unità

unità
F3
UNITÀ C2 - MOTI A UNA DIMENSIONE
Onde luminose
L
a visione del mondo reale avviene tramite
la propagazione della luce che si
comporta come un’onda
prerequisiti





campo vettoriale
propagazione delle onde
onde armoniche
spettro di un’onda periodica
interferenza, diffrazione, riflessione
3.1 Propagazione delle onde luminose
Onde elettromagnetiche percepite dall’apparato visivo umano.
3.2 Polarizzazione
Analisi delle perturbazioni trasversali dell’onda luminosa.
3.3 Interferenza luminosa
Analisi del fenomeno con una coppia di onde luminose coerenti.
3.4 Diffrazione luminosa
Analisi del comportamento dell’onda luminosa quando incontra un ostacolo.
3.5 Reticolo e analisi spettrale
Scomposizione delle onde luminose nelle loro componenti monocromatiche.
635
636
MODULO F - ONDE
3.1
Propagazione delle onde luminose
Come il suono, anche la luce è un’onda a cui si applicano i concetti della teoria
delle onde (unità F1). Per questo motivo impiegheremo per la luce il nome più
appropriato di onda luminosa.
L’onda luminosa è un’onda elettromagnetica1 percepita dall’occhio umano
come un fascio di luce; ha frequenze comprese tra 4 · 1014 Hz e 8 · 1014 Hz
(campo del visibile).
Le onde luminose si propagano con fronte d’onda sferico in qualsiasi tipo di
materiale e nel vuoto: quindi non occorre necessariamente un mezzo di propagazione elastico, indispensabile invece per le onde meccaniche. Come per
tutte le onde, la velocità di propagazione e la lunghezza d’onda dipendono dal
mezzo di propagazione.
La massima velocità di propagazione di un’onda elettromagnetica e, quindi,
luminosa è raggiunta nel vuoto con il valore costante di c = 3,0 · 108 m s–1.
Conoscendo le frequenze del campo del visibile e la velocità di propagazione
nel vuoto, dalla (1.4) dell’unità F1 deduciamo che
le lunghezze d’onda per un’onda luminosa nel vuoto sono comprese tra un
minimo di 350 nm e un massimo di 750 nm.
Figura 3.1
Il fascio di luce prodotto dalla lampada di un faro si propaga nell’aria
attraverso onde elettromagnetiche
classificate come onde luminose.
Tabella 3.1
Caratteristiche delle onde luminose nel vuoto.
Esempi di sorgenti luminose sono noti e
comuni: il Sole, una lampadina, un raggio laser, la fiamma di una candela, la
lampada di un faro (fig. 3.1). I ricettori
di onde luminose sono gli occhi, oppure
particolari sensori elettronici che si attivano se investiti da luce (per esempio le
cellule fotoelettriche).
La tabella 3.1 riassume le caratteristiche
delle onde luminose.
velocità di propagazione nel vuoto
3,0 · 108 m s–1
frequenze
da 4 · 1014 Hz a 8 · 1014 Hz
lunghezze d’onda
da 3,5 · 10–7 m a 7,5 · 10–7 m
 Perturbazione elettromagnetica luminosa
Riprendendo la definizione, l’onda luminosa, o luce, è un’onda elettromagnetica. A differenza dell’onda meccanica, quella elettromagnetica non comporta spostamento localizzato delle molecole del mezzo di propagazione, bensì
la simultanea oscillazione di due vettori appartenenti ad altrettanti campi
vettoriali (par. 3.5, unità A3): il campo elettrico con il vettore E e il campo
1
Le onde elettromagnetiche saranno trattate nel modulo I5; per le onde luminose è sufficiente quanto scritto in questo
paragrafo.
UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE
magnetico con il vettore B2. In figura 3.2 una “fotografia” scattata in un generico istante di un’onda
elettromagnetica. Direzione e verso di propagazione
coincidono con l’asse x. In ogni punto dell’asse sono
applicati i vettori E e B.
Nell’onda elettromagnetica, le direzioni di E, B e
di propagazione sono tra loro ortogonali in ogni
punto dello spazio e in ogni istante di tempo; i
moduli di E e B hanno andamento di tipo armonico
alla medesima frequenza.
y
E
x
z
B
L’oscillazione armonica simultanea dei moduli di E e B caratterizza la propagazione di un’onda elettromagnetica; naturalmente il modello matematico
della propagazione è composto da due funzioni d’onda armoniche ((1.6), unità
F1). Per l’onda rappresentata nella figura 3.2, si rileva che:

il modulo del vettore E oscilla nel piano cartesiano xy ed è la componente
scalare rispetto l’asse y descritta dalla funzione d’onda armonica
Ey  E0 sen  k x   t 

(3.1a)
il modulo del vettore B oscilla nel piano cartesiano xz ed è la componente
scalare rispetto l’asse z descritta dalla funzione d’onda armonica
Bz  B0 sen  k x   t 
(3.1b)
Le ampiezze E0 e B0 sono i massimi valori raggiunti dai moduli dei vettori
campo elettrico e magnetico; il segno negativo (positivo) si pone per la propagazione verso le x crescenti (decrescenti).
La direzione ortogonale di E e B rispetto a quella di propagazione classifica le
onde elettromagnetiche come onde trasversali.
Il piano in cui oscilla il modulo del vettore E è chiamato piano di polarizzazione dell’onda elettromagnetica.
Per semplificare l’analisi delle onde elettromagnetiche e, dunque, delle onde
luminose, si analizza solo il vettore campo elettrico E e il relativo piano di
polarizzazione: il comportamento del vettore campo magnetico B si determina
immediatamente, essendo sempre ortogonale a E.
Intensità dell’onda luminosa
Nell’unità I5, dimostreremo che, per un’onda elettromagnetica, la relazione
(1.10) dell’unità F1 assume la forma
I
2
1
0 c
E02
Il campo elettrico sarà trattato nell’unità I1 e quello magnetico nell’unità I3; per le onde luminose è sufficiente sapere
che sono campi vettoriali.
Figura 3.2
Funzione spaziale di un’onda
elettromagnetica o, indifferentemente, di un’onda luminosa; per
semplificare la figura, i piani in cui
oscillano i moduli dei vettori E e B
coincidono con quelli definiti dagli
assi cartesiani (condizione che non
sempre si verifica). Il piano evidenziato x y è quello di polarizzazione.
637
638
MODULO F - ONDE
dove E0 è l’ampiezza della funzione d’onda armonica (3.1a) del campo elettrico,
o anche il modulo massimo assunto dal vettore E, c è la velocità della luce nel
vuoto e 0 è la costante magnetica (unità I3). Per gli argomenti di questa unità
è sufficiente sapere che
l’intensità di un’onda luminosa è proporzionale (simbolo  ) al quadrato del
massimo valore che il modulo del vettore campo elettrico assume durante la
propagazione, cioè
I  E02
(3.2)
 Polarizzazione dell’onda luminosa
La “foto” dell’onda luminosa di figura 3.2 fissa il piano di polarizzazione mentre è coincidente con quello cartesiano xy. Durante la propagazione, il piano
di polarizzazione contenente E può però essere fisso o ruotare intorno alla
direzione di propagazione.
L’orientamento del piano di polarizzazione durante la propagazione definisce
la polarizzazione dell’onda luminosa.
Rispetto alla polarizzazione, le onde luminose si classificano secondo i due
modi rappresentati in figura 3.3, dove immaginiamo una cinepresa posta
lungo la direzione di propagazione dell’onda che filma l’orientamento del
piano di polarizzazione. Vediamo i due modi di polarizzazione.
Luce non polarizzata: il piano di polarizzazione è “filmato” mentre ruota in
modo casuale nel tempo; il vettore E oscilla lungo una qualsiasi retta ortogonale alla direzione di propagazione (fig. 3.3a).
Esempi di luce non polarizzata sono la luce del Sole e quella delle lampade alogene.
Luce polarizzata: il piano di polarizzazione rimane fisso durante il “filmato”;
il vettore E oscilla lungo una retta fissa, ortogonale alla direzione di propagazione (fig. 3.3b).
Un esempio di luce polarizzata è quella del laser.
Nel paragrafo 3.2 vedremo come si trasforma luce non polarizzata in luce
polarizzata.
Figura 3.3
Rappresentazione del piano di
polarizzazione per un’onda che si
propaga lungo l’asse x, uscente
dal foglio e perpendicolare a esso.
La direzione delle doppie frecce
indica l’orientamento assunto dal
profilo del piano di polarizzazione
al variare del tempo; la lunghezza
indica l’oscillazione massima del
modulo di E. (a) Luce non polarizzata (orientazione casuale del
piano nel tempo) (b) luce polarizzata (orientazione costante del
piano nel tempo).
y
y
x
z
a
z
b
x
UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE
 Spettro della luce
La luce può contenere una o più onde luminose, ciascuna caratterizzata dalla
propria lunghezza d’onda. L’insieme di queste lunghezze d’onda, definisce lo
spettro della luce. Rispetto allo spettro, le onde luminose si classificano nel
seguente modo.
Luce monocromatica: composta da una sola onda luminosa con relativa
lunghezza d’onda.
Luce policromatica: composta da due o più onde luminose, chiamate luci
o componenti monocromatiche, ciascuna con una propria lunghezza d’onda.
La desinenza “cromatica” usata nelle due definizioni deriva dal fatto che
la lunghezza d’onda dell’onda luminosa determina il suo colore (cromatismo
della luce).
In Tabella 3.2 è riportata la corrispondenza tra le possibili lunghezze d’onda
delle onde luminose e i relativi colori. Per esempio, una luce monocromatica
con una lunghezza d’onda compresa tra 620 nm e 700 nm appare con un colore
di tonalità tendente al rosso.
lunghezza d’onda (nm)
colore
620 - 700
rosso
580 - 620
arancione
560 - 580
giallo
490 - 560
verde
460 - 490
azzurro
430 - 460
indaco
400 - 430
violetto
Tabella 3.2
Corrispondenza tra lunghezze
d’onda e colore delle onde luminose.
Un esempio di luce monocromatica è quella emessa da un laser (fig. 3.4a).
Esempi di luce policromatica sono la luce bianca emessa dal Sole o dalle lampade alogene (fig. 3.4b). Le luci monocromatiche componenti la luce bianca
hanno tutte le lunghezze d’onda e tutti i relativi colori elencati in tabella 3.2:
da qui l’origine del colore bianco, generato appunto dalla miscela di colori
compresi tra il rosso e il violetto.
Figura 3.4
Esempi di sorgenti di luce (a)
monocromatica (laser) e (b) policromatica (lampadina alogena).
a
b
639
640
MODULO F - ONDE
Analisi spettrale della luce
La determinazione delle lunghezze d’onda delle componenti monocromatiche
di una luce policromatica è chiamata analisi spettrale della luce e avviene
tramite strumenti ottici.
La capacità di uno strumento ottico di visualizzare le componenti monocromatiche componenti una luce policromatica è chiamata dispersione.
Esempi di strumenti ottici con capacità dispersive, detti anche elementi dispersivi, sono il reticolo (par. 3.5) e il prisma (par. 4.4, unità F4). Ricordiamo che
il colore contraddistingue visivamente le differenti lunghezze d’onda di una
luce policromatica. Quindi
l’analisi spettrale consiste nella misura delle lunghezze d’onda delle luci
colorate componenti lo spettro.
A riguardo si ha la seguente classificazione.
Spettro discreto o a righe, dove ciascuna lunghezza d’onda è individuata da
una singola riga colorata (fig. 3.5a).
Spettro continuo, dove le lunghezze d’onda assumono valori talmente vicini che
i colori associati cambiano tonalità con continuità, senza interruzioni (fig. 3.5b).
Figura 3.5
Fotografie di spettri dove a ogni
tonalità di colore dell’onda luminosa è abbinata la relativa lunghezza
d’onda: (a) spettro discreto o a
righe; (b) spettro continuo della
luce policromatica bianca emessa
da una lampadina incandescente.
700
650
600
550
500
450
400
l (nm)
700
650
600
550
500
450
400
l (nm)
a
b
 Ottica ondulatoria e Ottica geometrica
In questa e nella prossima unità trattiamo l’Ottica, parte della Fisica inerente alle proprietà e alla propagazione della luce, sia attraverso il vuoto sia nei
materiali (par. 1.1, unità A1). A sua volta, l’Ottica si articola in due parti, sulla
base dei due modelli adottati per descrivere il fenomeno “luce”.
UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE
Ottica ondulatoria3 (unità F3)
Adotta il modello ondulatorio, in cui la luce è descritta secondo i parametri della teoria delle onde, quali fronte d’onda, frequenza, lunghezza d’onda,
piano di vibrazione. L’Ottica ondulatoria tratta i fenomeni che evidenziano
la natura ondulatoria della luce (da qui il termine “ondulatorio”), come polarizzazione (par. 3.2), interferenza (par. 3.3), diffrazione (par. 3.4), analisi
spettrale (par. 3.5).
Ottica geometrica (unità F4)
Interviene quando la lunghezza d’onda delle onde luminose è trascurabile
rispetto alle dimensioni dei corpi illuminati. Adotta il modello a raggio, in
cui la luce è descritta solo dai raggi perpendicolari dei fronti d’onda. L’Ottica
geometrica tratta il fenomeno della riflessione su specchi e della rifrazione
attraverso lenti. La descrizione dei raggi luminosi in termini di linee rette comporta l’analisi dei fenomeni utilizzando gli strumenti della geometria (da qui il
termine “geometrica”).
Analizziamo il comportamento delle famose lenti polaroid rispetto alla luce.
3.2
Polarizzazione
La luce non polarizzata si distingue da quella polarizzata, a seconda dell’orientamento fisso o rotatorio variabile del vettore campo elettrico E. La figura 3.6
rappresenta una prospettiva tridimensionale della funzione spaziale di un’onda luminosa non polarizzata. La tridimensionalità è dovuta alla rotazione del
campo elettrico durante la propagazione, come evidenziato dal vettore E che
assume infinite direzioni casuali.
sezione dell’onda luminosa
secondo un piano trasversale
In questo paragrafo descriviamo uno tra i vari metodi per trasformare la luce
non polarizzata in polarizzata.
3
La teoria delle onde luminose trattata in questa unità è a volte denominata Ottica fisica per distinguersi dall’Ottica
geometrica.
Figura 3.6
Luce non polarizzata con il vettore
campo elettrico e, dunque, il piano
di polarizzazione, in rotazione
casuale. Confrontare con la figura
3.3a che mostra la prospettiva
frontale.
641
642
MODULO F - ONDE
 Luce polarizzata tramite polarizzatore a lamina
Figura 3.7
Polarizzatore a lamina: (a) modello per macchina fotografica; (b)
modello per laboratorio con ghiera
graduata; (c) struttura con evidenziato l’intrinseco asse di trasmissione.
Certi materiali, come quello delle lenti polaroid, influenzano la polarizzazione
della luce che li attraversa. Il polarizzatore a lamina è uno strumento ottico,
particolarmente impiegato in fotografia, che sfrutta questa proprietà. In figura
3.7a e b esempi di polarizzatori, e in figura 3.7c lo schema della loro struttura
con evidenziato (in rosso) l’asse di trasmissione. La direzione di questo asse
è stabilita durante la fase di costruzione del polarizzatore e, come vedremo,
individua il piano di polarizzazione imposto dal polarizzatore sulla luce che
lo attraversa.
a
b
c
Comportamento del polarizzatore a lamina
Descriviamo il comportamento del polarizzatore con tre esempi significativi.
In figura 3.8a, la luce incidente ha un piano di polarizzazione parallelo a quello
formato dall’asse di trasmissione con la direzione di propagazione: l’effetto è
la trasmissione completa della luce. In figura 3.8b, il piano di polarizzazione è
perpendicolare all’asse di trasmissione: l’effetto è l’arresto della propagazione
della luce.
Rispetto a questi due esempi, possiamo affermare che il polarizzatore lascia
passare la luce quando E è parallelo all’asse di trasmissione, e blocca la luce
quando E è perpendicolare.
Figura 3.8
Polarizzatore a lamina investito da
luce polarizzata; rispetto l’asse di
trasmissione: (a) vettore E parallelo; (b) vettore E perpendicolare (vedere linea tratteggiata nera
sulla lamina).
E
a
E
E
b
A questo punto è prevedibile il comportamento descritto in figura 3.9a, dove la
luce ha un piano di polarizzazione orientato di un generico angolo  rispetto
all’asse di trasmissione. Il vettore E è scomposto secondo le due seguenti componenti vettoriali (fig. 3.9b):


la componente vettoriale di E parallela all’asse di trasmissione, E//, che individua il piano di polarizzazione della luce trasmessa dal polarizzatore;
la componente vettoriale di E perpendicolare all’asse di trasmissione, che è
bloccata e non “partecipa” alla propagazione luminosa.
UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE
Naturalmente il modulo della componente trasmessa E// dipenderà dall’angolo  (vedere a seguire legge di Malus).
I tre esempi descritti si riferiscono a luci polarizzate. Nel caso più
generale di luce non polarizzata, il comportamento è analogo: di
ogni direzione casuale del vettore campo elettrico, il polarizzatore a lamina trasmette solo la luce con le componenti vettoriali di
E lungo l’asse di trasmissione, bloccando quelle perpendicolari,
come già mostrato in figura 3.9b. Riassumendo:
la luce trasmessa da un polarizzatore a lamina è polarizzata
secondo un piano parallelo a quello formato dall’asse di trasmissione e la direzione di propagazione.
q
E
E
a
 Misura della luce polarizzata
E//
q
E
L’occhio umano non distingue la luce polarizzata da quella non
polarizzata e, tanto meno, individua l’orientazione del piano di
polarizzazione di un eventuale luce polarizzata. Si deve ricorrere
all’analisi strumentale per studiare la polarizzazione della luce.
b
Orientamento del piano di polarizzazione
Lo strumento ottico di figura 3.10 rileva il piano di polarizzazione di una luce
polarizzata individuando l’asse di trasmissione della lamina che la polarizza. È
composto dai seguenti due polarizzatori paralleli e collimati:


polarizzatore fisso P di cui si vuole individuare l’asse di trasmissione TP (se
in figura quest’ultimo è tracciato con la linea a tratto nera per facilitare la
spiegazione);
polarizzatore ruotante A, chiamato analizzatore, con direzione dell’asse
di trasmissione TA nota, solidale a una ghiera graduata che misura l’angolo
della sua rotazione rispetto all’asse y (fig. 3.7b).
TP (?)
a
polarizzatore P
TP (?)
y
q
TA
analizzatore A
y
q
TA
b
Figura 3.9
(a) Polarizzatore a lamina investito da luce polarizzata con piano
di polarizzazione inclinato rispetto all’asse di trasmissione. (b)
Vista frontale della lamina. La
componente vettoriale di E parallela all’asse di trasmissione, E// è
quella trasmessa dal polarizzatore
(la componente è relativa alla massima oscillazione del modulo di E).
polarizzatore P
analizzatore A
Figura 3.10
Polarizzatore e analizzatore per la
misura dell’orientamento dell’asse
di trasmissione del polarizzatore
P (anche se indicato, l’asse di
trasmissione non è noto, come
evidenziato dal punto di domanda).
(a) TP e TA sono paralleli e l’osservatore percepisce intensità di
luce massima. (b) TP e TA sono
perpendicolari e l’osservatore percepisce intensità di luce nulla: a 
occorre sommare (o sottrarre) 90°
per ricavare l’inclinazione del piano
di polarizzazione.
643
644
MODULO F - ONDE
Descriviamo il funzionamento. Una luce non polarizzata incide su P, che la
polarizza secondo un piano con angolo incognito  rispetto all’asse verticale y
di A. Ruotando A, l’osservatore percepisce intensità massima (nulla) della luce
trasmessa quando gli assi di trasmissione TP e TA sono tra loro paralleli (perpendicolari). L’orientamento del piano di polarizzazione è quindi rilevato dall’angolo  misurato dalla ghiera graduata di A, quando l’osservatore percepisce luce
con intensità massima o nulla.
Attenzione: se l’osservatore percepisce una intensità nulla, il piano di polarizzazione della luce trasmessa da P è ortogonale rispetto all’angolo  registrato da A.
In figura 3.11 è riprodotto il funzionamento dello strumento ottico descritto,
usando due comuni lenti polaroid sovrapposte. Nella figura 3.11a, le due lenti
sono disposte in modo da rendere gli assi di trasmissione tra loro paralleli.
In figura 3.11b, la lente A, che simula l’analizzatore, ha asse di trasmissione
ruotato di 90° rispetto all’asse di P (che simula il polarizzatore): in questo caso
l’intensità della luce passante si riduce a zero.
Attenzione: quando la luce attraversa l’analizzatore, l’orientamento del piano
di polarizzazione si sposta lungo il suo asse di trasmissione, a meno che non
sia già parallelo a quello del polarizzatore.
Figura 3.11
Coppia di lenti polaroid con assi di
trasmissione TP e TA tra loro (a)
paralleli e (b) perpendicolari.
P
P
TP
TP
A
TA
a
TA
A
b
Legge di Malus
Figura 3.12
Posizione reciproca degli assi di
trasmissione TA e TP rispetto all’osservatore nell’istante il cui il vettore
E, adagiato su TP, assume modulo
massimo con conseguente proiezione vettoriale su TA.
y
Nel ruotare l’analizzatore di figura 3.10 dalla posizione angolare con intensità
nulla a quella con intensità massima, o viceversa, l’osservatore percepisce una
graduale variazione della luminosità. Infatti, ricordando il caso di orientazione generica di figura 3.9, la luce trasmessa da A trasporta in ogni istante di
tempo t la componente vettoriale E// della luce proveniente da P lungo l’asse di
trasmissione TA; E// dalla figura ha modulo
E//  E (t ) cos 
TA
TP
E//0
q
E0
(1)
dove E(t) è il modulo di E nell’istante t. Il modulo massimo di E//,
cioè E//0, si raggiunge quando il modulo di E diventa massimo,
cioè quando E(t) = E0, come mostra la figura 3.12; quindi dalla (1)
E// 0  E0 cos 
(2)
A questo punto passiamo a valutare le intensità luminose.
L’intensità luminosa I percepita dall’osservatore sarà proporzionale al quadrato del modulo massimo di E//, cioè E//0. Quindi dalla
(3.2) abbiamo che
I   E// 0 
2
UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE
e sostituendo con la (2)
I  E02 cos 2 
(3)
Sempre applicando la (3.2), il termine E02 è proporzionale all’intensità dell’onda luminosa incidente sull’analizzatore, che indichiamo con I0. Quindi, passando alla relazione tra le intensità, la (3) diventa
I = I 0 cos 2 
(4)
La seguente legge di Malus (fig. 3.13) formalizza la (4), consentendo di misurare l’intensità della luce trasmessa dall’analizzatore per qualunque angolo tra
gli assi di trasmissione TP e TA:
l’intensità I della luce trasmessa da un analizzatore è funzione dall’angolo 
che forma il suo asse di trasmissione con quello del polarizzatore, secondo
la relazione
I = I 0 cos 2 
(3.3)
dove I0 è l’intensità della luce proveniente dal polarizzatore e incidente
sull’analizzatore.
Tramite il calcolo integrale, che non svolgiamo, dalla (3.3) si dimostra che,
nel caso l’analizzatore sia investito da luce di intensità I0, ma non polarizzata
(quindi polarizzatore assente), l’intensità I della luce trasmessa è
I =
I0
2
Figura 3.13
Louis Malus (Parigi, 1775; Parigi,
1812).
(3.4)
Problema svolto 3.1
In figura, un fascio di luce non polarizzata di intensità I0 incide su tre
lamine polarizzanti: la prima e la terza hanno assi di trasmissione ortogonali, la seconda ha asse di trasmissione che forma un angolo di 45° con
quello della prima. Determinare:
1) l’intensità e l’orientamento del piano di polarizzazione del fascio che
uscente dal sistema delle tre lamine.
2) l’intensità del fascio uscente se la seconda lamina viene tolta.
Figura 3.14
45°
90°
1) La luce incidente non polarizzata di intensità I0 è modificata dal primo polarizzatore in un fascio con piano di polarizzazione verticale di intensità
I1 
I0
2
645
646
MODULO F - ONDE
Il secondo polarizzatore riduce ulteriormente l’intensità I1 trasmettendo una
luce con intensità I2 calcolata dalla legge di Malus (3.3)
2
I  2
I0
I 2  I1 cos 45  0 
 
2 2 
4
2
dove il piano di polarizzazione forma un angolo di 45° con il piano verticale.
Infine applichiamo di nuovo la (3.3) per determinare l’intensità I3 della luce
trasmessa del terzo e ultimo polarizzatore
2
I  2
I0
I 3  I 2 cos 45  0 
 
4 2 
8
2
dove il piano di polarizzazione finale del fascio è orizzontale.
2) Quando togliamo la lamina intermedia, poiché le due lamine rimanenti
hanno assi di trasmissione ortogonali, l’intensità della luce trasmessa diventa nulla.
La figura luminosa prodotta dall’interferenza tra due luci coerenti è la prova
sperimentale della natura ondulatoria della luce.
3.3
Figura 3.15
Thomas Young (Milverton 1773,
Londra 1829).
Interferenza luminosa
Affrontiamo il fenomeno ondulatorio di interferenza tra due onde luminose.
Immaginiamo la figura 1.19 dell’unità F1 con due sorgenti luminose coerenti.
I fronti d’onda sferici si propagano e interferiscono tra loro. L’intensità della
luce risultante percepita da un osservatore in un punto della figura di interferenza è massima se è punto di interferenza costruttiva, ed è nulla se è di
interferenza distruttiva.
 Esperienza di Young per l’interferenza
L’apparato ideato da Thomas Young (fig. 3.15) è in grado di proiettare su uno
schermo la figura di interferenza prodotta da due fasci di luce coerenti, originati da una unica sorgente di luce monocromatica, con fronti d’onda piani,
che investe due fenditure4 parallele. Per trasformare le superfici sferiche dei
fronti d’onda in superfici piane, si colloca la sorgente a distanza infinita dalle
fenditure, in modo da attenuare la curvatura dei fronti. La condizione ideale
di “distanza infinita” si ottiene utilizzando un laser, che produce un fascio luminoso monocromatico e con fronti d’onda piani (soluzione adottata anche per il
fenomeno di diffrazione nel prossimo paragrafo).
4
La fenditura è un’apertura rettangolare molto lunga e stretta.
UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE
Realizzazione della condizione di coerenza
Per ottenere una figura di interferenza stabile è necessaria la coerenza tra le
due onde interferenti (par. 1.4, unità F1). L’esperienza di Young ottiene la coerenza utilizzando un diaframma a doppia fenditura come quello di figura 3.16a.
Le fenditure 1 e 2 sono investite contemporaneamente dai singoli fronti d’onda
piani del laser provenienti dalla sinistra. Per il principio di Huygens (par. 1.2,
unità F1), essendo le fenditure colpite dal medesimo fronte d’onda, diventano
a loro volta due sorgenti di luce coerente con fronti d’onda sferici.
In figura 3.16b la vista frontale del diaframma con le due fenditure larghe a
e distanti d. Per creare una figura di interferenza non disturbata da effetti di
diffrazione (vedere par. 3.4), la larghezza a deve essere molto minore della
lunghezza d’onda della luce incidente, cioè
a  
(3.5)
d
sorgente
secondaria
1
2
diaframma
sorgente
secondaria
a
a
b
a
c
Se la (3.5) è rispettata, il fenomeno ondulatorio si manifesta con la proiezione
su uno schermo della caratteristica figura di interferenza, composta da una
serie di frange luminose separate da zone di buio, di spessore e intensità uniforme (fig. 3.19).
Realizzazione dell’esperienza
Nella figura 3.17a è riportato lo schema dell’esperienza di Young: il diaframma
di figura 3.16 è collocato a una distanza L dallo schermo che raccoglie la figura
di interferenza. Le rette r1 e r2 indicano il percorso dei raggi luminosi dalle due
fenditure a un generico punto P dello schermo. Imponendo
L  d
(3.6)
P
d q
r
q
q
r2
d
x
2
L
a
r2
q
q
2
diaframma
q
1
0
r
r1
r1
1
schermo
Figura 3.16
Diaframma a doppia fenditura per
l’esperienza di Young: (a) vista
schematica di profilo; (b) vista
frontale (per maggior chiarezza la
larghezza a è sovradimensionata).
(c) Esemplare di diaframma per
laboratorio con tre doppie fenditure di larghezza a = 0,10 mm,
0,15 mm, 0,20 mm e distanza
d = 0,30 mm tra ogni coppia di
fenditure.
b
d
diaframma
nq
se
Figura 3.17
Esperienza di Young. (a) Schema
dell’esperienza. (b) Ingrandimento
del diaframma: con la condizione
L >> d i due raggi luminosi uscenti
dalle fenditure si possono considerare paralleli.
647
648
MODULO F - ONDE
le due rette si possono ritenere parallele alla retta intermedia r. Questo consente di approssimare le inclinazioni di r1 ed r2 con il medesimo angolo  rispetto
all’asse orizzontale di simmetria x, facilitando l’analisi della figura di interferenza (vedere seguente sottoparagrafo). La figura 3.17b mostra un ingrandimento della zona del diaframma che evidenzia la comune pendenza con angolo
 delle rette r1, r2 ed r.
 Posizione angolare delle frange di interferenza
Le posizioni delle frange luminose e scure sullo schermo sono definite dall’angolo di inclinazione . Dal paragrafo 1.4 dell’unità F1, i punti di interferenza
costruttiva e distruttiva dipendono dalla differenza di cammino delle due onde
che interferiscono. La figura 3.17b mostra la differenza di cammino   r1  r2
tra i due raggi luminosi nel raggiungere un generico punto sullo schermo:
imponendo la condizione (3.6), per la regola dei triangoli rettangoli, si ha
  d sen 
(3.7)
con  variabile da 0 (raggi perpendicolari al piano del diaframma) a 90° (raggi
paralleli al diaframma).
I punti componenti le frange luminose sullo schermo sono ovviamente di interferenza costruttiva, cioè punti raggiunti dai raggi r1 ed r2 attraverso distanze
con differenza di cammino
  m  con m = 0, 1, 2, …
Sostituendo nella (3.7) e isolando il seno, si deduce che
le frange luminose della figura di interferenza sono create dai raggi di luce
inclinati di un angolo  che soddisfa la relazione
sen   m

con m = 0, 1, 2, …
d
(3.8a)
I punti componenti le frange scure sullo schermo sono ovviamente di interferenza distruttiva, cioè punti raggiunti dai raggi r1 ed r2 attraverso distanze con
differenza di cammino
   2m  1

con m = 0, 1, 2, …
2
Sostituendo nella (3.7) e isolando il seno, si deduce che
le frange scure della figura di interferenza sono create dai raggi di luce inclinati di un angolo  che soddisfa la relazione
sen    2m  1

2d
con m = 0, 1, 2, …
(3.8b)
Essendo la figura di interferenza simmetrica rispetto l’asse x, l’angolo  dedotto dalle (3.8) individua anche la posizione angolare della frangia speculare
rispetto l’asse. Con l’aumentare di m, la relativa coppia di frange si distanzia
dalla frangia centrale identificata da  = 0. La frangia centrale è luminosa perché la sua posizione angolare si ottiene solo con la condizione di interferenza
costruttiva (3.7a) ponendo m = 0.
UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE
 Intensità delle frange di interferenza
In figura 3.18 si può osservare l’andamento dell’intensità luminosa I, distribuita sulla figura di interferenza, in funzione dell’angolo di inclinazione .
I punti di massimo (minimo) dell’intensità luminosa I indicano la posizione
angolare delle frange luminose (scure).
7
6
5
4
3
2
1
I
1
2
0
3
4
5
6
Figura 3.18
Figura di interferenza: andamento
dell’intensità I in funzione della
posizione angolare  con gli ordini
di frangia; la massima intensità
raggiunta dalle frange luminose è
costante.
7
q
Come accennato, la figura è simmetrica rispetto alla frangia centrale luminosa. Le frange luminose sono accompagnate da un numero, definito ordine di
frangia: si tratta del valore di m inserito nella (3.7a) per determinare la relativa posizione angolare. Ogni coppia di frange, con uguale posizione angolare
rispetto a quella centrale, ha medesimo ordine di frangia.
Nel box dedicato, dimostreremo che il grafico di figura 3.18 è descritto dalla
funzione periodica
I  4 I 0 cos 2 
(3.9a)
dove I0 è l’intensità della luce monocromatica incidente sul diaframma con le
fenditure, e  è un angolo in funzione dell’angolo di inclinazione , secondo la
relazione
 
d

sen 
(3.9b)
Il valore costante 4I0 indica l’intensità massima , comune a tutte le frange luminose. Infatti, la condizione (3.5) impedisce l’effetto di diffrazione sulla figura
di interferenza; in caso contrario, l’intensità diminuirebbe
spostandosi verso le frange più esterne (vedere diffrazione
doppia fenditura, par.3.4).
A causa del basso valore della lunghezza d’onda delle onde
luminose è però quasi impossibile ottenere la condizione
(3.5). Le larghezze delle fenditure dovrebbero infatti essere
dell’ordine dei nanometri, valori difficilmente realizzabili.
In figura 3.19 un esempio di figura di interferenza ottenuta
in laboratorio.
Figura 3.19
Foto della figura di interferenza
ottenuta in laboratorio utilizzando
un laser come sorgente luminosa.
649
650
MODULO F - ONDE
Determinazione lunghezza d’onda
Dalla figura di interferenza proiettata sullo schermo possiamo determinare la
lunghezza d’onda dei due fasci di luce che interferiscono.
Per la (3.6), l’angolo relativo a frange luminose di ordine basso soddisfa l’approssimazione
(1)
sen   tan 
Nella figura 3.20, indichiamo con ym la distanza tra l’asse di simmetria x e la
posizione della frangia luminosa di ordine m, con m piccolo: dalla relazione
trigonometrica fondamentale, tan  = (sen ) / cos , si verifica facilmente dalla
figura che
sen  ym

cos 
L
tan  
Figura 3.20
Posizione lineare ym della frangia
per la deduzione della lunghezza
d’onda: la misura è effettuata tra
l’asse di simmetria x e la linea
corrispondente al massimo di una
generica frangia luminosa.
(2)
schermo
2
diaframma
1
q
0
ym
x
1
2
L
Siccome stiamo considerando la posizione angolare di una frangia luminosa,
scriviamo la (3.8a) sostituendo dapprima il seno con la (1) e poi sostituendo la
tangente con la (2): otteniamo
ym

m
L
d
da cui ricaviamo la lunghezza d’onda

ym d
mL
(3.10)
con m corrispondente alla frangia luminosa coinvolta nella misura di ym.
Attenzione: ym deve essere misurato tra l’asse x e il punto di mezzo (cioè di
massima intensità) della frangia di ordine m.
Distanza tra frange omogenee
Se dalla (3.10) isoliamo la distanza di una frangia luminosa di un determinato
ordine, cioè
ym  m
L

d
(1)
possiamo misurare la distanza che separa due frange contigue. Ipotizziamo
di volere conoscere la distanza tra la frangia luminosa di ordine 1 e quella di
ordine 2: dalla (1) abbiamo
UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE
y2  y1  2
L
L
L
  
d
d
d
e, dunque, generalizzando per qualsiasi coppia di frange luminose contigue, la
distanza tra i relativi massimi è data dalla relazione
y 

d
L
(3.11)
Dalla (3.11), la distanza tra le frange non dipende dall’ordine di frangia: quindi
è uniforme per tutte la figura di interferenza; inoltre dipende solo dalla lunghezza d’onda. Siccome la distanza tra le frange è legata allo spessore possiamo affermare che
lo spessore delle frange di interferenza è uniforme e dipende solo dalla lunghezza d’onda.
Dimostrazione 3.1
Dimostrare le (3.9) che descrivono l’andamento dell’intensità della figura
di interferenza.
La dimostrazione è analoga a quella svolta nell’approfondimento sull’interferenza dell’unità F1 per onde generiche. Consideriamo quindi direttamente il
risultato finale, cioè la funzione che descrive l’andamento dell’ampiezza della
funzione d’onda risultante
  
2 A cos 

 2 
(1)
Adattiamo la (1) ai parametri dell’interferenza luminosa, e per questo dobbiamo ridefinire l’ampiezza A e la differenza di fase .
Ampiezza A
L’onda luminosa incidente sul diaframma con le fenditure trasporta il vettore
campo elettrico E con modulo descritto dalla funzione d’onda (3.1a) e con
ampiezza E0; quindi
(2)
A  E0
Differenza di fase 
La differenza di cammino  tra i due raggi luminosi che partono dalle due
fenditure, è data dalla (3.7):
  d sen 
A questo punto, riproponiamo la (1.c) dell’approfondimento dell’unità F1, cioè
la relazione tra la differenza di fase e la differenza di cammino
  k 
dove ricordiamo che k = 2/; sviluppando quindi k e , otteniamo
 
2


2

d sen 
(3)
A questo punto, sostituendo la (2) e la (3) nella (1), otteniamo l’ampiezza della
funzione d’onda risultante specifica per l’interferenza luminosa
651
652
MODULO F - ONDE
 d

2 E0 cos   sen  
 

(4)
Per la (3.2), l’intensità luminosa è proporzionale all’ampiezza della funzione
d’onda risultante, quindi
2

 d

 d

I   2 E0 cos   sen     4 E02 cos 2   sen  
 

 


(5)
Ricordiamo che il termine E02 nella (5) è il quadrato del modulo di E dell’onda
luminosa incidente sul diaframma e, sempre per la (3.2), è proporzionale alla
relativa intensità luminosa, che indichiamo con I0. Sostituendo e considerando
la relazione per le intensità, otteniamo quindi la conclusiva (3.9), cioè
 d

I  4 I 0 cos 2   sen  
 

Problema svolto 3.2
Per determinare la lunghezza d’onda della luce emessa da un laser, si
invia il raggio luminoso su una doppia fenditura. La distanza tra le due
fenditure è d = 0,10 mm. Lo schermo per la visione dista dalla doppia fenditura L = 1,0 m. La frangia chiara del quinto ordine si trova a y5 = 2,7 cm
dall’asse di simmetria. Determinare:
1) la lunghezza d’onda della luce laser;
2) la distanza tra due frange luminose contigue.
1) Poiché la distanza fenditure-schermo è molto maggiore di quella tra le due
fenditure, possiamo calcolare la lunghezza d’onda della luce con la (3.10)

y5 d (2, 7 102 m)(0,10 103 m)

 5, 4 107 m  540 nm
5L
5 (1, 0 m)
2) Calcoliamo la distanza tra due frange luminose contigue con la (3.11)
y 

d
L
(5, 4 107 m) (1, 0 m)
 0, 0054 m  5, 4 mm
0,10 103 m
In certe condizioni, la figura luminosa di diffrazione e quella di interferenza
appaiono simultaneamente.
3.4
Diffrazione luminosa
Affrontiamo il fenomeno della diffrazione nel caso di un’onda luminosa.
Rivediamo le figure 1.30a e 1.30b dell’unità F1, immaginando il caso di onde
luminose emesse da una sorgente monocromatica.
I fronti d’onda sferici si propagano illuminando zone apparentemente proibite dagli ostacoli. Come sappiamo, la diffrazione si verifica se la dimensione
a dell’ostacolo è dello stesso ordine di grandezza della lunghezza d’onda 
dell’onda incidente. Invece la diffrazione di un’onda luminosa può apparire
UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE
con ostacoli di dimensione più ampia, cioè
  a  103 
(3.12)
Se la (3.12) è rispettata, il fenomeno ondulatorio si manifesta con la proiezione
su uno schermo della caratteristica figura di diffrazione, composta da una serie di
frange luminose separate da zone buie, di spessore e intensità variabile (fig. 3.27).
Figura 3.21
Joseph Fraunhofer (Straubing
1787, Monaco di Baviera 1826).
Modello di Fraunhofer
Analizziamo la diffrazione basandoci sul modello ideato da Fraunhofer (fig.
3.21) che prevede le seguenti due condizioni operative:
1) la diffrazione deve essere causata dal passaggio attraverso una fenditura di
un fascio di luce monocromatica con fronti d’onda piani;
2) dopo il passaggio attraverso la fenditura, i raggi luminosi devono essere
paralleli tra loro.
In figura 3.22 è schematizzata la zona del diaframma con la relativa fenditura.
La condizione 1 è soddisfatta usando la luce monocromatica e con fronti d’onda piani di un laser e la condizione 2 ponendo lo schermo che raccoglie la figura di diffrazione a distanza infinita, in modo da appiattire la superficie sferica
dei fronti d’onda e, dunque, approssimare raggi di luce paralleli. In laboratorio
si raggiunge la condizione ideale di “distanza infinita” posizionando tra fenditura e schermo una lente convergente (par. 3.5, unità F4).
schermo
a distanza
infinita
laser
q
Figura 3.22
Modello di Fraunhofer per la diffrazione. Lo schermo è virtualmente
a distanza infinita; per semplicità
sono mostrati solo i raggi (sempre
tra loro paralleli) che raggiungono
lo schermo con una generica inclinazione .
diaframma
Diffrazione originata da interferenza
Nella figura 3.23 consideriamo
l’impatto del fronte d’onda piano
sulla fenditura secondo il modello
di Fraunhofer. Per il principio di
Huygens, i punti (in rosso) del fronte
d’onda piano diventano a loro volta
sorgenti secondarie emittenti luci con
fronti d’onda sferici; essendo queste
originate dal medesimo fronte d’onda, sono tra loro coerenti. Possiamo
quindi studiare la diffrazione come
effetto dell’interferenza di raggi lumi-
Figura 3.23
Principio di Huygens applicato al
fronte d’onda che arriva alla fenditura (sono solo indicati i raggi
tra loro paralleli con una certa
inclinazione).
diaframma
653
654
MODULO F - ONDE
nosi provenienti da sorgenti coerenti e, dunque, applicare le relazioni di interferenza costruttiva e distruttiva (3.9) dedotte dall’esperienza di Young.
 Diffrazione con singola fenditura
Figura 3.24
Schema dell’esperienza di diffrazione attraverso singola fenditura;
non è mostrata la lente che consente di soddisfare la condizione
di distanza infinita (L = ).
Tramite il modello di Fraunhofer, e considerando la presenza di interferenza
dovuta all’applicazione del principio di Huygens, analizziamo la figura di diffrazione di una luce monocromatica
che attraversa una singola fenditura.
P
Lo schema dell’esperienza è rappresentato nella figura 3.24. L’angolo 
r
indica l’inclinazione di un generico
raggio luminoso r rispetto all’asse
q
a
x
di simmetria x, a cui corrisponde il
punto P sullo schermo. In modo analogo all’esperienza di Young, deterL=¥
miniamo le posizioni angolari delle
frange che appaiono sullo schermo e
diaframma
schermo
l’andamento delle loro intensità.
Posizione angolare delle frange di diffrazione
In figura 3.25, consideriamo due raggi campione: quello uscente dall’estremo
superiore )indicato con 1) e quello uscente dall’estremo inferiore (indicato con
2), entrambi con un angolo di inclinazione . La differenza di cammino tra i
due raggi è
  a sen 
Figura 3.25
Raggi luminosi uscenti dalle sorgenti secondarie 1 e 2 con angolo
di inclinazione  e differenza di
cammino ∆ e con  e ∆ nulli.
Nella stessa figura sono tracciati i raggi
perpendicolari alla fenditura responsabili della frangia centrale della figura
di diffrazione: per essi abbiamo  = 0
e, per la (1),  = 0.
Dalle condizioni di interferenza
(3.8), l’annullamento della differenza di cammino  comporta interferenza costruttiva, da cui si deduce
che la frangia centrale è luminosa.
Sperimentalmente, si osserva un’alternanza tra frange scure e chiare ai
lati della frangia centrale luminosa
(fig. 3.27). Si può dimostrare (non lo
facciamo) che
(1)
diaframma
1
q
q
a
q
2
a
D=
sen
q
le frange scure della figura di diffrazione sono create dai raggi di luce inclinati di un angolo  che soddisfa la relazione
sen   m

a
con m = 1, 2, 3 …
(3.13)
In modo analogo all’interferenza, l’angolo  dedotto dalla (3.13) individua anche
la posizione angolare della frangia scura simmetrica rispetto all’asse orizzontale x.
UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE
Intensità delle frange di diffrazione
La figura 3.26 mostra l’andamento dell’intensità luminosa I, distribuita sulla
figura di diffrazione, in funzione dell’angolo di inclinazione . I punti di massimo (minimo) indicano la posizione angolare delle frange luminose (scure).
L’andamento è descritto dalla seguente funzione matematica (che non dimostriamo):
 sen 2  
I  I0 

2
  
(3.14a)
dove I0 è l’intensità della frangia centrale, e  è un angolo funzione di  secondo
la relazione
 
I
a

sen 
(3.14b)
Figura 3.26
Figura di diffrazione: andamento
dell’intensità I in funzione della
posizione angolare .
0
1
1
q
Figura 3.27
Foto della figura di diffrazione ottenuta in laboratorio con luce laser.
In figura, le frange luminose sono
accompagnate dall’ordine di frangia:
quella centrale di ordine 0 è molto
più larga e intensa rispetto a quelle
di ordine superiore che sono, quindi,
meno luminose. In figura 3.27 un
esempio di figura di diffrazione ottenuta in laboratorio.
Figura 3.28
Posizione angolare delle frange
scure per definire la larghezza
della frangia centrale della figura
diffrazione.
Larghezza della frangia centrale
2
Determiniamo la larghezza della frangia luminosa centrale della figura di diffrazione tramite le
posizioni angolari. Consideriamo in figura 3.28 le
posizioni angolari delle frange scure (cioè i punti
di minimo) ai lati di quella centrale. L’angolo ,
uguale per entrambe, è dato dalla (3.13) con m = 1
e dunque
sen  

a
(1)
1
q
q
0
1
2
diaframma
schermo
x
655
656
MODULO F - ONDE
Essendo solitamente  piccolo, possiamo approssimare sen    , e la (1) diventa


(2)
a
L’angolo  quantifica però solo mezza larghezza della frangia centrale (vedere
figura): è dunque più idoneo definirlo semi-larghezza angolare e indicarlo
come 1/ 2 . Quindi dalla (2) abbiamo
1/ 2 

(3.15)
a
La figura 3.29 mostra l’influenza della lunghezza d’onda e della larghezza della
fenditura sulla larghezza della frangia centrale tramite la (3.15): a parità di
lunghezza d’onda, aumentando la larghezza della fenditura, la frangia centrale
si restringe.
Figura 3.29
Confronto tra gli andamenti dell’intensità della figura di diffrazione
al variare della larghezza della
fenditura.
I
0
a=l
q
I
0
a=5l
1
1
q
I
0
a = 10 l
3
2
1
1
2
3
q
UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE
Problema svolto 3.3
Un fascio di luce di lunghezza d’onda  = 380 nm è inviato su una fenditura di larghezza a = 0,070 mm; si forma una figura di diffrazione su uno
schermo posto a L = 60 cm dalla fenditura. Determinare:
1) la posizione angolare del primo minimo;
2) la larghezza y della frangia centrale luminosa misurata tra i due minimi adiacenti.
1) Abbiamo il primo minimo per valori dell’angolo  che soddisfano la (3.13),
quindi
 380 109 m 

  arcsen    arcsen 
  0,31
3
a
 0, 070 10 m 
2) Calcoliamo il doppio della semi-larghezza angolare (3.15), cioè
  2

a
Dalla figura 3.28, e applicando una nota relazione di trigonometria, ricaviamo la larghezza y della frangia centrale
y  2 L

a

2 (0, 60 m)(380 109 m)
 6, 6 103 m  6, 6 mm
0, 070 103 m
L’esperienza è realizzata con una fenditura definita larga (circa due ordini
di grandezza maggiore della lunghezza d’onda). È per questo che la fascia
luminosa centrale ha una piccola ampiezza angolare (fig. 3.29). L’effetto di
diffrazione è comunque visibile, infatti la frangia luminosa centrale è larga
quasi cento volte più della fenditura.
 Diffrazione e interferenza con doppia fenditura
La condizione (3.5), imposta per l’esperienza di Young, è difficilmente realizzabile: le fenditure hanno larghezze più ampie e l’andamento della funzione di
figura 3.18 con intensità massima uniforme è da ritenersi ideale. Consideriamo
invece l’esperienza di Young con le fenditure distanti d sempre secondo la condizione (3.6), cioè
L  d
ma con larghezza a che rispetta la condizione (3.12), cioè
  a  103 
La figura luminosa che appare è composta da quella di interferenza e da quella
di diffrazione, come andiamo a dimostrare considerando i due fenomeni distinti.
La doppia fenditura comporta la figura di interferenza con andamento dell’intensità descritto dalla funzione (3.9a); riproponiamo qui di seguito la funzione
con il nome di fattore di interferenza
I  4 I 0int cos 2 
(1)
657
658
MODULO F - ONDE
dove   
d

sen  e I 0int è l’intensità della luce che incide il diaframma con le
fenditure (fig. 3.30a).
La singola fenditura comporta la figura di diffrazione con andamento dell’intensità descritto dalla funzione (3.14a); riproponiamo qui di seguito la funzione con il nome di fattore di diffrazione
 sen 2  
I  I 0diff 

2
  
(2)
a
dove    sen  e I 0diff è l’intensità della frangia luminosa centrale (fig.

3.30b).
La combinazione dei due fenomeni genera il grafico di figura 3.30c, dove
osserviamo le oscillazioni della figura di interferenza modulate dall’andamento
della figura di diffrazione. In termini matematici, la modulazione della figura
di interferenza si traduce sostituendo l’intensità I 0int del fattore di interferenza
(1) con il fattore di diffrazione (2), ottenendo la funzione generale
I  4I
Figura 3.30
Figura di diffrazione e interferenza
con doppia fenditura: andamento dell’intensità I. (a) Andamento
dovuto al fattore di interferenza.
(b) Andamento dovuto al fattore di diffrazione. (c) Modulazione
dell’ampiezza della figura di interferenza con la figura di diffrazione.
diff
0
 sen 2  
2

 cos 
2
  


(3.16)
I
q
a
I
b
I
c
q
UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE
Figura 3.31
Foto della figura di diffrazione e
interferenza con doppia fenditura
ottenuta in laboratorio con luce
laser.
Nella figura 3.31 si possono osservare le frange luminose di interferenza
con intensità modulata descritta dalla
(3.16).
Esistono strumenti ottici in grado di visualizzare le luci colorate monocromatiche
“nascoste” in una luce policromatica, come quella bianca del Sole o come quella di
una lampadina.
3.5
Reticolo e analisi spettrale
Dopo lo studio dell’interferenza con doppia fenditura, è logico “evolversi” e
indagare sull’interferenza multipla, generata da un numero maggiore di due
fenditure. In questo caso il fenomeno ondulatorio si manifesta con la proiezione su uno schermo della caratteristica figura di interferenza multipla. Si differenzia da quella a doppia fenditura perchè, al crescere del numero di fenditure,
le frange luminose diventano sempre più strette e intense. Con un reticolo, cioè
un diaframma contenente migliaia di fenditure, l’interferenza multipla acquisisce un potere di dispersione, caratteristica utile nell’analisi spettrale.
 Interferenza multipla e reticolo
Analizziamo la figura di interferenza multipla tramite un’esperienza simile a
quella di Young dove imponiamo il modello di Fraunhofer: quindi 1) diaframma con le N fenditure (N > 2) investito dalla luce monocromatica con fronti
d’onda piani di un laser, e 2) condizione di parallelismo per i raggi luminosi
che giungono allo schermo a formare la figura. Siccome la larghezza delle
fenditure non soddisfa la condizione (3.5), nella figura di interferenza multipla
compare pure la modulazione dell’intensità delle frange luminose dovuta alla
componente di diffrazione, come abbiamo visto per la doppia fenditura.
Posizioni angolari dei picchi luminosi
La figura 3.32 mostra un esempio
di diaframma a fenditura multipla
(N = 5), con fronti d’onda piani incidenti e raggi uscenti tra loro paralleli
inclinati di un generico angolo .
Come precedentemente accennato,
nella figura di interferenza multipla risaltano le frange luminose, che
assumono la forma di picchi particolarmente luminosi al crescere di N. È
facile prevedere che la loro posizione
angolare sarà definita dalla condizione di interferenza costruttiva (3.8a)
Figura 3.32
Interferenza multipla originata
da un diaframma a 5 fenditure
di larghezza a distanziate di una
lunghezza e.
q
e
diaframma
a
659
660
MODULO F - ONDE
valida per le due fenditure. Quindi
i picchi luminosi della figura di interferenza multipla sono creati dai raggi di
luce inclinati di un angolo  che soddisfa la relazione
sen   m

con m = 0, 1, 2, …
e
(3.17)
dove  è la lunghezza d’onda, e è la distanza tra fenditure contigue ed m è
l’ordine di frangia.
Osserviamo che la posizione angolare dei picchi luminosi è indipendente dal
numero N di fenditure.
Intensità e larghezza dei picchi luminosi
La figura 3.33 confronta l’andamento dell’intensità della figura tipica dell’interferenza a doppia fenditura con quella multipla a 5 fenditure. Appare evidente come l’aumento del numero di fenditure comporti nei punti di massimo un
restringimento del grafico e un innalzamento del valore di intensità. A livello
visivo il fenomeno si percepisce in una trasformazione delle frange luminose
in picchi luminosi molto stretti.
Figura 3.33
Figura di interferenza multipla:
andamento dell’intensità I in funzione della posizione angolare .
(a) N = 2; (b) N = 5.
I
N=2
0
a
q
I
N=5
0
b
q
Figura 3.34
Semi-larghezza angolare dei picchi luminosi rilevata tra i punti di
massimo e uno dei due punti di
minimo adiacenti. Come esempio
sono indicate quelle del picco luminoso di ordine m = 0 (centrale) e di
ordine m = 1.
x
0
UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE
Considerando la figura 3.34 e la definizione (3.15), la semi-larghezza angolare dei picchi luminosi è data dalla relazione (che non dimostriamo)
1/m2 

N e cos  m
(3.18)
dove l’angolo m è la posizione angolare del picco di cui si calcola la larghezza;
m indica l’ordine di frangia del picco. Per il picco centrale con  = 0, quindi
cos  = 1, si ha il picco più stretto con semi-larghezza
1/0 2 

Ne
La larghezza dei picchi aumenta allontanandosi dal picco centrale e dunque per angoli m sempre più ampi o, in termini equivalenti, per m elevati.
Infine, a causa della modulazione della componente di diffrazione, tra due
picchi contigui compaiono massimi secondari di minore intensità, tendenti
a scomparire per N sempre più elevato. Di questi massimi secondari non ci
occupiamo.
Reticolo
Il reticolo è un diaframma della lunghezza di qualche centimetro contenente
un numero N molto elevato di fenditure. Le fenditure del reticolo, chiamate
anche linee, hanno tutte uguale larghezza a. I seguenti parametri caratterizzano il reticolo.
Numero di fenditure (N): solitamente il numero è tra 102 e 104.
Passo del reticolo (e): lunghezza che separa due fenditure contigue; solitamente è dell’ordine di qualche micron.
Costante del reticolo (1/e): numero di fenditure intagliate per unità di lunghezza (solitamente centimetro o millimetro); è espresso come fenditure/mm
o come fenditure/cm ed è l’inverso del passo del reticolo (vedere problema
3.4).
Dal denominatore della (3.18), un aumento del
prodotto N e comporta un restringimento della
larghezza dei picchi luminosi. Il reticolo ha un prodotto N e talmente elevato da restringere i picchi
luminosi fino a trasformarli in righe luminose. Il
sensibile restringimento consente di misurare con
estrema precisione la posizione angolare di ciascuna riga. Per questo motivo i reticoli sono impiegati
per l’analisi spettrale, come andiamo a descrivere.
 Dispersione per diffrazione
Analizziamo il fenomeno di dispersione per diffrazione, cioè come un reticolo,
tramite la diffrazione, riesca a “disperdere” le luci monocromatiche e creare
uno spettro visibile discreto o continuo.
Figura 3.35
Esempio di reticolo: passo del reticolo e = 0,125 mm, costante del
reticolo 1/e = 80 fenditure/cm.
661
662
MODULO F - ONDE
Spettro discreto
Ipotizziamo il semplice caso di reticolo investito da luce monocromatica: la
figura di interferenza multipla appare con un insieme di linee luminose del
medesimo colore, essendo unica la lunghezza d’onda; le rispettive posizioni
angolari sono calcolate dalla (3.17), che riproponiamo
sen   m

(1)
e
Essendo  ed e costanti, la posizione angolare della riga luminosa dipende
solo dall’ordine di frangia. In figura 3.36 un esempio di spettro discreto di
luce monocromatica verde. Si notano la riga luminosa per m = 0 e la coppia
di righe per m = 1.
Figura 3.36
Esempio di spettro discreto
di luce monocromatica verde
( = 500 nm); il reticolo ha passo
e = 1,7 m. Le posizioni angolari
delle righe si ricavano dalla (3.17).
I numeri 0 e 1 indicano l’ordine di
frangia.
I
1
0
1
0
q
Passiamo al caso di luce policromatica: dalla (1), a parità di m, la posizione
angolare  dipende dalla lunghezze d’onda delle componenti luci monocromatiche. Per m = 0, abbiamo sen  = 0 solo per  = 0, e dunque compare una sola
riga luminosa in posizione centrale; per m di ordine superiore, compaiono tante
righe luminose quante sono le lunghezze d’onda delle componenti luci monocromatiche. Ricordando l’effetto cromatico sulla luce da parte della lunghezza
d’onda, per ogni ordine di frangia compare un raggruppamento di righe colorate. L’insieme di righe luminose di un generico ordine m è chiamato spettro di
ordine m. In sintesi, applicando la (1),
dalle posizioni angolari delle righe luminose dello spettro di ordine m si
determinano le lunghezze d’onda componenti la luce policromatica.
In figura 3.37 un esempio di spettro discreto. È prodotto da un reticolo investito da una luce bi-cromatica: le due coppie simmetriche di righe luminose,
rosso e viola, hanno ordine di frangia m = 1; la riga centrale di angolo  = 0
non ha dispersione e contiene entrambi i due colori.
Figura 3.37
Esempio di spettro discreto di luce
bi-cromatica composta da luce
rossa ( = 750 nm) e luce viola
( = 400 nm); il reticolo ha passo
e = 1,7 m. Le posizioni angolari delle righe sono ricavate dalla
(3.17).
I
1
0
0
1
q
UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE
Spettro continuo
Esistono luci composte da luci monocromatiche con valori di lunghezza d’onda
molto vicine tra loro. In questo caso lo spettro proiettato dal reticolo è composto da luci colorate che cambiano tonalità con continuità. Per esempio, la luce
policromatica di colore bianco emessa dal Sole o da una lampadina alogena
è dispersa da un reticolo con uno spettro continuo contenente tutti i colori di
tabella 3.2. In figura 3.38 lo spettro continuo di ordine 1 di luce bianca.
Figura 3.38
Esempio di spettro continuo di
luce policromatica bianca: le luci
colorate dello spettro variano con
continuità tra le righe luminose
rossa e viola di figura 3.37; questi
due colori hanno lunghezze d’onda
agli estremi del campo di visibilità,
e dunque, per la (3.17), occupano
le posizioni angolari più estreme.
I numeri 0 e 1 indicano l’ordine di
frangia.
I
1
0
1
0
q
Spettrometro a reticolo
Lo spettrometro è uno strumento ottico che esegue l’analisi spettrale sfruttando il potere dispersivo di un oggetto ottico, come il reticolo. In figura 3.39 si
vede lo schema semplificato dello strumento: il fascio di luce sottoposto ad
analisi attraversa un collimatore che rende paralleli i raggi che investono il
reticolo. Il reticolo disperde per diffrazione la luce in gruppi di raggi colorati. Questi gruppi con diverse angolazioni formano i vari spettri di ordine m.
L’osservatore individua le posizioni angolari delle righe luminose guardando
attraverso l’obiettivo di un telescopio rotante su una ghiera circolare graduata:
a ogni “cattura” nell’obiettivo di un raggio colorato viene associata la posizione
angolare  rilevata dalla ghiera. Con la (1) è quindi possibile risalire alla lunghezza d’onda di ciascun raggio.
Figura 3.39
Spettrometro a reticolo: (a) schema; (b) foto di modello da laboratorio.
1° ordine
ordine zero
2° ordine
q
2° ordine
sorgente
a
1° ordine
telescopio
collimatore
b
663
664
MODULO F - ONDE
Problema svolto 3.4
Un fascio di luce monocromatica, di lunghezza d’onda  = 700 nm, incide perpendicolarmente su un reticolo di diffrazione. La riga luminosa
di ordine 2 forma un angolo  = 20,0° con la perpendicolare al reticolo.
Calcolare quante fenditure per unità di lunghezza ha il reticolo.
Calcoliamo dapprima il passo e del reticolo utilizzando la (3.17) con m = 2
e
2
2 (700 109 m)

 4, 09 106 m
sen 
sen 20, 0
Il numero di fenditure N per unità di lunghezza L, cioè la costante del reticolo,
è l’inverso del passo:
1
fenditure
fenditure
fenditure
N 1
 
 244
= 244 103
6
L e 4, 09 10
m
m
mm
Problema svolto 3.5
Una luce monocromatica piana incide perpendicolarmente su un reticolo
di diffrazione con 700 fenditure/mm. La lunghezza d’onda della luce incidente è  = 500 nm. Determinare il numero massimo di righe luminose
che si possono osservare.
Calcoliamo dapprima il passo e del reticolo
e
1
103
L

mm 
m  1,43 106 m
N 700
700
Per la generica riga luminosa di ordine m vale la (3.17). Inoltre, essendo la
luce monocromatica, ogni spettro di ordine m contiene una sola riga luminosa.
Quindi, poiché deve essere sen   1, la figura non può essere composta da un
numero illimitato di righe luminose, ma da un numero massimo m tale che
m
1
e
cioè
m
e

Nel caso del problema si ha
m
1, 43 106 m
 2, 04
700 109 m
Poiché la figura è simmetrica rispetto al massimo di ordine zero, avremo 2
righe luminose per parte a fianco della riga luminosa centrale. Il numero totale
di righe luminose è quindi 5.
UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE
APPROFONDIMENTO
Anatomia dell’occhio
Spieghiamo brevemente la fisiologia dell’occhio
e il meccanismo della vista.
 Fisiologia dell’occhio
L’occhio è un globo racchiuso da una spessa membrana opaca con diametro di circa
23 mm: agisce nel suo complesso come una
lente convergente, perché deve proiettare gli
oggetti dell’ambiente sulla superficie posteriore dell’occhio, chiamata retina, di dimensioni
molto piccole. In altri termini, l’occhio è simile a una macchina fotografica digitale, dove il
compito del sensore CCD è svolto dalla retina,
una particolare membrana ricoperta da un
elevato numero di cellule fotosensibili (coni e
bastoncelli) che funzionano da fotorecettori.
Nella parte anteriore dell’occhio, un gruppo
di elementi fanno convergere sulla retina l’immagine degli oggetti visti.
In figura 3.40 la struttura dell’occhio. Andiamo
a descrivere brevemente le sue parti anatomiche
e le relative funzioni.
Cornea: membrana trasparente curva con indice di rifrazione di 1,38 che ricopre la parte esterna anteriore dell’occhio; dietro la cornea è collocata una piccola camera contenente un liquido
chiaro con un indice di rifrazione di circa 1,33,
chiamato umore acqueo.
Iride: diaframma a sezione variabile che controlla l’intensità della luce sulla retina, aprendo
o chiudendo un foro al suo centro chiamato
pupilla.
Cristallino: costituisce la lente naturale dell’occhio ed è trasparente e biconvessa, quindi convergente; insieme alla cornea consente di mettere a fuoco i raggi luminosi sulla retina; ha un
indice di rifrazione tra 1,38 e 1,40 e si deforma
per l’azione dei muscoli chiamati ciliari, variando la propria curvatura e di conseguenza la propria distanza focale.
Umore vitreo: è il liquido che riempie la cavità dell’occhio tra il cristallino e la retina; ha
un indice di rifrazione quasi uguale a quello
dell’umore acqueo.
Figura 3.40
Struttura dell’occhio umano.
superficie
interna
superficie
esterna
iride
immagine
cornea
al cervello
nervo
ottico
retina
mondo
esterno
665
MODULO F - ONDE
APPROFONDIMENTO
Percezione dei colori
 Percezione del colore
La relazione tra la natura fisica del colore e la
sua percezione è una questione complessa.
Se un disco coperto da punti bianchi e neri,
ruota rapidamente, appare colorato. Quindi
come rispondiamo alla domanda “di che colore
è il disco?”.
Non possiamo certo pensare che il movimento
di rotazione alteri il colore dei punti stampati
sul disco. La spiegazione è che il nostro cervello
 Retina e luce
La retina è un complesso di tessuti organici che
riveste la superficie interna del bulbo oculare. È
ricoperta da uno strato di cellule fotosensibili
che producono reazioni chimiche quando sono
investite dalla luce. Queste cellule generano a
loro volta impulsi elettrici che si propagano
attraverso il nervo ottico giungendo al cervello.
Le reazioni chimiche che avvengono sulla retina
stimolata dalla luce sono spontaneamente reversibili in un tempo molto breve, circa un decimo
di secondo. Dopo questo brevissimo periodo
di inibizione, le cellule della retina ritornano
allo stato iniziale, e sono in grado di provocare
nuove reazioni chimiche e dunque di inviare
nuovi impulsi al cervello.
Le cellule fotosensibili della retina sono di due
tipi: i bastoncelli e i coni.
I bastoncelli sono particolarmente sensibili alla
luce di bassa intensità, e dunque garantiscono
sensibilità relativa (coni)
666
400
è in qualche modo ingannato, e può percepire
dei colori anche da una superficie bianca e nera.
Fenomeno analogo si avverte quando ruotiamo
velocemente un disco colorato a spicchi con i
sette colori dell’arcobaleno (disco di Newton):
ci appare una superficie bianca. Quindi è il
nostro cervello che crea il colore, elaborando
i segnali luminosi ricevuti attraverso il nervo
ottico dalle cellule fotosensibili della retina.
Andiamo ad approfondire come il nostro occhio
capta la luce colorata, o meglio i colori.
una buona visione del mondo esterno anche in
condizioni di scarsa intensità di luce. Non sono
invece in grado di distinguere lunghezze d’onda
fra loro diverse. Come sappiamo, la lunghezza
d’onda della luce si manifesta al nostro occhio
come colore (tab. 3.1), per cui i bastoncelli non
sono in grado di inviare al cervello informazioni
sul colore.
I coni hanno bisogno di luce più intensa per
essere stimolati e sono sensibili alla lunghezza
d’onda, e quindi al colore, della luce. La figura
3.41 mostra il livello di sensibilità dei coni, che
sono di tre tipi, ognuno sensibile a un intervallo
di lunghezza d’onda.
Quando i coni sono stimolati, trasmettono al
cervello un segnale preciso in funzione della
lunghezza d’onda della luce che li investe. Il
cervello, a sua volta, elabora i segnali ricevuti, e
a seconda della lunghezza d’onda della luce percepita, risponde manifestando una sensazione
chiamata colore.
blu
verde
rosso
500
600
lunghezza d’onda (nm)
700
Figura 3.41
Sensibilità alla luce dei tre tipi di coni (sensibilità
al blu, al verde e al rosso).
UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE
 Formazione dei colori per addizione
Il monitor del computer si può considerare una sorgente di luce distribuita, cioè costituita da un
insieme di piccole sorgenti luminose (chiamate pixel), in grado di generare luce rossa, verde o blu
in proporzioni diverse e variabili nel tempo.
Il nostro cervello somma tra loro i singoli segnali colorati, ottenendo un’immagine simile alla realtà.
La combinazione dei tre colori in proporzioni diverse è in grado
di produrre la gamma completa di colori dello spettro visibile
(fig. 3.42). Ogni colore percepito è il risultato dell’addizione di
questi tre colori definiti colori primari che a loro volta originano i colori secondari: magenta, ciano e giallo. Il funzionamento
dei proiettori a colori si basa sull’uso di tre sorgenti diverse che
proiettano luce rossa, verde e blu.
Figura 3.42
Un monitor video ha tre tipi di pixel: rosso, verde e blu. Essi corrispondono ad altrettanti tipi di coni sensibili a diverse lunghezze d’onda
presenti nell’occhio umano. Gli altri colori riprodotti dal monitor sono generati dosando opportunamente in ciascun punto dello schermo la
luminosità di ciascuno dei tre colori fondamentali.
 Formazione colori per sottrazione
Molti materiali, quando sono attraversati da
un fascio di luce bianca, si comportano come
filtri: assorbono alcune lunghezze d’onda e
ne lasciano passare altre. Le lunghezze d’onda assorbite sono sottratte dal fascio di luce
originario, modificandone la composizione
e quindi il colore. Per esempio, un filtro si
dice rosso se trasmette la luce rossa e assorbe gli altri colori di un fascio di luce bianca
(fig. 3.43). Se dopo avere attraversato un
filtro rosso, un fascio luminoso colpisce uno
schermo, su di esso si forma una macchia di
luce rossa. Ogni fotogramma di una pellicola cinematografica, per esempio, è un filtro
complesso, che produce su uno schermo una
combinazione di zone di colore diverso.
I pigmenti sono sostanze presenti nelle vernici
e nei coloranti e assorbono alcune lunghezze
d’onda della luce e ne riflettono altre.
luce rossa trasmessa
filtro
luce bianca
Figura 3.43
L’azione di un filtro rosso su di un fascio di luce bianca.
667
668
MODULO F - ONDE
Le lunghezze d’onda assorbite sono sottratte
al fascio luminoso che si riflette sulla superficie pigmentata. Ai nostri occhi apparirà il
colore corrispondente alle lunghezze d’onda
che non sono state assorbite. Per esempio,
coprendo una superficie di pigmento rosso,
questa riflette la luce rossa e assorbe tutti gli
altri colori (fig. 3.44a).
luce rossa
riflessa
luce bianca
Quindi, se una luce bianca colpisce una superficie coperta di pigmento rosso, diremo che
quella superficie è rossa. Se invece la medesima
superficie è colpita da una luce blu (o verde),
non vedremo alcun colore (fig. 3.44b). Se l’assorbimento è completo, la superficie apparirà
nera. Per esempio, la clorofilla nelle piante agisce come un pigmento verde (fig. 3.45).
assorbimento
totale
luce blu
Figura 3.44
L’azione di un pigmento rosso:
(a) rispetto alla luce bianca; (b) rispetto alla luce blu.
b
a
luce verde riflessa
luce bianca
Figura 3.45
Assorbimento della luce da parte della
clorofilla, che costituisce il pigmento
verde delle piante.
APPROFONDIMENTO
Diffrazione con fenditura circolare
Nel paragrafo 3.4 abbiamo affrontato la diffrazione attraverso una fenditura rettangolare
lunga e stretta. Tuttavia, negli strumenti ottici, la luce attraversa spesso fenditure circolari
(come del resto circolare è la nostra pupilla).
Analizziamo dunque la diffrazione attraverso
una fenditura a forma di cerchio.
In figura 3.46a è riportato lo schema dell’esperienza, che è simile a quella di figura 3.24, con
fenditura circolare di diametro a sottoposta a
luce monocromatica piana di lunghezza d’onda . Anche in questo caso la semi-larghezza
angolare della frangia centrale, 1/ 2 è presa
tra il suo punto di massimo e i punti di minimo adiacenti. In figura 3.46b vediamo la relativa figura di diffrazione come appare sullo
schermo: la frange hanno ovviamente simmetria circolare. Il cerchio luminoso centrale
coincide con il massimo di intensità e l’anello
scuro a contorno raccoglie i punti di minima
intensità adiacenti. Con un’analisi matemati-
UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE
ca (che non svolgiamo) si dimostra che
la luce con lunghezza d’onda  diffratta da
un’apertura circolare di diametro a produce
una frangia luminosa centrale di semi-larghezza angolare
1/0 2  1, 22

(3.19)
a
La figura 3.47 mostra gli andamenti delle singole intensità delle due figure di diffrazione che si
sovrappongono, e l’andamento risultante della
figura risultante (linea spessa). Indaghiamo
sulle condizioni che permettono di vedere le due
figure distinte.
In figura 3.47a le due figure non appaiono
distinte. Affinché ciò succeda, occorre che il
massimo di una coincida con il primo minimo
dell’altra, come in figura 3.47b. In figura 3.47c
le due figure sono completamente separate.
0
q1/2
a
0
x
0
q1/2
diaframma
con fenditura
circolare
schermo
Dq
a
a
b
Dq
b
Figura 3.46
(a) Schema dell’esperienza di diffrazione attraverso fenditura circolare. (b) Foto della figura di diffrazione con fenditura circolare con
frange a forma circolare.
Dq
c
Criterio di Rayleigh
Supponiamo la fenditura circolare in figura
3.46a attraversata da due fasci di luce: in questo caso sullo schermo compaiono due figure di diffrazione che possono eventualmente
sovrapporsi in parte o totalmente.
Figura 3.47
Sovrapposizione di due figure di diffrazione in funzione della separazione angolare : (a) figure non distinte; (b) figure distinte;
(c) figure nettamente distinte. Gli andamenti delle intensità sono
descritti dalle curve: la linea fine è quella dovuta alla singola luce,
la linea spessa è quella dovuta alle due luci che agiscono contemporaneamente.
669
670
MODULO F - ONDE
Osserviamo che il parametro discriminate per
avere figure distinte è la separazione angolare
 tra i due massimi centrali delle due figure. Il
seguente criterio (arbitrario) di Rayleigh (fig.
3.48) stabilisce la separazione angolare minima
necessaria per avere figure di diffrazione distinte.
Per distinguere due figure di diffrazione, prodotte da due luci con lunghezza d’onda  e
un’apertura circolare di diametro a, occorre
una separazione angolare minima
 R  1, 22

a
(3.20)
Condizione di risoluzione
Due figure di diffrazione si dicono risolte se
appaiono distinte. Da questa definizione, si
ottiene la seguente condizione di risoluzione:
Figura 3.48
John Rayleigh (Malton 1842,
Witham 1919).
Analizziamo la capacità di risoluzione dell’occhio umano. La pupilla ha un diametro, in
condizioni di luminosità normale diurna, di
circa 3 mm. Con una luce di lunghezza d’onda
 = 550 nm, dalla (3.20) risulta che la separazione angolare minima è di 0,224 · 10−3 rad.
due figure di diffrazione sono risolte se la separazione angolare è maggiore di quella minima,
cioè
   R
(3.21)
APPROFONDIMENTO
Dispersione e potere risolutivo del reticolo
È ovvio che uno spettro discreto con righe luminose particolarmente nitide consente di misurare con maggiore precisione le posizioni angolari e, dunque, le relative lunghezze d’onda. La
capacità di un reticolo di produrre spettri nitidi
è quantificata da due parametri: la dispersione e
il potere risolutivo.
i massimi di due righe contigue del medesimo
ordine, come indicato in figura 3.49.
Dq
 Dispersione del reticolo
La dispersione quantifica la capacità di un
elemento ottico dispersivo di separare righe con
valori di lunghezza d’onda molto vicini. Nel caso
del reticolo, la separazione angolare , definita
nell’approfondimento precedente, è presa tra
Figura 3.49
Separazione angolare tra due righe vicine.
UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE
Diamo la definizione di dispersione. Dato uno
spettro, consideriamo due righe tra loro molto
vicine (cioè con separazione angolare  piccola), e con le relative lunghezze d’onda di poco
differenti.
La dispersione D è il rapporto tra la separazione angolare  e la differenza tra le due lunghezze d’onda , cioè
D


(3.22)
L’unità di misura è radianti su nanometri (in
simboli rad/nm); solitamente assume un valore
dell’ordine dei 10–4 rad/nm.
Tramite passaggi matematici (che non svolgiamo), si dimostra che la dispersione di un reticolo è data dalla seguente relazione
D
m
e cos 
(3.23)
dove m è l’ordine di frangia ed e è il passo del
reticolo.
Per una buona prestazione del reticolo, occorre
che la dispersione sia la più alta possibile. Dalla
(3.23) osserviamo che la dispersione non dipende dal numero N di fenditure e che aumenta con
la diminuzione del passo e. Possiamo eventualmente migliorare la dispersione agendo sull’ordine di frangia, quindi spostandoci verso ordini
di frangia più alti.
 Potere risolutivo del reticolo
Il potere risolutivo quantifica la capacità di un
elemento ottico dispersivo di distinguere e rendere nitide righe tendenti a sovrapporsi. In questo
caso interviene il criterio di Rayleigh, dove la
nitidezza è garantita dalla condizione di risoluzione: due righe sono risolte quando il massimo
centrale della luce monocromatica relativa a
una riga coincide con il primo minimo dell’altra.
Diamo la definizione di potere risolutivo.
Dato uno spettro, consideriamo due righe con
lunghezze d’onda di poco differenti:
il potere risolutivo R è il rapporto tra il valore
medio  delle due lunghezze d’onda e la loro
differenza,
, cioè
R


(3.24)
Tramite passaggi matematici, che non svolgiamo, si dimostra che il potere risolutivo di un
reticolo è dato dalla seguente relazione
RN m
(3.25)
dove m è l’ordine di frangia ed N è il numero
di fenditure. Solitamente è un numero tra 103
e 104.
Per una buona prestazione del reticolo, occorre
che abbia un potere risolutivo il più alto possibile. Dalla (3.25) osserviamo che, come per la
dispersione, il potere risolutivo aumenta con
l’ordine di frangia m. Invece si differenza dalla
dispersione per essere indipendente dal passo e
e dipendere dal numero N di fenditure.
671
unità
F3
Riepilogo
3.1 Propagazione delle onde luminose
onda luminosa: onda elettromagnetica visibile
all’occhio umano, generalmente indicata come
luce.
onda elettromagnetica: perturbazione che si
propaga nei materiali e nel vuoto, dovuta
all’oscillazione simultanea dei vettori campo
elettrico E e magnetico B.
campo di visibilità: le onde luminose sono
onde elettromagnetiche che hanno frequenza
compresa tra 4 · 1014 Hz e 8 · 1014 Hz e lunghezza d’onda compresa tra 350 nm e 750 nm.
velocità di propagazione della luce nel
vuoto: c = 3,0 · 108 m s–1.
intensità luminosa: è proporzionale al quadrato del modulo massimo del vettore campo elettrico durante la propagazione.
piano di polarizzazione: piano in cui i moduli
dei vettori campo elettrico e magnetico oscillano
nel tempo e nello spazio.
luce polarizzata: durante la propagazione
l’orientamento del piano di polarizzazione rimane fisso.
luce non polarizzata: durante la propagazione
l’orientamento del piano di polarizzazione è
variabile.
luce monocromatica: luce composta da una
singola onda luminosa, caratterizzata dalla relativa lunghezza d’onda.
luce policromatica: luce composta da due o
più onde luminose, ciascuna caratterizzata dalla
relativa lunghezza d’onda.
dispersione della luce: capacità di uno strumento ottico di estrarre le luci monocromatiche
contenute in un’onda policromatica.
spettro della luce: insieme delle lunghezze
d’onda delle luci monocromatiche che compongono una luce policromatica.
ottica: parte della Fisica che modella la propagazione delle luce e la sua interazione con materiali e strumenti di misura.
ottica ondulatoria: parte dell’Ottica che adotta
il modello ondulatorio della luce.
ottica geometrica: parte dell’Ottica che adotta
il modello a raggio della luce.
3.2 Polarizzazione
polarizzazione: fenomeno e analisi dell’orientamento del piano di polarizzazione della luce.
polarizzatore a lamina: strumento che polarizza una luce incidente secondo l’orientamento
imposto dal suo asse di trasmissione.
analizzatore: polarizzatore che individua
l’orientamento del piano di polarizzazione della
luce polarizzata trasmessa da un altro polarizzatore.
legge di Malus:
I = I 0 cos 2 
dove I è l’intensità della luce polarizzata trasmessa da un analizzatore e I0 è l’intensità della
luce polarizzata incidente.
legge di Malus per luce non polarizzata:
cromatismo della luce: la lunghezza d’onda di
un’onda luminosa caratterizza il suo colore.
luce bianca: luce policromatica che contiene le
luci monocromatiche con tutte le lunghezze
d’onda comprese nel campo di visibilità.
I =
I0
2
dove I0 è l’intensità della luce non polarizzata
che investe il polarizzatore.
UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE
3.3 Interferenza luminosa
lunghezza d’onda delle luci coerenti:
interferenza luminosa: segue i medesimi principi dell’interferenza definiti nella teoria delle
onde elastiche.
esperienza di Young: tramite un diaframma a
doppia fenditura, determina la proiezione su
uno schermo della figura di interferenza generata da due luci monocromatiche fra loro coerenti.
condizione per l’interferenza luminosa:

distanza tra frange omogenee:
y 
dove a è la larghezza della singola fenditura e 
è la lunghezza d’onda della luce incidente sulle
fenditure.
figura di interferenza: serie alternata di frange
luminose (dovute a interferenza costruttiva) e
scure (dovute a interferenza distruttiva); hanno
uguale spessore e le frange luminose hanno
medesima intensità massima.
posizione angolare delle frange luminose:

d
con m = 0, 1, 2, …
posizione angolare delle frange scure:
sen    2m  1

con m = 0, 1, 2, …
2d
ym d
mL
dove ym è la distanza tra la frangia luminosa di
ordine m e quella centrale, e L è la distanza tra
il diaframma e lo schermo.
a  
sen   m
673
ordine di frangia: valore di m per il calcolo della
posizione angolare delle frange luminose.

d
L
3.4 Diffrazione luminosa
diffrazione luminosa: segue i medesimi principi della diffrazione definita nella teoria delle
onde.
modello di Fraunhofer: la diffrazione è provocata da una fenditura di larghezza a investita da
luce monocromatica e fronte d’onda piani; la
figura di diffrazione è formata da raggi uscenti
dalla fenditura fra loro paralleli.
condizione per la diffrazione luminosa:
  a  103 
dove a è la larghezza della fenditura e  è la
lunghezza d’onda della luce che incide sulla fenditura.
intensità figura di interferenza:
d

sen 
sen   m

a
con m = 1, 2, …
Riepilogo
 
posizione angolare delle frange scure:
F3
dove I0 è l’intensità della luce monocromatica
che incidente sul diaframma, e  è un angolo in
funzione dell’angolo di inclinazione  secondo la
relazione
figura di diffrazione: serie alternata di frange
luminose (dovute a interferenza costruttiva) e
scure (dovute a interferenza distruttiva). Le
frange hanno spessore variabile e la frangia
luminosa centrale assume massima intensità.
unità
I  4 I 0 cos 2 
674
MODULO F - ONDE
intensità delle frange di diffrazione:
 sen 2  
I  I0 

2
  
sen   m
dove I0 è l’intensità della frangia centrale, e  è
un angolo funzione di  secondo la relazione:
 
a


e
dove e è la distanza tra due fenditure contigue.
intensità dei picchi luminosi: aumenta con
l’aumentare del numero di fenditure.
sen 
larghezza dei picchi luminosi:
larghezza della frangia centrale luminosa:
1/ 2 
posizione angolare dei picchi luminosi:

a
diffrazione luminosa a doppia fenditura:
fenomeno in cui compare una figura di interferenza con intensità modulata da una figura di
diffrazione.
1/m2 

N e cos 
dove m ad apice indica l’ordine di frangia contenente il picco di cui si calcola la larghezza e 
è la posizione angolare del picco.
reticolo: diaframma con un numero molto elevato di fenditure (o linee) che comporta un forte
restringimento dei picchi luminosi.
intensità delle frange luminose modulate:
 sen  
2
I  4 I 0diff 
 cos 
2



2


dove I 0diff è l’intensità della frangia centrale
luminosa.
3.5 Reticolo e analisi spettrale
unità
F3
Riepilogo
interferenza multipla: fenomeno di interferenza luminosa provocata da un numero N > 2
di sorgenti luminose tra loro coerenti generate
da altrettante fenditure.
passo del reticolo: distanza tra due fenditure
contigue.
costante del reticolo: numero di fenditure per
unità di lunghezza.
righe luminose: figure luminose che appaiono
per interferenza multipla provocata da un reticolo.
analisi spettrale: determinazione della lunghezza d’onda delle luci monocromatiche componenti una luce policromatica.
spettrometro: strumento ottico, basato su un
reticolo (o un qualsiasi elemento ottico dispersivo) che svolge l’analisi spettrale.
unità
TEST
1
2
3
4
5
6
F3
Verifiche
c) la frangia centrale ha intensità luminosa
minore delle frange laterali
d) la frangia centrale ha intensità luminosa
maggiore delle frange laterali
Le lunghezze d’onda della luce visibile sono
comprese tra
a) 350 nm e 750 nm
b) 350 m e 750 m
c) 350 mm e 750 mm
d) 350 cm e 750 cm
7
L’onda luminosa si dice polarizzata se il vettore campo elettrico
a) ha modulo costante
b) oscilla lungo la direzione di propagazione
dell’onda
c) ha un modulo che oscilla in un piano fisso
nel tempo
d) ruota intorno alla direzione di propagazione
dell’onda
Se la distanza tra le due fenditure di un esperimento di Young viene raddoppiata, la distanza
tra due massimi d’intensità della figura di
interferenza
a) rimane la stessa
b) raddoppia
c) dimezza
d) quadruplica
8
Contrariamente alle onde sonore, le onde luminose
a) si propagano anche nel vuoto
b) sono onde trasversali
c) possono essere polarizzate
d) sono descritte da tutte le affermazioni a), b)
e c)
In a double slit experiment, the third bright
fringe occurs at a distance of 1.0 cm from the
central bright spot. The slits are 1.0 mm apart
and the screen is 5.0 m from the slits. The
wavelength of the light is
a) 1.5 · 10–5 m
b) 6.7 · 10–7 m
c) 6.7 · 10–2 m
d) 3.5 · 10–6 m
9
Due fenditure di un esperimento di Young
sono distanti 2 mm e sono illuminate con luce
monocromatica di lunghezza d’onda 0,6 m.
Sapendo che la frangia luminosa del secondo
ordine si forma a 3 mm dall’asse di simmetria
del sistema, la distanza delle fenditure dallo
schermo è
a) 8 m
b) 6 m
c) 5 m
d) 2 m
Un polarizzatore trasmette il 50% della luce
polarizzata incidente. Se il polarizzatore è ruotato di 45°, che frazione di luce trasmette?
a) 0%
b) 50%
c) 100%
d) 0% o 100%
Destructive interference between waves from
two sources occurs when the path difference is
a) 
b) 2
c) 3
d) /2
Nella figura di interferenza generata da un
esperimento di Young
a) le frange luminose hanno tutte la stessa larghezza e intensità luminosa
b) la frangia centrale ha larghezza maggiore
delle frange laterali
10 Light spreads out after it passes through a
small aperture. This phenomenon is called
a) interference
b) diffraction
c) polarization
d) dispersion
11 Nella diffrazione dovuta a una singola fenditura
a) le frange luminose hanno tutte la stessa
intensità luminosa
b) le frange luminose hanno tutte la stessa larghezza
c) la frangia centrale ha intensità luminosa
minore delle frange laterali
d) la frangia centrale ha intensità luminosa
maggiore delle frange laterali
676
MODULO F - ONDE
12 When a single slit is made greater, the angle at
which the first minimum occurs
a) decreases
b) remains the same
c) increases
d) decreases when the wavelength increases
13 Un fascio luminoso di lunghezza d’onda
 = 0,56 m viene di fratto attraverso una fenditura. Se la posizione angolare del minimo
adiacente alla frangia luminosa centrale è di
10°, la larghezza della fenditura è
a) 4,8 m
b) 4,8 mm
c) 0,56 mm
d) 3,2 m
14 Il numero massimo di frange luminose presenti nella figura di diffrazione prodotta da un
reticolo con 200 fenditure/mm, illuminato con
luce di lunghezza d’onda 600 nm è
a) 8
b) 9
c) 11
d) 17
QUESITI
15 Quali sono i fenomeni luminosi compatibili
con un’interpretazione della luce secondo il
modello ondulatorio?
16 Perché non si può identificare un valore di
frequenza per la luce bianca?
17 È possibile distinguere a occhio nudo una luce
polarizzata da una luce non polarizzata?
18 Come si può produrre luce polarizzata?
unità
F3
Verifiche
19 Perché le onde luminose emesse da due lampade alogene non producono alcun fenomeno
di interferenza?
20 Dare la posizione angolare del massimo di
ordine m nell’esperimento di interferenza di
Young per luce di lunghezza d’onda  che
passa attraverso due fenditure poste a una
distanza d.
21 Osservare la figura e spiegare perché il ragazzo può sentire il suono emesso dal televisore
acceso, mentre non può vedere le immagini.
22 Dare la posizione angolare del primo minimo
adiacente al massimo centrale nella figura di
diffrazione per luce di lunghezza d’onda  che
passa attraverso una fenditura di larghezza a.
23 A parità di altre condizioni, la distanza tra le
frange di diffrazione generate da una fenditura è maggiore per un raggio di luce rosso o
violetto?
24 È possibile ottenere da un reticolo una figura
di diffrazione composta da un numero illimitato di righe luminose? Perché?
25 Cosa si intende per passo di un reticolo?
26 When white light passes through a diffraction
grating, there is a white central maximum at
 = 0°. In the first order, is blue or red light
diffracted at the smallest angle?
PROBLEMI
Propagazione delle onde luminose (3.1)
27 Calcolare il tempo impiegato dalla luce del
Sole per percorrere i 150 milioni di kilometri
di distanza dalla Terra.
28 La stella più vicina alla Terra, dopo il Sole,
è distante dal nostro pianeta 4,5 anni luce.
Calcolare la distanza in kilometri.
29 La luce violetta ha una frequenza di 7,5 · 1014 Hz.
Calcolare la sua lunghezza d’onda nel vuoto in
micrometri.
30 Green light has wavelength of 5.4 · 10–7 m.
Calculate its frequency.
UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE
33 L’asse di trasmissione di un polarizzatore a
lamina è parallelo al piano di polarizzazione
di un fascio di luce polarizzata. Calcolare di
quale angolo deve ruotare il polarizzatore in
modo che l’intensità della luce trasmessa si
riduca di un fattore 2.
34 Un fascio di luce non polarizzata di intensità
I0 attraversa due lamine Polaroid. Calcolare
l’angolo tra gli assi dei due polarizzatori se si
vuole che il raggio emergente abbia intensità
I0/2 e I0/3.
35 Un fascio di luce polarizzata verticalmente
è fatta passare in successione attraverso tre
lamine polarizzatici i cui assi di trasmissione formano angoli di 20°, 40° e 60° con la
verticale. Sapendo che l’intensità iniziale è
I0 = 1,0 W/m2, determinare l’intensità trasmessa all’uscita della terza lamina.
36 Unpolarized light is passed through three
successive Polaroid filters, each with its transmission axis at 30° of the preceding filter.
Determine the percentage of light gets through.
Interferenza luminosa (3.3)
37 Per determinare la lunghezza d’onda della
luce emessa da un laser, la si invia su una
doppia fenditura. La distanza fra le due fenditure è di 0,100 mm. Sullo schermo, distante
5,00 m dalle fenditure, la figura di interferenza
presenta frange luminose distanti 2,50 cm.
Determinare la lunghezza d’onda della luce.
Se la distanza tra le fenditure è raddoppiata,
le frange diventano più larghe o più sottili?
40 Un fascio di luce rossa ( = 6,7 · 10–7 m) attraversa due fenditure e forma delle frange di
interferenza su uno schermo distante 2,5 m.
Sapendo che la distanza fra due frange consecutive è 3,8 mm, determinare la distanza fra le
fenditure. Per ottenere la stessa distanza fra le
frange usando luce violetta ( = 4,1 · 10–7 m), a
quale distanza bisogna disporre le fenditure?
41 Find the distance between two consecutive
Young’s double slit dark fringes if  = 600 nm,
L = 2.0 m and d = 0.10 mm.
42 Due fenditure, distanti fra loro 0,10 mm,
sono illuminate con luce monocromatica di
lunghezza d’onda  = 700 nm. Determinare
l’angolo tra la terza frangia scura e l’asse
orizzontale di simmetria. Determinare quindi
l’angolo tra la decima frangia luminosa e la
perpendicolare allo schermo.
43 In un esperimento di interferenza di Young, la
distanza tra le fenditure è 0,100 mm e la figura di interferenza è osservata su uno schermo
posto a 40,0 cm dalle fenditure. La distanza
tra la frangia luminosa di ordine 5 e quella di
ordine 0 è 12,0 mm. Determinare la lunghezza
d’onda della luce utilizzata.
44 Two slits separated by 0.10 mm are illuminated with green light ( = 540 nm). Calculate the
distance from the central bright region to the
fourth bright fringe if the screen is 1.0 m away.
Diffrazione luminosa (3.4)
45 Una luce monocromatica verde di lunghezza
d’onda 370 nm attraversa una fenditura di
Verifiche
32 L’asse di trasmissione di un polarizzatore
a lamina è ruotato di 60° rispetto al piano
di polarizzazione di una luce polarizzata.
Calcolare in percentuale il rapporto tra l’intensità della luce trasmessa e quella della luce
incidente sul filtro.
39 Un fascio di luce gialla ( = 590 nm) attraversa
due fenditure distanti 0,30 mm. Determinare a
quale distanza dal piano delle fenditure bisogna porre lo schermo per ottenere una distanza di 3,94 mm fra due frange consecutive
luminose (o scure). Se si allontana di 1,0 m lo
schermo mantenendo costanti lunghezza d’onda e distanza tra le fenditure, quale distanza si
osserva fra due frange consecutive?
F3
31 Un fascio di luce, dopo aver attraversato un
polarizzatore a lamina, giunge con intensità
I0 sulla superficie di un analizzatore. Sapendo
che l’angolo formato tra gli assi di trasmissione del polarizzatore e dell’analizzatore è di
20°, calcolare il rapporto tra l’intensità della
luce trasmessa e quella della luce incidente
sull’analizzatore.
38 La distanza tra due fenditure è di 0,800 mm.
La figura di interferenza è visualizzata su
uno schermo posto a 3,00 m di distanza dalle
fenditure. La luce che attraversa le fenditure
ha lunghezza d’onda di 600 nm. Calcolare la
distanza tra due frange consecutive.
unità
Polarizzazione (3.2)
677
678
MODULO F - ONDE
larghezza uguale a due millesimi di millimetro. Determinare la posizione angolare delle
frangia scura accanto alle frange luminose del
primo e del secondo ordine.
46 A single slit of width 0.010 mm is illuminated
with a light of 450 nm of wavelength. Find the
angle the first dark fringe appears.
47 Un fascio di luce rossa ( = 500 nm) attraversa
una fenditura e forma una figura di diffrazione
su uno schermo posto alla distanza di 0,60 m.
La fenditura è larga 20 m. Determinare quanto è larga la fascia luminosa centrale. Se la
larghezza della fenditura si raddoppia, cosa
succede alla larghezza della fascia luminosa
centrale?
48 Un fascio di luce monocromatica attraversa
una fenditura larga 10,0 m. Il centro della
frangia scura adiacente alla frangia luminosa centrale forma un angolo di 4,00° rispetto
all’asse centrale. Determinare la lunghezza
d’onda della luce emessa.
49 Monochromatic light ( = 630 nm) is incident
upon a 0.010 mm wide slit. Find the width of
the central maximum 0.50 m from the slit.
50 Uno schermo è disposto a 1 m di distanza da
una singola fenditura illuminata con luce di
lunghezza d’onda 600 nm. La distanza lineare
tra il prima e la seconda frangia scura nella
figura di diffrazione è 0,3 cm. Calcolare la larghezza della fenditura.
unità
F3
Verifiche
51 L’obiettivo di un telescopio ha un diametro di
5,0 m. Determinare la separazione angolare
minima in radianti nel caso di luce di 600 nm.
(Vedere approfondimento).
Reticolo e analisi spettrale (3.5)
54 Un fascio di luce rossa incide perpendicolarmente su un reticolo di diffrazione di 4000 fenditure/cm, e la frangia luminosa del secondo
ordine è a un angolo di 34,0° rispetto alla retta
normale del reticolo. Calcolare la lunghezza
d’onda della luce.
55 Un fascio di luce è inviato su un reticolo di
diffrazione largo 1,00 cm, su cui sono praticate 4800 fenditure. La riga del primo ordine si
trova a un angolo di 12,0°. Calcola la lunghezza d’onda della luce incidente sul reticolo.
56 Un fascio luminoso incide perpendicolarmente su un reticolo di diffrazione con
500 fenditure/mm. La lunghezza d’onda della
luce incidente è 600 nm. Determinare il numero massimo di frange luminose osservabili.
57 Un fascio di luce verde di lunghezza d’onda
540 nm è inviato su un reticolo con 2000 fenditure/cm. Calcola la posizione angolare della
riga del terzo ordine. È possibile una riga del
decimo ordine? Qual è il numero totale di
righe luminose prodotte dal reticolo?
58 Un fascio di luce monocromatica, di lunghezza d’onda  = 650 nm, incide perpendicolarmente su un reticolo di diffrazione. La riga
del secondo ordine forma un angolo di 40,0°
con la retta normale del reticolo. Calcolare il
numero di fenditure per unità di lunghezza del
reticolo.
59 A diffraction grating has 1000 lines per cm.
Find at what angle red light ( = 680 nm) appears in first order.
52 Durante una giornata di sole, la pupilla dell’occhio si stringe fino a un diametro pari a
0,50 mm. Determinare la separazione angolare minima in radianti. (La lunghezza d’onda
della luce nell’occhio è di 550 nm). (Vedere
approfondimento).
60 Un reticolo con 10000 fenditure/cm è illuminato dalla luce gialla di una lampada a vapori
di sodio. Questa luce contiene due righe molto
vicine (il doppietto del sodio) con lunghezze
d’onda 589,00 nm e 589,59 nm. Determinare
l’angolo compreso tra le due righe del primo
ordine.
53 Due stelle binarie hanno una separazione
angolare di 1,0 · 10–5 rad. Se sono osservate
con luce di lunghezza d’onda  = 500 nm,
determinare il diametro della lente del telescopio che consente di risolverle. (Vedere approfondimento).
61 Un reticolo di diffrazione è illuminato dalla
luce gialla di una lampada al sodio (lunghezze
d’onda 589,00 nm e 589,59 nm). Calcolare il
numero minimo di fenditure che deve avere il
reticolo per risolvere il doppietto del sodio al
primo ordine. (Vedere approfondimento).
UNITÀ F3 - ONDE LUMINOSE
679
LABORATORIO
Determinazione della lunghezza d’onda
con l’esperienza di Young
 Obiettivo
Ottenere tramite misura indiretta il valore della lunghezza d’onda di una luce
laser che origina una figura di interferenza nell’esperienza di Young.
 Materiali



proiettore laser da laboratorio, di bassa potenza (da 2 a 5 mW)
diaframma a doppia fenditura con distanza d tra fenditure nota
schermo bianco
 Sequenza operativa
1. Posizioniamo il proiettore del raggio laser a qualche
metro di distanza dallo schermo bianco.
2. Oscuriamo la stanza e verifichiamo che il laser sia puntato al centro dello schermo.
3. Posizioniamo il diaframma con doppia fenditura davanti
al proiettore.
4. Misuriamo la distanza L tra il diaframma e lo schermo.
5. Oscurando la stanza, controlliamo se sullo schermo
appare la tipica figura di interferenza con frange luminose e scure alternate (fig. 3.50).
Figura 3.50
 Calcolo
Il valore della lunghezza d’onda della luce emessa dal laser si determina tramite la misura indiretta della distanza y tra due frange luminose consecutive.
Infatti dalla relazione (3.11) che riproponiamo
y 

d
L
da cui è possibile determinare la grandezza richiesta dall’esperimento, conoscendo la distanza d tra le fenditure e la distanza L tra diaframma e schermo.
F3
d
y
L
unità

Verifiche
isoliamo la lunghezza d’onda per ottenere