«Il Genio è Donna»

Sala Verdi del Conservatorio – Via Conservatorio, 12 – Milano
Lunedì 9 giugno 2014 – ore 21.00
SERIE «Festival Omaggio a Milano» 2014
«Il Genio è Donna»
Pianista
SA CHEN
(Premio Chopin; Premio Leeds; Premio van Cliburn)
«AFTER MYRA HESS» - «SUONARE CON ANIMA»
FREDERIC CHOPIN (1810-1849)
PRELUDIO IN RE BEMOLLE MAGGIORE OP. 28 N. 15
CÉSAR FRANCK (1822 – 1890)
PRELUDIO CORALE E FUGA IN SI MINORE
Prélude: Moderato; Choral: Poco più lento; Fugue
FREDERIC CHOPIN
NOTTURNO IN SI MAGGIORE OP.62 N.1
BARCAROLA IN FA DIESIS MAGGIORE OP. 60
FRANZ LISZT (1811-1886)
SONATA IN SI MINORE
Lento assai; Allegro energico; Andante sostenuto; Allegro energico; Andante sostenuto; Lento assai
SA CHEN - Nata a Chongqing, Cina, ha studiato al Sichuan Conservatory of Music, alla Shenzhen School
of Arts con Dan Zhaoyi e nel ‘94 è stata ascoltata e interrogata dal Presidente Cinese Jiang Zemin. Si è
diplomata alla Guildhall School of Music & Drama di Londra con Joan Havill e dal 2001 ha frequentato la
Hochschule für Musik und Theater di Hannover con Arie Vardi. Ha vinto il primo premio al China
International Piano Competition e nel 1996 è stata premiata al Leeds Piano Competition (la più giovane
partecipante al concorso), al 14° Concorso Chopin di Varsavia e al 12° Van Cliburn Competition,
divenendo così l’unica premiata in tre tra i massimi concorsi pianistici al mondo. Nel 2010 le è stato
conferito il “Chopin Art Passport” dal Governo Polacco per l’esecuzione di Chopin durante il bicentenario
chopiniano del 2010; nello stesso anno ha ricevuto il China’s Classical Elite Award sia a Shanghai che a
Pechino nelle categorie “Top Ten Best Concerts of the Year” e “Best Recital Concert of the Year” ed è
stata nominata, unica artista donna, nella top ten degli artisti cinesi del 2009 dalla rivista L’OFFICIEL. Ha
debuttato nel 1996 in un concerto trasmesso live dalla BBC con City of Birmingham Symphony Orchestra
e Sir Simon Rattle; da allora ha collaborato con direttori quali Bychkov, de Waart, Slatkin, Conlon,
Petrenko, Harth-Bedoya, Volkov, Sokiev, Kaspezek, etc... suonando con Los Angeles Philharmonic, Israel
Philharmonic, Pittsburgh Symphony, City of Birmingham Symphony, Camerata Salzburg, WDR Symphony
Orchestra, Bremen Philharmonic, Warsaw Philharmonic, Polish National Radio Symphony, Orchestre
National du Capitole in Toulouse, e in Asia la China Philharmonic, China National Symphony, Shanghai
Symphony, Hong Kong Philharmonic, Singapore Symphony. Ha tenuto concerti con Tokyo Metropolitan
Symphony nella Suntory Hall, un tour con la Royal Liverpool Philharmonic e Petrenko in Spagna, un recital
al Louvre, un concerto con London Philharmonic Orchestra e Tortelier all’NCPA di Pechino; New York
(Carnegie Hall), Washington D.C. (Kennedy Center), Londra (Barbican Centre, Wigmore Hall, Purcell
Room and Cadogan Hall), Varsavia (Philharmonic Hall), Milano (Sala Verdi), Berlino (Broadcast Hall),
Zurigo (Tonhalle), Linz (Bruckner Hall), Basilea (Foundation Beyeler Museum e Vitra Design Museum),
Copenhagen (Louisiana Museum), Boston (Symphony Hall), Hong Kong, Taiwan, Tel Aviv e Australia. Ha
partecipato al Duszniki Chopin Festival in Polonia, Louisiana Museum Festival in Danimarca, Lockenhaus
Music Festival in Austria, Le Musiques festival in Svizzera e al Beijing Music Festival in Cina. È stata
selezionata per suonare a Tokyo nel prestigioso ciclo “The 100 Great Pianists of the Twentieth Century”.
Ha tenuto un tour negli Stati Uniti con il Takacs Quartet ed è stata invitata molte volte da Gidon Kremer
come sua partner al pianoforte.Del 2008 la sua prima incisione con i due Concerti di Chopin, è stata
distribuita in tutto il mondo; nel 2009 è stato pubblicato un CD con musiche di Rachmaninov e
Mussorgsky, dell’autunno del 2011 è la registrazione del 2° Concerto di Rachmaninov e del Concerto di
Grieg. Sa Chen è ospite di Serate Musicali, che l’hanno scoperta per l’Italia, dal 2002.
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NOTA DI PASSAGGIO
Ancora una volta evochiamo il fantasma del più misconosciuto! Del malcapito e del male-amato quale fu
l’amico nostro Shura (Cherkassky), che sempre ci chiedeva se avessimo notizie di qualcuno che suonasse
con anima. Il padre di Sviatoslaw Richter, musicista eccellente e pianista (Odessa, Teatro), aveva battezzato
il polacco Ignaz Friedman “numero uno” al mondo, per analoghi motivi “di anima”. Un mondo che
poteva allora contare sul polacco Paderewski, sul russo Rachmaninov, su Joseph Hoffman e su altre
“anime” (anche Horowitz, naturalmente, aveva un’anima). Altra cosa, altro mondo la noblesse di Friedman,
(che noi postumi chiamammo “la prima lama di Polonia”). Scomparso il quale ci consolammo mettendogli
vicino Cherkassky, misconosciuto quanto Friedman. Loro due soli, nel secolo. Sa Chen, che viene dalla
Cina, non lo sa ma, ci ha fatto tornare col pensiero “all’anima”. E fu esattamente quello il giorno, quando
Sa Chen suonò il Preludio detto della “Goccia d’acqua”, dal resoconto che ne dà la Sand (in “Histoire de
ma vie”). Suonava quel Preludio durante il concorso Chopin-Varsavia. Suonare con segreta commozione,
s’è mai udito nel nobile consesso che si riunisce nel nome di Chopin? Nel dubbio, il Primo Premio del
concorso andava a Sa Chen e alla suo “Goccia”. Ma un Concorso, così famoso, ha mille leggi e mille
ingranaggi. Mille clausole e mille convenienze. Come ci si aspettava, dovette appagarsi di un terzo Premio, o
fors’anche d’un Premio “per la miglior Mazurca”. Si sa, le mazurche sono la vetta d’ogni recitazione.
Inviolabile vetta. Sa Chen ebbe il Primo Premio “da noi”. E da allora suonò sempre per noi. E non
vendette l’anima al diavolo, per grandissima nostra fortuna. Se la tiene, e nel caso ce la presta. Se il rito è
chopiniano, come ha da essere. (H.F.)
SI RACCOMANDA DI SPEGNERE I TELEFONI CELLULARI
É VIETATO REGISTRARE SENZA L’AUTORIZZAZIONE DELL’ARTISTA E DELL’ORGANIZZAZIONE
FREDERIC CHOPIN – Preludio in re bemolle maggiore op. 28 n. 15
La “Goccia” (Preludio n. 15) ha di certo un primato: ha fatto scorrere fiumi d’inchiostro. Quasi il
più lungo (il 17 ha una misura in più). Biografico, grazie alla Sand (Histoire de ma vie). Dovendo
raggiungere Palma, la Sand parte di buon mattino con i figli, lasciando Chopin di buon umore a
Valldemosa. Ma il tempo si guasta ed è diluvio. La Sand e figli non possono tornare che in piena
notte e trovano Chopin al pianoforte, annichilito. Come li vede grida: «Lo sapevo che siete tutti
morti!». Riavutosi Chopin racconta un sogno: d’essere annegato in mezzo a un lago e sentire sul
petto gocce d’acqua, fredde, gelate, che cadevano ritmicamente. In realtà, le gocce si sentono
cadere sul tetto della cella. É il 4.01.1839. La sentiamo la voce della Sand: «C. non riusciva a
padroneggiare gli effetti della sua fantasia. Il chiostro era fatto di fantasmi, anche se stava bene».
Nel Preludio il rapporto è tra due sezioni: re bemolle maggiore e do diesis minore (enarmonico di
re bemolle). Come altrove (p.e. Scherzo op. 39, Improvviso op. 66). Nella prima una cellula
melodica tipica di C. (sonate op. 35 e58, i Concerti). C. amava suonare il Preludio anche in
pubblico e lo fece sei volte.
CÉSAR FRANCK - Preludio Corale e Fuga in si minore
È curioso ma non incomprensibile il fatto che dalla prima composizione per pianoforte, le
Variations brillantes sur l'air du "Pré aux Clercs" del 1834, passino cinquantanni perché possiamo
trovare la vera prima opera pianistica importante, Preludio, corale e fuga del 1884, seguita due anni
dopo da un altro trittico, Preludio, aria e finale. Ma è un vuoto, strano per un compositore
dell'Ottocento, che si spiega con l'importante produzione organistica che non solo lascerà in
qualche modo il segno sul suo pianismo ma che, portando avanti in qualche modo lo spirito
dell'opera in programma, giungerà ad ideale coronamento nel 1890 con un capolavoro assoluto
come i Tre corali. Sin dalla prima esecuzione di questo lavoro, il 25 gennaio 1885 per la Société
Nationale de Musique nella interpretazione di Marie Poitevin, i giudizi furono entusiasti, anche
se l'analisi fatta da d'Indy, sintetica sul piano musicale, non si sbilanciava troppo e la posizione di
Saint-Saëns appariva ancora meno puntuale. All'opposto quest'opera, punta di diamante fra i più
belli dell'intera produzione di Franck, non mancherà di esegeti che si lasceranno trascinare a
interpretazioni quasi mistiche, suscitando più tardi il disappunto di Cortot, o di altri più portati a
interpretare poeticamente la pagina musicale come fa Rivière quando scrive: «É sempre come
una mano che si apre lentamente, come l'insensibile introduzione a più luci, come una chiarità
che filtri attraverso un maggiore spazio». Per una lettura più attenta credo invece sia oggi il caso
di tener presente alcune cose essenziali: per primo il richiamo a Bach, con l'aggiunta di un corale
nella zona centrale, di una concezione architettonica che per complessità ed equilibrio trova
pochi altri casi nella musica dell'Ottocento; poi l'elemento ciclico, ricorrente anche altrove in
Franck, con il tema conduttore dal quale nascerà il tema della fuga, fra innumerevoli sfaccettature
interne di interdipendenza; ancora uno spiccato senso cromatico che se in un primo momento ci
fa ritornare a Wagner, dall'altro è più giusto attribuire direttamente al suo maestro Reicha; infine
uno spirito romantico che si nutre pianisticamente di Liszt ma anche della poesia schumanniana.
Il Preludio è costruito, nello spirito classico, su due elementi fondamentali: un movimento veloce
di trentaduesimi quasi di carattere improvvisatorio, e una zona "a capriccio" di contrasto, nella
quale appare la cellula prima del tema della fuga. Il libero alternarsi di questi due elementi porta
al Corale, in tempo poco più lento, costruito su due elementi con autonomia tematica ma con un
ulteriore arricchimento dello spunto tematico della fuga. È una pagina ampia, solenne, di intensa
poesia, che lascia il posto all'intera esposizione del tema nel Poco Allegro e di lì a poco nella Fuga
vera e propria. Ciò avviene come una specie di rivelazione. La Fuga si sviluppa quindi con
estremo rigore costruttivo ma ad un certo punto, dopo un concitato crescendo di intensità e di
volumi, si blocca sull'accordo arpeggiato della dominante di si minore. A questo punto, nello
spirito di una cadenza, si riprende il movimento continuo del Preludio e di lì a poco anche il
Corale. Con una logica formale e costruttiva ineccepibile assistiamo alla sovrapposizione delle tre
parti della composizione in un mirabile equilibrio fra spirito classico e ripensamento romantico,
senza alcuna contraddizione.
FREDERIC CHOPIN - Notturno in si maggiore op. 62 n. 1
Composti nel 1846, i due Notturni op.62 sono gli ultimi a essere stati pubblicati per
interessamento dello stesso Chopin. Furono dedicati alla von Konneritz, sua allieva. In essi
traspare un’atmosfera molto intima e lirica. L’armonia e l’uso del contrappunto sono portati a
livelli superiori. Il primo, del classico tipo ABA’, ha la prima sezione costituita da due temi
facenti largo uso del contrappunto. Essa è divisa in tre parti: un tema principale inframmezzato
da un secondo e una riproposizione del primo con qualche variante. Singolare che il tema
principale sia arricchito con una serie di trilli durante la seconda esposizione. La parte centrale si
può considerare un’unica melodia di stile cantabile: essa viene proposta una prima volta e poi
ripetuta. Successivamente, partendo da un ornamento, la melodia scende per circa due ottave
secondo una scala che si risolve in un arpeggio. Infine, sempre con l’ausilio di abbellimenti, si
arriva alla Coda.
FREDERIC CHOPIN - Barcarola in fa diesis maggiore op. 60
La stupita ammirazione che provavano Ravel e Debussy di fronte alla Barcarola op. 60 potrebbe
da sola spiegare molte delle novità formali di tale pagina. Vedasi la coesione fra la nuovissima
ispirazione armonica e la linea melodica, tinta di italianismo. Il termine “Barcarola” indica i canti
dei gondolieri veneziani: in seguito il termine fu attribuito a composizioni musicali con ritmi in
6/8 o in 12/8: Chopin indica un tempo in 12/8, ma la forma è tripartita così come nei Notturni.
Pensiamo alle tre brevi Barcarole nei «Lieder ohne Worte» di Mendelssohn. Ma la distanza è anni
luce. L’idea che si ha all’ascolto è quella di un incedere in forma improvvisatoria, ma dove ogni
elemento trovi la sua perfetta collocazione, come per miracolo: si ascolti la sezione centrale, il fa
maggiore, dove agili terzine conducono verso un Poco più mosso appassionato, per poi ritrovare la
frase iniziale nella tonalità di fa diesis maggiore, ma modificata leggermente sia nel ritmo, sia nella
melodia, come se il passato fosse già lontano e la riproposizione tout court del “già detto” fosse
esteticamente impossibile. Il già udito, la memoria sono elementi importantissimi nella poesia di
Chopin, elementi che affascineranno anche Proust quando, in alcune centrali pagine della sua
Recherche, sarà il primo a comparare l’opera del Polacco con quella dell’astro nascente: Claude
Debussy.
FRANZ LISZT Sonata in si minore
Fu scritta a Weimar tra il 1852 e il 1853 e pubblicata nel 1854 da Breitkopf & Hartel a Lipsia, con
dedica a Schumann (il quale aveva a sua volta dedicato a Liszt la Fantasia op. 17). L’annoso
problema dell’esaurirsi della vitalità delle forme ampie, quali la Sonata e la Sinfonia, fu molto
pressante nella mente di Liszt, soprattutto dopo che questi lasciò la carriera di virtuoso del
pianoforte per ritirarsi alla corte di Weimar, dove si dedicò alla composizione e si adoperò per far
conoscere le nuove correnti d’avanguardia della musica. La soluzione che si offrì alla sua mente
fu la medesima sia per le composizioni orchestrali che per il pianoforte: la forma ciclica, che
consentiva di porsi sulla scia della forma-sonata adottandone e al tempo stesso modificandone i
principi costitutivi. Un solo movimento di ampie proporzioni riassumeva in sé la tradizionale
tripartizione della forma-sonata (esposizione, sviluppo e ripresa), assieme alla suddivisione in più
movimenti, trovando una nuova unità e omogeneità attraverso il principio dell’elaborazione
tematica (questo un debito nei confronti di Beethoven). Creatore del Poema sinfonico, cioè di
qualcosa che si pone decisamente contro la costruzione "illuministica" della forma-sonata (e
contro la stessa Sinfonia, che della forma-sonata è talvolta dilatazione), Liszt si cimenta con la
composizione di una Sonata tenendo conto solo in minima parte dei presupposti formali che
questo tipo di creazione artistica comporta. Egli infatti affronta la composizione pianistica
seguendo del tutto modalità timbriche peculiari della scrittura sinfonica (e ciò non è vero solo
per la Sonata): il pianoforte non è più semplicemente uno strumento, ma in mano al virtuoso
diviene la condensazione di un'orchestra. Liszt condivideva con Schumann la consapevolezza
che scrivere una Sonata a metà del XIX secolo aveva un sapore inattuale e di confronto con la
storia della musica. Questa propensione ad attribuire uno sviluppo polivalente a un unico nucleo
tematico poteva ravvisarsi già nella Fantasia quasi Sonata. Un altro precedente in questo senso
può essere indicato nella Fantasia in do maggiore di Franz Schubert, che Liszt trascrisse per
pianoforte e orchestra nel 1851. D'altronde quando Liszt affronta la composizione della Sonata
ha già al proprio attivo i primi “Studi di esecuzione trascendentale”, le prime raccolte di “Années
de Pélerinage” e ancora “Mazeppa” e alcune “Parafrasi” da opere: tutte musiche che hanno al
loro interno un programma e non si può non riconoscere che anche la Sonata in si minore sia
influenzata da tale prassi. Dunque quest'opera è un vero e proprio "pezzo unico", più affine al
poema sinfonico che alla musica pianistica di Beethoven, il quale rifugge sdegnosamente
(essendo il romanticismo ai suoi primi vagiti) gli eroici furori lisztiani. Questo è, forse, il milieu
creativo nel quale va inquadrato l'ascolto della Sonata in si minore. Soppiantata la forma
consueta di Sonata, Liszt inserisce una struttura ciclica - ritroviamo un processo affine in
Wagner, al quale la Sonata piacque molto e in Franck - che vede ritornare spunti e temi per tutta
l'opera, che combina al suo interno gli elementi musicali del recitativo, della fantasia e della
variazione. Nelle prime diciassette battute della Sonata è già esposto il materiale melodico su cui
si fonda l’intera composizione lisztiana. Questa creazione risulta innovativa anche per
l'intelaiatura dei quattro temi principali, che si frantumano in una successione agogica che
annovera quattordici stacchi di tempo diversi. Infine, le innumerevoli indicazioni dinamiche
indugiano sui cromatismi ed evitano le cadenze. La composizione termina con un nuovo Lento
assai, che riprende l'apertura con scala ungherese discendente, ma in pianissimo: quasi un
arrendersi del pensiero musicale di fronte al silenzio. Un finale problematico, moderno,
inquietante: del resto tutta la Sonata ha un tono drammatico, a tratti macabro, con rari momenti
lirici. La musica si estingue in maniera cupa, spettrale, con lo stesso spunto tematico con cui era
iniziata. In un primo momento Liszt aveva ideato un altro finale, in fortissimo, sfavillante e
cristallino, di tono trionfalistico; poi optò per la soluzione in pianissimo che si ricollega all’inizio
del brano. Assimilabile per la concezione ai Poemi sinfonici scritti da Liszt negli stessi anni, in
questa Sonata è stato spesso cercato un programma letterario e molti vi hanno riconosciuto un
riferimento ai personaggi faustiani di Goethe. La Sonata sarebbe ispirata da un tema caro al
compositore: quello del dualismo, dello sdoppiamento della personalità in Faust-Mefisto che
ritorna in altre sue composizioni (la Faust Symphonie del 1857 e i Mephisto Valzer).
INFORMIAMO CHE ALLA BIGLIETTERIA SERALE DEL CONSERVATORIO SONO
DISPONIBILI, PER IL PUBBLICO DI “SERATE MUSICALI”, I BUONI SOSTA PER IL
PARCHEGGIO DI VIA MASCAGNI.
ASSOCIAZIONE «AMICI DELLE SERATE MUSICALI»
Presidente Onorario
ICALI»
Alvise Braga Illa
Fondazione Rocca
Ulla Gass
Thierry le Tourneur d’Ison
Società del Giardino
Camilla Guarneri
Miriam Lanzani
Lucia Lodigiani
Mario Lodigiani
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Maria Candida Morosini
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GianBattista Origoni Della
Croce
Pagel Italiana srl
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Adriana Ragazzi Ferrari
Giovanna e Antonio Riva
Elisabetta Riva
Giovanni Rossi
Alessandro Silva
Maria Luisa Sotgiu
Marco Valtolina
Beatrice Wehrlin
Giovanni Astrua Testori
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Luigi Bordoni - Centromarca
Luigi Crosti
Roberto Fedi
Anna Ferrelli
Ugo Friedmann
Jacopo Gardella
Giorgio Babanicas
Denise Banaudi
Umberto e Giovanna Bertelè
Elisabetta Biancardi
Mimma Bianchi
Claudio Bombonato
Valeria Bonfante
Isabella Bossi Fedrigotti
Hans Fazzari
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Soci Fondatori
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Giuseppe Ferreri
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Enrico Lodigiani
Luisa Longhi
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Amici Benemeriti
Amici
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Belgiojoso
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Roberto De Silva
Roberto Formigoni
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Società del Giardino
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Roberto Mazzotta
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Milano
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Adelia Torti
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Vivere l’Arte
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Giuseppe Volonterio
Bianca Hoepli
*****
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Leonardo Mondadori
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Peter Ustinov
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Franco Mannino
Carlo Zecchi
Shura Cherkassky