità avevano cercato
invano di secretare, registrano nella zona un aumento sempre più rilevante
di casi, soprattutto alle vie respiratorie e, incredibile, anche tra i bambini
da 0 a 3 anni.
Il prof. Silvio La Scienza, che abita a 2 Km dalla centrale, è disperato: una
leucemia infantile ha colpito Luca, il piccolo che avevano tanto desiderato:
una fatalità davvero imprevedibile.
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MAGGIO 2013 - BARRICATE
LINGUAGGI GRAFICI: MICHELE PETRUCCI
PIER FRANCESCO ORSINI, DETTO VICINO
Michele Petrucci
Nasce nel 1973 nelle Marche, dove
vive. Ha pubblicato i fumetti Keires,
Sali d’argento (Innocent Victim), tradotti anche in Francia e negli Usa,
Numeri (Magic Press), Metauro e Il
brigante Grossi e la sua miserabile
banda (Tunué), A caccia di rane (Topipittori). Ha disegnato Il vangelo del
coyote (Guanda) e la trilogia FactorY
(Fernandel). Ha scritto e disegnato
racconti per il Corriere della sera, Il
manifesto, Coconino Press e Black
Velvet. Ha vinto il premio Nuove
Strade (2002) e il premio Attilio Micheluzzi (2009). Il suo blog si chiama
Niente Trucchi.
In ogni numero di Barricate Michele Petrucci dedica una tavola ad un
personaggio storico della regione
trattata
MAGGIO 2013 - BARRICATE
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TEATRO
Intervista agli occupanti
COME L’ACQUA COME L’ARIA
Come il Teatro Valle è diventato “bene comune”
Massimiliano De Simone
PH courtesy “Valle Occupato”
Il Teatro Valle è uno storico
teatro di Roma. Inaugurato
nel 1727, è da allora in attività. Ha sede in un palazzo del
1550 nel quartiere Sant’Eustachio, lo stesso rione in cui si
trova San Luigi dei francesi,
chiesa che custodisce tre dipinti del Caravaggio, visibili a
tutti e gratuitamente. Al Valle
si sono esibiti i più noti artisti,
teatranti e musicisti degli ultimi tre secoli. L’ETI1, Ente Italiano Teatro, gestiva e curava
la programmazione del teatro
dal 1955. Fino al 2010 il Valle,
teatro pubblico per eccellenza,
ha un suo regolare cartellone
annuale e svolge una sua regolare attività di promozione
culturale sul territorio.
80
MAGGIO 2013 - BARRICATE
Ma la scure del “taglia-enti” statale) si ritrova senza guida,
sta per abbattersi. Il super mi- sotto tutela, impossibilitato a
nistro economico del terzo go- svolgere la sua funzione. Il
verno Berlusconi, il “creativo” 19 maggio 2011 tutte le sue
attività sono inTremonti, piaterrotte in attesa
nifica tagli alla La cultura è come
che la gestione
spesa pubblica
l’acqua, un bene
del teatro sia afe una riduzione
dei costi della essenziale, un diritto fidata a terzi, atpolitica e della universale che appar- traverso un banpubblica ammi- tiene a tutti. Nessuno do di gara con
modalità e temnistrazione. Con può appropriarsene
pistiche da defiil Decreto Legge
per trarne profitti
nire. Si prospetta
n. 78 del 31 maguna situazione di
gio 2010 l’ETI è
soppresso.2 Le sue competenze stallo. Emerge l’ipotesi di una
passano, provvisoriamente, al privatizzazione più o meno diMinistero per i beni e le atti- retta e di una direzione artistività culturali. Il Teatro Valle ca da affidare al solito attore
(come anche gli altri teatri di richiamo (il buon Albertazzi
gestiti direttamente dall’ente in questi casi è un nome sem-
1- L’Ente Teatrale
Italiano (E.T.I.) è
stato un ente statale
sotto l’egida del
MinCulPop, nato nel
1942 con lo scopo
di promuovere e
diffondere le attività
teatrali di prosa,
musica e danza
attraverso una
politica di valorizzazione e scambi del
patrimonio culturale
nei limiti delle direttive imposte dal
Ministero dei Beni
Culturali in materia.
Nel 1969 acquista il
teatro Valle e negli
anni ‘90 cofinanzia
l’ampliamento del
foyer.
2- Con il Decreto
Legge n. 78 del 31
maggio 2010 recante “Misure urgenti in
materia di stabilizzazione finanziaria
e di competitività
economica”, l’ETI
viene soppresso.
Le sue competenze
passano al Ministero per i beni e le
attività culturali.
L’obiettivo dichiarato del decreto è
ribadito nelle sedi
istituzionali: si tratta
di “un intervento
finalizzato al superamento della crisi
dell’euro, provocata
dalla speculazione.
Con tale manovra,
infatti, il Governo si
prefigge l’obiettivo di
ridurre il peso dello
Stato nell’economia
e nella società”.
foyer.
LA CULTURA DIETRO LE RIGHE
corsi di formazioni per tecnici;
laboratori teatrali, incontri e
dibattiti con i cittadini.
In collaborazione con un gruppo di giuristi si sta lavorando
alla stesura dello statuto e alla
configurazione di una “Fondazione Valle bene comune”,
i cui soci aderiscono online e
sempre online chiunque può
lasciare commenti e critiche
sulla bozza. Dopo sei anni sono
ripresi al Valle Occupato, fuori
dalle sedi istituzionali, i lavori
della commissione Rodotà4 sui
beni comuni.
courtesy Harriett Bennett
3- Definizione
di beni comuni:
sono quei beni che
producono utilità
idonee a garantire i
diritti fondamentali
della persona nell’interesse anche delle
generazioni future.
4- La Commissione
Rodotà è istituita nel
2007 al fine di studiare la riforma delle norme del Codice
Civile in materia di
beni pubblici; dopo
11 riunioni plenarie
e 5 riunioni speciali
della Segreteria
Scientifica, si è prodotta una proposta
di articolato che non
è mai stata tramutata in legge.
pre molto spendibile).
Il 14 giugno del 2011, il giorno dopo la vittoria del SÌ al
referendum sull’acqua bene
comune, teatranti e lavoratori dello spettacolo occupano
il Valle con lo slogan ”come
l’acqua, come l’aria, riprendiamoci il Valle”. L’azione produce una grande mobilitazione
del mondo dello spettacolo a
favore dell’iniziativa, una forte partecipazione dei cittadini
e un imprevedibile sostegno
al progetto da parte di giuristi di levatura internazionale.
Il prof. Ugo Mattei, redattore
dei requisiti referendari, non
solo riconosce l’opportunità
dell’occupazione, ma ricorre
al concetto giuridico di bene
comune3 per tutelare il Valle.
Partendo dalla definizione giuridica data dalla commissione
Rodotà, il prof. Ugo Mattei valorizza la funzione politica e
PH courtesy “Valle Occupato”
di mobilitazione del concetto
di bene comune: è il collante
per rivendicazioni sociali su
qualcosa che si ritiene debba
essere fruito da tutti, senza
vincoli economici (il territorio
per esempio); produce citta-
Al Valle Occupato c’è un
progetto: fare cultura in
modo alternativo, fare
autoformazione, favorire voci e notizie che non
trovano i canali giusti
dinanza civile perché esalta il
sentimento collettivo di emancipazione e di partecipazione;
mette in collegamento lotte
diverse e pone un freno alla
drammatica crisi della rappresentanza. La cultura è come
l’acqua, un bene essenziale, un
diritto universale che appartiene a tutti, nessuno può appropriarsene per trarne profitti.
Due anni dopo, l’occupazione
del Valle continua. Il teatro è
soprattutto un luogo vissuto
fisicamente e quotidianamente dagli occupanti, sostenitori,
spettatori, simpatizzanti. Un
cantiere in continuo fermento:
spettacoli teatrali, di nomi illustri e compagnie meno note;
proiezioni di film che non hanno avuto una distribuzione nazionale e di video sperimentali;
Del Valle Occupato ne parliamo
con Stefania, un architetto quarantenne che dagli inizi segue e si
impegna nella gestione di questo
progetto “complesso ed entusiasmante”.
Come ti sei ritrovata in
quest’avventura?
Due anni fa in Italia si percepiva un senso di malcontento e di svuotamento di valori
in cui mi riconoscevo. In una
città europea come Roma
non c’erano risposte a questo
svuotamento soffocante che
vivevamo
quotidianamente.
Sona andata al Valle Occupato per curiosità, lo conoscevo
già come spettatrice e ci sono
rimasta. Ho visto un’energia
costruttiva e propulsiva: non si
trattava di un’occupazione del
tipo “dormiamo e fumiamo”.
C’era un progetto: fare cultura
in modo alternativo al modello
dominante, fare informazione
favorendo le voci e le notizie
che non trovano mai i canali
giusti. Queste attività erano,
e sono tuttora, accompagnate
da dibattiti pubblici che ripropongono l’idea del teatro come
luogo della cittadinanza in cui
si discute non solo di questioni artistiche, ma anche sociali
e di stringente attualità; penso all’incontro con i lavoratori
dell’ ILVA.
Come è organizzata la gestione del Valle Occupato?
Premessa: tutti quelli che sono
impegnati nell’occupazione lo
MAGGIO 2013 - BARRICATE
81
LA CULTURA DIETRO LE RIGHE
fanno a titolo gratuito, ritagliandosi del tempo dai propri
impegni lavorativi o personali.
Questo comporta che nell’organizzazione spicciola degli
eventi possano esserci piccoli
disguidi, ritardi. Le mancanze
sono dovute alla gestione più
ampia e partecipata possibile
di una macchina complessa,
e anche alle nostre parziali
lacune che stiamo cercando
di colmare con l’esperienza.
L’organizzazione è divisa per
gruppi di lavoro: accoglienza, pulizie, sicurezza, tecnici,
programmazione, comunicazione, internet, formazione;
c’è il Valle ragazzi che si occupa di formazione teatrale
per i minorenni. Sono gruppi
aperti a chiunque abbia voglia di morte, la cultura del nulla
di partecipare con passione e mascherato era opprimente.
responsabilità. Ogni professio- Al Valle Occupato l’aria era
nalità e competenza specifica pulita, con tutti i limiti e le inè considerata una ricchezza. congruenze delle cose umane.
Altra componente fondamen- L’altro aspetto interessante è
tale sono i tavoli pubblici con che l’azione del Valle è stata
i cittadini su vari argomenti. Il propulsiva per l’occupazione
presupposto di questa scelta è di altri teatri in Italia: il teatro
che la cittadinanza sia attiva Coppola di Catania, il teatro
nella programmazione dell’at- Garibaldi aperto di Palermo,
tività teatrale, proponendo le Sale Docks di Venezia, Il
Macao di Milano e altre realtà
temi e dando suggerimenti.
Tutti i gruppi s’incontrano in adesso in rete con il Valle Ocun’assemblea plenaria il lune- cupato.
dì. L’altro modo per comuni- Un altro tema centrale della
care è la mailing list, divisa in vostra attività è la formaziosottogruppi collegati a un ma- ne e l’auto formazione.
Formazione che sia economicro gruppo.
camente sosteniL’occupazione
bile e consenta
del Valle ha da
Attività
e
dibattiti
opportunità di
subito richialavoro. In qualpubblici
ripropongomato l’interessiasi settore, arse dei cittadini no l’idea del teatro
tistico o non, sei
romani?
come luogo della
spolpato
dalla
L’occupazione
cittadinanza,
in
cui
formazione;
ti
è partita da lasi
discute
non
solo
di
formi
sempre
a
voratori
dello
tue
spese
e
non
questioni
artistiche,
spettacolo
ma
avuto una gran- ma anche di temi so- lavori mai. Vivi
una finta condide risposta della ciali e di attualità
zione di eterno
cittadinanza, che
giovane. Al Valevidentemente
le
organizziamo
molti corsi
temeva un’appropriazione indi
formazione,
a
costi molto
debita da parte della politica
bassi,
per
tecnici
e
per artisti.
di una ricchezza che riteneva,
Inoltre
diamo
spazio
con mogiustamente, di tutti. I romani
dalità
sempre
nuove
a
giovani
avevano bisogno di bellezza.
artisti.
Per
esempio
il
musiciA Roma si respirava un fetore
82
MAGGIO 2013 - BARRICATE
Laboratorio teatrale al Valle di Fausto Paradivino
sta Enrico Melozzi ha organizzato un concerto di cento giovani violoncellisti, provenienti
da tutto il mondo, diretti dal
maestro Giovanni Sollima. Un
nome di prestigio ha consentito ad un gruppo di giovani
talentuosi ma sconosciuti di
esibirsi davanti ad un grande
pubblico. Hanno lavorato.
Tu mi hai parlato di “malattia Valle”…
(Stefania sorride)…Sì, succede
quando nonostante che ti barcameni tra due lavori precari,
tra gli imprevisti di tutti i giorni, trovi il tempo di passare al
Valle per fare quello per cui ti
sei proposta. Io mi occupo prevalentemente dell’accoglienza. Al Valle si fa, si discute di
progetti, non ci si lamenta. Si
fa con passione. Produrre cultura, condividerla è l’unico
modo per creare cittadini consapevoli e critici. Mi sono riconosciuta in questo: io ho voglia
di costruire. Il Valle è come ci
sentiamo noi oggi: persi, incasinati, instabili; ma sappiamo
dentro di noi di valere molto
e il Valle ci dà l’occasione di
mostrarlo.
LA CULTURA DIETRO LE RIGHE
MUSICA
JANNACCI, IL MILANESE TERÙN
Fabio Greggio
Devo intervistare Jannacci.
Gli telefono e lui mi fa subito:
“Sei della Rai? io non parlo più
con nessuno perché sùnt incasà,
….quello là che mi sembra il
Mussolini e tutti ad applaudire…”.
Gli dico che siamo una radio
olandese in lingua italiana. Allora mi dice si, si può fare: fissiamo
un appuntamento telefonico.
Il giorno stabilito siamo in diretta. Gli telefono e mi risponde la
moglie:
“È dal barbiere… ussignùr”.
La moglie preoccupata mi dà il
numero del barbiere. Telefono al barbiere: “C’è
Jannacci?” Mi passano Enzo: “Maestro è per un’intervista, la cercano”
Preoccupato, gli dico: “Enzo ma non ti ricordi?”
“Sei della Rai?”.
“Ma no Enzo, siamo la radio olandese, ricordi?”
“Casso mi sono dimenticato, la facciamo qui l’intervista?”
“Dal barbiere?”
“Sì, dal barbè”
“Va bene” . Inizia a parlare di Berlusconi. “Io mi
ricordo perché lui lo conoscevo, el picùl. Si saltava
sui camion della margarina per ciularla [ndr. Dal
milanese rubarla]. Il mio papà l’era un terùn, in
una mano la valigia di cartone legata con lo spago,
nell’altra io. Nel ‘57 io, il Gaber e il Cele, che cantava, partecipiamo al primo Festival del rock’n’roll
al Vigorelli di Milano. Il Cele imitava Jerry Lewis,
saltava con le gambe a croce ed io suonavo il piano. Successone, abbiamo vinto il festival!”
E poi parlando di Berlusconi, sua ossessione, e la
delusione per il popolo che lo vota: “Non voglio
più parlare con nessuno, sono arrabbiato dentro.
Ma non si può dài…ma io me li ricordo quelli che
andavano ad applaudire il Benito, era la stessa
cosa.”
La parlata era sbiascicata, come se avesse un mandarino in bocca. Si capiva e non si capiva.
Giorni dopo telefono alla Franca Rame e glielo
dico. “Fa così con tutti, lo fa apposta, parla che
non si capisce niente. Io una volta mi sono incazzata e gli ho detto: senti o parli bene o riappendo.
….Mi ritelefona e chiede di Dario. Parla bene e
si capisce tutto. Chiamo Dario contenta: Dario! È
Enzo, parla! Ma si capisce tutto!”
Enzo Jannacci è stato il padre del cabaret moderno. Ha inventato il surrealismo reale, quello che
con le metafore e il sarcasmo,
condito da frasi fatte, porta a
conoscenza il mondo dei reietti,
dei diseredati, dei barboni, quelli
che vivono di espedienti, alla ricerca di una dignità impossibile.
Al Santa Tecla, locale storico
della Milano degli anni ’50, fa
gruppo prima con Tony Dallara, primo urlatore a rompere il
ghiaccio all’epoca di Nilla Pizzi e
Claudio Villa, poi con Celentano.
Con Giorgio Gaber crea il duo
dal nome “I Corsari”, con Luigi
Tenco e Riky Gianco. Attorno a
lui ruota il fermento irripetibile
di una Milano catapultata ad essere una delle capitali europee delle avanguardie. Nel 1963 incontra
Dario Fo e inizia un percorso irripetibile di canzoni storiche in milanese miste spesso all’italiano:
Ho visto un Re, La Lampadina, Vengo anch’io, Il Foruncolo, Veronica, Aveva un taxi Nero, Il Bonzo…
Canzoni entrate nella storia della città meneghina
e poi del Paese. Jannacci è stato l’epicentro attorno al quale sono nati e cresciuti Cochi e Renato,
Felice Andreasi, Lino Toffolo, Diego Abbatantuono. Tutta la generazione dei Paolo Rossi, Bisio,
Bebo Storti ed altri hanno attinto a piene mani dal
surrealismo del maestro: possiamo anzi dire che
senza di lui molto oggi sarebbe diverso. Enzo è
diplomato al conservatorio con otto anni di pianoforte, è laureato in medicina con specializzazione
in Sud Africa presso Christiaan Barnard, primo ad
avere praticato il trapianto di cuore al mondo. Ha
gestito ambulatori a titolo gratuito per gli extracomunitari e ha sempre avuto un cuore grande per
tutti.
Umile, schietto, popolare, lui è l’anima di una Milano che non c’è più. La Milano dei bar di periferia, dei quartieri che sono paesi nella città, dei
personaggi sopra le righe. Interpretato da tutte le
grandi, Mina, Milva, Ornella Vanoni, capace di
intimismi geniali come in Vincenzina, Ohei sunt
chi!, El me indiriss, Jannacci rappresenta il meglio
di una città che da anni dà solo il peggio. Con
lui scompare una delle anime nobili di una città
che non riesce più a trasmettere ai suoi cittadini
l’orgoglio di essere milanesi. Anche quando si è
barbùn cunt i scàrp del tennis.
Ciao Enzo, ci mancherà la tua geniale umiltà.
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LINGUAGGI GRAFICI: SERGIO PONCHIONE
Sergio Ponchione
Fumettista e illustratore
nato ad Asti nel 1975. Le
sue prime storie appaiono sulla rivista Maltese
Narrazioni, poi raccolte nel
volume Impronte Maltesi da
Scritturapura. Per Bonelli
Editore e Star Comics ha
disegnato la serie Jonathan
Steele. È il creatore dell’Obliquomo, personaggio
protagonista di un volume
edito da Coconino Press e in
Francia da Vertige Graphic.
Con la serie Grotesque,
edita anche negli Usa da
Fantagraphics, ha vinto il
Premio Gran Guinigi a Lucca
nel 2009. Ha collaborato
con vari editori e riviste
come Linus, Internazionale,
La Repubblica XL, Puck! e
Slowfood. Per l’antologia
Cattivi Soggetti (Rizzoli)
ha illustrato un racconto di
Loriano Macchiavelli. Ha
realizzato i disegni dell’albo
Verso la Terra Promessa
per il Premio Exodus di La
Spezia, il racconto Storia di
Aiace, Fumettista Tenace!
per l’antologia Gang Bang de
Il Manifesto/BD, vincitore
del Premio Micheluzzi a
Napoli Comicon 2012, e
ha illustrato l’ultima Guida
Zero di Torino. Insegna
alla Scuola di Fumetto di
Asti. Il suo ultimo lavoro
è Comics for Engineers,
albo promozionale per
conto della fattoria digitale
Moltimedia per il lancio di
Emax2, nuovo interruttore
dell’azienda di automazione
ed energia ABB.
http://mondobliquo.
blogspot.com
http://ponchione-splog.
blogspot.com
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FUMETTO A STRISCE
Intervista a Max Olla
BALLOONS
Il Blog delle Comic Strips
Nazareno Giusti
È un dato di fatto: il fumetto così detto “a striscia”,
in Italia, a parte rari esempi, è sempre stato bistrattato soprattutto dopo il tragico periodo della chiusura
delle riviste. Oggi, con la fine del periodico Comix,
solo Linus è rimasto in edicola a pubblicare comic
strip, come le chiamano negli States, dove, invece,
hanno avuto e hanno
un notevole successo,
occupando posizioni di
primaria importanza
sulle principali testate
giornalistiche. Qui da
noi non se ne parla neanche lontanamente.
A cercare di colmare
questa lacuna ci prova
un blog, visitatissimo,
dal nome caratteristico, inequivocabile:
“Balloons- Il Blog delle
Comic Strip”. “Novità,
storie e storia delle comic strip” e ogni giorno una nuova striscia. Deus ex
machina dello spazio web è Max Olla, tra i massimi
esperti di questo particolare genere di fumetto.
Olla, come è nata la sua passione per le strip?
Ci sono cresciuto, me le ritrovavo nei diari. Ho
letto innumerevoli volte i Peanuts. Le riviste
Linus, il Mago, Eureka e poi, più tardi, Comix
mi hanno accompagnato. Ma il salto quasi da
studioso del genere è arrivato nella fase in cui
avevo deciso di perfezionare l’inglese e ottenere
il “Proficiency”, allora l’esame più difficile nelle
scuole private. Avevo bisogno di una lettura che
mi aiutasse a capire le conversazione in un contesto vivo e divertente. Ho cominciato a cercare
raccolte di strisce in originale e mi si è aperto
un mondo. Compravo di tutto scoprendo autori e
strisce mai arrivate in Italia. E incredibilmente la
stessa parola che in un libro mi sarebbe rimasta
dal significato oscuro dentro le strisce mi entrava
in testa con tutte le sfumature semantiche. Poi è
arrivata l’era del web e della scoperta dei talenti
italiani sommersi, ma questa è un’altra storia.
Ecco, parliamo dell’ “altra storia”...come e
perché è nata l’idea dello spazio web?
Agli albori o quasi
del web in Italia, nel
1998, misi su un sito
per sperimentare un
po’ il linguaggio e la
programmazione delle pagine: www.ragnacci.net. Niente di
individuale, sempre
detestato il narcisismo web. Bel periodo, molto creativo.
Cominciai a scrivere
su quello che più mi
piaceva: le strisce.
Un giorno bussò, via
mail, un autore italiano, si chiama Fulber e da
lui iniziai un percorso nel mondo del fumetto “a
strisce” italiano: autori come Lele Corvi, Deco,
i Persichetti e tanti altri ancora. Non pubblicati e trascurati ma ora visibili grazie a Internet.
Senza quasi accorgermene mi ritrovai ad agire
come talent scout in quel mondo sommerso. Con
il primo gruppo di autori decidemmo di fondare un gruppo, per rilanciare la striscia italiana e
che chiamammo, ovviamente: la Striscia. Ma la
vera idea era quella di una sorta di cooperativa,
un’agenzia collettiva che proponesse le strisce a
giornali e editori. Dopo qualche esperienza positiva, si sciolse per vari motivi. Ma, intanto, si era
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affiancato il blog Balloons che è ancora in piedi
e ha raccolto qualche successo e qualche premio
dalla critica di settore.
Chi sono gli autori dei comics strip ospitati?
L’elenco è lungo, nel tempo molti si sono succeduti: per conoscerli meglio (e non dimenticare
nessuno) rinvio agli archivi del blog, per ogni arrivo abbiamo scritto una recensione o un’introduzione. Motivo di grande orgoglio, comunque, è
stato riunire i padri della striscia contemporanea
italiana, la generazione della rivista Comix, ritrovati uno a uno con pazienza: Totaro, Ciantini,
Cavezzali, Scarton. Dalle nostre pagine è passato
anche Makkox quando ancora non era noto come
oggi e poi Pino Creanza, Bruno Olivieri, Stefano
blogcomicstrip.
blogspot.it
COMIC STRIPS
Max Olla
Frassetto, Stefano Milani. Infine, la più piccola
del gruppo, scovata due anni fa a soli 24 anni:
Andrea Barattin. Alcuni degli autori scoperti se
fossero nati negli USA, magari nel periodo d’oro
delle strip, oggi avrebbero un estratto conto bancario migliore anziché mendicare spazi su giornalini retti da editori penosamente ignoranti e
rozzi. E sono sicuro che se a noi ci avessero dato
carta, credito ed edicole avremmo potuto stracciare qualunque rivista di strisce del passato.
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Comic strips, letteralmente “strisce comiche”, non è traducibile. Le “strisce” sono
un genere particolare di fumetti. Nate nei
grandi quotidiani americani, sono ideate
anche per un pubblico adulto. Hanno più
livelli di lettura. Vanno bene per i piccoli
che apprezzano il disegno semplice e trovano buffi i personaggi. Fanno sognare e
riflettere i grandi con citazioni colte, battute argute e richiami ad un’infanzia mai
completata.
In ogni striscia, dentro un mondo surreale,
chiuso e terribilmente coerente, bambini,
animali, pupazzi, robot e altri personaggi
eclettici hanno un gran da dirsi e da fare.
Vivono in un loro tempo ma sono uno specchio della nostra esistenza. Brevi sequenze,
tre o quattro quadretti di solito, e l’incantesimo inizia. Le tavole domenicali sono più
numerose e costruiscono ministorie. Sono
ormai nell’immaginario di diverse generazioni. La coperta di Linus, il bracchetto
sdraiato sul tetto della cuccia, il tigrotto
di pezza amico di Calvin, hanno salvato il
bimbo che vive dentro di noi. Ci coinvolge
la straordinaria caratterizzazione dei personaggi e la loro verità. L’angoscia e l’ansia di
Charlie Brown, la saggezza candida di Linus, la manipolazione del mondo di Calvin,
il cinismo aziendale dell’impiegato Dilbert.
È tutto, in chiave fantastica, più vero di
qualsiasi telefilm o telenovela.
LINGUAGGI GRAFICI: DECO e CREANZA
www.inkspinster.com
www.pinocreanza.it
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LINGUAGGI GRAFICI: SCARPIGLIATI e CIANTINI
www.vincenzina.net
www.palmiro.it
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