A cura del Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione - Regione Calabria Aprile-Giugno 2014 F O C U S calabria Tra vite, vino e qualità, alla scoperta di un’altra eccellenza calabrese L’assessore Trematerra: “Al via il PSR 2014-2020” Il controllo delle macchine irroratrici e l’uso dei prodotti fitosanitari PSR Calabria: clima, crescita sostenibile e sistema agricolo DIPARTIMENTO N. 6 AGRICOLTURA, FORESTE E FORESTAZIONE Via Enrico Molè - 88100 Catanzaro Assessore Dirigente Generale Autorità di Gestione PSR Calabria 2007-2013 SETTORE 1 A FFARI G ENERALI , R ISORSE U MANE , S ERVIZI T ERRITORIALI , E NTI S TRUMENTALI E S UB -R EGIONALI SETTORE 2 V ALORIZZAZIONE E P ROMOZIONE , P RODUZIONI A GRICOLE E F ILIERA P RODUTTIVA Dirigente Dirigente dott. Giacomo Giovinazzo dott. Giuseppe Calabretta [email protected] [email protected] Servizio 4 Servizio 1 Sistema Qualità AA.GG., Contenzioso Valorizzazione, e Usi Civici, Produzioni Agricole, Rapporti Mercato e Sicurezza con l’Organismo Alimentare, Pagatore Regionale Valorizzazione e con gli Enti Filiera Produttiva Dirigente Strumentali ing. Carmelo Salvino e di Bonifica [email protected] Dirigente avv. Domenico Ferrara [email protected] Servizio 5 Promozione e Marketing dei Prodotti Agricoli Servizio 2 e Agroalimentari, Area Territoriale Fiere e Mercati, Meridionale Osservatori Reggio Calabria ed Educazione Dirigente dott.ssa Caterina Loddo Alimentare Dirigente [email protected] dott. Giorgio Piraino [email protected] Servizio 3 Area Territoriale Settentrionale Cosenza Dirigente ad interim dott. Giuseppe Oliva [email protected] SETTORE 3 S VILUPPO R URALE , Z OOTECNIA , C REDITO , R IORDINO E T RASFORMAZIONE F ONDIARIA dott. Michele Trematerra [email protected] prof. Giuseppe Zimbalatti [email protected] avv. Alessandro Zanfino [email protected] SETTORE 4 S ERVIZI DI S VILUPPO A GRICOLO F ITOSANITARIO E V ALORIZZAZIONE P ATRIMONIO I TTICO E F AUNISTICO SETTORE 5 F ORESTE E F ORESTAZIONE , P OLITICHE DELLA M ONTAGNA , D IFESA DEL S UOLO E B ONIFICA Reggente ing. Carmelo Salvino [email protected] Dirigente dott. Giuseppe Oliva [email protected] Servizio 6 Sviluppo della Zootecnia, Riordino e Trasformazione Fondiaria Dirigente ing. Pasquale Celebre [email protected] Servizio 9 Patrimonio Ittico e Faunistico, Caccia e Pesca Dirigente dott. Cosimo Caridi [email protected] Servizio 7 Sviluppo Rurale, Leader Plus, Agriturismo, Paesaggio Rurale Dirigente dott.ssa Alessandra Celi [email protected] Servizio 10 Ricerca e Dimostrazioni, Divulgazione, Formazione, Vivaismo e Fitosanitario Dirigente dott.ssa Carmela Barbalace [email protected] Servizio 11 Forestazione, Tutela Boschi, Valorizzazione delle Montagne, Sistemi Agricoli e Montani, Filiere Silvopastorali Dirigente ad interim ing. Pasquale Celebre [email protected] Dirigente dott. Giovanni Aramini [email protected] Servizio 8 Sviluppo Rurale, Credito Agrario, Fondo di Solidarietà Dirigente ad interim dott. Giovanni Aramini [email protected] Servizio 12 Difesa del Suolo, Bonifica e Irrigazione, Valorizzazione dei Sistemi e Infrastrutture Rurali Dirigente ing. Fernando Bafaro [email protected] Sommario 2 2 IL PUNTO Al via il PSR 2014-2020: a misura di territorio 15 MICHELE TREMATERRA 4 4 6 9 16 “Sostenere i vigneti e puntare al mercato estero” A colloquio con l’assessore all’Agricoltura Michele Trematerra 18 Situazione attuale e prospettive future MECCANIZZAZIONE Macchine irroratrici: sostenibilità ambientale in primo piano della viticoltura calabrese ROCCO ZAPPIA PAO L O P E L L E G R I N O 24 Il vino custodisce la vita, la storia, le persone Intervista ad A N T O N I O Ecco come ottimizzare l’uso dei prodotti fitosanitari GIUSEPPE ZIMBALATTI SANDRO LIBERATORI ROBERTO LIMONGELLI 28 Il Gaglioppo nel suo regno: controllo e formazione le regole per vincere la sfida 32 Per un nuovo sviluppo potenziare la filiera del vino N I C O L A B E L F I O R E et al. GIACOMO GIOVINAZZO 34 Calabria Rurale A cura dell’Assessorato Agricoltura, Foreste e Forestazione Dipartimento 6 Settore 3 della Regione Calabria Via Molè - 88100 Catanzaro Telefono 0961 853132 – 0961 853125 Coordinamento editoriale Bruno Bernardi, Vincenzo Carè, Anna Maria Corea, Rosario Franco, Giuseppina Statti, Edoardo Vigetti Hanno collaborato Giovanni Aramini, Nicola Belfiore, Luigi Chies, Antonella Costa, Davide De Santis, Antonio Di Leo, Rosaria Fortugno, Giovanni Gagliardi, Federica Gaiotti, Giacomo Giovinazzo, Antonio Guzzo, Manuela Lacaria, Piero Lamanna, Antonio Leuzzi, Sandro Liberatori, Roberto Limongelli, Lorenzo Lovat, Massimino Magliocchi, Maria Monte, Paolo Pellegrino, Pia Rispoli, Valda Rondelli, Luigi Sansone, Diego Tomasi, Michele Trematerra, Rocco Zappia, Giuseppe Zimbalatti 38 40 Stampa Rubbettino srl Soveria Mannelli (Catanzaro) www.rubbettinoprint.it www.calabriapsr.it - [email protected] OLIVICOLTURA Nell’olivicoltura la nostra storia, nell’olio extravergine IGP di Calabria il nostro futuro LO STUDIO Il miglioramento genetico del Suino Apulo-Calabrese LUIGI CHIES PIERO LAMANNA 42 ALIMENTAZIONE 44 P A T - P RO D O T T I A G RO A L I M E N TA R I T R A D I Z I O N A L I Workshop su sicurezza alimentare e ristorazione Siamo a (cacio)cavallo Il Caciocavallo di Ciminà Distribuito in allegato ad Agrisole - Gruppo Il Sole 24 Ore Progetto, impaginazione e realizzazione Pierrestampa srl Viale di Villa Grazioli, 5 - 00198 Roma www.pierrestampa.it Clima, crescita sostenibile e sistema agricolo, ormai siamo già nel 2020 MASSIMINO MAGLIOCCHI Registrazione Tribunale di Catanzaro n. 7 del 22.10.2013 Spedizione in abbonamento postale DL 253/2009 (conv. in L. 27.2.2004 n. 46) art. 1 comma 1 PSR CALABRIA G I O VA N N I A R A M I N I ANTONELLA COSTA Direttore responsabile Massimo Antonio Calabrò Vicedirettore Manuela Lacaria G I O VA N N I G A G L I A R D I alla prova il miglioramento delle uve VA L D A R O N D E L L I ANTONIO DI LEO ANTONIO LEUZZI GUZZO 26 Passito, ma non passato: il lungo viaggio di un dolce tesoro L’impatto sull’ambiente e la salute: tutto inizia progettando le macchine 12 In Calabria tocca all’ARSAC: F O C U S. I N V I N O. . . C A L A B R I E TA S! 46 ROSARIO FRANCO PIA RISPOLI L’EVENTO Prodotti ittici in vetrina ROSARIA FORTUGNO 47 LEGGI - TUTTI I PROVVEDIMENTI Il vino tra decreti, disciplinari e laboratori autorizzati MANUELA LACARIA P U N T O I L Al via il PSR 2014-2020: a misura di territorio Il Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione ha terminato la stesura della nuova programmazione dei fondi comunitari. Un lavoro partito da lontano, che non ha lasciato nulla al caso e che è basato, oltre che sull’analisi dei fabbisogni specifici individuati e delle correlazioni incrociate SWOT-Focus Area/SWOT-fabbisogni, sulle preziose indicazioni raccolte nei numerosi incontri organizzati negli ultimi mesi non solo nelle sedi istituzionali, ma anche in giro per i territori calabresi, volti all’ascolto delle istanze e delle esigenze degli attori principali del mondo rurale. Incontri fortemente voluti con l’intento di essere in grado di redigere un Programma di Sviluppo Rurale aderente alla realtà e alle diverse necessità dei territori e che riesca a ottenere importanti ricadute su di essi. Una programmazione, quella 2014-2020, dai forti elementi innovativi, che punta a snellire e ottimizzare tempi e procedure burocratiche e a rendere più efficiente la macchina amministrativa e più efficaci gli interventi di sostegno ai settori agroalimentare e forestale. Interventi che saranno stabiliti in virtù di scelte precise e ragionate. Intendiamo dare infatti una nuova impostazione al sistema dei finanziamenti, concentrando attenzione e risorse sui settori che realmente necessitano di supporto e che sono in grado di produrre redditività e occupazione e, naturalmente, premiando la qualità progettuale. A dimostrazione inoltre della nostra intenzione di snellire i tempi e la burocrazia, puntiamo a pubblicare i primi bandi della nuova programmazione entro la fine dell’anno. Il PSR 2014-2020, nel dettaglio, sarà articolato per Focus Area, individuate all’interno delle sei Priorità dello sviluppo rurale indicate dalla Comunità Europea. A ciascuna Focus Area sono associati specifici indicatori di misurazione dei risultati che il PSR persegue e un target generale. MICHELE TREMATERRA Assessore all’Agricoltura della Regione Calabria I nuovi bandi premieranno la qualità progettuale nell’ottica di convogliare le risorse sui settori che realmente necessitano di supporto e che garantiscano redditività e occupazione 2 E una stessa misura può concorrere all’obiettivo di più di una Focus Area e, quindi, a più obiettivi del programma. Tre gli obiettivi strategici verso il quale è orientato il Programma: competitività del sistema agricolo, sostenibilità e ambiente, sviluppo territoriale equilibrato. La competitività del sistema agricolo sui mercati verrà perseguita attraverso l’innovazione e lo sviluppo delle aziende agricole e forestali e la cooperazione e l’integrazione di filiera. Sostenibilità e ambiente verranno perseguite attraverso la gestione sostenibile di tutti i fattori della produzione, il presidio e la custodia dei suoli soggetti a specifici vincoli naturali o a rischi e la salvaguardia della biodiversità. Lo sviluppo territoriale equilibrato verrà perseguito infine nell’ambito dei territori rurali più svantaggiati attraverso l’innovazione dei processi di governance dello sviluppo locale, la creazione di nuove opportunità di lavoro mediante processi di diversificazione dell’economia rurale e la gestione economica sostenibile delle foreste. Tra le parole d’ordine della nuova programmazione, l’innovazione. Puntiamo infatti alla modernizzazione sia dei comparti agricolo e forestale sia della stessa macchina amministrativa. Uno dei principali scopi del PSR 20142020, quello di favorire l’occupazione giovanile nei settori extra-agricoli e nel settore forestale, anche attraverso l’implementazione di strategie di sviluppo locale, nonché la promozione della cooperazione e dell’associazionismo tra imprese e gruppi di produttori, ancora poco perseguite in Calabria, ma strumenti indispensabili per rendersi realmente competitivi. Partendo dal presupposto che qualità e certificazione dovranno essere le linee guida in agricoltura, zootecnia e forestazione, si punterà a rafforzare sui mercati le filiere agroalimentari più rappresenta- tive e a sviluppare le aree forestali migliorando la redditività delle foreste. Massima importanza avrà la salvaguardia agro-climatico-ambientale. Le nuove misure saranno tutte orientate alla gestione e all’utilizzo sostenibile delle risorse scarse o non riproducibili, al risparmio energetico, alla produzione di energia da fonti rinnovabili, alla riduzione delle emissioni di gas serra e ammoniaca, alla difesa della biodiversità e del suolo, al presidio delle aree agricole soggette a vincoli naturali, all’ampliamento delle pratiche biologiche e a favorire l’imboschimento e gli investimenti per accrescere la resilienza e il pregio ambientale dei sistemi agroforestali. Per conseguire invece uno sviluppo socioeconomico equilibrato, puntiamo a sostenere i processi di diversificazione aziendale e quelli di start up nei settori extragricoli, ivi incluso lo sviluppo delle filiere correlate alla gestione economica delle aree forestali, promuovendo lo sviluppo, l’ammodernamento e l’innovazione della filiera bosco-legno attraverso investimenti in nuove tecnologie e nella trasformazione e commercializzazione dei prodotti forestali. Tra le caratteristiche principali delle nuove misure, la flessibilità, in modo da consentire adattamenti nel corso dell’intero periodo di programmazione. All’interno della stessa misura, inoltre, saranno definite più linee d’intervento, così che ci si possa rivolgere a precisi target di beneficiari e/o a target di territori/prodotti diversificati, ad esempio attraverso bandi monotematici. Ci adopereremo anche affinché per gli imprenditori sia più semplice l’utilizzo degli strumenti finanziari, alcuni dei quali saranno decisamente innovativi rispetto al passato. Tra le altre novità della nuova programmazione, l’importante mansione assegnata all’ARSAC: per garantire organicità e pertinenza rispetto ai fabbisogni del territorio regionale, l’ente si occuperà della redazione del Piano annuale formativo, concertato con le parti sociali, su indicazione e controllo dell’Autorità di Gestione. Le importanti novità, però, non finiscono qui. Prendiamo ad esempio gli investimenti aziendali, l’ex Misura 121, riferita all’ammodernamento delle aziende agricole: a partire da questo momento, le aziende verranno classificate rispetto alla loro potenzialità oggettiva di produrre reddito e i bandi saranno differenziati per categoria di impresa. L’adozione di diverse linee di sviluppo intende rappresentare infatti la base per determinare un accesso ampio ma differenziato alle risorse pubbliche da parte delle aziende. Forti elementi di discontinuità con le passate programmazioni interesseranno le strategie di sviluppo locale, che saranno intese in maniera diversa per puntare a una maggiore efficienza e si concentreranno all’interno della Misura 19. Sarà definita infatti una netta delimitazione delle misure che possono essere attivate per la strategia di sviluppo locale, in maniera tale da concentrare gli obiettivi dei GAL e soprattutto da non determinare sovrapposizioni con l’azione ordinaria del PSR. L’Autorità di Gestione avrà il compito di verificare i criteri di selezione dei beneficiari dei progetti GAL. Discorso simile per i Progetti Integrati di Filiera, nel settore agroalimentare e in quello forestale, che saranno riconsiderati e rivisti per conseguire maggiore efficacia. Si punterà a una forte concorrenzialità tra i potenziali beneficiari per selezionare programmi di intervento che dimostrino maggiori possibilità di riuscita sui mercati e in linea con la politica regionale di settore. E l’Autorità di Gestione definirà gli ambiti settoriali prioritari per l’attuazione dei PIF, indicando le strategie di intervento, il numero di progetti integrati finanziabili, i valori minimi di PLV che il soggetto proponente deve garantire nel processo produttivo, la composizione minima del partenariato, le misure attivabili, gli interventi ammissibili. Si tratta di una sfida importantissima per il futuro prossimo della Calabria e dei calabresi, per la quale il Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione si sta spendendo con grande impegno e dedizione. Incoraggiati anche dagli ultimi dati emersi dal rapporto annuale della Banca d’Italia sull’economia regionale, che mostrano chiaramente come l’agroalimentare, a dispetto della crisi generalizzata e perdurante, sia uno dei pochissimi comparti in Calabria e nel Meridione a compiere significativi passi in avanti. Siamo certi quindi che il PSR 2014-2020, partito con i migliori presupposti, seminerà realmente sviluppo e favorirà ulteriormente la crescita dei vari comparti e dell’intera economia regionale. Aprile-Giugno 2014 Nuova linfa vitale in agricoltura, zootecnia, forestazione e anche in tutto l’indotto, per uno sviluppo che ricadrà sull’intera economia regionale 3 MECCANIZZAZIONE Macchine irroratrici: sostenibilità ambientale in primo piano GIUSEPPE ZIMBALATTI Dirigente Generale del Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione Regione Calabria Oggi più che mai, in chiave Comunitaria, è aumentata la consapevolezza che l’attività agricola non può essere esercitata se non nel rispetto dell’ambiente e della sicurezza del consumatore. Per anni, tuttavia, l’esecuzione dei trattamenti fitosanitari ha rappresentato una delle fasi meno efficienti dell’intero processo produttivo agricolo, in quanto, durante tale operazione, macchine e attrezzature utilizzate facevano registrare perdite della dose distribuita anche del 50%. L’attenzione principale si incentrava infatti, in maniera quasi esclusiva, sul periodo di esecuzione del trattamento e sulla tipologia di prodotto fitosanitario da adoperare, piuttosto che su come distribuirlo al meglio. In buona sostanza questo ha comportato l’uso di macchine mal funzionanti, poco efficaci e altamente inquinanti per perdite eccessive, effetto deriva e difficoltà di raggiungimento del bersaglio. A questo si accompagnava una non soddisfacente formazione degli addetti ai trattamenti che operavano, fra l’altro, anche in precarie condizioni di sicurezza. L’attenzione sul tema è oggi notevolmente migliorata e la corretta distribuzione degli agrofarmaci è divenuta un presupposto fondamentale nell’ottica di un’agricoltura globale sempre più ecocompatibile e sostenibile. L’evoluzione tecnologica ha permesso di migliorare l’efficienza delle irroratrici adoperate e sono inoltre migliorate le conoscenze sulle corrette modalità di utilizzo delle stesse; inoltre difficilmente si riscontrano gravi carenze funzionali dovute all’assenza di manutenzione da parte degli operatori. Istituito presso l’ARSAC il Servizio Regionale di Controllo Funzionale e Taratura per contenere la dispersione di sostanze attive e incrementare l’efficienza degli interventi 4 In Italia, i primi passi sul controllo funzionale delle irroratrici risalgono agli anni ’80, ma è solo nel 1996 che con il Programma interregionale agricoltura e qualità, Misura 4 “Impiego di fitofarmaci ed efficienza distributiva delle irroratrici”, che varie Regioni italiane hanno attivato, con modalità e organizzazione diverse, un servizio per il controllo funzionale e la taratura delle più diffuse tipologie di macchine irroratrici, rappresentate essenzialmente dalle barre irroratrici e dagli “atomizzatori”. Momento questo, che, anche se ha segnato l’avvio di un interesse più puntuale sul tema, ha tuttavia generato una sorta di diversità operativa fra gli agricoltori delle diverse Regioni italiane, con particolare riferimento sia ai contoterzisti, che si trovavano a operare in regioni con norme diverse, sia per i costruttori di macchine irroratrici, che dovevano far fronte a richieste costruttive estremamente diversificate. Oggi, la normativa in merito ha subito notevoli cambiamenti e si è fortunatamente evoluta. A sottolineare l’importanza che attualmente riveste la verifica funzionale e la regolazione delle irroratrici, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 35 del 12 febbraio 2014 il Decreto 22 gennaio 2014 “Adozione del Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari”, ai sensi dell’articolo 6 del Decreto Legislativo n. 150 del 14 agosto 2012 recante: “Attuazione della Direttiva 2009/128/CE che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi”. © Eléonore H - Fotolia.com Tale Decreto si inserisce in un quadro più ampio di misure europee, il “Pacchetto pesticidi” che pone l’accento su un uso più responsabile e sostenibile dei prodotti fitosanitari. La Direttiva stabilisce, tra l’altro, che entro il 26 novembre 2016 tutte le attrezzature per l’applicazione di agrofarmaci debbano essere soggette almeno una volta a controllo funzionale, presso centri prova autorizzati. In Italia si stima siano presenti circa 600.000 irroratrici (circa 20.000 in Calabria), di cui il 61% è rappresentato da macchine operanti su colture arboree, il 31% da barre irroratrici e il restante 8% da attrezzature portate. Inoltre, tutti gli utilizzatori professionali devono effettuare regolazione e manutenzione delle stesse attrezzature direttamente e in modo periodico, adattando la macchina alle specifiche realtà aziendali, definendo volumi e verificando l’integrità funzionale. L’impegno profuso verso il raggiungimento di un’agricoltura più sostenibile è dimostrato anche dal nuovo sistema sanzionatorio, stabilito con il Decreto Legislativo 69/2014, relativamente all’immissione su mercato dei prodotti fitosanitari. Il testo, nonostante le polemiche suscitate da alcune scelte del legislatore, stabilisce nuove disposizioni sia per le società produttrici che per gli utilizzatori, quest’ultimi con particolare riferimento alle modalità di conservazione e di impiego, mirate a far rispettare i principi delle buone prassi in agricoltura. Obiettivo ambizioso questo, per l’intera Europa, del perseguimento della sostenibilità ambientale, che richiede, dal punto di vista operativo, tecnici preparati e aggiornati sulle nuove norme e macchine in perfetta efficienza, da sottoporre a controlli funzionali e regolazione periodici da parte di Centri riconosciuti a livello regionale e da personale tecnico appositamente abilitato. L’attività agricola non può essere esercitata se non nel rispetto dell’ambiente e della sicurezza del consumatore Le maggiori difficoltà in merito saranno principalmente quelle relative all’attività di programmazione dei controlli per rispettare le scadenze delle Direttive, a causa della mancata definizione del numero esatto di irroratrici presenti sul territorio. La Regione Calabria è da tempo impegnata a rendere operative tutte le conoscenze acquisite in questo ambito in continua evoluzione nonché a recepire nuove metodologie; con l’istituzione dell’Azienda Regionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura Calabrese - ARSAC (Legge Regionale n. 66 del 20 dicembre 2012) ha demandato infatti a quest’ultima le attività di “Per anni l’esecuzione controllo funzionale e taratura delle attrezzature agricole atte dei trattamenti fitosanitari alla distribuzione dei prodotti fiha rappresentato una delle fasi tosanitari, attraverso l’istituzione di un apposito Servizio Regionale meno efficienti dell’intero di Controllo Funzionale e Taraprocesso produttivo agricolo, tura, in ossequio alla Direttiva europea 128/2009 e alla normain quanto macchine e attrezzature tiva EN 13790/2003. Così, forutilizzate facevano registrare nendo agli operatori del settore gli strumenti per garantire il corperdite della dose distribuita retto funzionamento delle attrezanche del 50%”. zature, sarà possibile ottenere i migliori risultati della difesa delle coltivazioni, un minor impiego di sostanze attive e un incremento dell’efficienza di lavoro con indubbi vantaggi, per tutti, di tipo economico, sanitario e ambientale. Aprile-Giugno 2014 5 MECCANIZZAZIONE Ecco come ottimizzare l’uso dei prodotti fitosanitari L’obbligo del controllo funzionale delle attrezzature: le regole per le aziende e il ruolo di Regioni e Provincie Autonome nella Direttiva dell’Unione Europea SANDRO LIBERATORI In agricoltura operano numerose macchine che fanno uso di prodotti fitosanitari per la protezione delle colture e l’Italia è il Paese in Europa con il numero di gran lunga più alto di tali mezzi in circolazione: si stima che sul nostro territorio siano presenti più di 600.000 irroratrici, mentre ci segue a distanza la Francia con le sue 350.000 irroratrici. Al fine di gestire al meglio la dispersione nell’ambiente di questi prodotti si è reso necessario adottare delle misure di controllo. Tali misure, che hanno evidenti benefici per l’ambiente oltre che per gli operatori agricoli, in quanto consentono di ottimizzare l’uso del prodotto rendendone spesso sufficienti quantità minori, sono contenute nelle disposizioni previste dal PAN – Piano d’Azione Nazionale, il documento previsto dalla Direttiva 2009/128/CE che istituisce un quadro per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. Il documento è stato redatto da ogni Stato membro dell’Unione Europea e contiene le modalità di attuazione dei disposti generali della citata Direttiva per il proprio territorio. Il documento deve essere soggetto a revisione dei contenuti ogni cinque anni. Le date importanti per il PAN sono state: • 19 dicembre 2013: approvazione della Conferenza Stato-Regioni e trasmissione alla Commissione Europea e agli altri Stati membri; • 22 gennaio 2014: firma del Decreto interministeriale tra Ministero dell’Ambiente, Ministero della Salute e Ministero dell’Agricoltura; ENAMA - Ente Nazionale per la Meccanizzazione Agricola ROBERTO LIMONGELLI ENAMA - Ente Nazionale per la Meccanizzazione Agricola Sandro Liberatori Roberto Limongelli 6 • 12 febbraio 2014: entrata in vigore del PAN a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 35. Il PAN prevede di adottare delle misure volte ad assicurare una capillare e sistematica azione di controllo, regolazione e manutenzione delle attrezzature, ponendo anche limitazioni all’utilizzo di alcune di esse. Particolare attenzione meritano le attività di “controllo funzionale” e quelle di “regolazione” (più conosciuta come “taratura”). Il controllo funzionale prevede la verifica che la macchina e le sue parti funzionino correttamente, mentre la regolazione prevede l’adattamento delle modalità di utilizzo delle macchine alle realtà colturali presenti. Una differenza sostanziale indicata nella Direttiva 2009/128/CE è che, mentre il controllo funzionale effettuato presso appositi centri prova riconosciuti da Regioni e Province Autonome è obbligatorio, la regolazione strumentale, da effettuare sempre presso gli stessi centri autorizzati dalle Regioni, è volontaria e pertanto può essere proposta dalle Regioni ma solo in via facoltativa. Il PAN riporta in merito che le Regioni e le Province Autonome possono incentivare il ricorso alla regolazione strumentale. Altro discorso è la regolazione eseguita dall’utilizzatore professionale: assieme alla manutenzione rappresenta un obbligo per l’utilizzatore che è tenuto a rilevare i dati (relativi ad attrezzature impiegate, data di esecuzione e volumi di distribuzione utilizzati per le principali tipologie colturali) riportandoli annualmente su un’apposita scheda da allegare al Registro dei trattamenti. Più in dettaglio, i controlli avvengono presso centri prova autorizzati dalle Regioni secondo precise linee guida definite in accordo con il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali sulla base dei lavori svolti in ambito ENAMA (Ente Nazionale per la Meccanizzazione Agricola), che è il suo organismo di supporto tecnico, grazie alla collaborazione di funzionari di tutte le Regioni e Province Autonome assieme a referenti scientifici. Le principali attrezzature a uso professionale dovranno essere sottoposte ai controlli funzionali almeno una volta entro il 26 novembre 2016; al superamento del controllo il centro prova rilascia un attestato che, grazie al mutuo riconoscimento, verrà legittimato anche dalle altre Regioni e in ambito europeo. Nello stesso documento sono indicate le attrezzature esonerate come già disposto nella Direttiva citata; in merito a quelle che dovranno subire i controlli a intervalli diversi, il Piano rimanda alla stesura di uno specifico decreto del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, da adottare entro sei mesi dall’entrata in vigore dello stesso Piano. In tale contesto ENAMA ha avuto anche il ruolo di curare i requisiti tecnici e i criteri per l’organizzazione dei servizi di controllo funzionale, la creazione di un archivio nazionale dei referenti regionali, dei centri e dei relativi tecnici e garantire il mutuo riconoscimento nelle diverse Regioni. Un ulteriore decreto stabilirà con dettaglio, oltre alle modalità d’invio dei risultati dei controlli da parte delle Regioni e Province Autonome a una banca dati nazionale, quale sarà il ruolo di ENAMA in qualità di organismo di supporto al MiPAAF, che provvederà, come indicato nel Piano: • a supportare le autorità competenti nella redazione e nell’aggiornamento delle procedure, nel raccogliere i dati forniti da Regioni e Province Autonome relativi ai centri prova e ai tecnici abilitati; • a garantire un servizio di assistenza tecnica a Regioni e Province Autonome nelle varie fasi del servizio compresa la formazione dei tecnici addetti ai controlli e dei formatori; • a dare supporto tecnico al MiPAAF e a Regioni e Province Autonome nell’attivare un registro nazionale delle attrezzature. Negli ultimi dieci anni ENAMA, grazie a progetti MiPAAF, ha coordinato un gruppo interregionale Gli Stati membri della Comunità con il supporto tecnico del DISAFA dell’Università di Torino. Tale hanno redatto il PAN, un autonomo gruppo ha posto le basi per l’attiPiano di azione in cui sono contenute vazione del controllo funzionale in maniera diffusa sul territorio natutte le misure necessarie zionale, fornendo a Regioni e Prodi controllo dei mezzi che irrorano vince Autonome tutti gli elementi necessari con anticipo rispetto alla le sostanze chimiche stesura del PAN che, in merito alle metodologie di controllo, ha recepito gran parte dei documenti ENAMA. Tutti i dettagli relativi all’attivazione del servizio e le specifiche metodologie adottate da Regioni e Province Autonome sono contenuti nella monografia ENAMA Attività di controllo funzionale e regolazione delle macchine irroratrici in uso in Italia, disponibile gratuitamente sul sito internet: www.enama.it. Aprile-Giugno 2014 7 MECCANIZZAZIONE Centri prova e tecnici abilitati in Italia 18 - 31 6-8 (Trento e Bolzano) 3 - 13 1-3 23 - 78 36 - 154 19 - 46 4-6 3 - n.d. n.d. (Solo macchine portate dall’operatore) 22 - 33 4-9 2 - 30 n.d. 2-2 3 - 19 Centri prova Tecnici abilitati 4 - 31 totale 164* totale 502* * www.centriprovairroratrici.unito.it * www.enama.it (database in continuo aggiornamento) 1-3 5 - 12 8 - 24 Elaborazione DiSAFA Attualmente i centri prova riconosciuti sono circa 164 su tutto il territorio nazionale (come illustrato in figura) e i tecnici abilitati sono circa 502. Tali numeri non sono sufficienti, soprattutto in alcune regioni, e vi è ancora la necessità di nuovi centri per coprire tutto il territorio nazionale. Altro problema sarà quello di riuscire a controllare tutte le macchine entro la scadenza del 2016; in tale ambito sarebbe opportuna una maggiore e capillare informazione per evitare che si ricorra al controllo in prossimità della scadenza, quando i centri saranno sovraccaricati e non riusciranno a soddisfare, nella maggior parte dei casi, tutte le richieste. 8 Questa evoluzione normativa può sembrare a prima vista un ulteriore impegno per le imprese agricole che fanno uso delle irroratrici, ma con una più approfondita analisi emerge chiaramente che le macchine correttamente messe a punto, oltre ai benefici sopra menzionati per l’ambiente, l’uomo e la qualità dei prodotti agricoli, consentono di ottimizzare i trattamenti utilizzando le quantità di prodotto strettamente necessarie con conseguenti risparmi economici per le imprese. È su questo ultimo punto che occorre riflettere in quanto i benefici superano nettamente i modesti impegni richiesti dalla Direttiva contribuendo positivamente ai bilanci delle imprese agricole e agromeccaniche. Tutto ciò è anche in linea con le aspettative riposte in tutti i programmi di promozione dell’agroalimentare italiano che rischiano di scivolare se non supportate da politiche e da normative tecniche che garantiscano un corretto uso dei fitofarmaci. L’impatto sull’ambiente e la salute: tutto inizia progettando le macchine L’intervento europeo e quello nazionale riformeranno profondamente il metodo di protezione delle colture La protezione delle colture agrarie è prevalentemente affidata all’utilizzo di prodotti fitosanitari distribuiti sulle piante mediante macchine irroratrici. Con il Decreto del 22 gennaio 2014 è stato adottato il Piano di Azione Nazionale (PAN) per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. Il PAN si prefigge di ridurre i rischi e l’impatto dei prodotti fitosanitari sulla salute umana, sull’ambiente e sulla biodiversità e di promuovere al tempo stesso l’adozione della difesa integrata, dell’agricoltura biologica e di altri approcci alternativi. Si tratta di un provvedimento che fa riferimento alla Direttiva 2009/128/CE che istituisce un quadro per l’azione comunitaria finalizzata all’utilizzo sostenibile dei pesticidi. La protezione delle colture è completamente riformata da queste nuove disposizioni legislative e uno degli aspetti salienti, oltre alla formazione degli operatori, riguarda il controllo delle macchine irroratrici. Il contributo della macchina irroratrice VA L D A R O N D E L L I Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari, Università di Bologna Il contributo della macchina irroratrice alla sostenibilità ambientale nella protezione delle colture agrarie è stato considerato di fondamentale importanza a livello legislativo e oggi dalla progettazione della macchina fino al suo impiego in campo e alla sua manutenzione ci sono indicazioni chiare alle quali i costruttori devono attenersi per essere in regola. I requisiti essenziali cui devono essere conformi le macchine per l’irrorazione di prodotti fitosanitari prima di essere immesse sul mercato o in servizio sono contenuti nella Direttiva 2009/127/CE. La Direttiva comunitaria e il Piano Le irroratrici devono essere progetdi Azione di ogni singolo Paese tate e costruite in modo da poter essere utilizzate, regolate e sottoposte avranno benefici effetti di sviluppo a manutenzione senza causare anche per l’agricoltura biologica un’esposizione non intenzionale dell’ambiente ai pesticidi. e i diversi approcci alternativi Prototipo di barra irroratrice aero-assistita, progettata per trattare le colture dal basso o dall’alto in relazione alle esigenze colturali (Fonte DISTAL) Aprile-Giugno 2014 9 MECCANIZZAZIONE Oggi nella progettazione della macchina si deve prevedere che i comandi e i controlli siano facili e accurati, che in fase di riempimento e di svuotamento del serbatoio vengano evitate dispersioni accidentali di prodotto e l’inquinamento delle fonti idriche, che la regolazione della dose distribuita sia precisa e affidabile e che il prodotto irrorato venga depositato nella zona bersaglio evitando dispersioni per deriva nell’ambiente, che sia possibile un lavaggio completo della macchina a fine trattamento e, infine, che i componenti possano essere facilmente riparati e ispezionati con regolarità. Il costruttore deve valutare questi elementi e autocertificare la conformità dell’irroratrice costruita e messa sul mercato. Prendendo come esempio esplicativo la deriva, è evidente che approcci costruttivi che prevedono la localizzazione del prodotto mediante l’avvicinamento dei punti di erogazione al bersaglio, l’utilizzo di ugelli antideriva o con inclusione d’aria, la realizzazione di irroratrici schermate o a tunnel per vigneto e frutteto, il supporto dell’aria nel trasporto del nebulizzato prodotto dalle barre irroratrici per le colture erbacee, consentono di contenere le perdite di prodotto e contribuiscono ad aumentare la sostenibilità ambientale del trattamento. Prototipo di irroratrice a tunnel con circolazione d’aria progettata per trattamenti in vigneto (Fonte DISTAL) Le irroratrici in uso in azienda Le macchine irroratrici in uso nell’azienda sono anch’esse interessate dalle disposizioni del PAN che ne impongono la revisione obbligatoria. Il Piano di Azione Nazionale si propone di ridurre l’impatto ambientale dei prodotti fitosanitari mediante la capillare e sistematica formazione degli operatori sui rischi 10 connessi all’impiego dei prodotti, l’informazione della popolazione sui rischi potenziali associati a tale uso e altresì l’azione di controllo, regolazione e manutenzione delle macchine irroratrici. Quest’ultima è una procedura non completamente nuova nel nostro Paese poiché già dagli anni ’80 sono stati organizzati e autorizzati a livello regionale i centri di controllo cui i proprietari di irroratrici si sono rivolti volontariamente per eseguire i controlli periodici della macchina e avere un supporto nella fase di taratura dell’attrezzatura. In particolare le aziende interessate sono state quelle che hanno adottato sistemi di produzione integrata e biologica. L’autorizzazione dei centri prova, la formazione e l’abilitazione dei tecnici e l’organizzazione del servizio sono state di competenza regionale. A fronte di tale attività sin dal 2004 è stato approvato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali un programma per il coordinamento delle attività di controllo delle macchine per la protezione delle colture e la gestione è stata affidata all’Ente Nazionale per la Meccanizzazione Agricola (ENAMA). Il nuovo Piano di Azione Nazionale prevede il ruolo di supporto dell’ENAMA nella redazione e nel controllo delle metodologie da adottare nei controlli funzionali obbligatori delle irroratrici, nella raccolta dei dati relativi ai centri prova autorizzati e nel servizio di assistenza tecnica alle Regioni e alle Province Autonome nell’espletamento delle varie fasi del servizio. L’insieme di tali attività dovrebbe consentire di creare un registro nazionale delle attrezzature in uso per la distribuzione dei prodotti fitosanitari. Le irroratrici in uso dovranno essere sottoposte a controllo funzionale entro il 26 novembre 2016 e tale controllo dovrà essere ripetuto ogni cinque anni fino al 2020 e in seguito ogni tre anni. Le macchine utilizzate da conto-terzisti dovranno però eseguire i controlli successivi ogni due anni. Le irroratrici nuove inoltre devono essere sottoposte a controllo funzionale entro due anni dalla data di acquisto, mentre le irroratrici portatili e spalleggiate, attivate dall’operatore, e le irroratrici spalleggiate a motore ma prive di ventilatore, se non utilizzate su colture protette, sono esonerate dall’obbligo del controllo funzionale periodico. Il controllo funzionale delle irroratrici Il controllo funzionale prende in considerazione: • la presenza e lo stato degli elementi di trasmissione del moto; • le caratteristiche del serbatoio, che deve essere dotato di filtro e indicatore di livello ben visibile e non deve evidenziare perdite di prodotto; • le prestazioni della pompa, che deve assicurare la frantumazione del liquido per l’irrorazione e l’agitazione continua della miscela contenuta nel serbatoio; • la corretta attivazione e funzionalità dei comandi della distribuzione e del regolatore di pressione; • le prestazioni degli ugelli, che non devono sgocciolare e devono essere uniformi in termini di distribuzione nelle irroratrici a barra e simmetrici nei due lati di irrorazione nelle irroratrici da frutteto e vigneto. I filtri montati nella macchina devono essere adeguati alle caratteristiche della distribuzione e sostituibili senza perdite di prodotto; al tempo stesso non devono esserci perdite nei condotti e nelle tubazioni. Per il ventilatore, qualora presente, vanno previste adeguate prestazioni e assenza di vibrazioni. Nel caso delle irroratrici a barra, infine, deve essere valutata la stabilità della barra e la possibilità di comandare singolarmente ciascuna sezione di barra. L’utilizzo della macchina all’interno dell’impresa agricola L’utilizzatore dell’irroratrice è a sua volta chiamato in causa dalle recenti disposizioni legislative poiché dovrà eseguire annualmente il controllo periodico della macchina e rilevare la presenza di rotture che possono causare perdite di prodotto, valutare la prestazione del circuito idraulico, del manometro, degli ugelli, degli antigoccia, dei filtri e verificare lo stato delle protezioni degli elementi in rotazione, quali il giunto cardanico e il gruppo ventilatore. L’operatore deve altresì essere in grado di provvedere alla taratura dell’attrezzatura. In tale attività potrà essere coadiuvato dai centri di controllo autorizzati a livello regionale che gli possono fornire supporto nell’adeguare il volume distribuito alle esigenze specifiche della coltura, in modo da scegliere il tipo di ugello, la pressione di lavoro e la velocità d’avanzamento più rispondenti alla sostenibilità ambientale del trattamento di protezione. Il nuovo approccio legislativo nella protezione sostenibile delle colture agrarie richiede in sostanza la perfetta integrazione di tutti gli attori coinvolti nel trattamento delle colture. Solo in questo modo si otterrà la sostenibilità nell’operazione di difesa delle colture. L’utilizzo di principi attivi efficaci e selettivi, quali quelli oggi disponibili sul mercato, richiede che vengano distribuiti al momento opportuno e con tempestività, impiegando attrezzature rispondenti in termini di caratteristiche costruttive e funzionali. La riduzione dei rischi legati all’uso dei prodotti fitosanitari sulla salute umana e sull’ambiente rende necessarie macchine irroratrici tecnologicamente adeguate e utilizzatori altrettanto "tecnologicamente formati" per sfruttare al meglio le potenzialità delle macchine. Certamente l’insieme delle recenti disposizioni legislative porterà a un cambiamento radicale nella pratica dei trattamenti di protezione delle colture. Aprile-Giugno 2014 Banco prova lamellare per controllare la distribuzione del liquido di irroratrici per frutteto e vigneto (Fonte DISTAL) Ugello a iniezione d’aria 11 MECCANIZZAZIONE In Calabria tocca all’ARSAC: controllo e formazione le regole per vincere la sfida Il nuovo servizio previsto dall’Azienda Regionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura prevede anche azioni di sensibilizzazione degli operatori agricoli ANTONIO DI LEO ARSAC - Coordinatore Centri di Verifica Funzionale e Regolazione (Taratura) Irroratrici Il servizio di verifica funzionale e regolazione delle irroratrici è svolto in Calabria dall’Azienda Regionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura Calabrese (ARSAC); si tratta di un adempimento che con l’approvazione del Decreto n. 150 del 14 agosto 2012 “Attuazione della Direttiva 2009/128/CE” è diventato obbligatorio: almeno una vota ogni 5 anni fino al 2020 e ogni 3 anni dopo il 2020. L’attività di verifica funzionale è iniziata in Calabria nel 2000, quando l’ARSSA, su delega della Regione Calabria nell’ambito del progetto “Programma interregionale Agricoltura e Qualità”, ha attivato la Misura 4 “Impiego fitofarmaci ed efficienza ANTONIO LEUZZI ARSAC - Dirigente Settore Ricerca e Sperimentazione Verifica della precisione del manometro 12 distributiva delle irroratrici” provvedendo: a. all’acquisto di 5 stazioni per il controllo funzionale e la regolazione delle macchine irroratrici (di cui due mobili e tre fisse). Le stazioni sono state assegnate ai Centri Sperimentali Dimostrativi dell’ARSSA dislocati sul territorio regionale (Mirto Crosia, Lamezia Terme, Gioia Tauro e Locri); b. alla formazione del personale e all’attivazione in via sperimentale e divulgativa dell’attività inerente il Servizio di controllo e taratura delle macchine irroratrici a partire dal 2001. Dalla sua attivazione, l’attività di controllo funzionale e taratura delle macchine irroratrici è stata svolta con continuità nell’ambito dei servizi specialistici e di supporto all’agricoltura forniti dall’ARSSA e oggi dall’ARSAC, consentendo alle aziende agricole calabresi che aderiscono a canali di commercializzazione, che richiedono il rispetto di disciplinari di produzione integrata e biologici, di essere in regola con le dovute certificazioni. Oltre alla normale attività di verifica funzionale, l’ARSAC svolge attività di sensibilizzazione degli operatori agricoli sull’importanza del servizio di taratura delle macchine irroratrici attraverso la produzione di materiale divulgativo e l’organizzazione di giornate tecniche dimostrative e seminari, durante i quali sono trattati argomenti inerenti gli aspetti tec- nici del servizio, normativi e i risultati dell’attività svolta. L’ARSAC in aggiunta ai centri prova già operanti, considerato il numero elevato di macchine irroratrici presenti in Calabria (circa 18.000), per far fronte alle esigenze degli operatori agricoli ha previsto per il 2014 l’istituzione di ulteriori cinque centri prova. CENTRI PROVA FUNZIONANTI Centro Indirizzo Telefono Centro Sperimentale Dimostrativo di Mirto Contrada Pantano Martucci Mirto Crosia (CS) 0983.42235 0983.480832 Centro Sperimentale Dimostrativo di Gioia Tauro Contrada Bettina Gioia Tauro (RC) 0966.52137 Centro Sperimentale Dimostrativo di Locri Contrada Riposo Locri (RC) 0964.390543 Centro Sperimentale Contrada San Pietro Dimostrativo di Lamezia Terme Lametino (CZ) Come si accede al servizio Abilitazione: irroratrici per colture arboree ed erbacee Per accedere al servizio è sufficiente contattare uno dei centri prova attualmente funzionanti. Le irroratrici per essere sottoposte a verifica è necessario che rispettino i seguenti requisiti: a. siano trainate o portate con lo stesso trattore utilizzato per i trattamenti; b. siano pulite e prive di residui di prodotti fitosanitari e contengano nel serbatoio almeno 400 litri di acqua pulita; c. siano buone condizioni di funzionamento, con dispositivi di sicurezza presenti e funzionanti; d. abbiano ugelli facilmente smontabili; e. sia garantita la presenza dell’operatore che utilizza l’irroratrice. (ventola, albero cardanico, ecc.), e un colloquio con l’operatore dell’irroratrice per acquisire tutte le informazioni inerenti l’azienda, tipo di colture e modalità operative di utilizzo dell’irroratrici. Successivamente si procede alla verifica e ai controlli di seguito riportati: • determinazione del numero ottimale di giri del motore della trattrice (numero di giri p.d.p.); • controllo del compensatore idropneumatico; • controllo della portata della pompa; • controllo del sistema di agitazione nel serbatoio principale; • controllo dell’efficienza del manometro; • controllo del sistema di filtrazione; • controllo della portata dei singoli ugelli; • controllo della funzionalità dei dispositivi antigoccia; La procedura di verifica si svolge secondo uno specifico protocollo 0968.209187 Verifica della portata dei singoli ugelli Per controllo funzionale si intende l’insieme di verifiche e controlli eseguiti con attrezzature dedicate e seguendo uno specifico protocollo di prova, per valutare la corretta funzionalità dei componenti di una macchina irroratrice. Dal 2006 i protocolli di prova adottati fanno riferimento ai documenti ENAMA elaborati dal gruppo di lavoro MiPAAF macchine irroratrici di cui la Regione Calabria fa parte. Tali documenti sono stati integralmente recepiti nel PAN (Allegati II e III). Una volta che l’irroratrice ha raggiunto il centro prova, viene effettuata da parte di un tecnico abilitato un controllo visivo consistente nella verifica della presenza e dell’efficienza dei dispositivi di sicurezza Aprile-Giugno 2014 Fax 13 Adesivo attestante il superamento del controllo funzionale © m.bonotto - Fotolia.com MECCANIZZAZIONE • controllo della tenuta e posizionamento delle tubazioni; • controllo delle perdite di carico del circuito idraulico; • controllo del regolatore di pressione; • controllo dell’assetto orizzontale della barra (solo per barre orizzontali). Al termine della verifica funzionale, se l’irroratrice ha superato il controllo viene apposto sulla stessa un adesivo attestante il superamento del controllo funzionale e, inoltre, viene rilasciato un attestato di prova con i risultati delle verifiche effettuate. La regolazione viene eseguita successivamente alla verifica funzionale e consiste nella regolazione della macchina in base alla coltura da trattare e al tipo di trattamento, determinando il grado di polverizzazione e il volume da distribuire. Una corretta regolazione delle irroratrici consente di ottimizzare i volumi evitando perdite di prodotto che in alcuni casi possono raggiungere l’80% della dose distribuita. Il costo del servizio Il servizio di verifica funzionale è stato fornito gratuitamente fino a tutto il 2006, mentre dal febbraio 2007 le verifiche sono a pagamento e oggi il costo è di: • 60 euro Iva inclusa se le irroratrici vengono portate presso i centri prova; • 90 euro Iva inclusa se la verifica viene fatta presso l'azienda. Verifica della distribuzione verticale 14 I L ƒ F O C U S In vino… Calabrietas ! “Sostenere i vigneti e puntare al mercato estero” “La viticoltura – dice l’assessore all’Agricoltura Michele Trematerra – rappresenta un settore emergente nel panorama economico regionale tanto da poter diventare strategico anche per il rilancio del turismo Che incidenza ha la produzione vinicola nel panorama dell’economia regionale? «Il comparto sviluppa un fatturato annuo di circa 50/60 milioni di euro. Considerato però l’indotto e la valenza dell’enogastronomia, tali 16 dati possono essere stimati per difetto. La vitivinicoltura, che in termini percentuali incide per il 5% sul comparto agricolo regionale, rappresenta comunque un settore emergente nel panorama economico regionale, in quanto intercetta flussi di capitali provenienti da compartimenti diversi rispetto a quello agricolo. Uno dei motivi per i quali questo settore potrebbe diventare un elemento strategico per il delineamento di una distrettualità orientata all’enogastronomia, fortemente legata ai flussi turistici». Cosa c’è da migliorare e cosa da cambiare nella struttura produttiva del settore? «È necessario migliorare la coltivazione dei vigneti per consentire una gestione razionale ed economica degli stessi. I vecchi vigneti, impiantati con sistemi non meccanizzabili e con troppe varietà indistinte, dovrebbero essere sostituiti con altri facilmente meccanizzabili e distinti per varietà omogenee. Ad eccezion fatta per quelle realtà ad alta valenza ambientale e paesaggistica che dovranno essere incentivate, e la cui produzione, di nicchia, dovrà essere adeguatamente valorizzata e promossa. Bisognerebbe inoltre aumentare la superficie vitata media aziendale, che attualmente è pari a 0,7 ettari per azienda». Come si muove la Regione Calabria nelle politiche e nelle strategie a sostegno della produzione? «La Regione intende, mediante i contributi previsti dall’OCM Vino per la ristrutturazione e la riconversione dei vigneti, raggiungere alcuni importanti obiettivi, che consentano di esprimere al meglio le potenzialità della filiera vitivinicola regionale, qualificando maggiormente la produzione e aumentando la competitività dei produttori di vino. Nel rispetto del dettato legislativo comunitario e nazionale, il sostegno per la ristrutturazione e riconversione dei vigneti è rivolto principalmente: • ad adeguare la produzione alle esigenze del mercato; © Maksim Pasko - Fotolia.com I L • a ridurre i costi di produzione attraverso una progressiva sostituzione dei vigneti coltivati con tecniche tradizionali, con altri vigneti che consentano di ottenere materia prima di buona qualità a prezzi competitivi e remunerativi per il viticoltore; • a riorganizzare gli impianti di varietà autoctone; • a sostituire alcune varietà con altre ritenute di maggior pregio enologico e/o commerciale; • a effettuare reimpianti applicando forme razionali di allevamento e sesti d’impianto atti a migliorare la qualità del prodotto e a consentire la meccanizzazione delle principali operazioni colturali. Con la Misura investimenti prevista dall’OCM Vino, vengono concessi contributi, soprattutto ai piccoli produttori, per l’acquisto di conte- nitori idonei alla conservazione e all’affinamento del vino. Con il PSR, invece, vengono concessi contributi per l’ammodernamento delle cantine, al fine di migliorare la qualità e la competitività del vino calabrese». In particolare quali sono gli indirizzi di marketing per favorire la commercializzazione anche all’estero dei vini calabresi? «Con la misura volta alla promozione del vino nei mercati dei Paesi terzi, prevista dall’OCM Vino, vengono concessi contributi per la promozione del vino nei Paesi extra UE e probabilmente a partire da quest’anno anche ai Paesi della Comunità Europea. La maggior parte dell’investimento deve essere realizzato nel Paese estero prescelto, ma è prevista anche una forma di ospitalità in azienda dedicata a giornalisti e buyer stranieri. F O C U S La Misura 133 del PSR, “Azioni di informazione e promozione”, è relativa invece ad alcune tipologie di promozione di tipo collettivo, legate ai marchi di qualità». All’ultima edizione del Vinitaly è stato ufficialmente presentato il marchio “Cervim Viticoltura eroica”, così definita per le particolari condizioni ambientali e di lavoro che comporta. Il marchio ha come intento quello di identificare la viticoltura di montagna o in forte pendenza e delle piccole isole (viticoltura eroica appunto), in modo chiaro e tangibile, consentendo di valorizzare la tipicità, di incentivare l’imprenditoria locale a produrre considerando tecniche e modalità compatibili con il rispetto delle tradizioni e dell’ecosistema territoriale. Qual è in proposito la situazione in Calabria? «Per le zone ad alta valenza ambientale e paesaggistica (Bagnara, Scilla, Palmi, Seminara, Bova, Bova Marina, Brancaleone, Condofuri, Palizzi, Staiti, Bivongi, Camini, Caulonia, Monasterace, Pazzano, Placanica, Riace, Stignano, Stilo, Guardavalle, Bianco, Casignana, Nocera Terinese, Luzzi, Rogliano, Verbicaro e Rocca Imperiale) è stata vietata l’estirpazione a premio dei vigneti, ma in compenso è stata assegnata una priorità nella graduatoria della ristrutturazione dei vigneti ed è stato previsto un contributo più alto, rispetto alle altre zone, sia per sopperire alle maggiori difficoltà gestionali, sia per mantenere la viticoltura eroica nelle zone altamente vocate». Aprile-Giugno 2014 17 ƒ Situazione attuale e prospettive future della viticoltura calabrese ROCCO ZAPPIA Dipartimento di Agraria Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria Negli ultimi 30 anni si è registrato un aumento sia delle aziende (+10,1%) che delle superfici (+20,9%) interessate alla produzione del vini DOC e DOP PAO L O P E L L E G R I N O Introduzione Dipartimento di Agraria Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria Fra le coltivazioni tradizionali dell’area mediterranea, la vite ha tradizioni colturali millenarie: pare, infatti che la nascita della viticoltura sia riconducibile a 7-8 mila anni fa (Johnson, 2003) e quindi precedente all’insediamento delle colonie greche (Teti, 2008). All’arrivo dei Greci nel VII secolo a.C. l’estrema parte della penisola era già ricca di viti rigogliose, tanto che essi le attribuirono il nome di Enotria e diedero agli antichi abitanti il nome di Enotri (Pais, 1894). Figura 1 - Vite allevata ad alberello Tabella 1 - Aziende con vite e relativa superficie investita per natura della produzione in Calabria 1990 2000 2010 Variazione % 1990-2010 n° ha 55.434 23.824 34.292 13.848 13.433 10.040 -75,8 -57,9 Aziende Superficie n° ha 2.013 2.639 2.614 2.705 2.216 3.189 10,1 20,9 Altri vini Aziende Superficie n° ha 52.353 20.145 31.456 10.806 11.620 6.595 -77,8 -67,3 Uve da tavola Aziende Superficie n° ha 1.126 607 762 291 242 193 -78,5 -68,2 155 47 41 62 Aziende Superficie DOC - DOP Materiale di propagazione Aziende n° Superficie ha Fonte: dati ISTAT - Censimenti dell’Agricoltura, 1990, 2000 e 2010 18 La Calabria, già prima dell’età coloniale, si identificava come un territorio dove la vite è allevata a ceppo basso o ad alberello sorretto da paletti (Figura 1), cioè secondo i sistemi, appunto, elaborati nel mondo egeo-asiatico (Sereni, l981). Le antichissime origini della specie, la sua ampia area di diffusione, il probabile incrocio in epoca remota tra varietà appartenenti alla stessa specie, l’ibridazione di vitigni appartenenti a specie diverse, mutazioni gemmarie spontanee, ecc., hanno favorito la nascita di numerose varietà la cui provenienza in massima parte rimane sconosciuta (Fregoni, 2008). Nel corso dei secoli la viticoltura regionale ha attraversato alterne vicende, che hanno interessato sia gli aspetti qualitativi delle produzioni sia le superfici investite. La “cultura” della vite in Calabria trae origine da conoscenze e saperi antichi e si intreccia con aspetti sociali, economici e ambientali di eccezionale importanza. Le peculiarità territoriali, la natura dei suoli, il clima e le genti, in Calabria trovano poliedriche espressioni e caratteristiche variegate, contribuendo a costituire una piattaforma produttiva vasta e multiforme. I L L’analisi strutturale del comparto vitivinicolo In Calabria, nell’ultimo trentennio, si è evidenziata una decisa flessione delle superfici vitate. Infatti, in base ai dati degli ultimi tre rilievi censuari, la stessa è scesa dai 23.824 ettari del 1990 ai 10.040 del 2010 registrando una riduzione di circa il 58% (Tabella 1). Al pari delle superfici anche il numero delle aziende ha subito una flessione del 76% passando da 55.434 del 1990 a 13.433 del 2010 a causa dell’abbandono spontaneo dell’attività e degli effetti delle politiche comunitarie che negli anni precedenti, per ovviare alle note situazioni di eccedenza, hanno favorito l’espianto dei vigneti e l’esodo dal settore. Relativamente alle superfici viticole investite per tipologia di vino, al 2010 emerge che il 31,8% di esse sono destinate alla produzione di DOC DOP , il 65,7% di altri vini e appena l’1,9% di uve da tavola. Dall’analisi dei dati emerge, tuttavia, che, a fronte di una drastica e generalizzata riduzione sia delle superfici che del numero di aziende viticole, quelle interessate alla produzione vini DOC - DOP sono invece cresciute, nell’arco del trentennio, del 10,1% con un incremento delle superfici pari al 20,9%. Di contro, le aziende produttrici di uve per altre tipologie di vini hanno registrato una contrazione del 77,8% con una riduzione del 67,3% delle relative superfici. Ciò nonostante, esse continuano a rappresentare ancora più dei tre quarti delle aziende viticole totali e più dei due terzi delle superfici. Ciò, probabilmente, è da attribuire anche alla complessità delle norme legate alle procedure che regolano la commercializzazione dei vini DOC - DOP che scoraggiano i produttori spingendoli a optare verso altre tipologie di vini. Si conferma anche l’estrema marginalità delle aziende interessate alla produzione di uve da tavola che si sono fortemente ridotte F O C U S Tabella 2 - Aziende con vite e relativa superficie per natura della produzione nelle province calabresi - 2010 Vino totale Cosenza Crotone Reggio Calabria Catanzaro Vibo Valentia DOC - DOP Altri vini n° az. ha n° az. ha n° az. ha 7.891 2.341 1.964 927 713 4.162 3.229 1.343 706 344 754 1.259 114 70 19 629 2.301 151 99 10 7.137 1.082 1.850 857 694 3.534 928 1.193 606 335 Fonte: dati ISTAT - Censimento dell’Agricoltura, 2010 Tabella 3 - Dati relativi alla produzione vinicola calabrese - 2010 Vino totale (hl) Cosenza Crotone Reggio di Calabria Catanzaro Vibo Valentia 124.000 78.000 58.000 54.000 10.000 Calabria 324.000 DOC - DOP Vini da tavola 56.000 36.000 232.000 Bianchi Rossi e rosati 52.000 272.000 IGT - IGP Fonte: dati ISTAT - Censimento dell’Agricoltura, 2010 nell’arco del trentennio e attualmente rappresentano meno del 2% sia in termini di superfici che di numero di aziende. Si conferma anche l’estrema frammentazione del comparto, con una superficie media aziendale pari a circa 0,75 ettari. Tale valore aumenta nelle aziende produttrici di uve da destinare alla produzione di vini DOC - DOP (1,44 ettari). A livello provinciale emerge che la coltivazione dell’uva da vino prevale nella provincia di Cosenza, con 4.162 ettari, seguita da Crotone (3.229 ettari), Reggio Calabria (1.343 ettari), Catanzaro (706 ettari) e Vibo Valentia (344 ettari) (Tabella 2). La provincia di Crotone si caratterizza per l’elevata concentrazione di superfici destinate alla produzione di uve per vini DOC - DOP , che interessano più dei due terzi delle superfici viticole. La produzione regionale di vino nel 2010 è stata di circa 324 mila ettolitri (Tabella 3) di cui l’84% è rap- presentato da vini rossi e rosati e il 16% dai vini bianchi. Relativamente alla differenziazione per tipologia qualitativa, i DOC - DOP coprono il 17,3% del totale regionale, gli IGT - IGP l’11,1%, mentre i vini da tavola interessano il restante 71,6%. La quantità di vino prodotta a livello provinciale rispecchia l’estensione delle superfici vitate, per cui la provincia di Cosenza si colloca al primo posto, seguita da Crotone, Reggio Calabria, Catanzaro e Vibo Valentia. La Calabria vanta oggi 9 vini DOC DOP , tra i quali spicca il Cirò che, in base ai dati della Confederazione Nazionale dei Consorzi Volontari per la tutela delle Denominazioni dei vini italiani (Federdoc) del 2010, con 55.260 ettolitri rappresenterebbe da solo più dell’80% della produzione DOC - DOP regionale (Tabella 4). Relativamente alla distribuzione territoriale, emerge che le DOC - DOP sono collocate principalAprile-Giugno 2014 19 DOC - DOP IGT - IGP CIRÒ MELISSA SANT’ANNA DI ISOLA C.R. SAVUTO SCAVIGNA TERRE DI COSENZA LAMEZIA BIVONGI GRECO DI BIANCO CALABRIA LIPUDA VAL DI NETO VALDAMATO LOCRIDE PALIZZO PELLARO ARGHILLÀ SCILLA COSTA VIOLA Figura 2 - Dislocazione territoriale dei vini DOC - DOP e IGT - IGP calabresi Il panorama varietale mente nel centro-nord della regione, mentre gran parte delle IGT IGP è concentrata in provincia di Reggio Calabria, che ne detiene ben 6 delle 10 riconosciute a livello regionale (Costa Viola, Scilla, Arghillà, Pellaro, Palizzi, Locride), a dimostrazione del fatto che il comparto vitivinicolo provinciale ha fatto dell’IGT - IGP uno degli strumenti principali di tutela delle produzioni (Figura 2). La piattaforma ampelografica regionale è costituita da 39 vitigni iscritti al Registro Nazionale delle Varietà di Vite (RNVV) e autorizzati alla coltivazione nella regione Calabria (Del. Giunta Reg. Calabria n. 267 del 29 luglio 2013). Di questi, 21 sono a bacca nera, 17 a bacca bianca e uno a bacca rosata. Pur con l’attendibilità dei dati che derivano dalle dichiarazioni delle superfici vitate, in ambito regionale Tabella 4 - Dati relativi alla produzione di vini DOC-DOP in Calabria - 2010 Vino totale (hl) Cirò Melissa Lamezia Terre di Cosenza Savuto Bivongi Scavigna Greco di Bianco Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto 55.260 4.345 2.016 1.691 1.646 1.311 510 375 – Fonte: dati Federdoc, 2010 predomina il Gaglioppo, che con circa 4.170 ettari rappresenta il 42,6% del vigneto calabrese e trova un consistente impiego nelle produzioni dei vini DOC-DOP (Tabella 5). Segue il Greco nero con 635 ettari, il Magliocco Canino con 522 ettari e, tra quelli a bacca bianca, la Malvasia bianca con 310 ettari. Sono presenti anche vitigni internazionali quali il Merlot, lo Chardonnay e il Cabernet Sauvignon che rispettivamente occupano 148, 141 e 116 ettari. La diversificazione della viticoltura regionale Grazie alle favorevoli condizioni pedoclimatiche, la coltivazione della vite si è diffusa in tutte le province calabresi, dalla fascia ionica a ridosso dell’Aspromonte, all’area Prepollinica, fino alle colline Joniche Presilane, in situazioni orografiche, socioeconomiche e strutturali fortemente differenziate che consentono di individuare diversi sistemi viticoli fortemente rappresentativi della realtà regionale. La viticoltura regionale è localizzata prevalentemente in collina, con circa il 73,9% delle superfici e in misura minore in montagna e in pianura, rispettiva- Tabella 5 - Principali vitigni a uva da vino in Calabria - 2010 Vitigno Gaglioppo (n) Greco nero (n) Magliocco canino (n) Malvasia bianca (b) Sangiovese (n) Greco bianco b. (b) Nerello cappuccio (n) Greco bianco (b) Aglianico (n) Calabrese (n) Merlot (n) Chardonnay (b) Nerello mascalese (n) Cabernet Sauvignon (n) Malvasia nera (n) Altri vitigni Superficie totale dichiarata Superficie destinata a vini DOC - DOP Superficie destinata ad altri vini 4.170 635 522 310 292 245 175 163 161 150 148 141 131 116 88 2.529 2.260 95 85 55 34 103 13 123 75 16 37 6 9 22 5 1.910 540 437 255 258 142 162 40 87 135 110 135 122 94 83 Fonte: elaborazione su dati ISTAT - Censimento dell’Agricoltura, 2010 20 I L mente con il 15,6 e il 10,5%. Questi areali si caratterizzano per elementi di omogeneità riguardanti il contesto produttivo, le caratteristiche qualitative delle produzioni e le problematiche settoriali. Pertanto, appare più corretto parlare di diverse viticolture piuttosto che di viticoltura calabrese. In questa cornice, immaginando un viaggio da nord verso sud, si parte dal sistema viticolo del cosentino e del crotonese dove ricadono ben 6 delle 9 DOC - DOP regionali (Cirò, Melissa, Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto, Savuto, Scavigna, Terre di Cosenza). Nell’areale cosentino la viticoltura si estende dalle coste ioniche e tirreniche, compreso l’entroterra collinare, sino alle pendici della Sila interessando una superficie di oltre 4 mila ettari (Figura 3). Dal punto di vista orografico, si passa dalle zone litoranee a quelle poste sulle pendici interne. Nell’entroterra si incontrano colline a profilo molto regolare, che conferiscono al paesaggio un aspetto leggermente ondulato e zone più interne, facilmente riconoscibili per le aspre pendenze. I principali vitigni diffusi in questo sistema viticolo e contemplati nei vari disciplinari di produzione sono: Magliocco, Greco nero, Gaglioppo, Calabrese, Aglianico, Cabernet Sauvignon, Merlot, Sangiovese, Greco bianco, Guarnaccia bianca, Pecorello, Montonico e Malvasia bianca. Procedendo verso sud sulla costa ionica, si incontra il sistema viticolo del crotonese, che occupa una superficie di oltre 3 mila ettari, di cui ben 2.301 dedicati alla coltivazione di vitigni destinati alla produzione dei tre vini DOC - DOP (Cirò, Melissa, Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto) (Figura 4). Si tratta di un sistema viticolo caratterizzato da una forte omogeneità varietale, con la diffusione quasi esclusiva, in particolare nel comune di Cirò, del vitigno Gaglioppo (circa il 90%) e del Greco bianco (meno del 10%) (quest’ultimo iscritto nel RNVV con il nome F O C U S di Guardavalle). Notevole è anche l’omogeneità strutturale degli impianti, in larga parte ad alberello e a controspalliera sia orizzontale che Figura 3 - Localizzazione del sistema viticolo del cosentino, verticale. Le potenvigneto nei pressi della frazione Donnici di Cosenza zialità di quest’area sono legate al miglioramento generale della qualità del vino e alla diffusione dell’imbottigliamento. Il dinamismo evolutivo di alcune imprese ha portato a una modernizzazione delle tecniche agroFigura 4 - Localizzazione del sistema viticolo del cirotano, nomiche e in partimoderno vigneto nei pressi di Cirò colare di quelle enologiche che hanno consentito di innalzare notevolmente la qualità delle produzioni. Tra gli aspetti di carattere agronomico più rilevanti è da segnalare la presenza abbastanza Figura 5 - Localizzazione del sistema viticolo della Piana di diffusa dell’irrigaLamezia Terme, veduta del golfo di Sant’Eufemia zione. Questa consente, in aggiunta all’applicazione vitigni Gaglioppo, Magliocco dolce dell’inerbimento controllato, di ri(denominato in loco Marsigliana o durre l’erosione del suolo, sopratGreco nero) e Greco nero che postutto nei terreni declivi e argillosi sono concorrere, in percentuali dipresenti in diversi comuni di questa verse, alla produzione del DOC provincia. Lamezia nelle tipologie rosso e roContinuando verso sud sulla costa sato. Fra i vitigni a bacca bianca tirrenica, si incontra il sistema viquello maggiormente diffuso è il ticolo della Piana di Lamezia Terme Greco bianco, che concorre con alcon la DOC Lamezia nelle tipologie rosso, rosato e bianco. Si tratta di meno il 50% alla produzione del un areale che insiste per la maggior vino bianco. È presente, inoltre, il parte su terreni collinari di origine vitigno Mantonico il cui impiego è alluvionale situati sia nell’area previsto per la produzione di vini a della Piana di Sant’Eufemia-Lamebase spumante e per i passiti. La zia sia sulle falde meridionali del forma di allevamento maggiormassiccio del Reventino (Figura 5). mente impiegata è quella a spalIl panorama varietale di questo siliera che, soprattutto negli anni stema viticolo è rappresentato dai ’60, ha sostituito l’alberello. Aprile-Giugno 2014 21 Nella fascia ionica della provincia di Reggio Calabria, si incontrano due sistemi viticoli particolarmente interessanti: quello del Bivongi e quello del Greco di Bianco. Il primo si estende sul versante orientale della catena delle Serre, nella bassa valle del torrente Stilaro all’estremo nord della provincia reggina, sia sul litorale che nell’entroterra collinare (Figura 6). In questo sistema, ricco di variabilità genetica, sono presenti numerosi vitigni: Magliocco dolce (denominato in loco Maglioccuni, uno dei vitigni che annovera più sinonimi in tutta la regione), Greco nero, Nocera, Calabrese, Castiglione, Greco bianco, Guardavalle, Mantonico, Malvasia bianca, Ansonica e in minore misura il Gaglioppo (conosciuto come Cirotana). Accanto a queste varietà, negli ultimi anni, i viticoltori stanno iniziando a recuperare diversi altri vitigni minori ancora presenti nel territorio (Pecorello bianco, Uva ruggia, Pedilongo o Padaluta) e maggiormente diffusi in passato, anche grazie ad azioni sinergiche con istituti di ricerca presenti sul territorio. Nel basso Ionio reggino, si incontra il sistema viticolo del Greco di Bianco, che si estende in tutto il territorio del comune di Bianco e in parte di quello di Casignana (Figura 7). In questa zona la viticoltura è praticata su terreni con giacitura prevalentemente pianeggiante e in parte collinare con altitudine inferiore ai 200 m s.l.m. Il sistema viticolo presenta un’elevata omogeneità varietale legata alla coltivazione preponderante del vitigno Greco di Bianco (conosciuto anche come Greco bianco a Gerace e sinonimo sia di Malvasia di Lipari che di Malvasia di Sardegna). Questo vitigno viene allevato a spalliera con sistema di potatura a Guyot ed è destinato prevalentemente alla produzione dell’omonimo vino passito DOC oltre che alla produzione di vino bianco da tavola. In questo areale è presente anche il vitigno Mantonico (da non confondere con il Montonico descritto dal Bruni, 1962) che, nono- 22 stante le notevoli potenzialità enologiche, nel corso degli anni ha fatto registrare una sensibile riduzione delle superfici investite che ad oggi risultano inFigura 6 - Localizzazione del sistema viticolo del Bivongi, feriori ai 10 ettari. veduta della vallata del fiume Stilaro nei pressi di Bivongi Oltre ai due precedenti vitigni sono presenti anche il Greco bianco (conosciuto in zona come Guardavalle, nome con il quale è iscritto nel RNVV), il Castiglione e diversi Nerelli. I sistemi di allevamento più diffusi sono la spalFigura 7 - Localizzazione del sistema viticolo del Geco di liera e in misura miBianco, vigneto posto alle spalle del centro abitato. nore l’alberello. Degno di menzione è anche il sistema viticolo della Costa Viola dove, in passato, il lavoro di audaci viticoltori ha contribuito a modellare il territorio conferendogli un’elevata valenza Figura 8 - Localizzazione del sistema viticolo della Costa Viola, paesaggistica legata tipico vigneto terrazzato. ai tipici terrazzamenti. Questo territorio interessa il tratto meridionale della costa tirrebientali (clima caldo-arido) sia per nica affacciata sullo stretto di Mesnecessità legate alla particolare orosina e delimitata dai comuni di grafia (ottimizzazione della densità Palmi a nord e di Scilla a sud (Figura di impianto sulle rasole). Per aumen8). La peculiarità di questo sistema è tare il numero delle viti per unità di legata all’orografia caratterizzata da superficie si è fatto ricorso alle clasbruschi dislivelli, che rapidamente siche pergolette che consentono di superano i 500 metri di altitudine e sfruttare al massimo l’esiguo spazio da costoni rocciosi a strapiombo sul a disposizione. In questo sistema, mare. Il paesaggio viticolo è noto accanto allo Zibibbo, il vitigno magper i tipici terrazzamenti, sostenuti giormente diffuso, sono presenti da muretti di pietra a secco (armacìe) anche altri vitigni minori: Nocera, che sostengono i terrapieni (rasole) Petruneri (o Petru Ranieri) e Malvadove viene allevata la vite. La vitisia bianca, che corrisponde alla Malcoltura della Costa Viola ha da semvasia bianca lunga (Malvasia del pre adottato la forma di allevamento Chianti). ad alberello, sia per questioni di Oltre ai suddetti sistemi, in Calabria adattamento alle condizioni amsono presenti altre tipologie viticole, I L come testimoniato dal riconoscimento di ben 10 IGP , la cui base ampelografica non è specificata nei relativi disciplinari ma che nella realtà colturale si diversificano sia per la presenza di vitigni ben noti nel panorama nazionale sia per i sistemi di allevamento e le tecniche colturali. Le prospettive di sviluppo dell’intera filiera L’analisi dello scenario descritto e l’esame delle dinamiche in atto consentono di individuare alcuni elementi critici fondamentali del comparto vitivinicolo calabrese. Il primo dato che emerge è quello relativo all’elevata polverizzazione della struttura produttiva che ne limita fortemente la competitività. La drastica riduzione delle superfici vitate, unitamente al continuo spopolamento delle aree interne, rende il settore viticolo sempre meno attrattivo per i giovani imprenditori. Dal punto di vista strutturale gli impianti, specialmente quelli più vecchi, presentano forme di allevamento poco razionali che limitano la diffusione della meccanizzazione. Dal punto di vista ampelografico vige una generalizzata confusione dovuta sia alla presenza di vigneti multivarietali sia alle problematiche connesse ai casi di omonimia e sinonimia. Ciò trova riscontro, in pratica, nella generale inadeguatezza dei disciplinari di produzione dei vini a denominazione di origine nei quali, spesso, sono inseriti vitigni locali come sinonimo di altri vitigni diffusi in altre regioni. Dal punto di vista imprenditoriale è noto ormai a livello regionale lo scarso ricorso al cooperativismo, con le imprese che sono orientate più verso prodotti di massa a prezzi accessibili che verso prodotti di alta qualità e con un generale scarso coordinamento verticale di tutta la filiera. Relativamente alla fase di trasformazione, il sensibile ritardo nell’ammodernamento F O C U S tecnologico rallenta il miglioramento qualitativo sia della fase di vinificazione che di affinamento. Dal punto di vista commerciale emerge che in CaFigura 9 - Alcuni importanti vitigni autoctoni calabresi. labria ancora una Da destra: Castigione, Mantonico e Guardavalle notevole quota di prodotto viene commercializzato allo stato sfuso o rientra nella tipoAlla luce di queste brevi considelogia dei vini comuni da tavola. razioni, emerge chiaramente che le A fronte di questa situazione, tuttaazioni a sostegno di un miglioravia, la Calabria possiede ancora elemento della vitivinicoltura regiovate potenzialità produttive e ampi nale dovrebbero essere orientate verso l’aggiornamento e la ridefimargini di valorizzazione delle aree DOC - DOP e IGT - IGP legate sia all’elenizione degli areali di produzione, vata diversificazione della piattain funzione dei nuovi parametri forma ampelografica, notevolmente bioclimatici, mediante opportuni più ampia rispetto a quella di altri studi sulla vocazionalità territoPaesi a grande tradizione viticola, riale e la definizione di manuali sia alle caratteristiche pedoclimatid’uso di buona pratica viticola. In che particolarmente favorevoli alla tale ambito, è opportuno puntare viticoltura. A ciò si aggiunge l’espeanche al recupero, alla caratterizrienza millenaria dei nostri viticolzazione e alla valorizzazione del tori che negli ultimi anni stanno maggior numero possibile di vitipuntando verso una razionalizzagni autoctoni di grande rilievo e zione delle forme di allevamento e alla loro successiva iscrizione negli verso una diversificazione varietale, elenchi ufficiali. con rinnovato interesse verso alcuni Contemporaneamente, è necessario vitigni autoctoni di grande prestigio proporre l’adeguamento dei disci(Figura 9). Per quanto riguarda la plinari di produzione dei vini di fase di trasformazione, ad oggi sul qualità, rivalutando il ruolo del vimercato sono disponibili e accessitigno come principale strumento in bili innovazioni tecnologiche che grado di tipicizzare fortemente il consentirebbero facilmente di valoprodotto. La possibilità di mettere a rizzare il prodotto imbottigliato ridisposizione dei viticoltori mateducendo l’incidenza di quello sfuso. riale vegetale certificato dal punto Le numerose ricerche condotte in di vista genetico e sanitario, infatti, campo vitivinicolo, inoltre, sono rappresenta il primo passo verso concordi nel ritenere che la qualità una viticoltura che sappia coniudei vini è legata in primo luogo alle gare modernità e tipicità delle procaratteristiche che si esprimono duzioni. Dal punto di vista nelle uve ottenute in vigneti colticolturale, infine, la diffusione di vati in zone vocate, dove i fattori una viticoltura a basso impatto ampedoclimatici sono rispondenti alle bientale e integrata con l’agroecoesigenze del vitigno e sono in equisistema consentirebbe di ridurre librio con l’ecosistema viticolo. In l’impiego di energie esterne, di conquesto sistema l’uomo interviene cimi e di pesticidi. con le pratiche agronomiche al fine di stimolare e indirizzare le risposte La documentazione bibliografica di produttive del vitigno nella direquesto studio può essere richiesta scrivendo a [email protected] zione voluta. Aprile-Giugno 2014 23 Il vino custodisce la vita, la storia, le persone Cosa vuol dire apprezzarlo veramente? Risponde Antonio Guzzo, membro dell’Associazione Italiana Sommelier d’annata, penso a quante di loro sono morte. Mi piace che il vino continua a evolversi e se apro una bottiglia oggi avrà un gusto diverso da quello che avrebbe se l’aprissi un altro giorno. Perché una bottiglia di vino è un qualcosa che ha vita, ed è in costante evoluzione e acquista complessità. Finché non raggiunge l’apice, e poi inizia il suo lento, inesorabile, declino. E che sapore … quanto è buono”». Cosa aspettarsi da un bicchiere di vino? «Un bicchiere di vino assomma tutte le scelte operate nella sua produzione, dal tipo di terreno alla © EcoPim-studio - Fotolia.com Perché ama il vino? «La migliore risposta ritengo sia stata data nel film Sideways, un cult da non perdere per gli amanti del vino e anche per chi muove i primi passi nell’affascinante mondo del nettare degli dei. In questo film a effetto on the road of wine, alla stessa domanda la protagonista risponde: “La verità è che amo pensare alla vita di un vino. Il vino è un essere vivente. E amo immaginare l’anno in cui sono cresciute le uve di un vino: se c’era il sole o se pioveva. E amo immaginare le persone che hanno curato e vendemmiato quelle uve. E se un vino è 24 specie di vitigno, dal modo di vinificazione a cui è stato sottoposto fino alle tecniche di affinamento. È come se ogni passaggio, ogni scelta produttiva avesse lasciato una traccia di sé». La degustazione del vino a quando risale? «L’assaggio ragionato del vino ha una lunga storia: gli haustores, gli assaggiatori, esistevano già al tempo dei romani. Negli scritti di Petronio si legge che, nel corso delle cene di Trimalcione gli haustores servirono un Falerno, il vino che l’antica Roma innalzò al più alto rango, vecchio di 100 anni. Al 1312 risale poi l’organizzazione, ancor oggi attiva a Parigi, dei sensali degustatori di vini, antenati degli odierni sommelier, realizzata dal re di Francia Filippo il Bello». Tutti sono in grado di degustare un vino? «Saper degustare non è solo indice di allenamento, ma è anche espressione di capacità e background che si possiede nel saper leggere un vino. Benché tutti possano degustare un vino, è di contro riservato solo a pochi esperti comprendere ciò che un bicchiere di vino ci racconta; è, in definitiva, una dote innata. L’interpretazione di un vino inizia dal suo esame visivo; dal colore è I L possibile risalire a una serie di informazioni, quali la zona di produzione e lo stato di evoluzione. Inoltre, la rotazione del vino nel bicchiere consente il conoscere il contenuto alcolico, la consistenza e perfino la provenienza. Dalla successiva fase, l’olfattiva, si può valutare l’intensità, la complessità dei profumi e individuare le tipologie: floreali, fruttati, minerali, speziati, animali, eterei ecc. Infine, dall’esame gustativo si può comprendere se un vino è secco o dolce, la morbidezza, l’acidità, la sapidità, la presenza di tannini e di alcool». Come si rapporta la qualità del vino alla produzione industriale? «La qualità del vino si pone in rapporto di netta antitesi rispetto alla produzione industriale; i grandi vini sono espressione di un solo vigneto, a volte di un appezzamento minuscolo. È il fascino del terroir, che associa un vino a una varietà, un clima e un territorio determinati. Ma anche il terroir prevede una componente umana, perché l’esperienza degli agricoltori, accumulata nel corso dei secoli, è un fattore fondamentale per ottenere vini di qualità». Nella scelta di un vino il prezzo è indice di qualità? «Non sempre un prezzo rilevante è indice di buona qualità del vino. Solo la capacità di interpretarlo F O C U S consente di comprendere la qualità del vino. Il prezzo è la risultante del lavoro che necessita per la produzione del vino, del tempo che si è dovuto spendere e attendere per arrivare al giorno in cui lo si può bere. Il prezzo è direttamente proporzionale al peso del nome del vitigno e della cantina; del terroir più o meno vocato, della nobiltà e dell’età delle vigne; del plauso della critica; della legge della domanda e dell’offerta; della rarità di quella bottiglia, di quella vendemmia. In conclusione, bere bene comporta spendere molto, il suggerimento è quello di bere poco ma bene, del resto: la vita è troppo breve per bere vini mediocri (Goethe)». E UVITE, UN MODELLO VINCENTE D I A G G R E G A Z I O N E E D I N A M I S M O S T R AT E G I E E O B I E T T I V I D E L L’A S S O C I A Z I O N E C H E M E T T E I N R E T E A Z I E N D E E T E R R I T O R I EuVite, è il primo modello per il Sud di associazione fra produttori, uniti per promuovere i «frutti» più pregiati della vitivinicoltura calabrese condividendo competenze e conoscenze, di marketing e della comunicazione. Costituitasi nel 2008, EuVite mette in rete, rappresentando un modello vincente di aggregazione, aziende di diverse dimensioni, ciascuna in rappresentanza di un diverso territorio regionale: Crotone, Melito Porto Salvo (Reggio Calabria), San Demetrio Corone e Bisignano (Cosenza) e Lamezia Terme (Catanzaro). Finanziata con la Misura 111 del PSR Calabria. L’iniziativa è in perfetta sintonia con l’opera di recupero dei vitigni autoctoni e di riqualificazione della viticoltura calabrese, stimolata dalla Regione Calabria sin dagli anni ’90 per contrastare gli effetti di una produzione di massa che aveva progressivamente incentivato l’abbandono di vitigni storici a favore di quelli internazionali. E’ in questo senso un tipico modello di best practice che si sviluppa a partire da uno studio ventennale avviato nel 1993 da Nicodemo Librandi, oggi presidente di EuVite. Precursore di tendenze, con il supporto della Regione Calabria, Librandi ha avviato il primo vigneto sperimentale a Cirò Marina con vitigni autoctoni di pregio caduti in disuso negli anni ’70: Magliocco, Mantonico bianco e Pecorello. Nel 1999, dall’area del Cirò la ricerca si è estesa all’intero territorio regionale; sono state setacciate la maggior parte delle vigne calabresi e sono state individuate 289 varietà diverse, messe a dimora in un campo a spirale nella tenuta Rosaneti di Rocca di Neto, sulle quali è stato condotta l’analisi del Dna e diversi studi; su 28 di queste varietà sono stati realizzati i profili enologici. I risultati sono stati pubblicati nel volume Il Gaglioppo e i suoi fratelli. «È stato, inoltre, messo a dimora un campo di selezione clonale per Gaglioppo, Magliocco e Pecorello e finalmente la Calabria ha, oggi, i primi cloni selezionati di queste uve che saranno iscritti nel Registro nazionale Il passo successivo è stato condividere i risultati con altre aziende attraverso il progetto EuVite, includendo quattro produttori di eccellenza calabresi» spiega Nicodemo Librandi. EuVite punta a sviluppare attività di divulgazione, di comunicazione e informazione, realizzando prodotti editoriali ed organizzazione di eventi, educational tour per la stampa e comunicazione web, espressione di un nuovo modo di comunicare il territorio e valorizzare i prodotti e le peculiarità della Calabria vitivinicola e delle altre eccellenze agroalimentari, storiche e culturali. L'aggregazione è il vero motore dell'economia italiana soprattutto per regioni enologiche poco considerate dal mercato: in questo senso l'obiettivo di EuVite è quello di comunicare che la Calabria produce vini di qualità che possono competere con le migliori produzioni italiane ed estere e elevare la reputazione dei vini della regione restituendo valore aggiunto all'economia della Calabria. Va dato atto alla Regione di aver creduto fin da subito nelle potenzialità degli autoctoni, tanto da aver investito tempo e risorse economiche in una ricerca durata alcuni anni e alla fine sfociata nel totale recupero di questi vitigni. Aprile-Giugno 2014 25 Passito, ma non passato: il lungo viaggio di un dolce tesoro G I O VA N N I G A G L I A R D I Spetta ai greci il primato di aver portato in Calabria tecniche e vitigni innescando un processo di contaminazione virtuosa ancora attuale Esperto in Management delle Imprese Vitivinicole e fondatore del portale vinocalabrese.it A un certo punto la situazione si evolse e i Greci pensarono di muoversi verso il mare in cerca di terre e occasioni. Arrivarono in Calabria e si adattarono subito. Anzi. La spinta espansionistica fu dettata da sommovimenti interni e soprattutto dall’esigenza di rispondere a bisogni sempre più impellenti di trovare sbocchi per i mercati e soprattutto opportunità di approvvigionamento. La Calabria era la frontiera che tutti i popoli in espansione avrebbero voluto incontrare. I Greci avevano la fortuna di raggiungerla con poche remate. Territorio fervido e potente, spiagge, pianure, colline, clima straordinario e tanto spazio favorirono velocemente lo sviluppo di scambi e di insediamenti. Non vennero solo a prendere ma portarono anche, e tra le cose che portarono da questo lato dello Jonio ci fu la conoscenza della vinificazione e tante tante varietà di uve che utilizzavano per produrre vino che si aggiunsero a quelle presenti: la Ca- labria già allevava uva e infatti i Greci la chiamavano Enotria (terra della vite). I territori più “contaminati” da questo scambio sono stati quelli sulla costa jonica in concomitanza della nascita di insediamenti urbani. Nella zona della Locride trovò subito giovamento un vitigno molto caro ai cugini ellenici tanto da portarselo ovunque nel Mediterraneo (forse come fanno i calabresi con il peperoncino che allevano nelle più disparate zone del mondo nei vasi da fiori sui balconi). Infatti lo troviamo in Croazia a Dubrovnik, a Bosa in Sardegna, a Barcellona e nelle Canarie, in Sicilia nelle Eolie dove hanno preso altri nomi, Malvasia Dubrovacika, Malvasia di Sardegna, Malvasia di Stiges, Malvasia delle Lipari e a Bianco nella parte bassa della penisola calabrese, Greco di Bianco, appunto. Ma, come per ogni situazione, il contesto fa la differenza e a Bianco che di bianco ha anche il terreno, questo vitigno esprime le sue diffe- renze. “Agghiocana” la chiamano i contadini del luogo, la marna bianca su cui nascono le vigne (al 95% a Greco Bianco) dei pochi produttori di questo fantastico lembo della Calabria grecanica. Pochi ma in forte crescita: da qualche anno si sono anche riuniti in associazione e cominciano a fare mosse comuni e a riscuotere benevolenze dal mercato e dalla critica. L’approvazione ministeriale è del 1980 e ha dato luogo a una delle più piccole zone a denominazione d’Italia, prevedendo la coltivazione e la produzione solo nel territorio amministrativo del comune di Bianco e nella confinante Casignana (ma solo per un pezzetto). Il Greco di Bianco è un bianco passito che si fa secondo l’antica tecnica descritta anche da Esiodo in Le opere e i giorni, volume dedicato all’agricoltura del tempo: “Quando poi Orione e Sirio sono giunti a mezzo del cielo (metà settembre, ndr), e l’Aurora dalle dita di rosa riesce a vedere Arturo, allora, o Perse, raccogli tutti i grappoli d’uva e por- Appassimento Appassimento Moscato giovane 26 I L tali a casa; esponili al sole per dieci giorni e dieci notti; quindi per cinque giorni lasciali all’ombra, ed al sesto versa nei recipienti il dono di Dioniso ricco di letizie”*. “È un vino bianco “passito” ricavato da uve che, prima di essere spremute, vengono appassite al sole su graticci di canne e subiscono una riduzione di peso che può raggiungere, a seconda del contenuto in zuccheri, il 35%. Le uve aromatiche si prestano a essere prodotte e appassite direttamente sulla pianta (previo schiacciamento o torsione del rachide a opera dell’uomo) o direttamente al sole su graticci, oppure in locali condizionati. Al termine dell’operazione di appassimento le uve vengono sottoposte a pigiatura e torchiatura”. Così recita il disciplinare all’articolo 8 prevedendo anche l’utilizzo di locali ad hoc ma che finora mai nessuno ha voluto utilizzare, lasciando a questo vino il carattere identitario che lo rende tale. Ma quest’uva nel suo grande viaggio giunse nello stesso periodo anche a Sibari, definita da tanti la New York dell’epoca, per la sua grande vitalità e il ruolo centrale nell’economia di tutta la Magna Grecia. Una città che accoglieva 300.000 abitanti nel massimo del suo splendore, che era dedita alla bellezza, all’arte e al buon vivere. Sulle colline intorno a questo grande polo urbano sistemarono in una condizione perfetta le produzioni come l’ulivo e la vite da vino. Nei secoli il vino divenne un elemento importante per l’economia e si tramandò nei secoli arrivando fino ad oggi. E proprio su queste prossimità che si trova Saracena, piccolo comune nato su media collina sulle sponde del fiume Garga, uno degli affluenti del Crati sulla cui foce nasceva Sibari. A Saracena la stessa uva di Bianco e di tantissimi altri posti F O C U S Bianco Saracena Terreno di Bianco (marna) Terreno di Saracena colonizzati dai Greci si utilizzava insieme alla Guarnaccia e all’Addoraca (il Moscato Bianco) e al Moscatello per farne un vino dolce ottenuto da una ricetta antica di cui si hanno le prime notizie certe in documenti del 1500 quando viaggiava dal porto di Scalea verso la corte papale a Roma. Il vino è alla ricerca del riconoscimento pubblico, DOP o IGP e per ora ha ottenuto grandi risultati dalla critica di settore e dal mercato specializzato, finendo nelle carte dei vini di importanti ristoranti italiani e non. Tra i riconoscimenti annovera quello della Fondazione Slow Food per la Biodiversità che lo ha inserito nella cortissima lista dei Presidi del Vino e il riconoscimento come bene immateriale con legge del Consiglio Regionale calabrese. Il vino è prodotto dal blend di due mosti ottenuti con una ricetta ancestrale molto impegnativa composta da due fasi ben distinte. La prima che consiste nella vinificazione in uvaggio della guarnaccia, malvasia e zibibbo (adduroca) estratte per pressatura soffice. Una volta ammostate il liquido viene messo a contatto con fuoco diretto in caldaie tradizionalmente di rame stagnato dove viene fatto concentrare fino a ridursi del 25-35%. A questo mosto, lasciato raffreddare, vengono poi aggiunti gli acini schiacciati manualmente del moscatello precedentemente appassiti in locali chiusi e ventilati oppure su graticci esposti al sole e all’aria aperta fino a che non si ottenga un mosto con contenuto zuccherino non inferiore al 30%. Il mosto fresco di moscatello, pieno di lieviti vivi, ha come obiettivo quello di attivare la fermentazione e conferire al vino aromi e profumi straordinari. Gli acini dell’uva appassita rimangono a macerare nel mosto per almeno sei mesi dopo l’innesco della fermentazione. Il Greco di Bianco DOP e il Moscato di Saracena, detto anche “Moscato Passito di Saracena” e il “Moscato al Governo di Saracena” (nome del Presidio Slow Food) rappresentano la punta più evoluta della rinata enologia calabrese. * Esiodo, Opere e giorni. Lo scudo di Eracle, a cura di Silvia Romani, introduzione di Giulio Guidorizzi, Milano, Mondadori, 1997 Aprile-Giugno 2014 27 Il Gaglioppo nel suo regno: alla prova il miglioramento delle uve È una delle varietà autoctone a bacca nera più coltivate in Calabria: come migliorarne la dotazione e la stabilità colorante NICOLA BELFIORE LUIGI SANSONE D AV I D E D E S A N T I S * FEDERICA GAIOTTI MARIA MONTE L O R E N Z O L O VA T DIEGO TOMASI C R A - Centro di Ricerca per la Viticoltura, Conegliano (Treviso) Introduzione Il Gaglioppo rappresenta una delle varietà autoctone a bacca nera più coltivate in Calabria e la sua presenza viene testimoniata già alla fine del 1700. Attualmente trova diffusione principalmente sul versante ionico, nelle province di Crotone, Cosenza e Catanzaro, ma è nell’area di Cirò che questo vitigno trova la massima diffusione, con circa 2500 ettari. Il principale fattore critico per questa varietà è rappresentato dal contenuto antocianico mediamente basso e costituito principalmente da antociani disostituiti facilmente ossidabili (cianidina e peonidina). Queste caratteristiche fanno sì che, nonostante l’elevata estraibilità degli antociani, anche in uve ben mature il potenziale colorante raggiunga difficilmente alti livelli. Il potenziale aromatico si esprime pienamente * Collaboratore esterno 28 soprattutto nelle zone collinari dove le forti escursioni termiche fanno maturare i chicchi molto lentamente, sviluppando pienamente le proprietà organolettiche del vitigno. Prevalgono i composti benzenoidi e norisoprenoidi, mentre il tenore in terpeni risulta mediamente inferiore. Nell’ottica di migliorare la scarsa dotazione in sostanze coloranti nonché la loro stabilità è stata impostata e condotta una prova sperimentale della quale si dirà più avanti. Sviluppo e maturazione dell’acino La composizione della bacca, non è legata solamente ai processi metabolici che avvengono durante la maturazione, ma si realizza durante tutto il processo di sviluppo. Infatti se zuccheri, amminoacidi, antociani, proteine, terpeni e altre molecole degli aromi primari sono accumulati nel corso della maturazione, altre, quali i flavonoli, gli stilbeni e gli acidi fenolici sono sintetizzati prima e dopo l’invaiatura e altre ancora quali acidi organici, protoantocianidine e carotenoidi, sono sintetizzate prima dell’invaiatura per subire durante la matura- I L F O C U S Figura 1. Sezione dell’acino: localizzazione dei composti fenolici e delle sostanze coloranti zione fenomeni di trasformazione e diluizione (Downey et al., 2003). Lo sviluppo dell’acino segue un andamento a doppia sigmoide. Nella prima fase di crescita della bacca (che va dall’allegagione all’invaiatura e ha una durata media di circa 60 giorni), oltre all’accrescimento volumetrico si assiste anche all’accumulo di importanti composti che raggiungono la loro concentrazione massima in prossimità dell’invaiatura (acido tartarico, acido malico, acidi idrossicinnamici, i precursori dei fenoli volatili, aminoacidi, micronutrienti e composti aromatici, quali ad esempio le metossipirazine e i tannini). Nel secondo periodo di crescita, che va dall’invaiatura alla maturazione, l’accrescimento è dovuto esclusivamente alla distensione cellulare. Dall’invaiatura alla maturazione si assiste al rapido incremento della concentrazione zuccherina (glucosio e fruttosio), alla diminuzione di quella degli acidi (malico e tartarico) e delle sostanze pectiche. Nelle uve a bacca nera vengono sintetizzati aromi e antociani a livello della buccia, mentre in quelle a bacca bianca vengono prevalentemente prodotti aromi come i terpeni e i norisoprenoidi e polifenoli incolori. Nel corso di questa fase le sostanze tanniche, specialmente quelle dei semi, diminuiscono rapidamente (Coombe, 1992). Le sostanze coloranti dell’uva Le sostanze responsabili della colorazione delle uve rosse sono dei composti polifenolici, chiamati antociani, appartenenti alla classe dei flavonoidi che comprende anche altri composti non coloranti. Gli antociani sono probabilmente i componenti fenolici dell’uva più studiati, grazie al loro contributo al colore dei vini rossi (Mazza 1995). La loro molecola è costituita da due anelli benzenici uniti per mezzo di un eterociclo ossigenato, lo ione flavilio. Immagine rielaborata da Teixeira A. et al., 2013 In Vitis vinifera gli antociani sono 3-monoglucosidi di malvidina, peonidina, petunidina, delfinidina e cianidina (si usa il suffisso “-idina” per le forme libere e “-ina” per quelle glicosilate). La presenza di antociani diglucosidi in quantità importante è specifica delle specie americane del genere Vitis (V. riparia e V. rupestris) e la loro presenza nel vino è in genere indice di un’aggiunta di vino proveniente da ibridi. In sintesi: gli antociani possono essere trisostituiti (Malvina, Delfinina, Petunina) oppure disostituiti (Cianina, Peonina) e infine acilati (ac. acetico, ac. paracumarico). Il rapporto, geneticamente definito e costante, tra le cinque forme di antociani (trisostituite e disostituite) e la presenza/assenza di antociani acilati definiscono il profilo antocianico caratterizzante ogni singola varietà di uva in quanto le diverse varietà (cultivar) di Vitis vinifera non contengono la stessa percentuale relativa dei diversi antociani e ciò permette, se non proprio di distinguere una cultivar dall’altra, per lo meno di raggrupparle in famiglie simili per composizione antocianica. Localizzazione e sintesi degli antociani Gli antociani sono localizzati nelle cellule della buccia (Figura 1) con l’eccezione di poche varietà, denominate tintorie, che ne possiedono anche nella polpa. La loro sintesi inizia 2-3 settimane prima che il colore sia visibile e il picco massimo si raggiunge durante la maturazione, quando l’attività del principale enzima responsabile della sintesi – fenilalanina-ammonio liasi (PAL) – che è localizzato nel citoplasma, aumenta bruscamente raggiungendo la sua massima espressione in due settimane. Il livello di accumulo degli antociani e la posizione del massimo accumulo, variano molto in funzione della zona viticola, dell’annata (variazioni climatiche), del vitigno e delle tecniche colturali. Durante gli ultimi stadi della maturazione si assiste al declino del contenuto in antociani totali degli acini e questo fenomeno può essere dovuto sia a una perdita di tutte le forme principali di malvidina 3glucoside sia all’attività di glicosiAprile-Giugno 2014 29 DALL'ENOTRI A A L L A C A L A B R I A I L V I N O R E S TA U N M I T O T R A D I Z I O N I M I L L E N A R I E C H E S I R I N N OVA N O A O G N I V E N D E M M I A La Calabria – già conosciuta nell’antichità (XV secolo a.C.) anche come Enotria, un territorio in cui oggi gli storici hanno compreso anche la Campania meridionale e la Basilicata – ha con il vino un legame millenario. Una leggenda racconta come durante i giochi olimpici dell’età classica, gli eccellenti vini dell’attuale territorio cirotano arrivassero in Grecia come premio per gli atleti vincitori. La storia, con i suoi documenti, afferma che la coltivazione della vite e la produzione vinicola, è antichissima ed era diffusa in tutta la regione. dasi e perossidasi nei vacuoli delle cellule epidermiche (Haselgrove et al., 2000; Keller & Hrazdina, 1998). La concentrazione media degli antociani è di 1-5 g/kg di uva e sono contenuti nelle cellule epidermiche, ammassati nei vacuoli, addossati e legati alla membrana vacuolare durante le prime fasi della maturazione e via via sempre più in forma libera nel lume vacuolare all’avanzare della maturazione. Prove sperimentali volte a migliorare l’intensità e la stabilità del colore nel Gaglioppo Questo studio è stato avviato nel 2011 in un vigneto situato in Calabria nella zona del DOC Cirò. Si tratta di un impianto di 20 anni della varietà Gaglioppo innestata su 17.37 (V. berlandieri x V. rupestris), 30 La ricercatrice Marilena De Bonis ha sottolineato, nel corso di un recente convegno dedicato alle tradizioni e alle prospettive del settore, come sin dal ’500 i vini calabresi, il Falerno per primo, fossero noti per l’eccellente qualità: nelle piazze di Roma e di Firenze il vino calabrese era il più caro, superato soltanto dalla malvasia. Non solo. Era anche molto richiesto e i calabresi erano abilissimi nell’esportare e vendere il loro prodotti. Gli antichi produttori di Enotria erano insuperabili nel valorizzare i vitigni autoctoni e nello sfruttare le potenzialità offerte dal suolo calabrese: i declivi ondulati di Cirò e Melissa, i colli cosentini di Donnici, Esaro e Savuto, le fertili colline del Lametino, dotato di discreto vigore, con densità di 5.000 viti/ha, irrigato, allevato a controspalliera, con potatura a cordone speronato doppio. Per migliorare la dotazione polifenolica delle uve e soprattutto per aumentare la stabilità delle sostanze coloranti del vino, è stata impostata una prova che ha visto l’applicazione della rutina (quercetin-3- O-ramnosil (1-6) glucoside), molecola del gruppo dei flavanoli, con proprietà di copigmentazione (fenomeno chimico attraverso il quale si formano complessi coloranti tra diverse forme di antociani o tra antociani e altre forme fenoliche incolori) (Boulton 2001, Schwarz et al., 2005). Esperienze condotte nel nord della Spagna sul vitigno “Tempranillo” hanno anche dimostrato che l’applicazione della Rutina due settimane prima della vendemmia – nella dose di 100 g/hl – ha aumentato il contenuto degli antociani e dei polifenoli totali rispettivamente i suggestivi terrazzamenti della Costa Viola che da Tropea si allunga fino a Scilla e Bagnara, dove cresce il profumato zibibbo, per finire alle morbide pieghe ioniche che circondano l’Aspromonte. Il vino aveva qualcosa di sacro, terapeutico e addirittura miracolistico e veniva fortemente desiderato alla fine di una lunga giornata di lavoro nei campi, per accompagnare il pasto o anche semplicemente per rilassarsi e dissertarsi: una presenza forte e costante nella cultura e nel costume degli antichi calabresi. Oggi la politica regionale per il settore riscopre valori millenari per farne patrimonio in vista di una produzione di qualità. La storia, il passato, la tradizione che sposano il presente e il futuro. del 33% e del 28% (Gonzales R. et al., 2010). L’applicazione è stata eseguita alla dose di 80/100g/hl su 4 tesi differenziate per numero di interventi a partire da 30, 20 e 10 giorni dalla presunta data di maturazione, a confronto con un testimone non trattato. La rutina ha un costo di circa 900 euro/chilo. Il trattamento della sola fascia produttiva con circa 300 litri di soluzione acquosa/ha, comporta un costo di circa 250 euro/ha/trattamento. Le tesi a confronto erano le seguenti: 1. 30 + 20 + 10 giorni dalla maturazione (3 interventi); 2. 20 + 10 giorni (2 interventi); 3. 20 giorni (1 intervento); 4. 10 giorni (1 intervento); 5. Testimone non trattato. Lo schema sperimentale adottato è stato completamente randomizzato con 3 ripetizioni per tesi, ciascuna costituita da un filare di 100 metri lineari. I L Rilievi alla vendemmia. In tutte le tesi si sono rilevate le caratteristiche qualitative dei mosti e la dotazione in antociani e flavonoidi delle uve (Di Stefano et al., 1991) e dei vini. I dati sono stati sottoposti ad analisi della varianza usando il software SPSS; il confronto tra i trattamenti è stato effettuato mediante il test di Tukey per P ≤ 0,05. Risultati Con l’applicazione della rutina la produzione di uva per vite evidenzia solo un effetto annata, con il 2012 più produttivo. Inoltre, in entrambe le annate non si sono modificate né la concentrazione in solidi solubili (in media circa 22° Brix senza significative differenze tra le tesi), né l’acidità totale dei mosti, che comunque nel 2012 appare leggermente inferiore. Anche le variazioni del pH sono contenute in un intervallo molto ristretto senza variazioni significative. Gli antociani totali nelle uve, nel 2011, non hanno subìto variazioni (da 116 per le tesi trattate a 144 mg/kg per il test); nel caso dei flavonoidi totali si è osservata una diminuzione della concentrazione nelle tesi trattate (valori pari a 971 mg/kg e 1219 mg/kg per il trattato e il testimone rispettivamente), senza differenze significative tra le tesi. Nel 2012, sia gli antociani totali sia i flavonoidi totali sono risultati superiori all’anno precedente, ma senza differenze apprezzabili tra i trattamenti e fra questi e il testimone (da 177 mg/kg nel trattato a 198 nel testimone per gli antociani, e da 1789 a 1848 mg/kg per i flavonoidi). Riguardo alla estraibilità degli antociani, in entrambe le annate questa è risultata maggiore mediamente del 10% nelle tesi “rutina”. La valutazione visiva dei vini del 2011 e del 2012, in entrambi i casi dopo 6-8 mesi dall’imbottigliamento e a oltre un anno dalla vendemmia, ha evidenziato variazioni dell’intensità del colore: mediamente i trattamenti ripetuti hanno indotto una maggiore gradevolezza visiva anche se non in modo ripe- Giudizio visivo su base di 10/10 tibile nelle due annate. In Figura 2 si riportano i risultati relativi al solo 2011. Conclusioni Nelle due annate di prova, le differenti applicazioni di rutina, in ambiente caldo-arido, non hanno prodotto modificazioni apprezzabili sulle sostanze coloranti delle uve di Gaglioppo, varietà notoriamente povera nella dotazione polifenolica. Invece, nei vini dopo un anno di invecchiamento, si è osservata una maggiore stabilità e intensità del colore relativamente ai trattamenti eseguiti nel 2011 a 20 + 10 e a 10 giorni dalla data di vendemmia e nel 2012 con tre interventi a 30, 20 e 10 giorni dalla vendemmia. Si può quindi concludere che vi è un effetto positivo della rutina quando però l’intervento è ripetuto almeno due volte prima della vendemmia, che dovrebbero diventare tre in annate climaticamente favorevoli alla sintesi antocianica (come avvenuto nell’annata 2012). La documentazione bibliografica di questo studio può essere richiesta scrivendo a [email protected] Figura 2 - Intensità e attraenza del colore nei vini dell’annata 2011 6,0 F O C U S Intensità colore Attraenza colore 5,0 4,0 3,0 2,0 1,0 0,0 T 20+10 T 10 Test T 20 T 30+20+10 Valutazione effettuata a febbraio 2013 a 8 mesi dall’imbottigliamento Aprile-Giugno 2014 31 Per un nuovo sviluppo potenziare la filiera del vino Gli investimenti della Regione riguardano in particolare la ristrutturazione e la riconversione dei vigneti GIACOMO GIOVINAZZO Dirigente del Settore 2 del Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione Regione Calabria tanti obiettivi che consentiranno di esprimere al meglio le potenzialità della filiera, qualificando maggiormente le produzioni e aumentando la competitività dei produttori di vino attraverso la sostituzione e/o il sovrainnesto di vecchi vigneti con impianti nuovi aventi caratteristiche tecniche, colturali e varietali più rispondenti. Infatti la superficie vitata regionale ha una forte valenza economica per alcuni specifici territori e partecipa in modo rilevante alla formazione del reddito agricolo. La Misura Investimenti invece, inteLA REGIONE ALLA RASSEGNA INTERNAZIONALE DI VERONA resserà 37 aziende ammesse a finanziamento con un contributo totale di coraggio hanno puntato sulla L’assessore Michele Trematerra Dipartimento dell’Agricoltura, qualità. In Calabria – ha quindi Giuseppe Zimbalatti. è intervenuto a un incontro 1.016.934 euro. ribadito Trematerra – esiste “La Calabria – ha detto con gli operatori del settore Gli interventi, sono Trematerra – punta alla qualità una realtà molto interessante organizzato presso lo stand rivolti alle sole imfatta di aziende che hanno grazie alla capacità delle della Regione Calabria prese vitivinicole, investito molto nelle proprie aziende di innovare nel solco durante la manifestazione escludendo quindi produzioni. In questi due della tradizione. Il nostro internazionale Sol - Vinitaly settori, infatti, sono stati fatti obiettivo è quello di lanciare di Verona. All’incontro, quei soggetti che grandi passi in avanti proprio un messaggio importante: incentrato sui temi hanno effettuano a in questo senso. Un’ottima non più individualismi della produzione vitivinicola qualsiasi titolo la occasione è offerta dalla ma sinergia e condivisione. e olivicola in Calabria, sola commercializnuova programmazione. Occorre fare massa critica oltre a moltissimi giornalisti, zazione del vino fiLa Calabria, grazie e stringersi in rete per fare erano presenti: i presidenti sistema e affrontare il mercato alle numerose potenzialità delle Camere di Commercio nito. di cui dispone, può puntare globale con più forza”. di Catanzaro e Vibo Valentia, Gli investimenti a ottenere risultati eccellenti “Dobbiamo continuare Paolo Abramo e Michele Lico, ammessi saranno di in entrambi i comparti”. su questo percorso – ha il direttore di Unioncamere tipo strutturale, coAll’ultima edizione del Vinitaly proseguito – per far conoscere Calabria, Antonio Palmieri, il me la costruzione, la hanno partecipato al meglio le nostre eccellenze: presidente della Casa dei Vini oltre 50 aziende regionali il merito principale va Calabria, Gregorio Mungari ristrutturazione e/o produttrici di olio e vino. alle nostre aziende che con e il dirigente generale del gli allestimenti di punti vendita, l’ac- Le azioni portate avanti dalla Regione Calabria nel settore della vitivinicoltura negli ultimi mesi dell’anno hanno puntato a uno sviluppo armonico della vitivinicoltura in Calabria con un investimento di 4.400.000 euro. I principali interventi hanno riguardato la ristrutturazione e la riconversione dei vigneti, la Misura Investimenti, la Vendemmia verde, ma anche la concessione dei diritti di reimpianto. È la prima volta che la Regione Ca- labria ha avviato un percorso di recupero di quote vigneti, dando la possibilità ai viticoltori di poter usufruire di altri 50 ettari e mettendo così in circolo nuove risorse. Nell’imminente è prevista l’uscita di un nuovo bando per 200 ettari. Con la ristrutturazione e la riconversione dei vigneti, che sta interessando 97 beneficiari per una superficie di 150 ettari e un importo da liquidare di circa 2.600.000 euro, la Regione si prefigge lo scopo di raggiungere alcuni impor- SINERGIE E ACCORDI DI RETE PER AFFRONTARE IL MERCATO 32 L’IMPEGNO DELLA REGIONE CALAB R I A N E L L A F I L I E R A V I T I V I N I C O L A POR Calabria 2000-2006 - Asse IV “Sistemi Locali di Sviluppo” PSR Calabria 2007-2013 Misure POR Calabria attivabili dai PIF - Progetti Integrati di Filiera Misura 4.5 - Investimenti nelle aziende agricole – Azione 4.5.a - Macrofiliere – Azione 4.5.c - Tutela ambientale Misura 4.6 - Miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli Misura 4.7 - Commercializzazione dei prodotti agricoli di qualità Misura 4.8 - Avviamento di servizi di sostituzione e di assistenza alla gestione delle aziende agricole Misura 4.14 - Insediamento giovani agricoltori Misura 4.15 - Formazione Misura 4.17 - Sviluppo e miglioramento di infrastrutture che incidono sullo sviluppo dell’agricoltura Misure PSR Calabria attivabili dai PIF - Progetti Integrati di Filiera Misura 111 - Azione nel campo della formazione professionale e dell’informazione Misura 115 - Avviamento di servizi di consulenza aziendale, di sostituzione e di assistenza alla gestione delle aziende agricole, nonché di servizi di consulenza forestale Misura 123 - Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli e forestali Misura 124 - Cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie nei settori agricolo e alimentare e in quello forestale Misura 133 - Azioni di informazione e promozione PIF (Progetti Integrati di Filiera) Vitivinicoli approvati: 6 Contributi FEOGA: € 37.161.713,29 Numero di aziende beneficiarie: 211 PIF - Progetto Integrato di Filiera Numero Importo di aziende finanziato* Misure attivate PIF “Le vigne del sole” 24 7.644.865,00 Gli Itinerari dei vini della Calabria Citra PIF Azienda Agricola Russo e Longo Val di Neto srl & Partner 63 9.874.660,00 18 4.474.125,00 4.5 • 4.6 • 4.7 4.8 • 4.15 4.5 • 4.6 • 4.7 4.8 4.5 • 4.7 • 4.8 8 1.254.640,00 4.5 • 4.6 32 5.619.798,29 66 8.293.625,00 4.5 • 4.6 • 4.7 4.8 4.5 • 4.6 • 4.7 Consorzio Vitivinicolo Calabrese Parco Viticolo P I F (Progetti Integrati di Filiera) Vitivinicoli approvati: 2 Contributi FEASR: € 3.658.148,00 Numero di beneficiari diretti e indiretti: 76 Superficie interessata: 790 ha Fatturato: €10.109.000,00 Dimensione territoriale PIF - Progetto Integrato di Filiera Subprovinciale (KR) Subprovinciale (CS) Subprovinciale (KR) Subprovinciale (KR) Interprovinciale (CZ, KR, RC) Subprovinciale (KR) Gli Itinerari dei vini della Calabria Citra Vitivinicolo Sibari Pollino Numero Importo di aziende finanziato* 71 1.923.467,00 5 1.734.681,00 Misure attivate 111 • 115 • 123 124 • 133 123 • 133 Dimensione territoriale Subprovinciale (CS) Subprovinciale (CS) * Valori in euro * Valori in euro Interventi realizzati • Investimenti per il miglioramento della qualità delle produzioni attraverso la ristrutturazione e l’adeguamento tecnologico di cantine esistenti e la creazione di nuove cantine aziendali • Miglioramento delle condizioni di commercializzazione attraverso la creazione di piattaforme commerciali e creazione di punti esposizioni – enoteche. Attivazione di • Servizi di sostegno alle imprese per l’adeguamento dei disciplinari di produzione • Servizi di consulenza tecnico/finanziaria e agronomica • Attività di formazione e di promozione quisto di barriques e piccoli vasi vinari, la realizzazione di laboratori e l’adozione di sistemi di qualità, ma anche immateriali riguardanti in questo caso l’attività di e-commerce. Con tale misura, si introduce così un regime di sostegno per le imprese situate nel territorio della Regione Calabria che realizzino investimenti funzionali all’incremento del rendimento globale dell’impresa del settore vitivinicolo, soprattutto in termini di adeguamento alla domanda del mercato e per il raggiungimento di una maggiore competitività. Infine, la Vendemmia verde, che risponde all’obiettivo dell’equilibrio del mercato vitivinicolo, eliminando le eccedenze nel rispetto di quei particolari fattori di tutela del valore paesaggistico e delle tradizioni culturali del territorio, interesserà 20 aziende per un importo di 180.000 euro. La Vendemmia verde è un intervento di autoregolazione delle eccedenze e consiste nella distruzione o eliminazione totale dei grappoli non ancora giunti a maturazione. Nell’ambito del rilancio della vitivinicoltura regionale tale intervento è stato considerato marginale, trattandosi di un comparto in forte crescita e con potenzialità di incremento di notevole valore. Sempre nell’ambito dell’OCM Vino è previsto a breve il bando sulla Misura Promozione del vino sui mercati dei Paesi terzi con un importo di 800.000 euro. Con circa 12.000 ettari la vitivinicoltura calabrese, grazie agli sforzi corali del Dipartimento e degli imprenditori, si sta affermando sul panorama regionale, mentre i vini provenienti da vitigni autoctoni si stanno imponendo a livello nazionale e internazionale. La vitivinicoltura calabrese ha quindi salde e consolidate tradizioni, accompagnate da innovazione e passione che fanno ben sperare in un ulteriore sviluppo. Aprile-Giugno 2014 33 L’attuale Programma di Sviluppo Rurale prevede una serie di azioni che hanno effetti diretti sul complessivo sistema ambientale. Con un occhio al futuro. Che sta arrivando G I O VA N N I A R A M I N I Dirigente del Settore 3 del Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione Regione Calabria Premessa ANTONELLA COSTA In vista della preparazione dei documenti di programmazione per il periodo 2014-2020, i Servizi della Commissione Europea hanno pubblicato il documento (position paper) che traccia le strategie fondamentali per contribuire alla crescita sostenibile, all’occupazione e alla competitività a livello nazionale. Geologa, esperta in tematiche ambientali Tale documento, tra l’altro, pone fra gli obiettivi prioritari il tema della mitigazione e dell’adattamento ai cambiamenti meteo-climatici. In realtà, già la riforma dell’Health ckeck, prevista dal Reg. 74/2009, poneva tra le nuove sfide delle Politiche di sviluppo rurale la lotta ai cambiamenti climatici. FOTOSINTESI Figura 1. Il settore agroforestale, incidendo sui flussi di carbonio fra suolo e atmosfera, presenta forti implicazioni con le problematiche legate ai cambiamenti climatici CO 2 CO 2 CO 2 CO 2 fissata dalla vegetazione min e ral izz azi one P S R C A L A B R I A Clima, crescita sostenibile e sistema agricolo, ormai siamo già nel 2020 us hum LETTIERA 34 CO 2 fissata nel suolo A livello globale il contenuto di carbonio nel suolo è stimato essere 3 volte maggiore di quello contenuto nella biomassa epigea È noto infatti che il settore agricolo e forestale presenta forti implicazioni con le problematiche legate ai cambiamenti climatici. Se da una parte, infatti, ne subisce le conseguenze dirette relative a eventi meteo climatici estremi (processi di desertificazione, aridità, alluvioni, fenomeni di dissesto), dall’altra, le politiche agricole possono influenzare significativamente i livelli di emissioni di gas a effetto serra, incentivandone o mitigandone gli effetti. Si calcola che una variazione di solo 0,1% di carbonio organico nei suoli agrari italiani equivale a 275 milioni di tonnellate di biossido di carbonio, a fronte di un valore di emissioni totali a livello nazionale di 553 Mt colare, tali interventi riguardano il sistema per l’anno 2007. Il suolo in particolare costiforestale, la gestione sostenibile delle aree tuisce il comparto ambientale più importante olivetate e alcune azioni legate a tecniche in termini di “sequestro” di CO2. A livello glodi agricoltura conservativa. bale il carbonio presente nei suoli è pari a 3,2 volte quello atmosferico e 4,4 volte quello biotico. È evidente che piccoli cambiamenti del contenuto di carbonio organico nei suoli possono comportare significative variazioni nei flussi di carbonio e conseguentemente nei fenomeni legati ai cambiamenti climatici. Il biossido di carbonio, infatti, è considerato la principale causa dell’effetto serra a livello Gli ecosistemi forestali sono particolarmente planetario (Figura 1). efficaci in termini di sottrazione di CO2 atLe politiche agricole e forestali possono, mosferica e immagazzinamento della stessa pertanto, svolgere un ruolo determinante nel soprassuolo e nel suolo (parte epigea, promuovendo strategie di intervento effilettiera, orizzonti superficiali, orizzonti sotcaci in termini di flusso di CO2, anche a tosuperficiali). Le foreste contribuiscono per vantaggio di altri circa il 25% alla ricomparti produttivi. duzione delle emisIl Piano di Sviluppo sioni di CO2 dovute Le foreste contribuiscono Rurale della Calabria ai combustibili costituisce lo strufossili. Circa il 50% per circa il 25% alla riduzione mento programmatico del carbonio glodelle emissioni di CO2 per la gestione dei bale è contenuto fondi strutturali 2007dovute ai combustibili fossili nelle foreste. 2013 relativamente al La Calabria si pone Fondo Europeo Agrifra le regioni itacolo per lo Sviluppo liane con più alto Rurale (FEASR). Il indice di boscosità Piano regionale, coerentemente con le (35%). Le superfici forestali rappresentano linee strategiche fissate a livello nazionale, ben 480.000 ettari di cui circa un terzo mira al rafforzamento del sistema agricolo, deriva dalla forte azione di rimboschimento alla tutela e valorizzazione delle risorse effettuata nella seconda metà del secolo naturali, al miglioramento delle condizioni scorso per effetto delle Leggi speciali per di vita nei contesti rurali. Alcune azioni atla Calabria (Foto 2). tivate nell’ambito dell’Asse II – ValorizzaIl Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013 zione delle risorse naturali – presentano mette in atto strategie indirizzate alla implicazioni dirette con le problematiche salvaguardia del patrimonio boschivo esilegate ai cambiamenti climatici. In partistente, alla ricostituzione di aree dan- Foto 2. Negli anni ’50 fu avviata un’importante azione di ripristino ambientale con la ricostituzione di 153.000 ettari di bosco nelle aree a maggior rischio di degrado Il settore forestale: riforestazione, afforestazione, gestione del patrimonio forestale Aprile-Giugno 2014 35 C A L A B R I A P S R neggiate da calamità naturali o incendi, all’imboschimento di terreni agricoli e non agricoli. In particolare la Misura 221 è finalizzata al primo imboschimento di terreni agricoli già destinati a colture agrarie e rende disponibili risorse per circa 20 milioni di euro. La Misura 223 incentiva il primo imboschimento di superfici non agricole al fine di realizzare boschi permanenti con ricadute ambientali, paesaggistiche e protettive. Infine la Misura 226 mira alla ricostruzione di boschi nelle aree attraversate da incendi o danneggiate da calamità naturali e mette in atto interventi preventivi contro le calamità stesse. Nella prima fase attuativa del PSR risultano finanziati interventi per la realizzazione di circa 700 ettari che, sulla base delle stime effettuate, potrebbero diventare 2.500 nell’intero arco temporale di attuazione del Piano. Sulla base dei dati acquisiti sperimentalmente nell’ambito di un recente studio condotto dall’ARSSA, il potenziale accumulo di carbonio organico nei suoli potrebbe aggirarsi attorno al 2,7 t/ha/anno, al quale andrà ad aggiungersi una quantità equivalente di carbonio fissata nella parte epigea. Foto 3. Il 90% dell’olivicoltura calabrese interessa terreni fortemente vulnerabili ai processi erosivi. Le tecniche di gestione a basso impatto ambientale promosse con il PSR consentono una gestione sostenibile di tali aree Foto 4. Fenomeni di desertificazione sui rilievi collinari del versante ionico 36 Complessivamente può stimarsi, per gli interventi realizzati con il PSR nel settore forestale, una capacità di sequestro di CO2 pari a 60.000 t/anno. Il sistema oliveto Circa il 90% dell’olivicoltura calabrese interessa terreni di collina o di montagna soggetti a forti processi erosivi (Foto 3). In un contesto di elevata vulnerabilità ambientale, le strategie di gestione assumono valenza determinante. In questa ottica le politiche agricole regionali sono orientate a incentivare sistemi gestionali di tipo conservativo, più incisive rispetto alle condizioni minime stabilite con le norme di condizionalità. Gli strumenti messi in atto sono riconducibili, da una parte, all’inerbimento delle colture permanenti e, dall’altra, all’Azione 2 della Misura 214, che promuove l’agricoltura biologica, un sistema di coltivazione basato sul concetto che la fertilità fisico-chimica dei suoli sia il presupposto per un’agricoltura sana e sostenibile dal punto di vista ambientale. Sia nel primo che nel secondo caso il flusso positivo di carbonio sequestrato sotto forma di sostanza organica, risulta rilevante. Il contenuto medio in carbonio organico nei suoli olivetati calabresi, a eccezione di situazioni pedologiche zonali, non supera lo 0,7%, mentre in condizioni gestionali di equilibrio lo stesso contenuto può stimarsi fra l’1,5 e il 2,5%. Il potenziale recupero può quantificarsi, considerando un orizzonte di riferimento di 30 cm, fra 40 e 80 t/ha di carbonio organico. È evidente che un obiettivo del genere richiede tempi di medio-lungo periodo, ragionevolmente qualche decennio. Un dato comunque di particolare interesse che, rapportato ai 45.000 ha di oliveto condotti in biologico o che hanno aderito all’“Azione inerbimento”, può significare un valore compreso tra 6,5 e 12,9 Mt di CO2. Complessivamente valori annui di sequestro di CO2 quantificabile in circa 400.000 t. Dati sperimentali acquisiti in ambiente collinare calabresi su suoli olivetati inerbiti, hanno evidenziato un incremento di circa lo 0,1% anno di sostanza organica, a conferma delle valutazioni proposte. Il sistema olivicolo calabrese, oltre a continuare a svolgere fondamentali funzioni paesaggistiche e produttive, può contribuire in maniera significativa alla mitigazione dei cambiamenti climatici. Agricoltura conservativa Fra gli interventi agroambientali del PSR sono state attivate alcune azioni orientate all’incremento della fertilità dei suoli attraverso l’incremento della sostanza organica, con conseguente sequestro di CO2 dall’atmosfera. In particolare le azioni riguardano l’inerbimento, le tecniche che rafforzano le buone condizioni agronomiche e ambientali già fissate dalle norme di condizionalità e la conversione colturale da seminativi a pascoli. Gli interventi si concentrano nelle aree collinari particolarmente vulnerabili ai fenomeni di degrado (Foto 4). Le risorse finanziarie disponibili consentono di ipotizzare interventi su alcune migliaia di ettari, in larga misura nel versante ionico, con ricadute ambientali rilevanti, sia in termini di riduzione dei fenomeni di dissesto idrogeologico che in termini migliorativi della fertilità dei suoli. Il passaggio dall’attuale sistema di gestione basato sulle lavorazioni profonde a un sistema gestionale di tipo conservativo consente di: - aumentare gli apporti di residui vegetali ipogei ed epigei legati al cotico erboso spazialmente continuo e presente nell’intero arco dell’anno; - contenere i processi di ossidazione della sostanza organica; - ridurre i consumi di combustibili fossili richiesti per le lavorazioni meccaniche. Ipotizzando anche nel caso dell’adozione di tecniche di agricoltura conservativa un incremento di circa 0,05-0,1%/anno di carbonio organico, fino al raggiungimento del livello di equilibrio che per le specifiche condizioni ambientali oscilla intorno al 2%, si può considerare un valore medio di CO2 sottratta all’atmosfera oscillante intorno a 100.000 t/anno (Foto 5) . Foto 5. Le lavorazioni ripetute secondo schemi convenzionali favoriscono i processi di degrado dei suoli con flussi positivi di CO2 nell’atmosfera Complessivamente, a fronte di obiettivi annui di riduzione delle emissioni di CO2, quantificati per la Calabria in 0,76 M/t/anno per effetto degli impegni assunti nell’ambito del Protocollo di Kyoto (APAT, 2009), le sole misure del Piano di Sviluppo Rurale possono contribuire complessivamente per 0,56 M/t/anno. Ciò conferma il ruolo positivo svolto dal settore primario nella complessa partita dei cambiamenti climatici (Foto 6). Considerazioni conclusive Foto 6. La conversione colturale da seminativo a pascolo favorisce la stabilizzazione dei versanti e la sottrazione di CO2 dall’atmosfera Il Piano di Sviluppo Rurale della Calabria si propone, tra l’altro, l’obiettivo della tutela delle risorse ambientali. In maniera specifica alcune misure prevedono interventi finalizzati a incrementare la capacità di “sequestro” di CO2 da parte dei sistemi agricoli e forestali. Le valutazioni effettuate nell’ambito del presente lavoro consentono, in via preliminare, di proporre alcune sintetiche riflessioni: 1. il sistema agroforestale, oltre a espletare la fondamentale funzione produttiva, conferma il proprio ruolo di produttore di beni pubblici ambientali; 2. la gestione agricola e forestale può contribuire concretamente alla mitigazione dei cambiamenti climatici; 3. i sistemi di contabilizzazione dei flussi di carbonio devono tener conto della gestione agricola e forestale; 4. il prossimo periodo di applicazione del Protocollo di Kyoto dovrebbe riconoscere il ruolo degli imprenditori agricoli e forestali attraverso l’accesso al sistema di gestione dei crediti di carbonio. Aprile-Giugno 2014 37 O L I V I C O L T U R A Nell’olivicoltura la nostra storia, nell’olio extravergine IGP di Calabria il nostro futuro Fare agricoltura non è mai stato facile e mai lo sarà, in quanto attività soggetta a fattori variabili, primo fra tutti il clima ormai acclaratamente in cambiamento. Tali difficoltà aumentano in Calabria dove, alle difficoltà storiche, si aggiungono oggi quelle derivate dalla globalizzazione di un mercato che richiede organizzazione, qualità e concentrazione dell’offerta. L’olivicoltura in Calabria si fa da millenni e, nonostante i progressi tecnico-economici che la ricerca ha apportato dal punto di vista produttivo, oggi vorremmo ulteriormente valorizzarla . Perché l’olivo è l’emblema di tutta la storia millenaria della nostra terra, in esso troviamo tracce del nostro passato glorioso e una forte identità culturale. Oggi più che mai la Calabria è in grado di essere un punto di riferimento importante sul mercato globale, e i nostri agricoltori sono sempre più attivi e dinamici, proiettati in un percorso di crescita e sviluppo, che contribuisce quotidianamente e in maniera determinante a far conoscere la nostra terra e i suoi prodotti in tutto il mondo, incentivando gli scambi commerciali con i Paesi esteri. Lentamente e con difficoltà si sta costruendo quel “made in Calabria” che comporta sfide e impegno, necessari per affrontare un confronto che è ormai globale. Ma c’è ancora tanta strada da fare per poter giungere a far conoscere appieno i nostri prodotti e la loro origine. In quest’ambito è nata l’esigenza di valorizzare la “tipicità e l’origine” dell’olio calabrese, attraverso uno strumento idoneo e cioè la creazione di un marchio IGP. Tutto è iniziato all’incirca dieci anni fa, quando è nata l’idea di dotarci di un elemento di sostegno, organizzato e M A S S I M I N O M AG L I O C C H I Presidente del Comitato Promotore IGP “Olio di Calabria” Il lungo cammino verso il riconoscimento sembra ormai avviarsi alla conclusione grazie agli sforzi, l’impegno e la mediazione di tutti coloro che ne sono stati coinvolti Un momento dell’audizione pubblica 38 strutturato, in grado di portare ai consumatori e sui mercati del mondo intero una conoscenza più consapevole del nostro olio di oliva extravergine di qualità. Si costituì allora un Comitato Promotore, espressione del mondo agricolo calabrese, che potesse dare a un prodotto che rappresenta una voce primaria dell’economia del comparto agricolo della nostra regione, quantizzabile mediamente nel 25% del PIL regionale, quell’impulso capace di determinare una crescita ulteriore e significativa del comparto. Pur vantando tre aree DOP in Calabria, sui mercati nazionali e internazionali siamo sempre e comunque rimasti generici produttori di olio, privi di una forte identità, in quanto le aree DOP non venivano riconosciute sui mercati internazionali. Così, nonostante la qualità dei nostri prodotti, magari ben superiore a quella di tante altre regioni italiane, spesso ci si ritrovava – rispetto a queste – con un prezzo inferiore. Questa situazione ci ha indotto a iniziare dieci anni fa il percorso per il riconoscimento del marchio IGP “Olio di Calabria” in modo di dare la giusta identificazione al prodotto e al suo territorio di origine. Già allora, molti sostenevano che era una battaglia ardua e difficile. Oggi lo è diventata anche di più, per motivi normativi legati ai cambiamenti dei regolamenti comunitari, non ultimo il Regolamento UE n. 1151 del 21 novembre 2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, che rende difficilissimo il percorso per il riconoscimento delle denominazioni di origine, per effetto dei notevoli elementi identificativi che devono accompagnare il prodotto. Tutti elementi restrittivi paragonati alla Legge originaria n. 169 del 5 febbraio 1992, “Disciplina per il riconoscimento della denominazione di origine controllata degli oli di oliva vergini ed extravergini” e del Regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio, del 14 luglio 1992, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari. Conosciamo bene, purtroppo, la variabilità delle condizioni riscontrabili in Calabria, dove esistono moltissimi scenari colturali e ambientali e dove si riscontrano almeno una quindicina di varietà di olivo largamente diffuse, che hanno reso difficile omologare l’intera produzione olearia sotto un unico logo IGP. Credevamo anche noi agli inizi di poter avere un disciplinare sul modello di quello toscano, prevedendo per le tante tipologie anche le sottozone. Inizialmente, infatti, nella prima stesura del disciplinare erano state previste cinque sottozone: Basso Tirreno, Basso Jonio, Medio Jonio-Tirreno, Alto Jonio e Alto Tirreno, in cui rientravano quasi tutte le cultivar calabresi esistenti. Ma le nuove norme comunitarie ormai non permettono più il perseguimento di questa linea di condotta. È pur vero che la Regione Toscana le ha! Ma le ha ottenute tempo addietro e con i vecchi regolamenti comunitari molto più permissivi di quelli odierni. Il comitato promotore del marchio IGP, mi piace ricordarlo, è composto innanzitutto da calabresi, che conoscono molto bene il germoplasma olivicolo regionale e la esatta diffusione delle cultivar sul territorio. Con il disciplinare attuale, siamo stati “vincolati” a indicare come prevalente una sola cultivar, seppure la più importante e diffusa della Calabria, ovvero la Carolea. Le riunioni condotte con tutte le organizzazioni di categoria, le associazioni olivicole, i produttori, i trasformatori e i funzionari regionali, in questi anni si sono succedute proprio per dar vita a un disciplinare che soddisfacesse tutte le esigenze che dal territorio si levavano, anche per la più piccola produzione o cultivar, senza quindi vincoli limitativi per le nostre produzioni. Tuttavia, ricordo nuovamente, che il distinguo, il merito, la specificità che identificasse con chiarezza l’“unicità del prodotto” doveva emergere da una tipologia di cultivar a preminenza produttiva regionale, in grado di esprimere il legame fra una determinata tipologia di significativa rilevanza produttiva e l’ambiente geografico di riferimento: di quell’elemento insomma in grado di contraddistinguere il nostro olio, l’olio della Calabria, da tutti gli altri presenti sui mercati di vendita, identificandone la storia, il territorio, la sua delimitazione e il suo contenuto altamente diverso da quello delle altre regioni. L’Audizione Pubblica del 9 luglio scorso ha rappresentato il punto apicale di confronto sul disciplinare, la cui stesura originaria è avvenuta nel rispetto dei regolamenti e non per scelta campanilistica o per individuali personalismi, che non ci appartengono. Ancora una volta, alla presenza dei rappresentanti del Ministero, siamo stati pronti ad ascoltare le esigenze del territorio e attenti a cogliere le richieste di revisione del Disciplinare, soprattutto in riferimento alle percentuali da adottare per l’ottenimento del marchio IGP. Tale aspettativa è stata fatta propria dal Comitato Promotore che, grazie al supporto del Dipartimento Agricoltura della Regione Calabria, sta interfacciandosi con i funzionari ministeriali per valutare come intervenire, ovviamente al ribasso, su tali percentuali, fermo restando l’impossibilità di derogare alla presenza di una cultivar prevalente. E non è solo dovere istituzionale ringraziare sentitamente tutti coloro che sono intervenuti alla pubblica audizione e che stanno facendo sentire la loro voce appassionata, allo scopo di pervenire alla migliore formulazione possibile per l’intera regione. Grazie a questi interventi la visione prospettica si sta modificando, proprio nella direzione desiderata. Il nostro obiettivo è infatti quello che la Calabria ottenga questo importantissimo riconoscimento, che potrà e dovrà essere il principio per una crescita del nostro sistema produttivo, sostegno concreto per lo sviluppo economico del nostro territorio e per rafforzare in maniera durevole la competitività delle nostre tipicità sui mercati internazionali. L A R A S S E G N A I N T E R N A Z I O N A L E D I T R I E S T E D E D I C ATA A L L’ E X T R A V E R G I N E T I P I C O E D I Q U A L I T À L’olio riesce a unire Calabria e Friuli Venezia Giulia La Regione ha preso parte a Trieste all’ottava edizione di “Olio Capitale”, la rassegna internazionale dedicata agli oli extra vergine tipici e di qualità. Nella giornata di apertura della manifestazione si e svolto il convegno “Calabria – Friuli Venezia Giulia, la qualità dell’olio extravergine d’oliva agli estremi della penisola italiana”, organizzato dall’Assessorato regionale all’Agricoltura insieme all’Assessorato alle Attività Produttive della Regione Friuli Venezia Giulia e Aries Trieste. “Potrebbe suonare insolito – ha dichiarato l’assessore Michele Trematerra – l’accostamento tra Calabria e Friuli, due regioni che apparentemente condividono poco e nulla. Invece, nonostante storie e quantità produttive diverse, i due territori hanno lo stesso obiettivo: raggiungere l’eccellenza nel settore per distinguersi sui mercati internazionali. “Olio Capitale – ha spiegato l’Assessore – è la celebrazione dell’olio ai massimi livelli, dove i buyer internazionali incontrano il “mercato” e le novità che questo offre”. Al convegno sono intervenuti il dirigente generale del Dipartimento agricoltura Giuseppe Zimbalatti, il presidente della Camera di Commercio di Trieste Antonio Paoletti, il curatore della guida “Flos Olei” Marco Oreggia e il presidente del Comitato promotore IGP “Olio di Calabria” Magliocchi. Aprile-Giugno 2014 39 S T U D I O L O Il miglioramento genetico del Suino Apulo-Calabrese Tra storia e tradizione LUIGI CHIES Dipartimento di Agraria Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria In molti scritti è dimostrato che la cultura suinicola in Calabria è radicata da millenni: già in epoca romana, infatti, si racconta di un prodotto costituito da carne tritata insaccata nel budello nella zona della Lucania e delle terre dei Bruzi. Nel ’700 G.M. Galanti nel suo Giornale di viaggio fa menzione di quella che era la suinicoltura e la produzione di carne suina nelle zone in cui, allora, era distinta la Calabria: Citra e Ultra. Tra ’800 e ’900 molti furono gli autori che descrissero quelli che erano gli usi in Calabria dell’allevamento e della trasformazione delle sue carni; molti rievocano alla memoria l’uso di tenere il maiale nel piano basso della casa,“u catuaju”, acquistato magari in una fiera paesana e tenuto con gli avanzi della tavola e le scolature dei piatti “a vrodata”. Era la donna che aveva l’onere o l’onore di allevare il “sacro” animale, fonte di proteine e grasso. Questi animali d’estate erano tenuti al pascolo spesso con l’anello al grugno per evitare che questi rovesciassero il truogolo o andassero a depauperare il sottobosco; in autunno iniziava il finissaggio e l’alimentazione diventava ricca: castagne, ghiande, patate bollite, crusca e farina di mais grano e favino diventavano gli alimenti che dovevano donare consistenza e profumi alla carne e al grasso. A metà degli anni ’20 la popolazione suina calabrese era rappresentata da 131.736 capi. Soprattutto a partire dagli anni ’70 ha subito una forte contrazione. PIERO LAMANNA Dipartimento di Agraria Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria Carta della distribuzione degli allevamenti di Suino Apulo-Calabrese in Calabria 40 La consistenza e la localizzazione degli allevamenti In Calabria il numero di allevamenti di Nero si aggira intorno a 80, dato che molti allevamenti non sono ancora censiti dall’ANAS, e con un numero di capi totali che si aggira sui 1.800. La maggior parte di questi allevamenti ricadono nella Provincia di Cosenza, visto che è da qui che comunque si è ripresa e rivalorizzata a opera dell’ARSSA (oggi ARSAC) la razza autoctona calabrese e da qui si sta estendendo a macchia d’olio in tutto il territorio regionale. Dal punto di vista della trasformazione dei prodotti ricavati dal Nero e della loro collocazione sul mercato, gli allevatori si stanno riunendo in cooperative, visto che si tratta di un prodotto di nicchia e che l’unico modo per essere competitivi sul mercato è il cooperativismo, considerato che sono pochi quei singoli allevamenti che riescono ad attivare e mantenere autonomamente l’intera filiera. Le caratteristiche morfologiche È un suino di tipo robusto, di taglia medio-piccola con scheletro forte. Mantello e cute Cute e setole sono di colore nero; le setole sono robuste e più lunghe nella regione dorso-lombare. Alcuni soggetti possono presentare macchie bianche alle estremità degli arti (balzane), che non devono però estendersi oltre il garretto posteriormente o oltre il pastorale anteriormente. Testa La testa è di medio sviluppo, con profilo fronto-nasale rettilineo, mandi- bola piuttosto stretta, grugno lungo e sottile; le orecchie grandi sono pendenti in avanti e in basso. Collo Il collo è allungato, mediamente sviluppato. Tronco Il tronco è moderatamente lungo e stretto; il torace poco profondo, ventre stretto e pendente, linea dorso-lombare rettilinea, groppa inclinata. Arti Gli arti sono di media lunghezza, robusti, con articolazioni asciutte. Caratteri sessuali Nel maschio, si notano testicoli ben pronunciati. La femmina è caratterizzata da mammelle in numero non inferiore a 10, con capezzoli normali ben pronunciati e pervi. Le esigenze nutrizionali e alimentari A differenza del suino allevato in strutture industriali, dove le esigenze nutrizionali sono ormai determinate e standardizzate, per il suino allevato allo stato brado, soprattutto a causa della forte variabilità ambientale, alla quale consegue una variabilità fitosociologica notevole, la standardizzazione della dieta risulta molto più complessa. Nel corso della vita dell’animale, i tessuti si accrescono in modo differente. Al fine di ottenere le migliori condizioni di accrescimento degli animali, è molto importante conoscere il valore nutritivo delle materie prime e delle risorse naturali spontanee. Infatti nell’allevamento all’aperto è necessaria l’integrazione con alimenti concentrati quali: semi di cereali e leguminose. Esemplari al pascolo Il sistema di allevamento L’obiettivo è di migliorare le caratteristiche qualitative dei prodotti carnei valutando l’influenza della genetica su di essi, in particolare attraverso la caratterizzazione del gene CRC ,che presenta tre polimorfismi: NN omozigote dominante, Nn eterozigote ed nn forma omozigote recessiva. Quest’ultima è causa della PSS che a sua volta provoca PSE. I difetti principali della carne suina sono legati alla evoluzione del pH del muscolo nel corso del rigor mortis e della maturazione ed è legato a diversi fattori come lo schema genetico dell’animale, le condizioni di trasporto verso il mattatoio, le condizioni di abbattimento e di refrigerazione della carcassa. La carne PSE (pallida, molle ed essudativa) è caratterizzata da caduta rapida del pH fino a 5,2 a temperatura di 37°C con un successivo leggero rialzo fino a 5,4-5,5, 24 ore dopo la morte. Una rapida diminuzione del pH, a temperatura della carcassa di circa 37°C, comporta la denaturazione delle proteine miofibrillari che trattengono l’acqua (Penny, 1969). La PSE è associata con la condizione della porcine stress sindrome PSS ereditata attraverso un solo gene recessivo spesso chiamato gene dello stress RYR1 (CRC) quindi diventa necessaria la valutazione precoce della presenza o assenza di questo gene. La presenza del soggetto non portatore dell’allele n (NN o CC) è un requisito fondamentale per ottenere un prodotto candidato all’etichetta di qualità Designazione di Origine Protetta (DOP), Indicazione Geografica Protetta (IGP) e Specialità Tradizionale Garantita (STG) o comunque nei prodotti di norcineria di nicchia. La determinazione assume alta rilevanza per una piccola popolazione autoctona dal momento che la presenza del “portatore sano” potrebbe causare il rapido trasferimento del gene mutato; inoltre, la distribuzione della carne PSE dovrebbe portare a conseguenze negative sull’economia dell’azienda. La diffusione degli alleli mutati anche nei tipi genetici autoctoni indica la necessità di allargare la tipizzazione al maggior numero di soggetti allevati e in particolar modo ai verri o ai giovani maschi aspiranti riproduttori. Nuovi studi hanno comunque evidenziato la presenza di geni di contrasto che quindi vanno a lenirne gli effetti. L’uso di carne PSE porta a una produzione qualitativamente inferiore variando la capacità di penetrazione del sale nei prodotti salati quali possono essere le produzioni a denominazione presenti in Calabria che rischierebbero quindi non riuscire a essere collocati sul mercato. Recinto di pascolamento con capannina-parto Gel elettroforetico con distinzione dei tre genotipi NN, Nn e nn La struttura degli allevamenti è imperniata su recinti di pascolamento dotati di ricoveri. L’organizzazione tecnica dei recinti fa riferimento alla normativa sul benessere degli animali: tali norme fissano i parametri o standard minimi per la protezione degli animali. La tipologia di stabulazione è di tipo semibrado o brado, una forma di conduzione che consente di salvaguardare il declino del territorio rurale, da una parte, e dall’altra la possibilità di conservare alcune razze autoctone in via di estinzione, razze che si erano evolute in un perfetto adattamento con l’ambiente. Questo tipo di allevamento consente,dunque di rispettare sia i bisogni etologici degli animali, sia il mantenimento delle caratteristiche floristiche dei prati, degli erbai e del sottobosco destinati al pascolo,oltre alla diminuzione dei rischi di inquinamento da nitrati. Il miglioramento genetico Aprile-Giugno 2014 41 A L I M E N T A Z I O N E Workshop su sicurezza alimentare e ristorazione L’incontro tenutosi a Catanzaro per affrontare il problema della qualità a tavola: “Noi non siamo solo quel che mangiamo, ma anche quel che beviamo” Presso l’UMG di Catanzaro si è tenuto il workshop “Sicurezza alimentare e ristorazione”, organizzato da tre professori universitari che, in Calabria, hanno iniziato un comune percorso culturale e scientifico. I lavori sono stati introdotti il 27 giugno da Stefano Alcaro, professore ordinario di Chimica Farmaceutica presso l’UMG di Catanzaro, dove si occupa di Nutraceutica dal punto di vista didattico e di ricerca. Sono seguiti i saluti del direttore del Dipartimento di Scienze della Salute, Giovambattista De Sarro, e degli altri due organizzatori del meeting Vincenzo Mollace, professore ordinario di Farmacologia all’UMG, oltre che direttore del Centro di Ricerca Interregionale per la sicurezza sugli alimenti e la salute (IRC FSH), e Nicola Fiorita, professore associato all’Unical, oltre che presidente di Slow Food Calabria. La relazione di apertura è stata svolta da Silvio Borrello, direttore generale per l’Igiene e la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione presso il Ministero della Salute. Il suo intervento è iniziato definendo nettamente 3 concetti base: sicurezza alimentare, informazione e qualità globale. Temi chiave, come quello 42 della tracciabilità degli alimenti, dei diritti dei consumatori e della food safety, sono stati efficacemente delineati prima di indicare i dati disponibili sulla ristorazione collettiva in Italia. La prima sessione, relativa al controllo di qualità alimentare, è partita con John Fairban, imprenditore tecnologico e fondatore di una piattaforma informatica flessibile per la ristorazione. Francesco Maria Russo, dirigente del Dipartimento ARPACal Crotone, ha affrontato il tema della ristorazione dal punto di vista del “controllore”. Riguardo al processo HACCP ha analizzato i punti critici del controllo in termini di prevenzione, eliminazione e riduzione dei pericoli a livelli accettabili. Ha poi mostrato il galateo del perfetto alimentarista, soffermandosi sui comportamenti da promuovere e da evitare. La seconda sessione, focalizzata ancora sul controllo di qualità alimentare, ha registrato l’intervento di Anna Scognamiglio, dirigente dell’Istituto Zooprofilattico di Catanzaro, esperta di analisi degli alimenti, la cui relazione si è focalizzata su campionamento, metodi di prova e interpretazione dei risultati secondo il Regolamento 2073/2005 e il Decreto regionale n. 124 del 24 settembre 2013, che norma il campionamento degli alimenti di origine animale e vegetale. Quindi Enzo Perri, direttore dell’istituto CRA-OLI di Rende, ha discusso il tema relativo a qualità e controllo degli oli di oliva nel settore olivicolo-oleario, mettendo in evidenza il ruolo centrale dell’Italia e della Calabria nella produzione globale di olio di oliva. Ha concluso il suo intervento menzionando i principali illeciti degli oli, con particolare rilievo alle violazioni sull’etichettatura. A fine sessione Raffaella Boggia, professore associato dell’Università di Genova, esperta di chemometria e di chimica degli alimenti, ha brillantemente esposto sulla valutazione dell’autenticità dei succhi di frutta mediante la combinazione di tecniche computazionali e spettrofotometriche nell’UV e visibile Il secondo giorno la prima sessione è stata incentrata sui pericoli alimentari. L’intervento di Francesco Luzza, professore ordinario di Gastroenterologia presso l’UMG di Catanzaro, ha trattato il tema delle allergie alimentari e della sicurezza del consumatore, in particolare esponendo con grande chiarezza le reazioni avverse agli alimenti anche dal punto di vista epidemiologico. È seguito, quindi, l’intervento di Domenico Monteleone, farmacista esperto di sicurezza alimentare in campo micologico, che lavora presso il Ministero della Salute. Nell’ambito della formazione Monteleone ha lanciato un messaggio per riunire Università, Ministero della Salute, Assessorati regionali competenti e Associazioni per la definizione di ulteriori percorsi scientifici e culturali ad alto valore professionalizzante da proporre in campo micologico nel prossimo futuro. Nella seconda sessione si è focalizzato l’interesse su nuove frontiere di sicurezza alimentare. Il primo relatore Cinzia Scaffidi, responsabile del Centro Studi Slow Food, ha trattato il tema di security e safety in campo alimentare. La sessione è andata avanti con l’intervento di Silvio Greco, dirigente di ricerca dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e responsabile del programma Slow Fish, che ha trattato il tema della sicurezza alimentare nell’ambito delle risorse ittiche. Il dirigente ha esordito simpaticamente con l’espressione “Dire ora sano come un pesce … vuol dire augurare a qualcuno di ammalarsi!” e ha poi concluso il suo intervento menzionando le frodi alimentari in ambito ittico, in particolare nel mercato del surgelato, spiegando che si ritrovano enormi quantità di no food e di prodotti chimici di sintesi. Silvia Sivini, ricercatrice del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università della Calabria, ha trattato il tema della sicurezza alimentare e delle pratiche sociali innovative. Il suo intervento si è concluso sui sistemi di garanzia partecipata, che assicurano la qualità agendo su base locale, tramite la verifica dei produttori sulla partecipazione attiva delle parti interessate e su altri concetti. L’ultima sessione della seconda giornata si è concretizzata in una tavola rotonda tenuta da vari esperti del settore. Il giornalista Gianfranco Manfredi ha enfatizzato gli aspetti legati all’olio d’oliva di qualità; Alessandra Nucci, imprenditrice agroalimentare della Toscana, ha testimoniato le proprie esperienze anche a proposito di progetti formativi legati ai valori dell’agricoltura di qualità nelle scuole; l’avvocato Simona Albano, presidente della sezione agroalimentare di Confindustria di Catanzaro e imprenditrice nella ristorazione, ha trattato gli aspetti legislativi della catena alimentare, con particolare rilievo al tema dell’etichettatura del prodotto; Giacomo Giovinazzo, dirigente di settore della Regione Calabria, ha affrontato, con grande qualificazione e competenza, il delicato tema dei marchi di qualità sui prodotti tipici regionali; Antonio Abbruzzino, chef di alta cucina, ha discusso il tema del rispetto delle regole nella ristorazione; infine Giancarlo Rafele, sommelier AIS e responsabile della redazione Slow Wine, ha parlato degli inevitabili solfiti nei vini concludendo brillantemente con una frase estesa di Feuerbach in “L’uomo è ciò che mangia e anche ciò che beve!”. In conclusione gli organizzatori hanno evidenziato la necessità di conciliare le esigenze normative legate alla sicurezza alimentare secondo le linee guida nazionali e comunitarie con quelle che impattano con la sostenibilità ambientale e sociale. Attorno al tema della ristorazione ruotano molti aspetti che l’Università Magna Græcia di Catanzaro, attraverso il Centro di Ricerca Interregionale per la sicurezza sugli alimenti e la salute (IRC FSH), può significativamente contribuire ad affrontare di concerto con gli enti competenti (Ministero della Salute, Assessorati regionali alla Salute, Agricoltura e Ambiente) e associazioni che hanno un forte radicamento sul territorio, come Slow Food. Dal workshop del 27 e 28 giugno potranno auspicabilmente nascere altre iniziative utili per la valorizzazione e l’impiego corretto di alimenti di qualità nel delicato comparto della ristorazione. Aprile-Giugno 2014 43 PAT ROSARIO FRANCO Funzionario ARSAC c/o Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione P R O D O T T I A G R O A L I M E N TA R I T R A D I Z I O N A L I Siamo a (cacio)cavallo Il viaggio di Calabria Rurale alla scoperta dei prodotti agroalimentari tradizionali arriva oggi a Ciminà, in Aspromonte. Dove... PIA RISPOLI Il Caciocavallo di Ciminà e un territorio in evoluzione Funzionario ARSAC c/o Dipartimento Agricoltura, Foreste e Forestazione «Non è bella la vita dei pastori in Aspromonte, d’inverno, quando i torbidi torrenti corrono al mare, e la terra sembra navigare sulle acque. I pastori stanno nelle case costruite di frasche e di fango, e dormono con gli animali. Vanno in giro coi lunghi cappucci attaccati ad una mantelletta triangolare che protegge le spalle, come si vede talvolta raffigurato qualche dio greco pellegrino e invernale. I torrenti hanno una voce assordante.» Corrado Alvaro (1930) Dal tempo dei racconti di Corrado Alvaro molto è cambiato. Cambiamenti lenti e faticosi, ma che oggi ci consentono di raccontare un prodotto antico che diventa protagonista di un progetto per un futuro migliore. Foto © Rosario Franco I pascoli aspromontani Uno degli elementi che caratterizzano i prodotti caseari sono le essenze pabulari. L’allevamento di vacche e capre, da cui proviene il latte con cui si produce il Caciocavallo di Ciminà, è di tipo semi-brado. I pascoli sono quelli aspromontani caratterizzati da una composizione floristica con elevata diversità in specie, da collegare a una serie di fattori attuali e storici. In particolare, un ruolo determinante è giocato dalla posizione geografica. La posizione del massiccio aspromontano, al centro del Mediterraneo, ha favorito nel corso dell’era Terziaria e Quaternaria il sovrapporsi di flore di diversa origine che almeno in parte si sono adattate differenziando stirpi locali a vari livelli (specie, sottospecie e varietà). L’elevata biodiversità in specie vegetali è legata anche alla eterogeneità ambientale attualmente riscontrabile nel territorio, diretta conseguenza delle sue caratteristiche geomorfologiche e climatiche. Come messo in evidenza da Pignatti (1994), il territorio aspromontano risulta essere tra quelli che annoverano un maggior numero Dove si produce? Ciminà Antonimina Ciminà È un paese della fascia ionica della provincia di Reggio Calabria. Il suo nome deriva dal greco Kyminà luogo dove abbonda il cumino selvatico. di specie endemiche. L’elevato numero di specie endemiche può essere spiegato con il fatto che questo territorio è molto antico e nel complesso, analogamente alle altre montagne dell’Appennino meridionale è stato per lungo tempo isolato dagli altri territori europei e mediterranei. Foto © Rosario Franco Foto © Alberto Peroli 44 Ardore (frazione Bombile, Potito, San Nicola) Platì (frazione Cirella) Sant’Ilario dello Jonio (località Piccirillo) È un formaggio a pasta filata ottenuto da latte vaccino o misto caprino. Al latte riscaldato fino alla temperatura di 3438°C (tradizionalmente in caldaie di rame) si aggiunge il caglio “u quagghju” in pasta (di capretto o agnello). A coagulazione avvenuta si procede alla rottura della cagliata “tuma”. La verifica dell’avvenuta coagulazione si effettua immergendo un bastone di legno di ulivo selvatico “ugliastru”. La cagliata si raccoglie in fuscelle e si lascia fermentare per 2448 ore a seconda della grandezza delle forme e delle condizioni climatiche. Dopo l’acidificazione viene immersa in acqua alla temperatura di 85°C per preparare la pasta alla filatura. Verificato il raggiungimento del punto di filatura, il casaro conferisce la tipica forma a una o due teste. Il caciocavallo di Ciminà Le forme vengono immerse in acqua a 4°C per qualche minuto e poi immerse in salamoia al 20-25% di sale per un periodo variabile da 1 a 24 ore. Le forme tolte dalla salamoia vengono legate a coppie e poste per l’asciugatura a cavalcioni di una pertica e da questo il caciocavallo deriva il suo nome. Può essere consumato sia fresco che stagionato. Foto © Rosario Franco Foto © Alberto Peroli L’interesse verso questo prodotto è testimoniato da una serie di iniziative che hanno fatto conoscere il caciocavallo e il territorio in cui viene prodotto, anche fuori dai confini regionali. Il Caciocavallo di Ciminà rientra nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali della Regione Calabria (D.L. 173/1998). Il Comune di Ciminà, nel 2008, ne ha istituito una De.Co. Ma di particolare rilevanza è l’Associazione Caciocavallo di Ciminà che raccoglie i produttori che in sinergia tra loro stanno attuando una serie di iniziative per la promozione di questo prodotto d’eccellenza anche attraverso la partecipazione a fiere su tutto il territorio nazionale, attività che hanno permesso di farlo conoscere anche all’estero. Inoltre Slow Food, associazione non-profit che promuove il consumo di “cibo buono, pulito e giusto” ne ha istituito uno dei suoi presidi e il Caciocavallo di Ciminà è stato soggetto, tra altri presidi, delle fotografie di Oliviero Toscani. Foto © Alberto Peroli I produttori Graziella Bontà • Ciminà Giuseppe Fabiano • San Nicola di Ardore Vitaliano Grillo • Ardore Pasquale Macrì • Cirella di Platì Caterina Monteleone • Ciminà Questo prodotto caseario, che ha costituito fonte di sussistenza per diverse generazioni, ha conquistato oggi l’attenzione di esperti del settore enogastronomico per le sue qualità nutrizionali e organolettiche. Così come avviene per tanti prodotti alimentari, anche il Caciocavallo di Ciminà è stato analizzato da esperti analisti sensoriali. A fianco un grafico descrittivo che mette a confronto due caciocavalli prodotti da due aziende diverse e con diversa stagionatura In giallo: otto-nove giorni di stagionatura. In rosso: un mese di stagionatura. Antonio Pisto • Ciminà Pasquale Pisto • Cirella di Platì Felice Polifroni • Ciminà Raffaele Polifroni • Ciminà Bruno Antonio Polito • Cirella di Platì Teresa Reale • Antonimina Caseificio Romano di Rocco e Domenico Siciliano e Anna Romano • Ciminà Leonardo Spagnolo • Ciminà Pasqualina Varacalli • Ciminà Aprile-Giugno 2014 45 Prodotti ittici in vetrina L ’ E V E N T O IL SEAFOOD GLOBAL EXPO DI BRUXELLES 1.700 espositori provenienti da 76 Paesi e circa 30 mila visitatori di 145 Paesi: questi i numeri della ventiduesima edizione del Seafood Global Expo, la più importante vetrina europea di prodotti ittici. Dalle uova di storione cremonesi al gambero viola di Crotone, dalla saraghina dell’Adriatico alla bresaola di tonno della Puglia, fino alle salse a base di pesce e crostacei siciliani. Così l’Italia – con le sue 49 aziende provenienti da 13 regioni – è stata protagonista dello stand “Fish&Italy”, trainata da ben 9 aziende calabresi presenti, un vero primato per la Regione Calabria. Lo stand è stato realizzato grazie al contributo del Ministero delle Politiche Agricole e della Pesca e il sostegno del Fondo comunitario. L’edizione si è svolta in un momento di grande transizione, dovuta all’applicazione della nuova riforma europea della politica sulla pesca e alla ripartizione tra gli Stati membri dei fondi strutturali 2014-2020 (prevista per metà giugno). La riforma sarà uno strumento per le imprese calabresi, i pescatori e gli operatori verso la crescita e l’internazionalizzazione. La Fiera ha anche visto una coppia inedita, lo chef italiano Gianfranco Vissani ROSARIA FORTUGNO Giornalista ARGA Calabria - Associazione Regionale Giornalisti Agricoltura, Alimentazione, Ambiente, Territorio, Foreste, Pesca, Energie Rinnovabili Numeri da record per la ventiduesima edizione della rassegna: 1.700 espositori provenienti da 76 Paesi e oltre 30 mila visitatori 46 e la Commissaria Europea alla Pesca Maria Damanaki, a favore del “pesce d’allevamento nell’UE: un’alternativa locale per un prodotto sano e fresco”. L’idea lanciata da Damanaki è di traslare dal settore agricolo a quello ittico l’iniziativa italiana del “chilometro zero”: oggi solo il 10% del pesce consumato in Europa è allevato nell’Unione. Lo chef ha presentato due ricette: un’insalata di branzino al pepe selvatico del Madagascar con porcini, fiori di zucca e ricci di mare e spaghetti alle vongole veraci, radice nera e lime. Dall’ambasciatore italiano presso il Regno del Belgio Alfredo Bastianelli, al vicepresidente della Commissione Pesca dell’Unione Guido Milana, al neodirettore generale per la pesca e l’acquacoltura del Ministero Riccardo Rigillo con Elisabetta Giannoccari, rappresentante del Ministero per il gruppo di lavoro pesca in Europa, un’unica certezza: puntare sulla promozione dell’identità italiana della pesca in Europa e sulla commercializzazione con regole igienico-sanitarie certe e sicure. LEGGI TUTTI I PROVVEDIMENTI Il vino tra decreti, disciplinari e laboratori autorizzati Si riportano in breve alcuni decreti del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali pubblicati nel 2014 per il settore vitivinicolo MANUELA LACARIA Giornalista Funzionario ARSAC D E C R E T O N . 1 6 711 D E L 7 M A R Z O 2 0 1 4 D E C R E TO N . 2 8 41 D E L 7 M A G G I O 2 01 4 Modifica dei disciplinari di produzione dei vini DOP e IGP concernente la variazione dell’autorità di controllo o dell’organismo di controllo di cui all’art. 90 del Reg. UE 1306/2013, ai sensi dell’art. 10, comma 9 del Decreto Ministeriale 7 novembre 2012, recante la procedura a livello nazionale per la presentazione e l’esame delle domande di protezione delle DOP e IGP dei vini e di modifica dei disciplinari Disposizioni nazionali relative all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo, in ordine alla attivazione della Misura Vendemmia verde Campagna 2013-2014 Pubblicato sul sito internet del Ministero, Sezione Qualità e Sicurezza - Vini DOP e IGP Il decreto modifica i disciplinari di produzione dei vini DOP e I G P per quanto riguarda la G.U. n. 112 del 16 maggio 2014 Viene attivata, per la campagna 2013-2014, la Misura Vendem- mia verde con le modalità previste dal D.M. 23 dicembre 2009. DECRETO N. 15938 DEL 20 DICEMBRE 2013 variazione dell’autorità di controllo o dell’organismo di controllo. Disposizioni nazionali di attuazione dei Regolamenti CE n. 1234/2007 del Consiglio e CE n. 555/2008 della Commissione per quanto riguarda l’applicazione della Misura della riconversione e ristrutturazione dei vigneti G.U. n. 54 del 6 marzo 2014 Il Decreto stabilisce modalità e condizioni per applicare la misura della riconversione e ri- strutturazione dei vigneti per le campagne vitivinicole dal 20132014 al 2017-2018. LABORATORI CALABRESI AUTORIZZATI AL RILASCIO DEI CERTIFICATI DI ANALISI UFFICIALI NEL SETTORE VITIVINICOLO In Calabria, attualmente, i laboratori autorizzati al rilascio dei certificati di analisi ufficiali nel settore vitivinicolo (aventi valore ufficiale, anche ai fini dell’esportazione, limitatamente alle prove di analisi autorizzate) sono due. L’elenco delle prove di analisi autorizzate per laboratorio è riportato nei decreti ministeriali di autorizzazione. Enocalabria Soc. Coop. a r.l. Via Venezia, 54 88811 Cirò Marina (KR) Telefono/Fax 0962–36031 e-mail [email protected] Decreto di rinnovo dell’autorizzazione del 27 giugno 2011, G.U. n. 164 del 16 luglio 2011; Decreto di sostituzione dell’elenco delle prove di analisi del 26 novembre 2013, G.U. n. 294 del 16 dicembre 2013. PromoCosenza Divisione laboratorio Calab Via Pianette, 1 87046 Montalto Uffugo (CS) Telefono 0984-938784 Fax 0984-938856 e-mail [email protected] Decreto di rinnovo dell’autorizzazione del 25 novembre 2010, G.U. n. 299 del 23 dicembre 2010; Decreto di variazione della denominazione del 26 marzo 2013, G.U. n. 84 del 10 aprile 2013. Aprile-Giugno 2014 47 NORMATIVA SUI DISCIPLINARI DI PRODUZIONE DEI VINI DOC CALABRESI BIVONGI GRECO DI BIANCO S. ANNA DI ISOLA CAPO RIZZUTO Approvato con DM 24.05.1996 G.U. 131 - 06.06.1996, modificato con DM 04.07.2005 G.U. 160 - 12.07.2005, modificato con DM 06.06.2011 G.U. 143 - 22.06.2011, modificato con DM 30.11.2011 (MiPAAF). Approvato con DPR 18.06.1980 G.U. 340 - 12.12.1980, modificato con DM 30.11.2011 (MiPAAF). Approvato con DPR 10.01.1979 G.U. 158 - 11.06.1979 Modificato con DM 30.11.2011 (MiPAAF). LAMEZIA SAVUTO Approvato con DPR 21.12.1978 G.U. 96 - 05.04.1979, modificato con DM 02.05.1995 G.U. 125 - 31.05.1995, modificato con DM 13.10.2011 G.U. 256 03.11.2011 (S. O. 229), modificato con DM 30.11.2011 (MiPAAF). Approvato con DPR 19.05.1975 G.U. 291 - 03.11.1975, modificato con DM 23.11.2011 G.U. 284 - 06.12.2011 (S. O. n. 252), modificato con DM 30.11.2011 (MiPAAF). MELISSA TERRE DI COSENZA Approvato con DPR 31.05.1979 G.U. 326 - 29.11.1979, modificato con DM 30.11.2011 G.U. 295 - 20.11.2011 (MiPAAF), modificato con DM 07.03.2014 (MiPAAF). Approvato con DM 18.10.2011 G.U. 256 - 03.11.2011 (S.O. 229), modificato con DM 30.11.2011 (MiPAAF). CIRÒ Approvato con DPR 02.04.1969 G.U. 139 - 04.06.1969, modificato con DPR 25.09.1989 G.U. 85 11.04.1990, modificato con DM 09.12.2010 G.U. 298 - 22.12.2010, modificato con DM 21.11.2011 G.U. 281 02.12.2011, modificato con DM 30.11.2011 (MiPAAF). NORMATIVA SUI DISCIPLINARI DI PRODUZIONE DEI VINI IGT CALABRESI ARGHILLÀ LOCRIDE SCILLA Approvato con DM 27.10.1995 G.U. 266 14.11.1995, modificato con DM 31.07.1996 G.U. 190 - 14.08.1996, modificato con DM 24.07.2009 G.U. 184 10.08.2009, modificato con DM 30.11.2011 G.U. 295 – 20.12.2011 (MiPAAF), modificato con DM 30.09.2013 G.U. 245 – 18.10.2013 (MiPAAF). Approvato con DM 27.10.1995 G.U. 266 - 14.11.1995, modificato con DM 31.07.1996 G.U. 190 - 14.08.1996, modificato con DM 24.07.2009 G.U. 184 - 10.08.2009, modificato con DM 30.11.2011 G.U. 295 - 20.12.2011, modificato con D.M. 28.11.2013, modificato con D.M. 07.03.2014 Approvato con DM 27.10.1995 G.U. 266 - 14.11.1995, modificato con DM 31.07.1996 G.U. 190 - 14.08.1996, modificato con DM 24.07.2009 G.U. 184 - 10.08.2009, modificato con DM 30.11.2011 G.U. 295 – 20.12.2011 (MiPAAF), modificato con DM 23.10.2013 (MiPAAF), modificato con D.M. 30.09.2013 G.U. 242 – 15.10.2013 (MiPAAF), modificato con D.M. 07.03.2014 (MiPAAF). CALABRIA Approvato con DM 27.10.1995 G.U. 266 14.11.1995, modificato con DM 31.07.1996 G.U. 190 - 14.08.1996, modificato con DM 24.07.2009 G.U. 184 - 10.08.2009, modificato con DM 30.11.2011 G.U. 295 20.12.2011 (MiPAAF), modificato con D.M. 28.11.2013 (MiPAAF), modificato con D.M. 30.09.2013 G.U. 245 – 18.10.2013 (MiPAAF), modificato con D.M. 07.03.2014 (MiPAAF). COSTA VIOLA Approvato con DM 27.10.1995 G.U. 266 14.11.1995, modificato con DM 24.07.2009 G.U. 184 - 10.08.2009, modificato con DM 30.11.2011 G.U. 295 – 20.12.2011 (MiPAAF), modificato con DM 30.09.2013 G.U. 244 – 18.10.2013 (MiPAAF). LIPUDA Approvato con DM 27.10.1995 G.U. 266 14.11.1995, modificato con DM 31.07.1996 G.U. 190 - 14.08.1996, modificato con DM 24.07.2009 G.U. 184 - 10.08.2009, modificato con DM 30.11.2011 G.U. 295 – 20.12.2011, modificato con DM 23.09.2013 G.U. 232 – 03.10.2013, modificato con DM 07.03.2014. 48 PALIZZI Approvato con DM 27.10.1995 G.U. 266 - 14.11.1995, modificato con DM 31.07.1996 G.U. 190 - 14.08.1996, modificato con DM 24.07.2009 G.U. 184 - 10.08.2009, modificato con DM 30.11.2011 G.U. 295 – 20.12.2011, modificato con D.M. 12.07.2013, modificato con D.M. 30.09.2013 G.U. 243 – 16.10.2013, modificato con D.M. 28.11.2013, modificato con D.M. 07.03.2014 (MiPAAF). VALDAMATO Approvato con DM 27.10.1995 G.U. 266 - 14.11.1995, modificato con DM 31.07.1996 G.U. 190 - 14.08.1996, modificato con DM 23.06.2011 G.U. 163 - 15.07.2011, modificato con DM 30.11.2011 G.U. 295 20.12.2011 (MiPAAF), modificato con DM 30.09.2013 G.U. 242 – 15.10.2013 (MiPAAF). VAL DI NETO PELLARO Approvato con DM 27.10.1995 G.U. 266 - 14.11.1995, modificato con DM 21.07.1996 G.U. 190 - 14.08.1996, modificato con DM 24.07.2009 G.U. 184 - 10.08.2009, modificato con DM 30.11.2011 G.U. 295 – 20.12.2011, modificato con D.M. 12.07.2013, modificato con D.M. 30.09.2013 G.U. 243 – 16.10.2013, modificato con D.M. 07.03.2014 (MiPAAF). Approvato con DM 27.10.1995 G.U. 266 - 14.11.1995, modificato con DM 31.07.1996 G.U. 190 - 14.08.1996, modificato con DM 24.07.2009 G.U. 184 - 10.08.2009, modificato con DM 30.11.2011 G.U. 295 - 20.12.2011 (MiPAAF), modificato con D.M. 28.11.2013 (MiPAAF), modificato con D.M. 30.09.2013 G.U. 245 – 18.10.2013 (MiPAAF), modificato con D.M. 07.03.2014 (MiPAAF). Verso il nuovo Psr 2014-2020 DALL'AS C O LT O D E L T E R R I T O R I O R I S P O S T E P U N T U A LI w w w. c a l a b r i a p s r. i t UNIONE EUROPEA «Fondo Europeo Agricolo per lo sviluppo rurale: l’Europa investe nelle zone rurali» L’AGRICOLTURA IN CALABRIA. I.P. Splendide opportunità all’orizzonte. www.assagri.regione.calabria.it w w w. c a l a b r i a p s r. i t UNIONE EUROPEA «Fondo Europeo Agricolo per lo sviluppo rurale: l’Europa investe nelle zone rurali » F I N A N Z I A T A D A L F E A S R - M I S U R A 1 1 1 D E L P S R C A L A B R I A 2 0 0 7 / 2 0 1 3 ( R E G . C E 1 6 9 8 / 2 0 0 5 )
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