N. 2/14 - Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari

notizie
Numero 4 | Anno 13 | DICEMBRE 2014 | Trimestrale
Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari
N. 4/14
BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI | DEFUSING PER GESTIRE LO STRESS NELLE SITUAZIONI AD
ALTO IMPATTO EMOTIVO | LA NAVE DEI BAMBINI, UN’AVVENTURA LUNGA CINQUE ANNI |
PROTONTERAPIA | SERVIZI DI ASSISTENZA DOMICILIARE | E MOLTO ALTRO...
APSS NOTIZIE
PERIODICO D’INFORMAZIONE
DIREZIONE E REDAZIONE
Azienda provinciale per i servizi sanitari
Provincia autonoma di Trento
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Iscrizione al registro stampe del Tribunale
di Trento n. 1112 del 30 gennaio 2002
DIRETTORE EDITORIALE
Luciano Flor
DIRETTORE RESPONSABILE
Roberta Corazza
REDAZIONE
Luciano Bocchi, Renata Brolis, Orazio Caffo,
Sandra Chighizola, Maurizio Del Greco,
Davide Donner, Barbara Gasperini, Annamaria
Guarnier, Lorenza Lenzi, Angelo Cesare Passerini,
Franca Refatti, Silvia Romani, Lucia Sabbadin,
Adrianne Segata, Bruno Zanon.
HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO
Corrado Barone, Renata Brolis, Stefano Calzolari,
Annamaria Guarnier, Antonello Lama, Giuseppe Disnan,
Floriana La Femina, Rosa Magnoni, William Mantovani,
Amelia Marzano, Marina Mastellaro, Veronica Miori,
Moira Moser, Patrizia Orler, Francesco Reitano,
Nicola Ricci, Leonardo Sartori, Silvana Selmi,
Cinzia Vivori, Paola Zalla.
FOTOGRAFIE
Servizio comunicazione interna ed esterna APSS
Romano Magrone
GRAFICA
Verba Volant - Trento
IMPAGINAZIONE
OnLine Group - Roma
CHIUSO IN REDAZIONE IL
30 dicembre 2014
TITOLARE DEL TRATTAMENTO DATI
(D.Lgs. 196/2003) Luciano Flor
2
notizie
Siamo arrivati all’ultimo numero del 2014 della rivista e, come ogni anno, è questa l’occasione per fare gli auguri
a tutti voi ma anche per fare un bilancio della nostra attività.
Parto da una parola, ringraziamento. Un ringraziamento va a ciascuno di voi per l’impegno con cui affrontate
ogni giorno, 365 giorni all’anno, 24 ore su 24, il vostro lavoro in ospedale o sul territorio, contribuendo in maniera determinante a mantenere alto il livello della qualità del Servizio sanitario provinciale, livello che colloca il
Trentino su posizioni di assoluto valore e rilievo nel panorama italiano.
Il 2014 è stato un anno duro e credo che anche il prossimo anno non sarà affatto in discesa ma sarà molto
impegnativo e il nostro obiettivo per il 2015 sarà quello di non accontentarci di mantenere le nostre posizioni
ma bensì cercare di capire dove possiamo intervenire per migliorare la qualità di quello che facciamo in tutti gli
ambiti. Nonostante le risorse in calo dobbiamo saper mettere mano alla nostra organizzazione per ottenere gli
stessi risultati, e se serve, migliorare.
Possiamo esplicitare la nostra attività in milioni di prestazioni, in centinaia di migliaia di persone che vengono
curate nei nostri ospedali e nei nostri ambulatori, in migliaia di pratiche, nei 3 milioni di euro al giorno che la
sanità utilizza. Per mantenere il livello raggiunto e, ove possibile, migliorare, conto sul senso di responsabilità
di tutti nel fare le scelte o nell’indirizzare l’attività in modo tale da garantire qualità per il cittadino e al contempo equilibrio nell’utilizzo delle risorse. Lo dico convinto, perché è nella nostra capacità di entrare nel merito e
trovare soluzioni tecniche che integrino qualità e spesa, che si trova la risposta ai tagli lineari che vediamo già in
molte realtà in Italia e in Europa. Abbiamo la responsabilità del servizio pubblico, responsabilità grande perché
utilizziamo i soldi che i cittadini pagano e credo che questa responsabilità dobbiamo sentirla tutti i giorni come
forte volontà e capacità di dare risposte. Per fare questo è necessario che tutti noi continuiamo nell’azione di
trasparenza che abbiamo intrapreso da tempo. Cerchiamo con forza di dimostrare come operiamo anche perché si apre una stagione che ci vede fortemente impegnati verso un programma da condividere con la nostra
Provincia e il nostro Assessorato, per mantenere quei servizi che è indispensabile fornire ai nostri cittadini.
Fare il resoconto per noi vuole dire anche impostare l’anno che verrà e il bilancio del 2014 ci ha visto raggiungere
molti degli obiettivi che ci eravamo dati, quelli annuali ma anche quelli pluriennali. Abbiamo rinforzato alcune
attività specialistiche nei nostri ospedali, sul territorio e a domicilio. Voglio fare una riflessione sulle attività domiciliari, perché spesso c’è troppa enfasi sui circa 1.500 pazienti ricoverati e troppo poca sugli altrettanti pazienti
che ogni giorno curiamo a casa. L’attività domiciliare è un’attività di sollievo alle famiglie più di quanto lo sia
l’attività in ospedale e per questo dovremmo svolgerla non solo in ambito sanitario ma anche in quello sociale.
Sono orgoglioso di ricordare che abbiamo attivato e messo in funzione la protonterapia con le nostre forze,
siamo autonomi, autosufficienti. Recentemente è stato siglato l’accordo con il Veneto, per la cura dei pazienti di
questa regione, dobbiamo essere orgogliosi perché stiamo facendo con le nostre forze ciò che nessuno in Italia
sta facendo.
Dobbiamo avere più attenzione e coscienza sulla necessità di lavorare sulla prevenzione, non solo quella storica della lotta alle malattie infettive, ma anche quella alle malattie croniche e affrontare alcuni temi sui quali
dobbiamo fare ricerca, come ad esempio la salute ambientale, perché non è con gli eccessi scandalistici ma con
metodo e basi scientifiche che si affrontano i problemi che altrimenti generano incertezza alla popolazione.
Chiudo con l’ultima riflessione: a promuovere sviluppo e miglioramento non saranno i soldi, non saranno i muri,
non saranno le attrezzature, non saranno i documenti ma saranno le persone, le persone con i loro comportamenti capaci di onorare il loro ruolo e dare contenuti e risposte alle comunità e ai singoli.
Ringrazio singolarmente ciascuno di voi e, a nome mio e del Consiglio di direzione, auguro a Voi e alle Vostre
famiglie buone feste e soprattutto un sereno anno nuovo.
Luciano Flor
notiziegenerale
01
Direttore
SOMMARIO
04 I REFERENTI DIPARTIMENTALI PER LA FORMAZIONE
05BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI: CONDIVISIONE
DEI PROCESSI DIAGNOSTICI
08LA NAVE DEI BAMBINI, UN’AVVENTURA LUNGA
CINQUE ANNI
12L’UTILIZZO DEL DEFUSING PER GESTIRE LO STRESS NELLE
SITUAZIONI AD ALTO IMPATTO EMOTIVO
14 PROTONTERAPIA: GO!
17 SERVIZI DI ASSISTENZA DOMICILIARE: IMPORTANTI
NOVITÀ PER LE PERSONE CON DEMENZA
18IN TRENTINO LA SANITÀ DIGITALE È GIÀ REALTÀ
19 NUOVI ORARI DEI FISIOTERAPISTI A VILLA ROSA:
UNA SPERIMENTAZIONE AL SERVIZIO DEI PAZIENTI
20 TeleDSole: MONITORAGGIO A DISTANZA
DI PAZIENTI CON MALATTIE CRONICHE
21 MUOVERSI PER APPRENDERE COL NORDIC WALKING
23 ECCO LA NUOVA MENSA DELL’OSPEDALE SANTA CHIARA
24 LA PAGINA DEI LETTORI
25 LA RICETTA SALUTARE
26 CINEMA E SALUTE
notizie
03
dalla
formazione
I REFERENTI DIPARTIMENTALI
PER LA FORMAZIONE
BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI:
CONDIVISIONE DEI PERCORSI DIAGNOSTICI
Francesco Reitano, Floriana La Femina
Amelia Marzano
Unità operativa di psicologia, Distretto centro sud
Servizio formazione
Corrado Barone
Unità operativa di neuropsichiatria infantile, Distretto centro sud
Da molti anni i dipartimenti sono
coinvolti dal nostro Servizio nel
processo di ricognizione dei fabbisogni formativi ai fini della stesura
del Piano della formazione. Anche
la delibera che ha istituito i Comitati di dipartimento (n. 617/2013) ha
ribadito la loro responsabilità su
questo tema. In particolare i Comitati
hanno il compito di proporre al direttore dell’articolazione organizzativa
fondamentale (AOF) di riferimento i criteri per l’individuazione dei
fabbisogni prioritari di formazione
e di ricerca in coerenza con la programmazione e gli obiettivi aziendali, sviluppare e coordinare le attività
di formazione continua del personale e promuovere l’accreditamento delle iniziative formative rivolte
a interni ed esterni, attivare gruppi
di miglioramento e individuarne i
responsabili.
Il Piano della formazione, una volta deliberato dal direttore generale, si configura come il nostro principale strumento
per la programmazione delle attività nel
tempo e, fino ad oggi, ha avuto una cadenza biennale. Questo arco temporale
è stato pensato in relazione ai tempi lunghi della raccolta dei fabbisogni formativi (il nostro contatto con i dipartimenti
per questa attività implicava almeno
una riunione con ciascuno e quindi si
distribuiva su un arco temporale di 2-4
mesi) e anche in relazione alle possibilità di pianificazione delle unità operative
e dei servizi.
Questa cadenza biennale non sembra
più andare incontro alle esigenze del
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notizie
mondo sanitario che, un po’ come molti
altri ambiti quali ad esempio quello industriale, si trova sempre più spesso a
dover, se non proprio a “navigare a vista”, almeno a pianificare su tempi molto più brevi di un biennio.
Ci troviamo di fronte, da un lato, alla
necessità di pensare a un piano annuale
che risulta però incompatibile con i tempi lunghi dedicati, almeno fino a oggi,
alla ricognizione dei fabbisogni formativi; dall’altro alla consapevolezza che
tale ricognizione, con le sue implicazioni
rispetto agli scambi di informazioni con i
dipartimenti, costituisce uno dei fondamenti del processo formativo.
Questo trova infatti la sua ragione di essere proprio dalla raccolta delle esigenze di formazione e dal loro esame per
passare successivamente alla progettazione, alla erogazione, al follow up ed
eventualmente ad una riprogettazione.
Da qui viene la nostra richiesta ai direttori di dipartimento di individuare delle
persone che possano fungere da ponte
tra il dipartimento ed il Servizio forma-
zione per quel continuo e indispensabile
va e vieni di informazioni che vedrebbe i
referenti un po’ i nostri occhi e le nostre
orecchie all’interno dei dipartimenti; il
tutto per contribuire a renderci evidente quel patrimonio di esperienze diffuse
che stanno alla base delle nostre riflessioni e delle nostre attività con il fine di
produrre una buona formazione.
I dipartimenti non solo hanno dato
piena disponibilità a questa nostra richiesta, ma hanno anche rilanciato proponendoci di partecipare alle riunioni
dipartimentali per rendere ancora più
ricco lo scambio delle conoscenze e delle logiche reciproche.
Ai fini della massima interazione possibile, abbiamo deciso di fare, a breve, degli
incontri con tutti i referenti con lo scopo
di migliorare le reciproche conoscenze e
soprattutto di definire insieme i compiti
e mandati di ognuno, di ripensare modalità più snelle di raccolta ed analisi del
fabbisogno formativo e di trattare quanto altro verrà ritenuto importante per
migliorare la formazione offerta.
Stefano Calzolari
Unità operativa di neuropsichiatria infantile, Distretto centro nord
Giuseppe Disnan
Unità operativa di psicologia, Distretto centro nord
La Direzione per l’integrazione socio
sanitaria dell’APSS, ha avviato nel
2012 un progetto, curato dalle unità
operative di psicologia e neuropsichiatria infantile, finalizzato alla revisione dei criteri diagnostici utilizzati
per le certificazioni inerenti la Legge
104/92.
L’obiettivo era di omogeneizzare i
percorsi diagnostici, gli standard e
gli strumenti utilizzati in alcuni dei
quadri psicopatologici che, si erano
rivelati i più numerosi.
Per questo motivo sono state prese
in considerazione le diagnosi di Ritardo mentale (RM), di Disturbo aspecifico dell’apprendimento (DASA), di
Disturbo della condotta e della sfera
emozionale e di Disturbo dello spettro autistico. Di seguito sono riportati
in sintesi i risultati principali.
intellettiva, come indicato nella quin- Diversamente a livello nazionale il DASA
ta edizione del Manuale diagnosti- si configura come un quadro clinico eteco e statistico dei disturbi mentali rogeneo con eziologia multifattoriorale
Ritardo mentale lieve e
(DSM-V);
(cognitiva, emotiva e/o ambientale) che
Disturbo aspecifico dell’apprendimento
2. il superamento della diagnosi basata esita in un funzionamento scolastico proIl lavoro di revisione sui criteri diagnostici
solo sul punteggio del quoziente di blematico.
di questi due quadri clinici si è articolato
intelligenza totale, attribuendo una
in tre fasi: l’analisi della letteratura e delmaggiore rilevanza al profilo cogniti- I principali risultati ottenuti dal gruppo di
le linee guida nazionali e internazionali;
vo;
lavoro sul DASA riguardano le seguenti
l’analisi dei profili clinici dei soggetti cer3. conseguentemente la necessità di in- proposte:
tificati dalle unità operative di psicologia
trodurre nel processo di assessment 1. il superamento della diagnosi basata
e neuropsichiatria infantile mediante
diagnostico la valutazione del funsolo sul punteggio del quoziente di inla creazione di un database dinamico; il
zionamento adattivo, mediante scala
telligenza totale con maggiore rilevanconfronto tra i due gruppi clinici e i dati
standardizzata.
za attribuita al profilo cognitivo e degli
emersi dalla letteratura scientifica.
apprendimenti;
La letteratura internazionale sul Disturbo 2. conseguentemente la necessità di inI principali risultati ottenuti dal lavoro del
aspecifico dell’apprendimento (DASA)
trodurre nel processo di assessment
gruppo di ricerca sul Ritardo mentale ritende a scoraggiare l’applicazione di
diagnostico la valutazione del funguardano le seguenti proposte:
questa etichetta diagnostica, mantenenzionamento cognitivo, degli appren1. il cambiamento dell’etichetta diagnodola a metà tra la disabilità intellettiva e
dimenti ed emotivo, mediante scale
stica da ritardo mentale in disabilità
il disturbo specifico dell’ apprendimento.
standardizzate di ansia e depressione;
notizie
05
BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI:
CONDIVISIONE DEI PERCORSI DIAGNOSTICI
Proprio alla capacità empatica, cioè a le e difficoltà di apprendimento. Consiquella disposizione che ci permettere di derata la spiccata variabilità fenotipica
comprendere le emozioni e i vissuti de- del quadro clinico si è giunti all’idea di
gli altri, e di metterci nei loro panni per una “famiglia” di disturbi e si è deciso di
regolarci nel nostro agire, avvertendo abbandonare la classificazione diagnodi volta in volta disagio, sofferenza, col- stica dell’International classification of
pa o vergogna di fronte alla sofferenza diseases (ICD-X) per aderire alla nuova
dell’altro, viene dato particolare rilievo lettura che ne fa il DSM-V. Quest’ultimo
nel formulare un profilo diagnostico. La infatti riunisce con il termine di «Direlativa disponibilità di tali attitudini, fa sturbi dello spettro autistico» quadri
la differenza sia nel definire la gravità tipici, ossia con tutte le caratteristiche
di un quadro psicopatologico, sia nello proprie del disturbo a diversa gravità di
stabilirne la disponibilità al trattamento. espressione clinica; quadri atipici (e/o
La corretta identificazione di un profilo non altrimenti specificati), in cui vi è un
diagnostico si traduce in una prognosi interessamento più disomogeneo delle
mirata, nella definizione di interventi aree caratteristicamente coinvolte, con
commisurati al tipo di problematica, e sintomi comportamentali meno gravi e
quindi in una presa in carico efficace sia forme particolari come la sindrome di
nel contesto clinico che in quello scola- Asperger. Entità indipendente risulta in
questo modo la sindrome di Rett.
stico.
3. la possibilità di ulteriori approndimenti nell’area linguistica quando
risultino necessari.
I risultati emersi dallo studio di questi
due quadri clinici sono stati successivamente operazionalizzati individuando le
funzioni da indagare, gli strumenti per
la loro valutazione e i punteggi necessari per una diagnosi appropriata e descritti in maniera analitica in un report
finale.
Disturbo della condotta e della sfera
emozionale
Le problematiche legate a comportamenti inadeguati o francamente devianti, in uno spettro che va dalle piccole trasgressioni fino a forme di violenza vera
e propria, sono uno dei fenomeni più
allarmanti che la scuola segnala, sia per
l’aumento dei casi coinvolti sia per la
crescente precocità della loro comparsa.
La letteratura mette in evidenza come
comportamenti dirompenti simili sottintendono caratteristiche di personalità
molto diverse, cui corrispondono profili
diagnostici, indicazioni prognostiche e
di intervento diversi.
Nello specifico, a volte vengono confusi
o sovrapposti profili che vanno tenuti
fortemente distinti, quali possono essere quelli legati a instabilità attentiva e
psicomotoria, associate anche ad azioni
trasgressive, come nel caso della Sindrome da deficit di attenzione e iperattività
(ADHD), o forme di tipo aggressivo-provocatorio che non necessariamente
esitano in disturbi più gravi, quali sono
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notizie
quelli che preludono alla personalità Gli indicatori diagnostici utilizzati tenpsicopatica vera e propria. Va detto che gono conto sia delle informazioni proelementi di rischio, da intendersi come venienti dall’ambiente di vita, sia delle
segnali di attenzione cui destinare inter- caratteristiche con cui la persona si reventi preventivi, si possono individuare laziona con gli altri, ad esempio manifestando risorse più o meno adeguate sul
fin da età molto precoci.
Diventa allora cruciale valutare, uti- piano empatico, avendo un adeguato
lizzando strumenti diversi, il funziona- contatto con il proprio mondo emoziomento del soggetto e la sua struttura di nale, utilizzando difese sane o meno, sia
personalità, che non è necessariamente dell’età di insorgenza della problemain un legame causale e necessario con i tica, che definisce percorsi di sviluppo
molto diversi.
comportamenti manifesti.
Disturbi dello spettro autistico
L’autismo è una sindrome comportamentale causata da un disordine dello
sviluppo, biologicamente determinato,
con esordio nei primi tre anni di vita i
cui sintomi possono non diventare completamente manifesti fino a quando la
domanda sociale non eccede il limite
delle capacità. I bambini con autismo
hanno compromissioni qualitative del
linguaggio anche molto gravi (fino a una
totale assenza dello stesso); manifestano importanti difficoltà nell’interazione
sociale reciproca, che si evidenzia con
comportamenti e modalità comunicative non adeguate per l’età, al contesto
o allo sviluppo mentale raggiunto; presentano interessi ristretti e comportamenti stereotipati e/o ripetitivi. A ciò si
associa frequentemente ritardo menta-
Nonostante la malattia perduri per tutto l’arco della vita ci si può attendere un
miglioramento della prognosi (in termini di sviluppo di autonomie personali,
sociali e di qualità della vita) correlato
principalmente alla precocità della diagnosi e all’adeguatezza dell’intervento
(ri)abilitativo.
Queste considerazioni hanno portato
quindi alla costituzione di un Centro di
riferimento provinciale per l’autismo
(con sede a Villa Igea di Trento) e alla
realizzazione di un percorso diagnostico-terapeutico che vede coinvolti i
servizi sanitari territoriali, ospedalieri
e i pediatri di libera scelta. Il percorso
prevede l’invio di tutti i soggetti col sospetto diagnostico di autismo al Centro
di riferimento; qualora venga successivamente confermata la diagnosi, attraverso una valutazione multi professionale e secondo gli standard riconosciuti
a livello internazionale, viene costruito
un progetto terapeutico individualizzato, realizzato e coordinato dai servizi
territoriali in una dimensione di rete integrata che coinvolga tutti gli ambiti di
vita del bambino.
A conclusione del lavoro sono stati
condivisi i dati emersi dalla ricerca sul
campo e le proposte operative di omogeneizzazione degli standard e degli
strumenti diagnostici con tutte le unità
operative interessate.
notizie
07
LA NAVE DEI BAMBINI,
UN’AVVENTURA LUNGA CINQUE ANNI
Rosa Magnoni
Servizio acquisizione e sviluppo
Patrizia Orler
Coordinatrice pedagogica asilo nido
Sono trascorsi cinque anni dall’apertura dell’asilo nido dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari la «Nave
dei bambini». Il nido ha aperto il
primo febbraio del 2009 e in questi
anni si è preso cura di 170 figli di persone che a vario titolo lavorano in
APSS. Un nido particolare, il nostro,
che apre alle 6.30 di mattina e chiude alle 21.30 di sera, sempre operativo fatta eccezione la domenica,
il giorno di Natale e di Capodanno.
Un servizio pensato per soddisfare
le esigenze di chi opera all’interno
dell’ospedale e dunque con orari
di lavoro a turno (turno mattina o
pomeriggio), ma che ospita anche
un gruppo di sedici bambini con orario a giornata.
Un nido particolare anche per il progetto pedagogico applicato, studiato con
attenzione da professioniste dell’Università degli studi di Trento particolarmente esperte nel campo, che hanno attuato il progetto facendo diventare l’asilo
nido aziendale un unicum portato come
esempio anche a livello nazionale.
L’Università in base a una convenzione
con APSS ha operato nel nido attraverso
un coordinatore pedagogico e varie consulenti che si sono occupate della formazione delle educatrici, della relazione
coi genitori e della strutturazione organizzativa, la cui gestione concreta è stata
affidata ad un ente gestore con la supervisione dell’Università.
E dopo l’esperienza dei primi anni come
andare avanti? Nei mesi scorsi è stata
08
notizie
aggiudicata la nuova gara per la gestione
del nido, vinta come cinque anni fa dalla
Associazione Romani de Moll–Bellesini,
che dal 1° settembre gestisce il servizio
in continuità con il lavoro precedentemente impostato. In concomitanza anche la convenzione con l’Università di
Trento è scaduta e la scelta aziendale
è stata quella di nominare un proprio
coordinatore pedagogico e mantenere, per la parte inerente la formazione
del personale e il supporto ai genitori,
il modello psico-educativo adottato fin
dall’apertura del servizio.
Una collaborazione per realizzare un
percorso professionalizzante per le
educatrici è stata avviata anche con il
Servizio formazione dell’APSS che da
quest’anno coinvolge professionalità interne per approfondire tematiche rela-
tive alla prima infanzia. Una delle caratteristiche fondamentali e punto chiave
della qualità del servizio offerto alle famiglie dei dipendenti APSS è il modello
pedagogico, che ha nel suo specifico l’obiettivo di creare un «ponte di fiducia»
tra il nido e la famiglia, affinché si crei
coerenza e continuità tra i due mondi ai
quali i bambini appartengono, secondo
il pensiero di Elinor Goldschmied, pedagogista inglese, che con il suo importante lavoro nei servizi rivolti all’infanzia ha
messo in evidenza il fatto che la relazione con le famiglie è una priorità.
Come proposto dal modello pedagogico danno stabilità e continuità all’esperienza vissuta da bambini e genitori
dieci educatrici, una coordinatrice interna, che svolge un ruolo organizzativo e gestionale e una coordinatrice
pedagogica.
Le educatrici e la coordinatrice interna
da sempre lavorano con grande impegno e serietà, motivato dalla voglia di
realizzare un servizio innovativo e di
reale supporto alle famiglie con bisogni
così specifici. Le numerose occasioni di
formazione e gli incontri di lavoro hanno favorito e sostenuto la loro crescita
professionale: anno dopo anno tutto il
personale ha saputo mettersi in gioco
e affrontare le sfide poste da un servizio caratterizzato da un’organizzazione
piuttosto complessa e sicuramente unica in Trentino.
Tra le figure di riferimento per i genitori
c’è anche la coordinatrice pedagogica,
presente quotidianamente al nido, che
ha la responsabilità di realizzare il modello pedagogico e svolge un compito di
raccordo fondamentale tra tutti coloro
che partecipano in vari modi alla vita del
nido (Università e formatori, personale
educativo, bambini, genitori, referenti
APSS, Ente gestore), al fine di garantire
un servizio di qualità che risponda ai bisogni dei piccoli e delle loro famiglie.
Completano lo staff del nido quattro addette d’appoggio, che si occupano della
pulizia e della cura degli ambienti e due
cuoche che preparano i pasti per i bambini del nido APSS e dell’Università.
Il mantenimento della stabilità e della
continuità delle relazioni, garantite dalla
presenza stabile delle educatrici di riferimento, dal gruppo di bambini coetanei e dallo spazio di riferimento per ogni
gruppo, è uno dei fattori chiave su cui
si basa il modello pedagogico proposto
ed è proprio questo aspetto che rappresenta la sfida che fin dall’inizio è stata
colta dall’APSS, genitori e partner con
un grosso impegno in termini di progettualità. Il percorso di ambientamento, vissuto insieme ai genitori, consente
ad ogni bambino di conoscere il nido in
tempi del tutto personalizzati. Gradualmente egli inizia a stringere un rapporto
di fiducia con le educatrici di riferimento e a far parte di un gruppo di bambini
(bebè, medi e grandi), che giorno dopo
giorno gli permetteranno di fare importanti e significative esperienze di crescita. Le giornate che i bambini trascorrono
al nido sono scandite dai loro bisogni
primari di cura e da diverse proposte di
gioco.
Fin dall’inizio si è posta particolare attenzione all’organizzazione delle fasce
estreme della giornata, ossia accoglienza alle 6.30 del mattino e permanenza
fino alle 21.30, cercando di rendere
notizie
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LA NAVE DEI BAMBINI,
UN’AVVENTURA LUNGA CINQUE ANNI
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la domanda
per presentare
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verificare la qualità del servizio, confermando la validità del modello adottato
e l’utilità del nido, rendendo il nido sempre più rispondente ai bisogni specifici
dei bambini e delle dipendenti e dei dipendenti dell’APSS. Il lavoro di indagine
proseguirà anche in futuro. Nei prossimi
mesi infatti APSS prevede di realizzare
una nuova customer satisfaction intervistando tutti i genitori che in questi cinque anni hanno avuto modo di conoscere in prima persona il servizio.
piacevole e significativa l’esperienza dei
bambini “turnisti”. Le situazioni che si
verificano in questi momenti sono sicuramente molto diverse da quelle che i
bambini vivono nella parte centrale della giornata. Questo è particolarmente
vero per l’orario serale: dalle ore 17.30
circa ogni giorno rimangono al nido
pochi bambini di età diverse, il piccolo
gruppo che si crea non è mai lo stesso.
Per questo si è ritenuto importante che
il mattino presto e la sera la continuità
fosse garantita dalla presenza stabile di
due educatrici che lavorano con un orario fisso nelle fasce estreme della giornata.
Questa soluzione ha garantito maggiore prevedibilità ai bambini, che giorno
dopo giorno hanno maturato la consapevolezza che ad aspettarli al mattino
presto o ad accompagnarli fino a sera
c’è sempre una persona ben nota.
10
notizie
Per quanto riguarda gli spazi, infine, fin
dall’inizio sono stati individuati tre locali base, che hanno accolto i bambini
suddivisi in tre gruppi omogenei per età
(bebè, medi e grandi). Un punto forza
del servizio è sicuramente rappresentato dall’ampio giardino: i bambini apprezzano particolarmente questo spazio
esterno, che in parte è stato attrezzato
(scivolo, sabbiere e orto), mentre altro
spazio è stato lasciato libero per favorire
la libera esplorazione e la scoperta.
Sono passati più di cinque anni dall’apertura del nido e molte famiglie hanno
avuto modo di conoscere il servizio e
trovare in esso risposte concrete al loro
bisogno di conciliare esigenze familiari e
lavorative. Il punto di vista dei genitori
è stato sondato nel corso degli anni attraverso questionari di soddisfazione,
interviste aperte e momenti di confronto informali che hanno permesso di
Alcuni anni fa l’APSS, su proposta dei
propri Comitati per le pari opportunità, ha iniziato a progettare un nido
aziendale che andasse incontro ai
bisogni di conciliazione dei tempi di
vita e di lavoro del personale. L’asilo
nido dell’APSS «La nave dei bambini» è stato aperto nel febbraio 2009.
È aperto 15 ore al giorno dalle 6.30
alle 21.30 dal lunedì al sabato, comprese le giornate di festività nazionali
e religiose; è chiuso solo la domenica, il giorno di Natale e Capodanno.
I genitori in base al proprio turno lavorativo scelgono di portare il bambino al nido seguendo le tre fasce di
frequenza: 6.30-14.30 oppure 13.3021.30 (frequenza a turno) oppure
7.30-17.30 (frequenza a giornata).
Nell’attuale anno educativo il nido
accoglie 45 bambini, di età compresa
tra i 3 mesi e i 3 anni, di cui 29 iscritti
con modalità di frequenza a turno e
16 a giornata. I bandi per presentare
la domanda di iscrizione al nido sono
pubblicati ogni anno sul sito dell’APSS
e la domanda va consegnata entro il
31 di aprile.
Come i genitori, madri e padri, possano conciliare esigenze di cura familiari
e impegno al lavoro rappresenta una
sfida importante e uno degli argomenti
più dibattuti da coloro che si occupano
di politiche familiari. Questo tema diventa ancora più rilevante se parliamo
di genitori che lavorano in ospedale,
occupati nel proprio lavoro di cura per
diverse ore al giorno e con turistica da
rispettare. Noi della redazione abbiamo sentito alcuni genitori che ci hanno
parlato della loro esperienza al nido
aziendale.
Una delle particolarità del nido è la
possibilità di frequentare a turno in
concomitanza con l’orario di lavoro dei
genitori, ecco come hanno risposto
alcuni genitori alla domanda se l’asilo
riesce a supportarli nella gestione degli
orari di lavoro, bisogni del bambino e
gestione familiare.
«Dal punto di vista organizzativo sarebbe stato diverso senza un nido come
quello aziendale: lavoriamo ambedue
su turni e quindi senza di esso saremmo stati perlomeno costretti ad avere
un turno alternato.
Quello che mi ha colpito è la disponibilità nei nostri confronti nelle occasioni
in cui ci siamo trovati a dover cambiare la turistica di reparto: le operatrici
del nido ci sono sempre venute incontro aiutandoci nella ricerca di una
soluzione, per esempio accogliendo
il bambino nelle giornate in cui non
avrebbe dovuto frequentare perché
eravamo stati richiamati in turno». «Il
nido aziendale riduce le difficoltà di
organizzazione familiare soprattutto
per noi che lavoriamo a turni. Il bimbo
viene seguito anche nel caso in cui vi
sia uno spostamento nel nostro turno
in ospedale ma io sono serena perché
ho una copertura anche per rientri improvvisi. Sapere che c’è un servizio che
copre e si adatta a tutto ciò è molto importante per un genitore».
Uno dei punti di riferimento per i bambini sono le educatrici, che si relazionano quotidianamente con loro, ma
anche con i genitori, ecco cosa ci hanno
raccontato i genitori a questo proposito.
«Il confronto mi piace, è fondamentale e secondo me è il punto forza della
relazione tra genitore e educatrice di
riferimento. Attraverso il confronto si
cerca di trovare una linea, è fondamentale dirsi siamo insieme per costruire
qualcosa per la bambina, ci sosteniamo a vicenda per facilitare il processo
di crescita.
Questo secondo me è un aspetto molto
significativo per il genitore».
«Avere un’educatrice di riferimento è
stato molto importante, sapere che c’è
una persona in particolare con cui parlare, con cui ti puoi confrontare, anche
nei momenti un po’ più problematici.
Abbiamo sempre visto che l’educatrice aveva ben in mente il bambino e c’è
sempre stato anche un buon passaggio di comunicazioni tra educatrici, si
nota che il confronto tra loro è molto
stabile».
Infine ecco i consigli di chi ha frequentato il nido a coloro che sono alla loro
prima esperienza o si trovano di fronte
alla scelta dell’iscrizione o meno alla
struttura di via Paolo Orsi.
«Il mio consiglio è di stare tranquilli, per
noi in quattro anni c’è sempre stata libertà di dialogo, le volte che c’è stata la
necessità di parlare di qualcosa, che ci
siamo trovati di fronte ad un problema,
abbiamo trovato ascolto da parte delle
educatrici e la disponibilità a trovare
soluzioni diverse. Questo è proprio un
ambiente trasparente, abbiamo avuto
da subito la possibilità di essere anche
noi parte di questo mondo e di poter
vedere quello che veniva fatto nella
quotidianità. Secondo noi la parola
trasparenza caratterizza molto bene
questo servizio. Il fatto di essere qua
in tanti momenti diversi della giornata,
la mattina molto presto, la mattina alle
nove, a metà pomeriggio piuttosto che
la sera alle nove, ti da la possibilità di
vedere e capire con chiarezza quello
che succede. Oltre all’ascolto dei genitori è stata sempre molto personalizzata l’accoglienza e il modo di rapportarsi
in base ai bisogni del bambino».
«Per quanto riguarda la possibilità di
frequentare su tre turni diversi direi
che questa soluzione garantisce maggiore prevedibilità ai bambini, che
giorno dopo giorno maturano la consapevolezza che ad aspettarli al mattino
presto o ad accompagnarli fino a sera
c’è sempre quella persona ben nota. È
più facile adesso partire da casa e preparare nostra figlia a quello che accadrà nel tempo successivo sapendo già
chi troviamo per la colazione e chi ci
sarà poi la sera a cena».
notizie
11
L’UTILIZZO DEL DEFUSING PER GESTIRE LO STRESS
NELLE SITUAZIONI AD ALTO IMPATTO EMOTIVO
Moira Moser, Nicola Ricci
Unità operativa di medicina d’urgenza e pronto, ospedale di Trento
Cristina Tovazzi
Servizio per le professioni sanitarie, ospedale di Trento e di Rovereto
L’azione efficace dell’urgenza/emergenza in situazioni contrassegnate
da sofferenza e morte, nonostante l’operatore sviluppi una soglia di
tolleranza abbastanza elevata nei
confronti degli eventi critici, può
mettere a rischio il suo equilibrio
psicologico. Le situazioni affrontate
scatenano inevitabilmente reazioni
emotive. Una delle risposte emotive
più frequenti è lo stress. Vi è inoltre
il rischio per il soccorritore di essere
coinvolto nelle esperienze traumatiche delle persone soccorse (traumatizzazione vicaria, Setti 2008).
Da uno studio condotto in un pronto
soccorso dei Paesi Bassi e pubblicato nel
2011 sull’International Journal of nursing
studies emerge come gli eventi più angoscianti con cui gli infermieri di emergenza
si confrontano sono: le morti pediatriche, i traumi che coinvolgono i bambini,
la relazione con i familiari dei pazienti, i
pazienti ustionati, i pazienti psichiatrici,
la gestione della salma.
Tra le modalità di prevenzione dei rischi
stress correlati, la ricerca suggerisce
come strumento possibile il defusing
(dall’inglese to defuse = disinnescare).
È una metodica di rielaborazione delle
emozioni utilizzata a “caldo”, cioè entro 2-3 ore dall’evento, di breve durata
(20-40 minuti) a cui partecipa un piccolo gruppo di operatori e condotto da un
pari adeguatamente formato. È suddivisa in tre momenti distinti: introduzione,
esplorazione e informazione (Mitchell
J.T., 1993). Rappresenta una strategia di
gestione dello stress lavorativo da eventi
critici ad alto impatto emotivo, di pre-
12
notizie
Antonella Lama
Unità operativa di psicologia, Distretto centro nord
Silvana Selmi
Unità operativa di psicologia, Distretto centro sud
venzione del Post-traumatic stress disorder e di esiti cronici dello stress come
il burnout (Argentero P., Cortese C.G.,
Piccardo C. 2009). La sua finalità è di favorire la coesione interna del gruppo, il
mutuo-aiuto tra pari, l’integrazione delle
esperienze vissute, il riconoscimento e
l’espressione delle emozioni, la normalizzazione delle reazioni esperite.
Dalla revisione della letteratura emerge
che il defusing permette di ridurre i sintomi conseguenti all’esposizione a forti
eventi stressanti. Tutti gli studi sono stati
condotti in paesi stranieri ma il setting è
sovrapponibile ai nostri dipartimenti di
emergenza. Attualmente in Italia non esiste un programma di applicazione.
Va ricordato che l’art. 28 del Decreto
legislativo 81/2008 evidenzia tra i rischi
particolari «quelli collegati allo stress
lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’Accordo europeo dell’8 ottobre
2004».
Le situazioni emotive vissute dal personale che opera in contesti di urgenza/
emergenza impongono di prevedere specifici programmi formativi e di sostegno.
Alla luce di queste motivazioni e della
particolare importanza attribuita al benessere lavorativo dei professionisti che
operano nell’area della criticità vitale e
dell’emergenza dell’APSS si è deciso di intraprendere un percorso di sostegno per
gli operatori delle strutture ospedaliere
di Trento e Rovereto.
Questo progetto, denominato «Progetto organizzativo per l’implementazione
del defusing per la gestione dello stress
conseguente a situazioni critiche ad alto
impatto emotivo» prevede diverse fasi
di realizzazione tra novembre 2014 e
dicembre 2015. La sua finalità consiste
nell’implementare all’interno dell’organizzazione strategie efficaci per la tutela
del benessere attraverso la creazione di
cultura relativa allo stress negli operatori sanitari dell’emergenza, alle possibili conseguenze sulla salute psico-fisica
e sociale e alle possibili misure efficaci
per la loro riduzione, l’identificazione e
la formazione di un gruppo di defuser al
fine di poter implementare un servizio di
defusing a caldo nei contesti dell’emergenza e della criticità vitale e infine la definizione di modalità operative/procedure per attivare il defusing da parte degli
operatori dei servizi target nel momento
del bisogno.
Nel progetto sono stati coinvolti i direttori e i coordinatori/coordinatrici infermieristici delle unità operative di Medicina
d’urgenza e pronto soccorso, Anestesia e
rianimazione, Pediatria, Terapia intensiva
neonatale, Ostetricia e sala parto degli
ospedali di Trento e di Rovereto. Hanno
partecipato inoltre le unità operative di
Psicologia dei distretti Centro sud e Centro nord, le Direzioni mediche degli ospedali di Trento e di Rovereto e il Servizio di
prevenzione e protezione dell’APSS.
Le fasi del progetto sono illustrate nella
tabella 1. Ad oggi, è in atto la formazione dei professionisti con incontri ripetuti
in quattro edizioni, per consentire la più
ampia partecipazione possibile, con le
seguenti finalità:
• formare gli operatori delle aree dell’emergenza e della criticità vitale sugli
aspetti inerenti lo stress emotivo e
sulle modalità di prevenzione e di elaborazione dello stesso;
• sensibilizzare alcuni operatori nel rendersi disponibili ad assumere il ruolo
di defuser all’interno dell’organizzazione (ruolo per il quale è prevista una
specifica formazione);
• stimolare gli operatori a richiedere
l’attivazione del defusing a seguito di
situazioni particolarmente “critiche”
che si possono verificare nella quotidianità.
La terza fase comprende la definizione
del progetto formativo per assumere il
ruolo di defuser, la definizione dei criteri
per l’arruolamento dei professionisti disponibili anche attraverso colloqui individuali motivazionali e l’implementazione
degli stage formativi.
Altra fase progettuale è connessa a creare le condizioni organizzative e alla definizione delle necessarie modalità operative e procedurali per attivare il defusing
nei contesti target (le procedure devono
definire: le modalità per attivare il defusing, il luogo e i tempi per lo svolgimento,
la disponibilità di defuser in servizio, chi
lo attiva, il riconoscimento e la formalizzazione delle attività effettuate).
A conclusione del progetto, e dopo la
messa in atto del defusing, il gruppo di
lavoro ha ipotizzato di effettuare una raccolta dati attraverso dei focus group nelle
unità operative coinvolte per individuare
eventuali interventi migliorativi.
Tabella 1: le fasi del progetto
Fasi
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Tempi
Descrizione del progetto
Luglio – settembre 2014
Analisi e studio: analisi dei contesti e unità operative coinvolte per la definizione del reale fabbisogno di implementazione del defusing.
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Ottobre 2014 – febbraio 2015
3
Dicembre 2014 – settembre 2015
4
Marzo – giugno 2015
5
Da ottobre 2015
6
Prima valutazione
entro dicembre 2015
Poi valutazioni annuali successive
Revisione e analisi della letteratura.
Progettazione e realizzazione di un aggiornamento monotematico su
«Stress da impatto emotivo sugli operatori sanitari e modalità di elaborazione dello stesso».
Definizione, promozione e realizzazione di uno stage formativo per defuser.
Definizione delle modalità operative/procedure per l’attivazione del defusing nei contesti target.
Divulgazione delle procedure operative e sensibilizzazione degli operatori
alla loro implementazione.
Implementazione del progetto
Raccolta dati attraverso focus group in ogni unità operativa coinvolta.
Analisi dei dati emersi dai focus group e relazione finale.
Condivisione dei dati emersi con il gruppo di progetto. Individuazione di ulteriori interventi migliorativi.
notizie
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PROTONTERAPIA: GO!
Sandra Chighizola
Servizio comunicazione interna ed esterna
Prendendo in prestito “l’ok a partire” che ci è arrivato qualche tempo
fa da Samantha Cristoforetti pronta a volare nello spazio, e cioè una
semplice parola GO, eccoci pronti
anche a noi: la Protonterapia è partita. Sono già stati trattati alcuni pazienti e si sta procedendo, pur con
tutta la prudenza possibile, verso
un futuro che, analizzando dati e richieste, pare positivo. Vale quindi la
pena riprendere alcune informazioni importanti.
La protonterapia è una forma particolare di radioterapia che utilizza, al posto
dei raggi-X ad alta energia (fotoni), particelle elementari dotate di massa e carica (protoni). I protoni rilasciano la loro
energia nei tessuti irradiati in maniera
caratteristica: la dose è infatti depositata quasi interamente, con estrema
precisione, nello spazio di pochi millimetri. Questa proprietà li rende particolarmente adatti alla somministrazione
di dosi elevate al tumore, risparmiando
al contempo i tessuti sani circostanti la
lesione.
L’idea di trattare i tumori con i protoni
risale alla metà degli anni quaranta; lo
sviluppo della protonterapia è risultato
tuttavia abbastanza lento, anche a causa della complessità delle apparecchiature necessarie.
Le prime strutture di protonterapia sono
state realizzate all’interno di laboratori
di fisica nucleare dove erano già presenti i macchinari necessari per accelerare
e indirizzare sul bersaglio i protoni.
Solo a partire dai primi anni novanta
sono state realizzate strutture sanitarie
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notizie
dedicate esclusivamente all’uso terapeutico; attualmente nel mondo sono
operativi più di quaranta centri e molti
altri sono in via di progettazione o costruzione.
Il trattamento con protonterapia è particolarmente indicato in situazioni cliniche difficili: in caso di lesioni in vicinanza
di organi sensibili, in regioni anatomiche
complesse, in caso di lesioni tumorali
impegnative per forma e volume e in
età pediatrica. In questi casi, grazie alle
sue caratteristiche fisiche, esso risulta
particolarmente indicato per ridurre gli
eventuali effetti collaterali della terapia.
Un ciclo di protonterapia consiste nella somministrazione di dosi multiple di
radiazioni durante le sedute di terapia
settimanali, eseguite con cadenza giornaliera, dal lunedì al venerdì, in base
a quanto definito nello specifico piano di cura. Il trattamento quotidiano è
eseguito, sulla base delle indicazioni
ricevute, dai tecnici sanitari di radiologia medica (TSRM) in servizio al Gantry
(camera di trattamento). Il processo di
trattamento con protoni si articola nelle
seguenti fasi.
Valutazione dell’indicazione al trattamento con protoni: la scelta di essere
sottoposti ad un ciclo di protonterapia
è effettuata dal paziente, in accordo con
i medici dell’Unità operativa, a seguito
della valutazione della sua documentazione clinica, del suo stato fisico e della discussione collegiale all’interno di
gruppi multidisciplinari dell’azienda sanitaria. Saranno poi fornite informazioni
sull’indicazione o meno al trattamento
con protoni, sui potenziali vantaggi e
possibili effetti collaterali della protonterapia e sulle sue modalità di esecuzione.
Successivamente, nel caso in cui venga
data indicazione per il trattamento con
protoni, il personale infermieristico fornirà al paziente le necessarie informazioni come ad esempio quali attenzioni
avere per limitare la possibile insorgenza di effetti collaterali, quali norme comportamentali e dietetiche seguire ed altro ancora per gestire il trattamento nel
migliore dei modi.
Prima di essere sottoposti alla terapia è
necessario effettuare la simulazione del
trattamento. Il paziente si presenta al
Centro di protonterapia il giorno fissato
in occasione della prima visita e, dopo
avere effettuato le procedure di accettazione, viene accompagnato da un infermiere o da un tecnico sanitario nell’area
dedicata alla tomografia computerizzata/risonanza magnetica. In questa fase
si procederà: a individuare una posizione che sia ripetibile durante le future
sedute di terapia utilizzando un sistema
personalizzato di immobilizzazione costituito da cuscini, maschere, sistemi di
posizionamento vari per effettuare, in
modo sicuro e ripetibile, il trattamento
all’esecuzione di una tomografia computerizzata di simulazione per acquisire
le immagini necessarie a sviluppare il
piano di trattamento. Questo potrebbe
richiedere la somministrazione di mezzo
di contrasto per il quale sarà richiesto al
paziente uno specifico consenso.
Queste due operazioni dureranno in
tutto circa 45-60 minuti. Potrà essere
necessario eseguire una risonanza magnetica per acquisire ulteriori indicazioni per il piano di trattamento. Anche in
questo caso potrebbe essere necessaria
la somministrazione di mezzo di contrasto per il quale sarà richiesto al paziente specifico consenso. La risonanza
magnetica verrà effettuata di regola in
un’altra data rispetto alla tomografia
computerizzata. Il tempo di esecuzione
è di circa 30-40 minuti.
Una volta terminate queste operazioni
il paziente potrà lasciare il Centro. Si dovrà attendere l’elaborazione del piano di
trattamento da parte di medici, fisici e
dosimetristi, operazione che richiederà
circa una settimana. Il giorno e l’ora di
inizio della protonterapia saranno comunicati successivamente.
Per il paziente arriva quindi il momento dell’esecuzione del trattamento. Nei
giorni di terapia il paziente viene accompagnato nella sala di trattamento e fatto
accomodare sul lettino del Gantry (camera di trattamento) con gli stessi sistemi di posizionamento definiti nel corso
della simulazione. Eseguite le verifiche
radiografie necessarie al controllo del
corretto posizionamento, il paziente riceverà il trattamento vero e proprio che
prevede più sedute.
Durante l’irradiazione, da una sala attigua, il personale effettua un monitoraggio continuo, tramite un sistema di telecamere a circuito chiuso, mantenendo
il contatto con il paziente attraverso un
interfono. Il personale in servizio al Gantry spiegherà al paziente, passo dopo
passo, tutta la procedura, che potrà
durare complessivamente circa 30/45
minuti.
Durante il trattamento il paziente è sottoposto a controlli clinici, con cadenza
settimanale, o se necessario, più fre-
quenti. Il personale medico e infermieristico effettuerà delle visite di controllo
clinico con o senza esami ematobiochimici. Il giorno previsto per la loro esecuzione, all’ora stabilita, il paziente dovrà
recarsi nell’ambulatorio dedicato. Potrebbe essere richiesta la compilazione
di specifici questionari inerenti al trattamento o alla malattia.
Si arriva infine alla conclusione del trattamento, quando il paziente sarà visitato per controllare le sue condizioni
cliniche, prescrivergli eventuali terapie
notizie
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SERVIZI DI ASSISTENZA DOMICILIARE:
IMPORTANTI NOVITÀ PER LE PERSONE CON DEMENZA
PROTONTERAPIA: GO!
link
49874
n=
.it/Public/ddw.aspx?
http://www.apss.tn
Renata Brolis
Integrazione socio-sanitaria
Dal 1° gennaio sarà operativa la
nuova gara di appalto per la gestione dell’assistenza domiciliare (SAD)
ai pazienti presi in carico con i livelli
più intensivi di cure domiciliari, Assistenza domiciliare integrata (ADI),
Assistenza domiciliare integrata cure
palliative (ADI CP) e ai pazienti con
demenza moderata - severa e disturbi comportamentali (ADPD).
domiciliari e gli esami da portare in visione, illustrargli il programma per i
successivi controlli clinici, rilasciargli la
relazione conclusiva da trasmettere al
medico curante e/o allo specialista. Potrebbe essere richiesta la compilazione
di specifici questionari inerenti al trattamento o alla malattia.
Le visite di controllo chiudono il percorso: la loro tempistica e modalità di esecuzione, variano da caso a caso. Durante ogni visita saranno valutati la risposta
clinica, gli effetti collaterali eventualmente comparsi e gli esami diagnostici
previsti.
Anche in questa fase potrebbe essere richiesta la compilazione di specifici questionari inerenti al trattamento o alla
malattia.
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notizie
Le Figure professionali che compongono l’équipe del Centro di Protonterapia
oncologo radioterapista: è un medico specializzato in radioterapia oncologica, cioè nello studio dei tumori e
nella loro cura con l’impiego di radiazioni ionizzanti.
fisico sanitario: è un dottore in fisica con specializzazione nell’impiego
delle radiazioni in ambito sanitario.
tecnico sanitario di radiologia medica (TSRM): è una figura professionale laureata in tecniche di radiologia
medica che collabora all’esecuzione
del trattamento: preparazione, pianificazione, esami radiologici e sedute
di terapia.
infermiere di radioterapia: è un infermiere con specifiche competenze
nella cura dei pazienti sottoposti a
radioterapia/protonterapia.
Centro di protonterapia
Il Centro è una Unità operativa
dell’ospedale di Trento, si trova
in via Al Desert 14 a Trento.
È aperto dal lunedì al venerdì
dalle ore 8.30 alle ore 16.
telefono segreteria:
0039 0461 1953100
0039 0461 1953101.
e-mail: [email protected]
Il servizio SAD garantito prevalentemente da operatori socio sanitari (OSS), dipendenti delle cooperative che si sono
aggiudicate la gara di appalto, consiste
nell’erogazione di prestazioni di tipo socio assistenziale: igiene, cura e mobilizzazione della persona. La presa in carico
dei pazienti più complessi, da parte dei
medici di medicina generale e degli infermieri dei distretti, può avvalersi, d’accordo con le famiglie, anche di operatori
di assistenza per supportare la permanenza a domicilio, evitare o ritardare
l’istituzionalizzazione.
Il servizio, assegnato alle competenze della APSS dal 2012, sarà erogato in
modo più integrato con gli infermieri del
distretto, ci saranno modalità più flessibili per gestire le ore di assistenza nei
diversi territori. Agli operatori delle cooperative sono richiesti requisiti formativi specifici per prendersi cura di pazienti
ad elevata complessità clinico-assistenziale o nella fase di fine vita.
La maggiore novità riguarda una nuova
tipologia di servizio: l’Assistenza domiciliare per le persone con demenza, è servizio domiciliare specializzato rivolto ad
una fase critica della malattia, quando è
nella fase moderata-severa e sono presenti disturbi comportamentali; quindi
proprio nel momento in cui è elevato
il rischio di istituzionalizzazione per la
difficoltà della rete familiare nel gestire
l’assistenza.
Consiste nell’elaborazione di un progetto individualizzato che comprende una
serie di interventi, in parte di assistenza
erogati da OSS con la finalità di mantenere l’autonomia e le capacità residue
della persona ed educare la famiglia a
gestire le attività di vita quotidiana anche in presenza di disturbi comportamentali. L’assistenza, denominata mirata proprio perché specifica per i bisogni
della persona con demenza, è integrabile anche con l’assistenza di tregua quando supporta una esigenza di sollievo del
care giver e l’assistenza urgente quando
risponde ad un assenza improvvisa non
programmabile del care giver. È possibile prevedere anche un intervento di
addestramento dell’assistente familiare
retribuita dalla famiglia (badante).
Oltre agli interventi assistenziali il pro-
getto individualizzato è integrato anche
dall’apporto dello psicologo che offre
alla famiglia un sostegno e counseling
per superare i momenti di disagio legati
al cambiamento del contesto relazionale e ad affrontare le difficoltà legate
al lavoro di cura e da programmi di stimolazione cognitiva e motoria, gestita
rispettivamente da uno psicologo e da
un fisioterapista.
L’Assistenza domiciliare per le persone
con demenza coinvolgerà 80 persone
nel 2015. Sarà l’UVM con la collaborazione degli specialisti geriatri e neurologi delle Unità di valutazione Alzheimer
(UVA), ad individuare i pazienti per i
quali è appropriata questa forma di
assistenza sulla base di precisi requisiti
clinici.
La rete dei servizi territoriali si consolida
con un’offerta più mirata e specializzata
di interventi domiciliari a supporto del
lavoro di cura delle famiglie. L’accesso
è governato dai Punti unici di accesso
(PUA) socio sanitari che rilevano i bisogni portati dalle famiglie e dagli operatori, sociali e sanitari ospedalieri e territoriali e attivano le Unità di valutazione
multidisciplinari che elaborano progetti
personalizzati di assistenza.
Il crescere dei bisogni, in particolare
nell’area della cronicità, in un contesto
di risorse comunque limitate impone
di operare all’interno di precisi criteri di appropriatezza nell’offrire i servizi
disponibili e di costruire continuità nei
passaggi tra i diversi livelli di cura.
notizie
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IN TRENTINO LA SANITÀ DIGITALE È GIÀ REALTÀ
NUOVI ORARI DEI FISIOTERAPISTI A VILLA ROSA:
UNA SPERIMENTAZIONE AL SERVIZIO DEI PAZIENTI
Leonardo Sartori
Annamaria Guarnier
Servizio sistemi informativi
ENTRA ANCHE TU NEL MONDO DEI SERVIZI ONLINE
Servizio per le professioni sanitarie
Rosa Magnoni
Servizio acquisizione e sviluppo
ACCEDI CON LA TUA CPS/TESSERA SANITARIA
Scarica il software, collega Smarty al tuo computer ed usa la tua CPS: un mondo di servizi ti aspetta!
Con le nuove funzionalità di TreC,
la piattaforma online dei servizi
sanitari, il futuro della sanità digitale è arrivato. Le potenzialità della tecnologia informatica moderna
consentono di puntare sempre più
sulla semplificazione delle procedure e di rispondere alle richieste del
cittadino che desidera essere protagonista consapevole delle scelte
che lo riguardano. Con TreC i servizi
on-line sono una realtà in progressiva e costante crescita e così da circa
un mese i cittadini che hanno aderito alla Cartella clinica del cittadino
possono da casa cambiare il medico
di famiglia e grazie alla Security Card
e all’applicazione «OTP PAT» accedere anche in mobilità con tablet e
smartphone al proprio Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE).
Semplice l’utilizzo delle due nuove funzionalità di accesso ai servizi online: la
Security Card è una tabella da stampare e conservare, mentre l’applicazione
«OTP PAT» può essere scaricata gratuitamente su tablet e smartphone.
Per entrambe è necessario aver in precedenza attivato la Carta provinciale dei
servizi-Tessera sanitaria e autenticarsi
con le proprie credenziali (utente e password).
Si tratta di un ulteriore e importante
passo avanti sul percorso della digitalizzazione della sanità, avviato con l’obiettivo di monitorare la spesa e rendere
più semplice la vita ai pazienti. Ad oggi
quasi 40 mila cittadini trentini (7,5% degli assistiti) risultano iscritti al sistema
TreC, rispetto al quale sono stati tota-
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notizie
ACCEDI IN MOBILITÀ CON LA SECURITY CARD
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465 935 697 009 689 738 922 699
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41 42 43 44 45 46 47 48
341 873 977 777 879 546 012 812
49
611
50
107
Usa la Security Card per accedere ai servizi! La Security Card è una tabella da stampare e conservare.
La combinazione casuale di due numeri riportati in tabella sarà la tua chiave di accesso ai servizi online.
ACCEDI IN MOBILITÀ CON LA APP OTP
Usa il tuo smartphone o il tuo tablet per generare un codice di sicurezza (one time password – OTP)
che ti permette di accedere ai servizi online! È facile e sicuro: scarica la app OTP PAT, disponibile
gratuitamente per IOS e Android.
Se hai la CPS attiva, puoi stampare la Security Card e configurare l'APP come e quando vuoi!
www.servizionline.trentino.it
Se non lo hai ancora fatto, attiva la tua CPS!
lizzati 144.240 accessi, 896.565 contatti su homepage, 555 segnalazioni degli
utenti, 276.016 visualizzazioni referti e
151.402 notifiche disponibilità referto.
Sulla piattaforma TreC sono attive 6.597
deleghe per visualizzare le informazioni
di familiari o minori e sono operativi i
meccanismi di pagamento online.
Dallo scorso mese la lettura via web
degli esiti degli accertamenti diagnostici, riferiti a laboratorio e radiologia, ha
superato il numero di quelli stampati
in modalità tradizionale per la consegna cartacea. La fotografia dello stato
dell’arte si completa con le percentuali
riferite agli strumenti utilizzati per l’accesso ai 341.103 referti di laboratorio,
prodotti dall’APSS nell’arco temporale
luglio-novembre 2014. È interessante
notare come la richiesta della documentazione in formato cartaceo sia scesa al
42%, la lettura su TreC si attesti al 27%
mentre la modalità FastTrec sia passata
dal 22,8% al 30,8%, con un incremento
di ben otto punti percentuali.
Altro dato significativo dei primi undici
mesi del 2014 è rappresentato dagli oltre 300 mila assistiti trentini che, con
preventivo e specifico al consenso pri-
vacy, hanno scelto di adottare la modalità digitale per le ricette farmaceutiche,
che in forma dematerializzata hanno superato il traguardo dei 3 milioni.
In quest’ambito il Trentino diventa, a livello nazionale, l’unica realtà territoriale che permette ai cittadini di accedere
all’erogazione dei farmaci senza carta e
con la sola esibizione in farmacia della
tessera sanitaria. L’uso della piattaforma digitale rappresenta un notevole
vantaggio soprattutto per i pazienti cronici, consentendo inoltre di ridurre gli
errori, di contenere i costi e monitorare
in modo efficace e tempestivo la spesa
farmaceutica.
L’aver messo in atto articolati programmi di innovazione dei processi ha avuto
come presupposti la competenza tecnica e la condivisione organizzativa e
professionale tra tutti gli attori medici
e farmacisti, che con ruoli diversi, intervengono nelle attività socio-assistenziali. L’uso degli organi di comunicazione e
un adeguato sistema di valutazione-monitoraggio delle attività in corso hanno
consentito di verificarne costantemente l’impatto e migliorare efficacia dei
progetti.
Il trasferimento delle attività dal vecchio al nuovo ospedale Villa Rosa è
stato l’occasione per cambiare alcuni aspetti dell’organizzazione del lavoro, al fine di aumentare la qualità
del servizio dato ai pazienti.
Nelle strutture riabilitative di secondo livello, quale è Villa Rosa, sono ricoverati
pazienti ad alta complessità, per i quali
è necessario garantire una riabilitazione
intensiva e continuativa. Sono indicati,
ad esempio, due trattamenti al giorno
per almeno cinque giorni la settimana
e per alcuni pazienti è necessario prevedere un trattamento anche il sabato.
A Villa Rosa finora il trattamento pomeridiano uno-a-uno con il fisioterapista
veniva garantito solo ad alcuni pazienti e
in orari vicini al pranzo; non era previsto
alcun trattamento al sabato, salvo i sabati prossimi ad una doppia festività.
Questa anomalia era legata ad abitudini lavorative instauratesi nel corso
degli anni che prevedevano per tutti i
fisioterapisti impiegati a tempo pieno
un orario standard (8.00 – 15.42) e per
i fisioterapisti part time attività solo nella fascia oraria di mattina; il sabato non
era prevista presenza di fisioterapisti,
salvo per le eccezioni descritte sopra.
Gli orari sono stati riorganizzati quindi
con l’obiettivo di:
• aumentare la quantità di trattamenti pomeridiani, in particolare in orari
lontani dal pranzo, al fine di permettere un adeguato riposo ai degenti a più
alta complessità;
• garantire alcuni trattamenti il sabato,
almeno per i pazienti a più alta criticità riabilitativa.
La nuova organizzazione è in linea con le
migliori pratiche adottate in altri centri
analoghi e con quanto emerge dalle evi-
denze disponibili in letteratura.
Essa prevede solo una riorganizzazione
degli orari di lavoro e non un aumento
del monte ore. Considerate le attuali
dotazioni organiche, essa inoltre impatta minimante sul singolo professionista:
per ciascun fisioterapista a tempo pieno è previsto uno slittamento dell’orario giornaliero di 48 minuti per circa un
quarto delle giornate lavorative annuali
(8.48 – 16.30); per ogni fisioterapista a
part time è previsto il lavoro in fascia
pomeridiana per circa un quinto delle
giornate lavorative annuali (termine ore
16.30).
Per garantire la continuità riabilitativa
nelle giornate di sabato, ciascun fisioterapista a rotazione sarà presente in servizio
per una media di quattro sabati all’anno
(8.00 - 12.00).
I nuovi orari sono stati attivati dal 1° novembre 2014, per un periodo sperimentale di tre mesi, al termine del quale si
procederà a valutare i risultati.
notizie
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TeleDSole: MONITORAGGIO A DISTANZA
DI PAZIENTI CON MALATTIE CRONICHE
William Mantovani, Cinzia Vivori
Marina Mastellaro
Dipartimento di prevenzione
Servizio governance clinica
L’allungamento della vita media e il
progressivo invecchiamento hanno
comportato un aumento dell’incidenza e della prevalenza delle patologie croniche e della comorbidità,
determinando il bisogno di una assistenza continuativa e integrata da
parte dei professionisti coinvolti nel
percorso di cura del paziente. Uno
degli strumenti che permette di assicurare la continuità assistenziale è il
telemonitoraggio che, attraverso l’utilizzo di specifici dispositivi, consente l’acquisizione e la trasmissione a
distanza dei parametri clinici dei pazienti affetti da una o più patologie
croniche.
Nel primo semestre del 2014 ha preso
avvio, su mandato della Giunta provinciale, la sperimentazione di un modello
clinico organizzativo di assistenza e cura
integrata tra ospedale e territorio, per
pazienti con patologie croniche degenerative ad alto impatto sociale, basato su
sistemi di telemonitoraggio.
L’applicazione del modello organizzativo proposto, che è attualmente in fase
di sperimentazione nel territorio della Valle di Sole, dovrebbe migliorare
l’appropriatezza dell’assistenza e delle
cure erogate e la qualità della vita del
paziente favorendo l’integrazione tra i
professionisti, la stabilizzazione clinica
con riduzione delle riacutizzazioni e la
riduzione dei costi di assistenza diretta
ed indiretta. Nello specifico il Progetto
TeleDSole si prefigge di introdurre un
nuovo approccio alla cura del paziente
diabetico di tipo 2 e con comorbidità
cardiaca e/o respiratoria attraverso una
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MUOVERSI PER APPRENDERE
COL NORDIC WALKING
gestione integrata condivisa tra la medicina del territorio e medicina specialistica.
Per la sua concretizzazione è stato attivato un gruppo di progetto, composto
da professionisti del distretto e della
medicina generale del Distretto ovest,
dell’Ospedale Valli del Noce, dei servizi
Sistemi informativi, Ingegneria clinica,
Governance clinica e della Provincia
autonoma di Trento, coordinato dalla
direttrice dell’Area di governance, con
il mandato di definire i metodi, i criteri
d’arruolamento dei pazienti, la tempistica e gli strumenti da utilizzare.
Il progetto TeleDSole prevede il telemonitoraggio di cento pazienti residenti nel
territorio della Valle di Sole, con più di
64 anni di età, affetti da diabete di tipo
2, senza deficit cognitivi o se del caso
supportati dal caregiver. Di questi, 20
pazienti presentano comorbidità cardiaca e/o respiratoria (ipertensione e/o
scompenso cardiaco cronico e/o bronchite cronica ostruttiva BPCO). I soggetti
da reclutare sono stati individuati dai
medici di medicina generale (MMG) in
accordo con lo specialista di riferimento
e in collaborazione con il Servizio infermieristico dell’Unità operativa di cure
primarie del Distretto ovest.
Il reclutamento di ogni paziente prevede: la consegna dell’informativa e la
raccolta del consenso, la definizione del
piano di cura (tipologia, numero e frequenza dei controlli) e dei relativi alert
(range terapeutici e occorrenza), la consegna della strumentazione necessaria
per misurare i parametri clinici e trasmetterli dalla propria abitazione.
I parametri clinici oggetto di monitorag-
gio sono glicemia, pressione, peso e, per
i pazienti con comorbidità, anche tracciato ECG, saturimetria, ritmo cardiaco
e frequenza. I tracciati delle rilevazioni
sono visualizzabili dai medici dell’Unità
operativa di medicina dell’ospedale di
Cles, dal MMG dell’assistito, dagli infermieri delle cure domiciliari.
Il sistema di monitoraggio prevede l’attivazione di un alert nel momento in cui
vengono rilevati valori superiori rispetto
alla soglia impostata, non sono trasmesse le rilevazioni dei parametri clinici previsti e il MMG non valida i dati registrati
dal sistema.
Attualmente sono stati arruolati circa un
terzo dei pazienti previsti. Tutti i MMG
dell’ambito Valle di Sole partecipano al
progetto. Nonostante la sperimentazione sia ancora all’inizio si evidenziano
una maggiore consapevolezza del paziente rispetto alla propria malattia e
l’adozione di un corretto stile di vita.
La sedentarietà è il quarto principale
fattore di rischio di mortalità globale, provocando ogni anno 3,2 milioni
di decessi (Organizzazione mondiale
della sanità). Uno stile di vita attivo è
importante per mantenersi in buona
salute.
OKkio alla Salute (un sistema di sorveglianza sul sovrappeso e l’obesità e i fattori di rischio correlati nei
bambini delle scuole primarie, 6-10
anni) rivela che in Trentino solo il
27% dei bambini pratica l’ora di attività fisica raccomandata dall’OMS
per almeno cinque giorni alla settimana. Non sono pochi quindi i bambini che potrebbero mantenersi più
attivi sfruttando ogni occasione lungo la giornata per utilizzare il proprio
corpo nei diversi contesti di vita guadagnandone in salute.
L’attività di Nordic walking (NW) o camminata nordica con i bastoncini, rappresenta un semplice ed efficace metodo
per promuovere il movimento, anche a
Scuola. Il NW in età infantile favorisce
agilità, coordinazione, corretta postura
e riduce il rischio di obesità. Educa anche ad un buon controllo emotivo, migliora l’autostima, aumenta le capacità
di socializzazione e autonomia, favorisce l’osservazione del proprio territorio
creando occasioni per sviluppare il senso di appartenenza come anche stabilito
dai Piani di studio provinciali.
L’Unità operativa igiene e sanità pubblica del distretto Centro Sud, ambito
Vallagarina, in collaborazione con l’insegnante Emanuela Antonelli (Istituto
comprensivo di Brentonico) e con Valentina Lanz, maestra della Scuola italiana di Nordic walking, ha promosso il
progetto “Muoversi per apprendere col
Nordic walking”.
I destinatari del progetto sono gli Insegnanti ai quali vengono fornite indicazioni su tecnica e benefici del NW per
consentire loro di inserire tale attività
nel curriculum scolastico con lo scopo
di promuovere il movimento a Scuola
attraverso lo sviluppo delle competenze chiave di apprendimento europee
(una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto
e necessarie per la realizzazione e lo
sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione.
Raccomandazione 2006/962/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio,
18/12/2006). Negli ultimi due anni sono
stati coinvolti quattro istituti e formati
90 insegnanti con ricaduta su 20 classi.
La formazione di otto ore per gli insegnanti prevede una parte pratica
(uscite con i bastoncini) gestita dalla
Scuola italiana Nordic walking al fine
di sperimentare i benefici sulla salute,
la simulazione del gesto tecnico e della
progressione, le competenze coinvolte,
lo Zoo Nordic (movimenti appresi attraverso la simulazione dei movimenti degli animali); una parte teorica condotta
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ECCO LA NUOVA MENSA
DELL’OSPEDALE SANTA CHIARA
MUOVERSI PER APPRENDERE
COL NORDIC WALKING
Un piccolo disagio per un miglior servizio. Così possono
essere sintetizzati pochi mesi di lavoro presso la mensa
dell’ospedale Santa Chiara che hanno richiesto un po’
di pazienza agli operatori dell’ospedale che per qualche
settimana non hanno potuto fruire di un servizio completo, ma che hanno condotto ad avere oggi dei locali
più idonei allo scopo e, soprattutto, con una diversa logistica che ha anche consentito di ridurre drasticamente
le code cui si era ormai abituati.
da un insegnante della Scuola primaria e
dal referente alla salute dell’APSS con lo
scopo di fornire indicazioni per l’inserimento del NW nel curriculum scolastico.
Gli insegnanti, una volta formati, realizzeranno nelle classi sia le uscite, accompagnando gli alunni assieme a un
istruttore della Scuola italiana di NW, sia
le attività in aula collegandole alle diverse discipline (es. geo-storiche, umanistiche, motorie, lingue straniere). Nelle
classi del primo biennio, ad esempio,
sono attivati percorsi legati allo sviluppo
di consapevolezza e coordinazione corporea collegati alla lingua straniera.
Per ogni classe sono previste cinque
uscite di un’ora con i bastoncini allo
scopo di coordinare e collegare in modo
fluido il maggior numero di movimenti
naturali; utilizzare le abilità motorie in
forma singola o in gruppo; apprezzare le
traiettorie, le distanze e i ritmi esecutivi
delle azioni motorie; il tutto applicando
il rispetto delle regole e del gruppo, sviluppando conoscenza del territorio, assumendo atteggiamenti di disponibilità
e svolgendo un ruolo attivo e significativo nelle attività gioco-sport.
li, la consapevolezza e coordinazione,
la partecipazione a socializzazione, il
senso di responsabilità. L’obiettivo per
i prossimi anni è quello di estendere il
progetto ad altre scuole nell’ottica di
una Scuola che promuove salute in rete
con la comunità e il territorio, per rendere più facili e accessibili le scelte salutari da parte dei cittadini nelle diverse
fasi della vita. Buona camminata a tutti!
La disponibilità del gestore del servizio ad una stretta collaborazione con l’APSS per raggiungere un risultato di qualità, ha
permesso di offrire a tutti i dipendenti una pausa pranzo all’altezza (come qualità) e capace di consentire un necessario momento di detensione della giornata lavorativa (come luoghi).
Vi era la necessità di effettuare alcuni lavori obbligatori di adeguamento e si è colta l’occasione per sistemare tutta la mensa, lavorando nel periodo estivo per ridurre al minimo i disagi.
La sala mensa è stata completamente rimessa a nuovo: pavimento, soffitto, arredi e sistema di distribuzione.
Quest’ultimo è stato riprogettato prevedendo due linee parallele che, garantendo ai fruitori possibilità di movimento tra le
varie scelte, riducono drasticamente i tempi di accesso.
La ristrutturazione ha coinvolto anche i locali di supporto,
in particolare la zona cucina interna dedicata alla mensa.
Quest’ultima, progettata con idonei spazi di lavorazione separati da quelli per lo stoccaggio dei cibi, offre un supporto
tecnico logistico indispensabile per fornire un servizio di ristorazione completo.
La valutazione del progetto avviene attraverso la raccolta dei dati di processo
e di soddisfazione mentre per i risultati
di salute si valuta l’aumento delle ore di
attività fisica a scuola e le attività realizzate per promuovere il movimento attraverso degli indicatori da inserire nella
rubrica valutativa dello studente che
riguardano: lo sviluppo di conoscenze
e abilità, le competenze in area motoria
individuate dai Piani di studio provincia-
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LA PAGINA
DEI LETTORI
Veronica Miori
Unità operativa di ginecologia e ostetricia, ospedale di Arco
Latte di mamma… tutta salute! È questo il titolo dato all’evento tenutosi
nella mattinata di sabato 4 ottobre in
piazzale Segantini ad Arco, promosso
dall’Unità operativa di ginecologia e
ostetricia del presidio ospedaliero di
Arco, insieme a colleghi ed amici in
occasione della settimana mondiale
per l’allattamento materno (SAM).
La settimana per l’allattamento materno
(SAM) si svolge dal 1 al 7 di ottobre tutti gli anni e raggruppa gli sforzi di tutti
i promotori dell’allattamento materno, i
governi ed enti per sensibilizzare l’opinione pubblica e per generare sostegno,
utilizzando un tema diverso ogni anno.
Il tema della SAM è lanciato dalla
World Alliance for Breastfeeding Action
(WABA), ossia Alleanza mondiale per
interventi a favore dell’allattamento,
un’alleanza globale di individui, reti e
organizzazioni che proteggono, promuovono e sostengono l’allattamento
al seno, basata sulla Dichiarazione degli
innocenti e la Strategia globale per l’alimentazione dei neonati e dei bambini
dell’OMS e dell’UNICEF.
(fonte: MAMI - www.mami.org)
Lo scopo della nostra iniziativa, come
specificato negli obiettivi dell’Organizzazione mondiale della sanità, era quello
di richiamare l’attenzione sull’importanza di rafforzare le azioni per proteggere,
promuovere e sostenere l’allattamento
materno e di coinvolgere maggiormente
tutte le persone che sono accanto alle
neo-mamme. Perché?
Il latte materno è perfetto e inimitabile,
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notizie
dà al bambino tutti i nutrimenti di cui
necessita per i primi sei mesi di vita e
rimane importante come alimento complementare fino ai due anni ed oltre.
Contribuisce a proteggerlo dalle infezioni e riduce le probabilità di sviluppare alcune malattie in età successive.
L’allattamento materno aiuta mamma
e bambino ad avvicinarsi, fisicamente
ed emotivamente, offrendo importanti
vantaggi sulla salute.
I bambini che non sono allattati al seno
hanno maggiori probabilità di soffrire di
diarrea, vomito e infezioni delle vie urinarie (maggiore frequenza di ricovero in
ospedale), soffrire di otiti, rifiutare nuovi
cibi e sapori, soffrire di stitichezza, avere
problemi di sovrappeso e obesità (maggior rischio di sviluppare diabete di tipo
2 e altre malattie da adulto), soffrire di
eczema. L’allattamento al seno ha degli
effetti positivi per le mamme, le famiglie
e la comunità; protegge la mamma dal
tumore al seno, alle ovaie e dall’osteoporosi in età avanzata, per le mamme
che allattano è più facile perdere i chili
accumulati in gravidanza, permette un
evidente risparmio economico, è ecosostenibile, a chilometri zero e risparmia
risorse ambientali.
(fonte: “Il latte materno è il più naturale che c’è” - ministero della Salute,
Centro nazionale per la prevenzione e
il controllo delle malattie, sulla “promozione
dell’allattamento al
seno” attuato in collaborazione con l’UNICEF
e le regioni Sicilia, Lazio, Marche, Veneto e ASL Città di Milano)
La giornata del 4 ottobre si è svolta nella
verdeggiante piazza Segantini di Arco.
Gli operatori e un grande cuore formato
di balle di paglia, hanno accolto mamme, lattanti e sostenitori, che alle 10.30
hanno dato vita al primo flash-mob
arcense dedicato all’allattamento materno. In un clima gioioso si è allattato,
parlato e sorriso molto, creando una
emozionante energia.
Per l’occasione sono stati allestiti un
punto informativo dove esperte in allattamento (operatori e mamme) fornivano consigli, suggerimenti e materiale
divulgativo. Mentre dall’altro lato della piazza una area dedicata attendeva
bambini di tutte le età, coinvolgendoli
con giochi ed iniziative sul tema.
L’evento, che ha trovato risonanza anche sui media regionali, è stato possibile grazie al contributo volontario di
persone che hanno colto lo spirito e
l’importanza della iniziativa. A tutti loro
un grande ringraziamento.
la ricetta salutare
ZUPPA DI LENTICCHIE
INGREDIENTI
PROCEDIMENTO
• 250 g di lenticchie secche piccole
• 150 g di coste
• 80 g di sedano verde
• 80 g di zucchine
• 60 g di carote
• 60 g di scalogno
• 10 g di olio extravergine d’oliva
• 1 spicchio d’aglio
• 1 foglia di alloro
• concentrato di pomodoro qb
Mettere in ammollo le lenticchie
in acqua fredda.
Lavare le verdure, tagliare le coste
a fette e le altre verdure a cubetti
e far stufare con poco brodo vegetale
e olio, uno spicchio d’aglio intero e una
foglia d’alloro.
Aggiungere le lenticchie scolate, coprire
con del brodo vegetale, insaporire con
un po’ di concentrato di pomodoro e far
cuocere per una quarantina di minuti a
fuoco lento, rimestando di tanto in tanto.
Si può servire con crostini di pane integrale.
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CINEMA E SALUTE
CINEMA E SALUTE
a cura di
Mauro Bertoluzza
ALABAMA MONROE
Crediti
L’intensa storia d’amore tra Didier, leader di un
gruppo bluegrass fiammingo, ed Elise, una tatuatrice che diventerà poi cantante dello stesso gruppo:
divideranno amore, sesso, una casa nuova, musica e palcoscenici. Ma il concepimento e soprattutto la malattia e la morte a sei anni della figlia
Maybelle farà esplodere prima la diversità dei caratteri, poi il dolore e il diverso modo di elaborare il
lutto: rabbioso, razionale, intransigente e ostile verso la religione (e irritato dai limiti che questa pone
alla ricerca scientifica) quello di Didier, rancoroso,
animistico ed emotivo quello di Elise, incline alla
fede tramandatale dalla famiglia.
Il cerchio è una costante nel cinema di Van
Groeningen e diventa, in modo ancora più
esplicito rispetto ai suoi film precedenti,
motivo centrale di Alabama Monroe: cerchio della vita, sulla cui continuità si interrogano e sperano i due protagonisti, a
cominciare dalla canzone che apre il film.
Il vero protagonista del film è Didier, rude
e al tempo stesso tenero cantante e suonatore di banjo, che elabora il lutto con
razionalità inflessibile e che vede vacillare
il mito culturale americano inquinato da
una politica miope e bigotta. Ha paura di
scelte che possono apparire definitive (un
figlio, i tatuaggi…) e cerca disperatamente
risposte e soluzioni definitive. Il rapporto
con Elise lo spinge a uscire da questa precarietà, ma le successive prove (la morte
della figlia, la separazione) mettono nuovamente in discussione la sua identità.
La parte di Didier è stata affidata a Johan
Heldenbergh che è anche autore, regista
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notizie
e interprete della piece teatrale da cui è
tratto il film. Utilizzando lo schema del
melodramma Alabama Monroe mette
insieme motivi diversi. La scomposizione
del tempo è uno dei suoi punti di forza:
che i personaggi ne siano consapevoli o
meno, il passato continua a influenzare il
presente e nelle scelte del presente si trovano le premesse di quello che accadrà in
futuro. E uno dei motivi centrali è l’incertezza dei personaggi nei confronti del futuro e la necessità di dover compiere delle
scelte in questa condizione di incertezza,
non sapendo quali saranno le conseguenze delle decisioni prese. I flashback, dei
quali è ricco il film, non sono operazioni
compiute arbitrariamente dal regista per
vivacizzare il racconto, ma sono la memoria dei protagonisti, che motiva le loro
azioni. I due flashback sui momenti felici della vita di coppia che vediamo nella
seconda parte del film (il primo incontro,
Regia
Mirko Locatelli
Paese
Belgio/Olanda
Anno
2012
Titolo originale:
The broken circle
breakdown
la proposta di matrimonio e la cerimonia
nella sala da bigliardo) sono i ricordi nei
quali i protagonisti trovano le ragioni e la
forza per provare a ricucire il rapporto.
Alabama Monroe possiamo anche considerarlo strutturalmente un musical, dove
i brani eseguiti seguono puntualmente le
fasi della storia di Didier ed Elise. E la musica conferisce, insieme all’ambientazione
e alla caratterizzazione dei personaggi, un
tocco particolare a un film che rischierebbe altrimenti di cadere da una parte nel
melodramma, dall’altra in un’invettiva
politica contro l’irrazionale ostilità del governo repubblicano statunitense allo sviluppo delle ricerche sulle cellule staminali.
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Azienda provinciale per i servizi sanitari |Provincia autonoma di Trento | Via Degasperi 79, Trento Tel. 0461 904111 / 0461 904171| www.apss.tn.it
notizie
Numero 2 | Anno 13 | GIUGNO 2014 | Trimestrale
notizie
Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari
N. 2/14
L’INTERPROFESSIONALITÀ, DALLE AULE ALLA PRATICA CLINICA | LA RESIDENZIALITÀ NELLA SALUTE
MENTALE, DAI MANICOMI ALLE CONVIVENZE CON I RIFUGIATI POLITICI | L’INDIVIDUAZIONE
PRECOCE DELL’ANZIANO FRAGILE: UNA NUOVA PROSPETTIVA PER I SERVIZI | CONTRO LA VIOLENZA
SULLE DONNE: LINEE GUIDA PER GLI OPERATORI E LE OPERATRICI DELLA RETE E MOLTO ALTRO...