unità F3 UNITÀ C2 - MOTI A UNA DIMENSIONE Onde luminose L a visione del mondo reale avviene tramite la propagazione della luce che si comporta come un’onda prerequisiti campo vettoriale propagazione delle onde onde armoniche spettro di un’onda periodica interferenza, diffrazione, riflessione 3.1 Propagazione delle onde luminose Onde elettromagnetiche percepite dall’apparato visivo umano. 3.2 Polarizzazione Analisi delle perturbazioni trasversali dell’onda luminosa. 3.3 Interferenza luminosa Analisi del fenomeno con una coppia di onde luminose coerenti. 3.4 Diffrazione luminosa Analisi del comportamento dell’onda luminosa quando incontra un ostacolo. 3.5 Reticolo e analisi spettrale Scomposizione delle onde luminose nelle loro componenti monocromatiche. 635 636 MODULO F - ONDE 3.1 Propagazione delle onde luminose Come il suono, anche la luce è un’onda a cui si applicano i concetti della teoria delle onde (unità F1). Per questo motivo impiegheremo per la luce il nome più appropriato di onda luminosa. L’onda luminosa è un’onda elettromagnetica1 percepita dall’occhio umano come un fascio di luce; ha frequenze comprese tra 4 · 1014 Hz e 8 · 1014 Hz (campo del visibile). Le onde luminose si propagano con fronte d’onda sferico in qualsiasi tipo di materiale e nel vuoto: quindi non occorre necessariamente un mezzo di propagazione elastico, indispensabile invece per le onde meccaniche. Come per tutte le onde, la velocità di propagazione e la lunghezza d’onda dipendono dal mezzo di propagazione. La massima velocità di propagazione di un’onda elettromagnetica e, quindi, luminosa è raggiunta nel vuoto con il valore costante di c = 3,0 · 108 m s–1. Conoscendo le frequenze del campo del visibile e la velocità di propagazione nel vuoto, dalla (1.4) dell’unità F1 deduciamo che le lunghezze d’onda per un’onda luminosa nel vuoto sono comprese tra un minimo di 350 nm e un massimo di 750 nm. Figura 3.1 Il fascio di luce prodotto dalla lampada di un faro si propaga nell’aria attraverso onde elettromagnetiche classificate come onde luminose. Tabella 3.1 Caratteristiche delle onde luminose nel vuoto. Esempi di sorgenti luminose sono noti e comuni: il Sole, una lampadina, un raggio laser, la fiamma di una candela, la lampada di un faro (fig. 3.1). I ricettori di onde luminose sono gli occhi, oppure particolari sensori elettronici che si attivano se investiti da luce (per esempio le cellule fotoelettriche). La tabella 3.1 riassume le caratteristiche delle onde luminose. velocità di propagazione nel vuoto 3,0 · 108 m s–1 frequenze da 4 · 1014 Hz a 8 · 1014 Hz lunghezze d’onda da 3,5 · 10–7 m a 7,5 · 10–7 m Perturbazione elettromagnetica luminosa Riprendendo la definizione, l’onda luminosa, o luce, è un’onda elettromagnetica. A differenza dell’onda meccanica, quella elettromagnetica non comporta spostamento localizzato delle molecole del mezzo di propagazione, bensì la simultanea oscillazione di due vettori appartenenti ad altrettanti campi vettoriali (par. 3.5, unità A3): il campo elettrico con il vettore E e il campo 1 Le onde elettromagnetiche saranno trattate nel modulo I5; per le onde luminose è sufficiente quanto scritto in questo paragrafo. UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE magnetico con il vettore B2. In figura 3.2 una “fotografia” scattata in un generico istante di un’onda elettromagnetica. Direzione e verso di propagazione coincidono con l’asse x. In ogni punto dell’asse sono applicati i vettori E e B. Nell’onda elettromagnetica, le direzioni di E, B e di propagazione sono tra loro ortogonali in ogni punto dello spazio e in ogni istante di tempo; i moduli di E e B hanno andamento di tipo armonico alla medesima frequenza. y E x z B L’oscillazione armonica simultanea dei moduli di E e B caratterizza la propagazione di un’onda elettromagnetica; naturalmente il modello matematico della propagazione è composto da due funzioni d’onda armoniche ((1.6), unità F1). Per l’onda rappresentata nella figura 3.2, si rileva che: il modulo del vettore E oscilla nel piano cartesiano xy ed è la componente scalare rispetto l’asse y descritta dalla funzione d’onda armonica Ey E0 sen k x t (3.1a) il modulo del vettore B oscilla nel piano cartesiano xz ed è la componente scalare rispetto l’asse z descritta dalla funzione d’onda armonica Bz B0 sen k x t (3.1b) Le ampiezze E0 e B0 sono i massimi valori raggiunti dai moduli dei vettori campo elettrico e magnetico; il segno negativo (positivo) si pone per la propagazione verso le x crescenti (decrescenti). La direzione ortogonale di E e B rispetto a quella di propagazione classifica le onde elettromagnetiche come onde trasversali. Il piano in cui oscilla il modulo del vettore E è chiamato piano di polarizzazione dell’onda elettromagnetica. Per semplificare l’analisi delle onde elettromagnetiche e, dunque, delle onde luminose, si analizza solo il vettore campo elettrico E e il relativo piano di polarizzazione: il comportamento del vettore campo magnetico B si determina immediatamente, essendo sempre ortogonale a E. Intensità dell’onda luminosa Nell’unità I5, dimostreremo che, per un’onda elettromagnetica, la relazione (1.10) dell’unità F1 assume la forma I 2 1 0 c E02 Il campo elettrico sarà trattato nell’unità I1 e quello magnetico nell’unità I3; per le onde luminose è sufficiente sapere che sono campi vettoriali. Figura 3.2 Funzione spaziale di un’onda elettromagnetica o, indifferentemente, di un’onda luminosa; per semplificare la figura, i piani in cui oscillano i moduli dei vettori E e B coincidono con quelli definiti dagli assi cartesiani (condizione che non sempre si verifica). Il piano evidenziato x y è quello di polarizzazione. 637 638 MODULO F - ONDE dove E0 è l’ampiezza della funzione d’onda armonica (3.1a) del campo elettrico, o anche il modulo massimo assunto dal vettore E, c è la velocità della luce nel vuoto e 0 è la costante magnetica (unità I3). Per gli argomenti di questa unità è sufficiente sapere che l’intensità di un’onda luminosa è proporzionale (simbolo ) al quadrato del massimo valore che il modulo del vettore campo elettrico assume durante la propagazione, cioè I E02 (3.2) Polarizzazione dell’onda luminosa La “foto” dell’onda luminosa di figura 3.2 fissa il piano di polarizzazione mentre è coincidente con quello cartesiano xy. Durante la propagazione, il piano di polarizzazione contenente E può però essere fisso o ruotare intorno alla direzione di propagazione. L’orientamento del piano di polarizzazione durante la propagazione definisce la polarizzazione dell’onda luminosa. Rispetto alla polarizzazione, le onde luminose si classificano secondo i due modi rappresentati in figura 3.3, dove immaginiamo una cinepresa posta lungo la direzione di propagazione dell’onda che filma l’orientamento del piano di polarizzazione. Vediamo i due modi di polarizzazione. Luce non polarizzata: il piano di polarizzazione è “filmato” mentre ruota in modo casuale nel tempo; il vettore E oscilla lungo una qualsiasi retta ortogonale alla direzione di propagazione (fig. 3.3a). Esempi di luce non polarizzata sono la luce del Sole e quella delle lampade alogene. Luce polarizzata: il piano di polarizzazione rimane fisso durante il “filmato”; il vettore E oscilla lungo una retta fissa, ortogonale alla direzione di propagazione (fig. 3.3b). Un esempio di luce polarizzata è quella del laser. Nel paragrafo 3.2 vedremo come si trasforma luce non polarizzata in luce polarizzata. Figura 3.3 Rappresentazione del piano di polarizzazione per un’onda che si propaga lungo l’asse x, uscente dal foglio e perpendicolare a esso. La direzione delle doppie frecce indica l’orientamento assunto dal profilo del piano di polarizzazione al variare del tempo; la lunghezza indica l’oscillazione massima del modulo di E. (a) Luce non polarizzata (orientazione casuale del piano nel tempo) (b) luce polarizzata (orientazione costante del piano nel tempo). y y x z a z b x UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE Spettro della luce La luce può contenere una o più onde luminose, ciascuna caratterizzata dalla propria lunghezza d’onda. L’insieme di queste lunghezze d’onda, definisce lo spettro della luce. Rispetto allo spettro, le onde luminose si classificano nel seguente modo. Luce monocromatica: composta da una sola onda luminosa con relativa lunghezza d’onda. Luce policromatica: composta da due o più onde luminose, chiamate luci o componenti monocromatiche, ciascuna con una propria lunghezza d’onda. La desinenza “cromatica” usata nelle due definizioni deriva dal fatto che la lunghezza d’onda dell’onda luminosa determina il suo colore (cromatismo della luce). In Tabella 3.2 è riportata la corrispondenza tra le possibili lunghezze d’onda delle onde luminose e i relativi colori. Per esempio, una luce monocromatica con una lunghezza d’onda compresa tra 620 nm e 700 nm appare con un colore di tonalità tendente al rosso. lunghezza d’onda (nm) colore 620 - 700 rosso 580 - 620 arancione 560 - 580 giallo 490 - 560 verde 460 - 490 azzurro 430 - 460 indaco 400 - 430 violetto Tabella 3.2 Corrispondenza tra lunghezze d’onda e colore delle onde luminose. Un esempio di luce monocromatica è quella emessa da un laser (fig. 3.4a). Esempi di luce policromatica sono la luce bianca emessa dal Sole o dalle lampade alogene (fig. 3.4b). Le luci monocromatiche componenti la luce bianca hanno tutte le lunghezze d’onda e tutti i relativi colori elencati in tabella 3.2: da qui l’origine del colore bianco, generato appunto dalla miscela di colori compresi tra il rosso e il violetto. Figura 3.4 Esempi di sorgenti di luce (a) monocromatica (laser) e (b) policromatica (lampadina alogena). a b 639 640 MODULO F - ONDE Analisi spettrale della luce La determinazione delle lunghezze d’onda delle componenti monocromatiche di una luce policromatica è chiamata analisi spettrale della luce e avviene tramite strumenti ottici. La capacità di uno strumento ottico di visualizzare le componenti monocromatiche componenti una luce policromatica è chiamata dispersione. Esempi di strumenti ottici con capacità dispersive, detti anche elementi dispersivi, sono il reticolo (par. 3.5) e il prisma (par. 4.4, unità F4). Ricordiamo che il colore contraddistingue visivamente le differenti lunghezze d’onda di una luce policromatica. Quindi l’analisi spettrale consiste nella misura delle lunghezze d’onda delle luci colorate componenti lo spettro. A riguardo si ha la seguente classificazione. Spettro discreto o a righe, dove ciascuna lunghezza d’onda è individuata da una singola riga colorata (fig. 3.5a). Spettro continuo, dove le lunghezze d’onda assumono valori talmente vicini che i colori associati cambiano tonalità con continuità, senza interruzioni (fig. 3.5b). Figura 3.5 Fotografie di spettri dove a ogni tonalità di colore dell’onda luminosa è abbinata la relativa lunghezza d’onda: (a) spettro discreto o a righe; (b) spettro continuo della luce policromatica bianca emessa da una lampadina incandescente. 700 650 600 550 500 450 400 l (nm) 700 650 600 550 500 450 400 l (nm) a b Ottica ondulatoria e Ottica geometrica In questa e nella prossima unità trattiamo l’Ottica, parte della Fisica inerente alle proprietà e alla propagazione della luce, sia attraverso il vuoto sia nei materiali (par. 1.1, unità A1). A sua volta, l’Ottica si articola in due parti, sulla base dei due modelli adottati per descrivere il fenomeno “luce”. UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE Ottica ondulatoria3 (unità F3) Adotta il modello ondulatorio, in cui la luce è descritta secondo i parametri della teoria delle onde, quali fronte d’onda, frequenza, lunghezza d’onda, piano di vibrazione. L’Ottica ondulatoria tratta i fenomeni che evidenziano la natura ondulatoria della luce (da qui il termine “ondulatorio”), come polarizzazione (par. 3.2), interferenza (par. 3.3), diffrazione (par. 3.4), analisi spettrale (par. 3.5). Ottica geometrica (unità F4) Interviene quando la lunghezza d’onda delle onde luminose è trascurabile rispetto alle dimensioni dei corpi illuminati. Adotta il modello a raggio, in cui la luce è descritta solo dai raggi perpendicolari dei fronti d’onda. L’Ottica geometrica tratta il fenomeno della riflessione su specchi e della rifrazione attraverso lenti. La descrizione dei raggi luminosi in termini di linee rette comporta l’analisi dei fenomeni utilizzando gli strumenti della geometria (da qui il termine “geometrica”). Analizziamo il comportamento delle famose lenti polaroid rispetto alla luce. 3.2 Polarizzazione La luce non polarizzata si distingue da quella polarizzata, a seconda dell’orientamento fisso o rotatorio variabile del vettore campo elettrico E. La figura 3.6 rappresenta una prospettiva tridimensionale della funzione spaziale di un’onda luminosa non polarizzata. La tridimensionalità è dovuta alla rotazione del campo elettrico durante la propagazione, come evidenziato dal vettore E che assume infinite direzioni casuali. sezione dellonda luminosa secondo un piano trasversale In questo paragrafo descriviamo uno tra i vari metodi per trasformare la luce non polarizzata in polarizzata. 3 La teoria delle onde luminose trattata in questa unità è a volte denominata Ottica fisica per distinguersi dall’Ottica geometrica. Figura 3.6 Luce non polarizzata con il vettore campo elettrico e, dunque, il piano di polarizzazione, in rotazione casuale. Confrontare con la figura 3.3a che mostra la prospettiva frontale. 641 642 MODULO F - ONDE Luce polarizzata tramite polarizzatore a lamina Figura 3.7 Polarizzatore a lamina: (a) modello per macchina fotografica; (b) modello per laboratorio con ghiera graduata; (c) struttura con evidenziato l’intrinseco asse di trasmissione. Certi materiali, come quello delle lenti polaroid, influenzano la polarizzazione della luce che li attraversa. Il polarizzatore a lamina è uno strumento ottico, particolarmente impiegato in fotografia, che sfrutta questa proprietà. In figura 3.7a e b esempi di polarizzatori, e in figura 3.7c lo schema della loro struttura con evidenziato (in rosso) l’asse di trasmissione. La direzione di questo asse è stabilita durante la fase di costruzione del polarizzatore e, come vedremo, individua il piano di polarizzazione imposto dal polarizzatore sulla luce che lo attraversa. a b c Comportamento del polarizzatore a lamina Descriviamo il comportamento del polarizzatore con tre esempi significativi. In figura 3.8a, la luce incidente ha un piano di polarizzazione parallelo a quello formato dall’asse di trasmissione con la direzione di propagazione: l’effetto è la trasmissione completa della luce. In figura 3.8b, il piano di polarizzazione è perpendicolare all’asse di trasmissione: l’effetto è l’arresto della propagazione della luce. Rispetto a questi due esempi, possiamo affermare che il polarizzatore lascia passare la luce quando E è parallelo all’asse di trasmissione, e blocca la luce quando E è perpendicolare. Figura 3.8 Polarizzatore a lamina investito da luce polarizzata; rispetto l’asse di trasmissione: (a) vettore E parallelo; (b) vettore E perpendicolare (vedere linea tratteggiata nera sulla lamina). E a E E b A questo punto è prevedibile il comportamento descritto in figura 3.9a, dove la luce ha un piano di polarizzazione orientato di un generico angolo rispetto all’asse di trasmissione. Il vettore E è scomposto secondo le due seguenti componenti vettoriali (fig. 3.9b): la componente vettoriale di E parallela all’asse di trasmissione, E//, che individua il piano di polarizzazione della luce trasmessa dal polarizzatore; la componente vettoriale di E perpendicolare all’asse di trasmissione, che è bloccata e non “partecipa” alla propagazione luminosa. UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE Naturalmente il modulo della componente trasmessa E// dipenderà dall’angolo (vedere a seguire legge di Malus). I tre esempi descritti si riferiscono a luci polarizzate. Nel caso più generale di luce non polarizzata, il comportamento è analogo: di ogni direzione casuale del vettore campo elettrico, il polarizzatore a lamina trasmette solo la luce con le componenti vettoriali di E lungo l’asse di trasmissione, bloccando quelle perpendicolari, come già mostrato in figura 3.9b. Riassumendo: la luce trasmessa da un polarizzatore a lamina è polarizzata secondo un piano parallelo a quello formato dall’asse di trasmissione e la direzione di propagazione. q E E a Misura della luce polarizzata E// q E L’occhio umano non distingue la luce polarizzata da quella non polarizzata e, tanto meno, individua l’orientazione del piano di polarizzazione di un eventuale luce polarizzata. Si deve ricorrere all’analisi strumentale per studiare la polarizzazione della luce. b Orientamento del piano di polarizzazione Lo strumento ottico di figura 3.10 rileva il piano di polarizzazione di una luce polarizzata individuando l’asse di trasmissione della lamina che la polarizza. È composto dai seguenti due polarizzatori paralleli e collimati: polarizzatore fisso P di cui si vuole individuare l’asse di trasmissione TP (se in figura quest’ultimo è tracciato con la linea a tratto nera per facilitare la spiegazione); polarizzatore ruotante A, chiamato analizzatore, con direzione dell’asse di trasmissione TA nota, solidale a una ghiera graduata che misura l’angolo della sua rotazione rispetto all’asse y (fig. 3.7b). TP (?) a polarizzatore P TP (?) y q TA analizzatore A y q TA b Figura 3.9 (a) Polarizzatore a lamina investito da luce polarizzata con piano di polarizzazione inclinato rispetto all’asse di trasmissione. (b) Vista frontale della lamina. La componente vettoriale di E parallela all’asse di trasmissione, E// è quella trasmessa dal polarizzatore (la componente è relativa alla massima oscillazione del modulo di E). polarizzatore P analizzatore A Figura 3.10 Polarizzatore e analizzatore per la misura dell’orientamento dell’asse di trasmissione del polarizzatore P (anche se indicato, l’asse di trasmissione non è noto, come evidenziato dal punto di domanda). (a) TP e TA sono paralleli e l’osservatore percepisce intensità di luce massima. (b) TP e TA sono perpendicolari e l’osservatore percepisce intensità di luce nulla: a occorre sommare (o sottrarre) 90° per ricavare l’inclinazione del piano di polarizzazione. 643 644 MODULO F - ONDE Descriviamo il funzionamento. Una luce non polarizzata incide su P, che la polarizza secondo un piano con angolo incognito rispetto all’asse verticale y di A. Ruotando A, l’osservatore percepisce intensità massima (nulla) della luce trasmessa quando gli assi di trasmissione TP e TA sono tra loro paralleli (perpendicolari). L’orientamento del piano di polarizzazione è quindi rilevato dall’angolo misurato dalla ghiera graduata di A, quando l’osservatore percepisce luce con intensità massima o nulla. Attenzione: se l’osservatore percepisce una intensità nulla, il piano di polarizzazione della luce trasmessa da P è ortogonale rispetto all’angolo registrato da A. In figura 3.11 è riprodotto il funzionamento dello strumento ottico descritto, usando due comuni lenti polaroid sovrapposte. Nella figura 3.11a, le due lenti sono disposte in modo da rendere gli assi di trasmissione tra loro paralleli. In figura 3.11b, la lente A, che simula l’analizzatore, ha asse di trasmissione ruotato di 90° rispetto all’asse di P (che simula il polarizzatore): in questo caso l’intensità della luce passante si riduce a zero. Attenzione: quando la luce attraversa l’analizzatore, l’orientamento del piano di polarizzazione si sposta lungo il suo asse di trasmissione, a meno che non sia già parallelo a quello del polarizzatore. Figura 3.11 Coppia di lenti polaroid con assi di trasmissione TP e TA tra loro (a) paralleli e (b) perpendicolari. P P TP TP A TA a TA A b Legge di Malus Figura 3.12 Posizione reciproca degli assi di trasmissione TA e TP rispetto all’osservatore nell’istante il cui il vettore E, adagiato su TP, assume modulo massimo con conseguente proiezione vettoriale su TA. y Nel ruotare l’analizzatore di figura 3.10 dalla posizione angolare con intensità nulla a quella con intensità massima, o viceversa, l’osservatore percepisce una graduale variazione della luminosità. Infatti, ricordando il caso di orientazione generica di figura 3.9, la luce trasmessa da A trasporta in ogni istante di tempo t la componente vettoriale E// della luce proveniente da P lungo l’asse di trasmissione TA; E// dalla figura ha modulo E// E (t ) cos TA TP E//0 q E0 (1) dove E(t) è il modulo di E nell’istante t. Il modulo massimo di E//, cioè E//0, si raggiunge quando il modulo di E diventa massimo, cioè quando E(t) = E0, come mostra la figura 3.12; quindi dalla (1) E// 0 E0 cos (2) A questo punto passiamo a valutare le intensità luminose. L’intensità luminosa I percepita dall’osservatore sarà proporzionale al quadrato del modulo massimo di E//, cioè E//0. Quindi dalla (3.2) abbiamo che I E// 0 2 UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE e sostituendo con la (2) I E02 cos 2 (3) Sempre applicando la (3.2), il termine E02 è proporzionale all’intensità dell’onda luminosa incidente sull’analizzatore, che indichiamo con I0. Quindi, passando alla relazione tra le intensità, la (3) diventa I = I 0 cos 2 (4) La seguente legge di Malus (fig. 3.13) formalizza la (4), consentendo di misurare l’intensità della luce trasmessa dall’analizzatore per qualunque angolo tra gli assi di trasmissione TP e TA: l’intensità I della luce trasmessa da un analizzatore è funzione dall’angolo che forma il suo asse di trasmissione con quello del polarizzatore, secondo la relazione I = I 0 cos 2 (3.3) dove I0 è l’intensità della luce proveniente dal polarizzatore e incidente sull’analizzatore. Tramite il calcolo integrale, che non svolgiamo, dalla (3.3) si dimostra che, nel caso l’analizzatore sia investito da luce di intensità I0, ma non polarizzata (quindi polarizzatore assente), l’intensità I della luce trasmessa è I = I0 2 Figura 3.13 Louis Malus (Parigi, 1775; Parigi, 1812). (3.4) Problema svolto 3.1 In figura, un fascio di luce non polarizzata di intensità I0 incide su tre lamine polarizzanti: la prima e la terza hanno assi di trasmissione ortogonali, la seconda ha asse di trasmissione che forma un angolo di 45° con quello della prima. Determinare: 1) l’intensità e l’orientamento del piano di polarizzazione del fascio che uscente dal sistema delle tre lamine. 2) l’intensità del fascio uscente se la seconda lamina viene tolta. Figura 3.14 45° 90° 1) La luce incidente non polarizzata di intensità I0 è modificata dal primo polarizzatore in un fascio con piano di polarizzazione verticale di intensità I1 I0 2 645 646 MODULO F - ONDE Il secondo polarizzatore riduce ulteriormente l’intensità I1 trasmettendo una luce con intensità I2 calcolata dalla legge di Malus (3.3) 2 I 2 I0 I 2 I1 cos 45 0 2 2 4 2 dove il piano di polarizzazione forma un angolo di 45° con il piano verticale. Infine applichiamo di nuovo la (3.3) per determinare l’intensità I3 della luce trasmessa del terzo e ultimo polarizzatore 2 I 2 I0 I 3 I 2 cos 45 0 4 2 8 2 dove il piano di polarizzazione finale del fascio è orizzontale. 2) Quando togliamo la lamina intermedia, poiché le due lamine rimanenti hanno assi di trasmissione ortogonali, l’intensità della luce trasmessa diventa nulla. La figura luminosa prodotta dall’interferenza tra due luci coerenti è la prova sperimentale della natura ondulatoria della luce. 3.3 Figura 3.15 Thomas Young (Milverton 1773, Londra 1829). Interferenza luminosa Affrontiamo il fenomeno ondulatorio di interferenza tra due onde luminose. Immaginiamo la figura 1.19 dell’unità F1 con due sorgenti luminose coerenti. I fronti d’onda sferici si propagano e interferiscono tra loro. L’intensità della luce risultante percepita da un osservatore in un punto della figura di interferenza è massima se è punto di interferenza costruttiva, ed è nulla se è di interferenza distruttiva. Esperienza di Young per l’interferenza L’apparato ideato da Thomas Young (fig. 3.15) è in grado di proiettare su uno schermo la figura di interferenza prodotta da due fasci di luce coerenti, originati da una unica sorgente di luce monocromatica, con fronti d’onda piani, che investe due fenditure4 parallele. Per trasformare le superfici sferiche dei fronti d’onda in superfici piane, si colloca la sorgente a distanza infinita dalle fenditure, in modo da attenuare la curvatura dei fronti. La condizione ideale di “distanza infinita” si ottiene utilizzando un laser, che produce un fascio luminoso monocromatico e con fronti d’onda piani (soluzione adottata anche per il fenomeno di diffrazione nel prossimo paragrafo). 4 La fenditura è un’apertura rettangolare molto lunga e stretta. UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE Realizzazione della condizione di coerenza Per ottenere una figura di interferenza stabile è necessaria la coerenza tra le due onde interferenti (par. 1.4, unità F1). L’esperienza di Young ottiene la coerenza utilizzando un diaframma a doppia fenditura come quello di figura 3.16a. Le fenditure 1 e 2 sono investite contemporaneamente dai singoli fronti d’onda piani del laser provenienti dalla sinistra. Per il principio di Huygens (par. 1.2, unità F1), essendo le fenditure colpite dal medesimo fronte d’onda, diventano a loro volta due sorgenti di luce coerente con fronti d’onda sferici. In figura 3.16b la vista frontale del diaframma con le due fenditure larghe a e distanti d. Per creare una figura di interferenza non disturbata da effetti di diffrazione (vedere par. 3.4), la larghezza a deve essere molto minore della lunghezza d’onda della luce incidente, cioè a (3.5) d sorgente secondaria 1 2 diaframma sorgente secondaria a a b a c Se la (3.5) è rispettata, il fenomeno ondulatorio si manifesta con la proiezione su uno schermo della caratteristica figura di interferenza, composta da una serie di frange luminose separate da zone di buio, di spessore e intensità uniforme (fig. 3.19). Realizzazione dell’esperienza Nella figura 3.17a è riportato lo schema dell’esperienza di Young: il diaframma di figura 3.16 è collocato a una distanza L dallo schermo che raccoglie la figura di interferenza. Le rette r1 e r2 indicano il percorso dei raggi luminosi dalle due fenditure a un generico punto P dello schermo. Imponendo L d (3.6) P d q r q q r2 d x 2 L a r2 q q 2 diaframma q 1 0 r r1 r1 1 schermo Figura 3.16 Diaframma a doppia fenditura per l’esperienza di Young: (a) vista schematica di profilo; (b) vista frontale (per maggior chiarezza la larghezza a è sovradimensionata). (c) Esemplare di diaframma per laboratorio con tre doppie fenditure di larghezza a = 0,10 mm, 0,15 mm, 0,20 mm e distanza d = 0,30 mm tra ogni coppia di fenditure. b d diaframma nq se Figura 3.17 Esperienza di Young. (a) Schema dell’esperienza. (b) Ingrandimento del diaframma: con la condizione L >> d i due raggi luminosi uscenti dalle fenditure si possono considerare paralleli. 647 648 MODULO F - ONDE le due rette si possono ritenere parallele alla retta intermedia r. Questo consente di approssimare le inclinazioni di r1 ed r2 con il medesimo angolo rispetto all’asse orizzontale di simmetria x, facilitando l’analisi della figura di interferenza (vedere seguente sottoparagrafo). La figura 3.17b mostra un ingrandimento della zona del diaframma che evidenzia la comune pendenza con angolo delle rette r1, r2 ed r. Posizione angolare delle frange di interferenza Le posizioni delle frange luminose e scure sullo schermo sono definite dall’angolo di inclinazione . Dal paragrafo 1.4 dell’unità F1, i punti di interferenza costruttiva e distruttiva dipendono dalla differenza di cammino delle due onde che interferiscono. La figura 3.17b mostra la differenza di cammino r1 r2 tra i due raggi luminosi nel raggiungere un generico punto sullo schermo: imponendo la condizione (3.6), per la regola dei triangoli rettangoli, si ha d sen (3.7) con variabile da 0 (raggi perpendicolari al piano del diaframma) a 90° (raggi paralleli al diaframma). I punti componenti le frange luminose sullo schermo sono ovviamente di interferenza costruttiva, cioè punti raggiunti dai raggi r1 ed r2 attraverso distanze con differenza di cammino m con m = 0, 1, 2, … Sostituendo nella (3.7) e isolando il seno, si deduce che le frange luminose della figura di interferenza sono create dai raggi di luce inclinati di un angolo che soddisfa la relazione sen m con m = 0, 1, 2, … d (3.8a) I punti componenti le frange scure sullo schermo sono ovviamente di interferenza distruttiva, cioè punti raggiunti dai raggi r1 ed r2 attraverso distanze con differenza di cammino 2m 1 con m = 0, 1, 2, … 2 Sostituendo nella (3.7) e isolando il seno, si deduce che le frange scure della figura di interferenza sono create dai raggi di luce inclinati di un angolo che soddisfa la relazione sen 2m 1 2d con m = 0, 1, 2, … (3.8b) Essendo la figura di interferenza simmetrica rispetto l’asse x, l’angolo dedotto dalle (3.8) individua anche la posizione angolare della frangia speculare rispetto l’asse. Con l’aumentare di m, la relativa coppia di frange si distanzia dalla frangia centrale identificata da = 0. La frangia centrale è luminosa perché la sua posizione angolare si ottiene solo con la condizione di interferenza costruttiva (3.7a) ponendo m = 0. UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE Intensità delle frange di interferenza In figura 3.18 si può osservare l’andamento dell’intensità luminosa I, distribuita sulla figura di interferenza, in funzione dell’angolo di inclinazione . I punti di massimo (minimo) dell’intensità luminosa I indicano la posizione angolare delle frange luminose (scure). 7 6 5 4 3 2 1 I 1 2 0 3 4 5 6 Figura 3.18 Figura di interferenza: andamento dell’intensità I in funzione della posizione angolare con gli ordini di frangia; la massima intensità raggiunta dalle frange luminose è costante. 7 q Come accennato, la figura è simmetrica rispetto alla frangia centrale luminosa. Le frange luminose sono accompagnate da un numero, definito ordine di frangia: si tratta del valore di m inserito nella (3.7a) per determinare la relativa posizione angolare. Ogni coppia di frange, con uguale posizione angolare rispetto a quella centrale, ha medesimo ordine di frangia. Nel box dedicato, dimostreremo che il grafico di figura 3.18 è descritto dalla funzione periodica I 4 I 0 cos 2 (3.9a) dove I0 è l’intensità della luce monocromatica incidente sul diaframma con le fenditure, e è un angolo in funzione dell’angolo di inclinazione , secondo la relazione d sen (3.9b) Il valore costante 4I0 indica l’intensità massima , comune a tutte le frange luminose. Infatti, la condizione (3.5) impedisce l’effetto di diffrazione sulla figura di interferenza; in caso contrario, l’intensità diminuirebbe spostandosi verso le frange più esterne (vedere diffrazione doppia fenditura, par.3.4). A causa del basso valore della lunghezza d’onda delle onde luminose è però quasi impossibile ottenere la condizione (3.5). Le larghezze delle fenditure dovrebbero infatti essere dell’ordine dei nanometri, valori difficilmente realizzabili. In figura 3.19 un esempio di figura di interferenza ottenuta in laboratorio. Figura 3.19 Foto della figura di interferenza ottenuta in laboratorio utilizzando un laser come sorgente luminosa. 649 650 MODULO F - ONDE Determinazione lunghezza d’onda Dalla figura di interferenza proiettata sullo schermo possiamo determinare la lunghezza d’onda dei due fasci di luce che interferiscono. Per la (3.6), l’angolo relativo a frange luminose di ordine basso soddisfa l’approssimazione (1) sen tan Nella figura 3.20, indichiamo con ym la distanza tra l’asse di simmetria x e la posizione della frangia luminosa di ordine m, con m piccolo: dalla relazione trigonometrica fondamentale, tan = (sen ) / cos , si verifica facilmente dalla figura che sen ym cos L tan Figura 3.20 Posizione lineare ym della frangia per la deduzione della lunghezza d’onda: la misura è effettuata tra l’asse di simmetria x e la linea corrispondente al massimo di una generica frangia luminosa. (2) schermo 2 diaframma 1 q 0 ym x 1 2 L Siccome stiamo considerando la posizione angolare di una frangia luminosa, scriviamo la (3.8a) sostituendo dapprima il seno con la (1) e poi sostituendo la tangente con la (2): otteniamo ym m L d da cui ricaviamo la lunghezza d’onda ym d mL (3.10) con m corrispondente alla frangia luminosa coinvolta nella misura di ym. Attenzione: ym deve essere misurato tra l’asse x e il punto di mezzo (cioè di massima intensità) della frangia di ordine m. Distanza tra frange omogenee Se dalla (3.10) isoliamo la distanza di una frangia luminosa di un determinato ordine, cioè ym m L d (1) possiamo misurare la distanza che separa due frange contigue. Ipotizziamo di volere conoscere la distanza tra la frangia luminosa di ordine 1 e quella di ordine 2: dalla (1) abbiamo UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE y2 y1 2 L L L d d d e, dunque, generalizzando per qualsiasi coppia di frange luminose contigue, la distanza tra i relativi massimi è data dalla relazione y d L (3.11) Dalla (3.11), la distanza tra le frange non dipende dall’ordine di frangia: quindi è uniforme per tutte la figura di interferenza; inoltre dipende solo dalla lunghezza d’onda. Siccome la distanza tra le frange è legata allo spessore possiamo affermare che lo spessore delle frange di interferenza è uniforme e dipende solo dalla lunghezza d’onda. Dimostrazione 3.1 Dimostrare le (3.9) che descrivono l’andamento dell’intensità della figura di interferenza. La dimostrazione è analoga a quella svolta nell’approfondimento sull’interferenza dell’unità F1 per onde generiche. Consideriamo quindi direttamente il risultato finale, cioè la funzione che descrive l’andamento dell’ampiezza della funzione d’onda risultante 2 A cos 2 (1) Adattiamo la (1) ai parametri dell’interferenza luminosa, e per questo dobbiamo ridefinire l’ampiezza A e la differenza di fase . Ampiezza A L’onda luminosa incidente sul diaframma con le fenditure trasporta il vettore campo elettrico E con modulo descritto dalla funzione d’onda (3.1a) e con ampiezza E0; quindi (2) A E0 Differenza di fase La differenza di cammino tra i due raggi luminosi che partono dalle due fenditure, è data dalla (3.7): d sen A questo punto, riproponiamo la (1.c) dell’approfondimento dell’unità F1, cioè la relazione tra la differenza di fase e la differenza di cammino k dove ricordiamo che k = 2/; sviluppando quindi k e , otteniamo 2 2 d sen (3) A questo punto, sostituendo la (2) e la (3) nella (1), otteniamo l’ampiezza della funzione d’onda risultante specifica per l’interferenza luminosa 651 652 MODULO F - ONDE d 2 E0 cos sen (4) Per la (3.2), l’intensità luminosa è proporzionale all’ampiezza della funzione d’onda risultante, quindi 2 d d I 2 E0 cos sen 4 E02 cos 2 sen (5) Ricordiamo che il termine E02 nella (5) è il quadrato del modulo di E dell’onda luminosa incidente sul diaframma e, sempre per la (3.2), è proporzionale alla relativa intensità luminosa, che indichiamo con I0. Sostituendo e considerando la relazione per le intensità, otteniamo quindi la conclusiva (3.9), cioè d I 4 I 0 cos 2 sen Problema svolto 3.2 Per determinare la lunghezza d’onda della luce emessa da un laser, si invia il raggio luminoso su una doppia fenditura. La distanza tra le due fenditure è d = 0,10 mm. Lo schermo per la visione dista dalla doppia fenditura L = 1,0 m. La frangia chiara del quinto ordine si trova a y5 = 2,7 cm dall’asse di simmetria. Determinare: 1) la lunghezza d’onda della luce laser; 2) la distanza tra due frange luminose contigue. 1) Poiché la distanza fenditure-schermo è molto maggiore di quella tra le due fenditure, possiamo calcolare la lunghezza d’onda della luce con la (3.10) y5 d (2, 7 102 m)(0,10 103 m) 5, 4 107 m 540 nm 5L 5 (1, 0 m) 2) Calcoliamo la distanza tra due frange luminose contigue con la (3.11) y d L (5, 4 107 m) (1, 0 m) 0, 0054 m 5, 4 mm 0,10 103 m In certe condizioni, la figura luminosa di diffrazione e quella di interferenza appaiono simultaneamente. 3.4 Diffrazione luminosa Affrontiamo il fenomeno della diffrazione nel caso di un’onda luminosa. Rivediamo le figure 1.30a e 1.30b dell’unità F1, immaginando il caso di onde luminose emesse da una sorgente monocromatica. I fronti d’onda sferici si propagano illuminando zone apparentemente proibite dagli ostacoli. Come sappiamo, la diffrazione si verifica se la dimensione a dell’ostacolo è dello stesso ordine di grandezza della lunghezza d’onda dell’onda incidente. Invece la diffrazione di un’onda luminosa può apparire UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE con ostacoli di dimensione più ampia, cioè a 103 (3.12) Se la (3.12) è rispettata, il fenomeno ondulatorio si manifesta con la proiezione su uno schermo della caratteristica figura di diffrazione, composta da una serie di frange luminose separate da zone buie, di spessore e intensità variabile (fig. 3.27). Figura 3.21 Joseph Fraunhofer (Straubing 1787, Monaco di Baviera 1826). Modello di Fraunhofer Analizziamo la diffrazione basandoci sul modello ideato da Fraunhofer (fig. 3.21) che prevede le seguenti due condizioni operative: 1) la diffrazione deve essere causata dal passaggio attraverso una fenditura di un fascio di luce monocromatica con fronti d’onda piani; 2) dopo il passaggio attraverso la fenditura, i raggi luminosi devono essere paralleli tra loro. In figura 3.22 è schematizzata la zona del diaframma con la relativa fenditura. La condizione 1 è soddisfatta usando la luce monocromatica e con fronti d’onda piani di un laser e la condizione 2 ponendo lo schermo che raccoglie la figura di diffrazione a distanza infinita, in modo da appiattire la superficie sferica dei fronti d’onda e, dunque, approssimare raggi di luce paralleli. In laboratorio si raggiunge la condizione ideale di “distanza infinita” posizionando tra fenditura e schermo una lente convergente (par. 3.5, unità F4). schermo a distanza infinita laser q Figura 3.22 Modello di Fraunhofer per la diffrazione. Lo schermo è virtualmente a distanza infinita; per semplicità sono mostrati solo i raggi (sempre tra loro paralleli) che raggiungono lo schermo con una generica inclinazione . diaframma Diffrazione originata da interferenza Nella figura 3.23 consideriamo l’impatto del fronte d’onda piano sulla fenditura secondo il modello di Fraunhofer. Per il principio di Huygens, i punti (in rosso) del fronte d’onda piano diventano a loro volta sorgenti secondarie emittenti luci con fronti d’onda sferici; essendo queste originate dal medesimo fronte d’onda, sono tra loro coerenti. Possiamo quindi studiare la diffrazione come effetto dell’interferenza di raggi lumi- Figura 3.23 Principio di Huygens applicato al fronte d’onda che arriva alla fenditura (sono solo indicati i raggi tra loro paralleli con una certa inclinazione). diaframma 653 654 MODULO F - ONDE nosi provenienti da sorgenti coerenti e, dunque, applicare le relazioni di interferenza costruttiva e distruttiva (3.9) dedotte dall’esperienza di Young. Diffrazione con singola fenditura Figura 3.24 Schema dell’esperienza di diffrazione attraverso singola fenditura; non è mostrata la lente che consente di soddisfare la condizione di distanza infinita (L = ). Tramite il modello di Fraunhofer, e considerando la presenza di interferenza dovuta all’applicazione del principio di Huygens, analizziamo la figura di diffrazione di una luce monocromatica che attraversa una singola fenditura. P Lo schema dell’esperienza è rappresentato nella figura 3.24. L’angolo r indica l’inclinazione di un generico raggio luminoso r rispetto all’asse q a x di simmetria x, a cui corrisponde il punto P sullo schermo. In modo analogo all’esperienza di Young, deterL=¥ miniamo le posizioni angolari delle frange che appaiono sullo schermo e diaframma schermo l’andamento delle loro intensità. Posizione angolare delle frange di diffrazione In figura 3.25, consideriamo due raggi campione: quello uscente dall’estremo superiore )indicato con 1) e quello uscente dall’estremo inferiore (indicato con 2), entrambi con un angolo di inclinazione . La differenza di cammino tra i due raggi è a sen Figura 3.25 Raggi luminosi uscenti dalle sorgenti secondarie 1 e 2 con angolo di inclinazione e differenza di cammino ∆ e con e ∆ nulli. Nella stessa figura sono tracciati i raggi perpendicolari alla fenditura responsabili della frangia centrale della figura di diffrazione: per essi abbiamo = 0 e, per la (1), = 0. Dalle condizioni di interferenza (3.8), l’annullamento della differenza di cammino comporta interferenza costruttiva, da cui si deduce che la frangia centrale è luminosa. Sperimentalmente, si osserva un’alternanza tra frange scure e chiare ai lati della frangia centrale luminosa (fig. 3.27). Si può dimostrare (non lo facciamo) che (1) diaframma 1 q q a q 2 a D= sen q le frange scure della figura di diffrazione sono create dai raggi di luce inclinati di un angolo che soddisfa la relazione sen m a con m = 1, 2, 3 … (3.13) In modo analogo all’interferenza, l’angolo dedotto dalla (3.13) individua anche la posizione angolare della frangia scura simmetrica rispetto all’asse orizzontale x. UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE Intensità delle frange di diffrazione La figura 3.26 mostra l’andamento dell’intensità luminosa I, distribuita sulla figura di diffrazione, in funzione dell’angolo di inclinazione . I punti di massimo (minimo) indicano la posizione angolare delle frange luminose (scure). L’andamento è descritto dalla seguente funzione matematica (che non dimostriamo): sen 2 I I0 2 (3.14a) dove I0 è l’intensità della frangia centrale, e è un angolo funzione di secondo la relazione I a sen (3.14b) Figura 3.26 Figura di diffrazione: andamento dell’intensità I in funzione della posizione angolare . 0 1 1 q Figura 3.27 Foto della figura di diffrazione ottenuta in laboratorio con luce laser. In figura, le frange luminose sono accompagnate dall’ordine di frangia: quella centrale di ordine 0 è molto più larga e intensa rispetto a quelle di ordine superiore che sono, quindi, meno luminose. In figura 3.27 un esempio di figura di diffrazione ottenuta in laboratorio. Figura 3.28 Posizione angolare delle frange scure per definire la larghezza della frangia centrale della figura diffrazione. Larghezza della frangia centrale 2 Determiniamo la larghezza della frangia luminosa centrale della figura di diffrazione tramite le posizioni angolari. Consideriamo in figura 3.28 le posizioni angolari delle frange scure (cioè i punti di minimo) ai lati di quella centrale. L’angolo , uguale per entrambe, è dato dalla (3.13) con m = 1 e dunque sen a (1) 1 q q 0 1 2 diaframma schermo x 655 656 MODULO F - ONDE Essendo solitamente piccolo, possiamo approssimare sen , e la (1) diventa (2) a L’angolo quantifica però solo mezza larghezza della frangia centrale (vedere figura): è dunque più idoneo definirlo semi-larghezza angolare e indicarlo come 1/ 2 . Quindi dalla (2) abbiamo 1/ 2 (3.15) a La figura 3.29 mostra l’influenza della lunghezza d’onda e della larghezza della fenditura sulla larghezza della frangia centrale tramite la (3.15): a parità di lunghezza d’onda, aumentando la larghezza della fenditura, la frangia centrale si restringe. Figura 3.29 Confronto tra gli andamenti dell’intensità della figura di diffrazione al variare della larghezza della fenditura. I 0 a=l q I 0 a=5l 1 1 q I 0 a = 10 l 3 2 1 1 2 3 q UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE Problema svolto 3.3 Un fascio di luce di lunghezza d’onda = 380 nm è inviato su una fenditura di larghezza a = 0,070 mm; si forma una figura di diffrazione su uno schermo posto a L = 60 cm dalla fenditura. Determinare: 1) la posizione angolare del primo minimo; 2) la larghezza y della frangia centrale luminosa misurata tra i due minimi adiacenti. 1) Abbiamo il primo minimo per valori dell’angolo che soddisfano la (3.13), quindi 380 109 m arcsen arcsen 0,31 3 a 0, 070 10 m 2) Calcoliamo il doppio della semi-larghezza angolare (3.15), cioè 2 a Dalla figura 3.28, e applicando una nota relazione di trigonometria, ricaviamo la larghezza y della frangia centrale y 2 L a 2 (0, 60 m)(380 109 m) 6, 6 103 m 6, 6 mm 0, 070 103 m L’esperienza è realizzata con una fenditura definita larga (circa due ordini di grandezza maggiore della lunghezza d’onda). È per questo che la fascia luminosa centrale ha una piccola ampiezza angolare (fig. 3.29). L’effetto di diffrazione è comunque visibile, infatti la frangia luminosa centrale è larga quasi cento volte più della fenditura. Diffrazione e interferenza con doppia fenditura La condizione (3.5), imposta per l’esperienza di Young, è difficilmente realizzabile: le fenditure hanno larghezze più ampie e l’andamento della funzione di figura 3.18 con intensità massima uniforme è da ritenersi ideale. Consideriamo invece l’esperienza di Young con le fenditure distanti d sempre secondo la condizione (3.6), cioè L d ma con larghezza a che rispetta la condizione (3.12), cioè a 103 La figura luminosa che appare è composta da quella di interferenza e da quella di diffrazione, come andiamo a dimostrare considerando i due fenomeni distinti. La doppia fenditura comporta la figura di interferenza con andamento dell’intensità descritto dalla funzione (3.9a); riproponiamo qui di seguito la funzione con il nome di fattore di interferenza I 4 I 0int cos 2 (1) 657 658 MODULO F - ONDE dove d sen e I 0int è l’intensità della luce che incide il diaframma con le fenditure (fig. 3.30a). La singola fenditura comporta la figura di diffrazione con andamento dell’intensità descritto dalla funzione (3.14a); riproponiamo qui di seguito la funzione con il nome di fattore di diffrazione sen 2 I I 0diff 2 (2) a dove sen e I 0diff è l’intensità della frangia luminosa centrale (fig. 3.30b). La combinazione dei due fenomeni genera il grafico di figura 3.30c, dove osserviamo le oscillazioni della figura di interferenza modulate dall’andamento della figura di diffrazione. In termini matematici, la modulazione della figura di interferenza si traduce sostituendo l’intensità I 0int del fattore di interferenza (1) con il fattore di diffrazione (2), ottenendo la funzione generale I 4I Figura 3.30 Figura di diffrazione e interferenza con doppia fenditura: andamento dell’intensità I. (a) Andamento dovuto al fattore di interferenza. (b) Andamento dovuto al fattore di diffrazione. (c) Modulazione dell’ampiezza della figura di interferenza con la figura di diffrazione. diff 0 sen 2 2 cos 2 (3.16) I q a I b I c q UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE Figura 3.31 Foto della figura di diffrazione e interferenza con doppia fenditura ottenuta in laboratorio con luce laser. Nella figura 3.31 si possono osservare le frange luminose di interferenza con intensità modulata descritta dalla (3.16). Esistono strumenti ottici in grado di visualizzare le luci colorate monocromatiche “nascoste” in una luce policromatica, come quella bianca del Sole o come quella di una lampadina. 3.5 Reticolo e analisi spettrale Dopo lo studio dell’interferenza con doppia fenditura, è logico “evolversi” e indagare sull’interferenza multipla, generata da un numero maggiore di due fenditure. In questo caso il fenomeno ondulatorio si manifesta con la proiezione su uno schermo della caratteristica figura di interferenza multipla. Si differenzia da quella a doppia fenditura perchè, al crescere del numero di fenditure, le frange luminose diventano sempre più strette e intense. Con un reticolo, cioè un diaframma contenente migliaia di fenditure, l’interferenza multipla acquisisce un potere di dispersione, caratteristica utile nell’analisi spettrale. Interferenza multipla e reticolo Analizziamo la figura di interferenza multipla tramite un’esperienza simile a quella di Young dove imponiamo il modello di Fraunhofer: quindi 1) diaframma con le N fenditure (N > 2) investito dalla luce monocromatica con fronti d’onda piani di un laser, e 2) condizione di parallelismo per i raggi luminosi che giungono allo schermo a formare la figura. Siccome la larghezza delle fenditure non soddisfa la condizione (3.5), nella figura di interferenza multipla compare pure la modulazione dell’intensità delle frange luminose dovuta alla componente di diffrazione, come abbiamo visto per la doppia fenditura. Posizioni angolari dei picchi luminosi La figura 3.32 mostra un esempio di diaframma a fenditura multipla (N = 5), con fronti d’onda piani incidenti e raggi uscenti tra loro paralleli inclinati di un generico angolo . Come precedentemente accennato, nella figura di interferenza multipla risaltano le frange luminose, che assumono la forma di picchi particolarmente luminosi al crescere di N. È facile prevedere che la loro posizione angolare sarà definita dalla condizione di interferenza costruttiva (3.8a) Figura 3.32 Interferenza multipla originata da un diaframma a 5 fenditure di larghezza a distanziate di una lunghezza e. q e diaframma a 659 660 MODULO F - ONDE valida per le due fenditure. Quindi i picchi luminosi della figura di interferenza multipla sono creati dai raggi di luce inclinati di un angolo che soddisfa la relazione sen m con m = 0, 1, 2, … e (3.17) dove è la lunghezza d’onda, e è la distanza tra fenditure contigue ed m è l’ordine di frangia. Osserviamo che la posizione angolare dei picchi luminosi è indipendente dal numero N di fenditure. Intensità e larghezza dei picchi luminosi La figura 3.33 confronta l’andamento dell’intensità della figura tipica dell’interferenza a doppia fenditura con quella multipla a 5 fenditure. Appare evidente come l’aumento del numero di fenditure comporti nei punti di massimo un restringimento del grafico e un innalzamento del valore di intensità. A livello visivo il fenomeno si percepisce in una trasformazione delle frange luminose in picchi luminosi molto stretti. Figura 3.33 Figura di interferenza multipla: andamento dell’intensità I in funzione della posizione angolare . (a) N = 2; (b) N = 5. I N=2 0 a q I N=5 0 b q Figura 3.34 Semi-larghezza angolare dei picchi luminosi rilevata tra i punti di massimo e uno dei due punti di minimo adiacenti. Come esempio sono indicate quelle del picco luminoso di ordine m = 0 (centrale) e di ordine m = 1. x 0 UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE Considerando la figura 3.34 e la definizione (3.15), la semi-larghezza angolare dei picchi luminosi è data dalla relazione (che non dimostriamo) 1/m2 N e cos m (3.18) dove l’angolo m è la posizione angolare del picco di cui si calcola la larghezza; m indica l’ordine di frangia del picco. Per il picco centrale con = 0, quindi cos = 1, si ha il picco più stretto con semi-larghezza 1/0 2 Ne La larghezza dei picchi aumenta allontanandosi dal picco centrale e dunque per angoli m sempre più ampi o, in termini equivalenti, per m elevati. Infine, a causa della modulazione della componente di diffrazione, tra due picchi contigui compaiono massimi secondari di minore intensità, tendenti a scomparire per N sempre più elevato. Di questi massimi secondari non ci occupiamo. Reticolo Il reticolo è un diaframma della lunghezza di qualche centimetro contenente un numero N molto elevato di fenditure. Le fenditure del reticolo, chiamate anche linee, hanno tutte uguale larghezza a. I seguenti parametri caratterizzano il reticolo. Numero di fenditure (N): solitamente il numero è tra 102 e 104. Passo del reticolo (e): lunghezza che separa due fenditure contigue; solitamente è dell’ordine di qualche micron. Costante del reticolo (1/e): numero di fenditure intagliate per unità di lunghezza (solitamente centimetro o millimetro); è espresso come fenditure/mm o come fenditure/cm ed è l’inverso del passo del reticolo (vedere problema 3.4). Dal denominatore della (3.18), un aumento del prodotto N e comporta un restringimento della larghezza dei picchi luminosi. Il reticolo ha un prodotto N e talmente elevato da restringere i picchi luminosi fino a trasformarli in righe luminose. Il sensibile restringimento consente di misurare con estrema precisione la posizione angolare di ciascuna riga. Per questo motivo i reticoli sono impiegati per l’analisi spettrale, come andiamo a descrivere. Dispersione per diffrazione Analizziamo il fenomeno di dispersione per diffrazione, cioè come un reticolo, tramite la diffrazione, riesca a “disperdere” le luci monocromatiche e creare uno spettro visibile discreto o continuo. Figura 3.35 Esempio di reticolo: passo del reticolo e = 0,125 mm, costante del reticolo 1/e = 80 fenditure/cm. 661 662 MODULO F - ONDE Spettro discreto Ipotizziamo il semplice caso di reticolo investito da luce monocromatica: la figura di interferenza multipla appare con un insieme di linee luminose del medesimo colore, essendo unica la lunghezza d’onda; le rispettive posizioni angolari sono calcolate dalla (3.17), che riproponiamo sen m (1) e Essendo ed e costanti, la posizione angolare della riga luminosa dipende solo dall’ordine di frangia. In figura 3.36 un esempio di spettro discreto di luce monocromatica verde. Si notano la riga luminosa per m = 0 e la coppia di righe per m = 1. Figura 3.36 Esempio di spettro discreto di luce monocromatica verde ( = 500 nm); il reticolo ha passo e = 1,7 m. Le posizioni angolari delle righe si ricavano dalla (3.17). I numeri 0 e 1 indicano l’ordine di frangia. I 1 0 1 0 q Passiamo al caso di luce policromatica: dalla (1), a parità di m, la posizione angolare dipende dalla lunghezze d’onda delle componenti luci monocromatiche. Per m = 0, abbiamo sen = 0 solo per = 0, e dunque compare una sola riga luminosa in posizione centrale; per m di ordine superiore, compaiono tante righe luminose quante sono le lunghezze d’onda delle componenti luci monocromatiche. Ricordando l’effetto cromatico sulla luce da parte della lunghezza d’onda, per ogni ordine di frangia compare un raggruppamento di righe colorate. L’insieme di righe luminose di un generico ordine m è chiamato spettro di ordine m. In sintesi, applicando la (1), dalle posizioni angolari delle righe luminose dello spettro di ordine m si determinano le lunghezze d’onda componenti la luce policromatica. In figura 3.37 un esempio di spettro discreto. È prodotto da un reticolo investito da una luce bi-cromatica: le due coppie simmetriche di righe luminose, rosso e viola, hanno ordine di frangia m = 1; la riga centrale di angolo = 0 non ha dispersione e contiene entrambi i due colori. Figura 3.37 Esempio di spettro discreto di luce bi-cromatica composta da luce rossa ( = 750 nm) e luce viola ( = 400 nm); il reticolo ha passo e = 1,7 m. Le posizioni angolari delle righe sono ricavate dalla (3.17). I 1 0 0 1 q UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE Spettro continuo Esistono luci composte da luci monocromatiche con valori di lunghezza d’onda molto vicine tra loro. In questo caso lo spettro proiettato dal reticolo è composto da luci colorate che cambiano tonalità con continuità. Per esempio, la luce policromatica di colore bianco emessa dal Sole o da una lampadina alogena è dispersa da un reticolo con uno spettro continuo contenente tutti i colori di tabella 3.2. In figura 3.38 lo spettro continuo di ordine 1 di luce bianca. Figura 3.38 Esempio di spettro continuo di luce policromatica bianca: le luci colorate dello spettro variano con continuità tra le righe luminose rossa e viola di figura 3.37; questi due colori hanno lunghezze d’onda agli estremi del campo di visibilità, e dunque, per la (3.17), occupano le posizioni angolari più estreme. I numeri 0 e 1 indicano l’ordine di frangia. I 1 0 1 0 q Spettrometro a reticolo Lo spettrometro è uno strumento ottico che esegue l’analisi spettrale sfruttando il potere dispersivo di un oggetto ottico, come il reticolo. In figura 3.39 si vede lo schema semplificato dello strumento: il fascio di luce sottoposto ad analisi attraversa un collimatore che rende paralleli i raggi che investono il reticolo. Il reticolo disperde per diffrazione la luce in gruppi di raggi colorati. Questi gruppi con diverse angolazioni formano i vari spettri di ordine m. L’osservatore individua le posizioni angolari delle righe luminose guardando attraverso l’obiettivo di un telescopio rotante su una ghiera circolare graduata: a ogni “cattura” nell’obiettivo di un raggio colorato viene associata la posizione angolare rilevata dalla ghiera. Con la (1) è quindi possibile risalire alla lunghezza d’onda di ciascun raggio. Figura 3.39 Spettrometro a reticolo: (a) schema; (b) foto di modello da laboratorio. 1° ordine ordine zero 2° ordine q 2° ordine sorgente a 1° ordine telescopio collimatore b 663 664 MODULO F - ONDE Problema svolto 3.4 Un fascio di luce monocromatica, di lunghezza d’onda = 700 nm, incide perpendicolarmente su un reticolo di diffrazione. La riga luminosa di ordine 2 forma un angolo = 20,0° con la perpendicolare al reticolo. Calcolare quante fenditure per unità di lunghezza ha il reticolo. Calcoliamo dapprima il passo e del reticolo utilizzando la (3.17) con m = 2 e 2 2 (700 109 m) 4, 09 106 m sen sen 20, 0 Il numero di fenditure N per unità di lunghezza L, cioè la costante del reticolo, è l’inverso del passo: 1 fenditure fenditure fenditure N 1 244 = 244 103 6 L e 4, 09 10 m m mm Problema svolto 3.5 Una luce monocromatica piana incide perpendicolarmente su un reticolo di diffrazione con 700 fenditure/mm. La lunghezza d’onda della luce incidente è = 500 nm. Determinare il numero massimo di righe luminose che si possono osservare. Calcoliamo dapprima il passo e del reticolo e 1 103 L mm m 1,43 106 m N 700 700 Per la generica riga luminosa di ordine m vale la (3.17). Inoltre, essendo la luce monocromatica, ogni spettro di ordine m contiene una sola riga luminosa. Quindi, poiché deve essere sen 1, la figura non può essere composta da un numero illimitato di righe luminose, ma da un numero massimo m tale che m 1 e cioè m e Nel caso del problema si ha m 1, 43 106 m 2, 04 700 109 m Poiché la figura è simmetrica rispetto al massimo di ordine zero, avremo 2 righe luminose per parte a fianco della riga luminosa centrale. Il numero totale di righe luminose è quindi 5. UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE APPROFONDIMENTO Anatomia dell’occhio Spieghiamo brevemente la fisiologia dell’occhio e il meccanismo della vista. Fisiologia dell’occhio L’occhio è un globo racchiuso da una spessa membrana opaca con diametro di circa 23 mm: agisce nel suo complesso come una lente convergente, perché deve proiettare gli oggetti dell’ambiente sulla superficie posteriore dell’occhio, chiamata retina, di dimensioni molto piccole. In altri termini, l’occhio è simile a una macchina fotografica digitale, dove il compito del sensore CCD è svolto dalla retina, una particolare membrana ricoperta da un elevato numero di cellule fotosensibili (coni e bastoncelli) che funzionano da fotorecettori. Nella parte anteriore dell’occhio, un gruppo di elementi fanno convergere sulla retina l’immagine degli oggetti visti. In figura 3.40 la struttura dell’occhio. Andiamo a descrivere brevemente le sue parti anatomiche e le relative funzioni. Cornea: membrana trasparente curva con indice di rifrazione di 1,38 che ricopre la parte esterna anteriore dell’occhio; dietro la cornea è collocata una piccola camera contenente un liquido chiaro con un indice di rifrazione di circa 1,33, chiamato umore acqueo. Iride: diaframma a sezione variabile che controlla l’intensità della luce sulla retina, aprendo o chiudendo un foro al suo centro chiamato pupilla. Cristallino: costituisce la lente naturale dell’occhio ed è trasparente e biconvessa, quindi convergente; insieme alla cornea consente di mettere a fuoco i raggi luminosi sulla retina; ha un indice di rifrazione tra 1,38 e 1,40 e si deforma per l’azione dei muscoli chiamati ciliari, variando la propria curvatura e di conseguenza la propria distanza focale. Umore vitreo: è il liquido che riempie la cavità dell’occhio tra il cristallino e la retina; ha un indice di rifrazione quasi uguale a quello dell’umore acqueo. Figura 3.40 Struttura dell’occhio umano. superficie interna superficie esterna iride immagine cornea al cervello nervo ottico retina mondo esterno 665 MODULO F - ONDE APPROFONDIMENTO Percezione dei colori Percezione del colore La relazione tra la natura fisica del colore e la sua percezione è una questione complessa. Se un disco coperto da punti bianchi e neri, ruota rapidamente, appare colorato. Quindi come rispondiamo alla domanda “di che colore è il disco?”. Non possiamo certo pensare che il movimento di rotazione alteri il colore dei punti stampati sul disco. La spiegazione è che il nostro cervello Retina e luce La retina è un complesso di tessuti organici che riveste la superficie interna del bulbo oculare. È ricoperta da uno strato di cellule fotosensibili che producono reazioni chimiche quando sono investite dalla luce. Queste cellule generano a loro volta impulsi elettrici che si propagano attraverso il nervo ottico giungendo al cervello. Le reazioni chimiche che avvengono sulla retina stimolata dalla luce sono spontaneamente reversibili in un tempo molto breve, circa un decimo di secondo. Dopo questo brevissimo periodo di inibizione, le cellule della retina ritornano allo stato iniziale, e sono in grado di provocare nuove reazioni chimiche e dunque di inviare nuovi impulsi al cervello. Le cellule fotosensibili della retina sono di due tipi: i bastoncelli e i coni. I bastoncelli sono particolarmente sensibili alla luce di bassa intensità, e dunque garantiscono sensibilità relativa (coni) 666 400 è in qualche modo ingannato, e può percepire dei colori anche da una superficie bianca e nera. Fenomeno analogo si avverte quando ruotiamo velocemente un disco colorato a spicchi con i sette colori dell’arcobaleno (disco di Newton): ci appare una superficie bianca. Quindi è il nostro cervello che crea il colore, elaborando i segnali luminosi ricevuti attraverso il nervo ottico dalle cellule fotosensibili della retina. Andiamo ad approfondire come il nostro occhio capta la luce colorata, o meglio i colori. una buona visione del mondo esterno anche in condizioni di scarsa intensità di luce. Non sono invece in grado di distinguere lunghezze d’onda fra loro diverse. Come sappiamo, la lunghezza d’onda della luce si manifesta al nostro occhio come colore (tab. 3.1), per cui i bastoncelli non sono in grado di inviare al cervello informazioni sul colore. I coni hanno bisogno di luce più intensa per essere stimolati e sono sensibili alla lunghezza d’onda, e quindi al colore, della luce. La figura 3.41 mostra il livello di sensibilità dei coni, che sono di tre tipi, ognuno sensibile a un intervallo di lunghezza d’onda. Quando i coni sono stimolati, trasmettono al cervello un segnale preciso in funzione della lunghezza d’onda della luce che li investe. Il cervello, a sua volta, elabora i segnali ricevuti, e a seconda della lunghezza d’onda della luce percepita, risponde manifestando una sensazione chiamata colore. blu verde rosso 500 600 lunghezza donda (nm) 700 Figura 3.41 Sensibilità alla luce dei tre tipi di coni (sensibilità al blu, al verde e al rosso). UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE Formazione dei colori per addizione Il monitor del computer si può considerare una sorgente di luce distribuita, cioè costituita da un insieme di piccole sorgenti luminose (chiamate pixel), in grado di generare luce rossa, verde o blu in proporzioni diverse e variabili nel tempo. Il nostro cervello somma tra loro i singoli segnali colorati, ottenendo un’immagine simile alla realtà. La combinazione dei tre colori in proporzioni diverse è in grado di produrre la gamma completa di colori dello spettro visibile (fig. 3.42). Ogni colore percepito è il risultato dell’addizione di questi tre colori definiti colori primari che a loro volta originano i colori secondari: magenta, ciano e giallo. Il funzionamento dei proiettori a colori si basa sull’uso di tre sorgenti diverse che proiettano luce rossa, verde e blu. Figura 3.42 Un monitor video ha tre tipi di pixel: rosso, verde e blu. Essi corrispondono ad altrettanti tipi di coni sensibili a diverse lunghezze d’onda presenti nell’occhio umano. Gli altri colori riprodotti dal monitor sono generati dosando opportunamente in ciascun punto dello schermo la luminosità di ciascuno dei tre colori fondamentali. Formazione colori per sottrazione Molti materiali, quando sono attraversati da un fascio di luce bianca, si comportano come filtri: assorbono alcune lunghezze d’onda e ne lasciano passare altre. Le lunghezze d’onda assorbite sono sottratte dal fascio di luce originario, modificandone la composizione e quindi il colore. Per esempio, un filtro si dice rosso se trasmette la luce rossa e assorbe gli altri colori di un fascio di luce bianca (fig. 3.43). Se dopo avere attraversato un filtro rosso, un fascio luminoso colpisce uno schermo, su di esso si forma una macchia di luce rossa. Ogni fotogramma di una pellicola cinematografica, per esempio, è un filtro complesso, che produce su uno schermo una combinazione di zone di colore diverso. I pigmenti sono sostanze presenti nelle vernici e nei coloranti e assorbono alcune lunghezze d’onda della luce e ne riflettono altre. luce rossa trasmessa filtro luce bianca Figura 3.43 L’azione di un filtro rosso su di un fascio di luce bianca. 667 668 MODULO F - ONDE Le lunghezze d’onda assorbite sono sottratte al fascio luminoso che si riflette sulla superficie pigmentata. Ai nostri occhi apparirà il colore corrispondente alle lunghezze d’onda che non sono state assorbite. Per esempio, coprendo una superficie di pigmento rosso, questa riflette la luce rossa e assorbe tutti gli altri colori (fig. 3.44a). luce rossa riflessa luce bianca Quindi, se una luce bianca colpisce una superficie coperta di pigmento rosso, diremo che quella superficie è rossa. Se invece la medesima superficie è colpita da una luce blu (o verde), non vedremo alcun colore (fig. 3.44b). Se l’assorbimento è completo, la superficie apparirà nera. Per esempio, la clorofilla nelle piante agisce come un pigmento verde (fig. 3.45). assorbimento totale luce blu Figura 3.44 L’azione di un pigmento rosso: (a) rispetto alla luce bianca; (b) rispetto alla luce blu. b a luce verde riflessa luce bianca Figura 3.45 Assorbimento della luce da parte della clorofilla, che costituisce il pigmento verde delle piante. APPROFONDIMENTO Diffrazione con fenditura circolare Nel paragrafo 3.4 abbiamo affrontato la diffrazione attraverso una fenditura rettangolare lunga e stretta. Tuttavia, negli strumenti ottici, la luce attraversa spesso fenditure circolari (come del resto circolare è la nostra pupilla). Analizziamo dunque la diffrazione attraverso una fenditura a forma di cerchio. In figura 3.46a è riportato lo schema dell’esperienza, che è simile a quella di figura 3.24, con fenditura circolare di diametro a sottoposta a luce monocromatica piana di lunghezza d’onda . Anche in questo caso la semi-larghezza angolare della frangia centrale, 1/ 2 è presa tra il suo punto di massimo e i punti di minimo adiacenti. In figura 3.46b vediamo la relativa figura di diffrazione come appare sullo schermo: la frange hanno ovviamente simmetria circolare. Il cerchio luminoso centrale coincide con il massimo di intensità e l’anello scuro a contorno raccoglie i punti di minima intensità adiacenti. Con un’analisi matemati- UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE ca (che non svolgiamo) si dimostra che la luce con lunghezza d’onda diffratta da un’apertura circolare di diametro a produce una frangia luminosa centrale di semi-larghezza angolare 1/0 2 1, 22 (3.19) a La figura 3.47 mostra gli andamenti delle singole intensità delle due figure di diffrazione che si sovrappongono, e l’andamento risultante della figura risultante (linea spessa). Indaghiamo sulle condizioni che permettono di vedere le due figure distinte. In figura 3.47a le due figure non appaiono distinte. Affinché ciò succeda, occorre che il massimo di una coincida con il primo minimo dell’altra, come in figura 3.47b. In figura 3.47c le due figure sono completamente separate. 0 q1/2 a 0 x 0 q1/2 diaframma con fenditura circolare schermo Dq a a b Dq b Figura 3.46 (a) Schema dell’esperienza di diffrazione attraverso fenditura circolare. (b) Foto della figura di diffrazione con fenditura circolare con frange a forma circolare. Dq c Criterio di Rayleigh Supponiamo la fenditura circolare in figura 3.46a attraversata da due fasci di luce: in questo caso sullo schermo compaiono due figure di diffrazione che possono eventualmente sovrapporsi in parte o totalmente. Figura 3.47 Sovrapposizione di due figure di diffrazione in funzione della separazione angolare : (a) figure non distinte; (b) figure distinte; (c) figure nettamente distinte. Gli andamenti delle intensità sono descritti dalle curve: la linea fine è quella dovuta alla singola luce, la linea spessa è quella dovuta alle due luci che agiscono contemporaneamente. 669 670 MODULO F - ONDE Osserviamo che il parametro discriminate per avere figure distinte è la separazione angolare tra i due massimi centrali delle due figure. Il seguente criterio (arbitrario) di Rayleigh (fig. 3.48) stabilisce la separazione angolare minima necessaria per avere figure di diffrazione distinte. Per distinguere due figure di diffrazione, prodotte da due luci con lunghezza d’onda e un’apertura circolare di diametro a, occorre una separazione angolare minima R 1, 22 a (3.20) Condizione di risoluzione Due figure di diffrazione si dicono risolte se appaiono distinte. Da questa definizione, si ottiene la seguente condizione di risoluzione: Figura 3.48 John Rayleigh (Malton 1842, Witham 1919). Analizziamo la capacità di risoluzione dell’occhio umano. La pupilla ha un diametro, in condizioni di luminosità normale diurna, di circa 3 mm. Con una luce di lunghezza d’onda = 550 nm, dalla (3.20) risulta che la separazione angolare minima è di 0,224 · 10−3 rad. due figure di diffrazione sono risolte se la separazione angolare è maggiore di quella minima, cioè R (3.21) APPROFONDIMENTO Dispersione e potere risolutivo del reticolo È ovvio che uno spettro discreto con righe luminose particolarmente nitide consente di misurare con maggiore precisione le posizioni angolari e, dunque, le relative lunghezze d’onda. La capacità di un reticolo di produrre spettri nitidi è quantificata da due parametri: la dispersione e il potere risolutivo. i massimi di due righe contigue del medesimo ordine, come indicato in figura 3.49. Dq Dispersione del reticolo La dispersione quantifica la capacità di un elemento ottico dispersivo di separare righe con valori di lunghezza d’onda molto vicini. Nel caso del reticolo, la separazione angolare , definita nell’approfondimento precedente, è presa tra Figura 3.49 Separazione angolare tra due righe vicine. UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE Diamo la definizione di dispersione. Dato uno spettro, consideriamo due righe tra loro molto vicine (cioè con separazione angolare piccola), e con le relative lunghezze d’onda di poco differenti. La dispersione D è il rapporto tra la separazione angolare e la differenza tra le due lunghezze d’onda , cioè D (3.22) L’unità di misura è radianti su nanometri (in simboli rad/nm); solitamente assume un valore dell’ordine dei 10–4 rad/nm. Tramite passaggi matematici (che non svolgiamo), si dimostra che la dispersione di un reticolo è data dalla seguente relazione D m e cos (3.23) dove m è l’ordine di frangia ed e è il passo del reticolo. Per una buona prestazione del reticolo, occorre che la dispersione sia la più alta possibile. Dalla (3.23) osserviamo che la dispersione non dipende dal numero N di fenditure e che aumenta con la diminuzione del passo e. Possiamo eventualmente migliorare la dispersione agendo sull’ordine di frangia, quindi spostandoci verso ordini di frangia più alti. Potere risolutivo del reticolo Il potere risolutivo quantifica la capacità di un elemento ottico dispersivo di distinguere e rendere nitide righe tendenti a sovrapporsi. In questo caso interviene il criterio di Rayleigh, dove la nitidezza è garantita dalla condizione di risoluzione: due righe sono risolte quando il massimo centrale della luce monocromatica relativa a una riga coincide con il primo minimo dell’altra. Diamo la definizione di potere risolutivo. Dato uno spettro, consideriamo due righe con lunghezze d’onda di poco differenti: il potere risolutivo R è il rapporto tra il valore medio delle due lunghezze d’onda e la loro differenza, , cioè R (3.24) Tramite passaggi matematici, che non svolgiamo, si dimostra che il potere risolutivo di un reticolo è dato dalla seguente relazione RN m (3.25) dove m è l’ordine di frangia ed N è il numero di fenditure. Solitamente è un numero tra 103 e 104. Per una buona prestazione del reticolo, occorre che abbia un potere risolutivo il più alto possibile. Dalla (3.25) osserviamo che, come per la dispersione, il potere risolutivo aumenta con l’ordine di frangia m. Invece si differenza dalla dispersione per essere indipendente dal passo e e dipendere dal numero N di fenditure. 671 unità F3 Riepilogo 3.1 Propagazione delle onde luminose onda luminosa: onda elettromagnetica visibile all’occhio umano, generalmente indicata come luce. onda elettromagnetica: perturbazione che si propaga nei materiali e nel vuoto, dovuta all’oscillazione simultanea dei vettori campo elettrico E e magnetico B. campo di visibilità: le onde luminose sono onde elettromagnetiche che hanno frequenza compresa tra 4 · 1014 Hz e 8 · 1014 Hz e lunghezza d’onda compresa tra 350 nm e 750 nm. velocità di propagazione della luce nel vuoto: c = 3,0 · 108 m s–1. intensità luminosa: è proporzionale al quadrato del modulo massimo del vettore campo elettrico durante la propagazione. piano di polarizzazione: piano in cui i moduli dei vettori campo elettrico e magnetico oscillano nel tempo e nello spazio. luce polarizzata: durante la propagazione l’orientamento del piano di polarizzazione rimane fisso. luce non polarizzata: durante la propagazione l’orientamento del piano di polarizzazione è variabile. luce monocromatica: luce composta da una singola onda luminosa, caratterizzata dalla relativa lunghezza d’onda. luce policromatica: luce composta da due o più onde luminose, ciascuna caratterizzata dalla relativa lunghezza d’onda. dispersione della luce: capacità di uno strumento ottico di estrarre le luci monocromatiche contenute in un’onda policromatica. spettro della luce: insieme delle lunghezze d’onda delle luci monocromatiche che compongono una luce policromatica. ottica: parte della Fisica che modella la propagazione delle luce e la sua interazione con materiali e strumenti di misura. ottica ondulatoria: parte dell’Ottica che adotta il modello ondulatorio della luce. ottica geometrica: parte dell’Ottica che adotta il modello a raggio della luce. 3.2 Polarizzazione polarizzazione: fenomeno e analisi dell’orientamento del piano di polarizzazione della luce. polarizzatore a lamina: strumento che polarizza una luce incidente secondo l’orientamento imposto dal suo asse di trasmissione. analizzatore: polarizzatore che individua l’orientamento del piano di polarizzazione della luce polarizzata trasmessa da un altro polarizzatore. legge di Malus: I = I 0 cos 2 dove I è l’intensità della luce polarizzata trasmessa da un analizzatore e I0 è l’intensità della luce polarizzata incidente. legge di Malus per luce non polarizzata: cromatismo della luce: la lunghezza d’onda di un’onda luminosa caratterizza il suo colore. luce bianca: luce policromatica che contiene le luci monocromatiche con tutte le lunghezze d’onda comprese nel campo di visibilità. I = I0 2 dove I0 è l’intensità della luce non polarizzata che investe il polarizzatore. UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE 3.3 Interferenza luminosa lunghezza d’onda delle luci coerenti: interferenza luminosa: segue i medesimi principi dell’interferenza definiti nella teoria delle onde elastiche. esperienza di Young: tramite un diaframma a doppia fenditura, determina la proiezione su uno schermo della figura di interferenza generata da due luci monocromatiche fra loro coerenti. condizione per l’interferenza luminosa: distanza tra frange omogenee: y dove a è la larghezza della singola fenditura e è la lunghezza d’onda della luce incidente sulle fenditure. figura di interferenza: serie alternata di frange luminose (dovute a interferenza costruttiva) e scure (dovute a interferenza distruttiva); hanno uguale spessore e le frange luminose hanno medesima intensità massima. posizione angolare delle frange luminose: d con m = 0, 1, 2, … posizione angolare delle frange scure: sen 2m 1 con m = 0, 1, 2, … 2d ym d mL dove ym è la distanza tra la frangia luminosa di ordine m e quella centrale, e L è la distanza tra il diaframma e lo schermo. a sen m 673 ordine di frangia: valore di m per il calcolo della posizione angolare delle frange luminose. d L 3.4 Diffrazione luminosa diffrazione luminosa: segue i medesimi principi della diffrazione definita nella teoria delle onde. modello di Fraunhofer: la diffrazione è provocata da una fenditura di larghezza a investita da luce monocromatica e fronte d’onda piani; la figura di diffrazione è formata da raggi uscenti dalla fenditura fra loro paralleli. condizione per la diffrazione luminosa: a 103 dove a è la larghezza della fenditura e è la lunghezza d’onda della luce che incide sulla fenditura. intensità figura di interferenza: d sen sen m a con m = 1, 2, … Riepilogo posizione angolare delle frange scure: F3 dove I0 è l’intensità della luce monocromatica che incidente sul diaframma, e è un angolo in funzione dell’angolo di inclinazione secondo la relazione figura di diffrazione: serie alternata di frange luminose (dovute a interferenza costruttiva) e scure (dovute a interferenza distruttiva). Le frange hanno spessore variabile e la frangia luminosa centrale assume massima intensità. unità I 4 I 0 cos 2 674 MODULO F - ONDE intensità delle frange di diffrazione: sen 2 I I0 2 sen m dove I0 è l’intensità della frangia centrale, e è un angolo funzione di secondo la relazione: a e dove e è la distanza tra due fenditure contigue. intensità dei picchi luminosi: aumenta con l’aumentare del numero di fenditure. sen larghezza dei picchi luminosi: larghezza della frangia centrale luminosa: 1/ 2 posizione angolare dei picchi luminosi: a diffrazione luminosa a doppia fenditura: fenomeno in cui compare una figura di interferenza con intensità modulata da una figura di diffrazione. 1/m2 N e cos dove m ad apice indica l’ordine di frangia contenente il picco di cui si calcola la larghezza e è la posizione angolare del picco. reticolo: diaframma con un numero molto elevato di fenditure (o linee) che comporta un forte restringimento dei picchi luminosi. intensità delle frange luminose modulate: sen 2 I 4 I 0diff cos 2 2 dove I 0diff è l’intensità della frangia centrale luminosa. 3.5 Reticolo e analisi spettrale unità F3 Riepilogo interferenza multipla: fenomeno di interferenza luminosa provocata da un numero N > 2 di sorgenti luminose tra loro coerenti generate da altrettante fenditure. passo del reticolo: distanza tra due fenditure contigue. costante del reticolo: numero di fenditure per unità di lunghezza. righe luminose: figure luminose che appaiono per interferenza multipla provocata da un reticolo. analisi spettrale: determinazione della lunghezza d’onda delle luci monocromatiche componenti una luce policromatica. spettrometro: strumento ottico, basato su un reticolo (o un qualsiasi elemento ottico dispersivo) che svolge l’analisi spettrale. unità TEST 1 2 3 4 5 6 F3 Verifiche c) la frangia centrale ha intensità luminosa minore delle frange laterali d) la frangia centrale ha intensità luminosa maggiore delle frange laterali Le lunghezze d’onda della luce visibile sono comprese tra a) 350 nm e 750 nm b) 350 m e 750 m c) 350 mm e 750 mm d) 350 cm e 750 cm 7 L’onda luminosa si dice polarizzata se il vettore campo elettrico a) ha modulo costante b) oscilla lungo la direzione di propagazione dell’onda c) ha un modulo che oscilla in un piano fisso nel tempo d) ruota intorno alla direzione di propagazione dell’onda Se la distanza tra le due fenditure di un esperimento di Young viene raddoppiata, la distanza tra due massimi d’intensità della figura di interferenza a) rimane la stessa b) raddoppia c) dimezza d) quadruplica 8 Contrariamente alle onde sonore, le onde luminose a) si propagano anche nel vuoto b) sono onde trasversali c) possono essere polarizzate d) sono descritte da tutte le affermazioni a), b) e c) In a double slit experiment, the third bright fringe occurs at a distance of 1.0 cm from the central bright spot. The slits are 1.0 mm apart and the screen is 5.0 m from the slits. The wavelength of the light is a) 1.5 · 10–5 m b) 6.7 · 10–7 m c) 6.7 · 10–2 m d) 3.5 · 10–6 m 9 Due fenditure di un esperimento di Young sono distanti 2 mm e sono illuminate con luce monocromatica di lunghezza d’onda 0,6 m. Sapendo che la frangia luminosa del secondo ordine si forma a 3 mm dall’asse di simmetria del sistema, la distanza delle fenditure dallo schermo è a) 8 m b) 6 m c) 5 m d) 2 m Un polarizzatore trasmette il 50% della luce polarizzata incidente. Se il polarizzatore è ruotato di 45°, che frazione di luce trasmette? a) 0% b) 50% c) 100% d) 0% o 100% Destructive interference between waves from two sources occurs when the path difference is a) b) 2 c) 3 d) /2 Nella figura di interferenza generata da un esperimento di Young a) le frange luminose hanno tutte la stessa larghezza e intensità luminosa b) la frangia centrale ha larghezza maggiore delle frange laterali 10 Light spreads out after it passes through a small aperture. This phenomenon is called a) interference b) diffraction c) polarization d) dispersion 11 Nella diffrazione dovuta a una singola fenditura a) le frange luminose hanno tutte la stessa intensità luminosa b) le frange luminose hanno tutte la stessa larghezza c) la frangia centrale ha intensità luminosa minore delle frange laterali d) la frangia centrale ha intensità luminosa maggiore delle frange laterali 676 MODULO F - ONDE 12 When a single slit is made greater, the angle at which the first minimum occurs a) decreases b) remains the same c) increases d) decreases when the wavelength increases 13 Un fascio luminoso di lunghezza d’onda = 0,56 m viene di fratto attraverso una fenditura. Se la posizione angolare del minimo adiacente alla frangia luminosa centrale è di 10°, la larghezza della fenditura è a) 4,8 m b) 4,8 mm c) 0,56 mm d) 3,2 m 14 Il numero massimo di frange luminose presenti nella figura di diffrazione prodotta da un reticolo con 200 fenditure/mm, illuminato con luce di lunghezza d’onda 600 nm è a) 8 b) 9 c) 11 d) 17 QUESITI 15 Quali sono i fenomeni luminosi compatibili con un’interpretazione della luce secondo il modello ondulatorio? 16 Perché non si può identificare un valore di frequenza per la luce bianca? 17 È possibile distinguere a occhio nudo una luce polarizzata da una luce non polarizzata? 18 Come si può produrre luce polarizzata? unità F3 Verifiche 19 Perché le onde luminose emesse da due lampade alogene non producono alcun fenomeno di interferenza? 20 Dare la posizione angolare del massimo di ordine m nell’esperimento di interferenza di Young per luce di lunghezza d’onda che passa attraverso due fenditure poste a una distanza d. 21 Osservare la figura e spiegare perché il ragazzo può sentire il suono emesso dal televisore acceso, mentre non può vedere le immagini. 22 Dare la posizione angolare del primo minimo adiacente al massimo centrale nella figura di diffrazione per luce di lunghezza d’onda che passa attraverso una fenditura di larghezza a. 23 A parità di altre condizioni, la distanza tra le frange di diffrazione generate da una fenditura è maggiore per un raggio di luce rosso o violetto? 24 È possibile ottenere da un reticolo una figura di diffrazione composta da un numero illimitato di righe luminose? Perché? 25 Cosa si intende per passo di un reticolo? 26 When white light passes through a diffraction grating, there is a white central maximum at = 0°. In the first order, is blue or red light diffracted at the smallest angle? PROBLEMI Propagazione delle onde luminose (3.1) 27 Calcolare il tempo impiegato dalla luce del Sole per percorrere i 150 milioni di kilometri di distanza dalla Terra. 28 La stella più vicina alla Terra, dopo il Sole, è distante dal nostro pianeta 4,5 anni luce. Calcolare la distanza in kilometri. 29 La luce violetta ha una frequenza di 7,5 · 1014 Hz. Calcolare la sua lunghezza d’onda nel vuoto in micrometri. 30 Green light has wavelength of 5.4 · 10–7 m. Calculate its frequency. UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE 33 L’asse di trasmissione di un polarizzatore a lamina è parallelo al piano di polarizzazione di un fascio di luce polarizzata. Calcolare di quale angolo deve ruotare il polarizzatore in modo che l’intensità della luce trasmessa si riduca di un fattore 2. 34 Un fascio di luce non polarizzata di intensità I0 attraversa due lamine Polaroid. Calcolare l’angolo tra gli assi dei due polarizzatori se si vuole che il raggio emergente abbia intensità I0/2 e I0/3. 35 Un fascio di luce polarizzata verticalmente è fatta passare in successione attraverso tre lamine polarizzatici i cui assi di trasmissione formano angoli di 20°, 40° e 60° con la verticale. Sapendo che l’intensità iniziale è I0 = 1,0 W/m2, determinare l’intensità trasmessa all’uscita della terza lamina. 36 Unpolarized light is passed through three successive Polaroid filters, each with its transmission axis at 30° of the preceding filter. Determine the percentage of light gets through. Interferenza luminosa (3.3) 37 Per determinare la lunghezza d’onda della luce emessa da un laser, la si invia su una doppia fenditura. La distanza fra le due fenditure è di 0,100 mm. Sullo schermo, distante 5,00 m dalle fenditure, la figura di interferenza presenta frange luminose distanti 2,50 cm. Determinare la lunghezza d’onda della luce. Se la distanza tra le fenditure è raddoppiata, le frange diventano più larghe o più sottili? 40 Un fascio di luce rossa ( = 6,7 · 10–7 m) attraversa due fenditure e forma delle frange di interferenza su uno schermo distante 2,5 m. Sapendo che la distanza fra due frange consecutive è 3,8 mm, determinare la distanza fra le fenditure. Per ottenere la stessa distanza fra le frange usando luce violetta ( = 4,1 · 10–7 m), a quale distanza bisogna disporre le fenditure? 41 Find the distance between two consecutive Young’s double slit dark fringes if = 600 nm, L = 2.0 m and d = 0.10 mm. 42 Due fenditure, distanti fra loro 0,10 mm, sono illuminate con luce monocromatica di lunghezza d’onda = 700 nm. Determinare l’angolo tra la terza frangia scura e l’asse orizzontale di simmetria. Determinare quindi l’angolo tra la decima frangia luminosa e la perpendicolare allo schermo. 43 In un esperimento di interferenza di Young, la distanza tra le fenditure è 0,100 mm e la figura di interferenza è osservata su uno schermo posto a 40,0 cm dalle fenditure. La distanza tra la frangia luminosa di ordine 5 e quella di ordine 0 è 12,0 mm. Determinare la lunghezza d’onda della luce utilizzata. 44 Two slits separated by 0.10 mm are illuminated with green light ( = 540 nm). Calculate the distance from the central bright region to the fourth bright fringe if the screen is 1.0 m away. Diffrazione luminosa (3.4) 45 Una luce monocromatica verde di lunghezza d’onda 370 nm attraversa una fenditura di Verifiche 32 L’asse di trasmissione di un polarizzatore a lamina è ruotato di 60° rispetto al piano di polarizzazione di una luce polarizzata. Calcolare in percentuale il rapporto tra l’intensità della luce trasmessa e quella della luce incidente sul filtro. 39 Un fascio di luce gialla ( = 590 nm) attraversa due fenditure distanti 0,30 mm. Determinare a quale distanza dal piano delle fenditure bisogna porre lo schermo per ottenere una distanza di 3,94 mm fra due frange consecutive luminose (o scure). Se si allontana di 1,0 m lo schermo mantenendo costanti lunghezza d’onda e distanza tra le fenditure, quale distanza si osserva fra due frange consecutive? F3 31 Un fascio di luce, dopo aver attraversato un polarizzatore a lamina, giunge con intensità I0 sulla superficie di un analizzatore. Sapendo che l’angolo formato tra gli assi di trasmissione del polarizzatore e dell’analizzatore è di 20°, calcolare il rapporto tra l’intensità della luce trasmessa e quella della luce incidente sull’analizzatore. 38 La distanza tra due fenditure è di 0,800 mm. La figura di interferenza è visualizzata su uno schermo posto a 3,00 m di distanza dalle fenditure. La luce che attraversa le fenditure ha lunghezza d’onda di 600 nm. Calcolare la distanza tra due frange consecutive. unità Polarizzazione (3.2) 677 678 MODULO F - ONDE larghezza uguale a due millesimi di millimetro. Determinare la posizione angolare delle frangia scura accanto alle frange luminose del primo e del secondo ordine. 46 A single slit of width 0.010 mm is illuminated with a light of 450 nm of wavelength. Find the angle the first dark fringe appears. 47 Un fascio di luce rossa ( = 500 nm) attraversa una fenditura e forma una figura di diffrazione su uno schermo posto alla distanza di 0,60 m. La fenditura è larga 20 m. Determinare quanto è larga la fascia luminosa centrale. Se la larghezza della fenditura si raddoppia, cosa succede alla larghezza della fascia luminosa centrale? 48 Un fascio di luce monocromatica attraversa una fenditura larga 10,0 m. Il centro della frangia scura adiacente alla frangia luminosa centrale forma un angolo di 4,00° rispetto all’asse centrale. Determinare la lunghezza d’onda della luce emessa. 49 Monochromatic light ( = 630 nm) is incident upon a 0.010 mm wide slit. Find the width of the central maximum 0.50 m from the slit. 50 Uno schermo è disposto a 1 m di distanza da una singola fenditura illuminata con luce di lunghezza d’onda 600 nm. La distanza lineare tra il prima e la seconda frangia scura nella figura di diffrazione è 0,3 cm. Calcolare la larghezza della fenditura. unità F3 Verifiche 51 L’obiettivo di un telescopio ha un diametro di 5,0 m. Determinare la separazione angolare minima in radianti nel caso di luce di 600 nm. (Vedere approfondimento). Reticolo e analisi spettrale (3.5) 54 Un fascio di luce rossa incide perpendicolarmente su un reticolo di diffrazione di 4000 fenditure/cm, e la frangia luminosa del secondo ordine è a un angolo di 34,0° rispetto alla retta normale del reticolo. Calcolare la lunghezza d’onda della luce. 55 Un fascio di luce è inviato su un reticolo di diffrazione largo 1,00 cm, su cui sono praticate 4800 fenditure. La riga del primo ordine si trova a un angolo di 12,0°. Calcola la lunghezza d’onda della luce incidente sul reticolo. 56 Un fascio luminoso incide perpendicolarmente su un reticolo di diffrazione con 500 fenditure/mm. La lunghezza d’onda della luce incidente è 600 nm. Determinare il numero massimo di frange luminose osservabili. 57 Un fascio di luce verde di lunghezza d’onda 540 nm è inviato su un reticolo con 2000 fenditure/cm. Calcola la posizione angolare della riga del terzo ordine. È possibile una riga del decimo ordine? Qual è il numero totale di righe luminose prodotte dal reticolo? 58 Un fascio di luce monocromatica, di lunghezza d’onda = 650 nm, incide perpendicolarmente su un reticolo di diffrazione. La riga del secondo ordine forma un angolo di 40,0° con la retta normale del reticolo. Calcolare il numero di fenditure per unità di lunghezza del reticolo. 59 A diffraction grating has 1000 lines per cm. Find at what angle red light ( = 680 nm) appears in first order. 52 Durante una giornata di sole, la pupilla dell’occhio si stringe fino a un diametro pari a 0,50 mm. Determinare la separazione angolare minima in radianti. (La lunghezza d’onda della luce nell’occhio è di 550 nm). (Vedere approfondimento). 60 Un reticolo con 10000 fenditure/cm è illuminato dalla luce gialla di una lampada a vapori di sodio. Questa luce contiene due righe molto vicine (il doppietto del sodio) con lunghezze d’onda 589,00 nm e 589,59 nm. Determinare l’angolo compreso tra le due righe del primo ordine. 53 Due stelle binarie hanno una separazione angolare di 1,0 · 10–5 rad. Se sono osservate con luce di lunghezza d’onda = 500 nm, determinare il diametro della lente del telescopio che consente di risolverle. (Vedere approfondimento). 61 Un reticolo di diffrazione è illuminato dalla luce gialla di una lampada al sodio (lunghezze d’onda 589,00 nm e 589,59 nm). Calcolare il numero minimo di fenditure che deve avere il reticolo per risolvere il doppietto del sodio al primo ordine. (Vedere approfondimento). UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE 679 LABORATORIO Determinazione della lunghezza d’onda con l’esperienza di Young Obiettivo Ottenere tramite misura indiretta il valore della lunghezza d’onda di una luce laser che origina una figura di interferenza nell’esperienza di Young. Materiali proiettore laser da laboratorio, di bassa potenza (da 2 a 5 mW) diaframma a doppia fenditura con distanza d tra fenditure nota schermo bianco Sequenza operativa 1. Posizioniamo il proiettore del raggio laser a qualche metro di distanza dallo schermo bianco. 2. Oscuriamo la stanza e verifichiamo che il laser sia puntato al centro dello schermo. 3. Posizioniamo il diaframma con doppia fenditura davanti al proiettore. 4. Misuriamo la distanza L tra il diaframma e lo schermo. 5. Oscurando la stanza, controlliamo se sullo schermo appare la tipica figura di interferenza con frange luminose e scure alternate (fig. 3.50). Figura 3.50 Calcolo Il valore della lunghezza d’onda della luce emessa dal laser si determina tramite la misura indiretta della distanza y tra due frange luminose consecutive. Infatti dalla relazione (3.11) che riproponiamo y d L da cui è possibile determinare la grandezza richiesta dall’esperimento, conoscendo la distanza d tra le fenditure e la distanza L tra diaframma e schermo. F3 d y L unità Verifiche isoliamo la lunghezza d’onda per ottenere
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