Seconda Università degli Studi di Napoli Dipartimento Medico-Chirurgico di Internistica Clinica e Sperimentale “ F. Magrassi – A. Lanzara ” Corso di Laurea in Tecniche di Radiologia Medica, per Immagini e Radioterapia Pres. Prof. Roberto Grassi TESI di LAUREA RADIOFARMACI E TECNICA NEGLI STUDI ONCOLOGICI CON PET/TC Relatore Candidato Dr. Vincenzo Rizzo Anno Accademico 2012/2013 Luca De Stefano Matr. 687000121 Indice Introduzione 1 Radiazioni ionizzanti e effetti sulla materia 1.1 La struttura della materia 1.2 Le radiazioni 1.3 Effetti delle radiazioni ionizzanti sulla materia 1.4 Radiazioni Gamma 1.5 Cenni storici della radiologia medica 1.6 Usi diagnostici delle radiazioni 1.7 La Medicina Nucleare 2 2.1 La PET/TC L'apparecchiatura PET 2.1.1 I sistemi 2D e 3D 2.1.2 Il rivelatore 2.1.3 Coincidenze e correzioni 2.1.4 TOF: time of flight 2.2 La TC 2.3 Applicazioni diagnostiche 2.4 Controlli di qualità di una PET/TC 1 3 I radiofarmaci 3.1 Caratteristiche generali 3.2 Radiofarmacia PET 3.3 Produzione radiofarmaci PET 3.3.1 3.4 Il ciclotrone Metodi di marcatura 3.4.1 3.5 L'eluizione [18F]-FDG 3.5.1 Metabolismo cellulare 3.5.2 Produzione del fluorodesossiglucosio 3.5.3 Metodo di sintesi 4 4.1 Studi oncologici con PET/TC Procedure di esame con [18F]-FDG 4.1.1 Acquisizione dell'esame. 4.1.2 Post processing 4.2 Applicazioni oncologiche specifiche 4.2.1 [18F]-Colina e [11C]-Colina: il tumore prostatico 4.2.2 Metodo di sintesi per la [11C]-Colina 4.2.3 [68Ga]-Dota coniugati: I tumori neuroendocrini 4.2.4 Eluizione dei [68Ga]-Dota coniugati Conclusione Bibliografia Ringraziamenti 2 3 Introduzione La PET/TC è entrata oramai a far parte ufficialmente della diagnostica per immagini in molti campi, specialmente quello oncologico. Ha sostituito alcuni esami in molte procedure di screening e risulta essere un esame elettivo in molti casi. La PET/TC è presente in tutta Italia, sono più di 130, ed il numero di queste apparecchiature è destinato ad aumentare sempre di più. Nonostante il costo elevato, la PET/TC è divenuta quasi essenziale in un percorso diagnostico. Essa combina la capacità di visualizzare aree patologiche, valutando il metabolismo cellulare, tramite la PET, e di poterle localizzare perfettamente all'interno dell'organismo, attraverso la TC. Esse si completano a vicenda, minimizzandosi l'un l'altra i propri limiti. Fondendo la TC alla PET sono state oramai sradicate le incertezze riguardanti aree sospette, potendone così definire la benignità o la malignità, tutto questo effettuando un unico esame. Data la sempre più incalzante avanzata della PET/TC nella diagnostica per immagini, tecnologia talmente all'avanguardia che sta influenzando perfino i percorsi di studio universitari, in quanto fonde due branche della medicina molto affini, la medicina nucleare e la radiologia, le compagnie farmaceutiche cercano di stare al passo investendo sulla sperimentazione di radiofarmaci sempre più performanti e specifici a seconda dei distretti anatomici studiati. Inoltre, questa nuova apparecchiatura permette di valutare l'efficacia, o meno, e la prosecuzione della terapia adottata, fornendo indicazioni, agli 4 specialisti del settore, essenziali sulle strade da intraprendere o perfezionare. Questa nuova frontiera offre non solo un'ottima fedeltà e specificità nella diagnosi di patologie oncologiche, ma partecipa attivamente a studi sempre più analitici che riguardano altri settori medici quali la cardiologia e la neuropatologia. La PET/TC sta avendo, per di più, un ruolo chiave nelle cure radioterapiche: essa, fornendo oltre che una precisa localizzazione morfologica con la TC e indicando le aree effettivamente patologiche, permette al radioterapista e al fisico medico di risparmiare in maniera massima gli organi a rischio e le strutture che non necessitano di irraggiamento. Essa aderisce ad un cambiamento dei protocolli di studio e terapici di numerose neoplasie, affacciando la medicina moderna allo studio dei tumori non solo da un punto di vista morfologico, ma in “vivo”, ossia fornendo la possibilità di studiare la fisiopatologia del cancro direttamente sul malato, oltre alle analisi di laboratorio, per capire quindi i processi biochimici di evoluzione del tumore. 5 1 Radiazioni ionizzanti e effetti sulla materia 1.1 La struttura della materia 1.2 Le radiazioni 1.3 Effetti delle radiazioni ionizzanti sulla materia 1.4 Radiazioni Gamma 1.5 Cenni storici della radiologia medica 1.6 Usi diagnostici delle radiazioni 1.7 La Medicina Nucleare 1.1 La struttura della materia La materia, indipendentemente dalla sostanza di cui è costituita, è strutturata da elementi fondamentali definiti atomi. Questi instaurano fra di loro una serie di legami che li tengono uniti. A seconda dell'intensità con la quale si formano tali legami la materia si presenta in stati diversi: solido, liquido o gassoso. Ogni atomo e formato da tre componenti: protoni e neutroni, i quali 6 assieme compongono il nucleo, e gli elettroni che ruotano attorno a quest'ultimo. Ogni elettrone si trova in un'area attorno al nucleo denominata orbitale. Gli atomi presentano un rapporto fra elettroni e protoni che quando coincide con l'unità, altrimenti avremo degli ioni, in più quando il rapporto che si prende in considerazione è fra i protoni ed i neutroni, e questo si avvicina all'unità, il tutto determina la stabilità dell'atomo. Gli atomi che presentano un numero superiore di elettroni rispetto ai protoni o inferiore sono detti rispettivamente: cationi ed anioni, capaci d'interagire con la materia. Il numero degli elettroni, e di conseguenza dei protoni considerando atomi stabili, definisce il numero atomico (Z); la somma del numero dei protoni e dei neutroni determina il numero di massa (A), quest'ultimo determina la massa atomica (M) di un atomo. Ogni elemento differisce da altri per numero atomico e numero di massa. Due atomi dello stesso elemento che differiscono per numero di massa, ossia hanno lo stesso numero atomico, quindi il medesimo numero di protoni e neutroni, ma diverso numero di neutroni, vengono definiti isotopi. Questi, all'aumentare della quantità di neutroni presenti nel nucleo, possono trovarsi in uno stato tale, definibile eccitato, il quale causa una cessazione di energia da parte del nucleo che favorisce il ritorno ad un equilibrio che determina la sua stabilità: questa energia è detta radiazione ed è una propagazione di energia nello spazio. 7 1.2 Le radiazioni Le radiazioni sono, come detto poc'anzi, propagazioni di energia nello spazio. Esse sono caratterizzate principalmente: dalla frequenza e dalla lunghezza d'onda, indicata con il simbolo λ (lambda). La frequenza f è definita come il numero di lunghezze d'onda che passano in un secondo per un determinato punto dello spazio, ed è possibile ricavarlo numericamente considerando la seguente relazione: f= c λ dove c indica la costante della velocità nel vuoto. Tanto più è alto il valore della frequenza dell'onda tanto minore è la lunghezza d'onda della stessa, in quanto sono inversamente proporzionali. Prendendo in considerazione la lunghezza d'onda, al diminuire di questa si ottiene un insieme di radiazioni che vengono inserite in uno spettro, composto da: Tipologia di radiazione Lunghezza d'onda Onde Elettriche Tra 106 e 104 m Onde Radio Tra 10 e 10-2 m Microonde Tra 10 e 10-3 m Raggi Infrarossi Tra 10-4 e 10-6 cm Luce Visibile Tra 760 e 380 nm Luce Ultravioletta Tra 380 nm e 10-8 m Raggi X Tra 10-8 e 10-10 m Raggi Gamma e Raggi Cosmici Al di sotto di 10-10 m 8 Le radiazioni vengono divise in due gruppi tenendo conto della loro capacità d'interazione con la materia: - se l'energia della radiazione incidente sulla materia è tale da causare una ionizzazione degli atomi, la radiazione si chiama, appunto, ionizzante; - altrimenti se l'energia è capace solo di eccitare l'atomo viene definita non ionizzante. La radiazione cede tale energia agli oggetti interposti sul suo cammino ed ha la capacità di causare alcuni tipi di effetti a seconda dell'intensità della quale è fornita. L'energia delle radiazioni viene espressa sotto forma di elettronvolt che identifica l'energia guadagnata, o persa, della carica elettrica di un elettrone quando posto nel vuoto in una differenza di potenziale fra due punti di un volt. 1.3 Effetti delle radiazioni ionizzanti sulla materia Le radiazioni ionizzanti vengono suddivise in: direttamente ionizzanti e 9 indirettamente ionizzanti. Le prime sono definite particelle cariche e sono α, β- (elettroni) e β+ (positroni), ed hanno un altissimo potere d'interazione ma un passo potere di penetrazione. Esse cedono un gran quantitativo d'energia in brevi tratti (alto let: linear energy tranfer) infatti non riescono a superare un comune foglio di carta o una lamina d'alluminio; le altre sono i raggi x, γ e i neutroni ed al contrario di quelle direttamente ionizzanti hanno un basso potere ionizzante ed un altissimo potere penetrante. La possibilità di poter oltrepassare un corpo non è dato solo dall'energia della radiazione stessa ma anche dal materiale del quale è composto il corpo: all'aumentare della massa atomica, quindi del peso atomico della materia investita, tanto più sarà per la radiazione difficile attraversarla. Infatti materiali ad alto peso atomico, come il piombo, vengono utilizzati per la costruzione delle infrastrutture, all'interno delle quali vi è la generazione di radiazioni ionizzanti, per la protezione dalle stessa. Quando una radiazione investe un oggetto essa, a seconda dell'intensità di cui è costituita, può generare diversi effetti: • effetto fotoelettrico: l'energia della radiazione non è elevatissima 10 ma sufficiente a strappare un elettrone da uno degli orbitali più interni del nucleo dell'atomo con cui interagiscono. Il fotone incidente scompare dopo essere impattato con l'elettrone e quest'ultimo, divenuto fotoelettrone, interagirà a sua volta con la materia essendo stato espulso. L'atomo così reso instabile emetterà radiazioni x per ritornare in uno stato di equilibrio, causate da un riassetto degli orbitali energetici. • Effetto Compton: l'energia della radiazione questa volta è un po' più alta ed è capace di estrarre un elettrone che ruota in una degli orbitali più periferici dell'atomo. Tali elettroni sono soggetti ad una forza di attrazione maggiore da parte del nucleo atomico e, una volta investiti dal fotone incidente della radiazione verranno strappati ad esso. I fotoni, però, a differenza dell'effetto fotoelettrico, non scompariranno, quindi cederanno solo una parte della loro energia ed assieme al fotoelettrone che verrà generato continueranno ad interagire con la materia, ed il fotone darà luogo a quella che noi definiamo radiazione diffusa. A seconda dell'energia che il fotone incidente cederà all'elettrone si 11 avrà una deviazione sul percorso della particella: maggiore sarà l'energia ceduta dal fotone, maggiore sarà la deviazione della direzione che esso subirà. In questo tipo di effetto, quindi, non avremo il solo fotoelettrone, ma ben due particelle capaci di influenzare la materia con la quale entreranno in contatto. A tali insulti gli atomi reagiscono attraverso la produzione di radiazioni X causata da un ristabilimento degli orbitali energetici. 1.4 Radiazioni Gamma Quando vi è un sovraffollamento di neutroni nel nucleo, che generalmente viene prodotto artificialmente dall'uomo, gli atomi cedono energia attraverso un'altra forma di radiazione: i raggi γ. Questa forma di energia è sempre una propagazione di energia nello spazio sottoforma di onde elettromagnetiche, ma molto più penetranti ed intense. Esse si trovano nello spettro delle radiazioni fra quelle ad altissima energia e, a differenza dei raggi X a bassa, o media, intensità, tendono a causare nella materia, oltre all'effetto fotoelettrico e lo scattering Compton, la produzione di coppie: 12 quando l'energia posseduta dal fotone incidente equivale o supera i 1,022 MeV, questo può interagire con il nucleo dell'atomo bersaglio. In questo caso avviene un processo di produzione di coppie, ossia il fotone riceve un urto anelastico capace di materializzare la propria energia in un elettrone (o materia) ed in un positrone ( o antimateria o antielettrone). A questo processo segue il fenomeno dell'annichilazione: il positrone, che non potrebbe esistere nel concetto fisico di materia, quando impatta contro un elettrone si annulla e genera la produzione di due fotoni con energia ognuno pari la metà del fotone incidente 1,022 MeV = 511keV + 511 keV e direzione antiparallela rispetto a quella del fotone. 1.5 Cenni storici della radiologia medica Le radiazioni ionizzanti a media-alta energia (raggi X) furono scoperte da Wilhem Conrad Röntgen nel 1897. Fin da subito furono adottate in medicina per lo studio diagnostico. La tecnologia nel corso degli anni ha sempre più reso performante le apparecchiature radiologiche, unendo le capacità delle radiazioni di penetrare la materia, di impressionare le pellicole e l'attenuazione che subiscono tali forme di energie nell'oltrepassare un corpo umano. Furono adoperate per generare le cosiddette radiografie che sfruttavano appunto tali principi per manifestare su pellicole, rivestite di molecole di alogenuri di argento, le 13 strutture biologiche che si interponevano al proprio passaggio e, a seconda del peso atomico che caratterizzava tali organi e tessuti, di fuoriuscire con intensità diversa dal corpo. Quindi si creavano delle immagini bidimensionali che si basavano sulla densitometria del corpo umano. Un grande passo in avanti si ebbe agli inizi degli anni '80, quando fu concepito un apparecchio definito TAC (ossia tomografia assiale computerizzata) che univa tali caratteristiche con le grandi possibilità che offriva la tecnologia: sono state quasi del tutto soppresse le pellicole radiologiche iniziando un lavoro di digitalizzazione delle informazioni, con l'attuale possibilità di modificare secondo le proprie necessità l'iconografia così acquisita e risolvendo in tal modo numerose problematiche riferite all'archiviazione e alla conservazione di questa. 1.6 Usi diagnostici delle radiazioni I raggi X sono stati adottati dalla medicina diagnostica per indagare la morfologia delle strutture interne del corpo umano. Esse permettono di avere una visione d'insieme generale, o preferenziale con l'utilizzo dei mezzi di contrasto, della zona d'interesse. Basandosi su di un principio di attenuazione dell'intensità della radiazione che attraversa il paziente, l'immagine ottenuta si mostra sotto forma di numerose tonalità di grigio. Le strutture con un peso atomico maggiore tenderanno a frenare in maniera più incidente tali energie e, viceversa, i tessuti a peso atomico inferiore verranno attraversati con maggior facilità. In tal modo le varie 14 componenti organiche verranno rappresentate in maniera del tutto diversa da quelle circostanti, permettendone, dunque, l'identificazione. Attraverso le attuali TC, si parla, in effetti, di densitometria, ossia, l'analisi degli organi, tessuti e strutture si basa su scale di misura ben precise, dove, all'interno di tale scala densitometrica, ogni organo, ogni liquido o struttura patologica rientra in range ben definiti. La radiologia, basilare in un percorso diagnostico, affianca oramai quasi tutte le figure sanitarie e la gran parte delle procedure terapeutiche: dall'interventistica alle sale operatorie, proponendo esami sempre più specifici per i vari settori e reparti d'indagine. Le indagini radiologiche sono una routine quotidiana e uno step obbligatorio nella quasi totalità delle visite mediche, per inserire dati sempre più attendibili e certi nella storia anamnestica di un paziente. Le radiazioni non offrono solo una visuale morfo-strutturale dell'anatomia interna del corpo umano: esse sono sfruttate anche per valutazioni funzionali delle strutture prese in esame, come può essere lo studio vascolare, o, più specificamente, la risonanza funzionale o la medicina nucleare e la terapia, generalmente oncologica, attraverso la radioterapia. 15 1.7 La medicina nucleare Questa branca, come poc'anzi accennato, utilizza le radiazioni per la valutazione funzionale di un organo. Essa quindi prosegue una tipologia di studio che si affaccia sulla radiologia funzionale. Essa adopera i cosiddetti radionuclidi che, tramite reazioni chimico-biologiche, penetrano nelle cellule della struttura presa in esame, potendone valutare quindi la radiazione emanata. Questo è il principio fondamentale che permette la diversificazione della medicina nucleare dalle altre metodiche diagnostiche radiologiche: è il paziente ad emettere radiazioni e non l'apparecchiatura dedicata. A seconda della zona d'interesse, vengono adoperati dei traccianti specifici, che direzionano il radionuclide, quindi la fonte radioattiva, nel distretto opportuno: le due sostanze legate prendono il nome di radiofarmaco. Il radiofarmaco viene introdotto nell'organismo sotto forma di soluzioni, sospensioni, aerosol e, distribuitosi nelle cellule, premette lo studio “in vivo”, o, concentratosi in una struttura patologica (es. carcinoma della tiroide) l'irradiazione terapeutica. 16 I radiofarmaci diagnostici sfruttano le emissioni γ ed uno dei radionuclidi più utilizzati è il Tecnezio 99 metastabile (Tc 99m); quelli terapeutici utilizzano invece emissioni β, generalmente adoperando lo Iodio 131 (I131). Gli esami medico-nucleari possono essere fusi, sovrapposti, o in gergo matchati, a quelli morfologici per effettuare valutazioni molto più dettagliate: possono essere combinate le immagini Spect, effettuate con Gamma-camere, o PET alle immagini TC. Questo tipo di approccio viene definito imaging integrato e attualmente le immagini combinate di maggior interesse diagnostico, da un punto di vista di fedeltà, è offerto da un'apparecchiatura di ultima generazione, un ibrido che combina le immagini Pet alle immagini Tc: la PET/TC. 17 2 2.1 La PET/TC L'apparecchiatura PET 2.1.1 I Sistemi 2D e 3D 2.1.2 Il rivelatore 2.1.3 Coincidenze e correzioni 2.1.4 TOF: time of flight 2.2 La TC 2.3 Applicazioni diagnostiche 2.4 Controlli di qualità di una PET/TC 2.1 L'apparecchiatura PET PET è l'acronimo di Positron Emission Tomography (tomografia ad emissione di positroni) ed è una metodica di studio che appartiene alla Medicina Nucleare. Come la Spect, suo predecessore, si basa sulla rilevazione di fotoni provenienti dal radiofarmaco somministrato al paziente. Essa permette la misurazione “in vivo” della concentrazione dei radionuclidi nell'organismo umano, captando, questa volta, però fotoni provenienti da un processo fisico diverso: l'annichilazione. Una PET/TC non è altro che una fusione di due strumenti diagnostici preesistenti; essi sono inclusi in un unico mezzo e svolgono le stesse funzioni dei loro avi, con l'unica differenza di utilizzare un unico lettino porta-pazienti e quindi effettuando due tipologie di esame in consecuzione, annullando le problematiche dei movimenti del paziente o di precisione che vigevano in studi “matchati” effettuati in momenti diversi, assicurando, una più precisa analisi diagnostica delle immagini. 18 La PET, ponendo i suoi principi di funzionamento sulla cattura di due fotoni nello stesso istante, fonda la sua struttura su detettori disposti secondo una geometria ad anello attorno al punto di annichilazione (il paziente) in modo diametralmente opposto. 19 La percezione delle due particelle deve avvenire in contemporanea dagli elementi costituenti la gantry, altrimenti l'evento di annichilazione verrà scartato dal sistema. La PET, quindi, utilizza questo anello di rilevatori per acquisire l'immagine; oggigiorno abbiamo aumentato il numero degli anelli in modo tale da ingrandire notevolmente il campo di vista dell'apparecchio, potendo così esaminare un'area più vasta nello stesso momento, invece di far traslare il lettino. Le PET di ultime generazione possono contenere, o meno, dei setti fissi presenti fra le file di detettori, o essere capaci di ritirarsi all'occorrenza, per questo vengono diversificate in due categorie: sistemi 2D e sistemi 3D. 20 2.1.1 I sistemi 2D e 3D I sistemi 2D presentano, fra le file di detettori, dei setti al alto peso atomico (piombo o tungsteno), i quali impediscono la rilevazione di eventi di annichilazione fra file diverse; in tal modo ogni fila recepisce solo coppie di fotoni prodotti dal piano di riferimento, ossia la coincidenza viene scartata se solo uno dei fotoni della coppia colpisce il detettore di quella fila e l'altro colpisce la precedente o la successiva. Grazie alla presenza dei setti, il sistema 2D possiede una migliore capacità di scartare eventuali eventi scattered, nonché una maggiore insensibilità agli effetti connessi con la presenza di attività fuori dal campo di vista, a causa della limitazione dell’angolo di accettazione. Tali caratteristiche possono essere importanti in alcune condizioni cliniche per le quali la modalità 2D può essere vantaggiosa. I sistemi 3D, al contrario, offrono la possibilità di acquisire un evento di annichilazione che però coinvolge due anelli di rilevazione distinti. Questo sistema sfrutta una serie di algoritmi ed un hardware capace di eseguire algoritmi molto più impegnativi; ciò migliora esponenzialmente la qualità dell'immagine, una più elevata performance, a discapito, però della risoluzione spaziale (R.S.). L'apparecchio risulta essere tanto migliore tanto quanto aumentano le file di detettori e le problematiche 21 relative alla R.S. vengono ridotte selezionando un range di distanze fra i vari anelli (ring difference) accettabili affinché ci siano i criteri perché quel evento possa partecipare adeguatamente alla formazione dell'immagine. Considerando che alcuni esami sono vincolati nell'essere eseguiti tramite sistemi 2D, quindi per i quali è chiesta una precisione ed una sensibilità altissima, esistono sistemi 3D dotati di setti retrattili, i quali possono essere fruibili all'occorrenza e potendo quindi lavorare con un unico apparecchio che gestisce però entrambe le modalità. 2.1.2 Il rivelatore I detettori che costituiscono gli anelli rivelatori sono costruiti adoperando delle sostanze che, come accade nella Spect, frenano il fotone prodotto dall'annichilazione e danno vita ad un fenomeno fluorescente. Tale energia luminosa viene trasformata dai cristalli rilevatori in energia elettrica per effetto fotoelettrico; queste particelle verranno poi convogliate per differenza di potenziale in dei fotomoltiplicatori che amplificheranno il segnale. 22 Per far sì che queste informazioni siano fruibili alla formazione di un'immagine corretta e attendibile, le PET vengono costruite tenendo conto di alcune caratteristiche: a) la massa atomica dell'elemento costituente il cristallo deve essere sufficientemente alta e, poi, relazionata allo spessore del detettore, in modo tale che quest'ultimo abbia le proprietà adatte a frenare i fotoni incidenti, possedendo questi un'energia intrinseca elevata; b) il cristallo deve avere un valore igroscopico appartenente ad uno specifico range. L'igroscopia è la capacità di una determinata sostanza di raccogliere l'umidità, ossia di legare molecole d'acqua alla sua struttura. L'igroscopia del materiale scintillatore non può essere elevatissima, in quanto comprometterebbe la sua funzionalità. c) Il sistema accetta solo i fotoni che abbiano determinati attributi:la coppia di fotoni generata dall'annichilazione deve essere captata in una specifica finestra spaziale ( ring difference, nel caso di sistemi 3D) e temporale (nell'ordine di nanometri). In questi ultimi tempi si procede alla progettazione di rilevatori costituiti da unità funzionale definita block detector: esso in origine è un blocco di Germanato di Bismuto (BGO), suddiviso in una griglia di unità funzionali più piccole da tagli longitudinali ed ognuno di questi viene poi collegato ad una matrice 2x2 di fotomoltiplicatori. 23 Con questo sistema, la luce prodotta da una di queste unità viene convogliata ai quattro fotomoltiplicatori in maniera proporzionale alla posizione dell’elemento stesso all’interno del blocco. L’informazione spaziale sulla posizione dell’interazione, ossia dov'è avvenuta l’interazione, viene ricavata a partire dai segnali prodotti da ciascun fotomoltiplicatore. La risoluzione spaziale richiesta da un sistema PET per applicazioni cliniche risulta solitamente meno critica lungo la direzione dell’asse del tomografo (risoluzione assiale). Per questo motivo gli elementi del block detector hanno, in alcuni casi, una forma rettangolare, con il lato maggiore parallelo alla direzione assiale. La codifica spaziale del segnale quindi può essere ricavata a seconda dei fotomoltiplicatori che generano il segnale, così facendo possiamo ottenere due cordinate parametriche: X e Y. L'ultima coordinata, la Z, definisce la profondità alla quale è avvenuta l'interazione. Nel momento in cui un elemento viene colpito da un fotone il sistema apre una finestra temporale di dieci nanosecondi, entro la quale deve 24 avvenire la seconda interazione sui detettori opposti, altrimenti l'informazione viene scartata dall'elaboratore. Le condizioni per le quali un evento di annichilazione possa essere ritenuto qualitativamente corretto tengono conto della possibilità di avere diverse coincidenze di captazione: • coincidenze vere • da radiazione diffusa (scattered) • casuali • multiple 25 2.1.3 Coincidenze e correzioni Le coincidenze vere: sono caratterizzate dalla percezione da parte dell'elaboratore di due eventi in coincidenza (A - B), verificatisi in una finestra temporale di 10-15 ns, e che provengono da un unico processo di annichilazione, quindi adoperabili dal sistema per la formazione dell'immagine. Le coincidenze scattered: o da radiazione diffusa, sono tipiche di fotoni γ provenienti da un unico evento di annichilazione e che lungo il loro percorso sono soggetti ad effetti Compton (C - D), per il quale subiscono un alterazione della direzione originaria. Le coincidenze random: o casuali, al contrario, sono generate da due eventi distinti ma che casualmente vengono captate dal sistema nella finestra temporale (E - F). 26 Le coincidenze multiple: si figurano nella percezione da parte del cristallo di almeno tre detettori, ossia eventi di per sé diversi rientrano nello stesso arco temporale definito dal sistema. Prima di costruire definitivamente l'immagine l'elaboratore esegue usa serie di correzioni che hanno come oggetto le coincidenze definibili errate. Quelle scattered vengono manipolate digitalmente attraverso software di ricostruzioni, anche se i sistemi 2D sono i più adatti ad evitare fisicamente tali errori; altresì si può adoperare un range energetico che ricopra valori di poco superiori ed inferiori ai 511 keV, in modo tale da non conteggiare i fotoni che, avendo subito effetto Compton, perdono un quantitativo energetico non risultando così idonei alla formazione dell'immagine. Le coincidenze random le si può scartare attraverso una diminuzione dei tempi di accettabilità di un evento di annichilazione al minimo (10-15 ns), o fruendo di una seconda finestra temporale che tiene conto dei ritardi di un fotone rispetto a quello speculare, che si aggirano intorno ai 2τ, o maggiori dove τ esprime l’ampiezza della finestra temporale. Le coincidenze multiple vengono scartate automaticamente dal sistema che accetta solo due eventi in coincidenza. 2.1.4 TOF: time of flight Nel corso degli anni sono stati sviluppati dei sistemi PET che utilizzano il TOF (time of flight) come strumento di riduzione del fondo. 27 Il TOF, in linea teorica: • permette di risalire alla posizione all’interno della LOR (line of response) in cui l’annichilazione è avvenuta; • i dati TOF partecipano alla formazione dell'immagine finale nella ricostruzione iterativa dei dati PET; • riduce il rumore dell’immagine. Esso è introducibile in apparecchiature costituite da rivelatori LSO (ortosilicato di lutezio) o LYSO (con lisofosfatidilcolina), che hanno una sufficiente risoluzione temporale. Nelle PET convenzionali è possibile solo conoscere la linea lungo la quale è avvenuta l’annichilazione , ma non l’esatto punto in cui questa è avvenuta. Ogni punto della LOR avrà dunque uguale probabilità di aver generato tale evento. Un possibile modo per conoscere con maggiore precisione la posizione del punto di annichilazione è quello di misurare la differenza temporale tra l’avvenuta rivelazione dei due raggi γ nei rispettivi rivelatori. Questo approccio, permette la formazione di immagini topografiche senza la necessità di operare con algoritmi matematici; esso è denominato “time of flight PET”, o più semplicemente TOF-PET o PET “a tempo di volo”. Il funzionamento è il seguente: il sistema misura la differenza temporale tra gli istanti di arrivo dei due fotoni. Si rende necessaria la sua presenza in quanto: se prendiamo in considerazione un’annichilazione che avviene al centro di un tomografo, quindi equidistante a tutti i punti del 28 rilevatore, i due fotoni γ vengono rivelati simultaneamente, per gli eventi che, invece, si manifestano in un altro punto qualsiasi del corpo del paziente, si verifica una differenza temporale tra le due rivelazioni di “n” nanosecondi. Per cui, potendo misurare con precisione il tempo che intercorre tra le due interazioni, si rende possibile limitare la lunghezza della corda, lungo la quale può essere avvenuta l’annichilazione, di una quantità proporzionale in modo da riuscire a quantificare tale differenza temporale. Se la differenza nei tempi di arrivo dei due fotoni è Δt, la localizzazione dell’evento di annichilazione, rispetto al punto mediano tra i due rivelatori, è data dalla relazione: Δd= Δt×c 2 dove c è la velocità della luce, ovvero la velocità alla quale si muovono i fotoni γ (3×10 8 m/s o 30 cm/ns). Secondo questa equazione per ottenere la risoluzione spaziale di 1 cm sono necessarie risoluzioni temporali, nella determinazione del tempo di −12 rivelazione del fotone, di circa 66∗10 secondi; mentre, ad esempio, con una risoluzione temporale di 500 ps (picosecondi) sarebbe possibile misurare il punto di annichilazione del positrone con una precisione di 7.5 cm. Perciò, con una finestra temporale di alcune centinaia di picosecondi, si raggiunge una precisione nella localizzazione dell’evento di annichilazione dell’ordine di pochi centimetri. A questo livello di risoluzione temporale le immagini ricostruite con i dati così raccolti hanno un rapporto segnale-rumore più alto rispetto alle immagini acquisite senza fare ricorso alle informazioni relative al tempo di volo. 29 Questo proprio perché con questo metodo gli eventi individuali possono essere confinati all’interno di un volume più piccolo nel processo di ricostruzione dell’immagine. Con l’utilizzo della tecnica TOF-PET, più che un miglioramento della risoluzione spaziale, comunque apprezzabile, l’effetto sulla qualità dell’immagine è rappresentato da una diminuzione della varianza del fondo e, quindi, dal miglioramento del rapporto segnale-rumore. Nelle PET standard la differenza temporale misurabile è solitamente risolta con una precisione di qualche nanosecondo, non sufficiente ad effettuare la misura del tempo di volo. In alcune PET più recenti, con l’uso di scintillatori di breve tempo di decadimento, come LSO, LYSO o LaBr3, e attraverso un’accurata progettazione dell’elettronica di processamento e acquisizione è possibile raggiungere standard migliori. 30 2.2 La TC La scelta di fondere due apparecchiature, di per se diverse, ha concesso agli studi, specialmente di tipo oncologico, una precisione, fedeltà e affidabilità diagnostiche senza paragoni. Le importanti caratteristiche della PET, capace di captare aree metaboliche neoplastiche circa sei mesi prima che siano visibili morfologicamente alla TC, e la definizione e la qualità delle immagini offerte dalla tomografia computerizzata , mettono a disposizione una tipologia di screening diagnostico che attualmente non ha rivali. La TC predispone ad una correzione per l’attenuazione che la radiazione subisce nel paziente; essa si concretizza in una minor concentrazione di radioattività nelle immagini ricostruite, sottostima particolarmente importante per le regioni più profonde del mezzo. La correzione per l’attenuazione può essere eseguita conoscendo i contorni esterni del corpo, supponendo uniforme la densità del mezzo, assumendo un unico coefficiente di attenuazione e calcolando i 31 coefficienti di correzione per l’attenuazione. In passato, per quanto riguarda gli apparecchi PET privi della TC, la correzione per l’attenuazione veniva effettuata utilizzando una sorgente esterna di radiazioni (sorgente lineare rotante in modo concentrico al tomografo). Si effettuava così una scansione che generava una mappa delle densità del mezzo attraversato simili a mappe TC che consentivano di calcolare i coefficienti di correzione dell’attenuazione. 2.3 Applicazioni diagnostiche La PET/TC riveste un ruolo chiave nell'oncologia, nella cardiologia e nelle patologie cerebro-vascolari. Da un punto di vista oncologico bisogna premettere che, fra le caratteristiche delle cellule tumorali, vi è l’aumentata attività del meccanismo di trasporto facilitato per il glucosio. L’FDG (fluoro deossiglucosio) è un analogo del glucosio e quindi viene captato dalle cellule neoplastiche. Rispetto ai più comuni approcci di imaging radiologico, quali la TC e la RM, la PET/TC con FDG propone una maggiore minuzia diagnostica delle patologie tumorali primitive, nella stadiazione linfonodale e nella ricerca di metastasi. In questo campo necessita effettuare una scelta sul tipo di radiofarmaco da somministrare al paziente, a seconda se lo studio diagnostico prevede di studiare le alterazioni del flusso coronarico o le alterazioni del metabolismo cellulare, utilizzando il FDG. Per quanto riguarda lo studio in vivo dei parametri funzionali cerebrali 32 come flusso ematico, il consumo e l’estrazione dell’ossigeno, il metabolismo glucidico, la PET/TC ha permesso la comprensione dei meccanismi fisiopatologici sfruttando appunto la capacità del FDG che, essendo uno zucchero viene captato avidamente dalle neoplasie, infezioni, infiammazioni, e attraverso il suo legame con il radionuclide (fluoro-18) ne permette la valutazione dall'esterno, proprio come avviene per la medicina nucleare convenzionale, ossia l'esame scintigrafico. 2.4 Controlli di qualità di una PET/TC La PET/TC è soggetta ai criteri di produzione e ai controlli di qualità che prendono spunto dalle linee guida emanate nel corso degli anni per le apparecchiature PET; da queste sono state redatte ed emanate le: “Linee guida AIFM-AIMN per il controllo di qualità dei tomografi PET e PET/TC”. Esse sono un insieme di ampliamenti, modifiche e fusioni dei documenti CEI e NEMA, che sono simili nel proporre procedure standard di valutazione delle prestazioni di un tomografo PET da utilizzare da parte dei costruttori per poter dichiarare le caratteristiche dei loro tomografi. Il documento NEMA-94 è l’unico dei documenti (NEMA-94, NEMA-01 e CEI) che propone la possibilità di utilizzare alcuni dei test di accettazione anche come controlli di qualità. Non sono però specificati quali test potrebbero essere utilizzati a tale scopo. Il documento IEC-TR 61948-3 indica la frequenza con cui eseguire i test proposti. 33 Controlli di qualità giornaliera (CQG): nell’ambito dei CQ il CQG rappresenta uno strumento molto importante nella gestione operativa del sistema PET proprio per la frequenza con cui questo controllo deve essere eseguito. La procedura per il CQG dovrebbe permettere di: • verificare il corretto funzionamento delle principali componenti del tomografo; • identificare variazioni significative nella risposta di singoli rivelatori; • identificare variazioni significative nella risposta globale del sistema; • ottimizzare le prestazioni del sistema prima dell’inizio dell’attività clinica; • è inoltre necessario che il CQG sia definito e realizzabile in modo tale da risultare: • di pratica e semplice esecuzione (possibilmente automatico) • di semplice ed univoca interpretazione per quanto riguarda i risultati da esso prodotti Le diversità progettuali dei tomografi PET ad uso clinico oggi sul mercato fanno sì che non sia possibile definire un protocollo standard per 34 il CQG in quanto ogni sistema richiede condizioni diverse per la realizzazione del proprio CQG per quanto riguarda: • il fantoccio da utilizzare in fase di esecuzione del controllo; • l'attività da utilizzare in fase di misura; • le condizioni statistiche da raggiungere (conteggi acquisiti), tali da garantire la significatività del risultato ottenuto; • il tipo di misura (2D, 3D, emissiva, trasmissiva, in coincidenza, rivelando eventi singoli etc.). Come diretta conseguenza di quanto sopra il CQG dei diversi sistemi PET non può essere che quello proposto dal costruttore. Il CQG deve, quindi, essere eseguito secondo le modalità descritte nei rispettivi manuali operativi di ogni sistema. Controlli di qualità periodici (CQP): Lo scopo dei controlli di qualità periodici (CQP) è di verificare mediante semplici test la risposta del tomografo PET per alcuni dei suoi parametri più importanti che siano, per quanto possibile, direttamente associabili alla risposta del sistema nell’uso clinico. 35 Questo è un esempio del risultato di un controllo di qualità giornaliero effettuato con la PET/TC del reparto di Medicina Nucleare dell'azienda ospedaliera “S. Giuseppe Moscati”. 36 3 I radiofarmaci 3.1 Caratteristiche generali 3.2 Radiofarmacia PET 3.3 Produzione dei radiofarmaci PET 3.3.1 Il ciclotrone 3.4 Metodi di marcatura 3.5 [18F]-FDG 3.5.1 Metabolismo cellulare 3.5.2 Produzione del fluorodesossiglucosio 3.5.3 Metodo di sintesi 3.1 Caratteristiche generali La Medicina Nucleare usufruisce dei cosiddetti radiofarmaci a scopo diagnostico o terapeutico. I radiofarmaci sono dei composti costituiti da un'unità radioattiva, ossia i radionuclidi, che permettono la rilevazione dall'esterno e sono questi a produrre l'energia radiante, ed una parte detta tracciante che veicola le molecole radioattive nel distretto che è oggetto di studio. Le due sostanze combinate costituiscono il radiofarmaco che, oramai completo, viene somministrato al paziente per poi eseguire l'esame. Si utilizzano, come tracciante, sostanze che hanno una ben precisa forma di metabolismo all'interno del corpo umano; a queste, attraverso delle reazioni biochimiche, si sostituisce in prossimità di un legame un atomo nativo di suddetta molecola con una, invece, radioattiva: la risultante sarà una sostanza che subirà gli stessi processi fisiologici o 37 fisiopatologici di quella originaria, con in più un mezzo di emissione energetica che ne permetta la rilevazione dall'esterno. Tale procedimento è detto marcatura e la si può distinguere in: • diretta: quanto la reazione biochimica di formazione del radiofarmaco avviene all'esterno del paziente; • indiretta: quando tale reazione la si genera somministrando le due sostanze (tracciante e radionuclide) separatamente e in momenti distinti all'interno dell'organismo; I radiofarmaci vengono scelti in base alla tipologia di localizzazione, al metabolismo cellulare o, eventualmente, alla forma terapeutica desiderata. In base a ciò, essi possono essere classificati a seconda della capacità di visualizzazione, che viene detta: • positiva: quando essi vanno a concentrarsi nelle aree patologiche, come può essere un'infiammazione, una neoplasia o una sede di accumulo da rottura vasale, facendole risultare ipercaptanti; • negativa: se essi si vanno a posizionare nelle aree sane, fisiologiche del parenchima dell'organo studiato, evidenziando delle aree ipocaptanti, sede quindi di patologia (ad es. necrosi tissutale); I radiofarmaci, o meglio i radionuclidi, li si differisce inoltre per 38 quantitativo energetico emesso e tipologia di radiazione emessa: a seconda che si voglia basare il proprio studio su alte, medie o basse energie o si voglia applicare una terapia metabolica. Inoltre gli isotopi radioattivi presentano un ulteriore insieme di caratteristiche: • l'emivita: detta anche tempo di dimezzamento; esso è definito come il tempo che intercorre affinché il numero degli atomi che compongono un campione puro dell'isotopo si dimezzi, quindi decada in un altro elemento, e la si indica con t1/2; • l'attività: definisce il numero di decadimenti nell'unità di tempo di tempo di una data quantità di materiale radioattivo; • la vita media: è identificata come il tempo che trascorre prima che il nucleo dell'elemento costituente decada. Li si distingue anche a seconda dell'apparecchiatura diagnostica utilizzata: i radiofarmaci PET sono diversi da quelli SPECT, sia per intensità che per tipologia energetica. 39 3.2 Radiofarmacia PET Per gli studi con la PET vengono adoperati radionuclidi che emettono radiazioni β+. La loro energia è di 1,022 MeV e generano un effetto denominato annichilazione, nel quale il positrone incidente, impattando con un elettrone si annulla, e ciò produce due radiazioni che viaggiano sulla stessa direzione ma in verso opposto, con un angolo di circa 180 °, di 511 keV l'una. Generalmente appartengono a questa categoria di radionuclidi tutti quegli isotopi che posseggono un numero di neutroni inferiore di uno rispetto al numero dei protoni dell'isotopo stabile. I radiofarmaci utilizzati in diagnostica PET sono marcati maggiormente con isotopi radioattivi del fluoro, del carbonio anche se esistono altre tipologie β-emittenti, come quella dell'azoto, dell'ossigeno, del gallio e del rubidio. 40 Questi radiofarmaci, da un punto di vista biochimico, sono i migliori in quanto presentano radionuclidi costituiti da molecole comunemente riscontrabili in un organismo umano, per cui le reazioni chimiche dei legami non vengono forzate con l'introduzione di sostanze estranee ma con la sostituzione di un isotopo che chimicamente presenta le stesse caratteristiche dell'elemento nativo stabile. La simbologia radiochimica che tiene conto della presenza, in una molecola, di un radionuclide come elemento costituente (in sostituzione di un isotopo stabile) è indicato con il simbolo del radionuclide stesso fra parentesi quadra, ad esempio: [11C]-Glucosio, [13N]-Ammoniaca, [18F]FDG. Qui di seguito sono riassunte le principali caratteristiche dei radioisotopi utilizzati in PET, escluso il fluoro a cui è dedicato il paragrafo 3.5, e messe a confronto nella tabella seguente. Isotopo 18 F 11 C 13 N 15 O 68 Ga 82 Rb Emivita (min.) 109,8 20,4 9,98 2,03 68,3 1,25 Att. Specifica Emissione Energia Max. Max β+ (%) MeV (Ci/μmol) 1710 9220 18900 91730 2766 150400 96,7 99,7 100 100 87,7 95,5 0,6335 0,96 1,19 1,7 1,899 3,36 41 • Carbonio-11 (11C): ha emivita di 20 minuti e decade a Boro-11 stabile, con emissione di positroni per il 99,7%, la sua emivita relativamente breve permette un impiego solo per lo studio di processi metabolici e fisiologici sufficientemente veloci. Il Carbonio-11 può è impiegato anche sotto forma di diversi precursori radiofarmaceutici quali il monossido e il biossido di carbonio (11CO e 11CO2); • Azoto-13 (13N): ha emivita molto breve (10 minuti) e pertanto i radiofarmaci marcati con questo radionuclide, come anche il Carbonio-11, sono utilizzati nella valutazione di processi biochimici che avvengono rapidamente. L'azoto-13 è impiegato come tracciante sotto forma di ammoniaca radiomarcata (13NH3), per studi cardiaci, più specificamente per la valutazione di ischemia miocardica. Quando il valore del pH del sangue è nella norma, l’ammoniaca radiomarcata si trova in circolo sotto forma di ione ammonio (13NH4+), che viene trasportato per la gran parte all’interno delle cellule miocardiche mediante la pompa Na+/K, invece la rimanente parte circolante, diffonde passivamente all’interno dei miocardiociti; una volta penetrata, anche questa viene convertita in ioni ammonio, restando così intrappolata all’interno della cellula; • Ossigeno-15 (15O): ha un’emivita di 2,04 minuti, emettendo β+ con energia massima di 1,72 MeV. A causa della sua brevissima emivita, i radiofarmaci basati su questo isotopo sono limitati a molecole semplici, come l’acqua (H215O), l’ossigeno gassoso 42 (15O2), e il monossido o il diossido di carbonio (C 15O, C15O2). Sempre a causa della breve emivita, sono necessarie somministrazioni di elevate attività, eventualmente ripetute a distanza di 8-10 minuti. L'ossigeno radioattivo viene impiegato anche per la valutazione dei consumi fisiologici dello stesso, mentre l’acqua radiomarcata è utilizzata nello studio del flusso ematico e il monossido di carbonio per la misura del volume ematico (blood pool); • Gallio-68 (68Ga): ha un’emivita di 68 minuti e decade per l’89% con emissione di positroni e per il restante 11% per cattura elettronica. Questo radionuclide di natura metallica è impiegato principalmente per la marcatura degli analoghi della somatostatina; • Rubidio-82 (82Rb): ha un’emivita estremamente breve (1,27 minuti); per ovviare ai limiti imposti dalla sua brevissima emivita, è collegato direttamente al paziente mediante opportuni sistemi di eluizione/infusione. Il radionuclide decade per il 96% con emissione di positroni; è un analogo del potassio, ed è impiegato pertanto, in virtù di questa analogia, in genere per la misura del flusso regionale miocardico. 43 3.3 Produzione radiofarmaci PET I radionuclidi adoperati per produzione di radiofarmaci vengono generati generalmente attraverso l'ausilio del ciclotrone o attraverso il naturale decadimento di isotopi radioattivi che si portano ad una situazione più favorevole mutando in elementi differenti. Altresì possono essere prodotti facendo decadere un elemento differente, il quale viene definito padre in quelle effettivamente voluto, definito radionuclide figlio. Questo tipo di produzione quindi è costituita da un passaggio da un radionuclide di origine, la cui reazione di decadimento genera un nuovo elemento, sempre radioattivo, e tali materiali produttori vengono chiamati generatori. I ciclotroni invece provvedono alla produzione dei radionuclidi in maniera differente. Non sono ovviamente presenti in ogni reparto di medicina nucleare, ben sì generalmente un ciclotrone soddisfa il fabbisogno di una relativa estesa area geografica. 3.3.1 Il Ciclotrone Il ciclotrone è un apparecchio che permette, appunto, di eseguire al suo interno delle reazioni nucleari, figurabili in bombardamenti dei nuclei per accelerazione di particelle con la finalità di rendere radioattivo un atomo inizialmente stabile. Tali particelle elementari sono generalmente i protoni, quindi provviste di carica elettrica; aumentando la loro energia 44 fin quanto si necessita, le si può rendere capaci di bombardare i nuclei di elementi stabili oggetti; questi ultimi sono detti bersaglio, per far sì che l’impatto induca la trasformazione di tali elementi stabili in nuclei radioattivi. L’energia fornita alle particelle serve a superare la barriera repulsiva del campo elettrico nucleare, anch'essa di carica positiva e a trasferire al nucleo bersaglio una parte di tale energia cinetica e forzare la trasformazione in uno specifico radionuclide rispetto ad altri. Una volta oltrepassata la barriera repulsiva dovuta al campo elettrico del nucleo, una particella incidente risente dell’effetto attrattivo delle forze nucleari, penetrando nel nucleo e per questo determina l'eccitazione del nucleo. Questo decade, ossia cede energia rapidamente, allo scopo di raggiungere nuovamente la stabilità, quindi verte verso uno stato energeticamente più favorevole, tramite l'irraggiamento, l’espulsione di una o più particelle, quindi eliminando l’energia in eccesso ottenuta mediante l’emissione di fotoni gamma. Il ciclotrone è costituito da una camera circolare, sottoposta a vuoto 45 spinto; all'interno della camera a vuoto circolare sono presenti due elettrodi semicircolari cavi a forma di D posti con le aperture, identificabili nell'asta della D, una di fronte all'altra. La camera è posta fra i poli di un potente magnete, in modo che il campo magnetico attraversi il piano su cui giacciono gli elettrodi. Quando una particella viene introdotta tangenzialmente alla camera, ortogonalmente al campo magnetico, essa viene deviata in modo da formare un'orbita circolare. Nel vuoto la particella è libera di ruotare, ma, perdendo lentamente energia, percorre una traiettoria a spirale fino al centro. Se viene applicata una opportuna differenza di potenziale alternata ad alta frequenza tra i due elettrodi, le particelle subiscono un'accelerazione ogni volta che passano nello spazio tra l'uno e l'altro. Accelerando, il diametro dell'orbita aumenta, fino a quando il fascio non colpisce l'elemento da rendere radioattivo. 46 3.4 Metodi di marcatura Le operazioni di produzione di un radiofarmaco nella sua forma farmaceutica finale comprendono uno o più dei seguenti passaggi: processamento del radionuclide precursore, sintesi del prodotto biologicamente attivo, purificazione e formulazione. In alcuni casi già la forma chimica generata dall’irraggiamento stesso nel target può trovare impiego in applicazioni cliniche; è questo il caso dell’anidride carbonica (marcata con Carbonio-11 o con Ossigeno-15) e della [13N]-Ammoniaca prodotta direttamente in target. In questi casi, si procede solo alla purificazione del tracciante e alla sua formulazione in forma idonea alla somministrazione come, ad esempio, l’integrazione del radiogas con un flusso di aria di grado medicale per garantire la normale respirazione del paziente durante la fase inalatoria, oppure la riformulazione in soluzione fisiologica di [13N]-Ammoniaca per renderla iniettabile. Nella maggior parte dei casi il prodotto recuperato dal target è invece utilizzato come precursore in una o più reazioni chimiche, che hanno il fine di incorporare il radionuclide all’interno di un’opportuna struttura molecolare caratterizzata da una determinata attività biologica che ne condiziona la biodistribuzione nel paziente. I radiofarmaci basati su radionuclidi con emivita brevissima (Ossigeno-15) sono preparati mediante approcci che minimizzano i tempi coinvolti nel processo; si mira quindi a impiegare trasformazioni chimiche e purificazioni in linea, grazie alle quali il precursore radiochimico è trattato in modo opportuno mentre transita dal punto di 47 generazione (costituito dal target del ciclotrone) a quello di raccolta finale di solito distante da alcuni metri ad alcune decine di metri. Nel caso di prodotti generati in fase gassosa (ad esempio, 11CO e C15O2), il trattamento (o una o più trasformazioni) avviene direttamente mentre il radiogas transita in un’apparecchiatura di processamento alloggiata all’interno di una cella schermata e direttamente connessa alla linea di trasferimento proveniente dal target. Il processamento avviene di solito grazie a reazioni in fase eterogenea, in cui il radiogas incontra solidi quali materiali assorbitori o metalli chimicamente attivi che cambiano la forma chimica del radiogas. L’impiego di opportune combinazioni di questi componenti con un funzionamento di tipo flow-through fa sì che all’uscita dell’apparecchiatura si possa disporre di un prodotto chimicamente e radiochimicamente puro le prospettive di impiego nella sintesi chimica di molecole biologicamente attive. L’incorporazione del radionuclide nella struttura della molecola da marcare, comunemente denominata reazione di marcatura, può avvenire, principalmente tramite: • celle di manipolazione • eluizione Occorre infatti tenere conto della natura chimica del substrato da marcare, del radionuclide e dell’eventuale forma chimica in cui questo viene recuperato dal target. In termini del tutto generali, gli approcci utilizzabili possono essere suddivisi in tre ampie categorie: 48 – processi che legano chimicamente il radionuclide, così come è ottenuto dal target, a una struttura molecolare (precursore non radioattivo) opportunamente predisposta in modo che dall’unione dei due componenti si generi la molecola desiderata; – processi in cui è necessario trasformare il radionuclide in un composto diverso (precursore radioattivo), prima di effettuare la reazione di marcatura, per ottenere una forma chimica contenente il radionuclide che, per struttura chimica o reattività, meglio si adatta al risultato desiderato; – processi che utilizzano reagenti bifunzionali nelle occasioni nelle quali vi sia incompatibilità chimica, quali la mancanza di reattività reciproca o la necessità di impiegare condizioni di reazione che potrebbero pregiudicare l’integrità della molecola marcata. 3.4.1 L'eluizione L'eluizione (o eluzione) è la separazione di due o più sostanze adsorbite in una colonna contenente il radionuclide, nella quale viene effettuato un “lavaggio” con un opportuno solvente per estrarre il materiale radioattivo. La fuoriuscita è detta appunto "eluizione", e le sostanze sono solitamente fatte fluire in un apposito rivelatore. Prevedere e controllare la varie fasi dell'eluzione è un aspetto fondamentale delle tecniche di preparazione dei radiofarmaci ed è quindi soggetta ai controlli di qualità. 49 L'eluente (o fase mobile) è il vettore che provoca il trasporto delle sostanze chimiche all'interno della colonna. L'eluizione può avvenire a secco e ad umido. Il processo di eluizione di avvale dell'ausilio di due ampolle, una contenente l'eluente, l'altra invece è vuota. Queste vengono collegate alla colonna inserendovi all'interno un ago sterile. Venendosi a creare un gradiente pressorio, l'eluente verrà aspirato nell'ampolla vuota passando all'interno della colonna del radionuclide, legandosi nel frattempo allo stesso. Nell'eluizione a secco, l'eluente è già presente nella colonna, per cui è necessaria solo l'ampolla vuota. L'eluente è il liquido usato come solvente; la fase mobile, legatasi al radionuclide, quando fuoriesce dalla colonna costituisce l'eluato. Il “tempo di eluizione” del soluto è il tempo che intercorre fra l'inizio della separazione (cioè l'istante in cui il soluto entra nella colonna) e l'istante in cui il soluto inizia a separarsi. Il “volume di eluizione” è il volume di eluente necessario per realizzare il processo di separazione. 50 3.5 [18F]-FDG Il fluorodesossiglucosio è uno dei radionuclidi maggiormente usato nell'imaging biomedico come radiotracciante per la tomografia ad emissione di positroni (PET): il fluoruro presente nella molecola viene reso in grado di emettere positroni. Si tratta infatti di un fluoro-18, un radioisotopo in grado di emettere positroni rilevabili dalla PET. Dopo l'iniezione del FDG, l'apparecchio PET è in grado di rilevare con estrema precisione concentrazioni differenti della molecola nei diversi distretti dell'organismo. Tali immagini permettono la diagnosi di diverse condizioni patologiche, come ad esempio i tumori. L'FDG, in quanto analogo del glucosio, viene captato in gran quantità da cellule ad alto utilizzo di glucosio, come quelle del cervello o del rene. Viene captato in gran quantità anche dalle cellule tumorali. 3.5.1 Metabolismo cellulare Come per il glucosio, all'ingresso nella cellula il FDG è sottoposto a reazione chimica che ne impedisce la fuoriuscita dalla cellula. A differenza del glucosio, tuttavia, l'FDG non può essere catabolizzato nella via glicolitica e rimane nella forma di FDG-6-fosfato fintantoché la molecola rimane radioattiva (e quindi visibile attraverso PET). Prima del decadimento del 18F-FDG, infatti, la molecola non può essere utilizzata a causa dell'ingombro generato dal fluoro. 51 Il decadimento stesso, di fatto, porta il sostituente in posizione “2” da 18F a 18 O: ciò significa che la molecola risultante è una vera e propria molecola diglucosio-6-fosfato, normalmente metabolizzabile dall'organismo. La distribuzione di 18F-FDG, dunque, è un ottimo metodo per valutare la biodistribuzione del glucosio e la sua fosforilazione nei diversi distretti dell'organismo. Per i motivi sopra elencati, si tratta di uno strumento estremamente preciso e pulito (in seguito al decadimento, non vi è alcun accumulo cellulare di biomolecole). Nell'imaging PET, il 18 F-FDG può essere utilizzato per valutare il metabolismo del glucosio nel cuore e nell'encefalo. Può essere utilizzato anche per la visualizzazione delle masse tumorali, che consumano una quantità molto alta di glucosio. Il 18 F-FDG viene incorporato dalle cellule, in più alta concentrazione dalle cellule neoplastiche maligne, e reso dunque troppo carico per uscire spontaneamente dalla cellula. Solo i tessuti ad alta attività metabolica intrappolano l'FDG in gran quantità. L'FDG, dunque, può essere utilizzato in applicazioni della PET per diagnosticare, valutare la progressione o monitorare l'efficacia della cura di un tumore. Questa tecnica viene applicata in modo particolare per il linfoma di Hodgkin, i linfomi non Hodgkin ed il cancro al polmone. Il suo utilizzo è stato approvato anche per la diagnosi della malattia di Alzheimer. 52 3.5.2 Produzione del fluorodesossiglucosio Per produrre il 18 F è necessario un bombardamento di molecole di ossigeno-18 con protoni ad alta energia. Ciò è possibile all'interno di specifici ciclotroni posti solitamente nelle immediate vicinanze del sito di iniezione (solitamente all'interno delle stesse strutture ospedaliere) a causa della ridotta emivita del 18F. La produzione del radionuclide può essere svolta attraverso il bombardamento del 20 Ne con deuterio, ma solitamente viene effettuata attraverso un bombardamento protonico di acqua arricchita con 18O, causando una spallazione nucleare nel 18O che produce 18 F in forma di acido fluoridrico. Il 18 F-(18-fluoruro) così ottenuto viene immediatamente attaccato al desossiglucosio, attraverso una serie di reazioni chimiche che si svolgono nella cosiddetta camera calda, il luogo preposto al trattamento dei radioisotopi. In seguito, il FDG marcato (con emivita di soli 109.8 minuti) viene rapidamente trasportato nel luogo di utilizzo. Qualora il ciclotrone e la camera calda non siano nelle immediate vicinanze del sito di iniezione, possono addirittura essere organizzati servizi di trasporto aereo del composto, per evitare che esso presenti una marcatura insufficiente nel momento dell'analisi PET. 3.5.3 Metodo di sintesi Il metodo di sintesi oggi più all'avanguardia è la tecnologia adottata dal 53 “Modular-Lab PharmTracer” che permette di effettuare una sintesi semplice e completamente automatizzata del [18F]-FDG. Esso è munito di cassette sterili monouso che garantiscono ai liquidi un percorso sterile senza bisogno di validare una procedura di lavaggio. L’elevata flessibilità del Modular-Lab PharmTracer permette inoltre di produrre diversi altri radiofarmaci con lo stesso sistema, semplicemente utilizzando un’applicazione software e delle cassette opportune. Possono essere manipolati con lo stesso apparecchio diversi radionuclidi, attraverso l'ausilio di cassette sterili specifiche per la sintesi di [11C]-Colina, [11C]-Metionina, [11C]-Acetato e per i peptidi del Gallio-68. Il Modular-Lab PharmTracer permette la produzione completamente automatizzata di [18F]-FDG. 54 Il processo include: • l’intrappolamento del Fluoro-18 da ciclotrone su una cartuccia pre-condizionata che fa parte della cassetta; • il recupero della [18O]-H2O e l’eluizione del Fluoro-18 con una soluzione specifica; • la reazione con il precursore mannosio triflato e la deprotezione con NaOH e la purificazione del [18F]-FDG con una combinazione di cartucce e la filtrazione sterile. Il volume della soluzione finale può essere modificato secondo le necessità e l’attività misurata dal sistema. Viene consegnato un sistema pre-validato e pronto per la produzione. Per la produzione routinaria a dosi elevate è disponibile una versione del sistema con schermatura di piombo. 55 4 Studi oncologici con PET/TC 4.1 Procedure di esame con [18F]-FDG 4.1.1 Acquisizione dell'esame 4.1.2 Post processing 4.2 Applicazioni oncologiche specifiche 4.2.1 [18F]-Colina e [11C]-Colina: il tumore prostatico 4.2.2 Metodo di sintesi per la [11C]-Colina 4.2.3 [68Ga]-Dota coniugati: i tumori neuroendocrini 4.2.4 Eluizione dei [68Ga]-Dota coniugati 4.1 Procedure di esame con [18F]-FDG Per una corretta esecuzione dell'esame, indipendentemente dalla tipologia alla quale esso appartiene, bisogna tener conto di svariate caratteristiche che descrivono la situazione del paziente; per cui bisogna conoscere la situazione clinica del paziente affinché possa effettuare un esame che offra una risposta valida, risponda al meglio al quesito clinico. • Procedura pre-esame: • informazioni da fornire al paziente inerenti la data di esecuzione e durata dell’esame, le predisposizioni quali la conservazione del digiuno di almeno 6 ore, il divieto di assunzione di bevande zuccherate per almeno 6 ore, la sospensione di alimentazione parenterale e di sostanze contenenti destrosio per almeno 4 ore; 56 • in caso di TC con mezzo di contrasto è necessario effettuare dosaggio della creatininemia e ECG recente; Quando il paziente si presenta per effettuare l'esame vanno effettuate: • la verifica delle informazioni raccolte in fase di prenotazione e aggiunta di eventuali modifiche; verifica dell’assenza di controindicazioni assolute e relative; • verifica di peso e altezza; • verifica della sospensione della nutrizione parenterale e/o di sostanze contenenti destrosio; • verifica della necessità di diuretici e/o di catetere vescicale (per patologie pelviche); • firma del consenso informato per la PET/TC e per l’eventuale TC con mezzo di contrasto; Quando si è a conoscenza dei quesiti su citati bisogna porre il paziente in condizioni di massimo rilassamento prima e durante l’iniezione per minimizzare la captazione muscolare del tracciante e chiedere al paziente di rimuovere gli oggetti metallici per evitare artefatti per l'acquisizione TC e schermature inconvenienti che limitano la captazione da parte del sistema PET. Si può integrare l'esame con la somministrazione di mezzi di contrasto orale (es. acqua o bario diluito) se necessario per migliorare la visualizzazione del tratto gastrointestinale. Può essere effettuato l'esame se al paziente sono stati somministrati sedativi in caso di pazienti ansiosi o claustrofobici. La sedazione nei bambini (in base all’età) è richiesta solo se strettamente necessario. 57 • Procedura d'esame:Il Radiofarmaco somministrato è il [18F]-fluorodesossiglucosio (FDG). L'attività somministrata si figura generalmente in 5 MBq/kg in caso di scansioni 2D; 2,5- 4 MBq/kg in caso di scansioni 3D. Per i pazienti pediatrici e con età < 18 anni l’attività somministrata è ridotta. Si invita il paziente a sostare in un ambiente tranquillo per 50-55 minuti. 4.1.1 Acquisizione dell'esame L’intervallo di tempo raccomandato dalla somministrazione di F-FDG all’acquisizione è di circa sessanta minuti. Dopo questo lasso di tempo, il paziente può procedere con l'esecuzione dell'esame e ci si assicura che egli svuoti la vescica prima dell’acquisizione dell’esame. Bisogna informare il paziente della durata dell’acquisizione, invitarlo a rimanere fermo e istruirlo a respirare normalmente evitando profonde inspirazioni o espirazioni, in quanto potrebbero compromettere la corretta riuscita dell'esame. Il paziente va posizionato sul lettino in decubito supino portando gli arti superiori al di sopra del capo per evitare gli artefatti, a meno che non si tratti di patologie riguardanti il distretto testa-collo, in quanto in questi casi vanno posizionati lungo il corpo. Il FOV di acquisizione va dalla base del cranio centrando poco al di sopra del meato acustico esterno fino al terzo medio femorale; esso viene esteso al capo e agli arti superiori, e completamente agli arti inferiori a seconda della richiesta clinica. Lo scout risulterà maggiore 58 delle zone in esame perché servirà come riferimento di inizio e fine studio sia TC che PET. Quest’ultimo presenta una larghezza del campo di vista ben precisa che corrisponde ad una scansione, detta lettino (misura variabile a seconda delle case costruttrici, circa 15 cm), quindi tutto lo studio sia TC che PET non sarà altro che un multiplo del campo di vista PET, e viene infatti identificato con “n-lettini”. L’indagine TC con velocità di rotazione del tubo ed avanzamento variabili a seconda delle caratteristiche del tomografo, 140 Kv, 90 mA e spessore di 5 mm per ogni fetta (non vi è la necessità di uno spessore più piccolo dato che la massima risoluzione dei tomografi PET è attualmente di 5 mm). Un esame TC multislice a 4 rilevatori con velocità di rotazione 0,8 sec, 16 cm di rilevazione ad ogni giro per un paziente normotipo durerà circa 41 sec per una lunghezza di 815mm pari a sei lettini PET. I tempi di acquisizione dipendono dall’attività somministrata e dal tipo di apparecchiatura utilizzata, quindi tenendo conto del tipo di cristallo, dal sistema (2D o 3D). Per i pazienti obesi e per i pazienti pediatrici è consigliato aumentare i tempi di acquisizione. Quando vengono effettuati controlli nel tempo, il paziente deve essere acquisito sulla stessa apparecchiatura e con lo stesso protocollo di acquisizione ed elaborazione dell’esame basale. Se la PET/TC è utilizzata per il calcolo dei volumi da irradiare, il paziente deve essere posizionato utilizzando gli stessi accorgimenti previsti in radioterapia. Una volta informato il paziente sull'esecuzione dell'esame ed è stato posizionato si procede con l'acquisizione di una TC scout per definire il campo di acquisizione TC a bassa dose per la correzione dell’attenuazione e la localizzazione anatomica PET, in senso 59 caudo-craniale, iniziando pertanto dal terzo medio della coscia. In caso di acquisizione dinamica il paziente va posizionato con la regione di interesse all’interno del campo di vista del tomografo. Nel caso di neoplasie del distretto testa-collo, dove eventuali disallineamenti tra PET e TC sono particolarmente critici, è consigliabile immobilizzare il capo oppure effettuare una acquisizione che parta da tale distretto per ridurre al minimo il tempo intercorso tra la scansione TC e la scansione PET di tale zona. Nel caso fosse prevista un eventuale successiva acquisizione TC con mezzo di contrasto, va istruito il paziente per quanto concerne la respirazione. Si attua supervisione del paziente durante la fase di acquisizione dell’esame. Verificare al termine delle acquisizioni la qualità delle immagini, ad esempio la possibile presenza di artefatti o un'eccessiva radioattività in vescica. In alcuni casi possono essere previste delle acquisizioni tardive. 4.1.2 Post processing L’elaborazione e la ricostruzione delle immagini dipendono dalla modalità di acquisizione (2D, 3D) e dal tipo di tomografo utilizzato (tipo di cristallo, time of flight), per tale motivo non è possibile dare informazioni univoche. In genere i dati PET devono essere corretti per il tempo morto, per le coincidenze random, di scatter e per l’attenuazione; gli algoritmi di ricostruzione più utilizzati sono quelli iterativi. 60 È consigliato procedere con ricostruzioni PET sia con che senza correzione per l’attenuazione, per evitare potenziali artefatti di ricostruzione causati dalla correzione per l’attenuazione su base TC. Per l’interpretazione delle immagini PET i dati ricostruiti devono essere visualizzati in proiezione transassiale, coronale, sagittale e MIP (maximum intensity projections). I dati TC, invece, sono solitamente ricostruiti utilizzando la retroproiezione filtrata o algoritmi molto simili; tuttavia i protocolli di ricostruzione sono diversi per la PET/TC “low-dose” rispetto alla PET/TC con mezzo di contrasto. Le procedure di ricostruzione ed elaborazione delle immagini dovrebbero essere standardizzate quanto più possibile per confrontare esami eseguiti in centri diversi. 4.2 Applicazioni oncologiche specifiche Nel corso degli anni, per quanto il fluorodesossiglucosio sia il radiofarmaco principalmente adoperato in campo oncologico negli studi PET, si stanno sperimentando sempre più nuovi traccianti che permettono uno studio mirato e più efficiente: tra questi ricordiamo soprattutto la Colina e i Dota-coniugati. 61 4.2.1 [18F]-Colina e [11C]-Colina: il tumore prostatico Recentemente per lo studio di alcune patologie neoplastiche, tra le quali principalmente il tumore prostatico e successivamente alcune neoplasie del polmone e dell'encefalo, è stato introdotto nella pratica clinica un nuovo tracciante PET: la Colina. La Colina si accumula elettivamente nei tessuti neoplastici consentendo di valutarne l’estensione e di studiarne l’evoluzione nel tempo e permette di diagnosticare molto precocemente la sede della ripresa della malattia tumorale dopo il trattamento primario. L'acquisizione di scansioni TC assieme alle scansioni PET consente di avere una mappa anatomica per la corretta localizzazione dei reperti PET aumentando l’accuratezza dell’indagine. La PET/TC con Colina, con risultati assolutamente incoraggianti, permette uno studio più accurato e maggiormente privo di artefatti risultando di gran lunga superiore al fluorodesossiglucosio in quanto presenta una minore captazione da parte del fondo, ossia dei tessuti circostanti la lesione. Preparazione del paziente: • Il paziente deve essere a digiuno dalla sera precedente e si consiglia una dieta priva di scorie nei giorni precedenti l’esame; si raccomanda di evitare l’uso di purganti; • non è necessario sospendere i trattamenti farmacologici in corso, a meno che non siano state date indicazioni specifiche al momento della prenotazione; • si avvisa il paziente di non assumere liquidi la mattina dell’esame. 62 Esecuzione dell'esame: • dopo la visita medico-nucleare, il paziente viene invitato ad urinare e a depositare gli oggetti metallici; • gli si fa indossare un camice monouso; • lo si posiziona sul lettino in decubito supino con le braccia poste al di sopra del capo; • dopo un periodo di rilassamento della durata di circa 10-15 minuti viene somministrato il radiofarmaco se effettuato con [11C]-Colina; se si utilizza il fluoro-18 come radionuclide la somministrazione avviene in camera calda e non sul lettino dell'apparecchio, in quanto necessita di un tempo di attesa prima che cominci l'acquisizione; • le scansioni TC e l’acquisizione delle immagini PET si sommano per una durata complessiva dell’esame di circa 20-25 minuti; queste vengono effettuate subito dopo la somministrazione del radiofarmaco nel caso si adoperi il carbonio, mentre nel caso si utilizzi il fluoro si attendono dai trenta ai sessanta minuti dopo l'iniezione; • dopo l’esecuzione dell’esame il paziente, una volta ricevuta specifica indicazione dal personale, può allontanarsi. Non è prevista alcuna restrizione delle attività quotidiane (guidare, mangiare, bere, etc.). Nel caso in cui il paziente soffra di claustrofobia deve farlo presente al personale sanitario prima della esecuzione dell’esame. 63 Per quanto riguarda le dosi iniettate al paziente si somministrano 3 - 4 MBq/kg per via endovenosa preferibilmente con butterfly, e le acquisizioni con Colina prevedono: • uno scout con seguente acquisizione TC con FOV che racchiude il corpo del paziente dalla base del cranio alle diafisi femorali e questo procedimento è attribuito sia ad esami con [18F]-Colina che con [11C]-Colina; • l'acquisizione PET differisce a seconda del radionuclide legato al tracciante: nel caso si adoperi il fluoro-18, essa è definita “Dual phase”, ossia vengono registrate immagini precoci nei primi quindici minuti dell'esame le quali sono concentrate sul bacino e successivamente vengono acquisite immagini total body tardive; se si adopera la [11C]-Colina si effettua generalmente un acquisizione total body, in quanto il radiofarmaco è adoperato nelle sospette riprese di neoplasia e nella ricerca di metastasi. 64 4.2.2 Metodo di sintesi per la [11C]-Colina La sintesi di [11C]-Colina adotta un metodo diverso da quella legata al Fluoro-18, definito “wet chemistry”, il quale prevede l’utilizzo di reagenti molto sensibili all’umidità e aggressivi, che risultano anche di difficile rimozione dai tubi e dalle valvole dei moduli di sintesi. La tecnologia Modular-Lab PharmTracer, al fine di evitare tali problemi,permette l’esecuzione di un processo di sintesi semplice e 65 completamente automatizzato di [11C]-Colina con cassette sterili monouso. Le cassette sterili monouso garantiscono un percorso sterile ai fluidi senza la necessità di un processo validato di lavaggio. Inoltre, esse resistono benissimo, per un utilizzo singolo, ai reagenti aggressivi. La produzione di [11C]-Colina include l’intrappolamento di [11C]-CO¬2¬ proveniente da ciclotrone su una colonna, il rilascio controllato per riscaldamento del reattore e la produzione di [11C]-Metilioduro aggiungendo HI. Dopo la reazione il prodotto viene lavato con etanolo e acqua e quindi eluito con soluzione salina attraverso una seconda cartuccia e attraverso un filtro sterile. Il sistema viene consegnato pre-validato e pronto per la produzione. Un test di integrità del filtro sterile può essere implementato come opzione. 66 4.2.3 [68Ga]-Dota coniugati: i tumori neuroendocrini L’utilità clinica della PET è stata dimostrata in numerose indicazioni diagnostiche oncologiche, in base alla disponibilità di traccianti diversi che consentono di valutare differenti percorsi metabolici, caratteristici di alcune neoplasie. Il radiofarmaco più utilizzato, [18F]Fluorodesossiglucosio, non è di solito avidamente accumulato a livello dei tumori neuroendocrini. In questi ultimi anni sono stati sperimentati con successo altri radiofarmaci più specifici: una serie di peptidi analoghi della somatostatina marcati con Gallio-68. Utilizzati in via sperimentale, vengono enunciati quelli che hanno riscosso un maggior successo in questi ultimi anni: il DOTA-TOC, il DOTA-NOC e il DOTA-TATE. I tre peptidi citati sono molto simili fra loro nella struttura chimica e, al momento, non ci sono evidenze circa l’esistenza di vantaggi sia da un punto di vista clinico, che bio-chimico, ossia riguardante l'assorbimento e la distribuzione, sia nei confronti della formazione stessa dell'immagine. Tutti utilizzano come chelante complessato all’octreotide una molecola macrociclica chiamata “DOTA” che lega in modo molto più stabile del DTPA il Gallio-68, come pure altri radionuclidi metallici. I vantaggi della PET con [68Ga]-DOTA sono in primo luogo intrinseci alla metodica: rispetto alla scintigrafia con Octreoscan, le immagini PET presentano, infatti, un’elevata risoluzione spaziale e di contrasto, migliorando la sensibilità diagnostica dell’esame anche per lesioni di pochi millimetri di diametro. 67 La procedura di produzione del radiofarmaco è abbastanza semplice perché il Gallio-68 (con emivita fisica di 68 minuti) non è un prodotto del ciclotrone, ma è ottenuto mediante un generatore in cui il Germanio-68 è immobilizzato su colonna, periodicamente eluita per ottenere una soluzione contenente il radionuclide “figlio” (68Ga), con modalità analoghe a quanto si realizza più comunemente in medicina nucleare con il generatore 99Mo/99mTc. La procedura di sintesi del radiofarmaco 68Ga-DOTA-coniugato, anche se non molto complessa, richiede una fase di incubazione ad alta temperatura. Infine, la procedura di acquisizione PET è molto più veloce di quella della scintigrafia con Octreoscan, e la dosimetria per il paziente è notevolmente più bassa (inferiore a 5 mSv), data l’emivita fisica del radionuclide di soli 68 minuti, non comportando, inoltre, gravosi fastidi al paziente, il quale non è costretto ad allontanarsi da altri soggetti per periodi lunghi. Valgono le stesse raccomandazioni riguardo alla sospensione di eventuali terapie in corso con analoghi della somatostatina come avviene anche per l'esame scintigrafico, quindi il paziente verrà opportunamente informato al momento della prenotazione. 68 69 4.2.4 Eluizione dei [68Ga]-Dota coniugati Si adopera un sistema chiuso che consiste in una colonna di vetro borosilicato contenente un letto di biossido di titanio sul quale è adsorbito il Germanio-68. Il Gallio-68 viene continuamente prodotto dal decadimento del suo genitore e viene eluito con cloruro di idrogeno. Questo generatore è progettato per minimizzare sia il contenuto di 68Ge che quello di impurità metalliche nell’eluato. Il profilo di eluizione del generatore è stato ottimizzato per avere il valore massimo di concentrazione dell’attività sul volume. Il generatore può essere completamente eluito utilizzando 5 mL di HCl, con oltre il 75% dell’attività concentrato in soli 1.5 mL. Al fine di aumentare la sicurezza, l’affidabilità e la semplicità nell’utilizzo, il generatore è stato pensato in maniera da non richiedere 70 nessun tipo di smontaggio; esso viene spedito pronto per l’uso. Sia la linea d’ingresso che quella d’uscita utilizzano connessioni sulle quali, per facilità di installazione, vengono applicati due tappi. Disponibile nelle diverse taglie da 10, 20, 30, 40 e 50 mCi si adatta alle esigenze delle varie tipologie di centri di Medicina Nucleare. 71 Conclusione Il tecnico di radiologia medica ha un ruolo chiave nell'equipe alla quale partecipa, indipendentemente dal reparto in cui esso lavora. Egli è circondato da specialisti di ogni genere: radiologi, medici nucleari, radioterapisti, fisici, infermieri, amministrativi e colleghi. A lui è affidata la produzione delle immagini, il loro post processing e anche il risultato ottenuto da queste. Nel settore medico nucleare partecipa, oltre che con l'esecuzione dell'esame, alla produzione dei radiofarmaci, quindi ha un compito che richiede grande attenzione e precisione. La conoscenza del funzionamento delle apparecchiature deve essere sicura e completa e la loro manutenzione superficiale e il controllo della qualità è ad esso affidata. Deve gestire in maniera determinante i tempi di attesa dei pazienti ai quali sono stati iniettati i radiofarmaci e la radioprotezione del paziente stesso. Da ciò si evince che il ruolo del tecnico medico-nucleare è tutt'altro che marginale. 72 Bibliografia 1) Volterrani Duccio, Erba Paola Anna, Mariani Giuliano “Fondamenti di medicina nucleare”; 845 p.; Milano: Springer, 2010 2) Lynch, T.B. con la collaborazione di Del Sole Angelo, Lecchi M., Tagliabue L., Edizione italiana a cura di Lucignani G., “PET-TC nella pratica clinica”; 294 p.; Milano: Springer, 2007 3) Rosato L. “I Tumori Neuroendocrini. Manuale di trattamento diagnostico e terapeutico” (2° edizione); Ivrea (TO): Club delle UEC, 2007 4) Associazione Italiana di Medicina Nucleare ed Imaging Nucleare “Linee guida per il controllo di qualità dei tomografi ad emissione di positroni (PET) e dei tomografi integrati PET/CT”; Milano: 2006. 5) Dondi Maurizio, Giubbini Raffaele “Medicina Nucleare: nella pratica clinica”; Bologna: Pàtron, 2003 6) Peter Hogg, Giorgio Testanera “Principles and Practice of PET/CT”, Part 1, A Technologist‘s Guide; Austria: Laber-Druck Ges.m.b.H., 2010 73 Ringraziamenti La storia che si scrive dietro un percorso di studio universitario è articolata dalla partecipazione di molte persone. La mia storia raccoglie, lungo il suo percorso, la conoscenza, l'affetto ed il supporto di tante figure che per me sono importanti e sono state essenziali. Ringrazio innanzitutto i miei genitori, che con sacrificio ed affetto hanno contribuito alla possibilità del conseguimento della mia laurea, e a loro dedico questa tesi. Ringrazio il mio relatore, Vincenzo Rizzo, che ha mi seguito lungo tutta la stesura della stessa, consigliandomi e guidandomi con dedizione, pazienza e professionalità; la sua figura, assieme all'equipe di lavoro del reparto di Medicina Nucleare, sono stati per me un esempio ed il motivo fondamentale per cui ho scelto tale settore per la mia tesi. I miei ringraziamenti sono rivolti con grande affetto ai miei colleghi, con i quali abbiamo attraversato e condiviso gioie e difficoltà, preoccupazioni e soprattutto una buona amicizia che, spero, possa continuare nel tempo. Grazie a loro questo percorso di studi è stato molto più facile da affrontare e a loro vanno i miei auguri più sinceri. Ringrazio per ultimi, ma non di certo per importanza, tutta la comunità di San Francesco a Folloni e tutti i miei amici che mi sono stati sempre accanto in questi tre anni, sopportando le mie ansie, confortandomi nelle difficoltà e partecipando ogni giorno alla mia vita. Con tutti loro condivido la mia felicità! 74
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