Guida Tecnica - Recupero strutture calcestruzzo

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le guide tecniche made
Il recupero delle strutture
in cemento armato
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le guide tecniche made
Il recupero delle strutture in cemento armato
Risanamento in profondità
Il degrado profondo
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Le cause del degrado
Gli effetti del ciclo gelo/disgelo
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Le caratteristiche tecniche
Le tipologie
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La preparazione delle superfici
Il ripristino volumetrico
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L’applicazione
I vantaggi delle malte colabili
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La fase finale
I dispositivi di protezione individuale
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Il rinforzo con materiali polimerici fibrorinforzati
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Le caratteristiche
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Le tipologie di fibre per il rinforzo
Tessuti e lamine
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I sistemi in commercio
Le resine epossidiche
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L’applicazione
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le guide tecniche made
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Il recupero delle strutture in cemento armato
RISANAMENTO IN PROFONDITÀ
Inquinamento, gelo e dissesto statico
generano danni anche consistenti
alle strutture di calcestruzzo armato,
con gravi rischi per la stabilità della
costruzione. Il rimedio è il ripristino
con malte tecniche adeguate
Fino a non molti anni fa i manufatti realizzati
in cemento armato e in calcestruzzo,
anche se costruiti all’esterno ed esposti
alle intemperie, venivano considerati
praticamente eterni o almeno di
lunghissima durata e in grado di sopportare
le ingiurie del tempo, al pari delle grandi
opere del passato eseguite con pietra
naturale o con laterizi. L’evolversi in
senso negativo di una serie di condizioni
ambientali e legate ai sistemi di costruzione
ha smentito questa convinzione: ormai
non esiste opera, composta da un legante
idraulico miscelato con inerti e armata
con ferri ad aderenza migliorata collegati
tra loro in uno schema complesso, che
non presenti tracce più o meno evidenti
di degrado quando gli impasti cementizi
impiegati non sono di qualità molto elevata
e le superfici non vengono adeguatamente
protette subito dopo la fase della posa in
opera. Il degrado degli elementi costruiti
con questa “pietra artificiale composita”
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le guide tecniche made
si riconosce per la presenza di distacchi a
diversa ampiezza della coltre superficiale,
dalla scopertura e dall’arrugginimento
dei ferri ad aderenza migliorata una
volta annegati nell’impasto e da una
disaggregazione complessiva delle superfici,
dove gli inerti non sono più collegati tra loro
dalla matrice cementizia e si distaccano
anche sotto l’azione di sforzi meccanici
minimi. Quando il deterioramento del
calcestruzzo riguarda la superficie, il
problema si pone quasi esclusivamente
in termini estetici e il manufatto mostra
delle disgregazioni in genere concentrate
negli spigoli, uno sfarinamento diffuso della
parte esterna e tracce di erosioni sovente
alternate a macchie e colature di ruggine
dovute alla scopertura parziale delle
armature.
Le operazione di rifacimento delle parti
mancanti del calcestruzzo sono sempre
possibili, grazie ai diversi sistemi messi a
punto negli ultimi anni da molte aziende
e applicabili nella maggior parte delle
situazioni quando gli elementi non sono
irrimediabilmente compromessi.
Il degrado profondo
La validità delle opere di ripristino dei
manufatti di calcestruzzo degradati si
basa su un’accurata preparazione del
fondo di supporto dei materiali impiegati
nella riparazione, sulla scelta dei sistemi
più idonei in funzione della tipologia del
degrado e sulla realizzazione di una coltre
protettiva finale, che deve interessare
sia le parti rifatte che l’intera superficie
dell’opera. Interventi localizzati con prodotti
non adeguati e soprattutto operazioni
tendenti a ripristinare solo l’estetica senza
tener conto della profondità raggiunta
dall’azione disgregante dei composti
aggressivi, oltre a essere inutili, in
quanto non interrompono il processo di
alterazione, spesso amplificano il fenomeno
aumentando le vie di penetrazione degli
agenti del degrado.
Qualunque sia la causa che ha determinato
distacchi e fessurazioni, gli obiettivi del
ripristino volumetrico del calcestruzzo
sono: eliminare ogni forma di corrosione
dalle armature; asportare tutto il materiale
cementizio alterato fino a raggiungere le
parti sane del calcestruzzo; riempire le
mancanze con un impasto che determini
nuovamente un ambiente con gli alti valori
di alcalinità necessari per ottenere la
passivazione dei ferri; colmare crepe e
vacuoli su tutta la superficie; realizzare
uno strato esterno regolarizzante,
protettivo e impermeabile all’acqua e che
nello stesso tempo sia una barriera alla
carbonatazione.
Nei casi gravi, quando le alterazioni
raggiungono la porzione profonda del
manufatto, anche la capacità portante degli
elementi strutturali, colonne, pilastri o travi,
risulta ridotta per la diminuita sezione utile
del componente, derivata dalla perdita di
materiale e dalla mancanza di collaborazione
statica tra armatura e compagine
cementizia nei punti di scopertura dei ferri.
In queste eventualità, riconoscibili per i
vistosi rigonfiamenti, le fessurazioni diffuse,
i distacchi molto ampi e l’incoerenza del
materiale che non è più collegato ai ferri
di armatura, occorre agire con prontezza
ed eseguire i ripristini e la ricostruzione dei
volumi mancanti, prima che il fenomeno si
aggravi in maniera progressiva fino a livelli
in cui il normale intervento di manutenzione
diviene impossibile.
Solo a questo punto diviene possibile
pensare all’estetica del manufatto e
applicare uno dei prodotti traspiranti
studiati appositamente per migliorare la
qualità idrorepellente della superficie così
ripristinata.
le guide tecniche made
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Il recupero delle strutture in cemento armato
La corrosione dei ferri
d’armatura provoca il distacco
e la fessurazione del copriferro
con danni in profondità.
Le cause del degrado
L’intervento di ripristino e di riqualificazione
del calcestruzzo deve essere sempre
preceduto da un’analisi delle cause che
hanno determinato il degrado, per evitare il
ripetersi del fenomeno dopo le riparazioni.
Generalmente le cause del degrado possono
essere due: la cattiva qualità del calcestruzzo
e la presenza nell’atmosfera di composti
aggressivi. Entrambe sono strettamente
collegate in quanto un materiale di qualità
scadente non si deteriora se non esistono
condizioni aggressive nell’ambiente e
viceversa i manufatti realizzati a regola d’arte
non si alterano, o si alterano con molta
lentezza, anche in presenza di sostanze
inquinanti. Difficilmente si può agire sui fattori
chimico-ambientali, soprattutto quando i
manufatti sono realizzati in un’area industriale.
Per ottenere una lunga durata delle opere
cementizie, soprattutto se di tipo faccia a
vista, nelle nuove costruzioni occorre seguire
le regole specifiche indicate nelle norme
in materia e prescrivere con correttezza
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le guide tecniche made
la tipologia di calcestruzzo più idonea alle
esigenze progettuali. I meccanismi di azione
dei diversi composti chimici aggressivi con
i quali il calcestruzzo viene a contatto sono
molteplici ma, in generale, la penetrazione
in profondità di queste sostanze avviene
in soluzione e il veicolo è rappresentato
sia dalle acque meteoriche battenti sia dai
veli di condensazione che si depositano sul
manufatto a causa dell’umidità dell’aria.
La carbonatazione del calcestruzzo derivata
dall’anidride carbonica dell’atmosfera
ha l’effetto di ridurre progressivamente
l’alcalinità caratteristica che, con i suoi
alti valori raggiunti normalmente (Ph
12-14), rappresenta la condizione
favorevole per proteggere dalla corrosione
i ferri di armatura e per mantenerli
tenacemente collegati al calcestruzzo
stesso, aumentandone le doti di resistenza
meccanica. Il risultato della carbonatazione
è la progressiva depassivazione dei ferri
con formazione di uno strato di ruggine
sempre più consistente sulle parti metalliche
annegate nell’impasto. La corrosione avviene
con un aumento di volume e l’espansione è
tale da provocare il distacco del copriferro,
facendo affiorare l’armatura e aumentando
in maniera progressiva l’arrugginimento e il
degrado complessivo. L’anidride carbonica
è un composto naturale presente nell’aria,
ma molte atmosfere industriali contengono
grandi quantità di questo gas per cui il
fenomeno può essere accentuato sui
manufatti presenti in queste zone.
Gli effetti del ciclo gelo/disgelo
La rapidità con cui inizia la corrosione dei
ferri dipende dallo spessore del copriferro e
l’azione è praticamente immediata quando
lo strato di calcestruzzo al di sopra delle
armature risulta quasi inesistente.
La presenza di anidride solforosa
nell’atmosfera, che si trasforma in un
acido molto potente per reazione con
l’acqua, è una delle altre cause che porta
allo smantellamento della compagine
cementizia superficiale e profonda: l’idrato
di calcio, gli alluminati e i silicati reagiscono
formando gesso ed altri composti complessi,
quali la ettringite e la thaumasite, tutti
caratterizzati da una forte espansione
che provoca distacchi e fessurazioni delle
parti attaccate che sovente subiscono
una vera e propria disgregazione fino alla
completa incoerenza. I cloruri presenti
nei sali disgelanti usati su ponti e viadotti,
oppure concentrati nelle nebbie saline delle
località vicino al mare, possono penetrare
in soluzione nel manufatto e sono in
grado di provocare danni per corrosione
delle armature se il calcestruzzo non è
particolarmente compatto. Uno specifico
caso di degrado deriva dalla reazione
alcali-aggregati quando tra gli inerti è
presente silice amorfa: le conseguenze sono
rappresentate dal distacco del copriferro
per l’aumento di volume dovuto alla ruggine
e dalla formazione di rigonfiamenti e di
fessure dirompenti che costellano l’opera di
calcestruzzo e possono raggiungere notevoli
profondità.
Sovente diverse
forme di alterazione
sono presenti
contemporaneamente
sul medesimo
manufatto di
calcestruzzo armato
e non è raro che alle
azioni disgreganti
di tipo chimico si
sommino gli effetti
dovuti a cicli di
gelo e disgelo, che
aumentano il grado
di assorbimento
della superficie
di calcestruzzo.
L’acqua penetrata a
causa di condense
e dell’esposizione
alla pioggia tende
a gelare quando
la temperatura
si abbassa oltre
determinati limiti
e si espande nei pori sgretolandone le
pareti. Il ciclo di gelo e disgelo, durante la
stagione fredda, si ripete giornalmente
o con maggiore frequenza in dipendenza
dell’insolazione e la conseguenza è lo
sfarinamento del piano, condizione che
aumenta la capacità di attacco degli agenti
aggressivi e la loro penetrazione nelle
sezioni profonde del calcestruzzo. I danni più
frequenti causati dai cicli di gelo e disgelo
sono la fessurazione (1), lo spalling (2) e la
delaminazione (3).
le guide tecniche made
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Il recupero delle strutture in cemento armato
Le malte da ripristino sono
altamente lavorabili e aderiscono
perfettamente al supporto e alle
armature nuove o preesistenti.
Le caratteristiche tecniche
I prodotti utilizzati per la ricostruzione
dei volumi mancanti sui manufatti di
calcestruzzo armato sono sempre
disponibili sotto forma di premiscelati,
che richiedono solo l’aggiunta di acqua
nella dose consigliata dal produttore
per ottenere un impasto di consistenza
plastica o fluida, in base alle varianti, con
elevate caratteristiche tecniche. Talvolta i
preparati sono bicomponenti e al composto
secco a base cementizia viene aggiunta
un’emulsione di resine che modifica il
comportamento del legante, migliorando
le doti dell’impasto durante e dopo la
stesura. In tutte le versioni, questi prodotti
non richiedono l’aggiunta di altri leganti
e nelle varianti a due componenti sono
predosati per evitare di compiere errori
in cantiere. Alla fine dalla stagionatura del
ripristino, il legante cementizio garantisce
il raggiungimento di adeguate resistenze
meccaniche a compressione e a flessione.
Queste resistenze, e soprattutto il modulo
elastico del ripristino, possono variare in
base alla formulazione del preparato, così
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le guide tecniche made
da permettere l’impiego del prodotto più
adeguato in funzione delle caratteristiche
tecniche del manufatto e delle sue condizioni
d’uso. Un modulo elastico elevato consente
di intervenire su elementi a elevata rigidità
e dove sono assenti sollecitazioni cicliche,
mentre un basso modulo elastico rende
possibile creare ripristini su manufatti
soggetti a vibrazioni o a carichi dinamici,
senza pericolo di distacchi.
Le malte possono essere distinte in due
famiglie, entrambe dotate di notevole
lavorabilità: una di consistenza plastica, per
la stesura con attrezzi tradizionali come la
cazzuola oppure con sistemi meccanici di
applicazione; l’altra molto fluida, da applicare
in casseri di contenimento. Entrambe sono
sempre a base di cementi di alta qualità
1. MALTA PLASTICA A FRATTAZZO
2. MALTA PLASTICA A SPRUZZO
3. MALTA FLUIDA COLABILE
e, oltre agli inerti silicei resistenti alla
compressione e ai cicli di gelo e disgelo e
selezionati secondo un fuso granulometrico
adeguato, sono già preparati con diversi
additivi che conferiscono all’impasto le doti
tecniche richieste dal tipo di applicazione.
Le malte, infatti, sono caratterizzate da una
notevole lavorabilità, da un’elevata capacità
di aderire alle vecchie superfici e ai ferri
nuovi o preesistenti e da una bassa richiesta
d’acqua, per evitare problemi di distacco al
supporto, formazione di cavillature o perdita
di compattezza dovuti al ritiro igrometrico.
Caratteristiche comuni a tutte le versioni
sono la tissotropia e il comportamento
reoplastico. La tissotropia permette di
applicare la malta anche in spessori
molto forti e in verticale o negli intradossi
Le tipologie
di malte
da ripristino
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senza pericolo di colature, mentre le doti
reoplastiche impediscono la separazione
dei componenti dalla fase acquosa evitando
segregazioni ed essudamenti o bleeding,
con tutti i problemi di decadimento delle
resistenze iniziali e finali derivati da tali
evenienze. In tutte le varianti applicabili
mediante colaggio, le malte possiedono
una forte capacità di scorrimento anche in
presenza di armature disposte fittamente
e sono in grado di autocompattarsi senza
necessità di vibrazioni. In ogni caso, i
prodotti non contengono additivi a base di
polveri metalliche o cloruri che potrebbero
innescare nuovi fenomeni di corrosione delle
armature.
le guide tecniche made
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Il recupero delle strutture in cemento armato
1. Il copriferro degradato
prima dell’intervento di
ripristino.
2. Le parti mancanti
e deteriorate ricostruite
a intervento concluso.
La preparazione delle superfici
La prima operazione da eseguire sui piani
degradati è l’asportazione meccanica
di tutte le parti deteriorate, che viene
eseguita con scalpello e mazzetta oppure
con uno scalpellatore leggero. Questa
fase serve solo per liberare il manufatto
dai distacchi grossolani ed evidenti,
mentre per togliere le parti di calcestruzzo
alterate, ma con una maggiore coerenza,
occorre impiegare altre attrezzature
quali gli scrostatori ad aghi oppure le
sabbiatrici o le idrosabbiatrici che sono
in grado di lavorare intorno ai ferri di
armatura e sulle superfici del calcestruzzo
senza provocare vibrazioni dannose per
l’opera. Per questa ragione, nel togliere in
profondità il materiale deteriorato, non è
conveniente utilizzare martelli demolitori,
che trasmettono forti vibrazioni alla
struttura e possono arrecare danni alle
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le guide tecniche made
parti sane della compagine cementizia,
oppure impiegare la fiamma ossidrica
per eliminare le croste rugginose dai ferri
considerato che il metallo scaldato si dilata
e può distaccarsi dalla matrice cementizia
anche nei punti sani. Insieme agli altri tipi
di attrezzature consigliate un sistema
idoneo è l’idrodemolizione, da eseguire
con getti d’acqua ad altissima pressione
che provocano la completa scarifica del
calcestruzzo e il distacco in un’unica
passata di tutte le croste dei ferri anche
dai punti nascosti.
L’opera preliminare di asportazione è
conclusa quando le prove in posto per
stabilire il grado di carbonatazione o
di solfatazione del calcestruzzo e la
presenza di cloruri, danno esito negativo
e i ferri scoperti sono stati puliti mediante
sabbiatura. Il grado di pulizia delle
armature è determinante per la buona
riuscita di tutta l’operazione di ripristino
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del conglomerato e quasi sempre viene
richiesto un livello di finitura abbastanza
elevato, a metallo bianco e con rimozione
di tutta la ruggine visibile. Diversi produttori
dispongono anche di composti passivanti
e anticorrosione che necessitano di una
pulizia commerciale meno esasperata,
quindi più economica, con rimozione
della sola ruggine staccata. Al pari dello
strato di calcestruzzo carbonatato e
delle parti corrose, nelle altre porzioni
di manufatto devono essere eliminati,
sempre utilizzando la sabbiatrice a secco
o a umido, i veli superficiali di pasta
cementizia che nascondono eventuali
vuoti, poi scarificate le superfici con un’alta
porosità o caratterizzate da sfarinamento
e asportate tutte le tracce di ruggine,
di olii disarmanti, di sporco e di vecchi
rivestimenti soprattutto se di tipo plastico.
Il calcestruzzo sano di aggancio deve
risultare ruvido, pulito, non alterato e privo
di parti sfarinanti, polverose o in fase di
distacco.
1. Lavaggio delle superfici con prodotti detergenti.
2. Applicazione di prodotto sverniciante con spatola.
3. Asportazione dello strato superficiale mediante raschiatura.
4. Lavaggio ad acqua per l’asportazione dei residui.
1. PULIZIA DELLE ARMATURE
2. PASSIVAZIONE
3. RIFACIMENTO PARTI MANCANTI
Il ripristino
volumetrico
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le guide tecniche made
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Dopo la pulizia e la protezione
dei ferri e l’asportazione del
materiale degradato, la struttura
va reintegrata applicando le speciali
malte da ripristino.
L’applicazione
La protezione anticorrosiva dei ferri di
armatura va eseguita subito dopo la pulizia,
per impedire l’innesco di nuovi fenomeni
di corrosione. Questa è la prima fase
del ripristino e consiste nel trattamento
delle parti metalliche che viene effettuato
applicando a pennello su tutta la superficie
una boiacca per la passivazione dei ferri,
composta in genere da resine sintetiche
bicomponenti e cemento. Questo prodotto
specifico, che viene steso in strato
consistente, protegge i ferri da successivi
cicli di arrugginimento e costituisce una
buona base di ancoraggio e di adesione ai
successivi riporti volumetrici. Il prodotto è
indispensabile per realizzare ripristini di lunga
durata e fa parte del sistema proposto dai
diversi produttori, in modo da creare una
completa compatibilità con le successive
malte da utilizzare per riportare i manufatto
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le guide tecniche made
alla sezione originale. Nel caso che i ferri
siano stati deteriorati per oltre il 30-40%
del diametro, prima di procedere alla
stesura della boiacca passivante è buona
norma integrare l’armatura o sostituire
le parti. Allo scopo si possono collegare
nuovi ferri ai vecchi mediante saldatura,
oppure impiegare una rete elettrosaldata
di dimensioni adeguate che viene legata
alla vecchia struttura metallica con la
funzione di nuova staffatura, di rinforzo
alla preesistente armatura e di base
aggrappante per la malta da restauro.
In ogni caso la boiacca di protezione va
applicata con lo stesso sistema manuale su
tutti gli elementi in ferro aggiuntivi e talvolta
viene utilizzata come prespalmatura sulle
parti in calcestruzzo pulito da ripristinare.
La malta viene preparata con le modalità
di miscelazione e la proporzione d’acqua di
impasto indicate dal produttore nelle schede
di accompagnamento del formulato. La malta
è pronta quando si presenta omogenea
anche come colore, di consistenza adeguata,
plastica o fluida secondo il tipo, e senza grumi
non idratati. Con le versioni a consistenza
plastica l’applicazione su superfici limitate
viene effettuata con la cazzuola, mentre per
opere di maggior mole conviene utilizzare una
spruzzatrice o una macchina intonacatrice.
La stesura avviene in un solo strato di forte
spessore quando la natura della malta lo
consente, ma è sempre possibile operare
anche per più strati successivi se il riporto
è di spessore consistente. La rifinitura
delle superfici ripristinate va effettuata
con frattazzo metallico o di legno. Dopo la
lisciatura, soprattutto durante i mesi caldi,
occorre mantenere bagnate con acqua tutte
le superfici per almeno 24 ore e durante
la fase di indurimento impedire una troppo
rapida evaporazione dell’acqua di impasto.
Le malte per il ripristino volumetrico del
calcestruzzo da applicare sotto forma di
un impasto a consistenza plastica possono
essere impiegate tanto su manufatti che
richiedono stesure limitate, per ridare al
componente l’aspetto originale, quanto
su elementi che necessitano di lavori
per ricreare adeguate caratteristiche
strutturali. La gamma comprende prodotti
studiati per la riparazione di spigoli di travi
e pilastri, dei frontalini di balconi o del
copriferro con scarsi distacchi, mentre
altri vengono formulati per riporti a forte
spessore quando occorre rigenerare la
sezione portante originale, oppure per
realizzare rinforzi strutturali mediante la
completa camiciatura dei componenti. In
ogni caso si tratta di malte fibrorinforzate
e a ritiro controllato che, secondo
l’impiego, possono essere connotate da
un basso modulo elastico oppure da forti
resistenze iniziali e finali. Talune versioni
sono particolarmente adatte al ripristino di
manufatti soggetti a sollecitazioni, a urti o a
vibrazioni, mentre altre sono preparate per
l’applicazione sia a forte spessore che in
rasature millimetriche. Con tutte le tipologie
l’adesione al supporto è molto elevata,
grazie alle modificazioni con additivi specifici,
così come la compattezza, l’impermeabilità
le guide tecniche made
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La scelta del tipo di malta e della
posa in opera è fondamentale
per ottenere una piena presa al
supporto e un ripristino efficace.
e la resistenza agli agenti aggressivi
dell’atmosfera, alle intemperie e alle
sostanze veicolate dalla pioggia battente.
Per aumentare le possibilità applicative la
maggior parte dei prodotti è disponibile,
pur con caratteristiche diverse, in versione
a presa normale, a presa media oppure a
presa rapida. L’ampia scelta consente di
disporre del formulato più idoneo al tipo
di calcestruzzo da ripristinare e persino
di varianti con elevata deformabilità,
che possiedono una buona resistenza a
flessione per sopportare senza staccarsi
o fessurarsi le sollecitazioni derivate dagli
sbalzi termici o dalle vibrazioni.
Per particolari impieghi nel ripristino
volumetrico del calcestruzzo vengono
confezionate anche malte colabili sempre
a base di leganti cementizi, inerti di
granulometria selezionata e additivi
specifici, che rendono l’impasto molto
lavorabile e particolarmente fluido anche
con bassi tenori d’acqua di impasto.
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le guide tecniche made
1. RESTAURO ARCHITETTONICO
2. RIPRISTINO VOLUMETRICO
3. FISSAGGIO STRUTTURALE
Impieghi delle
malte da
ripristino
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3
I vantaggi delle malte colabili
Buona parte delle doti delle malte plastiche
per il recupero dei manufatti di calcestruzzo
sono comuni anche alle versioni colabili che
possiedono elevate caratteristiche di adesione
ai supporti, una bassa richiesta d’acqua e un
ritiro quasi nullo all’indurimento. Trattandosi
di prodotti che devono essere colati all’interno
di una cassaforma di contenimento, queste
malte possiedono un certo potere espansivo
che le rende adatte al rinforzo dei pilastri, dove
occorrono riporti integrativi armati con rete
elettrosaldata, oppure quando è necessaria
la completa ricostruzione del copriferro
lungo tutto il perimetro del manufatto. Le doti
espansive della malta, contrastate dal cassero
di contenimento, permettono all’impasto di
intasare le più piccole discontinuità. I prodotti
appartenenti a questa categoria vengono
utilizzati soprattutto dove il degrado ha
oltrepassato la profondità dei ferri di armatura
e questi, dopo la demolizione del materiale
alterato, risultano interamente scoperti. Infatti
solo con una malta molto fluida è possibile
assicurare la continuità del riporto e il suo
collegamento al calcestruzzo sano anche dietro
le barre, condizione non facilmente ottenibile con
una malta plastica da ripristino se non con un
lavoro molto lungo e accurato.
Anche questa versione possiede all’indurimento
un’alta impermeabilità all’acqua con un’elevata
resistenza ai solfati e ai cicli di gelo e disgelo.
Tra le precauzioni nell’impiego, oltre a quelle
usuali dei getti, occorre curare la costruzione
della cassaforma che va realizzata con materiali
resistenti alle pressioni e impermeabili per non
sottrarre acqua all’impasto. L’operazione di
colaggio va eseguita in un’unica fase favorendo
la fuoriuscita dell’aria dalla struttura di
contenimento.
1. A FRATTAZZO
2. A GETTO E STAGGIATURA
3. CON CASSAFORMA
Applicazione
delle malte
colabili
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le guide tecniche made
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Il recupero delle strutture in cemento armato
L’intervento di ripristino
si chiude con l’applicazione
di un prodotto protettivo.
La fase finale
La finitura, realizzata con apposita malta
compatibile con gli altri cicli e al termine
delle quattro settimane necessarie per
la stagionatura dei ripristini, deve essere
sempre eseguita per regolarizzare le
superfici ripristinate e va estesa a tutto
il manufatto per limitare la permeabilità
complessiva, riempire cavità e nidi di
ghiaia ed eventualmente ricostruire gli
spigoli. Questo impasto di rivestimento ha
la funzione di proteggere e regolarizzare
il manufatto e viene steso e levigato con
attrezzi usuali come i frattazzi in acciaio.
Trattandosi di prodotti rasanti a varia
formulazione, l’applicazione avviene in
strati millimetrici che per la qualità del
prodotto impiegato, spesso a base di
polimeri sintetici, sono sufficienti per
assicurare una completa adesione al
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le guide tecniche made
supporto. Oltre alla notevole adesività, i
rasanti possiedono in molti casi un effetto
rialcalinizzante per l’intera superficie
in modo da assicurare una maggior
protezione alla compagine cementizia
e ai ferri di armatura. In questo modo
tutta l’opera viene resa impermeabile
all’acqua e quindi meno propensa
ad essere alterata dai componenti
aggressivi veicolati dalla pioggia o
dalle condense. Molti protettivi sono
a base di resine elastomeriche e per
la loro capacità di deformarsi senza
perdere in adesione risultano adatti al
rivestimento impermeabile di calcestruzzo
soggetto a vibrazioni o a sollecitazioni
dinamiche cicliche. Una volta indurito e
completamente asciugato questo ultimo
strato, è possibile intervenire con cicli
decorativi a base di resine acriliche, di
I dispositivi di protezione
individuali
altre resine in dispersione o di resine
epossidiche che permettono di rendere
omogeneo l’aspetto del calcestruzzo, di
accentuare l’azione anticarbonatazione
e di migliorare ulteriormente le qualità
inassorbenti del supporto. Questi
formulati per il completamento del
ripristino e per la decorazione possiedono
in genere forti qualità traspiranti, per
favorire la fuoriuscita dal manufatto
dell’umidità interstiziale sotto forma di
vapore.
Le malte per il ripristino del calcestruzzo sono
confezionate in sacchi a tenuta con peso
unitario a norma per evitare un eccessivo
affaticamento dell’operatore durante il
trasporto. Come per tutte le altre operazioni
che vengono eseguite sul cantiere, durante
l’impiego il personale deve essere munito di
robusti guanti protettivi, di elmetto anche
provvisto di visiera, di occhiali protettivi per la
fase di miscelazione e di stesura delle malte,
di scarpe con puntale antischiacciamento e
suola antiperforazione e di un abbigliamento
che impedisce il più possibile alla polvere
cementizia di entrare in contatto con la pelle.
Per tutte le lavorazioni in quota, in assenza
di ponteggio valgono le usuali regole di
sicurezza che prevedono l’uso di imbragature
con dispositivi anticaduta, mentre l’ambiente
circostante deve essere protetto con reti
schermanti dalla polvere e dalla proiezione
di frammenti durante la fase di preparazione
delle superfici mediante sabbiatrici o
idrosabbiatrici. In questa fase gli operatori
devono indossare le apposite maschere
filtranti e i sistemi di abbigliamento parziali
o completi previsti dalla specifica tecnica
di intervento che utilizza grandi quantità di
abrasivi. L’inalazione delle polveri cementizie
derivate dalle malte secche va evitata con
l’impiego di mascherine antipolvere.
le guide tecniche made
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IL RINFORZO STATICO
DELLE STRUTTURE CON MATERIALI
POLIMERICI FIBRORINFORZATI
I materiali polimerici fibrorinforzati
non prevedono l’impiego di composti a
base d’acqua e non impregnano i nuclei
murari di umidità residua a evaporazione
lenta e sono fra le soluzioni adottate in
particolare nel campo del restauro
I materiali polimerici fibrorinforzati Frp sono
sistemi compositi che hanno trasformato la
tecnica del consolidamento delle strutture
in calcestruzzo e permettono di intervenire
con soluzioni rapide, leggere e di scarso
spessore, anche se caratterizzate da alti
valori di resistenza alle deformazioni e agli
sforzi di trazione e di taglio. I compositi Frp
possono essere applicati tanto nel settore
del restauro monumentale e nelle strutture
moderne con schema costruttivo a telaio,
quanto su edifici con murature tradizionali
in mattoni o in pietra, oppure nei fabbricati
con elementi portanti in calcestruzzo
armato. Per la posa richiedono attrezzature
abbastanza semplici e facili da impiegare,
pur con le precauzioni richieste dalla
tecnica di messa in opera, e materiali
maneggiabili e di ingombro limitato che
possono essere utilizzati su qualunque
cantiere di recupero e restauro, anche di
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le guide tecniche made
piccole dimensioni o situato in una zona di
difficile accesso. La tecnica di applicazione
dei compositi Frp viene effettuata senza
l’impiego di composti a base d’acqua,
condizione che evita l’impregnazione dei
nuclei murari e un lento smaltimento
dell’umidità residua a differenza di quasi tutti
i sistemi di consolidamento tradizionale.
I compositi Frp per il rinforzo
strutturale sono particolarmente
indicati per il restauro delle
strutture lignee.
Le caratteristiche
I compositi strutturali Frp sono confezionati
in opera con una matrice continua
formata da un adesivo epossidico ad alta
resistenza, che lega le fibre al supporto e
tra loro.
Le fibre, di varia composizione e disponibili
sotto forma discontinua in teli tessuti o
in lamine, sono connotate da proprietà
meccaniche molto elevate e permettono
di costruire in opera strati dotati di forte
resistenza a trazione e a taglio, che una
volta resi collaboranti con il supporto
creano un rinforzo statico su qualunque
manufatto in cemento armato, in muratura
di laterizio o di pietra, in legno e in acciaio.
Con questa tecnica si crea un rivestimento
fortemente connesso al manufatto e
quindi il sistema è adatto solo per opere
destinate a essere intonacate oppure per
strutture destinate a rimanere fuori vista.
La collaborazione statica tra il rinforzo
aderente e la struttura dipende in gran parte
dalla capacità di resistere senza deformarsi
dello strato intermedio legante sotto l’azione
di carichi anche rilevanti.
Le applicazioni dei compositi Frp permettono
di eseguire scarse opere di demolizione
per la messa in opera, limitate alla pulizia
dei manufatti e all’asportazione delle parti
in fase di distacco, e consentono sempre
di mantenere intatte le funzioni statiche
delle strutture. La tecnica è in grado di
risolvere molteplici problemi nel campo del
restauro dei sistemi portanti, degradati o
compromessi da danneggiamenti, e negli
interventi per l’adeguamento dei manufatti a
nuovi carichi o nei confronti di un eventuale
sisma, di vibrazioni e di urti.
le guide tecniche made
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Il recupero delle strutture in cemento armato
1. PREPARAZIONE DEL SUPPORTO
2. RINFORZO CON FASCIATURA
3. RETE FRP CON MALTA CEMENTIZIA
I sistemi Frp permettono di
eseguire interventi di rinforzo
strutturale anche su strutture
di notevoli dimensioni.
Le tecniche
di posa
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La velocità di impiego dei compositi Frp
permette di operare in tempi molto
brevi nei ripristini di emergenza per
riportare a livelli di sicurezza componenti
strutturali lesionati da un terremoto e
da sovraccarichi, oppure di migliorare le
doti di resistenza meccanica di elementi
portanti costruiti con sezioni resistenti
insufficienti o eseguiti con materiali
che, nel tempo, sono risultati inadatti a
resistere alle sollecitazioni di esercizio.
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le guide tecniche made
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Le tipologie di fibre per il rinforzo
Le fibre sintetiche utilizzate nei sistemi
Frp variano, come composizione, in base
alle resistenze richieste e soprattutto al
modulo elastico che deve caratterizzare
il rinforzo. Le fibre di carbonio sono le
più impiegate in quanto la variabilità
delle doti di resistenza a trazione e di
modulo elastico permette di estenderne
il campo di applicazione a buona parte
delle tipologie di strutture. Le fibre
aramidiche possiedono un modulo
elastico non elevato, sono connotate da
un’ottima resistenza all’urto e vengono
Tessuti e lamine
sovente impiegate per rinforzi ibridi con
fibre di carbonio, così da creare tessuti
abbastanza rigidi e resistenti all’impatto
nel medesimo tempo. Le fibre di vetro
nella variante E possiedono prestazioni
tecniche non rilevanti, un basso modulo
elastico e una buona deformabilità, che
le fa preferire in molte applicazioni su
murature tradizionali e con il vantaggio di
costi decisamente ridotti rispetto alle altre
varianti. Tutte le fibre, prodotte in teli o
in lamine, sono completamente inerti nei
confronti della resina epossidica utilizzata
come legante e come impregnante e
possiedono una notevole durabilità anche
se esposte alle intemperie, all’umidità e
all’azione dei raggi ultravioletti.
Dopo la posa in opera, i rinforzi compositi
possono essere rasati, intonacati e
verniciati oppure ricoperti con pannelli
resistenti al fuoco o con intonaci
intumescenti per assicurare la protezione
in caso di incendio.
L’impiego delle fibre di rinforzo sotto forma
di tessuti con trama differenziata in base alle
esigenze, oppure assemblate in sottili lamine
a matrice polimerica, rende possibili gli
interventi anche su manufatti con geometria
molto complessa e senza l’impiego di
onerose opere di sostegno per mantenere in
posto i rinforzi mentre polimerizza la resina
di collegamento. Tessuti o lamine possono
essere utilizzati in ogni punto o nodo della
struttura, a cavallo delle lesioni oppure dove
sono richiesti rinforzi per le sollecitazioni a
taglio, a flessione o a torsione. L’applicazione
produce sempre un netto aumento della
capacità portante e della duttilità, una
riduzione delle frecce ai valori originali e un
incremento della resistenza agli urti e ai
sovraccarichi.
le guide tecniche made
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1. Fasciatura perimetrale.
2. Incollaggio delle lamine.
3. Rinforzo a lamine incrociate.
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I sistemi in commercio
I tessuti per il rinforzo strutturale sono
confezionati in nastri o in teli di grande
dimensione e sono preparati con le
fibre disposte in un’unica direzione,
oppure intrecciate tra loro a formare
una trama ortogonale con proprietà
isotrope o variabili secondo la direzione di
applicazione degli sforzi. Oltre al tessuto
biassiale, con fibre disposte in diagonale
e con inclinazione a 45° nei due sensi,
sono disponibili tessuti a struttura
complessa quadriassiale con disposizione
a trama unita a due ulteriori sviluppi
incrociati nelle direzioni oblique. I nastri e
i drappi sono utilizzati per il rinforzo delle
murature tradizionali, per la fasciatura di
maschi murari, per la legatura di angoli
in sostituzione dei tiranti in acciaio che
richiedono lunghe opere di foratura e
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le guide tecniche made
nella cerchiatura di cupole lesionate.
Sulle strutture a volta si interviene in
genere con strisce di compositi, sistemate
all’estradosso, così da rinforzare con
elementi incrociati e sovrapposti le
direttrici di chiave, le nervature, le unghie
al contatto con le pareti perimetrali e le
diverse porzioni della struttura arcuata,
in base al grado di conservazione e alle
lesioni presenti.
I rinforzi a lamina hanno uno spessore
superiore al millimetro e sono confezionati
in modo da creare elementi continui,
con fibre allineate in una matrice di
resina epossidica. Pronte all’impiego, non
richiedono sagomature a piè d’opera e
possono essere disposte in parallelo e a
elementi incrociati tra loro. La flessibilità
delle lamine permette la cerchiatura a
spirale su colonne e qualunque rinforzo a
Le resine epossidiche
flessione posto all’intradosso delle travi
in cemento e dei solai o sotto forma di
staffe esterne situate in corrispondenza
delle zone soggette a taglio. L’applicazione
si estende alle murature di getto o
tradizionali, sulle quali vengono inserite
con schema orizzontale e verticale oppure
in direzione obliqua nei due sensi. Il loro
impiego risolve tutti i principali problemi
legati alla realizzazione dei rinforzi con
sistema a beton plaqué, quali la necessità
di realizzare superfici di contatto prive di
composti della corrosione tra la struttura
metallica e lo strato di incollaggio al
manufatto, l’impiego di massicce strutture
provvisorie per il sostegno degli elementi
in acciaio, la preparazione preventiva
di componenti metallici già sagomati
e saldati e le opere di manutenzione e
anticorrosione delle parti in vista del
sistema.
Le resine sono prodotti bicomponenti e
predosati, capaci di aderire a ogni supporto
e dotate di alta lavorabilità, di buone
caratteristiche tissotropiche per facilitare le
applicazioni in verticale o lungo gli intradossi
e di una fluidità variabile in base al tipo di
messa in opera. Le resine sono formulate
nella versione a presa normale o a presa
lenta che, per i tempi lunghi di lavorabilità,
permette di operare anche su grandi
superfici senza rendere inefficace l’adesione
prima di avere steso i rinforzi. I sistemi a
presa lenta permettono inoltre di operare
con temperature elevate. Per la stesura
delle lamine Frp viene utilizzata in genere la
variante in pasta, mentre la versione fluida
è adatta per l’impregnazione dei tessuti, in
vaschetta oppure a rullo direttamente sul
manufatto.
le guide tecniche made
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2
Il recupero delle strutture in cemento armato
Prima dell’applicazione le superfici
devono essere pulite e preparate
con appositi prodotti.
L’applicazione
Le superfici dei manufatti destinati al
collegamento dei compositi Frp devono
essere asciutte e preparate con un primer,
priva di polvere, di parti in fase di distacco,
di prodotti della corrosione o di composti
che impediscono l’adesione del sistema di
rinforzo. Dopo aver steso un primo strato
di resina catalizzata sul supporto, si stende
il tessuto senza produrre grinze e quindi si
procede con una successiva impregnazione
per saturare le fibre. Un’altra tecnica
prevede di preimpregnare il tessuto e
quindi di stenderlo sul supporto, premendo
bene con un rullo. Le lamine sono applicate
con una resina epossidica in pasta stesa
su entrambe le superfici di contatto. Per
mantenere aderenti le lamine al supporto
fino all’indurimento dell’adesivo, che avviene
dopo poche ore, si utilizzano puntelli leggeri
e assicelle di legno.
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le guide tecniche made
1. INCOLLAGGIO DELLE LAMINE
2. APPLICAZIONE DEI TESSUTI
3. BENDAGGIO DELLE STRUTTURE
Il rinforzo
nel restauro
1
2
3
Appunti e progetti
le guide tecniche made
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le guide tecniche made
1 Costruire con il calcestruzzo cellulare
2 Il recupero delle strutture in cemento armato
di prossima pubblicazione
L’isolamento termico degli edifici
La realizzazione di massetti e sottofondi
L’impermeabilizzazione delle coperture
L’isolamento acustico degli edifici
Le murature faccia a vista
Il rifacimento di balconi e terrazzi
Il rifacimento dei tetti in laterizio
La sicurezza in cantiere
Le Guide Tecniche del Gruppo Made sono realizzate dalla
Direzione Marketing e Comunicazione di Casa In S.p.A.
Si ringraziano le Aziende Basf Construction Chemicals Italia,
Index, Kerakoll, Litokol, Mapei, Rapidmix, Sika,
Saint-Gobain Weber e Winkler
per la cortese disponibilità e concessione delle immagini
e dei disegni pubblicati all’interno della Guida
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