notizie Numero 3 | Anno 13 | SETTEMBRE 2014 | Trimestrale Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari N. 3/14 BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI: FOCUS SUI DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO | 5 DOMANDE SUI DIPARTIMENTI | DOMANDE E RISPOSTE SUL COMITATO ETICO PER LE SPERIMENTAZIONI CLINICHE | A VILLA ROSA DEBUTTA LA CARDIOLOGIA RIABILITATIVA | E MOLTO ALTRO... RENDERE CONTO Luciano Flor Direttore generale Come previsto dalla legge provinciale 16/2010, l’APSS ha redatto e inviato alla Giunta provinciale per l’approvazione il Bilancio di missione 2013, documento finalizzato a mettere in evidenza i risultati delle attività di tutela e promozione della salute nel territorio provinciale nonché i mutamenti qualitativi e quantitativi intervenuti nella domanda e nell’offerta di servizi sanitari e i necessari e opportuni interventi correttivi. Il Bilancio di missione si affianca alla rendicontazione economica, costituita dal Bilancio di esercizio, dalla quale si distingue per la fondamentale funzione di descrivere l’operato dell’APSS attraverso l’esposizione dei risultati raggiunti in rapporto agli obiettivi assegnati dalla Provincia autonoma di Trento, in modo tale da rendere conto a tutti gli interessati delle scelte effettuate. Questa descrizione non può prescindere dal considerare che i risultati sono necessariamente collegati a vincoli, scenari prefigurati, obiettivi stabiliti, strategie e attività istituzionali connesse, contenuti nei documenti programmatici. APSS NOTIZIE PERIODICO D’INFORMAZIONE DIREZIONE E REDAZIONE Azienda provinciale per i servizi sanitari Provincia autonoma di Trento Via Degasperi 79 - Trento www.apss.tn.it Tel. 0461 904111 / 0461 902920 / 0461 904171 Fax 0461 902909 [email protected] Iscrizione al registro stampe del Tribunale di Trento n. 1112 del 30 gennaio 2002 DIRETTORE EDITORIALE Luciano Flor DIRETTORE RESPONSABILE Roberta Corazza REDAZIONE Luciano Bocchi, Renata Brolis, Orazio Caffo, Sandra Chighizola, Maurizio Del Greco, Davide Donner, Barbara Gasperini, Annamaria Guarnier, Lorenza Lenzi, Angelo Cesare Passerini, Franca Refatti, Silvia Romani, Lucia Sabbadin, Adrianne Segata, Bruno Zanon. HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Annalisa Bertoldi, Roberto Bonmassari, Anna Brugnolli, Stefano Calzolari, Marco Clerici, Claudio Cortelletti, Marina Cuel, Michela Dalmartello, Marina Ferri, Floriana La Femina, Pasquale Laurino, Mirko Locatelli, Amelia Marzano, Anna Maria Moretti, Giandomenico Nollo, Daniele Ortolani, Francesco Reitano, Luisa Saiani, Francesca Spadaro, Carlo Tenni, Emanuele Torri, Mauro Trentinaglia, Paola Zalla. FOTOGRAFIE Ufficio stampa APSS GRAFICA Verba Volant - Trento IMPAGINAZIONE OnLine Group - Roma CHIUSO IN REDAZIONE IL 30 settembre 2014 2 TITOLARE DEL TRATTAMENTO DATI (D.Lgs. 196/2003) Luciano Flor notizie Gli strumenti quali il Bilancio di missione sono quindi volti a promuovere forme di maggior trasparenza e partecipazione alle decisioni, nonché a comunicare a soggetti, istituzionali e non, quali obiettivi e finalità sono stati concretamente realizzati, rispondendo alla necessità, sempre più avvertita da parte della collettività, di accrescere il livello di responsabilizzazione sui risultati delle pubbliche amministrazioni. Affrontando in questa prospettiva l’operato dell’APSS, sul fronte delle risorse il quadro della finanza provinciale ha orientato tutti i processi in direzione di una forte razionalizzazione e qualificazione della spesa da perseguire nel quadro del complessivo processo di modernizzazione di tutto il sistema pubblico provinciale. In tale contesto, durante l’esercizio 2013 l’APSS è stata chiamata a perseguire la razionalizzazione programmata con il Piano di miglioramento aziendale. In particolare sul versante dell’offerta ai cittadini, il 2013 è stato l’anno di attivazione dei Punti unici di accesso, che rappresentano uno degli strumenti di miglioramento dell’accessibilità ai servizi, il punto di riferimento per la valutazione e la presa in carico dei bisogni socio-assistenziali. Per quanto attiene alla valutazione dei risultati di salute, dai documenti disponibili emerge che le condizioni di salute della popolazione trentina possono considerarsi di buon livello e collocano la nostra provincia in una posizione privilegiata nel panorama italiano, anche se si registrano alcuni ambiti problematici rispetto ai quali si rendono possibili o necessari ulteriori miglioramenti. Riscontri positivi rispetto agli esiti degli interventi sanitari realizzati dall’APSS emergono anche da iniziative nazionali di verifica e valutazione, quali il Programma nazionale esiti (PNE) gestito dall’Agenzia per i servizi sanitari regionali e il Sistema di valutazione della performance dei sistemi sanitari regionali messo a punto dal Laboratorio MeS, Management e sanità, della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa. I buoni risultati evidenziati da queste e altre iniziative di valutazione costituiscono certamente un importante e positivo riscontro all’impegno garantito dagli operatori del Servizio sanitario provinciale, ma al tempo stesso rappresentano uno stimolo forte per attivare le azioni di miglioramento che si rendono necessarie rispetto a quegli ambiti di attività nei quali si rilevano segnali di problematicità. Proprio per garantire a chiunque la verifica di quanto è stato realizzato e rendere possibile il riscontro sulla graduale realizzazione degli obiettivi istituzionali dichiarati nei piani, dopo l’approvazione da parte della Giunta provinciale il Bilancio di missione sarà visibile sul sito dell’APSS. notizie 01 SOMMARIO 04 PIANIFICAZIONE DELLE ATTIVITÀ FORMATIVE PER IL 2015 06BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI: FOCUS SUI DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO 085 DOMANDE SUI DIPARTIMENTI 11IL COMITATO ETICO PER LE SPERIMENTAZIONI CLINICHE: DOMANDE E RISPOSTE 14 A VILLA ROSA DEBUTTA LA CARDIOLOGIA RIABILITATIVA 15LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI SUGLI SCREENING PER LA DIAGNOSI PRECOCE DEI TUMORI 18ADDIO A SUOR MARIANNA DENTELLA, FONDÒ LA SCUOLA INFERMIERI DI TRENTO 20 PROGETTO NATHCARE, UNA RETE DI SEI SISTEMI SANITARI ALPINI 21IN&OUT 22 LAVORI IN CORSO 25 OSPEDALE DI TIONE, FOCUS SULLA RISTRUTTURAZIONE 26 LA RICETTA SALUTARE 27 CINEMA E SALUTE notizie 03 dalla formazione PIANIFICAZIONE DELLE ATTIVITÀ FORMATIVE PER IL 2015 Amelia Marzano Servizio formazione Il piano per la formazione continua 2013-2014 sta per vedere il suo epilogo ed è giunto quindi il momento, per il Servizio formazione, di procedere alla stesura del nuovo piano. Prima di entrare nel merito è necessario fare riferimento a due fatti verificatisi nel corso di validità dell’attuale piano. Il 2014 ha visto il servizio formazione impegnato nell’erogazione di numerosi seminari, per la prima volta con il supporto della segreteria unificata di CFC (Commissione per la formazione continua). Questa nuova collaborazione è stata la logica conseguenza del recente riordino della formazione aziendale, che prevede il supporto sostanziale della CFC rispetto alla «formazione organizzata direttamente dai direttori di unità operativa, valutandone la validità scientifica e prevedendo eventuali finanziamenti». Ciò ha comportato il riconoscimento, quale formazione interna nonché orario di servizio, di attività seminariali promosse da direttori di unità operativa, attività che in passato erano gestite invece come formazione esterna. L’elevato numero di richieste giunte fino ad oggi ha comportato, in tempi piuttosto brevi, la saturazione per questa tipologia di attività, dell’agenda del Servizio formazione e della segreteria della CFC, fino al primo trimestre del 2015. Alla luce di ciò abbiamo capito che non si poteva affidare la programmazione di queste attività esclusivamente alla tempistica delle richieste e quindi, proprio alcuni giorni orsono, abbiamo provveduto a richiedere formalmente a tutti i direttori di unità operativa/servizio una pianificazione sul periodo medio-lungo, ovvero per la restante parte del 2015. Tale pianificazione consentirà al Servizio formazione e alla CFC di competenza di verificare la validità scientifica, la compatibilità con la programmazione provinciale e la politica aziendale, la fattibilità delle attività seminariali proposte nonché il necessario percorso gestionale e amministrativo delle stesse, come previsto dal documento di riordino sopra nominato. Al termine della suddetta valutazione, le attività che saranno prese in carico dal Servizio formazione entreranno a far parte del prossimo piano della formazione continua. Il secondo fatto, anche se non rappresenta del tutto una novità, è che, nel corso di validità dell’attuale piano, abbiamo erogato un significativo numero di attività formative non previste dal piano stesso, in quanto ritenute prioritarie dalla committenza aziendale. Queste ultime attività, insieme con i seminari, stanno già occupando una discreta porzione di una prima bozza del Piano della formazione cui stiamo lavorando e quindi appaiono inevitabili le seguenti domande. Le richieste “urgenti” di formazione sono un segno che la pianificazione biennale non è poi così compatibile con le esigenze dei professionisti e sarebbe quindi meglio riorientarci su una pianificazione annuale? Che senso ha coinvolgere, almeno per il Piano 2015, i dipartimenti, le tecnostrutture e le articolazioni organizzative fondamentali per la capillare attività 04 notizie di raccolta ed analisi delle necessità di formazione, producendo inevitabilmente un gran numero di richieste, quando verosimilmente non sarebbero compatibili con la programmazione delle attività lavorative delle unità operative/servizi? È giunto il momento, al di là delle contingenze legate agli eventi descritti sopra, di rivedere, oltre alla cadenza della pianificazione (annuale e non più biennale) anche le modalità di raccolta delle necessità di formazione? Una prima risposta, anche se parziale, viene da come il Servizio formazione ha in programma di provvedere alla stesura del Piano della formazione per il 2015. La prima bozza del Piano 2015 è già composta da un elevato numero di attività provenienti da importanti progettualità di rilevanza aziendale (tanto su tematiche specialistiche quanto organizzative), dai seminari e dalle aree dell’urgenza-emergenza, della sicurezza e di alcuni obblighi legislativi. Questa situazione ci ha portato a decidere, in accordo con la Direzione aziendale, di non provvedere per quest’anno all’attività “classica” di raccolta delle necessità di formazione, ma di portare direttamente all’attenzione del Consiglio di direzione la bozza di piano così come risulta oggi. Sarà in capo al Consiglio di direzione apportare le integrazioni opportune e, come sempre, procedere all’approvazione definitiva del Piano della formazione per il 2015, mentre sarà cura del Servizio formazione rivedere le vecchie modalità di costruzione del piano e pensarne altre, più in linea con le necessità di programmazione delle Unità operative, dei servizi e delle direzioni. notizie 05 BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI: FOCUS SUI DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO Francesco Reitano, Floriana La Femina Unità operativa di psicologia, Distretto centro sud Secondo le ricerche attualmente più accreditate, i Disturbi specifici di apprendimento (DSA) si presentano come un’atipia dello sviluppo caratterizzata da difficoltà in alcune aree specifiche dell’apprendimento scolastico nell’ambito di un funzionamento intellettivo adeguato all’età cronologica. Sono coinvolte in tali disturbi: le abilità di lettura (velocità, accuratezza e comprensione del testo), di scrittura, di calcolo. Stefano Calzolari Unità operativa di neuropsichiatria infantile, Distretto centro nord Per sviluppare la collaborazione sul efficaci che devono essere contemplate tema dei disturbi dell’apprendimento, all’interno dei progetti di istituto, preveè stato costituito in provincia di Trento, dendo il coinvolgimento degli studenti, all’inizio del 2012, un gruppo di lavoro delle loro famiglie e della scuola. interistituzionale composto da rappre- Agli insegnanti viene affidato il compito sentanti della Scuola e della Sanità pub- fondamentale di osservazione didattiblica e accreditata. co-educativa per il riconoscimento di Il primo risultato che ne è scaturito è un possibile Disturbo specifico di apstata la redazione e diffusione delle prendimento (DSA), a partire dalla scuo«Linee operative provinciali per i DSA» la dell’infanzia e a seguire per tutto il in attuazione della legge 14/2011, che percorso scolastico, al fine di sostenere hanno portato alla revisione dei criteri e garantire ad ogni singolo studente il diagnostici, a una omogeneizzazione del successo formativo, azione che diventa Studi clinici mettono in evidenza la mo- percorso di assessment a livello provin- obbligatoria nelle classi prime e secondificabilità del quadro clinico qualora ciale e a una chiarificazione dei rispettivi de della scuola primaria. La rilevazione precoce ha l’obiettivo di individuare le l’alunno sia posto nelle condizioni di ruoli e compiti tra sanità e scuola. difficoltà già nelle prime fasi di apprenattenuare e/o compensare il disturbo. dimento e consentire agli insegnanti di Grazie all’applicazione di questi accorgi- LINEE OPERATIVE DSA PROVINCIALI menti, lo studente può raggiungere gli Le linee operative provinciali, pubbli- attivare azioni didattiche mirate. A tale obiettivi di apprendimento previsti dalla cate nel 2013, contengono per tutte le scopo è compito della scuola attivare istituzioni scolastiche e formative le in- una didattica individualizzata e persoclasse frequentata. Dal punto di vista epidemiologico, i DSA dicazioni in merito alle corrette moda- nalizzata che contempli strumenti comhanno una prevalenza tra il 3% e il 4.5% lità e agli strumenti idonei da adottare pensativi e misure dispensative adeguadella popolazione in età evolutiva costi- per la rilevazione precoce dei DSA e per te ai diversi stili di apprendimento dei tuendo così un’importante parte dell’u- le attività d’intervento scolastico più singoli studenti. tenza che perviene alla valutazione dei servizi sanitari specialistici. L’INTEGRAZIONE SCUOLA SANITÀ Successivamente alla promulgazione della legge nazionale 170/2010 e della legge provinciale 14/2011, in cui si sono riconosciute la dislessia, la disortografia e la discalculia come disturbi specifici di apprendimento (DSA), è stato assegnato al sistema scolastico e sanitario nazionale e provinciale il compito di individuare modalità d’intervento per osservare e valutare le prestazioni degli alunni nei vari ambiti di apprendimento interessati. 06 notizie li sul eciali sono reperibi sp i iv at uc ed i gn to-bes so riferimento sui Bi mativa-di-riferimen di or e /n rm .it la no li uo sc pa ci vo in vi Le pr www. all’indirizzo: http:// portale Vivoscuola link LE AZIONI INNOVATIVE IN APSS I risultati di questo lavoro di confronto e ricerca hanno stimolato riflessioni intorno al bisogno di rimodulare l’attuale modello di intervento, oltre che nella scuola anche nell’area sanitaria, a partire dai disturbi dell’apprendimento (in particolare i DSA) che rappresentano una importante fetta dell’attività in cui si interfacciano cittadini, scuola e sanità. A tal fine è stata proposta come sperimentazione nell’anno scolastico 2014 - 2015 un modello di ambulatorio psicodiagnostico dedicato ai disturbi dell’apprendimento (in particolare ai DSA) all’interno della Unità operativa di psicologia 2, utilizzando le risorse strutturali e di personale esistenti in APSS e con l’integrazione di personale tirocinante esperto e opportunamente formato. Lo scopo dell’innovazione è quello di prendimento già costruito durante la operative DSA ha stimolato la prosecuziomigliorare la qualità e l’appropriatezza orne del lavoro di ricerca e revisione, all’inricerca azione; ganizzativa delle procedure di valutazione • migliorare la capacità clinica di conosce- terno dell’APSS, di strumenti e standard diagnostica, riorganizzando a risorse date re i profili cognitivi dei disturbi dell’ap- diagnostici su altre aree problematiche l’attuale modello di risposta, utilizzando riguardanti la collaborazione tra sanità prendimento più frequenti. gli strumenti, le esperienze e le conoscene scuola. Nel corso del 2013 si è creato ze acquisite in maniera tale da avvicinare L’approccio metodologico alla valutazio- un gruppo di progetto per la revisione le competenze diagnostiche presenti in ne diagnostica dei bambini con disturbo dei criteri diagnostici utilizzati per la cerazienda alla risposta al bisogno sanitario dell’apprendimento prevede la formula- tificazione ex legge nazionale 104/1992 emergente. zione di una diagnosi mediante l’utilizza- nella più vasta area dei disturbi aspecifici zione di un pacchetto prestazionale che dell’apprendimento, della disabilità intelGli obiettivi specifici, in particolare, sono: ricomprende essenzialmente una prima lettiva lieve, dei disturbi gravi della con• ridurre gli attuali tempi di attesa per la visita e un pacchetto di accertamenti psi- dotta e del cosiddetto spettro autistico, prima visita per la certificazione di DSA; codiagnostici; la restituzione alla famiglia con l’obiettivo di proseguire con il lavo• ottimizzare, riorganizzandoli, i tempi e la produzione di una documentazione. ro di omogeneizzazione dei criteri, degli necessari per l’assessment diagnostico Gli standard diagnostici e gli strumenti da standard e delle procedure diagnostiche (dagli attuali circa otto accessi di un’o- utilizzare sono quelli descritti negli alle- iniziato con i DSA. ra a due accessi da tre ore, prima visita gati alla delibera della Giunta provinciale I risultati di questo ulteriore approfondiesclusa); mento sono ora disponibili a conclusione del 15 ottobre 2012 sui DSA. • implementare la raccolta e disponibilidell’iter del gruppo di lavoro composto tà di dati attraverso l’ampliamento del LE PROSPETTIVE DI SVILUPPO da neuropsichiatri infantili e psicologi deldatabase dinamico sui disturbi dell’ap- La pubblicazione e diffusione delle linee le unità operative aziendali. notizie 07 5 domande sui DIPARTIMENTI 5 DOMANDE A NUNZIA MAZZINI DIRETTORE DEL DIPARTIMENTO DI RIABILITAZIONE E LUNGODEGENZA 1. Come pensa di svolgere il ruolo di coordinamento e indirizzo delle attività delle unità operative così come definito nel regolamento di organizzazione dell’APSS?. La riabilitazione è un insieme di interventi medici e tecnici finalizzati al recupero di attività della vita quotidiana come la capacità di muoversi, di camminare, di manipolare gli oggetti, di lavorare ecc. e per migliorare funzioni cognitive come il linguaggio, la comunicazione. Il Dipartimento di riabilitazione e lungodegenza svolge la sua attività valutativa e terapeutica per le persone che hanno disabilità motorio-cognitive in seguito a danni del sistema nervoso centrale e periferico quali gli ictus, le lesioni del midollo spinale, i traumi cranici, le anossie cerebrali, le malattie neurologiche ma anche in seguito a danni del sistema muscolo scheletrico traumatici come le fratture multiple o singole e le condizioni degenerative come le artrosi o altre patologie scheletriche. Ci sono inoltre aree impegnate nella riabilitazione respiratoria, nei linfedemi da patologia neoplastica, nella comunicazione alternativa con sistemi ottici, nella scoliosi. La prestazioni riabilitative sono erogate in tutti gli ospedali e in diversi servizi sul territorio, per un totale di venti sedi APSS, riunite nel Dipartimento di riabilitazione e lungodegenza. In relazione alla complessità delle disabilità si possono distinguere le attività in intensive ed estensive sulla base dei 08 notizie problemi clinici presenti, del “tempo terapia” e della molteplicità di professionisti coinvolti. Sono intensivi i trattamenti necessari per le gravi e multiple disabilità, che richiedono un ricovero riabilitativo, sono estensive la maggior parte delle attività ambulatoriali. Le prestazioni riabilitative di degenza ordinaria e day hospital sono a Villa Rosa, all’ospedale di Arco e ad Ala; attività mediche e tecniche riabilitative sono presenti in tutti gli ospedali aziendali per i pazienti ricoverati nei reparti per acuti in particolare le unità operative di ortopedia, neurologia e Stroke unit, neurochirurgia, reparti medici, rianimazione e ogni altro reparto nel quale si renda necessario. All’ospedale Villa Rosa ci sono diverse altre articolazioni con valenza dipartimentale, quali il laboratorio di neurofisiologia, il laboratorio di analisi del movimento, il centro di consulenza ausili «Abilita», le palestre per la terapia con Robot, l’ambulatorio per alvo e vescica neurologici. Le attività ambulatoriali estensive vengono erogate nelle sedi territoriali e nei servizi ospedalieri della rete aziendale e sono rivolte alle disabilità meno complesse come gli esiti di una frattura, di interventi chirurgici ortopedici, la presa in carico di scoliosi, di dolore cronico riacutizzato osteo articolare e altro, in base anche a PDTA (percorsi diagnostici terapeutici). Le unità operative multizonali sono tre: Unità operativa Villa Rosa, con l’ospedale di Borgo, Unità operativa di Trento – Villa Igea – Santa Chiara – Mezzolombardo con l’ospedale di Cles e l’ospedale di Cavalese, Unità operativa di Rovereto – Arco – Ala con l’ospedale di Tione. I servizi con sedi territoriali sono a Levico, Malè, Pellizzano, Vigo di Fassa, Predazzo, Tonadico, Centro per i servizi sanitari di Trento, Bezzecca e Storo; in diverse sedi territoriali vi sono attività mediche o fisioterapiche di operatori delle tre unità operative multizonali, in particolare a Levico, Bezzecca, Storo e Malè. Le attività riabilitative in provincia sono presenti anche con ospedali privati accreditati, prevalentemente ubicati nell’area Sud del Trentino, e con associazioni, come per esempio ATSM a Trento e AISM a Rovereto, senza dimenticare che anche nelle RSA trentine ci sono attività riabilitative. In questo complesso panorama, ricco di molte sedi, di molti e diversi professionisti, che afferiscono al Dipartimento, il Piano sanitario prevede che vi siano raccordi di tipo funzionale sui percorsi paziente anche con le strutture private accreditate. Dopo questa presentazione che ho ritenuto necessaria e mi scuso se un po’ lunga, per altro non esaustiva di tutta la riabilitazione che viene effettuata in provincia, va detto che il ruolo di coordinamento del Dipartimento è di tipo partecipato e condiviso da e con molti professionisti, in primo luogo i componenti del Comitato di dipartimento. Lavoriamo per problematiche cliniche o organizzative in gruppi multi professionali e le decisioni operative sono prese in Comitato per tutto ciò che è di competenza, il Comitato svolge anche un ruolo di indirizzo laddove non può svolgerlo di tipo operativo. del controllo di gestione che possiamo integrare con quanto recentemente è ottenibile con strumenti informatici specifici del settore ambulatoriale riabilitativo. Da anni tutte le sedi riabilitative aziendali utilizzano lo stesso programma informatico gestionale per le attività ambulatoriali e si scambiano informazioni. Il controllo della qualità delle attività è soprattutto dato dalla formazione, dal lavoro in équipe, dai gruppi di lavoro, dagli audit che sono i momenti importanti del confronto e dell’approfondimento e che permettono prestazione di buon livello ed equità su tutto il territorio, non tutto in tutte le sedi, ma certamente molto. 2. Per quanto riguarda il controllo delle attività delle unità operative quali strumenti pensate di utilizzare? Il controllo puntuale delle attività di ricovero e ambulatoriali, ovvero i report, sono ovviamente strumenti aziendali notizie 09 IL COMITATO ETICO PER LE SPERIMENTAZIONI CLINICHE: DOMANDE E RISPOSTE 5 DOMANDE SUI DIPARTIMENTI Marina Ferri, Francesca Spadaro Comitato etico per le sperimentazioni cliniche 3. Come svilupperete le reti cliniche provinciali? In Riabilitazione si lavora in rete da molti anni e sappiamo bene che le reti sono prima di tutto composte da persone che si parlano e si confrontano, ma hanno bisogno di supporti formali. I servizi riabilitativo-fisioterapici degli ospedali di tutto il territorio si possono considerare una rete. Nei reparti per acuti vengono ricoverate molte persone che necessitano di riabilitazione, sia durante la degenza sia alla dimissione. Contribuire a definire il setting di cura più indicato, quale il ricovero riabilitativo o day hospital o ambulatoriale, è una delle nostre attività. Inoltre, attraverso la rete riabilitativa permettere la continuità terapeutica nei suoi obiettivi tecnici terapeutici e realizzarla nelle sedi più idonee è un compito che abbiamo cercato di assumere da anni e che ha bisogno di continui miglioramenti. Una modalità che interseca quanto detto è la definizione di percorsi terapeutico assistenziali, per esempio dopo la grande chirurgia ortopedica protesica di arto inferiore, da molti anni, abbiamo un percorso terapeutico che ha permesso a tutte le persone operate in Trentino (e anche fuori dal Trentino) di poter fare riabilitazione dopo l’intervento. Attualmente stiamo rivedendo il percorso artroprotesi perché come tutti i prodotti umani anche questo ha bisogno di manutenzione. Un’altra rete che abbiamo iniziato a costruire, soprattutto attraverso corsi di formazione e mediante le possibilità offerte dall’informatizzazione, di lavorare in remoto via web, è la rete ausili con il nostro centro «Abilita». 10 notizie 4. Percorsi diagnostico-terapeutici: quali sono le modalità per garantire la presa in carico omogenea su tutto il territorio provinciale? I percorsi terapeutico assistenziali sono strumenti per promuovere buone cure e per effettuare verifiche di buona pratica nel tempo. I nostri percorsi diagnostico terapeutico assistenziali fissano delle strategie valutative e terapeutiche di bisogni riabilitativi e per essere efficaci possono non essere distribuibili in modo omogeneo sul territorio, ma l’equità e le possibilità di accesso a buone cure devono esserci per tutti ovunque le persone abitino, ovunque nel territorio vengano ricoverate. 5. Evoluzioni e prospettive future. Il futuro è caratterizzato da una richiesta riabilitativa in aumento e da risorse che invece sembrano calare per tutti, occorrerà pertanto definire strategie nuove di maggior vicinanza al domicilio delle persone perché sappiamo che molta efficacia nella cura si ha nel confronto con le difficoltà motorie e cognitive nel contesto di vita abituale e come altro importante impegno occorrerà una rete ospedaliera riabilitativa che sappia qualificarsi sempre più per intensità di cura, utilizzando al meglio le risorse. Occorre inoltre agire sulle buone abitudini di vita delle persone disabili e tra queste la promozione dell’attività fisica in contesti extra sanitari, conservando un ruolo al settore riabilitativo nella promozione e nel controllo di queste attività. Agire sulle abitudini di vita per i disabili è un compito etico per ridurre incidenza di malattie e per ridurre anche una parte della richiesta riabilitativa che può trovare comunque risposte efficaci in attività motorie dedicate extraospedaliere. Quali sono i progetti di ricerca che devono essere sottoposti al parere del Comitato etico per le sperimentazioni cliniche aziendale? I più importanti documenti di riferimento internazionali, tra i quali la Dichiarazione di Helsinki e la Convenzione di Oviedo, stabiliscono che tutte le ricerche che coinvolgono esseri umani, comprese quelle effettuate su campioni biologici, devono ricevere il parere favorevole da parte di un Comitato etico indipendente che, nel caso dell’APSS è il Comitato etico per le sperimentazioni cliniche (CESC). Anche gli studi di tipo osservazionale/epidemiologico, che non comportano modifiche alla normale pratica clinica, ma che prevedono la raccolta dei dati sanitari dei pazienti, devono essere sottoposti al parere del CESC se i dati raccolti vengono trasmessi a soggetti esterni all’APSS per essere elaborati, da soli o unitamente a quelli provenienti da altri centri. Non è invece necessario sottoporre al CESC i progetti di ricerca realizzati tramite la raccolta di dati, retrospettiva o prospettica, effettuata da personale, dipendente o convenzionato, nell’ambito del miglioramento della qualità assistenziale e che non prevedono il coinvolgimento di soggetti esterni all’APSS. Il CESC aziendale esprime un parere in merito a tutte le ricerche che coinvolgono soggetti che accedono alle strutture del Servizio sanitario provinciale. Sono oggetto di valutazione i progetti di ricerca su terapie farmacologiche, dispositivi medici, test diagnostici, alimenti, interventi chirurgici e altre procedure interventistiche, linee – guida e percorsi clinico – assistenziali, program- mi di promozione della salute (compresi i programmi di screening), sistemi organizzativi e processi. Il CESC esprime inoltre parere in merito alle richieste di utilizzo terapeutico di medicinali sottoposti a sperimentazione clinica (il cosiddetto “uso compassionevole”, come previsto dal decreto ministeriale dell’8 maggio 2003). Quali sono i criteri utilizzati dal Comitato etico per le sperimentazioni cliniche per esprimere i pareri? La responsabilità principale del CESC è quella di garantire la sicurezza ed i diritti dei soggetti coinvolti nei progetti di ricerca; è però importante sottolineare che la valutazione “etica” non può prescindere da quella degli aspetti metodologici, della rilevanza clinica dello studio proposto e della trasferibilità dei suoi risultati. Non può infatti definirsi “etico” uno studio con disegno non adeguato, che genera risultati non affidabili, scarsamente rilevanti o difficilmente trasferibili nel contesto clinico. Gli aspetti metodologici/scientifici che vengono valutati con particolare attenzione sono elencati di seguito: • Le premesse e il razionale riportano informazioni aggiornate sullo stato delle conoscenze, relativamente all’argomento della ricerca? • L’obiettivo (o gli obiettivi) dello studio è definito in modo chiaro? La scelta dell’endpoint primario è adeguata? • Il disegno è coerente con l’obiettivo proposto? • La numerosità del campione ed i test statistici permettono di rispondere al quesito dello studio? La valutazione del CESC si estende ad altri aspetti relativi alla tutela dei soggetti inclusi negli studi, quali l’informazione fornita agli stessi ed ai loro curanti, la copertura assicurativa e la riservatezza dei dati personali (privacy). È compito del CESC verificare, inoltre, che sia garantita la pubblicazione dei risultati degli studi, siano essi positivi o negativi. Da chi sono nominati e come sono scelti i componenti del CESC? In Italia, la composizione dei comitati etici che si occupano di ricerca clinica (in particolare su farmaci, dispositivi medici e alimenti) è stata recentemente ridefinita da un decreto del ministro della Salute (decreto 8 febbraio 2013). Essa deve garantire le qualifiche e le esperienze necessarie a valutare tutti gli aspetti dei protocolli proposti e i componenti devono possedere una documentata conoscenza ed esperienza nelle materie di competenza del comitato. I componenti del CESC vengono nominati con delibera del direttore generale e restano in carica per 3 anni (il mandato non può essere rinnovato consecutivamente per più di una volta); essendo la nomina personale e fiduciaria, i componenti non possono delegare ad altri la propria funzione, quindi non possono farsi sostituire in caso di impossibilità a partecipare alle sedute. Il CESC elegge al proprio interno un presidente e un componente che lo sostituisce in caso di assenza. L’aspetto più rilevante, oltre alla competenza tecnica, riguarda l’indipendenza dei comitati etici da ogni altra influenza indebita; per questo motivo, sono previste la presenza di almeno un terzo di componenti esterni e l’assoluta notizie 11 IL COMITATO ETICO PER LE SPERIMENTAZIONI CLINICHE: DOMANDE E RISPOSTE mancanza di subordinazione gerarchica dei comitati nei confronti delle strutture per le quali operano. I componenti del comitato non devono presentare cointeressi di tipo economico con le aziende che producono- commercializzano prodotti sanitari (ad esempio farmaci, dispositivi medici e diagnostici in vitro). Componenti aggiuntivi Ruolo secondo D.M. 8 febbraio 2013 COMPOSIZIONE DEL COMITATO ETICO PER LE SPERIMENTAZIONI CLINICHE (aggiornata a settembre 2014) Giorgio Camin Servizio Ingegneria clinica Ingegnere clinico (in relazione all’area medico-chirurgica oggetto dell’indagine con il dispositivo medico in studio) Antonio Costa Servizio dietetica e nutrizione clinica, Ospedale di Trento Esperto in nutrizione (in relazione allo studio di prodotti alimentari sull’uomo) Pierluigi De Bastiani Dipartimento di psicologia e scienze cognitive, Università degli studi di Trento Esperto clinico (in relazione allo studio di nuove procedure tecniche, diagnostiche e terapeutiche, invasive e semi invasive) Alberto Turco Dipartimento di scienze della vita e della riproduzione, Università degli studi di Verona Esperto di genetica (in relazione allo studio di genetica) Ruolo secondo D.M. 8 febbraio 2013 Giovanni Tognoni presidente Consorzio Mario Negri Sud Farmacologo Marina Ferri vicepresidente Servizio farmaceutico Farmacista del Servizio Sanitario Regionale Carlo Casonato Facoltà di Giurisprudenza, Università degli studi di Trento Esperto di bioetica Vittoria Cauvin Unità operativa di pediatria, Ospedale di Trento Pediatra Giuseppina Ciraolo Unità operativa di medicina legale Medico legale Flavio Corradini Comitato difesa dei consumatori Rappresentante del volontariato o dell’associazionismo di tutela dei pazienti Roberto Corrocher Dipartimento di medicina, Università degli studi di Verona Clinico Enzo Galligioni Unità operativa di oncologia medica, Ospedale di Trento Clinico Renzo Girardello Unità operativa di geriatria, Ospedale di Rovereto Clinico Roberta Iori Unità operativa di cardiologia, Ospedale di Trento Rappresentante dell’area delle professioni sanitarie Daniele Ortolani Medico di medicina generale Medico di medicina generale territoriale Carla Sartori Unità operativa di farmacia, Ospedale di Rovereto Esperto in dispositivi medici Pierantonio Scappini Direzione medica, Ospedali di Cavalese e di Borgo Valsugana Altro Armando Toniolatti Servizio affari generali e legali Esperto in materia giuridica e assicurativa Emanuela Zandonà Servizio di governance clinica Sostituto permanente del direttore sanitario Maria Elisabetta Zanolin Dipartimento di sanità pubblica e medicina di comunità, Università degli studi di Verona Biostatistico 12 notizie Ufficio di segreteria tecnico - scientifica email: [email protected] Francesca Spadaro Segreteria scientifica Servizio farmaceutico Mauro Guglielmo Segreteria amministrativa Servizio farmaceutico link te, il regolamento lendario delle sedu sito dell’APSS nella ca il , to ita m Co l La composizione de iesta di parere sono disponibili sul i cliniche ch le sperimentazion r pe o ic et e i moduli per la ri to ita m omitati» > Co 46928 sezione «Progetti/C ublic/ddw.aspx?n= /P .it .tn ss ap w. w w all’indirizzo: http:// notizie 13 A VILLA ROSA DEBUTTA LA CARDIOLOGIA RIABILITATIVA LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI SUGLI SCREENING PER LA DIAGNOSI PRECOCE DEI TUMORI Annalisa Bertoldi, Roberto Bonmassari Anna Maria Moretti Marco Clerici, Daniele Ortolani, Pasquale Laurino Oggi, tra le attività sanitarie in grado di prevenire o ridurre la gravità delle malattie, compaiono gli screening per la diagnosi precoce di alcuni tumori. Attualmente i programmi di screening proposti alla popolazione adulta dal Servizio sanitario provinciale riguardano la prevenzione dei tumori del collo dell’utero, della mammella femminile e del grosso intestino (colon e retto). È vero che oggi si muore meno di tumore? In Italia i tumori sono ancora la seconda causa di morte, dopo le malattie cardiocircolatorie. Tuttavia, da alcuni anni, i dati dimostrano una riduzione della mortalità per tumore, dovuta all’aumento della sopravvivenza dei malati per il miglioramento della diagnosi, più precisa e più precoce, e per le nuove terapie oggi a disposizione. Come ogni altro intervento sanitario questi programmi presentano, però, dei rischi e alcuni criticano la modalità di fare comunicazione sugli screening per la tendenza a sottolinearne i benefici e a ridimensionarne i rischi. Altri mettono in dubbio l’efficacia degli screening ma l’opinione della comunità scientifica internazionale concorda sulla loro utilità, poiché è stato dimostrato che le persone che si sottopongono regolarmente ai test di screening presentano una riduzione della mortalità dovuta a questi tumori. Poiché non tutti gli interventi di prevenzione e di diagnosi precoce consigliati dalle diverse fonti si basano su solide prove di efficacia, condividere l’informazione sulle campagne di screening appare oggi più che mai necessaria per tutti i professionisti sanitari. Per questo motivo il Dipartimento di prevenzione dell’APSS, in collaborazione con la Scuola di formazione in medicina generale, ha curato un breve vademecum per risponde alle domande più frequenti in tema di screening. Un’informazione chiara e completa è l’unico modo per mettere in grado le persone di scegliere consapevolmente. Cosa sono gli screening? Gli screening sono interventi sanitari indirizzati alla popolazione per individuare una malattia prima che possa dare gravi disturbi. Per mezzo di essi oggi è possibile ridurre la mortalità per alcuni tipi di tumore poiché si riduce il numero di quelli diagnosticati in stadio avanzato, quando terapia e guarigione sono più difficili. Gli screening garantiscono ai cittadini equità di trattamento in quanto le prestazioni sono gratuite. Dipartimento di prevenzione Unità operativa di cardiologia, struttura ospedaliera di Trento La cardiologia riabilitativa (CR) viene definita come «processo multifattoriale attivo e dinamico che ha il fine di favorire, nel cardiopatico, la stabilità clinica, di ridurre le disabilità conseguenti alla malattia e di supportare il mantenimento e la ripresa di un ruolo attivo nella società, con l’obiettivo di ridurre il rischio di successivi eventi cardiovascolari, di migliorare la qualità di vita e di incidere complessivamente in modo positivo sulla sopravvivenza» (World Health Organisation Expert Committee. Rehabilitation after cardiovascular disease with special emphasis on developing countries. Technical report series Geneva: WHO 1993; 831:1-122). Si tratta quindi di una branca della cardiologia che si occupa della gestione iniziale e, talora, periodica del paziente post acuto. Ha solide evidenze di efficacia nella riduzione della mortalità e dei nuovi eventi nel medio lungo 14 notizie termine e di efficienza con un favorevole rapporto costo/beneficio in termini prettamente sanitari ma anche sociali, ovviamente se orientata al paziente selezionato correttamente. L’introduzione nella realtà trentina della CR gestita dalla struttura cardiologica ospedaliera risale a più di vent’anni fa. Questa funzione è stata sempre svolta con modalità di accesso in day hospital o ambulatoriale, in considerazione dell’attività in regime di ricovero ordinario già ampiamente svolta da centri convenzionati. Nello specifico riguardo la Cardiologia del Santa Chiara, il primo centro è stato attivato all’ospedale di Mezzolombardo nel 1999 e successivamente, in seguito della chiusura del presidio ospedaliero, il centro è stato temporaneamente spostato a Trento, a Villa Igea, già prevedendo, nel quadro di un progetto provinciale organico di riordino di tutta la attività riabilitativa, la collocazione definitiva nel nuovo ospedale riabilitativo Villa Rosa di Pergine. Con uno sforzo organizzativo sostenuto all’inizio di luglio di quest’anno si è provveduto al trasferimento della cardiologia riabilitativa da Villa Igea a Villa Rosa. La nuova struttura appare, sotto il profilo costruttivo e logistico, eccellente, gli spazi e la loro collocazione soddisfano le esigenze dell’attività affidata e appaiono favorevoli anche in un’ottica di potenziamento di quest’ultima. Attualmente l’attività effettuata è articolata in: riabilitazione cardiologica in day hospital, riabilitazione cardiologica ambulatoriale, attività cardiologica ambulatoriale per esterni. Le attività principali che caratterizzano la riabilitazione cardiologica sono rappresentate da: valutazione completa e approfondita, sia clinica che strumentale, delle condizioni cliniche globali del paziente; valutazione del rischio cardiovascolare globale; assistenza clinica volta alla completa stabilizzazione delle condizioni cardiache e generali del paziente; formulazione di un piano di trattamento terapeutico personalizzato che deve includere anche la prescrizione di un programma di attività fisica; partecipazione a lezioni di educazione sanitaria, dietologica e psicologica (aperte anche ai familiari) aventi l’obiettivo di far conoscere i corretti stili di vita e dare informazioni utili nei riguardi della prevenzione secondaria della malattia cardiaca. L’attività riabilitativa viene svolta dal lunedì al venerdì, con la possibilità di adottare protocolli elastici di articolazione settimanale degli accessi, per superare il disagio dello spostamento giornaliero dalla propria residenza. La durata del percorso riabilitativo è generalmente di quattro settimane. Nell’anno 2013 i trattamenti riabilitativi in regime di degenza diurna e ambulatoriale sono stati 287, l’attività ambulatoriale per esterni di 10.956 prestazioni. La nuova collocazione e la riorganizzazione del centro, considerate le grandi potenzialità strutturali in ambito riabilitativo, ma anche ambulatoriale, sono presupposto per poter prevedere un potenziamento della attività, ovviamente se sostenuto da un adeguamento del personale coinvolto. Scuola di formazione in medicina generale di Trento Se sono così efficaci, perché non vengono attivati programmi di screening per tutti i tumori? Perché un programma di screening sia efficace occorrono alcune condizioni, tra cui quella di disporre di un valido test che possa identificare il minor numero possibile di falsi negativi (ossia soggetti che hanno la lesione ma risultano normali al test) e di falsi positivi (ossia quei soggetti che non hanno la malattia ma che presentano un test anomalo). Inoltre deve essere disponibile una terapia in grado di migliorare l’evoluzione della malattia, altrimenti lo screening è inutile e dannoso per il paziente, visto che il decorso della malattia non verrà modificato, oltre che rappresentare uno spreco di risorse che potrebbero essere impiegate in modo più vantaggioso per la comunità. Se lo screening rappresenta un beneficio in termini di salute, perchè non sottoporre tutti al programma? I programmi di screening sono rivolti a tutte le persone che rientrano in determinate fasce di età, nelle quali è più alto il rischio di ammalare di tumore e quindi maggiore il beneficio della diagnosi precoce. Come tutti gli interventi sanitari, anche gli screening presentano dei limiti e non in tutte le situazioni «prima si scopre un tumore e meglio è». La diagnosi precoce può comportare, soprattutto nelle fasce di età che non entrano in un programma di screening, la possibilità di scoprire dei tumori che potrebbero non dare problemi di salute nel corso dell’intera vita. In questo caso si parla di sovradiagnosi. Poiché, attualmente, non siamo in grado di prevederne l’evoluzione, c’è il rischio di sottoporre le persone a trattamenti non necessari: in questo caso si parla di sovratrattamento. Quindi solo nelle fasce di età individuate dai programmi di screening il rapporto rischio-beneficio risulta favorevole. Se una persona manifesta dei sintomi e vuole fare lo screening perchè non può farlo? In questo caso la persona può rivolgersi direttamente al proprio medico che prescrive subito gli accertamenti sanitari più appropriati. È bene ricordare che gli screening si rivolgono a persone che nella maggior parte dei casi sono sane. notizie 15 LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI SUGLI SCREENING PER LA DIAGNOSI PRECOCE DEI TUMORI Se un test di screening non rientra nella normalità cosa succede? Poiché la persona, fino a prova contraria, è sana, occorre verificare di non essere di fronte a un falso positivo, ossia occorre confermare il test attraverso un vero e proprio esame diagnostico (esempio: esame istologico). Se l’approfondimento conferma la presenza di una lesione la persona viene presa in carico dallo specialista e, se necessario, da un gruppo di specialisti per essere sottoposta al trattamento migliore. 16 notizie 670907_0.pdf C_ /Public/allegati/DO .it http://www.apss.tn può generare falsi allarmi e non fornire alcun vantaggio sulla diagnosi precoce dei tumori. Non è possibile eliminare i falsi negativi, i falsi positivi e i cancri intervallo? No, tutti gli esami hanno un grado di incertezza non eliminabile. Quello che si può fare è ridurre al minimo le imprecisioni, attraverso una serie di controlli che sono costantemente applicati e monitorati in tutti i programmi di screening avviati. Cosa succede se una persona richiamata non si sottopone ad approfondimento e preferisce attendere il successivo invito di screening? Questa decisione è molto pericolosa per la salute della persona. Confermare in tempi brevi la presenza di una lesione allo stato iniziale permette di intervenire precocemente con possibilità di praticare una terapia conservativa, ossia una terapia in grado di salvare l’integrità dell’organo colpito dalla malattia e aumentare le possibilità di sopravvivenza. E in caso di falso negativo? La possibilità di un esame normale in presenza di malattia purtroppo è un’eventualità che può verificarsi, anche se in una bassa percentuale dei casi. In pratica è come se la persona non avesse fatto lo screening. Inoltre potrebbe comparire anche il cosiddetto cancro d’intervallo, cioè quello che si manifesta dopo un test di screening negativo, prima dell’invito successivo. Queste situazioni devono indurre a non sottovalutare la comparsa di sintomi e a rivolgersi al proprio medico, anche se si è aderito alle campagne di screening. link Se vi sono falsi negativi e cancri intervallo, non sarebbe meglio ridurre l’intervallo tra un test di screening e l’altro? Poiché ogni tumore ha proprie caratteristiche di sviluppo temporale, gli intervalli tra un test e l’altro sono stati definiti in modo da bilanciare gli effetti positivi con quelli negativi, questi ultimi presenti in ogni procedura sanitaria. Aumentare il numero dei test, cioè sottoporre le persone sane a test più ravvicinati non solo non aumenta l’efficacia del programma ma espone le persone al rischio di esami e trattamenti talora più dannosi che utili. Per questo è molto importante attenersi al rispetto dei tempi consigliati dal personale sanitario che gestisce gli screening. Medici e specialisti non dovrebbero consigliare di ripetere gli esami di screening ad intervalli diversi da quelli previsti dai programmi, a meno che non siano presenti indicazioni di tipo clinico, ossia condizioni di sospetta malattia, o presenza di sintomi. Quindi non c’è alcuna possibilità di prevenire questi tumori? È bene ricordare che la comparsa di molti tumori può essere notevolmente ridotta attraverso stili di vita sani, che devono diventare abitudini quotidiane. Si parla, infatti, di mortalità evitabile per tumore. Condurre una vita attiva, adottare una sana alimentazione, ridurre il consumo di alcol e astenersi dal tabacco sono comportamenti salutari che concorrono alla prevenzione non solo dei tumori ma anche delle malattie croniche, come quelle cardiovascolari, il diabete, le malattie respiratorie. Inoltre per alcuni tipi di tumori, come quello del fegato dovuto al virus HBV o della cervice uterina dovuto agli oncovirus HPV, oggi è disponibile la vaccinazione. In questo caso si parla di prevenzione primaria che, a differenza degli screening per la diagnosi precoce delle lesioni pre-cancerose, impedisce l’insorgenza delle lesioni stesse. Esistono programmi di screening efficaci per la diagnosi precoce di altri tumori che però non vengono attivati? No. Da qualche tempo si parla di diagnosi precoce del tumore della prostata e di quello del polmone. Allo stato attuale delle conoscenze, il Ministero della salute precisa, in accordo con linee guida internazionali, che gli screening di popolazione, per questi tumori, non sono raccomandati poiché sarebbero minori i benefici rispetto agli effetti negativi. Occorre anche attendere i risultati degli studi sugli effetti collaterali, quali quelli dovuti alle radiazioni ionizzanti. Raccomanda, inoltre, di non utilizzate a scopo preventivo il test del PSA sopra i 70 anni e di non utilizzarlo come esame di controllo periodico. Anche la ricerca di altri marcatori tumorali (CEA, CA 15.3, CA 125, CA 19.9), tramite analisi del sangue, se eseguita al di fuori di un percorso diagnostico mirato, notizie 17 ADDIO A SUOR MARIANNA DENTELLA, FONDÒ LA SCUOLA INFERMIERI DI TRENTO Anna Brugnolli, Marina Cuel, Luisa Saiani e Carlo Tenni Si è spenta il 23 agosto scorso a Zogno, in provincia di Bergamo, suor Marianna Dentella la fondatrice della Scuola infermieri di Trento. Era arrivata a Trento nel 1971 proveniente dall’ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano e per sedici anni ha diretto la Scuola da lei fondata. È stata per molti infermieri trentini una guida: con lei si sono diplomati più di 800 studenti. Dopo il suo pensionamento la conduzione della scuola è passata alle sue allieve che hanno improntato l’attività didatti- ca cercando di mantenere e sviluppare nel tempo la sua eredità. Pubblichiamo volentieri il ricordo che quattro ex alunni hanno di Suor Marianna, certi che, senza di Lei, la formazione professionale degli infermieri trentini non sarebbe riconosciuta per la competenza e l’alta qualità professionale che l’ha sempre contraddistinta. Il ricordo di Suor Marianna è ancora molto presente nelle storie personali e professionali di molti di noi e quando gli infermieri si incontrano raccontano esperienze e aneddoti dai quali emerge la sua severità, ma anche la grande stima e affetto per Lei. Suor Marianna era nata ad Aviatico in provincia di Bergamo nel 1919. Ha dedicato la sua vita religiosa e professionale alla formazione degli infermieri. Nel 1987 dopo diciassette anni di direzione della scuola infermieri si è trasferita all’Istituto religioso delle suore di Maria Bambina di Villazzano e nel 2011 alla Casa di riposo di Zogno, dove era Superiora suor Giuseppina Chiocchetti, che aveva condiviso con lei la direzione della scuola. 31 luglio 1987, consegna delle chiavi a Luisa Saiani, nuova direttrice della Scuola infermieri. Foto di gruppo degli ultimi diplomati di Suor Marianna. 18 notizie Con il suo approccio formativo Suor Marianna intendeva preparare infermieri con uno stile di azione e di comportamento orientato alla dedizione verso i malati e i familiari, capaci di assistere con competenza, rispetto, precisione e attenzione globale alla persona. Il suo impegno era volto non solo a formare infermieri di qualità, ma a sviluppare personalità libere e responsabili. Integrava i valori della tradizione infermieristica con elementi di modernità, proponeva una formazione scientifica rigorosa, etica, morale ma contestualmente innovativa coinvolgendo, per esempio, docenti universitari di discipline e saperi emergenti come sociologia o antropologia. Nella formazione considerava il tirocinio l’ambito più importante ed efficace, quello della sintesi e dell’identità professionale e spesso richiamava anche gli infermieri dell’ospedale quando non erano di esempio positivo per gli studenti. Suor Marianna non ammetteva deroghe né sui modi né sui tempi del tirocinio: lo voleva formativo, guidato, negoziava con determinazione con l’amministrazione la dotazione di caposala didattici per affiancare e guidare gli studenti, per prevenire possibili disguidi o errori sui pazienti, per dare coerenza al progetto formativo. Lei stessa leggeva le relazioni e i “rapporti notte” degli studenti, precisava, correggeva, integrava e il momento in cui riconsegnava il testo diventava occasione di incontro personale per far riflettere, incoraggiare e orientare. Suor Marianna è stata una grande educatrice, dotata di personalità carismatica, ricca di doti: saggia, intelligente, aperta, desiderosa di giovare a coloro a cui sapeva di essere chiamata a far crescere come persone e come professionisti. notizie 19 PROGETTO NATHCARE, UNA RETE DI SEI SISTEMI SANITARI ALPINI Michela Dalmartello, Emanuele Torri Dipartimento salute e solidarietà sociale, Provincia autonoma di Trento Nell’autunno del 2012 ha preso avvio il progetto Nathcare, acronimo di Networking alpine health for continuity of care. Il progetto, cofinanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale attraverso il programma di cooperazione territoriale europea «Spazio alpino 2007-2013», coinvolge undici partner nella zona alpina di Austria, Francia, Germania, Italia, Slovenia e Svizzera. Esso si sviluppa nell’arco di 34 mesi, fra settembre 2012 e giugno 2015, con un budget di complessivo 2.673.000 euro, di cui 200 mila assegnati alla Provincia autonoma di Trento, impegnata per la prima volta in un progetto in ambito sanitario nello Spazio alpino. Il progetto Nathcare mira a creare una rete transnazionale di sistemi sanitari che si basa sulla centralità della persona nell’assistenza, attorno alla quale si vogliono costruire e offrire servizi più efficaci, tramite la condivisione di risorse, esperienze e migliori pratiche tra sei paesi dell’arco alpino. Uno degli obiettivi del progetto è lo sviluppo di una piattaforma informatica che impieghi servizi innovativi per incrementare la continuità assistenziale. Essa favorirà la comunicazione e condivisione di informazioni, per creare una forte integrazione e sinergia tra tutti gli operatori sanitari coinvolti nel percorso assistenziale e con lo stesso paziente, affinché diventi soggetto attivo nei processi decisionali che riguardano la sua salute. Nathcare si propone di incidere su un’area geografica dove il cambiamento socio-demografico ed epidemiologico comporta l’esigenza di riorganizzare i servizi e migliorare la qualità assistenziale, specie in contesti come quelli montani dell’arco alpino, problematici da un punto di vista logistico, ma dove la vitalità e le risorse delle comunità locali offrono molte opportunità di sviluppo e riqualificazione. La cooperazione territoriale può quindi offrire un mezzo tramite il quale ogni regione coinvolta può incrementare la 20 notizie Giandomenico Nollo Innovazione e ricerca clinica in sanità, Fondazione Bruno Kessler qualità della vita e dei servizi delle aree periferiche. È obiettivo di questo tipo di progetti la valorizzazione delle esperienze territoriali dell’area di cooperazione mediante la ricerca di soluzioni che possano essere adattate alle differenti esigenze di ciascuna realtà. Nel progetto Nathcare, ad esempio, è stata garantita la diversificazione degli oggetti degli studi pilota: ogni territorio ha avuto la possibilità di scegliere un ambito assistenziale di lungo periodo e la Provincia di Trento ha scelto il percorso nascita nel quadro della fisiologia, con una forte valorizzazione della figura dell’ostetrica. La zona attualmente impegnata nell’organizzazione del nuovo servizio, con il coinvolgimento di servizi distrettuali e ospedalieri, è la Comunità delle Giudicarie (ndr. si veda l’articolo pubblicato sullo scorso numero di APSS Notizie: numero 2, anno 13, giugno 2014). La partecipazione della Provincia autonoma di Trento al progetto rappresenta un’opportunità per rafforzare un percorso già in atto per lo sviluppo dell’integrazione assistenziale e della gestione sicura ed efficiente del percorso nascita, mettendo al servizio del cittadino i risultati di ricerca e innovazione nell’ambito dell’ICT e della rete di cooperazione scientifica europea. Il progetto Nathcare mira quindi, nel suo complesso, ad accrescere «Competitività e attrattiva dello Spazio alpino» (Priorità 1 del programma operativo Spazio alpino) tramite approcci integrati in contesti in cui la cooperazione transnazionale risulta più efficace delle iniziative individuali o può supportare e dare valore aggiunto al conseguimento di soluzioni innovative e sostenibili per tutti. link Ritorna dopo un anno la rubrica che presenta gli avvicendamenti negli incarichi di strutture complesse dell’APSS. Per motivi di spazio sono pubblicati solo gli avvicendamenti dei dirigenti apicali, dato il considerevole numero di persone che nel corso dell’anno lasciano, iniziano o cambiano attività all’interno dell’azienda. Questo piccolo spazio vuole tuttavia essere un benvenuto a tutti i nuovi dipendenti e un ringraziamento a coloro che hanno lavorato per la sanità trentina. Quest’anno sono stati nominati direttori di unità operativa: Raffaella Bianchi è direttore dell’ospedale Valli del Noce di Cles dal 1° agosto. Elena Bravi è direttore dell’unità operativa di psicologia del Distretto centro nord dall’8 settembre. Fabrizio Cortese è direttore dell’unità operativa di ortopedia e traumatologia dell’ospedale Rovereto dal 16 giugno. Mario Grattarola è direttore dell’ospedale di Trento dal 1° agosto. Federica Romanelli è direttore dell’unità operativa di oculistica dell’ospedale Rovereto dal 19 maggio. Nell’ultimo periodo hanno lasciato l’APSS: Luigi Battaia direttore dell’unità operativa di medicina generale dell’ospedale di Tione. Mauro De Concini direttore dell’unità operativa di oculistica dell’ospedale di Trento. Paolo Dalla Palma direttore dell’unità operativa di anatomia patologica dell’ospedale di Trento. Ernesto Rosati direttore dell’unità operativa di psicologia del Distretto centro nord. Dario Visconti direttore dell’unità operativa di radiologia diagnostica dell’ospedale. Egidio Dipede è direttore dell’unità operativa di medicina generale dell’ospedale di Tione dal 1° giugno. reproject.eu http://www.nathca notizie 21 LAVORI IN CORSO Mauro Trentinaglia Servizio immobili e servizi tecnici Per ridurre i rischi di malfunzionamento, gli impianti e le strutture utilizzate dall’APSS sono sottoposti a vari tipi di intervento da parte del Servizio immobili e servizi tecnici: manutenzione programmata, monitoraggio dei singoli componenti mediante sistemi di telecontrollo, verifiche periodiche sul funzionamento dei singoli componenti o parti dell’impianto, manutenzione a richiesta degli utilizzatori e in caso di guasto interventi del personale in servizio o in pronta disponibilità ventiquattro ore su ventiquattro. La verifica dei componenti edilizi viene effettuata dal personale aziendale che provvede all’ispezione periodica dei percorsi, dei chiusini e delle caditoie, della segnaletica, dello stato delle pavimentazioni, delle porte, delle parti appese quali corpi illuminanti e controsoffitti, oltre alla verifica della presenza di eventuali gocciolamenti e di rami pericolanti intervenendo in caso di anomalie. La gestione degli impianti termo meccanici di riscaldamento, di raffrescamento e idraulici avviene tramite la centrale operativa attiva ventiquattro ore su ventiquattro che offre servizi di call center, gestione interventi su chiamata, gestione manutenzione programmata e telecontrollo degli impianti. L’attività è tracciata mediante un sistema informativo dedicato. L’approvvigionamento dei gas medicinali è garantito mediante fonte ordinaria, di riserva e di emergenza. La manutenzione dei singoli componenti è programmata a cadenze definite e i sistemi sono 22 notizie telecontrollati con protocolli di intervento in caso di anomalie. Gli impianti elettrici sono ispezionati regolarmente. In particolare gli impianti di terra e di protezione dalle scariche atmosferiche sono ispezionati ogni due anni da un Ente terzo certificato. Il personale elettricista interno esegue, invece, la verifica degli interruttori differenziali una volta all’anno, quella dei nodi equipotenziali e dei dispersori di terra ogni tre anni e quella dei trasformatori di isolamento ogni sei mesi. Le lampade di emergenza sono verificate una volta all’anno, così come le cabine di media tensione. presente un sistema di telecontrollo che allerta il personale in caso di malfunzionamenti. Tutti gli impianti relativi ai dispositivi di protezione incendio (estintori, idranti e naspi, idranti esterni, armadi tipo A e B, rilevatori di fumo, porte REI, gruppi di surpressione, impianti sprinkler, piazzola elicotteri) sono oggetto di manutenzione programmata a scadenza regolare. Oltre a garantire la disponibilità e funzionalità degli immobili sono attualmente in corso 127 cantieri per nuove realizzazioni (di importo superiore a 40 mila euro). La fonte alternativa di energia elettrica in caso di black-out è garantita da gruppi elettrogeni che intervengono entro 20 secondi dal black-out. Con procedura condivisa con la direzione dell’ospedale vengono eseguite una prova a vuoto ogni mese ed una prova a carico ogni quattro mesi. Ogni gruppo è oggetto di manutenzione programmata. • Risanamento conservativo ex convitto Silvio Pellico. Nel 2013 la Provincia autonoma di Trento ha comunicato che l’edificio verrà destinato completamente a fini scolastici per il Comune. Sono in corso di perfezionamento gli atti necessari per la variante progettuale (importo totale 7 milioni 760 mila euro di cui 4 milioni 495 mila euro per intervento APSS). • Struttura sanitaria di Ala. Adeguamento antincendio (335 mila euro). I gruppi soccorritori alimentano le lampade di emergenza ed intervengono entro 0,5 secondi dal black-out. Ogni gruppo è oggetto di manutenzione programmata ogni sei mesi. I gruppi di continuità, che garantiscono il funzionamento in caso di black-out per i dispositivi più importanti (blocchi operatori, terapia intensiva, ecc.), sono telecontrollati e sottoposti a manutenzione programmata ogni sei mesi. Per gli ascensori viene effettuata una manutenzione programmata ogni sei mesi e una verifica ispettiva da parte di Ente terzo certificato ogni due anni. È ALA ARCO • Potenziamento della rete di emergenza del monoblocco. È previsto il recupero del gruppo elettrogeno da 800 kVA dall’ospedale di Rovereto (150 mila euro). BORGO VALSUGANA • Messa a norma antincendio dell’ospedale San Lorenzo. L’intervento riguarda l’Edificio principale (428 mila euro) e l’ex Sanatorio ed Edificio servizi (675 mila euro). CAVALESE • Riqualificazione stanze degenza blocco ovest e sostituzione serramenti esterni. L’intervento prevede la riqualificazione delle stanze di degenza del blocco ovest trasformando le attuali stanze in camere a tre posti letto con bagno privato. In tutto saranno realizzate dieci camere con bagno (747 mila euro). CLES • Unità operativa di radiologia diagnostica. I lavori riguardano l’adeguamento degli spazi finalizzati alla ricollocazione dell’area TAC (480 mila euro). • Adeguamento di una parte dell’ex Laboratorio analisi. I lavori sono necessari per realizzare spazi idonei per l’unità raccolta sangue al piano rialzato del corpo ambulatori (200 mila euro). MEZZOLOMBARDO • Appalto misto per la ricostruzione del presidio sanitario integrato e la gestione servizi tecnici. L’opera prevede la realizzazione di un edificio di 44 mila metri cubi circa che conterrà ambulatori infermieristici, medicina di base, Centro salute mentale, Centro per i disturbi del comportamento alimentare, specialistica ambulatoriale, hospice e degenza territoriale. L’opera è seguita dalla Provincia autonoma di Trento (importo dell’opera 23 milioni 500 mila euro, importo per la gestione 750 mila euro all’anno per nove anni). PERGINE VALSUGANA • Riqualificazione funzionale e messa a norma di Maso San Pietro e Maso Tre Castagni. Lavori eseguiti tramite convenzione con la Fondazione opera San Camillo. Ultimato l’intervento a Maso Tre Castagni, in corso quello a Maso San Pietro (486 mila euro). • Cardiologia riabilitativa. Lavori necessari per il trasferimento della cardiologia riabilitativa da Villa Igea al Villa Rosa (204 mila euro). Intervento ultimato. • Deposito temporaneo rifiuti. I lavori consistono nella realizzazione di un ampio piazzale asfaltato e recintato con all’interno box e pensilina (405 mila euro). PINZOLO • Nuovo presidio socio sanitario. L’intervento prevede la realizzazione di dieci nuovi ambulatori di cui cinque dedicati alla medicina generale in un edificio che sorgerà in prossimità della RSA «Abelardo Collini». (totale stimato un milione 950 mila euro di cui 400 mila a carico del Comune di Pinzolo). Lavori avviati nell’estate 2014. ROVERETO Ospedale Santa Maria del Carmine • Realizzazione blocco operatorio ostetrico, blocco parto, nido e locali di supporto. Al 7° piano dell’edificio degenze, l’intervento prevede la realizzazione di una sala operatoria dedicata, la riqualificazione del blocco parto con tre sale travaglio/parto e la riqualificazione del nido (importo dei lavori 4 milioni 190 mila euro). • Riqualificazione involucro edificio degenze. L’intervento migliorerà notevolmente il comfort termico dell’edificio degenze sostituendo i serramenti e applicando un cappotto isolante alla facciata dell’edifico (5 milioni 400 mila euro. Lavori ultimati. • Nuova dialisi. L’intervento riguarda la realizzazione della nuova dialisi per 14 posti letto, utilizzando gli spazi di una corte interna dell’ospedale (2 milioni 800 mila euro). • Magazzini farmacia, area uffici e laboratorio. I lavori riguardano l’adeguamento strutturale e antincendio dei magazzini farmacia e la ristrutturazione dell’area uffici e laboratorio (707 mila euro). • Realizzazione di sorgenti di sicurezza elettrica a servizio del corpo degenze. Si prevede una nuova rete di distribuzione elettrica principale dei circuiti di emergenza e la fornitura di gruppi di soccorso a servizio delle nuove dorsali (630 mila euro). notizie 23 OSPEDALE DI TIONE, FOCUS SULLA RISTRUTTURAZIONE LAVORI IN CORSO Claudio Cortelletti Servizio immobili e servizi tecnici ROVERETO • Realizzazione nell’area «ex Bimac» del nuovo Centro servizi sanitari. Nel corso del 2012 si è conclusa la riprogettazione prevedendo di centralizzare nell’area anche le attività ora collocate in via San Giovanni Bosco e piazza Leoni. I lavori sono in corso (14 milioni di euro) e ne è previsto il completamento nel 2015. TRENTO • Villa Igea. È in corso l’attivazione degli spazi per la formazione sulle emergenze ostetriche (195 mila euro). • Banca del Sangue. Lavori di manutenzione straordinaria nell’area laboratori di via Malta (240 mila euro). • Edificio ex casa di riposo. L’intervento riguarda l’adeguamento antincendio dell’edificio (550 mila euro). I lavori sono in corso. • Area ambulatoriale al 1° piano. Si tratta della realizzazione di cinque ambulatori per ostetricia e ginecologia, servizi igienici e spogliatoi (530 mila euro). Lavori in corso. • Ristrutturazione dell’area attesa del centro prelievi. I lavori in corso di completamento riguardano la ristrutturazione dell’area attesa del centro prelievi e lo spostamento e ampliamento dell’area stoccaggio liquidi di laboratorio (286 mila euro). • Impianti elevatori. L’intervento prevede la sostituzione completa di quattro elevatori dell’edificio degenze (370 mila euro). • Cucina centrale. I lavori riguardano la sostituzione del pavimento e il rifacimento dei rivestimenti (160 mila euro). 24 notizie TRENTO Ospedale Santa Chiara • Adeguamento antincendio dell’ospedale. (2 milioni e 50 mila euro). • Mensa e cucina. Riqualificazione dei locali dedicati al servizio mensa ospedaliera (708 mila euro). Lavori in corso di completamento. • 5° piano e 6° piano. Si procederà al trasferimento del day hospital medico dal 5° al 6° piano e ad effettuare opere di manutenzione straordinaria al 5° piano (522 mila euro). • Compartimentazione e nuove uscite d’emergenza. I lavori coinvolgono le scale esterne antincendio, sul lato est ed ovest dell’edificio degenze (6°, 5°, 4°, 3°, 2° e 1° piano del Corpo C) quali vie di fuga antincendio (306 mila euro). • Sistema radiologico telecomandato. Installazione del sistema e sistemazioni varie (220 mila euro) • Adeguamento strutturale sala radiologica. L’intervento viene effettuato per permettere la sostituzione dell’apparecchiatura radiologica in sala 9 (106 mila euro). • 2° piano. Opere di manutenzione straordinaria (200 mila euro). Dal 2008 il presidio ospedaliero di Tione è interessato da importanti lavori di ristrutturazione e di adeguamento. I lavori hanno previsto cinque tipologie di intervento per un totale di 19 milioni e 600 mila euro. Si tratta della realizzazione di nuova elisuperficie idonea per il volo notturno con elicotteri tipo Agusta AW139 (opera in funzione), realizzazione di nuovo parcheggio a monte dell’ospedale per un totale di 105 posti macchina (opera in funzione), costruzione delle centrali tecnologiche (centrale con i gruppi elettrogeni, centrale frigorifera, centrale dei gas medicali) e della rete infrastrutturale degli impianti (opera in funzione), ristrutturazione interna del corpo nord, verso la valle Rendena (opera in funzione), realizzazione di una parte dei lavori di adeguamento antincendio e di adeguamento ai requisiti minimi per l’autorizzazione sanitaria (lavori in corso) nonché l’adeguamento antisismico della struttura realizzata nei primi anni ‘80. (endoscopia digestiva, piccoli interventi, otorino, ecodoppler, visita) con i relativi locali di supporto e al terzo piano un’area dotata di spazi e impianti versatili e idonei sia per degenza che per aree amministrative, quindi con destinazione d’uso variabile a seconda delle esigenze del presidio. Questo intervento oltre a costituire un miglioramento del comfort per utenti e personale ha consentito anche importanti innovazioni organizzative. La nuova area di degenza della Medicina, completa di guardiola infermieri posizionata centralmente al piano, ha consentito di riorganizzare la gestione con un unico punto di presidio infermieristico garantendo nel contempo la disponibilità di un maggior numero di posti letto. L’area ambulatoriale del secondo piano è dotata di spazi e attrezzature moderne (colonne pensili con le apparecchiature per l’endoscopia, scialitiche performanti e molto maneggevoli, sistemi di disinfe- zione degli endoscopi che garantiscono qualità e durata dei trattamenti) che rendono gli ambienti idonei per attività medico/chirurgiche tipiche delle strutture di dimensioni maggiori. Sull’esterno dell’edificio realizzato nei primi anni ottanta in calcestruzzo armato si vedono i quattro tralicci metallici che “legano e stabilizzano” l’edificio in caso di sisma, il tutto anche mediante la collaborazione di travi metalliche passanti da una parte all’altra della struttura e mascherate sotto i controsoffitti (si veda foto). Gli interventi descritti, “disegnati” dalle norme e dalle condizioni dell’organizzazione, costituiscono un importante tassello degli interventi edilizi in corso nei presidi della provincia e aiuteranno la stessa organizzazione a fornire all’utenza segnali tangibili di miglioramento dei servizi erogati. La ristrutturazione del corpo nord, in direzione della valle Rendena, è stata ultimata nel mese di luglio 2014 e ha riguardato sei piani dell’edificio: al secondo piano seminterrato sono stati realizzati i locali tecnici con le macchine di trattamento dell’aria e i locali con i quadri elettrici, al primo piano seminterrato gli spogliatoi di tutto il personale e il guardaroba con la biancheria pulita, al piano terra il pronto soccorso provvisorio, al primo piano un’area di degenza per la Medicina, al secondo piano un’area ambulatoriale multidisciplinare notizie 25 CINEMA E SALUTE a cura di Mauro Bertoluzza I CORPI ESTRANEI la ricetta salutare ORZOTTO AGLI AROMI CON PESCATRICE INGREDIENTI PROCEDIMENTO • 600 ml di brodo vegetale • 500 g di rana pescatrice (o coda di rospo) • 200 g di orzo perlato (o integrale) • 100 ml di vino bianco • 50 g di farina 00 • 30 g di olio extravergine d’oliva • 1 cipolla bianca • misto di aromi (rosmarino, salvia, origano, alloro, aglio, bacche di ginepro, prezzemolo, ecc.) • sale Pulire il pesce, eliminando la pelle e la lisca centrale, tagliare la polpa in dadi di circa un centimetro per lato, salare e lasciar riposare per mezz’ora circa. In una casseruola stufare la cipolla tritata con mezza foglia d’alloro e un pizzico di sale, aggiungere l’orzo, bagnare con il brodo vegetale e cuocere lentamente come un risotto. 26 notizie In un saltiere antiaderente ben caldo rosolare i pezzi di pesce leggermente infarinati con poco olio, aggiungere il vino bianco, far evaporare e bagnare con un mestolino di brodo vegetale, lasciare cuocere per alcuni minuti. A cottura dell’orzo ultimata (mezz’ora circa), togliere la casseruola dal fuoco, aggiungere il trito di aromi e mantecare con un filo di olio extravergine d’oliva. Servire assieme ai bocconcini di pesce, eventualmente aromatizzati con un po’ di pomodoro e basilico. Il film di Mirko Locatelli può essere inteso sia come un lungo viaggio nella sofferenza di un padre sia come un percorso nel confronto con gli altri. Antonio è un padre amoroso, capace di tenerezze insospettabili e al tempo stesso è rozzo, diffidente, sospettoso nei confronti di tutto ciò che non rientra nel suo campo di conoscenze, pieno di prevenzioni e pregiudizi. Si adegua presto alle esigenze e alle convenzioni della vita ospedaliera, della quale è ospite forzato in quanto accompagnatore, ma non riesce ad accettare coloro che si trovano nella sua stessa condizione, soprattutto se sono stranieri, se appartengono a culture e tradizioni diverse (si chiede se è giusto che ricorrano alle stesse strutture sanitarie). Per lui il giovane maghrebino Jaber, con cui incrocia il destino, o il meccanico marocchino che gli risolve un problema all’auto, o lo zingaro Eugenio, sono tutti “arabi” che si esprimono e pregano in modi ridicoli. Di Antonio non si sa molto, il suo accento rivela un’origine umbra, è operaio o forse un artigiano, ha moglie e altri figli più grandi, il suo pensiero è limitato, la sua religiosità superficiale. Stridente emerge la sua differenza con Jaber, che appare dotato di una consapevolezza superiore, di una serenità interiore, di una religiosità profonda, di una capacità di condivisione dei sentimenti. Quanto più Jaber gli offre solidarietà (“come sta tuo figlio?”), conforto (“pregherò per tuo figlio”), aiuto pratico (il lavoro all’ortomercato, la sostituzione della batteria) tanto più Antonio si richiude a riccio, pronto a esplodere in un gesto di rabbia quando vede il maghrebino cospargere il corpo del proprio figlio con un misterioso unguento (“lo farà puzzare come voi”). Altrettanto poco si sa di Jaber, che nonostante la sua presenza nel racconto sia minoritaria, è il vero protagonista del film. Il mondo che lui rappresenta è uno dei molti mondi diversi con i quali fare i conti: saremo in grado di stabilire un dialogo fatto di comprensione e di tolleranza reciproche, di cooperazione? Il finale aperto del film lascia intendere che forse è possibile, seppure attraverso un percorso complesso. “I corpi estranei” è un film oscuro, domina il buio nelle viscere dell’ospedale, dell’ortomercato, delle notturne strade cittadine. È un film dove si coglie l’angoscia della malattia, ma anche quella della mancata comunicazione, è un film del quotidiano dove assumono valenza anche piccole componenti come uno sciacquone da riparare o un distributore automatico riluttante, o i rituali della mensa self service. Mirko Locatelli privilegia i piani ravvicinati, un ritmo lento come i movimenti del protagonista; al sonoro concorrono, in armonia con gli scarni dialoghi o i monologhi telefonici, i rumori di fondo e i discreti interventi musicali dei Baustelle. Intensa la recitazione di Filippo Timi nella parte di Antonio, che occupa costantemente la scena senza mai invaderla. Antonio arriva dall’Umbria a Milano presso un centro oncologico pediatrico con il suo bambino Pietro, pochi mesi e una grave malattia da curare. I giorni trascorrono lentamente tra l’accudire il bambino, le telefonate a casa, le incombenze quotidiane, la ricerca di un lavoro in nero per sopperire alle spese e soprattutto l’ambientarsi in quel piccolo universo ospedaliero. Incontra Jaber, un giovane maghrebino che assiste un amico malato, un contatto che è contrasto prima ancora che confronto. Inizialmente reticente a fidarsi, Antonio scopre in Jaber un’anima parallela con cui dialogare in quel luogo di dolore e speranza. Regia di Mirco Locatelli (Italia 2013) notizie 27 notizie Azienda provinciale per i servizi sanitari |Provincia autonoma di Trento | Via Degasperi 79, Trento Tel. 0461 904111 / 0461 904171| www.apss.tn.it
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