// 5,00€ // BIMESTRALE // N°2 // MARZO-APRILE 2014 SUPERPORCELLUM La legge elettorale di Renzi e Berlusconi CONFESSIONI DI UN SICARIO DELL’ECONOMIA Intervista a John Perkins sulla sua esperienza di “Economic Hit Man” L’EUROPA CHE NON COLSI Lontani anni luce dall’Europa del Welfare e dello stato sociale GENUINO CLANDESTINO Comunità in lotta per l’Autodeterminazione I MIGLIORI DISEGNATORI Poste Italiane Spa - spedizione in abbonamento postale 70% - CN/PU INSERTO RAGAZZI illustrazione di Maja Clija Bersani, Castaldi, Caviglia, Ceccon, Ciantini, Dast, Elibee, Fabbri, Frassetto, Girardi, Hurricane, Milani, Nardi, Nigraz, Paschetta, Perissinotto, Persichetti Bros, Ponchione, Scapigliati, Squaz, Vanva, Zattera inserto di Barricate anno 2° numero 2 MAR/APR 2014 // SOMMARIO N°2 // MARZO-APRILE 2014 BARRICATE E PALAZZI LA CULTURA DIETRO LE RIGHE 03 // Legge elettorale SUPERPORCELLUM 44 // Arte GRAFICA DI PUBBLICA BONTÀ 06 // Elezioni europee UN’ALTRA EUROPA 48 // Cinema IL MAGNIFICO PARADOSSO 08 // Economia CONFESSIONI DI UN SICARIO DELL’ECONOMIA Intervista a John Perkins 52 // Libri LOTTE, VIAGGI E ECONOMIA 12 // Euro UNIONE? CHIAMIAMOLA ANNESSIONE Intervista ad Alberto Bagnai seconda parte VOCI SOLIDALI 16 // Lavoro L’EUROPA CHE NON COLSI 19 // Lavoro LA SCHIAVITÙ È SERVITA FOTO PARLANTI 22 // Nuove povertà IL VOLTO (E LA VOCE) DELLA STRADA LINGUAGGI GRAFICI Copertina // Andrea Bersani 02 // Ivan “Hurricane” Manuppelli 03 // Stefano Zattera 11 // Simone “Nigraz” Pontieri 12 // Davide Ceccon 15 // Davide Caviglia 16 // Marilena Nardi 25 // Sergio Ponchione 28 // Danilo “Dast” Strulato 32 // Daniela Perissinotto 34 // Pasquale “Squaz” Todisco 35 // Fabrizio “Bicio” Fabbri 40 // Marina Girardi 50 // Paolo Castaldi 54 // Strisce IPPO.IT DI STEFANO FRASSETTO 56 // Persichetti Bros, Sauro Ciantini, Pino Creanza, Giuseppe Scapigliati, Stefano Milani LA TERRA RACCONTA BERE MANGIARE RESPIRARE 29 // Produttori e consumatori GENUINO CLANDESTINO 32 // Racconto breve PROCESSO (NON PROPRIO GENUINO) AL CLANDESTINO 36 // Agricoltura COLTIVARE IN ARMONIA CON LA NATURA 38 // Libri IL PANE, LA PENNA, LA LIBERTÀ 57 // Succede domani TERREMOTI E FANFARONI Rubrica RAGAZZI B! RAGAZZI 29 // Inserto ragazzi B! RAGAZZI a cura di Harry Vanva illustrazioni di Maja Celija, Harry Vanva, Marco Paschetta, Elibee // EDITORIALE Maria Chiara Ballerini “Quella che sul piano soggettivo è la felicità, sul piano oggettivo coincide con la realizzazione della propria essenza.” (Frase attribuita a Socrate) BARR!CATE L’INFORMAZIONE IN MOVIMENTO anno 2°// numero 2 MARZO // APRILE 2014 registrazione Tribunale di Pesaro n°7/2012 del 23/08/2012 DIRETTORE RESPONSABILE Giancarlo Ridolfi DIRETTRICE DI REDAZIONE Maria Chiara Ballerini REDATTORI Mara Armaroli, Michele Boato, Franco Cittadini, Agnese Cossa, Alice De Simone, Massimiliano De Simone, Mauro Ferri, Giancarlo Iacchini, Domenico Alessandro Mascialino, Germano Montanari, Max Olla, Mirko Orlando, Ilaria Puliti, Harry Vanva DISEGNATORI Andrea Bersani, Paolo Castaldi, Davide Caviglia, Davide Ceccon, Maja Celija, Sauro Ciantini, Pino Creanza, Elibee, Fabrizio “Bicio” Fabbri, Stefano Frassetto, Marina Girardi, Ivan “Hurricane” Manuppelli, Stefano Milani, Marilena Nardi, Marco Paschetta, Daniela Perissinotto, Sergio Ponchione, Simone “Nigraz” Pontieri, Giuseppe Scapigliati, Danilo “Dast” Strulato, Stefano “Persichetti Bros” Tartarotti, Pasquale “Squaz” Todisco, Harry Vanva, Stefano Zattera Le teorie sulla felicità sono tra le più antiche; si può dire che abbiano accompagnato l’uomo nella sua perenne ricerca. Prescindendo dalle possibili definizioni di “felicità” (forse una per ogni abitante della terra), è innegabile che tutti la inseguano. Alcuni la cercano per sempre nel posto sbagliato, altri non si accorgono di averla accanto, altri ancora la trovano per caso. Il tema della felicità come filo conduttore non era certo stato previsto per questo numero, forse l’ultimo sotto questa forma, di Barricate. Tutt’altro, ovviamente. Eppure, alla fine del lavoro di raccolta, rilettura e impaginazione del materiale, la felicità in senso socratico come realizzazione della propria essenza è apparsa come punto comune a molti dei personaggi che abbiamo incontrato e pubblicato. John Perkins, “sicario dell’economia” al servizio delle multinazionali, convertitosi ad attivista per un mondo equo e solidale; il grafico Massimo Dolcini, che con lav sua opera ha adempiuto una “vocazione”; Ivan Fantini, per anni tormentato chef di fama e oggi libero raccoglitore (e scrittore) molto più sereno; l’infaticabile autore quotidiano di strisce Stefano Frassetto, “un panda nella fauna fumettistica italiana”; e ancora il movimento Genuino Clandestino in lotta per l’autodeterminazione alimentare; Mara Armaroli e il suo orto-giardino condiviso; il fotografo Mirko Orando, per il quale una fotografia “è tutto”… Anche noi di Barricate abbiamo vissuto per 8 felici numeri insieme ai collaboratori, ai lettori, ai sostenitori e a tutti coloro che ci hanno apprezzato, stimato, forse anche amato. Le difficoltà economiche ci avevano già tolto l’edicola, ora ci hanno sottratto il colore. Ma in questo bianco-e-nero che grazie ai nostri disegnatori si è trasformato da limite in risorsa, c’è il seme di un progetto che pur di non snaturarsi rinascerà sotto altre forme. Da questo numero non siamo più in grado di garantire una regolarità bimestrale. Pubblicheremo sicuramente altri numeri, dei monografici, delle raccolte, perché no dei libri: fumetto, grafica, fotografia, narrativa, saggistica, ragazzi. Non possiamo ancora definire modi e tempi, ma una cosa è certa: saranno pubblicazioni “reali”. Da toccare, sentire e odorare. FOTOGRAFI Archivio Acanto, Francesca M. Fiorella, Insidefoto, Mirko Orlando WEB Walter Del Prete - E-Leva PROGETTO GRAFICO Carlotta Campagnoli, Filippo Emiliani IMPAGINAZIONE Carlotta Campagnoli, Susanna Galeotti STAMPA Tipolito SAT - Pesaro EDITORE Strada di Monteballante, 12 61122 - Pesaro [email protected] [email protected] [email protected] www.barricate.net ILLUSTRAZIONE DI COPERTINA Andrea Bersani // MARZO 2014 SEDE LEGALE Illustrazioni di Marilena Nardi Italo Campagnoli BARR!CATE 1 Legge elettorale // BARRICATE E PALAZZI SUPERPORCELLUM Abolizione delle preferenze e soglie di sbarramento: la legge elettorale di Renzi e Berlusconi si configura come un escamotage per facilitare la conquista del potere da parte del sistema partitico Le preferenze Il ritorno alle preferenze, anche limitate, è l’unica vera garanzia per i cittadini di poter scegliere almeno parzialmente i propri rappresentanti ed è stato esplicitamente indicato nella sentenza della Consulta della Corte Costituzionale che ha bocciato il Porcellum. Anche nel “modello spagnolo”, riferimento di base dell’Italicum, sono previsti voti di preferenza per quasi la metà degli eletti. Ma su questo i partiti fanno quadrato e vogliono imporre i propri nominati come nostri rappresentanti. Liste Bloccate Verrebbero aumentate notevolmente le circoscrizioni, all’incirca una per provincia per un totale di 120; di conseguenza diminuirebbero di molto i candidati, che sarebbero solo dai 3 ai 6 per ogni lista, ovviamente nominati. BARR!CATE // MARZO 2014 “Sarebbe ingenuo credere che i regimi liberali (…) si appoggino sul consenso esplicito della maggioranza numerica dei cittadini, perché (…) nelle elezioni la lotta si svolge tra i diversi gruppi organizzati, che possiedono i mezzi capaci di influenzare la massa degli elettori disorganizzati, ai quali non resta che scegliere tra i pochissimi rappresentanti di questi gruppi.” Gaetano Mosca Non sappiamo se Renzi e Berlusconi abbiano mai letto i saggi che il politologo Gaetano Mosca (1858-1941) dedicò alla teoria dell’elitarismo, ma certamente ne hanno capito benissimo il funzionamento, tant’è che la loro riforma elettorale è assolutamente funzionale alle “minoranze organizzate”, a tutto discapito della “massa degli elettori disorganizzati”; inoltre ci ricorda quel periodo precedente al 1919, anno in cui si adottò per la prima volta il sistema proporzionale. La nuova legge elettorale, denominata Italicum, per come si sta prefigurando toglierà definitivamente le preferenze, imporrà un premio di maggioranza senza precedenti (non solo per l’Italia), renderà impossibile eleggere rappresentanti per le minoranze e aprirà la strada all’eliminazione della seconda camera, il Senato. Senza entrare nei tecnicismi, cerchiamo di analizzare gli effetti delle scelte operate. SUPERBUROCRATI - Illustrazione di Stefano Zattera Franco Cittadini 3 BARRICATE E PALAZZI // Legge elettorale Ph Insidefoto Ph Insidefoto // MARZO 2014 Premio di maggioranza Non esistono sistemi elettorali che arrivano a regalare un altro 15% di “voti” a chi raggiunge il 37% dei consensi o vince l’eventuale ballottaggio tra i due partiti che ottengono più voti. Ipoteticamente potrebbe vincere anche un partito arrivato al ballottaggio con un 25% di partenza e avere così un peso finale più che doppio. incredibili nella ripartizione dei seggi assegnati a quoziente intero e con le parti decimali, tant’è che facendo una simulazione sempre sugli ultimi risultati elettorali, magicamente il M5S perderebbe 12 parlamentari a favore di Scelta Civica, pur avendo nei collegi interessati percentuali intorno e oltre il 30% contro il 4% o al massimo l’8% ottenuto da SC. È facile prevedere quante piccole formazioni entreranno nelle coalizioni e quanti Soglie di sbarramento politici navigati confluiranno opportunisticamente nei Un partito o movimento che intendesse correre da solo grandi partiti, infarcendoli così di figure poco affidabili dovrebbe superare l’8% dei consensi, una coalizione e pronte a cambiare casacca, con tanti saluti alla “goalmeno il 12%. È evidente che le minoranze si pieghe- vernabilità”. Per accontentare la Lega, sempre pronta ranno ai grandi partiti oppure resteranno fuori, e anche ad allearsi con il centrodestra, c’è un codicillo, bocciato all’interno delle coalizioni dovrebbero comunque otte- alla Camera ma che rispunterà regolarmente al Senanere il 4,5%. to, che premia le liste con quorum alti almeno in alcune regioni. Abolizione del Senato L’Italicum appare dunque come un insieme di trovate In tutti i sistemi, la seconda camera ha la funzione di per assicurare una vittoria elettorale facile al fronte ripensare le norme prodotte dalla prima, spesso a una partitico che si è visto sempre più erodere consensi e velocità dettata da esigenze politiche, con un’appro- che potrà salvarsi solo grazie all’aumento dell’astenfondita riflessione che porti a soluzioni lungimiranti. La sionismo, un fenomeno in crescita costante e che auscelta di abolire il Senato e sostituirlo con una camera menterà ancora per la mancanza di valide alternative dei rappresentanti delle Regioni con funzioni solo con- bloccate sul nascere proprio da questa legge. sultive rappresenta uno stravolgimento del nostro or- Il giovane Renzi, imposto dai media come il “rottamadinamento e sarà necessario cambiare l’articolo 5 della tore”, ha riesumato Berlusconi per cercare un accordo Costituzione. Scelta impegnativa e poco soppesata. condiviso su un tema così delicato, invece di investire prima tutte le forze politiche preQuesta riforma, nata in nome della senti in Parlamento. Sicuramente “governabilità”, pare piuttosto gui- L’élite ha come primo una strategia vincente, ma anche data dalla necessità di facilitare la obiettivo tenere lontano una condivisione del ruolo politico conquista del potere e la sua am- i cittadini dalla cosa di rappresentanti (intercambiabili) ministrazione. Infatti, se si dovesse pubblica e l’Italicum sarà della “minoranza organizzata” che votare oggi, con la legge ancora non governa la “maggioranza disorgaentrata in vigore, voteremo con un ottimo strumento nizzata”, cioè quell’1% che ha in il Mattarellum, sistema elettoramano il potere economico finanziale precedente al Porcellum cassato dalla Consulta; se rio e che attraverso il controllo dell’informazione può fossero riconfermate le percentuali delle ultime ele- condizionare la maggioranza numerica. L’intera classe zioni, PD e FI perderebbero circa 150 parlamentari! Al politica partitica è desiderosa di ricoprire questo ruocontrario, con l’Italicum in vigore, avremmo degli esiti lo ed è disposta a farlo in qualsiasi forma, attraverso il 4 BARR!CATE Legge elettorale // BARRICATE E PALAZZI centrosinistra, il centrodestra, le larghe intese o il governo tecnico, quel che conta è mantenere con ogni mezzo il proprio status quo. Non abbiamo mai visto in questi anni ridurre minimamente i costi della politica, ma contemporaneamente è aumentato a dismisura il potere delle banche private sulle politiche governative. L’élite ha come primo obiettivo tenere lontano i cittadini dalla cosa pubblica e l’Italicum sarà un ottimo strumento. Voci indipendenti e di opposizione non potranno manifestarsi elettoralmente, quelle che si erano raccolte attorno al Movimento 5 Stelle cominciano a temere fortemente le scelte, anco- ra una volta elitarie, dei loro due incontestabili leader, chiedendosi quali garanzie può dare un movimento che non premette dissenso e nemmeno discussione, confronto, crescita. “Mandando a casa” i politici dei partiti dovremmo poi essere governati insindacabilmente dall’urlatore Grillo e dal freddo manager Casaleggio, con il rischio, o quanto meno il dubbio, di saltare dalla brace per tornare in padella. Nulla da fare quindi? La soluzione è sempre la stessa e sta nella partecipazione diretta dei cittadini, che si ha solo se esistono informazione, cultura e spazi per tutti. Compito che non possiamo più delegare a nessuno. // MARZO 2014 Ph Insidefoto BARR!CATE 5 BARRICATE E PALAZZI // Elezioni europee UN’ALTRA EUROPA “L’Altra Europa con Tsipras” rappresenta il primo tentativo di superare l’idea di una lista della sinistra e aprirsi alla società civile // MARZO 2014 Giancarlo Iacchini “Tsipras… Tsipras… È l’acronimo di cosa?” No, no: non è Ph Insidefoto un acronimo né una sigla misteriosa (come pensava il perplesso militante quando si è cominciato a parlare di una possibile Lista Tsipras per le Europee del 25 maggio), ma in effetti – se il progetto dovesse riuscire – una parolina magica capace di rivitalizzare miracolosamente un’area politica, quella della sinistra italiana, perennemente divisa, stagnante sotto qualsiasi sbarramento elettorale, frustrata dai fallimenti dell’Arcobaleno e di Rivoluzione Civile, eppure mai con tanto spazio potenziale come oggi, dopo la fulminea ascesa di Renzi che si è preso in un colpo solo sia il PD che il governo. Non è tuttavia il riassetto della politica nostrana l’obiet- tata ad appoggiare il socialdemocratico tedesco Martin tivo della Lista Tsipras, promossa da 6 autorevoli intel- Schulz, candidato del PSE - e del PD - ma che al congreslettuali (Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Luciano so di Riccione ha virato a maggioranza verso Tsipras) in Gallino, Marco Revelli, Barbara Spinelli e Guido Viale) e direzione di “una lista promossa da movimenti e persoribattezzata attraverso un referendum on-line L’Altra nalità della società civile, autonoma dagli apparati partiEuropa: come scandisce l’appello dei sei, sottoscritto tici, che sia una risposta radicale alla debolezza italiana. da oltre 23.000 persone prima sul sito di Micromega e Una lista composta in coerenza con il programma, che poi su quello ufficiale (www.listatsipras.eu), lo scopo del candidi persone, anche con appartenenze partitiche, progetto è “riprendersi” un’Europa che “è a un bivio” e che non abbiano avuto incarichi elettivi e responsabilità “in questi anni di crisi ha frantumato il progetto d’unità di rilievo nell’ultimo decennio. Una lista che potrà essenato a Ventotene, ha spento le speranze dei popoli, ha re sostenuta, come nel referendum sull’acqua, dal più risvegliato i nazionalismi che la Comunità doveva abbat- grande insieme di realtà organizzate”. E difatti numerotere”. Il nemico è l’austerità con le sue ricette perverse, si movimenti, associazioni, comitati e (appunto) partiti strumenti di un ”risanamento” finansono confluiti uno dopo l’altro nel ziario che sta strangolando i popoli, progetto, avendo tutti come riferiUna lista promossa da l’economia reale, i redditi e i conmento comune la figura di Tsipras sumi, come nell’emblematico caso movimenti e personalità e una linea politica molto chiara: no della Grecia, spauracchio per tutti i della società civile, all’Europa così com’è (delle banche paesi del Sud compreso il nostro (de autonoma dagli apparati e dell’austerità) ma no anche al rite fabula narratur…). Per questo il piegamento autarchico di chi vuole partitici congresso della Sinistra Europea, “uscire dall’Europa” e dall’euro: “Noi svoltosi a Madrid lo scorso 13-15 siamo convinti – continua l’appello dicembre, alla quasi unanimità (84% di sì) aveva chiesto dei promotori – che ambedue le risposte siano conserufficialmente ad Alexis Tsipras, leader di un’eroica sini- vatrici, e proponiamo un’alternativa rivoluzionaria. È stra greca (Syriza) che i sondaggi danno ormai al 30%, nostra convinzione che l’Europa debba restare l’orizdi candidarsi a presidente della Commissione europea, zonte, perché gli stati da soli non sono in grado di eserciproposta che il dinamico uomo politico ateniese ha ac- tare sovranità, a meno di chiudere le frontiere, far finta cettato con entusiasmo. che l’economia-mondo non esista, impoverirsi sempre In Italia, l’iniziativa di Barbara Spinelli e delle altre per- più. Solo attraverso l’Europa gli europei possono ridisonalità, approvata naturalmente dallo stesso Tsipras, ventare padroni di sé”. ha provveduto a creare come motore dell’operazione Un’altra Europa, democratizzata e profondamente diun prestigioso comitato di garanti, deciso a superare di versa: Tsipras ha detto che l’Europa, se vuol sopravvislancio l’impasse dei partiti (Rifondazione, che fa parte vere, deve cambiare radicalmente. Deve darsi i mezzi della Sinistra Europea, e una SEL che sembrava orien- finanziari per un piano Marshall dell’Unione che crei 6 BARR!CATE posti di lavoro con comuni piani d’investimento e colmi nomi “forti” della società civile più impegnata e attiil divario tra l’Europa che ce la fa e l’Europa che non ce va: economisti, scrittori e giornalisti d’inchiesta, opela fa, offrendo sostegno a quest’ultima. Deve divenire rai, attivisti di tante battaglie per i diritti civili e sociali, unione politica, dunque darsi una l’ambiente, la pace, i beni comuni. nuova Costituzione, scritta non più L’Europa, se vuol Oltre alla stessa Barbara Spinelli, si dai governi ma dal parlamento. Deve possono citare tra gli altri Francucsopravvivere, deve respingere il fiscal compact e agire cio Gesualdi, Domenico Finiguerper “il superamento della disugua- cambiare radicalmente ra, Daniela Padoan, Ermanno Rea, glianza, lo stato di diritto, la comune Curzio Maltese, Lorella Zanardo, difesa di un patrimonio culturale e artistico che l’Italia Luca Casarini, Raffaella Bolini, Sandro Medici, Valeria ha malridotto per troppo tempo”, per una politica am- Parrella, Antonio Maria Perna, Eleonora Forenza. “Albientale che diventi “fonte di nuova occupazione, di red- cuni di noi hanno sperimentato cosa succede quando diti adeguati, di maggiore benessere e di riappropriazio- l’oggetto del contendere si riduce esclusivamente alla ne dei beni comuni” e che “contesti duramente il mito scelta di un candidato piuttosto che un altro – spiega della crescita economica così come l’abbiamo fin qui co- Viale – come per esempio nelle oltre 100 assemblee nosciuta”; ben sapendo che “per una riconversione così iniziali di Cambiare si può, che sono poi sfociate non a vasta avremo bisogno di più, non di meno Europa”. caso nello stravolgimento completo del progetto con la Questo per l’Italia significa cancellare i “patti-capestro” lista di Rivoluzione civile, interamente gestita dai vertici come il pareggio di bilancio (inserito addirittura nella di partiti. Una logica meramente competitiva che non ha Costituzione!), mettendo nella Lista un programma “al- nulla a che fare con le finalità del nostro progetto, che è ternativo” e “di rottura” ispirato ai 10 punti fissati dallo quello di raccogliere il più vasto consenso possibile”. E stesso Tsipras, che prevedono in sintesi “la fine imme- ancora: “Le esperienze fallimentari di Arcobaleno e di diata dell’austerità”, il varo di un Rivoluzione Civile hanno dimostrato New Deal per la “ricostruzione ecoche una sommatoria di sigle non funCon il Movimento 5 Stelle ziona, perché i voti non si sommano nomica”, una “vera banca europea”, lo spostamento del peso della tas- la concorrenza è aperta mai. Mentre una lista come quella sazione sul capitale finanziario, una da noi proposta, che si presenta con reale partecipazione dei cittadini alla formazione delle connotati completamente nuovi, democratica e inclusileggi comunitarie. “Per ricostruire l’Europa - avverte il va e senza connotazioni partitiche di sorta, può sperare leader greco - è necessario cambiarla. E dobbiamo cam- di raccogliere consensi tra una molteplicità di elettorati biarla adesso, perché sopravviva. Mentre le politiche diversi, per i quali può rappresentare una risposta a molneoliberiste trascinano indietro la ruota della storia, è il te delle loro aspettative. In particolare nell’universo di momento che la sinistra spinga avanti l’Europa.” quanti non votano più perché delusi o disgustati dalla Nel nostro Paese il progetto ha ricreato quella mobilita- politica ufficiale”. Con ovvi riferimenti ai delusi del PD e zione che già si ebbe con Cambiare si può, ma in misura a quelli di un Movimento 5 Stelle con il quale – inutile più ampia perché la Lista Tsipras appare ora come l’unico sottolinearlo – la concorrenza è aperta. “Si tratta per riferimento unitario a sinistra e anche (oltre la sinistra) tutti – conclude Viale – di fare quello che esplicitamente tra chi pensa che la soluzione alla crisi non sia la fuga po- ci ha chiesto Tsipras: un passo indietro per poterne fare pulista e nazionalista dall’Europa. “Siamo fermamente tre avanti, portando tutti insieme a buon fine questa iniconvinti – dice Guido Viale a nome dei promotori – che ziativa”. il progetto debba coinvolgere le più diverse ed eterogenee posizioni politiche e culturali che si riconoscono nell’impostazione di fondo dell’appello. Il suo successo è interamente affidato all’iniziativa delle associazioni, dei comitati, delle organizzazioni e dei partiti (ma anche ovviamente dei cittadini senza appartenenze organizzate) che ne condividono gli obiettivi; i quali, senza una loro attiva partecipazione, resteranno irraggiungibili”. Primo banco di prova: la raccolta delle 150.000 firme necessarie alla presentazione della Lista, vero inizio della campagna elettorale. “Invitiamo tutti – prosegue Viale – a deporre ogni spirito di parte per unirci in questa impresa comune”. Lo scoglio della selezione dei candidati, che aveva avvelenato altre esperienze unitarie, è stato risolto affidando ai garanti la scelta finale tra le 200 persone proposte dalle assemblee e dai territori. Ne sono usciti stavolta // MARZO 2014 Elezioni europee // BARRICATE E PALAZZI BARR!CATE 7 BARRICATE E PALAZZI // Economia Intervista a John Perkins CONFESSIONI DI UN SICARIO DELL’ECONOMIA John Perkins ci racconta la sua esperienza come “Economic Hit Man” al servizio delle multinazionali nello sfruttamento delle risorse dei Paesi in via di sviluppo. E di come il debito sia usato come arma di ricatto dai Paesi ricchi per ottenere vantaggi di natura economica e politica Domenico Alessandro Mascialino // MARZO 2014 John Perkins è un uomo che ha vissuto due vite: la prima, dal 1971 al 1981, trascorsa ai quattro angoli del mondo al servizio di multinazionali nella ricerca di risorse da sfruttare per incrementate i loro profitti; la seconda come attivista in prima linea per la creazione di un mondo migliore, più equo, più sostenibile. In una parola, più umano. La “conversione” di John alla causa dei diritti umani e dell’ecologia ha prodotto il best-seller “Confessioni di un sicario dell’economia”, pubblicato nel 2004 e tuttora considerato il suo capolavoro. La materia è stata ripresa anche nel successivo “La storia segreta dell’Impero americano” (2007). Leggendo le sue pagine viene da rabbrividire pensando alle strategie messe in atto dal governo america- 8 Mossadegh 1953 no e dalle multinazionali per presentarsi come portatori di democrazia e sviluppo economico, quando sono sempre e solo le logiche del profitto a dettare le decisioni. E fa gelare il sangue vedere come la legittima resistenza delle popolazioni indigene all’inquinamento e allo sfruttamento dei loro territori venga annientata con metodi subdoli, tra cui una pervasiva disinformazione da parte dei grandi media, per sfociare, nei casi più ostinati, nell’assassinio e nella guerra aperta. La politica dell’ ”indebitare per governare”, la “corporatocrazia”, la “guerra in nome della democrazia” sono concetti che Perkins ha visto concretamente applicare nella sua carriera in ogni parte del mondo, prima che diventassero tristemente familiari, per esperienza diretta, anche a noi europei. Arbenz 1954 John, ci spiega qual era il suo compito come Economic Hit Man? Ho fatto molte cose, ma la più comune era identificare Paesi con risorse che le multinazionali volevano, come il petrolio, e poi organizzare per quei Paesi un corposo prestito attraverso la Banca Mondiale o una delle sue organizzazioni gemelle. I soldi però non andavano mai alla popolazione perché finivano nelle mani delle nostre aziende, che realizzavano infrastrutture, centrali elettriche, zone industriali, autostrade. Cose di cui beneficiavano solo le nostre compagnie e un pugno di famiglie agiate di quei Paesi, che controllavano il commercio e l’industria locale, ma di cui non beneficiava la maggioranza degli abitanti. Questi non potevano permettersi di acquistare l’elettricità, non potevano lavorare nelle zone industriali perché non c’erano assunzioni, non avevano macchine da guida- Lumumba 1961 BARR!CATE re sulle autostrade. Oltre a non trarre alcun vantaggio, vedevano il loro Paese soffrire a causa di un enorme debito da ripagare, che sottraeva risorse all’educazione, alla sanità o ad altri servizi sociali. Alla fine il Paese colpito non era comunque in grado di sdebitarsi, per cui a quel punto noi tornavamo dicendo: “Visto che non siete in grado di pagare il debito, vendeteci a basso costo le vostre risorse, petrolio o altro, senza restrizioni ambientali o regolazioni sociali. Oppure permetteteci di costruire basi militari sul vostro suolo, o ancora vendete il vostro settore pubblico alle nostre multinazionali: le compagnie elettriche, gli acquedotti, la rete fognaria, le scuole…”, in modo da privatizzare tutto. Così siamo riusciti a creare un impero globale, ma non si tratta di un impero americano, bensì di un impero di multinazionali. E nei pochi casi in cui fallivamo, entravano in scena gli “sciacalli”, i quali spodestavano o uccidevano Allende 1973 Economia // BARRICATE E PALAZZI quei presidenti e capi di Stato che si rifiutavano di stare al gioco. Lei afferma infatti che, laddove i “sicari dell’economia” non riuscivano a convincere un capo di Stato a seguire la linea voluta dalle grandi aziende o da Washington, intervenivano gli “sciacalli” e poi la guerra aperta. Ci può fare qualche esempio, in base alle sue esperienze? Due casi di cui parlo nel libro sono quelli di Jaime Roldos in Ecuador e di Omar Torrijos in Panama: non riuscimmo a corromperli o a convincerli e poco dopo furono entrambi assassinati. Ma la stessa fine fecero Allende in Cile, Lumumba in Congo, Mossadegh in Iran, Arbenz in Guatemala, e la lista potrebbe continuare a lungo. Di recente il presidente dell’Honduras Zelaya è stato spodestato da un golpe organizzato dalla Cia nel 2009. Per cui questo modello continua a ripetersi. Nel caso in cui anche gli “sciacalli” falliscano, a quel punto intervengono i militari. Gli sciacalli non riuscirono a uccidere Saddam Hussein, i sicari dell’economia non riuscirono a corromperlo, così fu inviato l’esercito. E la stessa cosa sta accadendo ora in Siria e in Afghanistan: quando altri mezzi falliscono, si inviano i militari. Nel suo libro lei parla di un mondo dominato dalla “corporatocrazia”. Quali sono le caratteristiche di questo regime? “Corporatocrazia” è una parola che ho utilizzato riferendomi ai vertici del mondo degli affari, del Torrijos 1981 sistema bancario e del governo. In questo periodo portano avanti lo stesso copione. Si tratta sopratutto dei capi delle grandi multinazionali, ma questi spesso hanno anche ruoli importanti nel governo. Spesso presidenti e ministri dipendono dalle multinazionali per finanziare le loro campagne elettorali, e questo li rende vulnerabili alle loro richieste: ad esempio il presidente ha di recente assunto il capo di una compagnia petrolifera per dirigere l’agenzia federale che controlla le compagnie petrolifere. È un classico esempio di porte girevoli: gente che passa da posizioni di rilievo nelle grandi aziende a posizioni di rilievo nel governo, per poi tornare nelle aziende. E lo vediamo anche nelle banche, a Wall Street, nell’esercito. È a questo intreccio che ho dato il nome “corporatocrazia”. È interessante come questo sistema veda un coinvolgimento a tutto tondo da parte di governi, multinazionali, banche e media. Come possono i cittadini difendersi e avviare un processo di cambiamento in meglio? Penso che il processo stia già avvenendo: in tutto il mondo la gente si sta rivoltando contro questo sistema. Lo stiamo vedendo in Italia, in Turchia, in America con il movimento Occupy, ovunque. Le persone stanno iniziando a capire che le multinazionali fanno gli interessi solo dell’infimo 1%, anzi potremmo dire del 0,0001% della popolazione. Cioè degli 85 individui che posseggono metà Roldos 1981 BARR!CATE // MARZO 2014 Intervista a John Perkins 9 BARRICATE E PALAZZI // Economia // MARZO 2014 della ricchezza mondiale. Sono solo loro a trarre vantaggio da questo sistema e la gente ne ha abbastanza. Quello che possiamo e che dovremmo fare è comunicare tutto ciò e accendere la rivolta: le proteste nelle strade sono importanti, ed è anche importante riconoscere che il mercato può essere democratico se noi scegliamo di renderlo tale. Ogni volta che si acquista qualcosa si esprime un voto: se ad esempio vogliamo che la Nike la smetta con le sue politiche di sfruttamento schiavistico in luoghi come l’Indonesia, occorre rifiutarsi di acquistarne i prodotti e allo stesso tempo inviare una mail, dicendo: “Mi piacciono i vostri prodotti, li comprerei volentieri ma lo farò solo quando avrete dato ai vostri lavoratori un salario adeguato”. Questo è molto importante, il messaggio arriva in modo diretto. Ho visto tante aziende e banche fallire perché non si sono comportate in modo corretto. La gente ha un tremendo potere sul mercato, deve solo imparare a esercitarlo e lanciare il giusto messaggio. Uno dei suoi libri più recenti è “La storia segreta dell’Impero americano”. Gli Stati Uniti possiedono tutte le caratteristiche di un impero? Nel libro ho fatto una lista di tutti gli elementi tipici di un impero, e sfortunatamente gli Stati Uniti li possiedono tutti. Il dollaro è la moneta ufficiale di riferimento a livello mondiale, utilizzata per acquistare beni di ogni genere - specialmente petrolio - sui mercati internazionali. Questo è uno degli elementi più importanti. Poi 10 Saddam 2006 Intervista a John Perkins gli Stati Uniti sono presenti militarmente in più di 137 Paesi, un numero impressionante. L’inglese è la lingua più diffusa al mondo, specie nell’ambito degli affari. Tuttavia si tratta sempre di un impero di multinazionali, perché sono queste a controllare gli Stati Uniti. Il presidente Obama non ha poi molto potere. I posti chiave del governo sono controllati dagli uomini che lo hanno fatto eleggere e finanziato la sua campagna elettorale. Il presidente sa che può perdere il posto in ogni momento in seguito a uno scandalo sessuale o a uno scandalo per droga. Non è neanche necessario che l’accusa sia fondata, basta una voce. Non serve ucciderlo, è sufficiente distruggere la sua reputazione. È successo con Clinton, che fu costretto alle dimissioni da uno scandalo sessuale. È ormai evidente quindi che ci ritroviamo governati da una corporatocrazia. Lei ha scritto che una possibile soluzione per abbattere l’imperialismo americano sarebbe rifiutare il dollaro come valuta standard sul mercato internazionale, per sostituirgli una valuta di riferimento più democratica. È ancora di questo avviso? Sì, penso che il dollaro abbia un ruolo fondamentale in questo sistema. Mi piace l’idea che si possano creare e utilizzare monete locali, complementari eccetera. Per prendere il posto del dollaro in ogni caso occorre una grande moneta. Quando un Paese prova a distaccarsi dal dollaro, la situazione si fa molto pericolosa per i suoi leader. Gheddafi cercò di fare una Zelaya 2009 BARR!CATE cosa del genere, vendendo petrolio in cambio di oro. Così anche Saddam Hussein. L’Iran ha di recente parlato di creare una “Borsa del petrolio”, dove scambiarlo con oro o altre valute. Quando accadono cose come queste, gli Stati Uniti diventano molto nervosi. Questi sono stati fattori determinanti della caduta di Gheddafi e di Saddam, e delle minacce verso l’Iran. Quando qualcuno cerca di rimpiazzare il dollaro con altre valute e mezzi di scambio, in genere va incontro a un mare di guai. Tuttavia l’idea di creare monete e sistemi alternativi è viva, e la si sta realizzando in questi giorni in molti luoghi. Ci stiamo muovendo in questa direzione ed è necessario continuare così. John Perkins è stato per anni chief economist al servizio di multinazionali in Paesi come Panama, Ecuador, Iran, Arabia Saudita. Ha assistito in prima persona alle rimozioni di leader che non si volevano piegare ai ricatti degli Usa e delle multinazionali, eseguite tramite “sicari dell’economia” come lui. Oggi è impegnato in progetti finalizzati alla creazione di un mondo migliore, come il centro Dreamchange e la Pachamama Alliance. Autore di numerosi libri, il suo best-seller è “Confessioni di un sicario dell’economia” (2004), che ha venduto oltre 1,2 milioni di copie ed è stato tradotto in più di 30 lingue. Perkins ha vinto nel 2012 il premio Lennon-Ono per la Pace. // MARZO 2014 Nigraz // LINGUAGGI GRAFICI BARR!CATE 11 BARRICATE E PALAZZI // Euro Intervista a Alberto Bagnai – seconda parte UNIONE? CHIAMIAMOLA ANNESSIONE Seconda parte dell’intervista ad Alberto Bagnai, economista e docente universitario, su Euro e Unione Europea. L’autore del libro “Il tramonto dell’Euro” ci spiega come la moneta unica abbia favorito principalmente la Germania, facendo a pezzi le economie del sud Europa. E indica i responsabili politici della situazione drammatica in cui versano milioni di italiani // MARZO 2014 illustrazione di Davide Ceccon Domenico Alessandro Mascialino 12 Nella prima parte dell’intervista ad Alberto Bagnai, pubblicata sullo scorso numero di Barricate, l’economista ci parlava dei vantaggi che dalla moneta unica trae la sola Germania, a spese dei Paesi economicamente meno competitivi. Bagnai affermava anche che la perdita della nostra sovranità monetaria va fatta risalire al divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro del 1981, e indicava nella impossibilità di svalutare uno dei principali problemi legati all’Euro. L’economista italiano è in buona compagnia: nel corso degli ultimi anni, ben sei premi Nobel per l’economia si sono pronunciati in modo fortemente critico verso l’Euro. E per la precisione: Paul Krugman, Joseph Stiglitz, Amartya Sen, Christopher Pissarides, James Mirrlees, Milton Friedman, i quali si aggiungono a economisti italiani come Nino Galloni, intervistato da Barricate nel numero 4, e a Paolo Barnard con la scuola economica Memmt, sempre da noi intervistato BARR!CATE nel numero 3. Dopo aver messo in luce i dubbi del mondo accademico internazionale sulla sensatezza dei parametri di Maastricht, in questa seconda parte il docente universitario si focalizza sulle responsabilità politiche e sulle possibili soluzioni ai problemi economici dell’Italia. La lucidità della sua analisi è confortata da una prova recente: a dicembre, durante un convegno, il viceministro dell’Economia, Stefano Fassina, ha affermato che l’uscita dall’Euro sarebbe una “sconfitta storica per il Pd” . Motivo in più per censurare il dibattito sul tema. Qualcuno trae vantaggio dal mantenere alta la disoccupazione, tenere bassi i salari e mettere in ginocchio i Paesi più deboli. Chi è il “regista” di questa Unione Europea? L’Euro facilita meccanismi tipici del capitalismo globalizzato, che si basa sul contenimento dei salari. Ma se il potere di acquisto delle famiglie diminuisce, si crea il problema di come far acquistare i beni che vengono prodotti. Quando - agli inizi degli anni ’80 i salari reali negli Usa e in Europa rallentano la loro crescita, assistiamo a un aumento del debito, prima pubblico e poi privato. Se la gente non ha soldi, per comprare deve indebitarsi. A chi conviene questo gioco? Inizialmente ai capitalisti di qualsiasi forma e dimensione, specie a quelli che operano nei mercati finanziari, che guadagnano dall’erogazione del credito. Alla fine ci perdono tutti, perché quando il gioco diventa insostenibile saltano anche le banche, con la differenza che se salta una famiglia nessuno si preoccupa, se salta una banca lo Stato mette le mani nelle tasche dei contribuenti e le ripiana i conti. Questo è successo ovunque nel mondo, ma più nell’Eurozona perché l’Euro favorisce l’integrazione finanziaria e permette allo spagnolo di indebitarsi più facilmente col tedesco di quando c’erano monete diverse, eliminando il rischio del cambio per il tedesco. Il capitale nasce internazionale mentre il lavoro nasce locale. Se il lavoratore non accetta diminuzioni di stipendio, l’imprenditore delocalizza: a questo serve la libertà di movimento dei capitali. Da quando è cominciata (anni ‘80 in Inghilterra), il debito ha cominciato a salire. Questa Europa è un regime estremamente totalitario, che ha imposto una moneta che è un assurdo economico e che finirà, e regole altrettanto assurde. Il modello italiano ha funzionato benissimo finché non è stato schiacciato da queste regole, e potrebbe continuare a funzionare se avesse maggiore autonomia decisionale in tanti settori. Da questi regolamenti qualcuno ci guadagna, evidentemente. Euro // BARRICATE E PALAZZI Uscire dall’Euro per l’Italia sarebbe un bene, da quanto ci dice. Se questo accadesse, quali misure economiche bisognerebbe prendere per evitare problemi di altro tipo? Per la diagnosi, tutti gli economisti sono d’accordo, a parte una sparuta minoranza che deve venire a compromessi con la propria coscienza per motivi politici e mentire su ciò che la letteratura internazionale dice da 60 anni, cioè che l’Europa è fatta di Paesi troppo diversi per potersi permettere una moneta unica. Per la terapia, l’uscita dall’Euro non sarebbe così catastrofica come i media ce la propongono. Sicuramente nel medio termine sarebbe un bene, ma nel breve termine non sarebbe una passeggiata, perché l’uscita dell’Italia causerebbe la fine dell’Eurozona aprendo a esiti imprevedibili, ma comunque gestibili. Questo scenario non è politicamente proponibile; più proponibile è che si arrivi a una segmentazione dell’Eurozona che parta da un’iniziativa dei Paesi più competitivi. I Paesi del sud sono come limoni cui è stato spremuto tutto il succo, quindi la Germania ora ha davanti a sé due strade: o tenta una vera e propria annessione, camuffando da Stati Uniti d’Europa un giochetto come quello che ha fatto con la Germania Est; oppure cerca di sganciarsi, perché se non dà un reale respiro ai mercati del sud, che sono stati fino a un anno fa i suoi mercati più importanti, la sua economia rischia di andare in sofferenza. Affinché si arrivi a una soluzione pacifica e condivisa occorre una consapevolezza dei problemi: questa in Italia non c’è perché i partiti evitano accuratamente il dibattito su questi temi. Lo ha fatto soprattutto il Pd, ma anche il Pdl. Potendo decidere, dovremmo tornare alla Lira o lei propone un Euro di serie A per i Paesi più forti e uno di serie B per quelli più deboli? BARR!CATE Io penso ciò che pensano i migliori economisti mondiali, e cioè che l’Italia trarrebbe vantaggio dall’avere una propria valuta; in questo momento non ce l’ha e bisogna trovare un percorso razionale per tornarci. Per me e altri economisti, come ad esempio Stiglitz, la Germania dovrebbe tornare al Marco. Questo darebbe un enorme respiro all’economia euro- pea. Il secondo passaggio sarebbe far uscire l’Italia, che ne trarrebbe sicuramente un beneficio. Potremmo però trovarci presto di fronte a un evento traumatico, come una crisi del sistema bancario, per cui dovremmo decidere se ricapitalizzare le banche in euro rivolgendoci alla Troika, o in lire sganciandoci dall’Eurozona e riprendendoci la sovranità. La sinistra italiana è stata complice del più distruttivo progetto della finanza liberista che la storia dell’umanità abbia sperimentato. Una sinistra così massicciamente dalla parte del capitale ora non può tollerare che qualcuno le dica che dovrebbe schierarsi dalla parte del lavoro. Cosa bisognerebbe fare? Per prima cosa riprendere gli strumenti di politica economica, in particola- // MARZO 2014 Intervista a Alberto Bagnai – seconda parte 13 BARRICATE E PALAZZI // Euro con un’ostinazione che ha veramente dell’incredibile. Da tre anni faccio attività di ricerca e divulgazione rivolgendomi soprattutto alla sinistra, ma ho ottenuto solo l’interessamento della destra che, se non altro opportunisticamente, ha capito che è arrivata l’ora di parlare di queste cose. // MARZO 2014 re quella valutaria, sganciandosi dall’Euro. Poi quella monetaria, riportando la Banca Centrale sotto il controllo politico. In terzo luogo recuperare lo strumento della politica fiscale, stracciando le regole assurde di Maastricht, che peraltro sono state stracciate dalla Germania e dalla Francia quando potevano farlo senza che gli altri Paesi membri potessero dire nulla. Ciò permetterebbe un riequilibrio della crescita dei Paesi, basandola non sulla ricerca affannosa della competitività e sul taglio dei salari per inseguire la domanda estera, ma sulla domanda interna da alimentare attraverso investimenti non in grandi ma in piccole opere, nell’istruzione, nel capitale umano italiano che rimane di eccellente qualità, nella ricerca. Questi investimenti vanno fatti dallo Stato, spendendo e abbandonando la retorica dell’austerità. Bisogna tornare a pensare in termini di sistema Paese, di interesse nazionale e di domanda interna. Basta con questa falsa internazionalizzazione. Perciò il recupero dell’autonomia valutaria, monetaria e fiscale è essenziale. In questo momento la vocazione deflazionistica della Germania si pone di traverso a qualsiasi tentativo degli altri Paesi di rilanciare la propria crescita. In Italia, chi ha avuto (in termini politici) le maggiori responsabilità della consegna del Paese a questi potentati, e quindi della sua perdita di sovranità? Intervista a Alberto Bagnai – seconda parte In Italia, come in Germania, i politici sono gli stessi da 20-30 anni: i vari Monti e Draghi giravano per il Ministero del Tesoro e la Banca d’Italia già agli inizi degli anni ’80, quando questa storia è iniziata. Un sistema nel quale gli aggiustamenti a shock esterni si scaricano sui lavoratori non è un sistema sano, quindi per me la principale responsabilità è dei partiti di “sinistra”, in particolare di quello che oggi chiamiamo Partito Democratico, perché attraverso un percorso tortuoso e assolutamente non democratico ha imposto a questo Paese un regime dove gli shock si scaricano sulle classi subalterne. Anche Berlusconi e il Pdl sono stati sempre acquiescenti alle imposizioni dell’Europa, ma un conto è se un progetto di globalizzazione finanziaria lo difende un capitalista, più o meno immorale e corrotto, un conto è se lo difende un partito che dovrebbe invece difendere i lavoratori. La maggiore responsabilità rimane quindi del Pd, anche perché, in questa fase storica in cui i nodi stanno venendo al pettine, continua compattamente a negare il problema e a soffocare il dibattito su questi temi. E lo fa prendendosi un’enorme responsabilità storica, perché quando dovremo affrontare l’esito finale della crisi, cioè lo sganciamento, saremo un Paese acefalo, privo di una testa che possa capire e comandare, specie per colpa della negazione del dibattito che tuttora il Pd persegue 14 BARR!CATE Alberto Bagnai è un economista e professore associato di Politica economica dal 2005 presso l’Università “Gabriele D’Annunzio” di Chieti-Pescara. Nel 2012 ha pubblicato il libro “Il tramonto dell’Euro”, in cui sono raccolte molte delle informazioni e riflessioni pubblicate sul suo popolare blog “Goofynomics”. Ha partecipato a trasmissioni televisive quali Servizio Pubblico e l’Ultima Parola, e ha rilasciato videointerviste sul blog di Beppe Grillo. // MARZO 2014 Davide Caviglia // LINGUAGGI GRAFICI BARR!CATE 15 VOCI SOLIDALI // Lavoro L’EUROPA CHE NON COLSI L’Italia della recessione economica e della perdita di diritti dibatte a vuoto sulle politiche del lavoro e del reddito, lontana anni luce dall’Europa del Welfare e dello Stato sociale // MARZO 2014 illustrazione di Marilena Nardi Giancarlo Iacchini L’Italia è uno strano paese. Mentre in tutta Europa si lavoro sono 3,3 milioni e altrettanti sono i lavoratori discute delle politiche più efficaci per garantire lavo- precari, che percepiscono in media 836 euro al mese ro e reddito, che sono i due pilastri economici di una senza alcuna garanzia di continuare a guadagnarli anvita sociale degna di questo nome, che il mese dopo. in Italia si riesce perfino a litigare Ovvio che servirebbe il lavoro, ma tra gli alfieri del “lavoro per tutti” e Prestazioni e diritti ovvi se questo sistema economico che quelli del “reddito universale”, per in quasi tutti i paesi è in recessione ormai da 6 anni ma cui se proponi un “reddito di citta- del vecchio continente, che nemmeno nelle fasi di espandinanza” non solo vieni tacciato di sione è in grado di garantire la piein Italia sembrano “utopismo”, ma ti guarda storto per na occupazione e anzi è sempre più primo chi ha un lavoro precario e ri- utopie fatte apposta per distante da quel punto di equilibrio schia di perderlo dall’oggi al doma- infrangersi sul muro della (cosa che John Maynard Keynes ni, perché ti dirà che bisogna dare il “impossibilità di reperire aveva già rilevato 90 anni fa ne “La lavoro, e non “soldi facili”, a chi “non fine del laissez-faire”), allora le solurisorse” fa niente”. Come se “non far niente”, zioni sono soltanto due: più lavoro in una società che condanna alla die/o più reddito. Anzi, una soltanto: soccupazione il 13% della popolazione in età lavorativa un gigantesco New Deal che consenta allo stato di cree oltre il 42% dei giovani, sia una colpa morale di cui are lavoro direttamente o indirettamente, attraverso la vergognarsi. Una società, quella italiana, in cui i senza spesa pubblica e il sostegno alla domanda, cioè ai red- 16 BARR!CATE Lavoro // VOCI SOLIDALI BARR!CATE // MARZO 2014 diti dei cittadini. Insomma, lavoro e reddito non sono alternativi e contraddittori ma sinonimi, sono uno la causa e l’effetto dell’altro. Le misure atte a creare lavoro producono reddito e dunque nuovo lavoro per l’aumento della domanda di merci e servizi. E le misure per aumentare la domanda creano per l’appunto indirettamente lavoro nel settore privato e possono crearlo direttamente anche nel pubblico, se il reddito garantito viene associato a un piano comunale di lavori socialmente utili, di cui ci sarebbe un gran bisogno. Perfino Matteo Renzi, nell’ormai celebre discorso del 13 marzo sulla “diminuzione delle tasse” – con cui si è impegnato a restituire a fine maggio, a una fascia limitata di lavoratori dipendenti, qualche goccia del mare magnum di risorse che le politiche di austerity hanno drenato in questi anni di “rigore” (mortis) – ha presentato come fosse una sua pensata geniale (guadagnandosi perfino gli applausi della sala stampa di Palazzo Chigi) quella che da anni è la richiesta che proviene da associazioni e comitati impegnati nel sociale: reddito ai disoccupati in cambio di lavori di pubblica utilità. Siamo tuttavia ancora all’abc di una politica sociale europea. Già, la grande beffa è che una parte del nostro paese è pronta a rinnegare l’Europa (uscire dall’euro e da tutto) senza avere nemmeno conosciuto l’Europa del Welfare e dello stato sociale. Prestazioni e diritti che sono familiari e addirittura scontati in quasi tutti i paesi del vecchio continente, da noi sembrano fantascientifiche utopie fatte apposta per infrangersi sul muro della “impossibilità di reperire risorse” nel disastrato bilancio statale. L’Italia è l’unico stato dell’Unione, insieme alla Grecia e all’Ungheria, a non avere il (per noi) “mitico” reddito minimo garantito, che consiste nell’integrare in vario modo i redditi percepiti fino a una soglia “adeguata ad un livello dignitoso di vita”, come recitano diverse direttive della UE. “Ogni lavoratore della Comunità – asserisce ad esempio la raccomandazione 92/441 – ha diritto a una protezione sociale adeguata e deve beneficiare, a prescindere dal regime e dalla dimensione dell’impresa in cui lavora, di prestazioni di sicurezza sociale ad un livello sufficiente. Le persone escluse dal mercato del lavoro, o perché non hanno potuto accedervi o perché non hanno potuto reinserirvi- si, e che sono prive di mezzi di sostentamento, devono poter beneficiare di prestazioni e risorse sufficienti, adeguate alla loro situazione personale”. Generico nel quantificare il livello di dignità, se vogliamo, ma esplicito nel dire che un reddito addizionale dev’essere assegnato dallo stato. Più esplicito, infatti, il Parlamento europeo che, nella risoluzione concernente la lotta contro la povertà nella Comunità europea, ha auspicato l’introduzione in tutti gli stati membri di un reddito minimo garantito “inteso quale fattore d’inserimento nella società dei cittadini più poveri”. In sostanza non c’è solo l’Europa che impone i sacrifici e il risanamento finanziario, ma anche quella che raccomanda espressamente ai singoli stati “di riconoscere, nell’ambito di un dispositivo globale e coerente di lotta all’emarginazione sociale, il diritto fondamentale della persona a risorse e a prestazioni sufficienti per vivere conformemente alla dignità umana, e di adeguare di conseguenza i propri sistemi di protezione sociale a questi principi e orientamenti”. Chissà se è da questa Europa che i neoautarchici vorrebbero uscire… “Come si fa a ignorare un aspetto così importante della vita di ogni cittadino europeo? – scrive Giovanni Perazzoli su Micromega – Io non me ne capacito. In Italia non si sa neanche che in Europa (Francia, Germania, Gran Bretagna e non solo Danimarca, Svezia, ecc.) chi 17 VOCI SOLIDALI // Lavoro // MARZO 2014 non guadagna abbastanza o lavora part-time ottiene paracadute sociale rappresentato da un basic income un’integrazione del reddito. Poi si scopre che in Italia comunque garantito, parole come flessibilità o anche il reddito medio è da miseria. E tutti si sorprendono. precarietà assumerebbero un altro aspetto: precario Ma veramente gli italiani ignorano l’abc dello stato sarebbe il lavoro e non la vita! sociale?”. Si discetta se sia “reddito di cittadinanza” op- Però in Italia, strano paese appunto, un “paracadute sopure “reddito minimo garantito”, e in che modo venga ciale” in fondo c’è, a parte le pensioni ormai ultraspreerogato in questo o quel Paese, e mute di genitori e nonni: è il lavoro non ci si accorge che quando lo stanero, che causa al fisco un buco anto non fornisce salario immediato La società italiana nuo di 43 miliardi di euro, ma che può garantire reddito aggiuntivo condanna alla immette nel sistema un reddito agad esempio (e scusate se è poco) giunto che in molti casi è assolutapagando il canone d’affitto di chi è disoccupazione il 13% mente vitale, proprio per l’assenza senza lavoro oppure le spese per della popolazione in di politiche sociali degne di questo i figli, piccoli o grandi. “Una donna età lavorativa e oltre il nome. “Col sommerso – spiega Giusola e disoccupata con figli riceve 42% dei giovani. I senza seppe Bortolussi, segretario della in Germania dallo stato più di 1.800 CGIA di Mestre – la profonda crisi euro mensili” calcola Perazzoli, che lavoro sono 3,3 milioni. che sta colpendo il Paese ha effetti conclude: “Non capisco perché no- I lavoratori precari economici e sociali meno devastannostante l’Europa raccomandi dal percepiscono in media ti di quanto non dicano le statistilontano 1992 all’Italia di introdurre 836 euro al mese che ufficiali. In particolar modo al un reddito di cittadinanza, questo Sud possiamo dire che il sommerso non succede neanche con la crisi. A costituisce un vero e proprio amchi giova? Evidentemente a qualcuno gioverà. Non mi mortizzatore sociale. Sia chiaro: nessuno vuole esaltapare che sia uno scoop scoprire quello che per diversi re il lavoro nero, spesso legato a doppio filo con forme milioni di persone è assolutamente normale”. inaccettabili di sfruttamento, precarietà e mancanza di Ma ciò che è normale in tanti altri paesi, da noi richie- sicurezza nei luoghi di lavoro. Tuttavia, quando queste derebbe una rivoluzione. È chiaro, infatti, che tutto il forme di irregolarità non sono legate ad attività riconsistema assistenziale e previdenziale dovrebbe essere ducibili alle organizzazioni criminali o alle fattispecie riformulato, anzi ricostruito di sana pianta. Nel paese appena elencate, costituiscono in periodi così difficili delle “pensioni d’oro” oggi la regola aurea sarebbe in- un paracadute per molti disoccupati o pensionati che vece garantire tutti i “meno avvantaggiati” (per usare non riescono ad arrivare alla fine del mese”. l’espressione di John Rawls nella celebre – ma pochis- Ecco a che punto siamo, in questa Italia che sembra simo letta in Italia – “Teoria della giustizia” del 1971), stufa dell’Europa senza averne mai conosciuto la faccia a partire dai giovani che non trovano lavoro. E con il migliore. 18 BARR!CATE Lavoro // VOCI SOLIDALI LA SCHIAVITÙ È SERVITA Un’inchiesta televisiva francese rivela come molti prodotti in vendita nelle grandi catene europee di distribuzione provengano dalle campagne pugliesi, dove migliaia di lavoratori sono sottoposti a condizioni di vita lesive della dignità umana Nell’immaginario collettivo si associa spesso la parola Del resto, l’esistenza della schiavitù nel nostro paese schiavitù a un fenomeno lontano nel tempo e spesso non la nega neanche il codice penale per il quale, seanche nello spazio, quando uomini costretti da catene condo gli artt. 600, 601 e 602 modificati con la legge infrangibili venivano deportati da un continente a un 23 del 2003, è sufficiente la presenza dell’inganno e/o altro, venduti come merce, impiegati per svolgere lavo- della forza, anche senza una vera e propria costrizione ri disumani, privati del diritto alla vita. Così come allo fisica, perché si configurino i delitti di riduzione o manstesso modo è istintivo considerare tenimento in schiavitù, di tratta di questa pratica caratteristica di un persone e di acquisto e alienazione La riduzione in schiavitù contesto storico ben preciso, supedi schiavi. rato con il riconoscimento dell’uni- esiste ancora e sfrutta la Recentemente, a ricordarci che gli versalità dei diritti umani e con condizione di precarietà schiavi, anche se non li vediamo, l’abolizione della schiavitù stessa. economica ed esistenziale sono molto vicini a noi, è stata la Eppure la riduzione in schiavitù Francia, con una puntuale inchiesta di quella parte di è ancora un problema attuale nel televisiva che ha sconvolto l’opiniomondo. È frequentemente legata popolazione esclusa dal ne pubblica francese, dal titolo “Les alla produzione di beni di consumo mercato del lavoro recoltes de la honte” (i raccolti della a basso prezzo ed è praticata sia nei vergogna), trasmesso nel settembre paesi industriali, sia nei paesi in via di sviluppo. 2013 sul canale France 2 durante il programma “Cash Nel 2014, la schiavitù esiste ancora anche qui, in Italia. Investigation”. Ed è una schiavitù moderna, che ha sostituito le catene I giornalisti hanno iniziato la loro inchiesta ponendosi materiali con catene sociali create sfruttando la condi- una semplice questione: da dove arrivano i prodotti che zione di ricattabilità e precarietà economica ed esisten- compriamo a basso prezzo e che riempiono gli scaffali di ziale di una grande fetta della popolazione esclusa dal ipermercati e supermercati? Come si ottengono prezzi mercato del lavoro e priva di qualsiasi forma di accesso così bassi? Così, partendo dalle indicazioni riportate sulal reddito. le etichette dei prodotti in vendita nelle grandi catene // MARZO 2014 Agnese Cossa BARR!CATE 19 VOCI SOLIDALI // Lavoro // MARZO 2014 europee di distribuzione presenti in Francia, come Au- duzione nelle diverse fasi e nei diversi periodi dell’anno. chan, Lidl, Carrefour, Intermarche, sono arrivati dritti in Solo recentemente però, dopo essersi scontrata con le Puglia, nelle campagne foggiane e nelle terre salentine lobby al servizio dell’imprenditoria agricola, ha trovato della zona di Nardò, dove vengono prodotti pomodori, una sua quasi completa applicazione. broccoli e angurie. Le misure normative adottate dalla Puglia non hanno Il fenomeno non è certo nuovo in questi territori, una impedito che il fenomeno continuasse a esistere, anzi, realtà in cui padroni e caporali ben organizzati sotto- l’argomento ritorna agli onori delle cronache nell’estapongono migliaia di lavoratori a condizioni di vita lesive te 2011 quando, a Nardò, i braccianti agricoli si ribeldella dignità umana. lano allo sfruttamento e ai caporali. Proprio gli stessi Già numerose inchieste giornacaporali e la stessa organizzazione listiche, come quella di Gatti per criminale dedita al favoreggiamenl’Espresso, avevano messo in luce le Da dove arrivano i to dell’ingresso di clandestini nel condizioni di grave sfruttamento la- prodotti poco costosi territorio italiano, contro i quali è vorativo alle quali sono soggetti i lain corso presso la corte d’assise di che riempiono gli voratori, la cui quasi totalità è comLecce il Processo Sabr (dal nome posta da immigrati, regolari e non, scaffali di ipermercati e dell’operazione condotta dai carabiprovenienti dall’Africa e dall’Europa supermercati? E come si nieri) per reati che vanno dall’assodell’est. ciazione a delinquere alla riduzione ottengono prezzi Non è un caso quindi che la Regioo mantenimento in schiavitù, all’incosì bassi? ne Puglia sia stata la prima in Italia, termediazione illecita e allo sfruttaanche grazie anche all’onda emotiva mento del lavoro, estorsione e falso, scatenata da quell’inchiesta, a dotarsi di una legge, la e comprendono anche la tratta di persone e il reato di legge regionale n.28 del 2006 (legge “Barbieri”), contro “caporalato”1. il lavoro nero e il caporalato in agricoltura; una legge Tra i lavoratori che al processo hanno testimoniato conche all’epoca fu anche premiata dal comitato delle Re- tro i caporali c’è anche Yvan Sagnet, lo studente (all’epogioni dell’Unione Europea come “migliore pratica” am- ca dei fatti) camerunense che ha guidato la rivolta nereministrativa in materia. La norma approvata prevedeva, tina del 2011 e che oggi, da delegato sindacale della Flai tra le varie misure, l’applicazione di indici di congruità CGIL, lancia l’appello al boicottaggio dei prodotti delle che, in base a stime puntuali, stabiliscono il numero di aziende pugliesi che sfruttano e inducono in schiavitù i lavoratori necessari a un’azienda per organizzare la pro- lavoratori agricoli. 20 BARR!CATE Lavoro // VOCI SOLIDALI // MARZO 2014 Se l’indignazione italiana di fronte a tali fenomeni sten- gli compete, del rispetto dei diritti di ogni uomo e donna ta ancora a crescere nell’opinione pubblica, così non è del pianeta. Perché non è volgendo lo sguardo altrove, nel resto dell’Europa dove, già da non è facendo finta di non vedere, tempo e sempre in seguito a inchienon è considerando tutto questo la ste giornalistiche che hanno destato La Regione Puglia è normalità di un sistema economico stata la prima in Italia scalpore, organizzazioni come Ethiche pur di mantenere un equilibrio cal Trading InitiativeNorway, in Nor- a dotarsi di una legge di profitto erode il diritto a una vita vegia, e Ethical Trading Initiative a contro il lavoro nero e il degna e umana, che si libereranno le Londra fanno pressioni sulle grandi coscienze. caporalato in agricoltura Gli schiavi continueranno a esistere catene di distribuzione dei loro paesi e chiedono chiarimenti all’Italia, vicino a noi, sulle nostre tavole, nel mentre in Francia sono proprio i grandi marchi della di- sapore tradizionale della nostra pasta al pomodoro, nelstribuzione a serrare i controlli sull’eticità dei prodotti la dolcezza della dissetante anguria estiva. agricoli italiani. La stessa Flai CGIL, proprio alla fine di novembre, ha presentato a Bruxelles2 il rapporto “Agricoltura: migran- 1// Introdotto nel nostro ordinamento con l’articolo 603 bis del ti e lavoro in Puglia”, a cura di Leo Palmisano, col fine di codice Penale nell’estate del 2011, pochi giorni dopo la protesta sensibilizzare anche le istituzioni europee e mettere la dei braccianti ospitati nella masseria Boncuri a Nardò. 2// Nell’ambito della conferenza su Migranti e Lavoro in Puglia questione al centro del dibattito politico. organizzata da Flai-CGIL PUGLIA, Regione Puglia e Federazione Il fenomeno della riduzione in schiavitù dei braccianti Europea dei Sindacati Alimentazione, Agricoltura e Turismo agricoli non solo in Puglia, ma anche in molte altre cam- (EFFAT). pagne italiane, assume quindi una dimensione molto più ampia se legata al mercato globale dei prodotti a basso costo, che non riguarda solo un territorio specifico ma l’intero sistema produttivo. E ogni piccola parte coinvolta nel processo di produzione non può esimersi dal riteFoto di Francesca M. Fiorella nersi responsabile di tali abusi rivolti contro la dignità tratte dal progetto fotografico WELC(H)OME umana. Siano essi imprenditori, importatori, istituzioni http://francescamariafiorella.wordpress. o semplici consumatori. com/2013/10/05/welchome-9/ A ognuno è richiesto il dovere di farsi carico, per ciò che BARR!CATE 21 FOTO PARLANTI // Nuove povertà IL VOLTO (E LA VOCE) DELLA STRADA // MARZO 2014 Mirko Orlando 22 Una fotografia non è soltanto un’immagine. Una fotografia è tutto! Proprio per questo, talvolta non la si può prendere senza mortificare se stessi e i propri soggetti: i volti degli altri ci devono essere donati! Raccontare le nuove povertà, dunque, è stato anzitutto un problema di riconoscimento, ed è iniziato così il mio viaggio tra le strade, le stazioni, i dormitori e le mense della città: un viaggio senza meta e senza dimora. Ben presto mi accorgo che i barboni che dormono sotto i cartoni sono sempre gli stessi, ma il numero di disperati che si mimetizzano con la città è drasticamente in aumento. Affinato lo sguardo, impari a riconoscerli, e sono molti, moltissimi, e sono sparsi ovunque. Se hanno qualche Euro, lo spendono per radersi la barba o per tagliarsi i capelli dal parrucchiere, in modo da somigliare ancora una volta all’immagine che ricordano di se stessi. Hanno un’anima borghese ma sono poveri, e non hanno nulla se non gli stereotipi della loro vita passata. Sono operai specializzati che ad un’età infausta hanno perso il lavoro, di conseguenza la casa, la famiglia, gli affetti. Sono pensionati che non arrivano a fine mese e non hanno un tetto sulla testa che li protegga dalla loro senilità. Sono padri divorziati, che nel mantenere una famiglia che li rigetta si riducono in miseria. Non è un paese per vecchi, questo, e non è un paese per giovani. A chi appartiene questa terra che produce miseria in misura uguale a sogni irraggiungibili? La vita di strada non ci regala un granché e non è precettrice di valori dimessi. Qualche giorno passato male e diventi il più brutto ricordo che hai. Così i poveri si fronteggiano, s’insultano, si emarginano, perché qualcuno li ha convinti che il loro disagio non dipende da una classe dirigente che meriterebbe ogni sorta di sciagure, ma dall’abbondanza di stranieri che si riversa nelle nostre strade. Gli italiani li guardano con occhi obliqui, perché non è giusto che un extracomunitario possa passargli BARR!CATE Nuove povertà // FOTO PARLANTI ti. Ci piace la crudeltà quando diventa immagine, perché ci dice che essendone spettatori non ne siamo le vittime. Mi chiedo se sia possibile esercitare altrimenti il proprio mestiere, se mi sia ancora concesso di sottrarmi alla logica dell’orrore che imperversa il fotogiornalismo contemporaneo… ci provo, e colgo i volti di quanti mi hanno regalato una storia da raccontare. Tornato a casa, guardo fuori dalla mia finestra la città che si è appena svegliata, con le persone ammassate alle fermate degli autobus e un’aria gelida che fa da spalla ad un cielo grigio privo di profondità. Le luci dei lampioni si stanno per spegnere e i primi raggi di un sole che sarà timido tutto il giorno mi rilevano il profilo di una quotidianità depressa. Guardo fuori dalla mia finestra e non posso fare a meno di chiedermi: perché non il nulla? Da “Il volto (e la voce) della strada”, Lindau; Torino 2013. // MARZO 2014 avanti nella lista degli assistiti dal comune, o in quella necessaria da scalare per l’emergenza abitativa. Dei rumeni mi dicono che hanno abbassato drasticamente il costo della manodopera, e che quindi è colpa loro se nei cantieri non si riesce più a lavorare. I marocchini sono invece pericolosi rapinatori, i tunisini quasi tutti spacciatori, così come i neri e gli algerini sono di facile coltello anche tra di loro. Non è facile guardarsi in faccia e riconoscersi, e proprio per questo credo sia anzitutto una questione di volti quella da dover affrontare. Infatti, più della noncuranza delle pubbliche amministrazioni mi preoccupa il fascino che la miseria esercita sugli sguardi ipocriti di coloro che non la vivono. Senzatetto sudici e miserabili si affacciano dalle pagine di giornali inutili come gli stereotipi che diffondono, ed occhi a cui dovremmo togliere le palpebre si nutrono dell’infame e spettacolare gioco del potere che schiaccia gli impoten- BARR!CATE 23 // MARZO 2014 FOTO PARLANTI // Nuove povertà 24 BARR!CATE // MARZO 2014 Sergio Ponchione // LINGUAGGI GRAFICI BARR!CATE 25 // MARZO 2014 LINGUAGGI GRAFICI // Sergio Ponchione 26 BARR!CATE // MARZO 2014 Sergio Ponchione // LINGUAGGI GRAFICI BARR!CATE 27 // MARZO 2014 LINGUAGGI GRAFICI // Dast: L’ILLUMINATO CHE RESISTE 28 BARR!CATE DIRE FARE MANGIARE illustrazione di Maja Celija 8 RAGAZZI RAGAZZI Quando ve ne accorgerete, sarà tardi”. Così, passò tra le vie della città il rogo della strega, di cui ora il mondo si era per sempre liberato. O forse no… Due mesi dopo, la gatta bianca che viveva con i reietti fuori le mura partorì sei gattini, tutti bianchi eccetto uno. Il gatto nero spalancò gli occhioni verdi e andò ad accucciarsi sulle ginocchia di Maia, che pronunciò la sua prima parola: “Mamma?” il micio fece le fusa. “Mamma” concluse Maia. illustrazione di Elibee RACCONTO 7 RAGAZZI IL GATTO DI MAIA di Alice De Simone RACCONTO Morgana aveva avuto la sfortuna di nascere nel periodo in cui le donne che conoscevano i segreti delle erbe venivano accusate di stregoneria. Già il fatto che si chiamasse così non deponeva certo a suo favore. I suoi genitori erano i signori della città e avevano 13 figlie femmine. Lei era la quattordicesima. L’avevano chiamata Morgana, spiegandole, però, che non doveva avere rapporti con le streghe. Poi la mamma se ne era andata dando alla luce Baldovino, unico erede. Una dopo l’altra le sue sorelle si erano sposate. La notte prima che Giulietta, la sua più cara sorella, partisse, era andata a salutarla nel cuore della notte e lei le aveva rivelato il segreto che avrebbe cambiato per sempre la sua vita. “Sai” cominciò “nostra madre era odiata da tutti perché conosceva più cose delle altre, e la chiamavano strega. Ma sai, le streghe non sono malvagie, e nemmeno magiche. Sanno solo curare, ma tutti pensano che, invece, causino le malattie. La mamma non è morta di parto. Lo so perché l’ho visto. Tu non porti il nome della più abile strega a caso: è il tuo destino.” Poi le aveva porto un libro che doveva aver visto tempi migliori. “Nascondilo” le intimò “e non aprirlo finché non saprai leggere”. Era stata l’ultima volta che si erano viste. Morgana non osò neppure sfiorare il manoscritto fin quando non fu in grado di saperlo decifrare. Quando lo fece, aveva 12 anni. Il libro era splendidamente illustrato e riportava formule per pozioni che potevano curare persino il vaiolo. In quel momento entrò la balia, che era stata sua e del fratello, e che l’aveva sempre odiata a causa del suo nome. Vide il libro e capì. “Tu…” esordì “sapevo che nascondevi qualcosa! Via di qui, STREGA!” Morgana non sapeva che fare, voleva restare e combattere, ma anche vivere. Si disse che da viva avrebbe combattuto meglio. Prese il libro e si avviò verso le scale, ma a metà strada decise di far buon viso a cattivo gioco e si rivolse alla donna: “Parla e ti trasformo in rana” minacciò “O in topo. Come vuoi”. Non ne era ovviamente capace, ma la gente pensava così. Un buon modo per salvarsi dal rogo. Morgana si ritirò sul monte che sovrastava la città, si recava ogni giorno a prendersi cura dei poveri e dei malati che vivevano fuori le mura, che l’avevano accolta come una sorella. Ci andava al tramonto o all’alba, quando tutti erano dentro la città e non potevano vederla. Una sera, però, s’imbatté in un giovane soldato che, al ritorno dalla ronda, aveva smarrito i suoi commilitoni. Invece di darsela a gambe rimase a fissarlo, incantata. L’uomo la guardò. Era rimasto incantato a sua volta dalla sua bellezza. Avrebbe voluto rivelarglielo… Poi però vide l’ampolla che la donna portava in mano senza neanche cercare di nasconderla. Doveva essere una strega. Nessuna donna di buon senso si sarebbe portata appresso un aggeggio del genere. Era spaventato ma anche affascinato da lei. Quando poi uno dei reietti gli spiegò che si trattava di una persona che si faceva in quattro per aiutarli, non ebbe più dubbi e le chiese di sposarlo. Seguì un silenzio imbarazzato dopo il quale la strega assentì, incerta. Al palazzo del duca regnava lo sconforto: questi, infatti, aveva lasciato la vita terrena in circostanze misteriose. Si pensava all’avvelenamento. Baldovino, divenuto signore, fece chiamare quella che era stata la sua balia e le disse: “Ci siamo riusciti. Ora dobbiamo trovare un colpevole…Una strega farebbe al caso nostro…” La donna s’illuminò: “C’è una strega: tua sorella. Non dev’essere andata lontano”. Morgana aveva accettato la proposta del giovane, ma se ne era subito pentita: non era un tizio cui dare fiducia, ma aveva paura che, rifiutando, lui la potesse tradire andando a raccontare tutto al duca, per ripicca. Si accorse di aspettare un figlio e nello stesso tempo di essere ricercata per l’assassinio di quello che, alla fine, era suo padre. Bene. Se ne sarebbe andata, da sola: suo marito era un pericolo, avrebbe potuto parlare. Si levò di mezzo da solo: una mattina non lo aveva più trovato. Morgana mise al mondo una bambina, che chiamò Maia, l’affidò alla comunità di cui si era presa cura e partì: se le avessero trovate insieme avrebbero fatto del male anche alla piccola. La presero dopo due giorni. Il caro maritino aveva pensato bene di barattare la sua grazia per la diserzione con lei. “Morgana, accusata di assassinio e stregoneria, cos’hai da dire in tua discolpa?” chiedeva il giudice l’indomani. “Qualsiasi cosa dicessi” rispose lei “sarebbe usata contro di me, perciò non sprecherò fiato se non per chiedere a Dio di avere pietà delle vostre vite, passate ad accusare gli altri dei vostri peccati. 6 RAGAZZI Equus quagga o, più confidenzialmente, Zebra Questo splendido animale vive nelle pianure africane, raggiunge i 320 kg di peso e un’altezza di circa 140 cm al garrese. Le striature della zebra sono diverse da individuo a individuo, come le nostre impronte digitali! Vivono in piccoli branchi di 7-8 elementi ma non disdegnano la compagnia di altri animali come gli struzzi o i bufali. Durante le ore più torride del giorno cercano di non fare troppi sforzi e di resistere al sole facendosi ombra a vicenda. Quando si avvicina il tramonto si muovono per pascolare e per abbeverarsi. Dall’aspetto simpatico e dal carattere docile, sanno difendersi dai predatori a suon di morsi e scalciate, nel caso dovessero fuggire, Gli Sfeniscidi, comunemente noti come pinguini Gli antenati dei pinguini volavano e forse i pinguini di oggi sognano ogni tanto di volare. Nei milioni di anni di evoluzione, questi uccelli d’acqua hanno trasformato le loro ali in pinne, si sono incicciottiti per avere uno strato di grasso che li protegga dal freddo e sono diventati dei nuotatori provetti. Tanto impacciati sulla terra ferma quanto agili in acqua, possono raggiungere i 40 km/h nuotando! Vivono in gruppo e quando non sono alla ricerca di cibo amano giocare. Anche se delle 18 specie esistenti ben 12 vivono in Antartide, questi fantastici animali si trovano in quasi tutto l’emisfero meridionale, dal Polo sud fino all’equatore. ENCICLOPEDIA 5 RAGAZZI illustrazioni di Marco Paschetta Ailuropoda melanoleuca, detto più comunemente Panda È forse il cugino più lontano della famiglia degli ursidi, vive nelle foreste di bambù delle regioni montuose del Sichuan e del Tibet. È lungo 120/150 centimetri, ha un peso che varia dai 75 ai 160 Kg. Può raggiungere i 30 anni di vita. Teoricamente è un onnivoro ma, per quanto ghiotto di latte e piccoli animaletti, la sua dieta è composta quasi esclusivamente da germogli di banbù. Non è un orso aggressivo, generalmente solitario, passa la maggior parte del tempo mangiando e riposando. Purtroppo, a causa della tonteria dell’uomo e dell’inquinamento, il Panda è a rischio d’estinzione. Orcinus orca L’orca è un mammifero appartenente alla famiglia dei delfinidi, si trova in quasi tutti gli oceani dai mari gelati fino a quelli tropicali. Si potrebbe dire che siano dei buongustai, la loro dieta, infatti, è decisamente ampia: mangiano quasi tutto quello che si trova nel mare, dai pesci agli uccelli marini, senza disdegnare un buon pinguino o una foca. Hanno una capacità di comunicare e di organizzare la caccia sorprendente, diversa da branco a branco. Questi campioni del mare sono all’apice della catena alimentare, non avendo nessun predatore naturale. ENCICLOPEDIA 4 COSTRUISCI 3 RAGAZZI RAGAZZI Care bragazze e cari bragazzi, siamo arrivati al numero otto! E come premio...ci hanno tolto i colori: una piccola sfida che raccogliamo senza indugi. Il bianco e il nero non sono l’assenza dei colori, né tanto meno della fantasia, anzi! Per dimostrarlo abbiamo scelto di dedicare la nostra enciclopedia agli animali che col bianco e nero vanno alla grande, mentre il giocoesperimento, con un po’ di magica scienza, ci farà scoprire cosa succede quando tutti i colori si uniscono... Leggeremo la storia della nostra giovane scrittrice e poi tutti in cucina con la ricetta del mese, perché, come diciamo sempre, a pancia piena si gioca meglio. Buon divertimento! Harry Vanva EDITORIALE illustrazioni di Harry Vanva 2 RAGAZZI illustrazione di Maja Celija inserto di Barricate anno 2° numero 2 MAR/APR 2014 Produttori e consumatori // BERE MANGIARE RESPIRARE GENUINO CLANDESTINO Comunità in lotta per l’autodeterminazione alimentare Da un’altra agricoltura a un’altra economia Genuino Clandestino nasce da un percorso decennale di ricomposizione tra ambiente, produzione, distribuzione e consumo dei prodotti agricoli che ha aperto delle riflessioni sulla possibilità di attivare un’economia alternativa al modello dominante di consumo e sfruttamento di risorse. Grazie all’esperienza di CampiAperti, un’associazione di produttori e consumatori del territorio bolognese che s’impegna e lavora per il sostegno dell’agricoltura contadina, GC prende forma nel 2010 come campagna per la libera trasformazione dei prodotti contadini, a partire dalla denuncia dei limiti stabiliti dalle normative che paragonano i cibi contadini trasformati a quelli delle grandi industrie alimentari, rendendoli fuori legge1. La campagna si è trasformata negli anni, costituendosi attraverso una rete alla quale oggi aderiscono singoli produttori e trasformatori, aziende agricole, associazioni e comunità di tutto il territorio nazionale. I vari “nodi” di questa rete costituiscono una comunità politica indipendente che pratica un’agricoltura di piccola scala, valorizza il lavoro vivo, elimina pratiche di sfruttamento della terra, degli animali e della manodopera, impiega poco capitale e diversifica le produzioni arrestando le monocolture intensive e standardizzate, valorizzando la biodiversità della terra con prodotti locali e stagionali e salvaguardando così il patrimonio alimentare. Perché Clandestino? In base alla normativa europea che regola il metodo di produzione biologico dei prodotti agricoli (2092/91), qualsiasi prodotto alimentare trasformato deve essere lavorato e confezionato in un laboratorio specializzato con dimensioni e caratteristiche stabilite per le industrie agroalimentari. Tale normativa, elaborata per le grandi distribuzioni e produzioni industriali per le quali si esige un elevato livello di controllo, risulta inadeguata, oltre che insostenibile, per i singoli produttori e le piccole aziende familiari2. Emerge così l’impossibilità per i piccoli produttori di crearsi un reddito stabile con i costi che la regolarizzazione comporta. Paradossalmente, le certificazioni che dovrebbero garantire di “stare sul mercato” finiscono per precluderne l’accesso3. Ciò che il movimento GC ha scelto di mettere in evidenza è stata proprio la sua clandestinità, con un “antimarchio” che esprime la volontà di sottrarsi alle regole del mercato, andando a sciogliere le ansie di regolarizzazione e a decontaminare il concetto di pericolosità connesso alla parola clandestino4, invitando chiunque si riconosca nei principi della campagna a divulgare e usare il simbolo per rivendicare le proprie azioni. La scelta di non rivolgersi più all’ente certificatore sicuramente esula dal percorso istituzionale, ma soprattutto parte da rivendicazioni politiche collettive e condivise, dalla convinzione che spetti alle persone direttamente coinvolte decidere, e non ai burocrati. Si opta così per un’autocertificazione partecipata che non si ferma alla semplice compilazione di una scheda, ma è vincolata alla conoscenza reciproca tra i soggetti che vogliono arricchire il mercato, alla condivisione dei propri percorsi durante le assemblee e allo sperimentare direttamente in azienda le modalità di produzione del nuovo arrivato. BARR!CATE // MARZO 2014 Ilaria Puliti 29 BERE MANGIARE RESPIRARE // Produttori e consumatori Biologico non basta. Genuino Utilizzata ormai arbitrariamente per legittimare l’ingresso di un prodotto sul mercato, l’etichetta “bio” è diventata sinonimo di roba bella, ben confezionata, ecofashion; tuttavia sappiamo che ciò che è bello non necessariamente è sano, giusto o sostenibile. Bio può essere anche sinonimo di grande industria e sfruttamento, può mascherare un furbo arricchimento volto a riproporre lo stesso sistema inquinante e ingiusto delle multinazionali. Da qui la scelta di genuino come alternativa a biologico, perché frutto di agricolture contadine che tutelano la terra, l’ambiente e la salute degli esseri viventi tramite l’esclusione di fertilizzanti, pesticidi, diserbanti e OGM, la riduzione dello spreco di acqua, della produzione di rifiuti, imballaggi e di emissione di gas serra. I prodotti sono freschi, fanno poca strada e per tutto il loro ciclo, dal campo al banco, vengono seguiti dalla stessa persona che incontriamo nei mercati GC. // MARZO 2014 Una pratica semplice, spontanea, riproducibile Un’esperienza che accomuna donne e uomini di ogni cultura da millenni: il mercato è la vera forza alla base di un’altra idea di economia che va a scardinare il sistema di consumo tradizionale e svincola i contadini dai sistemi ufficiali di certificazione, rendendo localmente visibili le responsabilità ambientali e la costruzione del prezzo. Il senso di GC infatti non esiste senza la vendita diretta, una pratica che conferisce protagonismo alle persone e rimette l’accento sulle relazioni e sulla comunità: è il rapporto che si instaura tra le persone a dar valore ai prodotti, e non viceversa. La relazione non si ferma al pezzo di carta o allo scontrino, ma è necessario conoscere chi produce le cose che arrivano sulla nostra tavola, costruire relazioni ed economie alternative che vadano oltre le folle fredde dell’ipermercato per ricucire un nuovo tessuto sociale. Con la vendita diretta viene abolita ogni forma di inter- 30 mediazione nel processo di distribuzione: chi compra e rivende può assumere una posizione di grande potere, sia per la possibilità di sfruttamento della manodopera, sia per la possibilità di attingere direttamente alle risorse imponendo una forma di produzione piuttosto che un’altra. Per questo, all’interno dei mercati GC ognuno vende solo ciò che produce, con una sana e allegra competizione per riuscire a produrre maggiore diversità. Sul piano dell’autotutela per difendersi da furbetti, disonesti e sfruttatori, e per garantire la totale trasparenza dei processi, parallelamente alle autocertificazioni sono stati messi in campo meccanismi di autocontrollo partecipato, un sistema suddiviso tra tutti i soggetti coinvolti in cui ognuno è responsabile di ciascuno, in base a regole condivise attraverso dinamiche assembleari e autogestite. Beni comuni e resistenza contadina Con il lancio della campagna TerraBeneComune5 il movimento GC non solo sostiene le scelte di ritorno alla campagna per attivare spazi di resistenza al sistema dominante, ma rivendica il diritto di accesso alla terra, un bene comune trasformato in una risorsa privilegiata destinata a investimenti, speculazioni e urbanizzazione a danno della produzione alimentare locale e delle possibilità per giovani precari e disoccupati di autoprodurre un reddito. Per questo GC si schiera dalla parte delle comunità in lotta contro la devastazione dei territori, per costruire un’alleanza tra movimenti urbani, cittadini e rurali, promuovere la condivisione di saperi sulla base di pratiche di auto-organizzazione, solidarietà, cooperazione, per il diritto all’autodeterminazione alimentare e a un lavoro che non sia sfruttamento. 1// Il manifesto di Genuino Clandestino e materiali di approfondimento sono disponibili all’indirizzo http://genuinoclandestino.noblogs.org/post/2013/11/04/genuino-clandestino-il-manifesto/. 2// A livello europeo esiste una normativa parallela che garantisce la regolarizzazione per i piccoli produttori attraverso la prassi dell’autocertificazione, tuttavia in Italia questa normativa non è stata recepita. 3// Di fatto, l’entrata in campo di centri di certificazione privata, istituzioni ed enti pubblici nel sistema di controllo e rilascio delle certificazioni non solo ha comportato un’eccessiva burocratizzazione del processo di produzione agricola, ma ha portato alla luce le contraddizioni interne al sistema stesso, che rischia di favorire l’ingresso sul mercato di prodotti tutt’altro che biologici, per il semplice fatto che il certificante debba pagare il certificatore per “diventare” regolare. 4// GC è un movimento antirazzista, antifascista e antisessista che attraverso il nome della campagna vuole denunciare lo sfruttamento lavorativo stagionale a cui sono sottoposti i fratelli e le sorelle migranti e le leggi razziste vigenti in Italia che li criminalizzano segregandoli nei CIE. 5// Per informazioni e approfondimenti sulla campagna TerraBeneComune: www.terrabenecomune.noblogs.org BARR!CATE Produttori e consumatori // BERE MANGIARE RESPIRARE Barletta: Lab_Aut Laboratorio Autonomo [email protected] Bologna: CampiAperti - www.campiaperti.org Firenze: TeatroContadino della Fierucola [email protected] Matera-Molfetta: Le Macerie Movimento Terre www.lemacerie - baraccheribelli.blogspot.it Milano: TERREinMOTO - [email protected] Napoli: La Ragnatela – www.ragnatela.noblogs.org Collettivo Teknes - [email protected] Nuoro: Associazione Biosardinia - www.biosardinia.it Orvieto: Centro di Documentazione Popolare di Orvieto www.cdporvieto.it Padova: Campi Colti – www.campicolti.noblogs.org Palermo: Associazione culturale Siqillyah - www.siqillyah.it Parma: Mercatiniera - Casa Cantoniera Autogestita www.casacantonierautogestita.blogspot.it Paternò (CT): Associazione di Promozione Sociale Saja www.saja.it Perugia: Terra Fuori Mercato [email protected] Projectz on Island - poi.oziosi.org Cooperativa Ponte Solidale - www.pontesolidale.org Soc. Agricola Semi Bradi [email protected] (Loc. Migianella, Umbertide) Pesaro: Oltremercato – [email protected] Piemonte: CCP Coordinamento Contadino Piemontese [email protected] Roma: terra TERRA – www.terraterra.noblogs.org La città dellutopia - www.lacittadellutopia.it Sicilia: Gruppo Permacultura Sicilia permaculturasicilia.blogspot.it Terni: Mercato Brado – www.mercatobrado.blogspot.it Torino: Comitato di Quartiere Vanchiglia www.comitatoquartierevanchiglia.net Germogliato – www.germogliato.noblogs.org Urupia (BR): Comune Libertaria Salento www.urupia.wordpress.com Ragusa: Mercatino Curtigghio Lebowski www.circololebowski.it Venezia: Spiazzi Verdi - www.spiazziverdi.blogspot.com Viterbo (Oriolo Romano): Ccampo www.ccampo.noblogs.org BARR!CATE // MARZO 2014 A partire dalle riflessioni proposte dal movimento Genuino Clandestino negli ultimi anni sono stati aperti diversi percorsi e tante sono le lotte intraprese da singoli lavoratori o collettività in nome dell’autodeterminazione alimentare e per la costruzione di un’economia alternativa. Parte di queste esperienze trovano espressione nelle scelte di ritorno alla campagna come risposta alla crisi del mercato del lavoro, come forma di resistenza in cui è ancora possibile aprire spazi di libertà per sganciarsi da logiche di profitto e dalla subordinazione al sistema capitalistico di stampo neoliberista. Una scelta che parte dalla consapevolezza che anche fare la spesa può diventare un’azione politica. Non basterebbe un intero numero di Barricate per presentare tutte le realtà – clandestine o meno - che solo nel territorio marchigiano si occupano di consumo critico e genuino ed economia solidale. Inoltre le pratiche sono tante e diverse quanto quelle degli agricoltori e degli artigiani. Ci concentriamo su alcune. Pratiche itineranti e creative, come quelle degli Infestanti, un collettivo di contadini, produttori e artigiani dell’entroterra di Pesaro-Urbino, che ha trovato modalità per portare in strada le proprie scelte di vita e produzione: le InFestazioni, vere e proprie feste che nascono spontaneamente tra la gente, nei mercati e nelle piazze, volte a valorizzare le arti contadine, riscoprire antichi mestieri dimenticati e, ovviamente, sapori genuini e frutti del proprio lavoro. Poi ci sono esperienze che, partendo dall’analisi dell’attuale contesto di crisi economica, hanno voluto creare un contenitore, un momento, una pratica che socializzasse la solitudine dei contadini, includendoli in una comunità, per dare valore alla relazione tra chi lavora e chi consuma, e avanzare proposte concrete per lo sviluppo di un’economia alternativa. Dai mercati terraTERRA di Roma a quelli di CampiAperti a Bologna, dall’OltreMercato di Pesaro al Mezzacampagna di Senigallia: sono alcune delle realtà che hanno lanciato questa sfida nei territori in cui vivono, con l’intento non solo di promuovere la cultura del cibo biologico per creare un auto-reddito contadino, ma anche di sviluppare consapevolezza e autocoscienza. È attraverso laboratori di auto-produzione e riciclaggio, orti sociali e autogestiti, controinformazione e momenti di dibattito che si costruisce il collante funzionale ai principi di solidarietà sociale. Sono stati attivati percorsi particolari, a seconda delle esigenze dei territori, fatti di condivisione di pratiche, assemblee e mercati, cene sociali e feste pagane per bambini e adulti, iniziative di mutuo aiuto anti crisi e sostegno alle auto-produzioni artigiane, che con cadenza periodica da alcuni mesi si riversano negli spazi sociali delle nostre città come l’OltreMercato del C.S.A. Oltrefrontiera (Pesaro), il GranMercato e il MercatoBio Mezzacampagna dello Spazio Autogestito Arvultùra (Senigallia). 31 BERE MANGIARE RESPIRARE // Racconto breve PROCESSO (NON PROPRIO GENUINO) AL CLANDESTINO // MARZO 2014 Mauro Ferri 32 “In piedi. Entra la Corte.” Il rumore sordo e disordinato del pubblico, degli imputati e degli avvocati che si alzavano accompagnò l’ingresso dei giudici nell’aula austera del tribunale, con i legni e le trabeazioni classicheggianti che si perdevano in alto, dove le capriate rimanevano avvolte nella semioscurità e da dove calava una specie di nebbia schiumosa che permeava ogni cosa con un sentore di stantio. La Corte prese posto sugli scranni più alti, sotto un grande simbolo della bilancia in equilibrio, il piatto di sinistra a reggere il logo del Copyright e quello di destra a sostenere una freccia di diagramma sparata al cielo che simboleggiava la vertiginosa crescita del PIL. “Leggo le accuse” disse il giudice con tono severo “gli imputati rimangano in piedi.” Accompagnato dall’eco frusciante di chi è stato autorizzato a rimettersi a sedere, l’uomo di legge proseguì: “Siete accusati di aver contravvenuto alle norme che riguardano la trasformazione e il confezionamento dei prodotti alimentari, della mancata applicazione dei marchi di certificazione, nonché della loro irregolare commercializzazione. Tutto ciò fa di voi dei clandestini. Vi dichiarate colpevoli o innocenti?” Il giudice si tolse gli occhiali e guardò la fila di imputati in piedi alla sbarra. Otto clandestini che lo fissavano per nulla intimoriti, anzi, orgogliosi delle pesanti accuse che erano appena state proferite. Il pane sembrava quasi sorridere, con il suo sguardo bonario; il vino ostentava soddisfatto il suo bel colore invitante, nella bottiglia priva di etichetta; l’unguento per la pelle mostrava un distacco olimpico, il sacco di farina perdeva sbuffi biancastri e sembrava solo chiedere di potersi finalmente sedere, l’uovo gestiva con dignità il suo precario equilibrio, il miele si era indurito in un freddo silenzio e la marmellata di peperoni piccanti fissava incazzata la parete alle spalle dei giudici. La irritava terribilmente la scritta sotto la bilancia: Servizio di giustizia certificato isonovemilaerotti. E poi, quasi fosse una firma, la sequenza dei più noti loghi delle multinazionali planetarie, quelli che non hanno bisogno di scritte per essere riconosciuti, tutti raggruppati sotto l’odiosa frasetta Questo servizio è stato presentato da... “Allora? Come vi dichiarate?” ringhiò il giudice dopo aver atteso ben cinque secondi. “Colpevole!” affermarono con orgoglio tutti e otto in sequenza. “No!” sembrò piagnucolare l’avvocato difensore, che scattò in piedi rivolto al giudice. “Vostro onore, non liquidi la cosa con questa semplice ammissione di colpevolezza. Ammettono la clandestinità, ma per orgoglio e per necessità. Prima di formulare un giudizio, cerchiamo di capire meglio.” Il giudice si rivolse agli imputati: “Siete andati all’Asl a chiedere quello che potevate vendere e come andava fatto? Siete andati all’ente certificatore a chiedere se eravate biologici? Siete andati al consorzio di tutela a chiedere di mettere il bollino sul vostro vino? No! la vostra risposta è sempre no! E allora” girò lo sguardo sul difensore “cosa c’è da capire, avvocato? Hanno infranto la legge e si sono dichiarati colpevoli.” “Non sono solo clandestini.” “Ah, no? E cos’altro sono?” “Sono genuini.” “È un termine giuridicamente senza senso” lo rimbrottò il giudice “per essere prodotti, confezionati e commercializzati, i generi alimentari devono seguire le norme di legge, se vogliono dichiararsi biologici, devono farsi certificare. Genuini o meno che siano.” “Con il nostro gesto” disse perentorio il miele “vogliamo denunciare un insieme di norme ingiuste che equiparano i BARR!CATE Racconto breve // BERE MANGIARE RESPIRARE I dialoghi degli imputati sono liberamente tratti dal documento “CampiAperti - Riflessioni su 10 anni della nostra storia È possibile un’altra economia?” reperibile sul sito www.autistici.org/campiaperti. Nel gioco narrativo non ho esaurito gli argomenti da trattare sul tema genuini/clandestini. In particolare meritano considerazione i temi legati all’accesso alla terra, al nuovo modo di fare economia, alla sovranità alimentare. Ci ritorneregmo. Mauro Ferri Altoatesino capitato a Roma per approdare infine sulle coste di Pesaro, è editorialista di Barricate dal primo numero, segue i temi ambientali (impronta ecologica e qualità del cibo che consumiamo, con particolare riguardo al biologico e alla zootecnia) e quelli fiscali e amministrativi (debito da rapina e fisco incostituzionale). Si occupa di marketing e di comunicazione, cura i servizi letterari per l’editoria e collabora a un Laboratorio di Scrittura narrativa a Forlì. Ha pubblicato quattro romanzi (Scambi d’identità, Foschi Editore, 2006; La Campana di Mezzocammino, Foschi Editore 2008; Il Selettore, vincitore del premio letterario Casentino 2010, ripubblicato nel 2013 con NeàTrofè; Oltre la fenditura, finalista nel 2012 al premio letterario “Le misure del tempo” e pubblicato nel 2013 con NeàTrofè. Ha da poco ultimato il quinto romanzo (Qart-Hadasht, la quarta guerra punica). BARR!CATE // MARZO 2014 prodotti contadini trasformati a quelli delle grandi industrie alimentari e ci rendono fuorilegge.” “E poi” aggiunse la farina tra sbuffi biancastri “basta con il cosiddetto ‘biologico’, che può essere anche industria, può essere sfruttamento, alienazione, oppressione. Biologico può voler dire furbo arricchimento, logiche del capitale, green business, ecolabel. Biologico spesso ripropone, esteticamente rivisitato, lo stesso sistema inquinante e ingiusto che vogliamo combattere!” “Le leggi servono per tutelare i consumatori” ribadì il giudice “la loro salute; le certificazioni garantiscono la qualità. Che cosa garantite, voialtri clandestini?” “Abbiamo un protocollo di autocertificazione” disse deciso il pane “per difenderci dagli sfruttatori e dagli imbroglioni abbiamo dovuto inventare un sistema di autocontrollo.” Fece una breve pausa. Poi ammise: “É vero, all’inizio pensavamo che la relazione diretta tra chi produce e consuma generasse spontaneamente una forma di garanzia e controllo. Abbiamo purtroppo constatato sul campo che non è così, che quando si aprono spazi di mercato arrivano gli approfittatori, perché purtroppo le persone disoneste esistono anche fra i contadini biologici, certificati o meno. Da noi ognuno è responsabile dell’affidabilità di ciascuno. I problemi di controllo sono problemi di tutti. ‘Controllo partecipato’ si potrebbe chiamare, ovvero un sistema di garanzia affinché le regole che ci siamo dati siano rispettate.” “Ma perché non vi limitate a rispettare quelle della legge? A quanto leggo dai vostri atti, sono anche più permissive.” “No, se vogliamo essere genuini” intervenne il vino “le nostre regole sono in opposizione alle vostre leggi, perché le leggi dell’industria e del consumo vietano ciò che non giova all’industria e al consumo.” “Quello che dice è eretico, imputato!” tornò a ringhiare il giudice. “Semplicemente” intervenne l’unguento per nulla intimorito “abbiamo deciso di non accettare le regole ingiuste che la legge ci impone e di inserirne altre che riteniamo fondamentali.” “Fondamentali per cosa?” “Per essere genuini, ovviamente.” “Imputata pasta fresca, perché sarebbe genuina?” “Perché sono fresca, lo dice il mio nome, e ho fatto poca strada.” “E lei, marmellata?” “Perché sono stata coltivata e lavorata in piccole aziende biologiche.” “E lei, uovo?” “Perché dall’allevamento (all’aperto) fino al banco è stata la stessa persona a seguirmi e a prendersi cura di me, con le sue mani.” “E perché quella persona è al mercato, per vederci” incalzò il pane. “Vostro onore” disse con voce pietosa l’avvocato difensore “circa il 20% dei prodotti venduti nei mercati di Campi Aperti sono fuorilegge. Una realtà che non può essere ignorata!” “Appunto!” disse il giudice e tirò una martellata sull’incudine dello scranno per annunciare che avrebbe emesso la sentenza. L’eco turbò appena la schiumosa nebbiolina che calava dall’alto. 33 // MARZO 2014 LINGUAGGI GRAFICI // Squaz 34 BARR!CATE // MARZO 2014 Bicio Fabbri // LINGUAGGI GRAFICI BARR!CATE 35 BERE MANGIARE RESPIRARE // Agricoltura COLTIVARE IN ARMONIA CON LA NATURA Un orto-giardino sinergico condiviso a Prunaro di Budrio // MARZO 2014 Mara Armaroli 36 Quest’avventura l’ho intrapresa con Floriano Fabbri e Roberto Tinarelli alcuni anni fa, nel paese in cui viviamo e dove insieme abbiamo dato vita al progetto. Prunaro, una frazione di Budrio (Bo), è una zona abitata già in tempi preistorici e protostorici. In questo piccolo paese, in un tempo non troppo remoto, si potevano trovare un negozio di generi alimentari, una pizzeria, un bar e naturalmente la chiesa, l’unica rimasta immutata dal 1600. La presenza di una grande azienda all’interno del paese rendeva possibile l’esistenza di queste attività commerciali e -di riflesso- di una pur minima vita sociale; con il fallimento di questa, a catena, è venuto a mancare tutto e la frazione si è trasformata in un paesedormitorio. Gli anziani, che in qualche modo sono sempre stati presenti sul territorio, se ne stanno andando e io, essendo “autoctona”, ho sentito l’esigenza e anche il dovere di fare qualcosa per animare Prunaro. L’idea è stata creare un orto-giardino condiviso nel cuore del paese, dove tutti possono vederlo; il luogo identificato era una zona abbandonata, ormai adibita a discarica di materiali inerti. L’idea é nata per un’esigenza di riavvicinamento alla terra e per scommettere su una produzione di cibo locale con l’obiettivo di contribuire, nel nostro piccolo, alla lotta al surriscaldamento del pianeta causata anche dalla struttura agroalimentare imperante caratterizzata dalle filiere lunghe e complesse, che comportano enormi distanze e molti passaggi a separare produttori e consumatori. L’ orto giardino condiviso è un’esperienza molto bella ed entusiasmante, che consiglio a tutte le persone che hanno voglia di cambiamento. La nostra comincia nel lontano 2006, con un prototipo di orto a casa di Roberto, seguendo il metodo dell’agricoltura sinergica. Metodo di coltivazione basato su pochi e semplici principi secondo i quali “viene restituito alla terra, in termini energetici, più di quanto si prende, promuovendo i meccanismi di auto-fertilità del suolo”. I prodotti con il metodo sinergico hanno una diversa qualità, un diver- BARR!CATE Agricoltura // BERE MANGIARE RESPIRARE clei sono diventati 24, le persone che si sono aggiunte provengono anche da paesi limitrofi o da Bologna. Siamo un gruppo formato da persone anagraficamente e culturalmente diverse tra loro, ma questo secondo me è un punto di forza e di crescita personale. Regolarmente facciamo feste all’orto e, quando invitati, andiamo a parlare della nostra esperienza e a dare indicazioni su come procedere alla creazione di un orto condiviso. L’esperienza di Prunaro è certamente riproducibile in altri contesti geografici, utilizzabile per le visite guidate e per la promozione delle tecniche adottate. Maggiori informazioni sull’orto di Prunaro possono essere richieste a Floriano Fabbri ([email protected]), referente del Circolo di Budrio e dei Comuni delle Terre di Pianura dell’associazione E.C.O. Dal sito www.associazione-eco.it è scaricabile un opuscolo con indicazioni sulla creazione di un orto sinergico. illustrazione di Bicio Fabbri BARR!CATE // MARZO 2014 so sapore, maggiore resistenza agli agenti patogeni e il tutto con limitati interventi sul terreno e sulle piante, in linea con i principi di sostenibilità. A quel punto abbiamo presentato il nostro progetto, tramite l’associazione E.C.O., al Comune di Budrio, abbiamo stilato un regolamento e abbiamo iniziato a coinvolgere i cittadini interessati. L’ Amministrazione Comunale ha stipulato una convenzione con l’Associazione E.C.O. e ci ha dotato dell’allacciamento dell’acqua per l’irrigazione, la recinzione dell’orto e fornito le piante per le siepi della zona perimetrale e piccoli alberi da piantumare in un parco adiacente all’orto. Della manutenzione di questo parco ci occupiamo noi, gestori dell’orto. Nel febbraio del 2009 siamo partiti in dodici nuclei familiari. Abbiamo iniziato la bonifica del terreno sotto la “sorveglianza” degli anziani del paese, i quali scommettevano che non saremmo riusciti a ottenere nulla, tanto il terreno era impervio. Abbiamo provveduto a preparare i bancali che sono fondamentali per creare un orto sinergico e abbiamo installato l’irrigazione “goccia a goccia”. A maggio dello stesso anno abbiamo cominciato a raccogliere e gustare i nostri primi ortaggi. La condivisione sta nel lavorare insieme per creare gli orti per i nuovi arrivati e mantenere la parte comune, dove abbiamo piantato alberi da frutto, e la siepe perimetrale; in seguito, ogni nucleo semina e gestisce il proprio raccolto attenendosi sempre alle regole del sinergico. Usiamo macerati di erbe per difendere le piante da parassiti e per aiutarle nella crescita fino a quando il terreno non sarà completamente in equilibrio. Ogni decisione la prendiamo tramite l’assemblea dell’orto, non c’è una persona preposta a indicare le vie da percorrere, ma siamo tutti “sperimentatori”, naturalmente attenendoci sempre al regolamento. Oggi i nu- 37 BERE MANGIARE RESPIRARE // Libri IL PANE, LA PENNA, LA LIBERTÀ Vi raccontiamo il libro-manifesto di Ivan Fantini che pubblicheremo nella collana narrativa delle Edizioni Barricate Italo Campagnoli // MARZO 2014 Sapevamo che Ivan Fantini è grande un cuoco, un accanito lettore e un libero raccoglitore (Barricate n. 5, anno 1°), ma che fosse anche uno scrittore di talento non lo sospettavamo. Il suo romanzo “Anonimo tra gli anonimi”, scaricabile liberamente e gratuitamente dal suo blog, ha la forza di un manifesto politico, la poesia di una vita vissuta intensamente e una scrittura curata e attenta. Fantini scrive così come cucina, trattando ogni singola parola con la stessa dedizione e amore con cui manipola e soppesa gli ingredienti dei suoi piatti, mettendo la massima attenzione in ogni gesto, operando scelte meditate, coerenti e geniali. Il romanzo, diviso in tre parti, utilizza e alterna sagacemente il linguaggio narrativo e quello intimistico risucchiando il lettore dentro una storia che per tanti aspetti è comune a tutti noi, perché è la storia dell’oggi. Proponiamo qui di seguito tre estratti, uno per ogni parte del libro. 38 L’ATTINENZA (…) Entrò solo nella sala. Con passo deciso raggiunse il palco e il tavolo dei relatori. Salì i pochi gradini con le gambe tremanti, la tensione era visibile. Si fece silenzio. Fu presentato assieme agli altri invitati dal presidente della Regione. Era l’ultimo della fila sulla sinistra, al suo fianco un Critico d’Arte Gastronomica, il Rappresentante di una Compagnia Teatrale, l’Assessore alle Attività Turistiche della Regione, il Rappresentante dei Coltivatori Diretti e uno Chef Stellato. Tentò visibilmente di controllare la tensione fino al momento del suo intervento. Quando fu il suo turno voltò lo sguardo verso il finestrone sul lato destro della sala, poi, come distaccato cominciò: “mi avete invitato per deridermi ulteriormente, per ridicolizzarmi definitivamente, per darmi il colpo finale... Eccomi ” La platea si guardò attonita, così pure i relatori al suo fianco “è questo che volete” Incalzò “come volete il collasso di tutto, dei significati, del linguaggio, dei valori, dell’arte gastronomica, altrimenti non si spiegherebbe un convegno in pieno inverno sull’uso e il valore del pomodoro con tutte queste ce- lebrità! Ci state riuscendo. Ovunque guardo, ovunque vado, trovo intrattenimento e finzione, come qui... ora, e questo vi basta per farvi sentire gli artefici e gli artisti. Siete gentaglia... che aspetta solo di essere stupefatta e di stupire, cercate la quantità e non la qualità, indirizzate il vostro corpo ovunque ci sia uno schermo, la bocca aperta e la pancia piena, non vedete altro, non considerate il dolore, cercate il piacere guardando lo schermo, istupiditi da queste persone che guadagnano milioni e consenso con patetici programmi gastronomici, fate parte dell’epidemia, della peste che diffondete inesorabilmente, avete la frenesia per l’invenzione, per l’arte senza gli artisti, state allevando cuochi che non cucinano per educare ma contraffattori che cucinano per soddisfare il vostro cattivo gusto, il cattivo gusto dei vostri giudici, avremo persone che s’istruiranno da sole, consumando pasti a sei euro e cinquanta e acquistando semilavorati per imitarvi, illudendosi di imitarvi in quest’idea romantica di saper cucinare come...” BARR!CATE Libri // BERE MANGIARE RESPIRARE percorso senza spiegazioni, senza giustificazioni, solo vino e fumo a impregnare bocca e testa, abiti e pareti basse. Mi faccio lordo, ostinato, destinato, perdo di giorno in giorno il gesto che assegna la dignità al mestiere di vivere, continuo un processo d’annullamento all’incontro, non urgono fiati vomitati, parole vuote, retoriche e umilianti. Rimango al cospetto del buio imbrattato di peli ispidi, aggiungo abiti ad abiti, armadio alla mia deplorevole magrezza, per ovviare a un freddo lancinante che mi invade a ogni ora tra inciampi e scabrosa disinvoltura. Resta urgente il bisogno che angoscia e pensiero non si leghino, una strenua speranza tra innumerevoli offese, cumuli d’ansia e smarrimento. (…) L’ASSENZA (…) Non ho appetito, avrei bisogno di parole, parole scritte, per sapere cosa succede al di fuori di questo corpo interrotto, che cede. Accumulo dolore e superbia nel ricordare un panno bianco sporcato da un leggero rossetto appena accennato, non sporco più la carta bianca, mi sento naufragare e non cerco appigli. Impreparato, tutto appare interminabile e terribile, un incidente di Ivan Fantini, cuoco e pensatore severo degli ingredienti, critico geopolitico della cucina, contadino. Prima di dedicarsi al lavoro di raccoglitore e preparatore di confetture varie, tra le sue molteplici attività ricordiamo atti performativi, installazioni di ingredienti, installazioni e manipolazioni gastronomiche, spettacoli, relazioni e interventi pubblici, gestione di spazi. http://ivanfantini.blogspot.it/ Contatti: [email protected] BARR!CATE // MARZO 2014 Fece una breve pausa, alzò lo sguardo sull’orizzonte della platea, le mani allentavano cravatte, le poltrone sembravano scottare, i movimenti degli astanti erano continui, le braccia grattavano teste calve imperlate di sudore, riprese. (…) L’URGENZA (…) Scesi nel campo e tagliai un cappuccio viola da destinare all’insalata con le orecchie, presi dal pozzo una tanica d’acqua per la bollitura della lingua e del cuore. Salii e accesi le candele, riempii un tegame capiente con l’acqua e affettai sottilmente il cavolo che misi a bagno con sale e aceto di vino bianco. Scolai i piedini, le orecchie e il polmone, avvolsi quest’ultimo in un panno e lo misi sotto peso per togliere i liquidi in eccesso al suo interno. Stesi i piedini e le orecchie su un tagliere e con una bacinella d’acqua fredda vicino cominciai a separare i tendini, la cotica e la poca carne dalle ossa dei piedi. Li condii con pepe rosa, maggiorana e barbabietole rosse che conservavo in barattolo, li misi in un piatto fondo sotto peso. Presi le orecchie e le tagliai per il loro verso in modo da alternare pelle e cartilagini, poi le condii con il cappuccio viola scolato dalla sua acqua di governo che aggiunsi al liquido di cottura dei piedini per ottenere, una volta fredda, una gelatina colorata. (…) 39 // MARZO 2014 2014 LINGUAGGI GRAFICI // Marina Girardi 40 BARR!CATE // MARZO 2014 Marina Girardi // LINGUAGGI GRAFICI BARR!CATE 41 // MARZO 2014 LINGUAGGI GRAFICI // Marina Girardi 42 BARR!CATE // MARZO 2014 Marina Girardi // LINGUAGGI GRAFICI BARR!CATE 43 LA CULTURA DIETRO LE RIGHE // Arte GRAFICA DI PUBBLICA BONTÀ Manipolare, creare, condividere. Punti di incontro tra estetica ed etica nel processo creativo del grafico Massimo Dolcini nell’arte della cucina e della comunicazione visiva // MARZO 2014 Maria Chiara Ballerini 44 “Quella che sul piano soggettivo è la felicità, sul piano oggettivo coincide con la realizzazione della propria essenza”. Tra le parole di Socrate arrivate fino a noi, questa definizione della felicità sembra rispecchiare l’opera e la vita di Massimo Dolcini, come del resto il pensiero stesso della filosofia socratica. Per la vocazione del grafico pesarese all’insegnamento inteso come metodo maieutico, per il connubio realizzato tra arte, etica e verità, e anche (forse soprattutto) perché felicità consiste nel fare ciò per cui ciascuno di noi è stato programmato per fare. Massimo Dolcini è programmato per comunicare. Come artista, come docente, come essere umano. Passione, ricerca, osservazione, manipolazione e creazione. Le fasi del processo creativo si assomigliano in tutte le arti. Ma ne esiste una, unica a coinvolgere tutti e cinque i sensi, che prevede una fase supplementare imprescindibile. L’arte culinaria nasce dalla passione per il cibo, passa attraverso la ricerca degli alimenti, l’osservazione per decidere cosa dovranno diventare, la manipolazione della materia e la creazione del piatto. Ma non finisce qui. Dulcis in fundo giunge l’assaggio. La condivisione dell’opera. Il vero obiettivo di un cuoco che non consideri il proprio lavoro un mero sfoggio d’abilità, è l’assaggio condiviso. L’atto di cucinare non è atto creativo fine a se stesso, ma gesto che presuppone l’amore per gli altri, poiché per gli altri si cucina, siano questi “al- BARR!CATE gestualità della memoria, diventa veicolo di contenuti e significati altri. Dolcini “Non è un advertiser … non crede in una grafica che vuole sedurre, convincere, che vuole far consumare. Crede e lavora su una grafica che comunica e informa.”2 Racconta qualcosa che i destinatari ancora non sanno, ma possono intuire grazie all’uso emotivo di un linguaggio originario e riconoscibile, anche se manipolato e trasformato fino all’ermetismo o al surrealismo. Tra mani, martelli, cazzuole, barattoli, chiavi, penne, vasi, forbici, piante (quante le piantine verdi per parlatri” anche soltanto una ristretta cerchia di amici e fami- re di vita…) e attrezzi dalla funzione ordinaria, anche le posate assumono valenza evocativa, diventando una liari. Anche la grafica di pubblica utilità, ovvero una comu- rete che dà fondamento scientifico alla “casalinghità” nicazione che non sia al servizio solo dell’estetica ma e suggerendo che il modo migliore di proporre la freanche del vivere civico, non esiste per se stessa. La co- quentazione di una biblioteca non è presentarla come municazione va per sua natura verso gli altri e, per rag- un algido tempio della cultura, bensì servirla apparecgiungerli, utilizza un linguaggio conosciuto e riconosci- chiata di tutto punto, oppure aprirla come un barattolo bile per trasmettere informazioni, significati, messaggi. di conserva per farne uscire libri golosi da gustare. Una enorme zucca diventa contenitore In questo senso è mossa da un prodi meraviglie per i bambini, la parte cesso creativo che più degli altri si Dolcini mostra finale di un pesce si trasforma in un avvicina a quanto accade in cucina. apribottiglie, la testa umana in una Come il maestro Michele Provinciali l’evoluzione mela verde con le orecchie. (da cui trae e rielabora la poetica af- contemporanea del fettiva degli oggetti) era figlio di un progetto con una strategia Con lo stesso metodo, rigoroso fino al rituale, che dal gesto di seminare pasticcere, Massimo Dolcini è figlio di un ristoratore (un caso?) e respira comunicativa che colpisce una piantina nel proprio orto porta alla realizzazione di un piatto e traaria di cucina fin dall’infanzia, osser- l’immaginazione e sforma la materia dalla sussistenvando il processo creativo di mani lascia in mente quesiti za all’invenzione, Dolcini combina che trasformano gli alimenti, svilupda scoprire o lasciarsi e trasforma gli elementi-alimenti pano idee, sperimentano varianti e in una poetica che raggiunge forza abbinamenti e infine servono qual- raccontare espressiva chiamando in causa il cosa che non è solo un piatto, ma coinvolgimento e la partecipazione attiva ed emotiva una sintesi di emozioni tra generosità e fiducia. La produzione artistica di Dolcini è ricca di immagini dell’osservatore destinatario affinché colga il concetto legate al cibo, a partire da illustrazioni e marchi realiz- che l’autore vuole esprimere, usando le immagini come zati per aziende del settore. Ma i riferimenti alla cucina, parole polisemiche. siano alimenti o strumenti, entrano spesso nelle opere quando non sono i diretti interessati. I processi che portano alla realizzazione dell’opera nell’uno o nell’altro caso sono ben diversi, anzi opposti: il cibo per parlare d’altro, altro per parlare del cibo. I manifesti realizzati per il Comune e per le organizzazioni sociali e culturali di Pesaro, che hanno raccontato per immagini la vita della città tra il 1971 e il 1985, rappresentano uno dei casi più importanti in Italia per la progettazione dell’immagine di un’amministrazione. Essi rivelano “la capacità di comprendere problemi politici anche di natura complessa e di trasmetterli per immagini anche attraverso un processo di semplificazione mai banale … un processo che tendeva a trasferire la ‘grafica pubblicitaria’ nella ‘comunicazione di pubblica utilità’, piegandola alle esigenze di quest’ultima.”1 Nei manifesti cittadini ricorre spesso l’immagine di alimenti o utensili legati alla cucina. Osservato nel suo contesto e poi decontestualizzato, l’oggetto familiare, di uso comune, che rimanda ad azioni quotidiane e alla // MARZO 2014 Arte // LA CULTURA DIETRO LE RIGHE BARR!CATE 45 LA CULTURA DIETRO LE RIGHE // Arte Di segno inverso il processo creativo quando gli argomenti cibo e cucina sono affrontati direttamente. Invece che far emergere elementi legati alla memoria e alla quotidianità, Dolcini compie l’operazione contraria. Parte dall’essenza significante del prodotto e, in un processo che passa dall’analisi alla sintesi, gli dà forma geometrica dal tratto netto e deciso che denota la sicura consapevolezza del punto di partenza e del punto di arrivo. Un concept ben preciso che, da comunicatore, trasmette ai progettisti collaboratori che traducono l’idea in immagini. Nel caso della realizzazione del marchio di una azienda agricola, laddove la comunicazione tipica del marketing è solita sfruttare immagini di un passato idilliaco, lo studio Dolcini non segue la strada semplice dell’esistente, ma mostra l’evoluzione contemporanea dell’argomento in questione, cercando una strategia comunicativa che colpisca l’immaginazione e lasci in mente elementi concettuali e quesiti che, volendo, potranno essere razionalmente e coerentemente spiegati. Ed ecco la pianta del convento di Montebello diventare, in forma di un quadrato aperto, il marchio dell’azienda di produzione biologica Montebello bio, e i cerchi neri disegnati per il concorso Easy Cooker alludere a padelle sintetizzate nel loro essere rotonde. Il discorso si fa criptico, bisogna scoprirlo. Oppure solo chiedersi: cos’è? Con sommo piacere ci verrà raccontato e spiegato, finché non ci sembrerà la cosa più semplice e geniale del mondo. E forse penseremo che, se è felice colui che nella vita fa ciò per cui è stato programmato per fare, ancora più felice è l’artista, perché “se mai esiste un modo, a parte l’esperienza religiosa, per esorcizzare l’idea della morte, l’arte è quel modo.”3 Immagini come parole polisemiche di un linguaggio originario e riconoscibile, pur manipolato e trasformato fino all’ermetismo o al surrealismo Fruizione sensoriale di una biblioteca apparecchiata di tutto punto 1// Massimo Dolcini, intervistato da Emilia Pasqualetti. 2// Alberto Ridolfi, dal catalogo “Grafica Utile”, a cura di Marta Alessandri, Marcello Dolcini, Luigi Panzieri. 3// Gianfranco Mariotti, ibidem. // MARZO 2014 Dolcini combina e trasforma gli elementi-alimenti in una poetica che raggiunge forza espressiva invitando alla partecipazione attiva e al coinvolgimento emozionale 46 BARR!CATE Arte // LA CULTURA DIETRO LE RIGHE “Dolcini era un creativo in tutto, metteva professionalità nella conserva dei pomodori e spontaneità nella comunicazione sociale” (Silvia Veroli, Alias n. 27). “Massimo aveva nella sua mente un bagaglio di immagini legate al cibo, perché la sua produzione di illustrazioni ne è ricca... come mille altre iniziative che si è inventato mescolando clienti e contaminando settori apparentemente impermeabili” (Angela Scatigna). L’immagine è di Leonardo Sonnoli, Dolcini Associati. Massimo Dolcini (Pesaro, 1945-2005) ha iniziato la professione di grafico nel 1969, anno in cui si è diplomato al Corso Superiore di Arte Grafica di Urbino, dove è stato allievo di Albe Steiner e di Michele Provinciali. Dal 1969 al 1984 ha insegnato a periodi alterni nella città urbinate, Fotografia e Grafica presso l’ISIA (1969-74) e Fotografia presso l’Accademia di Belle Arti (1974-84). Nel 1971 ha avviato con il Comune di Pesaro un rapporto di consulenza che ha costituito, per quel periodo, un caso unico in ambito internazionale di progettazione dell’immagine di una amministrazione locale. Sin dagli inizi il lavoro di Dolcini e dello studio Fuorischema si è infatti caratterizzato per la specializzazione nella “grafica di pubblica utilità”, fornendo prestazioni ad enti locali, partiti politici, organizzazioni sociali e culturali. Nel tempo è cresciuto l’interesse internazionale sulla comunicazione di Massimo Dolcini. Suoi lavori sono stati esposti nella mostra Images d’Utilité Publique, allestita al Beaubourg di Parigi nel febbraio-marzo 1988, ed altre. Nel 1981 Fuorischema, affiancato per un breve periodo da M&M, ha iniziato ad acquisire come clienti aziende private, con consulenze d’immagine di natura complessa. L’operatività di Dolcini e dei suoi collaboratori si è aperta ad un campo professionale più allargato e a nuovi strumenti, mutuati dalle agenzie di comunicazione, iniziando un percorso che ha portato, nel 1992, alla nascita di Dolcini associati srl. Nell’arco di un lavoro durato trent’anni, Massimo Dolcini ha trasformato la sua figura professionale da “grafico condotto”, come amava definirsi - cioè da operatore impegnato in prima persona nel progetto sociale in cui immetteva tutto il suo talento creativo - a “imprenditore della comunicazione”, curando con i committenti l’impostazione del progetto con le relative strategie di comunicazione e delegando la realizzazione creativa ai collaboratori cresciuti nelle sue strutture. Dagli anni ’90 Massimo Dolcini ha continuato la sua attività di docente insegnando all’ISIA di Urbino Sistemi grafici. Biografia tratta dal catalogo “Grafica Utile”, a cura di Marta Alessandri, Marcello Dolcini, Luigi Panzieri Tutti i manifesti di Massimo Dolcini sono reperibili sul sito www.archivio.massimodolcini.it BARR!CATE // MARZO 2014 L’oggetto di uso comune, che rimanda alla funzione ordinaria e alla gestualità della memoria, assume valenza evocativa e diventa veicolo di significati altri 47 LA CULTURA DIETRO LE RIGHE // Cinema IL MAGNIFICO PARADOSSO Il bianco e nero tra astrazione e realismo // MARZO 2014 Massimiliano De Simone 48 Nel campo fotografico, il bianco e nero inteso come netta contrapposizione tra due valori assoluti non esiste. La tonalità dominante è il grigio. La funzione fondamentale della luce, combinata con la scenografia, i costumi, il taglio dell’inquadratura, consiste nel graduare la scala dei grigi e produrre senso ed emozione. Così come non esiste il cinema muto, imprecisa etichetta trovata dall’italico genio per indicare film in cui i personaggi, in verità, tra loro parlano. Caso mai è lo spettatore che non riesce a sentire: si tratta di una sua mancanza e di un limite della tecnica cinematografica. Infatti, la dicitura corretta e internazionalmente riconosciuta definisce questi film silent movie. Esistono invece modi diversi di percepire il reale e la sua rappresentazione. Modalità percettive costruite su modelli culturali dominanti, condizionate dagli sviluppi o dai ritardi della tecnologia e da motivazioni economiche. Si è sedimentata nel nostro immaginario collettivo anche una percezione cromatica dello scorrere del tempo, per cui il passato è immancabilmente in bianco e nero (BN) o seppiato. Nel cinema, il BN ha assolto convenzionalmente due funzioni tra loro opposte. Ridurre un mondo a colori ad una - comunque complessa - alternanza di luce e di ombra, volumi e linee, significa sintetizzarlo, renderlo nella sua essenzialità, consegnarlo a una dimensione astratta. In questa direzione si sono mosse sia le avanguardie storiche (surrealismo) sia l’espressionismo tedesco. Un maestro del cinema come Bergman ha spesso illuminato i suoi film con un BN intriso di senso dell’assoluto o spinto fino a rappresentare un feroce scandaglio psicologico per i personaggi. La luce e l’oscurità sono portatrici di senso nel noir, genere in cui, scrostata la superficie dell’intrigo poliziesco, risalta in chiaroscuro una visione del bene e del male adattata alle metropoli moderne. Ma il BN richiama immediatamente anche il neorealismo italiano, i film di Rossellini e di De Sica, e un impianto narrativo e visivo teso a raccontare la realtà del dopoguerra per come si manifesta; con modalità differenti, con personaggi presi dalla strada e con la macchina da presa fuori dalle comodità degli studi e piazzata nei luoghi reali. In quel contesto storico e sociale, il BN è il mezzo capace di aderire più autenticamente al reale. Lo stesso uso ne avevano fatto i cinegiornali di guerra. I notiziari per il cinema dovevano prima di tutto informare, essere presenti dove si svolgeva il fatto, e di conseguenza l’attenzione per il dato tecnico (luce, inquadratura, allestimento, qualità della pellicola) era minima. Il BN era la certificazione del realismo e della natura documentaristica del prodotto cinematografico. Si tratta evidentemente di una convenzione riconducibile a quello specifico contesto. Oggi, quegli stessi elementi di autenticità e di presa diretta con il reale sono riprodotti con i mezzi della moderna tecnologia: il colore, la videocamera a spalla, l’assenza di un operatore, il modo di girare sporco. Contemporaneamente, segno d’astrazione più pura e di realismo più immediato: questa la natura ambigua, ma soprattutto potente, del BN. Eppure è stato “per quattro decenni una semplice mancanza dovuta a una tecnologia imperfetta”1. Sin dalla sua nascita, il cinema, mezzo ideale per la duplicazione della realtà, si è pensato a colori, ricorrendo a tinture, viraggi, monocromie. Tutti tentativi di colorazione artificiale che riducevano il BARR!CATE Cinema // LA CULTURA DIETRO LE RIGHE 1// Vieri Razzini, “Bianco e nero, Enciclopedia del Cinema”, Treccani (2003) 2// John Belton, “Il colore: dall’eccezione alla regola, Storia del cinema mondiale”, Utet, 2009 Vieri Razzini, Bianco e nero, Enciclopedia del Cinema, Treccani, 2003 Paolo Cherchi Usai, Saper vedere in bianco e nero, Segnocinema n. 175 John Belton, Il colore: dall’eccezione alla regola, Storia del cinema mondiale, Utet, 2009 R. Arnheim, Visual thinking, Berkeley-Los Angeles 1969 (trad. it. Torino 1974) F. Truffaut, Il piacere degli occhi, Marsilio Editori, 1988 Daunbailo’, Jim Jarmush, USA, 1986 Dead Man, Jim Jarmush, USA, 1995 The elephant man, David Lynch, USA, 1980 Rusty il selvaggio, F. Ford Coppola, USA, 1983 Segreti di famiglia, F. Ford Coppola, USA,2009 Toro scatenato, Martin. Scorsese, USA, 1980 L’ultimo spettacolo, Peter Bogdanovich,USA, 1971 Lo stato delle cose, Wim Wenders, RFT,1982 Alice nelle città, Wim Wenders, RFT,1973 Veronica Voss, Rainer Fassbinder, RFT, 1982 Ed Wood, Tim Burton, USA,1994 Schindler’s List, Steven Spielberg, USA, 1993 The Artist, Michel Hazanavicius, Fra, 2011 Il nastro bianco, Micheal Haneke, AUS, 2009 Lo zio di Brooklyn, Ciprì e Maresco, ITA,1995 Totò che visse due volte Ciprì e Maresco, ITA, 1998 Finalmente domenica, Francois Truffaut, FRA 1983 L’uomo che non c’era, Joel e Ethan Cohen, USA, 2001 The addiction, Abel Ferrara, USA, 1994 Tetsuo, Shyna Tsukamoto, GIAP,1989 Clerks, Kevin Smith, USA,1994 Le buttane, Aurelio Griamaldi, ITA, 1994 L’odio, Mathieu Kassovitz, FRA, 1995 Juha, Aki Kaurismaki, FIN, 1999 Ombre e nebbia, Woody Allen, USA, 1991 Nebraska, Alexander Payne, USA, 2013 BARR!CATE // MARZO 2014 colore a un ruolo di accompagnamento, di commento, di spettacolarizzazione delle vicende narrate. Negli anni ‘50, l’industria cinematografica, sfruttando una tecnologia ormai rodata e non troppo onerosa (il tecnicolor) investe massicciamente nel colore. Ma è solo negli anni ’70, quando il pubblico è ormai abituato alla TV a colori e accetta il colore come visione “normale” e non più “eccezionale”, che la produzione di film in BN diventa marginale (il 94% dei film prodotti negli Usa è a colori)2. A partire dagli anni ’80, la scelta del BN deve essere fortemente voluta dal regista e sostenuta dalla produzione perché i costi sono lievitati enormemente. In un’epoca di colore obbligatorio e prima dell’avvento del digitale, tutti i grandi registi, come fossero novelli studenti di cinema, si sono confrontati con il BN. Il taglio in BN continua ad essere usato dai cineasti indipendenti (Jim Jarmusch), dai grandi visionari (David Lynch) e dai padri della New Hollywood (F.Ford Coppola, M. Scorsese). I film che raccontano il cinema senza cadere nella rievocazione nostalgica usano il BN come elemento narrativo (Peter Bogdanovich, Rainer W. Fassbinder, Wim Wenders,Tim Burton). Steven Spielberg, precursore degli effetti speciali e delle tecniche computerizzate, ricorre a un potente e illuminante BN per la sua personale rilettura della shoah (Schindler’s list). In piena epoca digitale, infine, riscuotono consenso di critica e di pubblico The Artist di Hazanavicius e Il Nastro bianco di Haneke. Ancora film sul cinema e sulla memoria. Il cinema italiano contemporaneo invece non frequenta con assiduità il BN e non sembra subirne il fascino della riscrittura. Unica eccezione è l’opera di Ciprì e Maresco, in cui il BN, contrastato e violento, è scelta etica e specchio deformante che mostra una condizione esistenziale alterata, grottesca e meritevole di compassione. Il bianco e nero come semplificazione della realtà non esiste. Esiste il bianco e nero come strumento di comprensione e come piacere degli occhi. Questo ci ricorda Francois Truffaut nel suo ultimo film: Finalmente domenica, rievocazione soggettiva e leggera del noir hollywoodiano degli anni ’40, affettuosamente in bianco e nero. 49 // MARZO 2014 LINGUAGGI GRAFICI // Paolo Castaldi 50 BARR!CATE // MARZO 2014 Paolo Castaldi // LINGUAGGI GRAFICI BARR!CATE 51 LA CULTURA DIETRO LE RIGHE // Libri LOTTE, VIAGGI E ECONOMIA Letture consigliate e poco pubblicizzate Germano Montanari 1 STRADE SENZA USCITA - Banche, costruttori e politici le nuove autostrade al centro di un colossale spreco di denaro pubblico Roberto Cuda Castelvecchi Editore 226 pagine prezzo 16,00€ // MARZO 2014 1 52 2 GUIDA. ITINERARI POETICI D’ITALIA. Dall’antica Roma all’Ottocento Serse Cardellini Thauma Edizioni 440 pagine prezzo 10,00€ acquistabile sul sito www.thauma.net 3 L’ECONOMIA E’ SEMPLICE Massimiliano Lepratti Edizioni EMI Collana “CRESCENDO” curata dal CRES 128 pagine prezzo 11,00€ acquistabile sul sito www.emi.it BANCHE, ASFALTO & POLITICA Gli intrecci delle “grandi opere“ Tagliare nastri sembra essere lo sport più diffuso tra amministratori pubblici e politici del Belpaese. Cantieri, cantieri e ancora cantieri. Potrebbe essere questo lo scenario che si presenterà ai nostri occhi nei prossimi anni, se andranno in porto gli oltre 2.000 km di nuove autostrade preventivate. Costo stimato: 50 miliardi di euro. La nuova colata di asfalto, spiega il giornalista Roberto Cuda in questo documentatissimo libro, colpirà soprattutto le regioni del Nord e in particolare la Lombardia, dove le arterie in costruzione aumenteranno del 90% l’attuale dotazione autostradale. Una bomba inesplosa che potrebbe sfigurare per sempre il paesaggio ma anche cambiare gli assetti del potere economico nel nostro Paese. Tuttavia, ci rivela l’autore, molti progetti sono al palo e la colpa non è degli ambientalisti, ma delle finanze. Le decantate «grandi opere» non hanno la copertura necessaria. I soldi a disposizione sono pochi e le banche, che si erano gettate a capofitto nella partita, ora si stanno sfilando. Che sta succedendo? Conviene dav- vero investire su queste strade? Un caso emblematico è quello della BreBeMi, che pure ha avuto i finanziamenti: 62 km di autostrada per 2,4 miliardi di euro complessivi, costo raddoppiato negli ultimi anni, per rientrare dal quale la concessionaria dovrà incassare 10 milioni di euro al mese per 20 anni. Intanto, la Milano-Serravalle è sull’orlo del fallimento. Una cosa è certa, spiega Cuda: grazie ai “trucchi” del project financing all’italiana, ad accollarsi i rischi non saranno i Signori del cemento ma gli italiani, sui cui ricadranno i debiti accumulati. L’autore si occupa di economia e di finanza. Ha collaborato con Altreconomia, Valori e il Fatto Quotidiano. it, per il quale ha seguito la questione Tav Torino-Lione. Ha lavorato nel settore finanziario come consulente per Banca Etica. Ha coordinato il sito Vizicapitali.org, promosso da quindici organizzazioni della società civile allo scopo di monitorare il comportamento sociale e ambientale delle banche. È tra gli autori dell’opera collettiva “No Tav d’Italia” (edizioni Intra Moenia, 2012). BARR!CATE Libri // LA CULTURA DIETRO LE RIGHE 2 IN GIRO PER POETI Una guida particolare 3 I SEGRETI DI PULCINELLA Come spiegare a tutti l’economia L’opera che vi proponiamo è la prima guida agli itinerari poetici d’Italia che va dall’antica Roma all’Ottocento. Si tratta di uno studio sulla poesia, di carattere storico e geografico, rivolto a un vasto pubblico di lettori: dagli studenti delle scuole secondarie agli appassionati di poesia e a tutti coloro che amano intraprendere un turismo alternativo, ripercorrendo in queste pagine una sorta di pellegrinaggio della memoria attraverso svariati siti urbanistici e naturalistici che, ancora ai giorni nostri, rappresentano la più tangibile testimonianza del passaggio di tutti quei grandi uomini di lettere che in diverse epoche hanno vissuto nella nostra penisola. Nell’attuale lavoro non v’è la pretesa di esaurire un argomento così ampio ma, di certo, possiamo offrire al lettore un’accurata panoramica delle innumerevoli tracce poetiche presenti su tutto il territorio nazionale, ricostruendo una geografia dei luoghi che i poeti hanno abitato e cantato nei loro versi, come anche delle molte opere artistiche – monumentali, architettoniche e pittoriche – realizzate per onorarne la memoria. Questo itinere poetico, che inizia nel III secolo a. C. con uno schiavo greco di nome Livio Andronico e si conclude È la conoscenza dell’economia internazionale a farci comprendere più a fondo la realtà di oggi e a motivare al cambiamento degli stili di vita e delle scelte di consumo. Il libro fa parte di una collana creata dal CRES (Centro Ricerca Educazione allo Sviluppo), ente che cura l’attività di educazione e sviluppo in ambito scolastico di Mani Tese – Organizzazione non governativa che opera a livello nazionale e internazionale per favorire l’instaurazione di nuovi rapporti tra i popoli, fondati sulla giustizia, sulla solidarietà, il rispetto delle diverse identità culturali. Costituito da un gruppo di insegnanti esperti in campo pedagogico-didattico, il CRES ha due obbiettivi fondamentali: costituirsi come luogo di ricerca e stabilire un rapporto organico con il mondo della scuola attraverso proposte concrete di innovazione culturale e didattica (pubblicazioni, corsi di aggiornamento per gli insegnanti). La ricerca metodologica adottata è quella di coniugare i contenuti dell’educazione interculturale, e in particolare dell’educazione allo sviluppo, alla mondialità della pace, dell’ambiente, con le risorse scientifiche e culturali (metodi, concetti, contenuti) offerta dalle discipline scolastiche. // MARZO 2014 Oggi l’economia tende a dominare su tutto: sulla società, sulla cultura, sulla politica, sullo sport. A noi viene detto che è qualcosa di molto complesso, che è bene lasciare agli specialisti e agli addetti ai lavori. Così ci limitiamo a subire scelte del mercato, considerandole a volte ineluttabili, soprattutto quando evocano squilibri tra persone, settori sociali o paesi. Andando contro la mentalità corrente, l’autore mostra invece che l’economia è semplice come semplice è la vita e come sono elementari le principali necessità che l’economia deve soddisfare. Semplici ed elementari sono i bisogni. Semplice dovrebbe essere anche la ricerca di soluzioni per i problemi del mondo e ancor più semplice ed efficace il sistema di controllo perché il mercato sia al servizio dell’uomo e non viceversa. L’economia è semplice: basta spiegarla con parole non tecniche e diventa comprensibile a chiunque. Massimiliano Lepratti scompone l’economia nelle sue parti elementari e di ciascuna presenta il funzionamento, il collegamento con gli altri aspetti della vita, la dimensione globale che coinvolge i paesi del Sud e le fasce povere della popolazione mondiale. tra fine Ottocento e inizio Novecento con il nome di Gabriele D’Annunzio, attraversa più di duemila anni di storia. La struttura dell’opera s’ispira sia alle guide turistiche che alle antologie scolastiche, in quanto composta da sezioni dedicate alle singole regioni d’Italia disposte in ordine alfabetico, dove ognuna di esse contiene dei paragrafi, ordinati cronologicamente, che ripercorrono le varie epoche con i rispettivi poeti che le hanno vissute. Al termine di ogni sezione regionale v’è inoltre una bibliografia suddivisa per poeti. Il libro si chiude con due ulteriori sezioni: la prima indaga gli itinerari percorsi dal sommo poeta Dante Alighieri durante il suo lungo esilio, dove la Divina commedia funge da bussola di questo affascinante viaggio attraverso le nostre ausoniche terre (inoltre un indice dei nomi geografici italiani, presenti nei relativi passi della Commedia, completa questa parte dantesca); la seconda sezione, invece, prende in esame la biografia di sei poetesse italiane del Cinquecento e i relativi luoghi geografici in cui hanno vissuto e operato. BARR!CATE 53 LINGUAGGI GRAFICI: BALLOONS // Strisce IPPO.IT DI STEFANO FRASSETTO Max Olla un periodico francese per delle strisce ambientate in un acquario. La favola dura finché il direttore non scappa con la cassa in un Paese senza estradizione per la Francia. Tornato in Italia, inizia una lunga serie di collaborazioni, per la gran parte con editoria retta da uomini in abito talare. Vari inserti e riviste satellite de L’ Avvenire, quotidiano di ispirazione cattolica, Il Giornalino delle Edizioni S. Paolo e altre ancora. Ora però, prima di parlare di cartoonist di Dio andateci piano. A parte che è bravissimo nel piazzare la sua comicità cattivella sotto gli occhi di tutti quei preti e non ha l’umorismo da boyscout sfigato, nel suo curriculum ci // MARZO 2014 Stefano Frassetto ha già una lunga storia come ideatore e disegnatore di fumetti. Ha iniziato sin da piccolo, a suo dire perché meno faticoso di temi e riassunti. Ma si sa, tutti i cartoonist amano raccontare così questi inizi, un po’ per alimentare la leggenda, un po’ per giustificare il dedicarsi a una (presunta) arte minore. Un tempo erano i teatranti, lestofanti ritenuti anche di facili costumi, oggi i fumettisti. Provate a portare a casa un fidanzato e a dire che per campare disegna strisce. Liceo, facoltà di architettura, arrivano le prime occasioni per trasformare la passione in professione. Mentre lavora a Parigi per concludere la tesi, viene assunto da 54 BARR!CATE Strisce // LINGUAGGI GRAFICI: BALLOONS però spesso si scorda persino il suo nome) è il devastato Rufus. Uno strano bambino, iperprotetto dalla mamma, zeppo di allergie e ipocondrie. Lo riconoscete perché vive con un casco in testa per paura di prendere colpi. Altri personaggi del cast: Flo, una stordita perennemente col cappellone alla Bob Marley sulla testa, classico esempio di bimba educata in maniera equo solidale. Sofia, la bimba “trendy”, vive per i saldi dei negozi, parla solo con terribili neologismi alla moda, frutto di anni di grande fratello, Maria De Filippi e varie devastazioni della società dei consumi. Andrea, il biondo fighetto che piace alle femmine, altro tipico elemento che ci ha rovinato l’infanzia assieme a Sil, bimbo cinico che rifila pacchi a tutti per scopi di lucro. Quel che sorprende in Ippo è il notevole senso dei tempi umoristici e la creatività continua nelle battute. Il disegno è semplice ma rivela mestiere. Soprattutto è una striscia universale, nasce per i più piccoli, ma quelle dosi massicce di sarcasmo e ironia, in realtà, funzionano molto meglio con gli adulti, di qualunque genere e generazione. Per l’arte delle strisce bisogna proprio esserci tagliati, sapersela giocare d’istinto su quei pochi quadri, averci il ritmo dentro. Se volete un modello di strip da quotidiano di stampo classico eccola qua. È disegnata con empatia, fa ridere qualunque lettore, non ha bisogno di libretto d’istruzioni, ovvero non è autoreferenziale, ci entri in due secondi da qualunque partenza, in qualunque giorno. Frassetto pubblica anche un’altra spassosa serie dal titolo “35mq” su “20 minuti”, quotidiano d’informazione svizzero a distribuzione gratuita, diffusa sul web dal blog Balloons. Il titolo fa riferimento a un mini appartamento dove due baldi giovani cominciano a vivere dal momento della loro uscita dalle famiglie. Un appello: Stefano Frassetto è un panda nella fauna fumettistica italiana. L’ultimo autore nostrano di strisce che disegna strisce con cadenza giornaliera secondo lo stile e il ritmo dei grandi padri di questo genere. // MARZO 2014 sono lavori per agenzie pubblicitarie, come ad esempio per le sorpresine della Ferrero, e collaborazioni come ritrattista illustratore per i quotidiani Libération a Parigi e La Stampa di Torino. Oggi, passati da un pezzo i quaranta, lavora in piccolo studio in cima a un palazzo scalcinato di un vecchio quartiere di Torino animato da personaggi che ispirano le sue tavole. E infine, qualche anno fa, tanto per mettere a suo modo le cose della vita a posto, si è laureato in architettura al Politecnico di Torino con una tesi dal titolo “Forma e segno, il disegno dell’architettura nel fumetto”. Ippo.it (www.ippopuntoit.it) è una splendida striscia italiana pubblicata su Il Giornalino, noto periodico per ragazzi di area cattolica. Togliete dalla testa l’evocazione di parrocchie, preti, suore, catechismo, bimbi per bene pettinati per la messa, San Paolo ammonente e severo. Il Giornalino ha una grande tradizione storica nel mondo del fumetto italiano e sono tantissimi i nostri talenti apparsi in quelle pagine nel tempo: Jacovitti, Sergio Toppi, Massimo Mattioli, Tiziano Sclavi, Giorgio Cavazzano, Alfredo Castelli, Ferruccio Alessandri, così, tanto per fare qualche nome. La verità? La stampa d’ispirazione cattolica è solida, al passo con i tempi, abbastanza tollerante, spesso non integralista, vivace. La striscia racconta un mondo di bimbi, più o meno intorno ai sette anni, praticamente senza adulti, molto scuola Peanuts. Il canovaccio è tenuto unito dal tema della cattiveria nell’infanzia, ma è anche il riflesso di certi tic e tipologie del mondo adulto. Il protagonista principale Ippo, quello che dà il nome alla serie, è l’elemento debole e sfigato, la spugna che assorbe le cattiverie di tutti gli altri. Grandi occhiali, inetto nello sport, incapace nelle relazioni sociali, farebbe di tutto per essere accettato. Immagina situazioni dove si riempirà di gloria ma la realtà lo smentisce sempre. È martellato con insulti e sarcasmo dalla crudele Tina, amore non ricambiato e perfida “non amica” sempre pronta a deriderlo in pubblico, e dal bullo Pino. Il suo unico amico (il quale BARR!CATE 55 LINGUAGGI GRAFICI // Balloons Persichetti Bros www.singloids.com // MARZO 2014 Sauro Ciantini 56 www.palmiro.it Pino Creanza www.pinocreanza.it Giuseppe Scapigliati www.vincenzina.net Stefano Milani www.ettorebaldo.it BARR!CATE Succede domani // LA TERRA RACCONTA “Abbiamo avuto veramente culo con questo terremoto” pensa tra sé e sé l’assessore de L’Aquila. “E chi se li sognava tutti questi soldi, appalti, interventi-urgenti-senza-fine?”. 17 marzo 2017, i processi sono finiti in una bolla di sapone: qualche migliaio di euro da rimborsare allo stato per un po’ di pesci piccoli e l’assoluzione con tanto di scuse per quelli un po’ più grossi. I pescecani, naturalmente, neanche sfiorati. E neppure i caimani, che hanno continuato a ingrassarsi e sollazzarsi alla luce del sole e dei riflettori. I comitati dei terremotati si sono sfiancati a denunciare le ingiustizie, i ritardi, le ruberie, i lavori sbagliati; hanno esaurito quasi tutte le loro energie e molti sono tornati a pensare al proprio problema in termini personali: chi emigrando, chi cambiando lavoro, chi sprofondando nella più nera disperazione. Pochi tengono duro. Tra questi il geologo che nel 2009 aveva dato l’allarme in tempo ed era stato sbeffeggiato e denunciato dagli esperti inesperti e dai paperoni donnaioli della protezione incivile. Lui, da allora, continua a tenere sotto controllo i dati scientifici reperibili nella rete mondiale. Questa notte alcune lievi scosse si sono fatte insistenti e i dati del gas radon sfiorano i livelli precedenti il 6 aprile 2009. Il geologo si mette al computer, al fax e al cellulare, diffondendo il preallarme a tutti i Comuni, le Prefetture, le Protezioni civili, i parroci e i Comitati popolari di cui ha i recapiti. Molti comitati e sindaci, conoscendo la serietà della fonte, prendono in mano il megafono e cominciano a girare in auto per tutto il loro paese o quartiere. Michele Boato Così fanno anche molti parroci, suonando le campane ininterrottamente. Migliaia di persone, forse decine di migliaia, escono dalle case, si raccolgono nei punti prestabiliti, nelle piazze, lontano da edifici e campanili. In Prefettura si riunisce d’urgenza il Comitato Sismologico, presieduto da un eccelso barone universitario, alla presenza del Prefetto e di un responsabile della Commissione Grandi Rischi di Roma: “Ancora questo fanfarone!” sbotta il presidente, “Ancora allarmismi. Ancora questa bufala del radon. Ma chi vuole prendere in giro l’apprendista stregone?” Gli fa eco un ufficiale dell’arma: “Finora gli è andata bene, ma stavolta la paga; vedrete se non gliela facciamo pagare!” “Siete così sicuri?” li fredda un altro componente, un geologo, che ancora si vergogna di come i suoi colleghi hanno impedito di salvare le 308 persone morte sotto le macerie nel 2009. “Io mi dissocio, vi saluto e tolgo il disturbo”. “Abbiamo tutto sotto controllo” taglia corto il super-esperto dei Grandi Rischi di Roma. “La riunione è sciol…” Non riesce a finire la frase: una scossa tremenda fa crollare il magnifico soffitto proprio sopra la commissione. Si salva solo il geologo, che è già uscito dalla Prefettura. Ma si salva anche gran parte della popolazione, che questa volta non ha seguito le parole tranquillizzanti degli “esperti” ufficiali. I Presidenti del Consiglio Renzi e della Repubblica Napolitano esprimono il più vivo cordoglio delle Istituzioni ai familiari delle vittime. BARR!CATE // MARZO 2014 TERREMOTI E FANFARONI 57
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