3rd EATA Research Conference RESEARCH AND PROFESSIONAL PRACTICE: HOW RESEARCH CAN TAKE ITS ROOTS IN PRACTICE? Ricerca e pratica professionale: in che modo la ricerca può affondare le sue radici nella pratica? May 22-23, 2014 - Hotel Regina Margherita Cagliari - Italy Contributi per una ricerca radicata nella pratica in Analisi Transazionale Contributions for a research rooted in practice in Transactional Analysis Davide Ceridono, CTA Trainer P IRPIR Rilevando il bisogno di ricerca nell’Analisi Transazionale, vengono considerate alcune opportunità di sviluppo nella direzione dell’evidenza basata sulla pratica e della riduzione della distanza tra ricerca e pratica. Sono individuati alcuni punti chiave per favorire lo sviluppo della ricerca AT nella direzione indicata. A tale proposito sono presentati i contributi forniti dall’Analisi Transazionale Socio-Cognitiva, in linea con il filone di ricerca intrapreso da Scilligo, e viene prospettata una modalità per integrare la teoria, la pratica e la ricerca nella formazione degli Analisti Transazionali. Sono infine riportati alcuni risultati delle ricerche condotte nei Centri Clinici delle scuole di formazione in psicoterapia che seguono il modello dell’Analisi Transazionale Socio-Cognitiva. Noting the need for research in Transactional Analysis, are considered some opportunities for development in the direction of evidence-based practice and reduction of the gap between research and practice. Some key points are identified to facilitate the development of TA research in the direction indicated. In this regard, the contributions from Social-Cognitive Transactional Analysis are presented, according the line of research undertaken by Scilligo, and is proposed a way to integrate theory, practice and research in the training of Transactional Analysts. Finally are reported some results of research conducted in the training clinics of the training schools in psychotherapy that follow the model of Social-Cognitive Transactional Analysis. L’Analisi Transazionale è una psicologia sociale sviluppata da Eric Berne (1961) negli anni ‘60. Nel corso degli ultimi quarant’anni la teoria di Berne si è evoluta fino ad includere applicazioni alla psicoterapia, al counselling, all’educazione, e allo sviluppo organizzativo. In questi diversi campi applicativi l’AT promuove la salute e la crescita delle persone, delle relazioni interpersonali, dei gruppi e delle organizzazioni. L’AT ha radici teoriche che affondano nella psicoanalisi e nelle teorie delle relazioni oggettuali; inoltre ha attinto ai modelli umanistici esperienziali, cognitivi e comportamentali. L’AT si colloca nel paradigma relazionale secondo cui la personalità si struttura all’interno delle relazioni interpersonali, e la sofferenza ed il benessere nascono e si mantengono entro tali relazioni. L’AT è un approccio nato nella pratica clinica ed è fortemente orientato alla pratica. Come ogni approccio pratico, soprattutto nel campo della psicoterapia, l’Analisi Transazionale ha bisogno di sviluppare la ricerca per dimostrare la sua efficacia, per validare le sue teorie, per migliorare la formazione e la pratica, in ultima analisi, per il benessere dei clienti e della comunità. A questo proposito esiste una rivista specializzata nella ricerca in AT, di libero accesso nel web: l’International Journal of Transactional Analysis Reseaarch (www. ijtar.org). Ricerca e pratica in psicoterapia Nell’affrontare il tema della ricerca e della pratica, mi pongo dalla mia prospettiva di formatore di psicoterapeuti Analisti Transazionali. Parlerò più spesso di psicoterapia, perché si tratta del mio campo applicativo specifico, ma anche perché l’AT è nata come psicoterapia. Quello che dico a proposito della psicoterapia, in molti casi può essere trasposto agli altri campi applicativi dell’AT. Pratica basata sull’evidenza ed evidenza basata sulla pratica La necessità di fornire una base di evidenza empirica alla pratica della psicoterapia ha portato allo sviluppo del paradigma della Pratica Basata sull’Evidenza (PBE), che propone una pratica clinica basata sulle prove fornite dalla ricerca (Margison, et al, 2000). In questo ambito, in un primo tempo si è puntato sulla metodologia delle prove controllate casualizzate (Randomized Controlled Trial, RCT), che privilegia la validità interna, ossia il controllo dei rapporti causa-effetto tra Variabile Indipendente e Variabile Dipendente. La ricerca condotta seguendo il paradigma della PBE ha fornito una serie di prove sull’efficacia di numerosi trattamenti. Il paradigma top-down della PBE sostiene che la ricerca dovrebbe informare chi lavora in campo applicativo suggerendo “dall’alto” quali interventi sono più efficaci. Tuttavia le conoscenze fornite da tale ricerca rischiano di avere poca utilità pratica per vari motivi tra cui la diversità tra i contesti di ricerca e i contesti clinici. La validità esterna delle prove è scarsa e quindi è molto limitata la possibilità di generalizzare i risultati. Per ovviare ad alcuni limiti del modello PBE si è sviluppato il paradigma dell’Evidenza Basata sulla Pratica EBP in cui si dà spazio alla direzione inversa: si parte “dal basso”, per cui chi è immerso nella pratica contribuisce ad orientare la ricerca. Nella EBP si parte dalla pratica per sviluppare una ricerca che tiene conto degli utenti reali e degli operatori reali, e che produce conoscenze generalizzabili ai contesti in cui si svolge la pratica. In questo modo si privilegia la validità esterna, ossia la possibilità di generalizzare i risultati. I due paradigmi complementari possono contribuire insieme allo sviluppo delle conoscenze. L’evidenza basata sulla pratica (Barkham, Hardy, & Mellor-Clark, 2010) si focalizza su una questione fondamentale: il trattamento è efficace per questo specifico cliente? Gli obiettivi primari della ricerca basata sulla pratica sono: a) stabilire l’efficacia dei trattamenti; b) migliorare la qualità dei servizi, per un particolare cliente e per un sistema di cura; c) comprendere la natura dei trattamenti psicoterapeutici attraverso l’accumulo delle evidenze riguardo alla pratica. Un progetto di ricerca basata sulla pratica Un interessante ed ambizioso progetto internazionale di ricerca basata sulla pratica è stato proposto da Elliott e Zucconi (2005). Il progetto è finalizzato allo studio dell’efficacia (effectiveness) della psicoterapia e dei training in psicoterapia attraverso diversi orientamenti teorici, popolazioni di clienti, e gruppi linguistici/nazionali. Il progetto parte dall’osservazione che il gap tra ricerca e pratica ha contribuito al fatto che molte forme di psicoterapia sono sottorappresentate nella lista dei trattamenti basati sull’evidenza. Per sostenere il riconoscimento di tali psicoterapie è necessario sviluppare la ricerca usando una varietà di metodi. Il progetto, chiamato International Project on the Effectiveness of Psychotherapy and Psychotherapy Training, IPEPPT, propone quattro temi di ricerca: l’esito della terapia, il processo terapeutico, i predittori del cliente, e l’esito del training. I quattro temi dovrebbero essere misurati sia a livello di concetti panteorici, quali ad esempio l’alleanza terapeutica o la gravità dei problemi del cliente, sia a livello di concetti specifici relativi al modello di trattamento, alla popolazione dei clienti, alla cultura nazionale. Questo permette di confrontare i risultati di ricerche condotte con modelli teorici diversi, e sviluppare una base comune di conoscenze scientifiche. L’IPEPPT, fornisce vari modelli e ricchi contributi per sviluppare progetti di ricerca basati sulla pratica e finalizzati a studiare l’efficacia. Un aspetto interessante del progetto è che propone di fare ricerca basata sulla pratica nei centri di formazione considerando che: a) l’abilità di usare e condurre la ricerca su processo e risultato della psicoterapia è un aspetto fondamentale della competenza del terapeuta; b) cominciare a fare ricerca durante la formazione è un buon modo per imparare i metodi di ricerca; c) partecipare ad una ricerca con rilevanza clinica favorisce un atteggiamento positivo verso la ricerca e l’integrazione di ricerca e pratica (Elliott e Zucconi, 2005). Radicare la ricerca nella pratica Nel gruppo di ricerca dell’IRPIR, l’idea di radicare la ricerca nella pratica non si limita all’uso del paradigma dell’evidenza basata sulla pratica, ma mira in particolare a ridurre lo scollamento che separa la ricerca e la pratica e ad orientare la ricerca non solo alla verifica, ma anche alla scoperta. Proposte per radicare la ricerca AT nella pratica Per radicare la ricerca AT nella pratica proponiamo di: 1) stimolare gli analisti Transazionali a raccogliere informazioni in modo sistematico dall’esperienza nei loro campi di applicazione e a fare ricerca attraverso una metodologia semplice; 2) fare ricerca nei luoghi di formazione e nei centri clinici delle scuole di formazione; 3) fornire ai futuri CTA una formazione di base nella ricerca, al fine di promuovere la riflessione sulla pratica e sulla teoria, ed offrire loro la possibilità di fare qualche esperienza di ricerca collegata alla propria pratica. (Ceridono, 2011; Ceridono, Gubinelli, De Luca, 2009). Cosa serve per radicare la ricerca AT nella pratica? In linea con queste proposte ci chiediamo: di cosa abbiamo bisogno per radicare la ricerca AT nella pratica? Prima di tutto ci serve fare ricerca in contesti di realtà clinica, dove utenti “reali” (non selezionati ad hoc a scopo di ricerca) usufruiscono di interventi in cui viene applicata l’AT. In secondo luogo sono necessarie definizioni chiare degli interventi AT, che permettano di valutare l’aderenza al modello e di comunicare la propria esperienza. Questo implica definire su base teorica gli aspetti fondamentali che caratterizzano l’Analisi Transazionale. Per fare ricerca occorrono inoltre definizioni operative dei concetti teorici AT. Anche questo richiede una riflessione teorica sull’Analisi Transazionale, ed apre la strada alla possibilità di misurare i concetti su cui si fa ricerca. Pertanto per radicare la ricerca AT nella pratica dobbiamo anche sviluppare la riflessione teorica e radicare la ricerca nella teoria AT. Inoltre servono strumenti di osservazione per misurare i concetti AT, a cui affiancare strumenti panteorici per poter confrontare i risultati con quelli prodotti in contesti diversi dall’AT. Per coinvolgere nella ricerca chi è impegnato nella pratica, è importante disporre di strumenti di osservazione facili da usare ed utili non solo per la ricerca, ma anche direttamente per la pratica stessa. Infine è necessario conoscere ed usare vari metodi di ricerca, quantitativi e qualitativi, di gruppo e sul caso singolo, che consentano una ricerca non solo orientata alla verifica, ma anche alla scoperta (Elliott, 2010). Una riflessione filosofica ed epistemologica In tutto questo, per non perderci nella foresta della ricerca e della pratica, non può mancare una riflessione filosofica ed epistemologica sulla ricerca scientifica, che ci aiuti a cogliere i limiti e le risorse delle diverse posizioni che assumiamo nel relazionarci alla pratica ed al conoscere. A questo proposito Scilligo (2004, 2009a, 2009b) ha sottolineato i limiti sia della posizione dell’oggettivismo naturalistico che prevale nella ricerca empirica, sia del soggettivismo estremo tipico del costruttivismo radicale, ed ha proposto una posizione dialettica in cui rigore scientifico possa dialogare con la conoscenza che si sviluppa creativamente dall’esperienza. Contributi per radicare la ricerca AT nella pratica Presenterò brevemente il “terreno” della ricerca all’IRPIR e alcuni contributi forniti da Pio Scilligo, da Lorna Benjamin, e dal gruppo di ricerca dell’IRPIR, che ci aiutano a radicare nella pratica la ricerca AT. Il terreno della ricerca all’IRPIR: i centri clinici Il gruppo di ricerca dell’IRPIR, organizzato nel Laboratorio per la Ricerca sul Sé e sull’Identità (LaRSI), svolge la ricerca pratica soprattutto nei sei centri clinici delle quattro scuole di psicoterapia che seguono il modello dell’Analisi Transazionale Socio-Cognitiva (Bianchini e Ceridono, 2011; Ceridono e Bastianelli, 2013; Spallazzi e Gubinelli, 2000). Nei centri clinici gli allievi del terzo e quarto anno di formazione, conducono un modulo di psicoterapia breve supervisionata, con 2 incontri di intake, 21 sedute, e 2 incontri di follow-up. Gli allievi somministrano una serie di questionari all’inizio, durante il percorso, alla fine, ed al follow-up, secondo un protocollo comune. Tutte le sedute sono audio-registrate e in parte trascritte. Fare ricerca sui nostri allievi e sui loro clienti risponde a diverse esigenze: a) verificare l’impatto del nostro lavoro; b) validare nella pratica le nostre teorie; c) verificare le impressioni ricavate dal lavoro clinico e di supervisione; d) formare gli allievi alla ricerca e stimolarli a riflettere sistematicamente sulla propria pratica e sulla teoria; e) approfondire la conoscenza dei clienti, dei loro problemi e dei loro bisogni nel nostro contesto terapeutico; f) migliorare la qualità di un servizio che viene offerto in modo quasi gratuito, in cambio della collaborazione nella ricerca. La ricerca nei centri clinici delle scuole di psicoterapia ci permette di promuovere un circolo virtuoso tra formazione, pratica, ricerca e teoria. Costituisce inoltre una base di dati significativi per l’AT, in quanto negli ultimi dieci anni abbiamo formato oltre 750 Psicoterapeuti Analisti Transazionali Certificati. I contributi di Pio Scilligo e del gruppo di ricerca dell’IRPIR Scilligo credeva fortemente nella necessità sviluppare la ricerca in AT e di collegare la ricerca alla pratica clinica e alla formazione. A questo proposito ha introdotto nei corsi di formazione in psicoterapia alcune unità didattiche sulla metodologia della ricerca scientifica, e su strumenti statistici e psicometrici. Inoltre ha sviluppato dei progetti di ricerca nei quali gli allievi sono soggetti e al tempo stesso collaboratori alla ricerca. Scilligo aveva intrapreso a partire dagli anni ’80 un filone di ricerca che si è mosso verso tre obiettivi interconnessi: 1) conferire fondamento teorico ai concetti di base dell’AT, utilizzando un numero limitato di concetti di alto livello di astrazione, con chiaro potere esplicativo, e consolidato valore scientifico; 2) sviluppare definizioni operative dei concetti AT, strettamente connesse ai costrutti teorici di livello di astrazione superiore; 3) sviluppare strumenti di osservazione che permettano di fare ricerca empirica usando questi concetti. Il filone di ricerca condotto da Scilligo ha condotto a diversi frutti, che sono stati integrati nello sviluppo dell’Analisi Transazionale Socio-Cognitiva ATSC (Scilligo, 2009, 2011). L’ATSC spiega la mente e il comportamento attingendo alle conoscenze in numerosi ambiti scientifici, quali i modelli relazionali della psicologia sociale, le teorie cognitive degli schemi, le neuroscienze, la teoria dell’attaccamento. Nell’ATSC, per collocare i concetti dell'AT nel contesto scientifico più ampio e per facilitare la ricerca, Scilligo ha proposto un nuovo modello di stati dell’Io definito in termini dimensionali. Il modello si basa su dimensioni fondamentali su cui convergono le conoscenze di diversi modelli teorici in ambito psicologico, nonché delle discipline biologiche e sociali. Nello specifico Scilligo ha formulato due tipi di definizioni degli stati dell’Io (Scilligo, 2006, 2009; Ceridono, Gubinelli e Scilligo, 2009; De Luca e Tosi, 2011): la definizione teorica dimensionale degli stati dell’Io nei termini di dimensioni evoluzionistiche ed evolutive; la definizione operativa degli stati dell’Io e delle transazioni per mezzo della Structural Analysis of Social Behavior (SASB) di Lorna Benjamin (1974, 1996). Coerentemente con tali definizioni, Scilligo ha introdotto l’uso dei questionari Anint (Intrex) basati sulla SASB per la misurazione degli stati dell’Io in termini di processi relazionali interpersonali e intrapsichici (Scilligo, 2000, 2009; Scilligo e Benjamin, 1993). Inoltre, sempre sulla linea della definizione operativa dei concetti dell’AT, Scilligo ha creato il questionario Espero per le ingiunzioni e le controingiunzioni, utilizzabile per la ricerca e per la clinica (Scilligo, 2005). La SASB di Lorna Benjamin: uno strumento per la ricerca e la pratica Nella ricerca condotta da Scilligo e dal gruppo dell’IRPIR, la Structural Analysis of Social Behavior (SASB) di Lorna Benjamin (1974, 1996, 2003) svolge un ruolo centrale. La SASB fornisce due tipi di strumenti di misura: un sistema di codifica del comportamento, e una serie di questionari. La propongo alla vostra attenzione in quanto è uno strumento che permette di studiare molti concetti dell’AT. Sebbene sia adottata dall’Analisi Transazionale Socio-Cognitiva, la SASB si può usare anche con modelli teorici diversi, AT e non AT, pertanto può essere considerata uno strumento transteorico. La Structural Analysis of Social Behavior, SASB, creata da Lorna S. Benjamin (1974, 1996, 2003), è un metodo per descrivere il comportamento interpersonale e intrapsichico. La SASB è come una bussola che permette di orientarsi in un mare di dati relazionali, operando distinzioni fondamentali. Si applica alle relazioni sane e patologiche, quindi permette di descrivere sia i problemi sia gli obiettivi di cambiamento e può essere usata in ogni campo dell’AT. Il metodo è utile sia nella ricerca, sia nella pratica clinica. La SASB descrive il comportamento per mezzo di tre dimensioni. La prima dimensione è il Focus, con due focus interpersonali ed uno intrapsichico. Il focus sull’altro implica azioni transitive, chiamate anche comportamenti tipici del “genitore”. Per esempio, il terapeuta ascolta il cliente. Il focus su sé nella relazione con l’altro implica stati o azioni intransitive, chiamate anche comportamenti tipici del “bambino”. Per esempio, il cliente si apre con il terapeuta. Il focus introietto è intrapsichico ed implica azioni transitive rivolte verso se stessi, ovvero azioni riflessive. Per esempio, il cliente si ascolta. La seconda dimensione è l’Affiliazione, che descrive l’affettività dell’azione su di un continuum da ostile ad amichevole. La terza dimensione è l’Interdependenza, che descrive il potere nell’azione su un continuum da dare potere a togliere potere. I poli hanno nomi differenti secondo il tipo di focus: dare autonomia e controllare per il focus altro; separarsi e sottomettersi per il focus sé; spontaneità ed autocontrollo per il focus introietto. L’intersezione dell’Affiliazione (affettività) e dell’Interdipendenza (potere) per ciascun tipo di focus, genera tre superfici. Ogni superficie ha quattro ampie categorie di comportamento. Nel modello completo della SASB ogni superficie ha 36 categorie di comportamento con differenti gradi delle due dimensioni. Come ha osservato Henry (1996), l’uso della SASB permette di concettualizzare, analizzare ed esprimere attraverso lo stesso sistema di misura: a) i problemi ed il modo di funzionare del paziente in termini interpersonali ed intrapsichici; b) l’origine eziologica dei problemi nella storia evolutiva relazionale; c) il processo terapeutico; 3) l’esito del trattamento. Ne derivano vantaggi negli ambiti della teoria, della ricerca, della pratica clinica e della formazione. L’uso della SASB permette di seguire un principio di congruenza che conferisce significatività teorica alla ricerca (Strupp, Schacht, Henry, 1988), e consente di guidare la pratica clinica con l’uso di principi predittivi e di quadri concettuali di elevato livello di astrazione, applicabili tanto ai microprocessi quanto ai macroprocessi. Inoltre l’uso della SASB facilita la formazione, in quanto offre agli allievi un sistema concettuale semplice, basato su pochi concetti definiti in modo molto chiaro che possono essere combinati insieme per descrivere e spiegare i fenomeni in modo complesso. L’ATSC usa le dimensioni della SASB per fare l’analisi degli Stati dell’Io e l’analisi delle Transazioni in modo specifico, e per definire operativamente i concetti teorici fondamentali dell’Analisi Transazionale. Nell’Analisi Transazionale Socio-Cognitiva gli stati dell’Io sono descritti in termini di processi relazionali usando le dimensioni della SASB. Combinando le due dimensioni dell’Affiliazione e dell’Interdipendenza, descriviamo 12 prototipi di stati dell’Io divisi in quattro categorie: Liberi, Protettivi, Critici, e Ribelli. In ogni categoria sono distinti anche Genitore, Adulto e Bambino. Alcuni studi condotti dal gruppo di ricerca dell’IRPIR Il gruppo di ricerca dell’IRPIR ha condotto diversi studi soprattutto sugli allievi delle scuole di formazione in psicoterapia e sui loro clienti seguiti nei centri clinici delle scuole. Uno studio di gruppo sul processo si è focalizzato sugli Stati dell’Io nella relazione terapeutica. Lo studio, condotto su 288 clienti dei centri clinici e sui loro terapeuti, ha indagato come i clienti percepiscono se stessi ed il terapeuta all’interno della relazione terapeutica. La relazione è stata descritta con i questionari Anint basati sulla SASB, con cui sono definiti operativamente gli stati dell’Io. I risultati mostrano che la relazione è complementare e sia nel terapeuta sia nel cliente sono molto attivati gli stati dell’Io Liberi e Protettivi, soprattutto l’Adulto Libero e l’Adulto Protettivo, e sono molto bassi gli stati dell’Io Critici e Ribelli. Emerge dunque la percezione di una relazione dove il terapeuta è soprattutto impegnato ad ascoltare empaticamente il cliente rispecchiandolo e confermandolo (Adulto Libero) e a stimolare il cliente costruttivamente a riflettere (Adulto Protettivo), mentre il cliente è impegnato ad aprisi e rivelarsi (Adulto Libero) ed a prendere gli stimoli a riflettere offerti dal terapeuta (Adulto Protettivo) (Ceridono e Viale, 2013). Sullo stesso campione di 288 soggetti è stata effettuata una valutazione di gruppo dell’esito del trattamento, studiando la percezione di sé dei clienti pre- e post-trattamento. La percezione di sé è stata misurata con il questionario Anint (Scilligo, 2000) in termini di stati dell’Io Sé. I risultati hanno rivelato cambiamenti significativi coerenti con gli obiettivi terapeutici: crescono gli stati dell’Io Liberi e Protettivi e si riducono quelli Critici e Ribelli (Ceridono e Viale, 2013). I risultati sono stati confermati in una replica condotta su 63 soggetti (LaRSI, 2014a, dati non pubblicati). A fine di valutare l’esito del trattamento, nei centri clinici delle scuole collegate all’IRPIR, è stato recentemente introdotto anche l’uso del questionario CORE-OM (Evans et al., 2002; Palmieri et al., 2009) pre- e post-trattamento. Uno studio preliminare condotto sui 63 soggetti dello studio sopra citato ha rivelato che il 29% dei clienti ha un cambiamento statisticamente attendibile e clinicamente significativo. Tra i clienti che all’intake avevano punteggio clinico, un terzo rimane a livelli clinici, e due terzi scendono sotto la soglia clinica (LaRSI, 2014a, dati non pubblicati). Un altro studio preliminare condotto sullo stesso campione di 63 clienti, usando i dati raccolti all’intake, ha indagato le correlazioni del CORE-OM con gli Stati dell’Io Sé rilevati con l’Anint (Scilligo, 2000), con le Ingiunzioni rilevate con l’Espero, e con le dimensioni dell’attaccamento adulto rilevate con l’ECR-R (Fraley, Waller e Brennan, 2000). I risultati mostrano che il punteggio totale del CORE-OM all’intake correla positivamente con le scale dell’Anint degli Stati dell’Io Sé che indicano patologia, e negativamente con quelle che indicano salute. Inoltre i punteggi delle scale del CORE-OM correlano positivamente con il punteggio totale delle ingiunzioni dell’Espero, e con il punteggio di Ansia nell’attaccamento dell’ECR-R (LaRSI, 2014b, dati non pubblicati). Infine, ricordiamo uno studio che ha indagato le relazioni delle ingiunzioni e delle spinte con le dimensioni dell’attaccamento adulto (Bianchini et al., 2010). L’indagine è stata condotta su 945 soggetti (maschi 41%, femmine 59%; clinici 27%, non clinici 73%). Le ingiunzioni e le spinte sono state rilevate con il questionario Espero (Scilligo, 2005); le dimensioni dell’attaccamento adulto, Ansia ed Evitamento, sono state misurate con il questionario ECR-R (Fraley, Waller e Brennan, 2000). I risultati hanno rivelato che nei quattro stili di attaccamento ci sono diversi profili di ingiunzioni e spinte. I soggetti con attaccamento sicuro (Ansia bassa, Evitamento basso) hanno bassi livelli su tuttre le ingiunzioni e sulla spinta compiaci e medi sulle altre spinte; al contrario quelli con attaccamento evitante impaurito (Ansia alta, Evitamento alto) hanno livelli elevati in tutte le ingiunzioni e nella spinta Compiaci.. I soggetti con attaccamento evitante indifferente (Ansia bassa, Evitamento alto) hanno alte le ingiunzioni Non Sentire e Non essere Intimo Psicologicamente, basse le altre ingiunzioni, ed alta la spinta Sii Forte. Diversamente, i soggetti con attaccamento preoccupato (Ansia alta, Evitamento basso) presentano un profilo pressoché speculare con basse le ingiunzioni Non Sentire e Non essere Intimo Psicologicamente, superiori alla media le altre ingiunzioni, bassa la spinta Sii Forte, ed elevate Dacci Dentro e Sii Perfetto. Questa ricerca, anche se non rientra nel modello della ricerca basata sulla pratica, assume interesse particolare ai fini di conferire fondamento teorico ai concetti AT, in quanto dei costrutti centrali dell’AT sono messi in relazione con una teoria con solido fondamento scientifico quale la teoria dell’attaccamento. Riteniamo infatti che la ricerca basata sulla pratica debba anche essere fondata in modo valido nella teoria. Conclusioni Oggi le condizioni sono mature affinché la ricca esperienza pratica di cui è portatrice l‘Analisi Transazionale possa integrarsi con i metodi e gli strumenti di ricerca attualmente disponibili, per sviluppare una ricerca radicata nella pratica a beneficio della comunità Analitico Transazionale e di tutti gli utenti. Riferimenti Bibliografici Barkham, M., Hardy, G. E., Mellor-Clark, J. (2010). Developing and delivering practice-based evidence. Oxford: Wiley-Blackwell. Margison, F. R., Barkham, M., Evans, C., McGrath, G., Mellor-Clark, J., Audin, K., & Connell, J. (2000). Measurement and psychotherapy. British Journal of Psychiatry, 177, 123-130. Benjamin, L.S. (1974). Structural analysis of social behavior (SASB). Psychological Review, 81, 392-425. Benjamin, L. S. (1996). Interpersonal theory of personality disorders. In J. F. Clarkin and M. F. Lenzenveger (Eds.) Theories of Personality Disorders. New York: Guilford Press. Benjamin, L. S. (2000). Intrex user’s manual. 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