Capitolo 3

CINETICA ELETTROCHIMICA
Un processo elettrochimico è l’insieme di una successione di diversi “stadi”, di cui almeno uno di
trasferimento di carica, o meglio, di Trasferimento Elettronico (TE).
c
¾¾®
+ ne ¬¾¾ R(z-n)+
k
O
z+
(1)
ka
adsorbimento
reazione
O
Scopo della cinetica elettrochimica
è stabilire la natura e la velocità
dei vari stadi. I vari processi
sequenziali, benché aventi natura
diversa, sono fra loro interconnessi
in quanto le condizioni iniziali di
ciascuno sono determinate dalle
condizioni finali del precedente e il
contributo di ciascuno si somma a
quello degli altri.
trasporto
Asup
Abulk
Oad
ne
Rad
R
dessorbimento
Bsup
reazione
Bbulk
trasporto
A circuito aperto una cella elettrochimica possiede una forza elettromotrice corrispondente alla
variazione di energia libera della reazione globale. Quando passa corrente non si è più in condizioni
di equilibrio e si hanno modificazioni in prossimità dell’elettrodo e/o all’elettrodo stesso. Tale
fenomeno si definisce polarizzazione.
Ciascuno dei due elettrodi della cella elettrochimica sarà caratterizzato dal proprio processo redox,
rappresentabile con un’equazione di TE del tipo dell’equazione (1). In realtà è possibile che ad un
elettrodo avvengano contemporaneamente più processi di TE, ma per il momento limitiamoci a
considerare il caso più semplice in cui ve ne sia solo uno. Se consideriamo un elettrodo in
condizioni di non equilibrio si avrà il passaggio di una corrente con “verso anodico” per il verso di
ossidazione della reazione di TE (cioè da destra a sinistra per la reazione 1) ed una corrente con
“verso catodico” per il verso di riduzione della reazione (cioè da sinistra a destra per la reazione 1).
La differenza tra la corrente del verso anodico (considerata convenzionalmente positiva) e la
corrente del verso catodico (considerata convenzionalmente negativa) è la corrente netta che
attraversa l’interfaccia elettrodica e corrisponde alla corrente esterna che circola nella cella, cioè
quella che noi misuriamo sperimentalmente per l’elettrodo in questione. Questa può assumere
anche valore zero quando il potenziale dell’elettrodo è uguale al valore di equilibrio.
Se si considera una cella, quando la corrente esterna è diversa da zero, il lavoro è erogato dalla
cella elettrochimica nel caso di chiusura del circuito su un carico passivo (resistenza elettrica), cioè
quando la cella funziona da pila ed alimenta un circuito esterno. Viceversa, il lavoro viene assorbito
dalla cella elettrochimica nel caso in cui si inserisca nel circuito un generatore di potenza con
polarità concorde con quella termodinamica, cioè quando si carica la pila. In entrambi i casi il
potenziale di ciascun elettrodo è diverso da quello reversibile e la differenza si chiama
sovratensione (η). In una cella avremo una sovratensione totale ηtot, che è la risultante del
contributo dei due elettrodi.
3.1 POTENZIALE DI ELETTRODO SOTTO CORRENTE
Detti E+ ed E- i potenziali dei due elettrodi quando passa corrente, E+,rev e E-,rev quelli in condizioni
di equilibrio (j = 0), si definisce sovratensione catodica:
h+,tot = E+ – E+,rev = Df+ – Df+,rev
41
(2)
e analogamente sovratensione anodica:
h-,tot = E- – E-,rev = Df- – Df-,rev
(3)
dove i segni al pedice indicano la polarità relativa dei due elettrodi (uno è il polo positivo e l’altro il
polo negativo della cella elettrochimica). In realtà, abbiamo indicato come catodo il polo positivo e
come anodo il polo negativo, ma questo è vero solo se la cella funziona da pila, cioè produce
energia elettrica. In effetti il catodo è sempre l’elettrodo al quale avviene il processo di
riduzione, mentre l’anodo è sempre l’elettrodo al quale avviene il processo di ossidazione: in
una pila il catodo è il polo positivo, mentre l’anodo è il polo negativo, mentre in un elettrolizzatore
è esattamente l’opposto.
In questo capitolo ci interesseremo però ad un singolo elettrodo. Il valore complessivo della
sovratensione di un singolo elettrodo è frutto di una serie di contributi che possono essere
classificati a seconda della tipologia dei vari processi che li determinano:
· di barriera, o attivazione, o trasferimento elettronico: relativa allo stadio di TE attraverso
l’interfaccia conduttore elettronico-conduttore ionico, he
· di reazione: quando il processo elettrochimico coinvolge reazioni chimiche antecedenti il TE o
successive al TE, hr
· di trasporto di materia, generalmente di diffusione: quando il rifornimento di A all’elettrodo (o
lo smaltimento di B) è lento, hd
· di trasporto di carica: quando la carica elettrica incontra particolari resistenze per rifornire
l’interfase, hW.
3.2 DETERMINAZIONE SPERIMENTALE DELLA SOVRATENSIONE
Con un’adeguata strumentazione possono essere misurati separatamente ed indipendentemente i
valori di E e di h per ciascuno dei due elettrodi.
L'apparecchiatura necessaria per le misure di sovratensione di un elettrodo è il potenziostatogalvanostato, corredato da una serie di strumenti ausiliari, fra i quali il PC sembra oggi essere
utilissimo almeno per quanto riguarda le misure in regime non stazionario, cioè transitorio. Invero
nelle misure stazionarie la grandezza elettrica osservata (che può essere: una differenza di
potenziale, una intensità di corrente, una resistenza, talora la fase in tecniche che prevedono la
corrente alternata) viene generalmente misurata dopo che il sistema ha raggiunto uno stato
stazionario (steady state), mentre in regime transitorio si determinano le grandezze elettriche in
funzione del tempo dopo aver mutato le condizioni della cella con l'applicazione o l'interruzione di
una corrente o di una tensione.
Il potenziostato (vedi schema accanto) è costituito
da un’apparecchiatura che consente di lavorare con
POTENZIOSTATO
un sistema a tre elettrodi: l'elettrodo sotto esame
GALVANOSTATO
(Working electrode, WE), un controelettrodo
voltmetro
(Counter electrode, CE) ed un elettrodo di
riferimento (Reference electrode, RE). La funzione
del CE è solo quella di chiudere il circuito, mentre
RE
quella di RE è di creare nella cella un riferimento
CE
WE
fisso per il potenziale. RE deve pertanto essere
impolarizzabile, e a tal fine attraverso esso non
passa corrente. Con questo sistema si studia quindi
CELLA
solo il processo (e la relativa sovratensione) che
avviene al WE. Quando al WE viene applicato un
potenziale diverso da quello di equilibrio, si avrà il passaggio di una corrente netta attraverso
l’interfaccia di questo elettrodo. La stessa corrente deve necessariamente attraversare il
conduttore ionico e, attraverso il CE, dovrà percorrere il circuito esterno per ritornare dall’esterno
al WE. Il potenziostato fissa quindi una adeguata differenza di potenziale tra il WE ed il CE, in
modo che al CE avvenga un processo con una corrente netta uguale ed di verso opposto a quella
42
del WE; il valore di tale corrente, misurato dal potenziostato, viene fornito istantaneamente
all’utente (al PC che gestisce il sistema). In queste condizioni il potenziostato misura anche la
differenza di potenziale tra WE e RE, per cui si conosce esattamente il valore di EWE (che è la
seconda informazione fornita all’utente), mentre non si ha passaggio di corrente attraverso il RE,
che mantiene quindi il suo potenziale fisso e noto.
In condizioni stazionarie le curve di polarizzazione da studiare possono essere galvanostatiche o
potenziostatiche. Nel primo caso viene applicata una corrente costante fra WE e CE e, dopo aver
atteso che il sistema giunga in condizioni stazionarie, si rileva la differenza di potenziale fra WE e
RE e, quindi, il valore di EWE. Nel secondo caso invece si rileva la corrente, giunta al valore "steady
state", che scorre fra WE e CE quando fra WE e RE viene
mantenuta la differenza di potenziale voluta (cioè un
determinato valore di EWE). Durante il passaggio della
corrente il sistema elettrochimico varia rispetto alle
condizioni iniziali ma l'elettronica dell'apparecchiatura
agisce mantenendo comunque sempre costanti la
corrente (condizioni galvanostatiche) o la tensione
prefissata fra WE e RE (condizioni potenziostatiche).
In condizioni transitorie la disposizione è sostanzialmente
identica, con la differenza che la misura nel tempo della
grandezza
elettrica,
che
risulta
dall’improvvisa
applicazione o interruzione di una tensione o di una
corrente costanti o variabili secondo leggi prefissate,
viene effettuata per mezzo di elettrometri a risposta
estremamente rapida ed oscilloscopi a memoria digitale a
scansione velocissima (possibilità di rilevare la grandezza
elettrica un milione di volte al secondo) allo scopo di
eleminare i contributi di sovratensione “ohmica” e poter
ben distinguere quelli dovuti alle altre componenti
(trasferimento elettronico, diffusione, reazione). I dati
memorizzati vengono immessi automaticamente, o in un
tempo successivo, nella memoria di un PC per la
successiva analisi numerico-statistica.
3.3 SOVRATENSIONE DI TRASFERIMENTO ELETTRONICO
Consideriamo come esempio di processo di
trasferimento elettronico (TE) ad un singolo
elettrodo (cioè al WE) il seguente:
¾¾¾
¾®
Oz+ + ne ¬
k
kc
eF
R(z-n)+
(1)
a
dove generalmente n = 1. O e R rappresentano la
forma ossidata e ridotta della coppia redox, cioè
le specie "elettroattive", che potrebbero essere
diverse dalle specie A e B che costituiscono il
reagente
ed
il
prodotto
del
processo
elettrochimico in esame.
Il TE coinvolge gli elettroni nel livello Fermi del
conduttore elettronico i quali per passare al
conduttore ionico devono superare la barriera di
potenziale che esiste tra la superficie elettrodica e
l’OHP (dove normalmente si trovano le specie O
distanza di O dall’elettrodo
G
G
¹
qe
O
R
q
qn
43
ed R). Tale attraversamento avviene mediante tunneling radiationless, cioè per effetto tunnel, ma
senza emissione di energia radiante. Ciò significa che, considerando il processo di riduzione (1),
l’orbitale della specie O che riceve l’elettrone deve essere esattamente allo stesso livello energetico
del livello Fermi e a tale livello deve trovarsi anche l’orbitale della specie R, che lo ha ricevuto.
Perché avvenga il TE è quindi necessario che O subisca un riarrangiamento molecolare (lunghezze
ed angoli di legame) per portare il LUMO (low unoccupied molecular orbital) allo stesso livello
Fermi. In queste condizioni avviene il TE e la specie R che si forma ha esattamente la stessa
energia, l’unica differenza è quella di avere un elettrone in più, cioè una diversa posizione lungo la
coordinata elettronica, ma esattamente la stessa configurazione nucleare.
Dal punto di vista energetico, il processo di TE è descritto dalla curva di G in funzione della
coordinata di reazione q.
3.3.1 Richiami di cinetica chimica
k
+
¾¾®
A + B ¬
¾¾ C + D
k-
v+ = k+[A][B]
v- = k-[C][D]
[v] = M s-1
[k] = M-1 s-1
[k] = s-1
II ordine
I ordine
[v] = mol cm-2 s-1
[k] = cm s-1
I ordine
v = v+ - v- = k+[A][B] - k-[C][D]
all’equilibrio
[C]eq [D]eq
k+
=K=
k[A]eq [B]eq
vo = k+[A]eq[B]eq = k-[C]eq[D]eq
velocità di scambio
equazione di Arrhenius
k = Aexpæç
è
A = fattore di frequenza
- Ea
ö
RT ÷ø
Considerando una generica reazione che dai reagenti
A e B porti ai prodotti C e D, le velocità della reazione
di andata v+ e della reazione di ritorno v- sono date
dalle rispettive leggi cinetiche. Per una reazione in fase
omogenea v si misura in mol L-1s-1, cioè Ms-1, per cui
per una reazione del secondo ordine k si misura in
M-1s-1, mentre per una reazione del primo ordine si
misura in s-1.
Per una reazione eterogenea (come sono le reazioni
elettrodiche) si usa misurare v in mol cm-2 s-1, per cui
k si misura in cm s-1.
All’equilibrio le due velocità, di andata e di ritorno,
sono uguali, per cui si ricava cineticamente la costante
di equilibrio K. Le due velocità uguali vengono
denominate velocità di scambio.
La costante cinetica k dipende dalla temperatura
secondo la legge empirica di Arrhenius.
La teoria cinetica che interpreta in modo adeguato il
significato della costante k è la cosiddetta Teoria
dello Stato di Transizione (delle velocità assolute).
k+
¾¾®
A + B ¬
¾¾ C + D
k-
Ea = energia di attivazione
Data la generica reazione
complesso attivato
¹
A···B = X = C···D
E
k+
¾¾¾
¾® C + D
A + B ¬
(U o G)
k-
il passaggio dai reagenti ai prodotti avviene
attraverso la formazione del cosiddetto
complesso attivato X¹, che ha un’energia
normalmente superiore a quella dei reagenti.
Anche il passaggio inverso, da C + D, che
fungono da reagenti, ai loro prodotti A + B,
avviene passando attraverso lo stesso
complesso attivato.
A + B
X¹
44
reagenti
A+B
prodotti
C+D
coordinata di reazione
C + D
La teoria dello stato di transizione, sulla base dell’intuizione di Arrhenius, prevede che esista un
equilibrio tra il complesso attivato ed i reagenti della reazione, anche quando non ci sono i relativi
prodotti C e D.
[X¹] = Kc¹[A][B]
v+ = n+[X¹] = n+Kc¹[A][B] = k+[A][B]
k+ = n+Kc¹ = (kBT/h)exp(-DG+¹o/RT)
Go
Se rappresentiamo la curva cinetica in
funzione dell’energia libera standard
abbiamo la curva riportata a fianco.
La concentrazione del complesso attivato
X¹ può essere calcolata dalle rispettive
costanti di equilibrio (sia rispetto ai
reagenti, per la reazione di andata, che
ai prodotti, per la reazione di ritorno) e
quindi in funzione delle corrispondenti
energie libere standard di attivazione.
Ne consegue l’espressione per le due
costanti cinetiche k+ e k- e, ricordando la
relazione tra DG, DS e DH, si ha:
complesso attivato
¹
X
D+G
¹o
¹o
D-G
reagenti
A+B
DrGo
prodotti
C+D
coordinata di reazione
DG = DH - TDS
¹
¹
¹o
æ
ö
= exp ç - D + G
÷
RT
è
ø
[A][B]
¹o
æ
ö
= exp ç - D - G
÷
RT
è
ø
[C][D]
[X ]
k+ =
[X ]
¹o
æ
ö
exp ç - D + G
÷
RT
è
ø
h
k BT
k- =
¹o
æ
ö
exp ç - D - G
÷
RT
è
ø
h
k BT
k=
k BT
¹ o
¹ o
expæç D S R ö÷ expæç - D H RT ö÷
ø
è
ø è
h
equazione di Eyring
3.3.2 Cinetica elettrodica
Considerando il processo di TE
¾¾¾
¾®
Oz+ + ne ¬
k
kc
R(z-n)+
(1)
a
abbiamo
æ Dc G ¹ ö
÷
kc = Z expç ç
÷
RT
è
ø
æ Da G ¹ ö
÷
ka = Z expç ç
÷
RT
è
ø
(2)
La relazione tra DcG ¹ e DrG o rappresenta un aspetto di grande importanza che viene quantificato
dal coefficiente di trasferimento elettronico a.
a=
¶D cG ¹
¶DrG o
= costante
(3)
Il tipo di relazione è definito dalle diverse teorie per il TE. La più semplice teoria per il TE è quella
di Butler-Volmer che considera il coefficiente di trasferimento elettronico a indipendente dal
DrG o del processo redox. Ciò significa linearizzare le curve energetiche, come riportato nella Figura
seguente, per cui si può integrare facilmente l’equazione differenziale e ricavare la relazione tra
DcG ¹ e DrG o o tra DcG ¹ e E.
45
relazione tra DcG¹o (= DcG¹) e DrGo (= DrGo)
coefficiente di trasferimento elettronico a
a=
¶ lnkc
¶D r G o
=
¶D c G ¹
¶D r G o
0<a<1
per il TE si ha:
teoria di Butler - Volmer: a è indipendente da DrGo
(relazione lineare tra DcG¹ e DrGo)
D cG ¹ = aDrG o + C
(4)
Esistono diverse possibilità per definire l’integrale particolare (cioè la costante di integrazione C).
Poiché siamo interessati alla relazione tra DcG ¹ ed il potenziale elettrodico, è opportuno esprimere
anche DrG o in funzione del potenziale elettrodico E. In questo caso bisogna considerare che è il
potenziale elettrodico che provoca il processo di trasferimento elettronico (1), per cui la relazione è
DrG o = nF (E - E o)
(5)
il che significa che, per la definizione della costante di integrazione C dell’equazione (4), si assume
come riferimento il potenziale standard E o (curve continue in Figura).
D cG
¹
o
¹
= anF (E - E ) + DG 0
D aG ¹ = -(1 - a)nF (E - E o ) + DG 0¹
(6)
In questo caso la costante di integrazione è la stessa DG0¹, che è detta barriera intrinseca,
poiché essa è l’energia di attivazione che si ha per il TE al potenziale standard, e definisce il valore
della costante standard di TE, k 0. In questo caso, infatti, avremo
æ DG ¹ ö
æ an F (E - E o ) ö
æ an F (E - E o ) ö
0
0 ÷
ç
ç
÷
÷
k c = Z exp exp = k exp ç ç RT ÷
ç
÷
ç
÷
RT
RT
è
ø
è
ø
è
ø
æ
k a = Z exp ç ç
è
¹
o ö
æ (1 - a )n F (E - E o ) ö
æ
D G 0 ö÷
÷ = k 0 exp ç (1 - a )n F (E - E ) ÷
exp ç
ç
÷
ç
÷
RT ÷
RT
RT
ø
è
ø
è
ø
(7)
æ DG ¹ ö
0 ÷
ç RT ÷
è
ø
k 0 = Z exp ç -
dove k 0 è, appunto, la costante standard di TE.
La velocità della reazione di andata vc è data dal prodotto della costante cinetica per la
concentrazione del reagente O sulla superficie elettrodica cO(0,t), che in linea generale può essere
diversa da quella che si ha nel bulk della soluzione. Infatti, le concentrazioni delle specie
elettroattive O ed R sono funzione sia della distanza dalla superficie elettrodica x, che del tempo t,
quindi vengono correttamente indicate come cO(x,t) e cR(x,t), per cui le velocità dei due TE
dipendono dai valori che le due specie hanno sulla superficie elettrodica, dove avviene il TE, quindi
46
per x = 0, al tempo t. Analogamente la velocità della reazione di ritorno va è data dal prodotto
della costante cinetica per la concentrazione del suo reagente R, sempre sulla superficie
elettrodica, cR(0,t).
vc = kccO(0,t)
va = kacR(0,t)
(8)
In questo caso si tratta di reazioni eterogenee, per cui le velocità sono misurate in mol cm–2s–1
(anche se, più correttamente, si dovrebbero esprimere in kmol m–2s–1, ma è rimasta l’unità di
misura introdotta storicamente con il sistema di unità di misura cgs). Ciò significa che le
concentrazioni vanno espresse in mol cm–3, per cui le costanti di TE risultano espresse in cm s–1.
Alla reazione di andata corrisponde il passaggio di elettroni dal conduttore elettronico alla
soluzione, cioè una corrente elettrica catodica (dato che è accompagnata dal processo di
riduzione) che avrà una densità di corrente jc = nFvc; viceversa, alla velocità della reazione di
ritorno corrisponde una densità di corrente anodica (dato che è accompagnata dal processo di
ossidazione) ja = nFva. Vale la pena di sottolineare che queste due correnti, catodica e anodica, si
riferiscono alla stessa interfaccia elettrodica e quantificano quindi i due versi del processo
reversibile di TE rappresentato dall’equazione (1).
Convenzionalmente si definisce la corrente totale che attraversa l’interfaccia come differenza tra la
corrente anodica e quella catodica (anche se storicamente era esattamente l’opposto, ma da
qualche anno la convenzione internazionale è cambiata, per cui non sorprenda il fatto di trovare
pubblicazioni con i segni invertiti). Ciò significa che la densità di corrente elettrica netta che
attraversa l’interfaccia è data da:
j = ja – jc = nF (va – vc)
(9)
per cui si ricava:
v c = kc cO (0,t ) =
jc
I
= c
n F n FA
j
I
v a = k a cR (0,t ) = a = a
n F n FA
v = v a - v c = ka cR (0 ,t ) - kc cO (0 ,t ) =
j
nF
j = ja - jc = n F [ka cR (0 ,t ) - kc cO (0 ,t )]
é
æ (1 - a )n F (E - E o ) ö
æ an F (E - E o ) öù
÷÷ - cO (0, t ) expçç ÷÷ú
j = n Fk 0 êcR (0 ,t ) expçç
RT
RT
è
ø
è
øû
ë
(10)
dove l’ultima equazione (10) è nota come equazione di Butler-Volmer (B-V) estesa (poiché
considera in modo esplicito le concentrazioni superficiali, cioè la possibilità che queste siano
diverse da quelle nel bulk). Naturalmente, all’equilibrio E = Eeq e la corrente complessiva che
attraversa l’interfaccia è nulla, il che significa che
47
é
æ (1 - a )n F (Eeq - E o ) ö
æ an F (Eeq - E o ) öù
÷ - cO (0 ,t ) expç ÷ú = 0
j = n Fk 0 êcR (0 ,t ) expçç
÷
ç
÷
RT
RT
êë
è
ø
è
øúû
æ n F (Eeq - E o ) ö æ an F (Eeq - E o ) ö
æ an F (Eeq - E o ) ö
÷ expç ÷ - cO (0, t ) expç ÷=0
cR (0, t ) expçç
÷ ç
÷
ç
÷
RT
RT
RT
è
ø è
ø
è
ø
ù
æ an F (Eeq - E o ) ö é
æ n F (Eeq - E o ) ö
÷ êcR (0 ,t ) expç
÷ - cO (0 ,t )ú = 0
expçç ÷
ç
÷
RT
RT
úû
è
ø êë
è
ø
æ n F (Eeq - E o ) ö
cO (0, t )
÷
= expçç
÷
cR (0 ,t )
RT
è
ø
Eeq = E o +
RT cO (0 ,t )
ln
n F cR (0, t )
Si vede che dall’equazione B-V, in condizioni di equilibrio per l’elettrodo in esame si ricava
l’equazione di Nernst, con riferimento alle concentrazioni sulla superficie elettrodica (che è
l’espressione più corretta, dato che vale anche quando fossero diverse da quelle nel bulk della
soluzione elettrolitica; naturalmente, in condizioni di equilibrio, quando non avviene nessun
processo netto, le concentrazioni sulla superficie elettrodica saranno generalmente uguali a quelle
nel bulk).
Se il TE è il rate determining step (rds), cioè lo stadio lento dell’intero processo elettrochimico, le
concentrazioni sulla superficie elettrodica sono esattamente quelle nel bulk della soluzione, poiché
il rifornimento e l’allontanamento dall’elettrodo sono veloci: cO(0,t) = cO* e cR(0,t) = cR*.
Ricordando che E = Eeq + h (in questo caso h = he, dato che il TE è il rds), si possono fare le
sostituzioni nella B-V estesa, ottenendo:
é
æ (1 - a )n F (Eeq + h - E o ) ö *
æ an F (Eeq + h - E o ) öù
* expç
÷ - cO expç ÷ú =
j = n Fk 0 êcR
ç
÷
ç
÷
RT
RT
è
ø
è
øûú
ëê
é
æ (1 - a )n F (Eeq - E o ) ö
(1 - a )n F h ö - c* expæç - an F (Eeq - E o ) ö÷ expæ - an F h öù =
* expç
÷ expæç
= n Fk 0 êcR
÷ O
ç
÷
ç
÷ çè RT ÷ø ú
RT
RT
RT
è
ø
êë
úû
è
ø
è
ø
æ an F (Eeq - E o ) ö é *
æ n F (Eeq - E o ) ö æ (1 - a )n F h ö *
æ - an F h ö ù
÷ êcR expç
÷ expç
= n Fk 0 expçç c
exp
÷
ç
÷ú
O
÷
ç
÷ è
RT
RT
RT
ø
è RT ø(11)
è
ø ëê
è
ø
ûú
Quando siamo in condizioni di equilibrio, h = 0 e anche j = 0, per cui si ricava anche in questo
caso, dall’equazione (11), che
æ nF E - E o ö
eq
÷ -c * = 0
c R* exp çç
(12)
O
÷
RT
è
ø
(
c O*
c R*
(
æ nF E - E
eq
= exp ç
ç
RT
è
o
)ö÷
)
E eq
÷
ø
RT c O*
= E +
ln *
nF
cR
o
cioè l’equazione di Nernst, questa volta in funzione delle concentrazioni nel bulk, che è il caso
generale.
Ricordando l’equazione (12), possiamo raccogliere i due termini uguali nell’equazione (11),
48
æ an F (Eeq - E o ) ö é æ (1 - a )n F h ö
æ an F h ö ù
* expç ÷ êexpç
j = n Fk 0cO
÷ - expç ÷ =
ç
÷
RT
RT
RT øúû
ø
è
è
øë è
æ (1 - a )n F (Eeq - E o ) ö é æ (1 - a )n F h ö
æ an F h ö ù
* expç
÷ êexpç
= n Fk 0cR
÷ - expç ÷ =
ç
÷
RT
RT
RT øúû
ø
è
è
øë è
é æ (1 - a )n F h ö
æ an F h ö ù
= j0 êexpç
÷ - expç ÷
RT
RT øúû
ø
è
ë è
(13)
dove j0 è detta corrente di scambio. L’equazione finale (13) è nota come equazione di ButlerVolmer (anche se quella originale aveva i segni dei due esponenziali invertiti).
La corrente di scambio è la corrente che passa (ad uno stesso elettrodo) in un senso e nell’altro
quando E = Eeq. In condizioni di equilibrio infatti, E = Eeq, h = 0, j = 0 (la corrente nel verso
catodico che attraversa l’interfaccia è esattamente uguale a quella nel verso anodico e questi due
valori uguali costituiscono la corrente di scambio j0). Ne risulta quindi (dall’equazione 10)
cO*
(
æ an F Eeq - E o
expç ç
RT
è
)ö÷ = c
*
R
÷
ø
(
æ (1 - a )n F Eeq - E o
expç
ç
RT
è
)ö÷
(14)
÷
ø
da cui si ricava ancora una volta:
(
æ (1 - a )n F Eeq - E o
expç
ç
RT
cO*
è
=
*
æ an F E - E o ö
cR
÷
expçç ÷
RT
è
ø
(
)
Eeq = E o +
)ö÷
(
o
÷
ø = expæç n F Eeq - E
ç
RT
è
) ö÷
÷
ø
RT cO*
ln
n F cR*
che è sempre l’equazione di Nernst per il potenziale elettrodico, il che ha rappresentato uno degli
elementi di forza della teoria di Butler-Volmer, cioè il fatto di ottenere per via cinetica l’equazione
valida in condizioni di equilibrio.
L’altro punto di forza della B-V è l’equazione che si ottiene quando h è grande (equazione di Tafel,
vedi più avanti).
Un aspetto che va evidenziato innanzi tutto è il notevole effetto che il potenziale elettrodico
esercita sul valore delle costanti cinetiche kc e ka. A titolo di esempio vediamo l’effetto di un
potenziale E che sia 1 V più negativo di E o, supponendo a = 0.5:
(
æ an F E - E o
kc = k 0 expç ç
RT
è
)ö÷ = k 0 expæç - 0.5 ´1´ 96485 ´ (- 1) ö÷ = k 0e19.5 = k 0´ 0.3 ´109
÷
ø
è
8.314 ´ 298.15
ø
mentre risulterà ka = k 0e–19.5 = k 0×3.4×10–9. Una sovratensione di 1 V fa aumentare un costante
di nove ordini di grandezza (e diminuire l’altra di altrettanti ordini di grandezza).
49
ja
L’andamento di j in funzione di h è
riportato nella Figura a fianco. Nella parte
j0
superiore sono rappresentate situazioni in
cui a = 0.5, per cui i due rami della curva,
h
anodico e catodico, sono perfettamente
j0
simmetrici rispetto all’origine, che è centro
di simmetria.
-9
-2
-6
-2
-3
-2
La pendenza della curva dipende dal valore
j0=10 Acm
j0=10 Acm j0=10 Acm
della corrente di scambio j0: quanto più alta
è j0 tanto più ripida diventa la curva;
ja
a=0.25 a=0.5
a=0.75
viceversa, quanto più piccola è j0 tanto più
sdraiata è la curva di corrente.
Come si può notare, la corrente totale è la
somma dei due contributi, anodico e
catodico, i quali, per h = 0, intersecano
h
l’asse delle ordinate entrambi al valore della
corrente di scambio (salvo il segno
convenzionale).
Se a ¹ 0.5 la curva non è più simmetrica,
come si può osservare nella Figura in
basso. In particolare per a < 0.5 il ramo anodico sale più rapidamente; viceversa per a > 0.5 è il
ramo catodico a salire più rapidamente.
Si possono considerare due casi particolari: i) il sistema è assai vicino all'equilibrio, cioè la
sovratensione h tende a zero, ii) il sistema è assai lontano dall'equilibrio, cioè |h| è grande.
Nel primo caso (h « RT/anF » 50 mV), espandendo in serie i due esponenziali dell’eq. (13) e
fermandosi al termine di primo grado si ha:
an F h ù j0 n F h
é (1 - a )n F h
j = j0 ê1 +
-1+
=
RT
RT úû
RT
ë
h
RT
=
= resistenza di barriera o di TE
j j0 n F
Nel secondo caso (il sistema è lontano dall'equilibrio, |h| > (RT/nF)ln100 = 118/n mV) si può
trascurare uno dei due esponenziali rispetto all’altro (a seconda del segno di h):
(1 - a )n F h
nFh
RT
= exp
£ 0.01 o ³ 100
- an F h
RT
exp
RT
exp
se abbiamo una sovratensione catodica (h < -118 mV), avremo
æ an F h ö
æ (1 - a )n F h ö
expç ÷ ññ expç
÷
RT ø
RT
è
è
ø
æ an F h ö
j = j0 expç ÷
RT ø
è
®
h=
®
RT
RT
ln j0 ln j = a + b ln j
an F
an F
analogamente per una sovratensione anodica.
50
ln j = ln j0 -
an F h
RT
h = a + b ln çj ç
(15)
L'equazione (15) è nota come legge di Tafel (anche se la Tafel è espressa generalmente con il
logaritmo decimale), a e b come costanti di Tafel. L’equazione empirica fu ottenuta da Tafel più di
vent’anni prima della teoria di Butler-Volmer. Questo è il secondo punto di forza della B-V, che
continua a renderla una teoria tuttora accreditata. Questa equazione è assai importante perché
consente di ottenere j0 e quindi informazioni fondamentali sulla costante standard di velocità,
mediante estrapolazione del tratto lineare della funzione η(ln j) a η = 0.
log j
log j0
-200
-100
0
100
200
h
3.3.3 Considerazioni generali
Nel caso più generale le curve di
polarizzazione
(depurate
dalla
1
componente ohmica del sistema)
mostrano sia la componente di
sovratensione di trasferimento di
carica sia quella di diffusione e/o di
reazione come si vede nella
-400
-200
200
400 h/mV precedente Figura a destra, che per
semplicità riporta solo il ramo
catodico
di
una
curva
di
polarizzazione. Si può notare una
zona
prossima
al
potenziale
-1
reversibile in cui al valore di η
contribuiscono i due termini della equazione (13), seguita da un tratto lineare (zona di Tafel) in cui
η è ancora causata dalla lentezza del TE, equazione (15), e da una successiva zona di potenziali
più elevati in cui prevale la sovratensione di diffusione e/o di reazione chimica.
j/jl
Un andamento analogo si riscontra anche nella zona anodica, generalmente con pendenze diverse
dato che il valore di (1-a) può essere diverso rispetto ad a (anche se in molti casi si può
ragionevolmente assumere a = 0.5).
51
3.4 SOVRATENSIONE DI TRAPORTO DI MATERIA
Se consideriamo il processo
O + e
R
(1)
in condizioni di equilibrio, cioè quando non si ha passaggio di corrente attraverso l’interfaccia, la
concentrazione di O (possiamo supporre che in soluzione ci sia solo O, ma il ragionamento è lo
stesso se ci fosse anche R in soluzione) è uguale in tutta la soluzione (figura seguente, a). Se ad
un certo istante applichiamo un potenziale diverso da quello di equilibrio, tale che avvenga il TE
con una velocità abbastanza alta (si può sempre avere una velocità sufficientemente elevata del
TE applicando una opportuna h), il profilo di concentrazioni di O ed R diventano quelli di figura b
c
c
cO*
cO*
a
0
b
0
x
i = 0 (equilibrio)
t=0
x
i=i
t=t
(dove la curva blu decrescente rappresenta cR).
Se si vuole accelerare il processo elettrochimico si può minimizzare la sovratensione di trasporto di
materia agitando la soluzione oppure facendo muovere l’elettrodo verso strati di soluzione sempre
“freschi”. Molto spesso però è importante studiare proprio l’effetto della sovratensione di trasporto
di materia, che può dare importanti informazioni meccanicistiche. Il flusso (mol cm-2 s-1) di una
specie in soluzione, come abbiamo visto, è regolato dall’equazione di Nernst-Planck:
J = -D
dc zF
df
Dc
+ cv
dx RT
dx
il primo termine esprime il contributo diffusivo, il secondo il contributo di migrazione, il terzo il
contributo convettivo. La convezione può essere annullata mantenendo la soluzione in condizioni
statiche e termostatata; in alcuni casi la convezione può essere però controllata, cioè utilizzata
governando il regime idrodinamico.
La migrazione invece complica il responso elettrochimico per cui, se si vuole studiare l’effetto della
diffusione, è opportuno minimizzare il suo contributo, il che si può ottenere introducendo in
soluzione una concentrazione sufficientemente elevata di elettrolita di supporto, con le seguenti
caratteristiche:
·
·
·
·
elettrolita “forte” nel solvente in uso (capace quindi di essere completamente dissociato);
inerte elettrochimicamente (non subisce processi di TE, possibilmente in un ampio range di
potenziali, in ogni caso nel range di interesse);
inerte chimicamente nei confronti di O e di R, ma anche di eventuali intermedi delle reazioni
chimiche antecedenti e successive;
il numero di trasporto complessivo dell’elettrolita di supporto deve essere praticamente uguale
a1
t=
c+ u + z + + c- u - z -
å ci ui zi
»1
il che è possibile grazie al fatto che la concentrazione dell’elettrolita è molto maggiore di quella
del substrato (cioè la specie chimica in esame, ad esempio O) e le mobilità ioniche, u+ ed u52
dei suoi ioni sono molto elevate;
la presenza dell’elettrolita di supporto “tampona” la densità della soluzione (garantendo così di
evitare moti convettivi);
· si ha una minimizzazione della caduta ohmica della soluzione e si riducono i problemi dovuti
alla distribuzione del potenziale elettrico nel doppio strato (che risulta sostanzialmente
“compatto”).
Molto spesso quindi il trasporto di materia avviene solo per diffusione, per cui si parla di
sovratensione di diffusione. I moti diffusivi sono legati all’esistenza di gradienti di
concentrazione e, conseguentemente, di potenziale chimico. Come abbiamo già visto nel Capitolo
1, il gradiente di potenziale chimico (trascuriamo per il momento l’eventuale effetto dei coefficienti
di attività, confondendo le concentrazioni con le attività) è una pseudo forza che produce il moto
diffusivo. In realtà il moto diffusivo è il risultato statistico del moto termico delle particelle, cioè del
fatto che è statisticamente più probabile che le particelle si muovano dalla zona a più alta
concentrazione verso la zona a bassa concentrazione che non viceversa, per cui si ha un
trasferimento netto di particelle dalla zona a più alta concentrazione a quella a bassa
concentrazione.
·
Si può ricavare facilmente
f d = - grad m = -
¶m
RT ¶ c
== ma
¶x
c ¶x
f r = 6ph r v
fd = fr
6ph r v = -
RT ¶ c
c ¶x
RT ¶ c
dc
= -D
6ph r ¶ x
dx
che è la I Legge di Fick, dove r è il raggio molare (=NArm, con rm = raggio molecolare).
J = cv = -
In taluni casi il gradiente può essere funzione del tempo. In tali situazioni, se consideriamo un tubo
di flusso (cioè un qualsiasi elemento di volume definito da un insieme di linee di flusso, delimitato
tra una sezione a x ed una a x+dx
J(x,t)
J(x+dx,t)
x
S
x+dx
avremo il bilancio espresso dalle seguenti equazioni:
¶ c ( x, t ) J ( x, t ) ´ S - J ( x + dx, t ) ´ S
J (x, t ) - J (x + dx, t )
=
=
¶t
Sdx
dx
¶ J ( x, t )
espansione in serie di Taylor J ( x + dx, t ) = J ( x, t ) +
dx
¶x
¶ c ( x, t )
¶ J (x, t )
¶ 2 c ( x, t )
==D
¶t
¶x
¶x 2
per cui si ricava una relazione tra la variazione della concentrazione nel tempo e la derivata
seconda della concentrazione nello spazio, nota come II Legge di Fick.
Si tratta di un’equazione differenziale alle derivate parziali tipica della fisica matematica, che si
presenta ogni qualvolta si abbia il flusso di una qualche proprietà, che dipende dal tempo.
In generale, se si ha a che fare con situazioni di diffusione tridimensionale, le espressioni delle
leggi di Fick diventano
53
¶c
= D Ñ2 c
¶t
J = - DÑc
¶ cO ( x,t )
= D Ñ 2 cO ( x,t )
¶t
¶ cR ( x,t )
= D Ñ 2 cR ( x,t )
¶t
dove la forma degli operatori Nabla e Laplaciano dipende dalla simmetria (sistema di coordinate)
del sistema.
Vengono riportate di seguito le più frequenti simmetrie dei problemi di diffusione in elettrochimica,
legate alla forma degli elettrodi. Si può avere diffusione lineare su un elettrodo piano (molto
spesso un dischetto che è la base di un cilindretto di materiale elettrodico (tipicamente Pt, Au, Ag,
GC, Hg depositato su Pt, ecc.) rivestito lateralmente di materiale isolante.
Un’altra forma tipica degli elettrodi è quella sferica (in genere si tratta di una pallina metallica
Elettrodo
diffusione
coordinata
Laplaciano
lineare
x
¶2
¶ x2
sferica
r
¶2 2 ¶
+
¶r2 r ¶r
cilindrica
r
¶2 1 ¶
+
¶r2 r ¶r
-
ottenuta per fusione dell’estremità di un filo racchiuso in una canna di vetro); in questo caso si ha
una simmetria sostanzialmente sferica anche se, molto spesso si approssima la situazione al caso
lineare, riconoscendo che la superficie elettrodica è comunque molto più grande (pur trattandosi di
microelettrodi) delle dimensioni delle particelle che diffondono. Altro caso particolare è quello della
simmetria cilindrica, nel quale l’elettrodo è costituito da un filo che sporge da una canna di vetro o
di altro materiale isolante. E’ questo il caso tipico dei cosiddetti ultramicroelettrodi che sono
appunto dei fili sottilissimi (f dell’ordine dei mm o anche meno).
Il dato elettrochimico fondamentale è in ogni caso la relazione tra densità di corrente j e il flusso
sulla superficie elettrodica:
j
æ ¶ c ( x,t ) ö
= - J R (0 ,t ) = DR ç R
÷
nF
è ¶ x ø x=0
j
=F
å ni Ji (0,t ) = å ni Di æçè
i
i
¶ ci ( x,t ) ö
÷
¶ x ø x =0
dove la seconda vale se abbiamo più processi di TE contemporaneamente, cioè più specie
chimiche che vengono ridotte o ossidate contemporaneamente. Se il flusso J dipende dal tempo,
per ottenere il flusso a x=0, e quindi j, è necessario risolvere l’equazione differenziale alle derivate
parziali (EDP), cioè la seconda legge di Fick. Una EDP non presenta un integrale generale, ma
anche la forma della soluzione dipende dalle condizioni iniziali e al contorno, per cui va cercata
caso per caso. Le condizioni iniziali sono del tipo
54
cO(x,0) = f(x)
cR(x,0) = f(x)
un caso molto frequente in elettrochimica è rappresentato da:
cR(x,0) = 0 (o cR* )
cO(x,0) = cO*
cioè, all’inizio le concentrazioni sono quelle del bulk, in qualsiasi punto della soluzione. Le
condizioni al contorno dipendono dalla situazione sperimentale, cioè dalla simmetria del sistema.
Un caso molto frequente è quello della diffusione lineare semi-infinita, quando cioè si ha un
elettrodo piano di grandi dimensioni (un piano) in condizioni perfettamente omogenee (in
particolare isopotenziale) e il sistema è costituito dal semispazio che tale piano delimita all’esterno
dell’elettrodo; in questo caso la diffusione avviene solo lungo la direzione x normale alla superficie
diffusione lineare semi-infinita
//
strato diffusivo
dimensioni della cella
elettrodica.
Naturalmente il concetto di lunghezza infinita si traduce nella constatazione che lo spessore dello
strato diffusivo, cioè quello coinvolto nei processi diffusivi, è molto piccolo rispetto alle dimensioni
del sistema (dimensioni della cella ad esempio).
Condizioni tipiche della diffusione lineare semi-infinita:
lim c O ( x, t ) = c O*
lim c R (x, t ) = 0 o c R*
x®¥
c O (0, t ) = f (E )
x®¥
oppure
c O (0, t )
= f (E )
c R (0, t )
dove f(E) può essere ricavato dall'equazione c - E caratteristica (per processi reversibili è
l'equazione di Nernst). La soluzione consente di ricavare un’espressione per i = f(E), ricordando
che
j
æ ¶ c (0 ,t ) ö
= - J R (0 ,t ) = DR ç R
÷
nF
è ¶ x ø x =0
æ ¶ c (0 ,t ) ö
æ ¶ c (0 , t ) ö
DO ç O
= - DR ç R
÷
÷
¶
x
è
ø x =0
è ¶ x ø x =0
La seconda equazione dice che, sulla superficie elettrodica (x = 0), il flusso di O è uguale ed
opposto al flusso di R, il che è ovvio, dato che per ogni molecola di O che viene ridotta (eq. 1),
cioè formalmente attraversa la superficie elettrodica (x = 0) verso il conduttore elettronico, se ne
forma una di R, che formalmente “esce” dal conduttore elettronico.
Per risolvere una EDP è opportuno usare la trasformata di Laplace che la trasforma in una
equazione differenziale ordinaria (EDO). La trasformata di Laplace della funzione F(t), è indicata
con L[F(t)] o FL(s) o F (s ) ed è definita come:
L[F(t)] = FL(s) = F (s ) =
¥ - st
ò0 e
F (t ) dt
La trasformazione di Laplace si può operare quando F(t):
· è definita in tutti i punti 0 £ t £ ¥
· ha un numero finito di discontinuità
· è di ordine esponenziale (e-stF(t) è finito per t = ¥)
La soluzione di una EDP richiede di applicare la trasformazione di Laplace alla EDP per ottenere
una EDO, risolvere poi la EDO ottenendo l’integrale particolare per il caso in questione, fare
55
l’operazione inversa della trasformazione di Laplace (convoluzione)
soluzione della EDP.
Nel nostro caso
ìï t = 0
¶ c ( x, t )
¶ 2 c ( x, t )
=D
í
¶t
ïî t ³ 0
¶x2
ìt = 0
u (x, t ) = c * - c (x, t )
í
ît ³ 0
per ottenere l’integrale cercato
c (x,0) = c *
c (¥ , t ) = c *
u (x,0) = 0
u (¥ , t ) = 0
¶ u ( x, t )
¶ 2 u ( x, t )
=D
¶t
¶x2
si può lavorare ugualmente con c(x,t) o u(x,t); con u(x,t) si otterrà una EDO omogenea, mentre
con c(x,t) si otterrà una EDO completa.
La trasformazione del membro di sinistra, sia essa in funzione di c(x,t) o u(x,t), non presenta
particolari problemi. E’ sufficiente riconoscere la relazione tra l’integrando in oggetto e la derivata
riportata alla seconda riga (primo termine del membro di destra):
¥
f ( s) = ò e -st
0
(
¶u ( x ,t )
dt
¶t
)
¶ -st
¶
e u ( x ,t ) = e -st u ( x ,t ) + u ( x ,t ) e -st (- s )
¶t
¶t
f ( s) = ò
¥
0
(
)
¥
¶ -st
e u ( x ,t ) dt + s ò e - st u ( x ,t ) dt =
0
¶t
¥
= e -st u ( x ,t ) + s u ( x, s) = -u ( x ,0) + s u ( x, s) = s u ( x, s )
0
in funzione di c( x,t )
¥
= e -st c( x ,t ) + s c ( x, s) = -c( x ,0) + s c ( x, s) = s c ( x, s) - c *
0
Per quanto riguarda il membro di destra si può agevolmente effettuare la trasformazione di
Laplace, applicando il teorema di Leibnitz che, nel caso specifico, si riduce alla forma indicata qui di
seguito (vedremo più avanti l’espressione completa della regola di Leibnitz della quale la presente
rappresenta un caso particolare). Pertanto si ottiene
f ( s) = D
ò
¥
e - st
0
¶ 2u ( x,t )
¶x 2
d
ò
¥
dx 2 0
ò
e - st u ( x,t ) dt = D
d 2u ( x,s)
in funzione di c( x,t )
u ( x , s) =
f1 ( x )
d f1 ( x )
¶g (x ,t )
g (x ,t )dt =
dt
dx f 0 ( x )
f 0 ( x ) ¶x
ò
teorema di Leibnitz :
f ( s) = D
dt
f ( s) = D
dx 2
d 2c ( x,s)
dx 2
c*
- c ( x , s)
s
Il valore della trasformata del membro di destra in funzione di c(x,t) si ricava facilmente o con la
stessa procedura utilizzata per u(x,t) o derivando l’equazione che lega c̅ (x,s) a ̅u (x,s), che
è l’ultima su scritta, facilmente ricavabile dalla trasformazione di Laplace della definizione di u(x,t),
ricordando che la trasformata di una costante (c*) è la costante diviso s (c*/s).
56
In termini della trasformata di Laplace di u(x,t), la nostra EDP diventa
d 2u ( x , s )
dx 2
-
s
u ( x , s) = 0
D
che è una EDO del secondo ordine, omogenea a coefficienti costanti, il cui integrale generale è
( )
é
u ( x , s) = A' exp ê - Ds
ë
1
2
( )
ù
é
x ú + B' exp ê Ds
û
ë
1
ù
xú
û
2
da cui si ricava
c ( x ,s ) =
c*
é
- A' exp ê- Ds
s
ë
( )
1
2
( )
ù
é
x ú - B' exp ê Ds
û
ë
1
2
ù
xú
û
In termini della trasformata di Laplace della concentrazione c(x,t), la nostra EDP diventa
d 2 c ( x, s )
dx 2
-
s
c*
c ( x, s ) +
=0
D
D
che è una EDO del secondo ordine, completa a coefficienti costanti, il cui integrale generale è
(dove A = -A’ e B = -B’)
c ( x , s) =
c*
é
+ A exp ê- s
s
ë D
( )
lim c ( x , s) =
x ®¥
c*
s
®
A( s) = c (0, s ) c ( x , s) =
1
2
( )
ù
é
x ú + B exp ê s
û
ëD
1
2
ù
xú
û
B=0
c*
= -u (0 , s)
s
c*
é
- u (0, s) exp ê - s
s
ë D
( )
1
2
ù
xú
û
Da questo integrale particolare si può risalire alla funzione c(x,t) attraverso la convoluzione. Un
caso molto semplice si ha se c(0,t) è costante (ad esempio quando è determinato dal potenziale
elettrodico che resta costante nel tempo, ad esempio nella cronoamperometria), allora
per cui la convoluzione è immediata
u(0,t) = c* - c(0,t) = cost
c * - c(0, t )
u (0, s) =
s
c ( x , s) =
1
c*
- u (0, s ) exp éê- ( Ds ) 2 x ùú
ë
û
s
c ( x , s) =
1
c * c ( 0 ,t ) - c *
+
exp éê - ( Ds ) 2 x ùú
ë
û
s
s
(
)
é x ù
c( x ,t ) = c * + c (0 ,t ) - c* erfc ê
ú
ë 2 Dt û
dato che la convoluta di c*/s = c*.
La error function complement (erfc) è il complemento a 1 della error function (erf)
57
erfc(u ) = 1 - erf (u ) = 1 -
( )
2 u
exp - z 2 dz
p ò0
La funzione errore, definita come sopra, ha un andamento in funzione della variabile u (cioè il
limite superiore di integrazione) del tipo riportato in figura, dove si può notare il valore di erf e del
suo complemento erfc.
erf(u) = funzione errore di u
erfc(u) = 1 - erf(u) = complemento a 1
1
erf(2) = 0.99
0
u
1
2
Dall’equazione prima vista si può ricavare la forma del profilo di concentrazioni c(x,t). Ad esempio,
nel caso di diffusione limite, quando
cioè c(0,t)=0, si hanno andamenti
del tipo di quelli riportati nella
figura a fianco.
Come si vede, lo strato diffusivo
diventa sempre più profondo, cioè
si ha un depauperamento di O (o di
R) a distanze sempre più elevate
dalla
superficie
elettrodica.
Contemporaneamente si ha una
progressiva
diminuzione
del
gradiente di concentrazione a x=0
e, di conseguenza una diminuzione
del flusso, e quindi, come vedremo
subito sotto, della densità di
corrente.
Dall’espressione ottenuta per c(x,t) è possibile ricavare il valore del flusso sulla superficie
elettrodica e, quindi, la densità di corrente i, che è uno dei due parametri elettrochimici
fondamentali, mentre il legame tra i ed E dipenderà dal legame tra c ed E.
é x ù
c( x ,t ) = c (0 ,t ) + (c* - c (0,t ) )erf ê
ú
ë 2 Dt û
é ¶ x2
é ¶c( x ,t ) ù
* - c (0 ,t ) ) 2
(
j = nFD ê
=
n
FD
c
ê
p ë ¶x 0
ë ¶ x úû x =0
ò
Dt
ù
exp(- z 2 )dz ú
û x=0
Il valore assoluto (quello relativo dipende dalla convenzione adottata per le due correnti, catodica
ed anodica) di j può essere ricavato applicando la regola di Leibnitz
f1 ( x ) ¶g ( x , z )
d f1 ( x )
g (x , z )dz = g [ f1( x ),z ]· f1' (x ) - g [ f 0 ( x ),z ]· f 0' (x ) +
dz
dx f 0 ( x )
f 0 ( x ) ¶x
ò
ò
dove f0’(x) ed f1’(x) sono le derivate prime, rispetto ad x, dei due limiti di integrazione, per cui si
58
ottiene
¶
2
¶x 0
ò
x
Dt
f1 ( x )
é æ x 2 öù
1
÷÷ ú ·
exp (- z 2 )dz = êexpçç -1· 0 +
0 dz
f 0 (x )
ë è 4 Dt ø û 2 Dt
j = nFD (c* - c(0 , t ) )
ò
2
p
é ¶ x2
ê
ë ¶x 0
ò
Dt
ù
(c* - c(0,t ))
exp(- z 2 )dz ú
= nFD
pDt
û x =0
Si ha quindi una espressione abbastanza semplice di j, che vale quando E è costante o varia molto
lentamente nel tempo.
Se c(0,t) = 0, j = jd (corrente limite di diffusione), si ha cioè il massimo valore di gradiente di
concentrazione, il massimo valore di flusso e, quindi, di densità di corrente, che sarà data da
j
nFD 12 c*
jd =
pt
t
nota come Equazione di Cottrell (che è l’andamento tipico di una cronoamperometria quando il
potenziale sia sufficientemente più negativo del potenziale di equilibrio, in modo da avere un
rapidissimo TE per cui tutto O che raggiunge l’elettrodo viene immediatamente ridotto a R, di
conseguenza la sua concentrazione sulla superficie elettrodica è praticamente nulla). Tale
situazione si raggiunge per |h|®¥, il che significa sperimentalmente |h|>150 mV per un TE
veloce.
59
60