I quaderni di “Le parole per dirlo” Gruppi di scrittura in biblioteca condotti da Piera Pedezzi Quaderno 4 TRAME, STRAPPI, RAMMENDI (ottobre/novembre 2012, marzo/aprile 2013) 1 INDICE INTRODUZIONE pag. 3 SOGGETTI MULTIPLI pag. 5 TAGLI pag. 13 CONTATTI E SINESTESIE pag. 26 UN FIORE NEL BUIO pag. 34 RAMMENDI FILMICI, RAMMENDI LIRICI … pag. 41 “NON POSSO SUBIRE L’AMPUTAZIONE …” pag. 46 BENDE E FILI INVISIBILI pag. 59 GLI SPECCHI DI VELASQUEZ pag. 64 BASTANO POCHI INDIZI … pag. 68 GLI ENIGMATICI FRAMMENTI DI ERACLITO pag. 73 I TEMI DI “LE PAROLE PER DIRLO” pag 77 2 INTRODUZIONE “Bisogna inventare un linguaggio nuovo, una vita nuova! Aspetta! Aspetta! ... io traduco quello che ho in testa in una forma semplice … e io lì fallisco … in testa ci stanno troppi pensieri, ma troppi pensieri fanno bene, perché bisogna pensare a tutto … noi dobbiamo lottare contro le parole sbagliate …” (Giovanni Apicella, alias Nanni Moretti, “Palombella rossa”) (Giovanni Apicella, alias Nanni Moretti, “Palombella rossa”) Dentro di noi, nel profondo di ognuno di noi, galleggiano milioni di parole pronte alla navigazione, desiderose di raccontarsi e di “raccontare il mondo”: dettagli quotidiani, paesaggi, un incontro che ci ha cambiato la vita, una nostra filosofia delle cose. Ma, al momento di scriverle, ecco che quelle parole si aggrovigliano, si sciolgono, diventano banali, non hanno più niente a che fare con l’emozione iniziale, con la molla che ci ha spinto a ripescarle. Eppure molti dei grandi scrittori che ci commuovono hanno usato parole semplici, che ci hanno fatto riconoscere in loro una parte di noi stessi, che ci hanno fatto venire voglia (per dirlo con Virginia Woolf)1 di essere loro “assistenti” e loro “complici”, di continuare noi quelle pagine, quelle storie, quelle emozioni. Il laboratorio “Le parole per dirlo” nasce dallo stesso “bisogno” di complicità di cui parla Virginia Woolf e dal desiderio di condividerlo: per questo si punta, più che sull’acquisizione di tecniche (pure ogni tanto evidenziate e suggerite), su un’immersione emozionale nei testi, nelle canzoni, nelle immagini e nei video proposti come stimoli, su un’identificazione “a mente aperta” negli autori, fino a condurre di volta in volta i partecipanti a farsi scrittori ed a sperimentare personalmente “tutti i rischi e le difficoltà delle parole”2, delle proprie parole. Da oggetto sacrale, fisso, intoccabile perché prodotto da uno scrittore “autorevole”, il testo scritto diviene così oggetto di tagliuzzamenti, ricomposizioni, spostamenti, utili come un corrimano che rende possibile esprimere meglio qualcosa di sé (parole, frammenti, immagini evocative, testi compiuti), non necessariamente in forma autobiografica. Il “tema” è un pretesto per creare situazioni di (apparente) “non-pensiero”, libere perché prive di giudizio ma anche di richieste precise, di pressioni, di aspettative … e allora le parole esercitano la loro funzione di “madeleine” capace di far emergere ciò che si credeva perso e magari non più ritrovabile3 … con la differenza che emozioni, ricordi, dolori e gioie non rimangono proustianamente “dentro”, ma vengono subito regalate agli altri e a se stessi, senza paura, senza esitazioni, perché il gruppo aiuta a sostenere il peso della consapevolezza; ma anche perché quello che esce da ciascuno è frutto di piccoli “furti” reciproci, legalizzati e incoraggiati: è, alla fine, un prodotto collettivo, in cui le proprie parole si intrecciano e si confondono con quelle degli altri. I partecipanti non “gareggiano” o “primeggiano”: sono persone di diversa età, di diversa cultura e provenienza (quasi tutte donne, ma la presenza dei pochi elementi maschili caratterizza e 1 2 3 V. WOOLF, Come leggere un romanzo, in Per le strade di Londra, Mondadori E. BING, Ho nuotato fino alla riga, Einaudi MARCEL PROUST, La strada di Swann, Einaudi 3 marca positivamente la partecipazione), con partecipazione costante e molto attiva, a volte “uscendo” dal “tema” proposto, anche caoticamente. Ma tutto questo è estremamente positivo: per riprendere il ragionamento di Nanni Moretti, credo che la limpidità di pensiero sia nemica dell’autenticità, perché la verità nasce dalle contraddizioni, dalla “confusione” che è confronto continuo con la complessità della vita. Le parole “giuste” nascono solo da grandi contraddizioni e da interlocutori capaci di accoglierle. Per questo motivo, all’interno del gruppo, viene dedicato uno spazio rispettabile alla parola “detta”, al confronto, all’ascolto degli “altri” … e allora chi d’abitudine guarda dentro di sé affrontando di petto confusione, contraddizioni, dolore è pronto ad esprimersi ed aiuta a farlo chi d’abitudine contatta a fatica emozioni profonde: suggerisce parole ed argomenti; suscita aperture e condivisioni; rompe con naturalezza barriere. È molto bello realizzare questo lavoro/divertimento in una biblioteca pubblica che ha individuato fra le proprie attività - accanto alla lettura, al prestito e quindi all’ampliamento della gamma di libri da leggere o di audiovisivi da guardare e da ascoltare – la creazione di laboratori, con la messa a disposizione dei locali e degli strumenti tecnici necessari. Si tratta di un “salto” qualitativo dalla pura fruizione alla partecipazione / espressione degli utenti: un salto che fa “la differenza” nel clima culturale di una città. Ai laboratori di lettura si è aggiunto dal 2012 questo laboratorio di scrittura, che si ripropone di promuovere benessere, incontrandosi per gioco e per passione, offrendo (e volendo offrire a se stessi) opportunità di relazioni arricchenti. Il quadernetto “Trame, strappi, rammendi” raccoglie proposte e produzioni di due cicli di incontri, svoltisi nell’autunno 2012 e nella primavera del 2013. Gli incontri proseguono a cadenza semestrale e sono aperti a tutti, con il limite numerico di quindici partecipanti. Piera Pedezzi Ravenna, febbraio 2014 Legenda delle “finestrelle” Commenti della conduttrice (con colore di riempimento e contorno colorato) ( sfondo bianco con contorno colorato) Testi d’autore Testi prodotti dai partecipanti al gruppo Schede informative 4 SOGGETTI MULTIPLI Alcune persone sono “nuove” di questo gruppo di scrittura: decido di rimandare le presentazioni, facilitando una conoscenza meno formale e più autentica, proprio per mezzo dell’oggetto dei nostri incontri. Scrivere è anche “leggere” lo snodarsi di trame, di percorsi narrativi, non solo fatti di parole ma anche fatti di forme, armonie, rimandi visivi, come queste due suggestioni iconografiche apparentemente lontane fra loro: la teoria delle vergini di Sant’Apollinare Nuovo (Ravenna) … e alcune successioni dei “gangli” di Emilio Capogrossi (qui sotto una fra le immagini proposte): EMILIO CAPOGROSSI Esponente della Scuola romana, Capogrossi fu una figura di notevole rilievo nel panorama dell'informale italiano insieme a Lucio Fontana, Raffaele Frumenti, Alberto Burri ed Emilio Scanavino. Che cos’hanno in comune queste immagini separate da tanti secoli di storia, di cultura, di modalità espressive? Non è difficile individuare in ambedue la voglia di “raccontare”: quello che cercheremo di fare insieme, sollecitati dagli stimoli proposti e sorretti dalla robustezza del gruppo che si sta formando. Proseguiamo con un brano da MURIEL BARBERY, L’eleganza del riccio, edizioni e/o. Dopo una prima lettura collettiva, la consegna è: evidenziare con due colori differenti le due mini-trame contenute nel testo (una delle due in duplice versione, sintetica e ridottissima). E.C. – Sono cugine, hanno condiviso infanzia e adolescenza. Dei primi anni conoscono ogni ora della loro vita. Una di loro fa una proposta: vorrei scrivere la storia della tua vita, è più divertente della mia. Ti ricordi quella volta che … quante sberle! 5 In fin dei conti, gli adolescenti credono di diventare adulti scimmiottando adulti rimasti bambini che fuggono davanti alla vita. È patetico. A dire il vero, io al posto di Cannelle Martin, la pinup della classe, mi chiedo proprio cosa farei tutti i santi giorni a parte drogarmi. Lei il suo destino ce l'ha già scritto in fronte. Tra quindici anni, dopo aver sposato un riccone, tanto per sposare un riccone, verrà tradita dal marito che cercherà in altre donne quello che la sua perfetta, fredda e frivola sposa è sempre stata assolutamente incapace di dargli - diciamolo pure calore umano e sessuale. E così lei riverserà tutte le sue energie sulle case e sui figli, che ridurrà a cloni di sé stessa per vendicarsi inconsciamente. Truccherà e vestirà le figlie come cortigiane di lusso, le getterà tra le braccia del primo finanziere che si presenta e spingerà i figli a conquistare il mondo, come il padre, e a tradire le mogli con ragazze da poco. Credete che stia divagando? Quando guardo Cannelle Martin, i suoi lunghi capelli biondi e vaporosi, i suoi occhioni azzurri, le sue minigonne scozzesi, le sue T-shirt superattillate e il suo ombelico perfetto, vi assicuro che tutto questa mi appare chiaro come se fosse già successo. Per ora tutti i ragazzi della classe le sbavano dietro, e lei si illude che questi omaggi della pubertà maschile all'ideale femminile consumistico che lei rappresenta siano tributi al suo fascino personale. Pensate che io sia cattiva? Niente affatto, vedere tutto questa mi fa proprio soffrire, sto male per lei, ci sto malissimo. E così, quando ho visto Marguerite la prima volta ... Marguerite è di origine africana, e si chiama Marguerite non perché è una borghese di Auteuil ma solo perché è il nome di un fiore. Sua mamma è francese e suo padre è di origine nigeriana. Lui lavora al Quai d'Orsay, il ministero degli Esteri, ma non somiglia per niente ai diplomatici che conosciamo. È un tipo semplice. Sembra contento del suo lavoro. Non è per niente cinico. E ha una figlia bella come il sole: Marguerite è la bellezza fatta persona, una carnagione, un sorriso, dei capelli da sogno. Ed è sempre sorridente. II primo giorno, quando Achille Grand-Fernet (il fighetto della classe) le ha cantato quella canzone di Julien Clerc: "Melissa, la mulatta di Ibiza, sta sempre tutta nuda!”, lei con un gran sorrisogli ha subito risposto con un verso di Alain Souchon: «Pronto, mamma bua, com'e che m'hai fatto così brutto!?». Questa e una cosa che ammiro in Marguerite: sul fronte concettuale o logico non è proprio un fulmine, ma ha un'incredibile capacità di rispondere per le rime. È un dono. Io sono intellettualmente superdotata, Marguerite invece è l'asso della battuta pronta. Mi piacerebbe moltissimo essere come lei, io trovo sempre la risposta giusta cinque minuti dopo e poi mi rifaccio il dialogo da sola. Quando Marguerite è venuta da noi la prima volta, e Colombe le ha detto: «Marguerite, carino come nome, peccato sia un po' da nonna», lei ha ribattuto a tono: «Meglio avere un nome da nonna piuttosto che essere un piccione di nome e di fatto!». Colombe è rimasta a bocca aperta, favoloso! Deve aver rimuginato per ore sulla sagacia della risposta di Marguerite, ripetendosi che doveva essere un caso - comunque era turbata! Stessa cosa quando Jacinthe Rosen, la cara amica di mamma, le ha detto: «Non deve essere mica facile pettinare una capigliatura come la tua» (Marguerite ha una selva di capelli da leonessa della savana), e lei di rimando: «Io no capire cosa dire donna bianca». L’argomento di conversazione preferito mio e di Marguerite è I'amore. Che cos'è l'amore? Come ameremo? Chi? Quando? Perchè? Abbiamo opinioni divergenti. Stranamente Marguerite ha una visione intellettuale dell'amore, io invece sono un'inguaribile romantica. Lei considera l'amore il frutto di una scelta razionale (tipo www.inostrigusti.com), mentre per me I'amore nasce da un'incantevole pulsione. Su una cosa però siamo d'accordo: l'amore non deve essere un mezzo, l'amore deve essere un fine. Un altro argomento che ci piace è predire i destini. Cannelle Martin: trascurata e tradita dal marito, dà in sposa la figlia a un finanziere, incoraggia il figlio a tradire la moglie, finisce i suoi giorni a Chatou in una stanza da ottomila euro al mese. Achille Grand-Fernet: diventa eroinomane, a vent'anni entra in comunità, dirige l'azienda di buste di plastica di papà, si sposa con una bionda ossigenata, mette al mondo un figlio schizofrenico e una figlia anoressica, beve, muore di cancro al fegato a quarantacinque anni. Ecc. E se volete la mia opinione, la cosa più tremenda non è il fatto che giochiamo a questo gioco, ma che questo non è per niente un gioco. 6 La mini - trama è il punto di partenza di molti racconti e (se non esiste già un testo compiuto) anche di molte sceneggiature cinematografiche. Si chiama “soggetto”, da cui verrà ricavata la sceneggiatura vera e propria. Allo stesso modo di Muriel Barbery ci ha un po’ giocato, parecchi decenni fa (ma questa parte del libro è ancora attualissima e vitale), anche Umberto Eco, in Diario minimo, proponendo al lettore di scegliere un filo narrativo tra soggetti “multipli” attribuiti a registi famosi. Gli “rubo” l’idea e la ripropongo al gruppo: in questo primo incontro i partecipanti sono dieci, quindi ciascun “soggetto” (cinque in tutto) è affidato a due persone. Complico un po’ il lavoro nascondendo il nome dei registi, che dovranno essere individuati in base allo stile delle trame. Soggetto multiplo per … Un tagliaboschi (a) disoccupato (b) vaga a lungo (c) poi torna al villaggio natio (d) e trova la mamma (e) morta (f) . Passeggia nei boschi (g) parlando con un vagabondo (h), poi capisce (i) la bellezza degli alberi (l) e resta lì (m) a pensare (n). TRASFORMAZIONI a Un giovane appena arrivato in città. Un ex partigiano. Un executive deluso. Un alpino. Un minatore. Un maestro di sci. b Sovraoccupato. Triste. Che non ha più scopi. Malato. Licenziato. Colto da senso del vuoto. Che ha perduto la fede. Che ha riacquistato la fede. Dopo una visione di Papa Giovanni. c d Brevemente. Guida su autostrada una mini Cooper. Porta un autocarro da Bergamo a Brindisi. Nella segheria del fratello. Nella baita di montagna. A Pizzo Gloria. A Chamonix. Al Lago di Carezza. A piazzale Corvetto nella tabaccheria del cugino. e Altro parente di primo grado. La fidanzata. L'amico. Il parroco. f Malata. Diventata prostituta. Che ha perso la fede. Che ha riacquistato la fede. Che ha avuto una visione di Papa Giovanni. Partita per la Francia. Travolta da una valanga. Intenta alle piccole cose di sempre. g Sull'autostrada. Intorno all'Idroscalo. A Rogoredo. Tra le nevi immacolate. A San Giovanni sotto il h Con un ex alpino. Col parroco. Con Monsignor Loris Capovilla. Con un ex partigiano. Con una guida Monte. Nei corridoi di una agenzia di pubblicità molto alienata. alpina. Col maestro di sci. Col capo dei tagliaboschi. Con l'executive di una agenzia di industriaI design. Con un operaio. Con un disoccupato meridionale. i Non riesce a capire. Ricorda. Riscopre. Viene a sapere attraverso una visione di Papa Giovanni. l Delle nevi. Del cantiere. Della solitudine. Dell'amicizia. Del silenzio. m Va via per sempre. n Senza pensare più nulla. Senza più scopi nella vita. Con un nuovo scopo nella vita. Facendo una novena a Papa Giovanni. Diventando tagliaboschi (guida alpina, vagabondo, minatore, portatore d'acqua). (Ermanno Olmi) 7 Soggetto multiplo per … Lui arriva (a) e poi bum (b) esplode una raffineria (c) gli americani (d) fa l'amore (e) dei cannibali (f) armati di bazooka (g) sparano (h) sulla ferrovia (i) lei cade (l) crivellata di colpi (m) di moschetto (n) a folle velocità (o) va a Vincennes (p) Cohn Bendit (q) prende il treno (r) e parla (s) due uomini (t) ammazzano lei (u) legge massime di Mao (v) Montesquieu (z) tira una bomba (w) su Diderot (x) lui si uccide (k) vende il Figaro (j) arrivano i pellerossa (y). TRASFORMAZIONI a È già lì che legge massime di Mao. È morto sull'autostrada col cervello fuori. Si sta uccidendo. Tiene un comizio. Corre per la strada. Salta da una finestra. b Splash. Wroarrr. Crack. Sbranghete sbranghete. Mumble mumble. c Un asilo infantile. Notre Dame. La sede del Partito Comunista. Il Parlamento. Un'ira d I tedeschi. I paras francesi. I vietnamiti. Gli arabi. Gli israeliani. La polizia. e Non lo fa. f Indiani. Ragionieri a branchi. Comunisti dissidenti. Camionisti pazzi. g Yagatan. Copie del Figaro. Sciabole da arrembaggio. Mitra. Latte di vernice rossa. repressa. Il Partenone. La redazione del Figaro. L'Eliseo. Parigi. Latte di vernice blu. Latte di vernice gialla. Latte di vernice arancione. Latte di vernice nera. Quadri di Picasso. Libretti rossi. Cartoline illustrate. h Tirano sassi. Bombe. Rovesciano latte di vernice rossa, verde, blu, gialla, nera. Cospargono la strada di materia scivolosa. i Sull'Eliseo, Sull'università di Nanterre. In piazza Navona. l Viene buttata dalla finestra da agenti della CIA. Viene deflorata da paracadutisti. Viene uccisa da aborigeni australiani. m Con un largo squarcio nel ventre da cui escono rivoli di vernice gialla, rossa, blu, nera. Fa l'amore con Voltaire. n Nespole. Ad andatura ineguale. Lentissimamente. Stando ferma mentre il fondo (usare trasparente) si muove. p Nanterre. Flins. PIace de la Bastille. Clignancourt. Venezia. q Jacques Servant Schreiber. Jean Paul Sartre. Pier Paolo Pasolini. D'Alembert. r Lo perde. Va in bicicletta. Su pattini a rotelle. s Piange. Grida viva Guevara. t Una banda di indiani. u Tutti. Nessuno. v Citazioni di Brecht. La dichiarazione dei diritti dell'uomo. Saint-John Perse. Il principe Korzybsky. Eluard. Lo Sun. Charles Peguy. Rosa Luxenbourg. z Diderot. Sade. Restif de la Bretonne. Pompidou. w Un pomodoro che si spiaccica formando chiazze di vernice rossa, blu, gialla, nera. x Daniel Cohn Bendit. Nixon. Madame de Sevigné. Voiture. Van Vogt. Einstein. k Va via. Uccide tutti gli altri. Getta una bomba sull'arco di trionfo. Fa saltare un cervello elettronico. Rovescia per terra latte di vernice gialla, verde, blu, rosso minio, nera. j Le massime di Mao. Scrive un ta-tze-bao. Legge versi di Pierre Emmanuel. Guarda un film di Chaplin. y I paracadutisti. I tedeschi. Bande di ragionieri affamati e armati di sciabole. Autoblinde. Pier Paolo Pasolini con Pompidou. L'esodo di ferragosto. Diderot che vende l'Enciclopedia door to door. L'Unione dei marxisti leninisti in monopattino. (Jean Luc Godard) 8 Soggetto multiplo per … Giovane poliomielitico (x) di famiglia ricchissima (y) che cammina su sedia a rotelle (z) in una villa (n) dal parco pieno di ghiaia (k) odia cugino (s) architetto (w) radicale (q) e si unisce (c) sessualmente con la propria madre (h) in modo biologicamente corretto (v) quindi si uccide (f) dopo avere giocato a scacchi (a) col fattore(j). TRASFORMAZIONI x Paraplegico. Isterico compuIsivo. Nevrotico semplice. Disgustato dalla società neocapitalista. Memore di una violenza sessuale subita dal nonno all'età di tre anni. Con tic alla mascella. Bello ma impotente. Biondo e sciancato (e scontento del fatto). Finto pazzo. Finto sano. Affetto da mania religiosa. Iscritto all'Unione dei Marxisti Leninisti ma per motivi nevrotici. y Benestante. In decadenza. Tarata. Distrutta. Coi genitori separati. z Su cul-de-jatte. Con stampelle. Con arto ortopedico. Con protesi dentaria dalle zanne lunghissime su cui si appoggia. Appendendosi solo agli alberi. n Yacht. Città giardino. Sanatorio. Clinica del padre. k Altre forme di pavimentazione purché faccia un rumore continuo quando vi arriva una grossa cilindrata. s Altra relazione parentale a scelta. Ammessi fratellastri e parenti acquisiti. Amante della madre (del padre, w Urbanista. Scrittore. Presidente di Italia Nostra. Agente di borsa (di successo). Scrittore impegnato. q Abbonato all'Espresso. Comunista Amendoliano. Professore democratico. Ex capo di brigate garibaldine. della zia, della nonna, del fattore, della fidanzata). Membro del comitato per la programmazione. Amico di Teodorakis. Sergio Zavoli. Roberto Guiducci. Cugino di Berlinguer. Ex dirigente Movimento Studentesco. c Tenta di unirsi. Assale rivelandosi impotente. Pensa di unirsi (sequenza onirica). Deflora con pompa da b Nonna, zia, padre, sorella, cugina incrociata, cugina parallela, cognata, fratello. v Da tergo. Introducendole candelotto di dinamite nella vagina. Con pannocchia di granturco (deve bicicletta. precedere citazione Faulkner fatta per caso da architetto radicale, vedi s-w). Per cunnilinguus. Picchiandola selvaggiamente. Indossando abiti femminili. Travestendosi in modo da assomigliare al proprio padre (nonna, zia, mamma, fratello, cugina). Vestito da federale. Vestito da marine. Con maschera di plastica da Diabolik. Vestito da SS. Vestito da radicale. Vestito da Scorpio Rising. In completo di Paco Rabanne. In abiti ecclesiastici. f Si cosparge di benzina. Inghiotte sonniferi. Non si uccide ma pensa di farlo (sequenza onirica). La (lo) uccide. Si masturba cantando "Mira il tuo popolo bella signora". Chiama il telefono amico. Fa saltare il palazzo delle poste. Orina sulla tomba di famiglia. Dà fuoco alla foto di se stesso bambino ridendo selvaggiamente. Canta la "Norma". a Morra cinese. Soldatini. Liberi tutti. L'uccellin che vien dal mare. Bandiera araba. Briscola. Scassaquindici. Man calda. Dire fare baciare lettere o testamento. J La zia. La nonna. La sorellina ingenua. Se stesso nello specchio. La mamma morta (sequenza onirica). Il postino di passaggio. La vecchia governante. Sergio Zavoli. Un fratello Bellocchio (a scelta). (Samperi, Belloccbio, Faenza, etc.) 9 Soggetto multiplo per … Baronessa (a) anseatica (b) lesbica tradisce il suo amante (c) operaio alla Fiat (d) denunciandolo (e) alla polizia (f). Egli muore (g) ed essa pentita (h) fa una grande festa (i) orgiastica (l) nei sotterranei della Scala (m) con travestiti (n) e ivi si avvelena (o). TRASFORMAZIONI a Duchessa. Figlia di Faraone. Marchesa. Azionista della Dupont. Musicista mitteleuropeo. b Di Monaco. Siciliana. Aristocratica papalina. Della Ghisolfa. c La sua amante. Suo marito. Suo figlio con cui ha rapporti incestuosi. Sua sorella con cui ha rapporti incestuosi. L'amante della figlia, con la quale ha rapporti incestuosi e che tradisce col primo. L'Oberkomrnandanturweltanschauunhgotterdammerung-fuhrer delle SA dell'Alta Slesia. Il cinedo del marito impotente e razzista. d Pescatore alle Tremiti. Montatore alla Falk. River boat gambler. Mad doctor in un campo di concentramento nazista. Comandante della cavalleria leggera del Faraone. Aiutante di campo di Radetzsky. Luogotenente di Garibaldi. Gondoliere. e Dandogli indicazioni sbagliate sul percorso. Affidandogli un falso messaggio segreto. Convocandolo in un cimitero la notte del venerdì santo. Travestendolo da figlia di Rigoletto e rinchiudendolo in un sacco. Aprendo una botola nel salone del castello avito mentre lui canta l'Andrea Chenier travestito da Marlene Dietrich. f Al maresciallo Radetzsky. Al Faraone. A Tigellino. Al duca di Parma. Al principe di Salina. g Canta una romanza dell' Aida. Parte su una barca da pesca per raggiungere Malta e non dà più notizie di All'Oberdeutscheskriminalinterpolphallusfuhrer delle SS di Pomerania. sé. Viene picchiato con sbarre di ferro durante uno sciopero a singhiozzo. Viene sodomizzato da una squadra di ulani al soldo del principe di Homburg. Si infetta avendo contatti sessuali con Vanina Vanini. Viene venduto schiavo al Soldano e, ritrovato dai Borgia alla Fiera di Porta Portese, viene usato come scendiletto dalla figlia del Faraone. h i Per nulla pentita e folle di gioia. Divenuta pazza. Bagnandosi al Lido al suono di balalaike. Una cerimonia funebre. Un rito satanico. Un Te Deum di ringraziamento. l Mistica. Drammatica. Barocca. Algolagnica. Scatologica. Sadomasochistica. m Al Père Lachaise. Nel Bunker di Hitler. In un castello nella Selva Nera. Al reparto 215 della Fiat Grandi n Con bambini corrotti. Con tedeschi omosessuali. Con coristi del Trovatore. Con lesbiche vestite da Motori. All'Hotel des Bains del Lido. soldati borbonici. Col cardinale Ruffo e Garibaldi. Con Ghiringhelli. Con Gustav Mahler. Assiste all'intero ciclo dell'Anello del Nibelungo. Suona canzoni borgognone su una guimbarda. Si denuda al culmine della festa mostrando di essere in effetti un uomo e quindi si evira. Muore di consunzione drappeggiandosi in arazzi Gobelin. Inghiotte cera liquida e viene sepolta al Museo Grévin. Si fa tagliare la gola da un tornitore pronunciando oscure profezie. Attende l'acqua alta a S. Marco e annega. (Luchino Visconti ) 10 Soggetto multiplo per … Una (x) distesa (y) desolata (z). Ella (k) si allontana (n). TRAS FORMAZIONI X Due, tre, infinite. Un reticolo di. Un labirinto di. Un. y Isola. Città. Snodi di autostrade. Autogrill Pavesi. Sotterraneo di metro. Campo petrolifero. Pioltello Nuova. Eur. Stock di tubi Dalmine all'aperto. Cimitero di automobili. Fiat Mirafiori di domenica. Expo dopo la chiusura. Centro spaziale a ferragosto. Campus della University of California-Los Angeles mentre gli studenti sono a Washington. Fiumicino. z Vuota. A perdita d'occhio. Con visibilità incerta per riverberi solari. Nebbiosa. Resa impraticabile da sbarramenti a griglia a maglie larghe. Radioattiva. Deformata da grandangolare. k n Lui. Entrambi. Sta lì. Tocca a lungo un oggetto. Si allontana poi si ferma perplessa, fa due passi indietro e si allontana di nuovo. Non si allontana ma la camera carrella indietro. Guarda la camera con volto inespressivo toccandosi il foulard. (Antonioni) Il “gioco” è divertente, non è difficile individuare i presunti registi, i fili narrativi scelti per lo stesso autore non coincidono, vengono confrontati fra loro. D.B. Un ragazzo timido e miope inventa la sua immagine formando una personalità non sua ma di cui, gradualmente, si appropria. R.V. - La famiglia di Claudia era composta da lei stessa e dalla madre. Il padre non ne faceva parte, aveva una nuova vita con un’altra donna. La sua mamma era ossessionata dalla responsabilità e dalla difficoltà oggettiva di crescere la figlia da sola. Claudia visse l’adolescenza piena di divieti, in un clima pesante. Divenuta a sua volta mamma tenta di dare alla unica figlia una vita “leggera”, ma non vuota, per scoprire insieme che si può, anche negli impegni, percepire la leggerezza”. E.C. E.C. non si limita a scegliere un filo, ma completa il soggetto (proprio il più scarno) con un “esercizio di stile” perfetto. Il sotterraneo del metro è deserto. Luce accecante che rimbalza dalle piastrelle bianche delle pareti. Una donna scalza, con cuffia di lana e cento rammendi, scuote una bottiglia vuota. Bestemmia, morde il collo della bottiglia. La sua bocca senza denti trema, dagli angoli scende saliva. Arriva all’improvviso un treno. Tutto trema. Rimbomba. La donna di scatto si alza e senza un grido affronta il treno sghignazzando. 11 La suggestione è comunque forte per tutti: li invito a scrivere nel minor spazio possibile (massimo 7-8 righe) anche un proprio “soggetto” , autobiografico o non, in prima o in terza persona. I testi verranno fatti “girare” e completati da un altro componente del gruppo, per essere arricchiti di particolari. I racconti così completati vengono infine letti al gruppo: sono quasi tutti autobiografici, e si cerca di individuare il primo “autore”, che dovrà confermare o correggere le conclusioni aggiuntive. Isabelle, eri a Venezia per far compere nelle calli. Ti volevi far beffe di me, quando ci saremmo incontrati al Majestic hotel, quella sera … era tanto che l’avevamo programmata … DA ORE TI ASPETTAVO SOTTO IL PORTICO. FINGEVO DI NON VEDERTI. Ora che era arrivato il momento avevo paura di quello che sarebbe potuto succedere … poi, mentre stavi per andartene … ti ho chiamato con tutta la forza che avevo, e dal nostro abbraccio ho capito che non dovevo più avere paura … tutto sarebbe andato come doveva andare. Architetto affetto da SLA che vive in un barcone sul Ticino, si immedesima oniricamente in vite multiple: indio amazzonico, stregone siberiano, monaco amanuense del XIII secolo, ballerina di cancan nel Moulin rouge inizio ‘900, spia russa (elimina con sguardo assassino l’infermiera che lo accudisce), acrobata circense iraniano) … VA A SBATTERE NELLA VETRINA DI UN FORNAIO, DOVE INCONTRA L’AMORE DELLA SUA VITA: LA BIDELLA DELLE ELEMENTARI, CHE LO PRENDE A SCHIAFFI PERCHÉ VUOLE UNIRSI AI BERSAGLIERI. Sulla soglia lei, Agata Barbolini, grande esperta di ricette senza mai mettere le mani in pasta, finchè arriva lui. Ma il ranocchio non si è trasformato e lei ora vince premi nelle gare delle torte. MA GRAZIE A QUELLE TORTE INCONTRA DONNE CON LE QUALI CREA NUOVE AMICIZIE E NON PARLA SOLO DI DOLCI. È FELICE, IN FONDO SAPEVA CHE UN RANOCCHIO NON SI TRASFORMA MAI. VIVA ALLORA LE AMICIZIE E ABBASSO I RANOCCHI CHE NON CAMBIANO. Artista, spronata dal marito dirigente e squadrato, si dedica a ciò che le piace fare, mentre il marito pensa solo a lavorare. Il figlio non ce la fa a lavorare come il padre, ma sa esprimere la musica con il cuore. L’ARTISTA COMPRENDE CIÒ CHE LE PIACE VERAMENTE: È IL LAVORO DEL MARITO, CHE, LUSINGATO DAL SUO SUCCESSO, SI METTE A SUONARE IL PIANOFORTE E CONQUISTA L’AMMIRAZIONE DEL FIGLIO. INSIEME CREANO UN COMPLESSO MUSICALE. Bambina dalla voce grossa desidera piacere agli altri, ai quali spesso è affidata. Per questo parla molto e racconta, a volte a sproposito, cose di sè e degli altri. ANCORA ADESSO VUOLE PIACERE E COMPIACERE, MA LA VOCE NON È PIÙ COSÌ GROSSA. È questo il primo passo per conoscersi. 12 TAGLI Partiamo da un pretesto mitologico. Che cos’è un “nodo gordiano”? L'espressione nodo gordiano trae origine da una tradizione leggendaria a cui è legato un aneddoto sulla vita di Alessandro Magno, assumendo poi una valenza metaforica: un problema di intricatissima soluzione, risolvibile, alla maniera di Alessandro, con un brutale taglio. Da qui espressioni come «recidere, o tagliare, il nodo gordiano...» (Curzio Rufo) Alessandro, sottomessa la città di Gordio, entra nel tempio di Giove. Vede una carrozza, con la quale Gordio, fondatore della città, risultava che fosse stato trasportato, il cui giogo era stretto con molti nodi imbrogliati. Il responso stato svelato dall’oracolo era che si sarebbe impadronito dell’Asia colui che avesse sciolto il nodo intricatissimo e Alessandro fu subito desideroso di adempire la profezia. Intorno al re c’era la folla dei Frigi agitata dalla temeraria fiducia del re , e dei Macedoni trattenuti dalla curiosità,. Alessandro, non sforzandosi per nulla con i nodi nascosti, con la spada spezzò tutti i legami: così si prese gioco del responso dell’oracolo, ma anche lo compì. Per questo “nodo gordiano” significa una difficoltà inestricabile che può essere risolta solo agendo con decisione ed energia. Mappa dei luoghi 13 Proseguiamo con altre due “metafore” di tagli “risolutivi”, con l’aiuto di due grandi artisti: Michelangelo Merisi da Caravaggio Davide con la testa di Golia 1609-1610 Galleria Borghese, Roma. Viene dipinto forse alla fine del 1609, versione assai più violenta e sconvolgente del quadro di Vienna (1606-1607), dove David incarna la fredda virtù che trionfa sui malvagi. Qui, invece, il giovane ha una espressione di umana compassione dipinta sul volto, e contempla la testa urlante di Golia senza baldanza. Già i biografi seicenteschi individuano nella fisionomia del gigante sconfitto un autoritratto di Caravaggio, che appare invecchiato e stanco, con pesanti segni sotto gli occhi e la fronte percorsa da rughe. Secondo una recente interpretazione il dipinto sarebbe in realtà un doppio autoritratto, anzi più precisamente una doppia autoidentificazione: sia nei panni di Golia che in quelli di David, sorta di immagine idealizzata del pittore adolescente. Lo confermano i confronti tra il "Bacchino malato" della Galleria Borghese di Roma e l'uomo raffigurato tra la folla del "Martirio di S. Matteo" in S. Luigi dei Francesi. In sostanza, secondo questa interpretazione, il David-Caravaggio non ancora toccato dal peccato uccide il Golia-Caravaggio ormai peccatore incallito secondo un'ottica espiativa che ben si accorda con il carattere del dipinto, molto probabilmente inviato a Roma al cardinale Scipione Borghese a supporto della domanda di grazia che, paradosso dei paradossi, raggiungerà in effetti Caravaggio proprio insieme alla morte. Il buio che inghiotte la spalla di David ha la profondità delle tenebre dell' inferno, a stento rischiarate dalla luce della grazia che colpisce violentemente i tratti stravolti di Golia. Artemisia Gentileschi, Giuditta che decapita Oloferne, 1612 -13,Museo Capodimonte di Napoli. La tela è stata dipinta a ridosso del processo per stupro, il che porta a vedervi il desiderio di rivalsa rispetto alla violenza sessuale subita da parte di Agostino Tassi. Appare di minori dimensioni e di diversi colori rispetto ad una seconda versione, agli Uffizi. L'episodio è narrato nel Libro di Giuditta, l'eroina biblica, che si reca con l’ancella nel campo nemico, circuisce e poi decapita il generale Oloferne. Il dipinto evoca non solo nella crudezza della decapitazione, ma nella postura stessa delle donne, Giuditta di Caravaggio, probabilmente conosciuto. Considerazioni di Roland Barthes : «Il primo colpo di genio è quello di aver messo nel quadro due donne, e non solo una, mentre nella versione biblica, la serva aspetta fuori; due donne associate nello stesso lavoro, le braccia frapposte, che riuniscono i loro sforzi muscolari sullo stesso oggetto: vincere una massa enorme, il cui peso supera le forze di una sola donna. Non sembrano due lavoranti sul punto di sgozzare un porco? Tutto ciò assomiglia a un'operazione di chirurgia veterinaria. Nel frattempo (secondo colpo di genio), la differenza sociale delle due compagne è messa in risalto con acume: la padrona tiene a distanza la carne, ha un'aria disgustata anche se risoluta; la sua occupazione consueta non è quella di uccidere il bestiame; la serva, al contrario, mantiene un viso tranquillo, inespressivo; trattenere la bestia è per lei un lavoro come un altro: mille volte in una giornata essa accudisce a delle mansioni così triviali.» Il passaggio alla scrittura personale avviene attraverso un “gioco” dal quale, più che il razionale, verranno chiamati in causa i sensi e la manipolazione. Consegna: “dovete pensare a qualcuno (qualcosa) che non è (o vorreste che non fosse) più presente nella vostra vita. Scrivete nella parte sinistra del foglio il vostro nome e due righe su di voi; sulla parte destra fate altrettanto per l’altra persona, o cosa, o istituzione, o gruppo. Assegnate a ciascuna delle due ‘parti’ parole e pensieri. “ 14 FIORENZA Secondo passaggio: il “taglio” già disegnato nel foglio dalla grossa linea spezzata va eseguito materialmente, seguendo con le forbici lo strappo indicato. È una consegna data senza spiegazioni, ma tutti hanno qualcosa da commentare sulla storia accennata dal fumetto. 15 L’ultimo passaggio consisterà nel collegare con fili colorati, per ricongiungerli, alcuni brani delle due parti strappate. Ciascuno infine legge e racconta la mini- storia di quella “rottura”, aggiungendo anche quale significato ha attribuito a quel taglio mentre lo eseguiva materialmente con le forbici, infine completando il proprio “fumetto” con una “legenda” sui significati attribuiti ai colori usati. F.B. Non ho mai tagliato niente, ci vorrebbe ma non è possibile, comunque forse è proprio quello che sto facendo. 16 A.M. Non so cosa significa, ma intanto l’ho messo giù nero su bianco R.V. È una taglio che avevo voluto io: tagliare è stato piacevole serenità lunghezza taglio indolore 17 B.B. In realtà ho dato solo un taglio netto nella mia vita, ma qui racconto di un’altra cosa, di quello non voglio parlare. Per questa storia: il taglio è già avvenuto, ma tagliare mi fa pensare a una motivazione, anche se credo che sia superato, senza indagare sul perché. mancanza di chiarezza, dicevamo la stessa cosa non abbiamo saputo comunicare i bisogni “bon ton” della superficie 18 D.B. Era una ragazzina, pensavo che era troppo giovane per me. Quando ho visto la mostra di Alfredo Baccarini ho come ”riconosciuto” i suoi occhi, bellissimi [in quelli della Bitta, modella e moglie dell’artista]. Tagliando non ho separato niente. In realtà ho unito, ricostruito quella presenza, 19 M.G. Tagliare è stata una liberazione; no, non è così, devo capire, non riesco a spiegarmelo 20 V.S. Non taglio mai, la mia trama è complessa, restano sempre degli sfilacci. Questo complica la vita, quasi sempre gli altri non capiscono. E.C. 21 L.R. rappresenta sé e il suo gatto misteriosamente sparito: sa che non è morto perché non si sa di incidenti intorno, ma è commossa, un lutto ne richiama un altro e la cosa la riporta la morte del marito. Tagliando dice “penso che lo lascio andare, accetto che sia altrove, gli dò la libertà”. Infine chiede un altro foglio per rappresentare un altro lutto, molto più grande 22 R.D. Pensavo che mi avrebbe fatto più male F.M. Ho provato un senso di liberazione, è finito. [manca il fumetto] **** Per arricchire lo stimolo ad elaborare i propri tagli e ricuciture, propongo un breve ma intenso racconto di Milan Kundera: Nel febbraio 1948 il dirigente comunista Klement Gottwald si affacciò al balcone di un palazzo barocco di Praga per parlare alle centinaia di migliaia di cittadini che gremivano la piazza della città vecchia. Fu un momento storico per la Cecoslovacchia. Un momento fatale, come ce ne sono uno o due in un millennio. Gottwald era circondato dai suoi compagni e proprio accanto a lui c’era Clementis. Faceva freddo, cadevano grossi fiocchi di neve, e Gottwald era a capo scoperto. Clementis, premuroso, si tolse il berretto di pelliccia che portava e lo posò sulla testa di Gottwald. La sezione propaganda diffuse in centinaia di migliaia di esemplari la fotografia del balcone da cui Gottwald, con il berretto di pelo in testa e il compagno al fianco, parlava al popolo. Su quel balcone cominciò la storia della Cecoslovacchia comunista. Dai manifesti, dai libri di scuola e dai musei, ogni bambino conosceva quella foto. Quattro anni dopo Clementis fu accusato di tradimento e impiccato. La sezione propaganda lo cancellò immediatamente dalla storia e, naturalmente, anche da tutte le fotografie. Da allora Gottwald, su quel balcone, ci sta da solo. Lì dove c’era Clementis c’è solo la nuda parete del palazzo. Di Clementis è rimasto solo il berretto che copre la testa di Gottwald. MILAN KUNDERA, Il libro del riso e dell’oblio, Bompiani 23 M.G. - Era un gesto di solidarietà e amicizia, un valore. I bambini su questo avranno fantasticato. Forse che da grandi non avrebbero visto più l'immagine di Clementis vicino al compagno Gottwald? Regime stupido e sciocco che voleva cancellare la memoria. Infine la semplice consegna: TAGLI o STRAPPI (alcuni testi non corrispondono al “fumetto” di partenza). L.R. - Di tagli nella mia vita ne ho effettuato tanti: meglio tagli che strappi, sono più definitivi e non lasciano fili penzolanti e dolenti. Ma ne ho subito anche in pari quantità, e in quei casi si è trattato di strappi. In ogni caso i miei strappi sono causati dalla paura di legarmi troppo, di mettere in gioco un’intensità affettiva che a sua volta mette in gioco la possibilità di soffrire: se il cuore non si apre, non soffrirà nemmeno. Il taglio più drastico è quello che effettuo quando è in corso un’ interazione e non le permetto di mettere radici profonde nel mio cuore: superficialità che difende ma che impoverisce, timore di soffrire che mutila la possibilità di gioire. Ma questo è solo ciò che appare in superficie, perché nella profondità del non detto, nella segretezza dell’implicito tutto in me mette radici profonde che lasciano fili tenaci di rimpianto anche in caso di strappi o di tagli. Ci sono tagli preventivi non (o meno) dolorosi che riguardano situazioni o persone potenzialmente noiose. R.D. - L’amicizia sincera e vera dovrebbe sopravvivere ad ogni cosa … ma purtroppo non e’ cosi …. Ci sono cose dette o non dette che possono creare tagli o strappi insanabili. Come quelli che sono successi con la mia amica Mara …. Lei doveva comprarsi un’auto ma non aveva i soldi, mi chiese insieme al marito se potevo prestarglieli. Io pensai che era giusto, anche se i soldi li avrei dati a lei … e non a lui …. Di lui non avevo particolare stima, ma i soldi me li avrebbe dovuti restituire lui … perchè lei non lavorava …. Già, detta così e a distanza di anni, con la mente più libera e non condizionata dal sentimentalismo … si vede la fregatura … ma io allora non la vidi ….. Io gli prestai i soldi … e loro si comprarono l’auto …. Dopo un paio d’anni mi restituirono una parte dei soldi … poi sparirono …. Di bello c’è che quando incontrano qualche amico comune che chiede di me … loro rispondono che non sanno perché non ci vediamo più …. Io non sono arrabbiata con lui, ma con lei, perchè poteva venire da me e spiegarsi. B.B. Mi sono sentita dire molte volte che ‘sono una che taglia’ lascia, decide, disfa. E’ vero. Ho sempre lasciato. E non solo fidanzati ma anche parti di me che erano diventate di una taglia scomoda, stretta, appiccicosa. Ho lasciato lavori quando cominciavano a dare segnali di malessere. Quando l’aria non circolava, nella testa e nel cuore. So quello che voglio. E so anche quello che non voglio. Ho imparato, sulla pelle, che cosa mi fa stare bene. E sto imparando a fare pace con questa me stessa, vestita da guerriera mentre invece sono più simile a colei che porta pace. Per me. Almeno. … e poi questa Storia di vita che ci commuove tutti, che suscita domande, che viene arricchita di molti dettagli: 24 E.C. Sono più di sessant’anni che mi chiedo perché è successo. Ho ancora nelle narici l’odore del metallo freddo della tua pistola. Perché, ti chiedo, volevi uccidere? “Deciso!” hai detto “Questa è la volta buona. Moriranno tutti – traditori italiani!” Dieci persone: tre bambini, donne, anziani. I loro perché non hanno avuto risposta. Ora ti guardo, e tu mi fissi dalle pagine di quel libro: ora conosco il tuo nome. Avevo nove anni. Noi fummo salvati da un tuo giovane ufficiale. In cambio, tu gli sparasti oltre il fienile. … E proprio quando, da molto tempo, voi eravate di fatto già prigionieri (lo racconti tu in un’intervista, in quello stesso libro)! Ti ho chiamato con nomi orribili, cattivi, osceni. Ma tu eri stato promosso colonnello. Questa è la guerra incisa nella memoria di una bambina di nove anni, caro capitano GERARD NUHM! Un giovane soldato Dalle guance rosa Ci salvò da sicura morte E leggero Andò verso la sua. Era aprile e c’era il sole. (20 aprile 1945) Anche quest’altra storia ci colpisce, “strappa” qualcosa dentro ciascuno di noi. D. è commosso, rimanda la lettura all’incontro successivo: la accogliamo come un regalo. D.B. Io e mio zio vicini, lui seduto sulla poltrona , guardava, con viso inespressivo , la televisione e ogni tanto, girandosi, mi osservava come si guarda ad un fratello più piccolo, sorridendo. Che soggetto mio zio ; già il fatto di essere uscito vivo da un campo di sterminio durante la guerra , senza scarpe , sulla neve, lo faceva apparire ai miei occhi, un eroe. La moglie l’aveva lasciato, forse non lo capiva. Aveva perso, in un incidente, l’unico figlio che aveva scelto lui, invece della madre; mio cugino, un fratello cresciuto con me. Quanto ha sofferto, ed ha resistito a tutto ciò, senza lamentarsi. Ma un giorno come un nemico dal nome tedesco, Alzheimer, è tornato per riprenderlo e, crudele, non gli ha tolto quella memoria ma se l’è portato via nel dolore. F.B. - STRAPPI Era stato piacevole e interessante conoscere Monica, occhi verdi, in quel viaggio in Olanda. Ci eravamo scritte due lettere e, come promesso, lei era venuta da Pavia, ospite a casa mia vicino al mare. Lei a Pavia poteva andare solo sul fiume Po, ma desiderava tanto venire al mare. I suoi ventisette anni mi portavano una ventata di allegria e spensieratezza: la sera cantavamo al karaoke del bar, in spiaggia ridevamo per nulla. C’è una massima che dice che l’ospite dopo troppo tempo puzza, e fu così, Il quindicesimo giorno della sua permanenza a casa mia Monica mi aveva comunicato la sua decisione: sarebbe rimasta da me un’altra settimana e non sarebbe tornata a casa con i genitori, che proprio quel giorno erano venuti a prenderla, guidando fin lì, sotto la calura di agosto. Mi sono seduta di fronte a lei e le ho spiegato che se lei avesse voluto rimanere ancora a Cervia avrebbe trovato aperti molti alberghi, ma a casa mia la vacanza sarebbe finita lì. Mi ha guardato incredula ed è partita con suo padre per Pavia facendo fatica a salutarmi, non mi ha più scritto. Dopo un anno arriva una telefonata: era lei in un albergo di Cervia. Sono andata a prenderla e siamo andate ad una festa, poi è ripartita per Pavia. Per qualche anno non ho avuto notizie, finchè un giorno una mia amica, con la quale aveva tenuto contatti, mi comunica che Monica per un anno ha lottato con la leucemia e a trentatre anni è morta. 25 CONTATTI e SINESTESIE Riviere, bastano pochi stocchi d'erbaspada penduli da un ciglione sul delirio del mare; o due camelie pallide nei giardini deserti, e un eucalipto biondo che si tuffi tra sfrusci e pazzi voli nella luce; ed ecco che in un attimo invisibili fili a me s'asserpano, farfalla in una ragna di fremiti d'olivi, di sguardi di girasoli ... ( E. MONTALE, Riviere) Si tratta dei primi versi di un poesia lunghissima, tratta dalla raccolta “Ossi di seppia”, che Montale scrisse a soli 23 anni. Il linguaggio della poesia è stato definito da qualcuno “resistente”: il che viene interpretato dal gruppo come “che resiste nel tempo” , ma anche come “che non si fa capire subito”. Allora proviamo a “capire” quei versi da dentro, smontandoli un po’ secondo quello che sentiamo BASTANO … … ed ECCO CHE IN UN ATTIMO C’è chi ci vede un “prima” e un “dopo”; chi ci avverte un rapporto di causa – effetto, anche se “non in senso materiale, ma legato alle emozioni, cogente, qualcosa che passa attraverso i sensi” … “è una realtà che si può toccare e sentire; colpisce nella poesia la grande quantità di sensazioni”. Scorporiamo allora le sensazioni, distinguendo fra una prima e una seconda parte dello stralcio lirico e collocando nella tabella vocaboli o espressioni riferite alle “sfere” indicate. BASTANO Sfera della luce Udito o tatto All’interno della tabella, contrassegniamo con ECCO CHE IN UN ATTIMO Sfera della luce Udito o tatto * le cose VISTE, con # quelle pensate, ricordate, immaginate Risulta che - molte delle cose viste, toccate, annusate in realtà lo sono di più nel pensiero, nel ricordo, nell’immaginazione che nella realtà concreta - molte sensazioni appartengono sia alla prima che alla seconda colonna della tabella utilizzata per l’analisi. Montale, come molti artisti, usa la SINESTESIA che, oltre ad essere un fenomeno di fusione percettiva, può 26 essere ”forzata” come figura retorica, per esprimere con maggior forza le proprie emozioni e per intensificare le emozioni di chi legge, guarda o ascolta. Alcune parole- chiave: ED ECCO CHE IN UN ATTIMO “Si tratta di un attimo senza tempo, in realtà il tempo scompare” ( ATEMPORALITÀ come magia dell’opera d’arte, cogenza dell’accadere) Perché ‘in un attimo”? INVISIBILI FILI ci riporta ai fili tracciati nel “gioco” dell’incontro precedente. S'ASSERPANO (da SERPE) qual è l'azione della serpe che non viene indicata? FARFALLA a ME quali immagini della poesia li legano rendendoli una cosa sola? in una RAGNA di che cosa è fatta una ragnatela? di FREMITI d'OLIVI (dal vento) come possono fremere gli olivi? chi freme con loro? di SGUARDI di GIRASOLI come possono guardare i girasoli? dov’è, anche, quello sguardo? Alcuni termini usati in senso figurato STOCCO significato comune (nel fioretto) la punta; qui significa FOGLIA COME SPADA perchè il poeta gioca con il nome della pianta ERBASPADA ( = agave ) DELIRIO significato comune vaneggiamento, perdita della ragione; qui significa ... perché ... TUFFARSI significato comune ... qui significa ... perché ... In particolare, si osserva che questo è un tuffo “al contrario”, non solo perché si tratta di emersione – immersione verso l’alto, nell’aria, anziché di immersione verso il basso, nell’acqua, ma soprattutto perché quel bagno di luce è 27 carico di ‘pazzi voli’, forse del fiore - o forse, anche degli uccelli che volano con lui - e di sfrusci leggeri come l’aria anziché di tonfi. La sinestesia è un fenomeno sensoriale/percettivo, che indica una "contaminazione" dei sensi nella percezione: una stimolazione uditiva, olfattiva, tattile o visiva è percepita come due eventi sensoriali conviventi. Si manifesta automaticamente come fenomeno percettivo e non cognitivo. Basti pensare alle situazioni in cui il contatto o la presenza di un odore o di un sapore evoca un'altra reazione sensoriale (la vista della frutta che è percepita anche come sapore), ed è spesso dovuta al fatto che i nostri sensi, pur essendo autonomi, non agiscono in maniera del tutto distaccata dagli altri. In arte, consiste nell'attribuire a un oggetto percepibile con uno o più sensi qualità percepibili con altri sensi: "dolci parole" (gusto udito), "fragori del sole" (udito - vista), "colore freddo" (vista - tatto), "profumo dolce" (olfatto - gusto). Il termine sinestesia viene dal greco syn = unione ed aisthesis = sensazione. Letteralmente significa percepire insieme: la percezione di suoni colorati o viceversa è il tipo di sinestesia più ricorrente. La poesia è in grado di svelare i misteri che si celano dietro l’apparenza, cogliendo rapporti di corrispondenza anche fra cose lontane; è in grado di esprimere le relazioni che legano il mondo interiore del poeta a quello esteriore. Gli scritti sull’arte di Baudelaire sono ricchi di osservazioni sull’intimo congiungimento tra colori, suoni e profumi e, accanto a lui, anche Gautier, Huysmans e Rimbaud tradurranno in poesia le loro esperienze sinestetiche. Nel Novecento sarà la volta degli artisti e dei musicisti, V. Kandinskij, J. Itten, A. Skrjabin: la perdita di fiducia nel potere conoscitivo della scienza, congiuntamente alla scoperta della non essenzialità dell’oggetto nel quadro e all’ascolto del Lohengrin di Wagner, durante il quale vedrà tutti i suoi colori, condurranno il pittore russo Kandinskij all’ascolto della "necessità interiore". Essa è il collante che ridà unità all’uomo disgregato, il quale riconosce nel suo animo la radice unica da cui hanno origine i cinque sensi e di conseguenza, la comune origine di tutte le arti. Per Kandinskij è soprattutto nell’animo delle persone più sensibili che la percezione di un organo sensoriale si ripercuote, attraverso l’anima, sugli altri organi: "questa teoria implica che la vista sia collegata non solo col gusto, ma con tutti gli altri sensi"(Lo spirituale nell’arte). Il musicista russo Skrjabin, dal canto suo, ricostruirà una nuova corrispondenza tra note e colori, ideando una tastiera per luce, che suonerà i colori nel suo poema Prometeo. Dal punto di vista fonetico l’attenzione viene richiamata su una consonante che agglutina tutti i versi intorno ad un’unica immagine, che è anche una possibile chiave di lettura della poesia: contiamo le S, tutte convergenti sul termine S’ASSERPANO. Notiamo che le sensazioni indotte da questa lettera “sibilante” rimandano al sibilo (reale o immaginato) di un serpente, e che la sua forma ne richiama l’andatura ondulante. Montale non ci “racconta” un’esperienza di immersione nel paesaggio, ma ci trasmette le sue sensazioni ed emozioni facendo abbondante uso – oltre che della sinestesia - di una figura retorica “di forma” che si chiama ALLITTERAZIONE L'allitterazione consiste nella ripetizione di una lettera, di una sillaba o più in generale di un suono all'inizio o all'interno di parole successive (Coca Cola, Marilyn Monroe, Deanna Durbin, Mickey Mouse, Cip & Ciop),allo scopo di porre l'attenzione sui rapporti fonetici tra le parole messe in rilevanza. Allitterazione deriva dal latino adlitterare, che significa appunto "allineare le lettere". Qualcuno osserva che l’azione di “asserparsi” di quei fili invisibili rimanda anche ad un ME che ci rivela la centralità del poeta in quel paesaggio e in quelle emozioni: la stessa centralità che emerge nella complessa figura retorica (un po’ metafora, un po’ sineddoche, un po’ personificazione) usata per i FREMITI D’OLIVI e per gli SGUARDI DI GIRASOLI. Qualcun altro osserva che anche la lettera L (foneticamente definita “liquida”) fa da filo conduttore nella poesia: contiamo le L, ne seguiamo l’andamento verso per verso, parola per parola. La loro “disseminazione fonetica” ci rimanda alle onde del mare, ad un abbandonarsi facendosi cullare dalla leggerezza accogliente di quei “fili invisibili”. Infine rileggiamo insieme tutto lo stralcio, senza sforzarci di capire ma avendo “capito” qualcosa in più. Assaporiamo con leggerezza, in un piccolo esercizio, la composizione di sinestesie; concludiamo con la lettura di un altro celebre stralcio, tratto dalla “ricerca” di Proust, in cui il gusto e l’olfatto (i nostri “sensi rettili” perché arcaicamente e strettamente contigui all’inconscio, quindi grandi suscitatori di emozioni e di ricordi) finiscono per prevalere sulla vista (il senso esterno, “dominante”nelle relazioni sociali) e per condurci da ciò che appare reale fino alle parti più profonde di noi stessi. [le parti evidenziate con colori o scritte in rosso sono trascrizioni di osservazioni nate durante la lettura individuale, poi condivise col gruppo]: 28 Mi portai alle labbra un cucchiaino di tè, in cui avevo inzuppato un pezzetto di madeleine. Ma, nel momento stesso che quel sorso misto a briciole di biscotto toccò il mio palato [VISTA- la realtà che ti viene incontro, da qui c’è la coscienza, nel ricordo], trasalii, attento a quanto avveniva in me di straordinario. Un piacere delizioso m’aveva invaso, isolato, senza nozione della sua causa … nel modo stesso in cui agisce l’amore, colmandomi d’un’essenza preziosa: o meglio quest’essenza non era in me, era me stesso. Avevo cessato di sentirmi mediocre, contingente, mortale. Donde m’era potuta venire quella gioia violenta? Sentivo ch’era legata al sapore del tè e del biscotto ma lo sorpassava incommensurabilmente, non doveva essere della stessa natura. Donde veniva? Che significava? Dove afferrarla? Bevo un secondo sorso in cui non trovo nulla di più che nel primo, un terzo dal quale ricevo meno che dal secondo. È tempo ch’io mi fermi, la virtù della bevanda sembra diminuire. È chiaro che la verità che cerco non è in essa, ma in me … [“ecco che in un attimo” di MONTALE] e ricomincio a domandarmi che mai potesse essere quello stato sconosciuto, che non portava con sé alcuna prova logica, ma l’evidenza della sua felicità, della sua realtà dinanzi alla quale ogni altra svaniva. Voglio provarmi a farlo riapparire. Indietreggio col pensiero al momento in cui ho bevuto il primo sorso di tè. Ritrovo lo stesso stato, senza una nuova luce. Chiedo al mio animo ancora uno sforzo, gli chiedo di ricondurmi di nuovo la sensazione che fugge. Certo, ciò che palpita così in fondo a me dev’essere l’immagine, il ricordo visivo, che, legato a quel sapore, tenta di seguirlo fino a me. Ma si agita troppo lontano in modo troppo confuso: percepisco appena il riflesso neutro in cui si confonde l’inafferrabile turbinio dei colori smossi; ma non so distinguere la forma, né chiederle di rivelarmi di quale circostanza particolare, di quale epoca del passato si tratti … E ad un tratto il ricordo m’è apparso. Quel sapore era quello del pezzetto di madeleine che la domenica mattina a Combray, quando andavo salutarla nella sua camera, la zia Léonie mi offriva dopo averlo bagnato nel suo infuso di tè o di tiglio. 29 E appena ebbi riconosciuto il sapore del pezzetto di madeleine inzuppato nel tiglio che mi dava la zia, … subito la vecchia casa grigia sulla strada, nella quale era la sua stanza, si adattò come uno scenario di teatro al piccolo padiglione sul giardino dietro di essa, … e con la casa la città, la piazza dove mi mandavano prima di colazione, le vie dove andavo in escursione dalla mattina alla sera e con tutti i tempi, le passeggiate che si facevano se il tempo era bello. E come in quel gioco in cui i Giapponesi si divertono a immergere in una scodella di porcellana piena d’acqua dei pezzetti di carta fin allora indistinti che, appena immersi, si distendono, prendono contorno, si colorano, si differenziano diventano fiori, case, figure umane consistenti e riconoscibili, così ora tutti i fiori del nostro giardino … e la buona gente del villaggio e le loro casette e la chiesa e tutta Combray e i suoi dintorni, tutto quello che vien prendendo forma e solidità, è sorto, città e giardini, dalla mia tazza di tè. [adesso posso dire che è MIA, è stata la causa del ricordo] (MARCEL PROUST, La strada di Swann, Einaudi) Osservazioni : La lirica di MONTALE è intuitiva, immediata, la stessa POLISEMIA ci costringe a tirar fuori da noi stessi i significati; anche nel brano di PROUST un senso ne muove un altro, una parola, un pensiero ne muove un altro, ma Proust NON CHIEDE A NOI di viaggiare, e’ un viaggio che ci fa fare con lui. C’è un vero e proprio passaggio di sensi: dal TOCCÒ (ESTERNO) fino alla MIA tazza di tè (all’interno del pensiero, interiore). Possiamo utilizzare anche per Proust la tecnica di analisi usata per Montale, cercando collegamenti, tracciando FILI: per esempio CONFUSO - SOLIDITÀ; APPENA - SUBITO Un’opera d’arte è sempre atemporale, trascende il tempo, così dentro di noi si fonde tutto B.B. ci guida infine alla ricerca dei pronomi di prima persona, che tracciano un percorso nel racconto, COME FILI CHE ANNULLANO il tempo, creando una situazione tutta interiore, che Proust però ha comunicato. Racconta di saper cucinare fin da piccola le madeleine, di cui ci farà avere più tardi la ricetta. Passiamo alla produzione scritta: 30 B.B. - LA MIA MADELEINE … ...sa di arancia e di sabbia. E la scoperta è venuta casualmente un pomeriggio, tentando di fare merenda con cose strampalate e con l’animo indaffarato in pensieri ingombranti. Sorseggiavo una spremuta di arance, che ogni volta che bevo mi pare una gran conquista non filtrarla, ho sempre odiato i fili delle arance, e sentivo anche fame. Qualcosa di dolce. Avevo solo biscotti secchi. Che sarà mai, certo con i biscotti meglio il tè. E la spremuta si basta da sola. Via indugi alimentari. Ho preso il biscotto e mi si è spalancato l’asilo inglese. Alla me bambina era l’unica àncora che mi riconoscevano. E che mi dava pace. Loro non mi capivano ed io non capivo la loro lingua. Ma la merenda, nel cortile ricoperto di sabbia, era una parola comune. Sarà per questo che da grande non ho mai amato masticare l’inglese? Così mi piace dire, in rispetto alla bambina di allora. L.R.A - BASTA(NO) ... ED ECCO CHE IN UN ATTIMO... Bastano pochi grani di sole ed ecco che in un attimo s’intessono ragnatele d’oro Basta qualche sfrangio d’amore ed ecco che in attimo s’illuminano tetre giornate color di topo Bastano attimi di silenzio sospesi fra intrecci di voci ed ecco che in un attimo s’accendono nuove domande L.R. INVISIBILI FILI A ME S’ASSERPANO, non desiderati né richiamati, pallide dita di fantasmi lontani, freddi e umidi come la cantina della mia casa d’infanzia. Mi afferrano e mi tirano indietro a ricordi persistenti della mia infanzia, a quella bambina tenace e offesa, sensibile e ribelle, sognatrice, che immaginava scenari futuri per evadere da un grigio, pesante presente. Ricordo un viaggio in macchina con i miei genitori, da ravenna a Modigliana, una domenica pomeriggio d’autunno avanzato, sotto una pioggia scrosciante. Fuori, le ruote della macchina sollevavano spruzzi, gocce insistenti e fitte rigavano i finestrini; dentro, le voci alterate dei miei genitori erano impegnate nell’ennesima lite. Ecco che, ancora una volta, mi veniva in soccorso la fantasia: l’automobile si trasformava in un veloce motoscafo col quale attraversavo un tratto di mare, per portare un’indispensabile medicina salvavita ad un villaggio della costa difficilmente raggiungibile via terra. R.V. - INVISIBILI FILI A ME S’ASSERPANO… Ma se la tela avesse un buco e il ragno non fosse lì, in agguato? Uscirebbe. La farfalla poi avrebbe memoria del pericolo scampato o, vista un’altra tela ingannatrice e ammaliatrice, ci si poserebbe di nuovo? Sì, ci andrebbe, e stavolta il ragno c’è. Mi sento asserpata quando non riconosco i fii che mi trattengono, invisibili e resistentissimi. I fili di una tela di ragno che pare così innocua ed è così micidiale. 31 F.B. - ED ECCO CHE IN UN ATTIMO … Basta un cielo a pecorelle, quel cielo azzurro sul quale le nuvole, come soffici ciuffi di cotone appaiono all’imbrunire, ed ecco che in un attimo torno bambina, con occhi gioiosi pronti a fantasticare, a cercare oltre la realtà le cose belle. I miei ricordi sbocciano sopra l’erba fresca dove le sere d’estate mi stendevo fra mio padre e mia madre vicino al grande gelso e guardavamo il cielo. Il mio cagnolino ci raggiungeva felice e ci leccava le mani, io mi rannicchiavo vicino alla mamma o saltavo sul pancione di mio padre. “Ecco quella nuvola sembra un coniglio!” e mia madre “quella vicina più grande sembra un cavallo alato!”. Il silenzio era palpabile, poi quando le lucciole danzavano sul grano i grilli intonavano i loro richiami, le rane rispondevano in concerto. Sono fortunata ad avere vissuto questi momenti della mia infanzia a contatto con la natura e i suoi canti e i suoi silenzi. E’ un ricordo indelebile ancora legato con invisibili fili alle emozioni più belle. R.D. - QUALCOSA CHE CREDEVO CANCELLATO, E INVECE … È proprio vero, il passato spesso ritorna …. Sì, qualcosa che credevo cancellato invece è ritornato …. Non avevo ancora 18 anni e da qualche tempo conoscevo un ragazzo …. Il mio primo ragazzo …. Io lo ritenevo il mio ragazzo … e anche per lui era cosi …. Anche se a quei tempi era tutta un'altra cosa da ora …. A ballare ci accompagnava qualche genitore, e logicamente lì sedute vicino a noi ragazze c’era sempre una mamma o una nonna ….. Questo non vuol dire che eravamo più brave delle ragazze di oggi Qualche mese prima del mio diciottesimo compleanno ho avuto un incidente domestico e sono dovuta rimanere in ospedale per quasi due mesi … senza potermi muovere dal letto per trentasei giorni …. Logicamente di tempo ne avevo tanto per pensare, e pensavo a lui; quando venivano le mie amiche chiedevo se quando andavano a ballare l’avevano visto e se lui sapeva quello che era successo …. Loro dicevano che lo sapeva e che chiedeva di me ….. Io speravo che mi venisse a trovare … ma i giorni passavano e lui non veniva …. Poi un giorno arrivò con i suoi amici … e mi portò una scatola di gianduiotti …. Quando andò via mi disse che forse tornava …. Nella mia ingenuità pensai che sarebbe tornato nella stessa giornata …. Invece non venne nè quel giorno nè tutti gli altri …. Quando tornai a ballare, dopo tanti mesi, lui mi salutava e ogni tanto mi chiedeva di fare un ballo …. Gli anni passarono e lui si sposò … e io mi sposai …. Ogni tanto, ma raramente, per caso ci incontravamo; ma facevamo gli indifferenti …. Qualche mese fa, mentre portavo il cane a passeggiare, si fermò una macchina; si aprì il finestrino e un signore mi salutò chiamandomi per nome e chiedendomi se lo riconoscevo …. Io dissi di sì …. Era lui …. Poi lo rividi dopo qualche giorno e si rifermò …. E mi chiese se mi andava di trovarci un giorno a riparlare degli anni 70 e della nostra storia, dicendomi che ci teneva e aggiungendo che allora c’erano state delle interferenze …. Io logicamente sono rimasta perplessa e stupita …. Forse un giorno lo farò …. Dimenticavo di dire che non ho mai più mangiato un gianduiotto in tutti questi anni ….. 32 E.C. - LA MIA MADELEINE La mia “madeleine” è una zuppiera colma di zuppa inglese, il colore rosso dell’alkermes, il giallo della crema morbida e vellutata. I savoiardi che si scioglievano in bocca lenti, teneri, mi davano una gioia infantile. Una gioia golosa. Mi riportano alle imprese dell’infanzia, complice mia cugina, ad una zuppiera enorme piena del dolce, che di nascosto portammo in cantina. Che fatica, era pesante per le nostre piccole braccia. Eravamo sole col nostro bottino. Per mangiarla avevo tolto da un soprammobile un minuscolo cucchiaino. Fu un’impresa: avevamo sei anni. Quella crema ancora tiepida ci colava appiccicosa sul grembiule, i savoiardi li prendevamo con due dita, ad occhi chiusi li gustavamo col sapore forte del rosso liquore. Non eravamo consapevoli di fare una birichinata enorme. Per noi era una felicità indescrivibile essere sole, passarci il cucchiaino e gustare quel bendidio senza pensare alle conseguenze. Dopo settant’anni ancora ne parliamo, e ancora ci divertiamo a ricordare i sapori e il gusto perverso di averla fata in barba ai “grandi”. Finimmo a letto con due cucchiai di olio di ricino e una buona dose di sculacciate, ma ne valse la pena. Madeleine dolci Ingredienti per circa 18 piccole madeleine 150 g di farina per dolci; 2 uova + 1 tuorlo; 110 g di burro; 120 g di zucchero a velo; 1 cucchiaino di miele (opzionale); mezza bustina di lievito vanigliato per dolci; qualche goccia di aroma di mandorle; qualche goccia di estratto di vaniglia; un pizzico di sale, burro e farina per gli stampi Preparazione Setacciare insieme la farina e il lievito. Fondere il burro a bagnomaria e lasciarlo intiepidire. In una ciotola montare le uova con lo zucchero, fino a ottenere un composto schiumoso. Incorporare la farina setacciata con il lievito, il burro fuso intiepidito, l’aroma di mandorle, l’essenza di vaniglia e un pizzico di sale. Mescolare sino a ottenere un composto liscio e omogeneo. Coprire la ciotola con pellicola e lasciar riposare in frigo per almeno 12 ore (meglio 24 ore). Trascorso il riposo, distribuire con il sach-à-poche l’impasto nelle formine da madeleine. Riporre in frigorifero e accendere il forno a 220 gradi. Quando il forno avrà raggiunto la temperatura infornare le madeleine a 200° per 5/6 minuti. Quando iniziano a gonfiarsi abbassare il forno a 180° per altri 5/6 minuti. Devono dorare leggermente ma non scurirsi troppo. Una volta fredde cospargerle, a piacere, di zucchero a velo. Storia delle Madeleines Il Re Stanislao di Polonia aveva come residenza secondaria il castello di Commercy situato in un piccolo paese in Lorena. Un giorno, nell’anno di grazia 1755, ricevette per ospiti Voltaire e Madame de Chatelet, ospiti molto golosi. Per l’occasione egli chiese alla sua cuoca, Madeleine, di preparare un dolce inedito. La cuoca offrì agli ospiti dei dolcetti dalle pance arrotondate, dichiarate famose per la delicatezza dovuta all'aroma sottile di bergamotto. Re Stanislao apprezzò così tanto questi dolci che ne inviò un pacchetto a sua figlia, che era la moglie di re Luigi XV alla corte di Versailles. I dolcetti furono talmente apprezzati che decisero di chiamarli i dolci della regina, ma la regina preferì chiamarle, Madeleines, dal nome della donna che le aveva inventate. Secondo altre fonti, la Madeleine risale alle origini del pellegrinaggio di San Giacomo di Compostela, dove una giovane ragazza di nome ‘Madeleine’, offriva ai pellegrini una torta con l’uovo, cotta nel guscio delle Saint-Jacques (che è l'emblema del pellegrinaggio). 33 UN FIORE NEL BUIO Durante una breve vacanza ho visto una rassegna di dipinti dell’artista cileno Sebastian Matta, e ne riporto al gruppo l’immagine conclusiva, riprodotta su una parete della galleria che ospitava l’esposizione. Un ulteriore esempio, insieme figurativo e concettuale, di sinestesia. Questo richiamo al cuore in particolare rimanda, oltre che alle opere letterarie “visitate” la settimana scorsa, alle continue cuciture che i nostri sensi e la nostra mente operano in una realtà troppo spezzettata dalle classificazioni e dalla conoscenza ordinata in discipline -, per farne una cosa sola “ordinata” dalle emozioni. Come in quest’altra opera d’arte visiva, ancora una sinestesia che corre dagli occhi al cuore alle mani della figura centrale, fino all’armonia che ancora vibra quasi visivamente nell’immagine : il “Concerto interrotto” di Tiziano, carica di un fascino misterioso. TIZIANO VECELLIO, Il concerto interrotto, Galleria Palatina, Firenze L'arte di Tiziano giovane è pervasa dall’influenza di Giorgione, suo maestro, ma è già possibile ravvisarne la personalità ne "Il Concerto" del 1510, dapprima attribuito a Giorgione ma poi riconosciuto come un'opera sulla quale entrambi hanno lavorato. La figura al centro con il gesto subitaneo di girare il capo ha già una vitalità tutta tizianesca. L'educazione musicale, all'epoca, era parte integrante della formazione di un gentiluomo, soprattutto la musica "cittadina", quella fatta con gli strumenti a corda e la voce, contrapposta alla musica incolta, quella campagnola fatta dagli strumenti a fiato e dalle percussioni. Il quadro appare quindi come un celebrazione dell'armonia della musica "cittadina", della viola, della spinetta e del possibile cantore a sinistra. Su uno sfondo scuro si stagliano tre personaggi a mezza figura: un giovane con un cappello piumato (indicato fino al XIX secolo come figura femminile), un uomo vestito di nero che suona una spinetta e un religioso (un che tiene in mano una viola o un liuto e l'altra appoggiata sulla spalla dell'altro personaggio, ruotato all'indietro In agostiniano?) tutto il gruppo è immediata la condivisione di quel fascino, che cerchiamo di analizzare mettendo a fuoco per guardarlo. I due erano letti come ritratti di Martin Lutero e Calvino. Spicca soprattutto la figura centrale, con il ritratto (attraverso un “obiettivo” formato intrecciate) il particolare da cui ciascuno è attratto. La tecnica che estremamente intenso e veritiero, tra i dalle miglioridita di Tiziano in assoluto. Gli occhi sono incavati ed espressivi, gli zigomi appuntiti, le labbra rese realistiche dal neo sotto una narice. Perfetta è la utilizziamo è una figura retorica che si chiama “sineddoche”. rotazione in alto verso destra, così come la resa delle vigorose mani, intente alla musica, apparentemente disinvolte ma abili e attente alla tastiera. Alcune osservazioni da fare immediatamente e da condividere col gruppo, individuando nel dipinto un particolare ritenuto “centrale”, come se si dovesse fotografarlo (ciascuno forma un quadrato con le dita delle due mani, trasformate per l’occasione in macchina fotografica): la figura retorica realizzata si chiama “sineddoche”, utilizzata in letteratura, nella musica e soprattutto nelle arti visive, per evidenziare un particolare significativo. 34 Sineddoche dal greco = alternanza, sostituzione . Consiste nel sostituire una parola o un concetto con un'altra parola o un altro concetto che abbiano, con primi, dei rapporti di quantità. Si sostituisce, ad esempio, la parte con il tutto, il genere con la specie,il singolare con il plurale, o viceversa. Esempio: « il tetto natio», per dire la «casa». In senso letterale, ogni riquadratura della realtà che abbiamo davanti agli occhi è una operazione di sineddoche. Esempi di sineddoche figurativa, in alcune immagini fotografiche: 4 Alle osservazioni immediate segue una consegna da eseguire per iscritto: “descrivete il quadro di Tiziano partendo dal dettaglio che vi ha attratto e proseguite “parlandone”, con l’utilizzo in particolare dei termini: cercare - in un attimo – lontano - emerge – centralità 4 da “Progresso fotografico” 35 - E.C., R.D. e F.B. si concentrano sulle mani della figura centrale, perché “fanno quasi ascoltare la musica” F.B. Il suono della tastiera emerge dal quadro, proseguendo la soave composizione con le veloci mani. Solo lo sguardo del musicista è distolto per un attimo dal tocco del frate in bianco, ma il volto fa capire che non è il caso di interrompere, e questo lo conferma anche il viso assorto del giovane, che sembra meditare lontano dal luogo, con pensieri e visioni che vibrano sopra il suono della musica, che continua con l’intenso vigore delle mani abili e veloci, come un frullare d’ali degli scriccioli in volo. - D.B. è attratto dal volto della stessa figura, “soprattutto dallo sguardo, collegato con le mani” e dalla sinestesia occhio- sguardo- musica- estasi Lo sguardo ed il movimento cercano una conferma ed in un attimo le mani si arrestano, sospese, e la musica si spegne lentamente, lasciando una traccia sottile. Se si potessero aggiungere, disegnando come in un fumetto, linee che enfatizzano il movimento rapido del viso e note musicali come una catena attorno ai personaggi, potremmo visualizzare l’eco in sottofondo. La figura centrale emerge nell’insieme e l’interrogativo che aleggia trova risposta, forse, nella sicurezza ostentata dagli altri personaggi, più strutturati e statici, per testimoniarne così l’interiore superiorità. - T.G. si sente particolarmente vicina alla figura sulla sinistra del quadro, “presente fisicamente ma lontana da quello che sta accadendo, tutta presa dalla propria serenità” Cerco nel quadro quello che il pittore vuole dirci. In un attimo tutto si è fermato, la musica tace, tace anche la voce della giovane donzella serena: anche quando il concerto viene interrotto non è preoccupata, nulla e nessuno la turba, sembra quasi che sia lontana, rimane un po’ indietro, in disparte, si fa gli affari suoi. La centralità del dipinto è nell’uomo che emerge dal vestito nero: all’improvviso viene interrotto dall’altro religioso che tiene in mano un liuto, e sembra quasi che gli chieda perché mi hai interrotto, ero dentro la musica. Il pittore ce lo comunica attraverso l’espressione dei suoi occhi, con uno sguardo interrogativo accentuato dagli zigomi appuntiti. - M.G. sottolinea invece il forte contrasto fra la corporeità molto viva (marcata dalla ricchezza e dalle fitte piegoline del saio bianco, sotto cui si indovina un fisico massiccio) della figura sulla destra e l’indefinitezza fisica della figura centrale, che quasi sparisce sotto la tonaca nera, liscia e distesa: contrasto cromatico che ne accentua la spiritualità. Nel quadro tre sono le figure rappresentate. Al centro una figura dal volto scavato e dagli occhi smarriti in un’estasi lontana. Si intuisce un fragile corpo che non si sente affatto, protetto completamente da una larga tonaca assolutamente scura dalla quale escono solo le mani in movimento. Questa incorporeità è resa più evidente dal contrasto con la figura del frate dominicano: un corpo denso vestito con eleganza, del quale vediamo il drappeggio bianco ed elaborato delle maniche, mentre il viso è volutamente sfocato. Allora i punti sono tre: centralità del viso del suonatore di spinetta, le cui mani emergono il corpo corposo del domenicano - e alle spalle, lontano come un corpo estraneo, un’immagine di sessualità incerta che forse serve solo per armonizzare la geometria degli spazi. 36 Proseguiamo “spostandoci” su una poesia che non richiede un’analisi compositiva dettagliata ma piuttosto la traduzione di sensazioni ed emozioni e la costruzione di “fili” fra parole, immagini, pensieri, con il “corrimano” di suggerimenti sparsi: IL FIORE NEL BUIO ...Il pianista cerca un fiore nel buio e lo trova, un fiore che non vide ma ne canta la certezza. Il gioco è questo: cercare nel buio qualcosa che non c'è, e trovarlo. (E. FLAIANO, La valigia delle Indie) Il pianista cerca (chi è?) … - fiori - … "canta la certezza" - canta veramente - canta attraverso la sua musica trova … Il fiore nel buio: reale o simbolico? Che cosa potrebbe rappresentare? Questo “pianista” ama - la sua musica - … cerca fiore nel buio NON vide canta NON c’è pianista trova certezza Alcune osservazioni “a caldo”: IL PIANISTA è ciascuno di noi CERCA la felicità un finale per il “pezzo” che sta suonando un’ispirazione musicale un accordo o la nota “giusta” di uscire dalla sua solitudine CANTA 37 - la sua gioia - la speranza - perché sente di aver “vinto” (la poesia parla di “gioco”) - perché dopo il buio c’è la luce UN FIORE - qualcosa che sta cercando da molto tempo - una speranza - nemmeno lui sa che cos’è IL BUIO - nel buio tutto è possibile - forse il buio è dentro di lui AMA il suo stesso desiderio TROVA il suo sogno La seconda parte è quasi “una risposta” alla prima Proposta conclusiva: una melodia che forse proprio quel pianista (e idealmente il monaco musicalmente “rapito” di Tiziano) sta suonando: “ALMOST BLUE” di Elvis Costello: Written by: Elvis Costello Produced by: Geoff Emerick Musicians: Elvis Costello - vocals and guitar Steve Nieve - keyboards Bruce Thomas - bass Pete Thomas - drums Quasi azzurro - Quasi facendo le stesse cose che facevamo noi C’è una ragazza qui ed è quasi te Quasi tutte le cose che i tuoi occhi hanno promesso una volta Vedo anche nei suoi - Ora i tuoi occhi sono rossi di pianto Quasi azzurro - scherzando su questo disastro che mi è accaduto Mi sento dire che solo a uno sciocco come me poteva capitare Quasi azzurro - Sta quasi arrivando sta quasi accadendo C’è una parte di me che è sempre vera … sempre Non tutte le cose belle finiscono, ora ho solo scelto una cosa da niente Ho visto una coppia così infelice - Quasi me - Quasi te - Quasi azzurro Almost blue - Almost doing things we used to do There’s a girl here and she’s almost you Almost all the things that your eyes once promised I see in hers too - Now your eyes are red from crying Almost blue - Flirting with this disaster became me It named me as the fool who only aimed to be Almost blue - Its almost touching it will almost do There’s a part of me that’s always true...always Not all good things come to an end now it is only a chosen few I’ve seen such an unhappy couple - Almost me - Almost you - Almost blue 38 Ascoltiamo tutti, attenti e anche noi un po’ “rapiti”. Segue la consegna : “Cerca un fiore nel buio nella tua fantasia, nei tuoi sogni, nei tuoi desideri , e parlane”, col sottofondo, più volte replicato, della melodia. E.C. Cerco nel buio Quella musica che Intreccia note E Non ci sono sospensioni. Nel buio vedo lontane Partenze E vuoti che lasciano indietro Spazi senza ombre. Ascolto il buio e cerco … Ma il tempo accorcia i giorni. Ho trovato risposte ai tuoi perché. Le tue curiosità sono legate Intrecciate alle mie. Le note del piano sono La mia voce. Ti prendo per mano. Ecco cosa cercavo: cercavo te. T.G. – UN FIORE NEL BUIO I bambini della guerra I bambini che non hanno da mangiare I bambini che ora giocano con le armi. La sera, quando in rari momenti la guerra si ferma, cercano nel buio della notte i loro giochi, la loro spensieratezza, cercano un fiore che per ora non conoscono ma sono certi che ci sia, si guardano felici, nell’azzurro del cielo cercano quella cosa che non c’è, e la trovano. Le note del piano rimandano a qualcosa che non c’è, poi si uniscono al sassofono e trovano la tranquillità: insieme trovano quella luce azzurra che cercavano. D.B. - IL FIORE NEL BUIO Il mare di sera, quando calmo, fiaccamente ripete il suo movimento, è come una musica che si rincorre fra le pause; a sprazzi si riaccende nel suo lento ripetersi. La vita , con il continuo progredire degli eventi è come una ruota sbilenca e imperfetta che gira lenta ma inarrestabile, a volte però ci sorprende perché quando ad un tratto sembra fermarsi, l’incontro con il sogno avviene. Noi non ce ne eravamo accorti ma era vicino a noi, forse in una dimensione parallela. In questi istanti il tempo sembra dilatarsi per lasciarci il tempo di raccogliere la nostra rosa. L’incontro con il sogno per alcuni è destino, per molti un disegno, io so che per me ha un nome ed è la persona che amo e per fortuna, da trent’anni, è anche mia moglie, con lei è molto più facile continuare il cammino. R.D. - UN MIO FIORE NEL BUIO Cercare un fiore nel buio non e’ facile … ma cercarlo dentro di noi e’ ancora più difficile …. Anche perché se si è messo lì in un posto buio e lontano un motivo ci sarà …. Quello che mi viene in mente e che ha totalizzato tutta la mia attenzione è la bambina che c’è in me, ma che per una infinità di cose è stata calpestata e non vissuta …. Io ho giocato e fatto la bambina un po’ con i miei figli, quando giocavo con loro, perchè se ripenso a quando ero piccola non ho ricordi, e anche le persone che mi conoscono anche loro dicono che io sono sempre stata grande ….. Sempre stata grande …. Penso che per loro sia stata un bene ma per me …. Più passa il tempo e più mi manca …. Ultimamente a un mercatino ho comperato due bambolotti grandi come due bambini di un anno …. Ora gli sto facendo dei bei vestiti …. Poi li metterò in bella mostra all’ingresso …. Finchè c’è vita c’è speranza …. Anche per recuperare il tempo perduto. 39 F.B. - UN MIO FIORE NEL BUIO Un fluttuare nel buio, non trova alcuno che sostenga il fluttuare fra nero, blu scuro, viola, marrone. L’avanzare è stanco, lento, pesante. La tromba canta: quel sogno esiste! Non ci si può fermare, bisogna continuare a muoversi, avanti! Ogni passo è una conquista, non si può tornare indietro nel buio! Ecco, senti … qualche nota ti fa assaggiare la gioia che ti può appartenere. Sì, è ancora buio, puoi contare solo sui tuoi passi, puoi salire quelle lunghe scale, ecco inciampi, torni indietro, sei sconsolato e nessuno ti può consolare, devi farcela da solo. Ecco, è il canto della tua anima, è soave, sei tu! Ti abbraccia, ti culla, ti sussurra, non hai vissuto per nulla, ora l’ho ritrovata, dopo tanto buio la farò riposare, alla mia bambina regalerò un fiore bianco, e resterà sempre con me per insegnarmi come amare me stessa. M.G. Nel buio opaco, denso, vado più in là e trovo un buio trasparente che mi avvolge e dove poso far uscire il fiore dei miei desideri. Si intrecciano fasce di luce senza senso. Si può forse dare un'immagine all'armonia, come incontro e come accogliere in sè le cose che ci sono attorno, discorsi, sorrisi appena accennati, risate di gioia, complicità con chi non ci si conosce, sguardi di anima e gocce di felicità. Basta, mi fermo, rientro, potrei anche piangere. 40 RAMMENDI FILMICI, RAMMENDI LIRICI … Due giochi di ricomposizione: - Proiezione della sequenza finale (dal 141° minuto) di “Testimone d’accusa”, che Billy Wilder ha ricavato da un famoso “giallo”di Agata Christie. È un film del 1957, ma ha mantenuto intatto tutto il suo fascino e tutta la sua suspence. La consegna è: “tenendo conto degli indizi emersi dallo stralcio, ricostruire il soggetto del film”. F.B. La dama salvata dalla Germania creduta malvagia, in realtà sapeva che l’assassino era colpevole, ma amandolo, aveva mentito per salvarlo. L’assassino libero e prosciolto dall’accusa, considerando di non poter venire accusato 2 volte dello stesso delitto, confessa e E.C. C’è tutto in quella trama: eredità quindi soldi tradimenti progetta di partire insieme all’amata che, beffandosi della dama, fa scattare in lei l’ira giustiziando così l’assassino con la stessa arma del delitto, con soddisfazione dell’avvocato, pentito di averlo difeso. accuse perdoni cinismo amore sacrificato menzogne come verità. “Ti salvo ma tu devi amarmi!” “Amo più l’altra più giovane, cinica come me. Ti ho usata ma ora è finito.” “Vendetta tremenda vendetta” canta Manrico. E lei senza esitare non perde tempo, lo pugnala. Dovrà scontare anni di pena e di dolore. M.G. Un processo in Inghilterra: l'imputato è assolto da un'accusa di omicidio ma l'avvocato della difesa non è convinto, qualcosa gli sfugge, non sa che cosa è, finchè compare sulla scena (perché più che un film questo è teatro) questa straniera , moglie dell'accusato, bionda, attrice, portata dalla Germania distrutta nel dopoguerra dove tutto è caduto e dove per salvarsi si doveva fare di tutto. Ma lei no, si è veramente innamorata di questo uomo e per lui non ha esitato a fornire prove false per salvarlo, fingendosi una vecchia sgualdrina dal volto sfregiato e dalla voce roca e volgare che da delle informazioni importantissime per l'assoluzione del suo amante. L'avvocato della difesa è sbalordito, non ci può credere, lui che ha impostato tutta la difesa su questa deposizione. Entra una giovane donna: è una donna con la quale lui andrà via libero per una nuova vita. Sul tavolo scintilla la lama di un coltello, la donna straniera lo prende e colpisce il suo amante uccidendolo. Grande colpo di scena e grande emozione per noi spettatori, ma lei portata via dalle guardie guarda intensamente l'avvocato. Lui la difenderà. 41 B.B. Tutto torna si dice. Ma mai Cristine avrebbe pensato che la sua salvezza dalla Germania nazista le sarebbe costa così cara. Allora, vent’anni prima, lei era ancora giovane e bella, e lui, Maledettamente bello. bello. Come adesso. L’aveva salvata durante una perquisizione di appartamenti, alla ricerca di spie inglesi. Lui fece finta di non vederla infondo a quella credenza. E quando, più tardi, a notte fonda, tronò indietro forse non pensava nemmeno di ritrovarla. Si erano sposati. Lui per diletto. A un certo punto Cristine non poté non notare la sue tanti amanti, non fosse altro che l’ultima fu trovata morta nella loro casa di campagna. Scagionarlo pensò lei, che fosse l’ultima per legarlo a se. Invece lui fece la sua libertà di questa occasione. Poteva finalmente andarsene con la sua nuova giovane fiamma. Moglie processata per spergiuro e amante morta. Ma la giustizia percorre strade strane come il tagliacarte conficcato dalla servizievole D.B. Un ufficiale inglese di buona famiglia incontra, in un campo di prigionia in Germania, una donna che sovrintende il reparto femminile. Lei si innamora pazzamente di lui , riesce a proteggerlo all’interno del campo e lui accetta compromessi anche a scapito dei suoi compagni. Mentre stanno per arrivare gli alleati a liberare il campo i due fanno un patto che li legherà portando lei alla salvezza ed a nascondere le macchie dell’ufficiale. La coppia nel ritorno alla vita normale deve fare i conti coi problemi economici del dopoguerra, accentuati dal vizio per gioco e donne che rendono schiavo l’ufficiale. Il vecchio padre, sempre critico sul comportamento del figlio, durante una lite resta ucciso e di questo viene incolpato il figlio, unico erede. Ancora una volta la testimonianza della donna lo salva al processo anche a costo di pagare, questa volta, un prezzo al posto suo. La vera natura dell’ufficiale però emerge prepotente: abbandona la sua salvatrice ingannandola in modo sfrontato, senza nascondere il suo legame con una donna più giovane. mogliettina a giustizia di tutto e di tutti. R.V. Christine è una attrice di varietà che Leonard , sondato inglese, ha conosciuto in Germania sul finire della guerra. Al termine del conflitto vanno a vivere a Londra. L’odio per i tedeschi è molto forte e Christine vive isolata, succube e ombra di Leonard. Egli vive di piccole truffe, ma un giorno tenta una vera rapina ad una gioiellereria, ma il colpo finisce male e uccide il gioielliere. Leonard viene arrestato ed accusato di omicidio. In Tribunale Christine giura il falso, gli fornisce n alibi ed egli viene assolto. La “tedesca”, all’uscita del tribunale viene aggredita e quasi picchiata dalla folla. Si rifugia in aula dove c’è ancora il difensore di Leonard. Gli confessa tutto, è stato lui, lo ama e nn poteva permettere c he venisse condannato. In quel momento riappare Leonard. Gli corre incontro e lo bacia con passione, ma lui la allontana, brusco. A pochi passi c’è la sua nuova ragazza e la deridono. Christine è disperata e furiosa. Vede un tagliacarte luccicare sulla scrivania dell’avocato, lo afferra e “giustizia” Leonard. 42 - Altro “rammendo” metaforico, ispirato al “garuta”, gioco di corte giapponese che fin dal XVI secolo appassiona quel popolo, via via fino ai ceti popolari, che spesso lo praticano in gruppo anche per le strade Garuta (かるた) è un nome generico che in Giappone raccoglie vari giochi tradizionali con le carte. Ecco una lista dei garuta più popolari sia tra i bambini che tra gli adulti: UTA GARUTA Il mazzo di uta garuta (carte delle poesie) è composto da 200 carte, metà delle quali contengono la prima parte di 100 poesie tradizionali chiamate uta, l'altra metà ne contengono la seconda parte. Quest'ultime vengono sparse davanti ai giocatori mentre le altre le raccoglie un lettore che le legge una alla volta, prendendole a caso. Il primo giocatore che prende tra le carte sparse quella che contiene la fine della poesia che il lettore sta leggendo, si aggiudica la carta. Vince naturalmente chi alla fine è riuscito ad accaparrarsi più carte. HANA GARUTA Il mazzo di hana garuta (carte dei fiori) è composto da 48 carte divise in 12 serie. Ogni serie, che rappresenta un mese, è formata da 4 carte su cui sono rappresentati gli uccelli, le farfalle, gli animali terrestri, i fiori o le poesie che tale mese caratterizzano. Il suo complicato regolamento determina quali coppie di carte vadano formate e quali serie vadano completate in modo che si possa proclamare infine il vincitore. IROHA GARUTA I giapponesi imparano il loro alfabeto sillabico recitando uno scioglilingua formato da 47 sillabe della loro lingua (manca solo la n): irohanihoheto chirinuruwo wakayotareso tsunenaramu uwinookuyama kefukoete asakiyumemishi wehimosesu. Il mazzo di iroha garuta (carte sillabiche) contiene 96 carte, 48 contengono un proverbio, le altre 48 contengono una scenetta che rappresenta il proverbio, con in alto la sillaba iniziale. Praticamente sono rappresentate tutte le sillabe della filastrocca più la sillaba cinese KYÔ, ognuna iniziale di uno dei proverbi. Le carte con la frase scritta vengono distribuite tra i giocatori. Uno di essi scoprirà una alla volta le carte con i disegni. Chi possiede il proverbio corrispondente alla scenetta sorteggiata, dovrà recitarlo ad alta voce. Perde chi rimane con l'ultima carta in mano. Adattamento: vengono distribuite in parti uguali, fra i due gruppi formati, cartoncini con testi di poesie di varia lunghezza. Ciascuno dei due gruppi riceve anche altri cartoncini, contenenti gli ultimi due versi delle poesie del gruppo “avversario”. Per chiarezza, sia nel testo completo che nel testo contenente la parte finale quei due versi sono scritti in rosso. Il gioco si svolge così: Un rappresentante del primo gruppo legge ad alta voce tutta la poesia tranne gli ultimi due versi; nell’altro gruppo si cerca di completarla nel modo corretto. Per complicare un po’ il gioco, i nomi degli autori sono momentaneamente tralasciati Idem per il gruppo “avversario” Vince il gruppo che per primo completa correttamente le associazioni. Il fiume di sera Io veglio sul mondo tranquillo e dolcemente piango e respiro la luna. Assorbo questo pallido splendore, come un elfo vacillo in una rete di raggi, ascolto il silenzio loquace. ( K. BAL'MONT, A lume di luna) è immobile e liscio; i colori del maggio si aprono tutti. Un’onda improvvisa si porta via la luna; e l’acqua di marea arriva col suo carico di stelle. (YANG TI) 43 La luna ha teso la sua corda di chitarra sull'acqua uno dopo l'altro salgono i piccoli pesci e strimpellano una piccola nota lucente di squame... (T. MEYER, Nessuna risposta) Cicala! Stella sonora sopra i campi addormentati, vecchia amica delle rane e dei grilli neri, hai sepolcri d'oro nei raggi vibranti del sole che ti colpisce dolcemente nel vigore dell'estate, e il sole porta via la tua anima per farla luce. (F. GARCIA LORCA, Cicala!) La stella nuova vuole tingere d'azzurro l'ombra. (Sui pini del monte ci sono le lucciole). (F. GARCIA LORCA) Ancora udrò nelle notti di maggio l’usignolo incantar giardini e selve con la voce sospesa a un fil di luna; e della sua dolcezza lucida e disperata abbrividire sentirò l’ombra, ed il mio cuor nell’ombra. Nella notte entreremo a rubare un ramo fiorito. Ancora non se n'è andato l'inverno, e il melo appare trasformato d'improvviso in cascata di stelle odorose. (P. NERUDA, Il ramo rubato) (ADA NEGRI) Un sepalo ed un petalo e una spina In un comune mattino d’estate, Un fiasco di rugiada, un’ape o due, Una brezza, Un frullo in mezzo agli alberi Ed io sono una rosa! La luce della luna, quando batte sull'erba, (EMILY DICKINSON) Non so cosa mi fa ricordare... Mi ricorda la voce della vecchia domestica che mi raccontava novelle di fate, e di come la Madonna vestita da mendicante girava la notte per le strade soccorrendo i bambini maltrattati... Se non posso più credere che ciò sia vero perchè batte il chiaro di luna sull'erba? Io veglio sul mondo tranquillo e dolcemente piango e respiro la luna. Assorbo questo pallido splendore, come un elfo vacillo in una rete di raggi, ascolto il silenzio loquace. (FERNANDO PESSOA) ( K. BAL'MONT, A lume di luna) 44 La sera fumosa dell'estate Dall'alta invetriata mesce chiarori d'ombra E mi lascia nel cuore un suggello ardente. Ma chi ha ( sul terrazzo sul fiume si accende una lampada) chi ha A la Madonnina del ponte chi è chi è che ha acceso la lampada ? .... Dolcemente tra gli alberi s'agita il vento. Il vuoto riposa. Silente è l'acqua. Il vecchio abete è desto e medita la bianca nube che baciò nel sogno. ( E. SODERGRAN, Primavera nordica) Le stelle sono bottoni di madreperla e la sera si veste di velluto : E tremola la sera fatua : è fatua la sera e tremola... (D. CAMPANA) Una finestra aperta Sul cortile Si veste d’autunno. Sono colori caldi Morbidi ... L'azzurro è profondo. Il viola è denso e il verde sulla dorsale di pini e cipressi. Dove la dorsale del poggio va in ombra è molta ombra. Poco fiato leva le nubi bianche dei cardi ed esse in processione senza pena vanno senza peso sempre più nell'aria lasciano l'ombra entrano nella luce rosa.... Nel rosso spento E il giallo brillante Trasparente di sole. Foglie distese Accartocciate Si spostano ora lente Ora sollevate come in volo. Un merlo arrabbiato (F. FORTINI, in I poeti per Montale) Le solleva E le sbatte lontano. E.C. … Le colline gli sanno di pioggia: è l’odore remoto che talvolta giungeva in prigione nel vento … … L’odore inaudito di terra gli par sorto dal suo stesso corpo, e ricordi remoti - lui conosce la terra – costringerlo al suolo … (C. PAVESE) A questo ponte finisce il freddo del prato finisce il freddo del cielo e della cieca luce, finisce il freddo del tuo volto e del tuo cuore simile a una croce, finisce il sole con spine. Le danze segrete delle acque e degli alberi intorno al sole domato io sento nel freddo del prato che affonda sotto il ponte. no ro cor oc salire Per cielo al due ali un violino (A. ZANZOTTO, Poesie, Mondadori) e tante cose infinite, ancor non nominate. (P. NERUDA, Poesie) 45 “NON POSSO SUBIRE L’AMPUTAZIONE …” Riprendiamo dopo alcuni mesi il lavoro di rammendo interiore, attraverso la manipolazione di stralci estrapolati da due grandi scrittori. Il primo brano è tratto da “Furore” di J. STEINBECK: una narrazione coinvolgente, emozionante, densa di mistero. Il reverendo Casy e il giovane Tom si erano fermati sul ciglio dell’altura e stavano contemplando la proprietà dei Joad. La baracca di legno, sfondata in uno spigolo e divelta dalle fondamenta, era piegata su un fianco e puntava verso l'alto, molto sopra la linea dell' orizzonte, le finestre cieche della facciata. Le staccionate erano scomparse, il cotone cresceva sull' aia, fin sotto la casa, attorno al granaio e tra le rovine dei fabbricati annessi. Il duro terreno dell' aia, rassodato e battuto dai piedi nudi dei bambini, dagli zoccoli dei cavalli, dalle ruote dei carri, s'era trasformato in terreno da semina e vi cresceva ora il verde, polveroso cotone. Tom contemplò a lungo il salice scheletrito presso l'abbeveratoio asciutto, e il pozzo in cemento ora privo della pompa. "Gesù," disse alfine", è la fine del mondo. Impossibile che ci abiti qualcuno lì." Si mise a correre giù dalla china, seguito da Casy. In quella ch'era stata la stalla non rimaneva che un mucchietto di paglia trita, popolata da una famiglia di topi; nel ripostiglio degli attrezzi, un vomere rotto, un rotolo di vecchia corda da imballaggio, un rastrello di ferro tutto contorto, il collare del mulo rosicchiato dai topi, una latta di benzina vuota, e una tuta a brandelli appesa a un chiodo. "Non c'è rimasto più niente," mormorò Joad. "Avevamo un bel po' d'attrezzi in discreto stato. Non c'è rimasto più niente ..." Disse Casy: "Se fossi ancora predicatore, direi che il braccio di Dio ha colpito. Ma ora non so proprio cosa può esser successo. Io ero via, non ho saputo niente." Si avvicinarono al pozzo, camminando nel terreno ora coltivato, tra le piantine del cotone, che cominciavano a mettere i fiocchi. “Qui non si piantava mai," disse Tom, “l'abbiam sempre tenuto sgombro il cortile, e adesso non ci passerebbe nemmeno un cavallo senza calpestare il cotone." "Diamo un'occhiata in casa. È tutta sfondata e fuor di sesto. Chissà cosa diavolo l'avrà sfasciata così." S'avviarono a passi lenti verso la rovina. Il tettuccio della veranda, privo del pilastro d'angolo, pendeva come un' ala rotta. Uno degli spigoli frontali era sfondato, e tra le schegge delle tavole rotte si vedeva la stanza d' angolo. La porta d'ingresso era spalancata verso l'interno e il basso, robusto sportello posto a protezione della porta, ancora sospeso sui suoi cardini di cuoio, s'apriva verso l' esterno . Tom si fermò sul gradino d'ingresso, un ceppo d'un trenta centimetri di lato:. "Il gradino c’è,” disse, “ma non c’è anima viva. Che sia morta la mamma?”. Indicò il basso portello di traverso la porta. “Se la mamma fosse qui d' attorno quello sportello sarebbe ben chiuso. È l’unica cosa che non ha mai dimenticato di fare ... assicurarsi che quello sportello fosse chiuso." Salì sulla veranda sconnessa e guardò nella cucina. Le finestre erano senza vetri e il pavimento era cosparso di sassi, le tavole del pavimento e delle pareti, ricoperte da un denso strato di polvere, non combaciavano più con gli infissi della porta. 46 Joad indicò i vetri rotti e i sassi: "I ragazzi," commentò. "Sono capaci di fare decine di chilometri per andare a spaccare una finestra. L’ho fatto anch'io. Lo sanno loro quando una casa è disabitata, lo sanno benissimo. È la prima cosa che fanno i ragazzi quando la gente se ne va.” La cucina era completamente vuota: la stufa non esisteva, e per il buco nella parete onde una volta usciva il tubo si vedeva il cielo. Nell'acquaio, un cavaturaccioli e una forchetta priva del suo manico di legno. Tom, sentendo il pavimento scricchiolare, avanzava con cautela. Una vecchia copia del Ledger di Filadelfia giaceva per terra in un angolo, con le pagine ingiallite e arricciate. Joad s'affacciò alla camera da letto. Non un mobile: niente. Appesa alla parete l’ oleografia di una ragazza indiana, soprannominata Ala Rossa, appoggiata al muro un' assicella del letto, e in un angolo una scarpa da donna, a bottoni, con la punta accartocciata e una spaccatura nell'incavo. Tom la raccolse e l'esaminò. "La riconosco," disse, "era della mamma, era affezionata a questo paio di scarpe, l'aveva da tanti anni. No, saran proprio partiti, portandosi via ogni cosa." I raggi quasi orizzontali del sole ormai basso facevano scintillare i frammenti di vetro sul pavimento. Tom si decise a venir via, attraversò la veranda e si sedette sul gradino d'ingresso. Il salice scheletrito e le piante di cotone gettavano ombre lunghe sul terreno. Casy si sedette accanto a Tom. "E non t'avevano scritto niente?" domandò. – "No, ve l'ho già detto, non siamo gente che scrive, noi. Il babbo saprebbe anche scrivere, ma non ha mai voluto, non gli piace, gli fa venire la pelle d' oca. Per mandare un ordinativo alla bottega, copiandolo dal catalogo, valeva quanto un altro; ma di scriver lettere non ha mai voluto saperne." Sedevano l'uno accanto all'altro, gli occhi nel vuoto. Joad lasciò cadere a terra l'involto della giacca e prese a farsi automaticamente una sigaretta; l'accese, aspirò una profonda boccata e mandò il fumo fuor dalle narici. "Cosa diavolo sarà successo? Non oso immaginarmelo, ma dev' essere qualcosa di grave. Tutti partiti, e la casa sfondata." Disse Casy: "Era proprio là quel fosso dove t'ho battezzato. Non eri mica cattivo, ma eri un bel monellaccio. Sempre attaccato come una sardina alle gonne di quella ragazza. Vi ho battezzato tutt'e due, in nome dello Spirito Santo, e anche durante il battesimo ve ne stavate appiccicati. Mi disse il vecchio Tom: 'Tiencelo ben sotto, con la testa' . Così ti ho tenuto la testa sott'acqua finchè non ti sei messo a gorgogliare e poi finalmente ti sei staccato da quella ragazzina. No, non eri cattivo, eri un monellaccio. Capita che un monellaccio alle volte vien su con una buona carica di grazia nell'animo." Un gatto grigio, magro come una sardella, uscì dal granaio e strisciando fra le piante di cotone raggiunse la casa e saltò sulla veranda. A passi felpati si diresse verso i due uomini e andò ad accovacciarsi dietro di loro dimenando la coda la cui estremità sfiorava alternativamente, ora da una parte, ora dall'altra, il pavimento. E rimase anch' esso a fissare nel vuoto, al pari dei due uomini. Tom lo vide con la coda dell’occhio. "To'," disse, "guardate chi c'è. Qualcuno è rimasto." Fece per allungare la mano, ma il gatto balzò da parte andando ad accucciarsi di nuovo poco distante, fuori tiro e prendendo a grattarsi con la zampetta sollevata. Joad l' osservava assorto. "Ecco cos'è," sbottò infine. "È proprio questo gatto che mi dà modo di capire cos'è che non va in tutta questa storia." "A me pare che ce ne siano un sacco di cose che non vanno”, borbottò Casy. 47 Leggiamo insieme, ad alta voce; poi ognuno rilegge silenziosamente, evidenziando, annotando, chiosando parole o frasi o situazioni che lo rimandino a qualcosa di proprio, vissuto o comunque riconoscibile, fino a che testo potrebbe diventi quasi “autobiografico. Le pagine già scritte si riempiono di colori, di frecce, di note a margine. Con la seconda “consegna” ogni foglio deve essere passato ad un compagno di gruppo che, per ragioni “editoriali” (pubblicazione su una rivista antologica), dovrà ridurlo ad un massimo di dieci righe. Sono consentiti “aggiustamenti “ e sostituzioni che ne mantengano la leggibilità. Per ciascuna delle consegne è stato concesso un tempo di circa dieci minuti. Infine i testi “tagliuzzati” vengono restituiti. Che cosa ne pensano gli “autori”? Sono quasi tutti piuttosto delusi: “in parte mi riconosco, in parte no …”; “è rimasto solo l’osso della parte che mi aveva più colpito …”; “sì, può andare, ma io avrei tagliato altre parti …”; “la riduzione mantiene la coerenza del testo, ma è stata tolta proprio la parte che mi aveva toccato, e mi dispiace …”. Tutto questo riferito ad una pagina altrui, letta appena mezz’ora prima. Come ci si sentirebbe se si trattasse di nostre parole prodotte con fatica, scritte perché altri ne sentissero la profondità e l’intimità? Una pagina di Carver “mutilata” dai tagli del suo “editor: Cerchiamo di capirlo attraverso la storia di Raymond Carver (uno scrittore americano contemporaneo, considerato l’inventore del “minimalismo” in letteratura) e dei “tagli” che il suo editor, per ragioni commerciali e di prestigio, apportava ai testi, provocando nell’autore vere e proprie crisi di disperazione. 48 Così racconta e commenta - nell’introduzione ad una recente e “restaurata” raccolta di racconti, “Principianti” - il traduttore Riccardo Duranti: “ Resta da spiegare il mistero di come mai Lish, l’editor di Carver, fosse intervenuto con tale accanimento a scorciare i racconti … La mia teoria è che Lish avesse intravisto nei racconti di Carver le qualità necessarie per lanciare l'operazione Minimalismo sul mercato letterario, dopo averlo manipolato e reso più simile all'idea di fiction che aveva in mente. Qualità che, si rendeva conto, mancavano nella propria opera narrativa. Leggere i racconti di Lish è l'equivalente letterario di strofinarsi manciate di sabbia negli occhi … Traducendo una delle lettere di Carver a Lish mi sono imbattuto in uno strano riferimento che ha fatto scattare il ricordo di un aneddoto che Tess Gallagher mi raccontò tempo fa. L'aneddoto riferisce che in più di un'occasione Carver era stato invitato a pranzi di lavoro dal suo editor e amico in alcuni dei migliori ristoranti di New York. Invariabilmente, il pranzo seguiva uno strano copione: appena si sedevano a tavola l'uno di fronte all'altro; il cameriere arrivava con il menu e Ray, uomo dall'appetito robusto e compulsivo, veniva incoraggiato a ordinare vari piatti. Lish, d'altra parte, chiedeva per sé solo un martini. Appena arrivava il cibo, Carver iniziava a mangiare di buona lena,ma ben presto, senz' altro intimidito dall'inappetenza del commensale (mangiare è, dopotutto, anche un'attività sociale), cominciava a rallentare per poi bloccarsi del tutto. Insomma, non riusciva a finire nessuno dei manicaretti ordinati. A quel punto, Lish, dopo avergli chiesto il permesso, tirava a sé il piatto e spazzolava via gli avanzi sotto lo sguardo attonito di Ray. Il tutto naturalmente era condito dalla brillante conversazione di Lish che faceva girare la testa a Carver, svelandogli i retroscena e i pettegolezzi del mondo letterario newyorkese. Il riferimento è il seguente: [da una lettera di Carver a Lish]… “Quanto al pranzo, gesù, quello è stato il culmine della mia visita a New York, altro che idiozie e sciocchezze, o almeno non certo da parte tua. La verità è che in tua compagnia io sto benissimo, tutto lì. Vuoi sapere una cosa? Mi sento più vicino a te che a mio fratello. …” È una storia piuttosto inquietante, sia per l’evidente parassitismo dell’apparente protettore (chiarito soprattutto dall’episodio del pranzo) sia, soprattutto, se leggiamo alcuni stralci di successive lettere indirizzate all’editor dallo stesso Carver: lo scrittore vi evidenzia la disperazione di chi, mettendo la propria vita in quello che fa, se la vede pestata e annullata senza poterci fare niente. … Come faccio a spiegare a questi colleghi quando li vedo, perché li vedrò senz'altro, cosa è successo a un certo racconto nel frattempo, quando il libro sarà pubblicato?... Gordon, i cambiamenti che hai fatto sono brillanti e, nella maggioranza dei casi, sono miglioramenti, e se considero quello che ne hai fatto, quello che ne hai tirato fuori, resto stupefatto e impressionato, addirittura spiazzato dalle tue intuizioni. Però è ancora troppo vicino, quel racconto. … Però non ho più scritto una parola da quando t'ho mandato la raccolta, perché ero in attesa del tuo giudizio, quel giudizio che conta tanto per me. E adesso ho una gran paura, una paura da morire, lo sento, che se il libro fosse pubblicato nella sua attuale forma revisionata, non riuscirei più a scrivere un altro racconto … 49 … se il libro esce e io non riuscirò a esserne fiero e soddisfatto come voglio, se avrò l'impressione di aver superato certi limiti, di essermi allontanato troppo da una certa linea, be’, allora non potrò stare bene con me stesso e forse addirittura non riuscirò più a scrivere; ecco fino a che punto .è seria la cosa … … Perdonami, però stammi bene a sentire. Voglio dirti che, nonostante tutto e a dispetto di tutto, ho scritto racconti dal primo momento in cui sono atterrato in questo angolo boscoso quaggiù. Ne ho cinque nuovi,' anzi sei, se contiamo quello di cui ho appena finito di battere la seconda stesura poco fa e che spero di finire. … Ho scritto come se ne andasse della mia vita e come se non ci fosse domani … … per favore scorri la copia allegata della raccolta “Di cosa parliamo”… vedrai che tutti i cambiamenti che suggerisco sono abbastanza piccoli, ma per me significativi, e si ritrovano anche nella prima revisione del manoscritto che mi hai mandato. Si tratta solo, be’, non tanto solo di reinserire alcune delle cose che sono state tagliate nella seconda versione. Comunque ci tengo molto che alcune delle cose tagliate vengano rimesse nei racconti definitivi. In “Gazebo”, per esempio, “anche stavolta aveva ragione lei”. Un finale così è di gran lunga migliore e dà al racconto la giusta chiusa, quella che ci vuole; con il senso di perdita del narratore e un finale tagliente e perfetto per il racconto. Altrimenti, il narratore viene fuori come uno zoticone, un figlio di puttana,' completamente insensibile alle cose che ci è andato raccontando. Altrimenti, perché disturbarsi a raccontarla, la storia, mi chiedo. ' … Una cosa è sicura: i racconti di questa raccolta saranno più pieni di quelli dei libri precedenti. E questa, Cristo santo, è una cosa buona. … Però so che tra questi racconti ce ne sono alcuni che ti faranno arricciare il naso, che non coincideranno con l'idea che la gente si è fatta di come deve essere un racconto di Carver - e per gente intendo te, me, i lettori in genere, i critici. Comunque, io non sono loro, non sono noi, sono io. Può darsi che alcuni di questi racconti non si adattino facilmente a starsene allineati in fila con gli altri, è inevitabile. Però, Gordon, giuro su Dio e tanto vale che te lo dica subito, non posso subire l'amputazione e il trapianto che in un modo o nell'altro servirebbero a farli entrare nella scatola, di modo che il coperchio chiuda bene. Può darsi che qualche braccio o qualche gamba, qualche ciuffo di capelli, debbano spuntar fuori. Il mio cuore non può accettare alternative. Scoppierebbe, sul serio. Carissimo amico, fratello; sai cosa voglio dire e io so che capirai. Anche se penserai che ho torto marcio ... Ti voglio un bene dell'anima, ormai dovresti saperlo. Ma non posso scrivere questi racconti con la sensazione di essere inibito - se mi sento inibito, non li scriverò per niente - e pensando che se a te, il lettore a cui voglio piacere più di tutti, non dovessero piacere, li riscriveresti da capo a fondo. Se pensassi così, be', la penna mi cadrebbe dalle mani e non credo che riuscirei più neanche a raccoglierla ... Molti di noi si possono riconoscere ed identificare con Carver (questa situazione letteraria ha una forte valenza metaforica) e con le sue parole. Sento condiviso dal gruppo il “bisogno di risarcire” in qualche modo lo scrittore di quello che gli era stato tolto in modo così doloroso. Propongo di lavorare sulla prima parte del racconto “Penne”, dalla raccolta “Cattedrale”. Il testo è preceduto da due riquadri vuoti, in cui potranno essere aggiunti un “prima “ e un “dopo”: 50 Entrammo. Nel soggiorno ad aspettarci c'era un donnino grassottello coi capelli raccolti alla nuca. Aveva le mani avvolte nel grembiule. Le guance tutte rosse. Pensai a prima vista che avesse il fiato corto, oppure fosse arrabbiata per qualcosa. Mi squadrò dalla testa ai piedi, poi i suoi occhi andarono verso Fran. Non mal disposti, ma così, per guardare. Fissò Fran e continuò ad arrossire. Bud disse: «Olla, questa è Fran. E questo e il mio amico Jack. Di lui sai tutto. Gente, questa è Olla.» Lo disse consegnandole il pane. «Cos'è?» fece lei. «Oh, ma è pane fatto in casa. Be', grazie. Accomodatevi dove volete. Come a casa vostra. Bud, perché non gli chiedi se vogliono bere qualcosa. Io ho una cosa sul fornello.» Disse così, Olla, e se ne tornò col pane in cucina. «Sedetevi» disse Bud. Fran e io ci lasciammo andare sul sofà. Tirai fuori di tasca le sigarette. Bud disse: «Ecco il portacenere.» Sollevò qualcosa di pesante che era posato sul televisore. «Usa questo» fece, mettendo l'oggetto sul tavolino. Era uno di quei portacenere di vetro a forma di cigno. Accesi e lasciai cadere il fiammifero nell'incavo sul dorso. Vidi uno sbuffetto di fumo uscire dal cigno. La TV a colori era accesa, così per un minuto guardammo quella. Sullo schermo c'erano delle auto che sfrecciavano in pista. Il cronista parlava tutto compito. Come trattenendo l'entusiasmo. «Siamo tuttora in attesa d'una conferma ufficiale» diceva. «Vi interessa?» ci chiese Bud. Era rimasto in piedi. Risposi che per me faceva lo stesso. Ed era vero. Fran alzò le spalle, come per dire, cosa volete che me ne importi … ... Fran mi diede una gomitata chinando il capo verso la Tv. «Guarda là sopra» mi sussurrò. «Vedi quello che vedo io?» Guardai dove stava guardando lei. C' era un vaso rosso e sottile nel quale erano state infilate alcune margherite da giardino. Vicino al vaso, sul televisore, c'era un vecchio gesso della più storta, scombinata dentatura che avessi mai visto. Senza labbra, senza nemmeno la mascella, solo quei vecchi denti di gesso ficcati in qualcosa che pareva un paio di gengive giallastre. Proprio in quel momento Olla ricomparve con una lattina di noccioline e una bottiglia di spuma. Il grembiule se l'era tolto. Posò la lattina accanto al cigno e poi disse: «Servitevi pure. Bud sta preparandovi da bere.» Dicendolo arrossì di nuovo. Sedette su una vecchia seggiola a dondolo di bambù e la mise in azione. Sorseggiò la spuma guardando la TV. Bud tornò con un vassoietto di legno sul quale c’era il whiskey e acqua dl Fran e la mia bottiglia di birra. C'era anche una birra per lui. «Vuoi il bicchiere?» mi chiese. Scossi la testa. Mi battè la mano sul ginocchio e si rivolse a Fran. Lei prese il bicchiere che le porgeva e disse: «Grazie.» Tornò a guardare i denti. Bud se ne accorse. Le auto ruggivano intorno alla pista. Presi la birra e mi dedicai allo schermo. Quei denti non erano affar mio. «Sono i denti di Olla prima che le mettessero la macchinetta» spiegò Bud a Fran. «Mi ci sono abituato. Mi sa però che visti così fanno un certo effetto. Non so proprio perchè continui a tenerseli.» Guardò verso Olla. Poi mi strizzò l'occhio. Si mise sulla sua poltrona-relax e accavallò le gambe. Sorseggiò la birra sempre guardando Olla. La quale ridiventò rossa. Aveva in mano una bottiglietta di spuma e ne prese una sorsata. Quindi disse: «Sono lì per ricordarmi quanto gli devo, a Bud.» «Come hai detto? » fece Fran. Stava rovistando nella lattina di noccioline, in cerca di quelle brasiliane. Si fermò di botto fissando Olla. «Scusa, ma non ho capito. » Continuò a fissarla in attesa che aggiungesse qualcosa. Olla arrossì di nuovo. «Ho molte cose di cui essergli grata» spiegò. «E quella è una. Me li tengo intorno 51 La faccia le rimase rossa. Guardò le immagini sullo schermo sorseggiando la sua spuma come se non avesse altro da dire. «Quel dentista dev'essere stato un mago» disse Fran. Guardò di nuovo quei denti da film dell'orrore in cima alla TV. «Era in gamba» riconobbe Olla. Si voltò nella sedia e disse: «Vedete?» Spalancò la bocca mostrandoci un'altra volta i suoi denti, senza più alcuna timidezza. Bud si era avvicinato al televisore e aveva preso il gesso. Andò da Olla e glieli accostò alla guancia. «Prima e dopo» disse. Olla allungò una mano e prese i denti. «Pensate che quel dentista voleva tenerseli, questi». Se li era messi in grembo mentre parlava. «Io mi rifiutai assolutamente. Gli dissi chiaro e tondo che i denti erano miei. .Allora lui li fotografò. Mi disse che voleva pubblicarli in una rivista.» Bud disse: «Figuriamoci che rivista doveva essere. Non credo ci sia un gran mercato per quel tipo di pubblicazioni.» Ci mettemmo tutti a ridere. «Quando poi mi sono tolta la macchinetta se mi capitava di ridere continuavo a nascondermi la bocca con la mano. Così» disse. «Mi capita ancora. L'abitudine. Un giorno Bud mi fa, "Olla, puoi anche smettere di farlo, sai? Mica c'e bisogno di nascondere dei denti belli come i tuoi. Adesso li hai belli. "» Olla getto uno sguardo verso Bud, che le strizzò l'occhio. Lei sorrise abbassando la testa. (da R. CARVER, Penne, in Cattedrale, Mondadori) Lo stralcio viene letto ad alta voce, poi gruppi di due-tre persone ne ricevono copie scritte in caratteri più grandi e con spazi per le aggiunte. Per facilitare il lavoro di analisi e di manipolazione del testo le azioni sono colorate in rosso, in verde gli oggetti, in blu le parole pronunciate ; sono evidenziate col giallo pensieri ed emozioni espresse (pochissime). rosso: azioni - viola: luoghi – verde: persone – blu: parole – giallo: pensieri/emozioni A titolo esemplificativo: Entrammo … Nel soggiorno … Ad aspettarci c'era un donnino grassottello coi capelli raccolti alla nuca. Aveva le mani avvolte nel grembiule. Le guance tutte rosse. Pensai a prima vista che avesse il fiato corto, oppure fosse arrabbiata per qualcosa. Mi squadrò dalla testa ai piedi, poi i suoi occhi andarono verso Fran. Non mal disposti, ma così, per guardare. Fissò Fran e continuò ad arrossire. Bud disse: «Olla, questa è Fran. E questo e il mio amico Jack. Di lui sai tutto. Gente, questa è Olla.» Lo disse consegnandole il pane. … Disse così, Olla, e se ne tornò col pane in cucina. 52 WHO? chi Viene suggerita una “scaletta” non vincolante di lettura (e di composizione) di tipo inventariale , con alla base le “5 w”, usata prevalentemente dalla cronaca giornalistica. WHAT? che cosa HOW? come WHEN? quando WHY? perchè WHERE? dove Il portacenere a cigno. Pensieri , associazioni, ricordi, chi e cosa ricorda, che cosa si vorrebbe farne TV. Dettagli su quello che trasmette, un incidente, un corridore famoso, il pubblico, colori e marche delle auto, descrizione del presentatore e ritorno lì CHE COSA JACK , FRAN, BUD, OLLA Descrivere fisicamente, carattere, qualche particolare, cercare immagini Aggiungere dettagli alle azioni Mettere le emozioni, i commenti interiori alle azioni (sottotesti) Mettere un inizio e una fine QUANDO Che stagione, quindi come sono vestiti (qualche dettaglio anche nel CHI) È: pomeriggio, sera, domenica, un’occasione particolare... Perchè sono stati invitati? Che rapporto c’è fra Bud e Jack? Parlare della loro amicizia; che cosa ne ha detto Bud a Olla? CHI PERCHÈ Dov’è quella casa? Città, campagna, casa di vacanza, SOGGIORNO arredare, descrivere, fermarsi su dettagli, oggetti, una piantina, una foto CUCINA arredare, descrivere, fermarsi su dettagli, oggetti, una piantina, una foto che cosa succede in cucina, com’è lei, che cosa fa, che cosa pensa Olla mentre è lì DOVE 53 Alcuni esempi di elaborazione: V.S. Quasi un minisoggetto cinematografico Jack e Fran hanno incontrato Bud a una fiera campionaria di agricoltura. Bud li invita a casa sua, nella vicina città. La casa di Bud è una casa d legno. Il soggiorno dà su una veranda, i mobili di fattura modesta, hanno soprattutto un aspetto casuale, non funzionali a un compito attribuito. Si può dire siano in stile country. Spicca una bella sedia a dondolo, è accanto a una poltrona molto sciupata davanti ad un caminetto finto. Il televisore posto su un carrello alto giustifica l’ambiente come salotto. Tra le due finestre, con tendine di colore e tessuto indefinibili, c’è una scaffalatura su cui sono posti vari oggetti, come vasi e contenitori, e una grande enciclopedia incompleta. Al soffitto un lampadario con pale rotanti. In cucina c’è Olla, moglie di Bud. La cucina è stretta e lunga, ha mobili smaltati di rosso scuro di forma modulare. Alla finestra tendine a quadretti che riprendono il colore della cucina. Le pareti sono inscurite, come la superficie del grosso frigorifero dalla foggia tondeggiante. Olla sta preparando la cena, si sente inquieta perché pensa che non basterà per tutti. Mette il pane che Bud ha portato, nella dispensa, si toglie il grembiule aggiustandosi il vestito a fiori e, con fare insicuro, entra nel soggiorno. Sul tavolino c’è un posacenere che rappresenta un ricordo personale di Olla. La TV trasmette una gara automobilistica con campioni locali. Vi è molto pubblico richiamato dalla presenza di personaggi e cronisti di quello sport nazionale, la trasmissione è molto animata. La gara inizia alle 5 de pomeriggio. Jack e Fan non rimangono a cena e se ne vanno prima per non disturbare. N.M. Una vera e propria riscrittura Alle 5 del pomeriggio di un giorno di fine estate io e Fran incontrammo per caso Bud, presso la fiera agricola campionaria di una città di provincia. Il mio nome è Jack. Ho i capelli castani, di media lunghezza, che accentuano un inizio di calvizie, nonostante i 35 anni, gli occhi verdi e il viso paffuto. La mia statura notevole è sacrificata da una certa pinguedine ai fianchi e all'addome. Quel giorno indossavo una camicia di jeans azzurra, con le maniche arrotolate, che mi fasciava alquanto il corpo, sopra a dei pantaloni neri di cotone. Avevo incontrato Bud al bar dopo anni, perché egli si era trasferito in un' altra città dello stesso Stato, mi sentivo rasserenato, nonostante i tanti problemi economici ed esistenziali con Fran, quasi che quel mio stato fosse il preludio del nostro ritrovarci. Bud ci aveva invitato a casa sua, nella città vicina. Entrammo. Nel soggiorno, che dava sulla veranda di una casa in legno, i mobili erano poco ricercati, in stile country. Troneggiava una sedia a dondolo, accanto a un caminetto finto e una poltrona in pelle coi braccioli consumati, di fronte al televisore. Tra le due finestre, una scaffalatura con alcuni vasi e una enciclopedia incompleta. Al soffitto c'era un ventilatore a pala. Ad aspettarci c'era un donnino grassottello coi capelli raccolti alla nuca. Aveva le mani avvolte nel grembiule. Le guance tutte rosse. Olla, questo il suo nome, era di media altezza, bionda con gli occhi verdi. Indossava un abito di cotone con piccoli fiori multicolori che si fermava sopra il ginocchio, stretto ai fianchi. Ai piedi aveva delle ciabatte sformate e al polso, un orologio con cinturino in pelle nera consumato. Pensai a prima vista che avesse il fiato corto, oppure fosse arrabbiata per qualcosa. Mi squadrò dalla testa ai piedi, poi i suoi occhi andarono verso Fran. Non mal disposti, ma così, per guardare. Fissò Fran e continuò ad arrossire. Fran aveva i capelli neri a caschetto, occhi marroni, un viso ovale e un corpo minuto, ma slanciato. Indossava un abito di lino beige a tubo con scarpe dello stesso colore a tacco basso. Portava un orologio d'oro con cinturino, vari anelli di pregio e orecchini a forma di goccia. 54 Appena si presentò alla coppia, parve essere una donna sicura di sé, poco disponibile a socializzare con i padroni di casa. Bud disse :“Olla, questa è Fran. E questo è il mio amico Jack. Di lui sai tutto.Gente, questa è Olla “. Lo disse consegnandole il pane. “Cos'è?” fece lei. “Oh, ma è pane fatto in casa: Be', grazie. Accomodatevi dove volete. Come a casa vostra. Bud, perché non gli chiedi se vogliono bere qualcosa. Io ho una cosa sul fornello.” Disse così, Olla e se ne tornò col pane in cucina. La cucina stretta e lunga aveva mobili modulari in formica rossa. Alla finestra c'erano tendine un po' sciupate. Sul lavello si scorgevano alcuni utensili da lavoro. L'intonaco delle pareti era ingiallito, come il grande frigorifero dalle forme tondeggianti. Olla stava preparando la cena e pensava che non sarebbe stata sufficiente per tutti. Dopo aver messo il pane nella dispensa, tornò in soggiorno, aggiustandosi l'abito a fiori che non le copriva più le ginocchia. Olla era un po' insicura, perché non conosceva bene gli ospiti che Bud si era portato a casa. “Sedetevi” disse Bud. Fran e io ci lasciammo andare sul sofà. Tirai fuori di tasca le sigarette. Bud disse: “ Ecco il portacenere.” Sollevò qualcosa di pesante che era posato sul televisore. “Usa questo” fece, mettendo l'oggetto sul tavolino. Era uno di quei portacenere di vetro a forma di cigno con le ali rosse e il collo nero. Era stato vinto in una fiera paesana e ricordava un avvenimento importante di Olla. Accesi e lasciai cadere il fiammifero nell'incavo del dorso. Vidi uno sbuffetto di fumo uscire dal cigno. La TV a colori era accesa, così per un minuto guardammo quella. Sullo schermo c'erano delle auto che sfrecciavano in pista, in una gara con campioni locali. Il pubblico era accorso numeroso per la presenza di cronisti nazionali che animavano la trasmissione. Il cronista parlava tutto compito. Come trattenendo l'entusiasmo. “Siamo tuttora in attesa d'una conferma ufficiale” diceva. “Vi interessa?” ci chiese Bud. Era rimasto in piedi. “Vi interessa?” ci chiese Bud. Era rimasto in piedi. Bud, sui quarant'anni ben portati, aveva un bel viso con baffi e una leggera barba tutti rigorosamente biondi, come i capelli corti. Il corpo asciutto per il lavoro nei campi e slanciato aveva colpito Fran, come la sua voce profonda e calda. Portava jeans, cintura, una camicia scozzese blu e bianca con stivali neri. Risposi che per me faceva lo stesso. Ed era vero. Fran alzò le spalle, come per dire, cosa volete che me ne importi... ...Fran mi diede una gomitata chinando il capo verso la TV. “ Guarda là sopra” mi sussurrò. “ Vedi quello che vedo io?” Guardai dove stava guardando lei. Lo feci come in una sorta di azione incontrollata, perché eravamo abituati così : era uno degli aspetti della nostra complicità, del nostro modo di stare insieme. C'era un vaso rosso e sottile nel quale erano state infilate alcune margherite da giardino: Vicino al vaso, sul televisore, c'era un vecchio gesso della più storta, scombinata dentatura che avessi mai visto, Senza labbra, senza nemmeno la mascella, solo quei vecchi denti di gesso ficcati in qualcosa che pareva un paio di gengive giallastre. Proprio in quel momento Olla ricomparve con una lattina di noccioline e una bottiglia di spuma. Il grembiule se l'era tolto. Posò la lattina accanto al cigno e poi disse: “Servitevi pure. Bud sta preparandovi da bere.” Dicendolo arrossì di nuovo. Sedette sulla vecchia seggiola a dondolo di bambù e la mise in azione. Sorseggiò la spuma guardando la TV. Forse per il modo in cui Bud aveva portato a casa quella coppia di amici, Olla continuava a mostrare un certo disagio, unito all'insicurezza che la prendeva in presenza di estranei. Bud tornò con un vassoietto di legno sul quale c'era il whiskey e acqua di Fran e la mia bottiglia di birra. C'era anche una birra per lui. “ Vuoi il bicchiere?” mi chiese. Scossi la testa. Mi batté la mano sul ginocchio e si rivolse a Fran. Lei prese il bicchiere che le porgeva e disse: “ Grazie.” Tornò a guardare i denti. Bud se ne accorse. Le auto ruggivano intorno alla pista. Presi la birra e mi dedicai allo schermo. Quei denti non erano affar mio. “ Sono i denti di Olla prima che le mettessero la macchinetta” spiegò Bud a Fran. “Mi ci sono abituato. Mi sa, però, che visti così fanno un certo effetto . Non so proprio perché continui a tenerseli.” Guardò verso Olla. Poi mi strizzò l'occhio. Si mise sulla sua poltrona-relax e accavallò le gambe. Sorseggiò la birra sempre guardando Olla. Si mostravano come una bella coppia, anche se erano molto diversi di carattere. Bud era molto estroverso e a volte bizzarro in certi comportamenti, Olla appariva più insicura e introversa e questa sua indole emergeva specie di fronte a gente che non conosceva e che la fissava, come mia moglie. Così Olla ridiventò rossa. Aveva in mano una bottiglietta di spuma e ne prese una sorsata. Quindi disse: “ Sono lì per ricordarmi quanto gli devo, a Bud . “ “ Come hai detto?” fece Fran. Stava rovistando nella lattina di noccioline, in cerca di quelle brasiliane. Si fermò di botto fissando Olla. “ Scusa, ma non ho capito.” Continuò a fissarla in attesa che aggiungesse qualcosa. Olla arrossì di nuovo. “Ho molte cose di cui essergli grata” spiegò. “ E quella è una. Me li tengo intorno per ricordarmi quanto gli devo, a Bud.” 55 Prese una sorsata di spuma. Poi mise giù la bottiglietta e disse “ Tu hai dei bei denti, Fran. L'ho notato subito. Ma i miei sono venuti su tutti storti quand'ero bambina.” Con le unghie si batté un paio di incisivi. Disse: “ I miei non potevano permettersi i lavori dal dentista. E i miei denti andavano in tutte le direzioni. Al mio primo marito non gli interessava che aspetto avessi. Assolutamente! Gli interessava solo sapere da che parte gli sarebbe arrivato il prossimo bicchiere. Al mondo aveva un solo amico ed era la bottiglia.” Scosse la testa. “ Poi arrivò Bud e mi tirò fuori da quel casino. Quando ci siamo messi insieme, la prima cosa che Bud mi disse fu “ Quei denti dobbiamo metterli a posto.” Il calco l'abbiamo fatto subito dopo che ci siamo conosciuti, in occasione della mia seconda visita dall'odontotecnico. Proprio prima che mi mettessero la macchinetta.” La faccia le rimase rossa. Guardò le immagini sullo schermo sorseggiando la sua spuma, come se non avesse altro da dire. “ Quel dentista dev'essere stato un mago” disse Fran. Guardò di nuovo quei denti da film dell'orrore in cima alla TV. “ Era in gamba” riconobbe Olla. Si voltò nella sedia e disse: “ Vedete? “ Spalancò la bocca mostrandoci un'altra volta i suoi denti, senza più alcuna timidezza. Bud si era avvicinato al televisore e aveva preso il gesso. Andò da Olla e glieli accostò alla guancia. “ Prima e dopo “ disse. Olla allungò una mano e prese i denti. “Pensate che quel dentista voleva tenerseli, questi.” Se li era messi in grembo mentre parlava. “ Io mi rifiutai assolutamente. Gli dissi chiaro e tondo che i denti erano miei. Allora lui li fotografò. Mi disse che voleva pubblicarli in una rivista.” Bud disse: “Figuriamoci che rivista doveva essere. Non credo ci sia un gran mercato per quel tipo di pubblicazioni.” Ci mettemmo tutti a ridere. “ Quando poi mi sono tolta la macchinetta, se mi capitava di ridere, continuavo a nascondermi la bocca con la mano. Così “ disse. “ Mi capita ancora. L'abitudine. Un giorno Bud mi fa, “Olla, puoi anche smettere di farlo, sai? Mica c'è bisogno di nascondere dei denti belli come i tuoi. Adesso li hai belli.” “ Olla gettò uno sguardo verso Bud, che le strizzò l'occhio. Lei sorrise abbassando la testa. Finalmente grazie a lui e al suo buonumore ancora una volta non si sentiva più a disagio. Io e Fran ce ne andammo dopo un'ora, perché non volevamo recare disturbo. A.M. Un’occasione per parlare anche un po’ di sé: DOVE Cucina: finestra sopra l’acquaio. sul davanzale della finestra piante aromatiche. Fornello a 5 fuochi. Tavolo e sedie in formica giallino. Pensili giallini. PORTACENERE A CIGNO: oggetto di cattivo gusto di una zia. Olla vorrebbe disfarsene, ma non ne ha il coraggio TV A COLORI: sempre acceso (perché fa compagnia) , vecchio modello, gran premio automobilistico INIZIO: arrivano dal centro città, viaggio in metropolitana, caldo, accaldati, appiccicati, sudati ESTATE: 4 luglio, giorno dell’indipendenza FINE: barbeque in cortile con hamburger hot dog e birra, aspettano fuochi d’artificio del quartiere 56 OLLA è servizievole e contenta della visita ricevuta prepara da mangiare piccola, grassotta, /cicciotta, capelli raccolti sulla nuca color grigio topo. guance rosse. viso simpatico timida. abito da casa ampio a fiorellini, grembiule tinta unita. zoccoli JACK JEANS SCARPE DA GINNASTICA CAMICIA A SCACCHI BUD FRAN PANTALONCINI CORTI CANOTTIERA BERMUDA INFRADITO CANOTTIERA 57 ECCELLENTE ADATTAMENTO precisa organizzata valutazione segmentazione analisi FRAN NESSUN PROBLEMA CAPACE DI CALARSI NELLE SITUAZIONI scelta delle alternative migliore opzione nella situazione minimizzare i danni spensieratezza/ansia empatica immaginativa previdente La mattina appena sveglia. La sveglia che suona ogni 8 minuti - e ogni 8 minuti la mano quasi morta che preme il rinvio. poi è ora e non si può più rimandare.- si raccolgono le forze e hop... in piedi. Beh, non proprio.- prima, rotolando, seduta sulla sponda del letto. Poi i piedi nudi a cercare le ciabatte. - In piedi incerta verso il bagno. Lo specchio impietoso rimanda : gli occhi ancora gonfi, i capelli sparsi sulla testa. il mobiletto del bagno rifornito di creme per le rughe, per i rossori, i gonfiori, i colori. Ti salverà! Doccia per riconnetterti con il mondo.- colazione.- restauro. 58 BENDE e FILI INVISIBILI Ecco un’immagine piuttosto spiazzante, alla quale applicare identificazioni e “riparazioni” . Vengono suggerite alcune parole- stimolo: gioco, dolore, improvviso, sogno. Dal “brain storming” che precede la consegna scritta ne nascono altre: ciascuno dovrà scegliere cinque parole fra quelle proposte inizialmente e quelle emerse , allargarle “a stella” seguendo proprie associazioni, infine unirle con “sentieri” colorati da commentare con note, sull’esempio della mappa che Nabokov, nelle sue Lezioni di letteratura, ha costruito per orientarsi nei labirinti dell’Ulisse di Joyce. Gli appunti sparsi dovranno infine essere numerati in un ordine che costituirà la trama descrittiva dell’immagine. Suggerimenti: - parlare con quella persona far parlare fra loro la donna e il suo riflesso raccontare la situazione o la storia parlare di qualcosa di sé richiamato dall’immagine V.S Un gioco Una ferita alla fronte: l’ha solo l’immagine riflessa. È una pura fantasia determinata dal suo malessere, vorrebbe che fosse fisico, si risolverebbe con una benda. È sconcertata vederlo così chiaramente riflesso, ma sa che non è così semplice. Basta “ togliere la benda” e tutto … ricomincerà. con la palla Un sasso Simmetria stupore Il gioco con la palla era quello che mi piaceva di più Creare la simmetria della squadra - Generare lo stupore degli slanci - Poi un sasso mi arrivò in testa - Di nuovo lo stupore di vedere- Il sangue calare dalla testa. 59 N.M. “Vorrei che tu mi rispecchiassi bella, giovane e in ordine, ma non lo sei affatto, perché questo è un sogno che si è manifestato all'improvviso, senza la necessità di chiudere gli occhi. Tu non sei me, anche se potresti esserlo, perché rappresenti il mio io interiore, imprigionato da un dolore continuo. Tuttavia questa imperfezione visiva la accetto, perché il riconoscermi imperfetta può sempre fare da Sogno- improvviso - simmetria - falsata – sorpresa sollecitazione a cambiarmi per raggiungere la libertà di pensiero e azione.” L.S. Di nuovo! Di nuovo accade. Mi guardo allo specchio e osservo, mi osservo. No, non posso essere io: solo sognando ancora la mia immagine si sdoppia. Perché? Perché queste ferite? Sono spaventata, devo capire. Il dubbio sorge: quale immagine è reale ed è la mia? Sono reali le ferite, sono quelle nascoste che non voglio vedere e mostrare agli altri, ma che appaiono nei momenti di debolezza o di autocritica. 60 Quando in una donna si formano ferite F.B. che la portano ad allontanarsi dalla realtà del suo vivere quotidiano, quando il suo vivere la vita con debolezza la rende indifesa, è come se specchiassi le ombre che ancora vagano nella mia anima. Rivedo i “vuoti” provocati dal mio “troppo buonismo” in buona fede, che aveva creato tiranni intorno a me, e di conseguenza tanto dolore per la mia anima. Ora che sono “cresciuta” in consapevolezza, provo un sentimento compassionevole verso quelle donne che ancora devono “crescere” e ritrovare la propria forza, la propria identità, senza soccombere alle richieste e ai bisogni degli altri. Specchiarsi nell’altro è soprattutto ammettere di possedere dentro di sè parti dell’altra persona, anche se non piacciono. Si accettano senza giudizio, sapendo che possono accadere anche a te. Ora so come affrontare le mie ombre e non mi faccio più ferire. So distinguere ciò che serve a me e ciò che serve agli altri, così non ho nuove ferite da curare. I.B. Mi ritrovai di fronte ad uno specchio e improvvisamente mi catapultai in un sogno fatto la notte precedente. Uno di quei sogni chiari che si raccontano subito al mattino appena svegli e poi si dimenticano. Nel sogno mi trovavo in una stanza piena di specchi.Da subito presi a giocare come una bambina con la sua immagine,diventavo bambina e rivedevo mia madre e mia nonna in tutta la loro bellezza. Erano entrambe alte con la pelle molto liscia e chiara. Mia nonna ancora più bella di mia madre. Poi all’improvviso non ero più bambina ma adulta. Camminando mi fermai di fronte ad uno degli specchi, il più lontano dalla parte dell’ingresso e li vidi la mia immagine di donna ferita. Quanto dolore, il mio viso era fasciato sulla fronte e la benda bianca copriva l’orecchio sinistro. Il collo sottile era coperto da un’altra benda per nascondere un grosso livido. Quello era un episodio del passato. Fortunatamente dopo mi svegliai e vidi davanti a me un altro presente. 61 C. M. Concludiamo con la lettura di una poesia scritta di getto da Lidia, una signora che faceva parte di un precedente laboratorio di scrittura. La sua profondità commuove e rinsalda fili invisibili. 62 LEGÀMI fili tesi da strette di mano intrecciati da parole emerse da emozioni simili, uguali, diverse scomparse dalla memoria nascoste in noi stesse come colpe inconfessabili uscite allo scoperto privandoci dello scudo riparatore fili invisibili segnati con la penna detti con timore ci hanno avvolto, accomunato sguardi che si incontrano attraverso il tavolo sorrisi complici come risposta in un andirivieni di trama e ordito di sensazioni dolorose angosciose, gioiose scoperte di noi creando una rete robusta di legàmi 63 GLI SPECCHI DI VELASQUEZ Rileggiamo la bella poesia di Lidia e, per associazione, viene proposta un’altra poesia di ricomposizione, conquista e recupero dei tessiture e di connessioni, nella globalità della vita. La leggiamo subito silenziosamente. … il ritmo del mio cuore è la nascita e la morte di tutto ciò che è vivo io sono un insetto che muta la sua forma sulla superficie di un fiume io sono l'uccello che alla primavera arriva a mangiare l'insetto io sono una rana che nuota felice nell'acqua chiara di uno stagno io sono il serpente che avvicinandosi in silenzio divora la rana sono un bambino in Uganda tutto pelle e ossa le mie gambe esili come canne di bambù io sono il mercante di armi che vende armi mortali all'Uganda io sono la bambina dodicenne profuga su una barca che si getta in mare dopo essere stata violentata da un pirata e io sono il pirata il mio cuore è ancora incapace di vedere e di amare io sono un membro del polit boureau con tanto potere a disposizione e io sono l'uomo che deve pagare il debito di sangue alla mia gente morendo lentamente in un campo di lavori forzati la mia gioia è come la primavera così splendete che fa sbocciare i fiori su tutti i sentieri della vita il mio dolore è come un fiume di lacrime così gonfio che riempie tutti i quattro continenti … THICH NHAT HANH Invito ad osservarne la struttura, contraddistinta da anafore che indicano forme dell’essere. Seguono commenti “a caldo” e un confronto che appassiona tutti. Riporto alcuni stralci. Dice: “sono … e … sono”: La vita è fatta di tanti aspetti parla di modi dell’esistenza Non mi piace: è troppo triste “La mia gioia … il mio dolore”: sono contrari È un’osmosi fra le creature Positività e negatività della vita La prima parte descrive la natura, né buona né cattiva, È un’osmosi fra le creature È un messaggio di accettazione totale la cattiveria e la sofferenza riguardano l’essere umano 64 Non accetto questo messaggio: il C’è un rispecchiarsi in ognuno di noi di bene e il male esistono tutto quanto esiste: è come una sintesi Nessuno di noi è del tutto questo o quello, ma questo o quello ci sono. Facciamo parte di una rete Tutte quelle parole portano lontano: verranno riprese, con la poesia, in un incontro successivo. Per stemperare la passione di quei pensieri, rimanendo ugualmente in “tema” , il dipinto di un grande artista: ancora uno specchio, ancora un intervento da fare sull’immagine. Si tratta di “Cristo in casa di Marta e Maria”, un dipinto della maturità di Diego Velasquez, “specialista” in rimandi, mescolanze fra realtà, pensieri, citazioni. Per complicare ulteriormente le allusioni che legano il ritratto realistico con quello narrato o immaginato, sono stati inseriti nel quadro pallini colorati che collegano fra loro, allusivamente, i personaggi in primo piano e quelli nello specchio, o finestra, o porta aperta che immette nella stanza sul retro (della casa o dei pensieri), che a sua volta rimanda ad un altro vano alle spalle di Gesù. M.G. cita un altro quadro di Velasquez, Las meninas, dove è pure presente lo stesso gioco di specchi. In questo quadro, di ambientazione popolare, l’equivoco degli specchi rimanda ad un analogo equivoco fra personaggi, ruoli, discorsi (“io sono questo ma potrei essere …”), che accentua misteri e interrogativi. Qualcuno osserva che la servetta non può vedere la scena dell’insegnamento di Gesù: può solo ascoltare, e guarda fuori dal dipinto: guarda noi che la guardiamo, creando un ulteriore rispecchiamento e quasi invitandoci a fare potenzialmente parte del quadro e delle parole che vorremmo dire. * Diego Velazquez : Cristo in casa di Marta e Maria … e allora facciamola parlare, questa cameriera, che nel quadro non può far altro che ascoltare.. e obbedire. 65 Durante il periodo in cui dipinse "Cristo in casa di Marta e Maria", Velázquez stava sperimentando la tecnica del Bodegón; con questo termine che deriva da Bodega ("la locanda", o "volta del vino"), si intende in spagnolo un tipo di pittura di "vita tranquilla", che inserisce alcuni elementi come il gioco, la bevanda, il cibo. Soprattutto durante il periodo barocco, questa forma di pittura è stata utilizzata per collegare le scene della Spagna contemporanea con i temi ed i racconti della Bibbia. In tali rappresentazioni sono dunque sovente presenti persone che lavorano con cibi e bevande. La scena del quadro si svolge all'interno di una cucina, dove la donna più giovane, probabilmente la cameriera, è intenta a pestare l'aglio in un mortaio (gli ingredienti sul tavolo, rappresentati con l'estrema accuratezza tipica di Velazquez, fanno pensare che stia preparando la salsa “aioli”, una specie di maionese che si accompagna al pesce). Gli alimenti mostrati sono preparati nei modi tipici della cucina spagnola del tempo; l'attenzione al dettaglio, ad esempio il modo in cui sono presentati gli ingredienti sopra il tavolo, dimostra quanto sia importante per Velázquez il rappresentare scene quanto mai realistiche. Alle sue spalle, una donna anziana indica una scena visibile dalla parte opposta del dipinto, vista attraverso una finestra o attraverso uno specchio, o semplicemente un dipinto appeso nella cucina, in cui è presente la scena di Marta e Maria. "Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù,ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: "Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti". Ma Gesù le rispose: "Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta" (Lc 10, 38-42). Gesù è in atteggiamento didattico e usa parole di insegnamento rivolte a Maria; con loro è presente una donna anziana , che sembra voler interrompere il Maestro. Si nota un gioco "dipinto nel dipinto" che lascia un alone di mistero nell'interpretazione nel quadro. Marta ha le stesse sembianze della donna anziana alle spalle della giovane intenta a pestare l'aglio nella scena in primo piano. Il dramma di Marta è legato chiaramente a quello della cameriera in primo piano: lei ha appena preparato una grande quantità di cibo e dal rossore delle guance paffute, possiamo vedere che anche lei è sconvolta. Per confortarla, la donna anziana le indica la scena sullo sfondo ricordandole che non può ottenere soddisfazione dal solo lavoro. La cameriera, che non può osservare direttamente la scena biblica, guarda invece fuori dal dipinto verso di noi, probabilmente meditando sulle implicazioni della storia. N.M. Sono stanca, mi bruciano gli occhi e non posso nemmeno dire a questa vecchia di smetterla di parlare. Gesù, aiutami a sopportare! Uffa, tutto il giorno a preparare da mangiare per loro. Mi ha stancato questa megera, con i suoi consigli! C’è un unico uomo presente ed è lui che parla! Per confortarmi dovrebbe aiutarmi, darmi una mano, non distrarmi mostrandomi quel quadro 66 C’è chi osserva che forse Velasquez ha voluto anche giocare, con una certa ironia, sulla funzione didattica che rivestivano, per una popolazione allora per la gran parte analfabeta, dipinti e mosaici sacri. La distrazione e la perplessità della servetta fanno nascere qualche dubbio sull’efficacia del messaggio e del mezzo. Sì, sì, sarà pur vero che il mio lavoro è importante e che verrò ripagata, ma io vorrei sentire quello che dice Gesù Lei parla, parla, ma come dovrò fare a dare da mangiare a tutta questa gente? Tutti si aspettano cose pazzesche da me, ma non posso mai dire quello che penso Gesù dice che non di solo pane vive l’uomo, ma se io non preparo il pranzo, qui, nessuno di voi mangerà Proseguiamo nel divertimento dei “cambi di prospettiva” con due giochi di parole, l’uno opposto dell’altro: il tautotogramma e il lipogramma. Gli esempi sono tratti da Umberto Eco (a cura di), Povero Pinocchio, Comix, Bologna. Un lipogramma (dal greco lèipo = lascio; e gramma = lettera) è costituito da un testo in cui non può essere usata una determinata lettera. In pratica, si prende un testo normale e lo si riscrive sostituendo ogni parola che contiene la lettera proibita con un suo sinonimo che non la contiene. Il suo inverso si dice tautogramma. Oltre ai lipogrammi ufficiali si possono includere nella categoria anche altri testi con vincoli: ad esempio, un testo monovocalico, cioè in cui si usa un'unica vocale. Sfogo d’orco Sono Pogo, orco non noto, mostro sozzo d’orto losco. Col gozzo voto, goffo movo lo dosso; o volo – ok, non posso – col tronco grosso: ho scorto – monocolo tosto – lo bosco scosso. Pollo? Porco? Trotto molto. Omo ! Bono, bono. Corro, lo colgo, torto ho lo collo. L’ho morto. Mo’ lo mordo, no! Dopo cotto col foco. Coll’osso godrò brodo, col corpo – troppo tocco – morrò colmo, col colon rotto. Mosto? Mmm… poco poco. Son sbronzo, lo so, sbocco sodo. Bolo orroroso ! Color pomodoro. Foscolo, figlio fuggiasco, favella Foscolo, figlio fuggiasco, favella Flessuosamente, fantasticando felici Fantasmi: figurandosi fanciulletto, febbrilmente fondali, fronde, floridi fondi favoleggia. Femminee fattezze forgiano fecondità; fisionomie famose foggiano forza. Fallace fu fortuna famigliare ! Fuori, Foscolo, ferito, fabbricando flebili frasi Finge favorevole fato. Finirà forse feretro Forestiero. Un tautogramma è un componimento nel quale tutte le parole hanno la medesima lettera iniziale. Tipico gioco linguistico, il tautogramma rappresenta per certi versi l'inverso di un lipogramma. Un esempio è Veni, vidi, vici. In realtà non si tratta solo di un gioco: rimando all’importante esperienza di OULIPO (Ouvrage de literature potentielle, per cui tutta la letteratura nasce da esperimenti linguistici spesso giocosi), di cui fece parte lo stesso Calvino. Il testo base su cui “giocare” è una classica favola di Esopo, La volpe e l’uva. Spinta dalla fame, la volpe cercava di prendere l'uva da un'alta vite, saltando con tutte le sue forze, ma non riuscì a toccarla; allora andandosene disse: "Non è ancora matura; non voglio coglierla acerba". Chi sminuisce a parole quello che non è in grado di fare, dovrà riferire a se stesso questo esempio. 67 BASTANO POCHI INDIZI … Si possono tessere trame e ricomporre frammenti anche giocando a ricostruire (un po’ inventando), con pochi indizi a disposizione, ritratti di personaggi, situazioni, ambienti di vita. … forse come farebbero questi poliziotti del romanzo “giallo” Sotto i venti di nettuno, di FRED VARGAS Martedì 14 ottobre, gli otto membri della missione Quebec aspettavano di imbarcarsi sul Boeing 747, decollo ore16,40, arrivo previsto a mezzanotte, le diciotto ora locale. Adamsberg sentiva che l' espressione arrivo previsto ripetuta dalla voce suadente degli altoparlanti attorcigliava lo stomaco di DANGLARD. L'aveva tenuto d'occhio nelle due ore passate a gironzolare per l’aeroporto di Roissy. IL RESTO DEL GRUPPO, spiazzato dal contesto nuovo, era in piena regressione e aveva trasformato l’Anticrimine in una colonia di adolescenti sovreccitati. Lanciò un’occhiata al TENENTE FROISSY, una donna dal carattere allegro ma ancora provata da una crisi depressiva - pene d' amore, stando a quel che aveva sentito dire nella sala delle Ciance-. Pur non condividendo la turbolenza infantile dei colleghi, pareva distratta da quella parentesi e lui l'aveva vista sorridere varie volte. Ma DANGLARD no. Sembrava che nulla potesse strappare il capitano alle sue funeste previsioni. Il lungo corpo, già molle di suo, si liquefaceva man mano che si avvicinava l' ora della partenza. Quasi che le gambe non potessero reggerlo, non si alzava più dalla sedia di metallo che pareva raccoglierlo come un catino. Per tre volte Adamsberg l' aveva visto frugarsi in tasca e portare una compressa alle labbra scolorite. I colleghi, consapevoli del suo malessere, lo ignoravano per discrezione. LO SCRUPOLOSO JUSTIN, che esitava sempre a dare il proprio parere nel timore di ledere gli altri o di perturbare un'idea, alternava battute convenzionali e febbrile ripasso dei distintivi del Quebec. All’opposto di Noel, tutto azione, che partecipava a tutto e troppo in fretta. A Noel bastava muoversi e quel viaggio non poteva che piacergli. Come a VOISENET. L'ex chimico e naturalista si aspettava da quel soggiorno apporti scientifici nonché emozioni geologiche e faunistiche di ogni genere. Per RETANCOURT, ovviamente, nessun problema, era l' adattamento fatto donna, capace di calarsi in maniera eccellente in ogni situazione. Quanto al GIOVANE E TIMIDO ESTALÈRE, i suoi grandi occhi verdi pieni di stupore non chiedevano altro che posarsi su qualsiasi nuova fonte di curiosità. Ne sarebbe uscito ancora più stupito. Insomma, pensò Adamsberg, ciascuno ne traeva qualche vantaggio o qualche libertà, e ciò causava una rumorosa agitazione collettiva. Tranne DANGLARD. I suoi cinque figli erano stati affidati alla generosa vicina del sesto piano, insieme a Palla, e su quel fronte tutto andava per il meglio, non fosse stato per la prospettiva di lasciarli orfani. Adamsberg cercava un modo per strappare il suo vice al panico crescente, ma il deteriorarsi dei loro rapporti gli lasciava poco margine per la consolazione. O forse, pensò Adamsberg, bisognava attaccare l'edificio dall'altro versante: provocarlo, costringerlo a reagire. Questo avrebbe sicuramente fatto incavolare Danglard, e un'incavolatura è molto più stimolante e distraente del terrore. Ci rifletteva da un po’, sorridendo, quando la chiamata per i passeggeri del volo MontrealDorval li strappò alle loro poltroncine. (FRED VARGAS, Sotto i venti di Nettuno, Einaudi) 68 di lasciarli orfani. Adamsberg cercava un modo per strappare il suo vice al panico crescente, ma il deteriorarsi dei loro rapporti gli lasciava poco margine per la consolazione. O forse, pensò Adamsberg, bisognava attaccare l'edificio dall'altro versante: provocarlo, costringerlo a reagire. Questo avrebbe sicuramente fatto incavolare Danglard, e un'incavolatura è molto più stimolante e distraente del terrore. Ci rifletteva da un po’, sorridendo, quando la chiamata per i passeggeri del volo Montreal-Dorval li strappò alle loro poltroncine. (FRED VARGAS, Sotto i venti di Nettuno, Einaudi) Una prima traccia di ricostruzione: ciascuno riproduce, in due schemi distinti, ciò che il testo “dice” del personaggio e ciò che lei/lui ne “vede, immagina, pensa”. V. NABOKOV afferma, in Lezioni di letteratura, che un libro non si legge, ma si ri-legge. Gli “rubo” questa intuizione profonda per favorire ricostruzioni, identificazioni , invenzioni. I.B. L. S. 69 N.M. V.S. TENENTE FROISSY QUELLO CHE “VEDO” IO QUELLO CHE DICE IL TESTO Una donna dal carattere allegro, ma ancora provata da una crisi depressiva. Pareva distratta da quella parentesi Lui l’aveva vista sorridere varie volte. Quarant’anni, aveva cambiato lavoro, passando a un’esperienza di lavoro amministrativo a quello di poliziotta. Non amava viaggiare, ma se era costretta, lo faceva con serenità. Avrebbe voluto essere sempre positiva La produzione scritta vera e propria avviene attraverso un “esercizio si stile” suggerito da Calvino: un’altra ri-lettura capace di sorreggere creazioni personali. Ognuno scrive seguendo una “scaletta” personale. 70 Come sei, Lettrice? Vediamo se di te, Lettrice, il libro riesce a tracciare un vero ritratto, partendo dalla cornice per stringerti da ogni lato e stabilire i contorni della tua figura. La tua casa, essendo il luogo in cui tu leggi, può dirci qual è il posto che i libri hanno nella tua vita, se sono una difesa che tu metti avanti per tener lontano il mondo di fuori, un sogno in cui sprofondi come in una droga, oppure se sono dei ponti che getti verso il fuori, verso il mondo che t’interessa tanto da volerne moltiplicare e dilatare le dimensioni attraverso i libri. Per capire questo, il Lettore sa che la prima cosa da fare è visitare la cucina. La cucina è la parte della casa che può dire pi cose di te: se fai da mangiare o no (si direbbe di sì, se non tutti i giorni, abbastanza regolarmente), se per te sola o anche per altri (spesso per te sola ma accuratamente come se lo facessi anche per altri; e qualche volta anche per altri ma con disinvoltura come se lo facessi per te sola), se tendi al minimo indispensabile o alla gastronomia (i tuoi acquisti e armamentari fanno pensare a ricette elaborate ed estrose, almeno nelle intenzioni; non è detto che tu sia golosa, ma l’idea di cenare con due uova al tegame potrebbe metterti tristezza), se stare ai fornelli rappresenta per te una penosa necessità o anche un piacere (la minuscola cucina è attrezzata e disposta in modo da potertici muovere con praticità e senza troppi sforzi, cercando di non fermartici troppo ma anche di poterci stare non di malavoglia). Gli elettrodomestici stanno al loro posto d’utili animali i cui meriti non possono esser dimenticati, anche senza tributar loro un culto speciale. Tra gli utensili si nota qualche estetismo (una panoplia di mezzelune di grandezza decrescente, quando ne basterebbe una) ma in genere gli elementi decorativi sono anche oggetti utili, con poche concessioni al grazioso. Sono le provviste che possono dirci qualcosa di te: un assortimento d’erbe aromatiche, alcune certo d’uso corrente, altre che paiono star lì per completare una collezione; lo stesso si dica per le mostarde; ma sono soprattutto le collane di teste d’aglio appese a portata di mano a indicare un rapporto coi cibi non distratto o generico. Un’occhiata al frigorifero può permettere di raccogliere altri dati preziosi: nei palchetti portauova c’è rimasto un solo uovo; di limoni ce n’è solo mezzo e mezzo secco; insomma, nei rifornimenti essenziali si nota qualche trascuratezza. In compenso c’è crema di marroni, olive nere, un vasetto di scorzobianca: è chiaro che nel far la spesa ti lasci attrarre dalle merci che vedi esposte, più che avere in mente ciò che manca in casa. Osservando la tua cucina dunque si può ricavare una immagine di te come donna estroversa e lucida, sensuale e metodica, che mette il senso pratico al servizio della fantasia. Qualcuno si potrebbe innamorare di te solo a vedere la tua cucina? Chissà … (ITALO CALVINO, Se una notte d’inverno un viaggiatore …, Einaudi) I.B. COME SEI, NOEL? Come sei, Noel? Vediamo se di te il tuo luogo di lavoro riesce a tracciare un ritratto e se il posto in cui ti ritrovi ogni giorno ti rispecchia. Ogni mattina entri nel tuo ufficio che condividi con altri colleghi e saluti tutti con un gran sorriso e una voce sostenuta, portando con te in una mano la valigetta portadocumenti e nell’altra una tazza di caffè americano preso al volo nel bar di sotto. Ti siedi alla scrivania, e metodicamente accendi il computer mentre tiri fuori il lavoro da sbrigare sistemato nel cassetto la sera prima. La scrivania è sempre in ordine quando arrivi e quando te ne vai a casa, ma durante la giornata è piena di carte sparse qua e là. Prima di iniziare il lavoro controlli velocemente la posta, per assicurarti che non sia successo nulla di urgente in tua assenza; poi, mentre bevi il tuo caffè, navighi su internet in cerca di mete per i tuoi prossimi viaggi. 71 L.S. COME SEI, NOEL? (ambiente: casa, lavoro, bar, episodio importante di vita, situazione abituale) Identificazione e arricchimento del personaggio, rispecchiamento Sempre sorridente al mattino, quando scendi le scale per recarti al lavoro, anche se già sei in ansia per come potrebbe andare oggi il colloquio chiarificatore con il capo. Ma dicono che apparire, mostrarsi sempre col sorriso sulle labbra, faciliti i rapporti e gli incontri. Ricordi? Al corso vi avevano suggerito di rispondere sorridendo, sempre, anche al telefono !!! Così arrivi alla fermata del metro, con la solita ressa che ti aumenta l’ansia, ma che non ti impedisce di rivolgere subito la parola ad un tipo curioso che ti siede a fianco. È straniero, lo si intuisce dai tratti somatici: ASIATICO! Subito, scherzando, lo interroghi: da dove viene, che ci fa in città, ha bisogno di aiuto? Di qualche informazione su percorsi interessanti?.... V.S. COME SEI, FROISSY? ( casa – lavoro: abbastanza ordinata nella vita casalinga, cordiale con tutti nel posto di lavoro) Poliziotta investigativa, le piaceva cantare. Ha una bella voce da mezzo soprano. Avrebbe potuto provare ma non sempre le cose vanno bene. Ha molti progetti ma non ha una visione di prospettiva e non le piace lasciarsi indietro delle cose, legge libri, cura il giardino e ha un piccolo orto dal quale ottiene la messa a massa delle tensioni che il lavoro accumula. Cerca di comprendere il mondo in cui vive, il mondo fuori che è feroce, cerca sempre un contatto umano con chi la circonda e prova a sorridere sempre … N-M. COME SEI, DANGLARD ? “Vedi bene quel che sono! Basta osservare attentamente questa stanza dove si respira solo aria di passato, quando le cose, almeno in famiglia, andavano per il verso giusto. Allora c'era Ortense che mi dava il coraggio di esistere col suo affetto e con l'amore che mi regalava e mi spronava a reagire nelle dure situazioni che il lavoro mi dava ogni giorno. Finché c'è stata lei, tutto era più tollerabile in questa vita e i figli numerosi certo non le permettevano di dedicarmi molto tempo. Tuttavia bastava un solo sguardo, una carezza per darmi coraggio. Ora che non c'è più e qui in casa tutto parla ancora di lei, il coraggio per reagire in ogni momento della vita lo devo trovare per forza dentro di me. Io devo essere responsabile, anche se mi costa molto, ma i figli hanno il diritto di sentirsi protetti e di non subire le mie preoccupazioni, a volte motivate, a volte senza senso. Ora che sto per andare in missione, l'angoscia mi cresce, sapendo che li lascerò soli per un mese o per sempre! “ 72 GLI ENIGMATICI FRAMMENTI DI ERACLITO … il ritmo del mio cuore è la nascita e la morte di tutto ciò che è vivo io sono un insetto che muta la sua forma sulla superficie di un fiume io sono l'uccello che alla primavera arriva a mangiare l'insetto io sono una rana che nuota felice nell'acqua chiara di uno stagno io sono il serpente che avvicinandosi in silenzio divora la rana sono un bambino in Uganda tutto pelle e ossa le mie gambe esili come canne di bambù io sono il mercante di armi che vende armi mortali all'Uganda io sono la bambina dodicenne profuga su una barca che si getta in mare dopo essere stata violentata da un pirata e io sono il pirata il mio cuore è ancora incapace di vedere e di amare io sono un membro del polit boureau con tanto potere a disposizione e io sono l'uomo che deve pagare il debito di sangue alla mia gente morendo lentamente in un campo di lavori forzati la mia gioia è come la primavera così splendete che fa sbocciare i fiori su tutti i sentieri della vita il mio dolore è come un fiume di lacrime così gonfio che riempie tutti i quattro continenti …. THICH NHAT HANH La rilettura della poesia di Thich Nhat Han rimanda alle filosofie orientali, al TAO come via, percorso, fondamento delle filosofie orientali, per cui il contrario non è contrapposizione, ma completamento, trasformazione: un po’ il lavoro che abbiamo fatto insieme nel corso di questi incontri. Il Taoismo è una religione, una filosofia e una via di vita originaria della Cina, istituzionalizzatasi all'incirca nel II secolo avanti Cristo, scaturendo da un movimento di pensiero nato dalla combinazione dell'antica filosofia cinese con le opere spirituali di Laozi, vissuto nel VII secolo a.C. Con 400 milioni di aderenti in Cina, Paese di cui per secoli ha caratterizzato la cultura, il Taoismo è in diffusione oggi anche in Occidente e viene catalogato come una delle principali religioni del mondo. Si tratta di una religione filosofica panteistica, la cui teologia è imperniata sul concetto del Tao (la "Via"), l'essenza prima che costituisce tutte le cose che esistono e il respiro primordiale che supporta la vita stessa. Il taoista dedica la propria vita alla ricerca dell'armonia con la natura, ovvero con il Tao, per poter raggiungere la completezza e l'unione con l'essenza dell'universo. Questa concezione della vita è esposta nel Tao te king (Il libro della via), un libretto di soli 5000 caratteri di Lao Tse, la cui stessa vita è un mistero. Vissuto fra il VI e i II secolo avanti Cristo (lo scritto fu “trovato” nel II secolo a.C.) , sembra che, stanco della vita di corte, varcasse di nascosto le frontiere della Cina “comprando “ la guardia 73 con quel prezioso libretto scritto lì per lì. Probabilmente, in realtà, la filosofia della “via” è anteriore allo scritto (nessun grande “maestro” ha scritto il suo pensiero). Il Daodejing (in cinese 道德經) o Tao Te Ching, tradotto spesso come il Libro della Via e della Virtù, è il testo sacro del Taoismo, opera che vanta migliaia di interpretazioni e letture critiche, almeno tante quante quelle della Bibbia. Scritto da Laozi, è piuttosto breve e nonostante ciò è riconosciuto come uno dei testi spirituali più significativi della storia umana, carico di concetti etici, teologici, cosmologici ed esoterici. Una gemma assoluta della letteratura di tutti i tempi che si libra in una lingua asciutta, che tuttavia esplode con una potenza evocativa senza pari, fino a toccare le profondità abissali dell'origine del cosmo e illuminare d'incanto l'arcano assoluto, il Tao, il principio eterno e ineffabile che regola l'universo, e da cui traggono origine il mondo e le creature, nonché manifesto sotto forma del De, la "virtù" o "potenza", la forza morale che regola anche l'essere umano. Un “quasi contemporaneo” greco di Lao Tse ci ha lasciato messaggi altrettanto profondi: anch’essi ci rimandano ad una assai simile visione del mondo. Si tratta di Eraclito, vissuto nel V secolo avanti Cristo: un “presocratico”, il cui pensiero è libero dal principio di non contraddizione e dalla logica di divisione, di classificazione in cui oggi viviamo noi. Purtroppo ce ne rimangono solo frammenti, affascinanti e misteriosi. Viene prposto di lavorarci in un quasi- gioco, simile a quelli dell’incontro precedente. Sono stati selezionati quattro frammenti, che vengono letti ad alta voce. Cose calde fredde fredde calde umide aride secche molli diventano nessi intero non intero concorde discorde armonia disarmonia da tuttecose uno da uno tuttecose invisibile armonia . a visibile superiore discorde si accorda stupenda armonia da contrasti Consegna : scegliere un frammento e farne scaturire, da almeno quattro parole, altre tre che le ampliano, completano, proiettano, in concordanza o in opposizione. Con le parole emerse andranno costruite brevi frasi, pensieri o piccoli trattati di filosofia. Eraclito (535 a.C. – 475 a.C.) uno dei maggiori pensatori presocratici. Il suo pensiero è stato interpretato nei modi più diversi a causa del suo stile oracolare e della frammentarietà nella quale ci è giunta la sua opera. Aristotelelo definisce "l'oscuro". Socrate sostiene che i suoi aforismi erano profondi quanto le profondità raggiunte dai tuffatori di Delo. Della vita di Eraclito si hanno pochissime notizie, mentre della sua opera filosofica sono sopravvissuti, attraverso testimonianze, soltanto pochi frammenti. La dottrina dell’unità dei contrari è forse l’aspetto più originale del suo pensiero. La legge segreta del mondo risiede nel rapporto di interdipendenza di due concetti opposti (fame-sazietà, pace-guerra, amore-odio ecc...) che, in quanto tali, lottano fra di loro ma, nello stesso tempo, non possono fare a meno l’uno dell’altro, poiché vivono solo l’uno in virtù dell’altro: ciascuno dei due infatti può essere definito solo per opposizione, e niente esisterebbe se allo stesso tempo non esistesse anche il suo opposto. Così, ad esempio, una salita può essere pensata come una discesa da chi vi si trova in cima. In questa dualità fra i contrari Eraclito vede guerra (polemos) in superficie, ma armonia in profondità, quello che lui definiva il logos indiviso, ossia la legge universale della Natura, fondata sulla legge del divenire della realtà. 74 N.M. invisibile armonia superiore visibile invisibile: atomo; cellula; molecola; buco nero visibile : casa; occhio; sasso; sole . armonia: estasi; completarsi; deliziarsi. superiore: padrone; giudizio; piano. L'atomo è incluso nella molecola, che si trova nella cellula e tutte queste entità sono invisibili, come il buco nero dello spazio. Al contrario una casa, un occhio, un sasso, il sole, pur di dimensioni diverse, fanno parte delle entità visibili. Ascoltando un brano musicale ber fatto, si apprezza la sua armonia e si raggiunge uno stato di estasi, che porta al completamento delle nostre predisposizioni e alla delizia dell'essere. Tuttavia l'armonia ci colpisce, esaminando pure la struttura più microscopica, come quella più macroscopica, quali sono rispettivamente la cellula e l'universo. La differenza fra le due strutture è che l'universo è superiore, è tutto, ci domina e contiene noi poveri esseri mortali, che aspiriamo a essere soggetti a un piano superiore e a un giudizio finale o forse a un padrone che ci può salvare con sé oppure ci solleciterà a tornare a essere vita su questa Terra, di nuovo. V.S. Cose Diventano Secche Aride Umide Fredde oggetto immenso tutto sembrano appare stupisce fruscio briciole formiche deserto dune sterpi fiori gialli rana foglie rugiada neve bianca luna piena In un immenso deserto, tra dune e sterpi comparve un oggetto, dapprima invisibile che via via prendeva forma, freddo e bianco. Le cose sembrarono in una stupenda armonia, si avvertiva il fruscio di foglie e l’umida rugiada in un gracidar di rane, l’armonia veniva da una stupenda luna piena che giocava con il vento, creando ombre e sussulti, armonia e disarmonia in un paesaggio che non aveva nessi. Cose calde fredde fredde calde umide aride secche molli diventano D.B. Un sentimento nasce impalpabile e resta invisibile a noi finchè non matura e diventa irrefrenabile. Ci può apparire come sinfonia di colori e musica oppure come lampi che squarciano la nostra entità. In quel momento può essere visibile anche a chi spia la nostra espressione. Se traspare armonia può essere amore per la vita e sicuramente per noi stessi. INVISIBILE trasparente , impalpabile , sentimento VISIBILE sentimento , espressione , lam ARMONIA equilibrio , sinfonia , colore SUPERIORE entità , elevazione , vita invisibile armonia . a visibile superiore 75 L.S. 76 I “temi” di “Le parole per dirlo” Ritratti (febbraio / marzo 2009) Geografie (novembre / dicembre 2009) Le storie (aprile 2010) Elenchi (gennaio / febbraio 2011) Animali e altre persone (novembre / dicembre 2011 - aprile / maggio 2012 ) Trame, strappi, rammendi, parte prima (ottobre / novembre 2012 - aprile / maggio 2013) Itinerari e labirinti (settembre / ottobre 2013 - marzo / aprile 2014 … e continua) Ogni “tema” si sviluppa in cinque – sei incontri o, se replicato, in undici – dodici incontri. Il gruppo è aperto a chiunque ami la lettura e la scrittura e voglia affrontare a viso aperto, col sostegno della condivisione, l’oscurità e la complessità dei propri pensieri autentici, anche “rubando” (non copiando) parole e pensieri altrui. 77
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